Gestisci un food truck o un’attività di ristorazione itinerante e ti trovi in difficoltà economica a causa di debiti con il Fisco, l’INPS, i fornitori o le banche? È una situazione che purtroppo riguarda molti operatori del settore street food, messi in crisi dall’aumento dei costi, dalla stagionalità e dalle difficoltà di incasso. Quando iniziano ad accumularsi cartelle esattoriali, rate non pagate o contributi arretrati, il rischio di blocchi, pignoramenti o perdita della licenza diventa concreto. La buona notizia è che esistono strumenti legali per rateizzare, ridurre o cancellare i debiti, tutelando la tua attività e il tuo patrimonio personale.
Perché molti food truck si indebitano
Gestire un food truck richiede investimenti e spese costanti: carburante, manutenzione del mezzo, materie prime, tasse comunali, utenze e personale. A questo si aggiungono le spese per i permessi, la partecipazione a fiere o eventi e la crescente concorrenza nel settore. I guadagni, invece, sono fortemente stagionali e dipendono dal flusso turistico e dalle condizioni meteo. Molti titolari, per mantenere operativa l’attività, rinviano i pagamenti fiscali o bancari, accumulando interessi e sanzioni che nel tempo rendono il debito insostenibile.
Cosa succede se non paghi tasse o contributi
Quando le imposte o i contributi non vengono versati, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione e gli enti previdenziali possono attivare rapidamente azioni di recupero. Le più comuni sono la notifica di cartelle esattoriali, i pignoramenti dei conti correnti o degli incassi POS, i fermi amministrativi sui mezzi di lavoro, le ipoteche sugli immobili e i sequestri dei crediti verso clienti o enti organizzatori. Gli importi aumentano per effetto di sanzioni e interessi, aggravando ulteriormente la situazione economica. Se la tua è una ditta individuale o una società di persone, rispondi personalmente dei debiti, rischiando anche i beni familiari.
Cosa fare subito se hai debiti come titolare di un food truck
Il primo passo è analizzare con precisione la tua posizione debitoria. Richiedi all’Agenzia delle Entrate-Riscossione l’estratto di ruolo aggiornato per conoscere gli importi, le annualità e i creditori. Poi verifica la validità delle cartelle: molti atti contengono errori di notifica, importi prescritti o somme non dovute che un avvocato può impugnare. Se i debiti sono legittimi, puoi chiedere la rateizzazione fino a 120 rate mensili, sospendendo temporaneamente le azioni esecutive. È utile anche verificare se è disponibile una definizione agevolata (rottamazione), che consente di pagare solo il capitale eliminando sanzioni e interessi. Se hai già ricevuto pignoramenti o ipoteche, puoi ottenere la sospensione immediata presentando un ricorso o un’istanza di autotutela.
Le soluzioni legali per chi non riesce più a pagare
Se i debiti sono troppo elevati o la tua attività non riesce più a sostenere i costi, puoi accedere alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, introdotta dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019). È una procedura legale che consente di bloccare pignoramenti, sospendere le azioni dei creditori e ottenere la cancellazione totale o parziale dei debiti residui (esdebitazione). È uno strumento riconosciuto dai tribunali italiani e rappresenta una possibilità concreta per ripartire senza il peso dei debiti e salvare la tua attività.
Come difendersi da banche, finanziarie e fornitori
Molti food truck si trovano anche con debiti verso banche o fornitori di materie prime e attrezzature. In questi casi puoi chiedere la rinegoziazione dei contratti, la sospensione temporanea delle rate o proporre un saldo e stralcio per chiudere i debiti a importo ridotto. È possibile inoltre contestare clausole abusive o tassi usurari nei contratti e impugnare decreti ingiuntivi o pignoramenti entro i termini di legge. Un avvocato esperto può assisterti nelle trattative con i creditori, proteggendo il mezzo di lavoro e garantendo la continuità dell’attività.
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
Una difesa legale tempestiva e ben pianificata ti permette di sospendere pignoramenti e riscossioni, ottenere la rateizzazione o la cancellazione dei debiti, proteggere la casa e i beni personali, mantenere la licenza comunale e continuare a lavorare. In molti casi è possibile ristrutturare la posizione debitoria e rilanciare la tua attività su basi più stabili e sostenibili.
Quando rivolgersi a un avvocato esperto
Devi contattare un avvocato se hai ricevuto cartelle o intimazioni di pagamento, se i debiti fiscali o bancari sono diventati insostenibili o se rischi il blocco del mezzo o la sospensione dell’attività. Un avvocato esperto in diritto tributario e crisi d’impresa può bloccare la riscossione, contestare gli atti illegittimi e accompagnarti nella procedura di esdebitazione fino alla cancellazione definitiva dei debiti. Agire tempestivamente è fondamentale per salvare il tuo food truck e difendere la tua stabilità economica.
⚠️ Attenzione: ignorare cartelle o avvisi di pagamento può portare rapidamente a pignoramenti, blocchi dei conti e fermo del mezzo di lavoro. Intervenire subito è l’unico modo per salvare la tua attività e proteggere il tuo patrimonio.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, riscossione e tutela delle imprese di ristorazione itinerante – spiega cosa fare se gestisci un food truck con debiti, come bloccare la riscossione e come cancellare legalmente le somme dovute grazie agli strumenti previsti dalla legge.
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Introduzione
Gestire un food truck – un’attività di ristorazione su ruote – comporta oneri finanziari e obblighi legali analoghi a quelli di un ristorante tradizionale . Permessi amministrativi, costi di allestimento, forniture alimentari, carburante e contributi incidono sui margini . Basta un calo di fatturato o una spesa imprevista perché un food truck accumuli debiti in diverse forme: debiti fiscali (tasse e imposte non versate), contributivi (omessi versamenti INPS/INAIL), finanziari (rate di mutui o leasing del furgone), commerciali (fatture di fornitori non pagate) o sanzioni (multe stradali o amministrative). Questa guida esamina cosa può fare un titolare di food truck indebitato per difendersi, dal punto di vista giuridico, con riferimenti alla normativa italiana aggiornata a settembre 2025 e agli orientamenti giurisprudenziali più recenti. L’obiettivo è offrire un quadro avanzato – ma di taglio divulgativo – degli strumenti di tutela del debitore, utile sia a professionisti legali sia a privati imprenditori che si trovino in difficoltà.
Affronteremo separatamente le varie tipologie di debito e le relative conseguenze, per poi esaminare gli strumenti di composizione della crisi d’impresa e di sovraindebitamento introdotti dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019). Verranno fornite tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione Domande e Risposte per chiarire i dubbi frequenti. La prospettiva è quella del debitore: come proteggere il proprio food truck e il proprio patrimonio dalle azioni dei creditori, come negoziare con questi ultimi e, se necessario, come ottenere un “fresh start” tramite le procedure di esdebitazione previste dalla legge.
Contesto giuridico: in Italia un’impresa di food truck può essere esercitata come ditta individuale (impresa personale) oppure tramite una società di capitale (ad esempio una SRL). La forma giuridica influisce sulla responsabilità per i debiti e sulle procedure applicabili in caso d’insolvenza, differenze di cui terremo conto più avanti. Il Codice della Crisi (in vigore dal 15 luglio 2022) ha sostituito la legge sul sovraindebitamento del 2012 e aggiornato gli strumenti per gestire la crisi delle piccole imprese e dei soggetti non fallibili . Inoltre, riforme recenti (come il correttivo ter del 2024) hanno ulteriormente affinato queste procedure per renderle più accessibili ed efficaci . In parallelo, il legislatore ha introdotto misure temporanee di sollievo per i debiti fiscali (come lo stralcio dei mini-debiti e la “rottamazione” delle cartelle) di cui diremo, utili per alleggerire il carico debitorio pregresso .
Prendersi cura di un food truck indebitato richiede dunque un approccio integrato: occorre conoscere come agiscono i creditori (dal Fisco all’INPS, dalla banca ai fornitori) e quali difese la legge offre al debitore. Nei prossimi paragrafi analizziamo le principali categorie di debiti che un imprenditore del settore street food può trovarsi a fronteggiare e le relative strategie di gestione.
Principali tipologie di debito di un food truck
Un’attività di food truck può accumulare diverse forme di esposizione debitoria. Elenchiamo le principali categorie di debiti rilevanti, che verranno poi approfondite singolarmente:
- Debiti fiscali e tributari: imposte non versate (es. IVA, IRPEF/IRES su redditi, IRAP, tasse locali come il canone per l’occupazione del suolo pubblico, ecc.).
- Debiti previdenziali e assicurativi: contributi obbligatori non pagati (contributi INPS dovuti come titolare o per dipendenti, premi assicurativi INAIL).
- Debiti bancari e finanziari: esposizioni verso banche o finanziarie (mutui o finanziamenti per acquisto del furgone o attrezzature, scoperti di conto, leasing non pagati).
- Debiti verso fornitori e altri creditori commerciali: importi dovuti a fornitori di merci, servizi o utenze, canoni di locazione di depositi, ecc. non saldati alle scadenze pattuite.
- Multe e sanzioni amministrative: contravvenzioni al Codice della Strada (es. divieti di sosta, accesso a ZTL) o altre sanzioni legate all’attività (violazioni igienico-sanitarie, mancato rispetto di regolamenti locali).
Ognuna di queste categorie di debito è regolata da norme e procedure specifiche, sia per l’accertamento del credito sia per la riscossione coattiva in caso di mancato pagamento. Di seguito esaminiamo dettagliatamente ciascun tipo di debito, indicando cosa può succedere se rimane insoluto (“conseguenze”) e come il debitore può reagire o difendersi (“soluzioni e strumenti di difesa”). I riferimenti normativi e le pronunce giurisprudenziali più recenti sono citati per offrire un quadro aggiornato al 2025.
Debiti fiscali (imposte e tasse)
Per un food truck, i debiti fiscali più comuni riguardano l’IVA sulle vendite non versata, le imposte sui redditi (IRPEF per l’imprenditore individuale o IRES per la società, oltre ad eventuale IRAP) e le tasse locali connesse all’attività (ad esempio il canone unico patrimoniale dovuto al Comune per l’occupazione del suolo pubblico). Possono sorgere debiti fiscali anche da accertamenti dell’Agenzia delle Entrate su redditi non dichiarati o su omessi adempimenti.
Conseguenze del mancato pagamento: I debiti tributari verso l’Erario sono gestiti in riscossione dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER), che subentra all’ex Equitalia. Se il contribuente non versa un’imposta alle scadenze (ad esempio l’IVA periodica o il saldo IRPEF dichiarato), l’importo verrà iscritto a ruolo e notificato mediante una cartella di pagamento. In alternativa, in caso di controlli fiscali, l’Agenzia Entrate può emettere avvisi di accertamento esecutivi, anch’essi immediatamente riscuotibili tramite AER. Trascorsi 60 giorni dalla notifica senza pagamento, scattano le procedure di riscossione forzata. L’Agenzia Entrate-Riscossione può adottare misure cautelari ed esecutive tra cui:
- Fermo amministrativo del veicolo (art. 86 DPR 602/1973): consiste nel blocco amministrativo del food truck (essendo un bene mobile registrato) che impedisce di circolare e di trasferirne la proprietà. È uno strumento molto incisivo perché priva di fatto l’imprenditore del mezzo di lavoro. La Cassazione ha chiarito che il fermo amministrativo può essere iscritto anche sul veicolo utilizzato per lavoro, non trovando applicazione le limitazioni previste per il pignoramento degli strumenti di lavoro (art. 515 c.p.c.) . In altre parole, la legge vieta di pignorare (sequestrare) ad esempio i macchinari indispensabili all’attività entro certi limiti, ma ciò non impedisce all’AER di disporre il fermo del furgone utilizzato come food truck, in quanto il fermo è considerato un atto distinto dall’esecuzione forzata . Il fermo viene comunicato con un preavviso; se il debitore non regolarizza, il veicolo sarà iscritto al PRA come “non utilizzabile”.
- Ipoteche e pignoramenti immobiliari: l’AER può iscrivere ipoteca su immobili di proprietà del debitore a garanzia del credito fiscale, purché il debito superi €20.000 . L’ipoteca è spesso preludio al pignoramento immobiliare. Tuttavia, la legge pone tutele per la prima casa: l’Agenzia non può espropriare l’unico immobile di proprietà del debitore che sia destinato ad abitazione principale e non di lusso (categorie catastali A/8 o A/9), a meno che il debitore abbia altri immobili o il debito superi determinate soglie . In pratica, se il food trucker possiede solo la propria casa di residenza, quella “prima casa” è impignorabile dal Fisco . Viceversa, immobili diversi (seconde case, terreni) possono essere pignorati per debiti fiscali. Inoltre, per procedere alla vendita forzata di immobili il debito fiscale deve superare €120.000 e, in ogni caso, va preceduto da iscrizione di ipoteca e da almeno 30 giorni dal preavviso di esecuzione (art. 76 DPR 602/1973).
- Pignoramento di conti correnti e altri beni mobili: l’AER può notificare ordini di pignoramento presso terzi, ad esempio bloccando somme sul conto corrente del debitore o presso clienti/committenti (se, ad esempio, il food truck ha crediti verso organizzatori di eventi). Può inoltre pignorare beni mobili (attrezzature, incassi) tramite Ufficiale della riscossione, sebbene ciò sia meno frequente. Va ricordato che il Codice di Procedura Civile tutela in parte gli strumenti indispensabili per l’esercizio della professione (art. 515 c.p.c.), rendendoli pignorabili solo entro certi limiti (fino a 1/5 del loro valore, e solo se gli altri beni del debitore non sono sufficienti) . Nel caso di un food truck, tale tutela potrebbe applicarsi all’attrezzatura di cucina, ma come visto non impedisce l’iscrizione di un fermo sul veicolo stesso .
- Interessi e sanzioni: al debito fiscale si aggiungono sanzioni tributarie (generalmente pari al 30% dell’imposta non pagata, ridotte in caso di ravvedimento operoso) e interessi moratori calcolati giornalmente (il tasso legale era intorno al 3,5% annuo nel 2025) . Questi accessori possono far lievitare sensibilmente l’importo dovuto.
- Procedimenti penali tributari: il mancato pagamento di talune imposte oltre soglie di punibilità configura reati. Ad esempio, omesso versamento IVA per importi superiori a €250.000 annui è reato punito con la reclusione (art. 10-ter D.Lgs. 74/2000) ; analogamente l’omesso versamento di ritenute fiscali oltre €150.000 (art. 10-bis) e l’omesso versamento di contributi previdenziali trattenuti ai dipendenti oltre una soglia (v. sezione debiti contributivi) sono penalmente sanzionati. Nel contesto del food truck, questi reati possono divenire rilevanti soprattutto se l’attività ha un certo volume d’affari e il titolare, in crisi di liquidità, omette di versare IVA per importi considerevoli. È importante segnalare che una riforma del 2024 ha innalzato la soglia di punibilità per l’omesso versamento IVA da €50.000 a €250.000 , limitando il reato ai casi di evasione più grave, e ha introdotto cause di non punibilità in presenza di crisi di liquidità incolpevole (situazione di vera impossibilità di pagamento per mancati incassi) . In ogni caso, anche quando non scatta il penale, restano le sanzioni amministrative e le azioni di recupero sul piano civile.
Come difendersi dai debiti fiscali: Il debitore ha a disposizione vari strumenti, sia amministrativi che giudiziali, per gestire o contestare i debiti tributari:
- Pagamenti dilazionati (rateizzazioni): La normativa consente di chiedere all’Agenzia delle Entrate-Riscossione una rateizzazione delle cartelle. Attualmente (riforme 2022/2023) i debiti fino a €120.000 possono essere rateizzati con procedura semplificata, senza bisogno di documentare una temporanea difficoltà economica . È possibile ottenere fino a 72 rate mensili (6 anni) o, in taluni casi, piani estesi a 120 rate (10 anni) se il debitore prova una grave e comprovata situazione di difficoltà . Per importi oltre €120.000 occorre presentare documentazione sulla situazione economico-finanziaria. La presentazione di un’istanza di rateazione blocca le azioni esecutive in corso e, in caso di accoglimento, sospende i fermi amministrativi già disposti (il fermo viene revocato dopo il pagamento della prima rata) e impedisce nuovi pignoramenti, a condizione di rispettare le scadenze delle rate. Attenzione: la decadenza dal piano di rateazione (ad esempio per il mancato pagamento di 5 rate) fa perdere i benefici e consente di riprendere le azioni esecutive; inoltre, in caso di decadenza, per il reato di omesso versamento IVA torna rilevante un’omissione superiore a €75.000 .
- Sospensione o annullamento delle cartelle: Se si ritiene che la cartella esattoriale sia viziata (errore nell’atto, prescrizione del credito, pagamento già effettuato, ecc.), il debitore può presentare all’AER una istanza in autotutela (richiesta di annullamento o sgravio) oppure ricorrere giudizialmente. I debiti tributari (IVA, imposte dirette, ecc.) vanno contestati di fronte alle Commissioni Tributarie (ora rinominate Corti di Giustizia Tributaria). Ad esempio, se la cartella deriva da un accertamento mai notificato, si può fare ricorso tributario per difetto di notifica entro 60 giorni. Tuttavia, la semplice difficoltà economica nel pagamento non è di per sé motivo di annullamento: andranno fatti valere vizi legali specifici. In pendenza di ricorso, si può chiedere la sospensione giudiziale dell’esecuzione. Segnaliamo che, con riferimento alle procedure di sovraindebitamento (di cui diremo più avanti), la Cassazione ha escluso che il giudice del sovraindebitamento possa autonomamente sospendere le azioni esecutive se non nei casi previsti dalla legge ; ciò rende importante attivarsi tempestivamente con gli strumenti previsti (come la richiesta di misure protettive nell’ambito delle procedure di composizione della crisi).
