Se la tua azienda produce, importa o distribuisce encoder rotativi, encoder assoluti, encoder incrementali, trasduttori, sensori di posizione, accessori e soluzioni per automazione industriale, e oggi si trova con debiti verso Fisco, Agenzia delle Entrate Riscossione, INPS, banche o fornitori, è fondamentale intervenire rapidamente per evitare il blocco dell’attività.
Nel settore dell’automazione, anche un breve ritardo può fermare interi impianti dei clienti, bloccare linee produttive e far perdere contratti strategici.
Perché le aziende di encoder industriali accumulano debiti
- costi elevati per circuiti, ottiche, magneti, PCB e componenti elettronici di precisione
- rincari di semiconduttori e materiali importati
- pagamenti lenti da parte di integratori, costruttori di macchine e industrie
- ritardi nei versamenti di IVA, imposte e contributi
- magazzini complessi con molte varianti tecniche e configurazioni personalizzate
- investimenti costanti in R&D, firmware, test EMC e strumentazione
- difficoltà nell’ottenere fidi bancari adeguati
Cosa fare subito
- far analizzare l’intera esposizione debitoria da un professionista
- verificare quali debiti possono essere contestati, ridotti o rateizzati
- evitare accordi affrettati o piani di rientro insostenibili
- richiedere la sospensione immediata di pignoramenti o procedure esecutive
- proteggere fornitori strategici e componenti critici (schede, sensori, elettronica)
- utilizzare gli strumenti legali disponibili per ristrutturare il debito
I rischi se non intervieni
- pignoramento del conto corrente aziendale
- fermo di macchinari, strumenti di test e linee di assemblaggio
- blocco delle forniture di componenti elettronici essenziali
- impossibilità di rispettare consegne e assistenze ai clienti
- perdita di industrie, integratori, OEM e partner tecnici
- rischio concreto di chiusura dell’attività
Come può aiutarti l’avvocato Monardo
Detto questo, l’avvocato Monardo, cassazionista, coordina su tutto il territorio nazionale un team di avvocati e commercialisti specializzati in diritto bancario e tributario.
Inoltre:
- è Gestore della Crisi da Sovraindebitamento (L. 3/2012)
- è iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia
- è professionista fiduciario presso un OCC (Organismo di Composizione della Crisi)
- è Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa (D.L. 118/2021)
Può aiutarti a:
- bloccare subito pignoramenti e azioni esecutive
- ridurre o ristrutturare i debiti con strumenti normativi specifici
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- proteggere magazzino, elettronica, firmware, attrezzature e continuità operativa
- evitare che la tua azienda arrivi alla chiusura
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Introduzione
La gestione di un’azienda manifatturiera specializzata in encoder industriali (sensori di posizione per macchinari automatizzati) comporta investimenti significativi in tecnologia elettronica e meccanica di precisione, costi fissi elevati e margini spesso ridotti. In un settore ad alta intensità di capitale e know-how, è facile accumulare debiti verso banche, fornitori e Fisco, specialmente se calano gli ordinativi o aumentano i costi delle materie prime e dei componenti elettronici. Molte imprese produttrici di encoder si trovano quindi in situazioni di crisi di liquidità o sovraindebitamento, con il rischio concreto di azioni esecutive da parte dei creditori (pignoramenti di beni e conti, ingiunzioni, ecc.) e – nei casi più gravi – dell’avvio di procedure concorsuali (come il concordato preventivo o la liquidazione giudiziale).
La buona notizia è che esistono soluzioni legali per difendersi dai creditori, ristrutturare i debiti e salvare l’attività. In questa guida approfondita (aggiornata a ottobre 2025) esamineremo tutte le opzioni disponibili dal punto di vista del debitore, con un taglio giuridico-divulgativo adatto sia ad avvocati sia a imprenditori. Illustreremo innanzitutto le cause tipiche dell’indebitamento aziendale e i passi immediati da compiere per arginare l’emergenza. Analizzeremo poi gli strumenti di composizione della crisi d’impresa – dalle soluzioni stragiudiziali ai procedimenti concorsuali (composizione negoziata, accordi di ristrutturazione, concordato preventivo, concordato semplificato, ecc.) – oltre alle procedure “minori” di sovraindebitamento per piccole imprese e imprenditori individuali (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata). Dedicheremo un focus specifico alla gestione dei debiti tributari e contributivi (verso Agenzia Entrate, Agenzia Entrate-Riscossione, INPS/INAIL) che seguono regole proprie e richiedono strategie mirate. Approfondiremo inoltre i profili di responsabilità personale di soci e amministratori (ad esempio in caso di fideiussioni personali o condotte irregolari) e i rimedi contro atti dei creditori come pignoramenti, sequestri e azioni revocatorie.
Infine, proporremo alcune domande e risposte frequenti, una simulazione pratica di un caso aziendale e delle tabelle riepilogative per riassumere i concetti chiave. Tutto il percorso sarà corredato dai più recenti riferimenti normativi e giurisprudenziali (inclusi aggiornamenti 2024-2025) per offrire un quadro avanzato e aggiornato della materia. Il punto di vista adottato è quello del debitore (l’imprenditore in difficoltà), illustrando come questi possa legittimamente difendersi e quali strategie mettere in atto per superare la crisi, prevenendo nel contempo possibili azioni di responsabilità a suo carico.
Perché un’azienda accumula debiti? Cause comuni di crisi di liquidità
Nel contesto italiano, molte PMI industriali – incluse aziende high-tech come i produttori di encoder – affrontano tensioni finanziarie per una combinazione di fattori strutturali e congiunturali. Ecco alcune cause tipiche che possono portare anche un’impresa solida, come la nostra ipotetica “Encoder S.r.l.”, ad accumulare debiti:
- Ritardi nei pagamenti dei clienti: spesso i fornitori di componenti industriali subiscono ritardi o mancati pagamenti da parte dei loro clienti (ad es. grandi integratori di sistemi o costruttori di macchine). L’insoluto commerciale crea carenze di cassa a catena: se l’azienda incassa tardi, fatica a sua volta a pagare fornitori e banche, accumulando arretrati .
- Aumento dei costi e calo dei ricavi: l’inflazione delle materie prime (metalli, componenti elettronici) e dell’energia può far lievitare il costo di produzione degli encoder. Se contemporaneamente diminuiscono le commesse o i prezzi di vendita (ad es. in una fase di recessione del settore), la liquidità dell’azienda si erode rapidamente, inducendo l’imprenditore a “tirare avanti” magari omettendo pagamenti di fornitori o imposte .
- Investimenti elevati finanziati a debito: l’acquisto di macchinari CNC, robot di assemblaggio, banchi di collaudo ad alta precisione e sistemi software per produrre encoder richiede capitali ingenti. Spesso tali investimenti sono finanziati con mutui, leasing o scoperti bancari. Se il ritorno economico di queste spese tarda a concretizzarsi, l’azienda si ritrova gravata da rate eccessive rispetto ai flussi di cassa, generando squilibri finanziari .
- Revoca di affidamenti bancari: le banche, in caso di peggioramento del rating creditizio dell’azienda o di sconfinamenti, possono revocare fidi e chiedere il rientro immediato dalle linee di credito a breve termine. Ciò può togliere all’impresa la liquidità operativa necessaria, facendo precipitare una crisi temporanea in insolvenza conclamata .
- Debiti tributari e contributivi non onorati: nei momenti di difficoltà, l’imprenditore può essere tentato di rinviare i pagamenti fiscali (IVA, ritenute fiscali) o contributivi (INPS) per privilegiare stipendi e fornitori. Tuttavia, gli importi non versati al Fisco o agli enti previdenziali generano cartelle esattoriali con sanzioni e interessi che aggravano l’esposizione . Inoltre, gli enti pubblici hanno poteri esecutivi molto incisivi (fermi amministrativi su veicoli, ipoteche sugli immobili, pignoramenti sui conti) e possono attivarli rapidamente, mettendo a rischio la continuità aziendale.
- Gestione finanziaria inadeguata: a volte la causa della crisi risiede all’interno. Ad esempio, una struttura di costi fissi troppo elevata, un eccesso di scorte di magazzino immobilizzate, o l’assenza di pianificazione finanziaria e controllo di gestione possono impedire di accorgersi per tempo dello squilibrio tra entrate e uscite . Senza un sistema di monitoraggio (budget, indicatori di allerta), l’azienda potrebbe accumulare perdite per mesi prima che il management prenda coscienza della gravità della situazione.
Tutti questi elementi, isolati o combinati, possono in breve tempo produrre uno stato di crisi d’impresa. Nel lessico del Codice della Crisi e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), si definisce crisi quello stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza, mentre insolvenza è lo stato più grave in cui l’impresa non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni . Il risultato pratico è che l’azienda accumula debiti e fatica a rispettare le scadenze, esponendosi ad azioni legali dei creditori (dai solleciti di pagamento iniziali fino ai decreti ingiuntivi e ai pignoramenti). Vediamo allora come reagire immediatamente in queste circostanze.
Cosa fare subito se l’azienda ha troppi debiti
Di fronte a una situazione di indebitamento grave, la prima regola è non restare inerti. Ignorare il problema o rimandare le soluzioni peggiora soltanto la posizione del debitore, riducendo il tempo a disposizione e la fiducia dei creditori. Ecco i primi passi urgenti da compiere per difendere l’azienda e prevenire danni irreversibili:
- Non ignorare le comunicazioni dei creditori: ogni atto ufficiale (sollecito formale, decreto ingiuntivo, cartella esattoriale, avviso di accertamento tributario, precetto, ecc.) ha termini precisi per reagire. Se ricevi una notifica, anota immediatamente la data e consulta un esperto legale: ad esempio, una cartella di pagamento va pagata o contestata entro 60 giorni, un decreto ingiuntivo va opposto entro 40 giorni, un atto di pignoramento può essere sospeso solo con un provvedimento del giudice . Evitare di aprire la posta o far finta di nulla è l’errore peggiore: scaduti i termini, l’atto diventa definitivo e il creditore potrà procedere con l’esecuzione forzata senza ulteriori avvisi.
- Verificare la legittimità e l’esattezza dei debiti: non tutti i debiti reclamati sono effettivamente dovuti o calcolati correttamente. È essenziale far eseguire a un professionista un check completo delle posizioni debitorie. Spesso emergono vizi formali (notifiche viziate), prescrizioni maturate (ad es. cartelle per tributi locali prescritte in 5 anni, IVA/IRPEF in 10 anni), errori di calcolo o addebiti illegittimi (anatocismo e usura nei conti bancari, sanzioni decadute, duplicazioni) . Ad esempio, molte cartelle esattoriali possono essere annullate se il credito erariale sottostante è prescritto, oppure un decreto ingiuntivo basato su un estratto conto bancario può essere contestato se vi sono interessi ultralegali non pattuiti. Contestare il debito ingiusto o “gonfiato” è un diritto del debitore: si possono presentare ricorsi tributari, opposizioni all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., opposizioni agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. o azioni di accertamento negativo, a seconda dei casi, per far valere prescrizioni e altri vizi.
- Evitare il blocco immediato dell’attività: se temi che a breve partano pignoramenti o misure che possano paralizzare l’operatività (es. hai ricevuto un preavviso di ipoteca o un’intimazione di pagamento da Agenzia Entrate-Riscossione), è possibile tentare di congelare la situazione chiedendo misure d’urgenza al giudice. Un avvocato può ad esempio presentare un’istanza di sospensione della riscossione al giudice tributario (se hai proposto ricorso contro una cartella o un avviso fiscale) o un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. al tribunale civile se un creditore minaccia atti immediati. In ambito fiscale, la legge prevede che il ricorso contro un atto impositivo sospenda la riscossione solo su richiesta del contribuente e se si dimostra un danno grave e irreparabile . In alternativa (o in aggiunta), puoi chiedere subito una rateizzazione delle somme dovute: la concessione di un piano di rate in corso da parte dell’Agente della Riscossione blocca infatti le azioni esecutive finché sei in regola con i pagamenti . Agire prontamente su questi fronti evita che i debiti “diventino esecutivi” paralizzando la produzione.
- Proteggere i beni aziendali essenziali: è fondamentale mettere al sicuro, per quanto possibile, i beni strumentali senza i quali l’azienda non può operare (macchinari, impianti, automezzi, merci in magazzino, brevetti, ecc.). Come fare? Ad esempio valutando di ricorrere, quando si costituiscono garanzie a favore delle banche, al meccanismo del patto marciano (che evita l’escussione immediata del bene se il suo valore supera il debito garantito) oppure utilizzando strumenti contrattuali dove i beni restano di proprietà di terzi finché l’azienda adempie (ad es. leasing di macchinari, in cui i macchinari restano della società di leasing fino all’ultimo canone) . Nei limiti del lecito, si può anche pensare a vincoli di protezione del patrimonio dell’imprenditore: ad esempio destinare alcuni asset personali a un fondo patrimoniale familiare o a un trust prima che sorgano i debiti, per sottrarli ad eventuali futuri creditori. Attenzione però: se tali atti vengono compiuti quando l’azienda è già insolvente o in odore di fallimento, potrebbero essere revocati come atti in frode ai creditori, e addirittura integrare reati di bancarotta se finalizzati a sottrarre risorse ai creditori . In generale, spostare o occultare beni dopo che il credito è già insorto è molto pericoloso: si rischiano azioni revocatorie dal curatore (se poi si fallisce) e persino sanzioni penali per bancarotta fraudolenta (distrazione di beni). La prevenzione è la chiave: finché l’azienda è ancora in bonis, certi strumenti leciti di segregazione patrimoniale possono essere utilizzati; farlo quando il dissesto è in atto può aggravare la posizione degli amministratori.
