Street Food Con Debiti: Cosa Fare E Come Difendersi

Gestisci un’attività di street food, food truck o cucina itinerante e ti trovi in difficoltà economica a causa di debiti con il Fisco, l’INPS, le banche o i fornitori? È una situazione sempre più diffusa nel settore della ristorazione ambulante, colpito dall’aumento dei costi, dalla stagionalità e dalla concorrenza crescente. Quando iniziano ad accumularsi cartelle esattoriali, finanziamenti arretrati o contributi non pagati, il rischio di pignoramenti o blocchi operativi diventa concreto. La buona notizia è che la legge mette a disposizione strumenti legali per gestire, rateizzare o cancellare i debiti, permettendoti di salvare la tua attività e ripartire in modo sostenibile.

Perché molte attività di street food si indebitano

Il settore dello street food è dinamico ma economicamente fragile. I costi per l’acquisto e la manutenzione del mezzo, per le materie prime, per i permessi comunali e per l’energia sono elevati, mentre i guadagni dipendono fortemente dal flusso turistico, dal meteo e dagli eventi stagionali. Inoltre, i ritardi nei pagamenti da parte di organizzatori di fiere o festival e la pressione fiscale costante mettono a dura prova la liquidità. Molti titolari, per mantenere l’attività, rinviano il pagamento delle tasse o dei contributi, accumulando interessi e sanzioni che col tempo diventano difficili da sostenere.

Cosa succede se non paghi tasse o contributi

Quando le imposte o i contributi non vengono versati, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione e gli enti previdenziali possono avviare procedure di recupero. Le più frequenti sono la notifica di cartelle esattoriali, i pignoramenti dei conti correnti o degli incassi POS, i fermi amministrativi sui mezzi di lavoro, le ipoteche sugli immobili e i sequestri dei crediti verso clienti o enti organizzatori. Gli importi aumentano per effetto di sanzioni e interessi, rendendo ancora più complessa la gestione. Se la tua è una ditta individuale o una società di persone, rispondi personalmente dei debiti, mettendo a rischio anche i beni familiari.

Cosa fare subito se hai debiti come attività di street food

Il primo passo è analizzare la tua situazione debitoria nel dettaglio. Richiedi all’Agenzia delle Entrate-Riscossione l’estratto di ruolo aggiornato per conoscere l’ammontare, le annualità e i creditori. Poi verifica la correttezza delle cartelle: molti atti contengono errori di notifica, importi prescritti o somme non dovute che un avvocato può impugnare. Se i debiti sono legittimi, puoi chiedere la rateizzazione fino a 120 rate mensili, sospendendo temporaneamente le azioni di riscossione. È utile anche controllare se è attiva una definizione agevolata (rottamazione), che consente di pagare solo il capitale, eliminando sanzioni e interessi. Se hai già ricevuto pignoramenti o ipoteche, puoi ottenere la sospensione immediata presentando un ricorso o un’istanza di autotutela.

Le soluzioni legali per chi non riesce più a pagare

Quando il debito è diventato troppo elevato e l’attività non riesce più a sostenerlo, puoi ricorrere alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, prevista dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019). È una procedura legale dedicata a piccoli imprenditori, artigiani e ditte individuali che consente di bloccare pignoramenti, sospendere le azioni dei creditori e ottenere la cancellazione totale o parziale dei debiti residui (esdebitazione). È una soluzione riconosciuta dai tribunali italiani e rappresenta una vera opportunità per salvare la tua attività o chiuderla in modo ordinato, senza lasciare pendenze.

Come difendersi da banche, finanziarie e fornitori

Molte attività di street food hanno debiti anche con banche, finanziarie o fornitori di prodotti alimentari e attrezzature. In questi casi puoi chiedere la rinegoziazione dei contratti, la sospensione temporanea delle rate o proporre un saldo e stralcio per chiudere la posizione a un importo ridotto. È possibile inoltre verificare la presenza di clausole abusive o tassi usurari nei contratti di credito e impugnare decreti ingiuntivi o pignoramenti entro i termini di legge. Un avvocato esperto può assisterti nelle trattative con banche e fornitori, proteggendo i mezzi di lavoro e garantendo la continuità dell’attività.

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace

Una difesa legale tempestiva può permetterti di sospendere pignoramenti e riscossioni, ottenere la rateizzazione o cancellazione dei debiti, proteggere la casa e i beni personali e continuare a lavorare senza la pressione dei creditori. In molti casi è possibile rilanciare l’attività, mantenendo la licenza comunale e riorganizzando la gestione economica su basi più solide.

Quando rivolgersi a un avvocato esperto

È fondamentale contattare un avvocato se hai ricevuto cartelle o intimazioni di pagamento, se i debiti fiscali o bancari sono diventati insostenibili o se rischi il fermo del mezzo o il blocco dei conti aziendali. Un avvocato esperto in diritto tributario e crisi d’impresa può bloccare la riscossione, contestare gli atti illegittimi e accompagnarti nella procedura di esdebitazione fino alla cancellazione definitiva dei debiti. Agire subito è essenziale per salvare la tua attività e tutelare il tuo futuro professionale.

⚠️ Attenzione: ignorare cartelle o avvisi di pagamento può portare rapidamente a pignoramenti, blocchi dei conti e sospensione della licenza. Intervenire tempestivamente è l’unico modo per salvare la tua attività e difendere i tuoi beni.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, riscossione e tutela delle attività di ristorazione e commercio ambulante – spiega cosa fare se gestisci un’attività di street food con debiti, come bloccare la riscossione e come cancellare legalmente le somme dovute grazie agli strumenti previsti dalla legge.

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Introduzione

Gestire un’attività di street food può essere entusiasmante, ma come qualsiasi impresa espone anche al rischio di indebitarsi. Nel contesto italiano odierno, molti piccoli imprenditori del settore alimentare itinerante si trovano a fronteggiare debiti fiscali, esposizioni bancarie, fatture non pagate ai fornitori, contributi previdenziali arretrati o addirittura multe e sanzioni amministrative legate all’attività. Questi debiti, se non gestiti per tempo, possono mettere a repentaglio la sopravvivenza dell’azienda e il patrimonio personale dell’imprenditore. Diventa quindi fondamentale sapere cosa fare e come difendersi, adottando gli strumenti giuridici più adeguati dal punto di vista del debitore.

Questa guida – aggiornata a settembre 2025 – offre un’analisi avanzata ma divulgativa delle soluzioni disponibili nell’ordinamento italiano per affrontare situazioni di crisi debitoria in ambito di street food. Si rivolge tanto ai professionisti del diritto (avvocati, commercialisti) quanto agli stessi imprenditori e privati coinvolti, fornendo riferimenti normativi precisi, illustrazioni pratiche e riferimenti a sentenze recenti. Dopo una panoramica sulle diverse tipologie di debiti e relative conseguenze, verranno esaminati sia gli strumenti stragiudiziali (soluzioni volontarie o amministrative per evitare la via giudiziaria) sia le procedure concorsuali formali (ossia i procedimenti legali previsti dalla normativa sulla crisi d’impresa e sul sovraindebitamento). Troverete inoltre tabelle riepilogative per confrontare le opzioni disponibili, casi pratici simulati basati su scenari reali, e una sezione di domande e risposte frequenti per chiarire i dubbi più comuni.

Importante: Il fuoco dell’analisi è sul punto di vista del debitore: come un titolare di street food indebitato può tutelarsi e cercare di risanare la propria posizione debitoria, evitando se possibile le conseguenze più gravi (pignoramenti, perdita dei beni, cessazione forzata dell’attività) e sfruttando le opportunità offerte dalla legge per un “fresh start”. Saranno citate le fonti normative italiane rilevanti (dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza alle leggi speciali) e le più recenti pronunce giurisprudenziali in materia, al fine di fornire un quadro aggiornato e attendibile . Tutte le fonti e riferimenti normativi citati nel testo sono raccolti in fondo alla guida, per ulteriore approfondimento.

Tipologie di debiti e rischi per l’imprenditore del settore street food

Gestire un’attività di street food comporta una serie di obblighi finanziari e legali. Quando l’impresa attraversa difficoltà economiche, può accumulare diverse tipologie di debiti, ciascuna con le proprie caratteristiche e conseguenze. Di seguito esaminiamo i principali debiti che un imprenditore street food potrebbe trovarsi ad affrontare – tributari, previdenziali, bancari, commerciali e amministrativi – evidenziando per ognuno i rischi e le possibili azioni dei creditori. Conoscere la natura di ciascun debito è il primo passo per individuare la strategia di difesa più appropriata.

Debiti fiscali (tributari)

I debiti fiscali comprendono tutte le somme dovute al Fisco (Erario) a titolo di imposte e tasse. Per uno street food possono includere, ad esempio: l’IVA sulle vendite non versata, l’IRPEF o IRES dovuta sui redditi d’impresa, l’IRAP, eventuali ritenute non pagate, nonché tributi locali (come la TARI se dovuta per rifiuti, o il COSAP/TOSAP per l’occupazione di suolo pubblico, se applicabile). Questi debiti sono particolarmente sensibili, poiché lo Stato dispone di poteri di riscossione coattiva privilegiati e di strumenti dedicati per recuperare le somme non pagate.

Recupero coattivo ed enti competenti

In Italia la riscossione dei debiti fiscali è affidata all’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER), che succede al ruolo un tempo svolto da Equitalia. Dopo l’accertamento del debito (ad es. una dichiarazione dei redditi non saldata, un avviso di accertamento divenuto definitivo, o una liquidazione periodica IVA non versata), il Fisco iscrive a ruolo la somma e ne affida la riscossione ad AER, la quale notifica al contribuente la cartella di pagamento (detta anche cartella esattoriale) o un avviso di intimazione. Se il debitore non paga spontaneamente entro i termini (60 giorni dalla notifica della cartella, salvo sospensioni o dilazioni concesse), l’agente della riscossione può avviare varie azioni esecutive senza bisogno di un ulteriore titolo giudiziale, in forza della legge speciale sulla riscossione (D.P.R. 602/1973).

Le principali misure di esecuzione forzata tributaria includono:

  • Fermo amministrativo di veicoli: AER può iscrivere un fermo sul furgone o automezzo utilizzato per lo street food, impedendone la circolazione e di fatto paralizzando l’attività, se il debito supera una certa soglia (attualmente €1.000 di cartelle scadute). Questo provvedimento viene preceduto da un preavviso e, se il debitore non paga né si accorda, scatta l’iscrizione al PRA del fermo.
  • Ipoteca sui beni immobili: per debiti più consistenti (in genere oltre €20.000), l’Agente della Riscossione può iscrivere ipoteca sugli immobili di proprietà del debitore, compresa la casa o altri fabbricati . L’ipoteca serve a garantire il credito erariale e prepara il terreno all’eventuale espropriazione, riservando allo Stato un diritto di prelazione sul ricavato della vendita forzata.
  • Pignoramento immobiliare: la vendita forzata degli immobili del debitore è possibile con alcune limitazioni di legge per la cosiddetta prima casa. Se il debitore possiede un solo immobile ad uso abitativo, non di lusso, in cui risiede anagraficamente, la legge ne vieta il pignoramento da parte del Fisco . Questa è la tutela introdotta dall’art. 76 del D.P.R. 602/73 (come modificato dal D.L. 69/2013) per proteggere l’abitazione principale: l’Agente della Riscossione non può procedere all’esproprio di quell’immobile. Tuttavia, se manca anche solo uno dei requisiti di protezione (ad esempio il debitore ha più immobili, oppure l’abitazione è accatastata come lusso A/8-A/9, o non è residenza anagrafica), allora la prima casa torna pignorabile per debiti fiscali superiori a €120.000 . In altri termini, l’esproprio immobiliare fiscale è consentito solo oltre tale soglia e in presenza di altri immobili, mentre sotto i €120.000 l’Agente della Riscossione può al più iscrivere ipoteca ma non procedere all’asta. Attenzione: questa protezione vale solo verso i debiti erariali, come chiarito tra poco, e non si applica ai creditori privati.
  • Pignoramento mobiliare e presso terzi: AER può pignorare i beni mobili del debitore (macchinari, attrezzature) e anche le somme a lui dovute da terzi. Ad esempio, può notificare un pignoramento presso terzi alla banca dove il debitore ha il conto corrente, bloccando i saldi attivi; oppure pignorare incassi dovuti al debitore (come pagamenti di clienti se formalizzati, crediti verso società di delivery ecc.). Nel caso di un’attività street food, un rischio concreto è il pignoramento del conto bancario aziendale o personale, o il pignoramento del registratore di cassa o altre attrezzature se di valore. Da notare che il Codice di procedura civile pone dei limiti al pignoramento degli strumenti di lavoro: gli strumenti indispensabili per l’esercizio dell’attività del debitore sono parzialmente protetti, pignorabili solo nei limiti di 1/5 e se il creditore non ha altri beni da aggredire (art. 515 c.p.c.). Tuttavia, questa tutela opera soprattutto per beni di modesto valore; macchinari o veicoli di maggiore valore (es. il food truck stesso, se di proprietà del debitore) potrebbero essere pignorati, specie in assenza di alternative satisfattive. In ambito tributario le regole del c.p.c. si applicano salvo deroghe, quindi è possibile che l’Agente della Riscossione tenti di aggredire anche beni strumentali, pur con prudenza, sapendo che il loro valore di realizzo forzato spesso è basso.
  • Garnishment di stipendi o pensioni: se il titolare dello street food è anche un lavoratore dipendente altrove o percepisce una pensione, AER può pignorare una quota (in genere 1/10 o 1/7 a seconda dell’importo) delle sue entrate periodiche direttamente presso chi le eroga (datore di lavoro o INPS). Questo però è raro per imprenditori autonomi che non hanno stipendi fissi.

Difendersi da queste azioni è possibile? Dal punto di vista del debitore, vi sono alcune strategie: – Innanzitutto sfruttare gli strumenti deflattivi (di cui parleremo in seguito) come la rateizzazione o le sanatorie fiscali (rottamazione delle cartelle), che congelano le azioni esecutive pendenti una volta presentata l’istanza. Ad esempio, presentare una richiesta di dilazione ad AER prima che parta un pignoramento immobiliare può sospendere l’azione esecutiva. – Verificare la regolarità formale degli atti: il debitore può proporre ricorso contro la cartella se ritiene il debito inesistente o viziato, oppure può fare opposizione all’esecuzione se il pignoramento viene attivato nonostante la sussistenza delle condizioni di impignorabilità (es. l’agente procedesse sulla prima casa unica sotto soglia, violando l’art. 76 DPR 602/73). In tal caso un giudice potrebbe bloccare l’esecuzione. – Eccepire la prescrizione: molti debiti tributari si prescrivono in un certo numero di anni se la riscossione non compie atti interruttivi. Ad esempio, le cartelle esattoriali per contributi previdenziali si prescrivono in 5 anni, per l’IVA in 10 anni, e così via. Se il Fisco ha “dormito” troppo a lungo, il debitore in giudizio può far valere la prescrizione per liberarsi dal debito residuo.

Va segnalato che la pressione fiscale su un’impresa indebitata può generare un circolo vizioso: sanzioni e interessi si accumulano, aggravando l’importo dovuto. Fortunatamente, il legislatore ha introdotto misure di “pace fiscale” che consentono di ridurre significativamente questi oneri, come vedremo in dettaglio più avanti (es. la definizione agevolata in cui si pagano solo imposte e capitale, senza sanzioni né interessi di mora) .

In estrema sintesi, i debiti fiscali rappresentano spesso il nemico più insidioso per il titolare di street food: il Fisco è un creditore privilegiato con poteri ampi. Tuttavia, esistono sia soluzioni amministrative (rateizzazioni, definizioni agevolate) sia procedure concorsuali (concordati, accordi) in cui anche l’Erario può essere coinvolto e, previa autorizzazione, accettare stralci del proprio credito (transazione fiscale) . Sarà fondamentale valutare la natura e l’importo del debito tributario per scegliere la strategia migliore (accordo stragiudiziale, piano del consumatore, concordato, ecc.), come approfondiremo nei capitoli successivi.

Debiti previdenziali (contributi INPS e INAIL)

Tra i debiti più comuni di un piccolo imprenditore vi sono quelli verso gli enti previdenziali, in particolare l’INPS (contributi pensionistici) e l’INAIL (premi assicurativi obbligatori). Nel caso di un’attività di street food, possiamo avere due macro-categorie di debiti previdenziali:

  • Contributi personali del titolare: se l’imprenditore è iscritto come artigiano o commerciante all’INPS, deve versare contributi fissi e percentuali sul reddito ogni anno. In tempi di crisi, potrebbe aver saltato qualche rata trimestrale INPS o non aver versato il minimale. Questi contributi non pagati generano cartelle esattoriali o avvisi di addebito.
  • Contributi dei dipendenti: qualora l’attività impiegasse dipendenti o collaboratori, c’è l’obbligo di versare i contributi previdenziali e assistenziali a loro carico e a carico dell’azienda. L’omesso versamento delle ritenute previdenziali trattenute ai dipendenti è particolarmente grave: può configurare anche illecito penale se supera una soglia (attualmente l’art. 2, c.1-bis D.L. 463/1983 punisce il mancato versamento di ritenute > €10.000 annui).

Azioni di recupero e sanzioni

Il recupero dei debiti previdenziali avviene con modalità simili a quelli fiscali, spesso proprio tramite l’Agenzia Entrate-Riscossione. L’INPS infatti emette gli “avvisi di addebito immediatamente esecutivi” per i contributi non pagati; tali avvisi, decorso il termine per il pagamento, valgono come titoli esecutivi e vengono affidati ad AER per la riscossione coattiva. Dunque, il percorso è analogo a quello delle cartelle: notifica dell’avviso, e in mancanza di pagamento si passa al fermo, all’ipoteca, ai pignoramenti di beni o crediti, seguendo le stesse regole (con la tutela della prima casa similmente applicabile anche per questi carichi, trattandosi sempre di debiti erariali in senso lato).