- Definizioni agevolate (“rottamazione” cartelle): Negli ultimi anni il legislatore ha introdotto varie misure di definizione agevolata dei debiti fiscali iscritti a ruolo. Da ultimo, la Legge 197/2022 (Bilancio 2023) ha previsto:
- lo stralcio automatico dei mini-debiti fino a €1.000 affidati all’esattore dal 2000 al 2015, avvenuto il 31 marzo 2023 (per tali carichi sono stati annullati d’ufficio interessi e sanzioni, e per quelli di enti diversi dallo Stato è stato eliminato l’intero debito salvo che l’ente abbia deliberato di non aderire) ;
- la “rottamazione-quater” delle cartelle affidate dal 2000 al 30 giugno 2022, che consente ai debitori, su istanza presentata entro aprile 2023, di estinguere i ruoli versando solo il capitale e le spese vive, con abbuono di interessi, sanzioni e aggio di riscossione . Anche molte multe rientrano, sebbene per le sanzioni stradali la legge conceda lo sconto solo su interessi e maggiorazioni (la sanzione base va pagata) . Chi ha presentato domanda di definizione agevolata ha ottenuto la sospensione delle azioni esecutive e può pagare in un massimo di 18 rate fino al 2027. Al momento (settembre 2025) queste misure sono in corso di attuazione per chi vi ha aderito; non si escludono futuri interventi legislativi simili, data la prassi di rinnovare le “rottamazioni”. Pertanto, un debitore fiscale dovrebbe informarsi su eventuali nuove finestre normative di condono parziale.
- Transazione fiscale nei processi di composizione della crisi: Nelle procedure concorsuali o di composizione negoziata, è prevista la transazione fiscale, cioè la possibilità di proporre al Fisco il pagamento parziale o dilazionato dei tributi. Per le piccole imprese, la novità è che dal 2021-2022 anche nell’ambito della composizione negoziata della crisi (strumento di soluzione stragiudiziale di cui parleremo) è ammessa la trattativa con l’Erario per ridurre i debiti tributari . Ciò è rilevante qualora il food truck voglia evitare la chiusura e trovare un accordo complessivo con i creditori: l’eventuale piano potrà includere una falcidia delle imposte (con l’eccezione dei contributi previdenziali, che in quella sede non sono transigibili) . In assenza di procedure formali, invece, non è possibile “patteggiare” privatamente col Fisco una riduzione dell’imposta dovuta: o si paga interamente (magari a rate), o si sfruttano le definizioni agevolate previste per legge, oppure si ricorre a una procedura concorsuale. È bene diffidare di soluzioni fantasiose o dilatorie illegali (come simulare la cessazione dell’attività per sfuggire alle cartelle), perché possono integrare reati (es. sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, art. 11 D.Lgs. 74/2000) e non risolvono il debito.
Riassumendo, di fronte a cartelle esattoriali e debiti fiscali, un titolare di food truck dovrà innanzitutto valutare la propria posizione: se il debito è fondato e definitivo, conviene attivarsi subito per una rateizzazione o aderire a eventuali sanatorie, così da congelare le azioni esecutive (evitando, ad esempio, il fermo del furgone che comprometterebbe l’attività). Se vi sono motivi di contestazione, bisogna fare ricorso nei termini, per non rendere definitivo l’addebito. In caso di debiti fiscali ingenti che il business non è in grado di ripianare, sarà opportuno considerare le procedure di composizione della crisi o sovraindebitamento (trattate più avanti), grazie alle quali il debito tributario può essere ristrutturato e persino parzialmente annullato (si tenga presente che nelle procedure giudiziali il Fisco è un creditore come gli altri, con determinati privilegi, ma può dover accettare acconti parziali se la legge lo consente e il piano viene omologato dal tribunale ). L’importante è non restare inerti: l’inerzia porta ad accumulo di interessi/sanzioni e ad azioni aggressive dei riscossori; al contrario, attivando strumenti di legge, il contribuente onesto ma in difficoltà può spesso guadagnare tempo o ridurre l’esborso complessivo.
Debiti previdenziali (INPS, INAIL)
Al pari dei tributi, anche i contributi previdenziali e i premi assicurativi obbligatori possono gravare su un food truck e generare debiti. Nello specifico, il titolare di una ditta individuale di street food è tenuto all’iscrizione alla gestione commercianti/artigiani INPS e al versamento dei relativi contributi fissi e contributi sul reddito minimale; se impiega dipendenti o collaboratori, deve versare i contributi previdenziali (quota a carico del datore e quota trattenuta al lavoratore) e i premi INAIL contro gli infortuni. Una società (es. SRL) avrà anch’essa obblighi contributivi per gli eventuali dipendenti e per i soci lavoratori. I debiti previdenziali sorgono quando questi versamenti non vengono effettuati alle scadenze (mensili o trimestrali).
Conseguenze del mancato versamento: I debiti verso gli enti previdenziali vengono anch’essi affidati all’Agente della Riscossione per il recupero coattivo, in modo similare ai debiti fiscali. In particolare, l’INPS emette degli avvisi di addebito immediatamente esecutivi per i contributi non pagati, che, decorso il termine, confluiscono in cartelle esattoriali (ormai notificate direttamente come avvisi). Pertanto, interessi e sanzioni civili (spesso assai gravose, con tassi di mora superiori a quelli tributari in caso di evasione contributiva) si aggiungono al dovuto. L’Agente della Riscossione può attivare fermi amministrativi, ipoteche e pignoramenti con le stesse modalità viste per i debiti fiscali, nonché il pignoramento presso terzi (ad esempio su crediti che l’azienda vanta nei confronti di terzi committenti). Anche qui valgono i limiti di impignorabilità della prima casa e degli strumenti di lavoro nei termini già detti.
Un aspetto peculiare dei debiti contributivi riguarda la responsabilità penale in caso di omesso versamento di ritenute previdenziali. Se il food trucker ha dipendenti e trattiene dalle loro buste paga la quota di contributi a loro carico, ma poi omette di versarla all’INPS, commette il reato di omesso versamento di ritenute previdenziali (art. 2 comma 1-bis D.L. 463/1983 conv. in L. 638/1983) quando l’importo omesso supera €10.000 annui. Sotto tale soglia l’illecito è depenalizzato in illecito amministrativo; sopra, è prevista la pena della reclusione fino a 3 anni o la multa, a meno che il datore di lavoro non provveda al versamento dovuto entro il termine di compensazione (generalmente entro il 30 settembre dell’anno successivo) – pagamento che estingue il reato. Questo significa, ad esempio, che se un piccolo imprenditore non versa €15.000 di contributi dei dipendenti, potrebbe essere perseguito penalmente, salvo regolarizzare in tempo. Anche il datore di lavoro che omette di versare le proprie quote (contributi dovuti ex lege) non incorre in reato, ma le sanzioni civili INPS in caso di evasione sono pesanti (sanzione aggiuntiva del 30% annuo fino al 60%, poi 6% annuo oltre, secondo l’entità dell’omissione). È dunque evidente che, se sono presenti lavoratori dipendenti, la trascuranza contributiva può avere conseguenze molto serie.
Difese e soluzioni per i debiti contributivi: Molte delle considerazioni fatte per i debiti fiscali valgono analogamente:
- Rateizzazione contributi: L’INPS consente piani di rateazione del debito contributivo. Se il debito è già in cartella, si segue la procedura di rateizzazione con AER (identica a quella tributaria). Se invece il debito è in fase amministrativa (ad es. avviso bonario INPS), è possibile richiedere una dilazione direttamente all’INPS prima che decada e passi all’esattore. Solitamente l’INPS concede fino a 24 rate mensili (2 anni) per i debiti correnti, estendibili a 36 in casi eccezionali, previa domanda motivata. In caso di contributi da lavoro dipendente, l’INPS tende a essere rigorosa: la rateazione potrà sospendere sanzioni aggiuntive e bloccare fermi/pignoramenti, ma eventuali certificazioni di regolarità contributiva (DURC) rimangono non disponibili finché il piano non è in corso e rispettato. Va ricordato che il DURC (Documento Unico Regolarità Contributiva) è richiesto per partecipare a fiere o eventi pubblici e per stipulare certi contratti: se l’azienda ha debiti contributivi non sanati o non rateizzati, risulterà irregolare, precludendo queste opportunità. Dunque, per un imprenditore è vitale attivare la regolarizzazione appena possibile.
- Impugnazione degli avvisi di addebito: Se si ravvisano errori o prescrizioni (i contributi INPS non versati si prescrivono in 5 anni, salvo atti interruttivi), il debitore può proporre opposizione all’avviso dinanzi al Tribunale (sezione Lavoro) entro 40 giorni dalla notifica. Ad esempio, se l’INPS esige contributi già prescritti o per periodi successivi alla cessazione dell’attività, l’opposizione giudiziale è la via per far valere tali eccezioni. In giudizio, l’INPS non può applicare sanzioni civili oltre il minimo se il giudice accerta che la mancata contribuzione fu dovuta a crisi non imputabile all’imprenditore – principio affermato in alcuni precedenti, analogamente a quanto ora previsto in ambito penale tributario . Tuttavia, queste situazioni sono complesse e vanno valutate caso per caso con assistenza legale.
- Sgravi o condoni contributivi: Periodicamente sono state varate misure agevolative anche per i contributi. Ad esempio, la rottamazione-quater 2023 include i crediti degli enti previdenziali affidati all’esattore: quindi un debito INPS in cartella può essere definito versando solo la quota capitale, senza sanzioni e interessi . Ciò può alleggerire notevolmente il peso, dato che gli oneri da omesso versamento contributivo spesso consistono in buona parte di sanzioni civili. Non vi sono invece condoni “amministrativi” diretti per contributi non ancora a ruolo, salvo alcune cause di non punibilità sul penale introdotte di recente (che però non cancellano il debito, evitano solo la condanna se la crisi era incolpevole, analogamente all’IVA ). Il Governo può prevedere, come in passato, sanatorie contributive per aziende in crisi (rate straordinarie), ma al 2025 nulla di strutturale oltre alle definizioni in sede di riscossione.
- Cumulabilità con procedure concorsuali: I debiti contributivi possono essere inclusi nelle procedure di composizione della crisi o concordatarie. In un concordato preventivo o concordato minore (sezione sovraindebitamento), l’INPS è un creditore privilegiato per i contributi dovuti, ma può vedersi proposta una falcidia (pagamento parziale) se il piano lo richiede. L’unico limite è che, in alcuni tipi di accordi di ristrutturazione, l’ente previdenziale (così come l’erario) deve ricevere almeno quanto otterrebbe in caso di liquidazione, pena il diniego di omologazione. Inoltre, a differenza del fisco, non esiste un istituto formale di “transazione contributiva” fuori dalle procedure concorsuali: quindi l’INPS non può autonomamente concordare riduzioni salvo che nell’ambito delle procedure giudiziali previste dal Codice della Crisi .
- Prevenzione di sanzioni penali: Se si è incorsi nel reato di omesso versamento di ritenute INPS (>€10.000 annui non versati per dipendenti), è fondamentale sapere che il pagamento del dovuto prima dell’apertura del dibattimento penale estingue il reato. Quindi, in tali casi, concordare un rapido piano di rientro con INPS e reperire le risorse per saldare (anche chiedendo un finanziamento o attingendo a risparmi) può evitare conseguenze penali al titolare. La riforma fiscale 2023-2024 ha introdotto anche per i reati tributari analoghi (omesso versamento IVA/ritenute fiscali) la causa di non punibilità per forza maggiore finanziaria , segnale di una maggiore comprensione per chi non paga perché realmente insolvente. Tuttavia, l’applicazione di tali esimenti è rigorosa: ad esempio, la Cassazione ha confermato nel 2024 che l’omesso versamento IVA per pagare altri debiti (es. stipendi) non è giustificato, se non c’è prova di una crisi non transitoria e incolpevole . Tradotto: pagare i dipendenti invece del fisco per un certo periodo non esclude il dolo, a meno che il mancato versamento derivi da crediti non incassati e insolvibilità conclamata. Questa severità si riflette anche sul fronte contributivo.
In sintesi, per i debiti contributivi la parola d’ordine è regolarizzare tempestivamente. È prioritario evitare misure come il fermo del veicolo o la perdita del DURC, che impediscono di lavorare. Rateizzare è spesso la soluzione praticabile se non si dispone della liquidità per il saldo immediato. Qualora il debito previdenziale sia parte di una crisi più ampia, lo si affronterà nel contesto di un accordo o procedura concorsuale unitaria. Va infine considerato che l’omissione contributiva incide negativamente anche sui diritti pensionistici futuri del titolare: i contributi IVS non versati non andranno ad alimentare la pensione finché non verranno pagati (o eventualmente compensati da sanatorie). Dunque, l’imprenditore ha un interesse personale a non trascinare troppo a lungo tali debiti, compatibilmente con le proprie possibilità finanziarie.
Debiti bancari e finanziari
L’avvio e la gestione di un food truck richiedono spesso finanziamenti esterni: acquisto o allestimento del camion, attrezzature di cucina, e così via. Molti imprenditori ricorrono a banche o società finanziarie per ottenere un mutuo, un leasing, un prestito d’onore o affidamenti di conto corrente. Anche l’uso di carte di credito business o fidi per liquidità può generare esposizione. I debiti bancari e finanziari diventano critici quando l’attività non riesce a rispettare le rate o le condizioni pattuite. Vediamo le tipologie tipiche e le conseguenze in caso di inadempimento:
- Mutuo o prestito bancario: se il food trucker ha ottenuto un mutuo (eventualmente garantito da ipoteca su un immobile di sua proprietà) oppure un prestito chirografario per investimenti, il mancato pagamento delle rate porta la banca a dichiarare la decadenza dal beneficio del termine (DBT), cioè l’obbligo di pagare immediatamente tutto il debito residuo. Di solito ciò avviene dopo alcune rate non pagate (ad es. 6 rate nel caso dei mutui fondiari, ex art. 40 TUB) . La banca invia formale intimazione; se l’intimato non paga, il credito viene classificato a sofferenza e si procede al recupero giudiziale.
Esecuzione: la banca titolare di mutuo ipotecario potrà avviare pignoramento immobiliare dell’immobile ipotecato (se ipotecato era, tipicamente la casa del debitore o altro bene dato in garanzia). Come visto, i crediti bancari non soggiacciono ai limiti di impignorabilità prima casa che valgono per il Fisco (un creditore privato può pignorare anche l’unica casa, pur se di modesto valore, se ciò è economicamente sensato) . Se però sul mutuo c’è un’ipoteca, la banca ha diritto di prelazione su quell’immobile e in caso di insolvenza attiverà la procedura esecutiva immobiliare. Se invece il prestito è chirografario (senza garanzie reali), la banca dovrà ottenere un titolo esecutivo – di norma un decreto ingiuntivo – e poi potrà pignorare beni mobili, conti correnti, crediti o immobili liberi del debitore. Nella prassi, i finanziamenti bancari a piccole imprese sono spesso assistiti da garanzie personali (es. il titolare o un terzo ha firmato da fideiussore). In tal caso, se la società del food truck non paga, la banca potrà agire anche contro il fideiussore con il medesimo titolo. La presenza di garanzie del Fondo Centrale PMI (garanzia statale) in alcuni prestiti non elimina l’obbligo del debitore: il Fondo rimborsa la banca in caso di insolvenza, ma poi surroga lo Stato nei diritti, il che significa che il debitore dovrà restituire la somma al Fondo (tipicamente tramite il Mediocredito Centrale), spesso con maggiore flessibilità ma pur sempre con un debito residuo.
Oltre al capitale, la banca può esigere interessi di mora contrattuali (che possono essere elevati) e penali per risoluzione anticipata previste dal contratto. Attenzione che se sono stati emessi assegni o cambiali a garanzia di questi debiti (prassi meno comune per i mutui, più per prestiti commerciali), l’inadempimento comporta anche protesti e segnalazioni in CAI o al Registro Protesti.
- Leasing finanziario: molti food truck sono acquisiti in leasing (locazione finanziaria), formula in cui la società di leasing acquista il veicolo attrezzato e lo concede all’utilizzatore dietro pagamento di canoni periodici, con facoltà di riscatto finale. In caso di mancato pagamento di alcuni canoni (di solito bastano 2 o 3 canoni non pagati), la società di leasing può risolvere il contratto e chiede la restituzione immediata del veicolo. Il leasing, infatti, prevede una clausola risolutiva espressa: l’insolvenza dell’utilizzatore determina la fine del godimento. La società di leasing recupera direttamente il bene (proprio perché ne è proprietaria) e successivamente lo vende o ricolloca, addebitando all’utilizzatore moroso la differenza tra il valore ricavato e il debito residuo dei canoni. Questo significa che un food truck preso in leasing può essere perso molto rapidamente se non si pagano le rate, senza bisogno per il lessor di passare da un decreto ingiuntivo: è sufficiente attivare la procedura di riconsegna (eventualmente mediante un provvedimento cautelare di ritenzione se l’utilizzatore non collabora). Per l’impresa ciò è drammatico, poiché viene privata dello strumento principale di reddito. È dunque cruciale, potendo, cercare di rinegoziare il leasing prima che si arrivi a questo punto (spesso le società di leasing preferiscono accordare una moratoria temporanea o una riscadenzazione piuttosto che dover ritirare e vendere l’usato, se intravedono chance di recupero). Se tuttavia il contratto viene risolto, l’utilizzatore può tentare di opporsi solo per contestare formalmente la legittimità della risoluzione (ad es. se aveva versato i canoni ma tardivamente e la società li ha rifiutati): casi limitati.
