Hai ricevuto un accertamento fiscale, una cartella esattoriale o un altro atto dell’Agenzia delle Entrate e stai pensando di fare ricorso? Ma ti chiedi: chi può assistermi davanti al giudice tributario? Serve per forza un avvocato? O posso farmi rappresentare da un altro professionista?
Nel contenzioso tributario, scegliere il giusto difensore è fondamentale: non solo per motivi formali, ma per costruire una strategia efficace e non compromettere il tuo diritto di difesa.
Chi può fare il difensore tributario secondo la legge?
L’art. 12 del D.lgs. 546/1992 elenca in modo preciso i soggetti che possono assumere la difesa tecnica nel processo tributario. Oltre alla parte stessa (in alcuni casi), possono agire come difensori:
– Avvocati regolarmente iscritti all’albo
– Commercialisti ed esperti contabili
– Consulenti del lavoro
– Altri soggetti abilitati da norme speciali (es. CAF, patronati – in casi limitati)
Attenzione: questi professionisti devono essere iscritti in appositi elenchi tenuti presso le Commissioni tributarie e in possesso dei requisiti richiesti dalla legge.
In quali casi puoi difenderti da solo?
Nel processo tributario di primo grado, puoi difenderti personalmente solo se il valore della controversia (esclusi interessi e sanzioni) non supera i 3.000 euro. Oltre tale soglia, la legge impone l’assistenza tecnica obbligatoria.
Perché è importante scegliere un difensore esperto in materia tributaria?
Il diritto tributario è un settore tecnico e in continua evoluzione. Un difensore non specializzato rischia di commettere errori o di non valorizzare aspetti fondamentali, come:
– Vizi formali dell’atto impugnato
– Eccezioni procedurali
– Interpretazioni normative favorevoli
– Giurisprudenza aggiornata a tuo favore
Inoltre, la difesa in giudizio è solo una parte: spesso è altrettanto importante gestire il precontenzioso, valutare alternative come l’autotutela o la conciliazione, oppure scegliere il momento giusto per pagare con sconti sulle sanzioni.
Come ti aiutiamo noi dello Studio Monardo?
Siamo avvocati con consolidata esperienza nel contenzioso tributario. Valutiamo gratuitamente l’atto che hai ricevuto, ti diciamo se è impugnabile, e ti assistiamo con precisione in ogni fase: dal ricorso al giudizio, fino all’eventuale appello.
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Introduzione
Nel processo tributario italiano – ossia il procedimento con cui il contribuente può impugnare atti impositivi o della riscossione davanti al giudice tributario – è fondamentale comprendere chi è abilitato a svolgere il ruolo di difensore tributario. La normativa vigente prevede che, oltre determinati limiti di valore, il contribuente (in questo contesto spesso un debitore verso l’erario) deve farsi assistere da un difensore abilitato, ossia da un professionista appartenente a specifiche categorie previste dalla legge. Tale requisito garantisce che il contribuente sia adeguatamente rappresentato da soggetti qualificati, data la complessità tecnica delle controversie tributarie.
Al contempo, l’ordinamento italiano offre una platea ampia e variegata di possibili difensori tributari, non limitata ai soli avvocati: nel processo tributario possono infatti patrocinare anche dottori commercialisti, esperti contabili, consulenti del lavoro, nonché altre figure professionali o persino non professionali purché rientranti nei requisiti di legge. Questa peculiarità – frutto della normativa storica e delle recenti riforme fino al 2025 – distingue il processo tributario dagli altri processi, dove in genere la difesa tecnica è riservata quasi esclusivamente agli avvocati.
1. Quadro normativo: assistenza tecnica nel processo tributario
1.1 L’obbligo di assistenza tecnica e il valore della controversia
Il principio cardine in tema di difesa nel processo tributario è stabilito dall’art. 12 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Codice del processo tributario). Tale norma dispone, in estrema sintesi, che il contribuente (parte privata) debba stare in giudizio con l’assistenza di un difensore abilitato, salvo che la controversia abbia un valore inferiore o uguale a una certa soglia, entro cui è ammessa la difesa personale. Questo istituto è noto come assistenza tecnica obbligatoria.
- Soglia di valore per la difesa personale: Attualmente (dal 2015) la soglia è fissata in € 3.000 di valore della lite. Ciò significa che per controversie tributarie di valore fino a 3.000 euro, il contribuente può stare in giudizio da solo, senza assistenza tecnica; per controversie di importo superiore a €3.000, invece, deve necessariamente nominare un difensore abilitato e farsi rappresentare da quest’ultimo in giudizio. Prima della riforma del 2015 (D.Lgs. 156/2015), il limite era più basso (circa €2.582,28, corrispondenti al vecchio importo in lire), poi aggiornato per semplificare l’accesso alla giustizia tributaria nelle liti minori. La Legge di riforma 31 agosto 2022 n. 130 ha confermato tale soglia di €3.000, mantenendo dunque l’obbligo di difesa tecnica per le liti di valore maggiore.
- Calcolo del valore: il valore della controversia, ai fini dell’obbligo di difensore, si determina in base all’importo del tributo (al netto di interessi e sanzioni) contestato con l’atto impugnato, ovvero – in caso di sole sanzioni – dall’importo della sanzione. Se sono impugnati più atti con un unico ricorso, si guarda in genere alla somma delle pretese tributarie in contestazione. È importante valutare correttamente il valore: un errore nel ritenere la lite sotto soglia quando invece eccede €3.000 può portare a inammissibilità del ricorso (se presentato senza difensore).
- Difesa personale entro soglia: Quando la causa rientra entro €3.000, il contribuente può firmare e presentare personalmente il ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria (nuova denominazione delle Commissioni Tributarie dal 2022). In tal caso assume in proprio la veste di difensore di sé stesso. Ciò non toglie che anche nelle liti minori il contribuente possa comunque scegliere di farsi assistere da un difensore: l’assistenza tecnica non è obbligatoria sotto soglia, ma è sempre ammessa. Molti contribuenti, pur potendo agire da soli, preferiscono nominare un professionista per sicurezza e per la complessità delle norme tributarie.
- Sanzione di inammissibilità e rimedi: Se una causa di valore superiore a €3.000 viene instaurata senza difensore, il vizio comporta (in difetto di rimedi) l’inammissibilità del ricorso. Tuttavia, la legge prevede un meccanismo di salvaguardia: il presidente della sezione tributaria adita deve ordinare alla parte di munirsi di difensore entro un termine, prima di dichiarare il ricorso inammissibile. Questo indirizzo deriva dall’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 12 D.Lgs. 546/92 fornita dalla Corte Costituzionale (sent. n. 189/2000) e dalle Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 22601/2004). In pratica, il giudice tributario, rilevato che il contribuente ha presentato ricorso da solo pur essendo la lite sopra soglia, non dovrebbe immediatamente chiudere il caso, bensì invitarlo a regolarizzare la difesa tecnica nominando un professionista entro un certo termine. Solo se il contribuente non ottempera all’ordine, il ricorso verrà dichiarato inammissibile in via definitiva. Questo meccanismo tutela il diritto di difesa, evitando che un errore iniziale precluda l’accesso alla giustizia tributaria.
- Procura già conferita ma difensore non firma: Diverso è invece il caso (più raro) in cui il contribuente ha nominato un difensore, conferendogli regolare procura, ma poi il ricorso venga sottoscritto dal contribuente medesimo anziché dal difensore. In tal caso, come chiarito dalla giurisprudenza, il contribuente avendo delegato i propri poteri processuali al difensore non può più attivarsi personalmente – la sua firma non “salva” il ricorso, che risulterà inammissibile perché mancante della sottoscrizione da parte del soggetto legittimato (il difensore delegato). Non è possibile sanare questa situazione, perché la presenza della procura rende ormai indispensabile la firma del difensore (la parte ha perso la capacità di agire da sola conferendo il mandato). Pertanto, se il difensore nominato omette di firmare l’atto introduttivo, il ricorso è irrimediabilmente inammissibile – non potendo il contribuente rimediare con la propria sottoscrizione, né essendovi spazio per un ordine di integrazione (giacché la nomina del difensore è già avvenuta). Questo scenario sottolinea l’importanza di conferire la procura e far sottoscrivere l’atto correttamente al difensore sin dall’inizio.
Tabella 1 – Assistenza tecnica obbligatoria in base al valore della lite
Valore della controversia (imposta accertata o sanzione) | Difesa tecnica necessaria? | Riferimento normativo |
---|---|---|
Fino a € 3.000 | NO, il contribuente può stare in giudizio personalmente (difesa “pro se”). Facoltativo avvalersi di difensore. | Art. 12, c.2, D.Lgs. 546/1992 (mod. D.Lgs. 156/2015) |
Oltre € 3.000 | SÌ, è obbligatoria l’assistenza di un difensore abilitato. Il ricorso va sottoscritto dal difensore munito di procura, pena l’inammissibilità (salvo ordine di integrazione). | Art. 12, c.2 e c.5, D.Lgs. 546/1992 |
Nota: Il valore della lite è di regola indicato nell’atto introduttivo. Se vi è incertezza sul calcolo (ad esempio in caso di atti con più annualità o più tributi), è prudente interpretare in senso cautelativo il superamento della soglia e munirsi comunque di difensore, oppure chiedere al giudice di valore di disporre chiarimenti prima di incorrere in decadenze.
1.2 Eccezioni: chi può agire senza difensore oltre la soglia?
In linea generale, solo il contribuente persona fisica (o i legali rappresentanti di società e enti) può beneficiare della facoltà di stare in giudizio personalmente nelle liti minori. Non è invece ammesso che il contribuente delegi una persona non abilitata a rappresentarlo: ad esempio, non è consentito far presentare ricorso a un familiare o conoscente che non rientri nelle categorie dei difensori abilitati (se il valore supera €3.000). L’eventuale atto presentato da un soggetto non legittimato non avrebbe efficacia. L’unica “eccezione” è il caso in cui un soggetto autorizzato dalla legge rappresenti formalmente la parte senza essere un professionista esterno: come vedremo, un dipendente qualificato di una società può patrocinare la società stessa (pur non essendo avvocato), rientrando ciò tra le ipotesi espressamente previste di difesa tecnica interna (si tratta comunque di un difensore abilitato a norma di legge, ancorché non iscritto a un Albo professionale).
Un’altra eccezione riguarda la fase di mediazione/reclamo tributario: per alcune controversie di valore fino a €50.000 è stata introdotta in passato una fase amministrativa obbligatoria di reclamo-mediazione (art. 17-bis D.Lgs. 546/92, da ultimo modificato). In tale sede il contribuente può presentare l’istanza di reclamo anche personalmente, senza formalità da processo, trattandosi di un procedimento amministrativo pre-giudiziale. Tuttavia, qualora la mediazione non abbia esito e si passi al ricorso in Commissione/Corte tributaria, valgono le regole ordinarie sull’assistenza tecnica. Attenzione: la legge 130/2022 ha in parte modificato l’istituto del reclamo, ma ha confermato la soglia di €50.000 per l’applicazione e la possibilità di presentare il reclamo personalmente; oltre tale importo il ricorso va notificato direttamente senza mediazione (e con difensore se sopra €3.000).
Infine, è opportuno precisare che gli enti impositori e la stessa Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) in giudizio non necessitano di difensore esterno secondo la legge: possono stare in giudizio tramite propri funzionari delegati (vedi §3.7). Questo però riguarda la parte pubblica e non il contribuente; è menzionato qui perché talvolta il contribuente si chiede come mai l’ufficio si presenti in Commissione con un proprio funzionario non avvocato. La risposta è che la legge lo consente per simmetria e per non gravare gli enti pubblici di costi legali, benché – come vedremo – vi siano stati dibattiti e pronunce giurisprudenziali sulle modalità di tale rappresentanza.
2. Categorie dei difensori tributari abilitati
Passiamo ora al quesito centrale: chi può fare il difensore tributario ovvero quali soggetti sono abilitati dalla legge a rappresentare e difendere il contribuente dinanzi alle Corti di Giustizia Tributaria (giudice di primo e secondo grado in materia tributaria). L’art. 12 del D.Lgs. 546/1992 elenca in maniera tassativa le categorie di soggetti che possono assumere la difesa tecnica del contribuente. Si tratta di un elenco eterogeneo, frutto di stratificazioni normative: accanto alle professioni ordinistiche (avvocati, commercialisti, ecc.) figurano anche altri soggetti (ad es. dipendenti di imprese o ex funzionari fiscali) purché dotati di specifiche abilitazioni.
Possiamo distinguere le categorie in quattro gruppi principali, per chiarezza espositiva:
- Professionisti con abilitazione generale: sono quelle figure professionali che, per il solo fatto di essere iscritte nel rispettivo Albo o Ordine professionale (a seguito di una abilitazione statale), possono difendere i contribuenti in ogni tipo di controversia tributaria. In questa categoria rientrano: gli avvocati, i dottori commercialisti ed esperti contabili, e i consulenti del lavoro. La legge riconosce a costoro una competenza generale in materia tributaria (anche se, come è intuibile, ciascuno avrà le proprie aree di specializzazione: ad es., l’avvocato è di solito esperto di diritto processuale, il commercialista di contabilità fiscale, ecc.).
- Professionisti con abilitazione “per materia”: sono professionisti iscritti ai rispettivi Albi tecnici (ingegneri, architetti, geometri, periti industriali, dottori agronomi e forestali, agrotecnici, periti agrari) ai quali è consentito patrocinare solo in relazione a specifiche materie di competenza tecnica. Ad esempio, un ingegnere o un architetto potrà difendere il contribuente in controversie riguardanti questioni catastali o estimative (classamento di immobili, rendite catastali, imposte comunali sugli immobili, ecc.), poiché rientranti nelle sue competenze tecniche; un dottore agronomo o un perito agrario potrà patrocinare controversie relative a tributi agricoli o questioni tecnico-agrarie (es. imposte sui redditi agrari); un geometra o un perito industriale edile potrà difendere in tema di rendite catastali, misurazioni di terreni, ecc. Queste figure non possono in generale difendere al di fuori del campo specialistico per cui sono abilitate: la loro legittimazione nel processo tributario è limitata “alle materie di rispettiva competenza” (come recita la norma). Pertanto, ad esempio, un ingegnere non è abilitato a patrocinare un ricorso in materia di IVA o IRPEF che non coinvolga questioni tecniche edilizie, mentre potrà ben rappresentare un contribuente in una causa sull’attribuzione di categoria catastale a un fabbricato.