Occorre sottolineare però alcune peculiarità: – Un debitore con contributi INPS non in regola si troverà irregolare dal punto di vista contributivo. Questo può comportare il mancato rilascio del DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva). Per uno street food ciò potrebbe non avere impatto immediato sul banco di vendita quotidiano, ma impedisce di partecipare a bandi pubblici, fiere o eventi in concessione pubblica, e preclude benefici o agevolazioni previste per imprese in regola. La mancanza di DURC può dunque limitare le opportunità di lavoro (ad esempio niente stand in eventi patrocinati da enti pubblici, impossibilità di ottenere autorizzazioni per occupazione di suolo pubblico in alcune città, se viene richiesto DURC). – Se i debiti riguardano contributi dipendenti, l’INPS può agire anche con sanzioni civili elevate (ben più alte degli interessi fiscali) e può segnalare le violazioni agli organi di vigilanza. Il datore di lavoro che non versa contributi obbligatori rischia, oltre alle sanzioni amministrative, conseguenze penali: per esempio, l’omesso versamento di contributi previdenziali trattenuti al lavoratore oltre €10.000 è reato punibile con la reclusione fino a 3 anni e multa . Anche sotto tale soglia resta una sanzione amministrativa pecuniaria. Dunque, la posizione del debitore in questo caso va affrontata con particolare urgenza per evitare escalation (versando almeno parzialmente per scendere sotto il limite penalmente rilevante, oppure aderendo a piani di rientro). – INAIL: debiti per premi assicurativi (assicurazione infortuni) seguono il medesimo iter (ingiunzioni esecutive e cartelle). La mancanza di copertura assicurativa espone anche a rischi in caso di controlli o incidenti sul lavoro.

Come difendersi dai debiti previdenziali? Molte considerazioni fatte per i debiti fiscali valgono anche qui. È possibile chiedere una rateizzazione all’INPS/AER (anche qui la soglia per la dilazione senza garanzie è 120 mila euro, come vedremo), oppure verificare se ci sono condoni o sanatorie specifiche. Ad esempio, in alcune “rottamazioni” delle cartelle sono rientrati anche i contributi INPS: nella definizione agevolata 2023 (c.d. rottamazione-quater) i ruoli INPS affidati al concessionario entro giugno 2022 potevano essere “rottamati” versando solo il contributo senza sanzioni civili né interessi . Se l’imprenditore ha aderito a quella misura, i suoi debiti contributivi saranno stati congelati e diluiti nelle rate previste fino al 2027 .

Un’altra forma di difesa è l’opposizione in sede giudiziaria: gli avvisi di addebito INPS possono essere contestati davanti al tribunale (sezione lavoro) entro termini stringenti, ad esempio eccependo errori di calcolo o prescrizione (i contributi prescrivono in 5 anni, salvo cause interruttive). Attenzione però: opporsi senza una base solida può solo ritardare l’inevitabile e far lievitare i costi (interessi maturano comunque, oltre alle spese legali). Conviene far valutare da un esperto se vi siano vizi reali da far valere.

Dal punto di vista pratico, l’imprenditore dovrebbe prioritizzare il pagamento dei contributi dei dipendenti (per evitare problemi legali e tutela del rapporto di lavoro) e considerare di mettersi in regola per tornare ad avere il DURC. In alcuni casi, l’INPS è disponibile a concordare piani di rientro diretti (specie per aziende ancora attive): ad esempio, patti per dilazionare i contributi correnti unitamente agli arretrati, evitando di aggravare il debito con continue sanzioni.

Debiti bancari e finanziari

La gestione di un’attività commerciale spesso richiede il supporto del credito. Un food truck potrebbe essere stato acquistato tramite leasing o finanziamento; l’imprenditore potrebbe aver ottenuto un prestito bancario per avviare l’attività o disporre di uno scoperto di conto corrente per le esigenze di cassa. Se l’andamento economico peggiora, è facile accumulare debiti verso banche o altri intermediari finanziari. Vediamo le situazioni tipiche e i rischi connessi:

  • Scoperto di conto / fido bancario: Molti piccoli imprenditori hanno un conto corrente con affidamento (fido) per anticipare gli incassi tramite POS o fronteggiare uscite immediate. Se l’attività va male, il conto può andare in rosso oltre il fido o la banca può decidere di revocare l’affidamento. Quando il fido viene revocato o non rinnovato (spesso la banca lo fa se vede insoluti o segnali di crisi, oppure in caso di apertura di procedure concorsuali), l’importo utilizzato diventa esigibile in una sola soluzione. L’imprenditore si trova così a dover coprire immediatamente magari migliaia di euro, pena l’avvio di azioni legali.
  • Rate di mutuo o leasing non pagate: Se il furgone o l’attrezzatura è in leasing, tre canoni mensili non pagati tipicamente fanno decadere il beneficio del termine, consentendo alla società di leasing di risolvere il contratto, riprendere il bene e richiedere le penali. Analogamente, se c’è un mutuo (ad es. un prestito chirografario per liquidità), il mancato pagamento di alcune rate porta alla decadenza del termine e la banca può esigere l’intero residuo in blocco.
  • Garanzie personali e ipoteche: Molto spesso i finanziamenti bancari alle piccole imprese richiedono fideiussioni personali del titolare o dei familiari, oppure sono assistiti da garanzie reali (es. ipoteca sulla casa del titolare o pegno su titoli). In caso di insolvenza, la banca potrà escutere la garanzia: significa che, ad esempio, può agire sul patrimonio personale del garante (con pignoramenti simili a quelli descritti sopra per i creditori privati) o avviare l’espropriazione dell’immobile ipotecato senza passare per ulteriori cause (il mutuo è già un titolo esecutivo). Dunque, il rischio per il debitore è di vedere aggrediti non solo i beni aziendali ma anche quelli personali e familiari.
  • Segnalazioni in Centrale Rischi: Un aspetto spesso trascurato ma importante è che i debiti bancari impagati comportano la segnalazione a sistemi di informazione creditizia. Un cattivo pagatore viene iscritto in Centrale Rischi (CR Bankitalia) o banche dati come CRIF. Questo blocca l’accesso a nuovo credito: se il titolare street food ha bisogno di rifinanziarsi, troverà le porte chiuse. Ciò peggiora la crisi di liquidità, alimentando il circolo vizioso.

Azioni delle banche e difese del debitore

Le banche e finanziarie sono creditori privati ma con elevata capacità di reazione. Solitamente agiscono così: – Dopo i primi mancati pagamenti, avviano un sollecito bonario o un piano di rientro informale. Se questo fallisce, passano alla fase legale. – Ottenimento di un titolo esecutivo: spesso il contratto di mutuo o il piano di rientro firmato è già un titolo esecutivo. In altri casi, la banca deve ricorrere al tribunale per un decreto ingiuntivo. Le banche di solito ottengono ingiunzioni in tempi rapidi (entro poche settimane) data la documentalità del credito. Una volta scaduti i termini, il decreto diviene esecutivo. – Pignoramento: Con il titolo, la banca può procedere a pignorare i beni del debitore. Tipicamente iniziano dai conti correnti e dagli immobili (se ipotecati). Se c’è ipoteca sulla casa, attivano direttamente il pignoramento immobiliare (che, a differenza del Fisco, non ha alcun limite di importo o tutela per la prima casa – la banca può far vendere all’asta anche l’unico appartamento del debitore, per qualsiasi importo di debito ). Se non ci sono immobili, passano a pignorare automezzi, merci o crediti verso terzi. – Clausole contrattuali specifiche: va ricordato che molti contratti bancari prevedono la “cessione del quinto conto corrente” in certe circostanze, o il consolidamento del debito in forma di effetti cambiari: tutte situazioni che però superata una fase preludono comunque all’esecuzione forzata.

Come può difendersi il debitore in questi casi? Alcuni rimedi possibili: – Negoziazione col creditore: a differenza del Fisco, una banca può essere più flessibile nel trovare un accordo stragiudiziale. Se l’imprenditore prevede difficoltà temporanee, è bene parlare subito con la banca, magari con l’assistenza di un consulente, per rinegoziare il finanziamento. Si può chiedere una moratoria (sospensione delle rate per qualche mese), un allungamento del piano (riducendo l’importo mensile), o persino proporre un saldo e stralcio (pagamento di una parte immediata a totale chiusura del debito). Spesso le banche preferiscono evitare lunghe procedure giudiziarie, soprattutto se intravedono difficoltà di recupero: un’offerta concreta da parte del debitore (magari aiutato da un parente o partner finanziario) per pagare subito il 30-50% e chiudere, può essere considerata. È chiaro però che servono liquidità e capacità di negoziazione. – Opposizione giudiziale: se la banca agisce legalmente, il debitore può verificare se ci sono irregolarità da contestare. Ad esempio, contestare eventuali clausole usurarie (tassi oltre soglia) o anatocismo nel calcolo del saldo, oppure la mancata trasparenza contrattuale. Ci sono casi in cui l’accertamento di tassi usurari porta a ridurre il debito (azzeramento interessi) o a ricalcolare l’importo. Tuttavia, queste difese tecniche richiedono perizie e spesso servono più a prendere tempo che a eliminare il debito, salvo situazioni eclatanti. – Misure protettive nelle procedure di crisi: se il debitore avvia una procedura concorsuale (ad esempio una composizione negoziata o presenta un piano di concordato minore), egli può chiedere al tribunale misure protettive che impediscono alle banche di revocare gli affidamenti e di iniziare o proseguire azioni esecutive mentre dura la trattativa . Questa è una novità importante introdotta di recente: nell’ambito della composizione negoziata della crisi, l’imprenditore in difficoltà può ottenere uno stand-still temporaneo. La riforma del 2024 ha esplicitamente chiarito che, durante le misure protettive, le banche non possono revocare o ridurre gli affidamenti in essere (fatto salvo il caso in cui ciò sia richiesto dalle regole di vigilanza prudenziale) . In altre parole, se il nostro imprenditore street food intraprende la via della composizione negoziata e chiede la protezione del tribunale, la banca non potrà chiudergli il conto o revocare il fido per la sola ragione dell’avvio della procedura, né procedere a escutere immediatamente il debito durante quel periodo. Questo consente di guadagnare tempo prezioso e forse trovare un accordo di ristrutturazione del debito bancario all’interno della procedura. – Garanti e coobbligati: se vi sono fideiussori (es. un familiare che ha garantito il prestito), anch’essi sono a rischio escussione. Dal punto di vista del debitore principale, coinvolgere i garanti nella trattativa può essere utile: ad esempio il garante potrebbe contribuire finanziariamente a un accordo transattivo per evitare di essere escusso per intero. Notare però che se il debitore avvia una procedura concorsuale (concordato, ecc.), la protezione vale solo per lui e non per i garanti: la banca durante il concordato potrà comunque agire contro il fideiussore, a meno che quest’ultimo non sia anch’egli incluso in una procedura di sovraindebitamento “familiare” congiunta (cosa possibile se, ad esempio, il garante è il coniuge e decidono di presentare un unico piano familiare) .

In definitiva, i debiti bancari vanno gestiti con una combinazione di pragmatismo negoziale e, se necessario, con l’utilizzo strategico degli strumenti legali a disposizione. Lasciar precipitare la situazione è pericoloso: una volta che la banca ha ipotecato e pignorato, recuperare l’immobile o l’asset aziendale è difficile. Meglio muoversi prima, coinvolgere un professionista che tratti con l’istituto di credito e valutare se è opportuno attivare una procedura di crisi per congelare le azioni più aggressive.

Debiti verso fornitori e altri creditori privati

Un’attività di street food comporta rapporti con vari fornitori: dal grossista alimentare per le materie prime, al fornitore di bombole gas, al service di noleggio attrezzature, ecc. Inoltre, possono esservi altri debiti di natura commerciale (bollette di utenze non pagate, canoni per eventuali spazi di laboratorio o magazzino, fornitori di servizi marketing, ecc.). Quando l’impresa fatica, è frequente accumulare ritardi nei pagamenti delle fatture dei fornitori. Tali debiti, pur non godendo delle tutele e dei privilegi di cui usufruisce il Fisco, rappresentano un serio problema: il fornitore insoddisfatto può interrompere la fornitura (mettendo a rischio la continuità aziendale) e soprattutto può agire legalmente per il recupero del credito.

Azioni dei fornitori (creditori chirografari)

I fornitori e gli altri creditori non privilegiati seguono la via ordinaria del codice civile e di procedura civile: – Solleciti e messa in mora: inizialmente il fornitore invierà solleciti di pagamento, magari tramite PEC o raccomandata, a cui può seguire una lettera di diffida da parte di un legale. Già questa fase può comportare costi aggiuntivi per il debitore (spese legali addebitate nelle richieste). – Decreto ingiuntivo: trascorso inutilmente un breve termine dalla diffida, il fornitore può rivolgersi al tribunale per ottenere un decreto ingiuntivo di pagamento. Trattandosi spesso di crediti provati da fatture e DDT firmati, l’ingiunzione viene emessa anche provvisoriamente esecutiva (soprattutto se si dimostra il pericolo nel ritardo, ad es. forniture essenziali per l’impresa). In 40 giorni dalla notifica, il debitore può fare opposizione se ha contestazioni sul credito (ad esempio merce difettosa, importo errato, prescrizione – in ambito commerciale la prescrizione ordinaria è 5 anni per forniture periodiche, 10 anni in altri casi). Se non fa opposizione o l’opposizione viene rigettata, il decreto diventa esecutivo. – Pignoramenti: munito di titolo, il fornitore può aggredire i beni del debitore. Verosimilmente partirà con un pignoramento presso terzi sul conto corrente aziendale (sapendo che lì transitano gli incassi, es. i pagamenti POS). Oppure, se conosce beni, potrà tentare un pignoramento mobiliare (macchinari, il furgone, arredamenti) presentandosi con l’ufficiale giudiziario presso i luoghi dell’azienda. Va detto che la riuscita di un pignoramento mobiliare dipende dalla presenza di beni di valore rivendibili all’asta: un furgone può avere mercato, così come attrezzature in buono stato; mentre merce deperibile o strumenti artigianali di basso valore spesso non vengono neppure pignorati per mancato interesse. – Azioni cautelari: se il creditore teme che il debitore stia distraendo i beni (ad esempio vendendo il furgone per non farsi pignorare), potrebbe tentare un sequestro conservativo sui beni aziendali, previa autorizzazione del giudice, a tutela del futuro recupero.

L’effetto combinato di più fornitori insoddisfatti può essere devastante: azioni esecutive multiple portano alla classica situazione di “aggressione a macchia di leopardo” dove vari beni e crediti del debitore vengono pignorati da soggetti diversi. Ciò non solo paralizza l’operatività (conto bloccato, automezzo sequestrato), ma può spingere il debitore all’insolvenza conclamata. Infatti, quando un imprenditore ha più creditori che agiscono, l’ordinamento considera integrato lo stato di insolvenza, che potrebbe portare – per le imprese soggette – all’apertura di una procedura fallimentare (oggi liquidazione giudiziale). Se però l’impresa street food è di dimensioni sotto-soglia (come spesso accade), non è soggetta a fallimento, ma i creditori resteranno comunque liberi di agire individualmente finché il debitore non prenderà l’iniziativa di attivare una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento. Approfondiremo questa distinzione più avanti.

Difendersi dai fornitori significa da un lato gestire la relazione commerciale, dall’altro usare strumenti legali di protezione: – Negoziare nuovi termini: spesso un fornitore preferisce recuperare il proprio credito anche in parte, piuttosto che far fallire un cliente. Il debitore dovrebbe cercare un dialogo col fornitore, proponendo un piano di rientro amichevole: ad esempio pagare una parte subito (magari per sbloccare ulteriori forniture essenziali) e il resto a rate. Formalizzare questo accordo per iscritto (magari riconoscendo il debito e indicando le scadenze) può evitare l’azione giudiziaria, a patto di rispettare poi le nuove scadenze. – Verificare la fondatezza del credito: non di rado, situazioni di crisi portano anche a dispute sulla qualità della merce o dei servizi forniti. Se esiste un motivo oggettivo per non aver pagato (merce avariata, inadempienze del fornitore), il debitore può contestare per iscritto la fattura, il che impedirebbe al fornitore di ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo (in presenza di contestazione non pretestuosa, il giudice potrebbe negare l’esecutività). Questa tattica va usata in buona fede: inventare contestazioni infondate può solo rinviare di poco il problema e far perdere credibilità in eventuali giudizi. – Opposizione a decreto ingiuntivo: se il fornitore ha ottenuto un decreto, il debitore può fare opposizione entro 40 giorni, guadagnando tempo (si apre un giudizio ordinario). L’opposizione però richiede di articolare eccezioni concrete; potrebbe essere utile se c’è un margine per transigere durante il giudizio. Molti creditori, di fronte ad un’opposizione che allunga i tempi e i costi, sono disposti a trovare un accordo transattivo con un certo sconto sul dovuto. – Procedure concorsuali: l’apertura di una procedura come il concordato preventivo o minore, o la liquidazione concorsuale, cristallizza i debiti verso fornitori e blocca le azioni esecutive in corso. Un fornitore, una volta ammesso al passivo del concordato, non può più agire individualmente e deve attendere l’esito della procedura. Dal punto di vista del debitore, quindi, attivare per tempo una procedura di composizione della crisi permette di gestire i fornitori in modo collettivo e ordinato, evitando la giungla delle esecuzioni individuali. Naturalmente, ciò implica un procedimento complesso e l’intervento del tribunale, di cui diremo diffusamente più avanti. – Attenzione alla continuità aziendale: un rischio specifico è che i fornitori interrompano le forniture essenziali (cibo, gas, energia). La legge italiana prevede delle tutele in caso di procedure concorsuali: ad esempio, nell’ambito di un concordato con continuità o di una composizione negoziata, i fornitori di beni/servizi essenziali non possono rifiutare la fornitura né modificarne le condizioni solo perché ci si è avvalsi della procedura, pena l’intervento del tribunale (sono le cosiddette clausole di salvaguardia per i contratti in corso). Fuori da queste procedure, però, non vi è modo di obbligare un fornitore a continuare se non paga: quindi il debitore deve valutare quali fornitori sono critici e magari trovare fornitori alternativi o fare scorte se prevede possibili interruzioni.

Debiti da multe e sanzioni amministrative

L’attività di street food, svolgendosi spesso su suolo pubblico e nel campo alimentare, è soggetta a controlli e possibili sanzioni amministrative. Pensiamo a: multe per violazioni del Codice della Strada (es. divieto di sosta con il food truck, transito non autorizzato), sanzioni ASL o della polizia municipale per violazioni igienico-sanitarie o mancanza di requisiti, sanzioni amministrative commerciali (come per mancata emissione di scontrino/fattura, violazioni di orari o regolamenti locali). Queste multe e sanzioni generano debiti verso enti pubblici (Comuni, ASL, Stato) che, se non pagati entro i termini, seguono percorsi di riscossione analoghi a quelli tributari.

In pratica, una multa stradale non pagata viene iscritta a ruolo ed affidata ad Agenzia Entrate-Riscossione come un debito erariale. Lo stesso per una sanzione amministrativa di un Comune (es. sanzione per occupazione abusiva di suolo): il Comune può emettere un’ingiunzione fiscale ex R.D. 639/1910 o iscrivere il debito a ruolo. Quindi, il debitore si ritroverà con una cartella esattoriale da pagare, comprensiva magari di more e aggi. Le misure di recupero forzato saranno le medesime già viste (fermi, ipoteche, pignoramenti) in quanto l’Agente della riscossione le tratta come altre entrate pubbliche.