- Avviare trattative con i creditori strategici (moratorie, piani di rientro): un errore comune del piccolo imprenditore è tentare accordi informali e dell’ultimo minuto con i creditori più “rumorosi” – ad esempio, pagare il fornitore che minaccia causa immediata, trascurando gli altri. Ciò crea pericolose sperequazioni (pagamenti preferenziali) e comunque non risolve il problema sistemico. È invece preferibile affidare a un legale esperto in crisi d’impresa il compito di contattare formalmente banche e fornitori principali, per negoziare moratorie o piani di rientro sostenibili . Un avvocato può ottenere, ad esempio, che la banca sospenda temporaneamente le rate di mutuo (moratoria) o proroghi i fidi, oppure che i fornitori dilazionino i pagamenti dovuti. Queste negoziazioni “in bonis” spesso convengono anche ai creditori, specie se l’alternativa sarebbe perdere tutto in un fallimento. È fondamentale formalizzare per iscritto ogni accordo (tramite accordi transattivi o piani attestati di risanamento – v. oltre) per renderlo vincolante e protetto. Inoltre, coinvolgere un commercialista può aiutare a redigere un credibile business plan di risanamento da sottoporre ai creditori, così da dare maggiore fiducia sulla futura solvibilità.
Queste prime mosse mirano essenzialmente a prendere tempo e stabilizzare la situazione, evitando che i debiti “degenerino” in iniziative esecutive irreversibili e che l’attività venga interrotta. Ogni situazione è diversa: un consulente specializzato valuterà quali tra queste azioni siano praticabili e prioritarie. Ad esempio, se l’azienda di encoder ha macchinari critici in leasing, si dovrà dare precedenza a evitare che il leasing risolva il contratto e si riprenda i beni (eventualmente trovando un accordo con la società di leasing). Se invece il grosso del debito è verso il Fisco, sarà cruciale attivarsi subito per ottenere un piano di rateizzazione o aderire a una definizione agevolata, in modo da bloccare i recuperi coattivi del Fisco e degli enti previdenziali .
Soluzioni legali per un’azienda indebitata: panoramica
Superata la fase emergenziale, occorre impostare una strategia di medio termine per gestire e ridurre il debito complessivo. Le possibilità variano a seconda della forma giuridica dell’impresa (società di capitali, società di persone, ditta individuale) e della gravità dell’insolvenza. In generale, gli strumenti si dividono in soluzioni stragiudiziali (accordi privatistici con i creditori) e procedure concorsuali (soluzioni giudiziali regolate dalla legge, con effetti erga omnes). Ecco un elenco delle principali opzioni di risanamento del debito aziendale, con i relativi effetti:
- Rateizzazione dei debiti fiscali fino a 120 rate: permette di diluire fino a 10 anni il pagamento di imposte o contributi dovuti, mantenendo il Fisco “a bada” (finché il piano di rateazione è attivo, l’Agente della Riscossione non avvia pignoramenti) . Si tratta di uno strumento amministrativo, concesso direttamente dall’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate-Riscossione) se ricorrono i requisiti di legge (vedi la sezione sui debiti tributari più avanti). Nota: dal 2025, grazie a una riforma della riscossione attuata col D.Lgs. 110/2024, le possibilità di dilazione sono state ulteriormente ampliate: ad esempio, per importi fino a 120.000 € si possono ottenere piani fino a 84-96 rate senza dover dimostrare lo stato di difficoltà, e fino a 120 rate (10 anni) in caso di comprovata situazione di crisi . La decadenza dalla rateizzazione avviene solo con 8 rate non pagate (anche non consecutive), estese dalle 5 previste in passato .
- Saldo e stralcio con banche o fornitori: consiste in un accordo transattivo individuale in cui il creditore acconsente a rinunciare a una parte del credito, a fronte di un pagamento immediato (o in tempi brevi) di una percentuale concordata del dovuto . È una soluzione frequente ad esempio con le banche (soprattutto su posizioni deteriorate): l’istituto può accettare, poniamo, il 50% subito, preferendo “prendere il sicuro” invece di affrontare lunghe azioni legali dall’esito incerto. Un accordo a saldo e stralcio non vincola gli altri creditori – è un accordo bilaterale – ma può alleggerire molto la situazione togliendo dal tavolo alcuni debiti chiave (ad es. estinguendo il mutuo ipotecario con una banca, che spesso è il creditore più rilevante). Si raccomanda di formalizzare il saldo a stralcio per iscritto, eventualmente con quietanza liberatoria, onde evitare sorprese.
- Composizione negoziata della crisi d’impresa: è uno strumento nuovo (introdotto nel 2021 col D.L. 118/2021, conv. in L. 147/2021) e ora disciplinato nel Codice della Crisi (artt. 12-25 del D.Lgs. 14/2019). Si tratta di una procedura volontaria stragiudiziale assistita da un esperto indipendente, finalizzata a facilitare la negoziazione di accordi tra l’impresa e i suoi creditori . L’imprenditore mantiene la gestione dell’azienda (debtor in possession), ma beneficia della guida di un esperto nominato dalla Camera di Commercio e – se necessario – può chiedere al Tribunale misure protettive temporanee (ossia la sospensione delle azioni esecutive da parte dei creditori). La composizione negoziata è indicata per imprese in stato di crisi reversibile (anche quando vi è già insolvenza, purché non irreversibile ) che vogliono evitare l’insolvenza conclamata trovando un accordo rapido e riservato. Se ha esito positivo, la composizione può sfociare in diversi output: un semplice accordo stragiudiziale con alcuni creditori; oppure un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (se si raggiungono le percentuali di adesione richieste); oppure, in caso di mancato accordo totale, un concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio . Se invece la composizione fallisce, l’imprenditore può comunque passare ad altre procedure formali (concordato preventivo o liquidazione) senza incorrere in sanzioni o pregiudizi (come vedremo, aver tentato la composizione negoziata è considerato segno di diligenza, non una colpa) .
- Opposizione ad atti esecutivi illegittimi: nel caso in cui alcuni creditori abbiano già avviato azioni esecutive (pignoramenti su conti, ipoteche, fermi amministrativi su veicoli, sequestri conservativi, ecc.), è possibile difendersi in giudizio per guadagnare tempo o eliminare vincoli irregolari. Ad esempio, si può fare opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. se il titolo esecutivo è viziato (es. il decreto ingiuntivo non è definitivo, o il bene pignorato è impignorabile per legge), oppure opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. se vi sono irregolarità procedurali nella notifica o nello svolgimento del pignoramento . Anche l’ipoteca esattoriale iscritta da Agenzia Entrate-Riscossione può essere contestata se violativa di legge (ad es. iscritta su debiti sotto la soglia di 20.000 € prevista, o senza la previa notifica dell’intimazione). Benché queste azioni legali non risolvano il debito sottostante, possono guadagnare tempo prezioso o rimuovere ostacoli (ad esempio, cancellare un’ipoteca illegittima per poter rifinanziare un immobile).
- Rinegoziazione di mutui e leasing: spesso è possibile ristrutturare i debiti bancari anche senza ricorrere alle procedure concorsuali formali. Il debitore può chiedere alla banca un piano di rientro con rate più basse e durata estesa, magari offrendo garanzie aggiuntive (es. una fideiussione personale, o un’ipoteca secondaria su altri beni) per rendere l’accordo più accettabile. Dal 2019 esistono anche le “convenzioni di moratoria” ABI per le PMI: accordi quadro promossi dall’Associazione Bancaria Italiana che consentono sospensioni o allungamenti standardizzati dei mutui alle piccole imprese in difficoltà . Anche un leasing può essere rinegoziato, ad esempio concordando il pagamento graduale degli arretrati e posticipando il riscatto finale. Chiaramente, ogni banca o società di leasing valuta caso per caso, ma presentare un piano credibile (meglio se supportato da un advisor finanziario) può portare a un’intesa che eviti la decadenza del finanziamento.
- Procedure di sovraindebitamento per piccole imprese (c.d. “concordato minore”): se la nostra ipotetica “Encoder S.r.l.” rientra nella categoria dei soggetti non fallibili (ad es. è un’impresa sotto le soglie di fallibilità, oppure un imprenditore individuale artigiano, o una start-up innovativa, o ancora un professionista), non potrà accedere né al concordato preventivo né subire liquidazione giudiziale (fallimento) secondo le regole ordinarie . Questi soggetti “minori” possono però ricorrere alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, introdotte originariamente con la L. 3/2012 (cosiddetta “legge salva suicidi”) e ora riordinate nel Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019). In concreto, l’imprenditore sovraindebitato può proporre: un piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (se è una persona fisica consumatore) oppure un concordato minore (se è un imprenditore “minore” sotto soglia) per pagare i creditori in misura anche parziale e ottenere l’esdebitazione del residuo . Approfondiremo più avanti i dettagli di queste soluzioni concorsuali “minori”. Sono strumenti molto utili anche per l’eventuale socio o garante che abbia debiti personali derivanti dal dissesto dell’azienda (possono infatti liberare anche i coobbligati che vi partecipano).
- Concordato preventivo (per società in crisi o insolventi): è la procedura concorsuale “regina” per le aziende di dimensioni medio-grandi. Il concordato preventivo consiste in un piano di risanamento o liquidazione, soggetto all’approvazione dei creditori e all’omologazione del Tribunale, che consente all’impresa di evitare la liquidazione giudiziale (il vecchio fallimento) . In concreto, l’azienda propone ai creditori un soddisfacimento parziale (ad es. una percentuale sui crediti chirografari) e/o differito (pagamenti dilazionati) e può prevedere la continuità aziendale (se prosegue l’attività durante e dopo il concordato) oppure la cessazione dell’attività e liquidazione dei beni (concordato liquidatorio). Se i creditori votano a favore (è richiesta la maggioranza dei crediti ammessi al voto, calcolata per classi, salvo maggioranze rafforzate in alcuni casi) e il Tribunale giudica il piano fattibile e conforme alla legge, il concordato viene omologato e vincola tutti i creditori anteriori, anche quelli dissenzienti . Durante la procedura, l’impresa è protetta da un automatic stay: dal deposito del ricorso per concordato, i creditori non possono iniziare né proseguire azioni esecutive individuali né acquisire nuove cause di prelazione (salvo autorizzazione del giudice) . Il nuovo Codice della Crisi ha introdotto importanti novità, tra cui il concordato semplificato (senza voto dei creditori, riservato ai casi di composizione negoziata fallita, solo con liquidazione del patrimonio) e il cosiddetto cram-down fiscale (di cui diremo a breve) che consente al Tribunale di omologare un concordato anche senza il voto favorevole del Fisco, se il piano assicura all’Erario almeno quanto otterrebbe in caso di liquidazione . Il concordato è una procedura complessa ma potente: può permettere un vero rilancio se in continuità (tagliando debiti e conservando l’azienda operativa), oppure una chiusura ordinata dell’impresa con esdebitazione finale dei debiti residui (nel concordato liquidatorio, la società si estingue liberandosi dei debiti non soddisfatti ).
Come si nota, le soluzioni vanno da interventi negoziali privati (più rapidi e riservati, ma efficaci solo tra le parti che li sottoscrivono) a procedure giudiziali concorsuali (più strutturate, con effetti verso tutti i creditori, ma anche più lente e onerose sotto il controllo del tribunale). La scelta dipende dalla situazione concreta dell’impresa: livello dei debiti, numero e tipologia di creditori e la loro disponibilità a trattare, prospettive di risanamento o necessità di liquidazione. In genere, è saggio percorrere inizialmente la via meno traumatica (accordi stragiudiziali volontari) e riservare l’accesso al Tribunale come ultima ratio, oppure quando vi sia bisogno di una protezione legale generale dai creditori (il famoso “scudo” che solo una procedura concorsuale può garantire).
Nei capitoli successivi esamineremo più in dettaglio due fronti fondamentali per il debitore: (A) la gestione dei debiti tributari e previdenziali, che seguono regole proprie e per i quali la legge offre strumenti specifici di composizione; (B) le varie procedure concorsuali e di sovraindebitamento disponibili, con le rispettive caratteristiche e condizioni d’accesso (inclusa la composizione negoziata). Successivamente analizzeremo i profili di responsabilità personale per soci e amministratori e infine proporremo le FAQ e il caso pratico già anticipati.
Focus: debiti fiscali e contributivi – come gestirli e difendersi dal Fisco
Uno degli aspetti più delicati per un’azienda indebitata è la gestione dei debiti verso l’Erario e gli enti previdenziali (principalmente Agenzia delle Entrate, Agenzia Entrate-Riscossione – ex Equitalia – e INPS). Questi crediti godono di cause di prelazione (privilegi) e l’ordinamento prevede per essi strumenti di riscossione coattiva particolarmente incisivi e procedure dedicate. Vediamo dunque le strategie e gli strumenti per affrontarli efficacemente dal punto di vista del debitore.
