Veterinario Pieno Di Debiti: Cosa Fare

Hai uno studio veterinario e ti senti sopraffatto dai debiti? Tra fornitori, tasse, affitti, leasing e rate, non riesci più a gestire la situazione? Hai paura che l’Agenzia delle Entrate o le banche possano agire contro di te?

Molti liberi professionisti, anche nel settore sanitario veterinario, si trovano in difficoltà economica senza sapere che esistono strumenti concreti e legali per gestire la crisi, difendere il proprio patrimonio e — quando possibile — salvare l’attività.

Cosa può fare un veterinario pieno di debiti?

La legge oggi prevede soluzioni specifiche anche per i professionisti con partita IVA, non solo per le società. Tutto dipende da quando agisci e da quanto è grave la situazione. Prima intervieni, più possibilità hai di ristrutturare i debiti o chiudere in modo ordinato.

Se vuoi salvare lo studio e continuare a lavorare:

Composizione negoziata della crisi
È una procedura volontaria e riservata, accessibile anche ai professionisti, che consente di:
– Trattare con i creditori con l’aiuto di un esperto terzo
– Bloccare azioni esecutive come pignoramenti e ipoteche
– Mantenere l’attività in vita mentre cerchi una soluzione sostenibile

Rateizzazione dei debiti fiscali e previdenziali
In molti casi è possibile ottenere piani di pagamento anche per cartelle già scadute o debiti con INPS e Cassa professionale.

Se invece non riesci più a far fronte ai debiti:

Quando la situazione è compromessa, la legge ti consente comunque di chiudere in modo protetto, evitando danni maggiori:

Liquidazione controllata (ex fallimento del professionista)
– I debiti vengono gestiti da un organo terzo
– Puoi accedere all’esdebitazione, cioè alla cancellazione dei debiti residui

Procedura per sovraindebitamento (piano del consumatore o accordo)
– Pensata per chi ha debiti personali e professionali
– Permette di proporre un piano di rientro anche senza fallire

E se hai beni personali intestati?

Molti veterinari lavorano in forma individuale e temono di perdere casa, auto o risparmi. Alcuni strumenti ti permettono di bloccare pignoramenti e sequestri, e se agisci per tempo puoi evitare che la crisi lavorativa travolga anche la tua vita privata.

Come ti aiutiamo noi dello Studio Monardo?

Analizziamo la tua situazione debitoria, valutiamo se ci sono le condizioni per salvare lo studio o per chiudere senza danni irreversibili. Ti assistiamo nella gestione delle trattative con il Fisco, nella composizione negoziata o nelle procedure di sovraindebitamento.

Hai uno studio veterinario in crisi e non sai da dove cominciare? Ti preoccupa il rischio di perdere tutto?

In fondo alla guida puoi richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Esamineremo il tuo caso in modo riservato e ti aiuteremo a scegliere la soluzione migliore per uscire dalla crisi, proteggere i tuoi beni e ripartire con serenità.

Introduzione

Trovarsi sovraindebitati – ossia con debiti che non si riesce più a pagare regolarmente – è una situazione difficile per chi esercita la professione veterinaria. Un medico veterinario pieno di debiti può accumulare passività di vario tipo: finanziamenti bancari per avviare o gestire la clinica, debiti verso fornitori di farmaci e attrezzature, tasse e contributi previdenziali non versati, stipendi arretrati ai dipendenti e perfino risarcimenti da cause di responsabilità professionale. In questa guida analizzeremo cosa fare in tale situazione dal punto di vista del debitore, con un taglio giuridico avanzato ma divulgativo. Illustreremo le soluzioni legali a disposizione – sia strumenti di ristrutturazione del debito che procedure giudiziali – aggiornate a giugno 2025 secondo la normativa italiana vigente e la giurisprudenza più recente.

Obiettivo della guida: fornire a veterinari indebitati (come liberi professionisti, studi associati o titolari di cliniche con dipendenti) una panoramica completa delle strategie per gestire i debiti e uscire dalla crisi, nel rispetto delle leggi italiane.

Tipologie di debiti che può avere un veterinario

Un veterinario può contrarre molteplici tipologie di debiti, derivanti sia dall’attività professionale sia dalla sfera personale. Ecco i principali tipi di debito da considerare:

  • Debiti bancari e finanziari: mutui o finanziamenti ottenuti per aprire l’ambulatorio o la clinica, acquistare apparecchiature veterinarie costose, ristrutturare i locali, oppure scoperti di conto e prestiti per sostenere la liquidità. Questi debiti sono spesso garantiti (ad esempio da ipoteca su un immobile di proprietà, come la casa o il locale della clinica). In caso di insolvenza, la banca può avviare l’esecuzione forzata sul bene dato in garanzia (pignoramento e vendita all’asta dell’immobile ipotecato).
  • Debiti verso fornitori e altri professionisti: ad esempio fornitori di medicinali veterinari, mangimi, attrezzature medicali, servizi di laboratorio, oppure debiti verso consulenti (commercialista, laboratori analisi). Questi crediti sono in genere chirografari (non garantiti); se il veterinario non paga, i fornitori possono agire per decreto ingiuntivo e pignoramento dei beni o dei conti correnti.
  • Debiti fiscali e contributivi: include tasse non pagate (IRPEF, IVA, IRAP) e contributi previdenziali non versati. Un veterinario libero professionista iscritto all’Ordine potrebbe essere iscritto a una Cassa di previdenza professionale (ENPAV per i veterinari) per i contributi pensionistici, oppure avere debiti con l’INPS (ad esempio se ha dipendenti, deve versare i contributi obbligatori) o con l’INAIL. I debiti tributari godono di privilegio generale o speciale e, in caso di insolvenza, hanno priorità di pagamento rispetto ai chirografari. Ad esempio, l’IVA e le ritenute non versate sono crediti privilegiati verso l’erario e tendenzialmente vanno soddisfatti almeno in misura pari a quanto otterrebbero da un’eventuale liquidazione forzata. Vi sono strumenti specifici per gestire i debiti fiscali, come la rateizzazione presso l’Agenzia delle Entrate o presso l’Agente della Riscossione, e periodicamente il legislatore introduce misure di definizione agevolata (“rottamazione” delle cartelle) che consentono di pagare il dovuto senza sanzioni. Al momento (giugno 2025) è utile verificare se si rientra in qualche finestra di sanatoria fiscale recente per ridurre il carico tributario.
  • Debiti verso i dipendenti e collaboratori: se il veterinario ha una clinica con personale assunto (medici veterinari collaboratori, infermieri veterinari, segretarie, ecc.), potrebbe trovarsi con retribuzioni arretrate o TFR non pagati. Questi crediti dei lavoratori sono considerati privilegiati per legge, quindi in caso di procedure concorsuali o di esecuzioni individuali avranno precedenza di soddisfazione (dopo alcuni crediti super-privilegiati come le spese di giustizia). Inoltre, il mancato pagamento degli stipendi può portare a vertenze di lavoro e decreti ingiuntivi immediatamente esecutivi.
  • Debiti per affitto o mutuo dell’immobile della clinica: se i locali sono in affitto, un accumulo di canoni non pagati può condurre allo sfratto per morosità e a un decreto ingiuntivo del proprietario. Se invece la clinica o l’ambulatorio è di proprietà ma gravato da mutuo ipotecario, il mancato pagamento di alcune rate consecutive consente alla banca di avviare la procedura esecutiva immobiliare (pignoramento e vendita all’asta).
  • Debiti per risarcimenti danni e responsabilità professionale: un veterinario potrebbe subire condanne al risarcimento (ad esempio per la morte di un animale da compagnia per negligenza, o sanzioni amministrative in materia sanitaria). Tali debiti, se derivanti da sentenze, diventano esecutivi e i creditori (ad esempio il proprietario di un animale che ha avuto un danno) possono procedere a esecuzione forzata. In genere questi crediti sono chirografari, salvo che si tratti di sanzioni pecuniarie di natura penale o amministrativa (che però non sono normalmente “esdebitabili”, come vedremo).
  • Fideiussioni e garanzie personali: se il veterinario ha fatto da garante per debiti altrui (ad esempio per un leasing di apparecchiature intestato allo studio associato o a una società collegata), potrebbe essere chiamato a pagare in caso di inadempimento del debitore principale. Questi importi finiscono per aggravare la sua esposizione debitoria complessiva.

Tutti questi debiti concorrono a formare la situazione di sovraindebitamento del veterinario. Sovraindebitato in senso tecnico è definito chiunque si trovi in una condizione di persistente squilibrio tra debiti e capacità di adempiere, tale da non riuscire a far fronte alle obbligazioni con regolarità. Il Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019) all’art. 2, co.1, lett. c) definisce infatti il sovraindebitamento come lo stato di crisi o insolvenza del debitore non assoggettabile a procedure concorsuali ordinarie (come il fallimento, ora chiamato liquidazione giudiziale). In pratica, include i debitori “civili” e i piccoli imprenditori che non possono accedere alle procedure maggiori.

È fondamentale capire quali debiti hanno priorità e quali conseguenze derivano dal loro mancato pagamento. Ad esempio, i debiti con privilegio o garanzia (Fisco, dipendenti, banche con ipoteca) non possono essere ignorati: se non si trova un accordo o una procedura per gestirli, i creditori privilegiati potranno aggredire i beni del debitore, con un danno anche per gli altri creditori (che spesso recupereranno poco o nulla in caso di esecuzioni frammentarie). Nel prosieguo vedremo quali strumenti consentono di ristrutturare anche i debiti privilegiati (ad esempio pagando ratealmente o parzialmente il dovuto) nell’ambito di un piano concordato.

Rischi e conseguenze del sovraindebitamento per il veterinario

Un veterinario fortemente indebitato, se non intraprende azioni per risolvere o gestire il debito, va incontro a una serie di conseguenze negative sul piano patrimoniale e professionale:

  • Aggressione del patrimonio tramite esecuzioni forzate: i creditori possono agire individualmente con pignoramenti di beni mobili (macchinari, attrezzature), pignoramento del conto corrente professionale o personale, pignoramento immobiliare (sulla casa di abitazione o sul locale della clinica, se di proprietà) e pignoramento presso terzi (ad esempio bloccando crediti che il veterinario vanta verso clienti). Queste azioni possono disgregare il patrimonio e mettere a repentaglio la continuazione dell’attività professionale. Un veterinario che si vede pignorare i macchinari principali o l’auto con cui effettua visite a domicilio rischia di non poter più lavorare, peggiorando ulteriormente la sua situazione.
  • Interessi di mora e oneri aggiuntivi: il perdurare dell’insolvenza fa lievitare il debito. Le banche applicano interessi di mora elevati sui prestiti non pagati; l’Agenzia delle Entrate-Riscossione aggiunge sanzioni e interessi di ritardato pagamento; i fornitori possono chiedere penali contrattuali. Questo effetto “palla di neve” del debito rende sempre più difficile uscirne senza un intervento esterno o una ristrutturazione.
  • Perdita di fiducia e reputazione creditizia: un professionista insolvente vede la propria affidabilità creditizia compromessa. Le banche classificano il veterinario come cattivo pagatore (segnalazioni in CRIF o Centrale Rischi), rendendo impossibile ottenere nuova finanza di supporto. Anche i fornitori potrebbero pretendere pagamenti anticipati in contanti (niente più forniture a credito), aggravando le difficoltà di gestione quotidiana della clinica.
  • Possibile dichiarazione di fallimento (liquidazione giudiziale) se la struttura lo consente: va precisato che, per legge, i liberi professionisti non sono imprenditori commerciali e in quanto tali non sono soggetti al fallimento (oggi liquidazione giudiziale). La legge fallimentare (R.D. 267/1942, art. 1) e il nuovo Codice della Crisi escludono dalle procedure concorsuali maggiori gli imprenditori “minori” e chi non esercita attività d’impresa commerciale. Il medico veterinario libero professionista, che offre prestazioni intellettuali, in linea di principio non può essere dichiarato fallito in quanto tale. I suoi creditori dovranno accontentarsi delle azioni esecutive individuali o delle procedure di sovraindebitamento apposite. Tuttavia, occorre fare attenzione a eventuali attività commerciali connesse: se il veterinario svolge anche attività d’impresa (ad esempio gestisce un negozio di alimenti per animali annesso alla clinica, o una pensione per animali) con una organizzazione d’impresa separata, quella specifica attività potrebbe qualificarlo come imprenditore commerciale. In generale, la professione veterinaria di per sé è considerata attività intellettuale e non commerciale, e ciò anche se il fatturato è elevato; dunque il veterinario persona fisica rimane fuori dal fallimento. In passato la giurisprudenza ha confermato che l’attività libero-professionale, anche se svolta in forma associata, non fa acquisire lo status di imprenditore commerciale fallibile. Esempio: il dott. Rossi è un veterinario titolare di uno studio individuale con 3 dipendenti e 600.000 € di debiti. Pur avendo superato singolarmente le soglie quantitative degli “imprenditori minori” (si veda oltre), egli non può essere soggetto a liquidazione giudiziale perché non è imprenditore commerciale ma professionista intellettuale. I creditori non potranno chiederne il fallimento, ma potranno agire con altre procedure.
  • Fallimento o liquidazione coatta della società/clinica veterinaria: situazione diversa si ha se il veterinario opera tramite una società commerciale (es. una S.r.l. veterinaria) o una società di persone con oggetto commerciale. Alcuni veterinari hanno costituito società tra professionisti (STP) per esercitare con forma societaria: queste, pur avendo oggetto professionale, assumono forma di società di capitali o persone ed è dibattuto se possano essere assoggettate a fallimento. In generale, però, se la clinica veterinaria è gestita da una società (ad esempio una S.n.c. o S.r.l.) che svolge attività di prestazione di servizi veterinari, tale società è iscritta al Registro delle Imprese e potrebbe ricadere nell’ambito degli imprenditori commerciali. In tal caso, se la società è insolvente e supera certi limiti dimensionali, i creditori potrebbero chiedere il fallimento della società. I limiti dimensionali (art. 2, co.1, lett. d del Codice della Crisi) per escludere la fallibilità sono attivo annuo ≤ 300.000 €, ricavi annui ≤ 200.000 € e debiti ≤ 500.000 €, cumulativamente nei 3 anni precedenti. Se la clinica-società ha superato anche solo uno di questi parametri, non è più “piccola”: un suo stato di insolvenza potrà sfociare in una liquidazione giudiziale su istanza dei creditori. Viceversa, società o imprese veterinari sotto soglia (es. piccoli ambulatori con ricavi sotto 200.000 € annui) rientrano tra i debitori “minori” esclusi dal fallimento e potranno accedere solo alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (piani del consumatore, concordati minori, ecc.). Più avanti approfondiremo queste procedure “minori”.
  • Responsabilità personali e sul patrimonio futuro: anche se il veterinario persona fisica non può fallire, ciò non significa che i suoi debiti si cancellino. Le azioni esecutive dei creditori possono protrarsi per molti anni (la prescrizione dei crediti può essere decennale o più, se interrotta). Un creditore insoddisfatto può rinnovare pignoramenti ogniqualvolta il debitore riacquisisca dei beni. Ad esempio, se oggi non trovano beni pignorabili ma tra 5 anni il veterinario acquista un bene o riceve un’eredità, i creditori potranno ancora avventarsi su quei nuovi beni (salvo si sia trovata una soluzione nel frattempo). Senza una procedura che porti a esdebitazione (liberazione dai debiti residui), il veterinario rischia di restare segnato a vita dal peso dei debiti, con difficoltà a ripartire economicamente (“no second chance”).
  • Stress e ripercussioni sull’attività: infine, il sovraindebitamento cronico comporta forte stress sul piano personale e può compromettere la qualità del lavoro. Un veterinario pressato dai debiti e dalle azioni esecutive potrebbe non riuscire a concentrarsi sui pazienti, rischiando di commettere errori professionali che aggravano la situazione (es. nuove richieste risarcitorie). Inoltre, la reputazione professionale può risentirne se emergono pubblicamente problemi economici (ad esempio pignoramenti presso terzi notificati a clienti, o situazioni note nell’ambiente).