- Difensori “non professionisti” abilitati di diritto (senza Albo): la legge – per ragioni storiche di transizione – riconosce che alcuni soggetti non iscritti ad Albi professionali possano esercitare la difesa tecnica tributaria, purché abbiano determinati requisiti ed erano inseriti in appositi elenchi alla data di entrata in vigore della riforma del 1992. In particolare, l’art. 12 elenca alle lettere e), f) e g) tre categorie: i periti ed esperti tributari iscritti al 30 settembre 1993 nei ruoli delle Camere di Commercio, i funzionari di associazioni di categoria iscritti al 15 gennaio 1993 negli elenchi tenuti dalle Intendenze di Finanza, e i dipendenti di associazioni rappresentate nel CNEL nonché i dipendenti di imprese, limitatamente alle controversie riguardanti rispettivamente gli associati o l’azienda di appartenenza. Si tratta, rispettivamente, di: (e) ex “tribuaristi” o consulenti fiscali privi di Albo, che all’epoca erano iscritti come Periti ed Esperti presso la CCIAA nella sub-categoria tributaria; (f) funzionari di organizzazioni di categoria (es. associazioni di imprese, sindacati, ecc.) che erano inclusi in speciali elenchi predisposti dall’Amministrazione finanziaria; (g) dipendenti di associazioni di categoria riconosciute nel CNEL (come Confcommercio, Confindustria, CNA, ecc.) o dipendenti della stessa impresa contribuente, che possano difendere rispettivamente gli associati o l’azienda per cui lavorano. Queste figure sono abilitate ope legis alla difesa tributaria solo se già in possesso di tale qualifica prima della riforma (1993). In altre parole, non è più possibile oggi per un nuovo soggetto diventare difensore tributario tramite questi canali, poiché gli elenchi camerali o presso le intendenze non esistono più. Chi però era già iscritto a suo tempo, mantiene il diritto di patrocinio. Ad esempio, un tributarista che risulti iscritto dal 1992 come “perito tributario” presso la Camera di Commercio, può tuttora difendere contribuenti in Commissione Tributaria, pur non essendo né avvocato né commercialista, in virtù della lettera e) dell’art. 12. Analogamente, un funzionario di un’associazione di categoria che era riconosciuto come difensore fiscale all’epoca, può continuare a patrocinare per gli associati della sua associazione (lett. f), e una società può farsi difendere da un proprio dipendente laureato (in giurisprudenza o economia) se questo era già autorizzato come tale entro il 1993 (lett. g). Come vedremo, però, la disciplina si è evoluta per consentire anche nuove abilitazioni “amministrative” per queste figure.
- Difensori non professionisti abilitati su istanza (autorizzati MEF): l’ultima categoria include soggetti che, pur non appartenendo ad un ordine professionale, possono essere abilitati alla difesa tributaria tramite un provvedimento amministrativo del Ministero dell’Economia e Finanze. In particolare, fanno parte di questo gruppo gli ex dipendenti dell’Amministrazione finanziaria e degli enti impositori (es. ex funzionari dell’Agenzia delle Entrate, dell’ex Agenzia delle Entrate Riscossione, ufficiali della Guardia di Finanza in congedo, ex funzionari di Comuni in materia di tributi locali, etc.). La norma base di riferimento è l’art. 63 del DPR 29 settembre 1973 n. 600, che già prima della riforma processuale prevedeva la possibilità per alcuni ex funzionari di ottenere un’abilitazione a difendere contribuenti (con alcune limitazioni, ad esempio non poter patrocinare cause contro l’amministrazione da cui provenivano per un certo periodo). Tali soggetti oggi sono espressamente richiamati – alla lettera h) dell’art. 12 D.Lgs. 546/92 (come modificato) – e la loro abilitazione è subordinata ad una specifica iscrizione in un elenco tenuto dal MEF. In concreto, un ex funzionario delle imposte che voglia esercitare la professione di difensore tributario deve presentare domanda alla Direzione della Giustizia Tributaria (DGT) del MEF, che verifica i requisiti e procede all’abilitazione iscrivendolo nell’apposito registro. Dal 1° aprile 2020 è operativo l’Elenco Unico nazionale dei difensori tributari abilitati per queste figure, istituito con il DM Economia 5 agosto 2019 n. 106. Tale elenco, suddiviso in sezioni corrispondenti alle lettere d), e), f), g), h) dell’art. 12 c.3, è consultabile online e contiene i nominativi di tutti coloro che non essendo iscritti a un Albo professionale hanno ottenuto l’abilitazione come difensori tributari. Come evidenzia il Ministero, non si tratta di un nuovo Albo professionale, bensì di un registro amministrativo di legittimazione: i professionisti iscritti ad Ordini (avvocati, commercialisti, ecc.) non hanno bisogno di comparire in tale elenco, mentre gli altri soggetti (ex funzionari, ecc.) devono esservi iscritti per poter patrocinare.
- Nuove categorie introdotte dal 2020: i dipendenti dei CAF. Un’importante novità degli ultimi anni (introdotta dal DM 106/2019 e recepita nel nuovo art. 12) è l’estensione della difesa tecnica anche ai dipendenti dei Centri di Assistenza Fiscale (CAF) e delle relative società di servizi, con riferimento alle controversie riguardanti i contribuenti assistiti dal CAF stesso. In pratica, se un CAF ha curato dichiarazioni o adempimenti per un contribuente (ad esempio la dichiarazione dei redditi) e da ciò sorge una controversia (un avviso di accertamento, una sanzione, ecc.), il CAF può affidare la difesa non più necessariamente ad un avvocato o commercialista esterno, ma anche ad un proprio dipendente interno, purché dotato di adeguato titolo di studio. I requisiti richiesti sono: laurea magistrale in Giurisprudenza o in Economia e Commercio (o titolo equipollente), oppure in alternativa diploma di Ragioneria con abilitazione da commercialista (ragioniere commercialista). Questa figura rientra concettualmente tra i difensori non iscritti ad Albo, autorizzati in virtù del DM 2019, e di fatto rappresenta un’ulteriore sezione dell’elenco MEF. Il campo di azione è limitato: il dipendente CAF può difendere solo su controversie scaturite dagli adempimenti per cui il CAF ha prestato assistenza e solo gli utenti di quel CAF. Ad esempio, se un CAF ha predisposto il 730 di un contribuente e l’Agenzia delle Entrate rettifica quel 730, il dipendente del CAF potrà patrocinare il ricorso relativo a tale accertamento; non potrà invece assumere difese al di fuori di questo ambito. L’introduzione di questa figura è stata vista come un “colpo per l’Avvocatura” da parte delle associazioni forensi, in quanto amplia la platea dei difensori “laici” a discapito del monopolio degli avvocati. Dal punto di vista del contribuente-debitore, può rappresentare un’opportunità in più: ad esempio, per questioni semplici legate alla dichiarazione dei redditi, potrebbe farsi seguire direttamente dal CAF di fiducia (che conosce già la sua posizione) anziché dover cercare un legale esterno.
Abbiamo dunque tracciato un quadro delle categorie ammesse. Nei prossimi sottoparagrafi approfondiremo ciascuna di esse, evidenziando i requisiti professionali e deontologici richiesti, le limitazioni eventualmente previste e come operano in concreto nel processo, in modo da fornire un vero vademecum su chi può efficacemente svolgere il ruolo di difensore tributario. Si tenga presente che tutte queste figure, se ammesse a patrocinare, hanno pari dignità processuale – nel senso che gli atti da loro compiuti (ricorsi, memorie, istanze) sono giuridicamente validi al pari di quelli redatti da un avvocato, purché la persona rientri tra i soggetti abilitati ex lege. Naturalmente, competenza ed esperienza possono variare molto: un aspetto di cui il contribuente dovrebbe tenere conto nella scelta.
2.1 Avvocati iscritti all’Albo (Patrocinio legale)
La prima categoria di difensori tributari non può che essere quella degli Avvocati. L’art. 12 del D.Lgs. 546/92 include esplicitamente, tra i soggetti abilitati all’assistenza tecnica, gli avvocati iscritti all’Ordine forense (Albo degli Avvocati). Questa è la figura “naturale” del difensore in giudizio, comune a tutti i processi.
- Requisiti professionali: Deve trattarsi di un avvocato abilitato all’esercizio della professione e regolarmente iscritto ad un Consiglio dell’Ordine degli Avvocati in Italia. Per essere avvocato occorre la laurea in Giurisprudenza, aver svolto la pratica forense ed aver superato l’esame di Stato, con successivo giuramento e iscrizione all’Albo (art. 2 R.D.L. 27/11/1933 n. 1578 e L. 247/2012, nuova disciplina forense). L’avvocato può esercitare su tutto il territorio nazionale (previa eventuale iscrizione in elenchi per esercizio fuori distretto, oggi semplificati dal regime di domicilio digitale). Nel processo tributario, l’avvocato è abilitato a difendere senza bisogno di ulteriori autorizzazioni: l’iscrizione all’Albo costituisce di per sé titolo sufficiente. Non occorre quindi alcuna iscrizione nel registro speciale dei difensori tributari tenuto dal MEF (riservato ai non avvocati).
- Ambito di competenza: l’avvocato può patrocinare in qualsiasi materia tributaria, senza limitazioni, dinanzi a tutte le Corti di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado. Che si tratti di impugnare un avviso di accertamento IRPEF, una cartella esattoriale, un provvedimento catastale o un diniego di rimborso IVA, l’avvocato è legittimato a rappresentare il contribuente. Non vi è un ambito riservato o precluso agli avvocati nell’assistenza tecnica tributaria – anzi, tradizionalmente le questioni procedurali e processuali che sorgono nel contenzioso tributario trovano negli avvocati i professionisti più versati, data la loro formazione giuridico-processuale.
- Deontologia e formazione continua: Gli avvocati sono soggetti al Codice Deontologico Forense e alla vigilanza disciplinare del Consiglio dell’Ordine. Quindi, anche quando agiscono come difensori tributari, devono rispettare principi quali indipendenza, lealtà, segreto professionale, divieto di conflitti di interesse, etc. (principi che come vedremo sono stati estesi a tutti i difensori tributari). Sono inoltre tenuti alla formazione professionale continua: per il triennio formativo forense devono conseguire un certo numero di crediti formativi annuali in materie giuridiche (tra cui rientra anche il diritto tributario). Questo garantisce un costante aggiornamento su norme e giurisprudenza.
- Patrocinio a spese dello Stato: L’avvocato è, ad oggi, il profilo più comune per l’ammissione al gratuito patrocinio. Nel processo tributario è prevista la possibilità per i contribuenti non abbienti di ottenere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato (DPR 115/2002, art. 119 e segg., applicabile anche alle giurisdizioni civili e tributarie). In tal caso verrà nominato un difensore d’ufficio tra quelli iscritti negli elenchi per il gratuito patrocinio (generalmente avvocati) e i suoi onorari saranno liquidati dallo Stato. La normativa contempla anche la figura del difensore non avvocato nel patrocinio a spese dello Stato in ambito tributario, prevedendo che, poiché nel processo tributario i difensori possono anche essere commercialisti, consulenti del lavoro, ecc., le relative prestazioni se rese in gratuito patrocinio vengano compensate secondo i parametri forensi equivalenti (ad esempio, il D.P.R. 115/2002 art. 141 specifica che agli esperti contabili/ragionieri spetti il compenso secondo la tariffa prevista per i ragionieri). Tuttavia, nella pratica forense, quasi tutti i difensori d’ufficio nel tributario sono avvocati, essendo gli altri professionisti di rado iscritti nelle liste del gratuito patrocinio.
- Particolarità – Avvocati “stabiliti” e avvocati UE: Un cenno particolare merita il caso degli avvocati di altri Paesi UE che esercitino in Italia. Un avvocato stabilito in Italia (iscritto nella sezione speciale con il titolo straniero, ex D.Lgs. 96/2001) oppure un avvocato straniero autorizzato a patrocinare occasionalmente in Italia può in teoria assistere un contribuente nel processo tributario, purché segua le norme italiane e, se del caso, agisca con un avvocato domiciliatario. Queste ipotesi sono rare ma possibili (ad esempio, un avvocato tedesco che assiste un cittadino tedesco in una causa fiscale in Italia, potrebbe farlo avvalendosi della direttiva UE che consente il patrocinio transfrontaliero). In ogni caso, deve trattarsi di professionisti abilitati come avvocati nel loro ordinamento d’origine e riconosciuti in Italia secondo le procedure previste.
In sintesi, l’avvocato è sempre una scelta sicura per la difesa tributaria, in quanto perfettamente legittimato e formato giuridicamente. Dal punto di vista del contribuente, un avvocato tributarista potrà mettere a disposizione la sua conoscenza del diritto processuale e costituzionale, ed ha il vantaggio di poter seguire il caso eventualmente fino in Cassazione (purché avvocato abilitato alle giurisdizioni superiori, come si dirà in §2.6). Di contro, gli avvocati potrebbero avere meno dimestichezza con la contabilità e la materia fiscale sostanziale rispetto ad un commercialista: per questo spesso avvocato e commercialista collaborano nella difesa (ad esempio, il commercialista cura gli aspetti tecnici-contabili come perizie o ricostruzioni, mentre l’avvocato imposta le strategie processuali). Nulla vieta infatti che il contribuente nomini due difensori congiunti, ad esempio un avvocato e un commercialista: entrambi avranno potere di firma e rappresentanza (basterà conferire la procura a entrambi). Questa difesa collegiale è spesso consigliabile nei casi complessi, e rientra appieno nelle facoltà concesse dall’ordinamento.
2.2 Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili
La seconda categoria fondamentale di difensori tributari è quella dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, ossia gli iscritti all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (ODCEC). Si tratta dei professionisti abilitati tradizionalmente alla consulenza fiscale, societaria e contabile, eredi delle figure dei “ragionieri commercialisti” e “dottori commercialisti” poi unificate.
- Requisiti professionali: Il Dottore Commercialista (sezione A dell’Albo) e l’Esperto Contabile (sezione B dell’Albo) conseguono l’abilitazione tramite laurea (magistrale per i dottori commercialisti, triennale per gli esperti contabili), tirocinio ed esame di Stato. Devono poi essere iscritti all’Ordine professionale territoriale. L’art. 12 D.Lgs. 546/92 li annovera espressamente tra i difensori tecnici tributari fin dal 1992. In origine la norma citava i “dottori commercialisti” e i “ragionieri” separatamente; dopo la riforma ordinistica del 2008, si fa riferimento agli iscritti all’Albo unico (comprensivo appunto di commercialisti ed esperti contabili).
- Ambito di competenza: I commercialisti e gli esperti contabili possono difendere i contribuenti in ogni tipo di controversia tributaria, senza limitazioni di materia. Dato il loro background, spesso patrocinano cause inerenti imposte dirette, IVA, fiscalità d’impresa, tributi locali, ecc., dove c’è da esaminare bilanci, calcoli e dichiarazioni. Possono però occuparsi anche di questioni più giuridiche (es. impugnare un diniego di autotutela, eccepire vizi di notifica, ecc.), eventualmente con supporto legale. Non vi sono restrizioni normative sul valore della causa o sul tipo di tributo per cui un commercialista può agire da difensore: la loro legittimazione è generale al pari di quella degli avvocati.
- Particolarità – Ragionieri con diploma: La legge include tra i possibili difensori anche i cosiddetti “ragionieri abilitati” di vecchio ordinamento (oggi assorbiti come “esperti contabili”). Come visto, per i CAF è ammesso addirittura il possesso del solo diploma di ragioneria con abilitazione, ma parliamo comunque di soggetti iscritti all’Albo (sezione B). Di conseguenza, un “ragioniere commercialista” iscritto all’ODCEC è equiparato al commercialista ai fini del patrocinio tributario.