- Accertamenti fiscali e cartelle esattoriali – difesa nel merito e nella forma: se l’Agenzia delle Entrate contesta imposte non versate (IVA, IRES, IRPEF) emettendo un avviso di accertamento, è possibile presentare ricorso entro 60 giorni alla competente Corte di Giustizia Tributaria (ex Commissione Tributaria) per far annullare o ridurre la pretesa fiscale. Analogamente, quando arriva una cartella di pagamento (che è l’atto con cui Agenzia Entrate-Riscossione richiede le somme risultanti da ruoli esecutivi per imposte o contributi non pagati), si può proporre ricorso entro 60 giorni se vi sono vizi formali o motivi di merito per contestare il debito. Durante il giudizio tributario, pagando 1/3 delle imposte accertate entro 60 giorni, si evita l’iscrizione a ruolo della parte restante grazie all’istituto dell’accertamento con adesione (che sospende i termini di impugnazione). Inoltre – come già detto – è fondamentale chiedere al giudice tributario la sospensione provvisoria della riscossione in pendenza di ricorso, per bloccare eventuali pignoramenti nel frattempo . Va tenuto presente che molte cartelle esattoriali scaturiscono non da accertamenti, ma dal mancato versamento di imposte dichiarate (es. IVA dovuta dalla liquidazione periodica, o ritenute risultanti dai modelli F24 non pagati). In tali casi non c’è un “merito” fiscale da discutere (il debito è certo), ma restano possibili difese su vizi formali della cartella (notifica nulla, difetto di motivazione) e soprattutto verificare se il credito è prescritto. I termini di prescrizione delle cartelle sono generalmente di 5 anni per contributi previdenziali e tributi locali, 10 anni per i tributi erariali (IRPEF, IVA, IRES), salvo atti interruttivi che facciano decorrere da capo il termine .
- Rateizzazione ordinaria e “straordinaria” dei carichi fiscali: lo strumento principale per gestire debiti fiscali certi, liquidi ed esigibili è la rateizzazione prevista dall’art. 19 del DPR 602/1973. Tradizionalmente, l’Agente della Riscossione poteva concedere piani fino a 72-120 rate mensili (6-10 anni) in presenza di temporanea difficoltà finanziaria. Recentemente, con la riforma introdotta dal D.Lgs. 110/2024 (attuativo della L. 111/2023) in vigore dal 1º gennaio 2025, le possibilità di dilazione sono state ampliate . In sintesi:
- Per importi fino a 120.000 € (per singola istanza), il debitore può ottenere un piano senza necessità di provare la difficoltà: fino a 84 rate mensili (7 anni) per richieste presentate nel 2025-2026 (che salgono a 96 rate per istanze 2027-2028 e 108 rate dal 2029) . Questa è una rateazione “automatica” su semplice domanda.
- Se il debitore documenta una temporanea situazione di obiettiva difficoltà (tramite indici finanziari, bilanci, o – per le persone fisiche – ISEE), può accedere a piani più lunghi fino a 120 rate (10 anni). In particolare, per debiti fino a 120.000 €, l’AdER può concedere da 85 a 120 rate (a seconda del grado di difficoltà) per istanze 2025-2026, da 97 a 120 rate per 2027-2028, e da 109 a 120 rate dal 2029 in poi . Per debiti oltre 120.000 €, con adeguata dimostrazione, la dilazione arriva comunque fino a 120 rate in tutti gli anni. Queste nuove soglie rendono più agevole dilazionare importi anche elevati.
- La rata minima è contenuta (attualmente €50). La decadenza dal beneficio si ha se non si pagano 8 rate anche non consecutive (in precedenza 5): solo a quel punto l’intero debito residuo diventa immediatamente esigibile.
Un piano di rateazione accordato e in regola impedisce nuovi pignoramenti da parte dell’Agente della Riscossione finché il contribuente rispetta le scadenze . Attenzione però: la rateizzazione non riduce l’importo dovuto (salvo casi di sgravio di interessi di mora in alcune situazioni), ma consente di spalmare il pagamento nel tempo con interessi relativamente contenuti. Va quindi usata per guadagnare sostenibilità finanziaria, ma parallelamente è opportuno cercare di migliorare la situazione – ad esempio valutando future definizioni agevolate o proponendo una transazione fiscale in sede concorsuale (v. oltre).
- Definizioni agevolate (“rottamazioni” e “saldo e stralcio” fiscali): negli ultimi anni il legislatore ha varato diverse misure straordinarie di condono parziale dei debiti fiscali iscritti a ruolo. Le cosiddette rottamazioni delle cartelle (edizioni 2016, 2017, 2018, 2023…) consentono di pagare i ruoli esattoriali scontando sanzioni e interessi di mora, versando solo le imposte/contributi e un ristoro spese . Ad esempio, la Definizione agevolata 2023 (prevista dalla L. 197/2022, legge di bilancio 2023) ha permesso di estinguere i carichi affidati all’Agente della Riscossione dal 2000 al 2017 versando solo le somme dovute a titolo di tributo o contributo, con stralcio integrale di sanzioni e interessi . Un’altra misura è stato il Saldo e Stralcio 2019 per persone fisiche in difficoltà economica (L. 145/2018), che abbuonava una percentuale del debito in base all’ISEE del contribuente. Queste opportunità, quando aperte, vanno colte presentando istanza entro i termini di legge. È importante notare che la presentazione della domanda di rottamazione sospende le azioni di recupero sui debiti inclusi: eventuali pignoramenti in corso, vendite all’asta, fermi, ecc. vengono congelati . E se l’adesione viene perfezionata e le rate agevolate vengono pagate regolarmente, al termine del piano la parte di debito condonata è cancellata definitivamente. Conviene dunque monitorare costantemente se vi siano definizioni agevolate vigenti. Attenzione: se però l’impresa viene dichiarata in liquidazione giudiziale (fallimento) durante il piano agevolato, perde il beneficio della rottamazione, e i crediti pubblici tornano esigibili per intero . In altre parole, le sanatorie fiscali presuppongono che il debitore non entri in procedura concorsuale liquidatoria nel frattempo.
- Transazione fiscale e contributiva nei piani di risanamento: all’interno di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione dei debiti, il debitore può proporre una transazione fiscale (art. 63 CCII, ex art. 182-ter L. Fall.) per definire in maniera agevolata i debiti tributari e contributivi. In pratica, si propone il pagamento parziale e/o dilazionato delle somme dovute al Fisco e agli enti previdenziali. Questa proposta, per avere efficacia, richiede il voto favorevole dell’Agenzia delle Entrate e degli enti coinvolti (nel concordato preventivo) o la loro adesione formale (nell’accordo di ristrutturazione) . In passato vigeva un rigido principio di “favor Fiscus”: senza il consenso espresso dell’Erario, il tribunale non poteva omologare un concordato che prevedesse stralci di IVA o ritenute, neppure se il piano era più vantaggioso per il Fisco rispetto al fallimento. Questo orientamento però è cambiato di recente: la Suprema Corte, con la sentenza Cass. civ. sez. I n. 27782/2024, ha sancito che il dissenso del Fisco non è più assoluto quando la proposta è più conveniente per l’Erario rispetto all’alternativa liquidatoria . In altre parole, oggi è possibile il cram-down fiscale nel concordato preventivo: il Tribunale può omologare il concordato anche senza il voto favorevole dell’Agenzia Entrate e dell’INPS, purché il piano garantisca a tali enti una soddisfazione almeno pari a quella ricavabile da una liquidazione fallimentare . Questo principio, confermato appunto da Cass. 27782/2024 e recepito nel Codice della Crisi come modifica all’art. 48, consente alle imprese di includere nei piani concordatari forti riduzioni di imposte e contributi, a patto di dimostrare la convenienza per il Fisco . Resta ferma la necessità di pagare integralmente l’IVA e le ritenute per poter avere il voto favorevole (l’Amministrazione finanziaria su questi tributi di regola non transige sotto il 100% ), ma se il voto è contrario ed è comunque assicurato il trattamento di maggior favore rispetto al fallimento, il giudice può superare l’opposizione fiscale in sede di omologa. Negli accordi di ristrutturazione, invece, permane la regola che per falcidiare i tributi serve l’adesione dell’ente (il tribunale non può omologare contro un diniego espresso dell’Erario su un accordo stragiudiziale) .
In definitiva, la gestione dei debiti fiscali richiede un mix di difesa tecnica (contestazioni e sospensioni quando possibili) e di soluzioni dilatorie o transattive (rateazioni, rottamazioni, transazioni in procedure). Un imprenditore accorto, assistito dal consulente, cercherà di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per congelare nell’immediato le aggressioni del Fisco (es. presentare un ricorso tributario con richiesta di sospensiva, o una domanda di rateazione), e parallelamente pianificherà un percorso di rientro o di ristrutturazione del debito fiscale nel medio termine. È fondamentale tenere presente che i debiti erariali e previdenziali, se non risolti, rappresentano una minaccia costante: l’Agenzia Entrate-Riscossione può iscrivere ipoteca sugli immobili aziendali, bloccare i conti, o pignorare crediti verso terzi (es. crediti dell’azienda verso i clienti) con rapidità ed efficacia. Dunque questi debiti meritano priorità nelle strategie di risanamento.
(Si rimanda alla sezione FAQ per ulteriori chiarimenti, ad esempio sul trattamento dei debiti fiscali in caso di concordato o su quali debiti tributari restano esclusi da esdebitazione.)
Strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza: panoramica operativa
A questo punto, approfondiamo le principali procedure concorsuali e strumenti affini, introdotti dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) e successive modifiche, che l’imprenditore indebitato può utilizzare per gestire la crisi in modo ordinato e con tutela legale. Ricordiamo innanzitutto che non tutte le imprese possono accedere a tutte le procedure: la normativa esclude dalle procedure maggiori (concordato preventivo, liquidazione giudiziale) gli imprenditori “minori” sotto soglia, gli imprenditori agricoli e gli enti non commerciali . Tali soggetti rientrano invece nelle procedure di sovraindebitamento. Le società commerciali di dimensioni medio-grandi (es. S.r.l., S.p.A., S.a.p.a., società di persone oltre soglia) sono soggette alle procedure concorsuali ordinarie. Ecco dunque una rassegna sintetica delle procedure di regolazione della crisi, con caratteristiche principali, per capire differenze e requisiti.
- Concordato preventivo: riservato a imprese “fallibili” (commerciali sopra soglia) in stato di crisi o insolvenza, che vogliono evitare la liquidazione giudiziale offrendo un piano ai creditori . Può essere presentato in due forme: in continuità aziendale (l’impresa prosegue l’attività, eventualmente ristrutturandosi, e paga i creditori col ricavato prospettico della prosecuzione) oppure liquidatorio (cessazione attività e vendita dei beni, ma utilizzando il concordato invece del fallimento per garantire comunque una percentuale e regolare la procedura). Il concordato richiede l’approvazione delle maggioranze di legge: i creditori votano divisi in classi omogenee e serve il voto favorevole di almeno la maggioranza dei crediti ammessi al voto (calcolata per classi; se sono previste più classi, in certe ipotesi serve anche il voto favorevole di 2/3 dei crediti in ciascuna classe) . Una volta omologato dal Tribunale, il concordato è vincolante per tutti i creditori anteriori ed il debitore ottiene la esdebitazione a fine adempimento (ossia la liberazione dai debiti residui non pagati secondo il piano) . Per le società, ciò si traduce nella chiusura dell’attività senza trascinarsi pendenze (se liquidatorio la società verrà cancellata senza debiti; se in continuità i crediti falcidiati sono estinti per effetto dell’omologa e del successivo adempimento del piano) . Il Tribunale, nel concordato, svolge un ruolo di controllo fondamentale: all’ammissione nomina un Commissario Giudiziale di vigilanza, verifica la fattibilità e legalità del piano e giudica la convenienza per i creditori dissenzienti in sede di omologa (può anche rifiutare l’omologa se ritiene che un creditore oppositore avrebbe trattamenti migliori in fallimento). Durante il concordato opera il già citato automatic stay: dal deposito del ricorso (o dal provvedimento di apertura) i creditori non possono iniziare né proseguire azioni esecutive individuali né acquisire pegni/ipoteche sui beni del debitore . Il Codice della Crisi ha introdotto alcune varianti e incentivi: ad esempio il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 25-sexies CCII) – procedura senza voto dei creditori, molto più rapida, riservata però al caso particolare in cui una composizione negoziata sia terminata senza accordo . Inoltre sono previste facilitazioni per la continuità aziendale: come la prededucibilità di eventuali finanziamenti interinali autorizzati durante il concordato (per favorire l’afflusso di nuova finanza) e la possibilità, citata prima, del cram-down fiscale (omologa nonostante dissenso del Fisco se soddisfatto almeno come in liquidazione) . Va detto che il concordato è una procedura pubblica (pubblicazione al Registro Imprese), relativamente lunga (possono volerci molti mesi tra il deposito, l’adunanza dei creditori, il voto e l’omologa) e costosa (sono dovute spese concorsuali, un fondo spese iniziale, compensi per organi nominati e attestatori). È però spesso l’unica via per ristrutturare ordinatamente aziende medio-grandi, garantendo parità di trattamento e trasparenza.