Conclusione della sezione: ignorare il problema non è mai una strategia vincente. Occorre invece valutare per tempo le soluzioni legali disponibili per ristrutturare o ridurre il debito, tutelare il patrimonio essenziale (come l’abitazione familiare, se possibile) e arrivare ad un fresh start (nuovo inizio) liberandosi dai debiti insostenibili. Il legislatore italiano, soprattutto dal 2012 in poi, ha introdotto strumenti ad hoc per il sovraindebitamento e ha riformato profondamente il diritto concorsuale nel 2022 con il Codice della Crisi, recependo anche i principi europei della “seconda opportunità” per i debitori onesti. Nel prosieguo esamineremo tali strumenti.

Quadro normativo di riferimento (Italia)

Affrontare una situazione di debiti fuori controllo richiede innanzitutto la conoscenza del quadro normativo applicabile. In Italia, al giugno 2025, le principali norme rilevanti per un veterinario indebitato sono:

  • Codice Civile e Codice di Procedura Civile: contengono le regole generali sulle obbligazioni e sull’esecuzione forzata. Ad esempio, l’art. 2740 c.c. stabilisce che il debitore risponde delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri (“responsabilità patrimoniale”); il Codice di procedura civile disciplina i pignoramenti mobiliari, immobiliari e presso terzi. Queste norme generali operano sempre, salvo che intervenga una procedura concorsuale o di composizione della crisi che modifichi temporaneamente le regole (come la sospensione delle azioni esecutive durante un concordato).
  • Legislazione fallimentare e “Codice della Crisi e dell’Insolvenza” (D.Lgs. 14/2019): questa è la normativa che regola le procedure concorsuali per le imprese e le nuove procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento per soggetti non fallibili. Il vecchio impianto della Legge Fallimentare (R.D. 267/42) è stato in buona parte sostituito dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), entrato pienamente in vigore il 15 luglio 2022. Questo Codice, aggiornato e corretto da successivi decreti (da ultimo il D.Lgs. 83/2022, e un ulteriore correttivo è in iter nel 2024), contiene:
    • le procedure di liquidazione giudiziale (il “nuovo fallimento”) per imprenditori commerciali insolventi sopra soglia;
    • il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti per le imprese in crisi che vogliono evitare la liquidazione;
    • le procedure di regolazione della crisi da sovraindebitamento per debitori non fallibili, disciplinate agli artt. 65–83 CCII (comprendono la ristrutturazione dei debiti del consumatore, il concordato minore e la liquidazione controllata del sovraindebitato);
    • la esdebitazione (liberazione dai debiti) del sovraindebitato a fine procedura, agli artt. 278–283 CCII;
    • un nuovo strumento “di allerta e composizione assistita” denominato composizione negoziata della crisi, agli artt. 12–25 CCII (introdotto in origine col D.L. 118/2021, conv. L. 147/2021).
  • Legge 3/2012 (cd. “Legge salva-suicidi”): è la vecchia legge sul sovraindebitamento, in vigore dal 2012 e fino al luglio 2022, che ha introdotto per la prima volta in Italia procedure per la crisi dei debitori civili e piccoli imprenditori. Questa legge prevedeva tre strumenti: il piano del consumatore, l’accordo di composizione e la liquidazione del patrimonio. Dal 15 luglio 2022, tali istituti sono confluiti nel Codice della Crisi con modifiche e nuove denominazioni. Tuttavia, può essere ancora applicata in via transitoria ai procedimenti iniziati prima dell’entrata in vigore del CCII. Inoltre, molte pronunce giurisprudenziali antecedenti (2012–2021) su L.3/2012 mantengono validità interpretativa per le nuove procedure corrispondenti. Pertanto, riferimenti alla “Legge 3/2012” e relative sentenze possono essere utili per capire principi poi recepiti nel Codice della Crisi.
  • Normativa tributaria speciale: in caso di debiti fiscali, oltre alle procedure concorsuali, rilevano le norme tributarie su rateizzazioni e definizioni agevolate (es. D.L. n. 34/2023 sulla “rottamazione-quater” delle cartelle esattoriali, ecc.). Queste misure cambiano di anno in anno: un veterinario con cartelle esattoriali pendenti dovrebbe sempre verificare con l’aiuto di un consulente se sono previste sanatorie vigenti a cui aderire per ridurre sanzioni e interessi.
  • Normativa sul credito ai consumatori e usura: se parte dei debiti derivano da prestiti personali o revolving, possono venire in rilievo le tutele del TUB (Testo Unico Bancario) per il consumatore e la verifica di eventuali tassi usurari. Non rientra nello scopo principale di questa guida, ma è bene sapere che talvolta contestare gli interessi illegittimi su un finanziamento può ridurre il debito residuo.
  • Norme deontologiche professionali: sebbene il codice deontologico veterinario non tratti specificamente il tema debiti, va ricordato che la dignità e il decoro professionale devono essere sempre preservati. Evitare situazioni di insolvenza protratta che possano riflettersi negativamente sulla clientela o portare a condotte scorrette (es. distrarre beni per non farli pignorare – il che integrerebbe possibili reati di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte o simili) è nell’interesse del professionista stesso.

In sintesi, il contesto normativo offre oggi vari strumenti giuridici per affrontare il sovraindebitamento. Nel seguito li esamineremo in due macro-categorie: (1) soluzioni stragiudiziali o negoziali, basate su accordi volontari col creditore (con o senza l’ausilio di procedure assistite); (2) procedure giudiziali di composizione della crisi o concorsuali, attivate presso il Tribunale, che consentono di imporre un piano ai creditori o di liquidare il patrimonio con esdebitazione finale. Laddove necessario, distingueremo il caso del veterinario libero professionista (soggetto alle procedure da sovraindebitamento) dal caso della clinica veterinaria organizzata in forma d’impresa (soggetta alle procedure concorsuali ordinarie se di dimensioni rilevanti).

Strategie stragiudiziali: trattative private e composizione negoziata

Prima di addentrarci nelle procedure giudiziarie vere e proprie, è importante valutare le soluzioni stragiudiziali, ossia quelle basate su un accordo volontario con i creditori, senza l’intervento immediato del Tribunale. Queste strategie possono, in taluni casi, risolvere la crisi debitoria in modo più rapido e riservato, evitando i “riflettori” di una procedura concorsuale pubblica e riducendo i costi. Vediamone alcune:

Trattativa privata e saldo a stralcio

La prima strada da tentare è spesso la trattativa privata con i creditori. Consiste nel contattare ciascun creditore (o i principali) per esporre la situazione di difficoltà e proporre un piano di rientro sostenibile, oppure una riduzione del debito (saldo e stralcio). Dal punto di vista del debitore, questa opzione richiede trasparenza e buonafede: conviene presentare ai creditori un quadro della propria situazione economica e far capire che una composizione bonaria conviene a tutti rispetto all’incertezza delle azioni esecutive o di una procedura concorsuale.

Esempio di saldo e stralcio: Il veterinario deve €50.000 a un fornitore di mangimi. Sa di non poter pagare l’intero importo ma, grazie magari a un aiuto familiare, può offrire €20.000 in un’unica soluzione. Propone dunque al fornitore un “saldo e stralcio” del 40%: il creditore, valutando i costi e i tempi di un’azione legale e il rischio di ottenere meno dalla liquidazione forzata, potrebbe accettare di rinunciare al 60% del credito in cambio di un pagamento immediato e definitivo di €20.000. Se l’accordo va a buon fine, il veterinario estingue quel debito con soddisfazione reciproca delle parti.

Vantaggi della trattativa stragiudiziale: flessibilità (si può concordare qualsiasi percentuale o dilazione purché il creditore sia d’accordo), riservatezza (non vi è pubblicità come nelle procedure giudiziali), controllo del debitore sul processo (non ci sono imposizioni di un commissario o giudice). Svantaggi: non c’è una protezione legale generale durante le trattative, il che significa che un creditore potrebbe iniziare o proseguire il pignoramento mentre si negozia con altri. Inoltre, serve il consenso di tutti i creditori con cui si vuole trovare l’accordo: basta un creditore dissenziente perché possa agire separatamente. Infine, se vi sono molti creditori, raggiungere accordi individuali con ciascuno può essere complesso e incoerente (rischio di preferenze indebite: pagare alcuni e non altri).

Suggerimenti pratici per la negoziazione:

  • Analizzare la posizione di ogni creditore: ad esempio, una banca ipotecaria sa di poter aggredire l’immobile, sarà meno propensa a sconti alti; un fornitore non garantito temerà di perdere tutto e potrebbe accettare percentuali basse pur di incassare subito.
  • Eventualmente farsi affiancare da un legale o un consulente finanziario esperto in ristrutturazioni, che sappia condurre le trattative e prospettare anche le alternative (es. “se non troviamo un accordo, il mio cliente sarà costretto a un concordato minore e lei potrebbe ottenere ancora meno”).
  • Mettere sempre per iscritto l’accordo raggiunto, preferibilmente in un accordo transattivo firmato, in cui il creditore dichiara di accettare la somma X a stralcio del maggior importo dovuto, rinunciando al resto (ed eventualmente si disciplina la modalità di pagamento e liberatoria finale).

La trattativa privata pura, tuttavia, non blocca le azioni esecutive in corso: pertanto, se un creditore ha già avviato un pignoramento, solo un accordo con quel creditore (o un provvedimento giudiziale) può fermarlo. In alternativa al fai-da-te integrale, dal 2021 esiste in Italia uno strumento semi-ufficiale per condurre trattative assistite: la Composizione Negoziata per la soluzione della crisi d’impresa.

Composizione negoziata della crisi d’impresa

La Composizione Negoziata è una procedura innovativa e volontaria, introdotta dapprima col D.L. 118/2021 (convertito in L.147/2021) e ora disciplinata nel Codice della Crisi (artt. 12-25 CCII). Si tratta di uno strumento di ausilio alle imprese in difficoltà, pensato per favorire il risanamento quando esistono ancora margini di recupero. In sostanza, un imprenditore in crisi può chiedere la nomina di un esperto indipendente che lo affianchi nel tentativo di trovare un accordo con i creditori e altri soggetti interessati, evitando così l’insolvenza conclamata.

Chi può accedere: la norma prevede che qualsiasi imprenditore commerciale o agricolo (inclusi gli imprenditori “sotto soglia” prima esclusi dall’allerta) iscritto nel Registro Imprese, che si trovi in una condizione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tale da rendere probabile la crisi o insolvenza, possa presentare istanza di composizione negoziata. Nota: un veterinario libero professionista in quanto tale non rientra tra i soggetti che possono attivare la composizione negoziata, perché non è imprenditore iscritto. Invece, una clinica veterinaria costituita in forma d’impresa (società o ditta individuale commerciale) può accedervi. Ad esempio, una S.r.l. “Clinica Vet ABC” in difficoltà finanziaria può avviare la procedura. Anche gli imprenditori “minori” (sotto soglia) sono espressamente ammessi: ciò significa che perfino la piccola S.n.c. veterinaria, pur non fallibile, può usare questo strumento.

Come funziona: la domanda si presenta tramite una piattaforma telematica attivata presso la Camera di Commercio competente. Occorre allegare vari documenti (bilanci ultimi 3 anni, situazione debitoria, piano finanziario a 6 mesi, etc.). Un’apposita Commissione nomina un Esperto Indipendente (di norma un commercialista, avvocato o esperto di crisi d’impresa formato, scelto da elenchi tenuti presso le CCIAA). L’Esperto, una volta accettato l’incarico, esamina la situazione aziendale e convoca l’imprenditore e i creditori per condurre trattative riservate. L’obiettivo è trovare una soluzione che superi lo squilibrio patrimoniale o finanziario dell’impresa e prevenga il tracollo.

Durante la composizione negoziata, l’imprenditore rimane alla guida dell’impresa (non c’è spossessamento), però deve gestire in modo da non aggravare il dissesto e in leale collaborazione con l’esperto. La procedura è assistita ma non giudiziale: il Tribunale interviene solo se il debitore chiede misure protettive (ad es. la sospensione delle azioni esecutive) o autorizzazioni specifiche (come contrarre finanziamenti prededucibili per urgenze di cassa). Se il debitore lo richiede, infatti, il Tribunale può emanare un decreto che vieta l’inizio o la prosecuzione di azioni esecutive individuali durante le trattative. Tale divieto opera come stay generale (simile all’automatic stay delle procedure concorsuali) e impone ai creditori di congelare iniziative aggressive, salvo autorizzazione del giudice. Attenzione però: la Cassazione ha chiarito che il giudice della composizione negoziata può emanare il divieto di azioni esecutive, ma non entra nel merito dei singoli procedimenti esecutivi pendenti (non può dichiararli nulli o sospenderli lui stesso); sarà compito dei rispettivi giudici dell’esecuzione prenderne atto e sospendere, su istanza di parte, i procedimenti pendenti.

Esiti possibili: entro 180 giorni (prorogabili) di trattative, se tutto va bene, si può raggiungere:

  • un contratto di ristrutturazione con uno o più creditori (ad esempio nuovi piani di rientro, dilazioni, riduzioni concordate);
  • oppure una convenzione di moratoria (accordo con certe categorie di creditori per congelare i crediti);
  • oppure un vero e proprio accordo di ristrutturazione ex art.57 CCII o un piano attestato di risanamento (strumenti che richiedono omologazione o asseverazione esterna, di cui diremo dopo).

Se invece le trattative non hanno esito positivo, l’esperto redige una relazione finale negativa. Anche in questo caso, la composizione negoziata non è tempo perso: può preludere ad altre soluzioni. In particolare, il legislatore ha introdotto un istituto nuovo collegato a questo fallimento delle trattative: il Concordato Semplificato per la liquidazione del patrimonio.

Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio

Il Concordato semplificato (disciplinato dagli artt. 25-sexies e 25-septies CCII) è, come dice il nome, una forma di concordato “straordinaria” che non richiede il voto dei creditori e serve a liquidare il patrimonio del debitore. Può essere utilizzato esclusivamente se la composizione negoziata non ha portato ad accordi. In pratica, è un’extrema ratio per l’imprenditore in crisi che ha tentato di negoziare ma senza successo: invece di precipitare nel fallimento (liquidazione giudiziale) subito, gli è concessa la possibilità di presentare al Tribunale un piano di liquidazione dei suoi beni con modalità tali da garantire ai creditori una soddisfazione migliore rispetto alla liquidazione giudiziale classica.

