Studio Dentistico Con Troppi Debiti: Cosa Fare

Perfetto. Avvierò ora la ricerca per creare una guida completa e aggiornata a giugno 2025 dal titolo “Studio Dentistico con troppi debiti: cosa fare”. Sarà incentrata sul Hai uno studio dentistico e stai accumulando troppi debiti? Non riesci più a sostenere le spese tra tasse, fornitori, dipendenti e rate dei finanziamenti? Ti stai chiedendo se c’è una via d’uscita prima che arrivi un pignoramento o la chiusura forzata?

Molti professionisti sanitari, anche con anni di attività alle spalle, si trovano in difficoltà economica senza sapere che esistono strumenti legali per affrontare la crisi, salvare lo studio o, se necessario, chiudere in modo ordinato, senza compromettere tutto il patrimonio personale.

Cosa puoi fare se lo studio ha troppi debiti?

La legge offre diverse soluzioni per chi esercita attività professionale, come i dentisti, e si trova in uno stato di crisi economico-finanziaria. Tutto dipende da quando agisci e da che tipo di difficoltà stai affrontando.

Se vuoi continuare l’attività, puoi valutare:

La composizione negoziata della crisi: uno strumento volontario e riservato che ti permette di trattare con i creditori con l’aiuto di un esperto nominato dalla Camera di Commercio.
Puoi ottenere:
– Sospensione di pignoramenti e azioni esecutive
– Tempo per riorganizzare lo studio e riprendere fiato
– Un accordo sostenibile con banche, fornitori e Fisco

La rateizzazione o ristrutturazione dei debiti fiscali e contributivi, anche tramite rottamazioni o saldo e stralcio, se disponibili

Se invece la situazione è ormai compromessa?

Quando non è più possibile proseguire l’attività, esistono strumenti per chiudere nel modo meno traumatico possibile:

Liquidazione controllata (ex fallimento personale), pensata anche per i liberi professionisti
Esdebitazione, cioè la possibilità di liberarsi dai debiti residui una volta conclusa la procedura
Piano del consumatore o accordo di ristrutturazione dei debiti (se parte del debito è personale)

E se hai beni personali intestati?

Molti titolari di studio si preoccupano per la casa, l’auto o i risparmi personali. Intervenire per tempo è fondamentale per tutelare il tuo patrimonio e limitare i danni. Alcuni strumenti permettono di bloccare le azioni dei creditori e proteggere ciò che è davvero essenziale.

Come ti aiutiamo noi dello Studio Monardo?

Valutiamo con te la situazione del tuo studio, esaminiamo i debiti e ti consigliamo la strategia più adatta: se rientrare, trattare o chiudere in modo protetto. Ti assistiamo in tutte le fasi, dal precontenzioso con il Fisco fino alla gestione della crisi davanti al tribunale.

Hai uno studio dentistico in crisi e non sai da dove cominciare? Temi che la situazione stia sfuggendo di mano?

In fondo alla guida puoi richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo insieme la tua posizione, valuteremo se ci sono strumenti per salvare l’attività e ti aiuteremo a proteggere il tuo futuro professionale e personale.

Introduzione

Uno studio dentistico in difficoltà finanziaria deve affrontare preliminarmente una diagnosi puntuale della crisi: si tratta di insolvenza vera e propria (incapacità sistematica di pagare regolarmente i debiti) o di semplice temporaneo squilibrio? In base alla normativa italiana vigente, lo stato di sovraindebitamento è definito come «lo stato di crisi o di insolvenza del debitore che non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni». Ciò può riguardare sia il dentista titolare come persona fisica (professionista) sia la società (ad es. S.r.l.) che gestisce lo studio.

Lo scopo di questa guida è illustrare, dal punto di vista del debitore, le possibili strategie per affrontare situazioni di forte indebitamento, nell’ambito del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) e della legge sul sovraindebitamento (L. 3/2012). Verranno esaminate le procedure concorsuali (come il concordato preventivo), quelle per sovraindebitamento (piano del consumatore, concordato minore, ecc.), nonché ipotesi di ristrutturazione contrattuale o defiscalizzazione. L’approccio è multidisciplinare (giuridico, fiscale, economico) e si rivolge a professionisti del settore, avvocati, imprenditori e debitori. Verranno inoltre presentate domande frequenti, tabelle riepilogative e simulazioni di casi pratici solo in Italia. Tutte le fonti normative e le sentenze di riferimento aggiornate a giugno 2025 sono riportate in calce alla guida.