- Liquidazione giudiziale (ex fallimento): è la procedura concorsuale liquidatoria per eccellenza, oggi disciplinata dal CCII. Si apre su ricorso di un creditore, del debitore stesso o d’ufficio (PM), quando l’impresa è insolvente (incapace di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni) . La sentenza di apertura comporta lo spossessamento dell’imprenditore dalla gestione e la nomina di un Curatore che amministra e liquida tutto il patrimonio aziendale per distribuire il ricavato ai creditori secondo le cause di prelazione. È una procedura dagli effetti dirompenti: l’azienda normalmente cessa l’attività (salvo esercizio provvisorio autorizzato dal Tribunale in casi eccezionali), i dipendenti vengono licenziati e i beni venduti all’asta . Tuttavia, per il debitore onesto ma sfortunato esiste l’istituto dell’esdebitazione post-liquidazione: una volta chiuso il fallimento, se l’ex imprenditore persona fisica ha collaborato e non ha commesso irregolarità, il Tribunale lo libera dai debiti residui non soddisfatti (questo meccanismo, introdotto per la prima volta nel 2012 e confermato dal CCII, è in linea col principio europeo del “fresh start”). Da evidenziare che se la liquidazione giudiziale riguarda una società di persone, per legge essa si estende automaticamente ai soci illimitatamente responsabili (art. 256 CCII, ex art. 147 L. Fall.) : ad esempio, fallita una SNC o SAS, falliscono anche i singoli soci e il Curatore potrà aggredire i loro patrimoni personali. Questo rende la posizione dei soci di società di persone molto delicata (v. oltre in tema di responsabilità personali). La liquidazione giudiziale può essere richiesta anche durante un concordato preventivo qualora quest’ultimo fallisca (cosiddetta “istanza di fallimento in pendenza di concordato”). Per i soggetti non fallibili, esiste invece la liquidazione controllata del sovraindebitato (di cui diremo sotto) come equivalente del fallimento.
- Accordi di ristrutturazione dei debiti (ADR): sono accordi stragiudiziali omologati dal tribunale con cui l’impresa in crisi trova un consenso con una parte significativa dei creditori, vincolandoli ad un piano di ristrutturazione. La legge (art. 57 CCII, ex art. 182-bis L. Fall.) richiede l’adesione di almeno il 60% dei crediti totali . I creditori che firmano l’accordo si impegnano a quanto pattuito (ad es. accettano una riduzione o una dilazione del credito); quelli non aderenti restano esclusi dall’accordo, e devono essere pagati integralmente alle loro scadenze (salvo eccezioni di “efficacia estesa” per alcune categorie). Una volta che il Tribunale omologa l’accordo, però, esso acquista efficacia esecutiva anche verso eventuali creditori dissenzienti, purché questi ultimi siano comunque soddisfatti per intero secondo il piano . Esistono vari tipi di accordi di ristrutturazione, introdotti dal Codice della Crisi per attuare la Direttiva UE 2019/1023:
- Accordo standard: quorum 60% dei crediti, come detto. Offre una protezione limitata dalle azioni esecutive: dal deposito dell’accordo in Tribunale il debitore può chiedere la sospensione delle azioni esecutive e cautelari solo riguardo ai creditori che aderiscono . È utile quando si ha già un’intesa con la maggioranza dei creditori e si vuole renderla vincolante anche per eventuali dissenzienti passivi (che comunque vanno pagati integralmente).
- Accordo agevolato: introdotto dal CCII (art. 60), consente un quorum abbassato al 30% dei crediti, a patto che i creditori estranei (che non aderiscono) vengano comunque pagati integralmente entro 120 giorni dall’omologa (se privilegiati) o entro 120 giorni dalla scadenza originaria (se chirografari) . È pensato per facilitare la ristrutturazione quando solo una minoranza qualificata di creditori è disponibile a negoziare, ma richiede che il debitore abbia risorse per garantire il pagamento “fuori accordo” di tutti gli altri.
- Accordo ad efficacia estesa: previsto dall’art. 61 CCII per particolari categorie omogenee di creditori finanziari (banche e intermediari finanziari, obbligazionisti). Se aderiscono creditori finanziari rappresentanti almeno il 75% dei crediti di quella categoria, l’accordo può essere esteso dal tribunale anche ai creditori finanziari dissenzienti appartenenti alla medesima categoria . Questo strumento serve a superare l’eventuale ostruzionismo di singoli istituti finanziari (holdout) quando la stragrande maggioranza ha accettato la ristrutturazione.
- Convenzione di moratoria: strumento (art. 62 CCII) in cui le banche e gli intermediari finanziari concordano volontariamente di sospendere le azioni di recupero e concedere dilazioni uniformi al debitore, purché aderiscano una certa percentuale di essi (solitamente il 75%) . Serve a dare respiro temporaneo all’impresa in crisi, congelando la posizione per il tempo necessario a predisporre soluzioni di più ampio respiro (ad es. in vista di un concordato o di un aumento di capitale). È assimilabile alle moratorie ABI su base negoziale.
Negli ADR, a differenza del concordato, non c’è un voto assembleare di tutti i creditori: conta solo la percentuale di adesioni scritte raccolte dal debitore . I creditori non aderenti restano fuori dall’accordo (salvo i casi speciali di efficacia estesa sopra descritti), quindi l’azienda deve comunque pagarli integralmente alle loro scadenze. Perciò questo strumento funziona bene quando il grosso dell’esposizione è verso pochi creditori disponibili a negoziare (tipicamente banche) mentre i piccoli debiti sono marginali o gestibili a parte. Il vantaggio è la rapidità e riservatezza: l’omologa avviene in tempi relativamente brevi e il controllo giudiziale è meno invasivo rispetto a un concordato . Dal momento dell’omologa, l’accordo omologato vale come titolo esecutivo e i creditori aderenti non possono agire al di fuori di esso.
- Piani attestati di risanamento: pur non essendo vere e proprie procedure concorsuali, meritano menzione. Previsti dall’art. 56 CCII (già art. 67, co. 3, lett. d) L.F.), sono piani di risanamento aziendale predisposti dall’imprenditore e asseverati da un esperto indipendente, volti a riequilibrare la situazione finanziaria dell’impresa . Se vengono effettivamente realizzati e pubblicati presso il Registro delle Imprese, offrono al debitore una protezione importante: le operazioni compiute in esecuzione del piano sono esenti da azioni revocatorie fallimentari nel caso in cui poi l’azienda dovesse comunque fallire . Il piano attestato è dunque uno strumento privatistico e flessibile: non richiede l’adesione di percentuali predeterminate di creditori (basta trovare un accordo coi creditori che si vogliono coinvolgere) né l’intervento del giudice; è però necessario che un professionista terzo (attestatore) dichiari la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano. Viene spesso utilizzato per ristrutturazioni “leggere”, ad esempio per rinegoziare debiti bancari con nuova finanza, in quanto consente di formalizzare un accordo di risanamento con efficacia protettiva (safe harbor) in caso di successiva insolvenza. Va ricordato che il piano attestato non congela di per sé le azioni esecutive dei creditori (non essendo una procedura, non c’è automatic stay); tuttavia, nella pratica, molte banche accettano un piano attestato in buona fede come alternativa meno onerosa e più rapida rispetto a un concordato, sospendendo le azioni in corso durante la trattativa .
- Procedure di sovraindebitamento (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata): come accennato, il Codice della Crisi ha riordinato le procedure destinate ai debitori civili o alle imprese non fallibili. Vediamole brevemente:
- Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore: (art. 67 CCII, ex “piano del consumatore” L. 3/2012) – destinato a persone fisiche sovraindebitate che non sono imprenditori (famiglie, lavoratori dipendenti, pensionati). Consente di proporre al giudice un piano di pagamento, anche parziale e/o dilazionato, di tutti i debiti, senza necessità del consenso dei creditori (che infatti non votano in questa procedura) . Il Tribunale omologa il piano se ritiene il debitore meritevole (in sintesi: non deve aver colposamente aggravato la sua situazione né contratto debiti irresponsabilmente) e se la proposta assicura ai creditori il massimo soddisfacimento possibile date le risorse del debitore . È una procedura molto vantaggiosa per il debitore onesto, perché consente di ottenere la cancellazione totale dei debiti residui al termine del piano (esdebitazione), anche senza l’accordo dei creditori, purché il giudice valuti equa la proposta . Ovviamente richiede che il debitore disponga di un minimo di entrate per pagare la quota offerta (ad es. una parte dello stipendio per alcuni anni).
- Concordato minore: (artt. 74-80 CCII, ex “accordo di composizione con i creditori” L. 3/2012) – è la procedura pensata per imprenditori minori, imprenditori agricoli, start-up innovative e professionisti, con debiti sia personali che d’impresa. Funziona in modo analogo a un concordato preventivo semplificato: il debitore, con l’ausilio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC), elabora una proposta di ristrutturazione e la sottopone ai creditori, che votano. Serve il consenso di almeno il 60% dei crediti (salvo possibilità di costituire classi separate) . Diversamente dal piano del consumatore, qui i creditori partecipano attivamente e possono influire sull’esito. Una volta depositata la proposta con l’attestazione di fattibilità dell’OCC, il tribunale convoca i creditori per il voto (anche con modalità telematiche). Raggiunta la maggioranza richiesta, il Tribunale omologa l’accordo rendendolo vincolante per tutti i creditori coinvolti . Il concordato minore consente anche la continuità aziendale di piccole attività (artigiani, ditte individuali) evitando la liquidazione, con l’obiettivo di soddisfare i creditori in misura migliore rispetto a uno scenario liquidatorio. Anche qui è prevista l’esdebitazione finale del debitore persona fisica al termine dell’esecuzione dell’accordo .
- Liquidazione controllata del sovraindebitato: (artt. 268-277 CCII, ex “liquidazione del patrimonio” L. 3/2012) – è l’equivalente di un fallimento personale o di piccola impresa non fallibile. Si applica quando il debitore sovraindebitato non è in grado di offrire alcun piano sostenibile né ha le maggioranze di creditori disponibili a un accordo. Può essere richiesta volontariamente dal debitore oppure aperta d’ufficio su istanza dei creditori o del PM in alcuni casi . Il Tribunale nomina un Liquidatore che gestisce e vende i beni del debitore (salvaguardando quelli impignorabili per legge, es. beni di prima necessità) e distribuisce il ricavato ai creditori secondo le prelazioni. La procedura dura al massimo 3 anni per le persone fisiche (durata introdotta per evitare liquidazioni interminabili) al termine dei quali, se il debitore ha collaborato, ottiene l’esdebitazione completa dei debiti chirografari non soddisfatti . Durante la liquidazione controllata, il debitore è protetto dalle azioni esecutive individuali: tutti i creditori devono far valere le proprie ragioni nell’ambito della procedura (insinuandosi al passivo), e non possono aggredire separatamente i beni . Il senso di questa procedura è consentire anche al piccolo debitore onesto di “fallire e ripartire pulito entro pochi anni” , anziché essere inseguito a vita dai creditori. Tra le novità del CCII: è possibile escludere la casa di abitazione dalla liquidazione se il debitore persona fisica continua a pagare le rate del mutuo, evitando così la perdita dell’immobile familiare; inoltre si può presentare una procedura unitaria per l’intero nucleo familiare sovraindebitato (se più membri della famiglia condividono debiti, si può chiedere una liquidazione congiunta) .
- Esdebitazione del debitore incapiente: introdotta dal Codice della Crisi (art. 283 CCII) sulla scia di una modifica del 2020 alla L. 3/2012, è un provvedimento eccezionale di fresh start gratuito. Permette al debitore persona fisica privo di beni e redditi di ottenere la cancellazione di tutti i debiti residui senza offrire nulla ai creditori, una volta nella vita . I requisiti sono molto stringenti: insolvenza totale, nessun patrimonio liquidabile né capacità di rientro, e assoluta meritevolezza (il debitore non deve aver colpe nel proprio dissesto né aver sfruttato questa possibilità in precedenza). In caso di accoglimento, il debitore è liberato dai debiti e può ricominciare, ma resta obbligato moralmente a pagare i creditori se nei successivi 4 anni dovesse migliorare significativamente la propria condizione (ad es. vincite o eredità inaspettate).
In sintesi, l’arsenale di strumenti previsto dalla normativa italiana è ampio. La difficoltà sta nel capire quale sia il più adatto al caso concreto e quando attivarlo. Una regola generale: finché possibile, meglio cercare soluzioni negoziali e stragiudiziali (più flessibili e meno stigmatizzanti); se però il dissesto è grave e i creditori non collaborano, è preferibile ricorrere a una procedura concorsuale per imporre un trattamento uniforme e proteggere l’impresa dal caos delle esecuzioni individuali. Nel prossimo capitolo esamineremo anche le conseguenze per gli amministratori e soci in queste situazioni, perché le loro decisioni (o omissioni) nella gestione della crisi possono comportare responsabilità personali.