- Scoperti di conto e finanziamenti rotativi: un altro tipo di debito finanziario è l’utilizzo di fidi di cassa o castelletti con la banca. In genere la banca, su insolvenza conclamata, revoca gli affidamenti e chiede l’immediata copertura dello scoperto. Se il correntista non rientra, la banca procede anch’essa per vie legali (ingiunzione e pignoramento). Va segnalato che la revoca di fido di conto può precipitare la crisi di liquidità dell’impresa; tuttavia la banca è libera di revocare se sussiste una giusta causa (come il peggioramento patrimoniale del cliente). Qualora la revoca fosse abusiva o senza preavviso, il cliente potrebbe eccepire qualcosa in giudizio, ma raramente con successo se c’è insolvenza oggettiva. Nel caso di carte di credito o prestiti rimborsabili a rate, il discorso è analogo: l’ente finanziatore, all’inadempimento, risolve il contratto e passa al recupero crediti. Spesso in questa fase il credito viene ceduto a società di recupero/NPL, che potrebbero proporre sconti pur di chiudere (vedi oltre).
Difese e gestione dei debiti finanziari: I rapporti con banche e finanziarie offrono margini di negoziazione maggiori rispetto al Fisco, ma in assenza di accordo le tutele legali del debitore non sono molte (trattandosi di crediti privati con piena tutela contrattuale):
- Rinegoziazione del debito: la prima cosa da fare, se si prevedono difficoltà, è dialogare con la banca/finanziaria. Gli istituti di credito preferiscono spesso evitare di trasformare un credito vivo in sofferenza conclamata. Si può chiedere una moratoria (sospensione temporanea delle rate), un allungamento del piano (riducendo l’importo di ogni rata) o addirittura una ristrutturazione del debito bancario con abbattimento di parte dell’esposizione. Ad esempio, dal 2020 le PMI potevano accedere a moratorie COVID-19 di legge; oggi esistono accordi ABI per permettere ai clienti in difficoltà di ottenere sospensioni di 6-12 mesi sulle quote capitale di mutui. Anche le iniziative del Microcredito o fondi di solidarietà possono dare respiro (ad es. il Fondo di Garanzia PMI consente, in talune situazioni, di rimodulare i finanziamenti garantiti). La chiave è non aspettare il default totale: se si preavvisa la banca della crisi e si propone un piano credibile, spesso il creditore finanziario coopera (anche perché, specie se privo di forti garanzie reali, dalla liquidazione forzata ricaverebbe poco). Documentare con bilanci e previsioni l’andamento e le cause della difficoltà (ad esempio un calo del turismo che ha ridotto gli incassi del food truck) può giustificare una richiesta di riduzione temporanea delle rate.
- Accordi transattivi a saldo e stralcio: se il debitore è già insolvente e il credito è passato magari a una società di recupero crediti, è spesso possibile negoziare un saldo e stralcio, ossia il pagamento in un’unica soluzione di una percentuale del debito per chiudere la posizione. Ciò avviene tipicamente dopo che la banca ha classificato il credito come non performing e l’ha ceduto per un valore ridotto. Il nuovo creditore può acconsentire a incassare, ad esempio, 30 centesimi per ogni euro di credito e considerare estinto il resto (specie se il debitore minaccia il ricorso a procedure concorsuali in cui forse incasserebbe ancora meno). Tali accordi vanno formalizzati per iscritto e, per sicurezza del debitore, l’adempimento deve essere ben provato (si prediliga un pagamento tracciabile e ottenere una liberatoria dal creditore). Ricorrere al saldo e stralcio ha riflessi sul piano fiscale (il debitore potrebbe dover dichiarare sopravvenienze attive per la parte condonata, se soggetto IRPEF/IRES, salvo esenzioni previste in caso di procedure concorsuali) – aspetto da valutare col commercialista. In ogni caso è una via di uscita spesso conveniente per i debiti con banche e finanziarie.
- Opposizione in giudizio: se la banca agisce giudizialmente (es. decreto ingiuntivo), il debitore può proporre opposizione entro 40 giorni, ma solo se ci sono reali contestazioni (ad esempio interessi usurari applicati, errori di calcolo, invalidità di qualche clausola). In materia bancaria le cause possono vertere su anatocismo, usura, vizi contrattuali: è un terreno tecnico, dove serve perizia econometrica. Se ci sono elementi solidi (tassi di mora oltre la soglia d’usura, commissioni non dovute, ecc.), l’opposizione può ridurre l’importo preteso o invalidare titoli. Tuttavia, agire meramente per prendere tempo senza fondamento espone a ulteriori spese legali. Conciliazione: il giudice o il mediatore (nelle controversie bancarie la mediazione civile è condizione di procedibilità) possono favorire una conciliazione, ad esempio concedendo un nuovo piano di pagamento concordato.
- Segnalazioni e centrale rischi: l’imprenditore deve essere consapevole che il mancato pagamento di debiti finanziari comporta la segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia (per importi rilevanti) o ai SIC (Sistemi di Informazioni Creditizie come CRIF) per importi minori. Questo incide sul merito creditizio: futuri finanziamenti diventano quasi impossibili se si è segnalati come cattivi pagatori. Anche per questo, conviene privilegiare l’accordo bonario (che magari evita la segnalazione negativa) o ricorrere a procedure giudiziali di composizione della crisi dove, una volta omologate, la posizione debitoria viene sistemata e non risulterà un default (i debiti vengono pagati pro-quota secondo il piano approvato). In caso di concordato o piano del consumatore omologato, infatti, la centrale rischi registra la ristrutturazione ma ciò è comunque meglio di un’insolvenza non gestita.
- Procedure concorsuali e sovraindebitamento: I debiti verso banche rientrano a pieno titolo tra quelli trattabili nelle procedure di sovraindebitamento o concordato (vedi sezioni successive). Un concordato minore o un piano di ristrutturazione può proporre ai creditori finanziari una percentuale di pagamento, magari utilizzando la liquidazione di un immobile o l’ingresso di un investitore. Se il piano viene omologato, la banca dissenziente subisce le condizioni imposte (purché nel rispetto delle regole di legge sulla soddisfazione minima dei crediti privilegiati). Inoltre, l’apertura di una procedura concorsuale minore sospende o impedisce le azioni esecutive individuali, congelando pignoramenti in corso su beni aziendali o conti . Ciò può dare respiro e preservare l’operatività del food truck mentre si cerca una soluzione.
In conclusione, i debiti bancari richiedono un approccio negoziale flessibile: la banca è un creditore sofisticato, spesso disponibile a rivedere le condizioni se intravede convenienza (meglio incassare parzialmente che affrontare lunghi contenziosi dall’esito incerto). Per contro, se la situazione degenera in contenzioso, la banca farà valere ogni garanzia e diritto di prelazione, potendo colpire anche beni personali del debitore (specialmente in presenza di garanzie ipotecarie o fideiussorie). Agire per tempo – ad esempio chiedendo il supporto di un consulente finanziario o legale per presentare un piano di rientro – è fondamentale. Se i debiti finanziari sono insostenibili nel contesto dell’attività, si dovrà valutare la strada concorsuale (accordo di ristrutturazione o liquidazione) per evitare di perdere tutto a seguito di esecuzioni disordinate.
Debiti verso fornitori e altri creditori commerciali
Un food truck, come ogni impresa, si approvvigiona di beni e servizi da vari fornitori: materie prime alimentari, bevande, imballaggi monouso, gas per la cucina, eventuale servizio di commercialista, manutenzione del veicolo, etc. Se l’attività è in difficoltà di liquidità, può ritardare o sospendere i pagamenti ai fornitori. Nascono così debiti commerciali (trade payables) scaduti. Inoltre, possono esserci debiti verso il locatore di un eventuale deposito o rimessa, verso il Comune per tasse non strettamente tributarie (es. canoni annuali di concessione di posteggio, se non assimilati a tributi), verso società di servizi (utenze telefoniche, elettricità se allaccio fisso, ecc.). Questi creditori privati hanno anch’essi tutela legale per ottenere quanto dovuto.
Conseguenze del mancato pagamento ai fornitori: Sul piano commerciale, il primo effetto è il deterioramento del rapporto: il fornitore, non vedendosi pagato, può interrompere le forniture (ad esempio il grossista alimentare blocca l’ulteriore consegna di prodotti se le fatture precedenti non sono saldate). Ciò può creare un problema operativo immediato al food truck, costretto a trovare nuovi fornitori (magari a condizioni peggiori, es. pagamento solo contanti anticipati) o a ridurre l’offerta. Quindi, al di là delle conseguenze legali, i debiti verso fornitori impattano la continuità aziendale. Inoltre, se la morosità è comunicata nel settore (specie in piazze locali dove i fornitori si conoscono), l’impresa potrebbe avere difficoltà di credito generale (nessuno concede più dilazioni).
Dal punto di vista legale, il fornitore non pagato può agire come qualunque creditore: – Decreto ingiuntivo: munito delle fatture non pagate (spesso accompagnate da DDT firmati o ordini accettati come prova della fornitura), il fornitore può rivolgersi al giudice e ottenere in tempi rapidi un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo (specie se c’è prova scritta del debito). Il debitore avrà 40 giorni per pagare o opporsi. In mancanza di opposizione, il decreto diventa definitivo. Con esso, il fornitore può procedere a pignoramento di beni del debitore.
- Esecuzione forzata: i beni aggredibili del food truck possono essere i conti correnti aziendali o personali (per una ditta individuale non c’è distinzione di patrimonio), il contenuto di eventuali casseforti/beni mobili nell’esercizio, crediti verso terzi (ad esempio, se il food truck lavora in catering per un’organizzazione e vanta un credito per un evento, quel credito potrebbe essere pignorato presso il cliente). Il furgone stesso può essere pignorato dal fornitore? Sì, è possibile: trattandosi di bene mobile registrato, il creditore può chiedere al tribunale il pignoramento tramite ufficiale giudiziario e successiva vendita all’asta. In pratica, il pignoramento mobiliare su veicoli viene attuato tramite notifica di atto all’intestatario e iscrizione del pignoramento al PRA, seguita dal prelievo forzato del mezzo. È meno immediato del fermo amministrativo (che è extragiudiziale), ma a differenza del fermo comporta la successiva vendita coattiva. I fornitori però raramente intraprendono pignoramenti mobiliari se presumono che il ricavato d’asta di un food truck usato sia modesto rispetto ai costi di procedura. Tuttavia, se il debito è consistente (decine di migliaia di euro) e il furgone ha valore, non è escluso. Anche qui, l’impignorabilità parziale degli strumenti di lavoro (art. 515 c.p.c.) può essere invocata dal debitore per ridurre l’importo ricavabile (pignorabilità nei limiti di 1/5 del valore se gli altri beni sono insufficienti) , ma resta il fatto che un’azione esecutiva del genere bloccherebbe l’attività.
- Fallimento o liquidazione giudiziale: se il food truck è gestito da una società di capitali o da un imprenditore sopra le soglie di fallibilità, un fornitore può anche presentare istanza di fallimento (ora liquidazione giudiziale). In passato, piccoli creditori usavano la minaccia di istanza di fallimento per costringere al pagamento. Oggi, con le soglie di impresa minore (attivo ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000, debiti ≤ €500.000) , molti food truck non sono assoggettabili a fallimento, quindi questa leva potrebbe non essere disponibile se l’imprenditore è “non fallibile” (vedi sezioni successive sui requisiti). Qualora però il food truck fosse gestito da una SRL che eccede tali limiti, la somma di più creditori insoddisfatti potrebbe portare all’insolvenza conclamata e a un’istanza di liquidazione giudiziale. Per un piccolo imprenditore sotto soglia, invece, i fornitori dovranno accontentarsi delle azioni esecutive individuali o eventualmente aderire a una procedura di sovraindebitamento.
- Interessi di mora e spese legali: ai sensi del D.Lgs. 231/2002, i crediti commerciali tra imprese sono produttivi di interessi moratori automatici dal giorno successivo alla scadenza, a tasso semestralmente determinato (circa 8% sopra il tasso BCE negli ultimi anni, quindi su 9-10% annuo o più). Il fornitore potrà pretendere tali interessi oltre al capitale. Inoltre, le spese di sollecito (ad es. €40 forfait per fattura, come previsto dal medesimo decreto) e le spese legali di recupero (contributo unificato, onorari) vanno a carico del debitore soccombente in giudizio. Un ritardo protratto può quindi aumentare il conto del 10-20%.
Come affrontare i debiti verso fornitori: Questi debiti, essendo “tra privati”, offrono al debitore principalmente strategie negoziali:
- Accordi di dilazione o saldo: molto spesso, il fornitore preferisce trovare un accordo piuttosto che intraprendere un’azione legale lunga e costosa. Si può contattare il creditore, riconoscere il debito e proporre un piano di rientro in comode rate, magari fornendo qualche garanzia (es. cambiali, o l’impegno scritto che in caso di inadempimento si accetta direttamente il decreto ingiuntivo). Questo dà fiducia al fornitore. In alternativa, se si dispone di una certa somma, si può proporre un pagamento a saldo stralcio ridotto, specie se il fornitore teme altrimenti di non vedere nulla (ciò dipenderà dal suo potere contrattuale: un piccolo fornitore locale potrebbe acconsentire a uno stralcio, un grande distributore con ufficio legale probabilmente no e preferirà avere tutta la somma). In questi accordi conviene farsi assistere da un legale, almeno per redigere una scrittura privata chiara: va stabilito che il mancato rispetto delle nuove scadenze farà decadere il beneficio e l’intero debito residuo tornerà esigibile, eventualmente meno quanto già versato. Un accordo ben fatto può evitare future contestazioni.
- Conciliazioni nelle procedure monitorie: se il fornitore ha già richiesto decreto ingiuntivo, il debitore può contattare i suoi legali per trovare un’intesa prima di arrivare al pignoramento. Spesso, i giudizi di opposizione a decreto si chiudono con transazioni: ad esempio, il debitore paga parte subito e il resto in tot mesi e rinuncia all’opposizione, mentre il creditore sospende l’esecuzione. Sono soluzioni che fanno risparmiare tempo e denaro a entrambi.
- Verifica dei crediti e contestazioni: il debitore dovrebbe anche verificare la fondatezza delle pretese. Ci sono casi in cui il fornitore, pur di ottenere pagamento, gonfia la nota spese con addebiti non concordati, o fornisce merce difettosa. Legalmente, se la fornitura è risultata viziata o inadempiente, il debitore può eccepire l’inadempimento e rifiutare il pagamento integrale (art. 1460 c.c.), o chiedere una riduzione del prezzo (azione quanti minoris) o risarcimento. Ad esempio, se una partita di alimenti era avariata e ciò ha causato danni, il food truck potrebbe compensare quel danno col debito verso il fornitore. Naturalmente va tutto provato. In un’opposizione a decreto, queste eccezioni vanno sollevate subito. Pertanto, prima di riconoscere tutti i debiti ai fornitori, è buona pratica controllare se le forniture contestate possano giustificare un contegno difensivo. Attenzione, però: se la contestazione è pretestuosa, il giudice potrebbe condannare a ulteriori spese.
- Inclusione nelle procedure di crisi: in un piano di sovraindebitamento o concordato minore, i fornitori non pagati figurano come creditori chirografari (non privilegiati). Ciò significa che potrebbero dover accettare una percentuale ridotta del credito. In tali procedure, spesso sono proprio i fornitori e le banche i creditori sacrificati (poiché fisco e dipendenti hanno privilegi). Il vantaggio per loro è che almeno ottengono una distribuzione ordinata e tempi certi, anziché inseguire un debitore magari nullatenente. Quindi, se la situazione è compromessa, si può anticipare ai fornitori l’intenzione di ricorrere a una composizione della crisi: talvolta ciò li spinge a trattare sul momento (preferendo magari un saldo e stralcio vantaggioso subito piuttosto che attendere una procedura concorsuale dove forse percepiranno meno e più tardi). Da notare che l’apertura formale della procedura minore sospende le azioni esecutive anche dei fornitori, come accennato. Pertanto, se un fornitore minaccia il pignoramento di beni essenziali, l’imprenditore può valutare di “mettere in sicurezza” il patrimonio depositando un ricorso per concordato preventivo (se fallibile) o per sovraindebitamento: ciò genera un provvedimento protettivo che blocca i pignoramenti in corso e impedisce di iniziarne di nuovi, salvo autorizzazione tribunale . Si tratta di misure drastiche ma efficaci per guadagnare tempo e trattare con la massa dei creditori in modo unificato.
- Assicurazione del credito commerciale: come nota a margine, alcune aziende si tutelano assicurando i propri crediti con polizze crediti o factoring. Nel caso di un piccolo food truck, è improbabile si abbiano in essere tali polizze, ma se un fornitore ha assicurato il credito e viene indennizzato dall’assicurazione, la titolarità del credito passa a quest’ultima (surroga). Ciò può complicare le trattative, perché l’assicuratore cercherà il recupero integrale. L’imprenditore dovrebbe informarsi se i grandi fornitori (es. la società di fornitura carburante) hanno ceduto il credito o meno.
In pratica, i debiti verso fornitori richiedono tatto e pragmatismo. Mantenere una comunicazione aperta è cruciale: ignorare i solleciti peggiora la posizione. Meglio spiegare la situazione (“ho avuto un calo di lavoro, ma vi pagherò in tot mesi”) e magari offrire qualcosa subito come buona fede. Dal punto di vista giuridico, il fornitore ha tutti i mezzi per ottenere un titolo ed eseguire, ma spesso la convenienza economica lo porta a preferire una soluzione concordata. Se il debitore mostra impegno (ad esempio proponendo di emettere cambiali per dare certezza alle scadenze, o fornendo una garanzia personale di un familiare) può guadagnare tempo prezioso. All’opposto, la totale inadempienza e irreperibilità spinge il creditore a percorrere la via giudiziaria immediata.