1. Contesto della crisi di uno studio dentistico

Un dentista in proprio (con partita IVA) o una società odontoiatrica può accumulare debiti per vari motivi: investimenti in attrezzature, prestiti bancari per ristrutturazioni, ritardi nei pagamenti dei pazienti, contenziosi o contributi previdenziali. Quando i debiti superano le capacità reddituali lo studio entra in crisi.

  • Libero professionista (persona fisica): può avvalersi delle procedure di sovraindebitamento riservate ai professionisti o (talvolta) agli “imprenditori minori”. Ad esempio, un dentista titolare di partita IVA che abbia contratto debiti anche personali può proporre un piano del consumatore o un concordato minore (Legge 3/2012, art. 7 e segg.), purché dimostri meritevolezza della propria condotta e assenza di colpa grave.
  • Società (ad es. S.r.l. odontoiatrica): rientra nelle procedure per imprese insolventi. Può chiedere il concordato preventivo (D.Lgs. 14/2019, artt. 67‑70) o l’accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 64-bis) con il tribunale, oppure essere dichiarata in liquidazione giudiziale se i debiti sono insostenibili. In sede di concordato è prevista anche la continuazione dell’attività (con piano di risanamento) o la liquidazione dell’azienda, a seconda del tipo di accordo con i creditori.

Cruciale è distinguere i debiti “promiscui” (collegati all’attività professionale o aziendale) da quelli personali. Per accedere al piano del consumatore (procedura riservata al debitore persona fisica senza attività d’impresa prevalente), il dentista non deve aver contratto i debiti “per fini imprenditoriali”. In caso di dubbio, è il giudice a valutare se il piano risulti complessivamente più conveniente rispetto alla liquidazione del patrimonio. Secondo la giurisprudenza, anche se il piano prevede dilazioni lunghe (oltre 1 anno) per i creditori ipotecari, è comunque ammissibile. Viceversa, il concordato minore (ex L.3/2012) non richiede la qualifica di consumatore ed è riservato a piccoli imprenditori e professionisti indebitati.

È essenziale agire tempestivamente: il legislatore richiede che il debitore sia meritevole (assenza di frode o colpa grave) e che la soluzione proposta sia conveniente per i creditori rispetto alla liquidazione forzata. Laddove tali requisiti manchino, il beneficio (es. esdebitazione) può essere negato. La consapevolezza dei rischi penali (reati fallimentari per frodi commesse) impone una gestione trasparente fin dall’inizio.

2. Normativa di riferimento

La disciplina italiana sulla crisi di impresa e sul sovraindebitamento è articolata su più livelli:

  • Codice della Crisi e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019): da gennaio 2022 ha sostituito gran parte della Legge Fallimentare del 1942. Si applica a imprese individuali e società in crisi. Contiene procedure come concordato preventivo, accordo di ristrutturazione dei debiti, liquidazione giudiziale, amministrazione straordinaria. Introduce inoltre la composizione negoziata della crisi (art. 21 ss.) per cercare soluzioni stragiudiziali al sovraindebitamento. Il Codice detta criteri generali (riserve di legge, competenze, ecc.) ma rinvia alle disposizioni del vecchio capo VI L.F. (che recita ora come Capo I del Titolo III CCII) per specifici requisiti di meritevolezza, conflitti di interessi, formazione dello stato passivo, ecc.
  • Legge 3/2012 (sovraindebitamento) e successive modifiche (D.Lgs. 83/2023 «correttivo») regolano tre procedure semplificate per debitori non fallibili:
    1. Ristrutturazione dei debiti del consumatore (o piano del consumatore), per persone fisiche con debiti non di natura professionale.
    2. Accordo di composizione della crisi (concordato minore), per piccoli imprenditori e professionisti (inclusi dentisti con partita IVA).
    3. Liquidazione controllata del patrimonio, una sorta di fallimento semplificato per persone fisiche o professionisti.
    4. Esdebitazione del debitore incapiente, per chi non offre utilità ai creditori (meritevole, senza dolo/colpa).
    Con tali strumenti il debitore può proporre un piano (o accordo) che preveda anche la falcidia (pagamento parziale dei creditori) e la dilazione dei pagamenti. Importante: l’omologazione da parte del tribunale è subordinata a verifica di meritevolezza e equilibrio (il piano deve garantire ai creditori almeno quanto avverrebbe con la liquidazione fallimentare).
  • Codice Civile e altri obblighi: il dentista, se esercita come titolare persona fisica, rimane soggetto al diritto civile come creditore e debitore. In caso di fallimento, opera il Trattamento dei pignoramenti (art. 545 c.c.p.) e l’ordine di prelazione fallimentare (art. 2751-bis c.c. ecc.). Il decreto legge 118/2021 (c.d. “Decreto Sostegni”) e recenti decreti fiscali possono prevedere rottamazioni o definizioni agevolate per debiti tributari e contributivi. Tali strumenti straordinari (ad es. rottamazione-ter, Saldo e Stralcio) vanno valutati come soluzione preventiva prima di ricorrere alle procedure concorsuali, poiché rientrano in negoziazioni extragiudiziali con Erario e INPS.