Responsabilità di soci e amministratori nei debiti aziendali
Uno dei timori maggiori dell’imprenditore indebitato è: “Rischio di dover pagare i debiti aziendali con il mio patrimonio personale?”. La risposta dipende dalla forma giuridica dell’impresa e dalle eventuali garanzie personali o condotte dell’imprenditore. Di regola, una società di capitali (S.r.l. o S.p.A.) ha autonomia patrimoniale perfetta: i soci non rispondono dei debiti sociali con i propri beni personali . Dunque, se una S.r.l. fallisce, i creditori possono aggredire solo il patrimonio della società, non la casa o il conto personale dei soci. Vi sono però importanti eccezioni e situazioni particolari da considerare:
- Fideiussioni personali e garanzie a favore dei creditori: è prassi comune che banche e fornitori, quando concedono fidi o dilazioni a una PMI, richiedano al titolare o ai soci una fideiussione personale. Se hai firmato una garanzia di questo tipo a favore di un debito della società, quella specifica obbligazione grava anche su di te in proprio: in caso di insolvenza della società, il creditore garantito (es. la banca) potrà rivalersi direttamente su di te come coobbligato solidale, pignorando i tuoi beni (può iscrivere ipoteca sulla tua casa, pignorare il tuo stipendio, ecc.) . Le fideiussioni omnibus bancarie (quelle che garantiscono “tutte le obbligazioni presenti e future” del cliente) sono particolarmente pericolose. C’è da dire che una parte di queste fideiussioni standard, conformi allo schema ABI 2003, è stata dichiarata nulla dalla giurisprudenza per violazione della normativa antitrust: le Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 41994/2021) hanno sancito la nullità delle clausole ABI standard (tipicamente le clausole di reviviscenza, sopravvivenza e rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c.) . Ciò apre la possibilità per il garante di eccepire la nullità parziale della fideiussione e sottrarsi al pagamento, ma la questione va valutata caso per caso e richiede un giudizio. In generale, se sei fideiussore, sappi che il tuo patrimonio è esposto: sarebbe opportuno, in parallelo al salvataggio della società, cercare di rinegoziare o transare anche la tua posizione di garante con la banca (talvolta si può trovare un accordo di liberazione pagando una percentuale).
- Soci di società di persone: nelle società di persone (S.n.c. e soci accomandatari di S.a.s.), i soci hanno responsabilità illimitata e solidale per le obbligazioni sociali. Ciò significa che, se la società non paga, i creditori possono legalmente aggredire i beni personali di ciascun socio (salvo il beneficium excussionis, per cui devono prima escutere la società e poi i soci). Quindi, in uno scenario di insolvenza di una S.n.c., la “casa del socio” è purtroppo attaccabile direttamente. Non solo: se una società di persone fallisce, i soci illimitati falliscono anch’essi automaticamente, estendendo la procedura concorsuale anche al loro patrimonio . Di recente, la Corte Costituzionale (sent. 87/2025) ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità sollevate su questa estensione automatica ai soci, confermando che non viola il loro diritto di difesa (in quanto possono opporsi successivamente) . L’unica parziale tutela è per i soci accomandanti di S.a.s., i quali rispondono limitatamente al conferimento e non falliscono di diritto (la Cass. 17546/2024 ha chiarito che il socio accomandante va sentito in giudizio prima di estendergli il fallimento, e può opporsi, poiché non è debitore in senso pieno durante il fallimento della società) .
- Liquidazione della società e postergazione dei soci: se la società viene sciolta e cancellata dal Registro delle Imprese con ancora debiti insoddisfatti, i soci che abbiano ricevuto somme in sede di liquidazione devono restituirle fino a concorrenza dei debiti rimasti. In base al principio di postergazione, i creditori sociali hanno diritto di essere pagati prima di qualunque distribuzione ai soci. Dunque, se hai incassato €10.000 di attivo residuo liquidando la S.r.l., e successivamente emerge un debito non pagato di €8.000, potresti doverlo rifondere entro il limite di quanto ricevuto . Inoltre, se i soci hanno deliberatamente azzerato la società per sfuggire ai debiti, i creditori potrebbero agire contro di loro dimostrando l’abuso della personalità giuridica (azione revocatoria della cancellazione o istanza di fallimento post-cancellazione entro l’anno dalla cancellazione, ex art. 33 CCII).
- Responsabilità civile degli amministratori verso i creditori sociali: gli amministratori (o il socio amministratore, nel caso di S.r.l. unipersonale) hanno il dovere di preservare il patrimonio sociale nell’interesse non solo della società ma anche dei creditori. Se aggravano imprudentemente il dissesto continuando l’attività in uno stato di insolvenza conclamata, possono incorrere in responsabilità risarcitoria ex art. 2486 c.c. verso la massa dei creditori. Dal momento in cui la società ha perduto il capitale sociale o si trova in insolvenza manifesta, gli amministratori dovrebbero astenersi da operazioni che aggravino il passivo e conservare l’integrità del patrimonio residuo. Ogni perdita ulteriore causata da operazioni azzardate costituisce danno risarcibile verso i creditori. Il CCII (art. 378) ha introdotto una presunzione di danno pari alla differenza tra patrimonio netto al momento dell’apertura della liquidazione giudiziale e patrimonio netto “teorico” se la gestione si fosse interrotta tempestivamente . In sostanza, più tardi si chiude l’attività insolvente, più cresce il buco che gli amministratori potrebbero dover ripianare di tasca propria. Questa responsabilità viene tipicamente fatta valere dal Curatore fallimentare, tramite l’azione di responsabilità ex art. 2394/2476 c.c., nell’interesse di tutti i creditori.
- Sanzioni penali a carico degli amministratori: se, nel disperato tentativo di far sopravvivere l’azienda “tirando a campare”, l’amministratore pone in essere atti illeciti, questi potranno configurare reati fallimentari in caso di bancarotta. Ad esempio, vendere sottocosto beni aziendali a terzi per fare cassa, o pagare preferenzialmente qualche creditore lasciandone altri a zero, sono condotte che in un successivo fallimento integrano rispettivamente bancarotta fraudolenta per dissipazione e bancarotta preferenziale. Anche il semplice aggravamento del dissesto per aver violato gli obblighi gestionali può integrare bancarotta semplice (art. 324 CCII) . Inoltre, se l’amministratore occulta la reale situazione patrimoniale falsificando i bilanci o le scritture contabili, commette il reato di false comunicazioni sociali. Va ricordato anche il profilo penale in ambito fiscale: l’omesso versamento di IVA oltre soglie di punibilità (attualmente €250.000) è reato (art. 10-ter D.Lgs. 74/2000), così come l’omesso versamento di ritenute dovute oltre €150.000 (art. 10-bis). E l’omesso versamento delle contribuzioni previdenziali trattenute ai dipendenti oltre €10.000 annui costituisce illecito (in parte depenalizzato come sanzione amministrativa pecuniaria, in parte contravvenzione se importi superiori) . Il Tribunale di Torino, ad esempio, in sentenza n. 573/2024 ha confermato la responsabilità di un amministratore condominiale per omesso versamento di ritenute INPS, sanzionandolo personalmente a livello amministrativo . Inoltre, la Cassazione ha affermato che l’amministratore che incassa dai condomini (o dai clienti, per analogia) le somme destinate ai contributi e non le versa all’INPS può rispondere del reato di appropriazione indebita (Cass. 20571/2015 cit. in Trib. Torino 573/2024) . Insomma, perseverare in una gestione scorretta non solo aggrava la situazione debitoria, ma espone gli amministratori anche sul piano penale.
In generale, fare finta di nulla e lasciare che i debiti si accumulino nella speranza di un miracolo è l’atteggiamento peggiore per un amministratore. Oltre ai rischi di cui sopra, inerteggiare può portare i creditori a presentare istanza di fallimento e a quel punto l’imprenditore perde il controllo. Al contrario, attivarsi per tempo con una procedura ufficiale (concordato, composizione negoziata, ecc.) è visto come comportamento diligente e può costituire un’esimente o attenuante in eventuali azioni di responsabilità . Il legislatore, con la riforma dell’art. 2086 c.c. nel 2019, ha imposto agli amministratori l’obbligo di dotare l’impresa di assetti organizzativi adeguati proprio per rilevare per tempo la crisi e fronteggiarla . Chi guida l’azienda senza strumenti di controllo (“a vista”) e lascia aggravare il dissesto è considerato negligente; viceversa, se può dimostrare di aver tenuto sotto controllo la gestione e di aver agito tempestivamente appena emersi segnali di crisi (convocando i soci, adottando piani di risanamento, attivando allerta), avrà più chance di difendersi da accuse di mala gestio .
Riassumendo: in una S.r.l. o S.p.A., i beni personali dei soci restano al sicuro dai creditori sociali, salvo i casi in cui si siano dati in garanzia (fideiussioni, pegni, ipoteche personali) o si sia agito in modo tale da giustificare azioni di responsabilità per mala gestione . Nelle società di persone, invece, i soci illimitati rispondono dei debiti con tutto il loro patrimonio, e il fallimento li coinvolge direttamente. In ogni caso, l’imprenditore che continua l’attività in stato di insolvenza rischia molto: responsabilità patrimoniale per aggravamento del passivo e possibili imputazioni penali. Attivarsi per tempo e gestire la crisi in modo trasparente e ordinato è non solo la scelta migliore per tentare di salvare l’azienda, ma anche la miglior tutela personale per soci e amministratori.
Domande frequenti (Q&A)
D: Cosa succede se ignoro i debiti sperando che vadano in prescrizione?
R: Ignorare deliberatamente le richieste di pagamento è molto pericoloso. La prescrizione (che in generale è 5 anni per molti crediti, 10 anni per altri) è un’arma a doppio taglio: per poterne beneficiare devi eccepirla attivamente in un giudizio, altrimenti il creditore può interromperla notificando atti e ottenendo titoli esecutivi nel frattempo . Ad esempio, una cartella esattoriale si prescrive in 5 anni (se contributi o tributi locali) ma ogni atto dell’Agente della Riscossione (intimazione, pignoramento) interrompe la prescrizione e fa decorrere un nuovo termine. Inoltre, se non impugni per tempo un atto (cartella, decreto ingiuntivo), quel debito diventa definitivo e non potrai più contestarlo nel merito. Ignorare i debiti può portare rapidamente a pignoramenti: conto corrente bloccato, prelievi coattivi sugli incassi dai clienti, ipoteche su immobili . Nei casi peggiori, i creditori potrebbero addirittura presentare istanza di fallimento (basta un credito superiore a €30.000) e a quel punto perderesti completamente il controllo della situazione. È sempre meglio attivarsi: verificare se il debito è dovuto, negoziare oppure chiedere una dilazione. Se davvero ritieni che un debito sia prescritto, fai comunque valutare la questione a un legale e agisci in sede giudiziale per far dichiarare la prescrizione; ma non restare passivo.
D: La mia S.r.l. è insolvente: i creditori possono aggredire casa mia o il mio conto personale?
R: In linea di massima no, se parliamo dei normali creditori sociali e se sei un semplice socio non garante. La S.r.l. ha autonomia patrimoniale e i soci non rispondono con i beni personali dei debiti sociali . Tuttavia, ci sono diverse situazioni in cui i tuoi beni privati possono essere a rischio: – Se hai firmato una fideiussione personale a garanzia di un debito della società (cosa molto comune con le banche), quella specifica obbligazione dovrai pagarla tu come garante, se la società non paga. Quindi la banca potrà iscrivere ipoteca sulla tua casa o pignorare il tuo stipendio per soddisfarsi . – Se la società viene cancellata dal Registro delle Imprese senza aver pagato tutti i debiti, e tu (socio) hai ricevuto distribuzioni di attivo in fase di liquidazione, potresti doverle restituire fino a concorrenza dei debiti rimasti insoddisfatti . Esempio: sciogli la S.r.l. e ti intaschi €10.000 di liquidazione finale, poi salta fuori un debito non pagato di €8.000; quel debito potrà esserti richiesto, perché i soci non possono distribuire a sé stessi prima che tutti i creditori siano soddisfatti. – In caso di illeciti degli amministratori, il tribunale può colpire i beni personali di questi ultimi: ad es. se, da amministratore, hai distratto fondi sociali o fatto pagamenti preferenziali in danno di altri creditori, potrai essere chiamato a restituire ciò che hai fatto uscire indebitamente (tramite azione di responsabilità o azione revocatoria fallimentare). Anche se hai garantito la società con beni tuoi (ad esempio dando in pegno titoli personali o ipoteca su un tuo immobile per ottenere un finanziamento), quei beni sono direttamente escutibili dal creditore garantito in caso di insolvenza della società. – Nelle società di persone, come spiegato sopra, i soci illimitatamente responsabili rispondono in solido con tutto il loro patrimonio: quindi se, ad esempio, la tua società è una SNC o una SAS e non paga, i creditori possono aggredire i beni personali dei soci. In quel caso sì, la tua casa o il tuo conto sono direttamente attaccabili.
In una S.r.l. classica, senza garanzie personali prestate, i tuoi beni restano al sicuro dai creditori sociali . Questo è l’incentivo principale per cui esistono le società di capitali. Però attenzione: la protezione patrimoniale regge finché l’amministratore agisce correttamente. Se come amministratore continui a fare debiti sapendo di non poterli pagare, o violi gli obblighi di legge (come l’obbligo di non aggravare il dissesto), potresti incorrere in cause di risarcimento o, in casi estremi, conseguenze penali. Quindi, in pratica: la barriera tra patrimonio della società e personale tiene, a meno che tu stesso non la infranga (firmando fideiussioni, mescolando conti personali e aziendali, prelevando indebitamente, ecc.) o non commetta irregolarità gravi.
D: Ho ricevuto un decreto ingiuntivo da un fornitore: mi conviene fare opposizione anche se il debito è reale?
