Hai accumulato debiti per spese mediche che non riesci più a sostenere? Ti sei trovato a dover affrontare cure urgenti, visite private o interventi imprevisti, e ora ricevi solleciti, richieste di pagamento o sei addirittura finito sotto segnalazione come cattivo pagatore?
Quando la salute viene prima di tutto, capita di dover affrontare costi elevati e imprevisti: cliniche private, esami specialistici, dentisti, fisioterapia, farmaci non coperti dal SSN. Se il pagamento è stato rateizzato con finanziarie o carte di credito, il rischio di sovraindebitamento è concreto.
Ma cosa si può fare, concretamente, per uscire da questa situazione?
Tutto parte da una valutazione chiara: quanti debiti hai, verso chi, e qual è la tua reale possibilità di rimborso. In base a questo, ci sono diverse soluzioni legali che ti permettono di:
– ristrutturare il debito, rinegoziando i pagamenti o accorpando le rate;
– chiuderlo a saldo e stralcio, versando un importo ridotto in un’unica soluzione;
– oppure, nei casi più gravi, avviare una procedura di sovraindebitamento, che consente di bloccare ogni azione dei creditori e cancellare il debito in modo legale.
E se il creditore ha già avviato azioni legali?
Può succedere che una finanziaria o un ente ospedaliero abbia ottenuto un decreto ingiuntivo o stia per pignorare lo stipendio o il conto. Anche in questo caso, non tutto è perduto: esistono strumenti per sospendere l’esecuzione, contestare la somma dovuta, oppure far rientrare il debito in una procedura di composizione della crisi personale.
E se non lavoro più o non ho beni da offrire?
La legge tutela anche chi è in condizioni di particolare fragilità. Se sei incapiente (cioè senza redditi o con redditi minimi), puoi richiedere la esdebitazione del debitore incapiente, e ottenere la cancellazione totale dei debiti non pagati, comprese le spese mediche.
Attenzione: ogni caso va analizzato con precisione.
Molti debiti sanitari nascono da situazioni d’emergenza. Ma se lasci passare troppo tempo, i creditori possono iscrivere protesti, segnalarti in banca dati o avviare pignoramenti. Intervenire subito è fondamentale per difenderti e trovare una soluzione sostenibile.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto del sovraindebitamento, tutela del debitore e difesa da azioni esecutive – ti spiega cosa fare se hai debiti per spese mediche, quali sono le strade per ridurli o cancellarli, e come possiamo aiutarti a chiudere questo capitolo e ripartire senza il peso dei debiti.
Hai debiti sanitari che non riesci a pagare e vuoi capire se puoi davvero liberartene?
Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Valuteremo insieme la tua situazione, individueremo la soluzione più adatta – saldo, rate, riduzione o cancellazione – e ti accompagneremo fino alla piena liberazione dal debito.
Introduzione
I debiti derivanti da spese mediche possono colpire individui, famiglie e imprese con effetti finanziari pesanti. In Italia vige il diritto costituzionale alla salute (art. 32 Cost.), che si traduce in un Servizio Sanitario Nazionale (SSN) pubblico e universalistico. Tuttavia, non tutte le prestazioni sanitarie sono completamente gratuite: ticket sanitari, cure in cliniche private, terapie non incluse nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) o interventi urgenti fuori dal SSN possono generare obblighi di pagamento a carico del paziente. Quando queste spese non vengono pagate per difficoltà economica, sorgono debiti per spese mediche di cui è fondamentale comprendere il quadro normativo e le possibili soluzioni.
Questa guida – rivolta ad avvocati, imprenditori e privati – esamina in dettaglio la disciplina italiana vigente a giugno 2025 in materia di debiti sanitari, con un linguaggio giuridico ma accessibile. Adotteremo la prospettiva del debitore, ossia di colui che si trova nell’impossibilità di saldare i costi medici, analizzando i suoi diritti, doveri e gli strumenti di tutela a disposizione. Verranno illustrate le normative rilevanti (Codice Civile, Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza – CCII, leggi speciali) con indicazione di articoli di legge e giurisprudenza aggiornata al 2025, incluse sentenze chiave. Approfondiremo inoltre:
- Le differenze tra debiti contratti direttamente dal paziente, da terzi (es. genitori per figli) o da soggetti incapaci di agire (minori o interdetti), evidenziando chi è legalmente obbligato al pagamento in ciascun caso.
- Le procedure di recupero crediti e l’interazione con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) quando il credito sanitario diviene oggetto di riscossione coattiva. Analizzeremo le conseguenze giuridiche del mancato pagamento (interessi, ingiunzioni, pignoramenti di beni e redditi) e i limiti posti dalla legge a tutela della dignità del debitore.
- Le soluzioni legali per uscire dai debiti sanitari: dalle procedure di sovraindebitamento introdotte dalla Legge 3/2012 (c.d. legge “salva suicidi”) e oggi incorporate nel Codice della Crisi e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022), agli strumenti di esdebitazione (cancellazione dei debiti residui) inclusi i nuovi istituti come l’esdebitazione del debitore incapiente. Vedremo come funzionano il piano del consumatore, il concordato minore, la liquidazione controllata del patrimonio e in quali casi il debitore può ottenere la definitiva liberazione dai debiti (fresh start).
- Indicazioni pratiche: tabelle riepilogative, esempi di calcolo, domande e risposte su questioni frequenti (FAQ) e simulazioni di casi concreti guideranno il lettore nella comprensione di concetti complessi.
Nota metodologica: tutte le fonti normative e giurisprudenziali citate sono raccolte in una sezione finale. Le informazioni sono aggiornate a giugno 2025, tenendo conto delle più recenti riforme (ad es. il “Decreto Correttivo Ter” del CCII del settembre 2024 e la Legge di Bilancio 2025 in tema di esdebitazione degli incapienti). Il contenuto è riferito esclusivamente al diritto italiano.
Quadro generale e definizioni
Prima di entrare nel dettaglio, è utile definire cosa intendiamo per “debiti per spese mediche” e delineare il contesto legale in cui sorgono:
- Debito sanitario verso strutture pubbliche: quando il paziente usufruisce di prestazioni del Servizio Sanitario pubblico che prevedono un pagamento (es. ticket per esami diagnostici, prestazioni in intramoenia, compartecipazioni alla spesa sanitaria) e non adempie, si forma un debito verso l’ente pubblico (ASL/Azienda Ospedaliera). Tali crediti hanno natura pubblicistica; il mancato pagamento può portare all’iscrizione a ruolo e alla riscossione tramite Agenzia Entrate-Riscossione, analogamente a tasse o multe. Ad esempio, il ticket sanitario non pagato è considerato da alcuni un’obbligazione tributaria con prescrizione decennale, anche se in altri orientamenti si parla di termine quinquennale (torneremo sul tema prescrizione).
- Debito verso strutture private o professionisti: riguarda cure presso cliniche private, interventi non coperti dal SSN, dentisti o altri professionisti sanitari privati. Giuridicamente è un debito di natura contrattuale: nasce da un contratto di prestazione d’opera sanitaria tra paziente e struttura (o medico). Il paziente si obbliga a pagare il corrispettivo del trattamento. In caso di insolvenza, la struttura privata potrà agire in via civile per recuperare il credito (ingiunzione di pagamento, esecuzione forzata), come farebbe qualsiasi creditore commerciale. Questi debiti generalmente ricadono sotto la disciplina civilistica comune (artt. 1218 e ss. c.c. sull’inadempimento delle obbligazioni). Non essendo crediti “pubblici”, non interviene l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, salvo che il creditore ottenga un titolo esecutivo e iscriva pignoramenti tramite ufficiale giudiziario.
- Spese mediche straordinarie in ambito familiare: in contesti di separazione o divorzio, le spese mediche per i figli possono essere qualificate come spese straordinarie da ripartire tra i genitori, secondo provvedimenti del giudice o accordi. Tali aspetti, tuttavia, attengono ai rapporti interni tra genitori e non riguardano il creditore esterno (ospedale, medico) che ha erogato la prestazione. Se uno dei genitori ha anticipato l’intero pagamento, potrà rivalersi sull’altro secondo le regole sull’obbligo di mantenimento, ma per il creditore originario entrambi i genitori potrebbero risultare obbligati solidalmente nei limiti e casi che vedremo (art. 189 c.c.).
Debitore e soggetti obbligati: la posizione del debitore può variare: spesso è lo stesso paziente (se maggiorenne e capace di agire) che firma il contratto o riceve la prestazione sanitaria. Ma può accadere che l’obbligazione sia assunta (formalmente o sostanzialmente) da terzi: ad esempio, un genitore per le cure del figlio minorenne, un tutore per un interdetto, un coniuge che firma impegnandosi a pagare le cure dell’altro coniuge, oppure ancora un garante che presta fideiussione per il pagamento delle rette di degenza. È cruciale distinguere queste situazioni, perché la legge prevede differenti regimi di responsabilità. Nei paragrafi seguenti tratteremo separatamente:
- I debiti contratti direttamente dal paziente (maggiore di età e capace);
- I debiti contratti da terzi in favore del paziente (genitori per figli, coniuge per l’altro, altri familiari o garanti);
- I debiti riferiti a soggetti incapaci di agire (minori, interdetti, inabilitati), esaminando chi ne risponde e con quali beni.
Inoltre, forniremo un breve cenno al caso in cui il debitore deceda lasciando debiti medici insoluti e come tali debiti si trasmettono (o possano essere estinti) in ambito successorio.
Debiti contratti direttamente dal paziente
Quando un paziente maggiorenne e capace di intendere e di volere riceve una prestazione medica a pagamento, egli stesso diviene titolare dell’obbligazione di pagamento. Si applicano le norme generali delle obbligazioni: il debitore è tenuto ad adempiere esattamente alla prestazione dovuta (art. 1218 c.c.), ovvero a pagare l’importo concordato o tariffato per la prestazione sanitaria ricevuta. In caso di mancato pagamento, il creditore (ad esempio l’ospedale privato) potrà:
- Chiedere gli interessi di mora per il ritardo (art. 1224 c.c.);
- Inviare solleciti e procedere, se necessario, con un decreto ingiuntivo o un’azione legale per ottenere un titolo esecutivo;
- Una volta munito di titolo (es. decreto ingiunto divenuto esecutivo), attivare l’esecuzione forzata sui beni del debitore (pignoramento di conto corrente, stipendio, ecc., come dettagliato più avanti).
Dal punto di vista giuridico, il paziente-debitore è un consumatore se la prestazione è per uso personale e non professionale. Ciò comporta l’applicabilità delle norme a tutela del consumatore per eventuali clausole contrattuali (es. trasparenza del preventivo, possibile nullità di clausole vessatorie nelle condizioni di una clinica privata, ecc.). Tuttavia, in fase di recupero crediti, tale qualifica ha impatto limitato: ad esempio, il consumatore ha diritto a non essere destinatario di pratiche commerciali aggressive da parte di società di recupero crediti (d.lgs. 206/2005, Codice del Consumo), ma se il credito è certo ed esigibile, il professionista potrà comunque adire le vie legali.
Esempio: il sig. Mario, privato cittadino, si sottopone a un intervento chirurgico presso una clinica privata, firmando il contratto di ricovero e impegnandosi a pagare €10.000. Per difficoltà economiche, Mario non paga la fattura. La clinica, dopo ripetuti solleciti, ottiene un decreto ingiuntivo dal tribunale competente. Mario non propone opposizione e il decreto diventa esecutivo: a questo punto la clinica può far pignorare lo stipendio di Mario nei limiti di legge (di norma fino a un quinto mensile) oppure il suo conto corrente, fino a soddisfazione del credito.
In questo scenario base, il solo responsabile del debito è il paziente stesso con tutto il suo patrimonio presente e futuro (principio della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c.). Fanno eccezione solo i beni dichiarati impignorabili dalla legge (vedi oltre la sezione sul pignoramento).
Prescrizione del credito sanitario e interessi
Un aspetto rilevante è la prescrizione del diritto del creditore al pagamento. A seconda della natura del credito per spese mediche, possono applicarsi diversi termini prescrizionali:
- Se il credito deriva da un rapporto contrattuale ordinario (come nel caso di una clinica privata o di un medico libero professionista), si applica la prescrizione decennale generale (art. 2946 c.c.), salvo che si tratti di prestazioni periodiche. Alcune prestazioni professionali hanno termini brevi per il pagamento delle parcelle (ad es. tre anni per compensi di alcuni professionisti, art. 2956 n.2 c.c.), ma per le strutture sanitarie il più delle volte si considera il termine ordinario decennale a decorrere dalla prestazione o dalla scadenza del pagamento pattuita.
- Se si tratta di ticket sanitari o somme dovute ad ASL e strutture pubbliche, vi è stata incertezza: parte della giurisprudenza qualifica il ticket come un obbligo di natura tributaria, cui si applicherebbe la prescrizione decennale; altre interpretazioni, considerate la natura di prestazione corrispettiva non tributaria, propendono per la prescrizione breve di 5 anni (art. 2948 n.4 c.c. per le “prestazioni periodiche” o, analogicamente, per le somme dovute a titolo di sanzioni/indennità). La questione non è del tutto pacifica. Ad ogni modo, il decorso del tempo senza atti interruttivi (es. solleciti scritti, intimazioni) può estinguere l’obbligo. Nel dubbio, molte ASL applicano il termine più lungo (10 anni) per sicurezza e inviano ingiunzioni prima della scadenza decennale. Un recente parere esperto del 2024 conferma che, generalmente, per i ticket si considera prudenzialmente il termine di 5 anni dal giorno successivo all’erogazione della prestazione, ma conviene verificare caso per caso la natura giuridica del credito.
- Interessi: sui debiti di natura civile, il creditore può chiedere interessi moratori al tasso legale (o al tasso contrattualmente previsto, se pattuito) dal momento della costituzione in mora (ad esempio dalla data di scadenza indicata in fattura o dalla messa in mora formale). Nel caso di crediti vantati da strutture pubbliche (ticket), spesso oltre agli interessi legali vengono applicate sanzioni amministrative per ritardato pagamento e spese di notifica, secondo la normativa di settore (ad es. sanzioni per mancato pagamento ticket possono essere previste da regolamenti regionali).
Prescrizione e ruolo di Agenzia Riscossione: se il credito sanitario pubblico viene iscritto a ruolo (ovvero affidato all’ente di riscossione), occorre fare attenzione anche ai termini di decadenza per la notifica della cartella esattoriale. In genere la cartella deve essere notificata entro determinati termini dall’iscrizione a ruolo; una volta notificata, l’Agente della riscossione (AER) può attivare le procedure esecutive entro termini anch’essi soggetti a prescrizione (di regola, 5 anni per i tributi periodici, salvo atti interruttivi).
Riepilogo tabellare – Prescrizione dei debiti sanitari:
Tipo di debito sanitario | Termine di prescrizione | Norma di riferimento |
---|---|---|
Ticket e compartecipazioni verso SSN (tributarie) | 10 anni (orientamento A) oppure 5 anni (orient. B) – dibattuto | Art. 2946 c.c. (generale) o art. 2948 c.c. |
Prestazioni sanitarie private (una tantum) | 10 anni (contratto ordinario) | Art. 2946 c.c. (obbligazioni) |
Compensi professionali sanitari (medici, dentisti) | 3 anni per alcuni compensi, se ricorre art. 2956 c.c. n.21 | Art. 2956 n.2 c.c. (professionisti) |
Sanzioni amministrative per ticket non disdetto ecc. | 5 anni (se assimilate a sanzioni) | Art. 28 L.689/1981 (sanz. amm., generale) |
Nota: 1La prescrizione breve per i professionisti decorre dalla prestazione ed è interrotta da atti formali (richiesta scritta, messa in mora ecc.). In caso di dubbio, si applica comunque il termine decennale. |
Debiti contratti da terzi per il paziente (genitori, coniuge, garanti)
Spesso il paziente non agisce da solo nei rapporti con le strutture sanitarie, sia per ragioni pratiche (ad es. un minore non può contrarre obbligazioni da solo) sia per accordi familiari. Esaminiamo le situazioni più frequenti in cui un terzo assume l’obbligazione (totalmente o in parte) per spese mediche altrui:
Genitori per spese mediche dei figli
Minori d’età: un figlio minorenne non ha capacità di agire contrattuale per obbligazioni che eccedono l’ordinaria amministrazione. Le spese mediche, anche se necessarie, rientrano di norma tra gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione (soprattutto se di importo rilevante). Pertanto, è il genitore (o chi ne fa le veci) a stipulare il contratto di cura col medico/ospedale per conto del minore. In questi casi, come si ripartisce la responsabilità del debito?
