Hai ricevuto un atto di pignoramento presso terzi da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione? Ti stai chiedendo cosa significa, cosa possono bloccarti e se è ancora possibile reagire?
Il pignoramento presso terzi è uno degli strumenti più incisivi che l’amministrazione fiscale può utilizzare per riscuotere i debiti tributari. Può colpire conti correnti, stipendi, pensioni, compensi professionali o qualsiasi altro credito che tu vanti nei confronti di soggetti terzi.
Cos’è il pignoramento presso terzi e come funziona?
Si tratta di una procedura in cui l’Agenzia delle Entrate-Riscossione notifica un atto a un soggetto terzo (ad esempio una banca, il datore di lavoro o un tuo cliente), ordinandogli di non pagare a te, ma di trattenere le somme dovute e versarle all’erario.
In pratica:
– Tu sei il debitore
– Il terzo è chi ti deve dei soldi
– L’Agenzia si inserisce per bloccare quelle somme prima che ti vengano pagate
Dopo la notifica, il terzo ha l’obbligo di comunicare quanto ti deve e, se non ci sono opposizioni, provvedere al versamento entro 60 giorni.
Cosa può essere pignorato?
– Conti correnti
– Stipendi e pensioni (entro i limiti di legge)
– Compensi professionali e parcelle
– Fatture da clienti
– Altri crediti patrimoniali, anche futuri
Attenzione: alcune somme non sono pignorabili o lo sono solo entro certi limiti (come il minimo vitale sullo stipendio o somme di natura assistenziale).
Serve un’autorizzazione del giudice?
No. Nel caso dei debiti fiscali, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non ha bisogno di passare dal tribunale. Può procedere direttamente, purché:
– Sia stata notificata una cartella di pagamento
– Siano decorsi 60 giorni senza pagamento o opposizione
– Non sia intervenuta sospensione o prescrizione
È possibile difendersi da un pignoramento presso terzi?
Sì. In molti casi è possibile:
– Contestare la legittimità dell’atto, se mancano i presupposti o ci sono vizi formali
– Verificare la prescrizione del credito tributario
– Opporsi al pignoramento, se le somme sono impignorabili o già utilizzate in compensazione
– Chiedere la rateizzazione del debito e sospendere la procedura esecutiva
Il punto chiave è agire in fretta: una volta che il terzo versa le somme all’erario, non è facile ottenerne la restituzione.
Come ti aiutiamo noi dello Studio Monardo?
Verifichiamo la validità del pignoramento, controlliamo se il debito è prescritto o irregolare, ti assistiamo nella redazione di eventuali opposizioni e ti supportiamo nella richiesta di rateizzazione o sospensione dell’esecuzione.
Hai ricevuto un pignoramento presso terzi e vuoi capire se è legittimo e come bloccarlo?
In fondo alla guida puoi richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo il tuo caso, verificheremo se ci sono margini di intervento e ti aiuteremo a proteggere le tue entrate e il tuo patrimonio da un recupero forzato ingiusto o sproporzionato.
Introduzione
Il pignoramento presso terzi è uno strumento di esecuzione coattiva fiscale mediante cui l’Agenzia delle Entrate‑Riscossione (AdER), in qualità di concessionario della riscossione, ordina a un soggetto terzo (per esempio banca, datore di lavoro, ente pensionistico) di versare direttamente le somme dovute dal debitore esecutato. Tale procedura è disciplinata dall’art. 49 e seguenti del D.P.R. 602/1973, che prevede il ruolo esattoriale come titolo esecutivo e consente al concessionario di promuovere procedure esecutive (come il pignoramento presso terzi) sulla base del ruolo stesso. In termini pratici, l’AdER invia un atto di pignoramento al terzo che custodisce un credito o somme di proprietà del debitore, bloccando immediatamente la disponibilità di tali somme. A differenza di un creditore privato, l’azione esecutiva dell’AdER può svolgersi interamente in via stragiudiziale, senza necessità di ottenere un decreto ingiuntivo o ricorrere inizialmente all’autorità giudiziaria.