Un elemento da considerare però è la natura punitiva di queste sanzioni: multe e ammende, soprattutto se collegate a illeciti amministrativi o penali, hanno un trattamento particolare nella normativa concorsuale. In linea generale, i debiti da sanzioni penali (ammende, multe penali) e i debiti per sanzioni amministrative di carattere pecuniario non vengono cancellati dalle procedure di esdebitazione. Lo scopo è evitare che un soggetto possa liberarsi con un colpo di spugna di pene pecuniarie inflitte per violazioni di legge. Ad esempio, se un titolare ha accumulato decine di contravvenzioni stradali, anche se ricorresse a una procedura di sovraindebitamento e ottenesse l’esdebitazione dei debiti civili e fiscali, le sanzioni amministrative per violazione del CdS potrebbero restare comunque dovute (questa regola ha delle sfumature, ma in principio i debiti per sanzioni non sono falcidiabili nelle procedure, salvo diversa disposizione). La Cassazione ha confermato che il beneficio dell’esdebitazione riguarda tutti i debiti concorsuali, inclusi quelli tributari, ma restano escluse le categorie tassativamente previste dalla legge, come appunto le sanzioni penali e alcuni debiti derivanti da illeciti .

Per un imprenditore street food, ciò significa che non può fare affidamento sul “condono” delle multe tramite una procedura concorsuale: dovrà comunque pagarle, eventualmente rateizzarle o chiederne la conversione (nei limiti consentiti, ad esempio alcune sanzioni penali possono convertirsi in lavoro di pubblica utilità, ma questo esula dal contesto aziendale).

Difendersi dalle multe comporta: – Sul piano amministrativo, fare ricorso nei termini (presso il giudice di pace o autorità competente) se la sanzione è ingiusta o viziata. Se la multa viene annullata, il debito ovviamente cade. – Se i termini per il ricorso sono passati e la multa è diventata cartella, si può valutare la rateizzazione con AER o attendere eventuali provvedimenti di stralcio automatico. Ad esempio, la Legge di Bilancio 2023 ha previsto lo stralcio dei debiti fino a €1.000 affidati a ruolo dal 2000 al 2015, che ha di fatto cancellato tante vecchie multe minori di quell’epoca . Inoltre, sempre nel 2023, chi aveva multe più consistenti poteva aderire alla definizione agevolata (rottamazione-quater) per non pagare interessi e maggiorazioni. – Attenzione alle ripercussioni sull’attività: molte sanzioni, se non pagate, possono portare a provvedimenti accessori. Ad esempio, sanzioni ASL gravi potrebbero portare a sospensione dell’attività finché non regolarizzate; multe per occupazione abusiva potrebbero far revocare la concessione di suolo pubblico se reiterate. Il debitore deve dunque non solo pensare a non farsi pignorare i beni, ma anche a non perdere le autorizzazioni amministrative. Spesso pagare o conciliare la sanzione (quando ammesso) è condizione per riavere l’agibilità.

Riassumendo, i debiti da sanzioni sono un terreno minato: di importo magari minore rispetto a tasse o banche, ma pericolosi perché: – Non estinguibili facilmente tramite procedure concorsuali, se hanno natura punitiva. – Possono condizionare la prosecuzione dell’attività (specie le sanzioni sanitarie o amministrative specifiche). – Vengono comunque recuperati coattivamente come gli altri debiti, quindi vanno inclusi in qualunque piano di risanamento finanziario.

Tabella 1: Tipologie di debiti e relative caratteristiche

Tipo di debitoEsempi concretiAzioni tipiche del creditoreParticolarità / TuteleRimedi per il debitore
Debiti fiscaliIVA, imposte reddito, IRAP, tributi localiCartella esattoriale → Fermo auto, ipoteca, pignoramenti (beni, conti) . Prima casa impignorabile se unico immobile non di lusso e debito < €120k .Crediti privilegiati. Impignorabilità prima casa se condizioni ex art.76 DPR 602/73 rispettate; oltre soglia €120k Fisco può pignorare .Rateizzazione fino a 72-120 rate; Definizione agevolata (rottamazione) ; Transazione fiscale in procedure concorsuali ; Opposizione per vizi o prescrizione.
Debiti previdenzialiContributi INPS artigiani/commercianti; contributi dipendenti; premi INAILAvviso di addebito INPS → Cartella esattoriale → stesse azioni di AER (fermo, ipoteca, pignoramenti). Segnalazione omessi versamenti >€10k a Procura (reato) .Manca DURC finché non si paga. Sanzioni civili elevate su contributi. Reato per ritenute non versate > soglia.Rateizzazione con AER; eventuali sanatorie (es. rottamazioni su cartelle INPS) ; Dilazioni dirette INPS in casi particolari; pagamento parziale per evitare soglia penale; opposizione giudiziaria (entro 40 gg da avviso) se importi non dovuti.
Debiti bancari/finanziariRate mutuo, scoperto conto, leasing, prestiti da banche o finanziarieRecesso fido e richiesta rientro immediato; Decreto ingiuntivo o esecuzione su contratto di mutuo; Pignoramento conto, immobili ipotecati (anche prima casa, nessun limite) ; Escussione garanti/fideiussioni.Crediti chirografari o privilegiati se ipoteca su bene. Nessuna protezione per casa o beni personali (tutto pignorabile se garante). Segnalazione in Centrale Rischi per insolvenza.Rinegoziazione (moratoria, allungamento, saldo stralcio) con banca; Opposizione per contestare interessi usurari/anatocismo se rilevati; Copertura parziale del debito per evitare decadenza fido; Misure protettive tramite composizione negoziata (stop revoca fidi) ; eventuale inclusione in un concordato/sovraindebitamento per bloccare esecuzioni.
Debiti verso fornitori (e altri privati)Fatture non pagate a fornitori di merci, servizi, affitto; bollette arretrate; canoni leasing di fornitori, etc.Diffida di pagamento; Decreto ingiuntivo → Pignoramento beni aziendali (merce, automezzi, attrezzature) e crediti (conto corrente, crediti verso clienti); Sequestro conservativo se pericolo nel ritardo.Crediti chirografari (nessun privilegio salvo patto riserva dominio su beni forniti). Possono agire liberamente su qualunque bene del debitore (nei limiti di legge: strumenti di lavoro parzialmente impignorabili ex art.515 cpc). Possono interrompere forniture essenziali (rischio per continuità aziendale).Accordi di rientro privati (dilazione amichevole, sconto su importo per pagamento immediato); Contestazione del credito se legittima (per guadagnare tempo o ridurre importo); Opposizione a decreto ingiuntivo; Riunire i debiti in un piano concorsuale di ristrutturazione (es. concordato minore) per bloccare le azioni individuali; Richiesta al tribunale (in concordato) di autorizzare pagamento fornitori strategici per continuare l’attività.
Debiti da multe/sanzioniMulte Codice della Strada; sanzioni amministrative (ASL, Comune) per violazioni norme; ammende penali pecuniarieVerbale → Ing. fiscale o cartella → Azioni AER (fermo, pignoramenti) come per tributi. Sospensione/sanzioni accessorie se previsto (es. sospensione licenza per sanzioni sanitarie).Debiti di natura pubblicistica/punitiva. Non falcidiabili dall’esdebitazione (multe e ammende restano dovute nonostante procedure, ex art. 282 CCII e succ.) . Stralcio automatico per importi minimi possibile per legge (es. debiti < €1000 annullati da L.197/2022) .Ricorso amministrativo/giudice di pace entro termini per annullamento; Rateizzazione cartelle con AER; Definizione agevolata (se prevista per sanzioni, es. rottamazione condona interessi/maggiorazioni ma non la sanzione in sé); Pagamento ridotto in misura ridotta se legge consente (alcune multe pagate entro 5 gg godono di sconto 30%); Prevenire perdita autorizzazioni ottemperando (es. correggere violazioni, richiedere revoca sospensione dopo pagamento).

Legenda: AER = Agenzia Entrate-Riscossione; DURC = Documento Unico Regolarità Contributiva; CCII = Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019).

(N.B.: La tabella sopra riepiloga in forma schematica i diversi debiti e rimedi; ogni situazione concreta va valutata individualmente, le informazioni fornite sono generali e riferite alla normativa vigente al 2025.)

Come si evince, ogni categoria di debito presenta insidie particolari. Il debitore-imprenditore deve innanzitutto prendere coscienza della propria esposizione: fare un elenco di chi sono i creditori, quanto è dovuto, e con quale priorità/urgenza possono agire. Già questa mappatura consente di scegliere come allocare le risorse disponibili: ad esempio, pagare prima un dipendente o una rata INPS per evitare il reato, rispetto a un fornitore meno pressante; oppure privilegiare un accordo col Fisco se c’è rischio di perdere la licenza causa debiti tributari.

Nei capitoli seguenti, analizzeremo gli strumenti per gestire questi debiti, dapprima quelli stragiudiziali (ossia senza passare necessariamente per il tribunale), e poi le procedure legali organizzate previste dalla legge italiana (in particolare il nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza, in vigore dal 2022 e aggiornato nel 2024). L’obiettivo è illustrare come il debitore possa difendersi in maniera proattiva, evitando l’aggressione disordinata dei creditori e provando a risolvere la crisi in modo strutturato.

Strumenti stragiudiziali per gestire i debiti

Quando un imprenditore di street food si rende conto di avere debiti che non riesce a pagare regolarmente, il primo passo dovrebbe essere valutare le soluzioni stragiudiziali, ovvero quelle che non richiedono – almeno inizialmente – l’apertura di una procedura concorsuale davanti a un giudice. In questa sezione vedremo come pianificare un risanamento finanziario e quali strumenti utilizzare, tra cui: rinegoziazioni private, piani di rateizzazione (specialmente con il Fisco e gli enti pubblici), eventuali definizioni agevolate offerte dalla legge (le cosiddette “rottamazioni” o “pace fiscale”), e altre strategie di autotutela. Si tratta di misure alla portata del debitore che, se ben gestite, possono talvolta scongiurare il ricorso a procedure più complesse e costose.

È importante sottolineare che l’iniziativa è in mano al debitore: prima si agisce, maggiori sono le chance di convincere i creditori a trovare un accordo. Se invece si aspetta troppo e i creditori perdono fiducia (magari avviando causa), diventa più difficile trattare da una posizione di forza. Dunque, tempestività e trasparenza possono fare la differenza.

Rinegoziazione privata e accordi a saldo e stralcio

La via negoziale privata consiste nel contattare direttamente ciascun creditore (o i principali) per cercare un nuovo accordo di pagamento, evitando così azioni legali. Questa soluzione è particolarmente indicata nei rapporti con fornitori, banche o creditori privati, che possono essere persuasi dalla prospettiva di recuperare almeno una parte del loro credito senza attendere le lungaggini di un fallimento o di un’esecuzione forzata dall’esito incerto.

Come prepararsi alla negoziazione: Il debitore dovrebbe presentarsi con un piano finanziario credibile. Ad esempio, può predisporre un semplice prospetto di entrate/uscite attese nei mesi futuri, dimostrando quanto realisticamente potrà pagare. Se l’attività ha prospettive di ripresa (una nuova commessa, la stagione estiva di maggior lavoro, ecc.), evidenziarlo. Fornire qualche documentazione (incassi mensili, costi fissi) aiuta il creditore a capire la situazione reale e ad avere fiducia nella proposta.

Opzioni di accordo possibili:Dilazione del debito (piano di rientro): il debitore chiede più tempo, frazionando l’importo in rate sostenibili. Ad esempio, un debito di €5.000 con un fornitore potrebbe essere spalmato in 10 rate mensili da €500. È bene offrire un pagamento iniziale (anche piccolo, es. 500 subito) come gesto di buona fede e per ridurre l’esposizione del creditore. – Sconto sul totale (saldo e stralcio): il debitore propone di pagare meno dell’intero importo dovuto, ma subito e in un’unica soluzione o poche soluzioni ravvicinate, facendolo convenire come soluzione definitiva (“stralcio” del debito). Ad esempio: devo €10.000, offro €5.000 entro 30 giorni come accordo di saldo e stralcio. Questa soluzione attrae il creditore se teme di non recuperare nulla altrimenti o di dover spendere soldi in cause. È più facile ottenerla se il debitore può procurarsi liquidità immediata (magari grazie a un familiare o vendendo qualcosa). – Misto: un pagamento parziale immediato e il resto a rate, possibilmente con un abbuono su interessi o spese. Ad esempio: pagare il 50% cash ora e il 50% in 6 mesi, e il creditore rinuncia a sanzioni e interessi futuri.

Formalizzazione: È fondamentale mettere l’accordo per iscritto, ad esempio in una scrittura privata firmata da entrambe le parti. Nell’accordo andranno specificati gli importi, le scadenze e la dicitura che il creditore, a fronte del puntuale adempimento, rinuncia ad ogni ulteriore pretesa e considera estinto il debito originario. Questo tutela il debitore dall’eventualità che, pagato l’importo ridotto, il creditore pretenda ancora il resto.

Vantaggi della negoziazione privata: è veloce, flessibile e riservata (nessuna pubblicità a differenza di procedure pubbliche). Inoltre mantiene migliori rapporti: un fornitore pagato, seppur in ritardo o ridotto, sarà più disposto a continuare a lavorare con voi che non uno portato in tribunale e magari soddisfatto solo parzialmente dopo anni.

Svantaggi o limiti: non tutti i creditori accettano. Ad esempio, l’Agenzia delle Entrate o l’INPS non possono legalmente fare accordi privatistici di saldo e stralcio (devono seguire le norme pubbliche). Anche una banca di solito esige giustificazioni interne per scontare un debito (ma può farlo, classificandolo come sofferenza e chiudendo la posizione). Un creditore molto grande o con policy rigide potrebbe rifiutare offerte transattive. Inoltre, se i creditori sono molti, dover negoziare con ciascuno separatamente può essere inefficiente o creare problemi di equità (ad esempio, rischiate che uno scopra che avete pagato un altro al 50% e pretenda lo stesso trattamento).

Consiglio: se i debiti sono frammentati, può essere utile farsi assistere da un professionista (avvocato o commercialista) che faccia da mediatore con tutti, cercando di strutturare un piano di risanamento globale dove ogni creditore ottiene qualcosa. Esiste anche lo strumento del “piano attestato di risanamento” (art. 56 CCII, ex art. 67 LF) che è un accordo privato ma con l’attestazione di un professionista e che, se ben concluso, tiene i creditori che aderiscono al riparo da revocatorie. Tuttavia è un meccanismo avanzato, oltre lo scopo di questa guida, e raramente usato per micro-imprese.

Rateizzazione dei debiti con Fisco e enti pubblici

Uno degli strumenti più utilizzati dai debitori in difficoltà è la rateizzazione dei debiti fiscali e contributivi. La normativa italiana prevede la possibilità, per chi non riesce a pagare in un’unica soluzione un debito iscritto a ruolo, di chiedere un pagamento dilazionato in rate mensili, ottenendo così tempo e riprendendo fiato finanziariamente. Questo strumento è disciplinato in particolare dall’art. 19 del D.P.R. 602/1973 (per i carichi affidati all’Agente della Riscossione) ed è stato oggetto di recenti riforme per ampliarne l’accessibilità.

Caratteristiche principali della rateizzazione con Agenzia Entrate-Riscossione (AER):

  • Si può chiedere su cartelle esattoriali o avvisi esecutivi già emessi. Non sulle somme non ancora iscritte a ruolo (per quelle ci sono altre forme, ad es. rateazione in autotutela per avvisi bonari).
  • Importo minimo di rata: di regola €50. Quindi se un debito è molto piccolo, non lo si può spalmare in troppe rate.
  • Durata massima: Tradizionalmente 72 rate mensili (6 anni) era lo standard. Dal 2023-2024, per effetto della riforma della riscossione (in attuazione del PNRR), la durata massima è stata estesa: per le richieste presentate a partire dal 2025 si possono ottenere piani fino a 84 rate; successivamente sarà possibile 96 e 108 rate, con un aumento graduale nei prossimi anni . In casi di grave e comprovata difficoltà (rateizzazione straordinaria), si può arrivare fino a 120 rate (10 anni), ma solo presentando documentazione economico-finanziaria che provi la necessità e sostenibilità .
  • Soglia di accesso semplificato: fino a un certo importo, la dilazione viene concessa automaticamente su semplice richiesta, senza dover dimostrare nulla. Questa soglia era €60.000 sino al 2022; ora è stata elevata a €120.000 per singola istanza . Ciò significa che tutti i debiti fino a 120mila € possono essere rateizzati in via semplificata, basandosi sull’autodichiarazione di temporanea difficoltà economica del debitore . Per importi superiori a 120k, serve allegare l’ISEE (per persone fisiche) o indici di bilancio (per società) per provare la situazione di crisi e accedere a piani più lunghi.
  • Interessi di dilazione: Sulle rate si pagano interessi (il tasso è determinato periodicamente, attualmente intorno al 2% annuo per le richieste dal 2023 in poi, in passato era più alto). Anche se ridotti, sono un costo da considerare.
  • Decadenza dalla rateizzazione: se non si pagano 5 rate (anche non consecutive) si decade dal beneficio e il debito residuo torna immediatamente esigibile in unica soluzione, con possibilità per AER di riprendere le azioni esecutive. Fino a 4 rate omitttende si può invece proseguire (la soglia è stata aumentata da 5 a 8 rate in passato per Covid, poi riportata a 5). Attenzione: la decadenza da una dilazione impedisce di chiederne un’altra sullo stesso debito, salvo pagare tutto o rientrare in particolari sanatorie di riammissione (ad esempio, il decreto “Milleproroghe 2023” ha riamesso in termini chi era decaduto dal 2019 in poi, ma si tratta di misure una tantum).

Quali debiti si possono rateizzare: tutti i carichi a ruolo, quindi imposte (Agenzia Entrate), contributi previdenziali (INPS), premi INAIL, multe di enti statali, tariffe locali affidate a AER, ecc. Anche le sanzioni incluse nei ruoli sono rateizzabili (rateizzare non è considerato un condono, quindi ammesso). Non è invece possibile rateizzare sanzioni diverse dal pagamento in denaro (es. punti patente, sospensioni licenze… quelle non sono “pagabili”).