Caratteristiche principali:

  • Accesso riservato a imprenditori commerciali/agricoli (anche minori) che abbiano svolto la composizione negoziata onestamente (l’esperto deve attestare che le trattative sono state condotte con correttezza e buona fede). Dunque una clinica veterinaria che ha fallito la composizione negoziata può chiedere il concordato semplificato; un veterinario libero professionista no, perché non poteva attivare la negoziazione a monte.
  • Si propone un piano di liquidazione: il debitore elenca come intende vendere i beni (anche in blocco, es. cessione dell’intera clinica o di rami aziendali, oppure vendite singole). Può essere prevista la continuità indiretta se viene ceduta l’azienda a un acquirente, garantendo prosecuzione dell’attività da parte di quest’ultimo.
  • Nessun voto dei creditori: questa è la peculiarità maggiore. Mentre nel concordato “ordinario” i creditori votano e approvano o meno la proposta, qui i creditori non votano affatto. Sarà il Tribunale a valutare il piano e omologarlo, purché ritenga dimostrato che i creditori riceveranno dal concordato semplificato più di quanto otterrebbero dalla liquidazione giudiziale alternativa. Il Tribunale nomina un ausiliario (commissario) che esprime un parere sul piano, ma la decisione finale spetta ai giudici, dopo aver sentito le parti.
  • Una volta omologato dal Tribunale, il concordato semplificato diventa vincolante per tutti i creditori inclusi, anche se non consenzienti, e si procede con la liquidazione secondo il piano. Al termine, l’imprenditore ottiene l’esdebitazione dei debiti residui, analogamente a quanto avviene nel concordato preventivo e nelle altre procedure (salvi i debiti non esdebitabili per legge, v. oltre).

Importanza per il veterinario: immaginiamo una clinica veterinaria S.r.l. con grave indebitamento. Il titolare attiva la composizione negoziata, ma le banche e fornitori non raggiungono un accordo. A questo punto, senza questo strumento, la S.r.l. rischierebbe il fallimento. Con il concordato semplificato invece può presentare un piano al Tribunale, ad esempio proponendo di cedere l’attività a un investitore interessato (che garantisce un certo prezzo da distribuire ai creditori) oppure liquidare i beni in un certo modo. Se il piano è credibile e migliorativo rispetto al fallimento (dove magari i beni finirebbero svenduti), il Tribunale può omologarlo anche se i creditori sono scontenti. In pratica, è un modo per accelerare la liquidazione con minori costi e salvaguardare magari la continuità del servizio (es. la clinica continua a operare sotto nuova gestione), evitando al contempo le lungaggini di un fallimento.

Dal punto di vista del debitore, il concordato semplificato è utile perché gli restituisce un certo controllo: può formulare lui la proposta di liquidazione, scegliendo l’acquirente o le modalità (sotto scrutinio del giudice) invece di subire passivamente il fallimento. Inoltre, ottiene la liberazione dai debiti residui in tempi relativamente brevi e senza lo stigma del fallito.

Naturalmente, per i creditori questo strumento è delicato, perché li esautora del diritto di voto. Proprio per questo i giudici vigilano rigorosamente sull’assenza di abusi: il debitore deve aver agito in buona fede in composizione negoziata e proporre qualcosa di davvero migliorativo per i creditori. Il concordato semplificato non è una scorciatoia per favorire il debitore a scapito dei creditori, ma un meccanismo per evitare inutili costi e sacrifi patrimoniali quando c’è una soluzione più efficiente già pronta (spesso, un acquirente interessato all’azienda).

In sintesi stragiudiziale: per un veterinario indebitato che operi come impresa, la sequenza potrebbe essere: prima tentare accordi stragiudiziali informali; se la situazione è complessa, attivare la composizione negoziata con ausilio dell’esperto (godendo nel frattempo di protezione dalle azioni esecutive); se nemmeno l’esperto riesce a conciliare tutti, utilizzare la relazione finale per accedere a un concordato semplificato e chiudere la vicenda in Tribunale liquidando i beni. Questo percorso, pur drammatico (perché spesso implica la perdita dell’attività per il debitore), evita la dichiarazione di fallimento formale e consente di ripartire senza debiti residui.

Procedure di sovraindebitamento per il veterinario non fallibile (professionista o piccolo imprenditore)

Passiamo ora alle procedure giudiziali previste per chi, come il veterinario libero professionista o lo studio associato, non è soggetto a fallimento. Tali procedure mirano a regolare la crisi debitoria in modo unitario davanti al Tribunale, con l’ausilio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) o di un professionista nominato, e ad arrivare a un esito che concili la soddisfazione (parziale) dei creditori con la liberazione finale dai debiti per il debitore meritevole. Con il Codice della Crisi 2019/2022, le vecchie procedure della L.3/2012 sono state aggiornate nei nomi e in alcuni requisiti: abbiamo oggi essenzialmente tre procedure per il sovraindebitamento:

  1. Ristrutturazione dei debiti del consumatore – (era il “piano del consumatore” in L.3/2012)
  2. Concordato minore – (evoluzione dell’“accordo di composizione” della L.3/2012, riservato ai debitori non consumatori)
  3. Liquidazione controllata del sovraindebitato – (sostituisce la “liquidazione del patrimonio” ex L.3/2012)

A queste si aggiunge una quarta possibilità peculiare:
4. Esdebitazione del debitore incapiente – procedura “light” per ottenere la cancellazione dei debiti senza attivare una liquidazione, riservata a chi non ha alcun patrimonio liquidabile, introdotta in via sperimentale nel 2020 e ora recepita nell’art. 283 CCII.

Prima di analizzarle singolarmente, va compreso chi può accedere a queste procedure. L’art. 65 CCII (Ambito di applicazione) elenca: il consumatore, il professionista, l’imprenditore minore, l’imprenditore agricolo, le start-up innovative, e ogni altro debitore non assoggettabile a liquidazione giudiziale o altre procedure liquidatorie (es. enti non commerciali). Quindi un veterinario:

  • Libero professionista individuale rientra a pieno titolo (è un “professionista” non fallibile);
  • Studio associato di veterinari (associazione professionale) rientra come “altro debitore non fallibile” – gli studi associati non hanno personalità giuridica e non sono imprese commerciali, dunque anch’essi possono accedere, anche se nella pratica spesso occorre che siano i singoli professionisti associati a proporre una procedura comune (il CCII prevede procedure familiari di gruppo per membri della stessa famiglia, ma non esplicita il caso di soci di studio: in passato qualche Tribunale ha ammesso istanze congiunte di coobbligati, altri hanno preferito la trattazione coordinata di più procedure individuali).
  • Clinica veterinaria con dipendenti: se esercitata in forma individuale (ditta individuale non oltre soglia) o società sotto soglia, può anch’essa utilizzare queste procedure (si parla in tal caso di “concordato minore” dell’impresa minore). Se invece la clinica è società sopra soglia, come detto dovrà rivolgersi ai concordati preventivi o accordi di ristrutturazione dei debiti (procedimenti concorsuali ordinari, v. oltre).

Un altro requisito generale è la meritevolezza del debitore: la legge richiede, in misura diversa a seconda della procedura, che il sovraindebitamento non sia stato causato da dolo o colpa grave del debitore. Questo concetto si traduce in filtri all’ingresso (es. causa di inammissibilità) o valutazioni in sede di omologa. Nel nuovo CCII la valutazione di meritevolezza del consumatore è disciplinata dall’art. 69 CCII: il piano è inammissibile se il consumatore ha determinato il sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode. Tale criterio ha sostituito il precedente “test del merito creditizio” più rigido (che considerava anche l’aver fatto debiti oltre le proprie possibilità). Oggi dunque il focus è soprattutto su comportamenti gravemente imprudenti o scorretti. Per i debitori non consumatori (come il professionista o l’impresa minore) non si parla di “meritevolezza” in senso stretto, ma un’analoga verifica avviene in sede di concessione dell’esdebitazione: l’art. 280 CCII esclude la liberazione dei debiti se il debitore ha agito con dolo o colpa grave nell’indebitarsi, o ha frodato i creditori, ecc.. In più, durante la procedura, il debitore deve comportarsi correttamente (pena decadenze o revoche). Detto ciò, anche i debitori colpevoli possono accedere almeno alla liquidazione controllata, che è la procedura più “punitiva” in cui comunque al termine la liberazione può essere negata in caso di colpa grave. Insomma, non è precluso l’accesso alle procedure ai veterinari che abbiano fatto errori gestionali, ma solo a chi abbia truffato i creditori o violato gravemente la buona fede.

Esaminiamo ora ciascuna procedura:

Ristrutturazione dei debiti del consumatore (piano del consumatore)

Questa procedura è riservata ai debitori persone fisiche consumatori, cioè che hanno contratto i debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale. Domanda chiave: un veterinario può qualificarsi consumatore? Dipende dalla natura dei debiti: se i debiti sono prevalentemente personali (mutuo prima casa, spese familiari, finanziamenti al consumo) e non attengono alla sua attività di veterinario, allora per quei debiti egli agisce come consumatore. Ma spesso il veterinario indebitato ha debiti legati alla professione (fatture fornitori, leasing apparecchiature, debiti fiscali da reddito professionale): tali debiti non sono “da consumatore”. La giurisprudenza ha affermato che la qualifica di consumatore va valutata sulla base della causa del debito: se il debito ha origine dall’attività lavorativa autonoma, quel debitore non è consumatore riguardo a quel debito, anche se è persona fisica. Pertanto, un veterinario libero professionista di norma non potrà usare il piano del consumatore per i debiti del suo studio, dovendo invece utilizzare la procedura per i non consumatori (concordato minore). Potrebbe però capitare che un veterinario abbia solo debiti personali (es. perché ha chiuso l’attività e i debiti residui sono un mutuo casa e carte di credito): in tal caso, cessata l’attività, potrebbe accedere come “consumatore”.

Assumiamo ora il caso di un soggetto che accede come consumatore (anche se non il tipico veterinario in attività, ma per completezza lo trattiamo brevemente):

  • La ristrutturazione dei debiti del consumatore consiste nel presentare al Tribunale, tramite un OCC (Organismo di Composizione della Crisi), un piano di pagamento parziale dei propri debiti, sulla base delle capacità economiche, senza l’accordo preventivo dei creditori (è unilaterale). I creditori non votano sul piano, ma possono presentare osservazioni e opposizioni. Sarà il Giudice ad omologare il piano se ritiene che il debitore meriti l’accesso (assenza di colpa grave/frode) e che il piano sia fattibile e conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.
  • Il piano può prevedere qualsiasi forma di soddisfazione del credito, anche pagamenti parziali (falcidia) dei creditori chirografari. I creditori privilegiati (es. ipotecari) possono essere pagati non integralmente, purché almeno in misura pari al valore di realizzo del bene su cui hanno garanzia. Ad esempio, se c’è un mutuo casa con ipoteca da €200.000 e la casa vale €150.000 sul mercato, il piano potrebbe proporre di pagare €150.000 (magari vendendo l’immobile) al creditore ipotecario, falcidiando la parte eccedente. È però vietato pregiudicare alcuni crediti privilegiati come l’IVA? Sul punto, il CCII non contiene più un divieto espresso di falcidia IVA (che vige invece nel concordato preventivo ordinario), quindi in teoria anche l’IVA può essere trattata come credito privilegiato falcidiabile fino a concorrenza del valore dei beni su cui insiste il privilegio generale mobiliare (o pagata pro quota nel piano).
  • Il piano del consumatore può avere durata variabile, anche medio-lunga. Non c’è un limite esplicito agli anni di rateizzo, sebbene piani troppo lunghi debbano essere giustificati. La legge previgente (L.3/2012) menzionava una moratoria massimo di 1 anno per i creditori privilegiati salvo consenso di questi all’estensione, ma la Cassazione ha superato quell’impostazione: oggi è ammesso prevedere pagamenti dilazionati per più anni anche ai creditori ipotecari, a condizione di dare loro modo di esprimersi sulla proposta. In una pronuncia del 2024, la Cassazione ha stabilito che un piano del consumatore può legittimamente prevedere il pagamento dei crediti ipotecari in un periodo anche superiore a 5-7 anni, se ciò è nell’interesse di tutti e i creditori hanno avuto la possibilità di valutare la convenienza della proposta. Questo per favorire la seconda chance del debitore e consentire soluzioni come il mantenimento della casa di abitazione (pagando il mutuo residuo nel lungo termine anziché subire la vendita forzata). Nel piano del consumatore è persino prevista la possibilità di mantenere inalterato il mutuo ipotecario sulla prima casa, pagando le rate come da contratto se si è in pari o se il giudice concede il “rimessione in termini” per le rate scadute.
  • Procedura: il consumatore deposita la proposta di piano tramite l’OCC competente per territorio. Viene nominato un gestore della crisi (di solito un professionista dell’OCC) che redige una relazione sulla diligenza e le cause dell’indebitamento e attesta la fattibilità del piano. I creditori vengono avvisati e possono fare osservazioni. Si tiene un’udienza in Tribunale, al termine della quale il giudice può omologare il piano se ricorrono i presupposti. L’omologa rende il piano vincolante per tutti i creditori anteriori (anche dissenzienti). I creditori non possono più agire individualmente e dovranno attendere/eseguire quanto previsto dal piano.
  • Esecuzione e esdebitazione: se il debitore rispetta il piano, al termine ottiene l’esdebitazione di tutti i debiti concorsuali residui non pagati nel piano. Se invece il debitore non adempie e il piano fallisce, il giudice (sentito l’OCC) può revocare l’omologa e, su richiesta, convertire la procedura in liquidazione controllata.

Il vantaggio del piano del consumatore è che non serve convincere i creditori uno ad uno: è il giudice che impone l’accordo, valutata l’equità della proposta. Ciò è utile specie quando qualche creditore tiene atteggiamento ostile malgrado la proposta sia ragionevole. Per contro, l’onere sulla buona fede del debitore è alto: il giudice scruta attentamente il comportamento pregresso; inoltre, il debitore deve mettere a disposizione tutto il suo reddito disponibile eccedente le necessità di sostentamento, per dimostrare di fare il massimo sforzo.

Esempio pratico: il dott. Bianchi, ex veterinario, ha cessato l’attività e ha 100.000 € di debiti personali (carte di credito, piccolo prestito, debiti familiari). Ha una pensione modesta. Può proporre un piano del consumatore offrendo di pagare, ad esempio, 500 € al mese per 5 anni (30.000 € totali) distribuendo proporzionalmente ai creditori chirografari, i quali incasserebbero circa il 30%. Se il giudice omologa, Bianchi paga le 60 rate; al termine i rimanenti 70.000 € sono cancellati.

Nel caso tipico del veterinario in attività con debiti professionali, però, dovremo rivolgerci all’altra procedura: il concordato minore.

Concordato minore (accordo di ristrutturazione per debitori non consumatori)

Il concordato minore è la procedura destinata ai debitori sovraindebitati “non consumatori”. Vi rientrano dunque il veterinario libero professionista per i debiti della sua attività, l’imprenditore minore, l’imprenditore agricolo, l’ente non profit sovraindebitato, ecc. Si chiama “concordato” perché in parte ricorda un concordato preventivo (c’è una proposta ai creditori, a cui alcuni devono aderire), ma con regole semplificate adatte ai piccoli debitori e finalità anche esdebitatorie.