R: Se il debito è incontestabile (merce consegnata regolarmente, fattura non pagata, nessun vizio nella fornitura), un’opposizione pretestuosa al decreto ingiuntivo serve solo a guadagnare un po’ di tempo – con il rischio peraltro di vederti addebitare ulteriori spese legali se perdi. Potrebbe avere senso opporsi solo se sei in trattative avanzate per un accordo stragiudiziale o se stai per presentare una domanda di concordato: presentare opposizione può ritardare di qualche mese l’esecuzione, in attesa che la procedura concorsuale blocchi tutto . Ma attenzione: l’opposizione deve basarsi su motivi almeno plausibili (ad es. chiedere al giudice termini di grazia per dilazione, oppure eccepire un vizio formale nella notifica del decreto). Se non emergono ragioni serie di contestazione né di opportunità, è di solito più saggio cercare di transare col creditore – ad esempio proponendo un piano di rientro a saldo del debito – piuttosto che impelagarsi in un giudizio che sai già di perdere. Al contrario, se qualche dubbio sul credito c’è (errori di conteggio, applicazione di interessi illegali, merce contestata nella qualità), allora l’opposizione è doverosa per far valere quelle difese in tribunale.
D: Cos’è l’“adeguato assetto organizzativo” richiesto alle imprese e perché mi riguarda?
R: L’“adeguato assetto” è previsto dall’art. 2086 c.c. (secondo comma) riformato nel 2019: significa che ogni imprenditore societario deve dotarsi di strumenti organizzativi, amministrativi e contabili commisurati alla natura e dimensione dell’impresa, idonei a rilevare tempestivamente i segnali di crisi e ad attivare le soluzioni . In pratica, vuol dire tenere una contabilità ordinata e aggiornata, fare verifiche periodiche dei conti, monitorare alcuni indicatori (ad es. indici di liquidità, indice DSCR di capacità di rimborso del debito) che possano allertarti se l’azienda sta andando in sofferenza. È importante perché: – Ti aiuta a prevenire il dissesto: individuare un trend negativo con 6-12 mesi di anticipo può permetterti di intervenire (tagliare costi, cercare nuovi finanziamenti, rinegoziare debiti) prima che sia troppo tardi. – In caso di procedura concorsuale o di azione di responsabilità, la mancanza di assetti adeguati viene vista come una colpa grave dell’amministratore . La giurisprudenza considera negligente chi guida “a vista” senza strumenti di controllo. Se invece puoi dimostrare di aver tenuto la situazione sotto controllo e di aver preso provvedimenti ragionevoli, potrai difenderti meglio da eventuali accuse di mala gestio. – Il Codice della Crisi (art. 375) ha introdotto obblighi di segnalazione interna: se i sindaci o i revisori contabili rilevano indicatori di crisi, devono sollecitare gli amministratori ad attivarsi (pena la loro stessa responsabilità). Insomma, l’adeguato assetto è la base di un sistema di early warning aziendale, e oggi non è più facoltativo ma un preciso dovere di legge per gli amministratori.
In sintesi: anche in piccole S.r.l., è prudente predisporre almeno un budget di cassa previsionale e un report mensile dei principali indicatori finanziari, e convocare i soci per ricapitalizzare se il patrimonio netto scende sotto zero. Questo non solo può salvare l’impresa in crisi prima che collassi, ma tutela anche te personalmente, dimostrando che hai fatto tutto il possibile per gestire correttamente e non hai lasciato il timone alla deriva.
D: Che rischi corre un amministratore che continua l’attività nonostante l’azienda sia di fatto insolvente?
R: Rischia molto. Continuare ad accumulare ordini e nuovi debiti quando l’azienda è già insolvente significa quasi certamente aggravare il buco a danno dei creditori. Le possibili conseguenze per l’amministratore sono: – Responsabilità civile verso i creditori (art. 2486 c.c.): come detto, dal momento in cui si verifica una causa di scioglimento (ad es. perdita integrale del capitale) o l’insolvenza era manifesta, gli amministratori avrebbero dovuto fermare o contenere l’attività. Se invece proseguono e causano ulteriori perdite, queste sono un danno risarcibile verso i creditori. Il CCII presuppone il danno pari all’aggravamento del passivo rispetto a una chiusura tempestiva . In altre parole: più tardi “stacchi la spina”, più potresti dover risarcire. – Sanzioni penali (reati fallimentari): se per “tirare a campare” commetti atti illeciti (ad es. vendi sottocosto beni aziendali a soggetti compiacenti per ottenere liquidità, oppure paghi alcuni creditori lasciandone altri a bocca asciutta), in caso di fallimento queste condotte integreranno rispettivamente bancarotta fraudolenta o preferenziale. Anche il solo aggravamento del dissesto per gestione imprudente può configurare bancarotta semplice . Inoltre, falsificare i bilanci o occultare libri e documenti è bancarotta fraudolenta documentale o false comunicazioni sociali. Le pene per la bancarotta fraudolenta sono molto severe (si parla di reclusione fino a 6-10 anni nei casi più gravi). – Azioni revocatorie: tutte le operazioni compiute “in extremis” prima del fallimento (es. pagamenti fatti a pochi creditori a ridosso del fallimento, cessioni di beni ai familiari) potranno essere oggetto di azione revocatoria da parte del Curatore, se effettuate nei periodi sospetti (6 mesi o 1-2 anni a ritroso a seconda del tipo di atto). Dunque è un falso sollievo: ciò che hai cercato di salvare all’ultimo verrà ripreso dal Curatore per distribuirlo equamente .
Insomma, far finta di nulla sperando in miracoli è la scelta peggiore. Invece, attivare per tempo una procedura ufficiale di gestione della crisi (ad es. un concordato preventivo o una composizione negoziata) è considerato indice di diligenza e buona fede . Mostra che l’amministratore non ha dissipato il patrimonio ma ha cercato soluzioni ordinate. Questo può costituire un’esimente o almeno un’attenuante sia sul piano civile sia eventualmente penale. Quindi, di fronte all’insolvenza, un buon amministratore convoca subito i professionisti (commercialista, avvocato) e affronta la crisi nelle sedi dovute (tribunale o OCC), anziché proseguire una gestione disordinata e rischiosa.
D: Se presento un piano di concordato preventivo e viene omologato, i debiti residui della società si cancellano?
R: Sì, in larga misura. L’omologazione del concordato preventivo vincola tutti i creditori anteriori (anche quelli che hanno votato contro o non hanno partecipato) alle condizioni del piano . Ciò significa che se, ad esempio, il piano prevede che pagherai il 30% ai creditori chirografari e nulla sul restante 70%, quel 70% residuo è definitivamente stralciato e nessuno potrà più pretendertelo. Tuttavia, occorre distinguere: – Se il debitore è una società, al termine di un concordato liquidatorio di solito la società viene liquidata e si estingue, quindi il problema del debito residuo neppure si pone (la società cessata non esiste più e i debiti insoddisfatti restano senza soggetto debitore). Se invece è un concordato in continuità e la società prosegue l’attività, i crediti falcidiati si considerano comunque estinti per effetto dell’omologa e del suo adempimento: la società “riparte pulita”, salvo eventuali obblighi previsti dal piano (es. impegni dei soci a ricapitalizzare per pagare una parte dei debiti) . – Se il debitore è una persona fisica (es. un imprenditore individuale ammesso al concordato preventivo – ipotesi possibile per i non fallibili), dovrà chiedere l’esdebitazione espressa a fine procedura per essere liberato dai debiti residui. Ma è una formalità: se ha rispettato il piano concordatario, il tribunale concede la liberazione di tutti i debiti stralciati non pagati . – Attenzione ai debiti esclusi per legge: alcune categorie di debiti non possono essere annullate neppure con concordato o esdebitazione. Ad esempio, multe penali e sanzioni amministrative pecuniarie per illeciti (non fiscali) restano dovute; i debiti da illecito civile per danni aquiliani non si estinguono (non si può “fallire” per evitare un risarcimento da torto). Inoltre, certe sanzioni tributarie potrebbero non essere coperte da esdebitazione se la legge speciale lo esclude (ad es. in alcuni concordati precedenti le sanzioni fiscali dovevano essere pagate almeno in parte).
In pratica, però, per un’azienda la rinascita senza debiti è possibile solo attraverso una procedura concorsuale chiusa con successo. Al di fuori di ciò, i crediti insoddisfatti restano e potranno essere perseguiti – ad esempio – sui coobbligati (come i fideiussori) o sui soci illimitati. Dunque, sì: un concordato omologato ed eseguito dà pace definitiva sui debiti anteriori (con le limitate eccezioni di legge sopra dette).
D: Nelle procedure da sovraindebitamento, è vero che posso cancellare tutti i miei debiti senza doverli pagare interamente?
R: Sì, è il principio stesso della legge “salva suicidi” e del Codice della Crisi: il debitore meritevole può ottenere la liberazione dai debiti insostenibili pagando solo quello che può. Occorre però soddisfare le condizioni e seguire le procedure. Ad esempio: – Con un piano del consumatore omologato, se paghi la quota stabilita (mettiamo il 20% del totale dei debiti in 5 anni), otterrai la cancellazione del restante 80% tramite esdebitazione. – Con un concordato minore omologato, se rispetti l’accordo (ad es. pagando il 50% ai creditori chirografari in 4 anni), a fine procedura il giudice dichiarerà l’esdebitazione del rimanente 50%. – Con la liquidazione controllata, se metti a disposizione tutti i tuoi beni e dopo la vendita si riesce a pagare poniamo il 10% ai creditori, il restante 90% viene cancellato per sempre con il decreto di esdebitazione finale . – Addirittura, nel caso di debitore nullatenente, puoi ottenere l’esdebitazione senza pagare nulla (esdebitazione del debitore incapiente), ma è riservata a situazioni di totale indigenza e devi dimostrare una condotta integerrima (non aver colpe nel sovraindebitamento) .
Chiariamo però: l’esdebitazione non tocca eventuali debiti impignorabili o esclusi (es. obblighi di mantenimento verso i figli, debiti derivanti da malafede o dolo, multe penali come detto – quelli restano). Inoltre, nell’ambito impresa, l’esdebitazione avvantaggia le persone fisiche coinvolte (l’imprenditore individuale, il socio illimitato, il garante), ma non le società in sé: una S.r.l. non “esce pulita” perché se liquida si estingue, e se continua in concordato ha già ridotto i debiti nel piano (quindi il concetto di esdebitazione si applica di fatto al socio/garante). In ogni caso, lo scopo di tutte queste procedure è proprio dare al debitore onesto una seconda chance, liberandolo dal peso insostenibile dei debiti pregressi .
D: Se provo la composizione negoziata ma non porta ad alcun accordo, rischio di aver peggiorato la mia situazione?
R: No, tentare la composizione negoziata non ti espone ad alcuna sanzione né pregiudica altri tuoi diritti. Semplicemente, se dopo i 6 mesi (prorogabili fino a 12) di negoziazioni l’esperto constata esito negativo, la procedura si chiude e tutto torna come prima. I creditori riacquistano la piena libertà di agire (eventuali misure protettive decadono) . Ma l’aver provato la CN non costituisce ammissione di insolvenza né produce effetti concorsuali: la procedura è riservata (non viene pubblicata, sanno del tentativo solo i creditori coinvolti) e non risulta iscritta da nessuna parte visibile pubblicamente . Anzi, la Cassazione ha affermato che aver esperito la composizione negoziata è indice di diligenza dell’imprenditore e non può essergli imputato a colpa . Quindi non hai pregiudicato la tua posizione legale. Certo, non hai neanche risolto il problema: a quel punto dovrai valutare altre strade (concordato preventivo, accordo ex art.57 CCII, o magari prendere atto che serve liquidare l’azienda). L’esperienza fatta però non è vana: avrai un quadro più chiaro di cosa i creditori sono disposti a concedere e potrai eventualmente predisporre un successivo concordato con maggiori chance, sapendo già dove c’erano ostacoli. In conclusione, la composizione negoziata è uno strumento a costo zero in termini di penalizzazioni: conviene tentarla, male che vada torni al punto di partenza ma avendo guadagnato consapevolezza (e mostrato buona fede).
Esempio pratico (simulazione)
Per chiarire l’applicazione concreta di tutti questi concetti, consideriamo un caso ipotetico e seguiamo passo passo le possibili mosse del debitore per difendersi.
Scenario: “Azienda Encoder S.r.l.” produce sensori encoder e sistemi di controllo per macchinari industriali. Negli ultimi due esercizi ha registrato forti perdite per calo di commesse e rincaro dei componenti elettronici. La situazione debitoria attuale comprende: Banca Alfa (mutuo residuo di €200.000 garantito da ipoteca su un capannone industriale), fornitori vari (€50.000 scaduti), Erario (IVA non versata €80.000; ritenute IRPEF €20.000; con sanzioni e interessi su questi tributi per €30.000) e INPS (contributi dipendenti non versati €40.000). L’azienda ha poche liquidità disponibili (cassa e banca €5.000) e un magazzino di componenti e prodotti finiti dal valore stimato di €20.000. Il fatturato è in calo e la liquidità insufficiente: Encoder S.r.l. non riesce più a pagare le rate del mutuo né le imposte correnti. Ha già ricevuto alcune cartelle esattoriali e un precetto da un fornitore. L’amministratore, consapevole che senza interventi l’impresa finirà in default totale in pochi mesi, decide finalmente di agire.