Procedure: Oggi si può fare tutto online dal portale AER (“Rateizza adesso”). Basta autenticarsi, inserire il numero della cartella e scegliere il piano (ad es. 18, 36, 72 rate) entro il massimo consentito. Se si rispetta la soglia (debito ≤ 120k per piani standard fino a 72-84 rate), l’istanza viene accolta automaticamente. Altrimenti bisogna compilare moduli e allegare documenti reddituali.

Effetti della rateizzazione: Quando AER concede la dilazione, emette un provvedimento di accoglimento. Da quel momento sono sospese le azioni esecutive: AER non potrà iscrivere nuovi fermi o ipoteche né procedere con pignoramenti, a condizione che le rate vengano pagate regolarmente. Se c’erano già fermi amministrativi o ipoteche, purtroppo restano finché il debitore non paga una certa quota (ad esempio, per cancellare un fermo su auto in rateizzazione occorre pagare il 20% del debito e richiederne la sospensione). Comunque, la dilazione mette al riparo da nuovi atti aggressivi, ed evita anche l’aggravio di ulteriori sanzioni per ritardato versamento.

Casi particolari: – Se il debitore ha già una rateizzazione e incorre in nuove cartelle, può chiedere che vengano unificate in un piano unico, oppure tenerle separate. In genere conviene unificare se si vuole una visione complessiva e magari aumentare il numero di rate. – È possibile anche rateizzare cartelle già in fase di pignoramento: se ad esempio è iniziato un pignoramento del conto, pagando la prima rata e presentando la domanda, AER dovrebbe sospendere l’esecuzione. Talvolta però, se si arriva a pignoramento già assegnato, è tardi. Quindi meglio muoversi prima. – Enti diversi da AER: per debiti non ancora passati a ruolo, si può chiedere dilazione direttamente all’ente creditore. Ad esempio, l’Agenzia delle Entrate su un avviso di accertamento esecutivo consente di rateizzare in 8 o 16 rate semestrali. L’INPS consente dilazioni amministrative sui contributi correnti (con requisiti). Sono normative differenti ma l’idea è la stessa: evitare l’immediata esigibilità pagando gradualmente.

Per il nostro imprenditore street food indebitato, la rateizzazione è spesso la prima mossa da fare con i debiti fiscali/previdenziali perché: – Evita il pignoramento del furgone o della casa da parte del Fisco, congelando la situazione. – Dimostra buona volontà (anche in ottica di futura esdebitazione, mostrare di aver provato a pagare può pesare sulla “meritevolezza”). – Permette di diluire uscite nel tempo compatibilmente col flusso di cassa dell’attività (es. rate più basse nei mesi morti e più alte in quelli di picco, se c’è la possibilità di scegliere).

Esempio: Mario, titolare di food truck, ha €30.000 di cartelle tra IVA e INPS. Non può pagarle in un colpo. Richiede online 72 rate: otterrà rate di circa €416/mese + interessi. Può gestirle se l’attività genera quell’utile mensile. Mentre paga le rate, Mario deve stare attento a non saltarne 5. Se vede che non ce la fa, prima di decadere può chiedere una proroga (è prevista la possibilità di prorogare il piano da 72 a 120 rate se peggiora la situazione, presentando i documenti). Intanto però AER non lo tocca, quindi la sua casa e il furgone sono salvi (c’è ipoteca sulla casa perché superava 20k, ma niente asta finché rispetta il piano).

Va però detto che rateizzare non risolve la causa del sovraindebitamento, è solo un rinvio: spesso, se l’impresa non migliora la redditività, il debitore dopo qualche mese si ritrova a non riuscire più a pagare le rate. Soprattutto, c’è il problema che mentre paga le rate delle vecchie tasse, nel frattempo maturano nuove scadenze fiscali (nuova IVA, nuovi contributi) che rischia di non pagare per mancanza di fondi, finendo in una spirale di nuove cartelle. Questo accade spesso: si tappano i buchi vecchi con rate, ma se l’attività non è risanata, i debiti nuovi superano i pagamenti delle rate, e si finisce in una situazione peggiore. Quindi la rateazione va accompagnata da un serio piano di rilancio o di riduzione costi; altrimenti è solo procrastinare. Se ci si rende conto di ciò, forse conviene passare a soluzioni più strutturali (accordi di ristrutturazione del debito o procedure concorsuali che riducono l’ammontare dovuto).

Un caso particolare di “rateizzazione” è quello interno alle banche: se siete in arretrato con rate di mutuo o prestito, potete chiedere una moratoria (sospensione temporanea delle rate, spesso per 6-12 mesi, su quota capitale) oppure un piano di rientro sull’arretrato (es. spalmare le 3 rate non pagate sulle successive). Nel 2020-21 con la pandemia c’erano moratorie legali per molte PMI. Al 2025 non più, ma alcune banche volontariamente aderiscono a protocolli ABI per sospendere mutui in casi di comprovata difficoltà. Vale sempre la regola: parlare con la banca prima che la situazione degeneri.

Definizioni agevolate e “pace fiscale”

Negli ultimi anni il legislatore ha introdotto diverse misure straordinarie per alleviare il carico dei debiti fiscali e contributivi: le cosiddette “rottamazioni delle cartelle”, il saldo e stralcio e altri provvedimenti noti mediaticamente come pace fiscale. Queste misure consentono, in situazioni determinate, di pagare meno del dovuto o comunque con condizioni di favore, regolarizzando la propria posizione con il Fisco.

Per un debitore con attività street food, approfittare di queste normative può fare la differenza tra affondare sotto i debiti o ritornare in bonis. È quindi fondamentale conoscerle e verificare l’eventuale adesione quando vengono offerte.

Ecco una panoramica delle misure principali fino al 2025:

  • Rottamazione delle cartelle: introdotta per la prima volta nel 2016, è stata riproposta più volte (rottamazione-bis 2017, rottamazione-ter 2018, rottamazione-quater 2023, ecc.) . Il meccanismo base: il contribuente paga l’importo residuo delle imposte iscritti a ruolo, senza le sanzioni e gli interessi di mora (vengono abbuonati). In certi casi sono stati condonati anche gli aggi di riscossione (oneri di AER) . Il pagamento può avvenire a rate (fino a 18 rate in 5 anni nella versione più recente) . Se il debitore paga tutte le rate, i carichi si considerano estinti e vengono sbloccate le eventuali ipoteche/fermi. Se non paga, la rottamazione decade e il debito originario (comprensivo di sanzioni) resuscita, detratto quanto versato.

Situazione attuale (rottamazione-quater 2023/2024): La Legge di Bilancio 2023 (L.197/2022) ha lanciato una nuova definizione agevolata per i carichi 2000-30 giugno 2022 . Si poteva aderire entro il 30 giugno 2023. Moltissimi imprenditori (oltre 1 milione di richieste in Italia) hanno aderito, incluso presumibilmente molti operatori street food, per sgravarsi di sanzioni e diluire il debito. Le prime due rate erano previste nel 2023, le successive dal 2024 al 2027. Chi ha aderito deve ora rispettare il piano di pagamenti fino al 2027 (rate semestrali). Chi non ha aderito a rottamazione-quater, se aveva carichi definibili, ora non può più farlo (la scadenza è chiusa). Tuttavia, c’è stata una finestra di riammissione: con il Milleproroghe 2025 è stato permesso a chi era decaduto (per non aver pagato entro 2024) di rientrare entro il 30 aprile 2025 pagando gli arretrati . Inoltre, chi non ha aderito perché i suoi debiti erano esclusi (ad esempio debiti affidati dopo 30/6/22) non ha altro strumento straordinario e deve procedere con le vie ordinarie (rateazione normale) .

  • Saldo e stralcio per persone fisiche in difficoltà: una misura una tantum fu il saldo e stralcio 2019, dedicato ai contribuenti persone fisiche con ISEE basso (< €20.000). Consentiva di pagare solo una percentuale dei debiti (variabile dal 16% al 35%) e cancellare il resto, includendo anche parte del tributo . Era limitata a debiti come imposte non versate da dichiarazione. Attualmente non c’è un saldo e stralcio attivo; se ne ipotizza uno nuovo in futuro, ma nulla di concreto al 2025. In mancanza, le persone fisiche sovraindebitate possono usare la procedura di sovraindebitamento (piano del consumatore, concordato minore) per ottenere un effetto simile (pagare una quota e stralciare il resto, ma con l’intervento del giudice).
  • Stralcio automatico mini-cartelle: previsto dalla legge 197/2022, ha annullato d’ufficio tutti i debiti fino a €1.000 affidati dal 2000 al 2015 . Quindi, se il nostro imprenditore aveva vecchie multe o tasse minori di quell’epoca, ad oggi (settembre 2025) esse dovrebbero essere state cancellate senza bisogno di domanda. AER ha provveduto entro il 31/3/2023 all’annullamento di quei carichi.
  • Definizione liti pendenti, avvisi etc.: oltre alle cartelle, la “tregua fiscale” 2023 ha previsto sconti su altre situazioni (definizione delle liti tributarie pendenti con sconti, regolarizzazione errori formali, ecc.). Questi sono di nicchia; se un imprenditore aveva contenziosi tributari in corso, poteva chiuderli con pagamento ridotto (ad esempio, se aveva fatto ricorso e vinto in primo grado, pagava il 40% per chiudere). Sono opportunità che un consulente fiscale può valutare caso per caso.

Vantaggi di aderire alle definizioni agevolate: ovvi, si risparmia potenzialmente tanto. Ad esempio, su €20.000 di debiti in cartella di cui €8.000 sono sanzioni e €2.000 interessi, in rottamazione si paga €10.000 (capitale + interessi legali da rottamazione) invece di €20.000+aggi vari. Inoltre, durante la rottamazione, le procedure esecutive sono sospese. Il debitore esce dalla “lista nera” finché è in regola con le rate.

Attenzione però: queste misure sono straordinarie e richiedono puntualità assoluta nei pagamenti. Se si saltano le scadenze, il beneficio decade e non ci sono seconde chance (tranne quelle espressamente concesse tipo la riammissione 2025 per la rottamazione-quater già menzionata). Quindi, se uno aderisce deve pianificare di avere la liquidità per onorare le rate (che spesso sono semestrali e più consistenti rispetto a una rateizzazione ordinaria mensile).

Nel contesto 2025, per un imprenditore street food indebitato, lo scenario potrebbe essere: – Ha aderito alla rottamazione 2023: ottimo, sta pagando rate fino al 2027 e nel frattempo è protetto (fermi e ipoteche già in essere restano ma niente di nuovo, e se completa i pagamenti glieli cancellano). – Non ha aderito o ha debiti successivi: deve usare le rateazioni ordinarie (più lunghe e flessibili ora). – Si vocifera ogni tanto di nuove “pace fiscale” ad ogni legge di bilancio, ma non si può contare su una futura sanatoria. Non conviene indebitarsi aspettando un condono: come regola morale e pratica, perché se non arriva si rischia grosso. Un giudice (in sede di esdebitazione) valuterebbe male un debitore che ha volutamente non pagato contanto su ipotetici condoni .

Infine, un cenno alla transazione fiscale e contributiva: questa non è una misura stragiudiziale ma una parte delle procedure concorsuali (concordati o accordi di ristrutturazione) che permette, all’interno di quel processo, di proporre al Fisco/INPS il pagamento parziale dei tributi/contributi con voto dei creditori e approvazione del tribunale . Ne parleremo più avanti nelle procedure formali, ma va citata qui per completezza: fuori da una procedura concorsuale, l’Agenzia Entrate non può accettare meno di quanto dovuto a titolo di imposta (per obbligo di legge, principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria). L’unico contesto in cui lo Stato può accettare un taglio del debito fiscale è in sede di concordato preventivo o di accordo ex art. 63 CCII, ove si configura la cosiddetta “transazione fiscale” soggetta ad autorizzazione del tribunale . Quindi, se il peso dei debiti tributari è tale da necessitare uno stralcio e non solo una dilazione, la strada sarà quasi certamente quella di una procedura concorsuale.

Altre strategie di autotutela del debitore

Oltre a piani e accordi, ci sono alcune misure che un debitore potrebbe valutare per proteggere il proprio patrimonio o ridurre i rischi. Tuttavia, bisogna maneggiarle con estrema cautela perché il confine tra lecito e illecito può essere sottile.

  • Tutela del patrimonio personale: in previsione di possibili aggressioni, qualcuno considera soluzioni come intestare i beni a terzi (es. cointestare o donare la casa al coniuge), costituire un fondo patrimoniale o un trust per separare beni dalla sfera di garanzia dei creditori. Queste mosse, se fatte dopo che i debiti sono sorti e mentre si è insolventi, possono essere facilmente attaccate dai creditori come atti in frode. Un fondo patrimoniale, ad esempio, non protegge dai debiti erariali o d’impresa contratti per bisogni dell’azienda, e una donazione a familiari può essere revocata dal tribunale se pregiudica i creditori (azione revocatoria ordinaria, art. 2901 c.c.). Inoltre, trasferire beni per sottrarli al Fisco può integrare reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11 D.Lgs. 74/2000). Quindi, muoversi in tal senso è molto pericoloso a posteriori. Ha senso pianificare protezioni patrimoniali in tempi non sospetti (quando si è ancora solvibili, come forma di pianificazione familiare), ma farlo all’ultimo per scappare dai debiti di solito non funziona e aggrava la posizione del debitore.
  • Verifica dei termini di prescrizione/decadenza: abbiamo accennato all’importanza di contestare eventuali prescrizioni maturate. Un imprenditore dovrebbe farsi fare un check da un legale su ogni cartella o richiesta di pagamento: ad esempio, se l’Agenzia Entrate ha notificato la cartella oltre i termini di decadenza dall’accertamento, o se sono passati più di 5 anni dall’ultimo atto per contributi INPS, c’è margine per un ricorso. Spesso chi è in debito accumula lettere senza aprirle: recuperarle e analizzarle può portare sorprese (magari quel debito INAIL è di 6 anni fa e nessuno l’ha sollecitato, quindi ora è prescritto).
  • Sospensioni e dilazioni “tecniche”: a volte inviare un’istanza di autotutela o un reclamo/mediazione può sospendere per qualche mese il procedimento di riscossione. Ad esempio, la legge concede 90 giorni di tempo dopo un avviso bonario per pagare con sanzioni ridotte; oppure, se si presenta istanza di sgravio per errore di cartella, AER sospende la riscossione in attesa di riscontro dall’ente creditore. Questi escamotage servono solo a prendere tempo, ma in situazioni disperate ogni mese guadagnato può servire per organizzare meglio un piano.

In conclusione, gli strumenti stragiudiziali sono preferibili nella fase iniziale della crisi o quando l’entità del debito non è abnorme. Se l’imprenditore riesce con essi a rimettersi in carreggiata (grazie magari a un aumento di fatturato o a un socio che immette capitali per pagare i debiti accordati), avrà evitato le procedure concorsuali, mantenendo il controllo totale dell’azienda. Se invece i debiti sono troppo grandi rispetto alle capacità, o i creditori non collaborano, allora sarà necessario valutare le procedure formali offerte dal quadro normativo italiano per il sovraindebitamento e l’insolvenza. Su queste ci focalizziamo ora.

Procedure legali per la composizione della crisi debitoria

Quando la situazione debitoria diventa insostenibile e le soluzioni volontarie non bastano, l’ordinamento giuridico mette a disposizione del debitore una serie di procedure concorsuali (ossia procedimenti collettivi che coinvolgono tutti i creditori, sotto la supervisione di un organo giudiziario o di un esperto nominato) volte a regolare la crisi o l’insolvenza. Negli ultimi anni, in Italia, la disciplina delle insolvenze è stata profondamente riformata con l’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII, D.Lgs. 14/2019), che dal 15 luglio 2022 ha sostituito la vecchia legge fallimentare e la legge sul sovraindebitamento. Successivi correttivi (D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024) hanno ulteriormente aggiornato le norme .

Per un titolare di street food indebitato, le procedure di interesse sono quelle destinate ai debitori minori e non fallibili, ovvero: – la Composizione negoziata della crisi, procedura stragiudiziale assistita da un esperto per tutte le imprese (introdotta nel 2021 e ora parte del CCII); – le Procedure di sovraindebitamento (oggi chiamate procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento), riservate ai debitori non soggetti a liquidazione giudiziale, tra cui: – il Concordato minore, – il Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (se il debitore è un consumatore), – la Liquidazione controllata dei beni, – l’eventuale Esdebitazione del sovraindebitato incapiente.

Queste permettono di risolvere la crisi con un intervento del tribunale: in sostanza, il debitore propone un piano per pagare i creditori (in tutto o in parte) e ottenere la liberazione dai debiti residui (esdebitazione). I creditori sono coinvolti (devono votare nei concordati, o comunque sono chiamati a presentare le loro pretese) e c’è un controllo di legalità e meritevolezza da parte del giudice.

Per completezza, menzioneremo anche le procedure per imprese sopra soglia (il Concordato preventivo e la Liquidazione giudiziale, ex fallimento), sebbene per la maggior parte delle attività di street food non siano applicabili, data la piccola dimensione economica (tipicamente un ambulante è non fallibile per legge, salvo fatturati eccezionalmente alti).

Vediamo quindi i vari strumenti concorsuali dal punto di vista del debitore: quando si usano, come funzionano e quali vantaggi/svantaggi comportano.

Composizione negoziata della crisi d’impresa

La Composizione negoziata è uno strumento introdotto nel 2021 (D.L. 118/2021 conv. L. 147/2021) e ora disciplinato nel Codice della Crisi (artt. 12-25-septies CCII). Si tratta di una procedura volontaria e riservata, in cui l’imprenditore in difficoltà chiede la nomina di un esperto indipendente per condurre trattative con i creditori finalizzate al risanamento dell’impresa . È essenzialmente un percorso stragiudiziale assistito: non c’è spossessamento dell’azienda (l’imprenditore resta in carica), non c’è apertura di concorso tra creditori, ma vi sono alcuni innesti giudiziali possibili (misure protettive, autorizzazioni del tribunale per atti urgenti).

Chi vi può accedere: qualsiasi imprenditore commerciale o agricolo, di qualunque dimensione . Dunque anche le imprese “sotto soglia” (che non sarebbero soggette a fallimento) possono usarla . Questo è rilevante: un ambulante street food, pur micro-imprenditore, può attivare la composizione negoziata. Non serve essere in stato di insolvenza conclamata: basta trovarsi in squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rende probabile la crisi o l’insolvenza . Quindi anche in stadio iniziale di difficoltà (meglio se in stadio iniziale, infatti lo scopo è anticipare la cura).