Ambito di applicazione. Il pignoramento presso terzi avverso crediti tributari si attiva solo se l’AdER è in possesso di un titolo esecutivo: normalmente il ruolo (iscrizione a ruolo) o, più raramente, un accertamento divenuto definitivo. In altri termini, l’Agenzia deve avere già definito il credito tributario (ad esempio tramite cartella di pagamento divenuta esecutiva) prima di pignorare i crediti presso terzi. L’oggetto del pignoramento sono tipicamente crediti periodici del debitore verso terzi, come stipendi, pensioni, e indennità da lavoro. Possono essere pignorati anche importi su conti correnti, canoni di affitto, compensi a terzi o rimborsi tributari (credito verso lo Stato), in base all’art. 72‑bis del D.P.R. 602/1973. In sostanza, il pignoramento presuppone che il debitore detenga un diritto di credito verso un terzo, e l’AdER intima a questo terzo di versare tali somme entro termini stabiliti (in genere, entro 60 giorni per i crediti già maturati, e alle scadenze periodiche per gli altri).
Limiti di pignorabilità
La legge fissa limiti stringenti sulle somme pignorabili in capo al debitore esecutato. In particolare, per stipendi, pensioni e simili indennità (crediti di lavoro o previdenziali a periodicità mensile) valgono le seguenti percentuali del reddito netto mensile del debitore, come da art. 72‑ter D.P.R. 602/1973 (riprodotte dall’Agenzia e commentatori):
- Fino a 2.500 € mensili: il pignoramento può raggiungere al massimo 1/10 del reddito netto mensile.
- Da 2.500 € fino a 5.000 € mensili: si può pignorare al massimo 1/7 del reddito netto mensile.
- Oltre 5.000 € mensili: si può pignorare al massimo 1/5 del reddito netto mensile.
Tali limiti coincidono con le quote percentuali stabilite per i pignoramenti civili (art. 545 c.p.c.), ma sono qui applicate a stipendi e pensioni nel contesto fiscale. Inoltre, sempre è escluso dal pignoramento almeno l’ultimo stipendio o pensione mensile maturata dal debitore. Se, invece, il debito pignorato è versato in banche o conti correnti, si applica il seguente criterio:
- Le somme accreditate dopo la notifica del pignoramento e riconducibili a stipendio, salario o pensione del debitore seguono i limiti sopra indicati (1/10, 1/7, 1/5). Ad esempio, se dopo il pignoramento arrivano sul conto due mensilità da lavoro, di esse si considera pignorabile solo la quota minima secondo i limiti succitati.
- Le somme già depositate sul conto del debitore al momento del pignoramento (esclusa comunque l’ultima mensilità) non sono soggette ad alcun limite quantitativo. Ciò significa che l’AdER può trattenere l’intero importo di quelle somme, indipendentemente dalla loro natura (stipendio, reddito, risparmio).
In termini pratici, il creditore esattoriale potrà quindi bloccare interamente la giacenza disponibile sul conto corrente (salvo l’ultima mensilità), mentre sui redditi futuri del debitore si applicano le quote di legge. Tabella riepilogativa limiti di pignorabilità (stipendi/pensioni):
Reddito mensile netto | Quota massima pignorabile |
---|---|
fino a 2.500 € | 1/10 (10 %) |
da 2.500 a 5.000 € | 1/7 (circa 14,3 %) |
oltre 5.000 € | 1/5 (20 %) |
(Fonte: D.P.R. 602/1973, art. 72-ter. L’ultima mensilità del debitore è sempre esclusa.)
Procedura esecutiva e obblighi
Inizialmente l’Agenzia delle Entrate-Riscossione deve produrre e notificare l’atto di pignoramento ex art. 72-bis D.P.R. 602/1973. Tale atto, da una parte, viene notificato al terzo pignorato (per esempio la banca o il datore di lavoro) e, dall’altra, al debitore esecutato. Nella prassi il modulo di pignoramento è predisposto dall’Ader (talvolta da un suo funzionario) e recante l’indicazione analitica del credito azionato. Al terzo viene intimato di versare all’AdER, entro 60 giorni, le somme vantate (per i crediti già maturati) e di trattenere le quote dovute sulle somme future alle scadenze normali. La notifica al debitore serve a informarlo del pignoramento e degli importi bloccati; ai sensi della Cassazione, tale notifica di pignoramento vale come notifica della cartella di pagamento stessa, consentendo al contribuente di conoscere la pretesa tributaria sottostante.