Meccanismo: il debitore formula una proposta di concordato minore ai creditori, con l’ausilio dell’OCC, avente ad oggetto la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti in qualsiasi forma. Può prevedere pagamenti parziali, dilazioni, eventuali classi di creditori se opportuno (ad esempio separare i creditori che si intende trattare diversamente). La proposta deve assicurare la prosecuzione dell’attività professionale o imprenditoriale quando ciò sia fattibile – infatti uno scopo tipico del concordato minore è rilanciare la piccola attività evitando la chiusura, se possibile. In alternativa, può anche essere liquidatorio, ma spesso se non c’è prospettiva di continuare conviene direttamente la liquidazione controllata. Diciamo che il concordato minore è indicato quando il veterinario vuole cercare di salvare lo studio o la clinica, ristrutturando i debiti, oppure quando terzi (es. familiari) offrono risorse aggiuntive per pagare parzialmente i creditori in cambio di una remissione dei debiti.

Approvazione dei creditori: diversamente dal piano del consumatore, qui i creditori votano la proposta. Serve il voto favorevole dei creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti ammessi al voto (stessa maggioranza che aveva l’accordo nella L.3/2012). I creditori privilegiati che non ricevano integrale soddisfazione partecipano al voto per la parte falcidiata. Si possono prevedere classi di creditori e in tal caso il 60% è calcolato per classi. Se la maggioranza approva, si va all’omologa da parte del Tribunale. I creditori dissenzienti restano comunque vincolati all’accordo omologato. Se invece non si raggiunge il 60%, il concordato minore non può essere omologato; il debitore può a quel punto chiedere la conversione in liquidazione controllata.

Ruolo dell’OCC e del Tribunale: il ricorso per concordato minore si deposita col tramite di un OCC competente territorialmente. L’OCC aiuta a predisporre piano e documenti, e redige la relazione particolareggiata (verificando attendibilità dei dati, cause dell’indebitamento, eventuali atti in frode, ecc.). Il Tribunale, ricevuta la domanda, può concedere i provvedimenti di tutela del patrimonio su richiesta (fermo delle azioni esecutive, sospensione interessi, ecc.). Quindi dispone eventualmente la votazione dei creditori (che può avvenire in udienza o anche per dichiarazioni scritte). Infine, se la maggioranza c’è e non vi sono opposizioni fondate, omologa il concordato minore rendendolo efficace verso tutti. L’omologa può avvenire anche in mancanza di adesioni se un creditore è stato trattato più favorevolmente di altri e viene soddisfatto comunque (cram-down per classi? Il CCII su questo è un po’ tecnico, ma per semplicità diciamo che serve la maggioranza del 60%).

Contenuto della proposta: come accennato, ampia libertà. Ad esempio, il veterinario può proporre di pagare integralmente i creditori privilegiati entro tot anni e pagare ad una certa percentuale quelli chirografari, finanziando questi pagamenti con i proventi futuri della sua attività nei prossimi 5 anni, e/o con l’apporto di risorse di terzi (coniuge, soci). Può offrire garanzie collaterali (un immobile di un familiare) per convincere i creditori. Può anche contemplare la vendita di alcuni asset non indispensabili (es. vendere una seconda casa di proprietà per recuperare liquidità da distribuire). Insomma, si tratta di cucire un “abito su misura” per la crisi specifica. Non ci sono percentuali minime di legge da garantire ai chirografari, ma vige la regola generale di convenienza: il concordato sarà omologato solo se per i creditori è più conveniente rispetto alla liquidazione controllata alternativa. Ciò significa che bisogna offrire almeno quanto otterrebbero vendendo tutto il patrimonio del debitore. In pratica, il valore eccedente generato dalla prosecuzione d’attività o da nuovi apporti deve migliorare il risultato per i creditori.

Esempio: il dott. Verdi, veterinario, ha debiti per 300.000 €. Patrimonio: solo lo studio (affittato, nessun immobile) e attrezzature modeste. Se liquidasse tutto, i creditori prenderebbero, poniamo, 50.000 €. Invece, continuando a lavorare, in 5 anni potrebbe generare 150.000 € di utile da destinare ai creditori. Allora propone un concordato minore in cui manterrà aperto lo studio, verserà 30.000 € all’anno ai creditori per 5 anni = 150.000 € totali (il triplo di quanto avrebbero da liquidazione immediata). I creditori hanno convenienza ad accettare; se raggiunge il 60% di consensi, anche i dissenzienti saranno obbligati a questo piano e riceveranno i pagamenti man mano.

Dopo l’omologa: il debitore esegue il piano sotto la vigilanza di un eventuale liquidatore nominato (se sono previste vendite di beni) o del referente OCC. Se sorgono difficoltà, si può chiedere al giudice una modifica del piano o piccole proroghe, ma sostanzialmente il debitore deve rispettare gli impegni. Al termine, se ha eseguito correttamente quanto promesso, il Tribunale emette decreto di attestazione dell’avvenuto adempimento e dichiara l’esdebitazione, ossia la cancellazione di ogni residuo debito concorsuale rimasto insoddisfatto. In altre parole, dopo aver pagato la % concordata, il veterinario è libero dal 100% dei vecchi debiti (tranne eventuali debiti esclusi per legge dall’esdebitazione come multe, alimenti, etc., su cui torneremo). Se invece non adempie, il Tribunale può revocare l’omologa e dichiarare risolto il concordato; su istanza del debitore, convertirlo in liquidazione controllata (con comunque possibile esdebitazione al termine di quella).

Meritevolezza e frodi: anche qui, se emergesse che il debitore ha dolosamente mentito sui dati o ha nascosto beni per frodare i creditori, la proposta verrebbe dichiarata inammissibile o l’omologa negata. Ad esempio, l’art. 77 CCII prevede l’inammissibilità se mancano i documenti obbligatori o se il debitore è soggetto a liquidazione giudiziale (non è il caso del veterinario). Inoltre l’art. 69 (disciplina per il consumatore) ha un analogo in art. 75 per il concordato minore quanto a comportamenti fraudolenti.

In sintesi, il concordato minore è l’equivalente di un “piccolo concordato preventivo” su base volontaria, calibrato sui debitori non fallibili. Per un veterinario professionista in attività che abbia prospettive di guadagno future e voglia evitare di liquidare tutto subito, questa è la procedura di elezione: consente di ristrutturare il debito mantenendo la continuità dello studio professionale, con il consenso della maggioranza dei creditori e con effetti vincolanti erga omnes dopo l’omologa.

Va notato che, rispetto al vecchio “accordo di composizione”, la nuova normativa ha riservato il concordato minore solo ai non consumatori, così da separare chiaramente le due platee. Inoltre, ha uniformato molte regole a quelle del concordato preventivo (ad esempio la possibilità di classi, l’applicazione di regole sui privilegi analoghe). Si applica infatti in via di rinvio tutto l’art. 74 CCII e seguenti, che modellano il concordato minore sulle linee del concordato maggiore, salvo semplificazioni. Ad esempio, depositare la domanda sospende gli interessi sui crediti chirografari; è possibile anche nel concordato minore pagare parzialmente i creditori muniti di pegno/ipoteca purché si dia loro almeno il valore di liquidazione del bene – una novità chiara rispetto a interpretazioni passate che talvolta contestavano ciò.

Liquidazione controllata del sovraindebitato

Quando il veterinario sovraindebitato non è in grado di proporre un piano sostenibile o quando i creditori non approvano un concordato minore, resta la soluzione liquidatoria: vendere o destinare ai creditori tutto il patrimonio disponibile del debitore, per poi ottenerne la liberazione dai debiti. Questa procedura, erede della “liquidazione del patrimonio” ex L.3/2012, oggi si chiama liquidazione controllata (disciplinata dagli artt. 268–277 CCII).

Chi la può chiedere: qualsiasi debitore sovraindebitato non fallibile (consumatore o non) anche senza il consenso dei creditori. Può accedere alla liquidazione pure il debitore che fosse stato escluso dal piano/accordo per mancanza di meritevolezza (es. consumatore con colpa grave: gli è precluso il piano, ma può comunque liquidare i suoi beni). Quindi è una procedura più “aperta”: offre almeno la possibilità di regolare la crisi con l’intervento del tribunale e poi chiedere il fresh start.

Come funziona: il debitore presenta ricorso al Tribunale (tramite OCC) chiedendo l’apertura della liquidazione. Deve allegare documentazione analoga alle altre procedure (elenchi debiti, inventario beni, redditi, ecc.). Il Tribunale, verificati i presupposti (stato di sovraindebitamento, documenti in regola), emette un decreto di apertura della liquidazione controllata. Da quel momento:

  • Si nomina un liquidatore giudiziale, che sostanzialmente equivale al curatore fallimentare, con il compito di raccogliere e vendere tutti i beni del debitore.
  • Si forma formalmente il concorso tra i creditori: i creditori presenteranno domanda di insinuazione al passivo (anche se erano già noti, il liquidatore li invita e si compone lo stato passivo).
  • Tutte le azioni esecutive individuali sono vietate e sostituite dalla procedura concorsuale (i creditori dovranno soddisfarsi solo attraverso la liquidazione).
  • Il patrimonio del debitore è destinato ai creditori: al debitore resta solo quanto impignorabile per legge (ad esempio, gli strumenti indispensabili per l’esercizio della professione, entro certi limiti, potrebbero essere esentati se ciò non pregiudica i creditori, ma in generale in liquidazione si tende a liquidare tutto il liquidabile).

Per un veterinario, la liquidazione controllata implica verosimilmente: vendere eventuali immobili di proprietà, cedere ai creditori i crediti incassati (tranne una quota di sopravvivenza per il debitore e la famiglia, stabilita dal giudice), monetizzare macchinari non essenziali. Se il veterinario vuole continuare l’attività, può chiedere al giudice di mantenere i beni strumentali minimi: il CCII consente, come già il vecchio art.14-quinquies L.3/2012, che il giudice escluda dalla liquidazione i beni di scarso valore o non funzionali a soddisfare i creditori. Ad esempio, se il veterinario ha un vecchio ecografo indispensabile per lavorare e che se venduto frutterebbe poco, il giudice potrebbe lasciarglielo per non distruggerne la capacità di produrre reddito. Questo però è a discrezione e dev’essere in accordo con il liquidatore e i creditori.

La liquidazione controllata dura in genere alcuni anni (il tempo di vendere i beni e distribuire l’attivo). Al termine, il liquidatore presenta rapporto finale e il giudice chiude la procedura con decreto.

Esdebitazione post-liquidazione: la grande novità del Codice della Crisi è che oggi l’esdebitazione del sovraindebitato opera di diritto al termine della liquidazione controllata. Significa che, chiusa la liquidazione, il debitore è automaticamente liberato da tutti i debiti concorsuali residui, senza bisogno di fare un’apposita istanza (contrariamente al passato, dove occorreva chiedere l’esdebitazione e il tribunale la concedeva se tutto ok). Precisamente, l’art. 279-280 CCII prevede che il giudice dichiara chiusa la procedura e contestualmente dichiara inesigibili i debiti residui (salvo cause ostative). Questo avviene comunque entro 3 anni dall’apertura della liquidazione: infatti se la liquidazione si protrae troppo, decorsi 3 anni dall’apertura la legge fa scattare ugualmente l’esdebitazione, così il debitore non rimane vincolato in eterno. È un meccanismo innovativo: dopo 3 anni dall’apertura, se la procedura è ancora in corso, il tribunale può emettere un decreto motivato di esdebitazione parziale, liberando il debitore pur continuando magari la liquidazione dei beni residui per distribuire ancora qualcosa ai creditori. Lo scopo è la seconda chance rapida: non tenere le persone inchiodate ai debiti oltre un triennio.

Ci sono però casi di esclusione della esdebitazione: l’art. 280 CCII esclude il beneficio se il debitore ha commesso frodi, violato i doveri di collaborazione, dissimulato attivo, aggravato il passivo con dolo o colpa grave, o se ha riportato condanne per bancarotta/frodi rilevanti. Inoltre, se aveva già ottenuto un’esdebitazione nei 5 anni precedenti o più di due volte in totale, non può averne un’altra. Queste cause riflettono la volontà di evitare abusi.

Debiti non esdebitabili: anche con l’esdebitazione, restano esclusi e quindi ancora dovuti:

  • gli obblighi di mantenimento (es.: assegno alimentare al coniuge o ai figli);
  • le obbligazioni risarcitorie da fatti illeciti gravissimi (danni da fatti dolosi del debitore) – analogamente a quanto era in L.3/2012 e prima ancora in art. 142 L.Fall.;
  • le multe, ammende e sanzioni pecuniarie dovute a condanna penale o amministrativa di carattere punitivo;
  • i debiti per contributi IVA (su questo il CCII non lo dice esplicitamente, ma la giurisprudenza tende a escludere dall’esdebitazione l’IVA non versata, equiparandola alle “sanzioni” data la giurisprudenza europea, anche se la questione è dibattuta).

Tali debiti restano anche dopo la chiusura: se presenti nel caso concreto, il veterinario dovrà continuare a pagarli (ad es., una multa sanitaria o un obbligo di mantenimento).

Liquidazione o concordato minore? Dal punto di vista del veterinario debitore, è preferibile evitare la liquidazione se c’è speranza di un concordato, perché quest’ultimo consente di mantenere il controllo e magari proseguire l’attività. La liquidazione invece implica solitamente la cessazione o almeno un ridimensionamento forte dell’attività (difficile mantenere lo studio aperto durante la liquidazione, a meno di accordi particolari per affittare l’azienda a terzi nel frattempo). Tuttavia, la liquidazione controllata è inevitabile quando:

  • il debitore non ha un reddito futuro sufficiente per pagare creditori in un concordato (es.: è troppo anziano o malato per lavorare, oppure il business è proprio finito);
  • oppure quando i creditori non si fidano delle sue capacità e bocciano il concordato (ad es. se c’è dissenso e non si raggiunge 60%);
  • oppure quando c’è eccessivo squilibrio e nessuno (nemmeno familiari) può offrire risorse aggiuntive per un accordo.

In questi casi, tanto vale optare subito per la liquidazione: si sacrifica il patrimonio, ma si guadagna la liberazione dai debiti entro 3 anni.

Esempio estremo: il dott. Rossi, veterinario, ha 70 anni, la clinica è chiusa, 500.000 € di debiti e un immobile da 200.000 €. Non ha reddito. Tentare un concordato è inutile: non può pagare rate future. La soluzione è liquidare l’immobile e i pochi beni, distribuire il ricavato ai creditori (che magari prendono un 40%) e poi ottenere l’esdebitazione sul resto. Rossi perderà la casa ma sarà libero dai debiti e potrà vivere della pensione senza pignoramenti.

Esdebitazione del debitore incapiente (cancellazione dei debiti senza attivo)

Un istituto particolare, introdotto nel 2020 (art. 14-quaterdecies L.3/2012) e ora ripreso nell’art. 283 CCII, è l’esdebitazione dell’incapiente. Serve per quei casi in cui il debitore non possiede alcun patrimonio liquidabile (né redditi aggredibili né beni) però è meritevole e si vuole dargli comunque una seconda chance subito, anziché far partire una procedura di liquidazione inutile.

