Hai avuto ritardi nel rientro del fido bancario e ora temi di essere stato segnalato come cattivo pagatore? La banca ti ha revocato il fido o chiesto il rientro immediato, e ti trovi in difficoltà a rimborsare l’importo richiesto?
Purtroppo, in questi casi le conseguenze possono essere gravi: oltre all’obbligo di rientrare nel debito, rischi segnalazioni in CRIF o Centrale Rischi, revoche di altri affidamenti e difficoltà ad accedere a nuovi finanziamenti. Ma è importante sapere che ci sono strumenti legali per difenderti, bloccare la segnalazione o trattare il debito in modo sostenibile.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto bancario, segnalazioni creditizie e tutela del patrimonio – ti spiega cosa succede in caso di ritardi con il fido bancario, quando puoi essere segnalato come cattivo pagatore, e soprattutto come puoi reagire per risolvere la situazione legalmente e ripartire.
Hai avuto ritardi sul fido e ora sei bloccato da segnalazioni o richieste di rientro?
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Introduzione
Il fido bancario (o affidamento in conto corrente) è una linea di credito messa a disposizione da una banca sul conto del cliente. In pratica la banca consente al cliente – persona fisica o azienda – di andare “in rosso” fino a un certo importo concordato (il massimale del fido). Questo strumento è vitale per molti imprenditori, perché permette di gestire temporanee carenze di liquidità pagando fornitori e spese correnti. Tuttavia, quando si verificano ritardi nei pagamenti o sconfinamenti oltre il fido, si innescano conseguenze potenzialmente gravi: la banca può revocare l’affidamento e, in caso di insolvenza, segnalare il cliente come “cattivo pagatore” alle banche dati creditizie. Essere classificati come cattivo pagatore – sia per una persona fisica che per una società – comporta serie difficoltà nell’accesso al credito futuro, potendo bloccare finanziamenti, mutui e rapporti commerciali.
Questa guida offre un’analisi approfondita e aggiornata (maggio 2025) su come affrontare ritardi su un fido bancario e la conseguente segnalazione come cattivo pagatore. Verranno esaminate la normativa italiana vigente, la giurisprudenza più recente in materia, nonché le strategie legali di tutela del debitore e le tecniche di negoziazione con la banca per risolvere la situazione. Troverete inoltre tabelle riepilogative dei principali adempimenti e termini, una sezione di FAQ e simulazioni pratiche di casi reali. L’obiettivo è fornire un quadro completo e operativo per gestire e risolvere efficacemente queste problematiche creditizie in un contesto italiano.
Il fido bancario e le conseguenze dei ritardi
Cos’è un fido bancario? È un contratto mediante il quale la banca si impegna a rendere disponibili fondi entro un certo limite (ad esempio “fido di 50.000 euro”), usualmente tramite il conto corrente. Il cliente può utilizzare quella somma a piacimento, andando in negativo sul conto, e pagando interessi sulle somme utilizzate. Il fido può essere a tempo determinato o “a revoca” (senza scadenza prefissata ma revocabile dalla banca). In caso di sconfinamento (utilizzo oltre il limite concesso) o di mancato rientro nei termini pattuiti (ad es. il cliente non ripristina il saldo entro fine mese, non paga gli interessi dovuti, ecc.), la banca considera il fido in sofferenza.
Cosa succede quando si ritarda un pagamento sul fido? Inizialmente la banca avvisa il cliente del ritardo (lettera di sollecito o telefonata) e può applicare interessi moratori sulle somme non rientrate. Se il ritardo persiste o la posizione si aggrava, l’istituto può revocare il fido: ciò significa che l’intero importo utilizzato diventa immediatamente esigibile. La revoca viene comunicata formalmente (ad esempio con lettera raccomandata o PEC) e al cliente viene richiesto di restituire immediatamente l’esposizione. Se il cliente non è in grado di rientrare, il debito diventa insoluto.
A questo punto, oltre ad avviare eventuali azioni di recupero (messa in mora, decreto ingiuntivo, ecc.), la banca procede alla segnalazione del cliente come cattivo pagatore nelle apposite banche dati. Questa segnalazione può avvenire in due ambiti distinti:
- Centrale dei Rischi della Banca d’Italia (CR) – un sistema pubblico gestito da Banca d’Italia a cui partecipano banche e intermediari vigilati. Qui la segnalazione assume tipicamente la forma di “sofferenza” se il cliente è considerato in stato di insolvenza.
- Sistemi di informazione creditizia privati (SIC) – ad esempio CRIF, Experian, CTC, ecc., che raccolgono informazioni su finanziamenti e pagamenti (soprattutto di credito al consumo, prestiti personali, mutui). In questi SIC una segnalazione negativa indica che il soggetto ha avuto gravi ritardi o inadempimenti nel rimborso.
Essere segnalato come “cattivo pagatore” significa che la propria storia creditizia riporta eventi negativi che rendono rischioso concedere nuovo credito. In concreto, finché la segnalazione persiste, il soggetto avrà estrema difficoltà a ottenere nuovi finanziamenti: le banche e finanziarie, consultando le banche dati, vedranno i ritardi o default e presumibilmente negheranno ulteriori affidamenti. Anche rapporti commerciali possono risentirne: fornitori e partner potrebbero rifiutare pagamenti dilazionati o chiedere garanzie aggiuntive se scoprono (ad esempio tramite informazioni commerciali) che l’azienda è censita come in sofferenza.
Riassumendo, il percorso tipico in caso di ritardo su un fido è: solleciti iniziali → eventuale revoca del fido → insoluto persistente → segnalazione nelle banche dati → azioni legali di recupero. Questo processo non è istantaneo: la banca non segnala immediatamente al primo giorno di ritardo. In genere la segnalazione scatta dopo ritardi significativi (ad esempio almeno due rate mensili consecutive non pagate, oppure gravi inadempienze su fido senza rateizzazione). Tuttavia, per evitare la segnalazione, è cruciale agire tempestivamente già ai primi segnali di difficoltà, come vedremo nelle sezioni sulle strategie di negoziazione e tutela.
Normativa italiana vigente in materia di fidi, ritardi e segnalazioni
Affrontiamo ora il quadro normativo che disciplina i fidi bancari, i ritardi nei pagamenti e le segnalazioni nelle banche dati creditizie. La materia coinvolge diverse fonti normative: disposizioni del Testo Unico Bancario (TUB), istruzioni di vigilanza di Banca d’Italia, normative sulla privacy e codici deontologici per i SIC privati, oltre alle norme civilistiche generali sui contratti e sull’inadempimento.