- Deontologia: I commercialisti sono tenuti al rispetto del Codice deontologico dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, adottato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine. Molti principi etici combaciano con quelli forensi: indipendenza, integrità, competenza, riservatezza, divieto di accaparramento clientela, ecc. In caso di violazioni, sono soggetti a procedimenti disciplinari interni. Inoltre, anche per loro vige l’obbligo di formazione continua: devono maturare crediti formativi professionali annuali (ambito tributario, giuridico-economico, ecc.).
- Vantaggi dal punto di vista del contribuente: Il commercialista spesso conosce già la posizione fiscale del contribuente (magari è colui che gli tiene la contabilità o che ha presentato la dichiarazione). Questo rapporto pregresso può rendere più agevole raccogliere i dati e impostare la difesa sui fatti contabili. Ad esempio, se arriva un avviso di accertamento, il commercialista che ha seguito la contabilità saprà immediatamente quali voci sono contestate e potrà predisporre quadri di bilancio a difesa. Dal lato strettamente processuale, il commercialista potrebbe avere meno esperienza dell’avvocato nella redazione di motivi giuridici complessi o nella gestione dell’udienza; tuttavia molti commercialisti sono specializzati in contenzioso tributario e seguono corsi specifici di tecnica processuale tributaria, potendo patrocinare con efficacia pari a un avvocato.
- Collaborazione con avvocati: Nulla vieta, come già accennato, che un contribuente abbia sia un avvocato sia un commercialista come difensori congiunti. Questa soluzione viene talvolta adottata per unire le competenze: il commercialista cura gli aspetti tecnici (per esempio redige una perizia contabile da produrre in giudizio, o verifica il calcolo degli interessi di mora impugnati), mentre l’avvocato affianca per le questioni di diritto (eccezioni procedurali, strategie impugnatorie). In altri casi, il commercialista può agire come consulente di parte fornendo supporto all’avvocato difensore (anche senza comparire formalmente come difensore se non iscritto). Data la complessità delle materie tributarie, un approccio multidisciplinare è spesso preferibile.
- Limiti: Occorre ricordare che **i commercialisti, pur potendo patrocinare nei gradi di merito, non possono patrocinare in Corte di Cassazione. Questo punto cruciale verrà approfondito (vedi §2.6): in sintesi, l’impugnazione delle sentenze tributarie in Cassazione rientra nelle “giurisdizioni superiori” per cui la legge (R.D. 1578/33 e succ. mod.) riserva il patrocinio ai soli avvocati abilitati al patrocinio in Cassazione. Quindi, se un commercialista vince o perde in CTR (Corte di giustizia tributaria di secondo grado) e si tratta di valutare un ricorso in Cassazione, dovrà necessariamente intervenire un avvocato cassazionista a sottoscrivere e seguire il giudizio di legittimità. Il commercialista potrà continuare a collaborare sul contenuto, ma non potrà essere difensore ufficiale in Cassazione. Questa limitazione è bene che il contribuente la conosca: se sceglie solo un commercialista come difensore e la causa dovesse proseguire in Cassazione, si dovrà aggiungere un legale in quella fase (con eventuali costi e necessità di raccordo tra professionisti).
In conclusione, il dottore commercialista/esperto contabile è una figura chiave nella difesa tributaria, particolarmente adatta quando la controversia verte su questioni contabili, fiscali o di bilancio. Dal punto di vista del debitore, farsi assistere dal proprio commercialista di fiducia può offrire un senso di continuità (lo stesso professionista che gestisce la fiscalità ordinaria affronta anche il contenzioso straordinario). La legge riconosce pienamente questa possibilità, equiparando l’autorità del commercialista in aula (nelle Commissioni tributarie) a quella di un avvocato. Non a caso, il processo tributario è l’unico ambito giudiziario in cui co-esiste una “pluriclientela” di professionisti abilitati così ampia.
2.3 Consulenti del Lavoro
Tra i professionisti con abilitazione generale vi sono anche i Consulenti del Lavoro, categoria a volte trascurata nel contenzioso tributario ma espressamente inclusa dalla norma (art. 12, come modificato dal D.Lgs. 156/2015). I consulenti del lavoro, infatti, pur essendo specialisti in diritto del lavoro, previdenza e gestione del personale, possono trovarsi a trattare materie fiscali connesse (es. contributi previdenziali obbligatori assimilati a tributi, sanzioni per ritenute non versate, ecc.). Per tale ragione il legislatore ha ritenuto di ammetterli al patrocinio in sede tributaria.
- Requisiti professionali: Il Consulente del Lavoro è un professionista iscritto all’Ordine dei Consulenti del Lavoro, abilitato mediante esame di Stato (previa laurea triennale o magistrale in materie giuridiche/economiche, o diploma ante riforma più praticantato). Deve essere regolarmente iscritto all’Albo provinciale. Dal 2007 la disciplina dei CDL è nella L. 12/1979 (come novellata dalla L. 27/2006). L’abilitazione alla difesa tributaria è intrinseca alla loro iscrizione: anche per loro vale il principio che non serve ulteriore autorizzazione del MEF (non rientrano tra i non-professionisti). Sono equiparati ai fini del patrocinio a avvocati e commercialisti.
- Ambito di competenza: Formalmente, il consulente del lavoro può patrocinare qualsiasi controversia in commissione/corte tributaria. È però realistico che intervenga soprattutto in cause relative a contributi previdenziali e assistenziali, che, pur essendo decise dal giudice ordinario in genere, talvolta assumono natura tributaria (ad esempio, contributi INPS non versati notificati con avviso di addebito, impugnabile davanti al giudice tributario in quanto assimilato a un tributo). Inoltre può difendere in liti su sanzioni per violazioni in materia di lavoro e fiscale (es. sanzioni per omesse ritenute, o anche questioni di imposte sul lavoro dipendente). Non c’è tuttavia un limite esplicito: un consulente del lavoro potrebbe teoricamente patrocinare anche un ricorso in tema di IVA o altre imposte, sebbene in pratica la sua formazione sia meno focalizzata su tali tributi.
- Deontologia e formazione: I consulenti del lavoro hanno un loro Codice Deontologico e un regime disciplinare curato dai Consigli Provinciali e dal Consiglio Nazionale dell’Ordine. Anche per loro vige l’obbligo di formazione continua (crediti annuali in materie attinenti la professione, che possono includere diritto tributario per la parte relativa ai contribuenti, visto il loro ruolo di sostituti d’imposta per i clienti).
- Limiti pratici: Come per i commercialisti, anche i consulenti del lavoro non possono patrocinare in Cassazione (non essendo avvocati). Quindi il medesimo discorso vale: eventuali ricorsi per Cassazione richiederanno l’intervento di un avvocato cassazionista. Inoltre, c’è da considerare che, al di fuori delle materie lavoro/previdenza, un consulente del lavoro potrebbe trovarsi meno preparato su questioni tributarie complesse (ad esempio su transfer pricing, IVA comunitaria, ecc.). È quindi una figura con un ruolo più settoriale nel panorama della difesa tributaria.
- Esempi d’uso: Un tipico scenario in cui un consulente del lavoro funge da difensore tributario è quando una piccola impresa riceve un avviso di addebito dall’INPS per contributi: trattandosi di atto impugnabile al giudice tributario, l’azienda può rivolgersi al proprio consulente del lavoro (che magari ha curato i cedolini e sa se vi sono errori negli adempimenti) per contestarlo. Oppure in caso di cartelle esattoriali per sanzioni da lavoro nero elevate da Agenzia Entrate o Ispettorato del Lavoro: anche lì il CDL può intervenire. Se però la controversia riguarda ad esempio una questione di diritto societario fiscale, probabilmente un CDL lascerà spazio a commercialisti o avvocati.
In definitiva, i consulenti del lavoro arricchiscono la platea dei difensori tributari principalmente per ambiti di sovrapposizione tra fiscale e lavoro. Dal punto di vista del contribuente, poter essere difeso dal proprio consulente del lavoro è un vantaggio in quelle controversie in cui la materia fiscale si intreccia con buste paga, contributi e diritto del lavoro, perché il consulente conosce bene quel terreno. La legge lo consente espressamente, equiparando il consulente del lavoro agli altri professionisti con abilitazione generale.
2.4 Professionisti tecnici (ingegneri, architetti, geometri, periti agrari, ecc.)
Un aspetto peculiare del processo tributario è la presenza, tra i possibili difensori, di professionisti tecnici iscritti ai rispettivi albi, abilitati però solo in relazione a specifiche materie. Come anticipato, la ratio è permettere che, su questioni fortemente tecniche – quali quelle catastali, estimative o agronomiche – il contribuente possa farsi rappresentare da un tecnico competente in materia, che magari ha curato direttamente gli aspetti tecnici dell’atto impugnato.
L’art. 12 include dunque figure come ingegneri, architetti, geometri, periti industriali, dottori agronomi e forestali, agrotecnici, periti agrari, con il limite del patrocinio circoscritto alle materie di rispettiva competenza.
Ecco alcuni esempi e dettagli:
- Ingegneri e Architetti: Possono difendere cause riguardanti classamenti catastali di immobili, valutazioni di terreni e fabbricati, controversie su imposte comunali sugli immobili (IMU/TASI) qualora vertano su stime o rendite, e in generale questioni tributarie dove è centrale un profilo tecnico-edilizio o urbanistico. Non potrebbero invece, ad esempio, patrocinare un ricorso avverso un avviso di accertamento IRPEF basato su presunzioni bancarie, poiché lì la questione è contabile/giuridica, non tecnica edilizia.
- Geometri e Periti industriali (sezione edilizia): Analogamente agli ingegneri, i geometri – che spesso in pratica eseguono misurazioni catastali – possono rappresentare contribuenti in liti sul classamento di terreni e fabbricati, sul calcolo delle superfici tassabili, ecc. Ad esempio, un geometra che ha redatto perizia per attribuire una rendita catastale a un immobile può essere il difensore nel ricorso contro la rendita attribuita d’ufficio dal Catasto, portando le proprie argomentazioni tecniche. Anche costoro sono limitati alle materie tecniche: non avrebbero titolo per cause su tributi non connessi a terreni/immobili.
- Periti Agrari, Agrotecnici, Dottori Agronomi e Forestali: Queste figure possono difendere in controversie relative ad imposte agricole (come l’IMU agricola, l’estimo dei terreni, oppure vecchie imposte di registro su terreni agricoli), oppure in questioni di agevolazioni fiscali in agricoltura, contributi agricoli unificati, etc., dove la valutazione agronomica è essenziale. Ad esempio, un dottore agronomo potrebbe patrocinare un ricorso sull’assoggettabilità a IMU di un terreno, eccependo che è terreno agricolo condotto da coltivatore diretto (circostanza tecnica).
- Periti industriali (altre specializzazioni): Oltre a quelli edili già menzionati, potrebbero rientrare eventuali periti industriali con competenze specifiche in materie oggetto di tributi (penso raramente, ma ad esempio imposte sull’energia, misurazioni di consumi, ecc.). Tuttavia questi casi sono estremamente marginali.
Requisiti professionali: tutti questi soggetti devono essere iscritti al rispettivo Albo/Collegio professionale (Ordine degli Ingegneri, degli Architetti, Collegio Geometri, Collegio Periti Agrari, ecc.). Anche loro conseguono il titolo tramite esami di Stato e sono soggetti a codici deontologici e formazione continua delle rispettive professioni.
Necessità di abilitazione aggiuntiva? No, trattandosi di professioni ordinistiche, non hanno bisogno di iscriversi nel registro speciale MEF. La loro appartenenza all’Albo vale come titolo abilitante al patrocinio tributario limitato a materia. Nel nuovo Elenco Unico tenuto da DGT non compaiono infatti ingegneri o geometri, perché quell’elenco è dedicato ai non-ordinistici.
Deontologia e doveri: Un ingegnere che difende un contribuente in Commissione Tributaria dovrà rispettare, oltre ai canoni del proprio codice deontologico, anche i principi generali del fair play processuale. In base alle nuove regole, persino i non-avvocati devono ispirarsi ai principi del Codice deontologico forense (come vedremo in §4), quindi anche i tecnici dovranno adottare comportamenti corretti in giudizio.
Vantaggi per il contribuente: in controversie dove l’aspetto tecnico è preponderante, avere come difensore colui che materialmente ha eseguito il rilievo o lo studio tecnico contestato può essere molto utile. Ad esempio, se il Comune ha attribuito una rendita troppo alta a un capannone industriale e un perito industriale aveva redatto una stima diversa, quel perito – se difensore – può efficacemente controbattere in giudizio con cognizione diretta, senza dover “tradurre” le sue conclusioni a un avvocato.
Limiti: d’altra parte, questi professionisti tecnici potrebbero non avere una preparazione approfondita sul diritto tributario processuale. Un ingegnere può eccellere nel discutere metri quadri e zone censuarie, ma potrebbe ignorare termini processuali, notifiche, etc. È dunque raccomandabile (ed avviene spesso) che il tecnico operi in tandem con un avvocato nelle cause di un certo rilievo: il tecnico fornisce la competenza specialistica, l’avvocato si occupa degli aspetti legali. Il tecnico può comparire comunque come co-difensore ufficiale o solo come consulente: in caso compaia come difensore, l’avvocato funge da secondo difensore nominato.
In definitiva, l’ammissione dei professionisti tecnici come difensori tributari arricchisce l’arsenale difensivo del contribuente, garantendo che nessuna materia resti priva di una potenziale difesa specialistica. È però essenziale valutare caso per caso se il tecnico da solo sia sufficiente o se occorra il supporto di una figura giuridica. La norma offre comunque questa flessibilità nell’interesse del contribuente, a condizione che la controversia rientri effettivamente nell’ambito di competenza professionale di quel tecnico. Se il giudice rileva che l’oggetto della causa esula da tale ambito, potrebbe eccepire la carenza di legittimazione del difensore (in pratica, trattare il ricorso come privo di valida difesa tecnica). Tali casi sono rari, ma ad esempio se un geometra presentasse un ricorso sull’IVA di un’azienda commerciale, l’ente resistente potrebbe contestare che il geometra non ha titolo per quel tipo di tributo. In situazioni dubbie, meglio affiancare comunque un difensore generale (avvocato/commercialista).
2.5 Difensori “laureati” interni: dipendenti di imprese e associazioni di categoria
Una caratteristica peculiare del processo tributario italiano, dal punto di vista del debitore-contribuente, è la possibilità di farsi rappresentare non solo da professionisti esterni, ma anche da una persona interna alla propria azienda o ente, purché dotata di determinati requisiti. Questa ipotesi rientra tra quelle previste dall’art. 12, comma 3, lettera g) (dipendenti di imprese e di associazioni di categoria) e arricchita poi dal DM 2019 (dipendenti di CAF).