Funzionamento: il debitore persona fisica può chiedere al Tribunale di essere liberato dai suoi debiti senza alcuna distribuzione ai creditori, quando:

  • non ha beni né capacità di pagamento (altrimenti dovrebbe optare per liquidazione controllata);
  • non ha ottenuto altra esdebitazione nei 5 anni precedenti e mai più di due volte in totale;
  • non sussistono atti in frode o mancanza di buona fede.

Il giudice valuta la richiesta e, se la accoglie, emette decreto di esdebitazione immediata dei debiti. Tuttavia, c’è un vincolo: per i 4 anni successivi, se il debitore beneficiato dovesse acquisire nuove utilità patrimoniali rilevanti (es. una vincita, un’eredità, un incremento di reddito), è obbligato a pagarle ai vecchi creditori fino ad almeno il 10% dei loro crediti. In pratica, è come dire: “ti cancello i debiti ora per darti respiro, ma se entro 4 anni migliori la tua condizione in modo apprezzabile, dovrai comunque dare qualcosa ai creditori fino ad almeno un decimo di ciò che dovevano avere”. L’OCC o un professionista nominato vigila annualmente sulle eventuali sopravvenienze. Se emergono e il debitore non le devolve ai creditori, il beneficio può essere revocato.

Questa procedura è pensata per situazioni di indigenza: tipicamente, il soggetto che ha nulla da liquidare (se avviasse liquidazione, non si troverebbero attivi e si concluderebbe con scarso dividendo). Invece di farlo passare per quella trafila, si dà subito l’esdebitazione condizionata.

Applicazione pratica per un veterinario: potrebbe essere il caso di un veterinario che, a causa dei debiti, ha già perso tutto (venduto casa, chiuso attività) e vive modestamente in affitto o ospite di parenti, senza redditi aggredibili. Se i suoi debiti residui fossero ancora enormi, questa è l’unica via. Non capita di frequente, ma è una possibilità. Ad esempio, un giovane veterinario che aveva garantito grosse esposizioni, ha solo stipendi bassi e nulla di intestato: può chiedere l’esdebitazione incapiente, rifarsi una vita altrove, e se nei 4 anni successivi trovasse un lavoro redditizio, destinare una parte ai vecchi creditori secondo obbligo.

Sentenze e prassi: l’esdebitazione incapiente è relativamente nuova, ma già Tribunali l’hanno concessa a soggetti con zero patrimonio, definendola coerente col principio che il debitore meritevole ha diritto a una seconda opportunità anche se i creditori non ricevono nulla (in fondo, anche nella liquidazione se non ci sono beni i creditori non riceverebbero nulla comunque).

Procedure concorsuali ordinarie per la clinica veterinaria (società fallibile)

Per completezza, consideriamo l’ipotesi (meno frequente) in cui l’attività veterinaria sia condotta in forma societaria di tipo commerciale e di dimensioni tali da superare i limiti di fallibilità. In tal caso, se la società si trova in crisi o insolvenza, non si applicano le procedure di sovraindebitamento sopra descritte, bensì gli strumenti concorsuali ordinari previsti per le imprese.

Nota: questa parte riguarda ad esempio una S.r.l. veterinaria con fatturato annuo sopra 200.000 € e debiti sopra 500.000 €, oppure una S.n.c. di veterinari molto grande, ecc. Tali entità, essendo imprenditori commerciali sopra soglia, sono soggette alla liquidazione giudiziale (ex fallimento) in caso di insolvenza e possono accedere a concordato preventivo o accordi di ristrutturazione dei debiti per evitare la liquidazione, oltre che alla già citata composizione negoziata (che come visto è aperta a tutte le imprese, grandi o piccole).

Elenchiamo brevemente questi strumenti:

  • Accordi di ristrutturazione dei debiti (ADR): sono accordi volontari tra l’impresa debitrice e una parte consistente dei creditori (almeno il 60% dei crediti) che vengono omologati dal Tribunale e resi vincolanti anche per i eventuali creditori dissenzienti non aderenti (restano invece esclusi i creditori estranei, che andranno pagati integralmente). L’ADR consente dunque all’azienda di formalizzare un accordo con i principali creditori (es. banche, fornitori maggiori) e ottenere protezione dalle azioni esecutive durante l’omologazione. Il CCII prevede vari tipi di ADR: semplice (60% di tutti i creditori), agevolato (ridotto al 30% se tutti chirografari o se si paga integralmente gli estranei), ADR ad efficacia estesa (che estende ai dissenzienti di certe categorie l’efficacia se certe maggioranze raggiunte) e gli accordi di ristrutturazione dei debiti tributari e previdenziali (che richiedono il sì dell’Erario/Enti entro certe soglie). Per una clinica veterinaria, un accordo potrebbe essere utile se ha poche banche creditrici: raggiunto l’accordo con loro (che rappresentano il 60%), lo si omologa e i fornitori estranei si pagano regolarmente (o hanno scadenze rispettate).
  • Concordato preventivo: è la procedura concorsuale classica in cui l’impresa in crisi propone ai creditori un piano di ristrutturazione o liquidazione soggetto a voto. Esistono vari tipi: concordato in continuità aziendale (se l’impresa vuole proseguire l’attività, magari riducendo debiti), oppure concordato liquidatorio (se intende cessare e liquidare, qui la legge impone un soddisfacimento minimo del 20% ai chirografari salvo apporti esterni). Nel contesto di una clinica veterinaria, un concordato in continuità potrebbe consistere nel pagare i creditori parzialmente nell’arco di X anni, mantenendo aperta la clinica. La protezione del concordato è robusta: una volta depositata la domanda con un piano e una proposta, il Tribunale concede automaticamente il blocco delle azioni esecutive (stay) e nomina un commissario giudiziale. I creditori poi votano secondo classi. Serve la maggioranza più del 50% dei crediti votanti (diversa da sovraindebitamento). Se approvano e il Tribunale omologa, il concordato è obbligatorio per tutti. Se non approvano, l’azienda rischia la liquidazione giudiziale. Questo è un iter più complesso e costoso, giustificato per realtà di dimensioni medio-grandi.
  • Liquidazione giudiziale (fallimento): se la società veterinaria insolvente non intraprende o non riesce in nessuno strumento di risanamento, il Tribunale su istanza di creditori o d’ufficio dichiara l’apertura della liquidazione giudiziale. Un curatore gestirà l’impresa (che cessa l’attività salvo esercizio provvisorio per miglior realizzo), liquiderà i beni, pagherà i creditori secondo prelazioni e la percentuale ricavata. I soci illimitatamente responsabili (se S.n.c.) falliscono a loro volta. Il veterinario persona fisica socio di S.r.l. ovviamente non risponde oltre il capitale, ma potrebbe aver garantito debiti sociali e quindi essere escusso come fideiussore. Al termine, la società viene cancellata. I debiti residui di una società fallita non hanno esdebitazione – ma per società non ha senso, cessando di esistere.

Rapporto con le procedure di sovraindebitamento: può capitare che un veterinario imprenditore sia in una “terra di confine”: ad esempio, ditte individuali con debiti intorno a 500.000 €. Se si resta sotto soglia, può fare concordato minore; se si supera, dovrebbe fare concordato preventivo. Cosa se i dati sono incerti? L’art. 2 CCII definisce impresa minore se congiuntamente sottosoglia, e onera l’imprenditore di provare di essere sotto soglia. Se non lo prova e un creditore lo vuole fallire, rischia liquidaz. giudiziale. Ci sono stati casi in passato di piccoli imprenditori che tentavano L.3/2012 e i creditori obiettavano “no, tu sei fallibile”: e se il giudice concordava, archiviava L.3 e apriva fallimento d’ufficio. Con il CCII si spera in coordinamento: la norma transitoria dice che chi presenta domanda di sovraindebitamento dichiara di non essere soggetto a liquid. giudiziale; su questa base si procede. Ma il rischio c’è se i numeri erano superati.

Conclusione per la clinica veterinaria grande: se siete in questa categoria, conviene affidarvi a professionisti esperti in crisi d’impresa, perché gli strumenti (ADR, concordati) sono sofisticati. La logica comunque è simile: provare un accordo con i creditori (magari attraverso la composizione negoziata per spianare la strada), se no un concordato per evitare la liquidazione giudiziale; in extrema ratio, la liquidazione giudiziale stessa. Il vantaggio rispetto alle persone fisiche è che i soci delle società di capitali non subiscono conseguenze personali (salvo garanzie date), ma la società chiaramente può estinguersi.

Nota sugli effetti personali: un veterinario che fallisce con la sua impresa (ad es. S.n.c. fallita e lui socio illimitatamente responsabile fallito) subisce una serie di limitazioni (non può iniziare nuova attività per un certo tempo, divieti di espatrio temporanei, etc.) e solo l’esdebitazione post-fallimento (art. 278 CCII) potrà liberarlo. L’esdebitazione nel fallimento d’impresa (liquidazione giudiziale) è concessa su domanda al termine e può essere negata se il fallito ha compiuto irregolarità gravi. Quindi paradossalmente i professionisti e piccoli debitori nel sistema attuale hanno vie più semplici e automatiche per l’esdebitazione rispetto ai grandi imprenditori. Ciò è intenzionale, per dare più tutela ai soggetti “deboli” sovraindebitati.

Aspetti fiscali e tributari nella ristrutturazione dei debiti

Un capitolo importante riguarda i debiti fiscali del veterinario e il loro trattamento nelle procedure di crisi. Riassumiamo i punti salienti:

  • Accordi su debiti fiscali: Nelle procedure di sovraindebitamento (concordato minore, piano consumatore) è possibile includere i debiti verso l’Erario e verso enti previdenziali. Tuttavia, a differenza dei creditori privati, l’Agenzia delle Entrate e gli enti previdenziali non partecipano al voto nelle procedure minori: essi possono esprimere un parere sulla proposta e il tribunale valuta la fattibilità anche in base a quello. Nel concordato preventivo delle imprese invece esiste la cosiddetta “transazione fiscale” che richiede il loro voto. Il CCII però ha introdotto per il sovraindebitamento la possibilità di trattare IVA e ritenute (prima c’erano dubbi). Oggi l’art. 63 CCII permette la modificazione dei crediti fiscali con adesione dell’ente fuori dal voto. In pratica, conviene cercare un accordo con Agenzia Entrate Riscossione: spesso, AER accetta piani che offrano almeno il pagamento integrale dell’IVA e ritenute, e parziale delle altre imposte, specialmente se il debitore dimostra che in alternativa (liquidazione) prenderebbero meno. Spesso i tribunali omologano anche in mancanza di adesione formale se il piano è conveniente.
  • Rottamazioni e stralci di legge: se il veterinario ha cartelle esattoriali, potrebbe aderire alle definizioni agevolate previste per tutti i contribuenti (es. la “rottamazione-quater” del 2023 permetteva di pagare solo l’imposta senza interessi e sanzioni). Queste misure sono alternative o complementari alle procedure concorsuali: ad esempio, se si aderisce a rottamazione per i debiti fiscali, quei debiti ridotti vanno inseriti poi nel piano concordatario come importi dovuti. O viceversa, se si fa concordato, forse non conviene rottamare perché il piano magari prevede uno stralcio ancora maggiore. Va valutato caso per caso con un esperto fiscale.
  • Plusvalenze tassazione: attenzione che un effetto collaterale delle riduzioni di debito (saldo a stralcio o falcidie da concordato) è la potenziale tassazione come sopravvenienza attiva. Fortunatamente, la legge prevede esenzioni: l’art. 88 TUIR esenta da tassazione le sopravvenienze attive derivanti da concordati preventivi o da accordi di ristrutturazione omologati (lo stesso vale per i piani del consumatore e accordi L.3/2012 equiparati ai concordati minori attuali). Quindi se nel concordato minore al veterinario vengono abbuonati 50.000 € di debiti, non paga IRPEF su quella “entrata figurativa”. Invece, se fa un saldo e stralcio stragiudiziale privato, in teoria il creditore che rinuncia a parte del credito genera una sopravvenienza per il debitore tassabile, ma spesso se il debitore è in crisi può essere considerata non tassabile (cause di esclusione per insolvenza, ex art. 88 co. 4 TUIR). È un dettaglio tecnico-fiscale ma importante per non trovarsi con tasse su debiti cancellati!
  • Mantenimento di crediti fiscali a rimborso: se il veterinario vanta crediti verso il Fisco (ad esempio un credito IRPEF per acconto versato in eccesso), in una procedura concorsuale quei crediti diventano attivi della massa e di solito vengono utilizzati per compensare debiti fiscali o incassati dal liquidatore. Non può usarli liberamente.

In generale, l’Erario e gli enti pubblici creditori hanno negli ultimi anni adottato prassi più collaborative verso le soluzioni concordate, spinte anche dalla normativa che consente loro di partecipare ai tavoli. Per esempio, con la composizione negoziata, l’imprenditore può chiedere al Tribunale di trattare con Agenzia Entrate e INPS per ottenere dilazioni straordinarie o stralci oltre i limiti ordinari (ex art. 23 CCII). C’è dunque spazio per includere i debiti tributari in un piano di risanamento credibile. Certo, non si può pretendere di non pagare nulla su IVA o contributi – almeno quanto otterrebbero da una liquidazione forzata bisogna garantirlo (spesso attorno al 5-10% almeno, se quello sarebbe il realizzo su beni liberi).

Domande frequenti (FAQ)

Di seguito, una serie di domande comuni che un veterinario indebitato potrebbe porsi, con risposte concise:

D: Un veterinario può essere dichiarato fallito?
R: Il veterinario libero professionista in quanto tale non è soggetto al fallimento (liquidazione giudiziale) perché la sua attività è di natura intellettuale e non commerciale. Questo è vero indipendentemente dal fatturato o dal numero di dipendenti: il criterio è la natura dell’attività. Quindi i suoi creditori non possono presentare istanza di fallimento contro di lui; dovranno ricorrere alle procedure di sovraindebitamento (concordato minore, ecc.) se vogliono una soluzione concorsuale, oppure alle esecuzioni individuali. Fa eccezione il caso in cui il veterinario svolga parallelamente una vera attività commerciale: ad esempio, se costituisce una società commerciale (S.r.l., S.n.c.) per gestire una clinica veterinaria, quella società, essendo imprenditore commerciale, può fallire se insolvente e di dimensioni non piccole. Anche un veterinario che avviasse un negozio di articoli per animali sarebbe imprenditore per quell’attività commerciale (pur restando professionista per la parte medica). In linea generale comunque, la professione veterinaria rientra tra quelle escluse dal fallimento.

D: Cosa succede se non pago più i fornitori e la banca?
R: I fornitori potranno ottenere decreti ingiuntivi e procedere a pignoramenti sui tuoi conti, apparecchiature e altri beni. La banca, se hai un mutuo ipotecario e smetti di pagare, potrà notificarti la decadenza dal beneficio del termine e pignorare l’immobile ipotecato mettendolo all’asta. Se hai un fido in conto e lo sconfini senza rientro, il conto potrebbe essere bloccato e seguirà ingiunzione di pagamento. Inoltre, i tassi di interesse di mora scatteranno sui debiti scaduti, aumentando l’importo dovuto. I debiti non pagati verranno segnalati nelle centrali rischi bancarie, rovinando la tua reputazione creditizia. Potresti anche ricevere visite dell’ufficiale giudiziario per pignoramenti mobiliari in studio (macchinari, arredamento) o in casa. Insomma, l’inadempimento protratto innesca una cascata di azioni esecutive dei creditori. Per evitare il caos conviene valutare una procedura unitaria (concordato, ecc.) che sospenda le singole azioni e gestisca tutto in modo ordinato.