Nel caso limite in cui i debiti commerciali siano tali da innescare a cascata l’insolvenza (ad es. fornitori che ritirano merce, pubblica amministrazione che revoca licenze per canoni non pagati, ecc.), sarà sintomo che l’impresa versa in sovraindebitamento: occorrerà allora affrontare il problema a monte con una ristrutturazione globale (vedi oltre strumenti di composizione della crisi).
Multe e sanzioni amministrative
Nell’attività quotidiana di un food truck non è raro incorrere in multe o sanzioni di vario genere. Le tipologie più comuni sono: – Multe stradali: il furgone, in quanto veicolo, può prendere contravvenzioni per divieto di sosta, accesso non autorizzato in zone vietate, eccesso di velocità, mancato rispetto di ordinanze comunali (es. sostare fuori dagli spazi consentiti durante eventi). Inoltre, se il food truck utilizza bombole a gas o attrezzature in spazi pubblici, possono esservi sanzioni se non si rispettano norme di sicurezza stradale. – Sanzioni amministrative commerciali: controlli della ASL o dei Vigili Urbani possono elevare verbali per violazioni igienico-sanitarie (mancata osservanza HACCP, ecc.), per mancanza di autorizzazioni (esercizio di commercio itinerante fuori dall’area consentita), per mancata emissione di scontrini o ricevute fiscali (oggi è sanzione tributaria amministrativa). Anche il mancato rispetto di orari o la musica ad alto volume potrebbero portare a sanzioni comunali. – Multe per tasse locali: il tardivo pagamento di tributi locali (es. Tassa rifiuti per l’area occupata, se dovuta) spesso comporta ingiunzioni o sanzioni amministrative. – Sanzioni del Codice della Strada relative al mezzo: es. revisione scaduta del veicolo (multa e fermo), assicurazione scaduta (multa elevata e sequestro), sovraccarico oltre i limiti, ecc.
Conseguenze del mancato pagamento delle sanzioni: Le multe stradali (verbali Polizia Locale, Polizia Stradale, ecc.) devono essere notificate e pagate entro 60 giorni. Se non si paga entro 60 giorni dalla notifica, la sanzione raddoppia (si forma la cartella/ingiunzione con importo pari alla metà del massimo edittale, ai sensi del Codice della Strada) oltre a spese di notifica. Dopo tale termine, l’ente creditore (Comune o altro) iscrive a ruolo l’importo e lo affida all’Agente della Riscossione (AER). AER agirà come per le tasse: manderà una cartella esattoriale al trasgressore (o obbligato in solido, es. il proprietario del veicolo) e, se non saldata, potrà procedere con fermo amministrativo del veicolo, pignoramenti, ecc. analogamente ai debiti tributari . Quindi, ad esempio, una serie di multe non pagate potrà portare al fermo del food truck (cosa da evitare assolutamente, come già sottolineato).
Le sanzioni amministrative diverse (es. sanzioni ASL) seguono un iter simile: notifica di verbale, possibilità di pagamento ridotto entro 60 giorni (in genere riduzione 30%), dopodiché ordinanza-ingiunzione per l’importo pieno e poi riscossione coattiva tramite ruolo. Alcune sanzioni possono essere contestate davanti al Giudice di Pace (per importi fino a €15.000 se non stradali, e indipendentemente dall’importo se sono sanzioni stradali) oppure davanti al Prefetto (per multe stradali, con ricorso amministrativo entro 60 giorni dalla contestazione). Se non si propone ricorso o questo viene rigettato, la sanzione diventa definitiva ed esigibile.
Da notare che per le multe stradali, il Codice della Strada prevede la possibilità di rateizzare l’importo se supera una certa soglia (€200) e il richiedente ha determinati requisiti di reddito (ISEE sotto un limite). La rateazione va chiesta all’autorità che ha emesso la multa (Prefetto o Comune) entro 30 giorni dall’accertamento notifica . Si possono ottenere fino a 12 rate mensili per importi fino €2.000, e fino a 60 rate per importi oltre €6.000 (con soglie intermedie) . Se la rateazione è concessa, occorre rispettare i pagamenti, altrimenti l’intero residuo torna esigibile. Questa è una chance importante se, ad esempio, il food truck prende una multa molto elevata (si pensi a violazioni gravi in eventi, che possono cumulare sanzioni). Dopo che la multa è andata in cartella esattoriale, la rateazione è invece quella ordinaria dell’AER già discussa.
Difendersi dalle multe e sanzioni: L’approccio dipende dalla tipologia: – Ricorso e opposizione: se il verbale è ingiusto, conviene presentare ricorso nei termini. Per le multe stradali, il ricorso al Giudice di Pace entro 30 giorni dalla notifica (o 60 giorni al Prefetto, scelta alternativa) può annullare la sanzione per vizi formali (errata notificazione, tardività oltre 90 giorni , errori nel verbale) o per motivi sostanziali (es. infrazione non commessa, segnaletica assente, ecc.). Nel presentare ricorso, la sanzione non va pagata finché non c’è esito. Se il GDP accoglie, nulla è dovuto; se rigetta, potrebbe condannare a una somma aggiuntiva (non superiore al minimo edittale). Per le sanzioni amministrative non stradali, si ricorre in via giurisdizionale al Giudice di Pace (importi modesti) o al Tribunale (se importi elevati o materie particolari). Ad esempio, una sanzione ASL di €5.000 per carenze igieniche si impugna al Giudice di Pace entro 30 gg (poiché il GDP ha competenza anche sulle sanzioni d’importo elevato in alcune materie). Va valutata la fondatezza: se la violazione c’è stata, un ricorso infondato servirà solo a prendere tempo e aggiungere spese. Tuttavia, in alcuni casi fare opposizione può ridurre l’importo: se il giudice riconosce circostanze attenuanti, può ridurre la sanzione al minimo o escludere le aggravanti.
- Rateizzazione e riduzione: come detto, pagare entro 5 giorni dalla notifica una multa stradale consente lo sconto del 30% (sanzione pecuniaria minima). Se possibile, vale la pena farlo, soprattutto se la multa è legittima, per risparmiare. Se non si riesce, prima del termine dei 60 giorni si può chiedere la rateazione (oltre €200) . Ciò diluisce il peso nel tempo. Alcuni Comuni consentono anche di compensare multe con crediti verso la P.A., ma è ipotesi rara e tecnicamente complessa. In ogni caso, una volta che la multa diventa cartella esattoriale, si può trattare come debito fiscale: rottamazione (che come visto elimina interessi e more, ma la base della multa va pagata) , oppure rateazione con AER.
- Effetti sulla licenza o attività: generalmente, avere multe non pagate non incide sulla licenza commerciale in sé, a meno che la sanzione stessa non preveda la sospensione dell’attività. Ad esempio, alcune violazioni sanitarie gravi possono comportare un provvedimento di sospensione temporanea dell’autorizzazione, finché non si regolarizza. Ma ciò è legato all’illecito commesso, non al (mancato) pagamento della multa pecuniaria. Viceversa, il non pagare i canoni di concessione al Comune potrebbe impedire di rinnovare il permesso per l’anno seguente. Molti Comuni, nel bando per posteggi o nello scarico di concessione di suolo pubblico, richiedono che non vi siano morosità pendenti con l’ente. Quindi, se il food truck occupa regolarmente un’area pubblica con permesso annuale, il Comune potrebbe non rinnovare l’autorizzazione se risultano pagamenti dovuti non onorati (tassa rifiuti, COSAP, ecc.). Bisogna dunque verificare i regolamenti locali: spesso esiste un divieto di rilascio di licenze a chi ha debiti scaduti verso la P.A. (basato sul principio di buona fede e di solvibilità verso l’ente). Quindi, un debito da multe verso un Comune potrebbe indirettamente complicare la prosecuzione dell’attività in quel Comune.
- Strategia di pagamento: data la pericolosità del fermo amministrativo, il debito da multe va monitorato. Può convenire, se si hanno risorse limitate, destinare prima i fondi a pagare ciò che evita il fermo del veicolo (ad esempio, se AER preannuncia fermo per tot cartelle comprendenti multe, magari conviene pagare quelle cartelle prioritarie o chiederne la dilazione immediata). Ricordiamo che l’iscrizione di fermo amministrativo deve essere preceduta da un preavviso 30 giorni prima: in quel lasso di tempo, pagando o rateizzando la cartella relativa, si evita l’effetto . Pertanto, il debitore deve aprire tutta la posta e non ignorare le comunicazioni di preavviso dall’Agente Riscossione.
In definitiva, le multe e sanzioni vanno trattate né più né meno come debiti verso enti pubblici: vanno pagate, eventualmente a rate, o contestate formalmente se illegittime. Nel contesto di procedura di sovraindebitamento, esse rientrano tra i debiti chirografari (salvo eventuali privilegi per le spese di giustizia). Nulla vieta di includerle in un piano di ristrutturazione: ad esempio, si può proporre di pagare solo il 10% dell’importo delle multe pendenti, liberandosi del resto. La legge non esclude le sanzioni amministrative dall’esdebitazione (eccetto le obbligazioni alimentari e poche altre categorie non falcidiabili). Dunque, una volta chiusa con successo la procedura di composizione, anche le multe anteriori restano annullate quanto alla parte non pagata, analogamente agli altri debiti . Questo è un notevole beneficio, benché moralmente possa sembrare scorretto “non pagare le multe”: il legislatore ha però ricompreso anche queste nei debiti oggetto di esdebitazione per dare al debitore sovraindebitato una chance di ripartenza senza strascichi.
Tabella riepilogativa delle tipologie di debiti e rimedi
| Tipo di debito | Creditore / Ente | Conseguenze se insoluto | Difese e soluzioni |
|---|---|---|---|
| Fiscale (tasse, IVA) | Agenzia Entrate / Agenzia Riscossione | Cartella esattoriale; sanzione 30% e interessi; fermo veicolo; ipoteca immobili (≥€20.000); pignoramenti (≥€120.000 per immobili); possibile reato se IVA>€250k . | Rateizzazione fino 72-120 rate ; ricorso tributario (60 gg) se vizi; definizioni agevolate (rottamazione, stralcio) ; transazione fiscale nelle procedure concorsuali . |
| Previdenziale (INPS) | INPS / Agenzia Riscossione | Avviso addebito INPS esecutivo; cartella; sanzioni civili elevate; fermo, ipoteca, pignoramenti analoghi al Fisco; reato se omesse ritenute >€10k (dipendenti). | Rateizzazione INPS/AER (max 36 rate INPS, 72/120 AER); opposizione (40 gg al Tribunale) per vizi/prescrizione; definizione agevolata in cartella ; inclusione in piano di sovraindebitamento (falciabili). |
| Bancario/finanziario | Banca, leasing, finanziaria, NPL | Decadenza dal termine e revoca fidi; segnalazione Centrale Rischi; azione legale (decreto ingiuntivo); pignoramento beni o escussione garanzie (es. ipoteche, fideiussioni); risoluzione leasing e ritiro bene. | Negoziazione con banca: moratoria, rinegoziazione piano; accordo saldo e stralcio con cessionari/NPL; opposizione giudiziale se usura o vizi contrattuali; inserimento in concordato/sovraindebitamento (pagamento parziale con omologa tribunale). |
| Fornitori (merce, servizi) | Fornitori privati, locatori, utenze | Sospensione forniture future; interessi moratori D.Lgs 231/2002; decreto ingiuntivo rapido; pignoramento di conti, beni (anche furgone), crediti; azioni cumulative (se fallibile, istanza di fallimento). | Accordo amichevole: dilazione o stralcio con quietanza; riconoscimento del debito con nuove scadenze per evitare causa; eventuale opposizione per contestare merce viziata; coinvolgimento nella procedura di crisi (crediti chirografari falcidiati). |
| Multe e sanzioni | Enti pubblici (Comuni, Stato, ASL, ecc.) | Raddoppio importo se non pagato in 60 gg (multe stradali); iscrizione a ruolo e cartella esattoriale; fermo amministrativo veicolo; pignoramenti come per tributi; possibile sospensione licenza se prevista dalla sanzione; problemi nel rinnovo concessioni se moroso verso enti. | Ricorso GdP o Prefetto (30-60 gg) se infondato; pagamento con sconto 30% entro 5 gg (multe stradali); richiesta di rateazione amministrativa (multe >€200) ; rateazione cartella AER; rottamazione (stralcio interessi/maggiorazioni) ; inclusione nel piano di sovraindebitamento (possibile esdebitazione della quota non pagata). |
Legenda: AER = Agenzia Entrate-Riscossione; DBT = decadenza beneficio termine; OCC = Organismo Composizione Crisi.
Strumenti di gestione della crisi e sovraindebitamento
Quando i debiti di un food truck diventano complessivamente insostenibili con le normali operazioni aziendali, occorre valutare strumenti straordinari di gestione della crisi d’impresa. L’ordinamento italiano prevede sia soluzioni stragiudiziali che giudiziali per affrontare situazioni di insolvenza o sovraindebitamento, evitando per quanto possibile la liquidazione distruttiva dell’azienda e offrendo al debitore onesto la chance di liberarsi dai debiti residui (esdebitazione).
Nel 2019 è stato emanato il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, detto CCII), entrato in vigore a pieno regime dal 15 luglio 2022 , che ha riorganizzato tutte le procedure concorsuali (fallimento, concordato preventivo, ecc.) e le procedure di sovraindebitamento per soggetti non fallibili (ex L.3/2012). Il Codice, e i successivi correttivi, hanno introdotto nuovi strumenti come la composizione negoziata e modificato requisiti e funzionamento delle procedure esistenti .
Di seguito presentiamo i principali strumenti di composizione della crisi rilevanti per un piccolo imprenditore come il titolare di un food truck. In particolare distingueremo: – soluzioni extragiudiziali o volontarie (negoziazione con i creditori, piani attestati, composizione negoziata); – procedure giudiziali di sovraindebitamento (riservate a imprenditori minori o consumatori: piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata, esdebitazione del debitore incapiente); – procedure concorsuali ordinarie (concordato preventivo, liquidazione giudiziale ex fallimento) applicabili se l’impresa supera certe soglie.
Tali strumenti non sono mutuamente esclusivi ma spesso consecutivi: ad esempio, si può tentare prima una composizione stragiudiziale e, se fallisce, ricorrere a quella giudiziale.
Monitoraggio della crisi e misure di allerta
Il Codice della Crisi impone all’imprenditore (anche piccolo) di monitorare i segnali di difficoltà economico-finanziaria (artt. 3 e 24 CCII). Per le imprese organizzate in forma societaria o collettiva, vige l’obbligo di adottare assetti organizzativi adeguati a rilevare la crisi e la perdita di continuità . Tra i segnali di allerta codificati vi sono indici di bilancio (indebitamento, DSCR, ecc.) e specifici inadempimenti verso creditori pubblici: ad esempio, il mancato pagamento di debiti fiscali, previdenziali o salariali oltre soglie prefissate. Dal 2022-2023, Agenzia Entrate, INPS e Agenzia Riscossione sono tenute a segnalare all’impresa (e agli organi di controllo interni, se esistenti) il superamento di tali soglie, per stimolare una reazione tempestiva . In concreto, se un’impresa individuale accumula debiti con la riscossione oltre €100.000, riceverà una PEC di allerta; se non versa IVA per oltre €5.000, idem . Queste segnalazioni non attivano automaticamente procedure concorsuali, ma servono a spingere l’imprenditore a intervenire (allerta interna). Ignorarle può pregiudicare l’accesso a talune soluzioni negoziali (ad esempio può essere valutato come indice di mala gestio, incidendo sulla “meritevolezza” nel successivo concordato) . Il consiglio è dunque di non trascurare tali campanelli d’allarme: quando arrivano, è il momento di attivarsi.
Soluzioni stragiudiziali: accordi privati e composizione negoziata
Prima di ricorrere ai tribunali, un debitore può cercare di risolvere la crisi fuori dalle aule di giustizia. Abbiamo già menzionato la possibilità di trattative individuali con i singoli creditori (banche, fornitori) per dilazioni o stralci. Tuttavia, quando l’indebitamento è generalizzato e coinvolge molti creditori, è difficile ottenere accordi individuali coerenti: occorrerebbe che tutti accettassero di buon grado un certo piano. Qui interviene la composizione assistita: – Il piano attestato di risanamento (art. 56 CCII) è un accordo privato in cui l’imprenditore predispone, con l’ausilio di un professionista attestatore, un piano di risanamento (ad esempio: ristrutturazione debiti, nuovi finanziamenti, cessione di asset, ecc.) idoneo a risanare l’esposizione, che viene attestato come fattibile e veritiero. Se il piano è comunicato ai creditori e pubblicato al Registro delle Imprese, i pagamenti e garanzie connessi ad esso sono protetti da revocatoria fallimentare futura. Questo strumento è tipicamente usato da imprese di dimensioni medio-grandi; un piccolo food truck difficilmente ricorrerà a un piano attestato, data la complessità e i costi (serve un professionista indipendente). È citato per completezza.
- L’accordo di ristrutturazione dei debiti (artt. 57-64 CCII) è un accordo omologato dal tribunale ma basato su adesione volontaria: serve il consenso di creditori rappresentanti almeno il 60% dei debiti totali. I creditori non aderenti restano fuori (possono essere pagati regolarmente), mentre l’accordo vincola solo i consenzienti ed è reso efficace dall’omologazione. Questo strumento è a cavallo tra stragiudiziale e giudiziale. Per una microimpresa raramente è attuato, perché ottenere 60% di consensi può essere arduo. Tuttavia, la legge offre vantaggi, come la possibilità di chiedere al tribunale misure protettive (stay delle azioni) durante le trattative e, novità del 2022, il cram-down fiscale: l’accordo può essere omologato anche senza adesione del Fisco (che spesso è creditore rilevante) se l’accordo è più vantaggioso per l’Erario rispetto alla liquidazione . Questo potrebbe, in teoria, giovare a un imprenditore con molti debiti fiscali ma alcuni creditori disposti a sostenere un piano.