Vediamo le due situazioni:
- Dipendente dell’impresa contribuente: Un’azienda (società, impresa individuale, ente) parte in una controversia può farsi assistere in giudizio da un proprio dipendente. La legge originariamente lo consentiva solo se il dipendente era già iscritto in appositi elenchi entro il 1993. In pratica, storicamente alcune grandi imprese avevano dei fiscalisti interni che rappresentavano l’azienda in Commissione, iscritti in liste tenute dal Fisco (come previsto dall’abrogato art. 30 DPR 636/1972 e poi confluito nell’art. 12 lett. g). Oggi quei soggetti sono confluiti nel nuovo Elenco Unico MEF e mantengono il diritto di rappresentare la propria impresa. Inoltre, le novità legislative recenti hanno confermato e chiarito questa facoltà: la Legge 130/2022 ha stabilito espressamente che anche le Regioni possono stare in giudizio tramite propri dipendenti qualificati, analogamente a quanto già previsto per Stato, Agenzie ed Enti locali. Per analogia, ciò ribadisce che un’impresa privata può farlo tramite un suo dipendente se in possesso dei requisiti.
- Requisiti per il dipendente difensore: Deve trattarsi di un dipendente (anche con qualifica dirigenziale) che possieda almeno un diploma di laurea in Giurisprudenza o Economia e commercio (o equipollenti). Questa condizione del titolo di studio è stata precisata dal DM 106/2019 e dalla prassi ministeriale, per garantire una preparazione adeguata. Nel caso di CAF, come visto, è ammessa anche l’abilitazione da ragioniere. Per le imprese in generale, la prassi vuole quantomeno la laurea. Inoltre, il dipendente deve essere stabile nell’organico (non un consulente esterno), in modo che rappresenti effettivamente “l’azienda che è parte in causa”.
- Formalità per l’abilitazione: Un dipendente che intenda patrocinare per la propria impresa, se non era già abilitato in passato, deve oggi chiedere l’iscrizione nel registro dei difensori tributari corrispondente (sezione relativa alla lettera g) dell’art. 12). L’istanza va fatta al MEF (Direzione Giustizia Tributaria) allegando documenti che provino il rapporto di dipendenza e il titolo di studio. Una volta ottenuta l’abilitazione (con rilascio di tesserino), potrà sottoscrivere ricorsi e atti per l’azienda. Il DM 106/2019 ha previsto anche una dichiarazione di assenza di incompatibilità che questi soggetti devono rendere. Ad esempio, se un dipendente riveste anche altri ruoli (es. è iscritto a un Albo, o è anche dipendente pubblico altrove), si valuterà la compatibilità.
- Vantaggi: Per un’impresa, specie se grande, poter utilizzare un proprio legale interno o fiscalista interno come difensore può ridurre i costi e assicurare continuità nella gestione del contenzioso. Molte aziende hanno uffici fiscali con professionisti qualificati. Questi soggetti spesso conoscono a fondo la situazione dell’azienda e possono interfacciarsi efficacemente con l’AdE. L’ordinamento tributario consente loro di fare un passo in più: non solo preparare il ricorso, ma firmarlo e discuterlo come difensori. Ciò può essere utile soprattutto per aziende con contenziosi ricorrenti o di massa (si pensi a grandi contribuenti con numerosi accertamenti ripetuti: avere un difensore interno può velocizzare i tempi).
- Limiti e rischi: Dal lato del contribuente, occorre accertarsi che il dipendente prescelto abbia competenze processuali adeguate. Un ottimo fiscalista d’azienda potrebbe non avere esperienza di discussione in udienza o di redazione di motivi di ricorso secondo stile legale. Pertanto, alcune imprese pur potendo far da sé, preferiscono comunque incaricare studi esterni. Inoltre, c’è un tema di responsabilità professionale: il dipendente difensore non risponde come un professionista esterno (la sua eventuale negligenza ricade comunque sull’azienda stessa che ne sopporta le conseguenze). Mentre un avvocato risponde deontologicamente ed è assicurato, un dipendente potrebbe non essere assicurato specificamente per l’attività legale. In pratica, spesso le aziende usano i dipendenti per casi meno complessi o di routine, e ricorrono ad avvocati per cause di particolare importanza o precedenti nuovi.
- Dipendenti di associazioni di categoria (per gli associati): Simile al caso precedente, ma qui la difesa è svolta da un funzionario di un’associazione di categoria (es. associazioni imprenditoriali, di artigiani, agricoltori, commercianti, ecc.) in favore di un associato. Storicamente, alcune organizzazioni (tipo Confartigianato, Coldiretti, CNA) avevano uffici fiscali interni che rappresentavano gli associati nei ricorsi tributari – erano figure quasi paralegali inserite in elenchi riconosciuti. Oggi questi soggetti rientrano nella lettera g) art. 12 e nel relativo elenco. Ad esempio, un funzionario fiscale di Confcommercio può patrocinare il ricorso di un negoziante iscritto a Confcommercio riguardante una tassa locale, se è abilitato a farlo. Anche qui valgono i requisiti di laurea e l’iscrizione al registro. Il DM 2019 ha voluto includere anche i CAF in questa dinamica: i CAF spesso sono emanazione di associazioni (es. CAF Confesercenti, CAF CGIL, ecc.), dunque i loro dipendenti seguono logiche simili, benché il DM li abbia citati espressamente come visto. Il vantaggio per il contribuente associato è che può ricevere tutela dall’organizzazione a cui già si rivolge per assistenza fiscale, magari a costi convenzionati. Il rovescio della medaglia è sempre la valutazione delle competenze: alcune associazioni hanno personale molto preparato, altre meno, quindi l’associato deve ponderare la scelta.
Incompatibilità e deontologia: I difensori “interni” (dipendenti) sono soggetti, dopo l’abilitazione, agli stessi doveri deontologici degli altri. Il comma 4 dell’art. 12 stabilisce che tutti i difensori, anche non iscritti ad Albi, devono rispettare i principi del Codice deontologico forense. Ciò significa, ad esempio, che un dipendente difensore dovrà astenersi dall’assumere una difesa in conflitto di interessi (anche se lavora per quell’azienda, non può compiere atti scorretti verso l’erario come falsificare documenti, ecc.), deve mantenere il segreto sulle informazioni acquisite e via dicendo. Inoltre, il DM 106/2019 prevede che questi difensori interni possano essere sospesi o radiati dal registro se tengono condotte non consone, su segnalazione magari delle Commissioni tributarie o della controparte. Incompatibilità tipiche possono essere: un ex funzionario pubblico non può difendere per un certo periodo contro l’ente da cui proviene (per evitare uso di informazioni privilegiate); un dipendente pubblico in servizio non può fare il difensore se non autorizzato e comunque non per cause contro la P.A.; un dipendente di società potrebbe non poter difendere un’altra società se questo configge col suo lavoro, ecc. La DGT effettua queste valutazioni al momento dell’iscrizione al registro.
Esempio pratico: Alfa S.p.A., grande azienda, riceve 10 avvisi di accertamento IVA identici su varie annualità. La società ha un “Tax Manager” interno laureato in giurisprudenza. Alfa può decidere di far presentare i 10 ricorsi a lui, evitandosi di ingaggiare un avvocato esterno per ogni ricorso. Il Tax Manager, se non l’ha già, ottiene l’abilitazione MEF. Quindi redige i ricorsi e li firma come difensore di Alfa S.p.A., allegando la procura firmata dall’amministratore delegato. Segue il processo depositando memorie e partecipando alle udienze. Essendo un dipendente, conosce bene la documentazione interna e può agevolmente raccogliere le prove (es. fatture, registri IVA). In udienza espone i fatti, lasciando eventualmente le questioni di diritto scritte nelle memorie. Se i ricorsi vengono respinti e Alfa vuole andare in Cassazione, a quel punto il Tax Manager dovrà coinvolgere un avvocato cassazionista, ma fino al secondo grado ha potuto gestire tutto internamente. Questa simulazione mostra come può funzionare la difesa interna.
2.6 Ex funzionari dell’Amministrazione finanziaria (e soggetti assimilati)
Una figura particolare di difensore tributario è l’ex funzionario (o ex dipendente) dell’Amministrazione finanziaria o di altri enti impositori. In parole semplici, si tratta di persone che in passato hanno lavorato per il Fisco – ad esempio ex funzionari dell’Agenzia delle Entrate, ex funzionari delle Dogane, ex militari della Guardia di Finanza – e che, cessato il servizio, mettono la loro esperienza al servizio dei contribuenti come difensori. Già dagli anni ‘70 questa possibilità era prevista (art. 63 DPR 600/73) con l’intento di riassorbire professionalità ed evitare che andassero disperse. Ovviamente ciò ha sempre generato qualche perplessità (ex controllori che diventano difensori dei controllati), ma è consentito dalla legge entro limiti e con controlli.
- Chi rientra in questa categoria: formalmente, la legge parla di “ex dipendenti dell’Amministrazione finanziaria” abilitati dal MEF. Questo include tipicamente: ex funzionari del Ministero delle Finanze (oggi MEF), ex funzionari dell’Agenzia delle Entrate, ex funzionari dell’ex Agenzia delle Entrate-Riscossione (o ex Equitalia), ex funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ex appartenenti alla Guardia di Finanza con ruoli di verifica tributaria, nonché ex dipendenti di qualsiasi ente impositore (es. ex responsabili ufficio tributi di un Comune). Spesso la platea principale è quella di pensionati di tali enti che, terminato il servizio, avviano attività da consulenti/difensori tributari.
- Procedura di abilitazione: Gli ex funzionari non acquisiscono automaticamente il diritto di difesa. Devono fare domanda alla Direzione della Giustizia Tributaria (MEF) per essere iscritti nell’Elenco nazionale difensori tributari (sezione specifica, che nel DM 2019 corrispondeva alle lettere d) o h) a seconda dell’inquadramento normativo). Il DM 5 agosto 2019 n. 106 ha unificato gli elenchi che prima erano tenuti separatamente dal MEF e dalle Direzioni regionali AdE. Entro il 2020 tutti i già abilitati sono confluiti nell’elenco unico. Un ex funzionario che faccia domanda oggi dovrà allegare documenti attestanti il servizio svolto, il cessato servizio e dichiarare di non esercitare attività incompatibili. Ad esempio, se è uscito per pensionamento anticipato, deve dichiarare di non essere comunque più in organico; o se svolge altra attività come commercialista, deve valutare possibili conflitti. Una volta iscritto, riceverà un tesserino di riconoscimento e dovrà dotarsi di PEC e firma digitale come tutti gli altri difensori.
- Limitazioni deontologiche particolari: spesso per gli ex funzionari esiste il divieto di patrocinare cause contro l’ufficio di provenienza per un certo periodo (solitamente 2 anni, secondo norme anticorruzione e contratti PA). Inoltre, se l’ex funzionario aveva ruoli apicali, potrebbero esservi restrizioni su certe materie (per evitare che sfrutti conoscenze interne). Questi aspetti però non sono nel D.Lgs. 546, bensì in norme amministrative o di pubblico impiego. Il DM 2019 richiede comunque una dichiarazione di non trovarsi in casi di incompatibilità. Un esempio: un ex funzionario Entrate che abbia lasciato su provvedimento disciplinare forse non verrebbe abilitato; oppure un ex dirigente che ha firmato gli atti che ora vorrebbe impugnare come difensore di contribuenti, incorrerebbe in conflitto di interessi.
- Ambito di competenza: Una volta abilitati, questi soggetti sono in grado di difendere in qualunque controversia tributaria, al pari di avvocati e commercialisti (non hanno vincoli di materia). Peraltro, la loro esperienza proviene dall’interno dell’amministrazione, quindi conoscono procedure e prassi dell’ufficio impositivo: questo può dare un vantaggio tattico al contribuente che li ingaggia. Spesso sono particolarmente ferrati su temi procedurali e su eccezioni formali (notifiche, motivazioni atti, ecc.) perché è ciò che gestivano nel lavoro pubblico.
- Deontologia e controlli: Come già ripetuto, anche costoro sottoscrivono l’impegno a rispettare il Codice deontologico forense. Inoltre, il D.Lgs. 546/92 (art. 12, comma 4) prevede che possano essere sospesi o radiati dall’elenco se tengono comportamenti scorretti. La vigilanza di fatto è esercitata dalla DGT che può intervenire su segnalazione dei giudici tributari o delle parti. Ad esempio, se un ex funzionario diventato difensore violasse segreti d’ufficio o millantasse ancora poteri pubblici, incorrerebbe in sanzioni (oltre che eventuali penali se viola norme specifiche).
Dal punto di vista del contribuente (debitore), rivolgersi a un ex funzionario del Fisco può essere attraente perché questi conosce “dall’interno” come ragiona l’ente impositore. Ci sono studi professionali composti da ex verificatori che fanno da difensori e spesso pubblicizzano la loro provenienza come sinonimo di conoscenza delle strategie del fisco. Naturalmente, la competenza varia da individuo a individuo: non tutti gli ex funzionari hanno attitudine al contenzioso (magari alcuni erano ottimi accertatori ma non hanno esperienza di redazione ricorsi). Però molti, durante la carriera, hanno seguito anche i contenziosi come rappresentanti dell’ufficio, acquisendo una certa pratica.
Un possibile svantaggio è che questi soggetti, non essendo né avvocati né commercialisti (di solito), operano in un regime “ibrido”: non hanno un Ordine professionale di riferimento. Ciò significa ad esempio che il contribuente che ne usufruisce deve assicurarsi privatamente della loro serietà, perché non c’è un albo che imponga assicurazione professionale o tariffe minime. In caso di negligenza, la tutela del cliente contro il difensore si riduce eventualmente a un’azione risarcitoria in sede civile, ma non c’è deontologia ordinistica che sanzioni l’operato. Il MEF può al più revocare l’abilitazione in casi gravi.
Caso pratico: Luigi è un contribuente che riceve una serie di avvisi di accertamento. Si rivolge allo Studio X, composto da ex funzionari dell’Agenzia delle Entrate. Uno di essi, il dott. Bianchi, già direttore di un ufficio locale, è abilitato come difensore tributario (tesserino MEF). Il dott. Bianchi redige il ricorso, focalizzandosi su un vizio di notifica che riconosce immediatamente (sapendo come dovrebbero notificare gli atti) e su una circolare interna dell’Agenzia che l’accertamento non ha rispettato. Porta queste argomentazioni in Commissione; conosce magari anche i funzionari dell’ufficio legale controparte, avendoci lavorato assieme anni prima, e riesce a interloquire efficacemente. L’avviso viene annullato per vizio formale. Ecco che in questo scenario l’ex funzionario ha messo a frutto la sua competenza. Tuttavia, se il contenzioso fosse arrivato in Cassazione, come per i commercialisti, anche l’ex funzionario avrebbe dovuto passare il testimone a un avvocato cassazionista, non avendo titolo per il terzo grado (lo vediamo ora).
2.7 Il patrocinio in Cassazione: solo avvocati abilitati alle giurisdizioni superiori
Abbiamo più volte accennato ad un limite generale: quando si arriva al giudizio di legittimità (Corte di Cassazione), l’unica figura professionale ammessa al patrocinio è l’avvocato iscritto nell’Albo speciale per le giurisdizioni superiori, comunemente detto “avvocato cassazionista”. Questo principio deriva dalle norme generali del Codice di Procedura Civile (artt. 365 c.p.c. e ss.) e della legislazione forense, applicabili al processo tributario in virtù del rinvio formale (art. 62 D.Lgs. 546/92 per quanto non disciplinato) e del fatto che il ricorso per Cassazione in materia tributaria è un ricorso incardinato nella Suprema Corte secondo le regole del processo civile di legittimità.