Giuridicamente, il pignoramento fiscale segue in larga parte le regole ordinarie del codice di procedura civile (CPC), con alcune deroghe specifiche. Ad esempio, ai sensi del D.P.R. 602/1973 l’Agenzia non può chiedere al giudice la conversione del pignoramento in sequestro o alienazione (come invece è previsto dall’art. 545 c.p.c.). Di contro, il debitore ha sempre la possibilità di accedere alle procedure agevolate di rateizzazione dei debiti tributari (art. 19 D.P.R. 602/1973), che possono sospendere l’azione esecutiva come vedremo più avanti. Inoltre, non si applicano all’atto di pignoramento i tradizionali avvisi su eleggibilità di domicilio dell’art. 492 c.p.c., data la natura stragiudiziale della procedura. Altro riflesso pratico: all’esecuzione fiscale non può partecipare l’intervento di creditori concorrenti (art. 499 c.p.c.); il pignoramento è finalizzato unicamente alla soddisfazione del credito erariale. In altre parole, solo l’AdER (o chi da essa delegato) ha diritto alle somme sequestrate, mentre altri creditori non possono insinuarsi nella stessa procedura esecutiva. Al terzo notificato, semmai, spetta solo rendere una dichiarazione negativa riguardo ai creditori concorrenti, dando atto del vincolo in favore dell’ente riscossore.
Dal punto di vista dei tempi, l’AdER deve iniziare l’espropriazione forzata entro i termini di prescrizione del credito tributario (5 anni per tasse di durata infrannuale, 10 anni per quelle con durata superiore ai 12 mesi, decorsi i 60 giorni dalla cartella). Inoltre, la prassi e la giurisprudenza impongono che, se l’Agenzia non effettua atti esecutivi entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, essa deve preliminarmente inviare una “intimazione di pagamento” ai sensi dell’art. 72-bis D.P.R. 602/1973 prima di procedere con il pignoramento. Questo significa che, in assenza di sollecita iniziativa dell’AdER, il pignoramento può intervenire solo dopo un atto intermedio che riassuma il debito residuo, analogamente a un precetto.
Giurisdizione e impugnazioni
Le controversie sorte nell’ambito del pignoramento fiscale coinvolgono ineriscono tanto questioni di diritto sostanziale tributario (prescrizione del tributo, validità della notifica della cartella, esistenza del debito) quanto questioni di diritto processuale (vizi formali del pignoramento). La competenza giurisdizionale dipende dalla natura della contestazione (principio del petitum sostanziale):
- Se il contribuente contesta la pretesa tributaria in sé (ad esempio perché il debito fiscale è prescritto o la cartella non è mai stata validamente notificata), la competenza appartiene al giudice tributario. Ciò significa che l’atto di pignoramento va impugnato presso la Commissione Tributaria Provinciale competente, secondo l’art. 19, comma 1, lett. d) del D.Lgs. 546/92 (in funzione di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.). La Corte di Cassazione (Sezioni Unite, sentenza n. 2098/2025) ha confermato che l’opposizione al pignoramento va proposta dinanzi alla CTP quando si impugna la legittimità del credito tributario sottostante. In linea con tale orientamento, la Cassazione ha specificamente stabilito che la notifica del pignoramento equipara la notifica della cartella: dunque, il contribuente deve impugnare il pignoramento entro 60 giorni se vuol far valere vizi relativi alla cartella, e decorsi questi termini non può più sollevare questioni relative a quella cartella di pagamento.
- Se invece il debitore pone questioni strettamente formali inerenti l’atto di pignoramento stesso (per esempio errori formali nel modulo, irrilevanza della domiciliazione, ecc.), la competenza è del giudice ordinario (tribunale), in funzione di opposizione all’esecuzione ex art. 617 c.p.c.. In sintesi, «i soli vizi formali dell’atto esecutivo» restano di competenza ordinaria, mentre ogni eccezione riconducibile al merito della pretesa tributaria è di competenza tributaria. In quest’ottica, l’orientamento prevalente è che l’opposizione al pignoramento esattoriale per fatti sostanziali vada presentata in Commissione Tributaria entro 60 giorni (art. 21 D.Lgs. 546/92), mentre il termine per proporre opposizione all’esecuzione dinanzi al Tribunale ordinario è di 40 giorni (art. 617 c.p.c.).