Come si avvia: L’imprenditore presenta istanza tramite la piattaforma telematica delle Camere di Commercio (OCRI). Deve allegare un set di documenti (bilanci, ultime dichiarazioni, elenco creditori, business plan prospettico) . Se la domanda è completa, la Camera di Commercio nomina un esperto selezionato da un apposito elenco nazionale (generalmente un commercialista, avvocato o consulente con esperienza in crisi d’impresa). L’esperto, entro 2 giorni dall’accettazione, incontra l’imprenditore.

Durata e svolgimento: La composizione negoziata dura inizialmente 180 giorni, prorogabili di ulteriori 180 su accordo delle parti . Durante questo periodo, l’imprenditore con l’aiuto dell’esperto cerca accordi con i creditori. Ci si riunisce in incontri (spesso da remoto) con i principali creditori per presentare proposte di ristrutturazione (ad esempio: allungamento scadenze, riduzione importi). L’esperto ha il compito di favorire le trattative e assicurarsi che l’imprenditore fornisca le informazioni corrette (è terzo e imparziale). Egli redige verbali periodici sullo stato delle negoziazioni.

Misure protettive: Uno strumento chiave – come già accennato – è che l’imprenditore può chiedere al tribunale l’applicazione di misure protettive sin dal momento della nomina dell’esperto . Tali misure consistono nel divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore per tutta la durata della composizione (salvo revoca). Inoltre, l’ultimo correttivo ha esplicitato che i divieti si estendono anche alle banche, impedendo loro di revocare o ridurre le linee di credito durante la negoziazione . Questa è una tutela enorme: come spiegato prima, la banca non può chiudere il fido o richiamare prestiti durante la protezione, a meno che non sia per ragioni legate alla vigilanza prudenziale (rischi di credito gravi già segnalati, ecc.) . Le misure protettive diventano efficaci con la pubblicazione nel registro imprese e possono essere soggette a conferma da parte del giudice se qualche creditore si oppone. Ma in pratica offrono al debitore un ombrello temporaneo entro cui lavorare al risanamento senza il fiato sul collo di pignoramenti e azioni individuali.

Esiti possibili della composizione negoziata: Non essendo una procedura “rigida”, gli esiti sono flessibili: – Accordo stragiudiziale con i creditori: se le trattative vanno a buon fine, l’imprenditore può concludere uno o più accordi bilaterali o plurilaterali con i creditori che partecipano. Possono essere contratti modificativi delle obbligazioni (es: accordo di remissione parziale del debito con fornitori, accordo con banca per nuova finanza) . Tali accordi restano privati ma beneficiano, se includono tutti i creditori rilevanti, del fatto che il tribunale può poi omologarli sotto forma di accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 48 CCII (se si raggiungono le percentuali di legge) o come “concordato minore” nel caso di imprese sotto-soglia che vogliono estendere l’accordo anche ai dissenzienti. Spesso infatti la composizione negoziata è preludio a un concordato o a un accordo omologato. L’importante novità del 2024 è che anche le imprese sotto-soglia possono raggiungere, in sede di composizione negoziata, un accordo con i creditori che produce gli stessi effetti di un accordo ex art. 23 CCII per imprese maggiori . – Contratti per la continuità: l’imprenditore può stipulare, con l’ausilio dell’esperto, contratti che assicurino la prosecuzione dell’attività (ad esempio, vendita in affitto del ramo d’azienda, ingresso di un socio finanziatore, ecc.). La legge incoraggia queste soluzioni, prevedendo anche incentivi fiscali premiali (sospensione di alcune cause di scioglimento societario, crediti d’imposta per chi finanzia, ecc.) . – Accesso a procedure concorsuali semplificate: se la composizione negoziata evidenzia che l’impresa non è risanabile in continuità ma c’è possibilità di liquidare i beni con soddisfazione migliore per i creditori rispetto alla normale esecuzione, il debitore può accedere al concordato semplificato per la liquidazione (art. 25-sexies CCII) . Si tratta di un concordato liquidatorio speciale, senza voto dei creditori, che può essere proposto solo se la composizione negoziata non ha portato ad un accordo ma c’è un soggetto interessato ad acquisire l’azienda o i suoi asset. In pratica, consente di chiudere l’impresa vendendo beni sotto supervisione del tribunale, garantendo comunque l’esdebitazione finale. – Archiviazione: se non si riesce ad arrivare ad alcun accordo e la situazione non è risolvibile, l’esperto può concludere con una relazione negativa e la procedura si chiude. A quel punto i creditori riprendono la possibilità di agire. Tuttavia, spesso un’archiviazione porterà l’imprenditore a considerare l’alternativa del concordato minore o liquidazione controllata per evitare l’assalto dei creditori (si può passare direttamente a quelle procedure).

Vantaggi per il debitore street food: La composizione negoziata è pensata come strumento “early stage”, per prevenire l’aggravarsi della crisi. Quindi il vantaggio è poter mantenere la continuità aziendale (non si interrompe l’attività, anzi l’esperto aiuta a preservarla), evitare lo stigma di una procedura giudiziale pubblica (è riservata, viene pubblicata solo l’eventuale richiesta di misure protettive), e potenzialmente accedere a soluzioni creative (coinvolgimento di nuovi soci, ristrutturazioni concordate). Inoltre, l’imprenditore non perde la gestione: deve solo coordinarsi con l’esperto in buona fede.

Svantaggi o limiti: Non c’è certezza di successo – anzi, le statistiche iniziali dicono che molte composizioni negoziate si chiudono senza accordo, perché i creditori (specie banche o Fisco) a volte sono poco propensi a concessioni fuori da un quadro formale. Infatti la norma è stata corretta nel 2024 proprio per incentivare di più banche e creditori ad aderire . Un altro limite è che i debiti non vengono cancellati automaticamente: serve comunque un accordo con creditori o trasformare la negoziazione in un concordato minore omologato per avere l’esdebitazione. Quindi la composizione negoziata è più una fase strumentale che una soluzione definitiva: se funziona bene, confluisce in contratti che il debitore dovrà eseguire negli anni a venire; se non funziona, si trasforma in una procedura concorsuale classica.

Per un piccolo imprenditore, i costi sono contenuti (l’esperto è pagato secondo tariffe fissate e spesso a fine procedura, e c’è anche un sistema di voucher camerali per microimprese). Tuttavia serve il supporto di un professionista per predisporre l’istanza e i documenti, quindi qualche costo iniziale c’è.

Esempio pratico: Luigi gestisce 2 food truck ed è in difficoltà: vorrebbe provare a salvare l’attività vendendone uno e tenendo l’altro. Attiva la composizione negoziata. L’esperto aiuta Luigi a negoziare con la banca che ha finanziato i camion: si trova un potenziale acquirente per un truck e la banca accetta di liberare l’ipoteca su quello in vendita in cambio di ricevere il 70% del ricavato a saldo del leasing. Con i fornitori, Luigi trova un accordo per pagare il 50% dilazionato e uno dei fornitori interessato a diventare socio al 20%. Il Fisco accetta di dilazionare i debiti tributari in 6 anni (cosa che poteva fare comunque). Si mette tutto su carta e si formalizza un accordo di ristrutturazione firmato dai creditori principali. Il tribunale omologa questo accordo (rendendolo vincolante anche per minoranze eventuali dissenzienti se si raggiungono le maggioranze richieste). Luigi esegue l’accordo nei mesi successivi e prosegue con un truck libero da ipoteca e con debiti ridotti: se riesce, avrà evitato il fallimento e pagato i creditori in parte ma con loro consenso.

Procedure di sovraindebitamento (concordato minore, piano del consumatore, liquidazione controllata)

Le procedure di sovraindebitamento sono concepite per quei debitori “non fallibili” – piccoli imprenditori, professionisti, consumatori, enti non commerciali – che si trovano in persistente squilibrio economico tale da non poter pagare i propri debiti. La vecchia legge 3/2012 (detta “salva suicidi”) è stata integrata nel Codice della Crisi, che ne ha modificato alcuni aspetti migliorandoli a favore del debitore . Oggi, in base al CCII, le principali opzioni sono:

  • Concordato minore (artt. 74-83 CCII): è l’equivalente di un concordato preventivo ma riservato ai debitori non fallibili (imprenditori minori, professionisti, start-up, ecc.). Permette di proporre ai creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti con eventuale pagamento parziale e in tempi dilazionati, evitando la liquidazione totale dei beni . Serve in genere il voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti (calcolata in percentuale di ammontare) , a meno che il tribunale decida di omologarlo ugualmente in certi casi di dissenso irragionevole (cram down su classi). Se il piano è approvato e omologato dal tribunale, il debitore poi esegue i pagamenti promessi e, al termine, ottiene l’esdebitazione dei debiti residui non pagati. Il concordato minore è ideale per chi ha ancora capacità di produrre reddito e vuole salvare l’attività evitando la liquidazione integrale . Ad esempio, un artigiano indebitato può proporre di pagare col lavoro futuro una percentuale ai creditori. Nel caso di uno street food, se l’attività può generare utili, il concordato minore consente di continuare a operare (magari ridimensionando l’attività) e usare i profitti per soddisfare parzialmente i crediti nel tempo.

Meritevolezza: non è richiesta espressamente meritevolezza ex ante per presentare concordato minore (a differenza del piano del consumatore), ma in omologa il tribunale valuta l’assenza di frodi. Tra l’altro, una novità interpretativa importante: il CCII all’art. 33 vietava l’accesso al concordato minore all’imprenditore che ha cessato l’attività e si è cancellato dal registro imprese, ma la giurisprudenza ha superato questa restrizione per l’imprenditore individuale. Vari tribunali (Vicenza, Ancona, Modena) nel 2025 hanno ammesso al concordato minore imprenditori individuali già cancellati, ritenendo che il divieto valga solo per le società estinte, non per la persona fisica che, pur avendo chiuso l’azienda, rimane debitrice con il suo patrimonio . Dunque, un ex titolare di street food che ha chiuso P.IVA può comunque accedere al concordato minore per regolare i debiti d’impresa residui, contrariamente a quanto sembrerebbe dalla lettera di legge .

  • Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (artt. 67-73 CCII): è l’evoluzione del “piano del consumatore” della legge 3/2012. È riservato alle persone fisiche consumatori, cioè che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività d’impresa o professionale. Nel nostro caso, se l’imprenditore ha debiti che non riguardano la sua attività (es: debiti personali, finanziamenti al consumo, mutuo casa), potrebbe qualificarsi in questa categoria, ma attenzione: se l’indebitamento è in prevalenza legato all’impresa street food, non può essere consumatore. In pratica, questo strumento è più adatto, ad esempio, al privato cittadino sovraindebitato o all’ex imprenditore che dopo anni i cui debiti sono in gran parte personali. Il piano del consumatore permette di proporre al giudice un piano di pagamento dei creditori senza bisogno di voto da parte loro: decide tutto il tribunale, valutando la “meritevolezza” del consumatore (ossia che non abbia assunto colposamente troppi debiti, né tenuto comportamenti gravemente imprudenti) . Se il giudice omologa il piano, questo diventa vincolante per tutti i creditori, anche dissenzienti, e il debitore poi lo esegue ottenendo a fine piano l’esdebitazione. È uno strumento molto potente ma vincolato appunto alla qualifica soggettiva di consumatore. Nel contesto di uno street food, potrebbe applicarsi se ad esempio Tizio ha chiuso l’attività e ora i debiti residui (mutuo casa, prestiti personali) sono considerabili in ambito familiare piuttosto che imprenditoriale.
  • Liquidazione controllata dei beni (artt. 268-277 CCII): corrisponde alla vecchia “liquidazione del patrimonio” (legge 3/2012) e, per le imprese maggiori, alla liquidazione giudiziale (fallimento). Si tratta di una procedura in cui tutto il patrimonio del debitore viene messo a disposizione per soddisfare i creditori sotto il controllo di un liquidatore nominato dal tribunale . È indicata quando il debitore non è in grado di proporre un piano di pagamento sostenibile o i creditori non accetterebbero accordi, quindi l’unica via è liquidare i beni. Ad esempio, se l’impresa è cessata e i debiti superano di molto ogni possibile rimborso, tanto vale liquidare quel poco che c’è in modo ordinato, anziché lasciare i creditori all’assalto scoordinato.

La liquidazione controllata è simile a un piccolo fallimento personale: il tribunale nomina un liquidatore (spesso un commercialista), il quale inventaria i beni (inclusi i beni personali non necessari per vita dignitosa), li vende, e distribuisce il ricavato ai creditori secondo i privilegi. Dura il tempo necessario a vendere i beni (possono essere anni se ci sono immobili). Durante la procedura, il debitore subisce alcune restrizioni (non può gestire i beni, non può fare atti senza autorizzazione).

Il grande vantaggio rispetto al passato è relativo all’esdebitazione: oggi non occorre più attendere la fine effettiva della liquidazione per avere il fresh start. Dopo 3 anni dall’apertura della liquidazione, il debitore persona fisica può ottenere l’esdebitazione dei debiti residui, anche se la liquidazione non ha ancora venduto tutti i beni . In pratica, trascorsi 3 anni di quella che viene chiamata “periodo di buona condotta”, il tribunale – su istanza del debitore o del liquidatore – dichiara chiuso il procedimento limitatamente alla posizione del debitore, liberandolo dai debiti . La liquidazione proseguirà per concludere le vendite, ma intanto il debitore è libero: ad esempio, non subirà più pignoramenti sullo stipendio perché formalmente i debiti pregressi sono stati cancellati (quello che incasseranno i creditori tardivi andrà al liquidatore, ma il debitore non è più perseguibile per differenza) . Questo meccanismo è previsto dall’art. 282 CCII ed è stato confermato e rafforzato dal correttivo 2024, eliminando qualunque soglia minima di pagamento ai creditori . Anche se i creditori non ricevono nulla o solo “briciole”, l’esdebitazione non potrà essere negata purché il debitore sia stato in buona fede (non abbia frodato, ecc.). La Cassazione nel 2024 ha ribadito che una soddisfazione insufficiente dei creditori non preclude il beneficio se ciò dipende dall’assenza di patrimonio e non da dolo del debitore .

Per un ex imprenditore, questa è una differenza epocale rispetto al passato: prima doveva aspettare magari 5-10 anni per chiudere la procedura e poi chiedere al giudice l’esdebitazione; ora in 3 anni può voltare pagina .

  • Esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII): è una novità assoluta. Prevede che una persona fisica nullatenente – cioè che non ha beni liquidabili né redditi pignorabili – possa comunque essere esdebitata senza pagare nulla ai creditori, a patto di soddisfare requisiti di meritevolezza stringenti . In pratica è il fresh start puro: si dà una seconda chance a chi è povero e onestamente non può pagare nulla. La procedura è questa: il debitore incapiente presenta (di solito tramite l’OCC, Organismo di Composizione della Crisi) un ricorso al tribunale chiedendo l’esdebitazione di tutti i suoi debiti, dichiarando di non avere alcun patrimonio. Il tribunale valuta con grande rigore la condotta: se il soggetto è indebitato perché ha frodato i creditori o omesso di pagare colpevolmente pur potendo, rigetta la richiesta . Un esempio pratico citato è un imprenditore che volutamente non versava IVA confidando nelle lungaggini esattoriali: tale condotta opportunistica ha portato il Tribunale di Verona nel 2023 a negare l’esdebitazione incapiente . Se invece il debitore dimostra di essere incolpevolmente nullatenente (ad es. i debiti derivano da una sfortunata attività fallita, malattia, garanzie escusse, senza aver commesso irregolarità gravi), il giudice può accogliere e cancellare tutti i debiti .

C’è però un “contrappeso” per tutelare i creditori: per i 4 anni successivi all’esdebitazione, se la situazione del debitore migliora (eredità, vincita, ottimo reddito) a tal punto da poter pagare almeno il 10% dei debiti originari, l’esdebitazione può essere revocata . Quindi i creditori tornerebbero a poter esigere. Se invece dopo 4 anni nessun miglioramento rilevante è avvenuto, il beneficio diventa definitivo . Inoltre il debitore esdebitato incapiente ha l’obbligo di comunicare al tribunale eventuali acquisizioni patrimoniali in quel periodo, sotto pena di revoca.

Questa procedura, in applicazione, richiede sempre comunque l’apertura formale di una liquidazione controllata anche se “vuota” , cioè l’OCC verifica che non c’è nulla da liquidare e poi il giudice esdebità. Molti tribunali hanno cercato di ridurre i costi per questi soggetti: non viene richiesto l’avvocato (quindi la persona può andare tramite solo OCC) e le spese di giustizia sono minimali . Il Tribunale di Torino, ad esempio, con decreto 11 marzo 2025 ha accolto un’istanza di esdebitazione incapiente senza avvocato e a costo zero per il debitore, proprio per non scoraggiare i nullatenenti .

Per il nostro imprenditore street food, quale procedura scegliere? Dipende dalla situazione: – Se l’attività può essere salvata e generare utili, il concordato minore è una strada: permette di congelare i debiti, ristrutturarli e proseguire a lavorare. Ad esempio, se con un furgone Luigi può ancora guadagnare, propone in concordato di pagare il 20% di ogni credito in 5 anni, e se i creditori accettano (o il giudice omologa) lui lavora e paga quelle rate. Alla fine è libero dai debiti rimanenti . – Se l’attività è compromessa e non redditizia ma ci sono beni (tipo il furgone, una casa, risparmi) da dover sacrificare, la liquidazione controllata è opportuna: vendere il vendibile sotto tutela, pagare quel che si può e dopo 3 anni ripartire pulito . – Se il nostro debitore ha chiuso tutto ed è rimasto senza nulla, provare l’esdebitazione incapiente è l’ancora di salvezza estrema. Invece di restare perseguitato a vita per debiti che non potrà mai onorare, in pochi mesi ottiene dal giudice la liberazione dai debiti (con la spada di Damocle dei 4 anni, ma se uno è realmente povero, non avrà peggioramenti). – Per chi è consumatore o ha mischiato debiti personali e di impresa, c’è da valutare se spezzare la questione in due (piano del consumatore per la parte personale e concordato minore per il resto) oppure trattare tutto insieme come concordato minore. Il CCII consente anche procedure familiari congiunte se più membri della famiglia sono indebitati .

Procedura: per accedere a queste procedure, il debitore si rivolge preferibilmente a un OCC (Organismo di composizione della crisi) sul territorio. Gli OCC (spesso presso le Camere di Commercio o Ordini professionali) offrono assistenza tecnica: nominano un gestore che aiuta a predisporre la domanda, la documentazione e redige la relazione finale sulla situazione del debitore. La domanda poi si deposita in tribunale. Il procedimento è abbastanza rapido nell’ammissione (qualche settimana per nominare eventuali organi se previsti), e poi si passa alla fase di votazione (per concordato minore) o di omologa (per piano del consumatore) o direttamente di liquidazione (per liquidazione controllata).