- La composizione negoziata per la soluzione della crisi (art. 17 CCII e D.L. 118/2021 conv. L.147/2021) è un percorso introdotto di recente, destinato a qualsiasi impresa in crisi (anche già insolvente dopo il correttivo ter ), che mira a una trattativa assistita da un esperto indipendente nominato dalla Camera di Commercio. In pratica, l’imprenditore in difficoltà può chiedere la nomina di un esperto (spesso un commercialista o esperto di crisi) che lo aiuti a negoziare con i creditori un accordo di risanamento, senza entrare subito in concorso formale. Durante la composizione negoziata, l’impresa può chiedere al tribunale misure protettive (simili all’automatic stay) per impedire ai creditori di agire o sospendere le azioni esecutive in corso . L’esperto guida gli incontri con i principali creditori (banche, fornitori strategici, Fisco). Se le trattative vanno a buon fine, può scaturirne: a) un semplice accordo stragiudiziale (anche plurilaterale) non omologato; b) un accordo di ristrutturazione omologato; c) un piano di concordato semplificato (nuovo istituto per liquidare l’azienda se le trattative falliscono). La composizione negoziata è volontaria e riservata (non si ha pubblicità se non si chiedono misure protettive). Per un food truck, potrebbe essere eccessivamente complessa da attivare, ma può avere un ruolo se l’impresa vuole fortemente continuare l’attività: ad esempio, con l’aiuto dell’esperto si potrebbe convincere i creditori a diluire i pagamenti mentre l’azienda riorganizza il business, evitando il fallimento. Un vantaggio aggiunto (dal 2023) è la possibilità di includere una transazione fiscale anche in questa sede . In sintesi, la composizione negoziata è un ombrello protettivo temporaneo per cercare un accordo; se l’accordo riesce, si esce dalla crisi senza procedure concorsuali formali, se fallisce si può ripiegare sul concordato preventivo semplificato. Dato il costo e l’onere, è più probabile che micro-imprese come un food truck scelgano piuttosto le procedure di sovraindebitamento (più standardizzate), ma la composizione negoziata resta un’opzione per evitare sin dall’inizio la stigmatizzazione concorsuale.
Scelta dello strumento: un imprenditore individuale indebitato dovrà valutare con i consulenti la strada migliore. Se i debiti sono gestibili con accordi diretti (perché magari pochi creditori principali), può non essere necessaria una procedura giudiziale. Se invece c’è una miriade di debitori e l’azienda è tecnicamente insolvente (non paga più regolarmente da 120+ giorni), probabilmente servirà la struttura di una procedura da sovraindebitamento per imporre un trattamento paritario e ottenere l’esdebitazione finale.
Procedure di sovraindebitamento per imprenditori minori e privati
Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento sono state create per i debitori non fallibili, ossia: – consumatori (persone fisiche che hanno debiti personali, non prevalentemente d’impresa), – piccoli imprenditori commerciali sotto soglia (“imprenditori minori”), – imprenditori agricoli (sempre esclusi dal fallimento), – professionisti, start-up innovative, enti non commerciali, ecc. (categorie elencate nell’art. 2 CCII) .
Un titolare di food truck come ditta individuale rientra di solito tra gli imprenditori minori, se rispetta i limiti dimensionali già citati (attivo ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000, debiti ≤ €500.000 negli ultimi 3 anni) . Quasi sicuramente un’attività di street food rientra in tali parametri, a meno di situazioni eccezionali. Pertanto, egli non può essere assoggettato a liquidazione giudiziale (fallimento), ma può accedere alle procedure di sovraindebitamento. Se invece il food truck è gestito da una SRL, occorre distinguere: se la SRL è sotto soglia, essa stessa dovrebbe qualificare come imprenditore minore (anche se la legge parla di “imprenditore” includendo potenzialmente anche la società: su questo la dottrina discute, ma la Camera di Commercio RC include l’imprenditore minore tra i legittimati ). Se la SRL supera le soglie, allora è fallibile e dovrà usare concordato preventivo o liquidazione giudiziale. Per semplicità, qui consideriamo il caso tipico: imprenditore minore sovraindebitato (ad esempio un individuo con food truck e debiti vari).
Le tre procedure principali di sovraindebitamento (come aggiornate dal Codice nel 2022) sono:
- Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore – riservato però al consumatore, cioè debitore persona fisica che ha contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale. Un titolare di food truck difficilmente rientra in questa categoria per i debiti d’impresa; potrebbe accedervi solo per debiti che non riguardano l’attività (ad es. un mutuo personale, una fideiussione a favore di terzi, ecc.), oppure se ha chiuso l’attività e i suoi debiti residui sono considerati personali (c’è giurisprudenza sui c.d. “debiti misti” in cui se c’è componente consumer prevalente si può tentare il piano del consumatore, ma è questione complessa). In generale, il piano del consumatore (ora “piano di ristrutturazione”) permette alla persona sovraindebitata meritevole di proporre al giudice un piano di pagamento parziale dei debiti senza il voto dei creditori . Il giudice omologa il piano se ritiene che il debitore sia meritevole (non ha colpa grave o frode nel sovraindebitamento) e che il piano sia fattibile e conveniente per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria. Questa procedura è molto vantaggiosa per il debitore onesto, ma essendo limitata ai consumatori, la citiamo solo per completezza: se il nostro food trucker fosse un ex imprenditore che ha chiuso l’attività e ora è “semplice cittadino” con debiti pregressi, potrebbe presentarsi come consumatore (questo scenario è possibile: imprenditore cessato e cancellato da oltre un anno può accedere come consumatore per i debiti ex impresa, secondo alcune interpretazioni giurisprudenziali). Ad ogni modo, per chi esercita attualmente un’impresa, la procedura idonea è la successiva.
- Concordato minore – è la procedura giudiziale introdotta dal Codice per i debitori non fallibili diversi dal consumatore (imprenditore minore, professionista, ecc.) . Somiglia a un concordato preventivo semplificato: il debitore propone un accordo di ristrutturazione ai creditori, che viene votato dagli stessi e poi omologato dal tribunale. Caratteristiche principali:
- Continuazione dell’attività: se il piano prevede la prosecuzione dell’attività imprenditoriale, il concordato minore consente di ristrutturare i debiti e continuare il business. Questo è cruciale per un food truck che voglia evitare di chiudere. In tal caso, il debitore deve offrire ai creditori un pagamento (anche parziale) in un certo periodo, eventualmente attingendo ai futuri utili generati dall’attività. Non è previsto un soddisfacimento minimo in percentuale per i chirografari (a differenza del concordato preventivo ordinario che richiede il 20%), ma il piano dev’essere fattibile e non abusivo. I creditori votano: serve la maggioranza dei crediti ammessi al voto per l’approvazione . Se c’è un unico creditore, il voto non serve (il tribunale valuta e omologa se ritiene il piano equo).
- Cessazione dell’attività: se il debitore decide di chiudere l’impresa (perché non più sostenibile), può comunque proporre un concordato minore liquidatorio, ma la legge richiede un apporto di risorse esterne in misura apprezzabile . Ciò per evitare che il debitore liquidi solo ciò che i creditori avrebbero comunque ottenuto vendendo i beni – in tal caso tanto varrebbe fare la liquidazione controllata. L’apporto esterno (es. denaro di terzi, rinuncia di crediti del socio, ecc.) serve a incentivare i creditori ad accettare. In pratica, per il piccolo imprenditore che chiude, potrebbe convenire direttamente la liquidazione controllata (vedi punto 3), a meno che non riesca a coinvolgere un parente o investitore che metta soldi per comporre stragiudizialmente i debiti.
- Meritevolezza e cause ostative: anche nel concordato minore conta la condotta del debitore. Non può accedervi chi ha causato la crisi con frode o colpa grave . Ad esempio, se l’imprenditore ha tenuto scritture false o ha dissipato volontariamente beni in danno dei creditori, il tribunale non ammetterà la procedura. Inoltre, occorre non aver già ottenuto esdebitazione nei 5 anni precedenti o più di due volte in totale . Questo per evitare abusi (niente “uso reiterato” dell’uscita dai debiti).
- Procedimento: il debitore, con l’ausilio di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) o di un professionista nominato, elabora il piano e lo deposita in tribunale. Viene nominato un Gestore della crisi (in pratica, un professionista che funge da commissario/attestatore). I creditori vengono convocati, esaminano la proposta e votano (anche a mezzo pec). Se la maggioranza approva, il tribunale omologa verificati i requisiti; se la maggioranza non approva, il tribunale può comunque omologare se ritiene che i creditori non aderenti ricevano almeno quanto otterrebbero dalla liquidazione (una sorta di cram-down giudiziale). Nel concordato minore non c’è il rigido sistema di classi del concordato maggiore, ma si possono prevedere classi di creditori per trattamenti differenziati (il CCII lo consente). Durante la procedura, il debitore può chiedere misure protettive per bloccare i pignoramenti. Una volta omologato e eseguito il piano, si ottiene l’esdebitazione per i debiti residui non soddisfatti .
Esempio pratico: Tizio, food trucker, ha debiti per €100.000 (20k fisco, 10k INPS, 30k banca, 40k fornitori). L’attività genera utili modesti, ma Tizio vuole continuare. Propone un concordato minore in continuità: un piano a 5 anni dove si impegna a pagare in totale €50.000 così suddivisi: integralmente i debiti privilegiati (diciamo 20k fisco privilegiati, 10k INPS, banca 10k garantiti da pegno se c’è, etc.) e un 20% ai chirografari (fornitori e parte banca). Ottiene nuovi investimenti (es. lavora di più, taglia spese) per generare €10k l’anno da destinare al piano. I creditori votano: la banca e i fornitori, valutando che altrimenti dalla liquidazione otterrebbero forse meno, approvano; il fisco e INPS non votano (sono privilegiati ma li paga al 100% quindi non hanno da opporsi). Il piano viene omologato e Tizio lo esegue in 5 anni. Al termine, i fornitori ottengono il 20% pattuito e poi non possono più avanzare pretese sul restante 80% che viene esdebitato, cioè cancellato . Tizio ha salvato la sua impresa e riparte pulito dai debiti pregressi. Questo è il risultato virtuoso che la procedura mira a consentire.
- Liquidazione controllata del sovraindebitato – è l’equivalente del fallimento per il debitore civile o minore, con la differenza positiva che consente al debitore persona fisica di essere esdebitato a fine procedura. Si ricorre alla liquidazione giudiziale del patrimonio quando il debitore non ha prospettive di risanamento o quando concordati/piani falliscono o non sono praticabili. Può essere volontaria (il debitore stesso chiede di liquidare tutto per chiudere la situazione) oppure involontaria su istanza di creditori o del PM (quest’ultimo caso per ora raro, limitato a frodi, ecc., e per fortuna i creditori pubblici non possono chiederla se debiti sotto soglie ). Proceduralmente, la liquidazione controllata è avviata con ricorso al tribunale; viene nominato un liquidatore (spesso l’OCC o un professionista terzo) che prende possesso di tutti i beni del debitore, li vende e distribuisce il ricavato ai creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione. Il debitore persona fisica subisce effetti simili al fallito (perde la disponibilità dei beni, deve collaborare, ecc.), ma con alcune tutele: ad esempio, gli rimane intoccabile il minimo vitale dei redditi per il mantenimento suo e della famiglia (il giudice fissa la parte di stipendio/non pignorabile). Anche qui vale l’impignorabilità della prima casa da parte del fisco: se la casa non è ipotecata da creditori privati, non verrà toccata (ma spesso i creditori chirografari potrebbero chiedere di vendere anche la casa se ciò è l’unico attivo, salvo che sia protetta per legge – da valutare caso per caso). In esito alla liquidazione, il debitore persona fisica può ottenere l’esdebitazione di tutti i debiti rimasti insoddisfatti (a meno di esclusi per legge, come alimenti, risarcimenti danni da illecito, e debiti di mantenimento).
La novità col Codice è che l’esdebitazione post-liquidazione per il sovraindebitato è quasi automatica: il codice dice che il liquidatore avvisa il debitore della possibilità di chiedere l’esdebitazione e, se non emergono condotte fraudolente, il tribunale la concede con decreto a fine procedura. Questo è in analogia a quanto previsto per il fallito onesto (già la L.3/2012 lo prevedeva, ora ribadito e potenziato ). Ciò significa che, facendo la liquidazione controllata, si può “sacrificare tutto per ripartire da zero senza debiti”.
Esdebitazione dell’incapiente: inoltre, esiste una variante estrema – introdotta dal 2020 e confermata nel Codice – per il debitore persona fisica che non ha nulla da liquidare: se risulta totalmente incapiente (nessun bene cedibile né reddito pignorabile) ma è meritevole, può chiedere l’esdebitazione immediata dei debiti, senza dover passare per una liquidazione di fatto inutile . Questa procedura, detta anche “esdebitazione del debitore incapiente”, può essere concessa una sola volta nella vita e con condizione risolutiva: nei 4 anni successivi, se il debitore beneficiato riceve nuove utilità rilevanti (es. eredità, vincite, redditi straordinari), deve pagarle ai creditori fino al 10% del dovuto . In pratica, è un “perdono” per chi è completamente al tracollo, per dargli dignità e possibilità di ripartenza . La giurisprudenza recente applica con rigore questo istituto: occorre prova rigorosa di non avere beni né prospettive, e di aver agito in buona fede . Per un food trucker che si trovasse, ad esempio, con il mezzo sequestrato e zero patrimonio, potrebbe essere l’ultima spiaggia: gli verrebbero cancellati i debiti (tranne quelli esclusi per legge) e potrebbe ricominciare magari come dipendente altrove. I tribunali finora hanno concesso esdebitazioni di questo tipo con parsimonia, valutando scrupolosamente l’assenza di atti in frode (chi ha nascosto beni viene escluso ). Ma è uno strumento potentissimo per evitare che il sovraindebitato resti schiacciato a vita dai debiti. Una sentenza della Cassazione del 2024 ha ribadito che l’esdebitazione, anche a seguito di liquidazione, non è automatica ma va valutata caso per caso soprattutto in merito alla buona fede del debitore . Dunque, comportamenti sleali (come omissione di informazioni, tentativi di favorire qualcuno, distrazioni di cespiti) possono farla negare . Al contrario, presentare documentazione completa e collaborazione massima con l’OCC/curatore sono elementi favorevoli .
Vantaggi delle procedure di sovraindebitamento: per il nostro soggetto debitore, questi strumenti offrono: – la sospensione delle azioni esecutive individuali, evitando dispersione del patrimonio e trattamenti diseguali; – la possibilità di ridurre l’ammontare complessivo da pagare (a seconda della capacità contributiva) e di pagare in tempi più lunghi e coordinati; – la prospettiva di un fresh start finale con l’esdebitazione dei debiti pregressi non soddisfatti ; – la gestione sotto controllo del tribunale, che garantisce ai creditori trasparenza e correttezza (il che può incentivare la loro adesione, sapendo che c’è un arbitro imparziale e un gestore nominato); – la possibilità, in alcuni casi, di continuare l’attività (specie con il concordato minore in continuità) evitando la dismissione del know-how aziendale.
Svantaggi e considerazioni: naturalmente, aprire una procedura concorsuale minore comporta costi (bisogna pagare il compenso dell’OCC/gestore e le spese di procedura, sebbene siano tarati sul caso – ad esempio, l’OCC chiede un acconto modesto, tipicamente qualche centinaio di euro iniziali ) e sacrifici (si perde la disponibilità di beni non essenziali, c’è pubblicità della procedura in registro pubblico, il che può stigmatizzare un po’ l’impresa sul mercato). Inoltre, il successo non è garantito: un piano può non essere omologato se giudicato impraticabile o se emergono opposizioni fondate di creditori. I casi di abuso o mala fede vengono sanzionati col diniego dell’omologa o dell’esdebitazione. Quindi, queste vie vanno intraprese con serietà e con l’assistenza di professionisti esperti in crisi d’impresa.
Caso pratico di sovraindebitamento: Poniamo Caio, ex gestore di food truck, ha chiuso l’attività travolto dai debiti: ha venduto il camion per pagare debiti urgenti, ma gli rimangono €80.000 di debiti (soprattutto cartelle e fornitori) e nessun bene di rilievo (niente casa di proprietà, solo un’auto vecchia). Caio è disoccupato. Questa è tipica situazione di incapienza. Caio, tramite l’OCC, può chiedere al tribunale l’esdebitazione da incapiente: prova di aver perso l’attività per cause di forza maggiore (ad es. pandemia, contrazione mercato), di non avere nulla, e di essere disponibile a pagare i creditori se entro 4 anni trovasse un buon lavoro. Il tribunale verifica che Caio non abbia sperperato attivi o fatto atti fraudolenti, e nel 2025 concede l’esdebitazione totale immediata . I creditori vengono avvisati che se Caio erediterà o vincerà qualcosa entro 4 anni, avranno diritto al 10%. Caio così si libera dal fardello e può ricominciare (magari cerca un lavoro e se in futuro torna a guadagnare molto, i creditori storici potrebbero recuperare un 10%, altrimenti nulla). Questo esempio mostra la funzione “umanitaria” dell’istituto, che mira a contrastare il lavoro nero e l’esclusione sociale: piuttosto che costringere Caio a lavorare in nero pur di non farsi pignorare lo stipendio, lo si rimette in carreggiata legalmente, confidando che ciò genererà più benefici per tutti.