- Se i genitori sono uniti (coniugati o conviventi): entrambi hanno l’obbligo di mantenere e curare i figli (art. 147 c.c.). Secondo il Codice Civile, “i debiti contratti da uno dei coniugi a favore del figlio minore” vincolano solidalmente anche l’altro coniuge se sono finalizzati a soddisfare i bisogni primari del figlio. Ciò significa che, ad esempio, se il padre firma un impegno di pagamento per un intervento urgente sul figlio minorenne, la madre – pur non avendo firmato – può essere ritenuta condebitrice solidale per quella obbligazione, in quanto spesa volta a tutelare un bisogno essenziale del minore. Viceversa, se la spesa non era destinata a bisogni primari del figlio, ne risponde solo il genitore che l’ha contratta. Questa regola, introdotta dall’art. 189 c.c. comma 12, tutela i creditori (che possono rivalersi su entrambi i genitori per i bisogni fondamentali dei figli) ma al contempo limita la solidarietà ai soli casi di necessità vera.
- In pratica, quindi, il creditore (es. ospedale pediatrico) potrà chiedere il pagamento a entrambi i genitori se la cura riguardava la salute del figlio e risultava necessaria. Se uno solo dei genitori ha pagato, questi non potrà però a sua volta pretendere metà dall’altro se si trattava di esborso dovuto all’adempimento di un obbligo di mantenimento: l’obbligo verso il figlio è indivisibile e fa capo ad entrambi i genitori, salvo diverso accordo interno. Diverso sarebbe se la spesa fosse straordinaria in regime di separazione: in quel caso il genitore che ha pagato potrebbe far valere l’obbligo di rimborso in base alle percentuali stabilite dal giudice, ma ciò esula dal rapporto col creditore originario.
- Se i genitori sono separati o divorziati: l’art. 189 c.c. opera a prescindere dalla convivenza, in quanto concerne il vincolo di solidarietà verso terzi per i bisogni del minore. Dunque anche il genitore non affidatario (o non collocatario) può risultare obbligato solidale verso l’esterno se l’altro ha contratto un debito per cure necessarie del figlio. In pratica però, quando i genitori sono separati, le regole interne di riparto spese (decreto di omologa o sentenza) stabiliscono la percentuale a carico di ciascuno per le spese straordinarie sanitarie. Il genitore che anticipa l’intero importo potrà poi chiedere regresso all’altro della quota di sua spettanza, ma ciò riguarda il rapporto tra genitori. Per l’ospedale, rimangono debitori entrambi se il caso rientra nell’art. 189 c.c.
2 Art. 189 c.c., comma 1: “I debiti contratti da uno dei coniugi nell’interesse della famiglia e quelli contratti separatamente a favore dei figli minori, ove destinati a soddisfare bisogni primari, obbligano solidalmente anche l’altro coniuge, salvo che si provi che erano estranei a detti bisogni.” (formula ricostruita sulla base delle interpretazioni, in mancanza di testo ufficiale in questa sede).
- Figli maggiorenni: se il “figlio” è maggiorenne, i genitori non sono più rappresentanti legali e non possono contrarre obbligazioni in nome e per conto suo (salvo tutela/amministrazione di sostegno se incapace). Un figlio maggiorenne incapace potrebbe essere assistito da un amministratore di sostegno, ma in generale il figlio adulto è responsabile in proprio delle obbligazioni che assume. I genitori hanno semmai un obbligo alimentare (art. 433 c.c.) verso i figli maggiorenni non autosufficienti, ma tale obbligo è verso il figlio, non verso i terzi creditori. Pertanto, se un figlio maggiorenne non paga la clinica, quest’ultima non può agire legalmente contro i genitori invocando l’obbligo alimentare (dovrebbe essere il figlio eventualmente a chiedere ai genitori di pagare). La clinica potrebbe coinvolgere i genitori solo se questi hanno direttamente assunto un obbligo, ad esempio firmando come garanti o coobbligati.
Riassumendo: per figli minori, la legge consente al creditore di rivalersi su entrambi i genitori (solidarietà attiva) per le spese mediche necessarie. Per figli maggiorenni, i genitori non sono obbligati salvo garanzie specifiche prestate.
Coniuge o altri familiari per il paziente adulto
Un altro scenario comune: un coniuge o convivente che firma il contratto con la struttura sanitaria per far curare l’altro coniuge. Ad esempio, marito che firma il ricovero e si impegna al pagamento delle cure per la moglie malata. Si crea qui un’obbligazione formalmente a carico del firmatario (il marito nell’esempio). Che responsabilità ha l’altro coniuge (la moglie paziente) verso il creditore?
- Responsabilità diretta del coniuge paziente: se il coniuge paziente non ha firmato nulla e non ha manifestato volontà contrattuale (magari era impossibilitato), tecnicamente non è parte contrattuale. Il creditore (ospedale) si tutelerà avendo il contratto firmato dall’altro coniuge, che diventa debitore principale. La moglie, in questo esempio, non è contrattualmente obbligata verso l’ospedale. Tuttavia, internamente, il pagamento è stato fatto nell’interesse della moglie e potrebbe considerarsi come adempimento di un obbligo familiare.
- Solidarietà tra coniugi per bisogni della famiglia: qui entriamo in un terreno delicato. Il Codice Civile non prevede espressamente che ciascun coniuge sia automaticamente obbligato in solido per tutti i debiti contratti dall’altro, nemmeno se contratti per bisogni familiari. La riforma del diritto di famiglia del 1975 non ha introdotto una norma di responsabilità solidale generale tra coniugi verso i terzi. Dunque, secondo la Cassazione, “l’obbligazione assunta da un coniuge in proprio per soddisfare i bisogni della famiglia non pone l’altro coniuge nella veste di debitore solidale verso il terzo”, mancando una deroga espressa al principio che solo chi stipula è obbligato. Questo orientamento (oggi prevalente) tutela il coniuge non contraente: in assenza di firma o mandato, egli non risponde personalmente del debito altrui. Riferimento giurisprudenziale: Cass. civ. 22 giugno 2011 n. 13639 ha affermato che la semplice qualità di coniuge non comporta responsabilità solidale per un debito contratto dall’altro coniuge, stante la mancanza nel nostro ordinamento di una norma ad hoc (a differenza di altri paesi) e considerato che l’art. 143 c.c. impone sì a entrambi di contribuire ai bisogni della famiglia, ma tale dovere opera nei rapporti interni e non fornisce azione diretta ai terzi. In altre parole, il creditore deve dimostrare un titolo di obbligazione anche a carico dell’altro coniuge se vuole aggredirlo.
- Eccezioni – atti di gestione e rappresentanza: se un coniuge, con il consenso dell’altro o in situazione di necessità, ha agito come rappresentante dell’altro, l’obbligazione può ricadere sull’altro coniuge. Ad esempio, il marito ricoverato d’urgenza in coma: la moglie firma per lui come familiare. Qui la moglie di fatto sta prestando il consenso alle cure ma non è detto che assuma su di sé l’obbligo di pagare. Spesso le strutture fanno firmare un familiare come “obbligato al pagamento in solido”; se la moglie ha sottoscritto espressamente un impegno di pagamento, allora ne risponderà. Se ha firmato solo come accettazione del regolamento sanitario o per consenso informato, senza impegno finanziario, la struttura potrebbe comunque sostenere che, avendo lei richiesto le cure per il marito, ha assunto un’obbligazione in nome proprio (specie se il marito non era in grado di contrarre). Questa situazione è ambigua e andrebbe valutata caso per caso, anche in base al modulo firmato.
- Comunione legale dei beni: attenzione a non confondere la responsabilità personale col regime patrimoniale. In regime di comunione dei beni, se uno dei coniugi contrare debiti durante il matrimonio, quei debiti – se contratti nell’interesse della famiglia – possono essere soddisfatti anche sui beni della comunione (art. 189 c.c. comma 2 e art. 191 c.c.). Ciò significa che, pur non essendo personalmente obbligato il coniuge non contraente, i beni comuni (es. casa comprata insieme in comunione) possono essere aggrediti dal creditore per debiti familiari dell’altro coniuge. Ad esempio, se marito e moglie hanno comunione, e il marito fa un debito per pagare una costosa terapia per sé (dunque un bisogno familiare), il creditore può pignorare il conto corrente cointestato o altri beni comuni, anche se la moglie non ha firmato, perché il bene è comune. In separazione dei beni questo non accade: ciascuno risponde con i propri beni, salvo diversi accordi.
In sintesi: il coniuge non firmatario non è personalmente tenuto salvo debito contratto per figli minori o salvo firma come coobbligato/garante. Diverso è che i beni comuni siano aggredibili. La convivenza di fatto non prevede obbligazioni solidali analoghe: un convivente non risponde dei debiti dell’altro se non ha assunto obblighi (a meno di eventuali accordi scritti). Anche per le unioni civili (coppie same-sex) vale quanto detto per il matrimonio: non c’è solidarietà automatica verso terzi.
Esempio pratico: Tizio ha urgente bisogno di cure costose; sua moglie Caia firma un finanziamento con la clinica per pagare le cure di Tizio. Successivamente, Caia non riesce a pagare le rate. La clinica potrà escutere Caia, che ha firmato l’obbligazione. Tizio, pur beneficiario delle cure, non ha firmato nulla e la clinica non potrà chiedere a lui il pagamento residuo (salvo accordi specifici). Tuttavia, se i coniugi sono in comunione legale, la clinica potrà pignorare beni comuni (es. l’auto intestata a entrambi) perché Caia è debitrice e i beni comuni rispondono dei debiti per bisogni familiari. Se fossero in separazione, la clinica potrebbe aggredire solo i beni di Caia.**
Garanti e coobbligati (fideiussione, obbligazione solidale)
Altre figure di terzi coinvolti possono essere garanti o coobbligati diversi dai familiari. Ad esempio, un nonno che si offre di pagare l’operazione al nipote, un amico che firma come garante per un prestito acceso per pagare spese mediche, ecc. Le forme comuni sono:
- Fideiussione (garanzia personale): un terzo garantisce al creditore il pagamento del debito del paziente. Se il paziente non paga, il garante fideiussore è tenuto lui al pagamento (art. 1936 c.c.). Molte cliniche non prevedono fideiussione formale, ma è possibile in accordi rateali o finanziamenti per spese sanitarie. Il garante ha poi diritto di regresso verso il debitore principale (art. 1950 c.c.), ma intanto il creditore può escuterlo. Perciò, un parente che abbia garantito il debito sanitario del paziente rischia il proprio patrimonio se il paziente è insolvente.
- Coobbligazione solidale: un contratto può essere intestato a più persone solidalmente (art. 1292 c.c.). Ad es., due genitori firmano entrambi come obbligati per la degenza del figlio maggiorenne disabile; entrambi diventano debitori in solido verso la clinica. In tal caso, ciascun coobbligato risponde per l’intero, e il creditore può scegliere da chi ottenere la somma (salvo regresso interno tra debitori). Se non diversamente specificato, quando più soggetti assumono un obbligo verso una prestazione divisibile come una somma di denaro, si presume la solidarietà passiva (art. 1294 c.c.). Conviene pertanto verificare le clausole dei moduli di ricovero: spesso includono una dichiarazione tipo “il sottoscritto, anche in qualità di familiare, si obbliga in solido al pagamento delle spese di degenza…”. Firmando, ci si assume personalmente il debito insieme al paziente.
- Delegazione di pagamento o espromissione: ipotesi più rara in ambito sanitario. Può accadere che un terzo pagatore, come un datore di lavoro o un’assicurazione, si impegni verso la struttura a pagare (delegazione cumulativa), oppure che un terzo si sostituisca al debitore assumendo il debito (espromissione ex art. 1272 c.c.) – ad esempio, un’associazione benefica che si fa carico del debito sanitario di una persona indigente. In tali casi, se validamente accettati dal creditore, tali terzi diventano obbligati principali (nell’espromissione, il debitore originario è liberato solo se il creditore lo dichiara; nella delegazione spesso rimangono entrambi obbligati). Sono figure tecniche che citiamo solo per completezza.
Conclusione su terzi obbligati: Nessuno diventa debitore per spese mediche altrui a meno che:
- La legge lo preveda espressamente (genitore per minore, coniuge nei limiti dei beni comuni per debiti familiari, ecc.);
- Abbia volontariamente assunto l’obbligo (firmando come coobbligato o garante).
Al di fuori di ciò, il debitore rimane colui che ha ricevuto la prestazione o chi ha firmato il contratto.
Debiti di soggetti incapaci (minori e interdetti): chi paga?
Abbiamo in parte affrontato il caso dei minori, che rientrano negli incapaci di agire. Allarghiamo la prospettiva ad altri soggetti incapaci: persone interdette (incapaci legali per infermità mentale con un tutore), inabilitate o beneficiarie di amministrazione di sostegno. Come vengono gestiti i debiti per spese mediche di costoro?
Minore non emancipato: come visto, il minore non può validamente stipulare da solo contratti di cura onerosi. Se lo facesse (es: un diciassettenne firma da sé una prestazione medica estetica senza il genitore), il contratto è annullabile per incapacità legale. L’ente che ha erogato la prestazione rischierebbe di non poter esigere il pagamento se il genitore rifiuta di ratificare. Tuttavia, per le prestazioni sanitarie necessarie, solitamente c’è l’intervento del genitore/tutore. Dunque il debitore formale è il genitore (vedi supra). Se proprio il minore contrasse un debito, il creditore potrebbe far valere un’azione di arricchimento senza causa (art. 2041 c.c.) sostenendo di aver fornito una prestazione utile e necessaria al minore e chiedere un indennizzo, ma sono casi limite.
Interdetto giudiziale: è parificato al minore quanto a incapacità di agire (art. 427 c.c.). Ha un tutore che lo rappresenta negli atti patrimoniali. Dunque, se l’interdetto necessita di cure mediche, sarà il tutore a stipulare i contratti di cura in nome e per conto dell’interdetto, previa eventuale autorizzazione del giudice tutelare se la spesa è straordinaria e incide sul patrimonio. Il debito così contratto è a carico dell’interdetto, ossia sarà pagato col suo patrimonio, ma è il tutore che si obbliga verso i terzi nell’interesse dell’interdetto. In pratica, il tutore agisce da rappresentante legale: se dispone delle somme dell’interdetto, paga con quelle; se non paga, il creditore potrà agire sui beni dell’interdetto. Il tutore non risponde con beni propri purché abbia dichiarato di agire come tutore. Se però il tutore agisse senza spendita del nome (cioè senza far capire di rappresentare l’interdetto), potrebbe rischiare una responsabilità personale contrattuale (art. 38 c.c. sulle associazioni non riconosciute analogo, ma per i tutori si applicherebbe la teoria del falso rappresentante se non dichiara la rappresentanza). Normalmente, i documenti di ricovero indicheranno che Tizio firma “in qualità di tutore di Caio”.
Amministrazione di sostegno: l’ADS ha poteri eventualmente di rappresentanza o di assistenza come stabilito nel decreto di nomina. Un beneficiario di ADS può conservare in parte la capacità. Se il decreto abilita l’amministratore a gestire le questioni di cura, sarà quest’ultimo a sottoscrivere. Vale lo stesso principio: paga il patrimonio del beneficiario. L’amministratore non è obbligato personalmente se agisce nei poteri.
Incapace naturale: caso complicato è la persona che, pur non formalmente interdetta, al momento del contratto non era capace di intendere (es. persona in stato confusionale che accetta una costosa cura). Se lo stato di incapacità naturale è provato e la prestazione medica non era di carattere urgente per salvare la vita o la salute, l’incapace potrebbe chiedere l’annullamento del contratto (art. 428 c.c.) se il contratto gli è risultato gravemente pregiudizievole. Questo è raro in ambito sanitario, perché tipicamente le prestazioni mediche sono a vantaggio del paziente, non un pregiudizio. Però, facciamo un esempio: un anziano con demenza senile (non ancora interdetto) firma contratti onerosi per cure non necessarie in una clinica privata; i familiari potrebbero far valere l’incapacità naturale per invalidare gli impegni e non pagare. La clinica per tutelarsi dovrebbe verificare la lucidità del paziente o pretendere la firma di un familiare.
Riassumendo per incapaci: Il debito segue il patrimonio dell’incapace, ma l’obbligazione viene assunta e gestita dal rappresentante legale. Quest’ultimo (genitore, tutore, ADS) non paga di tasca propria, salvo casi di negligenza o abuso. In ogni caso, i creditori dovranno rivolgersi alle risorse dell’incapace (spesso limitate). Se l’incapace è nullatenente, tali debiti potrebbero rimanere insoddisfatti; una volta maggiorenne o cessata la tutela, potrà valutare l’accesso a procedure di esdebitazione (su questo v. più avanti il debitore incapiente).
Debito sanitario e decesso del paziente: se il paziente muore dopo aver contratto il debito (es. muore dopo la cura, lasciando la fattura non pagata), il debito rientra tra i debiti ereditari. Gli eredi subentrano nelle obbligazioni del defunto (art. 752 c.c. se più coeredi, secondo le rispettive quote). Attenzione: gli eredi hanno facoltà di rinunciare all’eredità se i debiti superano i beni, oppure accettare con beneficio di inventario per limitare la responsabilità patrimoniale. Il creditore sanitario potrà insinuarsi nell’asse ereditario e chiedere il pagamento agli eredi (nei limiti della responsabilità intra vires hereditatis, se con beneficio). Se nessuno accetta l’eredità, il patrimonio del defunto (se c’è) servirà a pagare i debiti secondo le regole della successione giacente o dell’eredità allo Stato, ma gli eredi che hanno rinunciato non ne rispondono. Caso particolare: se un genitore muore e lascia debiti per spese mediche sostenute per curare un figlio, quel debito è suo personale e passa agli eredi (che possono essere lo stesso figlio oppure altri). Non c’è una regola di esonero automatico per i debiti di carattere sanitario: vanno trattati come gli altri.
Riscossione coattiva e Agenzia Entrate-Riscossione (AER)
Affrontiamo ora ciò che avviene quando i debiti sanitari restano insoluti e si attiva la fase di recupero forzoso. Dobbiamo distinguere due macro-ipotesi:
A) Credito di natura privata – recupero tramite vie ordinarie: il caso tipico è la clinica privata o il medico che vantano crediti verso il paziente. Questi soggetti non hanno poteri speciali di riscossione e devono seguire l’iter civile: diffida, decreto ingiuntivo (o causa ordinaria), precetto, pignoramento. Non interviene l’Erario, sono crediti privati. Anche i contributi a case di cura convenzionate, se non pagati dal paziente, seguono questa via (la struttura convenzionata agisce come privato per la parte a carico paziente). Non vengono emesse cartelle esattoriali da Agenzia Entrate-Riscossione in questi casi.
B) Credito verso il sistema pubblico – recupero tramite AER: riguarda somme dovute ad enti pubblici sanitari. Ad esempio: ticket non pagati, somme dovute per prestazioni erogate dall’ASL a pagamento (come vaccinazioni per viaggi non obbligatorie, certificazioni medico-legali a pagamento), sanzioni per mancata disdetta di prenotazioni sanitarie (in alcune regioni se non disdici la visita e non ti presenti devi pagare una penale), oppure il caso di ricovero di pazienti non iscritti al SSN tenuti a rimborsare le spese (es. stranieri senza copertura). Tali crediti, essendo pubblici, possono essere riscossi tramite il meccanismo della riscossione esattoriale, ovvero con l’iscrizione a ruolo e l’affidamento all’Agenzia Entrate-Riscossione. L’ente (ASL, Ospedale pubblico) emette una determinazione di pagamento, se non ottiene il saldo invia il ruolo all’Agenzia (previa notifica di avviso bonario/sollecito, spesso). L’Agenzia notifica quindi una cartella di pagamento al debitore, recante l’importo dovuto, interessi e aggi (compenso di riscossione). A quel punto, se il debitore non paga né chiede rateazione, AER può procedere con gli strumenti di esecuzione previsti dal D.P.R. 602/1973: pignoramento, fermo amministrativo, ipoteca ecc., senza bisogno di decreto ingiuntivo (la cartella esattoriale è già titolo esecutivo). Su questo torneremo tra poco, analizzando i limiti specifici (es. soglie per ipoteca e espropriazione immobiliare) introdotti dal legislatore a tutela del contribuente.
È importante che il debitore non ignori le comunicazioni:
- Nel recupero privato, ignorare un decreto ingiuntivo significa farlo passare in giudicato (di solito 40 giorni) e poi subire pignoramenti. Conviene, se il debito non è dovuto o vi sono contestazioni (es. prestazione non eseguita correttamente, importo non dovuto), fare opposizione nei termini al decreto ingiuntivo, per evitare che diventi definitivo.
- Nel recupero AER, se si riceve una cartella esattoriale e si ritiene che il debito non sia dovuto (ad es. si era esenti ticket, oppure si ha prova di aver pagato), entro 60 giorni si può presentare istanza di annullamento in autotutela all’ente creditore o ricorrere (nei casi ammessi) alle commissioni tributarie o al giudice competente. Se la cartella è corretta ma non si riesce a pagare subito, è fondamentale valutare l’opzione rateizzazione o le procedure di definizione agevolata se previste (nel 2023-2024, ad esempio, c’è stata la Rottamazione-quater per cartelle fino al 2017, e uno stralcio automatico dei ruoli fino a €1000 antecedenti al 2015 per enti statali). Verificare se il proprio debito rientra in queste misure è importante: talvolta i debiti per ticket sono stati inclusi nelle sanatorie.
Rateizzazione con AER: attualmente (2025) il contribuente/debitore può chiedere all’Agenzia Entrate-Riscossione una dilazione fino a 120 rate mensili (10 anni) se versa in uno stato di temporanea difficoltà economica e il debito supera certe soglie. Per importi fino a €120.000 circa, la rateazione è concessa con istruttoria semplificata (72 rate standard); per importi maggiori o situazioni di grave e comprovata difficoltà, si può ottenere la dilazione straordinaria fino a 10 anni. La soglia e le procedure sono state aggiornate di recente (ad es. dal 2023, per debiti fino a €120.000 non occorre documentazione sull’ISEE, mentre oltre serve prova del calo reddito > 20% e rata > 1/5 del reddito mensile).
Azioni cautelari di AER: prima di pignorare, l’Agente può iscrivere fermo amministrativo sui veicoli (se il debito supera €1.000 e dopo notifica di preavviso non viene pagato in 30 gg) e può iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore (per debiti sopra €20.000, con preavviso 30 gg). Il fermo blocca la circolazione del mezzo, l’ipoteca serve a garantire il credito in attesa di eventuale espropriazione.
Conseguenze del mancato pagamento: procedure esecutive e pignoramenti
In assenza di accordi o soluzioni, il creditore – sia esso privato o Agenzia Riscossione per l’ente pubblico – può passare alle procedure esecutive contro il debitore. Analizziamo i principali strumenti di esecuzione forzata e le tutele legali per il debitore.
Pignoramento mobiliare, immobiliare e presso terzi: nozioni generali
Il pignoramento è l’atto con cui si vincola un bene del debitore per destinarlo alla soddisfazione forzata del credito (art. 491 e ss. c.p.c.). Può riguardare:
- Beni mobili posseduti dal debitore (pignoramento mobiliare diretto): es. arredi, auto, oggetti di valore. L’ufficiale giudiziario, su istanza del creditore munito di titolo e precetto, può recarsi presso il domicilio del debitore e pignorare beni di sua proprietà. In pratica, per crediti sanitari, è raro pignorare mobili d’arredo perché di valore modesto e procedura complessa (l’Agenzia delle Entrate-Riscossione poi non effettua pignoramenti mobiliari domiciliari dal 2020 in poi per cifre piccole, per policy interna). Un bene mobile registrato come l’automobile può invece subire fermo amministrativo (se AER) o essere pignorato e venduto (se creditore privato, tramite pignoramento mobiliare registrato al PRA).
- Beni immobili (pignoramento immobiliare): espropriazione della casa o terreni di proprietà del debitore. Questa è la misura più incisiva: il creditore iscrive ipoteca giudiziale (se privato, di regola conviene iscrivere ipoteca se il credito è sopra 20mila) e poi avvia pignoramento, che porta all’asta dell’immobile. Tuttavia, la legge prevede importanti limitazioni quando il creditore è l’Erario (Agenzia Entrate-Riscossione) e l’immobile è l’abitazione principale del debitore. Ne parleremo a breve dettagliatamente. Per i creditori privati, attualmente, non vi è un analogo divieto di pignorare la prima casa (sebbene periodicamente sia proposto in Parlamento, finora non è legge per i privati). Pertanto un ospedale privato potrebbe pignorare la casa del paziente per un grosso debito, ma spesso valuterà costi/benefici (non è frequente per debiti di piccola entità, ma tecnicamente possibile se il debito supera qualche migliaio di euro e la casa è di valore).
- Crediti del debitore verso terzi (pignoramento presso terzi): tipicamente stipendio, salario, pensione accreditati, oppure conti correnti bancari, crediti verso assicurazioni ecc. Questo è uno strumento molto usato perché colpisce flussi di denaro. Sia i creditori privati sia AER lo utilizzano. Consiste nel notificare un atto di pignoramento al terzo debitore del nostro debitore (es. datore di lavoro, banca) intimandogli di non pagare più il debitore ma versare le somme pignorate per soddisfare i crediti. È soggetto a limiti precisi (specie per stipendi e pensioni, v. infra).
Limiti legali al pignoramento (tutele del debitore)
Il codice di procedura civile e leggi speciali pongono vari limiti alla pignorabilità di determinati beni o somme, per garantire al debitore mezzi di sostentamento e la dignità familiare. Elenchiamo i principali, con differenze tra esecuzione civile ordinaria e riscossione esattoriale:
- Stipendi e salari: se il debitore lavora come dipendente, il suo stipendio è pignorabile presso il datore di lavoro nella misura massima di un quinto del netto mensile (20%). Questo limite vale in generale per crediti ordinari. Per crediti alimentari (es. mantenimento non pagato) può arrivare a 1/3, ma non è il nostro caso. Dunque un creditore di debito sanitario (che non è alimentare) potrà ottenere al massimo il 20% dello stipendio al mese. Importante: se sullo stipendio insistono più pignoramenti (es. uno bancario, uno fiscale, uno alimentare), valgono limiti complessivi: non più metà dello stipendio totale può essere pignorata in ogni caso. Nel caso di creditore AER (Erario): il D.P.R. 602/1973 prevede quote pignorabili dello stipendio per cartelle esattoriali un po’ diverse a scaglioni: 1/10 dello stipendio se questo è inferiore a ~€2.500, 1/7 se tra ~€2.500 e ~€5.000, 1/5 oltre €5.000 (importi precisi aggiornati periodicamente). In pratica per stipendi medi o alti coincide col 20%, per stipendi bassi AER può prendere solo il 10%. Queste regole (art. 72-ter DPR 602/73) sono a tutela dei redditi minimi.
- Pensioni: sono equiparate ai salari come pignorabilità ma con un’ulteriore salvaguardia: esiste una soglia di impignorabilità assoluta pari all’importo dell’assegno sociale aumentato della metà (art. 545 c.p.c. come modificato dal DL 83/2015). L’assegno sociale nel 2025 è circa €503 mensili, la metà è ~€252, dunque circa €755 sono impignorabili sulla pensione. Solo la parte eccedente tale importo minimo vitale può essere pignorata nei limiti di 1/5. Ad esempio, se un pensionato ha €1000 di pensione, €755 sono intoccabili, restano €245 pignorabili al 20%, quindi circa €49 al mese. Questo vale sia per esecuzione ordinaria che esattoriale. AER ha regole analoghe: non può intaccare la pensione minima vitale (determinata in misura pari all’assegno sociale + 1/2).
- Conti correnti: il denaro sul conto del debitore è pignorabile integralmente (fino a copertura del credito) se frutto di risparmi già accreditati. Tuttavia, se sul conto viene accreditato lo stipendio o pensione, la legge distingue: le somme già depositate al momento della notifica di pignoramento sono pignorabili nei limiti del quinto per la parte afferente stipendi/pensioni degli ultimi mesi (per evitare di aggirare i limiti su stipendi); le somme accreditate dopo la notifica vengono bloccate nella percentuale pignorabile (il quinto). In sostanza, il lavoratore con stipendio su conto, se subisce pignoramento conto, vedrà di solito bloccarsi il saldo fino a concorrenza del debito e, per le mensilità successive, la banca deve lasciargli i 4/5 di ogni stipendio e girare 1/5 al creditore. Nel caso di AER, c’è una procedura più snella: dopo 60 giorni dalla notifica della cartella, può ordinare alla banca il blocco delle somme (art. 72-bis DPR 602/73) e ottenere i soldi in conto fino al debito, rispettando però i limiti sulle pensioni sopra detti.
- Beni indispensabili: alcuni beni mobili sono totalmente impignorabili per legge (art. 514 c.p.c.): ad es. vestiti, biancheria, letto, tavolo da pranzo, frigorifero e altri beni di casa indispensabili al debitore e alla sua famiglia. Anche i beni sacri e l’anello nuziale sono impignorabili. Strumenti di lavoro (pc, utensili) sono impignorabili nei limiti in cui servono al debitore per lavorare, salvo che si pignorino per crediti verso il professionista stesso. Queste tutele valgono in ogni esecuzione, compresa quella AER.
- Prima casa (abitazione principale): questo merita un approfondimento separato, data la differenza tra credito fiscale e credito privato: Prima casa e Agenzia Entrate-Riscossione: dal 2013 la legge (art. 76 DPR 602/73, come modificato dal DL 69/2013) tutela in modo stringente l’unica abitazione di proprietà del debitore. In particolare, AER non può pignorare l’immobile se sussistono tutte queste condizioni: (a) il debitore possiede un solo immobile; (b) tale immobile è adibito a uso abitativo e il debitore vi risiede anagraficamente; (c) non è un immobile di lusso (categorie catastali A/8, A/9 esclusi, quindi no ville storiche o castelli). Se queste condizioni sono rispettate, l’agente della riscossione “non dà corso all’espropriazione”. Ciò rende di fatto impignorabile la prima casa (non di lusso) da parte del Fisco. Attenzione: la legge non vieta però l’ipoteca sull’unica casa, come misura cautelare, se il debito supera €20.000. AER può iscrivere ipoteca ma non procedere alla vendita forzata. Solo se il debitore perde i requisiti (es. ha due case, oppure l’immobile non è più unica casa), allora l’ipoteca potrà sfociare in pignoramento a debito > €120.000. In generale, per altri immobili (seconda casa, uffici, terreni) AER può pignorare, ma solo a debito complessivo > €120.000 e previa iscrizione di ipoteca da almeno 6 mesi senza che il debitore abbia pagato o rateizzato. Inoltre il valore complessivo degli immobili deve superare €120.000. Questi paletti evitano espropri per importi modesti. Prima casa e creditori privati: incredibilmente, la tutela sopra descritta vale solo per agenti della riscossione. Un creditore privato (banca, clinica, condominio, etc.) attualmente può pignorare la casa del debitore anche se è prima e unica abitazione. Non esiste un divieto generale nel codice di procedura civile. L’unica attenuante è pratica: la procedura è lunga e costosa, per cui difficilmente un ospedale privato metterà all’asta una casa per un debito di poche migliaia di euro, specie se gravata da mutuo o se il gioco non vale la candela. Ma legalmente potrebbe. L’ordinamento affida casomai al buon senso del creditore o a soluzioni alternative (come la conversione del pignoramento con rateizzazione, art. 495 c.p.c., o l’accordo transattivo) la salvaguardia della casa. Dunque il debitore con debiti sanitari privati non ha la protezione di impignorabilità della prima casa, a differenza che con debiti fiscali. Questo paradosso è noto: il fisco (spesso più duro) è in realtà vincolato dalla legge a non toccare la prima casa sotto certe soglie, mentre un creditore privato no. Esempio: se il Sig. X deve €15.000 all’ASL per ticket non pagati, AER non può ipotecargli o pignorargli l’unica casa in cui vive, ma potrà ipotecarla come avvertimento se supera €20.000 di debito e pignorarla solo se supera €120.000. Se invece il Sig. Y deve €15.000 a una clinica privata, questa può, ottenuto il titolo, ipotecare e pignorare la casa di Y anche se prima casa. Y dovrà difendersi magari chiedendo al giudice dell’esecuzione una dilazione ex art. 569 c.p.c. o tentando un accordo con il creditore prima dell’asta.
- Beni costituiti in fondo patrimoniale: se il debitore ha destinato la casa o altri beni in un fondo patrimoniale (artt. 167-170 c.c.) o in un trust, l’esecuzione su tali beni è limitata ai debiti contratti per bisogni della famiglia. Le spese mediche per sé, coniuge o figli rientrano certamente nei “bisogni della famiglia” (salvo spese voluttuarie). Quindi un debito per cure sanitarie è generalmente collegato ai bisogni familiari e il fondo patrimoniale non proteggerà da tale debito: i beni del fondo potranno essere pignorati, poiché il debito è pertinente ai bisogni della famiglia. La Cassazione ha più volte escluso la protezione del fondo per debiti sanitari necessari, in quanto rientrano nella finalità del fondo stesso. Solo se la spesa fosse estranea ai bisogni (es. chirurgia estetica voluttuaria non condivisa nell’interesse familiare) si potrebbe opporre l’impignorabilità (onere della prova al debitore). In sintesi: se Tizio ha messo la casa in fondo patrimoniale, e contrae debiti per operarsi, quel creditore potrà comunque aggredire la casa dimostrando che l’intervento rientrava nel mantenimento della salute della famiglia.
Tabella riepilogativa – Limiti al pignoramento:
Bene/Somma | Limite pignorabilità (creditore privato) | Limite pignorabilità (AER) |
---|---|---|
Stipendio salariato | max 1/5 (20%) dello stipendio netto | Fasce: 1/10 < €2.500; 1/7 €2.500-5.000; 1/5 > €5.000 (circa) |
Pensione | max 1/5 eccedente minimo vitale (~€755) | Idem: intoccabile quota ≤ 1,5x assegno soc. |
Conto corrente (saldo pre-pignor.) | Interamente pignorabile (salvo identificare stipendi ultimi mesi, allora 1/5) | Saldo pignorabile, ma tutela su accreditati futuri come da stipendio/pensione |
Automobile (bene mobile registrato) | Pignorabile; può essere venduta all’asta. | Non pignora auto, ma può imporre fermo amm.vo (> €1.000) impedendo la circolazione. |
Beni mobili essenziali | Impignorabili (letti, frigorifero, indumenti, ecc.) | Impignorabili parimenti (AER raramente fa pignoramenti mobiliari) |
Strumenti di lavoro | Impignorabili quelli indispensabili al lavoro (salvo crediti per il loro acquisto) | Idem (raramente eseguiti) |
Immobile unica casa abitazione | Pignorabile (nessuna impignorabilità ex lege) | IMPIGNORABILE se unica casa non di lusso e residenza debitore; (ipoteca ammessa >€20k) |
Altri immobili (seconde case, etc.) | Pignorabili (valutando costi/benefici) | Pignorabili solo se debito > €120k e 6 mesi dopo ipoteca; vendibili all’asta con condizioni (no se debito < €120k) |
Nota: in caso di più pignoramenti concorrenti, i limiti percentuali si riferiscono al totale. Ad esempio, se pensione €1000, parte impignorabile €755, restanti €245: se c’è un pignoramento fiscale e uno bancario, complessivamente massimo €49 (20% dei 245) cumulativo, da ripartire proporzionalmente. Inoltre, AER non può procedere ad espropriazione immobiliare se il debitore ha in corso una rateizzazione attiva o una sospensione.
Sanzioni penali e segnalazioni creditizie
Una nota: l’insolvenza civile (cioè non pagare i debiti) non è reato in Italia, salvo casi eccezionali (es. frode ai creditori, simulazione di incapacità per non pagare alimenti, ecc., che però esulano). Quindi il debitore di spese mediche non rischia sanzioni penali per il solo fatto di non poter pagare. I reati eventualmente possono sorgere se il debitore compie atti fraudolenti per sfuggire al pagamento (ad es. nasconde o sottrae beni dopo un pignoramento: reato di sottrazione di cose pignorate, art. 388 c.p.).
Quanto alle segnalazioni creditizie: se il debitore di spese mediche stipula un finanziamento (es. prestito bancario per pagare la clinica) e non lo paga, allora sarà segnalato nelle banche dati creditizie (Crif, etc.) come cattivo pagatore, come per qualsiasi finanziamento non rimborsato. Ma se il debito rimane nei confronti diretti della struttura sanitaria e non di una finanziaria, di solito non c’è segnalazione nei sistemi finanziari, trattandosi di un debito commerciale. Potrebbe finire in banche dati di società di recupero, ma non nel circuito bancario. La centrale rischi pubblica (CR) di Banca d’Italia registra solo inadempimenti verso banche/finanziarie. Quindi, ad esempio, non pagare €5000 alla ASL per ticket non fa scattare una segnalazione in CRIF; però se la ASL cede il credito a una finanziaria o se si fa un prestito per pagarla e non lo si paga, allora sì.
Strumenti di tutela del debitore: sovraindebitamento ed esdebitazione
Arriviamo al cuore delle possibili soluzioni per chi si trova sommerso dai debiti, incluse le spese mediche. Il legislatore italiano, ispirandosi a principi di fresh start e seconda possibilità, ha introdotto già dal 2012 procedure ad hoc per i debitori civili e piccoli imprenditori in crisi: la Legge 3/2012 (detta “salva suicidi”). Dal 2022 tali procedure sono confluite ed aggiornate nel nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022. L’obiettivo è permettere anche al debitore “non fallibile” (consumatore, professionista, ditta sotto soglie) di ristrutturare o cancellare i propri debiti in modo ordinato e con l’intervento del tribunale, analogamente a quanto avveniva per le imprese con il fallimento e concordato.
Chi ha accumulato debiti per spese mediche – magari insieme ad altri debiti come mutui, carte di credito, ecc. – può trovare in queste procedure un’ancora di salvezza: esse consentono di proporre un piano sostenibile ai creditori o persino, in casi estremi, di ottenere l’esdebitazione totale pur non pagando nulla (nel caso dell’incapiente meritevole, come vedremo).
Ambito di applicazione: chi può accedere?
Le procedure di sovraindebitamento sono riservate ai soggetti non fallibili, ovvero tutti coloro che non rientrano nelle categorie assoggettabili a fallimento o liquidazione giudiziale. In pratica: privati consumatori, professionisti (avvocati, medici, ecc.), imprenditori minori sotto certe soglie, enti no-profit, start-up innovative, aziende agricole, ecc..
Sono escluse le grandi imprese e in generale i soggetti “fallibili” (imprenditori commerciali sopra soglie di attivo, ricavi e debiti). Ma la maggior parte delle persone indebitate per spese mediche rientra tra i consumatori o piccoli imprenditori, quindi è ammessa. Ad esempio, un imprenditore artigiano individuale con debiti personali (non legati all’azienda) può accedere; una SRL grande no (dovrebbe usare altri strumenti del CCII come concordato preventivo).
Definizione di sovraindebitamento: la legge lo definisce come la “situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, con la conseguente incapacità di adempiere regolarmente”. In parole povere, il sovraindebitato ha più debiti di quanti ne possa ragionevolmente pagare con il suo reddito e patrimonio, ed è incapace di farvi fronte regolarmente. Non serve l’insolvenza “fallimentare” (che è più rigorosa), basta la difficoltà non temporanea a pagare.
Novità del CCII (2022): il Codice ha introdotto importanti innovazioni pro-debitore rispetto alla vecchia legge. Le principali:
- Procedura familiare unitaria: più membri della stessa famiglia sovraindebitati, con debiti di origine comune, possono presentare un unico procedimento con un unico piano congiunto. Ciò riduce costi e incoerenze. Ad esempio marito e moglie indebitati per le stesse spese (es. mediche del figlio) possono fare domanda insieme.
- Meritevolezza e merito creditizio: resta il requisito di meritevolezza del debitore (cioè non deve aver colpa grave, frode o abuso nel creare il debito), ma è stata calibrata meglio: non si punisce più ogni condotta imprudente, si guarda soprattutto alla assenza di frodi e dolo. Inoltre, è stato introdotto il concetto di merito creditizio inverso: se banche/finanziarie hanno concesso prestiti sapendo che il debitore era incapace, vengono penalizzate (il giudice può falcidiare maggiormente i loro crediti).
- Cessazione trattenute su stipendi: l’apertura di una procedura sospende le eventuali cessioni del quinto o pignoramenti in corso sullo stipendio, alleviando subito la situazione del debitore e mettendo a disposizione liquidità per il piano.
- Liquidazione più breve e automatica esdebitazione: la liquidazione controllata (nuova versione della liquidazione del patrimonio) dura al massimo 3 anni, riducendo i tempi di “purgatorio”. Al termine, l’esdebitazione residua è automatica, cioè il giudice la dichiara senza necessità di una domanda separata, salvo motivi ostativi.
- Esdebitazione del debitore incapiente: assoluta novità, ne parliamo a parte, permette a chi non ha nulla da offrire ai creditori di chiedere comunque la cancellazione dei debiti una volta nella vita.
- Coinvolgimento dell’intero nucleo familiare: come detto, i familiari conviventi possono presentare procedura unica se debiti con causa comune. Ciò è utilissimo, ad esempio, in caso di debiti medici del figlio che hanno portato a prestiti contratti da entrambi i genitori: si evita di fare due procedure separate.
Passiamo ora alle tipologie di procedure offerte al debitore sovraindebitato, tenendo presente che non sono alternative libere ma dipendono dalla qualità del debitore (consumatore o imprenditore) e dall’obiettivo perseguibile.
Le procedure di sovraindebitamento previste dal Codice (Capo II, artt. 65 e ss. CCII) sono principalmente tre (più l’esdebitazione speciale):
- Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (nel linguaggio comune, piano del consumatore) – riservato ai debitori consumatori (persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei ad attività imprenditoriali/professionali). Esempio: famiglia indebitata per spese mediche, carte di credito, prestiti personali.
- Concordato minore (ex accordo di composizione della crisi) – riservato ai debitori non consumatori non fallibili (piccoli imprenditori, professionisti, ditte sotto soglia). Esempio: un artigiano o un commerciante con debiti personali e aziendali contenuti, oppure un professionista con Partita IVA sommerso dai debiti.
- Liquidazione controllata del sovraindebitato (prima chiamata liquidazione del patrimonio) – aperta a qualsiasi debitore sovraindebitato (consumatore o meno) come via residuale o volontaria per liquidare i propri beni e soddisfare in parte i creditori, ottenendo poi l’esdebitazione del resto. È analoga a un “fallimento” personale.
- Esdebitazione del debitore incapiente – è una procedura speciale, introdotta dall’art. 283 CCII, che consente al debitore persona fisica, meritevole, totalmente incapiente (senza reddito né beni) di ottenere la cancellazione di tutti i debiti senza alcun pagamento ai creditori. È un beneficio eccezionale concesso una sola volta nella vita e condizionato a eventuali sopravvenienze (dettagli più avanti).
Vediamo singolarmente i primi tre strumenti, poi approfondiremo l’esdebitazione incapiente.
Piano di ristrutturazione del consumatore
Cos’è: È un piano di pagamento proposto dal consumatore ai suoi creditori, sotto il controllo del tribunale, per ristrutturare i debiti in base alle sue effettive possibilità. Si tratta di un accordo non negoziato: la legge consente al consumatore di presentare un piano anche senza accordo preventivo con i creditori, demandando al giudice l’omologazione che lo rende vincolante. Questo è un tratto saliente: a differenza del concordato minore, qui non serve il voto favorevole dei creditori, basta che il giudice valuti il piano fattibile e che i creditori non ne ricaverebbero comunque di più dalla liquidazione.
Chi può accedere: solo il consumatore sovraindebitato, cioè persona fisica che ha contratto debiti per scopi estranei ad attività imprenditoriale/professionale (art. 2, c.1 lett. e CCII). Se parte dei debiti è legata ad attività di impresa, il soggetto non è considerato consumatore e deve usare il concordato minore. Esempio: un piccolo imprenditore che ha anche debiti personali non può usare il piano consumatore; mentre un dipendente, pensionato, disoccupato con soli debiti personali sì. Debiti per spese mediche contratti da privati rientrano tipicamente nella sfera “consumer” (a meno che parliamo di uno studio medico professionale indebitato per acquisto macchinari – scenario diverso).
Contenuto del piano: il piano è un programma di rientro dei debiti, modellato sulla capacità di pagamento del debitore. Può prevedere: stralcio di parte dei debiti (quindi pagamento parziale), dilazioni di pagamento (rate mensili, annuali), vendita di alcuni beni se necessario, mantenendo al debitore il necessario per vivere dignitosamente. Deve includere tutti i debiti del consumatore (non può scegliere quali sì e quali no, salvo possa escludere quelli impignorabili come sanzioni amministrative se non vuole farli rientrare, ma in generale conviene includere tutto). Non include però i debiti che per legge non possono essere falcidiati, come le obbligazioni alimentari, le restituzioni di mantenimento al coniuge e simili, che non vengono toccate.
In particolare, i debiti fiscali e verso enti (compresi eventuali cartelle per ticket sanitari) possono essere inclusi nel piano: l’Agenzia Entrate può essere trattata come un creditore e sottoposta a falcidia (purché il piano offra almeno il pagamento di quanto otterrebbe in liquidazione). La legge prevede però che per il debito IVA non si possa fare stralcio dell’imposta (solo dilazione di pagamento), data la normativa UE, ma per debiti sanitari questo è irrilevante.
Procedura: il consumatore si rivolge a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) o a un professionista nominato dal tribunale, che lo assiste nel redigere il piano e prepara una relazione sulla sua meritevolezza e sulla fattibilità del piano. La meritevolezza nel piano consumatore (ante riforma) era un criterio stringente: il giudice doveva rigettare piani di consumatori che avessero colpa grave nel sovraindebitamento (ad es. aver fatto spese sproporzionate o acceso finanziamenti imprudenti senza valutare la capacità di rimborso). Dopo le riforme emergenziali (DL 137/2020 conv. L. 176/2020) la meritevolezza è stata resa meno rigida, ma tuttora il giudice la valuta. Ad esempio, un consumatore che ha accumulato debiti per gioco d’azzardo difficilmente sarà ritenuto meritevole. Invece un consumatore indebitato perché ha dovuto pagare cure mediche urgenti o perché ha perso il lavoro, di norma è meritevole.
Il piano e la relazione vengono depositati in tribunale. I creditori vengono avvisati e possono presentare opposizioni/osservazioni. Tuttavia non c’è voto: il giudice fissa un’udienza e valuta se il piano:
- è fattibile,
- garantisce ai creditori almeno quanto otterrebbero dalla liquidazione dei beni (il best interest test, potremmo dire),
- il debitore è meritevole e non ci sono frodi.
Se tutto è in regola, il tribunale omologa il piano nonostante il dissenso di eventuali creditori. Da quel momento, il piano diventa obbligatorio per tutti i creditori inclusi. Le posizioni dei creditori vengono modificate secondo il piano (riduzione dei crediti, scadenze nuove). I creditori perdono il diritto di agire esecutivamente in modo individuale e dovranno attenersi al piano. Le azioni esecutive e i pignoramenti in corso vengono sospesi.
Esempio di piano consumatore: il sig. Rossi ha debiti totali per €50.000 (di cui €10.000 verso banca, €5.000 clinica privata, €8.000 carte di credito, €7.000 Agenzia Entrate per cartelle, etc.). Ha uno stipendio netto di €1.500 e una piccola casa di proprietà. Propone di pagare €300 al mese per 5 anni (totale €18.000), suddivisi tra i creditori in proporzione alle rispettive percentuali, vendere l’auto (ricavando €2.000) e offrire quindi complessivi €20.000 ai creditori, pari a circa il 40% del totale, con stralcio del restante 60%. Dalla liquidazione, i creditori otterrebbero poco di più o uguale. Il giudice valuta che Rossi è meritevole (si è indebitato perché ha perso il lavoro per un periodo e per spese mediche per la moglie) e che lo sforzo è sostenibile (gli rimangono €1.200 per vivere, considerato il nucleo familiare). Omologa il piano. Ogni mese Rossi versa €300 e, adempiuto il quinquennio, versa anche l’importo ricavato dall’auto; il tribunale emette il decreto che esdebità Rossi dal residuo non pagato (i creditori non potranno più pretendere la differenza). Rossi ha così risolto la sua crisi pagando solo una parte del dovuto ma nella misura ritenuta consona alle sue capacità.
Vantaggi e note: il piano del consumatore è molto vantaggioso perché non richiede il consenso dei creditori. Anche se uno o più creditori si oppongono, il giudice può omologare ugualmente se ritiene che non siano pregiudicati ingiustamente. Questo strumento è pensato proprio per aiutare i debitori meritevoli contro l’eventuale ostinazione di creditori che rifiuterebbero qualsiasi accordo. Ci sono state sentenze di Cassazione che hanno chiarito aspetti di questa procedura: ad esempio Cass. 7822/2020 ha confermato che il giudice deve valutare la convenienza del piano rispetto alla liquidazione e può omologare se il piano offre ai creditori il massimo realizzabile. Cass. 27843/2022 ha ribadito che, nel piano consumatore, in sede di omologazione il giudice controlla la fattibilità e la meritevolezza, e non è richiesto il voto dei creditori (era un caso con privilegio parzialmente incapiente, la Cassazione ha detto: omologabile se il trattamento è migliore della liquidazione).
Obblighi durante il piano: il debitore deve rispettare rigorosamente i pagamenti stabiliti. Se non adempie senza giustificato motivo, il piano può venire revocato e i creditori riacquistano i loro diritti originari. Ciò significa che se Rossi dell’esempio smette di pagare le rate del piano, i creditori potranno chiedere la revoca dell’omologazione. È quindi fondamentale proporre un piano realistico, lasciandosi un margine per imprevisti. Il CCII ora permette al debitore di trattenere risorse per sé pari all’assegno sociale aumentato della metà come minimo vitale, anche in valutazione di meritevolezza, quindi non verranno accettati piani che lascino il debitore sotto la soglia di sussistenza.
Conclusione sul piano: per un privato oberato da debiti (inclusi quelli medici), il piano del consumatore è spesso la soluzione principe: riduce e diluisce il debito, protegge beni come la casa (che può essere mantenuta se il piano è sostenibile senza venderla) e conduce alla liberazione dai debiti residui a fine piano (esdebitazione). E il tutto col sigillo del tribunale, per cui i creditori non possono chiamarsi fuori.
Concordato minore (ex accordo di composizione)
Cos’è: Il concordato minore è l’equivalente del piano del consumatore ma per debitori non consumatori (piccoli imprenditori, professionisti, ditte individuali, società non fallibili). È detto “minore” per distinguerlo dal concordato preventivo delle grandi imprese. In realtà è l’evoluzione dell’“accordo di ristrutturazione del debito” della L.3/2012, ma con dinamiche di voto più flessibili.
Chi può accedere: soggetti sovraindebitati che non sono consumatori e non sono fallibili. Ad esempio: un imprenditore individuale sotto le soglie di fallibilità (non oltre 300k attivo, 200k ricavi, 500k debiti), un artigiano, un socio di SNC, un professionista con P.IVA, un agricoltore, un’associazione, etc. Anche il socio illimitatamente responsabile di una società fallita può accedere dopo un anno dall’uscita dalla società. Nota: se c’è confusione, un soggetto potrebbe essere sia consumatore sia piccolo imprenditore (es. ha debiti per mutuo casa e anche debiti dell’attività artigiana). In tal caso deve usare il concordato minore per includere tutto, perché una parte dei debiti è professionale. Quindi il piano del consumatore è escluso se anche solo parte del debito ha natura aziendale.
Contenuto dell’accordo: simile al piano: prevede proposte di pagamento (parziali o dilazionate) ai creditori. Può contemplare la continuazione dell’attività d’impresa (concordato in continuità) oppure la liquidazione di beni. Nel concordato minore di regola c’è un voto dei creditori: serve l’adesione di almeno il 50% dei crediti per poter essere omologato. Questa è una differenza: qui i creditori hanno voce. Tuttavia, la riforma ha abbassato la soglia di adesione dal 60% al 50%, rendendola più facile. Se la maggioranza (per valore) dei crediti approva la proposta, il tribunale può omologarla anche sul dissenso della minoranza. Se non si raggiunge il 50%, il tribunale non omologa, a meno che ritenga la mancata adesione di alcuni irragionevole e pregiudizievole per tutti (c’è una clausola di cram-down fiscale per crediti erariali dissenzienti, ad esempio, se l’adesione è mancata solo per il fisco, il tribunale può forzare l’omologazione purché la proposta non preveda stralcio dell’IVA e soddisfi almeno il 10% dei chirografari).
Procedura: il debitore tramite OCC elabora la proposta e un piano con le modalità di soddisfazione. Viene nominato un Gestore della crisi (figura dell’OCC) che redige una relazione. I creditori vengono chiamati ad esprimersi: nelle nuove norme anche il silenzio può valere come consenso in certi casi (per velocizzare). Se la maggioranza è raggiunta, il giudice dichiara l’omologazione dopo aver verificato regolarità e meritevolezza. Durante il concordato minore, come per il piano, il debitore è protetto da misure cautelari: può chiedere al tribunale di sospendere le azioni esecutive già pendenti e di vietare nuove azioni (il c.d. automatic stay).
Meritevolezza: nella L.3/2012 l’accordo non richiedeva espressamente la meritevolezza, diversamente dal piano consumatore. Il CCII continua su questa linea: formalmente la meritevolezza non è requisito di accesso per il concordato minore, soprattutto perché è aperto anche a soggetti come ditte dove l’insolvenza può capitare per ragioni economiche. Tuttavia, la Cassazione (v. Cass. 30538/2024) ha puntualizzato che anche nel concordato minore occorre valutare il comportamento pregresso del debitore ai fini dell’ammissibilità. Cioè, pur non chiamandola “meritevolezza”, il giudice può rigettare proposte di soggetti con condotte gravemente imprudenti o dolose. Inoltre, se il debitore ha fatto atti in frode (tipo distratto beni prima di proporre il concordato), l’omologazione verrà rifiutata.
Differenza da liquidazione del patrimonio: il debitore preferisce il concordato minore quando vuole evitare la liquidazione totale dei propri beni e magari continuare la sua attività. Si può prevedere di pagare i creditori col reddito futuro, mantenendo gli strumenti produttivi. È simile a un concordato preventivo in continuità ma per piccoli.
Esempio tipico: un artigiano con laboratorio indebitato (tra cui debiti con fornitori, col commercialista, magari anche con una clinica privata perché ha pagato un intervento alla moglie con denaro aziendale) presenta concordato minore proponendo di pagare il 60% ai creditori in 4 anni, mantenendo i macchinari per continuare a produrre reddito con cui pagare le rate. I creditori fornitore e clinica votano a favore, il fisco (20% del debito) vota contro; si raggiunge il 55% di voti favorevoli -> maggioranza ok, il giudice omologa nonostante il fisco contrario, perché la proposta offre all’Erario almeno quanto il minimo di legge. L’artigiano eseguirà il piano in 4 anni e poi verrà liberato dal restante 40%.
Risoluzione e annullamento: analogamente al piano, se il debitore non rispetta gli obblighi del concordato minore, può esserne dichiarata la risoluzione su istanza dei creditori (per inadempimento rilevante). Inoltre può essere annullato se scoperti atti in frode ai creditori (es. aver nascosto dolosamente dei beni). In tali casi, i debiti non pagati rivivono per intero, dedotti eventualmente gli importi già versati.
Liquidazione controllata del sovraindebitato
Cos’è: È la procedura liquidatoria giudiziale prevista per il sovraindebitato in alternativa ai piani di ristrutturazione. In pratica, il debitore mette a disposizione tutto il suo patrimonio liquidabile (beni immobili, mobili di valore, crediti) che viene gestito da un Liquidatore nominato dal tribunale e venduto per pagare i creditori secondo le regole di graduazione. Dopo la liquidazione, se il ricavato non copre tutti i debiti (spesso succede), il debitore persona fisica può chiedere l’esdebitazione per farsi cancellare i debiti residui. La liquidazione controllata è paragonabile al “fallimento” del non fallibile: un processo di espropriazione universale sotto controllo del giudice.
Quando si usa: Può essere volontaria – il debitore che non ha prospettive di fare un piano sostenibile decide di liquidare i suoi beni e chiudere la posizione debitoria in 3 anni – oppure conseguenziale – se un tentativo di piano o concordato fallisce (non viene ammesso o omologato), il debitore può essere “dirottato” in liquidazione. I creditori stessi potevano chiedere la liquidazione d’ufficio nella L.3/2012 se la proposta veniva rigettata per frode; ora il CCII prevede che in caso di inammissibilità della proposta il giudice, se il debitore non rinuncia, dichiari comunque l’apertura della liquidazione (salvo il debitore preferisca rinunciare del tutto). Recenti pronunce (Cass. 30542/2024) hanno chiarito che la dichiarazione di inammissibilità di un piano non è decisoria su diritti (quindi non ricorribile per Cassazione) e che il debitore può ripresentare proposta corretta oppure optare per la liquidazione. Il “Correttivo Ter” 2024 ha introdotto la possibilità di reclamo contro l’inammissibilità e criteri più chiari, ma in ogni caso la liquidazione è sempre apribile su istanza del debitore.
Chi può accedere: qualsiasi sovraindebitato (consumatore o meno). È comune come via di uscita per chi non ha entrate sufficienti a proporre un piano di rientro e possiede magari pochi beni da liquidare. Anche chi ha tentato un piano e non ha retto i pagamenti può passare in liquidazione successivamente.
Procedura: Il debitore (o i creditori, o il pubblico ministero in alcuni casi) presenta ricorso per apertura liquidazione. Il tribunale nomina un Liquidatore (di solito un commercialista o avvocato esperto) e dispone l’inventario di tutti i beni. Da quel momento il debitore è spossessato dei beni: non li può più gestire lui, li gestisce il Liquidatore a beneficio dei creditori. Il debitore deve collaborare (fornire documenti, informazioni). I creditori vengono informati e devono presentare le domande di ammissione al passivo (come in un fallimento), indicando i loro crediti. Il Liquidatore forma lo stato passivo, il giudice lo approva, e si procede a liquidare (vendere) i beni secondo le regole (aste, ecc.). Il ricavato, detratte le spese della procedura, viene distribuito ai creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione (privilegi: es. privilegio sul bene venduto, etc., poi chirografari in proporzione).
Durata massima: il CCII impone di chiudere la liquidazione entro 3 anni dall’apertura (prorogabili di 1 anno in circostanze eccezionali). Questo è un grosso miglioramento: in passato certe liquidazioni duravano 5-6 anni. Ora il Legislatore vuole tempi rapidi per dare presto il fresh start al debitore.
Esdebitazione post-liquidazione: completata la liquidazione (cioè venduto tutto il liquidabile e distribuiti i fondi), il debitore persona fisica ha diritto all’esdebitazione di diritto (art. 282 CCII). Il tribunale la dichiara contestualmente alla chiusura se sono rispettati i presupposti: il debitore ha cooperato, non ci sono stati comportamenti fraudolenti, non ha già ottenuto esdebitazione nei 5 anni precedenti, ecc. Non serve una specifica istanza, è quasi automatica. L’effetto è che tutti i debiti anteriori non soddisfatti integralmente si considerano estinti (salvo quelli non esdebitabili per legge, es. debiti alimentari, che comunque restano). In pratica, il debitore esce pulito dalla procedura, anche se i creditori hanno ricevuto magari il 10%. Questo è il beneficio fondamentale: la liberazione dai debiti residui, che motiva il debitore a sottoporsi alla liquidazione.
Se il debitore è una società, la chiusura della liquidazione comporta l’estinzione della società stessa; se è persona fisica non meritevole, il giudice può negare l’esdebitazione (ma succede raramente, per colpe gravissime).
Che ne è dei beni futuri? Durante la liquidazione, i creditori possono fare azioni revocatorie semplificate per recuperare atti con cui il debitore aveva disposto di beni prima (art. 270 CCII e ss.). Dopo la chiusura, il debitore persona fisica può ricominciare ad accumulare beni suoi, liberi da ipoteche (quelle iscritte non valgono più salvo soddisfazione parziale eventuale). C’è però un regime di sopravvenienze: se entro 4 anni dalla esdebitazione l’ex debitore ottiene “utilità rilevanti”, ad esempio un’eredita ricca o vince alla lotteria, c’è l’obbligo di pagarne i creditori fino al 10% almeno. Art. 282 CCII stabilisce questo meccanismo per evitare che uno ottenga esdebitazione e poi subito arrivi un tesoro inaspettato: in tal caso, se le utilità sopravvenute permettono di soddisfare almeno il 10% dei vecchi debiti, quell’obbligo di pagamento verso i vecchi creditori rivive, limitatamente a ciò, entro 4 anni. Sopra quell’arco temporale, nulla è più dovuto.
Esempio: Debitore Caio liquida tutto, paga 5% ai creditori, viene esdebitato nel 2025. Nel 2027 riceve un’eredità di €100.000; i debiti residui erano €200.000, il 10% sarebbe 20.000. Dovrà versare 20.000 (anzi l’intera utilità fino a quel 10%) ai vecchi creditori, ripartito fra loro, perché li può soddisfare fino a 10%. Se invece l’eredità fosse stata di €5.000 (meno del 10% dei debiti originari), nulla è dovuto, l’esdebitazione resta ferma.
Liquidazione e casa di abitazione: se il debitore possiede una casa, questa entra nella liquidazione e verrà venduta, anche se prima casa e anche se c’è dentro la famiglia. Purtroppo la procedura concorsuale supera le tutele del singolo: non c’è l’esenzione prima casa qui. Il lato positivo è che spesso, se la casa ha un mutuo ipotecario, la banca ipotecaria partecipa come creditore e può anche essere interessata a concordare soluzioni (es. far rilevare l’immobile a un parente del debitore per non svenderlo in asta). Il debitore può anche proporre egli stesso che la casa non sia venduta se i creditori sono soddisfatti diversamente (ma in liquidazione pura di solito si liquida tutto il realizabile).
I diritti impignorabili restano tali? Sì, nella liquidazione non entrano i beni già impignorabili di legge. Ad esempio, stipendio futuro del debitore: verrà prelevata la quota pignorabile mensile (il liquidatore può incassare il quinto dello stipendio durante i 3 anni, ma non di più, per analogia con pignoramento). Oppure oggetti di affetto e uso: non vengono toccati. Lo scopo non è rovinare il debitore, ma dare ai creditori ciò che ragionevolmente si può dare.
Vantaggi: per un debitore senza capacità di fare offerte ma che vuole liberarsi dai debiti, la liquidazione è la strada. Anche se perde i beni, sa che entro 3 anni avrà chiuso i conti col passato. Consideriamo chi ha debiti sanitari ingenti e ha magari una casa: se la casa viene liquidata e paga parte dei debiti, il resto viene condonato con esdebitazione. Certo, l’ideale è evitare di perdere la casa, ma se i debiti sono insostenibili può essere l’unica via (a meno di convincere i creditori a rinunciare anche senza procedure – eventualità remota).
Esdebitazione del debitore incapiente (“esdebitazione senza utilità”)
Questa è la novità più rivoluzionaria del Codice della Crisi sul fronte delle piccole insolvenze personali. Prevista all’art. 283 CCII, consente al debitore persona fisica, meritevole ma che non ha nulla da offrire ai creditori – né reddito, né beni liquidabili, nemmeno in futuro – di ottenere comunque lo sdebitamento totale di tutti i debiti. In pratica una “esdebitazione a costo zero”.
Requisiti chiave (art. 283, c.1):
- Debitore persona fisica meritevole – i soliti criteri: no frodi, no colpa grave nell’indebitamento.
- Il debitore non è in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno prospettica. Significa che ora non possiede nulla di significativo e non ha redditi attivabili, e nemmeno si prevedono miglioramenti a breve (disoccupato senza beni, pensionato al minimo, etc.). È lo stato di incapienza assoluta.
- Una sola volta nella vita: l’esdebitazione incapiente può essere concessa una sola volta. Chi la sfrutta non potrà replicare (mentre le altre procedure volendo si possono ripetere dopo alcuni anni).
- Obbligo di pagamento sopravvenienze >10% entro 4 anni: come in quella post-liquidazione, anche qui se nei 4 anni successivi il debitore ottiene “utilità rilevanti” tali da permettere di pagare almeno il 10% dei creditori, permane l’obbligo di pagarle malgrado l’esdebitazione. Il giudice al momento dell’esdebitazione fissa le modalità di eventuale pagamento sopravvenuto. Questo evita che i furbi svuotino tutto, ottengano esdebitazione e poi magari ricevono beni nascosti.
Procedura: il debitore deposita in tribunale la domanda di esdebitazione incapiente, allegando l’elenco dei creditori, la prova della sua situazione economica nulla e le cause del sovraindebitamento. Serve l’intervento di un OCC o professionista? La legge lo prevede (può essere il gestore nominato, ma la procedura in sé è semplificata, spesso l’OCC prepara la relazione attestando la condizione di incapienza e meritevolezza). Il giudice valuta i requisiti. Non c’è da votare nulla (i creditori vengono solo sentiti per eventuali osservazioni). Se tutto è in ordine, il tribunale emette decreto di accoglimento che cancella i debiti immediatamente, indicando l’eventuale monitoraggio delle sopravvenienze per 4 anni.
Effetti: tutti i debiti anteriori alla domanda sono inesigibili verso il debitore, che viene liberato. I creditori insoddisfatti non possono più agire (salvo, come detto, se emergono assets oltre il 10% entro 4 anni). Da notare: l’art. 283 c.3 prevede che con il decreto di accoglimento il giudice fissa le modalità e il termine entro cui il debitore deve presentare le dichiarazioni annuali sulle proprie sopravvenienze economiche, a pena di revoca del beneficio. Quindi il debitore, per 4 anni, ogni anno dovrà dichiarare la sua situazione reddituale/patrimoniale al tribunale (o al gestore nominato). Se omette o mente, rischia la revoca dell’esdebitazione.
Che differenza c’è con la liquidazione controllata senza attivo? Prima chi non aveva niente poteva sì aprire una liquidazione del patrimonio, che però si chiudeva subito perché non c’erano beni. Ma in L.3/2012 c’era incertezza se potesse poi esdebitarsi senza almeno pagare i costi. L’art. 14-quaterdecies L.3/2012 (introdotto nel 2020) aveva in nuce questa idea, ma ora è molto più diretta: salta proprio la liquidazione. Non si apre nessuna procedura di vendita di beni (che non ci sono), si va direttamente alla fine: cancelli i debiti e basta, con controllo postumo di eventuali vincite/eredita nei 4 anni. È un provvedimento dal forte sapore di equità sociale: serve a tirare fuori dal “limbo” di debiti impagabili persone totalmente impoverite (si pensi a chi ha accumulato debiti per spese mediche, non lavora, non ha casa né patrimoni – proseguire a tenerlo indebitato a vita è inutile per tutti).
Esempio concreto: Maria è disoccupata, vive in affitto in alloggio popolare, ha solo una piccola utilitaria. Ha debiti per €20.000: bollette arretrate, qualche migliaio per cure odontoiatriche non pagate, prestiti. Non possiede immobili, la macchina vale €1.000, sul conto ha €100. Maria può chiedere l’esdebitazione incapiente. Il tribunale verifica che davvero non ha beni aggredibili (la macchina di modico valore non conta come “utilità rilevante” da offrire, possono farla tenere o venderla per poco). Maria risulta meritevole (è diventata povera perché ha dovuto lasciare il lavoro per accudire un familiare malato, non per dolo). Il giudice accoglie l’istanza: con decreto esdebitazione incapiente, estingue quei €20.000 di debiti di Maria. Maria dovrà per 4 anni comunicare ogni anno la sua situazione: se nel frattempo trova lavoro stabile, dovrà destinare ai creditori una quota dei redditi se supera certe soglie (almeno fino a totalizzare il 10% di 20.000 = 2.000 € se ne avrà la possibilità). Se invece rimane sempre con redditi minimi, nulla darà. I creditori non possono più perseguirla (il decreto è titolo per far cessare eventuali pignoramenti in corso).
Meritevolezza stringente: la norma richiede un controllo severo della mancanza di dolo o colpa grave nella formazione dell’indebitamento. Quindi per l’incapiente bisogna dimostrare di non essere responsabili in modo riprovevole dei propri debiti. Se uno è incapiente perché ha sprecato tutto al gioco, rischia di non passare il vaglio. Se lo è per cause sfortunate (malattie, perdita lavoro, crisi economica), allora sì. Ad esempio, la giurisprudenza di merito ha iniziato ad applicare l’art. 283: Tribunale di Milano, 30/9/2022 ha ammesso un debitore incapiente precisando che l’incapienza deve essere attuale e il debitore non deve volontariamente aver rinunciato a entrate per farsi dichiarare incapiente. In pratica, se uno si dimette apposta per risultare senza reddito, sarebbe colpa grave. Insomma, il giudice valuta con attenzione.
Fondo statale per procedure incapienti: La Legge di Bilancio 2025 (L. 30 dicembre 2024 n. 207) ha istituito il Fondo per l’esdebitazione degli incapienti presso il Ministero della Giustizia, con dotazione iniziale di €500.000. Questo Fondo non paga i creditori (non sarebbe sufficiente) ma copre le spese procedurali connesse alle istanze di sovraindebitamento e le competenze degli OCC per i debitori incapienti. Infatti, finora uno dei problemi era: chi è nullatenente spesso non riusciva neanche ad affrontare i costi fissi (il compenso dell’Organismo di Composizione, bolli, ecc.). Con il Fondo, dall’inizio 2025, questi costi potranno essere anticipati dallo Stato, garantendo accesso alla procedura anche ai più poveri. È un passo importante di inclusività, segnalato come novità significativa. Il fondo coprirà: compensi OCC, eventuali costi di giustizia (che di solito sono ridotti o gratuiti comunque per i non abbienti), e ciò elimina un ostacolo.
Limitazioni: l’esdebitazione incapiente non si applica ai debiti derivanti da obblighi di mantenimento, alimenti, risarcimento danni da illecito extracontrattuale e sanzioni penali/amministrative non pecuniarie (questi in realtà sono esclusi da qualunque esdebitazione in generale). Quindi, ad esempio, se i debiti medici includono anche una sanzione amministrativa per abuso edilizio, quella parte non si cancella. Ma i debiti sanitari tipicamente sono pecuniari e contrattuali, quindi rientrano.
Ricapitolando i benefici per un debitore persona fisica sovraindebitato:
- Se ha un reddito/patrimonio di qualche tipo: può proporre un piano (consumatore o concordato minore) per ridurre e rateizzare l’esposizione, preservando magari beni essenziali, e ottenere l’esdebitazione del resto a completamento.
- Se non ha nulla ma possiede competenze lavorative: potrebbe comunque preferire un piano del consumatore con pagamento modesto, se vuole evitare lo stigma di incapienza totale. Ma se davvero non può pagare nulla,
- Se è totalmente privo di risorse: può chiedere l’esdebitazione da incapiente e liberarsi subito dai debiti (laddove in passato sarebbe rimasto a vita con cartelle e ingiunzioni pendenti senza soluzione).
- Se ha beni rilevanti ma debiti enormi: la liquidazione controllata gli permette di sacrificare i beni ma tornare libero dai debiti in pochi anni.
Tabelle riepilogative delle procedure di sovraindebitamento
Per facilitare la comprensione, ecco due tabelle riassuntive: una confronta le caratteristiche delle tre procedure principali (piano, concordato minore, liquidazione) e l’altra evidenzia le differenze tra piano del consumatore e concordato minore (dato che spesso la distinzione crea dubbi).
Tabella 1 – Confronto sintesi procedure:
Procedura | Soggetti ammessi | Strumento | Consenso creditori | Durata | Esdebitazione |
---|---|---|---|---|---|
Piano del consumatore (ristrutturazione) | Persona fisica consumatore (no debiti d’impresa) | Piano di pagamento con possibile stralcio | Non richiede consenso (omologa giudiziale anche senza voto) | Variabile (tipicamente 4–5 anni di pagamenti) | Al termine, residuo cancellato se condizioni rispettate (esdebitazione inclusa nell’omologa) |
Concordato minore (ex accordo) | Debitore non consumatore non fallibile (piccole imprese, professionisti, enti) | Piano di ristrutturazione o continuità, o misto | Richiede 50% adesione crediti (voto); omologa tribunale se maggioranza | Variabile (es. 3–5 anni pagamenti, o secondo piano) | Al termine, residuo cancellato con decreto di omologa (come piano) |
Liquidazione controllata (del patrimonio) | Qualunque sovraindebitato (consumatore o no) | Liquidazione integrale dei beni tramite liquidatore nominato | Non richiede consenso (procedura concorsuale d’ufficio) | ~3 anni (massimo 4 con proroga) | Sì: esdebitazione persona fisica automatica a chiusura (salvo revoche); società si estingue |
Tabella 2 – Differenze Piano consumatore vs Concordato minore:
Aspetto | Piano del consumatore | Concordato minore |
---|---|---|
Soggetto | Consumatore (debiti privati) | Imprenditore/professionista non fallibile |
Consenso creditori | Non necessario (niente voto) | Necessario: voto ≥ 50% crediti favorevoli |
Meritevolezza | Valutata espressamente dal Giudice (causa di rigetto se assente) | Considerata come affidabilità del debitore, ma non requisito formale; condotta valutata per ammissibilità |
Organo di controllo | OCC/Gestore crisi redige relazione e piano | OCC/Gestore crisi redige piano e sovrintende al voto |
Trattamento creditori dissenzienti | Imposizione giudiziale possibile se piano conviene più della liquidazione | Minoranza dissenziente vincolata se maggioranza approva; possibili cram-down su Erario se unico dissenziente e proposta equa |
Utilizzo tipico | Debiti familiari, personali (es. carte, finanziarie, spese sanitarie, ecc.) | Debiti misti, incl. fornitori, fiscali aziendali, leasing, ecc. di piccole imprese |
Esempio di output | Rateizzazione e stralcio parziale debiti senza toccare la casa di abitazione (se sostenibile) | Possibile continuità aziendale: l’impresa continua operare e paga creditori in percentuale col reddito prodotto |
Entrambi, se omologati, portano a una situazione di protezione dalle azioni esecutive (blocco dei pignoramenti pendenti e divieto di iniziarne di nuovi). Nel piano consumatore il blocco può essere richiesto dal deposito del ricorso (misure protettive), similmente nel concordato minore.
Domande frequenti (FAQ) e casi pratici
Di seguito affrontiamo una serie di domande comuni e simulazioni di situazioni concrete riguardanti debiti per spese mediche e le possibili risposte giuridiche, per consolidare la comprensione:
D1: Ho ricevuto una cartella esattoriale per €300 di ticket ospedalieri non pagati. Cosa devo fare? Possono pignorarmi qualcosa per una somma così piccola?
R: Per prima cosa, verifica che la cartella sia legittima: se pensi di aver diritto a esenzione o di aver già pagato, puoi presentare opposizione (istanza in autotutela all’ASL o ricorso al giudice di pace, essendo tributo di modico valore). Se invece devi pagarla, è consigliabile farlo entro 60 giorni per evitare l’addebito di interessi e procedure successive. Per €300, se non paghi, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non procederà subito con pignoramenti pesanti: per debiti sotto €1000 in genere invia un sollecito e aspetta 120 giorni. Non può iscriverti fermi amministrativi per meno di €1000. Tuttavia, il debito rimane e crescerà di interessi. Meglio saldare o chiedere una rateazione (in questo caso, in 6 rate mensili ad esempio). Solo se accumuli più cartelle e superi certe soglie, AER potrebbe agire. Per €300 la legge vieta l’esecuzione prima di averti inviato almeno una comunicazione informativa 120 gg prima.
D2: Ho un debito di €5.000 con una clinica privata e non riesco a pagare. Possono mettermi un’ipoteca sulla casa o pignorare lo stipendio?
R: Sì, in teoria la clinica (o il cessionario del credito) può agire come qualunque creditore. Il percorso è: ottenere un decreto ingiuntivo, notificarlo, attenderne l’esecutorietà e poi notificare atto di precetto e avviare pignoramento. Per €5.000, la via più comune è pignorare il conto corrente o lo stipendio se ne hai uno. Mettere un’ipoteca su un immobile è possibile (l’ipoteca giudiziale può essere iscritta una volta che hanno un titolo esecutivo) ma l’espropriazione della casa per €5.000 è poco conveniente (costi legali elevati rispetto al credito). Più facilmente, pignoreranno lo stipendio: fino a 1/5 ogni mese, quindi se guadagni, ad es., €1.500 netti, ti tratterranno €300 al mese finché saldi i €5.000 + spese. Se non hai stipendio ma hai una casa di proprietà libera, potrebbero minacciare un’ipoteca per costringerti a pagare; difficilmente procederebbero con asta per importo così basso, ma tecnicamente potrebbero dopo ipoteca e precetto. In ogni caso, conviene non aspettare il pignoramento: puoi cercare un accordo a saldo e stralcio con la clinica (offrire, ad esempio, €3.000 in un’unica soluzione se hai qualcuno che può aiutarti, in cambio di rinuncia al resto) oppure proporre una rateazione extragiudiziale (e farti rilasciare quietanze ufficiali). Tieni conto che se non paghi, oltre al capitale dovrai gli interessi legali (5% annuo attualmente) e le spese legali, che possono far lievitare il dovuto.
D3: Mia madre anziana ha accumulato €20.000 di debiti tra cure private e prestiti. Vive solo della minima pensione e non ha beni. Possono toglierle parte della pensione? Possiamo liberarla da questi debiti in qualche modo?
R: Per la pensione minima (diciamo che percepisce €600 mensili), c’è una soglia impignorabile di circa €755 come detto. Quindi la pensione di importo inferiore al minimo vitale è intangibile – non gliela possono pignorare né creditori privati né il fisco. Quindi attualmente i creditori potrebbero provarci, ma un eventuale pignoramento verrebbe limitato: fino a €755 niente, sulla parte eccedente (che non c’è, perché 600<755) nulla. In pratica la pensione base è salva. Tuttavia i debiti rimarrebbero formalmente e potrebbero essere un incubo (lettere, decreti ingiuntivi). La soluzione migliore per liberare un anziano nullatenente da quei debiti è ricorrere all’esdebitazione del debitore incapiente: proprio il caso di persona senza beni e solo pensione minima. Occorre mostrare che è meritevole (ad esempio si è indebitata per bisogno di salute, non per spese voluttuarie) e che non possiede nulla. Il tribunale potrebbe cancellare tutti i €20.000, lasciandole vivere serena con la pensione. Bisognerà poi comunicare per 4 anni se, poniamo, riceve un’eredità o vendesse una casa (ma non ha casa). Vista l’età anziana e la situazione, è probabile che non emergano utilità, quindi l’esdebitazione resterà definitiva. Questa procedura la può attivare con l’aiuto di un OCC; i costi sarebbero coperti dal neo-istituito Fondo per incapienti (quindi non deve pagare di tasca propria l’OCC).
D4: Ho una causa risarcitoria in corso: se venissi condannato a risarcire €50.000 per danni (mettiamo malasanità, quindi a seguito di una causa di un paziente contro di me come medico), potrei usare la procedura di sovraindebitamento per non pagare?
R: I debiti da danno extracontrattuale (illecito civile) sono in genere esdebitabili, a meno che derivino da fatti dolosi (allora l’art. 282 comma 3 CCII li esclude dall’esdebitazione). Nel tuo esempio, se sei condannato per colpa medica (colposa, non dolosa), quel debito è concorsuale e potrebbe rientrare in una procedura di sovraindebitamento. Come professionista (medico libero professionista, presumo) potresti accedere al concordato minore: offri quello che puoi (magari la tua assicurazione paga una parte del risarcimento, e il resto verrebbe falcidiato). Attenzione: però i creditori votano; la controparte (il paziente vittorioso) potrebbe opporsi a un forte stralcio. Il giudice potrà omologare lo stesso se c’è il 50% di altri creditori a favore. Se quel risarcimento è l’unico debito, devi convincere almeno un altro creditore per arrivare a 50% (in questo caso no, sarebbe l’unico – situazione complicata perché non c’è maggioranza). In tal caso potresti dover ripiegare su liquidazione controllata: metti a disposizione i tuoi beni, e poi chiedi esdebitazione del residuo. Nota bene: se il risarcimento è per lesioni personali gravi, esso rientra nei debiti per fatto illecito; l’esdebitazione può non liberartene se il fatto è stato doloso. Se invece è colposo (malasanità di solito è colposa), l’esdebitazione dovrebbe includerlo. In passato su L.3/2012 c’era dibattito su esdebitabilità di debiti da fatto illecito; il CCII ora li ammette salvo dolo (art. 282.3). Quindi sì, tramite sovraindebitamento puoi anche gestire un debito da risarcimento, sebbene moralmente delicato (dipende dal caso).
D5: Durante la procedura di sovraindebitamento, posso continuare ad usare carte di credito o accendere nuovi debiti?
R: In linea di massima no, e sarebbe estremamente sconsigliato. L’apertura di una procedura impone al debitore un comportamento di massima correttezza e buona fede. Generare nuovi debiti senza informare il tribunale sarebbe un abuso. Se hai bisogno di credito corrente (ad es. per l’attività in concordato minore in continuità), devi operare secondo il piano approvato. Le carte di credito revolving dovrebbero essere bloccate. Nuovi finanziamenti sono difficili perché risulteresti insolvente o con procedura in corso: banche e finanziarie difficilmente li concedono (e un OCC non approverebbe). Inoltre, qualsiasi sovraindebitamento ulteriore generato volontariamente potrebbe farti giudicare non meritevole (sarebbe colpa grave nella formazione di nuovo indebitamento). Quindi, devi stringere la cinghia e vivere con le risorse disponibili. Se è indispensabile liquidità, a volte è previsto che parenti o terzi ti aiutino (magari prestandoti soldi post procedura, ma ciò va dichiarato, perché se ricevi soldi devi versarli ai creditori in linea con il piano). Insomma, non fare altri debiti mentre sei in procedura. Dopo l’esdebitazione, potrai gradualmente riaccedere al credito (anche se all’inizio potresti trovare difficoltà per qualche anno finché risulti la procedura nei sistemi).
D6: Se vengo esdebitato, questa cosa rimane pubblica? Cioè, finisco in un elenco di “protestati” o cose simili?
R: La procedura di sovraindebitamento, essendo concorsuale, viene pubblicata su un registro pubblico (Registro delle Procedure di Insolvenza e Sovraindebitamento, gestito dal Ministero Giustizia) e nel casellario informatico del Ministero. Inoltre, se c’è liquidazione, ci sono iscrizioni in Conservatoria per gli immobili, ecc. Tuttavia, dopo la chiusura, l’esdebitazione viene annotata. Non è come un protesto (che è altro e riguarda assegni o cambiali non pagate). Diciamo che per qualche anno le banche possono venire a sapere che hai fatto un piano o liquidazione: esiste la Centrale Rischi pubblica dove i fallimenti e relative esdebitazioni vengono registrati e visibili per un certo tempo. Per i sovraindebitati, il D.M. 2020 ha istituito un registro digitale (portale della crisi). In concreto: non c’è una “fedina finanziaria” ufficiale paragonabile a quella penale, però sì, i dati delle procedure concorsuali sono pubblici. Molto dipende dalla prassi: fallimenti ed esdebitazioni ex art. 142 L.Fall venivano annotati per 10 anni. Con la riforma, potrebbe essere simile. Comunque, passati alcuni anni, questi dati diventano meno rilevanti. E se un creditore ti chiede “sei mai stato insolvente?”, per onestà dovresti dire la verità. Va detto però che è socialmente meno stigmatizzante ora: la legge incentiva il fresh start. Il Credito per banche: dopo esdebitazione, sei considerato non protestato e senza debiti pendenti – anzi sei ripulito – ma alcune banche in pratica attendono un paio d’anni prima di fidarsi con nuovi prestiti. Non c’è una regola fissa di “blacklist” come per i protestati (dove sono 5 anni in CAI). Se l’esdebitazione è concordataria, i creditori l’hanno subita e probabilmente segnaleranno il credito a perdita. Non esiste ancora un sistema di rating post-sovraindebitamento come il Chapter 7 statunitense (dove rimane nei credit report 10 anni). In Italia, CRIF e simili potrebbero comunque registrare che certi debiti sono stati chiusi a saldo parziale. Insomma, risollevarsi dal punto di vista creditizio richiede tempo e buon comportamento successivo.
D7: Un debitore sovraindebitato che ha anche debiti fiscali (Equitalia) può risolvere tutto insieme?
R: Sì, le procedure riguardano tutti i debiti del sovraindebitato, compresi quelli verso il Fisco o enti pubblici. Nel piano/concordato, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione e l’ente creditore (es. l’ASL per i ticket) sono inseriti nell’elenco creditori. Devono essere trattati come gli altri, con possibilità di falcidia. Il CCII però vieta di falcidiare l’IVA e le ritenute non versate – quelle si possono solo dilazionare al massimo. Ma debiti come IRPEF, cartelle per ticket, sanzioni, ecc., possono essere ridotti. E l’Agenzia Entrate esprime il suo voto nel concordato minore (nota: vota direttamente l’Agenzia titolare del credito, non l’Agente della riscossione). Il voto del Fisco è calcolato come un creditore unico per l’ammontare. Se vota contro ma c’è la maggioranza, può scattare il cram-down: il giudice può omologare nonostante il no, purché la proposta verso il Fisco rispetti certi requisiti di legge (parità di trattamento sui privilegi ecc.). Nelle procedure familiari uniche, i debiti pubblici di più membri possono essere messi insieme. Quindi sì, il bello è proprio che con un’unica procedura componi la crisi a 360°, invece di dover trattare separatamente con ogni soggetto.
Caso pratico 1: Debiti medici contratti da genitori per il figlio malato.
Scenario: I coniugi Bianchi hanno un figlio con una grave malattia rara. Per cure non disponibili nel pubblico, hanno contratto debiti: €30.000 con una clinica all’estero (che non hanno finito di pagare) e €20.000 di prestiti bancari per spese correlate. Ora sono in difficoltà, reddito familiare €2.000/mese e una casa in comunione (valore €150.000 con mutuo residuo €100.000). Cosa possono fare?
Analisi: Qui i debiti sono stati contratti per un bisogno familiare primario (salute del figlio). Ai creditori (clinica e banca) rispondono solidalmente entrambi i coniugi, ex art. 189 c.c., in quanto debito per figlio minore. La casa è in comunione e potrebbe essere attaccabile per questi debiti (che sono per bisogni della famiglia, quindi aggredibili anche se solo uno ha firmato). Con reddito 2000, potrebbero sostenere un certo pagamento mensile ma €50.000 sono troppi. La soluzione migliore è avviare una procedura familiare di sovraindebitamento: essendo consumatori (debiti privati, non d’impresa), possono presentare un piano del consumatore congiunto come nucleo familiare. Grazie alla procedura familiare introdotta dal CCII, con un unico ricorso coprono entrambi. Proporranno ad esempio di pagare ciò che possono: magari €500 al mese in 5 anni = €30.000 totale, più impegnarsi a vendere un secondo veicolo se l’hanno. I creditori non votano, il giudice valuterà. Vista la causa dei debiti (cure per figlio) probabilmente li giudicherà meritevoli. Il piano potrebbe prevedere di mantenere la casa (ha mutuo, equità bassa, e serve per la famiglia) e dare ai creditori circa il 60% in 5 anni. L’alternativa – liquidazione – comporterebbe vendere la casa, estinguere il mutuo e resterebbero comunque debiti; meglio il piano se sostenibile. Una volta omologato, la clinica e la banca dovranno accontentarsi dei €30.000 rateizzati; il residuo €20.000 verrà esdebitato a fine piano. La famiglia Bianchi salva la casa e ottiene respiro (la rata di €500 su €2000 è fattibile). Inoltre, eventuali azioni già minacciate (decreto ingiuntivo clinica) verrebbero sospese e assorbite nel piano. Se il figlio guarirà e in futuro i Bianchi staranno economicamente meglio, non dovranno più nulla sui vecchi debiti (salvo la clausola 4 anni per utilità rilevanti, ma con un piano consumatore di solito quella si applica solo alla esdebitazione post-liquidazione, qui c’è un’esdebitazione “istantanea” al termine regolare, comunque i principi sono analoghi). Fondamentale: devono mantenere il pagamento di €500/mese, altrimenti fallisce il piano.
Caso pratico 2: Debiti sanitari di un imprenditore individuale
Scenario: Marco ha una ditta individuale (idraulico), ma anche seri problemi di salute per cui si è curato privatamente. Ha €10.000 di debiti verso una clinica e €15.000 di debiti verso fornitori + €5.000 con il Fisco (IVA arretrata). Non riesce a far fronte a tutto; possiede un furgone per lavoro e nient’altro (vive in affitto).
Soluzione: Marco non è un consumatore puro (ha debiti professionali e IVA), quindi deve accedere al concordato minore. Può proporre ai suoi creditori (clinica, fornitori, Fisco) un concordato minore in continuità, in modo da poter proseguire l’attività e pagare in parte i debiti col reddito futuro. Ad esempio: propone di pagare €15.000 totali su €30.000 (50%) in 3 anni, mantenendo il furgone e l’attività. Divide 15k tra i creditori: considerato che l’IVA non può stralciarla, dovrà prevedere di pagarla integralmente (supponiamo dei 5k di Fisco, 3k è IVA, li paga al 100%; il resto crediti chirografari clinica e fornitori li paga al 40%). L’OCC prepara un piano e convoca i creditori al voto. Servono sì voti per il 50% dei crediti. I fornitori (8k) e la clinica (10k) sommati sono 18k su 30k = 60% circa: se questi votano a favore, basta anche se il Fisco (5k, 16%) vota contro. Raggiunge la maggioranza. Il tribunale potrà omologare: rileva che il dissenso del Fisco non impedisce l’omologa perché Marco rispetta per il Fisco la soglia legale (paga tutta l’IVA e comunque offre più del 10% ai chirografari pubblici). Una volta omologato, Marco paga le rate (ad es ~€417/mese per 36 mesi) e adempie. Poi il giudice dichiara esdebitazione residua: i fornitori e clinica hanno preso 40%, il restante 60% è cancellato; il Fisco ha avuto la sua parte (IVA e il resto 0% magari per sanzioni, ammesso). Marco continua la sua vita di imprenditore senza quel peso.
Se i creditori non avessero approvato, l’alternativa era la liquidazione: il furgone venduto (ma è necessario al lavoro, valore magari 5k) e incassato poco. In liquidazione, i creditori avrebbero preso forse il 10-15%. Quindi anche per loro il concordato al 50% era conveniente. Questo andrà evidenziato nella relazione OCC.
Caso pratico 3: Sovraindebitamento post-Covid con spese mediche
Scenario: Luisa, ex titolare di un ristorante (chiuso nel 2021 per crisi Covid), ha debiti personali: €25.000 banca (mutuo casa arretrato), €10.000 di bollette e affitti non pagati, €5.000 spese mediche (psicoterapia privata per stress da lockdown). Totale €40k. Ora fa la cameriera, stipendio €1200/mese; ha ancora la casa di proprietà (prima casa) ma gravata da mutuo residuo alto.
Soluzione: Luisa rientra tra i soggetti ammessi (piccola imprenditrice cessata -> oggi consumatrice, comunque non fallibile). Potrebbe tentare un piano del consumatore. Però attenzione: parte del debito è mutuo ipotecario su casa; le rate mutuo vanno considerate. Forse la banca avvierà pignoramento. Lei vorrebbe tenere la casa, ma può? Dipende: se il mutuo è insostenibile e la casa è fortemente ipotecata, magari conviene venderla in liquidazione. Tuttavia, la casa è prima casa, valore ipotetico €100k, mutuo residuo €90k – poco equity. Con un piano, potrebbe proporre di mantenere il mutuo (pagando le rate in proroga) e stralciare gli altri debiti chirografari. Es: chiede di pagare solo 5k su 15k (bollette + mediche) in 5 anni, continuando a pagare il mutuo integralmente. La banca ipotecaria essendo garantita non subisce stralcio (pagherà solo in ritardo forse). I chirografari (bollette, medici) prenderebbero 33%. Il giudice valuta fattibilità: reddito 1200 meno rata mutuo 400, restano 800, può permettersi 100 al mese per i chirografari (100×60=6k). Sì. Meritevolezza: Luisa è in difficoltà per evento straordinario (pandemia) e ha pure spese mediche correlate, quindi ok. Creditori: non votano, se la banca contesta dovrà farlo presente ma tanto il piano la paga al 100% (solo dilaziona eventuali arretrati). Dovrebbe funzionare. Luisa salverebbe la casa e uscirebbe dai debiti non garantiti.
Se ciò non fosse possibile (ad es. mutuo troppo indietro, banca inflexibile), rimane la liquidazione controllata: casa venduta o data alla banca, Luisa libera da tutto dopo 3 anni, ma perde la casa. La preferenza va al piano se sostenibile.
D8: Cosa succede se, dopo essere stato esdebitato, faccio di nuovo debiti (per es. un nuovo finanziamento) e non li pago? Posso fare un’altra procedura?
R: Allora, l’esdebitazione incapiente è una tantum. Le altre (piano, concordato) teoricamente potresti replicarle, ma c’è un paletto: non puoi ottenere una nuova esdebitazione prima che siano trascorsi 4 anni dalla precedente (art. 280 CCII per esdebitazione post-liquidazione; e in generale c’è l’idea che non sia un meccanismo da usare a ripetizione). Inoltre, se continui a indebitarti, dubito che la seconda volta ti considerino meritevole – a meno che i nuovi debiti siano dovuti a cause indipendenti dalla tua volontà (es. una nuova malattia grave). In pratica, bisogna evitare di vedere queste procedure come cicliche. Sono pensate come opportunità di ripartenza, ma da usare con responsabilità. Se dopo l’esdebitazione contrai un nuovo debito, quello è fuori e dovrai pagarlo normalmente (o eventualmente cercare un accordo singolo col creditore). Una seconda procedura di sovraindebitamento è possibile solo decorsi gli anni di legge e se ci sono circostanze nuove. Ad esempio, se un soggetto fu esdebitato nel 2020, potrebbe chiedere altra esdebitazione non prima del 2025. Nel vecchio regime L.3/2012 era 5 anni tra una e l’altra. Il CCII per l’incapiente dice proprio “una volta sola” per tutta la vita. Per le altre, credo valga ancora la regola di 4 anni per ripresentare un’istanza dopo una esdebitazione. In sostanza, meglio non testar la pazienza del sistema: dopo il fresh start, l’aspettativa è che il soggetto gestisca il bilancio in modo prudente.
Conclusioni
I debiti per spese mediche possono mettere in ginocchio economicamente una persona già provata dalla malattia. Il nostro ordinamento, pur ribadendo che i debiti vanno onorati, offre oggi una serie di strumenti per riequilibrare situazioni di grave difficoltà e dare ai debitori onesti una nuova chance. Questa guida ha illustrato come, dal punto di vista giuridico, il debitore di buona fede non sia privo di tutele:
- In fase di contrazione del debito, la legge individua chi è obbligato al pagamento (il paziente stesso o altri soggetti, a seconda dei casi) e con quali beni, evitando estensioni di responsabilità ingiustificate (ad es. il coniuge non è responsabile di default per i debiti dell’altro, i genitori rispondono per i figli minori solo per spese necessarie).
- In fase di riscossione, esistono limiti e garanzie: la prima casa è protetta contro l’esproprio fiscale, stipendi e pensioni sono parzialmente impignorabili, i beni essenziali non si toccano. L’intervento dell’Agenzia Entrate-Riscossione è normato in modo da evitare eccessi (soglie per ipoteche e aste).
- In fase di soluzione della crisi, le procedure di sovraindebitamento ed esdebitazione rappresentano un importante e ormai collaudato percorso giudiziale per uscire dal tunnel dei debiti insanabili. L’aggiornamento al 2025 le ha rese più efficaci e accessibili: si pensi alla possibilità di esdebitare completamente un nullatenente meritevole, o al fondo statale per coprire le spese di procedura. Anche situazioni di debiti medici cospicui possono trovare composizione, permettendo al debitore di ripagare solo ciò che può, in accordo con le sue condizioni, e di ripartire senza il fardello di debiti vitalizi.
Il quadro normativo è complesso, ma il messaggio di fondo è: non esistono più “debiti a vita” senza via d’uscita per il debitore onesto ma sfortunato. Gli avvocati e i professionisti devono conoscere questi strumenti per assistere efficacemente i propri clienti debitori (e anche i creditori nel valutare le soluzioni). Dal lato del debitore, sapere che esiste la possibilità legale di negoziare un saldo parziale o persino di azzerare i debiti in tribunale può dare sollievo psicologico e spingerlo ad affrontare proattivamente la situazione, invece di subirla passivamente accumulando interessi e angoscia.
Naturalmente, ogni caso va studiato nei dettagli – la normativa prevede condizioni e tecnicismi che richiedono competenza specialistica (rivolgersi a un OCC competente, ad esempio, è cruciale). Ma con le informazioni fornite in questa guida, avvocati, imprenditori e privati dovrebbero avere un orientamento chiaro su cosa fare in caso di debiti per spese mediche: valutare chi è obbligato a pagare, conoscere i propri diritti durante la riscossione, e infine scegliere e imboccare, se necessario, la strada di una procedura di sovraindebitamento per mettere un punto finale ai debiti e ricominciare.
“È dovere di ogni uomo pagare i propri debiti, se ne ha i mezzi; ma quando la sorte glieli ha tolti, è dovere della legge offrirgli un mezzo di risorgere.” Questa parafrasi di principi generali ben si adatta allo spirito dell’attuale legislazione italiana sul sovraindebitamento. Nel campo delle spese mediche, dove spesso il debito si accompagna a sofferenza umana, ciò assume un significato ancora più profondo di solidarietà e civiltà giuridica.
Fonti normative e giurisprudenziali
Normativa primaria (Codici e leggi):
- Codice Civile: Art. 143 c.c. (doveri dei coniugi); Art. 147 c.c. (obbligo di mantenimento dei figli); Art. 189 c.c. (obbligazioni contratte separatamente dai coniugi – bisogni familiari e figli minori); Art. 2740 c.c. (responsabilità patrimoniale); Art. 2744 c.c. (divieto patto commissorio); Art. 2910 c.c. (esecuzione forzata sui beni del debitore); Art. 2916 c.c. (inefficacia alienazioni a danno creditori); Art. 2929-bis c.c. (trasferimenti a titolo gratuito pregiudizievoli); Art. 433 c.c. (obblighi alimentari fra familiari).
- Codice di Procedura Civile: Art. 491 ss. c.p.c. (inizio esecuzione forzata); Art. 514 c.p.c. (cose mobili assolutamente impignorabili); Art. 515 c.p.c. (impignorabilità beni indispensabili al lavoro); Art. 543 c.p.c. (pignoramento presso terzi – notifica e contenuto); Art. 545 c.p.c. (limiti di pignorabilità di stipendi e pensioni: 1/5 e minimo vitale); Art. 546 c.p.c. (obblighi del terzo pignorato); Art. 548 c.p.c. (mancata dichiarazione del terzo); Art. 569 c.p.c. (istanza di vendita immobiliare – possibilità di conversione); Art. 583 c.p.c. (riscatto dei creditori); Art. 611 c.p.c. (esecuzione obblighi di fare); Art. 615 c.p.c. (opposizione all’esecuzione).
- R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (vecchia Legge Fallimentare) – Art. 142 L.F. (esdebitazione del fallito: introdotto nel 2006, ha ispirato l’esdebitazione sovraindebitati); abrogata dal CCII dal 15/7/2022 per la parte fallimento.
- Legge 27 gennaio 2012 n. 3 “Disposizioni in materia di usura e di composizione delle crisi da sovraindebitamento” – interamente confluita nel nuovo Codice, ma rilevante storicamente. In particolare: Art. 7 L.3/2012 (piano del consumatore, meritevolezza); Art. 8 (contenuto accordo); Art. 12-bis (omologazione piano); Art. 14-terdecies (esdebitazione del sovraindebitato a seguito di liquidazione). [Queste norme sono abrogate ma alcune decisioni ante-2022 le citano ancora].
- D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14“Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza” (CCII), in vigore dal 15 luglio 2022:
- Artt. 2 e 65 CCII: definizioni (consumatore, sovraindebitamento, etc.).
- Artt. 67-73 CCII: Procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex piano consumatore).
- Artt. 74-83 CCII: Concordato minore (ex accordo composizione).
- Artt. 268-277 CCII: Liquidazione controllata del sovraindebitato (procedure di vendita beni, ruolo liquidatore, etc.).
- Art. 280 CCII: Esdebitazione a seguito di liquidazione controllata (presupposti e preclusioni, esdebitazione “ordinaria”).
- Art. 282 CCII: Esdebitazione di diritto (automatismo dopo 3 anni in liquidazione controllata; obblighi dichiarativi e sopravvenienze >10%).
- Art. 283 CCII: Esdebitazione del sovraindebitato incapiente (requisiti: persona fisica, meritevole, incapienza attuale; una volta soltanto; obblighi per 4 anni in caso utilità sopravvenute).
- Artt. 277-285 CCII: disposizioni comuni su esdebitazione e chiusura procedure.
- Art. 48 CCII: Misure protettive (possibilità di chiedere sospensione delle azioni esecutive all’inizio di piano/concordato).
- Art. 54 CCII: Procedura familiare (sovraindebitamento con unico piano per membri della stessa famiglia conviventi e debiti comune origine).
- D.Lgs. 147/2020 (“Correttivo”) e D.Lgs. 83/2022 (“Secondo Correttivo”): decreti che hanno modificato il CCII prima dell’entrata in vigore. In particolare, D.Lgs. 147/2020 ha introdotto l’art. 54 sulla procedura familiare e rinominato l’art. 283, e abbassato maggioranze (concordato minore 50%). D.Lgs. 83/2022 ha recepito direttiva UE 2019/1023, inserendo ulteriore facilitazioni (es. reclamo su inammissibilità procedure, ecc.). D.Lgs. 136/2024 (“Correttivo Ter”) ha apportato aggiustamenti tra cui: reclamo contro provvedimento di inammissibilità della proposta, chiarimenti su espressione voto crediti fiscali, ecc.
- D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 (riscossione delle imposte):
- Art. 72-bis DPR 602/73: ordine al terzo (pignoramento presso terzi semplificato per AER su conti correnti).
- Art. 72-ter: limite pignorabilità stipendi da parte AER (fasce 1/10, 1/7, 1/5).
- Art. 76 DPR 602/73: Espropriazione immobiliare da parte del concessionario: divieto pignorare abitazione principale non di lusso; condizioni per pignorare altri immobili (debito > €120.000, iscrizione ipoteca 6 mesi prima, valore immobile > €120.000). [Modifiche introdotte da DL 69/2013 conv. L.98/2013].
- Art. 77: Ipoteca esattoriale (soglia €20.000 per iscrizione).
- Art. 48: termine notifica cartelle. Art. 19: rateazione fino 72/120 rate (come da modifiche D.L. 159/2015 conv. L. 136/2015 e da ultimo L.160/2019 e L.197/2022 per condizioni semplificate).
- Codice della Strada: Art. 292 (fermo amministrativo su veicoli per omesso pagamento di cartelle oltre 60 giorni). [Norma di rinvio alle procedure di riscossione].
- Legge 30 dicembre 2024 n. 207 (Legge Bilancio 2025): Art. 1 comma 893 L.207/2024 – istituzione del Fondo per l’esdebitazione dei debitori incapienti (presso Ministero Giustizia, €0.5 mln dal 2025).
- D.L. 21 giugno 2022 n. 73 (Decreto Sostegni-bis): conteneva norme transitorie su sovraindebitamento (tra cui l’art. 4-ter che anticipava alcune misure di L.3/2012, es. sospensione pignoramenti casa per 1 anno). [Per completezza, applicato pre-CCII].
- D.L. 18/2020 e D.L. 34/2020 (Cura Italia e Rilancio): misure emergenziali Covid – moratorie su mutui prima casa, sospensione termini di prescrizione e notifica cartelle (mar-ago 2020), sospensione pignoramenti salari presso terzi (art. 152 D.L.34/2020 fino al 31/8/20). [Misure straordinarie ora cessate].
- D.Lgs. 231/2002 (interessi moratori transazioni commerciali) – non citato direttamente ma se clinica è impresa e paziente impresa, poteva applicarsi interesse legale di mora. [Non pertinente in contesto consumer].
- Leggi regionali sanitarie: p.es. L.R. Lombardia 23/2015 prevede sanzione per mancata disdetta prenotazioni (€30); termini di prescrizione soggetti ad art. 2946 c.c. ecc. (Giurisdizione commissione tributaria se assimilata a entrata patrimoniale pubblica).
Giurisprudenza principale (sentenze, ordinanze):
- Cass., Sez. Unite, 29 luglio 2008 n. 20504: (ante legge 3/2012) affermò in generale l’ammissibilità del principio di esdebitazione per i falliti meritevoli; citata come base culturale per sovraindebitamento.
- Cass. civ. Sez. I, 22 giugno 2011 n. 13639: responsabilità dei coniugi per debiti familiari: ha escluso la solidarietà automatica del non contraente verso terzi in mancanza di previsione normativa.
- Cass. civ. Sez. VI-1, 23 agosto 2018 n. 20998: definisce “bisogni della famiglia” anche come esigenze volte al pieno mantenimento e sviluppo, escludendo solo spese voluttuarie e speculative. In tema di fondo patrimoniale, ribadisce criteri per esecuzione su beni del fondo in base alla natura del debito.
- Cass. civ. Sez. VI, 7 giugno 2021 n. 15741: in materia di fondo patrimoniale, ha ritenuto non impignorabili beni del fondo per debiti eccedenti i bisogni familiari (speculativi), confermando impignorabilità solo per debiti estranei ai bisogni.
- Cass. civ. Sez. I, 31 gennaio 2022 n. 28013: (sovraindebitamento legge 3/2012) ha stabilito che se un piano del consumatore viene convertito in liquidazione per inammissibilità, i termini decorrono da conversione. Importante per la prassi pre-CCII (rilevante fino a esaurimento vecchi procedimenti).
- Cass. civ. Sez. I, 22 settembre 2022 n. 27843: (post CCII, disciplina anteriore al DL 137/2020) ha affermato che l’omologazione del piano consumatore richiede di verificare che, in caso di parziale incapienza sui privilegiati, la proposta sia più conveniente della liquidazione. Principio di diritto: il giudice può omologare un piano che prevede falcidia di crediti privilegiati solo se la soddisfazione offerta è non inferiore a quella ricavabile dalla liquidazione (introducendo di fatto nel piano consumatore un criterio di best interest of creditors test).
- Cass. civ. Sez. I, 22 settembre 2022 n. 27845: (gemella della 27843) sul tema di riserva di votazione e omologazione piani – simili principi.
- Cass. civ. Sez. I, 22 settembre 2022 n. 27980: altra su sovraindebitamento (forse su competenza tributaria crediti fiscali, non confermata).
- Cass. civ. Sez. I, 27 ottobre 2022 n. 31740: (forse su liquidazione e pegno, questione tecnica). Non citata sopra per sintesi.
- Cass. civ. Sez. I, 18 novembre 2022 n. 34119: (fondo patrimoniale e debiti tributari) – stabilisce debiti fiscali sono “bisogni famiglia” se contratti per attività da cui la famiglia trae mantenimento (contrasto risolto dalle Sez. Unite 2023).
- Cass. civ. Sez. I, 27 novembre 2024 n. 30529: ha statuito che un provvedimento che si limita a dichiarare inammissibile la proposta di accordo non è decisione su diritti contrapposti e quindi non è ricorribile per Cassazione (confermando indirizzo già espresso da Cass. 4497/2018). Serve reclamo interno (introdotto poi nel 2024).
- Cass. civ. Sez. I, 27 novembre 2024 n. 30538: ha evidenziato l’importanza di valutare il comportamento pregresso del debitore anche nell’accordo di composizione ai fini dell’attendibilità del piano e dell’ammissione. Inoltre, ha chiarito che per crediti tributari il diritto di voto spetta all’Agenzia delle Entrate titolare del credito, non all’Agente riscossione.
- Cass. civ. Sez. I, 27 novembre 2024 n. 30542: ha stabilito che la dichiarazione di inammissibilità di una proposta di sovraindebitamento non è decisione definitiva sui diritti, dunque non ricorribile per cassazione. Ha anche sottolineato che il debitore può presentare nuova proposta corretta e che grazie al Correttivo Ter ora è ammesso reclamo contro l’inammissibilità. Conferma la possibilità di più tentativi e che il primo rigetto non è “giudicato” sostanziale.
- Cass. civ. Sez. I, 11 agosto 2023 n. 22914: (prima applicazione CCII) – ha deciso che il privilegio fondiario ex art. 41 TUB (che consente alla banca di procedere esecutivamente nonostante procedure concorsuali) sussiste anche nella liquidazione controllata del sovraindebitato. Ciò vuol dire che una banca con mutuo fondiario ipotecario su immobile può proseguire la sua esecuzione individuale pure se il debitore è in liquidazione sovraindebitamento, analogamente a quanto avviene nel fallimento. Questa pronuncia è andata in direzione opposta a un altro provvedimento precedente del 2023 (Proc. Nardecchia) che escludeva quel privilegio. Tema tecnico di diritto bancario fallimentare, ma impatta: quindi attenzione che se il debito medico è garantito da ipoteca fondiaria (caso raro), la banca può agire a parte.
- Cass. civ. Sez. VI, 6 marzo 2020 n. 6487: (legge 3/2012) su meritevolezza nel piano consumatore: ha affermato che il giudice deve valutare la condotta del debitore sia nella fase di indebitamento che successivamente, e la non meritevolezza va intesa come violazione del principio di buona fede (dolo o colpa grave). Rilevante come criterio interpretativo ancora ora.
- Tribunale di Milano, sez. fall., 30 settembre 2022 (inedito): citato in dottrina – ha affermato che per l’accesso all’esdebitazione incapiente l’incapienza deve essere attuale, e che se anche minime risorse esistono (es. stipendio modesto) forse si preferisce una liquidazione con esdebitazione ordinaria; comunque, ha concesso esdebitazione incapiente in un caso ritenendo soddisfatti i requisiti.
- Tribunale di Cassino, 18 gennaio 2025 (decr.) – caso di accoglimento esdebitazione incapiente (in allegato presumably) che conferma prassi di controllo 4 anni, ecc. (cfr. doc pubblicato su tribunalecassino.it).
- Corte Costituzionale sentenza n. 83/2013: dichiarò infondata questione su pignorabilità pensioni, portando poi alla riforma del 2015 sul minimo vitale.
- Corte Costituzionale sentenza n. 245/2019: ha escluso profili di incostituzionalità della L.3/2012 – ha riconosciuto la finalità meritevole della legge sovraindebitamento e lasciato al legislatore margine su meritevolezza.
- Corte Costituzionale sentenza n. 15/2022: (non pertinente diretta ai debiti medici, riguardava mantenimento figli e sovraindebitamento, credo – stabilì che i crediti alimentari non possono essere falcidiati; e infatti il CCII lo prevede espressamente).
- Cass. pen. Sez. IV, 12 marzo 2013 n. 11107: (ambito penale) interessante perché attiene a chi non paga ticket: ha affermato che configurare il reato di truffa ai danni del SSN per chi si dichiara esente indebitamente. Non rilevante qui ma mostra che il mancato pagamento ticket può avere risvolti penali se c’è dichiarazione mendace.
- Cass. civ. Sez. III, 8 febbraio 2012 n. 2467: sui genitori separati e spese straordinarie sanitarie – dice che non serve concerto preventivo tra genitori per spese urgenti mediche (uno può affrontarle e poi chiedere rimborso all’altro).
- Cass. civ. Sez. I, 25 luglio 2018 n. 19525: altra su obblighi solidali coniugi: ha negato solidarietà del coniuge non firmatario di un contratto di finanziamento anche se i soldi erano usati per famiglia (coerente con indirizzo).
- Cass. civ. Sez. I, 5 novembre 2020 n. 24734 (ord.): ha invertito rotta su fondo patrimoniale e debiti per attività professionale, affermando che debiti per attività d’impresa non sono automaticamente estranei ai bisogni (superando un vecchio orientamento che li escludeva). Indirettamente, attinente a se clinica è business per arricchimento – comunque consolidamento tesi restrittiva impignorabilità.
- Cass. SU 18 febbraio 2022 n. 3639: (sui massimi pignorabili per più creditori concorrenti su stipendio – ha chiarito che il limite del 50% cumula diversi crediti di natura diversa).
- Cass. SU 25 maggio 2021 n. 13665: su competenza giurisdizionale: procedura sovraindebitamento su crediti tributari = giudice civile, non CTR (questione che fu dibattuta). Ha affermato la giurisdizione del giudice civile fallimentare per l’omologazione includendo debiti tributari (le contestazioni del Fisco su importi vanno lì, non in Commissione Tributaria).
- Cass. pen. Sez. VI, 30 marzo 2016 n. 12690: se qualcuno ipotizza di non pagare debiti e far sparire beni, attenzione reato di sottrazione fraudolenta al pagamento imposte (art. 11 D.lgs. 74/2000) se lo scopo è non pagare equitalia; e 388 c.p. se viola provvedimenti del giudice (dopo decreto ingiuntivo). Non direttamente in guida, ma giusto sapere.
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