Contratto di fido bancario e obblighi delle parti
Il contratto di apertura di credito (fido) è regolato dagli articoli 1842 e seguenti del Codice Civile e dalle norme di trasparenza bancaria. La banca, concedendo un fido, si obbliga a mettere a disposizione del cliente una somma fino al limite convenuto, per un certo tempo o a revoca, e il cliente si impegna a restituire le somme utilizzate alle scadenze pattuite e a pagare gli interessi pattuiti. Sul piano normativo, il TUB (D.lgs. 385/1993) prevede principi di trasparenza e correttezza: ad esempio, l’art. 117 TUB impone che le condizioni contrattuali (tassi, commissioni, modalità di recesso) siano chiaramente indicate nel contratto. Inoltre, la banca deve rispettare le regole di buona fede e correttezza nell’esecuzione del rapporto (artt. 1175 e 1375 c.c.).
In caso di inadempimento del cliente (mancato pagamento di interessi, scoperto oltre fido non rientrato, ecc.), la banca di norma ha la facoltà di revocare l’affidamento. Nei contratti a tempo indeterminato (fidi “a revoca”), spesso è previsto il diritto della banca di recedere in qualsiasi momento dando un breve preavviso (ad esempio 15 giorni) o anche senza preavviso in caso di giusta causa (ad es. grave insolvenza del cliente). Questa facoltà è lecita purché esercitata secondo buona fede: la giurisprudenza infatti ha affermato che la revoca “ad nutum” del credito deve comunque essere valutata nella sua legittimità, specie se improvvisa e inaspettata, potendo altrimenti configurare un abuso del diritto. Ad esempio, revocare un fido senza motivo e senza congruo preavviso potrebbe, in situazioni limite, essere considerato un comportamento scorretto se provoca un danno ingiusto all’affidato. Ciò detto, quando effettivamente il cliente è in ritardo o in peggioramento economico, la banca è autorizzata a tutelarsi riducendo o chiudendo l’esposizione.
Dopo la revoca, se il cliente non rimborsa il dovuto, l’obbligazione diventa esigibile immediatamente. Da quel momento, l’assenza di pagamento configura un inadempimento a tutti gli effetti. Non esiste una legge che definisca esattamente dopo quanti giorni di mancato rientro si debba procedere alla segnalazione come cattivo pagatore: ciò dipende dalle regole della Centrale Rischi e dei SIC, come vedremo, nonché dalle valutazioni discrezionali ma regolamentate della banca (ad esempio la banca può considerare “in default” un’esposizione scaduta da oltre 90 giorni in base ai parametri europei).
Segnalazione alla Centrale Rischi Banca d’Italia: disciplina e criteri
La Centrale dei Rischi (CR) della Banca d’Italia è disciplinata principalmente dalla Circolare n. 139 dell’11/02/1991 di Banca d’Italia, recante “Istruzioni per gli intermediari creditizi” in materia di segnalazioni alla CR, più volte aggiornata (da ultimo 21° aggiornamento del 11/02/2025). La Centrale Rischi è un sistema informativo pubblico volto a monitorare l’indebitamento della clientela bancaria e a fornire alle banche uno strumento di valutazione del merito creditizio e di controllo del rischio. Tutte le banche e gli intermediari finanziari vigilati partecipano obbligatoriamente alla CR, segnalando mensilmente a Banca d’Italia i crediti concessi ai propri clienti e il relativo stato (regolare, incagliato, sofferenza, ecc.). Si tratta quindi di un obbligo legale di segnalazione per gli intermediari, dettato da finalità di interesse pubblico (stabilità del sistema creditizio e trasparenza sul livello di indebitamento).
Alcune caratteristiche fondamentali della Centrale Rischi:
- Soglia di segnalazione: tradizionalmente venivano segnalate in dettaglio solo le esposizioni superiori a una certa soglia (in passato 30 milioni di lire, poi circa €30.000). Oggi la normativa prevede comunque soglie di rilevanza più basse per certe categorie: ad esempio, le “sofferenze” (crediti deteriorati gravi) vanno segnalate indipendentemente dall’importo (anche importi minori devono essere comunicati se il cliente è insolvente). Le esposizioni “in bonis” (regolari) sotto una certa soglia possono essere aggregate. Dal 2021, con l’entrata in vigore delle nuove regole europee sul default, le banche considerano rilevante un arretrato di importo modesto solo se supera precise soglie (per clienti al dettaglio €100 e per aziende €500, e contemporaneamente superiore all’1% del totale esposizione) per oltre 90 giorni. Superati tali limiti, scatta la classificazione di default regolamentare.
- Periodicità e aggiornamento: la segnalazione avviene ogni mese. Gli intermediari trasmettono i dati riferiti all’ultima posizione di fine mese entro il 25 del mese successivo, e Banca d’Italia li rende disponibili i primi giorni del mese seguente. Ad esempio, i dati al 31 maggio vengono inviati entro il 25 giugno e consultabili dai primi di luglio. Ciò significa che un evento di insoluto occorso in un certo mese apparirà nella CR dal mese seguente.
- Categorie di segnalazione: la normativa distingue varie categorie di crediti. Per semplificare, ai fini del cattivo pagatore interessano soprattutto le sofferenze. Secondo la Circolare 139/1991 (come interpretata dalla giurisprudenza) “sofferenze” comprende l’intera esposizione verso soggetti in stato di insolvenza o in situazioni equiparabili, ancorché non accertate giudizialmente, indipendentemente dalle eventuali garanzie. In altre parole è una valutazione sostanziale: la banca classifica a “sofferenza” un cliente quando ritiene che questi versi in gravi difficoltà finanziarie non temporanee, tali da far dubitare della solvibilità. Oltre alle sofferenze (che sono il grado più grave), esistono le inadempienze probabili (UTP) – esposizioni dove la banca giudica improbabile il rimborso senza azioni come ristrutturazioni, ma il cliente non è ancora in stato di insolvenza conclamata – e le esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate, cioè crediti che presentano arretrati di oltre 90 giorni sopra determinate soglie (queste ultime sono essenzialmente situazioni di morosità protratta ma meno gravi delle sofferenze). Le banche inviano mensilmente i dati distinguendo queste categorie secondo regole tecniche precise.
- Accesso e visibilità: i dati della Centrale Rischi non sono pubblici, ma possono essere consultati dalle banche (quando valutano un nuovo affidamento) e dal cliente interessato. Una banca, tramite Banca d’Italia, può vedere la storia degli ultimi 36 mesi di un cliente. Infatti, per ragioni di privacy e proporzionalità, le informazioni più vecchie di 3 anni non sono normalmente accessibili agli intermediari, e vengono “archiviate”: ad esempio, nel luglio 2025 una banca vedrà i dati da giugno 2022 in poi. Il cliente ha comunque diritto di accedere ai propri dati (anche più vecchi) facendone richiesta a Banca d’Italia.