Le Sezioni Unite (Cass. n. 2098/2025) hanno inoltre sottolineato il principio del petitum sostanziale: se l’oggetto della domanda riguarda inscindibilmente la posizione tributaria sottostante (ad es. prescrizione maturata prima del pignoramento o mancata notifica della cartella), si ricade nella giurisdizione tributaria. Un esempio peculiare è quando il terzo pignorato è esso stesso l’Agenzia delle Entrate e l’oggetto pignorato è un credito tributario (ad es. un rimborso IVA dovuto al debitore): anche in questi casi, ogni verifica sull’effettiva esistenza del credito spetta al giudice tributario. Come ha osservato un giudice del lavoro, «l’accertamento dell’esistenza del credito tributario costituisce oggetto di pignoramento presso il terzo (Agenzia delle Entrate) non può essere condotto dal giudice civile… in quanto l’accertamento del credito del debitore verso il terzo appartiene alla giurisdizione del giudice tributario».
Infine, va ricordato che l’opposizione giudiziale al pignoramento (che può essere sia opposizione dell’esecutato che opposizione di terzo) deve essere introdotta nel termine perentorio fissato dalla legge (40 o 60 giorni a seconda della competenza). In particolare, come già accennato, l’ordinanza Cass. n. 32671/2024 ha chiarito che chi lamenta la mancata notifica della cartella deve esercitare l’azione in Commissione Tributaria impugnando il pignoramento entro 60 giorni. Se il termine decade, il credito tributario si consolida e l’opposizione all’esecuzione è inammissibile per tali motivi (Cass. n. 23346/2024).
Rapporti con l’Agenzia delle Entrate‑Riscossione
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione (nata dalla fusione di Equitalia nell’Agenzia delle Entrate) opera in qualità di concessionario per il recupero dei tributi. Essa gestisce centralmente le procedure esecutive coattive, compreso il pignoramento presso terzi. Normalmente, il concessionario notifica al debitore ed eventualmente al terzo interessato tutti gli atti formali (cartelle, intimazioni, pignoramenti) tramite posta o altri mezzi abilitati. Recentemente, la Legge di Bilancio 2024 (art. 23) ha introdotto misure per rendere più rapide le procedure di pignoramento dell’AdER: in particolare, è previsto che l’Agenzia possa accedere direttamente all’Archivio dei rapporti finanziari per conoscere le giacenze sui conti correnti dei contribuenti anche prima di intraprendere azioni esecutive. Ciò elimina la necessità di richiedere il sondaggio informazioni alle banche e consente all’AdER di indirizzare «senza indugio» l’ordine di pagamento al terzo più rilevante, abbreviando notevolmente i tempi di blocco delle somme. Va precisato che ciò non si traduce in pignoramenti “automatici” o automatiche escussioni di fondi, ma semplicemente in un accesso preventivo alle disponibilità finanziarie del debitore.
Per il debitore è utile sapere che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione mette a disposizione canali di rateazione e sospensione della riscossione. Ad esempio, se si ottiene una rateizzazione delle cartelle oggetto di pignoramento (in base all’art. 19 D.P.R. 602/73), l’adesione stessa non basta: è necessario pagare la prima rata per ottenere l’effetto sospensivo sul pignoramento. Dopo il versamento della prima rata, il contribuente può inviare all’Agenzia un’istanza di sospensione dell’esecuzione (di regola via PEC all’indirizzo dedicato) allegando la documentazione di avvenuto pagamento. Ricevuta l’istanza, l’AdER procede alla revoca del pignoramento (comunicata sia al debitore sia al terzo) e libera le somme vincolate, salvo conservare il blocco delle future mensilità fino al completo versamento della dilazione.