Procedura concorsuale ordinaria (fallimento/concordato preventivo)
Per completezza, consideriamo il caso di un food truck imprenditore sopra soglia o organizzato in forma societaria complessa. In tal caso, se insolvente, si applicherebbero le procedure ordinarie: – Il concordato preventivo (artt. 84-120 CCII) è una procedura giudiziale in cui un’impresa (fallibile) propone ai creditori un piano di risanamento o liquidatorio. Ad esempio, se la società proprietaria di 5 food truck (una piccola catena) accumula molti debiti ma vuole continuare almeno con alcuni mezzi, può proporre un concordato in continuità: vende alcuni beni, ne tiene altri, paga i creditori con percentuali minime (almeno 20% ai chirografari nel concordato liquidatorio ordinario, salvo esenzioni) . Il concordato preventivo è l’equivalente per imprese fallibili di quanto il concordato minore è per le non fallibili. Nel nostro contesto di microimpresa, è raro doverlo usare, ma se ad esempio la SRL food truck ha 10 dipendenti ed è over-soglia, potrebbe valutare un concordato minore (se ritenuta non fallibile) oppure un concordato preventivo semplificato per la liquidazione (nuova figura introdotta se fallisce la composizione negoziata). Questi dettagli vanno oltre il caso tipico, ma la logica è: l’ordinamento offre un ventaglio di opzioni a seconda della dimensione. Per il piccolo, c’è il concordato minore; per il medio, il concordato preventivo classico. Il nostro focus essendo il piccolo, non approfondiamo oltre. Basti sapere che in un concordato preventivo ordinario ci sono regole più stringenti (percentuali minime, obbligo di pagare almeno 20% ai chirografari se liquidatorio, classi obbligatorie in certi casi, ecc.) e costi più alti (commissari, ecc.), giustificati da situazioni più complesse.
- La liquidazione giudiziale (nuovo nome del fallimento) è la procedura con cui un tribunale, constatata l’insolvenza di un imprenditore fallibile, nomina un curatore che liquida tutto il patrimonio a beneficio dei creditori. Nel contesto di un food truck, potrebbe succedere se, ad esempio, la società ha diversi asset e creditori rilevanti che preferiscono farla fallire per massimizzare il ricavato (ad es. se c’è un immobile di proprietà su cui rifarsi). Nel fallimento, i soci di SRL non rispondono oltre il capitale, salvo garanzie date. Il fallito persona fisica può essere esdebitato a fine procedura (art. 278 CCII). La liquidazione giudiziale è procedura lunga e costosa, e l’obiettivo del legislatore è ridurla al minimo per i piccoli casi. Con soglie di non fallibilità e con la preferenza data ai concordati, oggi poche micro-imprese finiscono in liquidazione giudiziale. Molto più frequente è che optino per la liquidazione controllata ex L.3/2012 (ora CCII) se non fallibili.
In sintesi: SRL o ditte sopra soglia -> possono dover ricorrere a concordato preventivo o liquidazione giudiziale; ditte sotto soglia -> usano concordato minore, piano consumatore o liquidazione controllata.
Nel contesto di food truck con debiti, è ragionevole presumere che la maggior parte siano ditte individuali o micro-SRL non fallibili. Dunque, i nostri strumenti principali di difesa sono le procedure di sovraindebitamento descritte, che dal 2012 ad oggi hanno permesso a molti piccoli imprenditori di uscire da situazioni debitorie disperate (“legge salva suicidi” era soprannominata la L.3/2012 proprio per questo scopo sociale).
Differenze tra ditta individuale e società (SRL) in caso di debiti
Come anticipato, la forma giuridica dell’attività incide enormemente sul regime dei debiti e sulla strategia di difesa. Analizziamo le differenze chiave tra un food truck gestito come impresa individuale e uno gestito tramite società a responsabilità limitata (SRL):
- Responsabilità patrimoniale: l’imprenditore individuale risponde dei debiti con tutti i suoi beni presenti e futuri (art. 2740 c.c.). Ciò include il patrimonio personale (casa, conto personale, stipendio di altra attività, ecc.). Un creditore può indifferentemente aggredire beni “aziendali” o personali, non esistendo separazione (fatta salva l’eventuale differenziazione patrimoniale come il fondo patrimoniale, che però non protegge dai debiti di attività professionale se contratti per quella). Invece, la SRL è dotata di autonomia patrimoniale perfetta: i debiti sociali dovrebbero essere pagati solo col patrimonio della società. I beni personali dei soci o dell’amministratore, in linea di principio, sono al sicuro. Questa è la ragione per cui alcuni potrebbero costituire una SRL anche per piccole attività – per limitare il rischio. Attenzione però: molte volte, essendo la SRL piccola e senza storico creditizio, i fornitori e le banche chiedono garanzie personali dei soci/amministratori (fideiussioni, avalli). Se tali garanzie sono state date, la distinzione viene meno: ad esempio, se la SRL del food truck ha un prestito bancario garantito dal socio Tizio, in caso di insolvenza la banca escuterà Tizio che risponderà col suo patrimonio personale. Allo stesso modo, se l’amministratore firma assegni poi non coperti, ne risponde personalmente (anche penalmente se doloso). Quindi la protezione della SRL è reale solo se si evitano garanzie personali e si opera correttamente.
- Obblighi contabili e trasparenza: la SRL deve tenere contabilità ordinaria, bilanci depositati, e soggiace a normative societarie (capitale minimo, ecc.). L’impresa individuale ha adempimenti semplificati (può essere in contabilità semplificata se ricavi < limiti). Ciò significa che in caso di crisi, la SRL ha lasciato traccia ufficiale della sua situazione nei bilanci: i creditori possono valutare se gli amministratori hanno agito diligentemente. Zona di insolvenza: per la SRL, quando il capitale è eroso da perdite oltre 1/3, scatta l’obbligo di ricapitalizzare o ridurre il capitale (art. 2482-bis c.c.). Se la società diventa incapiente, l’amministratore deve attivarsi subito per evitare aggravamento del dissesto (art. 2486 c.c.). Se non lo fa, può essere chiamato a rispondere verso la società e i creditori per mala gestio. Per il titolare individuale questi vincoli non ci sono, ma in pratica se continua ad aggravare il passivo in malafede può incorrere in reati (insolvenza fraudolenta, art. 641 c.p., se contrae nuovi debiti sapendo di non poter pagare) .
- Procedura concorsuale applicabile: come detto, l’impresa individuale sotto soglia si salva dal fallimento e usa le procedure di sovraindebitamento. Una SRL, anche micro, a rigore sarebbe fallibile se debiti > €500.000 e altre soglie superate. Però l’art. 2 CCII definisce imprenditore minore anche la società commerciale che rispetta quei limiti , e l’art. 49 CCII esclude dalla liquidazione giudiziale l’imprenditore minore. Dunque, anche la SRL sotto soglia dovrebbe poter accedere alle procedure da sovraindebitamento (concordato minore, ecc.) . Di fatto, diverse SRL piccole hanno usato la legge 3/2012 come soggetti non fallibili. Quindi la differenza procedurale non è solo persona vs società, ma dimensione. Tuttavia, se la SRL è sopra soglia, finirà in concordato preventivo o fallimento; se è sotto, può fare concordato minore. L’imprenditore individuale può presentare un piano del consumatore solo se non esercita più l’attività ed i debiti non sono prevalentemente d’impresa.
- Debiti fiscali e contributivi di società vs persona: la SRL ha una personalità distinta, quindi i debiti tributari sono a suo carico. Se la SRL non paga tasse, l’Agenzia Riscossione aggredirà i beni sociali (conti societari, veicoli intestati alla società, crediti della società). Non potrà iscrivere ipoteca su casa dei soci, né fermo sull’auto privata dei soci, perché sono soggetti diversi. Tuttavia, se la società viene estinta (liquidata o cancellata dal Registro Imprese) con debiti tributari non pagati, la legge (art. 2495 c.c. e art. 36 DPR 602/73) consente al Fisco di perseguire gli ex soci fino a concorrenza di quanto incassato in sede di liquidazione, e gli ex amministratori se hanno distribuito attivi preferendo altri creditori rispetto all’Erario . Quindi, i soci di SRL non sono completamente immuni: se hanno prelevato utili o capitali in scioglimento senza soddisfare il Fisco, ne rispondono nei limiti di quanto ricevuto . Inoltre, certi debiti come l’IVA e le ritenute, se non pagati dalla società, implicano responsabilità penale per gli amministratori (vedi reati tributari: amministratore di SRL omettente IVA > soglia è punibile personalmente). In più, per contributi dipendenti non versati, l’amministratore è penalmente perseguibile come “datore di lavoro” (la società come persona giuridica non va in galera, ma il legale rappresentante sì). Quindi, la forma societaria protegge civilisticamente i soci, ma non salva l’amministratore da possibili responsabilità penali e sanzionatorie personali (si pensi anche alle sanzioni amministrative: se la società è insolvente, le multe restano a carico suo, ma se l’attività prosegue in mano allo stesso soggetto altrove, potrebbero tentare di farle pagare – però formalmente il verbale a società estinta è inesigibile salvo patrimonio residuo).
- Banche e fornitori: spesso con una SRL, banche e fornitori chiedono la firma personale di garanzia. Se presente, non c’è differenza: il socio garante diviene co-obbligato. Se non presente, i fornitori forniranno meno volentieri a credito a una SRL con capitale minimo e pochi asset, oppure imporranno pagamenti anticipati. Da qui un trade-off: la SRL può limitare il danno su patrimonio personale, ma magari riduce il credito che i fornitori accordano (molti vogliono fideiussione del socio nel contratto). L’impresa individuale gode di fiducia diretta del titolare, ma proprio per questo il titolare rischia tutto.
- Esdebitazione personale dopo fallimento vs dopo sovraindebitamento: il socio di SRL può fallire personalmente solo se ha garantito debiti sociali o ha debiti personali. Altrimenti, se la SRL fallisce, i soci perdono il capitale sociale, ma non “falliscono” essi stessi. Possono tuttavia vedersi chiedere il fallimento in estensione se la SRL era una società di fatto con i soci (caso estremo, non entriamo). Se il socio avesse dato fideiussioni e viene escusso e non paga, quel socio potrebbe a sua volta essere soggetto a procedure di sovraindebitamento come consumatore. Ci sono casi di doppio livello di procedure: la società fa concordato e il socio garante fa piano del consumatore per la sua parte. Nel nostro contesto micro, spesso il confine tra persona e società è labile.
In sintesi: la SRL offre un “guscio” di responsabilità limitata, utile se i debiti superano molto il patrimonio personale disponibile. Tuttavia, amministrare male una SRL può portare a responsabilità personali per gestione non diligente (azione risarcitoria ex art. 2476 c.c. da parte di creditori se il patrimonio sociale è stato mal amministrato). Il titolare individuale è più esposto in prima persona ma anche più libero di decidere (nessuna struttura formale). In termini di difesa: – L’individuale potrà usare la legge sul sovraindebitamento sul proprio patrimonio complessivo. – La SRL potrà anch’essa farlo (se piccola) sul patrimonio sociale, ma parallelamente il socio dovrà pensare ai suoi eventuali debiti (spesso garantiti) separatamente. – Il fallimento di una SRL non tocca i soci se non per le garanzie e comportamenti illeciti; il fallimento personale tocca tutto.
La tabella seguente riepiloga alcune differenze:
| Aspetto | Ditta Individuale | Società (SRL) |
|---|---|---|
| Patrimonio aggredibile | Illimitato: beni personali e aziendali unificati (nessuna autonomia patrimoniale) . | Limitato al patrimonio sociale (capitale sociale, beni intestati alla società). Beni dei soci protetti salvo garanzie o responsabilità particolari. |
| Obblighi in crisi | Nessun obbligo formale di legge di attivarsi, ma consigliabile per evitare aggravamento debiti (possibile reato insolvenza fraudolenta se contrae debiti sapendo di non pagarli) . | Obbligo di attivarsi se perdite rilevanti (art.2482-bis) e di non aggravare il dissesto (art.2486 c.c.). Organi di controllo (se presenti) segnalano crisi. Ritardo può esporre amministratori a responsabilità verso creditori. |
| Procedure di soluzione crisi | Sovraindebitamento: piano del consumatore (se ex imprenditore), concordato minore, liquidazione controllata. Non soggetto a fallimento se “minore” . Se sopra soglia (raro), fallimento personale possibile. | Se “piccola” (minore) può accedere a concordato minore/liquidazione controllata come soggetto non fallibile . Se sopra soglia, soggetta a concordato preventivo o liquidazione giudiziale (fallimento). |
| Responsabilità soci | N/A (titolare coincide con persona fisica, responsabile in proprio). | Soci non responsabili coi propri beni (salvo conferimenti non liberati). Tuttavia, se soci prelevano attivi nella liquidazione societaria, rispondono dei debiti tributari insoddisfatti pro quota . Possibile azione di responsabilità se hanno diretto in concreto la gestione causando pregiudizio. |
| Garanzie ai creditori | Non esiste persona giuridica separata, quindi nessuna garanzia ulteriore richiesta se non sul patrimonio stesso (il creditore sa di poter aggredire tutto del titolare). | Spesso richieste fideiussioni personali di soci o pegni su beni personali per mitigare la separatezza. In mancanza, creditore ha solo beni sociali su cui rivalersi. |
| Debiti fiscali e contributivi | Debitore coincide con persona fisica: cartelle e sanzioni intestate a lui. Possibile pignoramento di casa (con limiti) e stipendio personale, ecc. Rischio sanzioni penali tributarie se superate soglie (a carico dell’imprenditore stesso). | Debiti intestati alla società: riscossione su conti e beni sociali. Prima casa dei soci non ipotecabile per debiti sociali (a meno di garanzia prestata) . Amministratore rischia sanzioni penali per omessi versamenti fiscali/contributivi (in qualità di legale rappresentante). Soci possono essere chiamati in causa post liquidazione per debiti erariali rimasti se hanno avuto distribuzioni . |
| Dopo la liquidazione | Persona fisica può chiedere esdebitazione integrale dei debiti non soddisfatti . Eventuali beni futuri restano suoi (salvo “utilità sopravvenute” entro 4 anni se incapiente ). | Società estinta cessa di esistere, i debiti insoddisfatti si estinguono salvo agire contro soci/amministratori in casi previsti . Soci persone fisiche non hanno un’esdebitazione “automatica”, ma se hanno debiti personali residui (es. da fideiussioni escusse) dovranno eventualmente ricorrere a sovraindebitamento a loro nome. |
In pratica, scegliere la SRL per un food truck è utile per limitare i rischi sui beni personali, ma richiede rigore amministrativo. Molti piccoli operatori preferiscono la semplicità della ditta individuale, coscienti però che “ci mettono la faccia e il portafoglio” in ogni debito. Da un punto di vista difensivo, per l’avvocato cambia l’approccio: con la SRL, si può giocare sulla distinzione soggettiva (ad es. contestare la legittimità di pignoramenti verso soci), mentre con l’individuale si punta di più su ristrutturare l’insieme dei debiti del medesimo soggetto.
Domande Frequenti (FAQ)
D: Cosa rischio se non pago i debiti accumulati col mio food truck?
R: Rischi diverse azioni da parte dei creditori. Il Fisco e l’INPS possono disporre fermi amministrativi sul tuo furgone, pignorare conti e, per debiti elevati, ipotecare e (in casi estremi) far vendere all’asta immobili di tua proprietà . I fornitori e le banche possono ottenere decreti ingiuntivi e pignorare beni aziendali e personali (salvo che tu abbia una società con responsabilità limitata). Inoltre, potresti subire la sospensione dell’attività se le violazioni sono gravi (es. sanzioni sanitarie) o vederti revocare permessi per morosità verso il Comune. Sul piano penale, se ometti di versare imposte (IVA, ritenute) oltre soglie rilevanti o contributi dei dipendenti oltre €10.000, potresti incorrere in reati tributari o in materia di contributi . In generale, il primo pericolo concreto per un food truck è il fermo amministrativo del veicolo: basta una cartella esattoriale non pagata perché AER metta un fermo, impedendoti di circolare e quindi di lavorare . Perciò, non ignorare mai avvisi di mora o atti giudiziari: agisci subito per prevenire queste conseguenze, ad esempio chiedendo una dilazione o proponendo un accordo.
D: L’Agenzia delle Entrate-Riscossione può portarmi via il food truck (furgone) se ho debiti fiscali?
R: Può bloccarlo con un fermo amministrativo e, teoricamente, pignorararlo per venderlo. Il fermo è lo strumento più usato: una volta iscritto, il veicolo non può circolare né essere radiato dal PRA senza saldare il debito . Il fermo non comporta il sequestro fisico, ma di fatto ti impedisce di utilizzarlo legalmente (se ci circolassi, saresti passibile di multa e confisca). La vendita forzata del veicolo, invece, richiede un pignoramento mobiliare: l’AER di solito preferisce il fermo come pressione, ma se il debito è grande e il veicolo ha valore, potrebbe pignorarne l’intestazione e farlo mettere all’asta. Tieni presente che la legge tutela in parte gli strumenti di lavoro, rendendoli pignorabili solo entro 1/5 del loro valore , ma questa tutela non vale per il fermo amministrativo . Dunque la cosa più importante è evitare che si arrivi al preavviso di fermo: se ti notificano un preavviso, hai 30 giorni per pagare o rateizzare quella cartella, altrimenti scatterà il fermo. In sintesi: sì, il tuo food truck è a rischio in caso di debiti, non tanto di “confisca” immediata, ma di fermo che te lo rende inutilizzabile, condizione che può costringerti a cessare l’attività . Prevenire ciò pagando, negoziando o attivando procedure (ad esempio, il deposito di una domanda di concordato minore sospende i fermi in corso) è fondamentale.
D: Posso perdere la licenza o autorizzazione commerciale per colpa dei debiti?