Criteri per la segnalazione a sofferenza: la decisione di classificare un’esposizione come “sofferenza” è estremamente delicata, poiché equivale a dichiarare il cliente insolvente e lo marchia come cattivo pagatore. La normativa non stabilisce parametri oggettivi (come “dopo X giorni di ritardo scatta sofferenza”), ma affida alla banca una valutazione caso per caso dello stato del debitore. La giurisprudenza ha però fissato paletti importanti: non basta un singolo ritardo o un inadempimento occasionale per giustificare la segnalazione a sofferenza, se la situazione globale del cliente non lascia presagire una vera insolvenza. La Corte di Cassazione ha chiarito che, ai fini della CR, “la nozione di insolvenza […] si concretizza in una valutazione negativa della situazione patrimoniale [del cliente], apprezzabile come deficitaria, ovvero come di grave difficoltà economica, senza alcun riferimento al concetto di incapienza o irrecuperabilità”. In altre parole, la “sofferenza” è una grave e non transitoria difficoltà economica, sostanzialmente equiparabile (anche se non identica) allo stato di insolvenza inteso in senso fallimentare. Serve dunque uno stato di crisi serio e duraturo, non una semplice disputa o un temporaneo problema di liquidità.
Di conseguenza, prima di segnalare a sofferenza la banca deve esaminare l’intera posizione del cliente: patrimonio, andamento aziendale, eventuali prospettive di risanamento, presenza di garanzie, ecc.. Un ritardo nel pagamento di per sé non legittima la segnalazione se il cliente, nel complesso, non versa in condizioni allarmanti di solvibilità. Ad esempio, se un’azienda solida tarda un pagamento ma ha un patrimonio e flussi di cassa ampiamente capienti, classificarla subito in sofferenza sarebbe improprio (si configurerebbe un abuso). Cassazione e ABF (Arbitro Bancario Finanziario) hanno rimarcato questo principio in numerose pronunce, ribadendo che il presupposto sostanziale per l’iscrizione a sofferenza è uno stato di dissesto finanziario grave del debitore, e che un mero rischio di credito su una singola esposizione non basta se “la concreta situazione del cliente non crei allarme quanto alla sua generale solvibilità”.
Esempio: la Cassazione, sentenza n. 28635/2020, ha censurato la segnalazione a sofferenza di un’azienda che aveva sì un fido scoperto, ma che aveva contestato il debito e non presentava altri indizi di insolvenza: la Corte ha sottolineato che la sofferenza presuppone una “grave difficoltà economica non transitoria, equiparabile allo stato d’insolvenza” e che va distinta dall’insolvenza “fallimentare” solo per il fatto di non richiedere una pronuncia giudiziale, ma resta una nozione sostanzialmente analoga per gravità. In quella vicenda si è ritenuto illegittimo segnalare per un singolo rapporto contestato, mancando evidenze di dissesto generale del cliente. Al contrario, se un cliente accumula debiti significativi con più banche, non paga fornitori e dipendenti, e presenta un passivo molto superiore all’attivo, la banca è tenuta a segnalarlo come sofferenza per trasparenza verso il sistema: la Cassazione ha infatti definito la sofferenza come “contigua all’insolvenza fallimentare, rappresentandone un’espressione attenuata”, per cui “un marcato sbilancio patrimoniale va attentamente valutato” anche ai fini della segnalazione, perché sarebbe incongruo considerarlo rilevante solo per il fallimento e non per la CR.
In pratica, la normativa della Centrale Rischi impone alle banche un obbligo di segnalazione veritiera e completa, ma al tempo stesso impone cautela e responsabilità: la circolare 139/1991 ricorda che i partecipanti devono adottare “particolari cautele” viste le conseguenze pregiudizievoli di segnalazioni errate. Le banche rispondono della correttezza e veridicità dei dati segnalati. Se inviano informazioni inesatte o omettono di aggiornare la posizione (ad esempio non segnalano che un debito è stato pagato), la Banca d’Italia può intervenire chiedendo correzioni, e soprattutto il soggetto segnalato può agire per far rettificare i dati e per ottenere il risarcimento di eventuali danni subìti. Non esiste invece il concetto di “cancellazione” su richiesta alla Centrale Rischi per i dati corretti: se un’informazione è vera (es. un cliente era insolvente), non può essere rimossa prima del tempo; potrà solo risultare “storia passata” dopo 36 mesi, ma non viene eliminata su istanza. Solo in caso di errore (informazione infondata) si può pretendere la rettifica o cancellazione.
Una questione spesso dibattuta è se la banca debba preavvisare il cliente prima di segnalarlo a sofferenza in Centrale Rischi. Legalmente, per la CR non esiste una norma specifica che imponga il preavviso, a differenza delle banche dati private (come vedremo nella sezione seguente). Tuttavia, la prassi sviluppatasi – anche su raccomandazione dell’ABF e del Garante Privacy – è di inviare una comunicazione preventiva al cliente, soprattutto se consumatore, informandolo che la sua posizione sarà segnalata come insoluta se non regolarizza entro un breve termine (tipicamente 15 giorni). Ad esempio, in caso di revoca di un fido, la banca contestualmente diffida il cliente a pagare il dovuto e lo avverte che, in mancanza, procederà alla segnalazione in CR. È importante notare però che, secondo il diritto vigente, la mancata comunicazione preventiva non rende illegittima la segnalazione in sé: costituisce semmai un inadempimento agli obblighi di trasparenza contrattuale. L’ABF (Collegio di Coordinamento) nel 2023 ha ribadito che l’omesso preavviso rileva solo ai fini di un eventuale risarcimento danni per violazione dei doveri di correttezza, ma non comporta la cancellazione della segnalazione già effettuata. In altri termini, se la banca aveva i presupposti sostanziali per segnalare (insolvenza conclamata), la segnalazione resta legittima anche se il cliente non era stato avvertito; tuttavia la banca potrebbe dover risarcire il cliente se la mancata informativa gli ha causato un pregiudizio (ad esempio, il cliente avrebbe potuto trovare i soldi e pagare entro pochi giorni se avvisato, evitando così la segnalazione).
In sintesi, la Centrale Rischi è il sistema cardine dove vengono registrate le sofferenze bancarie. La normativa impone alle banche di segnalare le posizioni corrette e aggiornate, assumendosene la responsabilità. Il cliente, dal canto suo, ha diritto alla verifica e correzione di eventuali errori (rivolgendosi alla banca o, in caso di inerzia, a Banca d’Italia o all’ABF) e, in caso di segnalazione infondata, ha titolo per chiedere i danni. Fondamentale è ricordare che la segnalazione a sofferenza deve essere l’ultima ratio, riservata a situazioni di vera e propria insolvenza: un uso improprio di tale segnalazione espone la banca a responsabilità.
Segnalazioni ai Sistemi di Informazione Creditizia (CRIF, Experian, etc.)