In pratica:
- Chi può proporre ricorso per Cassazione in una causa tributaria? Soltanto un avvocato abilitato al patrocinio in Cassazione, in qualità di difensore del contribuente o dell’ente impositore, può sottoscrivere l’atto di ricorso (o controricorso) per Cassazione. Non sono ammessi commercialisti, consulenti del lavoro, né altri, neppure se hanno patrocinato nei gradi precedenti. L’eventuale ricorso per Cassazione sottoscritto da un difensore non cassazionista (ad es. un commercialista, o un avvocato privo di tale abilitazione) sarà dichiarato inesistente o inammissibile dalla Corte. La Cassazione ha costantemente ribadito questo requisito di ius postulandi esclusivo degli avvocati cassazionisti, trattandosi di materia attinente all’ordine pubblico processuale.
- Come si diventa avvocato cassazionista? Gli avvocati ottengono l’abilitazione alle giurisdizioni superiori dopo almeno 5 anni di iscrizione all’Albo e aver superato un ulteriore corso/esame presso il CNF, oppure automaticamente dopo 12 anni di iscrizione se in possesso di determinati requisiti (cosiddetta iscrizione iure senioritatis). L’elenco speciale è tenuto presso il CNF e visibile anche dagli uffici giudiziari.
- Cosa succede al difensore non avvocato nei gradi di merito? Se in primo e secondo grado il contribuente era assistito, ad esempio, da un commercialista, e intende ricorrere in Cassazione, dovrà necessariamente nominare un avvocato cassazionista. Può ovviamente mantenere come consulente il precedente difensore di merito (che potrà collaborare nella stesura del ricorso, fornire documenti, ecc.), ma formalmente la firma e la responsabilità del ricorso in Cassazione sono dell’avvocato abilitato. Questo di solito comporta un accordo tra professionisti; talora alcuni studi prevedono sin dall’inizio l’intervento di un legale per l’eventuale Cassazione.
- Difesa dell’ente impositore in Cassazione: Anche per l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia Riscossione vale questa regola: in Cassazione devono avvalersi dell’Avvocatura dello Stato (nei casi obbligatori) o di avvocati del libero foro appositamente incaricati. Infatti le Agenzie fiscali non possono stare in Cassazione tramite propri funzionari – ciò è stato oggetto di dibattiti, ma la prassi consolidata è che l’Avvocatura dello Stato rappresenti Agenzia Entrate e Dogane in Cassazione, mentre Agenzia Entrate-Riscossione (ente pubblico economico) può avvalersi di avvocati del libero foro tramite convenzioni. Su questo aspetto c’è stata una disputa giurisprudenziale: alcune sentenze avevano ritenuto inammissibile la costituzione dell’Agente della Riscossione tramite avvocati del libero foro perché avrebbe dovuto usare l’Avvocatura dello Stato; tuttavia altre pronunce (Cass. SS.UU. 30008/2019) hanno chiarito che l’Agente della riscossione può farsi assistere da avvocati del libero foro (trattandosi di soggetto diverso dall’amministrazione statale). Ad ogni modo, si tratta di dettagli dal lato ente. Per il contribuente è importante sapere che in Cassazione troverà comunque di fronte un avvocato (dello Stato o privato), non un funzionario.
In sintesi, il terzo grado “restringe” il campo ai soli avvocati cassazionisti. Questa è una peculiarità di sistema da tener presente fin dall’inizio: se una causa appare destinata a questioni di legittimità importanti, converrà coinvincere fin da subito un avvocato, magari lavorando in team con gli altri consulenti, così da poter seguire tutto il percorso. Diversamente, c’è il rischio di dover sostituire in corsa il difensore, con possibili inconvenienti.
3. Requisiti deontologici e responsabilità dei difensori tributari
Dopo aver elencato chi può fare il difensore tributario, passiamo a delineare come tali soggetti devono comportarsi e quali regole etiche e di condotta devono osservare. La tutela del contribuente infatti non si esaurisce nel riconoscergli un difensore, ma continua nell’assicurare che il difensore svolga il proprio ruolo secondo principi di correttezza e professionalità, al pari di quanto avviene negli altri processi.
3.1 L’estensione del Codice Deontologico Forense a tutti i difensori (art. 12, co.4)
Una delle innovazioni introdotte con il D.Lgs. 156/2015 (riforma del contenzioso tributario) e poi rafforzate con il DM 106/2019 è stata l’esplicita previsione di norme deontologiche comuni per tutti i difensori tributari. In particolare, l’art. 12 del D.Lgs. 546/92 al comma 4 dispone che i difensori, anche se non iscritti ad un albo professionale, sono tenuti ad osservare i doveri di lealtà, probità e diligenza e più in generale i principi del Codice Deontologico Forense.
Ciò significa che, ad esempio, un commercialista o un ex funzionario abilitato dovranno comportarsi in giudizio con lo stesso standard etico richiesto ad un avvocato. Non potranno quindi: presentare al giudice istanze dilatorie palesemente infondate, usare espressioni sconvenienti o offensive nei confronti dell’altra parte o del giudice, rivelare informazioni riservate apprese dal cliente, accettare incarichi in conflitto di interessi, ecc.
Il richiamo al Codice forense è importante soprattutto perché i non avvocati originariamente non avevano un proprio codice specifico per il contenzioso. Ad esempio, i commercialisti hanno un codice deontologico ma prevalentemente tarato sull’attività di consulenza contabile e fiscale, non sulla rappresentanza in tribunale. Ora invece, quando agiscono come difensori tributari, devono uniformarsi alle regole deontologiche forensi per la parte rilevante.
Il DM 106/2019 ribadisce questa equiparazione, imponendo tra l’altro che i difensori non appartenenti ad ordini dichiarino espressamente di impegnarsi a rispettare tali principi all’atto dell’iscrizione nel registro. Inoltre, è previsto che in caso di violazioni deontologiche, il MEF possa sospendere o cancellare il difensore dall’elenco unico. Quindi, per i non avvocati c’è un meccanismo di controllo affidato all’autorità amministrativa. Per gli avvocati rimane il consueto potere disciplinare dell’Ordine (un avvocato che manchi ai doveri deontologici durante una causa tributaria potrà essere segnalato al Consiglio di Disciplina dell’Ordine degli Avvocati competente).
Esempi di norme deontologiche rilevanti: Tra i molti principi del Codice Forense, possiamo citarne alcuni fondamentali applicabili al difensore tributario:
- Dovere di competenza e diligenza: il difensore deve accettare l’incarico solo se è in grado di svolgerlo adeguatamente. Ciò implica, ad esempio, non assumere difese in materie tributarie troppo complesse rispetto alle proprie capacità, senza affiancamenti. Se un consulente del lavoro riceve una richiesta di difesa su una complessa causa di transfer pricing internazionale (fuori dalla sua comfort zone), deontologicamente dovrebbe astenersi o farsi coadiuvare.
- Dovere di lealtà e onestà: non devono essere ingannati né il giudice né la controparte. Il difensore tributario non può, ad esempio, alterare documenti contabili o fornire dati falsi pur di vincere la causa. Anche se rappresenta un debitore che ha magari tenuto irregolarità, lui non può mentire al giudice: deve semmai costruire la difesa su basi giuridiche lecite (es. eccepire vizi formali). Similmente, non può accordarsi con la controparte a scapito del cliente (es. collusione).
- Dovere di riservatezza: tutte le informazioni fornite dal contribuente assistito sono coperte da segreto professionale. Questo vale anche per commercialisti e altri professionisti, ma viene enfatizzato. Ad esempio, un ex funzionario difensore che pubblicamente raccontasse dettagli di un accertamento del suo cliente commetterebbe violazione del segreto.
- Divieto di conflitto di interessi: il difensore non può assistere due parti con interessi divergenti nella stessa questione. Nel mondo tributario ciò è meno frequente che altrove, ma può capitare: es. un professionista che segue due soci di una società in lite tra loro sul carico fiscale, o un commercialista che difende un contribuente contro un avviso che coinvolge anche un altro suo cliente come coobbligato. Queste situazioni vanno evitate o risolte con rinuncia a uno degli incarichi.
- Dovere di indipendenza: specialmente per i difensori “interni” (dipendenti di società o associazioni), è importante che agiscano avendo come stella polare il rispetto della legge e l’interesse della parte rappresentata, senza subire pressioni indebite. Anche se dipendente, quando assume la veste di difensore deve avere autonomia tecnica. Ad esempio, se il management di un’azienda volesse costringerlo a sostenere tesi difensive temerarie o addirittura illecite, dovrebbe opporsi e all’occorrenza rinunciare al mandato.
Questi principi, nel contesto tributario, servono a garantire un processo equo. Negli anni passati si era riscontrata qualche criticità: la “ampia facoltà offerta ai cittadini di scegliere il difensore tra numerose categorie” era stata direttamente proporzionale all’assenza di standard minimi di tutela in alcuni casi. Ciò significa che c’erano difensori improvvisati o poco professionali, magari tributaristi non preparati, che presentavano ricorsi mal fondati o atteggiamenti poco seri, danneggiando l’immagine della giustizia tributaria. L’intervento normativo deontologico mira a evitare queste degenerazioni.
3.2 Formazione continua e aggiornamento professionale
Un altro aspetto cruciale per la qualità della difesa è la formazione continua dei difensori. Mentre per gli avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro ecc. la formazione continua è già obbligatoria per appartenenza all’Ordine, per i difensori non ordinistici (es. ex funzionari, dipendenti CAF) è stato necessario prevedere misure ad hoc.
Il DM 106/2019 e successivi provvedimenti della DGT hanno promosso iniziative di formazione specifica per i difensori tributari iscritti all’elenco. Ad esempio, vengono organizzati corsi, spesso in collaborazione con università o scuole di alta formazione, rivolti a ex funzionari abilitati alla difesa per aggiornarli sulle tecniche difensive e sulle novità normative (in modo da sopperire alla mancanza di un ordine professionale che li formi). La partecipazione a tali corsi non è strettamente obbligatoria per mantenere l’abilitazione, ma caldeggiata. Inoltre, la DGT può stipulare convenzioni con il Consiglio Nazionale Forense o il Consiglio Nazionale Commercialisti per l’ammissione di questi soggetti a eventi formativi comuni.
Gli stessi CAF per i propri dipendenti difensori tendono a organizzare sessioni di aggiornamento, consapevoli che la loro preparazione riflette poi sull’efficacia in giudizio e sulla reputazione del servizio offerto.
In generale, il panorama del diritto tributario è in costante evoluzione (basti pensare alle riforme del 2022-2023 sul processo tributario, o a pronunce di legittimità innovative). Quindi un difensore tributario che non si tenga aggiornato rischia di pregiudicare i diritti del contribuente. Ad esempio, come vedremo più avanti, la Corte Costituzionale con sentenza n. 36/2025 ha modificato importanti regole sulla produzione di documenti in appello: un difensore non informato potrebbe incorrere in errori (come non sapere che ora certe procure si possono produrre in appello se prima mancate). Per questo, ribadiamo, scegliere un difensore tributario adeguato significa anche accertarsi che abbia un costante aggiornamento.
L’avvocato tributarista solitamente segue riviste giuridiche e partecipa a convegni; il commercialista tributarista farà lo stesso in ambito fiscale; l’ex funzionario serio probabilmente è anch’egli iscritto a qualche associazione di tributaristi dove si scambiano aggiornamenti (esistono diverse associazioni come l’ANTI – Associazione Nazionale Tributaristi Italiani – che includono sia avvocati sia altri difensori, e organizzano formazione specialistica).
3.3 Responsabilità professionale e sanzioni disciplinari
Tutti i difensori tributari rispondono del proprio operato sia verso il cliente sia, eventualmente, verso l’ordinamento (in termini disciplinari):
- Responsabilità verso il cliente (civile/professionale): Se il difensore commette errori gravi (ad esempio, fa decadere il ricorso per mancata impugnazione nei termini, o non deposita documenti essenziali procurandone l’inutilizzabilità), può essere chiamato a rispondere dei danni verso il contribuente. Ciò vale per avvocati (coperti in genere da assicurazione professionale obbligatoria) ma parimenti per commercialisti e altri professionisti ordinistici, che pure hanno assicurazione professionale. Il cliente potrebbe agire in giudizio per responsabilità professionale chiedendo il risarcimento del danno (ad esempio l’importo di un’imposta ormai definitiva per colpa del difensore). Nei confronti di difensori che non hanno un ordine (ex funzionari, dipendenti) la causa sarebbe sempre possibile in base al principio generale contrattuale (il mandato professionale è comunque un contratto di prestazione d’opera intellettuale ex art. 2229 c.c. anche se non ordinistica), ma potrebbe essere più complicato ottenere ristoro se questi soggetti non hanno assicurazione e hanno poco patrimonio. Questo aspetto pratico spinge molti ex funzionari a stipulare comunque polizze RC professionale e ad associarsi in studi con avvocati o commercialisti per offrire maggiori garanzie ai clienti.
- Sanzioni disciplinari:
- Per gli avvocati difensori, in caso di violazione deontologica, oltre al danno al cliente, c’è il rischio di sanzioni disciplinari (ammonimento, censura, sospensione o radiazione dall’albo) da parte del Consiglio Distrettuale di Disciplina. Ad esempio, un avvocato che abbandoni senza motivo la causa del cliente o agisca in conflitto di interessi può essere sanzionato.
- Per i commercialisti e consulenti del lavoro, analoghe sanzioni possono essere irrogate dai rispettivi Consigli di Disciplina degli Ordini, se il comportamento integra violazione del loro codice deontologico (che ormai comprende anche la voce “comportamento nei procedimenti contenziosi”).
- Per i non iscritti ad albi (ex funzionari, dipendenti), come detto, c’è il meccanismo della sospensione o revoca dell’abilitazione da parte del MEF. Il DM 106/2019 prevede che la DGT possa sospendere dall’elenco chi risulta aver assunto condotte scorrette o non possiede più i requisiti. Ad esempio, se un dipendente CAF difensore viene scoperto a presentare ricorsi fittizi o a violare la riservatezza, il MEF potrebbe sospenderlo dal potere di difendere. Inoltre, essendo questi soggetti spesso iscritti anche ad associazioni (es. ex funzionari riuniti in associazioni tributaristi) potrebbero subire censure nell’ambito associativo, anche se questo ha meno impatto ufficiale.
- Responsabilità penale: Non va dimenticato che i difensori, al pari di chiunque, possono incorrere in responsabilità penali se commettono reati nell’esercizio della funzione. Ad esempio, falso in atto pubblico (se alterano un atto processuale), intralcio alla giustizia, corruzione in atti giudiziari (ipotesi limite, se provassero a corrompere un giudice o un funzionario), oppure abuso di informazioni (un ex funzionario che usi dati riservati oltre il lecito). Queste sono eventualità estreme ma giova ricordarle perché rientrano anch’esse nei deterrenti che assicurano un corretto svolgimento del processo.