R: Dipende dal tipo di debito e dalla normativa locale. In generale, avere debiti in sé non provoca la revoca dell’autorizzazione di vendita ambulante. Tuttavia, se i debiti sono verso l’ente che rilascia l’autorizzazione (di solito il Comune), ad esempio mancato pagamento del canone per l’occupazione del suolo pubblico o della TARI dovuta per l’attività, il Comune potrebbe rifiutare il rinnovo della concessione finché non paghi. Alcuni regolamenti comunali prevedono espressamente che chi è moroso con l’ente non possa ottenere o rinnovare permessi. Inoltre, certe violazioni connesse all’attività (tipo ripetute violazioni igieniche gravi, mancato rispetto di ordinanze) possono portare a provvedimenti di sospensione temporanea o revoca della SCIA/licenza, ma ciò attiene più al comportamento che al debito in sé. Le multe stradali o i debiti fiscali di per sé non fanno perdere la licenza commerciale. Un’eccezione è se il debitore fallisce (liquidazione giudiziale): in quel caso l’attività cessa e con essa l’autorizzazione decade perché manca il soggetto giuridico esercente. Ma nel sovraindebitamento o concordato minore, la legge anzi favorisce la continuazione dell’attività. Quindi, finché negozi coi creditori o sei in procedura concorsuale minore, la tua licenza rimane valida salvo specifici provvedimenti. In sintesi: paga almeno i tributi localmente rilevanti e mantieni un dialogo col Comune, così la tua posizione amministrativa resterà regolare nonostante i debiti.
D: Se ho una SRL per il food truck e la società non paga i debiti, io come amministratore o socio posso essere perseguito?
R: Come amministratore, puoi avere responsabilità sia civilistiche sia penali in certe situazioni. Civilmente, i creditori sociali non possono chiedere automaticamente a te il pagamento dei debiti della SRL, perché vige la responsabilità limitata. Però, se tu come amministratore hai aggravato dolosamente il dissesto o hai violato i doveri di gestione (ad esempio continuando a indebitare la società quando era chiaramente insolvente), i creditori potrebbero esercitare l’azione di responsabilità verso gli amministratori per mala gestio, per ottenere un risarcimento (art. 2476 c.c.). Inoltre, se hai garantito personalmente qualche debito (molto comune: firme di garanzia su prestiti bancari o contratti di leasing), allora su quei debiti sei obbligato personalmente: il creditore escuterà la società e, in subordine, verrà da te. Come socio, invece, rischi di perdere il capitale investito e null’altro di regola. Un caso particolare: se la SRL viene cancellata dal Registro Imprese con debiti non pagati, il Fisco può chiedere a te (amministratore) e ai soci il pagamento di quei debiti nei limiti di ciò che avreste distribuito nella liquidazione finale . In pratica, se avete chiuso la SRL spartendovi l’attivo e ignorando il debito verso Erario, l’Erario può rivalersi su di voi fino a concorrenza di quell’attivo. Sul fronte penale: in qualità di legale rappresentante, se la SRL non versa IVA oltre €250k annui o ritenute oltre €150k, ad essere denunciato sarai tu personalmente (il reato è a carico degli amministratori) . Parimenti per reati fallimentari: se la società fallisce e emergono distrazioni di beni sociali, bancarotta fraudolenta la compie l’amministratore (tu) e potresti essere processato. Anche il reato di omesso versamento contributi dipendenti (oltre €10k) colpisce l’amministratore. Dunque, pur non dovendo rispondere con il portafoglio di tutte le esposizioni della SRL, devi essere consapevole che un comportamento scorretto o l’inerzia colpevole può farti incorrere in responsabilità personali. Per evitare ciò, gestisci la crisi della SRL attivando per tempo le procedure di allerta/composizione negoziata o richiedendo un concordato se necessario, invece di accumulare passivo. Se agisci correttamente e la società va comunque in default, i creditori sociali potranno rivalersi solo sul patrimonio sociale e su eventuali tue garanzie, ma non sul resto dei tuoi beni.
D: Cosa significa esdebitazione? Tutti i debiti possono essere cancellati?
R: L’esdebitazione è il beneficio giuridico per cui il debitore persona fisica viene liberato dal pagamento dei debiti residui dopo aver soddisfatto i creditori, in una procedura concorsuale, nei limiti delle sue possibilità. In parole semplici, è la “cancellazione dei debiti” rimasti dopo aver dato ai creditori tutto il possibile. In Italia questo concetto esiste dal 2006 per il fallito onesto e dal 2012 per il sovraindebitato, ed è ora consolidato dal Codice della Crisi . Significa che, ad esempio, se in un concordato paghi il 30% a ogni creditore, sul restante 70% scatta l’esdebitazione: nessuno potrà più pretendere nulla e tu torni pulito. Ci sono però eccezioni: alcuni debiti per loro natura non sono esdebitabili. La legge esclude (art. 282 CCII) dall’esdebitazione certi crediti come: obblighi di mantenimento e alimentari (es: assegni familiari non pagati), debiti da risarcimento di danni per fatti illeciti non colposi (cioè dolosi, ad es. multa per reato o risarcimento per truffa non si cancellano), sanzioni penali e amministrative pecuniarie di natura afflittiva (multe stradali in teoria rientrano nelle sanzioni amm.ve, ma non sono afflittive in senso di punizione? la legge 3/2012 escludeva solo le multe penali; interpretazione corrente è che le multe stradali siano esdebitabili, e le decisioni recenti confermano che sanzioni amministrative non tributarie possono essere falcidiate ). Inoltre, per ottenere l’esdebitazione devi aver collaborato lealmente durante la procedura (dichiarato tutti i beni, non aver fatto atti in frode). Se emergono condotte fraudolente, il giudice può negare l’esdebitazione . In ambito sovraindebitamento, la meritevolezza è requisito di ammissione stesso della procedura . Dunque, sì, l’esdebitazione ti libera da quasi tutti i debiti tipici di un’attività (fiscali, bancari, commerciali, contributivi) , a condizione che tu abbia destinato ai creditori tutto il ragionevole (o seguìto il piano concordato) e che tu non abbia agito in malafede. È l’equivalente di ciò che negli Stati Uniti chiamano “fresh start” nel Chapter 7 bankruptcy. Ovviamente, è un risultato che ottieni tramite una procedura in tribunale, non automaticamente. Devi chiederlo e ottenerlo con decreto finale. Per fare un esempio: dopo la liquidazione controllata dei tuoi beni, se sei persona fisica, presenti istanza di esdebitazione, il giudice la esamina e, se nessun creditore dimostra tue colpe gravi, emette decreto di esdebitazione che cancella i tuoi debiti residui . Da quel momento sei libero: i creditori insoddisfatti non possono più perseguitarti (diversamente, senza esdebitazione, i debiti risorgerebbero e rimarrebbero a vita). Questo incentivo esdebitatorio è considerato fondamentale per spingere i debitori a emergere dall’economia sommersa e rientrare nel circuito legale dopo la crisi.
D: Quanto tempo ci vuole per chiudere una procedura di sovraindebitamento?
R: I tempi variano in base alla procedura scelta e alla complessità del caso. Indicativamente: un piano del consumatore o concordato minore in sé (dalla presentazione all’omologa) può richiedere dai 4 ai 12 mesi, a seconda di quante opposizioni sollevano i creditori e del carico di lavoro del tribunale. Una volta omologato, però, il piano prevede un certo periodo di esecuzione: può essere di 4-5 anni o anche più, durante i quali tu effettui i pagamenti promessi (rate semestrali o come stabilito). Quindi la procedura in senso stretto finisce con l’omologazione, ma l’esdebitazione effettiva arriva solo dopo che hai eseguito correttamente il piano (possono volerci alcuni anni). La liquidazione controllata, invece, tende a durare di più perché comporta la vendita di beni: se hai pochi beni, può chiudersi in 1-2 anni; se ci sono immobili da vendere, potrebbe prendere 3-4 anni o oltre. L’esdebitazione in liquidazione può essere chiesta subito dopo la chiusura formale della liquidazione. L’esdebitazione dell’incapiente è la più rapida: se ammessa, potresti ottenere il decreto di esdebitazione in pochi mesi, visto che non c’è nulla da liquidare (solo le verifiche di rito) . In media, comunque, le corti italiane hanno snellito abbastanza queste procedure, specialmente per i casi semplici. Ad esempio, dati empirici pre-Covid mostravano piani del consumatore omologati entro 6 mesi in molte sezioni specializzate. Va considerato anche il tempo pre-procedura: lavorare col gestore della crisi per predisporre la documentazione può portare via 1-2 mesi (bisogna elencare tutti i debiti, fare relazione OCC, etc.). Dunque, realisticamente, se oggi decidi di avviare un concordato minore, potresti ottenere l’omologazione verso la metà del prossimo anno e, se il piano dura 4 anni, l’esdebitazione definitiva fra 4-5 anni da ora. Certo, durante quel periodo saresti protetto dagli attacchi dei creditori (una volta ammesso alla procedura con misure protettive).
D: Posso continuare a lavorare col mio food truck mentre sono in procedura di sovraindebitamento?
R: Sì, certamente. Le procedure sono pensate per consentire, se possibile, la continuità dell’attività economica, perché mantenere l’impresa in funzione spesso massimizza la possibilità di soddisfare i creditori. In un concordato minore in continuità, la prosecuzione dell’attività è parte integrante del piano: tu continui a lavorare con il food truck, generi reddito e con quello paghi le percentuali concordate ai creditori . Durante la procedura, sarai sotto la supervisione del Gestore/commissario giudiziale, ma rimani tu a gestire l’azienda (salvo casi di abuso, non vieni spossessato dei beni come nel fallimento; al più devi avere autorizzazioni per atti straordinari). Quindi puoi fare incassi, pagare le spese correnti, vendere panini come sempre. Certo, dovrai rispettare il budget del piano e non contrarre nuovi debiti se non autorizzati. Anche nella composizione negoziata, l’idea è tenere l’impresa viva mentre negozi coi creditori . Se fossi in liquidazione controllata, lì invece l’attività di solito cessa: il liquidatore vende tutto, a meno che nell’istanza tu non chieda di poter proseguire temporaneamente l’esercizio d’impresa per vendere l’attività come azienda funzionante. È una possibilità (l’art. 270 CCII la prevede per liquidazione del sovraindebitato: il tribunale può autorizzare l’esercizio provvisorio se utile ai creditori). Ma comunemente, se arrivi a liquidazione, di solito significa chiudere bottega. Tuttavia, durante la liquidazione controllata il debitore persona fisica può, in parallelo, iniziare una nuova attività da zero (tranne forse settori soggetti a restrizioni per insolventi, come contratti pubblici). Non c’è interdizione personale come nel vecchio fallimento (oggi l’interdizione scatta solo se commetti reati concorsuali). Quindi, potresti aprire un altro food truck con nuovi mezzi? In linea di massima sì, ma i beni che tu produci potrebbero essere attratti nella liquidazione (dovresti farlo con capitali di terzi per non creare nuovi attivi pignorabili in procedura). Diciamo che per sicurezza, se sei in liquidazione, è meglio aspettare l’esdebitazione prima di lanciarti in nuova iniziativa a tuo nome. Ma se sei in concordato minore, quell’iniziativa è proprio il tuo attuale food truck, e lo porti avanti regolarmente. In conclusione, salvo la liquidazione, le procedure minori non ti impediscono di continuare l’attività; anzi, la supportano regolamentandone i flussi di cassa. Molti imprenditori piccoli riescono a salvare la propria azienda grazie a un concordato minore che li alleggerisce dai debiti pregressi e consente loro di operare con prospettive di redditività sane.
D: Cosa devo fare se ricevo un decreto ingiuntivo da un fornitore o una banca?
R: Un decreto ingiuntivo è un ordine di pagamento del tribunale. Hai 40 giorni dalla notifica per presentare opposizione se ritieni che il credito non sia dovuto (in tutto o in parte). Se non fai nulla, dopo 40 giorni il decreto diventa definitivo ed esecutivo: il creditore potrà procedere a pignorarti beni o crediti. Quindi, prima di tutto: valuta con un legale se hai motivi di opposizione (es.: la merce fornita era difettosa? L’importo è errato? Il conteggio degli interessi è sbagliato?). Se sì, fai opposizione nei termini in tribunale: il decreto verrà sospeso (a discrezione del giudice) e si aprirà una causa ordinaria per accertare il credito. Se invece il debito è giusto ma non hai liquidità, fare opposizione solo per prendere tempo è possibile ma rischioso: se la perdi, pagherai ulteriori spese legali e interessi. In tal caso, meglio contattare subito il creditore (o il suo avvocato) per cercare un accordo. Spesso, presentando un piano di pagamento ragionevole, il creditore può attendere e non procedere a esecuzione immediata, magari facendo rinunciare alla provvisoria esecutorietà. Puoi ad esempio chiedere una dilazione: “Non posso pagare 10.000€ subito, ma 2.000€ al mese per 5 mesi sì”. Formalizzate ciò in un accordo transattivo (meglio scritto e firmato). Se trovate l’accordo, il creditore può anche evitare di notificarti un atto di precetto e pignoramento. Se il creditore è poco propenso, potresti offrire una garanzia per ottenere tempo (es: un garante terzo, o consegnare un assegno postdatato – anche se quest’ultimo non è consigliato perché se poi non copri sei protestato). In qualche caso, il creditore accetta un saldo e stralcio: un pagamento inferiore (subito o a breve) in cambio della rinuncia al restante. Non aver timore a proporlo, specialmente se stai valutando di entrare in procedure di sovraindebitamento: il creditore potrebbe preferire un 30-50% subito a rischiare di prendere il 10% in un concordato. Ultimo: se non trovi accordo e non puoi pagare, non ignorare l’eventuale atto di precetto (intimazione a pagare entro 10 giorni) e l’eventuale pignoramento. Potresti ancora in extremis chiedere al giudice una dilazione del pignoramento (art. 495 c.p.c., conversione del pignoramento in rate, depositando il 1/5 del dovuto). O valutare la via del sovraindebitamento: se presenti domanda di concordato minore con sospensione, il tribunale potrà bloccare esecuzioni in corso, impedendo al fornitore di andare avanti col pignoramento . Ma questo richiede di essere pronti con la procedura (non improvvisarla l’ultimo giorno). In breve, con un decreto ingiuntivo in mano al creditore, sei a pochi passi dal pignoramento: agisci rapidamente assieme a un avvocato, o per difenderti formalmente (opposizione) o per negoziare un percorso di pagamento o ristrutturazione.
D: Ho troppi debiti, mi conviene chiudere l’attività e magari aprirne un’altra da zero con nuovo nome?
R: Chiudere e ripartire da zero può sembrare una soluzione intuitiva, ma presenta grossi rischi e spesso non risolve il problema dei debiti. Se sei una ditta individuale e “chiudi”, i debiti restano a tuo carico personale: i creditori continueranno a poterti perseguitare (pignorando eventuali nuovi beni, stipendio se ti impieghi altrove, ecc.), a meno che non tu non faccia la procedura di esdebitazione. Aprire una nuova attività intestata a te stesso non cambia nulla: i creditori potranno aggredire i beni della nuova attività perché sei lo stesso soggetto. Se apri una nuova società intestata a prestanome o un familiare per eludere i creditori, entri in un terreno pericoloso legalmente: se continui in forma diversa ma di fatto tu sei il beneficiario, i creditori potrebbero far valere che è un succedaneo dell’impresa precedente e tentare azioni revocatorie o esecutive (non semplice, ma accade ad es. con affitto d’azienda a società di familiari – i creditori possono revocarlo se pregiudizievole). Inoltre, spostare beni dall’impresa vecchia alla nuova per sottrarli ai creditori può integrare reati di sottrazione fraudolenta al pagamento di debiti (art. 388 c.p. o 642 c.p. se coinvolge assicurazioni). Se hai una SRL indebitata e pensi di aprirne un’altra pulita e lasciare fallire la vecchia, sappi che la legge colpisce l’abuso di questo schema: i tribunali possono dichiarare fallimento di società apparentemente distinte ma in realtà continuatrici (teoria della società-serianda). Quindi, semplicemente “cambiare insegna” raramente pulisce l’85 la tua situazione finanziaria, anzi rischi di trascinarti dietro i problemi e aggiungere guai legali. Soluzione più saggia: utilizzare gli strumenti legali di composizione per chiudere i debiti in modo ordinato e poi ricominciare pulito. Ad esempio, potresti cessare l’attività attuale, avviare una liquidazione controllata o un concordato minore liquidatorio per pagare quello che puoi ai vecchi creditori e ottenere l’esdebitazione, dopodiché aprire una nuova attività senza debiti. Questo percorso è lungo ma legittimo e sicuro. Se invece provi a scappare dai debiti senza procedure: o rimani eternamente sommerso e a rischio di recuperi, oppure i creditori ti troveranno (specie quelli pubblici – il codice fiscale è lo stesso, qualunque nuovo business tu faccia, e incrociando i dati prima o poi ti aggrediranno). Inoltre, commercialmente potresti farti una cattiva reputazione se “scappi” lasciando fornitori non pagati, e potresti trovarti chiuso l’accesso al credito (banche e fornitori futuri vedono i precedenti). Quindi, consiglio: affronta i debiti in modo trasparente con un professionista. Se proprio l’attività attuale non è più sostenibile, chiudila pure, ma contestualmente attiva una procedura per regolare i debiti pregressi e cancellarli legalmente. Solo dopo potrai aprire un nuovo capitolo imprenditoriale senza fantasmi del passato.
D: I debiti si prescrivono col tempo? Se aspetto, possono decadere?