In sintesi, chi guida lo studio deve conoscere sia il Codice della Crisi sia la legge sul sovraindebitamento, per individuare il rimedio migliore in base alla forma giuridica dello studio (professione individuale o società), all’ammontare dei debiti e alla composizione del passivo (privilegiati, chirografari, erariali).

3. Principali procedure per risolvere il sovraindebitamento

Di seguito si illustrano le opzioni disponibili, raggruppate per tipologia di debitore e di procedura. Una tabella riepilogativa comparativa è fornita più avanti.

  • Composizione negoziata della crisi (art.21-38 CCII): è una procedura straordinaria, introdotta nel 2021, in cui l’imprenditore o professionista (anche dentistico) avvia trattative assistite con i creditori qualificati (banche, Erario, INPS) sotto l’egida della Camera di Commercio, cercando un accordo di ristrutturazione. È utile in fase di pre-insolvenza: blocca i pignoramenti grazie al PAT (piano assistito transattivo) e consente più tempo (max 90 giorni) per definire un piano. Non richiede il voto formale dei creditori (diversa da concordato). È applicabile a qualsiasi impresa (anche studio associato) con prospettive di risanamento.
  • Accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 64-bis CCII): è destinato alle società e imprese con debiti superiori a una certa soglia (circa 200 milioni, ridotta a 50 mln per PMI dopo il “correttivo-ter” D.Lgs. 136/2024). Il debitore presenta un piano che deve essere approvato da creditori che rappresentano almeno il 66% dei crediti. Esso può prevedere riduzioni di debiti, dilazioni, scissioni di contratti, fusione, ecc. L’omologazione da parte del tribunale rende il piano vincolante anche per gli oppositori, purché non sia inferiore alla liquidazione. In pratica, un dentista con attività societaria (ad es. S.r.l.) può proporre questo accordo per “ristrutturare” i debiti delle banche o fornitori, limitando le perdite di alcuni creditori (es. banca mutuataria) dietro voto favorevole.
  • Concordato preventivo (art. 67-72 CCII): è la procedura concorsuale più flessibile per imprese in crisi. Può essere di tipo liquidatorio (cessione dell’azienda) o con continuità (il debitore propone un piano di risanamento). Richiede il consenso dei creditori (almeno il 50% delle somme) e l’omologazione giudiziale. Un particolare interessante per gli studi dentistici è il “concordato preventivo biennale semplificato” per debiti fiscali (art. 182-bis L.F.), che consente di estendere il pagamento delle tasse su 2 anni. Il concordato permette anche di escludere alcuni crediti pubblici (vedi art. 78-bis; cfr. risposta a FAQ più avanti).
  • Concordato “minore” ex L. 3/2012 (art. 14-bis e ss.): è una procedura semplificata di sovraindebitamento, pensata proprio per professionisti e piccoli imprenditori, incluso il dentista con partita IVA o la piccola srl odontoiatrica. Non richiede l’assistenza del tribunale (è gestito da un Organismo di Composizione della Crisi – OCC) e il piano si approva con il voto favorevole dei creditori rappresentanti almeno il 50% del debito. Il debitore può continuare l’attività e ricevere dilazioni o riduzioni di debiti; in cambio, se il piano viene eseguito con successo, ottiene l’esdebitazione dei residui (con saldo minimo del 10% in 4 anni). Nel concordato minore i debiti tributari e previdenziali privilegiati possono essere dilazionati o parzialmente pagati.
  • Ristrutturazione dei debiti del consumatore (piano del consumatore): è riservata alla persona fisica non imprenditore (familiare, pensionato, piccolo professionista senza attività prevalente). In pratica, il piano consente di stabilire riduzioni e rateizzazioni di tutti i debiti, anche ipotecari, purché il giudice verifichi meritevolezza e convenienza. Non è necessario il voto dei creditori (come detto, analogia concordato esclusa): i creditori potranno solo contestare la convenienza, ma il giudice omologa il piano se ritiene che soddisfi i creditori almeno quanto farebbe la liquidazione coatta. Fondamentale: il debitore consumatore non deve avere alcuna quota di debiti “d’impresa” secondo la legge (ossia obbligazioni assunte esclusivamente per scopi estranei all’attività professionale). Se il dentista ha contratto debiti anche per la propria attività, potrà semmai utilizzare il concordato minore (vedi sopra), non il piano consumatore.
  • Liquidazione controllata del sovraindebitato: procedura analoga al fallimento per persone fisiche meritevoli. Il debitore dichiara tutti i beni; un curatore li vende per soddisfare i creditori secondo i criteri di prelazione. Al termine (normalmente 2 anni) il debitore ottiene l’esdebitazione (cancellazione dei residui) se ha versato almeno il 10% dei crediti. Può essere adatto se la continuità aziendale è compromessa e si decide di chiudere lo studio mettendo in vendita l’attrezzatura e gli immobili.
  • Esdebitazione: è la cancellazione dei debiti residui al termine di qualunque procedura di sovraindebitamento, a condizione di aver rispettato il piano e non avere commesso reati previsti dalla legge fallimentare (es. bancarotta). In caso di concordato minore o piano consumatore, l’esdebitazione è automatica all’omologa, salvo violazioni dolose. In liquidazione controllata, il debitore può ottenere l’esdebitazione decorsi 4 anni dal termine con il pagamento minimo del 10% e senza aver compiuto atti fraudolenti.