In conclusione, il sistema, pur con la pluralità di figure, ha predisposto un quadro di garanzie deontologiche e di responsabilità volto a tutelare il contribuente da difese inadeguate o sleali. Dal punto di vista pratico, il debitore che si affida a un difensore tributario dovrebbe:
- Verificare sempre che il difensore sia effettivamente abilitato (controllando ad esempio che sia iscritto all’albo se avvocato, o chiedendo evidenza dell’iscrizione nell’elenco MEF se è un ex funzionario). Sul sito della Giustizia Tributaria vi è un servizio di ricerca difensori abilitati per i non ordinistici, e naturalmente gli albi professionali sono pubblici. In questo modo si evita di incappare in millantatori.
- Formalizzare l’incarico con un mandato scritto (procura alle liti) e possibilmente con un contratto che regoli il compenso. Questo perché, non essendoci tariffe ministeriali fisse per i non avvocati (per gli avvocati ci sono parametri forensi di massima), è bene chiarire gli aspetti economici. Dal 2022 anche gli avvocati sono tenuti per legge a un preventivo scritto.
- Mantenere un dialogo col difensore e pretendere correttezza e trasparenza – se notasse comportamenti opachi (ad esempio, il difensore propone un accordo sottobanco poco chiaro, o non consegna copia degli atti presentati) è un campanello d’allarme.
- Sapere che se il difensore sbaglia, ci sono sì rimedi (reclami agli ordini, azioni risarcitorie), ma prevenire è meglio: quindi scegliere con cura, magari su referenze, e non solo in base al costo più basso.
4. La procura alle liti nel processo tributario: conferimento e sanatorie
Un aspetto pratico cruciale è come viene formalizzata la rappresentanza del contribuente da parte del difensore tributario. Lo strumento è la procura alle liti, cioè l’atto con cui la parte conferisce l’incarico di rappresentarla e difenderla in giudizio.
4.1 Modalità di conferimento della procura
L’art. 12 del D.Lgs. 546/92 disciplina anche la procura (richiamando per alcuni versi l’art. 83 c.p.c.). In generale:
- La procura può essere generale o speciale. Nel contenzioso tributario normalmente si usa una procura speciale per il singolo giudizio (anche perché la difesa tecnica è richiesta per quel caso specifico). Può comunque essere conferita anche per più contenziosi, se ad esempio si vuole dare mandato a un professionista di seguire tutte le cause tributarie di un periodo.
- La procura può essere redatta su carta (analogica) oppure in forma digitale, dato che il processo tributario è ormai telematico (PTT). Tradizionalmente, la procura è apposta in calce o a margine del ricorso introduttivo oppure su foglio separato autenticato. In modalità cartacea: il contribuente firma la procura e il difensore autentica la firma (se la procura è in calce, la firma del difensore che sottoscrive il ricorso vale come autenticazione della firma del cliente). Se la procura è separata, la firma del cliente va autenticata da un notaio o dallo stesso difensore se abilitato a farlo. Nota bene: la legge abilita i “difensori” autenticare le sottoscrizioni delle procure ad litem, non solo gli avvocati ma qualunque difensore autorizzato ex art.12. Questo significa che, ad esempio, un commercialista difensore può autenticare la firma del cliente sulla procura esattamente come farebbe un avvocato (in deroga alla regola generale che solo notai o avvocati possono autenticare documenti: qui la norma speciale lo consente al difensore stesso, qualunque sia la sua categoria).
- Nel processo tributario telematico (PTT): oggi i ricorsi si predispongono e notificano via PEC. La procura può essere conferita in due modi:
- Procura in calce al ricorso informatico: il contribuente firma a penna una delega sul modulo cartaceo, che poi viene scansionato e inserito nel PDF del ricorso, e il difensore appone la propria firma digitale sul file. La firma digitale del difensore viene considerata come autentica della firma autografa del cliente, stante le regole del PTT.
- Procura su documento informatico separato: il contribuente firma digitalmente un documento di procura (o firma analogicamente e poi viene fatto un PDF) e il difensore lo firma digitalmente a sua volta. Si allega poi tale documento al deposito telematico. Il DM 106/2019 e le specifiche tecniche PTT chiariscono che la firma digitale del difensore su un documento PDF contenente la scansione della procura vale anch’essa come autentica.
- Contenuto della procura: deve conferire il potere di rappresentanza in quel giudizio e può contenere espressamente la facoltà di compiere atti processuali, di transigere, di conciliare, di farsi sostituire da domiciliatari ecc. Spesso la procura tributaria è generica (“con ogni più ampia facoltà”) e ciò basta. L’art. 12 rinvia alle norme del c.p.c. per la validità. Non è richiesta l’autenticazione notarile se la firma è autenticata dal difensore stesso come sopra.
4.2 Vizi della procura: effetti e recente intervento della Corte Costituzionale
La mancanza o irregolarità della procura alle liti può inficiare il processo. Come visto, se manca del tutto la procura e la firma del difensore sul ricorso, il ricorso stesso è inammissibile, ma con possibilità di rimedio mediante ordine del giudice (art. 12 co.5). Se invece la procura c’è ma ad esempio è intestata a un difensore diverso da chi firma, o ha errori formali, possono sorgere contestazioni.
Fino al 2022, la normativa (art. 18 D.Lgs.546 e art. 58) e la giurisprudenza consentivano di sanare in appello alcune irregolarità: ad esempio, se in primo grado la procura non era stata materialmente allegata ma esisteva, la Cassazione ammetteva che in appello la si producesse. Tuttavia, il D.Lgs. 30 dicembre 2022 n. 149 (riforma processo civile) e il successivo D.Lgs. 220/2023 (riforma processo tributario in attuazione legge delega 130/2022) avevano introdotto regole più rigide. In particolare, avevano stabilito un divieto di produrre nuovi documenti in appello, tra i quali furono compresi inizialmente anche procure e deleghe.
Questa stretta ha portato a una questione di legittimità costituzionale. Infatti, se un contribuente per causa a lui non imputabile non aveva potuto esibire la procura in primo grado, il divieto assoluto di produrla in appello gli avrebbe negato il diritto di difesa.
La Corte Costituzionale con sentenza n. 36 del 27 marzo 2025 è intervenuta proprio su questo punto, dichiarando illegittima la parte della norma che escludeva deleghe e procure dalle prove nuove ammissibili in appello. In particolare, la Consulta ha censurato l’art. 58, comma 3, D.Lgs. 546/92 come modificato dal D.Lgs. 220/2023, nella parte in cui non consentiva la produzione in appello delle deleghe, procure e altri atti di conferimento di potere rilevanti per la legittimazione processuale. Secondo la Corte, era irragionevole escludere proprio questi atti dal novero di quelli producibili in appello in caso di impossibilità non imputabile alla parte di produrli prima. Ha richiamato principi di civiltà giuridica e parità delle armi, affermando che se, ad esempio, una procura non risultava in atti per un disguido non colpevole, doveva essere possibile sanare la situazione in secondo grado.
Grazie a questa pronuncia – recepita immediatamente nella prassi – oggi vige il principio per cui:
- Se manca la procura in primo grado per causa non imputabile al contribuente (es. un malfunzionamento del sistema telematico ha impedito di allegarla, oppure la scansione era illeggibile e nessuno se n’era accorto in primo grado), si può depositarla in appello e il vizio è sanato. Naturalmente occorre dimostrare la non imputabilità (ad es. allegare ricevute PEC che mostrano tentativi di invio).
- Resta fermo che se invece la mancanza è dovuta a negligenza (es. il difensore ha proprio dimenticato di farsi firmare la procura dal cliente), difficilmente si potrà invocare la non imputabilità. Ma in tal caso l’istituto dell’ordine di munirsi di difensore dovrebbe già aver risolto in primo grado (se il giudice se ne accorge).
- Per difformità della procura (ad esempio intestazioni errate, difensore indicato con un nome errato ma chiaramente individuabile, etc.), i giudici tendono a interpretare in modo da non penalizzare eccessivamente la parte. La sanatoria costituzionale 2025 dà un margine ulteriore di sicurezza: se c’è dubbio su una procura, in appello si può rinnovare.
È bene tuttavia che il difensore curi in maniera puntuale la procura sin dall’inizio, per evitare eccezioni dell’ente impositore. L’Agenzia delle Entrate talora eccepisce l’inammissibilità se vede errori formali (fa parte della tattica processuale). Ad esempio, procure firmate digitalmente solo dal difensore e non dal cliente (caso a volte accaduto per errata comprensione del PTT) sono state contestate. Bisogna quindi assicurarsi che su ogni ricorso vi sia la chiara manifestazione di volontà del contribuente di farsi rappresentare da quel difensore.
Alcune best practice:
- Se si rappresentano più contribuenti in un unico ricorso (es. una società e il socio, o più coobbligati), far firmare la procura a tutti separatamente, oppure elencarli tutti nominativamente.
- Conservare gli originali cartacei delle procure se firmate a mano, perché potrebbero essere richiesti in verifica.
- In caso di costituzione “a mezzo PEC” del solo contribuente (per cause sotto soglia, senza difensore), e successiva nomina di difensore in corso di causa (magari perché il contribuente cambia idea), depositare immediatamente una procura e far ratificare gli atti eventualmente già fatti (ex art.182 c.p.c. analogico), anche se è una situazione poco frequente.
4.3 Revoca e cambi del difensore – continuità della rappresentanza
Il contribuente può in ogni momento revocare il mandato al difensore tributario e nominarne un altro. La revoca va fatta per iscritto (di solito con atto extragiudiziale comunicato al difensore e, per conoscenza, alla Commissione). Finché la parte non nomina un nuovo difensore, si considera in giudizio personalmente se la revoca è senza sostituzione, ma attenzione: se siamo sopra soglia, deve contestualmente nominare un sostituto (pena le problematiche di cui sopra con ordine del giudice). Il difensore, dal canto suo, può rinunciare al mandato con atto notificato alla parte e comunicato al giudice.
Nel processo tributario si applicano, per quanto compatibili, le stesse regole del codice di procedura civile sulla cessazione del mandato e sul tempo per la parte di sostituire il difensore (artt. 85 e 86 c.p.c.). Quindi la parte che resta senza difensore per revoca o rinuncia ha diritto a un termine per munirsene di un altro.
Se il difensore muore o viene cancellato dall’albo (nel caso di avvocato) o dall’elenco (per i non avvocati), si verifica un evento potenzialmente interruttivo. L’art. 43 c.p.c. e nel tributario l’art. 40 D.Lgs. 546/92 prevedono infatti che se viene meno il difensore, e la parte è rimasta priva di assistenza tecnica obbligatoria, il processo possa essere sospeso/interrotto per consentire la regolarizzazione. Ad esempio, se un commercialista difensore viene sospeso dall’Albo per provvedimento disciplinare durante il processo, egli perde la capacità di rappresentare la parte; il giudice lo rileva e invita la parte a nominarne un altro, eventualmente rinviando l’udienza. Non c’è una norma ad hoc nel 546, ma per analogia con la disciplina civilistica e in virtù dei principi di collaborazione, i giudici tributari adottano un simile approccio.
Plurimandato e sostituti processuali: Il difensore nominato può farsi sostituire in udienza da un collega (anche non iscritto nello stesso ordine: es. un avvocato può delegare un altro avvocato del foro locale per l’udienza, un commercialista può farsi sostituire da collega, ecc.), tramite una delega sulla copia di cortesia del fascicolo o con comunicazione alla segreteria. Questo è consentito per ragioni pratiche (es. differenza di sede). Il sostituto però non può compiere atti oltre l’udienza se non espressamente autorizzato dal mandante.
In definitiva, la procura e la rappresentanza processuale nel contenzioso tributario seguono linee simili al contenzioso civile, con alcuni adattamenti alle figure non forensi. Il debitore che ha nominato un difensore può comunque dormire sonni tranquilli: spetterà principalmente al difensore gestire questi aspetti tecnici della procura, sanare eventuali difetti e assicurare la costante rappresentanza. È importante che il contribuente comunichi tempestivamente al difensore se cambia idea sull’incarico o se vuole sostituirlo, e che non si disinteressi (ad esempio rispondendo se il difensore chiede conferma per iscrizione a ruolo, ecc.).
5. Domande frequenti (FAQ) sulla figura del difensore tributario
In questa sezione affrontiamo alcune domande e risposte comuni che contribuenti, avvocati alle prime armi o imprenditori potrebbero porsi riguardo a chi può fare il difensore tributario e alle modalità pratiche connesse.
D1: Per presentare un ricorso tributario è obbligatorio assumere un avvocato?
R: Non necessariamente. È obbligatorio farsi assistere da un difensore abilitato (che può essere un avvocato ma anche un commercialista, consulente del lavoro, ecc.) solo per cause di valore superiore a €3.000. Sotto tale soglia, il contribuente può presentare ricorso da solo senza difensore. Sopra soglia, deve avere un difensore tecnico, ma questo può essere un avvocato oppure un’altra figura tra quelle ammesse (ad esempio il proprio commercialista di fiducia). L’avvocato rimane comunque uno dei difensori più completi e l’unico che potrà seguirvi fino in Cassazione.
D2: Un contribuente può difendersi da solo in Commissione Tributaria se la lite è di 5.000 euro?
R: No. €5.000 supera la soglia di €3.000, quindi non è ammessa la difesa personale. Il contribuente dovrà incaricare un difensore abilitato e far sottoscrivere a lui il ricorso. Se provasse a fare da sé (firma lui il ricorso senza difensore), il giudice gli intimerà di nominare un difensore entro termine perentorio; in mancanza, dichiarerà il ricorso inammissibile.
D3: Chi sono esattamente i “difensori abilitati” nel processo tributario?
R: Sono le categorie elencate dall’art. 12 D.Lgs. 546/92: in sintesi avvocati; dottori commercialisti ed esperti contabili; consulenti del lavoro; ingegneri, architetti, geometri, periti industriali, agronomi, agrotecnici, periti agrari (per materie specifiche); periti ed esperti tributari delle Camere di Commercio (se già iscritti entro 1993); funzionari di associazioni di categoria (già abilitati entro 1993); dipendenti di associazioni di categoria o di imprese (per le cause degli associati/impresa, se già abilitati); dipendenti dei CAF (per cause assistiti CAF, con laurea/diploma abilitante); ex funzionari dell’amministrazione finanziaria abilitati dal MEF. (Vedi sezione 2 e tabella successiva per dettaglio).
D4: Il mio commercialista può rappresentarmi in una causa contro l’Agenzia delle Entrate?
R: Sì, se è un dottore commercialista o esperto contabile regolarmente iscritto all’Ordine, è abilitato a difenderti nel processo tributario. Dovrai firmargli una procura e sarà lui a redigere e presentare il ricorso. Tieni presente che in caso di eventuale ricorso in Cassazione, dovrai poi coinvolgere un avvocato (perché il commercialista non può patrocinare in Cassazione). Ma fino al secondo grado (Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado) il tuo commercialista può rappresentarti.
D5: Un “semplice tributarista” (consulente fiscale non iscritto ad albi) può difendermi in Commissione Tributaria?