Un’altra tutela è la sospensione legale prevista dalla L. 228/2012 (art. 1, commi 538‑539). Il debitore può presentare, entro 60 giorni dalla notifica di una cartella o di un atto esecutivo, istanza di sospensione della riscossione se ricorre uno dei casi previsti dalla norma (ad esempio pagamento già effettuato prima del ruolo, sgravio totale o prescrizione intervenuti prima del ruolo, sospensione giudiziale, sentenza di annullamento, ecc.). L’Agenzia della Riscossione è tenuta a sospendere l’azione coattiva in attesa di valutare l’istanza: fintanto che non risponde, la riscossione è bloccata. In sostanza, se il contribuente ritiene che la cartella o il pignoramento non siano dovuti, può far pendere temporaneamente la procedura chiedendo la sospensione (tramite i canali online o modelli dedicati). Se infine il debitore estingue integralmente il debito (pagando il ruolo e tutti gli accessori), l’Amministrazione deve revocare immediatamente il pignoramento, restituendo le somme trattenute.
Strategia difensiva del debitore
Dal punto di vista del debitore, esistono diverse linee di difesa e strumenti di tutela:
- Verifica di irregolarità procedurali: prima di tutto, controllare la correttezza delle notifiche. Ad esempio, l’ufficiale giudiziario (o messo notificatore) deve aver assolto agli obblighi di legge per dichiarare l’irreperibilità del contribuente nei tentativi di notifica. La Corte di Cassazione (ordinanza n. 5818/2024) ha ribadito che il mero mancato rinvenimento del nominativo sui citofoni o cassette postali non è sufficiente per dichiarare il contribuente irreperibile. Se emergono vizi nella notifica della cartella o dell’atto di intimazione, il debitore deve tempestivamente impugnare tali atti (di norma entro 60 giorni dalla notifica) perché in sede di opposizione al pignoramento non potrà più sollevare problemi già decorsi i termini.
- Impugnazione del pignoramento: se si ritiene che il pignoramento sia illegittimo (per difetto di titolo, superamento dei limiti, errore nella notifica ecc.), si può proporre ricorso opposizione dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale competente (termine 60 gg da notifica del pignoramento). Nel ricorso si chiedono l’annullamento dell’atto di pignoramento e/o il dissequestro delle somme, motivando eventuali vizi (per esempio, superamento del quinquennio di prescrizione, decorrenza errata della notifica, violazione di quote, ecc.). Qualora la questione riguardi effetti formali del pignoramento (e si preferisse il rito ordinario), il debitore può tentare anche l’opposizione per esecuzione davanti al Tribunale civile (art. 615 ss. c.p.c.), benché l’indirizzo prevalente suggerisca la via tributaria per i casi di merito.
- Opposizione di terzo: se il conto pignorato è cointestato o se un terzo (es. coniuge, socio) afferma di non dovere nulla al debitore, costui può proporre opposizione di terzo (art. 548 c.p.c.) entro 40 giorni dalla notifica. In questo caso il terzo è tenuto a depositare la somma contestata presso il Tribunale e a chiedere il dissequestro delle quote che gli appartengono. Alcune pronunce hanno riconosciuto al terzo cointestatario la restituzione delle somme immesse dal medesimo (di solito la metà di quelle confiscate). Va comunque agito rapidamente, perché l’inerzia del terzo può essere interpretata come tacita ammissione del credito.
- Rateizzazione e rinegoziazione del debito: come accennato, il debitore può interrompere il pignoramento richiedendo una rateizzazione delle cartelle impugnate. Ottenuta l’approvazione, è essenziale versare immediatamente la prima rata: solo al verificarsi di questo pagamento l’Agenzia sospende il pignoramento e, su istanza del contribuente con prova del versamento, procede alla revoca dell’atto. Se invece il debitore non riesce a pagare, almeno entro i termini previsti (p.es. 60 gg), il pignoramento rimane efficace e l’Agenzia potrà procedere con gli ulteriori atti esecutivi (ad esempio, ordinanza di assegnazione delle somme presso il terzo).
- Istanza di sospensione: nel caso in cui vi siano gravi vizi di notifica o di titolo (ad es. creditore inesistente, ruolo viziato) è possibile richiedere la sospensione cautelare dell’esecuzione al giudice competente (Tribunale o Commissione tributaria, a seconda del caso). La L. 228/2012 prevede infatti che il debitore possa chiedere all’AdER la sospensione della riscossione entro 60 giorni (come visto) e, in via giudiziale, può invocare la sospensione dell’espropriazione per i motivi generali di cui all’art. 615, comma 2, c.p.c. (p.es. fondate ragioni di pericolo nella ritardata esecuzione). In pratica, prima di ogni udienza di opposizione, si può domandare al giudice (civile o tributario) di fissare un provvedimento istruttorio volto a sospendere il pignoramento in attesa della decisione di merito.