Oltre alla Centrale Rischi pubblica, esistono in Italia vari Sistemi di Informazioni Creditizie (SIC) privati. I principali sono gestiti da società come CRIF (Eurisc), Experian, CTC (Consorzio Tutela del Credito), e contengono dati sia positivi che negativi su finanziamenti di varia natura (prestiti personali, mutui, carte di credito, leasing, ecc.). Queste banche dati operano in base al principio della reciprocità: le banche e finanziarie partecipanti condividono le informazioni sui propri clienti (ad es. segnalando se un cliente paga regolarmente o è moroso), e in cambio possono accedere ai dati forniti dagli altri partecipanti quando valutano una richiesta di credito.
La normativa che regola i SIC è principalmente quella in materia di protezione dei dati personali. Trattandosi di archivi che raccolgono dati sul credito delle persone (molte delle quali consumatori), il Garante Privacy ha dettato regole specifiche attraverso un Codice di condotta dedicato. In particolare, già nel 2004 fu emanato un “Codice di deontologia e buona condotta per i sistemi informativi creditizi” (allora allegato al D.lgs. 196/2003), aggiornato negli anni. Attualmente è in vigore un Codice di condotta per i SIC in tema di credito ai consumatori, affidabilità e puntualità nei pagamenti, approvato dal Garante Privacy con Provvedimento n. 163 del 12 settembre 2019 e definitivamente accreditato con Delibera n. 324 del 6 ottobre 2022. Questo Codice, conforme al GDPR, stabilisce le regole che banche e finanziarie devono seguire nel segnalare dati ai SIC privati, con particolare riguardo ai tempi di conservazione delle informazioni e agli obblighi di informazione verso gli interessati.
Ecco i punti salienti della normativa sui SIC privati (CRIF & co.):
- Base giuridica del trattamento: Il trattamento dei dati creditizi nei SIC avviene in base al legittimo interesse dei creditori a valutare l’affidabilità dei clienti e con specifiche garanzie previste dal Codice di condotta (in passato si parlava di consenso dell’interessato, ma dal GDPR il consenso non è richiesto per questi trattamenti, in quanto rientrano in obblighi contrattuali e interessi legittimi con misure adeguate). Lo stesso Codice Privacy all’art. 24 (oggi art. 6 GDPR) considera lecito il trattamento se “necessario per adempiere un obbligo legale o contrattuale” o per il legittimo interesse, purché normato. Quindi le banche possono segnalare dati ai SIC senza consenso specifico, ma devono rispettare le regole del Codice di condotta.
- Obbligo di preavviso: Diversamente dalla Centrale Rischi, per i SIC privati la legge impone un preavviso obbligatorio al debitore prima della prima segnalazione negativa. L’art. 125, comma 3, TUB stabilisce infatti che “i finanziatori informano preventivamente il consumatore la prima volta che segnalano a una banca dati le informazioni negative”, inserendo l’avviso in solleciti o altre comunicazioni. Questo è un obbligo di legge dal 2010 (introdotto col recepimento Direttiva sul credito al consumo) e si applica ai consumatori. Il Codice di condotta SIC rafforza la regola estendendola in pratica a tutte le segnalazioni di ritardi: l’art. 5, comma 6 del Codice (riprendendo il vecchio art. 4, co.7 del Codice deontologico) prevede che “al verificarsi di ritardi nei pagamenti, il partecipante invia all’interessato un preavviso circa l’imminente registrazione dei dati in uno o più SIC […]. I dati relativi al primo ritardo possono essere resi accessibili ai partecipanti solo decorsi almeno 15 giorni dalla spedizione del preavviso all’interessato”. In pratica, quando si ha un ritardo significativo (es. rate non pagate), la banca deve mandare una lettera di preavviso (tramite posta, email certificata o altro mezzo documentabile) indicando che, se il cliente non paga entro un certo termine (almeno 15 giorni), la sua morosità verrà segnalata nelle banche dati. Solo trascorsi 15 giorni dall’invio di questo avviso, e permanendo il mancato pagamento, il dato negativo può diventare visibile agli altri enti finanziari. Questo meccanismo offre al cliente un’ultima chance di “ravvedimento operoso” per evitare la segnalazione: ad esempio, se si erano dimenticate due rate, pagando entro quei 15 giorni il nome non verrà comunicato come cattivo pagatore.
- Quando scatta la segnalazione nei SIC: In genere, come anticipato, non basta un singolo giorno di ritardo. Secondo le regole pratiche, la segnalazione scatta dalla seconda rata consecutiva non pagata (o comunque dopo almeno 2 mesi di ritardo). Anche per crediti non rateali (come uno sconfinamento di conto), si attende un ritardo di qualche decina di giorni e si invia il preavviso. Se il cliente è inadempiente grave (es. non paga più nulla da diversi mesi), la segnalazione verrà sicuramente effettuata. Viceversa, per un piccolo ritardo subito sanato non si arriva neanche alla comunicazione ai SIC (il primo ritardo, se sanato entro breve, rimane “interno” e non visibile esternamente).
- Dati registrati nei SIC: Questi sistemi registrano sia dati positivi (finanziamenti ottenuti e rimborsati regolarmente) sia dati negativi (mancati pagamenti, ritardi). Nel caso di segnalazione negativa, tipicamente viene registrato: l’istituto segnalante, il tipo di rapporto (prestito, carta, fido, mutuo, ecc.), l’importo, la categoria di evento (es. “ritardo di 2 rate poi sanato”, “sofferenza non rimborsata”, ecc.), la data di aggiornamento, l’eventuale regolarizzazione successiva. A differenza della Centrale Rischi, che indica importi totali per banca, i SIC mostrano il dettaglio di ciascun contratto di credito.
- Tempi di conservazione dei dati: punto cruciale, rigidamente fissato dal Codice di condotta. I dati negativi non restano per sempre, ma vengono cancellati automaticamente dopo un certo periodo, variabile in base alla gravità dell’evento e all’esito. Di seguito, i principali termini di permanenza delle informazioni negative nei SIC (CRIF, Experian, etc.):
- 1 o 2 rate pagate in ritardo, poi regolarizzate: il dato del ritardo si conserva per 12 mesi dalla data di avvenuta regolarizzazione, purché in quel periodo non ci siano ulteriori ritardi. Ad esempio, se si sono saltate due rate ma poi si è saldato tutto a marzo 2025, l’informazione rimarrà visibile fino a marzo 2026, dopodiché verrà eliminata.
- 3 o più rate (o mensilità) pagate in ritardo, poi regolarizzate (anche a seguito di accordo transattivo): la notizia rimane per 24 mesi dalla regolarizzazione, sempre a condizione che nei due anni successivi i pagamenti siano puntuali. Quindi un ritardo grave, ma che è stato sanato (anche se magari parzialmente con un saldo a stralcio), sparisce dopo due anni dal saldo.