R: In linea di massima no, non se non rientra in particolari condizioni. Se per “semplice tributarista” intendiamo qualcuno non avvocato né commercialista né consulente del lavoro, la sola opzione è che sia uno dei tributaristi abilitati di diritto (lettera e dell’art.12) cioè iscritto prima del 1993 come perito tributario in CCIAA. In tal caso sì, quella persona avrebbe titolo (ma sarebbero figure oggi di età avanzata, essendo passati 30 anni). Se invece è un consulente fiscale giovane, non iscritto a ordini, non può difenderti a meno che non lo assuma come dipendente nella tua impresa: come dipendente laureato, potrebbe rappresentarti limitatamente alla tua impresa (vedi oltre). In pratica, se il tuo “tributarista” non ha uno di questi requisiti, devi optare per un avvocato o commercialista abilitato.
D6: Posso farmi rappresentare da un parente (fratello, coniuge, ecc.)?
R: Solo se tale parente rientra in una delle categorie abilitate. La legge non prevede un generico ius postulandi per parentela. Quindi, ad esempio, tuo fratello può difenderti solo se egli è avvocato, o commercialista, o altro difensore riconosciuto. Diversamente, la sua assistenza potrà essere solo di fatto (consigli esterni) ma in giudizio dovrai comparire tu stesso (se sotto soglia) o un difensore professionale. Non esiste nel processo tributario l’istituto della difesa “amicale” né procura “ad litem” a non professionisti. Unica eccezione parziale: il coniuge o un parente possono solo assisterti all’udienza per darti supporto morale, se il presidente lo consente, ma non possono parlare al posto tuo né firmare atti.
D7: La mia società vuole far difendere il ricorso dal proprio direttore amministrativo interno. È possibile?
R: Sì, se il direttore amministrativo è laureato in economia o giurisprudenza e viene debitamente abilitato dal MEF come difensore interno (lettera g art.12). In altre parole, è possibile per una società stare in giudizio con un proprio dipendente come difensore. Dovrete verificare che il vostro responsabile abbia i requisiti (titolo di studio adeguato, nessuna incompatibilità) e fargli presentare domanda di abilitazione tramite l’apposito modulo alla Direzione Giustizia Tributaria. Una volta ottenuta (e iscrittosi nell’elenco unico), potrà sottoscrivere il ricorso per la società munito di procura del legale rappresentante. Attenzione: se non era già abilitato prima, questo iter va fatto per tempo, preferibilmente prima di fare ricorso, altrimenti rischiate ritardi. Inoltre, in caso di appello o Cassazione, valutate sempre se mantenere questa scelta o coinvolgere un legale esterno.
D8: La difesa tramite dipendente è ammessa anche per persone fisiche?
R: No, la possibilità di farsi difendere da un proprio dipendente è pensata per i soggetti diversi dalla persona fisica (società, enti, ditte individuali con dipendenti). Se sei un privato cittadino contribuente, non puoi designare “tizio, mio dipendente” (a meno che tu non abbia una ditta individuale e tizio ne sia dipendente, e comunque dovrebbe essere laureato e abilitato). Le persone fisiche se vogliono delegare qualcuno devono scegliere un professionista abilitato esterno. Non c’è un concetto di “dipendente di persona fisica” salvo casi limite (es. un family office con un legale interno per un grande patrimonio, ma anche lì sarebbe complicato farlo rientrare nelle categorie). In pratica, il contribuente persona fisica ha le stesse opzioni dell’impresa tranne l’uso di dipendenti propri.
D9: Un praticante avvocato (abilitato al patrocinio provvisorio) può difendere nel processo tributario?
R: No, la legge richiede espressamente avvocati iscritti all’Albo. Un praticante, ancorché abilitato per i tribunali civili minori, non rientra nelle categorie di cui all’art.12. Neppure potrebbe figurare come “difensore per delega” di un dominus, poiché nel processo tributario non esiste l’istituto dell’udienza di mero rappresentante del dominus (se compare e firma atti, dev’essere abilitato). Quindi, al più, il praticante può aiutare l’avvocato nello studio del caso, ma formalmente la difesa dev’essere assunta dall’avvocato titolare. Questa è differenza rispetto ad esempio al Giudice di Pace dove il praticante può stare in udienza: in Commissione Tributaria ciò non è contemplato. Meglio dunque coinvolgere il praticante come ausiliario ma non come difensore unico.
D10: Quanto costa il difensore tributario? Ci sono tariffe o parametri fissi?
R: Non esistono più tariffe forensi vincolanti, né tantomeno per gli altri professionisti. Per gli avvocati esistono parametri indicativi (D.M. 55/2014) per fase di giudizio, che spesso sono utilizzati dal giudice per liquidare le spese legali in caso di condanna alle spese. Questi parametri variano in base al valore della lite (es. per lite da €10.000, fase di studio magari €600, fase introduttiva €500, fase decisionale €800 – numeri indicativi). Il cliente e l’avvocato però possono accordarsi liberamente sul compenso (oggi di solito a forfait per grado o a tempo). Con il commercialista o consulente, ci sarà analoga libera pattuizione: alcuni adottano i parametri degli avvocati come riferimento, altri no. L’importante è concordare prima. Se il contribuente vince, le spese di regola sono poste a carico dell’ente soccombente (salvo compensazione): la Commissione liquiderà un importo di spese che spesso ricalca i parametri minimi o medi per quella controversia. Se il difensore aveva pattuito cifre superiori col cliente, la differenza rimane a carico del cliente (salvo diversa pattuizione). Gratuito patrocinio: se hai i requisiti di reddito (circa ≤ €11.700 annui familiari, soglia 2023), puoi chiedere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ottenendo difesa legale gratuita. Di solito sarà nominato un avvocato d’ufficio. Altre figure come i commercialisti potrebbero teoricamente essere ammessi, ma nei fatti il gratuito patrocinio viene gestito tramite elenchi di avvocati.
D11: Cosa succede se un ricorso viene firmato da un difensore non abilitato (ad es. un geometra su materia non tecnica, o un sedicente tributarista non abilitato)?
R: Il ricorso risulterà inammissibile per difetto di ius postulandi. Se l’irregolarità è evidente fin dall’inizio (ad esempio il ricorso è firmato da “Sig. Rossi, tributarista”, che non ha alcun titolo), la Commissione potrebbe dichiararlo inammissibile immediatamente o dopo aver inutilmente invitato a regolarizzare. Se invece il vizio viene fuori più tardi (magari il difensore aveva dichiarato un titolo non vero), la sentenza eventualmente pronunciata rischia la nullità. In Cassazione ci sono state pronunce che hanno annullato l’intero procedimento per difetto originario di legittimazione. Quindi è altamente sconsigliabile farsi rappresentare da chi non è autorizzato: si rischia di perdere tempo e poi dover ripartire da zero (se i termini non sono scaduti) o addirittura di perdere il diritto.
D12: L’Agenzia delle Entrate in udienza era rappresentata da un proprio funzionario e non da un avvocato: è legittimo?
R: Sì, la legge consente alle Agenzie fiscali e agli enti impositori di stare in giudizio con propri funzionari delegati interni (che devono avere laurea in giurisprudenza o economia, secondo le nuove disposizioni). Non c’è simmetria perfetta rispetto al contribuente (che deve pagare il difensore): questo è giustificato dalla natura pubblica dell’ente, che diversamente avrebbe costi enormi per contenziosi numerosi. Nel tuo caso, quindi, nulla di irregolare se, ad esempio, c’era il funzionario dell’Ufficio legale AE o il funzionario comunale tributi. Fa eccezione la Cassazione dove anche l’ente usa avvocati (Avvocatura dello Stato). Nota che se l’ente impositorre fosse venuto con un avvocato esterno qualsiasi, potrebbe esserci problema solo se per legge doveva usare Avvocatura Stato (nel caso dei Comuni o Agenzia Entrate-Riscossione c’è stato dibattito). Ma dal tuo lato, come contribuente, non incide: non rende nullo il processo, semmai è questione interna all’ente.
D13: Posso cambiare difensore a metà causa?
R: Sì. Il mandato difensivo può essere revocato in ogni momento. Se vuoi sostituire il tuo difensore, conviene far depositare in giudizio una revoca della procura al vecchio difensore e contestualmente depositare una nuova procura al nuovo difensore (così non c’è soluzione di continuità). Il processo non si ferma, a meno che tu rimanga senza difensore obbligatorio per un certo periodo – in tal caso il giudice può rinviare l’udienza e invitarti a nominarne uno nuovo quanto prima. Tieni presente che il difensore revocato ha comunque diritto alle competenze maturate fino a lì, secondo gli accordi che avevate.
D14: La controparte (Agenzia) mi ha proposto un accordo di conciliazione: il difensore tributario può assistermi anche in questo?
R: Certamente, il difensore tecnico non serve solo per fare ricorso, ma può rappresentarti in tutte le fasi del procedimento, inclusa la conciliazione giudiziale (art. 48 D.Lgs.546/92) o altre trattative. Anzi, è opportuno non andare da soli a discutere con l’ufficio se si ha già un difensore, per evitare di fare ammissioni dannose. Il difensore può sottoscrivere l’atto di conciliazione, che poi sarà ratificato dal giudice tributario, nell’interesse del cliente. Ovviamente il difensore ti consiglierà se l’accordo è conveniente, ma la decisione finale spetta a te cliente.
D15: In caso di esito negativo, le spese legali del difensore chi le paga?
R: Il rapporto col difensore è tuo: dovrai pagare il compenso concordato indipendentemente dall’esito (salvo accordi “success fee” rari nel tributario). Tuttavia, se perdi la causa, il giudice quasi sempre compensa le spese o, in alcuni casi, ti condanna a rifondere un importo all’ente (ma l’ente di solito non ha spese vive se ha funzionari interni, può chiedere solo un rimborso forfettario). Se vinci, il giudice di solito condanna l’ente a rimborsarti le spese di difesa, liquidandole secondo i parametri ministeriali. Tale importo lo recuperi dall’ente (magari in detrazione su future imposte, se l’ente è Agenzia Entrate). Può accadere anche che, pur vincendo, il giudice compensi le spese (cioè stabilisce che ognuno paga le proprie) – succede a volte per novità giurisprudenziali, valore basso, ecc. Quindi di base tu sei tenuto verso il difensore al pagamento come da accordo a prescindere, poi recuperi se possibile dalle spese liquidate. Nota: se ti difendi da solo (causa sotto €3.000), non hai diritto ad alcun rimborso spese legali anche se vinci, perché non hai sostenuto costi di difensore (al massimo possono riconoscerti spese vive tipo contributo unificato, ma non onorari in proprio). Questo è un altro motivo per cui, anche potendo stare da soli, conviene spesso farsi assistere – in caso di vittoria, le spese del difensore te le ridanno (almeno in parte).
6. Tabelle riepilogative e casi esemplificativi
Per facilitare la consultazione, riportiamo due tabelle di riepilogo: la prima elenca le categorie di soggetti abilitati a fare il difensore tributario e i relativi requisiti; la seconda evidenzia le differenze tra il patrocinio nei gradi di merito e in Cassazione.
Tabella 2 – Categorie di difensori tributari abilitati e requisiti principali
Categoria difensore | Base normativa art.12 D.Lgs.546/92 | Requisiti professionali/dei soggetti | Ambito consentito | Note deontologiche/abilitative |
---|---|---|---|---|
Avvocato (Albo Forense) | lett. a) | Laurea giur., esame avv., iscritto Albo avv. | Tutte le controversie tributarie | Codice Deontologico Forense; formazione obbl. |
Dottore Commercialista /Esperto Contabile (Albo ODCEC) | lett. b) | Laurea econ./giur. (magistrale per sez.A, triennale per sez.B), esame Stato, iscritto ODCEC | Tutte le controversie tributarie | Codice deontologico Commercialisti; formazione obbl. (No patrocinio in Cassazione) |
Consulente del Lavoro (Ordine CDL) | (introdotto nel 2000, confluito lett. c) | Laurea (trienn.), esame Stato, iscritto Ordine CDL | Controversie tributarie (specie contributi/previdenza, ma non limitato) | Codice deontologico CDL; formazione obbl. (No patrocinio in Cassazione) |
Ingegnere/Architetto (Ordine Ing/Arch) | lett. d) parte | Laurea, esame Stato, iscritto Ordine Ing o Arch | Materie tecniche (catasto, edilizia, tributi immobiliari) | Codice Deont. ing/arch; (Solo per materie competenza) |
Geometra/Perito Industriale (Collegio) | lett. d) parte | Diploma, esame Stato, iscritto Collegio prof. | Materie tecniche (catasto terreni, rendite, misure) | Codice Deont. geometri/periti; (Solo materie competenza) |
Agronomo/Forestale (Ordine) – Agrotecnico/Perito Agrario (Collegio) | lett. d) parte | Laurea (per agronomi) o diploma + esame (agrotecnici, periti agr.), iscrizione Albo/Collegio | Materie agrarie (fiscalità agricola, tributi su terreni) | Codici Deont. propri; (Solo materie competenza) |
Perito ed esperto tributario (non ordinistico) | lett. e) | Iscrizione antecedente al 30/09/1993 nell’Elenco Periti CCIAA – categoria Tributi | Controversie tributarie (generale) | Abilitazione ope legis (ora in Elenco MEF); soggetti in esaurimento; Cod. forense come riferim. |
Funzionario ass. di categoria (non ordin.) | lett. f) | Iscritto entro 15/01/1993 in elenchi Intendenza di Finanza come funzionario difensore di associazione di categoria | Per cause riguardanti associati dell’associazione | Abilitazione ope legis (in Elenco MEF); soggetti in esaurimento; etica forense come riferim. |
Dipendente di associazione di categoria o di impresa (interno) | lett. g) | – Rapporto di lavoro dipendente con associazione (CNEL) o impresa parte in causa- Laurea in Giurisprudenza/Economia (richiesta da DM 2019) o titolo equipollente- Abilitazione MEF (anche successiva al 1993, oggi in Elenco) | Causa relativa all’associato o all’impresa datore di lavoro | Impegno a rispetto Codice forense; incompatibilità se conflitti; soggetto revocabile da Elenco in caso violazioni. |
Dipendente CAF (Centro Assistenza Fiscale) | (DM 106/2019, confluito) | – Rapporto di lavoro con CAF o società di servizi CAF- Laurea magistrale in Giur./Econ. o diploma di Ragioneria + abilitazione- Abilitazione MEF in Elenco | Causa del contribuente assistito dal CAF, inerente adempimenti curati dal CAF stesso | Stessi obblighi deontologici (Cod. forense) e iscrizione Elenco Unico; se cessa rapporto col CAF, cessa anche diritto di rappresentanza per gli assistiti di quel CAF. |
Ex dipendente Amm. Finanziaria (Agenzie Entrate, Dogane, ex Equitalia, GdF, uffici tributi, etc.) | lett. h) (era art.63 DPR 600/73) | – Stato di ex servizio (pensionamento, ecc.)- Eventuali restrizioni temporali post-uscita verso l’ex ufficio di appartenenza– Domanda di abilitazione alla DGT MEF, con verifica requisiti (servizio svolto, non incompatibilità) e iscrizione Elenco | Controversie tributarie (generale) | Sottoposto a principi Codice forense; vigilanza DGT con possibilità sospensione/radiazione da Elenco in caso di condotta scorretta; no limiti materia salvo conflitti. |
Legenda: CNEL = Consiglio Nazionale Economia e Lavoro (elenca le associazioni rappresentative di categoria riconosciute a livello nazionale). Amm. Finanziaria = Amministrazione finanziaria statale (Ministero Economia e Finanze, Agenzie Fiscali, Guardia di Finanza). Elenco = Elenco unico difensori tributari abilitati tenuto dal MEF (DM 106/2019).