Passaggi possibili:
- Audit interno e verifica degli “assetti adeguati”: l’amministratore convoca il commercialista e analizza i bilanci e la situazione finanziaria attuale, per quantificare esattamente il deficit. Si accerta che la contabilità sia aggiornata e che esista almeno un abbozzo di piano di tesoreria (per prevedere entrate/uscite dei prossimi mesi). Se non l’ha già fatto, redige un elenco analitico dei debiti e una proiezione dei flussi di cassa: questo servirà sia a capire se l’azienda ha prospettive di ripresa (ci sono ordini futuri in vista? nuovi clienti potenziali?) sia come documentazione base per dialogare con i creditori o attivare procedure. Questa operazione risponde anche all’obbligo degli adeguati assetti organizzativi, mettendo l’azienda in condizione di rilevare e affrontare la crisi in modo documentato .
- Misure difensive immediate: in parallelo, l’avvocato incaricato inizia ad attuare le contromisure urgenti:
- Presenta un ricorso in tribunale per sospendere il pignoramento immobiliare minacciato dalla banca (Banca Alfa aveva notificato un precetto, preludio al pignoramento, sul mutuo scaduto) .
- Invia ad Agenzia Entrate-Riscossione una richiesta di rateizzazione di €120.000 (comprendente IVA, IRPEF e contributi arretrati) in 72 rate, così da congelare le azioni esecutive sulle cartelle già notificate (dopo la riforma 2024 avrebbe potuto chiedere anche 84 rate, presentando la domanda nel 2025) .
- Spedisce diffide ai fornitori procedenti, informandoli formalmente che l’azienda sta preparando un piano di ristrutturazione del debito e invitandoli a soprassedere da azioni individuali in vista di una soluzione negoziale collettiva (quest’ultimo passaggio non ha un valore legale cogente, ma serve a guadagnare tempo e segnalare buona fede).
- Valutazione di accesso alla composizione negoziata (CNC): constatando che l’impresa, pur in crisi, ha ancora prospettive di nuove commesse e che potrebbe risanarsi se ottenesse dilazioni sul debito, l’amministratore considera l’opportunità di avviare la Composizione Negoziata della crisi. Verifica di possedere i requisiti: uno stato di crisi (squilibrio patrimoniale e finanziario) ma non ancora un’insolvenza irreversibile senza ritorno. Con l’aiuto dei consulenti, predispone la documentazione necessaria: ultimi bilanci depositati, una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a pochi mesi prima, l’elenco dei creditori con importi e scadenze, e una relazione sulle cause della crisi e sulle possibili strategie di risanamento . Nella bozza di piano di risanamento allegata alla richiesta, ipotizza le seguenti linee:
- Per la banca: allungamento del mutuo residuo da 5 a 10 anni con tasso ridotto, ed eventualmente un primo periodo di soli interessi (moratoria sul capitale).
- Per i fornitori: pagamento integrale dei €50.000 dovuti, ma dilazionato in 12 mesi (circa €4.000 al mese).
- Per Erario e INPS: pagamento parziale (offerta di €60.000 su €130.000 dovuti in totale) suddiviso in 24 rate mensili, con stralcio di sanzioni e interessi sul resto (in pratica, si propone di pagare circa il 50% del debito fiscale-previdenziale in 2 anni) . Queste ipotesi naturalmente saranno poi oggetto di negoziazione effettiva con i creditori.
- Avvio della composizione negoziata: l’azienda deposita istanza tramite la piattaforma telematica e ottiene dal Segretario Generale della CCIAA la nomina di un esperto indipendente (che avverrà entro ca. 7 giorni dalla richiesta, secondo le procedure di legge) . Contestualmente, tramite l’avvocato, Encoder S.r.l. richiede al Tribunale le misure protettive per la durata della composizione negoziata: in particolare la sospensione di ogni azione esecutiva da parte dei creditori (come consentito dall’art. 18 CCII). Il tribunale, verificati i presupposti (istanza completa e non manifestamente infondata), emette decreto di protezione del patrimonio bloccando per 120 giorni i pignoramenti pendenti – incluso quello immobiliare avviato dalla banca – e altre iniziative esecutive . Ciò offre all’azienda un periodo di tregua per condurre le trattative sotto l’ombrello protettivo.
- Negoziazioni con i creditori chiave: l’esperto nominato organizza incontri (anche collegiali) con i creditori principali:
- Banca Alfa si mostra disponibile: preferisce ristrutturare il credito piuttosto che avviare l’esecuzione sul capannone, anche perché stima che dalla vendita forzata ricaverebbe meno del credito vantato . Si discute dunque di un piano di rientro decennale con abbattimento del tasso d’interesse e 6 mesi di grazia iniziali (moratoria).
- I fornitori (per lo più piccoli importi) accettano l’idea del pagamento in 12 mesi, magari chiedendo garanzie di impegno (es. un pagherò cambiario o la prededuzione di quelle forniture essenziali) .
- Agenzia Entrate e INPS: tramite l’esperto, l’azienda propone formalmente una transazione fiscale (anticipando che, se le trattative non bastano, convertirà la procedura in un concordato preventivo) offrendo €60.000 su €130.000 . Tuttavia gli enti sono rigidi: l’Agenzia Entrate chiede almeno il pagamento integrale dell’IVA (€80.000) perché per legge l’IVA non è falcidiabile sotto il 100% se non con voto favorevole (e loro politica è di non accettare stralci sull’IVA); l’INPS accetterebbe un piano più lungo per i contributi, ma senza stralciare le sanzioni. La trattativa fiscale dunque resta aperta e complessa.
- L’esperto segnala inoltre all’imprenditore la possibilità di accedere a un Fondo pubblico di garanzia PMI per ottenere nuova finanza a supporto (ad es. un finanziamento bancario garantito dallo Stato per liquidità), e consiglia di valutare il coinvolgimento di eventuali investitori interessati ad entrare in società apportando capitale fresco .
Dopo 2 mesi di incontri, l’esito delle negoziazioni è parzialmente positivo: banca e fornitori hanno firmato protocolli d’intesa accettando le proposte di ristrutturazione; il Fisco però non ha formalmente aderito all’offerta di stralcio . Con l’aiuto dell’esperto, Encoder S.r.l. studia quindi come procedere: includere comunque il debito fiscale in un concordato preventivo confidando nel cram-down (cioè sperando che il tribunale omologhi il piano anche senza adesione del Fisco, dato che la continuità aziendale garantirebbe all’Erario più di quanto otterrebbe dalla liquidazione) .
- Conclusione della composizione negoziata: l’esperto redige la relazione finale. Constatando che si sono ottenute adesioni significative (poniamo, oltre il 60% dei crediti totali: la banca + i principali fornitori), l’esperto certifica che un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’art. 57 CCII è concretamente praticabile per risolvere la crisi . La composizione negoziata si chiude dunque con esito positivo. A questo punto, l’imprenditore ha due strade:
- Formalizzare l’accordo di ristrutturazione con i creditori aderenti (banca e fornitori, che insieme rappresentano ad esempio il 70% del totale debiti) e depositarlo in tribunale per l’omologa. Nell’accordo includerebbe anche il trattamento dei crediti erariali (classe separata con pagamento parziale come da proposta), sapendo però che senza l’adesione formale dell’Agenzia delle Entrate l’omologa di quello stralcio fiscale potrebbe essere problematica (il tribunale potrebbe rifiutare di omologare la parte di accordo relativa al debito fiscale se l’Erario si oppone, dato che il favor Fiscus è ancora rilevante negli accordi) .
- Presentare direttamente un concordato preventivo in continuità aziendale utilizzando l’accordo raggiunto come base del piano: la banca e i fornitori firmatari sarebbero presumibilmente favorevoli in sede di voto; il Fisco voterebbe contro, ma il piano potrebbe dimostrare che il Fisco prenderebbe, ipotesi, il 50% mentre in caso di fallimento prenderebbe zero (perché l’ipoteca della banca assorbirebbe tutto il ricavato dal capannone). Invocando il cram-down fiscale, l’azienda confida di far omologare comunque il concordato dal giudice . Il vantaggio del concordato è che vincolerebbe tutti i creditori (erga omnes), chiudendo definitivamente la posizione debitoria e permettendo all’azienda di proseguire l’attività senza zavorre.
Dopo confronto con i consulenti, “Encoder S.r.l.” opta per il concordato preventivo: deposita in tribunale il ricorso di concordato con riserva, allegando poi il piano concordatario in continuità diretta basato sugli accordi raggiunti. La proposta prevede, in sintesi: Banca Alfa (creditore ipotecario) soddisfatta al 100% in 10 anni; fornitori chirografari soddisfatti al 30% entro 1 anno; Erario+INPS (crediti privilegiati degradati per incapienza) soddisfatti al 50% entro 2 anni. Il tutto asseverato da un professionista attestatore come fattibile. Il tribunale ammette l’azienda alla procedura di concordato e convoca i creditori per il voto. In sede di voto: banca e fornitori (che detengono la maggioranza dei crediti) votano sì; lo Stato (Agenzia Entrate) e l’INPS votano no (come previsto). Il tribunale, valutato che lo Stato col 50% in continuità ottiene comunque più dello 0% che avrebbe in caso di liquidazione (dato che l’ipoteca bancaria assorbirebbe interamente il ricavato del capannone in fallimento), omologa il concordato nonostante il dissenso erariale, applicando il principio del cram-down fiscale . L’azienda può quindi proseguire l’attività, inizialmente sotto la vigilanza di un Commissario Giudiziale, ma ormai alleggerita dal debito e con nuovi ordini in arrivo, riuscendo gradualmente a risollevarsi.
- Alternativa – negoziazione fallita: se invece le negoziazioni fossero fallite (ad esempio se la banca si fosse opposta a qualsiasi piano e avesse pignorato il capannone, o se l’esperto avesse concluso che non c’era intesa possibile), allora “Encoder S.r.l.” avrebbe dovuto prendere atto dell’impossibilità di un risanamento consensuale. In tal caso, per evitare iniziative disordinate dei creditori, l’amministratore avrebbe potuto:
- presentare direttamente un’istanza di liquidazione giudiziale volontaria (chiedendo cioè il proprio fallimento in tribunale), oppure
- meglio, tentare un concordato preventivo liquidatorio: proporre cioè ai creditori di liquidare tutti i beni (vendere il capannone, liquidare il magazzino) e distribuire il ricavato, magari con l’apporto di risorse esterne (es. i soci conferiscono qualcosa per aumentare l’attivo da ripartire). Se il concordato liquidatorio non fosse praticabile o non venisse approvato dai creditori, non resterebbe che la strada del fallimento. In ogni caso, i soci e amministratori – avendo tentato le procedure di soluzione della crisi – potrebbero poi difendersi meglio da eventuali azioni di responsabilità, mostrando di aver agito con diligenza fino all’ultimo .
Questo esempio illustra come, con l’assistenza di professionisti, sia possibile tracciare un percorso ordinato anche in situazioni difficili: dall’analisi iniziale alla scelta dello strumento legale più adatto (negoziale o concorsuale), fino alla conclusione auspicata del risanamento o, nella peggiore delle ipotesi, di una liquidazione non traumatica.