Esdebitazione e meritevolezza: condizione comune a tutte le soluzioni è la buona fede del debitore. Il CCII parla di “meritevolezza” specificatamente per consumatore e incapiente, ma in generale il giudice può negare l’esdebitazione finale se il debitore ha frodato o violato obblighi. Ad esempio, non aver consegnato al liquidatore un bene o aver nascosto un attivo può comportare il diniego dell’esdebitazione. Cassazione Sez. Unite n. 3819/2021 ha statuito inoltre che tutti i debiti concorsuali (anche tributari) sono esdebitabili, salvo eccezioni espressamente escluse (debiti per multe penali, alimenti, danni da illecito, ecc.) . Quindi il debitore sovraindebitato, se rispettoso delle regole, può davvero liberarsi di tutto il suo passato (comprese cartelle esattoriali enormi, come confermato dalla Cassazione e dal legislatore europeo col principio della “seconda opportunità” ).

Tabella 2: Confronto procedure concorsuali per debitori sovraindebitati

ProceduraPer chi? (Soggetti)Cosa prevedeVantaggi per debitoreEsdebitazione
Composizione negoziataImprese (anche piccole) in squilibrio (non solo insolventi) .Nomina esperto, trattative con creditori, possibili misure protettive . Nessun voto, accordo stragiudiziale o preludio a concorsuale.Continuità aziendale, no spossessamento, stop azioni esec. temporaneo . Possibili incentivi fiscali per chi aderisce, transazione fiscale agevolata .Non produce esdebitazione automatica: serve accordo con remissione debiti o successiva procedura (es. concordato semplificato) per ottenere scarico debiti.
Concordato minoreDebitori non fallibili con debiti anche d’impresa (es. piccolo imprenditore) . Anche ex imprenditore individuale (ammesso da giurisprudenza) .Piano di ristrutturazione con pagamento parziale/dilazionato ai creditori. Richiede voto maggioranza crediti (o approvazione giudice in certi casi) . Omologa del tribunale.Mantiene l’attività (se previsto in continuità). Debitore rimane in possesso beni (salvo necessità). Stop a tutte azioni durante procedura. Paga quanto può (anche percentuali basse se giustificate).Sì: al termine dell’esecuzione del piano, liberazione dai debiti residui insoddisfatti. Se il concordato viene revocato o non adempiuto, però, l’esdebitazione salta (o è limitata ai pagamenti fatti).
Piano del consumatorePersone fisiche consumatrici (debiti per esigenze personali, non aziendali) .Piano di pagamento (anche parziale) proposto al tribunale. Nessun voto dei creditori: decide solo il giudice in base a convenienza e meritevolezza .Il debitore conserva i beni non sacrificati nel piano. Procedura relativamente veloce. Nessuna pubblicità tranne ai creditori. Possibile falcidiare anche crediti privilegiati se incapienza (salvo limitazioni per crediti impignorabili).Sì: dopo omologa e adempimento del piano, il debitore è esdebitato dai debiti inclusi (restano fuori quelli esclusi ex lege: es. alimenti, multe penali). Importante la meritevolezza: se il giudice la esclude (es. indebitamento colposo), può negare omologa.
Liquidazione controllataQualsiasi debitore sovraindebitato (consumatore o imprenditore minore) che vuole/necessita liquidare i propri beni .Nomina di un liquidatore, vendita di tutti i beni del debitore (salvi quelli impignorabili per legge), distribuzione provento ai creditori secondo grado. Durata variabile (fino a chiusura vendite).Procedura “passiva”: il debitore subisce liquidazione ma <u>dopo 3 anni ottiene esdebitazione comunque</u> . Non serve accordo creditori. Debitore persona fisica può mantenere stipendio per quota parte non pignorata e beni essenziali.Sì: automatico (d’ufficio) dopo 3 anni dall’apertura, anche se creditori ricevono poco/nulla , purché debitore collaborativo e non frodante. Eccezioni: debiti esclusi ex lege (multe penali ecc.). Se emergono atti in frode, esdebitazione può essere negata.
Esdebitazione incapientePersona fisica sovraindebitata priva di qualsiasi bene o reddito aggredibile . Non applicabile a società.Procedura semplificata (tramite OCC) per chiedere al tribunale la cancellazione dei debiti senza pagamento. Prevista comunque apertura di liquidazione formale (anche se priva di attivo).Libera dai debiti senza dover attendere 3 anni di pagamenti (perché non ci sono). Costi procedurali minimi (spesso non serve avvocato) . Permette a chi è sul lastrico di ripartire subito.Sì condizionata: concesso subito il beneficio, ma con obbligo di comunicare miglioramenti economici per 4 anni e possibilità di revoca se entro 4 anni il debitore torna abbiente ≥10% debiti originari . Dopo 4 anni senza novità, l’esdebitazione diventa definitiva . Meritevolezza valutata in modo stretto: chi ha colpe serie nell’indebitamento non ottiene il beneficio .

Legenda: meritevolezza = buona fede, assenza dolo/colpa grave nell’indebitarsi o nel non aver pagato; fallibile/non fallibile = soggetto a fallimento (liquidazione giudiziale) o meno, in base a requisiti dimensionali di legge; OCC = Organismo di Composizione della Crisi; privilegiati = crediti con prelazione (pegno, ipoteca, privilegio generale come dipendenti, Fisco).

Concordato preventivo e liquidazione giudiziale (le procedure per imprese maggiori)

Per completezza, spendiamo poche parole su quelle procedure concorsuali “tradizionali” che riguardano le imprese sopra-soglia (ovvero soggette a fallimento secondo i parametri di legge). Nel contesto di uno street food, raramente ci si imbatte in queste: bisognerebbe avere un volume d’affari e debiti di diversi milioni di euro per essere considerati grandi. Però ipotizziamo un caso in cui un’impresa di street food sia organizzata in forma societaria (es. SRL) con più punti vendita e dipendenti, e superi le soglie di fallibilità (attualmente: avere avuto nei 3 esercizi precedenti almeno uno sopra €300.000 di attivo patrimoniale o €200.000 di ricavi lordi, e debiti anche non scaduti oltre €500.000). In tal caso, se insolvente, i creditori potrebbero chiederne il fallimento (ora detto liquidazione giudiziale), o essa stessa potrebbe proporre un concordato preventivo.

  • Concordato preventivo: funziona in modo simile al concordato minore, ma per le società o imprese grandi. Richiede soglie di pagamento minime dei chirografari (il 20% se liquidatorio, a meno di deroga) e prevede spesso la suddivisione in classi di creditori. È un processo più complesso, di competenza del tribunale fallimentare. Uno street food difficilmente utilizzerà un concordato preventivo a meno che non abbia dimensioni notevoli (franchising di food truck per dire). Comunque, concettualmente, se è in crisi può depositare domanda di concordato e bloccare i creditori, poi offrire un piano (o anche un concordato liquidatorio con esdebitazione per l’imprenditore individuale se applicabile).
  • Liquidazione giudiziale: è il “nuovo fallimento”. Si apre su istanza di creditori o del debitore stesso (o Procura in casi eccezionali) quando l’impresa insolvente è soggetta. Se un imprenditore individuale street food fosse paradossalmente fallibile e venisse dichiarato in liquidazione giudiziale, un curatore prenderebbe in mano i suoi beni, li venderebbe ecc. A fine procedura il debitore persona fisica può chiedere l’esdebitazione (questo esisteva già nella legge fallimentare e continua nel CCII art. 278). Anche qui, il CCII prevede la liberazione dopo 3 anni dall’apertura della liquidazione giudiziale, simile a quanto visto per la liquidazione controllata . Quindi anche i “falliti” onesti in 3 anni escono dal tunnel. Da notare: una società invece con la liquidazione giudiziale si estingue al termine e non ha questione di esdebitazione (se restano debiti, la società cessata non risponderà più; solo i garanti o soci illimitatamente responsabili ne rispondono, ma quelli possono ricorrere al sovraindebitamento personale poi).

Considerazioni finali sulle procedure concorsuali

Utilizzare una procedura concorsuale è spesso visto come l’ultima spiaggia, ma in realtà andrebbe considerata tempestivamente quando i debiti superano la capacità dell’impresa. Il CCII si ispira al principio di “early warning”: intervenire prima che la crisi diventi irreversibile. Ad esempio, avviare una composizione negoziata o un concordato minore prima di essere sommersi dai pignoramenti può salvare più valore dell’azienda (magari evitando di doverla chiudere per poi liquidare quattro rottami).

Dal punto di vista del debitore, certo, c’è il timore dello stigma (paura che clienti e fornitori scoprano che sei “in concordato” e perdano fiducia). Ma a volte la trasparenza paga: se spieghi ai fornitori che li stai includendo in un piano legalmente protetto dove avranno il 30% anziché rischiare zero, potrebbero continuare a rifornirti sapendo che c’è un tribunale che vigila. Molti casi di piccoli imprenditori hanno visto un rilancio dopo il concordato minore o l’esdebitazione: liberati dal peso dei vecchi debiti, si può ripartire con slancio e soprattutto con l’esperienza di non commettere gli stessi errori.

Un avvocato o un commercialista esperto di crisi d’impresa potrà consigliare quale via concorsuale intraprendere in base alla specifica situazione. In ogni caso, la legge oggi tutela molto di più il debitore in buona fede rispetto al passato: la seconda opportunità non è più un miraggio, è una realtà riconosciuta anche a livello europeo .

Domande frequenti (FAQ)

Di seguito, una serie di domande e risposte per chiarire i dubbi più comuni che un imprenditore indebitato (o il suo consulente) potrebbe avere nell’affrontare queste tematiche:

D: Ho molti debiti fiscali arretrati. Possono togliermi la licenza o impedirmi di lavorare finché non pago?
R: Di per sé, il Fisco non revoca licenze commerciali per debiti. Tuttavia, se i debiti riguardano tributi locali legati all’attività (es. COSAP per suolo pubblico non pagato), l’ente locale potrebbe negare il rinnovo della concessione finché non regolarizzi. Inoltre, un elevato indebitamento fiscale può portare al pignoramento dei beni essenziali: se, ad esempio, ti pignorano il furgone con cui lavori o bloccano il conto corrente aziendale, di fatto l’attività si ferma. Quindi, indirettamente, il mancato pagamento delle tasse può “bloccare” la tua operatività. Meglio quindi prevenire tali situazioni chiedendo una rateizzazione o aderendo a misure come la rottamazione (quando disponibili) per evitare provvedimenti esecutivi.

D: Ho sentito dire che la prima casa non me la possono pignorare per debiti fiscali. È vero?
R: È vero solo in parte. L’Agente della Riscossione non può espropriare l’unico immobile di tua proprietà in cui hai la residenza anagrafica, se è un’abitazione non di lusso (no villa o castello) . Questo divieto vale per i debiti tributari e contributivi. Tuttavia, attenzione: se hai altri immobili, o se il debito verso il Fisco supera €120.000, la casa anche se prima e unica può essere pignorata (previa iscrizione di ipoteca almeno 6 mesi prima) . Inoltre, i creditori privati (banche, fornitori) non hanno alcuna limitazione: la prima casa è sempre pignorabile se il creditore è privato . Quindi, la protezione “prima casa impignorabile” è parziale. Ricorda anche che nulla vieta di mettere ipoteca sulla prima casa per debiti oltre €20.000: l’ipoteca è spesso un preludio all’esecuzione forzata futura .

D: Mi hanno già messo il fermo amministrativo sul furgone perché ho cartelle non pagate. Posso continuare a usarlo per lavorare? Posso toglierlo in qualche modo?
R: Con il fermo amministrativo iscritto, il veicolo non può circolare legalmente (se ti fermano sono guai e rischi anche il sequestro del mezzo). Quindi, in teoria, non dovresti usarlo. Per rimuovere il fermo hai due strade: pagare il debito (anche ratealmente) oppure, se non puoi subito, chiedere ad AER la sospensione per necessità lavorative. La legge non prevede formalmente eccezioni automatiche per i mezzi da lavoro, ma talvolta l’Agente della Riscossione, su istanza motivata, può consentirti di usare il mezzo con un provvedimento ad hoc (specie se hai iniziato a pagare delle rate del debito). La soluzione più sicura è comunque attivare la rateizzazione delle cartelle: quando hai pagato almeno il 20% dell’importo dovuto in rate, puoi chiedere la sospensione del fermo e alla fine del piano otterrai la cancellazione definitiva. Se il fermo è illegittimo (ad esempio perché ti era stata concessa una sospensione o perché il debito era prescritto), puoi fare ricorso al giudice di pace per l’annullamento, ma intanto i tempi corrono. In sintesi: meglio non usare il furgone finché c’è il fermo (rischi troppo), e concentrarsi per risolvere il debito che ha causato il fermo.

D: Ho ricevuto un decreto ingiuntivo da un fornitore che non ho pagato. Cosa succede se lo ignoro?
R: Se non paghi né fai opposizione entro 40 giorni, il decreto diventa definitivo ed esecutivo. Il fornitore a quel punto potrà farti notificare un atto di precetto e, trascorsi 10 giorni, procedere con il pignoramento. Potrebbe attaccare il tuo conto corrente, i contanti in cassa, le attrezzature, il furgone, ecc. Ignorare quindi peggiora la situazione. Se invece fai opposizione (presentando ricorso al tribunale), il decreto non è più esecutivo di diritto (a meno che fosse stato dichiarato provvisoriamente esecutivo: in quel caso potrebbe proseguire, ma l’opposizione ti permette di chiedere una sospensione). L’opposizione apre un processo ordinario dove puoi contestare il credito o anche solo prendere tempo per trovare un accordo col fornitore. Attenzione però: fare opposizione senza reali motivi può farti condannare a ulteriori spese legali. Quindi valuta con un avvocato se hai eccezioni (merce difettosa? importo errato? prescrizione?) da far valere. In alternativa, contatta subito il fornitore (o il suo legale) proponendo un accordo transattivo prima che proceda col pignoramento. Spesso, sapendo che un’esecuzione forzata può essere lunga e incerta, il creditore è disposto ad accettare un pagamento dilazionato o parziale pur di evitare ulteriori attese.

D: I debiti che ho verso l’INPS per i contributi non pagati dei miei dipendenti si possono togliere con qualche procedura?
R: Nell’ambito di un concordato o accordo, è possibile includere anche i contributi e proporre una falcidia (la cosiddetta transazione contributiva insieme a quella fiscale) , ma servono le maggioranze e l’ok del tribunale. Fuori dalle procedure concorsuali, l’INPS non può abbuonare il contributo dovuto (può solo dilazionare). Le sanzioni civili però in contesti di sovraindebitamento vengono trattate come gli interessi, quindi in un piano del consumatore o accordo di ristrutturazione potresti prevedere di non pagarle integralmente. Tieni presente che i contributi dei dipendenti godono di privilegio sui beni dell’azienda e su alcuni beni personali del datore, quindi in caso di liquidazione vengono soddisfatti con precedenza alta. Per ottenere la totale esdebitazione di quei debiti, l’unica strada è completare una procedura concorsuale personale (concordato minore o liquidazione controllata) e ottenere il decreto di esdebitazione finale. A quel punto, l’INPS non potrà più pretendere nulla (tranne eventuali eccezioni se c’erano reati contributivi). La Cassazione a Sezioni Unite ha chiarito che anche i debiti verso Erario e INPS rientrano nell’esdebitazione , quindi sì, anche quei debiti contributivi potranno essere annullati alla fine del percorso, a condizione che tu abbia agito correttamente. Se invece cerchi “scorciatoie” tipo un condono, sappi che l’INPS raramente è inclusa nelle “rottamazioni” (lo era per i ruoli fino al 2022 nella definizione 2023, ma comunque dovevi pagare il capitale). E ovviamente l’INPS non può rinunciare a perseguire penalmente l’omesso versamento se superi i limiti di legge, a meno che tu non provveda a saldare almeno il dovuto prima della sentenza.

D: In cosa differisce la composizione negoziata dal concordato minore? Mi sembrano entrambe modi per trovare accordi con i creditori…
R: La composizione negoziata è un percorso volontario, stragiudiziale, dove un esperto ti aiuta a negoziare con i creditori e magari a raggiungere accordi, ma non è di per sé una procedura concorsuale omologata dal tribunale (a meno che tu alla fine non converta in un accordo ex art. 23 CCII). Il concordato minore, invece, è una procedura concorsuale giudiziale: presenti un piano in tribunale, i creditori votano e il giudice omologa rendendolo vincolante. Diciamo che la composizione negoziata può essere vista come una fase di trattativa pre-concordataria, con vantaggi come la riservatezza e la flessibilità. Se in quella fase trovi un accordo con tutti i creditori, puoi anche evitare di andare in tribunale (se tutti aderiscono e sottoscrivono l’accordo). Se invece non tutti aderiscono, potresti allora presentare un concordato minore per coinvolgere anche i dissenzienti imponendo loro il piano raggiunto a maggioranza. In breve: composizione negoziata = negoziazione assistita, concordato minore = procedura concorsuale con effetti erga omnes. Un’altra differenza: nella composizione negoziata non c’è una proposta unilaterale del debitore vincolante, c’è solo trattativa; nel concordato minore formalizzi una proposta e i creditori devono esprimersi su quella.

D: Se faccio una procedura di sovraindebitamento, finirò sui giornali o su qualche registro pubblico? Ho paura della reputazione…
R: Le procedure di sovraindebitamento (concordato minore, piano, ecc.) sono meno “pubbliche” dei fallimenti, ma comunque c’è un livello di pubblicità legale: l’omologa del piano o del concordato è un provvedimento del tribunale che viene pubblicato sul registro delle imprese (se eri imprenditore) o comunicato ai creditori. Non esiste però un albo pubblico dei “sovraindebitati” consultabile liberamente. Ovviamente i tuoi creditori lo sapranno e se hai rapporti d’affari, la voce può circolare. Tuttavia, la reputazione di chi affronta e risolve i debiti onestamente sta cambiando: grazie alla cultura del fresh start, ammettere di aver avuto una crisi e averla superata può essere visto anche positivamente. Inoltre, se la tua paura è per futuri finanziamenti, considera che finché sei dentro la procedura difficilmente potrai ottenere credito (il che è sensato, stai già faticando a pagare gli esistenti); dopo l’esdebitazione, dovrai ricostruire la tua affidabilità, ma almeno non avrai più segnalazioni negative in CR da quei vecchi debiti. Oggi le banche guardano più la tua situazione reddituale attuale che non il fatto che 5 anni fa hai fatto un concordato. In definitiva, un po’ di pubblicità negativa a breve termine può esserci, ma i vantaggi di liberarsi dei debiti superano di solito questo timore.