Tabella riepilogativa delle procedure

ProceduraDebitore ammessoRequisiti principaliCaratteristiche principali
Composizione negoziataImprese o professionisti in crisiRichiesta del debitore e adesione dell’OCCPercorso extragiudiziale, supportato da professionista (OCC). Sospende pignoramenti, consenso con banche/Enti (no voto formale).
Accordo ristrutturazioneSocietà/imprese (anche dentali)Debiti ≥ soglia (50-200 mln €), adesione 66%Piano di ristrutturazione con voto (66%). Rende vincolanti anche dissenzienti se omologato (salvo per crediti pubblici).
Concordato preventivoSocietà o professionisti titolari studioOltre 2 anni attività, presenza debiti significativiRichiede voto creditori (maggioranza 50%). Può essere “continuativo” o liquidatorio. Necessita di piano dettagliato e attestazione.
Concordato minore (L.3/2012)Piccoli impr./professionisti (anche dentisti)Sovraindebitamento, meritevolezzaSemplificato (gestito da OCC, senza tribunale fino all’omologa). Voto creditori 50%. Continuazione attività possibile.
Piano del consumatorePersona fisica senza debiti d’impresaSovraindebitamento, meritevolezzaPiano giudiziario di ristrutturazione (no voto creditori). Debiti personali ridotti/dilazionati. Controparte può contestare convenienza.
Liquidazione controllataPersona fisica incapiente e meritevoleSovraindebitamento conclamatoCome fallimento: curatore vende beni, soddisfa creditori (anche parzialmente). Al termine (2-4 anni) esdebitazione residui.
Azioni stragiudizialiTuttiNessuna procedura formaleAccordi bonari con creditori (banche, fornitori, Agenzia Entrate, INPS). Definizioni agevolate (tasse/INPS).

(Leggi di riferimento: D.Lgs. 14/2019 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza; L. 3/2012 sul sovraindebitamento; v. anche D.Lgs. 83/2023 e D.Lgs. 136/2024, c.d. «decreto correttivo-ter»).

4. Cosa prevede il piano/accordo: crediti privilegiati e beni esclusi

Nella definizione del piano è essenziale pianificare cosa si paga e cosa si esclude. Alcuni punti chiave:

  • Debiti ipotecari o garanti da pegno (es. mutuo casa): l’art. 8, co.4 L.3/2012 consente una moratoria per il pagamento fino a 1 anno dall’omologa, ma la giurisprudenza recente ha chiarito che tale termine non è perentorio. Anzi, la Cassazione ha affermato che il termine dell’anno va inteso come limite d’inizio del pagamento rateale, non come scadenza finale per estinguere il debito. È dunque ammissibile prevedere un piano di 5-7 anni di dilazione, purché sia garantito il pagamento almeno parziale dei privilegiati (interessi legali). Se la dilazione eccede 1 anno, alcuni ritengono opportuna l’assegnazione del diritto di voto al creditore garantito (in analogia con il concordato), ma la Cassazione delle Sezioni Unite ha precisato che non serve votazione formale: il creditore può comunque contestare la convenienza del piano (purché la parte che gli spetta sia almeno pari a quanto darebbe la vendita forzata). In ogni caso, la parte residua del credito (oltre la capienza del bene) deve rimanere in chirografo, ossia essere trattata come credito ordinario non privilegiato.
  • Beni esclusi dal piano: non è obbligatorio inserire tutti i beni del debitore nel piano. Per es., potrebbe convenire mantenere la prima casa (se non costituisce bene di lusso) a patto di offrire creditori un corrispettivo adeguato. Secondo il Tribunale di Pesaro, è “ammissibile la proposta di piano che non preveda la liquidazione di tutti i beni del debitore, potendo il piano escludere taluni beni” purché si rispetti il principio della convenienza (il piano complessivo deve valere almeno quanto la liquidazione forzata). In pratica, si può riservare alcuni beni ai creditori per parte oppure lasciarli al debitore, a condizione che il piano sia “non meno conveniente” rispetto all’alternativa liquidatoria.
  • Crediti erariali e contributivi: normalmente i creditori pubblici (Agenzia delle Entrate, INPS, RSA) sono trattati preferenzialmente. In un concordato preventivo, per i crediti tributari e previdenziali vige l’impossibilità di abbatterli (devono essere saldati quasi interamente). Al contrario, nelle procedure di sovraindebitamento la legge consente di dilazionarli (anche con sanatorie parziali) solo entro limiti più stretti: ad es., una bozza di riforma (non ancora entrata in vigore a giu. 2025) mira a escludere i tributi dal beneficio, consentendo solo dilazioni temporanee e non riduzioni delle somme. Al momento, conviene definire con l’Agenzia delle Entrate accordi di dilazione o rateizzazioni speciali (ad es. “Accordi per la definizione delle liti tributarie” o “Definizione agevolata dei ruoli”) prima di proporre il piano; ciò migliora la fattibilità del piano evitando eccessivi debiti privilegiati che riducano la convenienza complessiva.
  • Crediti alimentari e di mantenimento: per legge, tali crediti sono insoddisfacibili nelle procedure di sovraindebitamento. Questo significa che alimenti (futuri e passati) e assegni familiari non entrano nel piano e devono continuare ad essere pagati dal debitore secondo gli accordi (sentenza Cass. 16798/2024). Ad esempio, se un dentista ha obblighi verso ex-coniuge o figli, tali debiti non vengono toccati dal piano e restano esigibili. È quindi fondamentale mantenere le provviste alimentari correnti (stipendi, pensione, ecc.) fuori dal piano, altrimenti il piano può essere ritenuto inammissibile.
  • Modalità di pagamento e interesse legale: un piano può prevedere pagamenti rateali o anche una falcidia (riduzione percentuale). I privilegi (ipotecari, chirografari privilegiati, ecc.) possono essere soddisfatti fino alla concorrenza del valore del bene e versati con interessi legali (o convenzionali) fino alla loro piena misura; la parte residua, come detto, rimane di debito chirografario. Spesso nei piani consumatori si concede una “moratoria infrannuale” (ad es. 6 mesi) su crediti privilegiati, considerata routine dai tribunali, ovvero i creditori hanno sempre la possibilità di protestare la mancata convenienza.

5. Domande frequenti (FAQ)

D: Posso escludere alcuni beni (ad es. la casa) dal piano di ristrutturazione o concordato?
A: Sì. La legge non impone l’inclusione dell’intero patrimonio nel piano. È ammesso escludere beni purché il piano complessivo garantisca ai creditori almeno quanto otterrebbero in liquidazione. In pratica, si può prevedere nel piano che alcuni beni (ad es. la casa non di lusso) restino nella disponibilità del debitore, compensando però i creditori con pagamenti o garanzie equivalenti. La giurisprudenza conferma che “il piano può escludere taluni beni” se resta soddisfatta la condizione della non minor convenienza rispetto alla liquidazione.

D: Ho un mutuo ipotecario sulla prima casa: posso pagarne solo una parte o dilazionarlo?
A: In piano è possibile prevedere anche l’insolvenza parziale o la dilazione dell’ipoteca. L’art. 8 c.4 L.3/2012 consente fino a 1 anno di moratoria, ma i tribunali ammettono anche piani più lunghi. Recenti sentenze chiariscono che il limite dell’anno va inteso come termine d’inizio (non finale) del pagamento rateale. In sostanza, è legittimo prevedere anche 5‑7 anni di rate con interessi legali, purché il creditore ipotecario sia tutelato (può votare, o può contestare se ritiene di ottenere meno della liquidazione). Il residuo del mutuo eccedente il valore dell’ipoteca viene trattato come credito chirografario.

D: Quali procedure posso usare come dentista professionista con partita IVA?
A: Se lo studio dentistico è di persona fisica (libero professionista), ricorre nelle procedure da sovraindebitamento riservate ai professionisti. Puoi proporre un concordato minore (accordo con creditori) se sei sovraindebitato, o in alternativa il piano del consumatore se i tuoi debiti sono esclusivamente privati (es. mutui, prestiti personali) e non impresa vera e propria. Se invece agisci tramite una società (S.r.l.), userai il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione aziendale. In ogni caso occorre dimostrare meritevolezza: non devi aver causato la crisi con colpa grave o frodi.

D: Quali sono i requisiti di meritevolezza del debitore?
A: La legge e la giurisprudenza richiedono assoluta buona fede. Il piano viene omologato solo se il debitore ha meritevolmente gestito la crisi, ossia non ha compiuto atti fraudolenti o dolosi nell’indebitamento. Ad esempio, il debitore non deve avere ottenuto finanziamenti simulando false condizioni, né avere omesso di dichiarare beni a creditori. Se è accertata “colpa grave” (p.es. spese personali insensate a fronte di debiti crescenti) il beneficio dell’esdebitazione può essere negato. In pratica, si valuta se il debitore ha cooperato con le procedure e se il piano mostra prospettive realistiche di pagamento. La Cassazione conferma che l’omologa richiede la “manifesta ragionevolezza” del piano e l’assenza di dolo o colpa grave nel determinare l’insolvenza.

D: Che differenza c’è tra concordato preventivo e concordato minore?
A: Il concordato preventivo (CCII, art.67 ss.) è la procedura tradizionale per imprese: il debitore propone un piano di ristrutturazione o liquidazione con il tribunale, richiedendo il voto favorevole di creditori che rappresentino almeno il 50% dei debiti (testo aggiornato con CCII). Ha costi e formalità maggiori ma consente più opzioni (continuità aziendale, cessione azienda, ecc.). Il concordato minore (L.3/2012, art.14-bis) è semplificato: è rivolto solo a piccoli imprenditori e liberi professionisti; si svolge in via amministrativa tramite un Organismo di composizione della crisi; serve il consenso del 50% dei creditori, ma con costi ridotti e tempi più brevi. In sostanza, se lo studio dentistico è un’attività modesta, conviene il concordato minore; se è strutturato come azienda più grande, si userà il concordato classico.

D: Se fallisce la società, il titolare rischia il fallimento personale?
A: No, la responsabilità dipende dalla forma giuridica. Per una S.r.l., il patrimonio personale dell’imprenditore non è aggredibile dai creditori sociali (salvo se abbia dato fideiussioni personali). In caso di liquidazione giudiziale della società, il socio/amministratore dovrà solo rispondere per le somme dovute come garante o per eventuali responsabilità penali. Il debitore persona fisica, se già aveva partita IVA, non cade automaticamente in fallimento a seguito di un fallimento di terzi. Tuttavia, se il professionista ha garantito come socio o fideiussore i debiti della società, anche i suoi beni personali saranno coinvolti.

D: Quanto tempo dura una procedura di sovraindebitamento?
A: Dipende. Un accordo extragiudiziale (es. composizione negoziata) può concludersi in pochi mesi. Un concordato minore o consumatore richiede 6-12 mesi per l’accertamento, il deposito del piano e l’omologa. Il concordato preventivo ordinario dura mediamente 1-2 anni (a seconda dei rinvii, adempimenti, reclami dei creditori). La liquidazione controllata (per persona fisica) è più rapida di un fallimento: circa 1-2 anni fino all’esdebitazione. In ogni caso il debitore deve attendere almeno 3-4 anni (da calcolare dal “punto zero” della procedura) prima di ottenere la cancellazione dei debiti residui.

D: Posso chiedere l’esdebitazione senza presentare piano?
A: Sì, la legge prevede l’esdebitazione del debitore incapiente (art. 14-quinquies L.3/2012). Questo si applica a chi non ha alcun bene liquidabile e si trova in profondo squilibrio economico senza colpa. Il debitore presenta una dichiarazione al tribunale attestando la propria situazione patrimoniale negativa; se il tribunale ritiene meritevole la richiesta (e l’OCC conferma l’assenza di utilità per i creditori), emette decreto di esdebitazione, liberando il debitore da tutti i debiti privati dopo 4 anni (ad es. pensionati, dipendenti senza patrimonio). La procedura è raramente concessa a professionisti con partita IVA attiva, in quanto di solito ci sono utilità (attrezzature, crediti professionali) da liquidare. È più comune per consumatori completamente nullatenenti.

6. Simulazioni pratiche (casi di studio)

Caso 1Dentista professionista con P.IVA: il Dr. Bianchi è titolare di uno studio associato e ha contratto debiti complessivi di 200.000 € tra mutuo, fornitori e tasse non pagate. Il reddito annuo lordo degli ultimi anni è di circa 60.000 €. Innanzitutto valuta se può definire con l’Agenzia delle Entrate una rateizzazione agevolata (per pendenze tributarie) o una diminuzione delle sanzioni: ciò riduce i debiti privilegiati da includere nel piano. Parallelamente, chiama un legale esperto in sovraindebitamento e valuta la posizione: da come è descritto sembra un “piccolo imprenditore” (doctor con studio), quindi potrebbe accedere al concordato minore (L.3/2012) o alla composizione negoziata (art.21 CCII). Se ritiene di poter proseguire l’attività, opta per un piano di rientro (con dilazioni e forse riduzioni parziali). Proporrà un concordato minore presso l’OCC indicato dal Tribunale, allegando un piano di ristrutturazione (eventualmente attestato). Se i creditori (banche e fornitori) accettano almeno il 50% del debito, il piano viene omologato e il Dr. Bianchi continua a lavorare, pagando i debiti pianificati. Al termine (circa 4 anni) otterrà l’esdebitazione dei residui.

Caso 2Società S.r.l. odontoiatrica in crisi: la S.r.l. “Dentisti Associati” ha accumulato 500.000 € di debiti (banche e Erario) con fatturato in forte calo. Il socio unico decide di proporre un concordato preventivo in continuità. Prepara un piano pluriennale in cui parte del debito bancario viene rinegoziato (ridotto del 20%) e le tasse rateizzate per 5 anni. Convoca l’assemblea di creditori: serve il voto favorevole di almeno la metà del credito complessivo (aggiornato al 50% dal Codice). Se l’accordo ottiene i voti e il tribunale lo omologa, la società paga secondo il piano e può continuare l’attività; in caso contrario, si valuta la liquidazione.

Caso 3Dentista con debiti misti privati e d’impresa: la Dott.ssa Verdi aveva partita IVA che poi ha cancellato, ma rimangono 100.000 € di debiti residui (mutuo, finanziamenti aziendali e debiti fiscali). Qui occorre distinguere: i debiti “da impresa” potrebbero rendere inammissibile il piano consumatore. Se prevalgono (o sussistono) debiti professionali, la chiusura formale dello studio non impedisce al giudice di rilevare che quei debiti erano di natura professionale. In tal caso Verdi dovrà usare il concordato minore (alla luce della giurisprudenza, per accedere al piano consumatore è richiesto che gli impegni siano “esclusivamente per fini estranei all’attività”). Se invece la quota di debiti aziendali è molto bassa rispetto a quelli privati, potrebbe tentare il piano del consumatore escludendo esplicitamente gli impegni precedenti di natura professionale, e dimostrando che ha cessato l’attività per motivi contingenti (cartella usura oppure crisi Settore). In entrambi i casi è indispensabile presentare la documentazione completa dei redditi familiari e degli oneri patrimoniali per ottenere meritevolezza e convenienza.

7. Conclusioni e consigli operativi

Affrontare lo stato di crisi di uno studio dentistico richiede un’analisi tecnica multidisciplinare. In breve:

  • Rivolgersi a professionisti esperti: un avvocato specializzato in insolvenza e un commercialista familiarizzato con le procedure di crisi sono imprescindibili. Essi aiuteranno a scegliere il percorso giusto (concordato, piano consumatore, ecc.) e a redigere i documenti (piano, relazione di merito, stato patrimoniale, budget).
  • Valutare preventivamente trattative extragiudiziali: contattare banche e Agenzia Entrate per definizioni agevolate può ridurre l’esposizione e aumentare la probabilità di successo del piano. Nel frattempo, chiudere la partita IVA (se lavoratore autonomo) per cessazione d’azienda può evitare future contestazioni sulla qualifica di consumatore.
  • Preparazione del piano: occorre dettagliare crediti e debiti aggiornati, proporre soluzioni realistiche di pagamento e spiegare le cause della crisi. Bisogna dimostrare la convenienza per i creditori (minore soddisfazione rispetto alla liquidazione ordinaria). Includere sempre l’intero fabbisogno necessario (es. saldo tributi con penali, spese di custodia) per evitare che l’ansia di ottenere una percentuale alta di soddisfazione indurrà a sottostimare i debiti.
  • Tempismo e correttezza: la domanda di sovraindebitamento deve essere depositata al tribunale del luogo di residenza/residenza fiscale e l’OCC competente entro il più breve tempo possibile. Tutti i conti devono essere chiari (nessun segreto). Eventuali atti compiuti in frode (vendite a prezzi stracciati, intestazioni fittizie) prima del deposito possono vanificare la procedura.
  • Rispetto delle scadenze post-omologa: una volta omologato il piano o conclusa la procedura, è essenziale attenersi a quanto stabilito (pagamenti tempestivi, presentazione rendiconti, ecc.). Il fallimento del piano espone al rigetto dell’esdebitazione e allo scioglimento della persona morale (se s.r.l.). L’esdebitazione finale (cancellazione dei debiti residui) matura dopo 3‑4 anni dalla chiusura della procedura e in ogni caso richiede assenza di comportamenti colposi.

Concludendo, uno studio dentistico indebitato ha a disposizione diversi strumenti di diritto concorsuale e del sovraindebitamento per tentare il risanamento. La scelta ottimale dipende dalla natura giuridica del debitore e dalla composizione del debito. Le sentenze più aggiornate ribadiscono la flessibilità delle procedure (ad es. sul termine di moratoria) e il principio di conservazione dell’impresa quando possibile. Pianificare correttamente e agire da subito può consentire al professionista o imprenditore di superare la crisi senza uscirne annientati finanziariamente, proteggendo al meglio i propri interessi e quelli della famiglia.

Fonti e sentenze

  • Normativa: D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in vigore); D.Lgs. 83/2023 e D.Lgs. 136/2024 (correttivi al Codice); Legge 3/2012 (composizione delle crisi da sovraindebitamento, come modificata).
  • Giurisprudenza: Tribunale di Pesaro, 18 lug. 2024 – “Ristrutturazione del consumatore non pretende universalità dei beni”; Corte di Cassazione Civile, sez. I, 11 apr. 2025, n. 9549 – interpretazione art. 8, c.4 L.3/2012 su moratoria e creditori privilegiati; Corte di Cassazione Civile, sez. I, 23 dic. 2024, n. 34150 – ammissibilità di moratoria ultrannuale purché garantito voto creditori privilegiati; Corte di Cassazione Civile, sez. I, 21 feb. 2024, n. 4622 – chiarisce che il termine di 1 anno per i crediti prelatizi nel piano del consumatore non è inderogabile; Cass. civ., 10 dic. 2024, n. 5157 – legittimazione a reclamo nel piano consumatore (ma non citato direttamente); Tribunale di Mantova, 2021 – massima su moratoria nel sovraindebitamento.

Studio dentistico con troppi debiti? Ecco come affrontare la crisi e tutelare la tua attività

Gestire uno studio dentistico oggi è sempre più complesso: calo dei pazienti, costi fissi elevati, investimenti in tecnologie, pressione fiscale.
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