Tabelle riepilogative
Tabella 1 – Differenze tra le principali procedure di gestione della crisi d’impresa
| Procedura | Soggetti ammessi | Consenso dei creditori | Ruolo del tribunale | Effetti e tutele per il debitore |
|---|---|---|---|---|
| Accordo di ristrutturazione <br>(art. 57 CCII) | Imprese fallibili in crisi o insolventi <br>(es. società di capitali; anche debitori civili con esposizioni rilevanti) | Adesione di ≥60% dei crediti (30% se “agevolato”). <br>I creditori non aderenti restano estranei (salvo efficacia estesa per banche al 75%). | Omologa giudiziale necessaria per efficacia erga omnes. <br>Controllo formale su regolarità e attestazione di fattibilità. | Sospende azioni esecutive solo sui creditori aderenti durante la pendenza (se chiesto) e tutela da azioni individuali dopo l’omologa (per i debiti ristrutturati). <br>Nessun commissario; procedura riservata (non pubblica salvo omologa). |
| Concordato preventivo | Imprese fallibili in stato di crisi o insolvenza <br>(società di capitali o di persone sopra soglia) | Approvazione con maggioranza di crediti (maggioranza semplice per classi; se classi multiple, 2/3 in ogni classe). <br>Vincola tutti i creditori anteriori se omologato. | Forte controllo giudiziale: <br>decreto di apertura, nomina del Commissario Giudiziale, convocazione creditori, omologa finale. <br>Il Tribunale verifica fattibilità e (se ci sono opposizioni) la convenienza del piano rispetto alla liquidazione. | Sospende tutte le azioni esecutive sin dal deposito della domanda (automatic stay ex art. 54 CCII). <br>Debitore gestisce sotto vigilanza del Commissario. <br>Se omologato, l’azienda ottiene l’esdebitazione dei debiti residui non soddisfatti. <br>Se liquidatorio, la società si estingue a fine procedura; se in continuità, prosegue attività “ripulita”. |
| Composizione negoziata <br>(procedura stragiudiziale assistita) | Qualsiasi impresa (società o ditte individuali), incluse sotto soglia e imprese agricole, in stato di crisi (anche insolvenza reversibile) | Nessun voto formale: è un negoziato volontario. <br>Gli accordi raggiunti vincolano solo chi li sottoscrive. | Giudice non interviene nel merito del piano. <br>Può essere adito solo per nominare l’esperto (Camera di Commercio) e per concedere eventuali misure protettive o autorizzazioni. | Possibilità di misure protettive su istanza (sospensione pignoramenti fino 4+4 mesi). <br>L’esperto facilita le trattative, ma il debitore resta in possesso della gestione. <br>Procedura riservata (non pubblica); se fallisce, nessun pregiudizio per il debitore. |
| Concordato semplificato <br>(art. 25-sexies CCII) | Imprese (anche sotto soglia) che abbiano svolto senza esito una composizione negoziata (crisi o insolvenza) | Non è previsto voto dei creditori! <br>I creditori possono solo proporre opposizione all’omologa se dissenzienti. | Tribunale valuta regolarità procedura, rispetto delle prelazioni e fattibilità del piano liquidatorio. <br>Se tutto ok, omologa nonostante opposizioni (salvo pregiudizio evidente per i creditori). | Sospende azioni esecutive su richiesta col deposito della domanda (simili al concordato ord.). <br>Piano solo liquidatorio (cessione beni). <br>Più rapido: niente voto né Commissario Giudiziale, solo eventuale Liquidatore nominato per vendere i beni post-omologa. <br>Consente esdebitazione finale come il concordato. |
| Liquidazione giudiziale <br>(fallimento) | Imprese fallibili insolventi (società sopra soglia; imprenditori individuali sopra soglia). <br>Società di persone: coinvolti i soci illimitati. | Non applicabile (procedura coattiva avviata dai creditori o d’ufficio, non richiede consenso debitore) | Tribunale dichiara l’apertura, nomina Curatore, Giudice Delegato e Comitato creditori. <br>Supervisione completa su liquidazione e riparto. | Tutte le azioni individuali sono bloccate (i creditori devono insinuarsi al passivo). <br>Impresa perde gestione (la esercita il Curatore); normalmente cessa l’attività salvo esercizio provvisorio. <br>Dopo chiusura, l’imprenditore persona fisica onesto può ottenere l’esdebitazione dei debiti non pagati . <br>Soci illimitati falliscono anch’essi (perdono patrimonio personale). |
(Legenda: “fallibile” indica chi è soggetto a fallimento secondo la legge; CCII = D.Lgs. 14/2019 Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.)
Fonti (normativa e giurisprudenza)
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII): D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (in vigore dal 15 luglio 2022, come modificato dal D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 83/2023 e D.Lgs. 136/2024). Ha introdotto le procedure di allerta e composizione negoziata, nuovi strumenti di ristrutturazione (accordi agevolati, efficacia estesa) e regole sul cram-down fiscale . Articoli citati nel testo: artt. 12-25 (composizione negoziata), 18 (misure protettive), 25-sexies (concordato semplificato), 54 (automatic stay concordato), 56 (piani attestati di risanamento) , 57-62 (accordi ristrutturazione standard, agevolati, ad efficacia estesa, moratorie) , 63 (transazione fiscale) , 65-81 (procedure di sovraindebitamento: piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata, esdebitazione).
- Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (abrogata dal CCII): vecchia “legge salva suicidi” sul sovraindebitamento, ora assorbita nel Codice della Crisi (dal 2022). Prevedeva tre procedure (piano del consumatore, accordo con i creditori, liquidazione patrimonio) per debitori civili non fallibili. I principi di meritevolezza ed esdebitazione del debitore onesto sono stati mantenuti nel nuovo Codice .
- Codice Civile: art. 2086 c.c. (obbligo di adeguati assetti organizzativi per rilevare la crisi) ; artt. 2267-2268 c.c. (responsabilità illimitata soci SNC); artt. 2394, 2476 e 2486 c.c. (responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali, obbligo di conservazione patrimonio oltre la perdita capitale) .
- Normativa fiscale e contributiva: DPR 29 settembre 1973 n. 602, art. 19 (rateazione delle cartelle) – come modificato dal D.Lgs. 30 agosto 2023 n. 110 (riforma della riscossione attuativa della L. 111/2023) e dal D.M. MEF 27/12/2024 (nuovi parametri piani). D.L. 34/2019 conv. L. 58/2019 (moratorie ABI PMI). D.L. 119/2018, L. 145/2018, L. 197/2022 (varie “rottamazioni” e saldo e stralcio delle cartelle) . D.Lgs. 74/2000 artt. 10-bis, 10-ter (reati di omesso versamento di ritenute e IVA). Legge 638/1983 art. 2, comma 1-bis (omesso versamento contributi INPS e sanzioni) .
- Corte Costituzionale: sentenza n. 87/2025 (depositata il 26 giugno 2025) – ha dichiarato infondate le questioni di legittimità sull’art. 256 CCII (già art. 147 L.F.) riguardo l’estensione automatica del fallimento ai soci illimitati di società di persone, ritenendo non violato il diritto di difesa .
- Cassazione Civile (massime recenti):
- Cass. (Sez. I) 23 dicembre 2024 n. 34150: in tema di sovraindebitamento, ha sancito la legittimità di prevedere moratorie ultra-annuali nel pagamento dei crediti privilegiati nei piani del consumatore, purché i creditori abbiano la possibilità di esprimersi sulla dilazione. Ha così superato il precedente limite rigido di 1 anno per la dilazione dei privilegiati (previsto dall’art. 8 co.4 L.3/2012), ampliando la flessibilità in favore del debitore .
- Cass. (Sez. I) 28 ottobre 2024 n. 27782: ha confermato la possibilità del cram-down fiscale nel concordato preventivo, cioè l’omologazione nonostante il voto contrario del Fisco, se il piano garantisce ad Agenzia Entrate e INPS una soddisfazione almeno pari a quella ricavabile dalla liquidazione fallimentare . In precedenza il “no” del Fisco bloccava i piani con stralcio di imposte. Ora, in linea col CCII e la direttiva UE, il veto erariale non è più assoluto (principio recepito anche nell’art. 48 CCII novellato).
- Cass. (Sez. I) 29 aprile 2025 n. 11296: ha delineato gli oneri probatori a carico del Curatore nell’azione revocatoria fallimentare ordinaria. In particolare, il Curatore deve provare: (1) l’esistenza e consistenza del credito dei creditori insinuati, (2) la preesistenza di tali crediti rispetto all’atto impugnato, (3) la diminuzione della garanzia patrimoniale causata da detto atto, tale da rendere più difficile il soddisfacimento dei creditori oltre la normale alea commerciale . Solo provati questi elementi si presume l’“eventus damni”. Questa pronuncia chiarisce il rigore probatorio richiesto, a tutela anche di atti posti in essere in buona fede dal fallito.
- Cass. (Sez. I) 25 giugno 2024 n. 17546: ha chiarito le procedure e il litisconsorzio nel fallimento in estensione ai soci di società di persone, in particolare per il socio accomandante di S.a.s. Ha confermato che il socio illimitato va sentito nel procedimento ex art. 147 L.F. (ora art. 256 CCII) e può proporre opposizione alla sentenza dichiarativa nei suoi confronti; tuttavia non è necessario convocarlo nella fase di dichiarazione di fallimento della società (in quella sede non è considerato “debitore” processuale) . Questa sentenza viene richiamata anche dalla Corte Costituzionale nella decisione 87/2025 sopra citata.
- Cass. (Sez. Unite) 30 dicembre 2021 n. 41994: ha dichiarato nulle per illecito antitrust le clausole standard predisposte dall’ABI nei contratti di fideiussione omnibus a garanzia di obbligazioni bancarie, aprendo la via alle eccezioni di nullità delle fideiussioni basate sullo schema ABI 2003 . Le clausole colpite dalla nullità sono quelle che riproducevano lo schema censurato da Banca d’Italia (clausole di reviviscenza, pagamento a prima richiesta senza eccezioni ex art. 1957 c.c., ecc.). La nullità è parziale e colpisce solo le clausole incriminate, non l’intera garanzia, secondo l’orientamento delle Sezioni Unite.
- Cass. (Sez. I) 7 marzo 2023 n. 6358: ha ribadito che la presentazione di una domanda di concordato preventivo non impedisce la decadenza da un’eventuale definizione agevolata o rateazione fiscale in corso. In pratica, se prima del concordato il debitore aveva un piano di dilazione con AdER e non lo ha completato, l’accesso al concordato non “salva” quei benefici: l’adesione agevolata decade e il debito fiscale va inserito per intero nel passivo concorsuale . Questa pronuncia mette in guardia i debitori: non si può usare il concordato per congelare piani di rottamazione già avviati e non rispettati.
Fonti istituzionali e di prassi consultate: relazione illustrativa al D.Lgs. 83/2022 (attuazione direttiva UE 2019/1023); relazioni del Comitato per la legislazione della Camera sul D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 83/2023 (correttivi CCII) ; linee guida CNDCEC sulla Composizione Negoziata (2021); circolari ABI su moratorie COVID e PMI (2013-2020); circolari Agenzia Entrate-Riscossione nn. 1/2023 e 2/2025 su rateizzazioni e definizioni; Massimario Corte di Cassazione 2023-2025.
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Hai esposizioni con Fisco, INPS, banche, fornitori elettronici, trasportatori o Agenzia Entrate-Riscossione?
Stai ricevendo solleciti, richieste di rientro, decreti ingiuntivi o minacce di pignoramento?
Il settore dei sensori e dell’automazione è estremamente tecnico e oneroso: componenti elettronici costosi, difficoltà di approvvigionamento, magazzini ricchi di varianti, assistenza tecnica impegnativa e investimenti continui in tecnologia.
Un ritardo nei pagamenti o il blocco dei fidi può mettere l’azienda in crisi da un giorno all’altro.
La buona notizia è che puoi ancora salvare la tua azienda, ma devi intervenire subito e con la strategia giusta.
Perché un’Azienda di Encoder va in Debito
- aumento dei costi di componenti elettronici, sensori magnetici, ottici, microchip e PCB
- ritardi nei pagamenti da parte di integratori, OEM, EPC e industrie
- magazzino immobilizzato tra encoder, cavi, flange, elettroniche, ricambi
- costi elevati per R&D, testing, collaudi e supporto tecnico
- linee di credito bancarie ridotte o revocate
- investimenti non recuperati in fiere, certificazioni e sviluppo prodotti
Il vero problema quasi sempre è la mancanza di liquidità immediata, non la mancanza di clienti.
I Rischi se non Intervieni Subito
- pignoramento dei conti correnti
- blocco dei fidi e della liquidità operativa
- sospensione delle forniture elettroniche e meccaniche
- decreti ingiuntivi, precetti e azioni esecutive
- sequestro di encoder, schede, strumenti di test e apparecchiatura
- impossibilità di completare consegne, retrofit o assistenza tecnica
- perdita di clienti strategici e contratti ricorrenti
Cosa Fare Subito per Difendersi
1. Bloccare immediatamente i creditori
Un avvocato specializzato può fermare pignoramenti, bloccare richieste di rientro e proteggere i conti, consentendo di respirare subito.
2. Analizzare i debiti ed eliminare ciò che non è dovuto
Spesso nei debiti emergono:
- interessi non dovuti
- sanzioni sbagliate
- importi duplicati
- debiti prescritti
- errori dell’Agenzia Riscossione
- commissioni bancarie anomale
Una parte del debito può essere ridotta o cancellata.
3. Ristrutturare i debiti con piani sostenibili
Strumenti possibili:
- rateizzazioni fiscali fino a 120 rate
- accordi con fornitori strategici
- rinegoziazione dei fidi bancari
- sospensioni temporanee dei pagamenti
- utilizzo delle definizioni agevolate
4. Attivare i principali strumenti legali di protezione
Per aziende in crisi più grave:
- PRO – Piano di Ristrutturazione dei Debiti
- Accordi di ristrutturazione
- Concordato minore
Sono strumenti che bloccano tutti i creditori e permettono di continuare l’attività pagando solo una parte del debito.
Le Specializzazioni dell’Avv. Giuseppe Monardo
Detto questo, l’Avv. Monardo:
- è Avvocato Cassazionista
- coordina avvocati e commercialisti esperti in diritto bancario e tributario su tutto il territorio nazionale
- è Gestore della Crisi da Sovraindebitamento (L. 3/2012)
- è iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia
- è professionista fiduciario di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi)
- ha conseguito l’abilitazione come Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa (D.L. 118/2021)
In sintesi: uno dei professionisti più qualificati per salvare aziende con debiti, bloccare rapidamente i creditori e ristrutturare situazioni complesse.
Come Può Aiutarti l’Avv. Monardo
- analisi immediata delle posizioni debitorie
- blocco urgente di pignoramenti e azioni dei creditori
- ristrutturazione del debito calibrata sul tuo settore tecnico
- protezione di magazzino, componenti, strumenti di test e produzione
- trattative con banche, fornitori e Agenzia Riscossione
- tutela completa dell’azienda e dell’imprenditore
Conclusione
Avere debiti nella tua azienda di encoder industriali non significa essere destinato alla chiusura.
Con una strategia rapida e mirata puoi:
- bloccare subito i creditori
- ridurre drasticamente i debiti
- proteggere componenti, magazzino e attività tecnica
- mantenere la continuità dell’azienda
Agire ora è fondamentale.
📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata:
il rilancio della tua azienda può iniziare oggi stesso.