D: Quanto costa fare un concordato minore o un piano del consumatore?
R: Ci sono dei costi professionali e alcuni costi fissi di procedura. Bisogna pagare l’OCC (Organismo di Composizione) che ti assiste: solitamente ha tariffe stabilite dal Ministero, spesso una percentuale sui debiti o sull’attivo liquidato, ma a volte gli OCC applicano minimi tariffari (nell’ordine di qualche migliaio di euro). Se c’è un liquidatore o un gestore nominato dal tribunale, anche quello ha diritto al compenso a fine procedura (pagato se possibile coi beni). Devi considerare anche il compenso del tuo avvocato o consulente che prepara il piano. Per fortuna, molte procedure per piccoli debiti riescono a contenere i costi: ad esempio, per un piano del consumatore con pochi creditori si può spendere 3-5 mila euro complessivi in parcelle. Invece per un concordato minore complesso con tanti creditori, classi, ecc., i costi salgono (anche 10-15 mila). Il vantaggio è che spesso questi compensi vengono pagati dentro la procedura col ricavato destinato ai creditori, quindi non devi anticipare tutto (a parte un acconto all’avvocato/OCC per iniziare). Inoltre, per i casi di incapienza totale, molti tribunali semplificano: ad esempio, a Torino nel 2025 hanno ammesso l’esdebitazione incapiente senza richiedere il pagamento dell’OCC o con l’OCC a carico dello Stato . È un’eccezione dovuta alla totale indigenza del soggetto. In generale, quindi, c’è un costo ma affrontabile – specie se paragonato ai benefici di ridurre magari decine di migliaia di euro di debiti.

D: Se vengo esdebitato (cioè mi cancellano i debiti), posso subito fare nuovi debiti o chiedere mutui?
R: Tecnicamente sì, dopo l’esdebitazione sei libero da vincoli giuridici. Non ci sono limitazioni a contrarre nuovi debiti. Però bisogna usare buonsenso: se hai ottenuto l’esdebitazione grazie alla benevolenza dell’ordinamento, è opportuno non ricadere subito in comportamenti azzardati. Tra l’altro, tieni presente che i tuoi dati creditizi nelle SIC (CRIF ecc.) potrebbero ancora mostrare per qualche tempo i vecchi default, quindi una banca nel breve termine potrebbe comunque negarti prestiti finché non vede un nuovo storico positivo. E se hai fatto un’esdebitazione incapiente, per 4 anni sei sotto osservazione: se all’improvviso fai un leasing per un’auto di lusso, il tribunale potrebbe chiedersi come hai fatto e i creditori potrebbero agire per revocare il beneficio . Quindi, è meglio procedere con cautela e ricostruirsi pian piano una reputazione creditizia. In termini legali, tu potresti anche aprire subito un’altra attività: l’interdizione fallimentare non si applica perché non c’è stato fallimento. Insomma, sei “pulito”. Ma un occhio di riguardo all’educazione finanziaria s’impose: evita di tornare a usare troppo credito se non necessario.

D: La mia compagna ha fatto da garante per un mio prestito bancario poi non pagato. Se io risolvo i debiti col concordato, cosa succede al suo obbligo di garante?
R: I garanti purtroppo non sono protetti dalle tue iniziative concorsuali, a meno che… facciate la procedura insieme. Mi spiego: se tu presenti un concordato minore solo a tuo nome, il tuo piano potrebbe anche prevedere qualcosa per i garanti (tipo liberazione delle fideiussioni), ma i creditori non sono obbligati ad accettarlo e comunque, anche se tu vieni esdebitato, questo non libera il fideiussore. La banca potrà sempre chiedere a lei il 100% del debito (meno quanto incassato da te in procedura). Questo è un grosso problema spesso. Ci sono alcune strategie: – Presentare una procedura di sovraindebitamento familiare congiunta se vivete insieme e i debiti hanno origine comune . Il CCII lo consente: unico piano per più membri della famiglia. Così il giudice tratta il tutto unitariamente e l’esdebitazione varrà per entrambi. – Oppure, far accettare alla banca un accordo per liberare il garante se tu paghi una certa quota. Spesso nelle transazioni extra-giudiziali si inserisce la liberatoria per i garanti a fronte del pagamento concordato. – In un concordato preventivo (non minore) c’è una norma che consente di estendere ai garanti gli effetti esdebitativi se i creditori non votano contro in maggioranza (il cosiddetto «blindaje» dei guarantors), ma nel concordato minore non mi risulta esplicitato. Quindi, serve proprio un’adesione volontaria del creditore.

Quindi, attenzione: se la tua compagna è garante e non fai nulla per lei, rischi che mentre tu sei protetto dal concordato, la banca si rifà su di lei in via esecutiva. È sempre bene includere i garanti nelle trattative con le banche, magari facendoli comparire come co-proponenti di piani o comunque informando il giudice della loro posizione. In un caso ideale, se tu paghi in concordato almeno la parte ipotecaria o un tot, la banca potrebbe tacitamente non proseguire contro la garante per la quota stralciata (ma non c’è garanzia legale di ciò, a meno che la garante stessa non ottenga protezione, ad es. presentando anche lei un piano). Insomma, meglio che anche la garante faccia parte di una soluzione: due debitori correlati = due procedure coordinate, oppure farla partecipare alle riunioni con i creditori nella composizione negoziata.

D: I miei debiti derivano tutti dalla mia attività di street food fallita. Oggi ho chiuso tutto e faccio l’operaio. Posso davvero liberarmene del tutto? Anche dall’IVA e dalle tasse non versate?
R: Sì, tu rappresenti proprio il caso tipico cui è destinata la legge sul sovraindebitamento. Ex imprenditore onesto ma sfortunato che ora è lavoratore dipendente. Puoi scegliere la liquidazione controllata mettendo a disposizione quel poco che avevi (se avevi beni dall’attività, attrezzature, etc. – se già venduti per sopravvivere, potresti addirittura essere incapiente totale). Dopo 3 anni dal decreto di apertura, avrai l’esdebitazione dei debiti rimasti . E sì, include l’IVA, le imposte, tutto . La legge una volta non permetteva di cancellare l’IVA (considerata “debito sacro” per via del vincolo UE), ma la Cassazione a Sezioni Unite nel 2021 e poi la direttiva UE 2019/1023 hanno chiarito che anche l’IVA deve poter essere esdebitata, perché altrimenti il debitore non avrebbe reale fresh start. Quindi stai tranquillo: se segui la procedura e rispetti le regole (dichiari tutto, non nascondi nulla e cooperi), potrai avere la fedina finanziaria pulita. Ricorda solo che dovrai spiegare bene le cause del tuo dissesto per dimostrare la meritevolezza. Esempio: se non hai pagato IVA perché incassavi in nero e ti sei fatto la villa, e ora dici di essere povero, ecco quello è un problema di meritevolezza. Ma se semplicemente c’è stata una crisi (es. Covid ti ha affossato, i costi alti, ecc.) e tu non hai commesso abusi, non avranno difficoltà a concederti l’esdebitazione. Ci sono tanti decreti di tribunali negli ultimi anni che hanno liberato ex imprenditori individuali da centinaia di migliaia di euro di debiti per IVA, contributi e fornitori, riconoscendo che era meglio farli ripartire da zero che condannarli alla clandestinità economica per tutta la vita .

D: Una volta esdebitato, se in futuro guadagno di più, i vecchi creditori possono tornare a chiedermi soldi?
R: In linea generale, no, l’esdebitazione è definitiva e irrevocabile per i debiti oggetto della procedura. I creditori perdono ogni diritto di azione e non possono “riattivarla” se tu fra 10 anni diventi ricco. Fanno eccezione i casi di esdebitazione con condizione risolutiva: appunto l’esdebitazione dell’incapiente ha la clausola dei 4 anni . Fuori da quel caso, se ad esempio hai fatto un concordato e hai pagato il 30% e sei esdebitato dal 70%, quel 70% è morto per sempre, anche se tu vinci alla lotteria. L’unica cosa: se si scoprisse dopo che hai ottenuto l’esdebitazione con dolo o frode (es: avevi nascosto un bene, o hai falsificato i documenti), il beneficio può essere revocato dal tribunale su istanza di creditori o del PM. Ma parliamo di casi di truffa. In situazioni normali, una volta libero, sei libero. Ovviamente, i nuovi debiti che contrarrai in futuro nulla hanno a che fare con quelli vecchi: se non paghi anche i nuovi, quei nuovi saranno dovuti (non è che l’esdebitazione ti immunizza dai debiti futuri!). Quindi prudenza: l’esdebitazione non è una licenza di indebitarsi di nuovo sconsideratamente.

D: Ho preso una multa grande dall’ASL per violazioni igieniche. Se faccio il sovraindebitamento, quella multa la levo di torno?
R: Le sanzioni amministrative pecuniarie purtroppo rientrano tra i debiti non perdonabili. La legge esclude dall’esdebitazione “le sanzioni penali e amministrative di carattere pecuniario” e i debiti per danni da fatto illecito extracontrattuale (oltre agli alimenti dovuti) . Quindi, la multa dell’ASL, essendo una punizione per un illecito amministrativo, dovresti comunque pagarla. Potresti includerla nella procedura, nel senso di prevedere magari di pagarla parzialmente nel piano (ma lo Stato di solito su sanzioni chiede il 100% se vuoi omologare il piano, perché non può transigere su una “pena” pecuniaria). Anche se non la paghi, però, formalmente non verrà cancellata dall’esdebitazione: resterà a tuo carico dopo. Va detto che se è un importo non enorme, potresti comunque pagarla a rate a parte. Se invece è altissima, valuta magari un ricorso se ci sono i presupposti, oppure l’unica è sperare in un condono ad hoc (talvolta capita per le multe, ma raramente per quelle sanitarie). Quindi, in sintesi: no, la procedura di sovraindebitamento non ti toglie automaticamente la multa amministrativa. Fa eccezione se la sanzione derivava da un illecito che è anche di natura risarcitoria (tipo ti hanno comminato un risarcimento danni civile): quelle in teoria rientrano tra i debiti esdebitabili tranne i casi di dolo. Ma le multe per violazione di regole restano dovute.

D: La legge salva suicidi di cui si parlava anni fa esiste ancora?
R: La “legge salva suicidi” era il nome popolare della Legge 3/2012 sul sovraindebitamento. Quella legge oggi è stata abrogata e sostituita dal Codice della Crisi (dal 15/7/2022). I concetti base restano simili, ma con nomi nuovi e qualche modifica migliorativa . Ad esempio il piano del consumatore ora si chiama “piano di ristrutturazione per il consumatore”, l’accordo è diventato “concordato minore”, la liquidazione c’è ancora ma con tempi ridotti per l’esdebitazione, ed è comparsa la procedura per l’incapiente. Quindi, troverai ancora in rete riferimenti alla legge 3/2012, ma oggi si applicano le norme del CCII. In pratica è come se la legge 3 fosse confluita nel nuovo codice con qualche ritocco. Se vuoi approfondire, cerca riferimenti al Codice della Crisi, art. 65 e seguenti, per le procedure di sovraindebitamento (anche dette procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento).

D: Ho una srl che gestiva due food truck, ora ferma e piena di debiti. Posso usare queste procedure per la società?
R: Sì, anche le società possono accedere ad alcune procedure, ma con differenze: una srl, se è sotto soglia (piccola), può accedere al concordato minore e alla liquidazione controllata come soggetto non fallibile. Se invece supera i limiti di fallibilità, deve usare concordato preventivo o fallimento. Va detto che la esdebitazione in senso tecnico è prevista principalmente per le persone fisiche. Il CCII però, novità, ha introdotto la possibilità di esdebitazione anche per gli enti collettivi in liquidazione giudiziale (art. 278 co. 4 CCII) : significa che la società dopo il fallimento potrebbe ripartire libera da debiti residui se prosegue? In realtà la norma consente la chiusura rapida e teoricamente la prosecuzione attività, ma è tema dottrinale complicato. Diciamo che per una srl, se la mandi in liquidazione controllata (procedura di sovraindebitamento), alla fine i debiti non soddisfatti rimangono in capo alla srl, ma se la srl ha chiuso e non ha più nulla, di fatto i creditori non recuperano. La srl poi verrà cancellata e amen. Se tu come socio non hai garanzie personali, sei salvo; se le hai date, tu dovrai piuttosto considerare la tua posizione come persona fisica e fare magari un concordato minore personale o esdebitazione personale. Quindi, le procedure di sovraindebitamento per enti collettivi servono soprattutto a gestire la liquidazione ordinata e la suddivisione dell’attivo, ma il concetto di esdebitazione qui è meno rilevante perché l’ente può anche essere estinto senza pagare tutto e non c’è una “persona” da liberare (a meno di soci illimitatamente responsabili, che però rientrano come persone fisiche).

D: Alla fine, mi conviene di più cercare un accordo coi creditori da solo o andare in procedura concorsuale?
R: Se riesci a trovare un accordo rapido e sostenibile con i creditori chiave, fuori dal tribunale, questo è preferibile: eviti costi e lungaggini, e mantieni riservatezza. Quindi, tentare sempre la via stragiudiziale è il primo passo. Però devi essere onesto con te stesso: se i debiti superano di molto quello che potrai mai pagare, oppure se ci sono troppi creditori da mettere d’accordo, le possibilità di successo privatamente sono scarse. In tal caso, continuare a procrastinare sperando in accordi impossibili può solo farti consumare quel poco di risorse rimaste e farti peggiorare (ad esempio, potresti indebitarti ulteriormente per pagare qualcuno, trascurandone altri, e finire per non accontentare nessuno). In questi casi, meglio attivare per tempo una procedura concorsuale: congeli la situazione e metti tutti i creditori attorno a un tavolo forzato, con le regole che garantiscono parità di trattamento. Ti dà anche accesso a strumenti come l’esdebitazione, che privatamente nessuno ti regala (difficilmente tutti i creditori rinunciano spontaneamente a qualcosa; invece in procedura il giudice può imporlo). In breve: prova l’accordo bonario, ma se vedi che non funziona, non aspettare di essere con l’acqua alla gola per fare sovraindebitamento. Ci sono persone che arrivano a chiedere aiuto dopo aver perso pure la casa per i pignoramenti: magari se avessero fatto concordato prima, la casa l’avrebbero salvata vendendola con calma a prezzo migliore e pagando i creditori in percentuale. Quindi valuta costi-benefici e, se serve, fai il salto verso la procedura concorsuale con coraggio. È un percorso impegnativo ma con una luce in fondo al tunnel (l’esdebitazione) che fuori potresti non vedere mai.

Casi pratici e simulazioni

Caso 1: Piccolo imprenditore che salva l’attività con un concordato minore
Luigi è titolare di una ditta individuale di street food. Ha un food truck con cui gira fiere e manifestazioni. Negli ultimi 3 anni ha accumulato debiti: €40.000 con l’Agenzia delle Entrate (IVA e IRPEF non versate), €15.000 con una banca (scoperto di conto garantito da ipoteca sulla sua casa), €10.000 con fornitori vari, e €5.000 di bollette arretrate. Totale €70.000. Luigi però vede che l’attività, se alleggerita dai debiti, potrebbe generare un utile di €1.000 al mese lavorandoci da solo. Vorrebbe evitare di chiudere e soprattutto tenersi il food truck e la casa.

  • Tentativi stragiudiziali: Luigi prova a negoziare. Il fornitore principale (che vanta €6.000) accetta di stralciare a €3.000 se paga subito. L’amico gli presta €3.000 e Luigi chiude quel debito. Gli altri fornitori minori però hanno già attivato un legale e vogliono tutto. La banca accetterebbe di spalmare il rientro su 2 anni ma senza sconti, e mantenendo ipoteca. Il Fisco ha già mandato una cartella e minaccia il fermo del truck.
  • Composizione negoziata: Luigi si rivolge alla Camera di Commercio. Nominiamo un esperto. Chiede misure protettive: così la banca non revoca il fido e il Fisco sospende il fermo. L’esperto vede che l’unica via realistica è un taglio consistente dei debiti perché €70k Luigi non li produrrà mai. Propone ai creditori uno scenario: se Luigi chiude e liquida, dal truck usato ricaverebbero forse €10k, la casa di Luigi verrebbe venduta ma ha già ipoteca banca per 15k (casa valore €100k, residuo mutuo?), anzi ipotesi: la casa Luigi l’ha ereditata libera da mutuo, la banca ipoteca per 15k di fido. In liquidazione, vendendo casa a €90k, banca piglia 15k + interessi, rimangono 75k da dare a Fisco (privilegi) e chirografari. Fisco ha privilegio per IVA e IRPEF ~ €30k, prendono quello, restano €45k per chirografari di cui fornitori e bollette 10k, che sarebbero soddisfatti al 100%. Totale pagato 15+30+10=55, su 70 dovuti. Luigi perderebbe la casa e il truck e resterebbe con nulla ma ancora qualche debito (perché se non bastasse? In questo esempio però i crediti verrebbero pagati).
    L’esperto fa capire a banca e Fisco che forse conviene fare un concordato dove Luigi paga meno ma tiene i beni e continua a produrre reddito, perché vendendo forzatamente la casa è antipatico per tutti.
  • Concordato minore: Luigi opta per procedura concorsuale. Presenta un piano: tiene il truck per lavorare, ma si impegna a vendere una quota della casa o metterla a garanzia. Ad esempio, propone: Mantengo la casa, però accendo un mutuo ipotecario di €50.000 su di essa; con quei soldi vi pago. Continuo l’attività e con l’utile mensile di €1.000 pago le rate del nuovo mutuo. Così incassate 50 su 70, pari al 71% dei crediti. Distribuzione: la banca verrebbe soddisfatta integralmente (15k su 15 dovuti, essendo garantita da ipoteca di primo grado, con parte del mutuo nuovo), il Fisco prenderebbe magari 25 su 40 (62%), i chirografari prendono 10 su 15 (67%). Luigi chiede anche che su eventuali sanzioni e interessi venga condonato il resto. I creditori votano: banca sì (tanto prende tutto e mantiene ipoteca per il mutuo nuovo), Fisco sì (62% è alto, e comunque in concordato preventivo la transazione fiscale può accettare stralci), fornitori sì (meglio che aspettare altri anni). Il tribunale omologa. Luigi accende il mutuo, paga i creditori come da piano, e poi in 10 anni paga la banca nuova per il mutuo (ma ormai è un debito sostenibile coperto dall’utile mensile). Ha salvato casa e truck. Dopo aver eseguito il concordato, i residui di debiti (€20k falciati) sono esdebitati dal tribunale. Luigi è libero e continua l’attività, in pratica ha consolidato i debiti in un nuovo mutuo abbordabile grazie alla procedura.
  • Nota: Questo caso mostra un concordato “in continuità” dove si cerca finanza esterna (il mutuo) per soddisfare i creditori. Non tutti i casi consentono di rifinanziarsi: serve avere un bene su cui fare ipoteca (la casa) e una banca disposta a concedere mutuo sapendo che il piano è approvato dal tribunale (spesso succede, la banca nuova è favorita dal fatto che esce pulito il debitore). In mancanza, Luigi poteva offrire magari la vendita della casa con patto di restare in affitto. Cioè vendere la casa 100k, pagare i creditori 70k (100%) e tenersi 30k per ricominciare in affitto. Sarebbe allora un concordato liquidatorio, ma Luigi perderebbe casa. Dipende dalle priorità.