R: Alcuni debiti hanno termini di prescrizione (periodo oltre il quale il creditore, se non ha attivato strumenti di recupero, perde il diritto di esigerli). Ad esempio, i debiti commerciali tra privati di solito prescrivono in 10 anni (art. 2946 c.c.), a meno che non siano periodici (affitti, bollette, che hanno 5 anni) . Le multe stradali si prescrivono in 5 anni dal momento in cui la sanzione diventa definitiva . I contributi INPS si prescrivono in 5 anni (dalla data di scadenza del contributo) salvo atti interruttivi. I tributi erariali hanno regole proprie: l’Agenzia Entrate deve notificare la cartella o atto entro certi termini decadenziali (ad es. cartella per un 730 non pagato entro fine del secondo anno successivo); una volta notificata la cartella, i crediti in essa si prescrivono in 5 anni se non vengono fatti atti di riscossione. Quindi, sì, in teoria col passare del tempo un debito potrebbe cadere in prescrizione, ma contarci è rischioso. Perché basta un atto qualunque del creditore (un sollecito scritto, una messa in mora, un atto giudiziario, una PEC di intimazione) per interrompere la prescrizione e farla decorrere da capo. I creditori istituzionali (Equitalia/AER, banche) in genere non lasciano scadere i termini: AER invia ogni tanto atti (fermo, intimazione) per interrompere i 5 anni e tenere vivo il credito. Alcuni fornitori invece possono dimenticarsene. Se tu “ti rendi irreperibile” e non ricevi atti, potresti poi eccepire prescrizione se il creditore non ha provato di averti notificato nulla in 5-10 anni. È accaduto, ad esempio, che multe di 15 anni fa siano state annullate perché mai sollecitate e prescritte. Ma farlo apposta (nascondersi) non è consigliabile: rischi semmai di non sapere di atti importanti (pignoramenti) e perdere tutele. Inoltre, certi crediti di enti locali seguono regole differenti (ingiunzioni ai sensi R.D. 639/1910). Quindi, non basare la tua strategia sull’inerzia. Se però ti accorgi che un creditore non chiede nulla da molto tempo, vale la pena far valutare da un legale la possibilità di eccepire la prescrizione. Ad esempio, se Equitalia non ti ha mai notificato nulla su una cartella dal 2015, al 2025 potresti sostenere che quel debito è prescritt o automaticament e annullato (tra l’altro, la L.197/2022 ha stralciato molti debiti <€1.000 anteriori al 2015 proprio per pulire questi residui ). Ma attenzione: la prescrizione non è automatica, va eccepita in giudizio. Quindi devi eventualmente opporti a un eventuale atto di pagamento sostenendo “è prescritto”. Se il giudice concorda, il debito viene annullato. Da solo, trascorrere del tempo non cancella magicamente la posizione. In conclusione: sperare nella prescrizione può andar bene per piccole multe o fatture se il creditore si disinteressa per anni, ma per debiti grossi e istituzionali, è improbabile che arrivi a compimento senza interruzioni. È meglio affrontare proattivamente il problema attraverso gli strumenti legali disponibili, piuttosto che “lasciar correre” sperando cada da sé.
D: Alla fine, mi conviene dichiarare fallimento (liquidazione giudiziale) o usare la legge sul sovraindebitamento?
R: Se ne hai i requisiti, meglio il sovraindebitamento. La liquidazione giudiziale (fallimento) oggi è riservata a imprese medio-grandi o casi di insolvenza grave. Per un piccolo imprenditore, il fallimento comporta restrizioni più invasive: nomina di curatore, eventuali pene accessorie (inabilitazione temporanea, anche se il CCII le ha ridotte), procedure più complesse, possibili indagini penali parallele. Le procedure di sovraindebitamento sono più snelle, focalizzate sulla soluzione e non sulla punizione. Inoltre, nel fallimento tradizionale l’esdebitazione è concessa solo dopo 3 anni dalla chiusura e su istanza, e può essere negata in vari casi; nel sovraindebitamento, l’esdebitazione è integrata nel percorso e il giudice la considera parte dell’esito naturale (soprattutto con il correttivo 2022 che facilita la seconda chance per l’imprenditore individuale ). Perciò, se sei non fallibile (imprenditore minore), è decisamente preferibile percorrere le procedure ad hoc (piano del consumatore, concordato minore, ecc.). Se invece sei fallibile (ad es. SRL sopra soglia) e la tua impresa è compromessa, valuta il concordato preventivo: ti consente di gestire la crisi in modo negoziale e magari evitare la morte dell’impresa. Dichiarare direttamente fallimento senza tentare un concordato spesso non conviene a nessuno (tranne che in casi in cui l’amministrazione è impossibilitata a proseguire e non c’è alcun valore nell’attività). In breve: il fallimento/liq. giudiziale è l’ultima ratio, mentre le procedure di composizione sono soluzioni più mirate e favorevoli al debitore onesto. Ovviamente, se non rientri nei parametri di sovraindebitamento e sei insolvente, dovrai passare per il fallimento; ma oggi la soglia è alta (debiti oltre 500k e altri parametri). Molti food truck con debiti rientrano nei parametri di sovraindebitamento, quindi evita di sotto-utilizzare i tuoi diritti: ricorri a quella legge, che esiste proprio per aiutare i piccoli a non essere schiacciati definitivamente dai debiti.
Conclusioni
Trovarsi con un food truck sommerso dai debiti può sembrare una strada senza uscita, ma l’ordinamento italiano offre strumenti efficaci per difendersi e ripartire. La chiave è agire tempestivamente e con trasparenza: ignorare il problema amplifica i danni (fermi amministrativi, pignoramenti, interessi e sanzioni crescenti), mentre affrontarlo di petto – magari con l’aiuto di un professionista esperto di crisi d’impresa – permette di contenere le conseguenze e, in molti casi, di risolvere l’indebitamento in modo sostenibile.
Dal punto di vista pratico, il titolare indebitato dovrebbe: – Mappare tutti i debiti e le relative scadenze/azioni (ad esempio, distinguere i debiti urgenti con rischio immediato – come una cartella imminente all’esecuzione – da quelli gestibili in second’ordine). – Prioritizzare la tutela dell’asset chiave: il food truck stesso. Evitare il fermo amministrativo sul veicolo è prioritario: ciò può voler dire pagare quelle specifiche cartelle o chiedere la loro rateazione prima di altre cose. Senza il mezzo, l’imprenditore perde reddito e diventa ancor meno capace di pagare i creditori . – Comunicare con i creditori privati: spesso un accordo transattivo è a portata di mano e conviene a entrambe le parti. Mostrarsi proattivi (contattare la banca, il fornitore) può evitare cause e pignoramenti costosi. – Valutare le procedure concorsuali minori: se il debito complessivo è ingestibile in via negoziale semplice, rivolgersi all’Organismo di Composizione della Crisi (presso la CCIAA locale o un ente abilitato) per avviare un piano di sovraindebitamento. Queste procedure offrono protezione dal caos delle esecuzioni individuali e soluzioni ordinate con possibile taglio dei debiti . Assicurarsi di essere meritevoli – quindi evitare atti di frode (non nascondere asset, non fare spese folli in presenza di debiti) – è essenziale per avere accesso e successo nella procedura . – Evitare il fai-da-te improprio: strategie come intestarare beni a terzi, fare finta di chiudere e riaprire altrove, o contrarre nuovi debiti per pagare i vecchi (salvo piani di rifinanziamento strutturati) possono portare più guai – legali ed economici – di quelli che risolvono. Meglio operare alla luce del sole e secondo le norme. – Proteggere il patrimonio personale legittimamente: se non l’ha già fatto, l’imprenditore individuale può valutare istituti come il fondo patrimoniale per la casa familiare, o assicurazioni vita impignorabili, ecc., ma questi hanno efficacia limitata (e non retroattiva: se fatti quando i debiti sono già noti possono essere revocati come atti in frode). Più efficace è la strada concorsuale che, con l’esdebitazione, rende irrilevante il debito residuo invece di provare a metterlo al riparo dietro strutture fragili.
In conclusione, dal punto di vista del debitore è fondamentale sapere che non esiste situazione debitoria senza via d’uscita. Il legislatore, soprattutto con le riforme recenti, ha predisposto strumenti di tutela avanzati che, se utilizzati correttamente, permettono a un imprenditore in difficoltà di: 1. Mettere in sicurezza la propria attività (quando vi sono prospettive di continuità) o quantomeno il proprio dignitoso sostentamento; 2. Regolare i rapporti coi creditori in modo equo e sostenibile, evitando la spirale viziosa di interessi e sanzioni; 3. Ottenere un perdono sui debiti residui (fresh start), potendo così tornare a produrre reddito senza la zavorra dei vecchi debiti.
Questa prospettiva di “seconda chance” è oramai parte integrante del nostro ordinamento : la crisi economica (specialmente dopo eventi come la pandemia) ha mostrato che molti insolventi lo sono per cause indipendenti dalla loro volontà o per errori veniali, e punirli a vita sarebbe controproducente. Giurisprudenza e legge oggi convergono verso una applicazione sempre più favorevole dell’esdebitazione, mantenendo però ferma la distinzione tra il debitore onesto e sfortunato, che va aiutato, e il debitore disonesto o sleale, che non può godere degli stessi benefici .
Per un avvocato che assiste un food truck indebitato, ciò implica muoversi su due binari: tattico (evitare nell’immediato i danni irreversibili come la perdita del mezzo o del lavoro tramite le opportune sospensioni, opposizioni, transazioni) e strategico (inquadrare la soluzione concorsuale più adatta – dal piano al concordato minore – e condurre il cliente attraverso di essa fino alla liberazione dai debiti). Una buona riuscita darà al piccolo imprenditore la possibilità di tornare a concentrarsi sul suo business – magari con qualche lezione imparata e con più prudenza finanziaria – invece di rimanere schiacciato dai debiti.
In definitiva, “cosa fare” di fronte ai debiti di un food truck è: affrontarli con gli strumenti giuridici disponibili, senza panico ma con determinazione, sapendo che la legge è dalla parte di chi vuole onorare il possibile e lasciarsi alle spalle l’impossibile. “Come difendersi” significa utilizzare attivamente quei diritti – dal contraddittorio nelle pretese al beneficio dell’esdebitazione – che assicurano un equilibrio tra creditori e debitore. Così, anche un’impresa modesta potrà superare una grave crisi finanziaria e magari tornare a servire cibo di strada con rinnovata serenità.
Gestisci un food truck o un’attività ambulante di ristorazione itinerante e ti ritrovi con debiti verso banche, fornitori, o Agenzia delle Entrate? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Gestisci un food truck o un’attività ambulante di ristorazione itinerante e ti ritrovi con debiti verso banche, fornitori, o Agenzia delle Entrate?
Hai rate non pagate per il mezzo o l’attrezzatura, cartelle esattoriali, contributi INPS arretrati, mutui o prestiti bancari e temi pignoramenti, blocchi dei conti o la chiusura dell’attività?
👉 Non farti prendere dal panico: anche chi lavora su quattro ruote può difendersi legalmente, bloccare i creditori, ridurre o cancellare i debiti, e ripartire in modo regolare e protetto, senza fallire.
In questa guida scoprirai perché molti food truck si trovano in difficoltà, quali strumenti legali puoi utilizzare, e come salvare o chiudere l’attività senza rischiare tutto ciò che hai costruito.
🍔 Perché i food truck si indebitano
Il settore dello street food e dei food truck è in crescita, ma anche pieno di ostacoli economici e gestionali. Le principali cause di indebitamento sono:
- Investimenti iniziali elevati per l’acquisto o l’allestimento del veicolo;
- Costi crescenti di carburante, utenze, materie prime e manutenzione;
- Tassazione e contributi elevati, spesso sottovalutati all’inizio;
- Eventi annullati o stagioni poco redditizie;
- Ritardi nei pagamenti di fiere o organizzatori di eventi;
- Errori fiscali o contabili che generano cartelle e sanzioni.
📌 In molti casi, queste spese portano a debiti fiscali, bancari e commerciali che, se non gestiti subito, possono compromettere la continuità dell’attività e il tuo futuro professionale.
🧾 I debiti più comuni nei food truck
✅ Debiti fiscali e contributivi
- IVA, IRPEF, INPS, INAIL, TARI, cartelle esattoriali e accertamenti.
✅ Debiti bancari e finanziari
- Leasing e mutui per il food truck, il furgone o le attrezzature di cucina.
- Prestiti aziendali o scoperti di conto.
✅ Debiti commerciali
- Fatture non pagate a fornitori di alimenti, bevande, carburanti o materiali di consumo.
✅ Debiti verso dipendenti o collaboratori
- Stipendi arretrati, contributi non versati o vertenze.
✅ Debiti personali o garanzie fideiussorie
- Garanzie firmate per finanziamenti, leasing o forniture.
⚠️ Cosa rischia un food truck indebitato
Se non agisci subito, i creditori possono:
- pignorare il food truck o il mezzo di lavoro;
- bloccare conti correnti e incassi;
- revocare leasing o mutui, fermando completamente l’attività;
- iscrivere ipoteche o emettere cartelle esattoriali;
- impedire la partecipazione a fiere o eventi.
👉 Tuttavia, la legge ti offre oggi strumenti concreti per bloccare i creditori, ridurre i debiti, e salvare il tuo veicolo e la tua attività, senza fallire.
🧩 Le soluzioni legali per un food truck con debiti
💠 1. Rinegoziazione dei debiti con banche e fornitori
Un avvocato può aiutarti a:
- ottenere uno sconto consistente (saldo e stralcio);
- rateizzare i debiti con piani sostenibili;
- ottenere una sospensione temporanea dei pagamenti.
👉 È la soluzione ideale per chi vuole continuare a lavorare e conservare il food truck operativo.
💠 2. Procedura di sovraindebitamento (D.Lgs. 14/2019 – Codice della Crisi)
È la soluzione principale per microimprese e ditte individuali.
Permette di:
- bloccare pignoramenti, cartelle e azioni dei creditori;
- proporre un piano di pagamento parziale, in base ai tuoi ricavi;
- ottenere la cancellazione dei debiti residui (esdebitazione).
📌 È perfetta per piccoli imprenditori o lavoratori autonomi con partita IVA.
💠 3. Concordato minore (per SRL o società di street food)
È una procedura approvata dal Tribunale che consente di:
- bloccare immediatamente pignoramenti e riscossioni;
- ridurre legalmente i debiti fiscali e bancari;
- preservare la continuità dell’attività, mantenendo licenze e contratti.
📌 È adatta per società con più veicoli o punti vendita itineranti.
💠 4. Liquidazione controllata dei beni (ex fallimento personale)
Se l’attività non è più sostenibile, puoi chiudere legalmente e senza fallire, mettendo a disposizione solo i beni non indispensabili (mezzi obsoleti, attrezzature di riserva, scorte).
Alla fine della procedura, il Tribunale cancella tutti i debiti residui, permettendoti di ricominciare da zero.
💠 5. Verifica e contestazione delle cartelle e accertamenti fiscali
Molte cartelle esattoriali sono prescritte o calcolate erroneamente.
Un avvocato può:
- verificare la prescrizione (5 o 10 anni);
- eccepire irregolarità di notifica o duplicazioni;
- chiedere la sospensione o l’annullamento del debito.
🍟 Cosa fare subito
✅ 1. Raccogli tutti i documenti relativi ai debiti
Prepara cartelle, mutui, leasing, bilanci, fatture e documenti del veicolo.
✅ 2. Blocca subito i creditori con una procedura legale
Con il deposito in Tribunale di una procedura di sovraindebitamento o concordato, tutte le azioni di recupero vengono sospese per legge.
✅ 3. Evita nuovi prestiti o rateizzazioni improvvisate
Molti accordi “facili” peggiorano la situazione. Serve una strategia legale solida e approvata dal Tribunale.
📋 Documenti utili per la difesa
- Documento d’identità e codice fiscale.
- Visura camerale o certificato di iscrizione all’albo.
- Dichiarazioni fiscali e posizione INPS/INAIL.
- Contratti di leasing, mutui e finanziamenti.
- Cartelle esattoriali e accertamenti fiscali.
- Elenco fornitori, collaboratori e clienti.
- Estratti conto bancari e bilanci.
⏱️ Tempi e risultati possibili
- Analisi legale e strategia: 1–3 settimane.
- Deposito della procedura: 1–2 mesi.
- Blocco dei creditori: immediato con il deposito.
- Durata del piano di rientro: da 1 a 5 anni.
🎯 Risultati concreti:
- Stop a pignoramenti e sequestri del mezzo.
- Riduzione o cancellazione legale dei debiti.
- Tutela della licenza e del veicolo di lavoro.
- Ripartenza economica e professionale in serenità.
⚖️ I vantaggi principali
✅ Blocco immediato di tutte le azioni dei creditori.
✅ Riduzione dei debiti fino all’80%.
✅ Protezione del food truck e dell’attività.
✅ Continuità operativa o chiusura legale senza fallimento.
✅ Ripartenza economica pulita e sostenibile.
🚫 Errori da evitare
- Ignorare cartelle o notifiche dell’Agenzia delle Entrate.
- Accumulare nuovi debiti o prestiti “ponte”.
- Pagare solo alcuni creditori peggiorando la posizione.
- Vendere il veicolo senza consulenza legale.
- Attendere troppo tempo prima di agire.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza la situazione economica e fiscale del tuo food truck.
📌 Ti guida nella scelta tra rinegoziazione, sovraindebitamento, concordato o liquidazione controllata.
✍️ Redige e deposita il piano legale in Tribunale per bloccare subito i creditori.
⚖️ Ti rappresenta nei rapporti con Agenzia delle Entrate, banche, leasing e fornitori.
🔁 Ti accompagna fino alla cancellazione definitiva dei debiti o alla ristrutturazione completa dell’attività itinerante.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto commerciale, tributario e crisi d’impresa.
✔️ Specializzato nella difesa di attività di street food e food truck con debiti fiscali e bancari.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Essere un food truck con debiti non significa essere destinato a fermarsi.
Con una difesa legale tempestiva e mirata, puoi bloccare i creditori, ridurre drasticamente i debiti e continuare a lavorare in modo regolare e sereno, o chiudere in modo protetto e senza rischi.
La legge oggi tutela chi agisce in buona fede e vuole davvero ripartire in modo legale e sostenibile.
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