Tabella 3 – Difesa nei gradi di merito vs. difesa in Corte di Cassazione
Fase del giudizio | Chi può difendere il contribuente? | Riferimento normativo/giurisprudenziale |
---|---|---|
Commissione/Corte Tributaria Provinciale (Primo grado) | Tutte le categorie di difensori abilitati ex art.12 D.Lgs.546/92 (vedi Tab.2), oppure il contribuente stesso se valore ≤ €3.000. | Art. 12 D.Lgs.546/92; soglia valore (D.Lgs.156/2015). |
Corte di Giustizia Tributaria Regionale (Secondo grado, Appello) | Uguale al primo grado: ammessi stessi difensori del primo grado. Il contribuente in appello può stare da solo solo se stava da solo in primo grado e la controparte non ha appellato (nei fatti, se era sotto soglia in primo grado e ancora tale). Altrimenti in appello serve difensore. | Art. 12 e 23 D.Lgs.546/92; principi generali. |
Corte di Cassazione (legittimità) | Solo Avvocato abilitato al patrocinio in Cassazione (Albo Cassazionisti). Eccezione: la parte pubblica può avvalersi dell’Avvocatura dello Stato se previsto (es. Agenzia Entrate). Nessun altro difensore non avvocato è ammesso a sottoscrivere ricorsi per Cassazione. | Art. 13 R.D. 37/1934; Art. 365 c.p.c.; Cass. SU n. Lucido su art.12 (giurisprudenza consolidata). Corte Cost. sent. 189/2000 (confermato sistema Albo Cass.). |
Note: in Cassazione il contributo di consulenti tecnici (commercialisti, ecc.) può sussistere come supporto interno all’avvocato ma non come difesa formale. L’Avvocato cassazionista può essere sin dall’inizio lo stesso che vi ha difeso nei gradi di merito (se già tale) oppure dovrà subentrare appositamente. La procura per Cassazione va rilasciata nuovamente per il giudizio di legittimità (di solito procura speciale in calce al ricorso per Cassazione).
Esempi pratici riassuntivi:
- Caso 1: Mario, contribuente privato, riceve un avviso di accertamento IRPEF da €50.000. – Mario non può fare da sé (valore sopra soglia). Può scegliere di andare da un avvocato tributarista, oppure dal suo commercialista che lo segue da anni, o ancora se è iscritto a un’associazione di categoria (es. Confartigianato) potrebbe rivolgersi al loro ufficio fiscale (dove un funzionario abilitato potrebbe difenderlo). Mario opta per l’avvocato. L’avvocato firma e notifica ricorso. In primo grado Mario vince. L’Agenzia delle Entrate appella. In appello Mario può mantenere l’avvocato (consigliabile); volendo, potrebbe anche passare il testimone a un commercialista se preferisse, poiché nulla vieta cambiare categoria di difensore tra i gradi. Ma rimane col legale. In appello purtroppo perde. A questo punto, Mario vorrebbe ricorrere in Cassazione: deve farsi rappresentare da un avvocato cassazionista. Fortunatamente il suo avvocato lo è già, quindi continua. Se non lo fosse, Mario dovrebbe incaricare un altro avvocato con tale abilitazione. Il commercialista, se Mario avesse scelto lui nei primi gradi, non avrebbe potuto seguirlo in Cassazione, costringendolo in ogni caso a rivolgersi a un legale.
- Caso 2: Alfa Srl riceve cartella di €10.000 su IRES. – La società può scegliere di far ricorso con l’ausilio del proprio dipendente Luca, che è il responsabile amministrativo laureato in economia, da anni abilitato come difensore interno (era nell’elenco lettera g). Luca firma il ricorso e rappresenta Alfa Srl in Commissione. Essendo la cartella basata su controlli automatizzati, Luca impugna eccependo un errore di calcolo che conosce bene (ha predisposto lui la dichiarazione). La Commissione gli dà ragione – vittoria. L’Agenzia non appella, causa chiusa. In questo caso Alfa ha risparmiato sulle spese legali usando risorse interne. Se però la lite fosse andata avanti in secondo grado e magari in Cassazione, Alfa a quel punto avrebbe coinvolto anche l’ufficio legale esterno. Avrebbe potuto, ad esempio, nel secondo grado aggiungere un avvocato domiciliatario per sicurezza, pur mantenendo Luca; in Cassazione poi l’avvocato sarebbe subentrato formalmente.
- Caso 3: Studio Gamma (commercialista non iscritto ODCEC, tributarista “senza albo”) propone a un contribuente la difesa contro una cartella esattoriale. – Se il tributarista non ha abilitazioni (non era perito CCIAA, non è dipendente di nessuno), non può assumere la difesa. Il contribuente ignaro gli dà mandato con una scrittura privata, e lo “pseudo-difensore” redige un ricorso e lo firma lui. La Commissione rileva che Tizio firmatario non risulta in alcun albo/registro e dichiara subito inammissibile il ricorso. Il contribuente a questo punto ha perso il ricorso (se i termini sono scaduti non potrà ripresentarlo con un vero difensore). Potrà forse rivalersi su Tizio per danni. Ecco perché è essenziale verificare sempre le credenziali di chi offre assistenza tributaria.
- Caso 4: Società Beta vuole impugnare un avviso di classamento catastale di un immobile industriale. – Questo è un tipico caso tecnico. Beta potrebbe rivolgersi a un geometra o ingegnere che ha curato la pratica catastale. Se il geometra è disponibile e abilitato (iscritto Collegio), può essere nominato difensore di Beta per questa causa (rientra nelle sue materie). Il geometra redige il ricorso avverso la rendita attribuita spiegando gli errori tecnici del Catasto. In udienza discuterà. La controparte (Agenzia del Territorio) avrà un proprio tecnico o un funzionario. Il giudice valuterà gli aspetti tecnici. Può essere vantaggioso avere il geometra, che conosce palmo a palmo l’immobile. Tuttavia Beta, volendo, potrebbe affiancare un avvocato per sicurezza processuale (es. in caso di appello su questioni di diritto amministrativo o processuale). Se la vicenda arrivasse in Cassazione, quell’avvocato tornerebbe necessario comunque.
- Caso 5: Un avvocato civilista senza esperienza tributaria può assistere un contribuente? – Sì, formalmente può perché è avvocato (abilitato ergo ai sensi art.12). Non c’è obbligo di specializzazione. Però deontologicamente dovrebbe valutare se ha competenze sufficienti in materia fiscale. Spesso avvocati non specialisti preferiscono affiancare un collega tributarista o un commercialista. Dal lato cliente, è consigliabile scegliere un avvocato con pratica nel tributario. Comunque, non c’è un albo separato di “avvocati tributaristi”: ogni avvocato è, per legge, competente a patrocinare anche in tributario, salvo sua coscienza e formazione.
7. Conclusioni dal punto di vista del contribuente (debitore)
Dal percorso fatto emergono alcuni punti fermi che interessano in particolare il contribuente alle prese con una controversia tributaria (il “debitore” contestato dal Fisco):
- Verifica della necessità del difensore: Prima di tutto, il contribuente deve verificare se la sua causa richiede per forza un difensore (sopra €3.000) o se può procedere personalmente (sotto soglia). In quest’ultimo caso, anche se la legge lo consente, valuti attentamente la complessità del caso: spesso anche in liti minori un occhio esperto può fare la differenza (e le spese di difesa, se vince, gli verranno rimborsate in buona parte).
- Ampia scelta di difensori: Se deve/predilige farsi assistere, ha una scelta vasta: dall’avvocato specializzato in diritto tributario al commercialista di fiducia, dal consulente del lavoro (per questioni contributive) fino a tecnici come ingegneri o agronomi per questioni specifiche. Questa ampiezza gli permette di rivolgersi alla figura che meglio conosce il problema: es. per un avviso su IRAP, può essere ottimo il suo commercialista; per un contenzioso su un terreno agricolo, magari un agronomo esperto di estimo agrario.
- Professionalità e aggiornamento: Il fatto che la legge ammetta figure non tradizionali non significa abbassare la qualità: oggi tutti i difensori sono sottoposti a standard deontologici uniformi. Quindi il contribuente può pretendere dal proprio difensore – sia esso avvocato, commercialista o altro – la stessa serietà professionale. È opportuno chiedere sempre se il professionista è aggiornato sulle ultime novità (ad esempio sulle nuove regole del processo telematico, sulle sentenze di legittimità come la n.36/2025 citata, etc.) per capire se è al passo.
- Ruolo attivo del contribuente: Anche con un difensore, il “debitore” resta protagonista. Deve collaborare fornendo documenti e informazioni tempestivamente al difensore. Inoltre, dovrebbe farsi spiegare la strategia: a volte diversi tipi di difensori hanno approcci diversi (il commercialista magari punta su aspetti contabili, l’avvocato su vizi formali). Capire la strategia aiuta il contribuente a decidere consapevolmente. Ad esempio, conciliare o meno è una scelta che spetta al contribuente, guidato dal consiglio tecnico del difensore.
- Attenzione alla Cassazione: Se la controversia potrebbe arrivare fino in Cassazione (magari perché è di principio o di importo elevato), il contribuente farebbe bene sin dall’inizio a prevedere nel team un avvocato cassazionista. In caso contrario, dovrà poi cercarne uno di fretta più avanti. Molti commercialisti lo sanno e collaborano con legali per questo. Se ad esempio l’atto impugnato è dell’Agenzia Entrate su questione controversa a livello nazionale, è probabile che comunque una delle parti vorrà portarla in Cassazione: farsi seguire anche da un avvocato può dare solidità agli atti già in primo grado (pensando in prospettiva di legittimità).
- Difesa interna vs esterna: Per imprese di dimensioni medie/grandi, valutare la possibilità di usare difensori interni abilitati (se hanno figure con i requisiti). Ciò può ridurre i costi e creare un know-how interno sul contenzioso. Tuttavia, come evidenziato, non è sempre la panacea: un mix interno-esterno (es. l’interno gestisce il rapporto con l’ufficio legale esterno e cura i fatti, l’esterno firma e struttura giuridicamente) può essere la soluzione migliore in cause di grande peso.
- Qualità prima del risparmio: Infine, un consiglio spassionato dal punto di vista del debitore: la tentazione di risparmiare sulle spese di difesa è forte (già deve pagare le imposte, figuriamoci un professionista). Tuttavia, scegliere un difensore inadeguato solo perché costa poco può portare a perdere la causa che magari aveva possibilità di vittoria, con conseguenze ben più onerose (pagare il debito fiscale più sanzioni). Il sistema consente di rivalersi delle spese di difesa se si vince, quindi vale la pena investire in una buona difesa. Inoltre, per i meno abbienti, esiste come detto il gratuito patrocinio: non rinunciate a far valere i vostri diritti per motivi economici, informatevi su questa opzione presso l’Ordine Avvocati locale.
In conclusione, “chi può fare il difensore tributario” non è solo un elenco astratto di professioni, ma un insieme di opportunità per il contribuente di scegliersi l’alleato migliore nelle sue battaglie fiscali. L’importante è essere consapevoli delle regole del gioco: sapere quando serve il difensore, quali qualifiche cercare, quali limiti possono emergere (es. Cassazione), e pretendere professionalità e trasparenza. La normativa italiana, aggiornata a giugno 2025, offre strumenti avanzati e – con la recente riforma – un processo tributario più garantista (si pensi all’intervento della Consulta sul diritto alla prova in appello). Spetta poi al contribuente-difeso e al suo difensore utilizzarli al meglio per far valere le proprie ragioni dinanzi al giudice tributario.
Fonti normative, giurisprudenziali e di prassi (agg. 2025)
- D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 12 e segg.: disciplina dell’assistenza tecnica nel processo tributario (come da ultimo modificato da D.Lgs. 156/2015, D.Lgs. 130/2022, D.Lgs. 220/2023).
- D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 63: previgente disciplina abilitazione ex funzionari finanziari (richiamata in art.12 D.Lgs.546/92).
- Legge 31 agosto 2022, n. 130: riforma della giustizia tributaria (ha confermato categorie difensori e introdotto magistratura tributaria professionale).
- Decreto MEF 5 agosto 2019, n. 106: Regolamento sull’assistenza tecnica dinanzi alle Commissioni Tributarie (Istituzione Elenco unico difensori abilitati, sezioni per lettere d)-h) art.12; requisiti per CAF, etc.).
- Circolare MEF Dip. Finanze n. 2/2020: Istruzioni su transito iscritti vecchi elenchi nel nuovo elenco unico e adempimenti (foto, tessera, PEC).
- Codice Deontologico Forense (CNF 2014): Principi estesi a tutti i difensori tributari ex art.12 co.4 D.Lgs.546/92.
- Codici deontologici ODCEC, CDL: pertinenti per i rispettivi iscritti nello svolgimento dell’attività contenziosa tributaria (richiamo generico).
- Corte Costituzionale, sentenza 27 marzo 2025 n. 36: ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 58 co.3 D.Lgs.546/92 (come mod. da D.Lgs. 220/2023) nella parte in cui vietava la produzione in appello di procure e deleghe non per colpa.
- Corte Costituzionale, sentenza 18 maggio 2000 n. 189: ha ritenuto costituzionalmente legittimo l’obbligo di difesa tecnica in contenziosi > soglia, purché interpretato con possibilità di ordine di integrazione (evitando inammissibilità immediata).
- Cassazione SS.UU. 20 settembre 2004 n. 22601: ha confermato che il difetto di assistenza tecnica è sanabile se parte ottempera all’ordine del giudice, ma non se difensore nominato non firma il ricorso (in tal caso inammissibilità).
- Cassazione Sez. Trib. 19 aprile 2017 n. 10080: in tema di controversie sopra il vecchio limite L.5 milioni (€2.582) ribadisce inammissibilità del ricorso se non assistito da difensore, salvo regolarizzazione ex art.12(5).
- Cassazione SS.UU. 13 dicembre 2019 n. 30008: ha affermato la legittimità del patrocinio dell’Agente Riscossione tramite avvocati del libero foro (questione ius postulandi avvocati vs Avvocatura Stato).
- Cassazione varie (principio generale): solo avvocato iscritto Albo Cassazione può patrocinare in Cassazione (es. Cass. 10893/2002; Cass. 13138/2006) – prevede inammissibilità ricorso di commercialista non abilitato.
- Agenzia delle Entrate – Circ. 29/12/2015 n. 38/E: ha illustrato modifiche apportate da D.Lgs.156/2015, tra cui l’innalzamento soglia a €3.000 e obbligo indicare categoria difensore nel ricorso.
- Prassi DGT (FAQ): chiarimenti su procure digitali nel PTT, firma digitale del difensore vale come autentica.
- Sito Giustizia Tributaria (MEF): sez. “Assistenza tecnica” (spiega categorie difensori) e motore di ricerca difensori abilitati esterni.
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