D: La mia casa di abitazione è a rischio?
R: Sì, se la casa è di tua proprietà e ci sono creditori con ipoteca (es. la banca del mutuo) o anche creditori chirografari che ottengono un titolo, la casa può essere pignorata e venduta all’asta. Nei piani di sovraindebitamento è spesso possibile prevedere soluzioni per evitare la vendita della casa, ad esempio: mantenere il mutuo ipotecario continuando a pagare le rate (se sostenibile), oppure vendere altri beni per soddisfare i creditori così da liberare l’ipoteca. La legge tutela l’abitazione principale in modo limitato (non c’è un divieto di pignoramento come per i debiti fiscali sotto certi limiti, quello vale solo per Agenzia Entrate su prima casa se non di lusso). Ma in sede di piano del consumatore, se sei in regola col mutuo o riesci a rientrare nelle rate scadute, puoi conservare l’abitazione continuando a pagare la banca. Se invece la casa è l’unico bene di valore e i debiti sono troppi, potrebbe essere inevitabile venderla per pagare i creditori, magari prevedendo nel piano che tu possa restare come inquilino pagando un affitto (soluzioni di housing sociale a volte). Ogni caso va valutato. Nella liquidazione controllata, la casa di solito viene venduta a meno che sia di valore insignificante per i creditori.

D: I debiti fiscali (IVA, IRPEF) e contributivi (ENPAV, INPS) si possono ridurre?
R: Sì, nelle procedure di composizione della crisi anche i debiti fiscali e previdenziali possono essere rateizzati e falcidiati (ridotti), entro certi limiti. Ad esempio, l’IVA può essere pagata parzialmente purché almeno quanto il Fisco otterrebbe liquidando eventuali beni su cui ha privilegio. Le cartelle per IRPEF, IRAP, contributi possono subire stralci se la tua capacità di pagamento non consente integrale soddisfo – l’Agenzia delle Entrate e gli enti devono essere coinvolti nel piano e di solito valutano la proposta. Con la composizione negoziata puoi trattare con loro piani di rientro straordinari (oltre i 6 anni ordinari). Tieni presente che alcuni crediti come le ritenute non versate o l’IVA sono considerati sensibili: lo Stato vuole almeno il pagamento integrale o quasi, salvo dimostrare che proprio non c’è capienza. In ogni caso, se non utilizzi nessuna procedura, difficilmente il Fisco ti farà sconti volontari (salvo le rottamazioni di legge). Dentro una procedura invece è possibile ottenere sconti notevoli se il piano mostra che quell’importo è il massimo ricavabile. Per esempio, ci sono stati piani del consumatore con stralcio dell’80% di debiti con Agenzia Riscossione perché il debitore era nullatenente e offriva solo una piccola somma da terzi. Senza piano, l’Agente avrebbe pignorato inutilmente senza riscuotere nulla. Dunque, sì, si possono ridurre, ma serve l’omologazione del tribunale e la coerenza della proposta.

D: Se apro una procedura di sovraindebitamento, potrò continuare a lavorare come veterinario?
R: Assolutamente . Nelle procedure minori (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata) non c’è interdizione professionale. Al contrario: la legge incoraggia la continuità. Nel concordato minore si richiede di preferire soluzioni che ti permettano di proseguire l’attività veterinaria – perché così genererai reddito per pagare i creditori. Quindi potrai mantenere la tua partita IVA, emettere fatture, incassare i compensi (naturalmente, dovrai poi destinarli secondo il piano). Il giudice potrebbe nominare un controllore (OCC o commissario) per verificare che tu non dissipi denaro, ma non ti impedirà di lavorare. Diverso è il fallimento (liquidazione giudiziale delle imprese): lì l’imprenditore viene spossessato e se l’attività continua viene affidata al curatore o a un esercizio provvisorio. Ma tu come professionista non fallibile non hai questa perdita di potere. Nella liquidazione controllata mantieni l’uso dei beni non essenziali? Dipende: ad esempio il liquidatore potrebbe vendere la tua auto se non serve strettamente all’attività (o anche se serve, se serve a pagare i creditori). Però nulla vieta che tu ne prenda un’altra in leasing e continui a esercitare. Dovrai solo essere trasparente con il liquidatore su entrate e uscite. Dunque, esercitare la professione durante la procedura è non solo consentito, ma auspicato.

D: Che differenza c’è tra piano del consumatore e concordato minore?
R: Il piano del consumatore è riservato alle persone fisiche per debiti personali (non professionali). Non richiede il voto dei creditori: viene valutato e approvato direttamente dal giudice in base alla meritevolezza e convenienza. Il concordato minore invece riguarda imprenditori minori e professionisti (non consumatori) e richiede l’adesione dei creditori pari ad almeno il 60% dei crediti. Quindi nel concordato minore i creditori hanno più voce in capitolo (possono bocciare la proposta votando contro la maggioranza richiesta), mentre nel piano del consumatore il giudice può omologare anche contro la volontà di tutti i creditori se reputa il debitore meritevole e il piano fattibile. Inoltre, nel piano del consumatore il debitore deve essere consumatore (quindi se sei veterinario con debiti professionali, non puoi scegliere liberamente questa procedura per quei debiti). In breve: piano cons. = procedura “unilaterale” per persone con debiti familiari; concordato minore = procedura “bilaterale” (con accordo) per debiti d’impresa o professionali.

D: Quanto dura una procedura di sovraindebitamento?
R: Dipende dalla procedura e dalla complessità:

  • Un piano del consumatore o concordato minore dalla presentazione all’omologa può durare da 4-6 mesi fino a 1 anno circa, in funzione del carico del tribunale e delle eventuali opposizioni. L’esecuzione poi dura quanto previsto dal piano: potrebbe essere 3 anni, 5 anni, 7 anni… Durante quell’esecuzione, il debitore effettua i pagamenti stabiliti. Solo al termine, eseguito il piano, vi sarà l’esdebitazione. Quindi, se proponi un piano quinquennale, la tua “procedura” in senso lato durerà 5 anni (più il pre-omologa).
  • Una liquidazione controllata formalmente può chiudersi anche in 1-2 anni se il patrimonio è semplice da liquidare, oppure protrarsi se ci sono beni difficili da vendere. Però la legge ora prevede che dopo 3 anni dall’apertura scatti comunque l’esdebitazione, anche se la liquidazione non ha finito di distribuire. Ciò di fatto libera il debitore in 3 anni, salvo i casi di beni invenduti dove la procedura continua tecnicamente (ma tu sei già esdebitato e restano da distribuire eventuali residui).
  • La composizione negoziata dura di regola 6 mesi (prorogabili a 12) per condurre le trattative. Se poi sfocia in un concordato semplificato, quel concordato si chiude in qualche mese dall’istanza (è molto rapido non avendo voto creditori, probabilmente entro 3-4 mesi l’azienda è liquidata dal tribunale).

D: Cosa comporta a livello personale avviare una procedura di sovraindebitamento? Ci sono “vergogne” pubbliche?
R: La procedura viene pubblicata sul registro pubblico (Registro delle Procedure di Sovraindebitamento o Registro delle Insolvenze) e comunicata ai creditori, ma non c’è la pubblicità legale sui quotidiani come avviene per i fallimenti. È relativamente riservata: i clienti dello studio veterinario di solito non ne vengono a conoscenza, a meno che non siano essi stessi creditori. Certo, devi mettere a nudo la tua situazione economica al professionista OCC e al giudice, il che può essere psicologicamente duro, ma è protetto da riservatezza (i documenti non sono accessibili al pubblico indiscriminatamente, solo alle parti interessate). Non esiste alcuna sanzione disciplinare automatica per un veterinario che accede a queste procedure – essere in difficoltà economica non viola il codice deontologico, anzi prendere provvedimenti responsabili per gestire i debiti è un comportamento positivo. Quindi non c’è “vergogna” istituzionale: molti casi vengono trattati con discrezione. Chiaramente, se sei una persona nota nella comunità locale, qualche informazione potrebbe trapelare (ad es. fornitori locali sapranno che hai fatto un concordato minore e ne parlano). Ma considera che l’alternativa – farsi pignorare e mettere all’asta la casa – è spesso molto più visibile e umiliante (manifesti d’asta, gente che lo viene a sapere). Dunque, meglio affrontare tramite una procedura ordinata.

D: Posso includere nella procedura anche debiti futuri (ad esempio le rate del leasing che scadono nei prossimi anni)?
R: No, nelle procedure concorsuali rientrano solo i debiti già esistenti alla data di apertura (o proposta). Se hai contratti di leasing o forniture periodiche, puoi decidere se proseguire il contratto (pagando le rate future regolarmente fuori dal piano) o se sciogliere il contratto. Se lo sciogli, il lessor vanta un credito da penale/risarcimento che va dentro la procedura. Se lo prosegui, dovrai onorare le rate fuori dalla procedura (trattandole come crediti post procedura, quindi non falcidiabili). In un piano, di solito, si prevede la continuazione dei contratti essenziali (pagandoli integralmente), mentre si stralciano i debiti passati. Dunque, se ad esempio hai un leasing di un’apparecchiatura radiografica e ti serve per lavorare, probabilmente conviene continuarlo e pagare le rate a scadenza (magari con qualche accordo di dilazione col lessor, se accetta). Le procedure offrono una moratoria legale su alcuni contratti: l’art. 94 CCII (per concordato preventivo) e disposizioni simili in sovraindebitamento consentono di chiedere al giudice di sospendere o sciogliere alcuni contratti pendenti se utile. Occorre valutare caso per caso con l’OCC.

D: Dopo l’esdebitazione, i miei vecchi creditori possono perseguitarmi?
R: No, l’esdebitazione ti libera definitivamente dai debiti concorsuali non soddisfatti. Significa che per legge quei creditori non possono più chiederne il pagamento, sono estinti. Se provassero comunque a importunarti, potrai opporre il provvedimento di esdebitazione. Fa eccezione come detto qualche debito escluso ex lege (multe, mantenimento, etc.): per quelli resti obbligato. Ma tutti i debiti ordinari (banche, fornitori, fisco per imposte, ecc.) vengono cancellati. L’esdebitazione ottenuta con successo è come un “perdono dei debiti” sancito dal tribunale. Naturalmente, se vi erano fideiussori o coobbligati, la tua esdebitazione non copre loro: quindi, ad esempio, se tuo padre aveva garantito un tuo prestito, la banca dopo la tua esdebitazione potrebbe rivalersi su di lui per la parte non pagata. Oppure, se eravate più coobbligati (due soci che avevano firmato insieme), e solo tu ottieni esdebitazione, l’altro resta obbligato in solido (il creditore potrà chiedere a lui l’intero, meno quanto ha ricavato da te in procedura). Quindi, la liberazione è solo personale.

D: Ho debiti per risarcimento danni causati ad un cliente (morte di un animale curato). Posso metterli nel piano?
R: Sì, i debiti da responsabilità civile verso terzi (danni patrimoniali o non patrimoniali) sono debiti concorsuali come gli altri. Li puoi inserire e proporre di pagarli in percentuale. Tuttavia, attenzione: se il danno è derivato da un fatto illecito doloso (es. ipotesi estrema: avvelenamento intenzionale di un animale), quelle obbligazioni, essendo da illecito doloso, non verrebbero cancellate dall’esdebitazione. Ma se parliamo di colpa professionale (negligenza non voluta), allora rientra tra i debiti ordinari esdebitabili. Quindi, salvo casi di dolo, i debiti da cause civili possono essere gestiti nel piano. Sarà importante inquadrare bene la vicenda nella relazione OCC per far capire che non c’è stato dolo o condotta malvagia. In ogni caso, se c’è una assicurazione RC Professionale che copre quel danno, bisogna coordinarsi: magari l’assicurazione paga una parte, il resto rimane tuo debito che va nel piano.

D: Quali sono i costi di queste procedure?
R: Ci sono i costi per i professionisti coinvolti: ad esempio l’OCC chiede un compenso (stabilito secondo tariffe ministeriali, spesso proporzionale all’attivo o passivo) e c’è bisogno di un avvocato che ti assista per il deposito del ricorso ecc. Inoltre il tribunale richiede un fondo spese all’inizio (spesso poche centinaia di euro) per coprire notifiche. Rispetto a un fallimento, i costi sono generalmente più contenuti. Nelle procedure di sovraindebitamento, il compenso del gestore OCC e dell’eventuale liquidatore viene predeterminato e omologato dal giudice ed è prededucibile (cioè ha priorità di pagamento). Se il patrimonio è quasi zero, spesso i professionisti riducono al minimo, giusto per coprire le spese vive. Indicativamente, per un debito di qualche centinaio di migliaia di euro, i costi totali professionali potrebbero essere nell’ordine di alcune migliaia di euro (5-10k tra OCC e legale), diluiti nella procedura. Ma ripeto, variano caso per caso. Molti OCC pubblicano i parametri. Non lasciarti scoraggiare dai costi iniziali: spesso l’OCC può chiedere di essere pagato anche a fine procedura coi soldi che metti a disposizione per i creditori. Quindi se tu non hai liquidità all’inizio, ma conti di ottenerla vendendo un bene, i professionisti possono attendere.

D: Posso scegliere io l’Organismo di Composizione della Crisi o il professionista?
R: La competenza territoriale è del tribunale del luogo dove hai il centro degli interessi principali (di solito la residenza o sede attività). In quel circondario deve esserci un OCC (spesso ce n’è uno presso la Camera di Commercio o l’Ordine dei Commercialisti locale). Nella domanda indichi quell’OCC. Non scegli la persona, ma l’OCC nominerà un suo gestore. In teoria potresti rivolgerti a un OCC di un altro circondario se quello locale non c’è o non attivo (la legge permette al Presidente del Tribunale di nominare un professionista esterno se manca OCC locale). Puoi comunque consultare un professionista di fiducia (avvocato o commercialista esperto in crisi) prima di attivare l’OCC, in modo che ti aiuti a predisporre i documenti e a interfacciarti con l’OCC stesso. Di solito si crea una sinergia: il tuo consulente prepara il piano di massima, poi l’OCC lo valida e integra.

D: Dopo quanto tempo dalla fine della procedura potrò avere un nuovo prestito o mutuo?
R: Non c’è un termine legale di “purgatorio” finanziario, ma la tua centrale rischi avrà traccia dei precedenti. Tuttavia, l’esdebitazione cancella formalmente i debiti, e ai sensi di legge tu non sei considerato protestato o in default (i protesti di assegni, se ci sono stati, vanno cancellati decorsi 5 anni o anticipatamente se pagati). In base al GDPR, i dati negativi creditizi di solito permangono per 36 mesi. Quindi ipotizzando che con la procedura hai cessato i rapporti in default, dopo 2-3 anni dalla fine la tua posizione creditizia dovrebbe normalizzarsi. Inoltre, se la procedura è andata a buon fine, potrai dire di aver risolto i tuoi debiti in modo regolare. Insomma, è possibile riottenere credito in futuro: ovviamente starà alla banca valutare reddito e garanzie. Molti ex sovraindebitati riescono, dopo qualche anno di gestione oculata, a riprendere un mutuo (specie se nel frattempo hanno uno stipendio/pensione). L’importante è imparare dagli errori: la legge concede la seconda chance ma non la terza facilmente (c’è il limite dei 5 anni per ripetere la procedura).