- Protezione di somme minime: quando il pignoramento riguarda il conto corrente, è sempre opportuno verificare se sul conto vi siano somme esenti dal pignoramento (ad es. contributi INPS, rimborsi fiscali non ancora scalati, assegni sociali, ecc.). L’AdER deve astenersi dal pignorare queste somme, e il terzo può eccepirlo. Analogamente, il debitore può chiedere al giudice di accertare che determinate somme siano prive di rilevanza esecutiva.
In generale, il debitore deve cogliere i termini per agire: ogni atto esecutivo fiscale è autonomamente impugnabile entro i limiti di legge, e la mancata opposizione a un provvedimento (come una cartella o un’intimazione) può precludere la contestazione di vizi nei passaggi successivi. Alla stessa stregua, se il pignoramento viene notificato come prima conoscenza della cartella, occorre subito contestare il pignoramento (in Commissione) entro 60 giorni, altrimenti si perde la facoltà di eccepire qualsiasi vizio pregresso.
Domande frequenti (Q&A)
- Cosa devo fare se ricevo un pignoramento dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione? Innanzitutto, verificare i termini e i vizi formali: la notifica del pignoramento ha effetto di notifica della cartella, quindi deve essere impugnata entro 60 giorni se si contesta la legittimità del debito tributario. Si può presentare opposizione all’atto di pignoramento presso la Commissione Tributaria locale entro tale termine (art. 21 D.Lgs. 546/92). Contemporaneamente, valutare ogni possibile difetto di notifica (ad es. procedura irreperibilità non corretta) o prescrizione intervenuta.
- Il pignoramento blocca tutto il mio stipendio o le somme sul conto? No. Sui nuovi accrediti di stipendio o pensione si applicano le quote di pignorabilità (al massimo il 10%, 14,3% o 20% secondo gli scaglioni). Sui depositi esistenti (salvo l’ultima mensilità) non è previsto alcun limite ed essi possono essere escussi per intero. Tuttavia, il terzo pignorato (es. banca) non può pignorare l’intero stipendio futuro: deve riservarne l’ultimo mensile al debitore.
- Posso ottenere la sospensione del pignoramento? Sì, se ricorrono i presupposti di legge. In via amministrativa è possibile chiedere entro 60 giorni la sospensione legale dell’esecuzione all’Agenzia delle Entrate‑Riscossione (legge 228/2012) allegando le prove del presunto errore (debito già pagato, prescrizione, annullamento, ecc.). Nel frattempo l’Agenzia sospende la riscossione in attesa di risposta. In via giudiziale, il debitore può domandare al giudice dell’esecuzione (ordinario o tributario a seconda della competenza) la sospensione provvisoria dell’esproprio, motivando i motivi di gravame (ad esempio, illeceità della notifica o dell’intimazione).
- Cosa succede se pago il debito o rateizzo? Se saldi il debito (pagamento totale del ruolo), l’AdER è tenuta a revocare il pignoramento e sbloccare le somme trattenute. Se accedi a una rateazione delle cartelle (es. rottamazione, saldo e stralcio, dilazione art.19), il pignoramento cessa di effetti solo dopo aver versato la prima rata. In tal caso, inviando richiesta di sospensione con la prova del pagamento, si ottiene formalmente la revoca dell’atto da parte dell’Agenzia. Se invece non versi la prima rata nei termini, l’esecuzione può riprendere.
- Davanti a quale giudice devo oppormi al pignoramento? Dipende dal contenuto della domanda (principio del petitum). In generale, se si contesta la natura tributaria del credito (prescrizione, inesistenza del debito, mancata notifica della cartella) la competenza è tributaria, per cui si ricorre in commissione (Cass. SU n. 2098/2025). Se invece si contestano solo vizi formali dell’atto esecutivo (errori materiali, difetti di sottoscrizione, ecc.), il giudice competente è ordinario (Tribunale civile). In ogni caso, l’impugnazione del pignoramento presso terzi avverso l’AdER deve essere notificata entro il termine decadenziale (generalmente 60 giorni) al giudice competente (CTP o Tribunale) con le modalità previste.