Caso 2: Ex imprenditore incapiente che ottiene l’esdebitazione senza attivo
Maria aveva un chiosco street food. Ha chiuso nel 2021 in piena pandemia, vendendo quel poco di attrezzature per sopravvivere. Ora è disoccupata, vive in affitto e possiede solo un’auto vecchia. Ha rimasto però €50.000 di debiti: €20k con la banca (fido non rientrato, senza garanzie), €15k tra Agenzia Entrate e INPS, €10k con fornitori e €5k di bollette varie. Non ha modo di pagare nulla. I creditori la stanno tempestando di richieste, qualcuno minaccia decreto ingiuntivo. Maria si rivolge all’OCC locale spiegando la situazione.

  • OCC verifica che Maria non ha beni pignorabili (l’auto vale €1.000 e la legge la considera pignorabile, ma di fatto venderla non cambierebbe nulla per i creditori; Maria è nullatenente).
  • Si decide di avviare la procedura di esdebitazione del sovraindebitato incapiente. Maria raccoglie i documenti (elenco debiti, ISEE che mostra zero patrimonio, stato di disoccupazione). L’OCC redige una relazione in cui attesta che Maria non ha attivo liquidabile e che le cause del sovraindebitamento sono sfortunate (il Covid le ha tolto lavoro, nessuna frode).
  • Il ricorso viene depositato in tribunale. Viene comunicato ai creditori che possono eventualmente opporsi. Supponiamo che l’Agenzia Entrate si opponga, dicendo: “Maria aveva incassato IVA e non l’ha versata, non è giusto esdebitare”. Il giudice fissa udienza. Maria, con l’avvocato dell’OCC, spiega però che l’IVA non l’ha versata perché doveva comunque pagare dipendenti e affitto se no chiudeva (cioè non se n’è appropriata per arricchirsi, ma per pagare spese dell’attività in crisi). Il giudice valuta che non c’è stata malafede grave.
  • Emette decreto accogliendo l’istanza e cancella tutti i debiti di Maria . Nel decreto impone però a Maria l’obbligo di notificare al tribunale per 4 anni qualsiasi variazione reddituale significativa . I creditori vengono informati: non possono più agire esecutivamente contro di lei (se lo facessero, il decreto è titolo per bloccare l’esecuzione). Maria è libera di cercare un nuovo lavoro o avviare un’altra attività senza zavorra.
  • Dopo due anni, Maria trova un buon lavoro all’estero e inizia a risparmiare. Tuttavia, nei 4 anni non raggiunge mai una somma tale da poter pagare il 10% di quei 50k (cioè €5.000). Anche se in totale magari nei 4 anni risparmia €4.000, non scatta la revoca. Passati i 4 anni, la liberazione diventa definitiva. I creditori non potranno mai più chiederle nulla.

Questo caso illustra come funziona la misura “umanitaria” per chi davvero non ha nulla. Se invece Maria avesse improvvisamente vinto 100.000€ al Superenalotto 2 anni dopo, allora la norma prevede che quella circostanza andrebbe segnalata e con tutta probabilità l’esdebitazione verrebbe revocata: a quel punto i creditori tornerebbero su di lei per prendersi quel 10% (5k) e oltre magari. Ma almeno la revoca è parziale: dopo che restituisce il 10%, l’esdebitazione può essere di nuovo concessa sul resto, mi pare di ricordare. In ogni caso, è un caso raro.

Caso 3: Sovraindebitamento familiare con componente consumatore e componente imprenditore
Marco gestiva un’apecar di street food. Sua moglie Anna non era socia ma lo aiutava e aveva fatto da garante su alcuni debiti. Inoltre, insieme hanno un mutuo casa cointestato. L’attività va male, Marco chiude la P.IVA. Hanno debiti: €30k banca (fido con firma di Anna garante + 10k mutuo residuo), €20k Fisco (IVA e IRPEF di Marco), €5k bollette varie intestate ad Anna, €5k fornitori e €2k multa del Comune. Totale famiglia €62k. Marco e Anna vivono con lo stipendio di Anna (Marco è disoccupato) da €1.200/mese. Con quello pagano le spese base e la rata mutuo €300. Non rimane niente per i debiti.

  • Situazione: i creditori possono colpire sia Marco che Anna (es. la banca può agire su Anna garante e ipotecare la casa; il Fisco su Marco ma la casa è in comunione? non entriamo troppo).
  • Optano per un procedimento unico di sovraindebitamento familiare . Presentano un piano del consumatore familiare perché la gran parte dei debiti (mutuo, bollette) sono di natura familiare e Anna è consumatore. Anche i debiti di Marco d’impresa possono entrarci se l’origine è comune (il fido in banca lo usarono per spese di casa in parte).
  • Propongono: vendono l’apecar di Marco per €3.000 e offrono quei soldi ai creditori. Inoltre chiedono di poter continuare a pagare il mutuo alle scadenze mantenendo la casa (così i creditori ipotecari sono soddisfatti integralmente ma dilazionati). Non avendo altro, offrono €3.000 da ripartire pro quota tra Fisco, fornitori e altri chirografari (che avrebbero preso forse zero se ipotecavano la casa perché la banca l’avrebbe presa tutta). Il tribunale valuta che è conveniente rispetto alla liquidazione (in una liquidazione la casa sarebbe venduta, la banca presa 10k, restanti 20k forse andati a Fisco e chirografari, ma i coniugi avrebbero perso la casa; così invece tengono casa e i creditori prendono poco, ma non zero – e soprattutto prendono subito quei 3k).
  • Essendo un piano del consumatore, niente voto creditori. Il giudice però deve verificare la meritevolezza: vede che Marco ha chiuso l’attività quando era insostenibile, non ha aggravato dolosamente i debiti, Anna ha sempre pagato il mutuo tranne ultimi 2 mesi. Quindi ok, omologa il piano.
  • L’effetto: tutti i debiti chirografari vengono falcidiati e chiusi con quella ripartizione di €3.000. La banca continua a ricevere le rate mutuo come da contratto (non accelerate). Marco e Anna conservano la casa, devono solo rispettare il piano (pagare il mutuo regolare e versare quei 3k con magari un piccolo prestito da un parente). Ottenuta l’omologa e fatti questi pagamenti, il giudice li dichiarerà esdebitati da tutti i debiti pregressi residui. Anna non avrà più il fiato sul collo della garanzia, Marco non dovrà più nulla al Fisco (a parte eventuali sanzioni per la multa comunale, ma quella rimane di €2k – potrebbero aver proposto di pagarla inclusa in quei 3k pro quota, ma essendo sanzione, formalmente resterebbe fuori esdebitazione).
  • Hanno quindi “salvato” la casa e pulito la situazione, pagando il minimo e sfruttando la combinazione del regime familiare.

Ogni caso pratico ha le sue peculiarità, ma questi esempi mostrano come le norme possono essere applicate concretamente per dare soluzioni sostenibili a situazioni che altrimenti sembrerebbero disperate.

Conclusioni

L’ampia analisi svolta evidenzia che anche un piccolo imprenditore del settore street food, se travolto dai debiti, non è senza speranza. Il diritto offre oggi una gamma di strumenti – dalle trattative private agli interventi normativi di sollievo fiscale, fino alle vere e proprie procedure giudiziali di ristrutturazione o liquidazione – che possono essere combinati per gestire e risolvere il sovraindebitamento, tutelando per quanto possibile la dignità e il patrimonio minimo vitale del debitore. La chiave di tutto è la tempestività e la trasparenza: affrontare il problema dei debiti prima che degeneri, rivolgersi a professionisti competenti (commercialisti, avvocati specializzati in crisi d’impresa) e agire in buona fede, collaborando sia con i creditori sia – se del caso – con gli organi delle procedure.

Dal punto di vista culturale, è importante sottolineare che usufruire di istituti come l’esdebitazione non è un atto di furbizia o un fallimento personale, ma al contrario è l’espressione di un sistema che riconosce il diritto ad una seconda opportunità per chi ha tentato onestamente di fare impresa e, malgrado ciò, si è trovato in difficoltà . In un’economia dinamica, il rischio d’impresa esiste e il fallimento finanziario non deve tradursi in una “condanna a vita”: liberare l’ex imprenditore dai debiti inesigibili gli permette di tornare a contribuire attivamente alla società, magari come lavoratore o come nuovo imprenditore più prudente.

Per gli avvocati e i consulenti che assistono debitori in crisi, la sfida è saper scegliere lo strumento giusto e guidare il cliente attraverso i passaggi tecnici, assicurandosi di soddisfare i requisiti di legge (in primis la meritevolezza e la completezza delle informazioni fornite) per evitare intoppi. La conoscenza delle ultime novità normative e giurisprudenziali – come quelle illustrate in questa guida, aggiornate a settembre 2025 – è essenziale per offrire la miglior tutela al debitore.

In conclusione, un titolare di street food con debiti deve sapere che: – Non è solo: molte micro-imprese affrontano questi problemi e vi sono strutture (OCC, professionisti specializzati) pronte ad aiutare. – Ha diritti e strumenti di difesa: dalle opposizioni ai pignoramenti illegittimi, alle richieste di dilazione, fino alla possibilità di essere esdebitato integralmente. – Deve essere parte attiva della soluzione: nascondersi o farsi travolgere dalla paura peggiora le cose; al contrario, affrontare di petto i creditori, eventualmente tramite procedure ordina te, è spesso il primo passo verso la rinascita finanziaria.

Questa guida ha cercato di fornire, con un linguaggio chiaro ma rigoroso, tutte le informazioni necessarie per intraprendere con consapevolezza il percorso dal debito opprimente alla liberazione. Ogni situazione concreta avrà le sue sfumature, ma con l’aiuto delle fonti normative e delle sentenze citate, il lettore potrà approfondire i punti chiave e applicarli al proprio caso.

Ricordiamoci infine le parole della Cassazione: “anche se i creditori rimangono in gran parte insoddisfatti, l’importante è la buona fede del debitore” . Questo principio incarna lo spirito moderno del diritto fallimentare: punire gli inadempienti fraudolenti, ma sollevare quelli sfortunati. Con questa prospettiva, anche un imprenditore di street food sommerso dai debiti può sperare – con i giusti mezzi legali – di rialzarsi e difendersi con successo.

Gestisci un’attività di street food, un food truck o un chiosco ambulante, e ti ritrovi con debiti verso banche, fornitori o Agenzia delle Entrate? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Gestisci un’attività di street food, un food truck o un chiosco ambulante, e ti ritrovi con debiti verso banche, fornitori o Agenzia delle Entrate?
Hai rate non pagate per il mezzo o l’attrezzatura, cartelle esattoriali, contributi INPS arretrati o bollette scadute, e temi pignoramenti, blocchi bancari o la chiusura dell’attività?
👉 Non è la fine. Anche chi lavora nello street food può difendersi legalmente, bloccare i creditori, ridurre o cancellare i debiti e ricominciare in modo regolare e protetto, grazie alle tutele del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019).

In questa guida scoprirai perché molte attività di street food si indebitano, quali strategie legali puoi adottare, e come salvare o chiudere l’attività in modo ordinato e senza rischi.


🌭 Perché le attività di street food si indebitano

Il settore dello street food è dinamico ma molto fragile dal punto di vista economico. Le principali cause di crisi sono:

  • Costi iniziali elevati per food truck, attrezzature e licenze;
  • Aumenti di carburante, materie prime e utenze;
  • Ritardi nei pagamenti in eventi o festival;
  • Tassazione e contributi troppo alti rispetto ai ricavi stagionali;
  • Gestione familiare o individuale senza supporto contabile adeguato;
  • Errori fiscali o irregolarità amministrative che generano cartelle e multe.

📌 Tutto questo può portare rapidamente a debiti fiscali, bancari e commerciali, mettendo a rischio il mezzo, le licenze e l’attività stessa.


🧾 Tipologie di debiti più comuni nello street food

Debiti fiscali e contributivi

  • IVA, IRPEF, INPS, INAIL, TARI, multe e cartelle esattoriali.

Debiti bancari e finanziari

  • Leasing o mutui per il furgone, il chiosco o le attrezzature.
  • Prestiti aziendali o fidi bancari.

Debiti commerciali

  • Fatture non pagate a fornitori di alimenti, carburanti, stoviglie, energia o eventi.

Debiti verso dipendenti o collaboratori

  • Stipendi arretrati, contributi non versati o vertenze sindacali.

Debiti personali o fideiussioni

  • Garanzie firmate dal titolare o soci per finanziamenti o leasing aziendali.

⚠️ Cosa rischia un’attività di street food indebitata

Se la crisi non viene gestita subito, potresti subire:

  • pignoramenti del food truck o del chiosco;
  • revoca dei fidi e blocco dei conti correnti;
  • cartelle e ipoteche da parte dell’Agenzia delle Entrate;
  • impossibilità di partecipare a fiere o eventi per mancanza di liquidità;
  • perdita delle licenze o autorizzazioni comunali.

👉 Ma oggi la legge ti permette di bloccare le azioni dei creditori, ristrutturare i debiti e ripartire pulito, anche se sei un piccolo imprenditore o un autonomo con partita IVA.


🧩 Le soluzioni legali per attività di street food con debiti

💠 1. Rinegoziazione dei debiti con banche e fornitori

Con l’assistenza di un avvocato puoi trattare:

  • riduzioni delle somme dovute (saldo e stralcio);
  • rateizzazioni più lunghe e sostenibili;
  • sospensione temporanea dei pagamenti per evitare azioni legali.

👉 È la soluzione ideale per chi vuole continuare a lavorare e mantenere il proprio mezzo operativo.


💠 2. Procedura di sovraindebitamento (D.Lgs. 14/2019 – Codice della Crisi)

È la procedura principale per microimprese e ditte individuali.
Consente di:

  • bloccare pignoramenti, cartelle e decreti ingiuntivi;
  • presentare un piano di rientro parziale e sostenibile;
  • ottenere la cancellazione dei debiti residui (esdebitazione).

📌 È perfetta per lavoratori autonomi o gestori di food truck con partita IVA.


💠 3. Concordato minore (per SRL o società di ristorazione ambulante)

È la procedura omologata dal Tribunale per aziende più strutturate.
Permette di:

  • bloccare immediatamente tutte le azioni dei creditori;
  • ridurre legalmente i debiti fiscali e bancari;
  • continuare l’attività senza perdere le licenze.

📌 È ideale per società con più mezzi o collaboratori.


💠 4. Liquidazione controllata dei beni (ex fallimento personale)

Se l’attività non è più sostenibile, puoi chiudere in modo ordinato e legale, mettendo a disposizione solo i beni non indispensabili (furgoni non operativi, attrezzature obsolete, scorte).
Al termine della procedura, il Tribunale cancella tutti i debiti residui, permettendoti di ricominciare da zero senza pendenze.


💠 5. Verifica e contestazione di cartelle e accertamenti fiscali

Molte cartelle contengono errori, importi prescritti o vizi di notifica.
Un avvocato può:

  • controllare la prescrizione (5 o 10 anni);
  • chiedere la sospensione o l’annullamento delle somme illegittime;
  • ottenere sgravi significativi su sanzioni e interessi.

🌮 Cosa fare subito

✅ 1. Analizza la tua situazione economica

Prepara cartelle, fatture, mutui, leasing, bilanci e documenti relativi ai debiti.

✅ 2. Blocca i creditori subito

Con il deposito in Tribunale di una procedura di sovraindebitamento o concordato, tutti i creditori vengono sospesi per legge.

✅ 3. Evita nuovi debiti o accordi affrettati

Serve una strategia legale completa e approvata dal Tribunale, non soluzioni improvvisate.


📋 Documenti utili per la difesa

  • Documento d’identità e codice fiscale.
  • Visura camerale e bilanci aziendali.
  • Dichiarazioni fiscali e posizione INPS/INAIL.
  • Contratti di mutuo, leasing o finanziamento.
  • Cartelle esattoriali e accertamenti fiscali.
  • Elenco fornitori, collaboratori e clienti.
  • Estratti conto bancari e spese di gestione.

⏱️ Tempi e risultati possibili

  • Analisi e pianificazione legale: 1–3 settimane.
  • Deposito della procedura: 1–2 mesi.
  • Blocco dei creditori: immediato con il deposito.
  • Durata del piano di rientro: da 1 a 5 anni.

🎯 Risultati concreti:

  • Stop a pignoramenti, sequestri e cartelle.
  • Riduzione o cancellazione dei debiti residui.
  • Tutela del food truck o chiosco indispensabile per lavorare.
  • Ripartenza economica e professionale in sicurezza.

⚖️ I vantaggi principali

✅ Blocco immediato di tutte le azioni dei creditori.
✅ Riduzione legale dei debiti fino all’80%.
✅ Possibilità di mantenere attiva l’attività o chiuderla senza fallimento.
✅ Tutela dei mezzi e delle licenze indispensabili.
✅ Ripartenza economica serena e sostenibile.


🚫 Errori da evitare

  • Ignorare cartelle, solleciti o decreti ingiuntivi.
  • Accumulare nuovi debiti o prestiti “ponte”.
  • Vendere il mezzo o le attrezzature senza consulenza legale.
  • Pagare solo alcuni creditori peggiorando la situazione complessiva.
  • Rimandare troppo tempo prima di agire.

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⚖️ Ti rappresenta nei rapporti con Agenzia delle Entrate, banche, leasing e fornitori.
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🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto commerciale, tributario e crisi d’impresa.
✔️ Specializzato nella difesa di attività di ristorazione, ambulanti e food truck con debiti fiscali e bancari.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Essere un’attività di street food con debiti non significa dover chiudere o rinunciare al proprio sogno.
Con una difesa legale mirata e tempestiva, puoi bloccare i creditori, ridurre i debiti fiscali e finanziari e continuare a lavorare in modo sereno e legale.
La legge oggi tutela chi agisce in buona fede e vuole davvero ripartire.

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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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