Simulazioni pratiche

Per rendere più concreto quanto esposto, immaginiamo alcune situazioni tipo di veterinari indebitati e vediamo quale percorso potrebbero intraprendere, con l’esito atteso. Questi esempi, pur semplificati, sono basati su casi realistici.

Esempio 1: Libero professionista con studio individuale e debiti professionali

Scenario: Il dott. Andrea ha uno studio veterinario individuale. Negli anni ha accumulato debiti: 80.000 € con fornitori (farmaci e attrezzature), 50.000 € con la banca (scoperto di c/c e prestito), 30.000 € di debiti tributari (IVA non versata e IRPEF). Totale debiti ~160.000 €. Ha anche un mutuo residuo di 100.000 € sulla casa di abitazione (quotata 120.000 €). Riesce a pagare le rate mutuo, ma non riesce più a sostenere gli altri debiti; i fornitori minacciano decreti ingiuntivi. Andrea però ha un buon flusso di clienti: il suo studio genera circa 60.000 € annui di utili prima delle tasse, se non fosse strangolato dai pignoramenti imminenti.

Soluzione valutata: Andrea si rivolge a un OCC e propone un concordato minore. Nel piano mantiene il mutuo casa fuori dalla procedura (continuerà a pagare quelle rate regolarmente, così non perde la casa né coinvolge la banca ipotecaria nel concorso). Per gli altri debiti 160.000 €, propone: pagherà 5.000 € al mese per 3 anni = 180.000 € totali, provenienti dal suo lavoro (circa 60.000 € annui di utili x 3 anni) – di cui 15.000 € andranno a pagare l’IVA e l’IRPEF privilegiati, e i restanti 165.000 € distribuiranno un soddisfo intorno all’85% ai chirografari. Inoltre, la moglie di Andrea si offre di contribuire con 10.000 € subito (magari provenienti da suoi risparmi) per pagare le spese iniziali e dare un piccolo incentivo ai creditori chirografari immediatamente. In totale dunque i creditori otterranno circa 175.000 € su 160.000 € di crediti (i privilegiati integralmente e i chirografari ~90%). È un piano molto buono per loro (quasi integrale).

Esito: I creditori votano: la banca chirografaria e i fornitori, visto che avrebbero ottenuto forse il 50% in un fallimento (perdere casa magari portava 20k di capienza e pignoramenti del reddito con lentezza), approvano entusiasti. Si raggiunge il 100% di adesioni (bastava il 60). Il Tribunale omologa il concordato minore senza difficoltà. Andrea esegue il piano nei 3 anni: lavora sodo, destina ogni mese 5.000 € al fondo concordato, vive frugalmente col minimo. Dopo 3 anni, paga l’ultima rata ai creditori: ha onorato l’85-90% dei debiti. Il Tribunale certifica l’adempimento e dichiara l’esdebitazione: i pochi crediti residui (interessi o parti falcidiate) sono cancellati. Andrea ha salvato la sua casa, non ha perso lo studio, ha mantenuto la clientela e ora è un professionista senza debiti (tranne il mutuo residuo che continua a pagare come prima). La sua reputazione con i fornitori è anzi migliorata, perché ha mostrato serietà pagando regolarmente il concordato.

Commento: In questo caso il concordato minore ha funzionato bene grazie alla capacità reddituale di Andrea e alla cooperazione dei creditori. Notare che avrebbe potuto anche provare un accordo stragiudiziale con loro: ma la cornice concorsuale gli ha dato immediatamente protezione (nessuno ha potuto pignorarlo durante la procedura) e la certezza dell’esdebitazione finale, oltre a coinvolgere anche il Fisco in un quadro unitario. Se avesse trattato privatamente, forse avrebbe evitato qualche formalità, ma era sufficiente un fornitore aggressivo per mandare tutto in fumo.

Esempio 2: Studio associato in crisi

Scenario: Lo “Studio Veterinario Alpha” è un’associazione tra 3 veterinari, non è società ma semplice studio associato. Ha debiti per 120.000 € totali (affitto arretrato, forniture, un prestito chiesto a nome di tutti e 3). I 3 professionisti decidono di sciogliere l’associazione perché non riescono a farla andare avanti. Tuttavia rimane il debito pregresso, per cui sono responsabili solidalmente. Nessuno dei 3 singolarmente potrebbe pagarlo.

Soluzione valutata: I 3 veterinari, che peraltro sono fratelli (situazione familiare), decidono di presentare un’unica procedura di sovraindebitamento con i “procedimenti familiari”. Propongono un piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore congiunto (essendo cessata l’attività, ora il debito è considerabile di natura personale; qui è al limite, ma supponiamo che il tribunale lo consenta data la norma sui membri della stessa famiglia). Offrono: liquidano l’unico bene che possiedono in comproprietà (un piccolo appartamento ereditato, del valore di 60.000 €) e aggiungono 30.000 € derivanti dal TFR di uno dei tre che va in pensione. Totale 90.000 € da distribuire, pari al 75% circa del debito. Non avendo più entrate significative (due dei fratelli si ricollocano come dipendenti altrove con stipendi modesti), offrono quello e basta. I creditori sono principalmente la banca e il padrone dei locali. Il Fisco è marginale.

Esito: Non essendoci necessità di voto (piano del consumatore congiunto), il Tribunale verifica la correttezza: i debiti sono stati causati più da sfortuna (calo affari) che da colpa grave, i proponenti mettono tutto il possibile (l’immobile e TFR) e non trattengono nulla. Omologa quindi il piano. Si vende l’immobile, si raccoglie il TFR, si soddisfano i creditori al 75%. Il residuo 25% viene cancellato. I tre fratelli veterinari chiudono lo studio associato e ciascuno riparte senza quel peso, magari come dipendenti pubblici o cambiando settore.

Commento: Questo esempio mostra che anche una struttura collettiva non fallibile può risolversi con un’unica procedura, sfruttando il fatto che erano familiari (la legge su famiglie facilita l’unione dei procedimenti). In assenza di vincolo familiare, avrebbero potuto fare 3 procedure coordinate (ognuno mette il suo pro-quota e assieme ricostituiscono una soddisfazione ai creditori). Non è semplice, ma la flessibilità del sistema attuale lo permette.

Esempio 3: Clinica veterinaria (S.r.l.) con dipendenti – salvataggio in extremis

Scenario: La “VetSalus S.r.l.” gestisce una clinica veterinaria h24 con 5 veterinari dipendenti e vari infermieri. Fatturato annuo 1 milione €, ma ha accumulato debiti di 800.000 € (mutui per ampliamenti, fornitori, tasse). È tecnicamente insolvente: in cassa non ha liquidità, e i fornitori minacciano azioni. Una banca ha revocato gli affidamenti. La S.r.l. supera i limiti dimensionali (attivo > 300k, debiti > 500k). Il titolare vuole salvarla se possibile, anche perché c’è un’ottima reputazione e clientela, ed evitare il fallimento.

Soluzione valutata: La S.r.l. ricorre alla Composizione negoziata per la crisi. Tramite la piattaforma, viene nominato un esperto. L’esperto, esaminati i conti, vede che la clinica sarebbe in realtà profittevole se si riducesse l’indebitamento e si ristrutturassero alcuni costi; individua un possibile investitore interessato (un gruppo veterinario) a subentrare acquistando l’attività, ma a condizione di rilevarla liberata dai debiti per un prezzo di 500.000 €. Inizia la trattativa con i creditori: con l’aiuto dell’esperto, la maggior parte accetta di ridursi i crediti sapendo che altrimenti fallirebbero. Tuttavia, un paio di fornitori e una banca minore rifiutano qualunque accordo (sono dissenzienti e rappresentano il 20% del debito totale). Purtroppo l’accordo stragiudiziale non arriva al 100%.

Esito: L’esperto chiude la composizione negoziata constatando che non è stato possibile concludere un accordo con tutti i creditori, ma c’è l’offerta concreta dell’investitore per acquisire l’azienda a 500.000 €. La S.r.l. dunque, su suggerimento dell’esperto, deposita subito un ricorso per Concordato semplificato liquidatorio: il piano consiste nel vendere l’intera azienda clinica all’investitore X per 500.000 €, e distribuire tale somma tra i creditori con una percentuale del 62,5% sui loro crediti (800k debiti, 500k attivo da riparto). Il Tribunale apre la procedura, verifica la correttezza delle trattative svolte (l’esperto attesta la buona fede e l’impossibilità di accordo). Nomina un ausiliario che conferma che i creditori prenderebbero nel fallimento forse il 30%, quindi il 62,5% offerto è nettamente migliorativo. Non c’è voto dei creditori ma solo eventuali osservazioni. Alcuni creditori dissenzienti provano a opporsi, ma il Tribunale accerta che la proposta li soddisfa comunque meglio del fallimento (dove forse l’investitore avrebbe offerto meno o ci sarebbero stati i costi fallimentari). Quindi omologa il concordato semplificato. L’operazione si conclude: l’investitore versa 500.000 €, acquisisce la clinica senza debiti, continua l’attività assumendo il personale (continuità indiretta). Il liquidatore nominato dal Tribunale distribuisce 500.000 € proporzionalmente ai creditori (62,5% ciascuno). I debiti residui sono cancellati con l’omologa. La VetSalus S.r.l. verrà poi cancellata.

Commento: Questo esempio dimostra l’efficacia del percorso composizione negoziata -> concordato semplificato. Senza quest’ultimo, i pochi creditori irriducibili avrebbero impedito l’accordo totale e quasi certamente trascinato la clinica in fallimento, dove probabilmente l’azienda sarebbe stata venduta ugualmente ma a un prezzo inferiore, e con esiti peggiori per tutti. Così invece si è salvata l’attività (sia pure cambiando proprietà), i creditori prendono più soldi, i dipendenti mantengono il posto. Il vecchio proprietario ovviamente perde l’azienda, ma evita le conseguenze di un fallimento personale e magari rimane a collaborare con il nuovo gruppo (spesso succede). Questa simulazione mostra come anche per imprese strutturate esistono soluzioni alternative al fallimento grazie alle novità normative recenti.

Esempio 4: Veterinario senza beni né reddito sufficiente – liquidazione ed esdebitazione

Scenario: Il dott. Marco, veterinario 60enne, ha chiuso il suo ambulatorio due anni fa per problemi di salute. Ora è disoccupato, vive con una piccola pensione di invalidità. Ha debiti rimasti da quando aveva lo studio: 40.000 € con banca (fido non rientrato), 15.000 € con fornitori, 20.000 € di tasse non pagate. Totale 75.000 €. Marco non possiede alcun immobile, né auto (usa quella della moglie), né risparmi. Il suo reddito attuale è impignorabile (pensione bassa sotto minimi). I creditori non hanno nulla da pignorare e infatti hanno smesso di tentare, ma legalmente il debito è sempre lì e cresce di interessi. Marco vorrebbe liberarsene per togliere preoccupazioni alla famiglia (teme che un domani possano colpire l’eredità o simili).

Soluzione valutata: Poiché non c’è nulla da liquidare, Marco può chiedere direttamente l’Esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII). Con l’aiuto di un avvocato, presenta istanza al Tribunale dichiarando la sua situazione: zero beni, reddito solo pensione sociale, nessun miglioramento prevedibile. Attesta anche di non aver mai ottenuto esdebitazioni in passato. L’OCC relazione che i creditori in effetti non otterrebbero nulla da un fallimento o liquidazione, e che non ci sono anomalie (Marco è in buona fede).

Esito: Il Tribunale, sentiti i creditori (che possono evidenziare se magari sospettano beni nascosti; in questo caso no, tutti sanno che è nullatenente), concede l’esdebitazione piena. Con un decreto dichiara inesigibili i 75.000 € di debiti di Marco, a patto che se entro 4 anni dovesse “vincere alla lotteria” o comunque reperire risorse significative, ne dovrà destinare almeno il 10% ai vecchi creditori. Marco ora è formalmente libero dai debiti. Nei successivi 4 anni, come prevedibile, non gli capita alcuna entrata straordinaria (non lavora più, vive modestamente). Ogni anno comunica all’OCC la sua situazione, come richiesto. Trascorsi i 4 anni, il beneficio diventa definitivo e nessuno dei creditori può più pretendere nulla.

Commento: Questo strumento, prima inesistente, evita di lasciar marcire in una condizione di insolvenza permanente chi davvero non potrà mai pagare. È un atto di “clemenza” dell’ordinamento, ma non a cuor leggero: se spuntasse fuori che Marco aveva ad esempio lingotti d’oro nascosti o aveva regalato beni ai figli prima di chiedere esdebitazione, il decreto sarebbe revocabile per dolo. Nel nostro scenario pulito, invece, è la chiusura dignitosa di una vicenda triste, permettendo al debitore di trascorrere la vecchiaia senza l’incubo di debiti impagabili.

Tabelle riepilogative

Di seguito proponiamo alcune tabelle riassuntive dei principali strumenti di gestione dei debiti, per una visione d’insieme semplificata:

Tabella 1 – Strumenti di composizione della crisi da sovraindebitamento (debitori non fallibili)

ProceduraSoggetti ammessiCome funzionaEsdebitazioneRiferimenti
Ristrutturazione debiti del consumatore (Piano del consumatore)Persona fisica consumatore (debiti non professionali)Proposta unilaterale di piano ai creditori; no voto, decide il giudice su meritevolezza e convenienza. Creditori privilegiati falcidiabili col limite del valore garanzia.Dopo adempimento integrale del piano (anche se dilazionato per anni) il giudice dichiara esdebitazione residui.Artt. 67–73 CCII; prima artt. 12-bis L.3/2012.
Concordato minore (Accordo di composizione)Debitore non consumatore: professionista, imprenditore minore, ecc.Proposta di accordo ai creditori con eventuali classi; serve adesione di ≥ 60% crediti. Prevista continuazione dell’attività se possibile. Tribunale omologa e vincola dissenzienti.Esdebitazione al termine dell’esecuzione (o conversione in liquidazione controllata se fallisce).Artt. 74–83 CCII; prima artt. 7–12 L.3/2012.
Liquidazione controllata del sovraindebitatoQualsiasi debitore non fallibile (consumatore o no), anche non meritevoleTribunale nomina liquidatore; liquidazione di tutti i beni (salvi impignorabili). Creditori soddisfatti secondo prelazioni. Paragonabile a un “piccolo fallimento”.Automatica dopo chiusura o max 3 anni dall’apertura, salvo dolo/frode. Alcuni debiti esclusi (mantenimento, pene etc.).Artt. 268–277, 279–281 CCII; prima artt. 14-ter / 14-terdecies L.3/2012.
Esdebitazione dell’incapientePersona fisica sovraindebitata senza beni né reddito liquidabileSu istanza del debitore, Tribunale cancella i debiti senza aprire liquidazione. Debitore obbligato a pagare ai creditori se entro 4 anni ricompaiono risorse (>10% debiti).Esdebitazione concessa subito col decreto, condizionata 4 anni (può essere revocata se emergono attivi rilevanti non versati).Art. 283 CCII; prima art. 14-quaterdecies L.3/2012.

Tabella 2 – Strumenti concorsuali per imprese soggette a fallimento (liquidazione giudiziale)

ProceduraChi può usarlaDescrizioneEsdebitazioneRiferimenti normativi
Accordo di ristrutturazione dei debitiImprese in crisi (soggette a fallimento). Consumatori/prof no.Accordo con creditori che rappresentino ≥ 60% debiti (o 30% in casi speciali). Omologato dal Tribunale, vincola solo aderenti (tranne efficacia estesa in casi limitati). Creditori estranei vanno pagati per intero.Non prevista ad hoc (i debiti vengono ridefiniti dall’accordo stesso; eventuali residui per creditori estranei restano fuori). Debitore non è liberato oltre l’accordo, ma evita fallimento.Art. 57 CCII (accordo ordinario); art. 60 (agevolato 30%); art. 61 (efficacia estesa); ex art. 182-bis L.F.
Concordato preventivo (in continuità o liquidatorio)Imprese in crisi insolventi evitano liquidazione giudizialeProcedura giudiziale: il debitore propone un piano ai creditori, suddivisi in classi. Serve voto favorevole >50% crediti votanti. Concordato in continuità: l’azienda prosegue, obbligo pagamento creditori in percentuale variabile (anche <100%); liquidatorio: l’azienda cessa, vendita beni, richiede almeno 20% ai chirografari (salvo apporti esterni). Omologato dal Tribunale, vincola tutti i creditori anteriori.Esdebitazione implicita: l’omologa libera il debitore dagli importi eccedenti quelli soddisfatti col piano (salvo debiti esclusi per legge come sanzioni). Per l’imprenditore persona fisica, può poi chiedere esdebitazione ulteriore dei residuali ex art. 278 CCII.Artt. 84–120 CCII; prima art. 160–186 L.F. (R.D. 267/42).
Liquidazione giudiziale (ex fallimento)Imprese commerciali insolventi sopra soglia; soci illimitatamente resp.Procedura giudiziale liquidatoria. Tribunale dichiara apertura su istanza creditori o ufficio. Curatore nominato liquida beni dell’impresa, distribuisce secondo prelazioni. L’impresa viene poi cancellata (o cessata).Per società, non si pone (società estinta). Per persone fisiche (imprenditore individuale o soci falliti), è possibile chiedere l’esdebitazione del fallito a fine procedura: il Tribunale la concede se il fallito ha cooperato e non commesso irregolarità gravi (liberandolo dai debiti residui, salvo eccezioni analoghe a quelle sovraindebitamento).Artt. 121–270 CCII; esdebitazione fallito artt. 278-282 CCII; (prima, fallimento art. 1–147 L.F., esdebitazione art. 142 L.F.).
Composizione negoziata (strumento di allerta/soluzione volontaria)Qualsiasi imprenditore (anche piccolo o agricolo) in squilibrio finanziarioProcedura volontaria extra-giudiziale assistita da esperto nominato CCIAA. Durata ~6 mesi. Obiettivo: negoziare accordi con creditori per risanare impresa, con possibili esiti (contratto, piano attestato, accordo di ristrutt., concordato preventivo). Si può richiedere al Tribunale la sospensione delle azioni esecutive durante le trattative.Non applicabile di per sé (non è concorsuale). Se le trattative falliscono, possibile accesso a concordato semplificato per liquidazione (vedi sotto).Artt. 12–25 CCII (introdotti da D.L. 118/2021 conv. L.147/2021).
Concordato semplificato per la liquidazioneImprenditore che ha svolto composizione negoziata senza esitoProcedura concorsuale speciale: il debitore, entro 60 gg dalla relazione finale esperto, propone al Tribunale un piano di liquidazione del patrimonio senza il voto dei creditori. Il Tribunale omologa se il piano è attuabile e garantisce soddisfazione ai creditori superiore alla liquidazione giudiziale. Nomina un ausiliario e decide in autonomia.Sì, omologazione del concordato semplificato comporta esdebitazione dei debiti residui eccedenti quanto distribuito (come concordato preventivo).Art. 25-sexies, 25-septies CCII (introdotti da D.L. 118/2021). Strumento residuale post-composizione negoziata.

Tabella 3 – Differenze tra veterinario libero professionista vs società veterinaria (fallibile)

ProfiloVeterinario libero professionista (persona fisica)Clinica veterinaria societaria (S.r.l., S.n.c. ecc.)
Soggezione a fallimento?No. Non soggetto a liquidazione giudiziale ex art. 1 L.F. e art. 2 CCII (attività intellettuale, non imprenditore commerciale). Se piccolo imprenditore sotto soglia, comunque escluso.Sì, se sopra soglie dimensionali (attivo > €300k, ricavi > €200k, debiti > €500k). Società commerciali vengono assoggettate a liquidazione giudiziale in caso di insolvenza. (Sotto soglia, societá di persone o S.r.l. micro, teoricamente escluse e usano procedure sovraindebitamento come “imprenditore minore”).
Procedure applicabiliProcedure da sovraindebitamento (piano consumatore se debiti personali, concordato minore per debiti professionali, liquidazione controllata, esdebitazione incapiente). Composizione negoziata non accessibile (non imprenditore iscritto) – può però negoziare informalmente.Procedure concorsuali ordinarie: composizione negoziata (molto indicata per evitare insolvenza), accordi di ristrutturazione, concordato preventivo (in continuità o liquidatorio), oppure liquidazione giudiziale se insolvente senza soluzioni. Anche società sotto soglia possono scegliere concordato preventivo o accordo (se preferito), ma di solito ricadono nelle minori.
Continuità dell’attività durante proceduraContinua a esercitare la professione durante piani/concordati minori (amministrazione rimane al debitore, sotto vigilanza OCC). In liquidazione controllata può continuare se autorizzato e se beni minimi non liquidati subito. Nessuna interdizione professionale.In composizione negoziata e concordato preventivo si può proseguire attività (in concordato con autorizzazione tribunale per atti gestione straordinaria). In liquidazione giudiziale, gestione passa al curatore; possibile esercizio provvisorio se utile a creditori, altrimenti attività cessa. Post-fallimento, l’imprenditore può aprire nuova attività solo dopo esdebitazione o decorsi termini di legge.
Responsabilità patrimonialeIllimitata su tutti i beni personali presenti e futuri (nessuna separazione tra patrimonio personale e dell’attività). Può avvalersi delle esenzioni impignorabilità minimi vitale, strumenti di lavoro essenziali entro limiti.Limitata al patrimonio sociale se società di capitali. Soci di S.n.c. rispondono illimitatamente; soci S.r.l. no, salvo garanzie prestate. In procedure concorsuali, patrimonio dei soci non coinvolto (salvo soci falliti se illimitati).
Esdebitazione (liberazione dai debiti)Al termine di piano cons./conc. minore (adempiuto) o liquidazione controllata (anche non pienamente satisfattiva) – automatica e ampia, salvo eccezioni (dolo, reati, debiti alimentari, multe). Possibile anche esdebitazione incapiente senza liquidare nulla.Nel concordato preventivo omologato, società estinta non ha debiti (cessa esistenza); imprenditore individuale ottiene esdebitazione su domanda ex art.278 CCII (simile criteri meritevolezza). Nel fallimento, imprenditore persona fisica può chiedere esdebitazione a fine procedura (non automatica, concessa se requisiti) – analogamente per socio fallito. Società cancellata non “ha” esdebitazione, semplicemente i crediti insoddisfatti sono inesigibili perché soggetto estinto.
Esempi applicativiVeterinario singolo con debiti fornitori e fiscali –> concordato minore per pagarli parzialmente e proseguire attività. Oppure, veterinario consumatore (debiti personali) –> piano consumatore per ridurli e protegger casa. Se nulla da pagare –> esdebitazione diretta incapiente.Clinica Vet S.r.l. indebitata –> composizione negoziata con esperto, poi accordo con banche e fornitori. Se ricavi coprono costi, concordato preventivo in continuità (riduzione debiti, mantenendo aperta clinica). Se deve chiudere –> concordato preventivo liquidatorio (vendita attività a terzi) o, se emergenza, concordato semplificato post negoziazione. In mancanza di soluzioni –> fallimento e nomina curatore.

Conclusione

La figura del veterinario indebitato è emblematica di tanti professionisti che si trovano schiacciati dai debiti pur esercitando un’attività di valore sociale. Oggi, grazie all’evoluzione normativa, esistono strumenti sofisticati e flessibili per affrontare anche situazioni debitorie complesse in modo organico e sostenibile. Il veterinario debitore onesto e collaborativo può contare sul quadro della “crisi da sovraindebitamento” per trovare sollievo: dal piano del consumatore per debiti privati, al concordato minore per ristrutturare l’attività, fino alla liquidazione controllata con l’esdebitazione automatica in 3 anni o persino immediata se non ha nulla. Sul fronte delle imprese veterinarie strutturate, le novità come la composizione negoziata e il concordato semplificato offrono opportunità di risanamento rapide e creative, evitando il fallimento ove possibile.

È fondamentale per il veterinario in difficoltà agire tempestivamente. Prima si prende coscienza della crisi e si coinvolgono consulenti esperti (avvocati, commercialisti specializzati in crisi d’impresa), maggiori sono le chance di una soluzione indolore. Lasciar incancrenire la situazione porta solo ad esecuzioni disordinate, perdita di beni di valore magari svenduti all’asta e zero liberazione dai debiti. Invece, attivando una procedura si può mettere in sicurezza il necessario (ad esempio ottenendo la sospensione dei pignoramenti) e poi pianificare un percorso di rientro o di esdebitazione sotto il controllo del giudice, con la legittima aspirazione di tornare “puliti” e poter continuare la propria vita professionale o andare serenamente in pensione.

Dal punto di vista del debitore veterinario, conoscere i propri diritti e le opzioni è il primo passo per uscire dal tunnel dei debiti. Questa guida, aggiornata a giugno 2025, ha illustrato le strade percorribili con il supporto delle norme italiane e della più recente giurisprudenza. Ogni caso concreto dovrà poi essere valutato nel dettaglio, ma il messaggio è chiaro: una soluzione c’è sempre, anche quando i debiti sembrano insormontabili. Le leggi sul sovraindebitamento, nate per dare una “seconda opportunità” a chi è caduto in disgrazia economica senza colpa grave, sono strumenti potenti: vanno usati con serietà e competenza, ma in cambio offrono la prospettiva di ricominciare senza debiti e con dignità. Il veterinario potrà così tornare a dedicarsi con tranquillità alla cura dei suoi pazienti a quattro zampe, lasciandosi alle spalle l’incubo dei debiti.

Fonti e riferimenti normativi

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14), artt. 65-83 (procedure da sovraindebitamento) e artt. 268-283 (liquidazione controllata ed esdebitazione). Entrato in vigore il 15 luglio 2022, ha sostituito la Legge 3/2012.
  • Legge 27 gennaio 2012 n. 3 (“Legge salva suicidi”), abrogata dal 2022 ma rilevante per i principi ispiratori e la giurisprudenza formatasi.
  • Codice Civile, art. 2082 (definizione di imprenditore), art. 2740 (responsabilità patrimoniale).
  • Regio Decreto 16 marzo 1942 n. 267 (Vecchia Legge Fallimentare), in particolare art. 1 (esclusione fallibilità professionisti e piccoli imprenditori) e art. 142 (esdebitazione fallito).
  • D.L. 24 agosto 2021 n. 118, conv. in L. 147/2021, istitutivo della Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa e del concordato semplificato (art. 2, art. 25-sexies CCII).
  • Soglie di non fallibilità: art. 2, co.1, lett. d) CCII definisce l’“impresa minore” con attivo ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000, debiti ≤ €500.000 (media ultimi 3 anni). Art. 49 CCII aggiunge soglia €30.000 debiti scaduti per escludere liquidazione giudiziale.
  • Cass. civ. Sez. I, 27 luglio 2023 n. 22890: ha chiarito il nuovo criterio di meritevolezza nel piano del consumatore dopo la riforma 2020, basato su colpa grave/malafede invece del vecchio “triplice test”.
  • Cass. civ. Sez. I, 21 febbraio 2024 n. 4622: ha sancito che nei piani del consumatore e accordi di ristrutturazione è ammissibile una dilazione pluriennale (anche >5 anni) del pagamento dei creditori privilegiati, purché a questi sia data possibilità di esprimersi sulla proposta, in ossequio al principio della “seconda chance”.
  • Cass. civ. Sez. III, 26 luglio 2023 n. 22715: in materia di sovraindebitamento ex L.3/2012, ha stabilito che il giudice della procedura di accordo può solo disporre il divieto generale di azioni esecutive, ma non interferire nei singoli procedimenti esecutivi pendenti (sospensione specifica spetta al giudice dell’esecuzione). Conferma l’effetto di stay generale ex art. 10 L.3/2012, analogo nel CCII.
  • Tribunale di Palermo, sez. Fall., sent. n. 56/2023: applicando il CCII ha concesso l’esdebitazione a un debitore sovraindebitato nonostante l’obiezione di “colpa grave”, ritenendo non sussistente malafede o frode ai sensi dell’art. 280 CCII.
  • Linee guida OCC: DM 202/2014 (regolamento OCC) – requisiti di nomina gestori. Alcuni tribunali (es. Salerno 2023) hanno prodotto orientamenti per la nomina di liquidatore diverso dall’OCC ex art. 269 CCII.

Sei un veterinario sopraffatto dai debiti? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Gestire uno studio veterinario può diventare difficile: spese fisse elevate, investimenti in attrezzature, collaboratori da pagare, tasse e contributi da versare.
Se i debiti iniziano ad accumularsi e fornitori, banche o l’Agenzia delle Entrate bussano alla porta, è il momento di reagire.

La buona notizia è che non sei solo: la legge offre strumenti efficaci per ristrutturare i debiti, proteggere il tuo lavoro e evitare procedure più gravi come il pignoramento o la liquidazione.
Lo Studio Monardo può aiutarti a trovare la strada giusta per superare la crisi, senza compromettere la tua professione.

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Analizza la situazione economica del tuo studio veterinario
📑 Valuta le cause del sovraindebitamento e le possibili soluzioni legali
⚖️ Ti guida verso lo strumento più adatto: composizione negoziata, piano del consumatore o liquidazione controllata
✍️ Redige tutte le istanze e ti rappresenta davanti al tribunale o agli enti creditori
🔁 Ti assiste anche nella tutela del patrimonio personale e nella rinegoziazione dei debiti

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in crisi da sovraindebitamento e tutela dei liberi professionisti
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia

Conclusione

Essere un veterinario pieno di debiti non significa dover chiudere: significa che è arrivato il momento di agire con lucidità e il giusto supporto legale.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi affrontare la crisi con competenza, bloccare le azioni esecutive e costruire un piano per ripartire.

📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo:

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Privacy and Consent by My Agile Privacy

Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. 

Puoi accettare, rifiutare o personalizzare i cookie premendo i pulsanti desiderati. 

Chiudendo questa informativa continuerai senza accettare. 

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!