- Se il pignoramento non mi è mai stato notificato, posso fare opposizione? La Cassazione ha chiarito che la notifica del pignoramento equivale a notifica della cartella di pagamento. Questo significa che se il debitore riceve solo l’atto di pignoramento senza aver mai avuto la cartella, deve comunque impugnare il pignoramento entro 60 giorni per far valere eventuali vizi (ad es. nullità della cartella). Scaduti i termini, non è possibile sollevare questioni sul mancato avviso della cartella all’interno dell’opposizione al pignoramento.
Conclusioni
Il pignoramento presso terzi per crediti tributari è una procedura di elevata complessità tecnica, che coinvolge norme speciali di diritto tributario ed elementi della procedura esecutiva civile. Dal punto di vista del debitore occorre un’adeguata consapevolezza dei tempi e dei diritti: verificare subito la correttezza degli atti, impugnare tempestivamente eventuali illeciti, e parallelamente esplorare ogni soluzione preventiva (sospensione, rateizzazione, pagamento). Il legislatore e la giurisprudenza hanno da un lato garantito parametri di protezione per il debitore (limiti percentuali, sospensione della riscossione), dall’altro hanno strutturato l’esecuzione fiscale in modo celere e autonomo (pignoramento diretto senza bisogno di decreto). Conoscere le specifiche norme (art. 72‑bis e 72-ter D.P.R. 602/1973, art. 19 D.P.R. 602/73, L. 228/2012, D.Lgs. 546/92, c.p.c.) e tenere conto dei più recenti orientamenti giurisprudenziali (in particolare le novità del 2024‑2025 indicate in questa guida) è fondamentale per impostare correttamente la difesa del debitore e tutelare le proprie posizioni patrimoniali durante una procedura esecutiva fiscale.
Fonti normative e giurisprudenziali: D.P.R. 602/1973 (artt. 49, 72‑bis, 72‑ter); art. 545‑548 c.p.c.; D.Lgs. 546/1992 (art. 19, 21); legge 228/2012 (commi 538‑539); Cass. n. 5637/2024; Cass. n. 5818/2024; Cass. n. 23346/2024; Cass. n. 32671/2024; Cass. SS.UU. n. 2098/2025; Cass. n. 9278/2025; Cass. n. 7822/2020; varie note e circolari Agenzia Entrate-Riscossione. Per approfondimenti: Ag. Entrate-Riscossione – “Procedure esecutive”; Agenzia delle Entrate,
Hai ricevuto un pignoramento presso terzi su un credito tributario? Fatti Aiutare da Studio Monardo
L’Agenzia delle Entrate – Riscossione può procedere al pignoramento presso terzi, anche su crediti di natura tributaria vantati da un contribuente verso lo Stato o altri enti.
È il caso, ad esempio, di un credito IVA, un rimborso IRPEF o un credito d’imposta, che viene “bloccato” prima che tu possa incassarlo.
Il Fisco agisce direttamente sul terzo (es. Agenzia delle Entrate, Comune, Inps) e chiede che l’importo venga versato a copertura del tuo debito.
Ma non sempre il pignoramento è legittimo: ci sono regole precise e margini per difendersi.
Con l’assistenza dello Studio Monardo, puoi verificare la regolarità dell’atto ed eventualmente impugnarlo per tutelare il tuo credito.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Analizza l’atto di pignoramento e i documenti fiscali collegati
📑 Verifica se il credito è effettivamente pignorabile (es. certo, liquido, esigibile)
⚖️ Ti difende con opposizione davanti al giudice competente o alla giustizia tributaria
✍️ Redige istanze, memorie difensive e atti di sospensione
🔁 Ti assiste anche nei rapporti con il terzo pignorato (es. ente pubblico o amministrazione finanziaria)
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Consulente legale per imprenditori, professionisti e contribuenti in difficoltà
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia
Conclusione
Il pignoramento presso terzi di un credito tributario può bloccare risorse importanti, ma non sempre è legittimo o definitivo.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi verificare la correttezza dell’azione esecutiva, tutelare il tuo credito e difenderti in modo efficace.
📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo: