Hai chiuso la partita IVA ma sei rimasto con debiti fiscali, contributivi o verso fornitori?
Molti ex imprenditori, anche dopo la cessazione dell’attività, continuano a subire pressioni da parte dei creditori e dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione. L’esdebitazione è lo strumento che consente di liberarsi legalmente dai debiti residui e ripartire senza pendenze.
Cos’è l’esdebitazione per ex imprenditori
– È la procedura che permette a chi ha cessato l’attività di cancellare, in tutto o in parte, i debiti non più sostenibili
– Si applica alle imprese non fallibili (ditte individuali, microimprese, piccoli imprenditori) e anche a società cancellate
– Consente di ottenere una vera e propria “seconda chance”, ricominciando senza il peso delle passività pregresse
Quando puoi richiederla
– Dopo la chiusura della partita IVA e la cessazione dell’attività imprenditoriale
– Se hai debiti fiscali, contributivi o commerciali non più gestibili
– Quando non sei assoggettabile a fallimento perché la tua impresa non superava i limiti dimensionali previsti
– Anche se i crediti sono già in riscossione con cartelle, ipoteche o pignoramenti
Come funziona la procedura di esdebitazione
– Si presenta una domanda al Tribunale competente tramite un avvocato
– Si documenta la propria situazione economica e debitoria
– Il giudice, con l’ausilio dell’OCC (Organismo di Composizione della Crisi), valuta la meritevolezza e la sostenibilità del piano
– Può essere disposto un piano di pagamento parziale, un saldo e stralcio o, nei casi più gravi, la liberazione totale dai debiti
– Una volta concessa, l’esdebitazione cancella definitivamente i debiti residui non pagati
Vantaggi dell’esdebitazione
– Cancellazione totale o parziale dei debiti fiscali, contributivi e commerciali
– Blocco immediato delle azioni esecutive (pignoramenti, ipoteche, fermi)
– Protezione del patrimonio familiare e personale
– Possibilità di ripartire senza vincoli economici
– Recupero della serenità e della possibilità di reinserirsi nel mondo imprenditoriale o lavorativo
Attenzione: la richiesta di esdebitazione deve essere presentata con l’assistenza di un avvocato esperto. Tentare soluzioni improvvisate o attendere troppo significa rischiare di subire azioni esecutive che potrebbero compromettere il patrimonio familiare.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in sovraindebitamento ed esdebitazione – ti spiega come funziona la liberazione dai debiti per ex imprenditori e cosa fare subito dopo la chiusura della partita IVA.
Hai chiuso la partita IVA ma sei rimasto con debiti?
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Introduzione
L’esdebitazione è il “fresh start” legale che permette al debitore persona fisica sovraindebitato di cancellare i debiti residui non soddisfatti dopo una procedura concorsuale di liquidazione. Secondo il Codice della crisi d’impresa (D.Lgs. 14/2019, CCII) l’esdebitazione consiste nella “liberazione dai debiti” con conseguente inesigibilità dei crediti concorsuali non soddisfatti. Introdotta inizialmente nella legge fallimentare del 2006 e poi estesa con la Legge 3/2012 (c.d. “salva-suicidi”), oggi è pienamente regolata dal CCII, in linea con il principio europeo della “seconda opportunità”. È un beneficio riservato ai debitori meritevoli (cioè in buona fede) che abbiano sottoposto il proprio patrimonio a liquidazione ai creditori. Fra i soggetti ammessi vi sono consumatori, professionisti, piccoli imprenditori sotto le soglie di fallibilità, nonché l’ex imprenditore individuale che ha chiuso la partita IVA: pur cessata l’attività, egli mantiene la responsabilità personale dei debiti contratti e può accedere alle procedure di sovraindebitamento in quanto conservi una “soggettività residua”. In altri termini, anche l’imprenditore cancellato dal Registro delle imprese può ottenere l’esdebitazione tramite le nuove procedure (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata) senza che il divieto dell’art. 33 c.4 CCII (che riguarda le società) gli precluda l’accesso.
Debiti inclusi ed esclusi
Tutti i debiti concorsuali ammessi alla procedura, come mutui, prestiti, affidamenti bancari, debiti verso fornitori, erario e previdenza, rientrano nella cancellazione residua. In particolare, la Cassazione ha chiarito (Cass. S.U. 3819/2021) che anche i debiti tributari residui sono inclusi nell’esdebitazione (a meno che derivino da reati fiscali). In sostanza, terminata la liquidazione dei beni, tutti i crediti concorsuali residui diventano inesigibili. Resta invece ferma l’esclusione di alcune categorie stabilite per legge: rimangono estranei al beneficio gli obblighi di alimenti e mantenimento (es. assegni di divorzio o assegni familiari), i risarcimenti derivanti da fatti illeciti extracontrattuali e le sanzioni penali o amministrative pecuniarie non accessorie ad un debito estinto. Tali debiti devono continuare ad essere pagati anche dopo l’esdebitazione. Va inoltre ricordato che i diritti dei creditori verso eventuali garanti restano intatti: l’esdebitazione libera il solo debitore principale, non i coobbligati o fideiussori, i quali potranno ancora essere chiamati a rispondere.
Procedure concorsuali disponibili
Dopo la chiusura della partita IVA, il debitore indebitato può attivare le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (oggi nel CCII, artt. 65-91) o, se rientra in soggetti fallibili, le procedure di liquidazione concorsuale (fallimento/liquidazione giudiziale). Le principali opzioni sono:
- Piano del consumatore: destinato al consumatore (persona fisica per debiti estranei all’attività). Consiste in un piano di rientro basato sul reddito, senza necessità di voto dei creditori. È utile se l’ex imprenditore ha cessato ogni attività e può proporsi come “consumatore” (es. debiti contratti per spese familiari).
- Concordato minore (accordo di composizione): riservato ai piccoli imprenditori e professionisti non fallibili. Consente di presentare un piano di ristrutturazione ai creditori, con pagamento parziale e dilazionato in più classi, approvato con voto (generalmente la maggioranza del 50% per classe). Se omologato dal tribunale, il debitore esegue il piano; i creditori riscuotono quanto previsto e i residui cancellati. Anche dopo chiusura volontaria dell’attività l’ex imprenditore può proporre il concordato minore: come evidenziato, il divieto di cui all’art.33 CCII non si applica alla persona fisica.
- Liquidazione controllata: (ex liquidazione del patrimonio della legge 3/2012) è la procedura tipica del sovraindebitato. Il debitore (o anche un creditore o il PM, se imprenditore) può chiedere al tribunale la liquidazione forzata dei propri beni. Un commissario (liquidatore) redige l’inventario, realizza i beni pignorabili e ripartisce l’attivo risultante fra i creditori nel rispetto della par condicio. A differenza di un concordato, qui non serve il voto dei creditori e non è richiesto il requisito di meritevolezza per l’apertura. Al termine della liquidazione – o comunque al pagamento dell’attivo realizzato – il debitore può ottenere l’esdebitazione dei residui non pagati. Si applica a qualsiasi persona fisica insolvente non sottoponibile a fallimento (in base alle soglie CCII).
- Liquidazione giudiziale (fallimento): se l’ex imprenditore era soggetto obbligato a fallimento (supera le soglie dimensionali), il Tribunale può dichiararne fallimento (liquidazione giudiziale). Il curatore incaricato liquida i beni e ripartisce l’attivo. Lì, come nelle procedure per sovraindebitato, si potrà richiedere l’esdebitazione secondo le regole generali del CCII (vedi oltre). Un aspetto importante è che, a differenza del passato, anche il fallito – essendo persona fisica – può usufruire dell’esdebitazione finale.
- Procedura familiare (art.66 CCII): facoltativa, consente a coniugi o parenti conviventi tutti in crisi di unire le posizioni in un solo piano di composizione (omologato come concordato familiare o liquidazione unica). In tal caso l’eventuale esdebitazione finale riguarda ciascun membro per la propria quota.
In ciascuna procedura l’obiettivo congiunto è il medesimo: soddisfare i creditori per quanto possibile e consegnare al debitore un esito di “liberazione dei debiti residui”. Una volta ultimata la procedura (omologazione del piano o chiusura della liquidazione), il Tribunale provvede a dichiarare l’esdebitazione, come spiegheremo.
Requisiti per ottenere l’esdebitazione
L’elemento chiave per accedere all’esdebitazione è la meritevolezza del debitore. Il giudice verificará che l’insolvenza non sia stata causata da frodi o da colpa grave del debitore: deve aver agito con onestà e diligenza, evitando comportamenti fraudolenti (ad es. trasferimenti fittizi di beni, occultamenti). Diversamente, chi ha volontariamente omesso di pagare tasse o contributi per vantaggio proprio e con malafede potrebbe vedersi negare il beneficio. Recenti pronunce ribadiscono che non importa quanto poco i creditori abbiano incassato, purché il debitore sia stato trasparente e diligente: la Cassazione (ord. 15155/2024 e 27562/2024) ha confermato che l’esdebitazione va concessa anche se i creditori ricevono “briciole”, a meno che il risultato ottenuto sia irrisorio per propria colpa del debitore. Ad esempio, Cass. 28505/2024 ha affermato che una parziale (o totale) insolvibilità del debitore non preclude il beneficio – se non è frutto di frodi – perché “l’unico vero discrimine è la condotta del debitore, non l’entità del pagamento”. In sintesi, il debitore deve dimostrare di essere rimasto onesto ma semplicemente incapace di pagare tutto, mentre non potrà ottenere l’esdebitazione chi ha agito con dolo o frode nell’insolvenza.
Ulteriori condizioni sono tecniche: in linea generale l’esdebitazione è ritenuta legittima dopo almeno tre anni dall’apertura della procedura concorsuale (termine di “buona condotta” previsto dall’art.279 CCII, c.1). Il “Decreto correttivo ter” ha recentemente stabilito che il giudice può concedere il beneficio contestualmente alla chiusura della procedura o appena dopo tre anni dall’inizio. In pratica, se la procedura (fallimentare o liquidazione controllata) si conclude entro tre anni, il debitore presenta istanza di esdebitazione al momento della chiusura; altrimenti il tribunale la pronuncerà automaticamente al compimento del terzo anno, anche senza istanza (salvo opposizioni). Inoltre, il codice richiede che il curatore (o il liquidatore) riferisca nelle relazioni di chiusura gli elementi utili alla concessione o meno del beneficio. Per il debitore incapiente (art.283 CCII), che non versa nulla ai creditori, l’esame giudiziale è particolarmente rigoroso: il Tribunale valuta con attenzione ogni elemento di meritevolezza, anche richiedendo obblighi di rendicontazione futura. Com’è noto, l’art.283 CCII, introdotto nel sistema, stabilisce che il debitore “nullatenente senza colpa” (privato di ogni reddito e bene aggredibile) può ottenere il c.d. “fresh start puro”, con cancellazione totale dei debiti non coperti da beni. In questo caso il beneficio è subordinato alla presentazione di istanza tramite OCC e alla verifica di assenza di malafede. Spesso viene richiesto un termine di quattro anni in cui il debitore incapiente comunica eventuali miglioramenti patrimoniali: se entro quel termine emergessero capacità di pagare almeno il 10% dei debiti, l’esdebitazione può essere revocata e i creditori rientrare in possesso di quei crediti residui.
Iter procedurale e adempimenti
1. Consulenza e preparazione – Subito dopo la chiusura della partita IVA, l’ex imprenditore sovraindebitato dovrebbe rivolgersi a un professionista (avvocato o OCC – Organismo di composizione della crisi) per una valutazione preliminare. Si analizzano ammontare e natura dei debiti, la presenza di beni aggredibili o eventuali fonti di reddito, l’eventuale impatto di atti di disposizione compiuti (donazioni, spostamenti di conto, ecc.). In questa fase si raccoglie la documentazione necessaria (elenco creditori, dichiarazioni dei redditi, elenco dei beni, certificati del casellario giudiziale per verificare l’assenza di condanne ostative). Contestualmente si valuta la fattibilità delle diverse opzioni: concordato minore, piano del consumatore o liquidazione controllata.
2. Presentazione della procedura (ricorso in Tribunale) – La procedura vera e propria parte con il deposito di un ricorso al Tribunale competente (sezione fallimentare o “crisi d’impresa”). Se si opta per un accordo, il ricorso conterrà la proposta di piano di ristrutturazione con le percentuali di pagamento promesse, corredate dalla relazione dell’OCC che attesta la fattibilità e l’equità dell’offerta. Se si tratta di liquidazione controllata, il ricorso richiede l’apertura della procedura e la nomina del liquidatore (art.268 CCII). All’atto del ricorso si possono chiedere misure protettive urgenti (come il blocco dei pignoramenti in corso) per sospendere gli interessi e le procedure esecutive fino alla decisione del tribunale. Il Tribunale fissa poi l’udienza di ammissione. Per il concordato, convocherà eventualmente i creditori per voto sulla proposta; per la liquidazione controllata emetterà un decreto di apertura della procedura se riterrà l’istanza ammissibile (assenza di opposizioni e presenza dei requisiti). Da quel momento, il debitore è sottoposto alla procedura: l’amministrazione dei beni passa al commissario/curatore nominato, mentre il debitore perde il diritto di disposizione sui beni (che sono ora in visione dell’autorità).
3. Svolgimento e soddisfazione dei creditori – Nella liquidazione controllata, il liquidatore stabilisce l’inventario del patrimonio, pubblica l’avviso ai creditori e procede alla liquidazione dei beni pignorabili. Il ricavato (insieme alle eventuali entrate del debitore incamerate dal liquidatore, es. cessioni di beni o riscossioni) viene ripartito secondo legge: prima spese di giustizia, poi creditori privilegiati (fiscali, INPS, lavoratori, ecc.), infine chirografari. Se il debitore dispone di reddito sufficiente, può essere tenuto a contributi sui futuri guadagni (es. una quota della pensione o stipendio) per incrementare l’attivo. Nel concordato minore, il debitore realizza i pagamenti concordati; se, ad esempio, si impegna a versare rate periodiche, adempirà ai versamenti e il commissario curerà la distribuzione secondo il piano concordato. Il piano del consumatore ha struttura similare al concordato. In tutti i casi il debitore deve collaborare attivamente, fornendo dati completi, aggiornando tempestivamente il professionista su nuove entrate, e astenendosi da atti che possano pregiudicare i creditori (divieto di togliere beni al patrimonio, di contrarre nuovi debiti immotivati, ecc.). Un comportamento colposo o fraudolento in questa fase (per esempio omessa consegna di documenti o nascosta vendita di un immobile) può compromettere la domanda di esdebitazione.
4. Chiusura della procedura e domanda di esdebitazione – Conclusa la liquidazione o omologato il piano, il curatore o commissario deposita il suo rapporto finale. Se la liquidazione si chiude prima di 3 anni, il rapporto deve evidenziare tutti i fatti rilevanti ai fini della concessione dell’esdebitazione (pagamenti realizzati, comportamento del debitore, etc.). A questo punto il debitore può presentare istanza di esdebitazione (salvo che siano già trascorsi tre anni). Il tribunale valuta quindi i requisiti soggettivi e oggettivi: effettua le comunicazioni ai creditori ammessi, chiede informazioni utili (come eventuali procedimenti penali in corso), e valuta la documentazione consegnata. Se tutto è in regola, emette un decreto di esdebitazione in cui dichiara inesigibili i debiti residui dal debitore. Il decreto, notificato a debitore e creditori, può essere impugnato (in genere con reclamo entro 15 giorni). Completata ogni fase di verifica, l’esdebitazione diventa definitiva, e il debitore è ufficialmente “libero” dai residui debitori. Da quel momento non sarà più ritenuto moroso per quei debiti e potrà ricostruire la propria situazione finanziaria senza l’ombra di pignoramenti o azioni esecutive pendenti.
Tabelle Riepilogative
Debiti inclusi nell’esdebitazione | Debiti esclusi dall’esdebitazione |
---|---|
Tutti i crediti concorsuali (banche, fornitori, debiti contratti per l’attività, ecc.) | Obblighi alimentari (mantenimento, assegni di divorzio, etc.) |
Debiti tributari e previdenziali residui (IVA, IRPEF, INPS non pagati) – in assenza di reato (Cass. SU 3819/2021) | Risarcimenti da fatto illecito extracontrattuale (danni civili) |
Debiti verso qualsiasi creditore privato o pubblico inseriti nel piano di riparto | Sanzioni pecuniarie penali/amm. (se non accessorie ad altro debito estinto) |
Procedura | Soggetti ammessi | Scopo | Esito esdebitazione |
---|---|---|---|
Liquidazione giudiziale (fallimento) | Imprenditori commerciali sopra soglie, soci illimitatamente responsabili | Liquidare i beni del fallito per soddisfare i creditori | Debiti residui residui inesigibili dopo 3 anni o chiusura |
Concordato minore | Consumatori (piano) e imprenditori/prof. non fallibili | Ristrutturazione dei debiti con un accordo (pagamento parziale e dilazionato) | Debiti residui cancellati a valle dell’omologa e adempimento del piano |
Piano del consumatore | Consumatori (persone fisiche per debiti non riconducibili all’impresa) | Pagamento rateizzato dei debiti basato sul reddito del consumatore | Debiti residui estinti dopo l’esecuzione del piano |
Liquidazione controllata | Qualsiasi debitore insolvente non fallibile (piccoli impr., professionisti) | Liquidazione (forzata) del patrimonio per soddisfare i creditori | Debiti residui inesigibili dopo 3 anni o completamento della liquidazione |
Debitore incapiente (art.283 CCII) | Persona fisica priva di beni e reddito aggredibile | (“fresh start” puro) procedura formale di liquidazione con zero versamenti | Tutti i debiti concorsuali residui azzerati se il debitore è meritevole |
Domande frequenti (FAQ)
- Chi può richiedere l’esdebitazione? Possono accedere tutti i debitori persona fisica sovraindebitati per i quali sia stata aperta una procedura liquidatoria (fallimentare o della composizione della crisi). In particolare l’ex imprenditore individuale, sebbene abbia chiuso l’impresa, mantiene obbligazioni verso il proprio patrimonio e mantiene il diritto al “secondo piccone” dell’esdebitazione. Anche i soci illimitatamente responsabili di una società di persone possono ottenere l’esdebitazione sui debiti sociali residui. Possono altresì accedere i consumatori e professionisti in crisi.
- Qual è il requisito di pagamento minimo? La riforma del 2019 ha eliminato ogni soglia obbligatoria di pagamento: contrariamente alla vecchia legge fallimentare (che richiedeva ad es. almeno un 10% ai creditori chirografari), oggi basta la mera meritevolezza del debitore. Cassazione e legislatori hanno chiarito che anche un rimborso del 0% è ammissibile, purché il debitore non sia stato fraudolento.
- I debiti fiscali vengono cancellati? Sì: secondo Cass. S.U. 3819/2021 tutti i debiti concorsuali, compresi quelli verso l’erario e gli enti previdenziali, rientrano nel beneficio. Ciò significa che IVA, tasse sui redditi, contributi dovuti e non pagati vengono cancellati se residui dopo la procedura. L’unica eccezione è se tali debiti derivano da reati (evasione, frodi fiscali): in quel caso valgono norme particolari che ne impediscono l’esdebitazione. In pratica, una semplice inadempienza fiscale non esclude l’esdebitazione di per sé.
- Quanto dura la procedura? Dipende dal tipo: un concordato minore viene deliberato in pochi mesi se i creditori votano, anche meno se omologato d’ufficio; una liquidazione controllata tipicamente dura alcuni anni (2–4 anni), poiché richiede la vendita di beni. Ai fini dell’esdebitazione è cruciale il termine tre anni dall’apertura, considerato periodo di buona condotta. Il decreto correttivo ha previsto che al superamento dei tre anni il tribunale ordini di ufficio l’esdebitazione (se meritevole) anche senza domanda specifica. Se invece la procedura termina prima, il debitore presenta istanza contestuale alla chiusura.
- Cosa succede dopo l’esdebitazione? Dopo il decreto di esdebitazione il debitore non è più tenuto a pagare i residui di quelle obbligazioni. Non sono più esecutivi né pignorabili: in pratica, il debitore “ricomincia da capo” senza debiti residui. Restano invece in vita eventuali garanzie personali (coobbligati o fideiussori continueranno a rispondere) e i debiti esclusi per legge (alimenti, multe, ecc.). Inoltre, se trattasi di incapiente a costo zero, il giudice di solito impone obblighi di comunicazione sui redditi futuri per verificare eventuali “utilità” sopravvenute: se nei quattro anni successivi il debitore ricevesse consistenti somme, il decreto di esdebitazione potrebbe essere revocato fino a ripagare almeno il 10% dei crediti originari. In mancanza di tali eventi, il beneficio diventa definitivo. Infine, si segnala che l’esdebitazione non comporta alcuna penale o restrizione personale: il debitore conserva la libertà di circolazione e non subisce “condanne civili”.
Simulazioni pratiche
Esempio 1 – Concordato minore: Mario è un artigiano che ha cessato l’attività e ha debiti complessivi di 100.000€ (di cui 70.000€ verso la banca e 30.000€ verso fornitori), ma un patrimonio molto esiguo. Con l’aiuto di un OCC propone un concordato minore prevedendo di pagare il 20% ai chirografari in 5 anni (cioè versare 20.000€ complessivamente, tramite nuove rate di lavoro o prestiti) e offrendo ai creditori privilegiati i pagamenti di legge previsti. Il piano viene votato favorevolmente in Tribunale (o omologato d’ufficio) e Mario esegue i pagamenti promessi. Al termine del piano (o alla chiusura formale), restano 80.000€ di debiti chirografari insoddisfatti. In base al CCII, Mario può ottenere l’esdebitazione di questi residui perché ha dimostrato buona fede e ha rispettato il piano. I 80.000€ residui diventeranno inesigibili.
Esempio 2 – Liquidazione controllata e debito incapiente: Lucia, ex consulente indipendente, si ritrova con 30.000€ di debiti verso fornitori e banche, ma non possiede immobili né redditi aggredibili (è nullatenente). Avvia una liquidazione controllata formale (nomina un liquidatore tramite OCC) senza avere nulla da liquidare. Il Tribunale, riconosciuta la sua condizione di improduttività, concede l’apertura. Dopo 3 anni, presentata l’istanza di esdebitazione, il giudice, appurata la sua meritevolezza (nessun comportamento fraudolento) e la mancanza di attivo, emette il decreto. Lucia ottiene così l’esdebitazione “a costo zero”: i 30.000€ di debiti residui vengono azzerati. L’OCC la assiste fino alla conclusione, e nel decreto possono essere indicate le condizioni di vigilanza post-esdebitazione (ad es. obbligo di segnalare eventuali future entrate). Trascorso il periodo di controllo (4 anni) senza variazioni patrimoniali, il beneficio diventa irrevocabile.
Conclusioni
L’esdebitazione rappresenta oggi un valido strumento di “seconda opportunità” per l’ex imprenditore in difficoltà. Con la riforma del Codice della crisi, essa è diventata più accessibile: non richiede percentuali minime di rimborso, contempla gli imprenditori cessati e include anche i debiti fiscali (salvo frodi). Chiudere la partita IVA non significa rinunciare al diritto di liberarsi dai debiti: è anzi il momento per pianificare le mosse successive. Occorre valutare subito la situazione con un professionista, scegliere la procedura più adatta (concordato o liquidazione) e preparare la documentazione necessaria. Affrontare tempestivamente la crisi con onestà e partecipazione alla procedura permette di ottimizzare il risultato finale e ottenere infine l’esdebitazione. Nel panorama attuale, l’ordinamento tutela il “debitore meritevole” aiutandolo a ripartire senza il fardello insostenibile dei debiti pregressi.
Fonti normative e giurisprudenziali: D.Lgs. 14/2019 (CCII) artt. 278-283; Legge 3/2012 (sovraindebitamento); Cass. civ. ord. 15155/2024; 27562/2024; 28505/2024; 24214/2011 (Sez. Unite); Cass. S.U. 3819/2021; Tribunale di Verona 7 set. 2023; Tribunale di Torino 11 marzo 2025; DD.LL. correttivi CCII (147/2020, 136/2024). Documentazione e commenti disponibili su riviste giuridiche (Diritto della crisi, Diritto del risparmio, giurisprudenza.it, etc.). Le norme citate e i commenti giurisprudenziali aggiornati sono consultabili nelle fonti legali e nei contributi specialistici indicati nei riferimenti.
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L’esdebitazione è lo strumento che consente agli ex imprenditori di cancellare i debiti rimasti dopo la chiusura dell’attività, quando non è più possibile farvi fronte. Si può accedere attraverso le procedure di sovraindebitamento o, in certi casi, con il concordato minore, a seconda dell’entità del debito e della situazione economica. Questo permette di ripartire senza il peso dei debiti pregressi, proteggendo il patrimonio personale e la possibilità di avviare nuove attività.
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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in sovraindebitamento ed esdebitazione per ex imprenditori
✔️ Specializzato in gestione dei debiti fiscali, contributivi e bancari
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
Conclusione
Chiudere la Partita IVA non basta a liberarsi dai debiti: serve l’esdebitazione per avere una vera seconda possibilità.
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