- Finanziamenti mai rimborsati / gravi inadempimenti non sanati (sofferenze): restano registrati per 36 mesi dalla data in cui sarebbe dovuto cessare il rapporto contrattuale o dalla data dell’ultimo aggiornamento. In ogni caso, anche con eventuali aggiornamenti intermedi (es. escussione di garanzie, ecc.), il limite massimo è 60 mesi (5 anni) dalla scadenza contrattuale originaria. Ad esempio, un prestito quinquennale non rimborsato affatto e scaduto nel giugno 2024 vedrà la segnalazione cancellarsi entro giugno 2029 al più tardi. Spesso però è 36 mesi dall’ultima informazione utile: se il credito è stato ceduto o passato a perdita e segnalato a sofferenza nel 2025, dal 2025 partono i 36 mesi.
- Accesso ai SIC e diritti degli interessati: ogni persona (o azienda) può richiedere gratuitamente l’accesso ai propri dati detenuti nei SIC, esercitando il diritto di accesso ai dati personali (GDPR). CRIF, ad esempio, mette a disposizione un modulo online per chiedere la visura della propria posizione. La risposta deve arrivare entro 30 giorni. In caso di errore (ad es. risulta a suo nome un prestito mai richiesto, o un ritardo in realtà inesistente), l’interessato può chiedere la rettifica/cancellazione del dato, rivolgendosi direttamente alla banca segnalante oppure al SIC stesso. Se ci si rivolge a CRIF (o altro SIC), questo contatta l’ente segnalante per verificare quanto contestato, e nel frattempo inserisce un’annotazione nei dati che indica “dato in verifica per contestazione”. Se l’ente non risponde entro 30 giorni, il SIC sospende la visibilità di quel dato agli altri utenti, in attesa di definizione. Questa procedura tutela il cliente contro inerzie della banca: ad esempio, se si richiede correzione di un errore e la finanziaria non risponde, dopo 30 giorni CRIF oscurerà provvisoriamente la segnalazione, così eventuali banche che chiedono informazioni non la vedranno più, fino a chiarimento.
- Ambito soggettivo: la maggior parte delle regole fin qui descritte (preavviso, ecc.) riguarda il consumatore (persona fisica per scopi personali). Per le aziende e i garanti, il Codice di condotta comunque estende molte tutele: ad esempio il preavviso viene inviato anche al coobbligato/garante se si intende segnalare lui (ad es. un fideiussore escusso che non paga). Le società possono essere segnalate nei SIC (soprattutto piccole imprese); in tal caso ovviamente non si applicano le norme consumeristiche alla lettera, ma per prassi le banche inviano comunque un preavviso pure alle ditte individuali e società, in un’ottica di trasparenza.
Riepilogando, la normativa sui SIC privati è molto attenta a bilanciare l’interesse delle banche a condividere info creditizie con il diritto alla privacy e alla correttezza informativa del debitore. La segnalazione come cattivo pagatore qui è più sfumata (non c’è il concetto di “sofferenza” pubblica, ma ugualmente una grave morosità appare come “conto/finanziamento in sofferenza” negli archivi privati). Chi subisce una segnalazione ha la garanzia del preavviso (15 giorni) per rimediare, e la consolazione che comunque la macchia sarà cancellata dopo un periodo definito (1, 2 o 3-5 anni a seconda dei casi). Persistono però per quel periodo le conseguenze negative: qualsiasi banca che consulta CRIF o Experian vedrà il trascorso e potrà negare nuovi crediti finché la segnalazione è attiva.
Ritardo, inadempimento e segnalazione: conseguenze giuridiche
Aver approfondito le regole di segnalazione ci permette di comprendere le conseguenze giuridiche che scaturiscono da un ritardo con un fido e dalla successiva segnalazione. Riassumiamo i principali effetti legali:
- Recesso e decadenza dal beneficio del termine: se il fido è a revoca o se il contratto prevede che, in caso di mancato pagamento, la banca possa chiedere subito tutto, il ritardato pagamento può comportare la perdita del beneficio del termine. Tradotto: la banca può esigere immediatamente l’intero debito residuo, anche se originariamente doveva essere rimborsato più avanti. Sul piano legale questo significa che il cliente viene formalmente costituito in mora per l’intero importo. Da quel momento decorrono interessi moratori (spesso tassi alti convenuti nel contratto per l’ipotesi di scoperto oltre fido o ritardo).
- Segnalazione nelle banche dati: come ampiamente visto, la conseguenza “reputazionale” è una delle più rilevanti. Giuridicamente non è una sanzione, ma nei fatti è quasi come finire su una “lista nera”. Le norme però ne fanno un evento codificato: ad esempio, la presenza di sofferenze in Centrale Rischi può impedire per regolamento di accedere a garanzie pubbliche o ad agevolazioni finanziarie. Inoltre, alcune normative di settore considerano lo status di cattivo pagatore: ad esempio, il TUB prevede che per concedere credito i finanziatori valutino il merito creditizio anche attraverso queste informazioni – quindi se uno risulta segnalato, difficilmente potrà ottenere nuovo credito finché non sistema la propria posizione. In ambito societario non ci sono preclusioni legali automatiche (un imprenditore segnalato può comunque costituire società, ecc.), ma in concreto la sua attività risentirà del rating compromesso.
- Azioni legali di recupero: parallelamente, il mancato rientro dal fido dà luogo alle azioni di recupero crediti. La banca può richiedere decreto ingiuntivo per la somma dovuta sul fido, iscrivere ipoteca giudiziale, pignorare beni del debitore ecc. Se il debitore è un’azienda, questa situazione potrebbe portare anche a istanze di fallimento o altre procedure concorsuali (oggi liquidazione giudiziale nel Codice della crisi d’impresa). Insomma, il ritardo grave può evolvere in contenzioso giudiziario oltre che nella segnalazione.
- Danni risarcibili: ecco un aspetto fondamentale e delicato. Se la segnalazione come cattivo pagatore è illegittima o errata, il soggetto segnalato ha diritto a chiedere il risarcimento del danno alla banca responsabile. La giurisprudenza ha affrontato molti casi del genere. Anzitutto bisogna capire quando una segnalazione si considera illegittima: esempi tipici sono:
- Segnalazione effettuata senza che vi fossero i presupposti di insolvenza, oppure per importi contestati o non dovuti.
- Segnalazione erronea (dati sbagliati, persona scambiata per un’altra, importo esagerato, mancato aggiornamento dopo un pagamento).
- Mancato rispetto delle procedure (es. omesso preavviso quando dovuto). Su quest’ultimo aspetto, come visto, l’omissione non toglie di per sé legittimità al dato, ma costituisce comunque un illecito sotto il profilo contrattuale e può dare luogo a responsabilità.
- Conseguenze contrattuali: infine, va menzionato che la segnalazione può attivare clausole in altri contratti del cliente. Ad esempio, in contratti di mutuo o leasing spesso esiste la clausola di decadenza dal beneficio del termine se il cliente diviene insolvente verso terzi o viene segnalato in centrale rischi. Anche rapporti di fornitura possono prevedere risoluzione se l’altra parte ha protesti o risulta in sofferenza. Quindi, il danno può propagarsi a catena: un’azienda segnalata rischia di perdere fidi presso altre banche o di dover rientrare anticipatamente da altri prestiti (“cross default”).
In conclusione, la segnalazione come cattivo pagatore comporta effetti giuridici gravi, diretti e indiretti. Per questo il legislatore e le autorità di vigilanza hanno predisposto garanzie procedurali (preavvisi, limiti temporali, controlli) e la giurisprudenza ha delineato confini stringenti per un uso corretto di tale strumento. D’altra parte, quando la segnalazione è corretta (cioè il cliente era realmente insolvente), le conseguenze negative sono qualcosa che il debitore deve mettere in conto: non c’è tutela che tenga, se non attivarsi per rimediare. Nel prossimo capitolo vedremo proprio come può tutelarsi il debitore, tra rimedi stragiudiziali e giudiziali, qualora si trovi – a torto o a ragione – segnalato nelle banche dati.
Strategie legali e strumenti di tutela per il debitore
Trovarsi etichettati come cattivi pagatori è una condizione difficile, ma esistono strumenti legali per tutelare i propri diritti e, in certi casi, rimediare alla situazione. Le strategie da adottare variano a seconda che la segnalazione sia corretta (il ritardo c’è stato realmente) oppure illegittima/errata. In ogni caso, il debitore deve agire con tempestività e cognizione di causa. Vediamo i principali strumenti di tutela:
1. Accesso ai dati e verifica delle segnalazioni
Il primo passo è sempre sapere esattamente cosa risulta nelle banche dati. Spesso i clienti scoprono di essere segnalati solo quando viene loro negato un nuovo credito. È invece opportuno controllare proattivamente la propria posizione. Pertanto:
- Richiesta dei dati alla Centrale Rischi: Ogni soggetto (persona o azienda) può chiedere a Banca d’Italia il proprio “spaccato” CR. La richiesta si può fare online tramite il portale Servizi al Cittadino (accesso con SPID/CIE) oppure inviando un modulo via PEC o raccomandata. La Banca d’Italia rilascia un documento con tutte le segnalazioni degli ultimi periodi (di solito 36 mesi) fatte a nome del richiedente. Questo consente di verificare quali banche hanno segnalato cosa, e con che importi e causali (sofferenza, scaduto, ecc.). È un diritto gratuito e non ha impatti negativi (non è come una richiesta di finanziamento, è solo un accesso ai propri dati).
- Richiesta di visura CRIF/Experian/CTC: Analogamente, è possibile ottenere l’accesso ai propri dati nelle SIC private. CRIF, per esempio, consente di fare tutto online: si invia la domanda con allegato documento d’identità e nel giro di pochi giorni si ottiene via email il fascicolo con le informazioni. Anche Experian e CTC hanno procedure simili (moduli sui rispettivi siti). Questa verifica è fondamentale per sapere se si è segnalati e da chi. Talvolta può capitare che un creditore segnali a una banca dati ma non ad un’altra, quindi conviene controllare tutte le principali (CRIF e Experian in particolare).
- Confronto con la propria situazione reale: una volta ottenuti i dati, bisogna verificare la correttezza. Ad esempio: risulta un prestito mai richiesto? Oppure un ritardo segnalato ma in realtà si era pagato? O ancora, un importo errato (magari compare una sofferenza di 100.000 €, ma si era debitori di 10.000 €)? O una segnalazione attiva nonostante sia trascorso il tempo massimo di conservazione? Tutte queste incongruenze vanno individuate.
- Verifica del preavviso: se si tratta di una segnalazione CRIF e non si ricorda di aver ricevuto alcun avviso scritto, è un elemento da notare (non invalida la segnalazione, ma costituirà un appiglio per lamentare scorrettezza). Ad esempio, se CRIF mostra un “ritardo di 3 rate segnalato a tale data” e il cliente non ha ricevuto lettera di preavviso, c’è stata una violazione dell’art. 125 TUB e del Codice di condotta.
- Attenzione alle segnalazioni continue: se un credito viene ceduto ad altra società (es. recupero crediti) e questa continua a segnalare, bisogna vedere se la segnalazione è “in continuità” o duplicata. Non di rado accade che un credito ceduto venga segnalato sia dal cedente sia dal cessionario: questo non dovrebbe succedere (deve risultare uno alla volta). Situazioni simili vanno fatte presente.
2. Contestazione e diffida alla banca segnalante
Se dalla verifica emergono errori o illegittimità, il primo interlocutore a cui rivolgersi è la banca o finanziaria che ha effettuato la segnalazione (o eventualmente quella che ha revocato il fido). Conviene inviare una diffida scritta formale (preferibilmente tramite PEC o raccomandata A/R) in cui:
- Si riepiloga brevemente la vicenda (contratto di fido/finanziamento, ecc.).
- Si dettagliano le ragioni della contestazione: es. “avete segnalato come sofferenza un importo contestato e oggetto di causa”; “avete mantenuto la segnalazione nonostante il pagamento integrale in data X”; “avete segnalato erroneamente due volte lo stesso evento”; “non avete inviato il preavviso obbligatorio” e così via, citando gli eventuali documenti di supporto (ricevute di pagamento, corrispondenza, sentenze, ecc.).
- Si chiede espressamente la rettifica o cancellazione della segnalazione impropria. Nel caso di CRIF/Experian, la banca può inviare un aggiornamento straordinario o comunque al successivo aggiornamento mensile segnare la posizione come regolarizzata o eliminarla se totalmente errata. Nel caso di Centrale Rischi, la banca può (anzi, deve) inviare una segnalazione di correzione a Banca d’Italia se i dati trasmessi erano inesatti.
- Si fissa un termine ragionevole (ad esempio 15 giorni) per ottenere un riscontro, avvertendo che decorso inutilmente tale termine ci si tutelerà in altre sedi (ABF, Garante, giudizio civile). È importante essere chiari ma anche oggettivi: se si minacciano azioni, poi bisogna essere pronti a farle davvero.
Questa diffida svolge più funzioni: mette la banca di fronte all’errore (talvolta potrebbero non essersene accorti), crea un documento scritto che testimonia la contestazione (utile poi se si andrà in giudizio) e costituisce formalmente reclamo. Infatti, secondo la normativa sulla trasparenza, ogni cliente può presentare reclamo all’intermediario, il quale è tenuto a rispondere entro 30 giorni (per materie bancarie) o al massimo 60 giorni. Dunque la diffida attiva la procedura di reclamo interno: se la banca ammette l’errore, provvederà essa stessa a sistemare (e magari scusarsi). Se risponde negativamente o non risponde, si configura l’esaurimento del tentativo interno, condizione che poi permette di rivolgersi all’Arbitro Bancario Finanziario o di andare in mediazione/giudizio.
Quando la segnalazione è corretta e dovuta (ad esempio effettivamente non si è pagato e si è ancora insolventi), la diffida non servirà a far cancellare la segnalazione – che non verrebbe rimossa perché veritiera. In tal caso la comunicazione al creditore può avere un altro scopo: chiedere un accordo per sanare la posizione (vedi oltre sezione negoziazione) e magari ottenere la riabilitazione in tempi più rapidi. Alcune banche, se il debitore salda tutto e lo richiede, inviano ai SIC una segnalazione di “estinzione per accordo saldo e stralcio” che, pur restando visibile, quantomeno fa decorrere i termini di cancellazione da subito (24 mesi).
3. Ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF)
L’ABF è un organismo di risoluzione stragiudiziale delle controversie bancarie, istituito presso Banca d’Italia. È un sistema arbitrale snello: il cliente può presentare ricorso online con un costo simbolico di 20 euro (rimborsato se si vince), senza bisogno di avvocato. L’ABF decide in tempi relativamente brevi (in genere alcuni mesi) e le sue decisioni, pur non vincolanti come sentenze, vengono nella quasi totalità dei casi rispettate dalle banche (che tengono al loro rating di compliance, anche perché le decisioni inadempiute vengono pubblicizzate).
Perché l’ABF è utile nella materia delle segnalazioni? Perché ha sviluppato negli anni un’ampia giurisprudenza e sensibilità su questi temi, e rappresenta una via più rapida ed economica di una causa in tribunale per questioni spesso urgenti (la necessità di riabilitare il cliente). Prima di adire l’ABF è obbligatorio aver presentato reclamo alla banca e atteso 60 giorni (o risposta negativa), il che coincide con la diffida di cui sopra.
Il ricorso ABF si presenta con un modulo in cui si espongono i fatti e le proprie richieste (es: “chiedo la cancellazione della segnalazione errata e il risarcimento di €X per il danno subito”). L’intermediario si deve costituire e può replicare per iscritto. Dopodiché il Collegio ABF esamina atti e documenti e pronuncia una decisione motivata.
Esempi di casi che si possono portare all’ABF:
- Segnalazione illegittima per mancanza di presupposti: l’ABF può accertare che, ad esempio, la banca ha segnalato a sofferenza senza valutare la situazione patrimoniale del cliente (in violazione delle istruzioni di Bankitalia e della buona fede). In passato l’ABF ha ritenuto non corrette segnalazioni fatte per semplice ritardo senza esame globale. In questi casi spesso l’ABF dà ragione al cliente e ordina alla banca di procedere alla rettifica (in CR) o cancellazione (in CRIF) dell’informazione contestata. Va precisato: l’ABF non “cancella” d’ufficio dai sistemi – non ne ha il potere diretto – ma condanna la banca a farlo. Se la banca non lo facesse, incorrerebbe in inadempimento verso la decisione ABF.
- Omissione del preavviso: l’ABF, come visto, distingue la rilevanza del preavviso. In alcune decisioni (es. Collegio Milano 2022) ha ritenuto che il preavviso andrebbe dato anche se il credito è ceduto e segnalato dal cessionario, mentre altre decisioni no. In generale, l’ABF tende a considerare la mancanza di preavviso come un comportamento scorretto, che però comporta semmai un risarcimento danni ma non la rimozione della segnalazione se l’insoluto sussiste. Quindi davanti all’ABF su questo punto si può ottenere al limite una somma a titolo di indennizzo (per esempio, in passate decisioni ABF ha liquidato alcune centinaia di euro per il danno non patrimoniale da difetto di trasparenza).
- Mancato aggiornamento o errore nei dati: ad esempio, la banca non ha comunicato che il cliente ha pagato tutto ed è rimasto un “rosso” segnalato per mesi; oppure ha segnalato importi sbagliati. Questi casi sono quasi sempre decisi a favore del cliente, con ordine di correzione e spesso con liquidazione di danni se provati.
- Abuso di segnalazione durante controversia: se c’è una causa pendente sul debito, l’ABF valuta se era corretto segnalare subito. Si allinea alla Cassazione: se il cliente stava opponendo una pretesa non manifestamente infondata, segnalare può essere ritenuto prematuro. Talora l’ABF invita la banca a “rivalutare” la posizione alla luce della contestazione in corso.
Uno dei vantaggi dell’ABF è che può decidere anche su importi piccoli o su questioni prettamente tecniche (ad esempio date di invio di preavvisi) dove un tribunale sarebbe troppo lento o costoso da adire. Per il cliente, vincere all’ABF significa spesso risolvere definitivamente il problema (la banca rettifica la segnalazione e il nome viene pulito o quantomeno aggiornato).
Va notato che la decisione ABF non preclude altre azioni: se uno non è soddisfatto (ad esempio l’ABF nega il risarcimento o dà una cifra simbolica, mentre il cliente puntava a molto di più), si può comunque poi agire in giudizio civile. Le pronunce ABF non hanno efficacia di giudicato.
4. Reclamo al Garante Privacy
Un altro canale di tutela è quello offerto dalla normativa privacy. Una segnalazione in un SIC privato (CRIF, Experian) implica un trattamento di dati personali. Se tale trattamento avviene in violazione di legge – ad esempio dati inesatti, non aggiornati, o conservati oltre i tempi previsti – l’interessato può presentare reclamo al Garante per la Protezione dei Dati Personali. Il Garante ha il potere di ordinare la cancellazione o rettifica dei dati e anche di sanzionare economicamente il titolare del trattamento (la banca o il SIC) se ci sono infrazioni gravi. Ad esempio, in passato il Garante è intervenuto per far cancellare nominativi trattenuti più a lungo del dovuto nei sistemi oppure per far rimuovere segnalazioni laddove il creditore non aveva rispettato il Codice deontologico.
La procedura davanti al Garante è formalmente più complessa che l’ABF (richiede un reclamo scritto motivato, preferibilmente con l’assistenza di un avvocato specializzato in privacy) e i tempi non sono rapidissimi (possono volerci mesi per una decisione). Tuttavia, il Garante tratta con una certa celerità i casi di segnalazioni creditizie, data la delicatezza.
È consigliabile rivolgersi al Garante soprattutto quando la questione è strettamente legata alla privacy: per esempio, furto di identità (qualcuno ha ottenuto credito a nome vostro e voi risultate cattivi pagatori innocenti – il Garante in questi casi può ordinare l’immediata cancellazione dei dati fraudolenti), oppure violazione del Codice di condotta (dati conservati oltre 60 mesi, mancato preavviso documentabile, ecc.).
In caso di furto d’identità già CRIF stessa suggerisce di fare denuncia e di segnalarlo, per ottenere la cancellazione delle posizioni derivanti da frode. Il Garante è l’autorità che può supportare su questo fronte, obbligando i SIC a eliminare i dati fraudolenti una volta accertata la situazione.
Se invece la questione è l’interpretazione di obblighi contrattuali (es. insolvenza sì o no), il Garante potrebbe dichiararsi non competente a decidere se il credito fosse realmente dovuto; lì è più materia da ABF o giudice. Ciononostante, spesso le strade ABF e Garante possono essere parallele: si può fare ricorso ad ABF per la parte “bancaria” e reclamo al Garante per la parte “privacy”, ad esempio.
Una volta ottenuto un provvedimento favorevole del Garante (di rettifica/cancellazione), la banca dati deve adeguarsi e correggere. Se non lo fa, rischia multe molto salate. Anche la banca segnalante ne risponde come co-titolare del trattamento.
5. Mediazione civile obbligatoria
Le controversie in materia bancaria e finanziaria rientrano tra quelle per cui la legge prevede un tentativo obbligatorio di mediazione civile (D.lgs. 28/2010). Ciò significa che, prima di poter agire in tribunale con una causa vera e propria, il cliente deve promuovere un tentativo di conciliazione presso un organismo di mediazione (ad esempio una Camera di Commercio o un organismo privato accreditato).
Nella pratica, spesso la mediazione obbligatoria viene esperita quando ABF e reclami non hanno portato frutto e si è intenzionati a fare causa. La mediazione è un incontro (o più) in cui, con l’aiuto di un mediatore, le parti cercano un accordo amichevole. La banca di solito partecipa tramite un proprio legale o funzionario.
Nel contesto di una segnalazione: la mediazione può essere l’occasione per negoziare un accordo transattivo. Ad esempio, se il cliente ha subìto un danno reputazionale e minaccia di chiedere 50.000 € di risarcimento, la banca potrebbe offrirne 10.000 € a saldo e stralcio, impegnandosi magari a rilasciare una lettera in cui riconosce l’errore (utile al cliente per convincere altre banche a riammetterlo al credito). Oppure, se la segnalazione è corretta ma il cliente vuole rientrare in bonis, si può trattare una dilazione (piano di rientro) con contestuale sospensione di azioni legali. Insomma, in mediazione c’è spazio creativo.
Se la mediazione fallisce, si ottiene il verbale necessario per procedere con la causa. È importante partecipare con l’assistenza di un avvocato (obbligatoria) e con idee chiare su cosa si vuole: mantenere posizioni ragionevoli può portare a soluzioni più rapide ed economiche di una battaglia legale lunga.
6. Azione giudiziaria in tribunale
Come extrema ratio, vi è sempre la possibilità di adire l’autorità giudiziaria ordinaria. Le azioni tipicamente esercitate in questi casi sono:
- Azione di accertamento negativo e cancellazione del dato: si chiede al giudice di accertare che la segnalazione è illegittima e di ordinare alla banca (e quindi alla Centrale Rischi o CRIF) di eliminare la segnalazione. Questa è una tutela inibitoria, spesso accompagnata da un ricorso d’urgenza (ex art. 700 c.p.c.) se il danno nell’attesa sarebbe irreparabile. Ad esempio, un’azienda può chiedere in via d’urgenza la cancellazione della sofferenza in CR perché altrimenti perde un appalto che richiede certificazione di affidabilità: se dimostra fumus (ragionevole fondatezza dell’illegittimità della segnalazione) e periculum (danno imminente), un giudice può emettere un decreto urgente ordinando la sospensione/cancellazione temporanea in attesa del merito.
- Azione risarcitoria: si agisce ex art. 2043 c.c. (responsabilità aquiliana) o per inadempimento contrattuale, chiedendo i danni subiti. Come visto, la giurisprudenza richiede la prova del danno, ma ammette le presunzioni. In causa è opportuno quindi portare elementi concreti: ad esempio, testimonianze di istituti che hanno negato credito, perizia di un consulente finanziario sul maggior costo sostenuto per finanziarsi altrove, documentazione di affari sfumati, oppure elementi sulla sofferenza psicologica (nel caso di privati).
- Azione di rivendicazione reputazionale: talvolta viene chiesto anche il risarcimento del danno morale o all’immagine (ex art. 2050 o 2059 c.c.), specie per imprenditori la cui credibilità commerciale è stata lesa. Cass. 15609/2014 (citata prima) ha riconosciuto questo danno da lesione della reputazione commerciale come risarcibile anche senza prova specifica di perdite, ma sulla base di presunzioni relative all’handicap competitivo creato.
I tempi di un giudizio civile possono essere lunghi (2-3 anni in primo grado, se non di più). Spesso la soluzione giudiziale è utile quando c’è molto in ballo (grandi danni, principi da chiarire) o quando gli strumenti stragiudiziali hanno fallito. Va detto che, proprio grazie alla pressione dell’ABF e del Garante, molti casi si risolvono prima. Non di rado le banche preferiscono transare e sistemare piuttosto che arrivare a una condanna con possibile eco pubblica.
Una particolarità: se il cliente soggetto a segnalazione è fallito o in altra procedura concorsuale, valgono regole specifiche. Ad esempio, dopo la chiusura di un fallimento con esdebitazione, le sofferenze relative dovrebbero essere aggiornate (il soggetto viene liberato dai debiti, quindi non dovrebbe più risultare insolvente per quelle posizioni). Le istruzioni di Banca d’Italia prevedono comunicazioni particolari in caso di omologazione di piani di ristrutturazione o liquidazione (vi sono “Precisazioni sulle segnalazioni a seguito di provvedimenti di omologa” del 2023): la banca deve adeguare la segnalazione allo stato risultante dall’accordo omologato, evitando di mantenere “sofferenza” se il debito è stralciato e il debitore liberato. Quindi, per un imprenditore che utilizza strumenti della crisi d’impresa (piani del consumatore, ristrutturazioni del debito ex art.182-bis L.F. ora Codice crisi), c’è la possibilità di venir riabilitato anche nelle banche dati dopo la conclusione positiva della procedura.
7. Riabilitazione creditizia e prevenzione
Al di là dei rimedi giuridici puntuali, merita menzione un approccio più generale: ricostruire la propria affidabilità nel tempo. In certi casi, il debitore dovrà semplicemente aspettare che passi il periodo di conservazione dei dati negativi (12, 24 o 36 mesi). Nel frattempo può cercare di migliorare il proprio profilo:
- Pagando puntualmente tutti gli altri eventuali rapporti creditizi (così almeno compaiono dati positivi in CRIF).
- Fornendo volontariamente alle banche con cui lavora spiegazioni sull’accaduto e, se possibile, garanzie aggiuntive. Ad esempio, un imprenditore segnalato può comunque aprire un conto presso una banca presentando come garanti soci o terzi di fiducia, cercando di dimostrare che l’incidente è circoscritto.
- Evitando di accumulare ulteriori segnalazioni: se si è già “marchiati” conviene non peggiorare la situazione con altri default. Meglio rinviare nuovi investimenti a dopo la riabilitazione, se possibile.
Inoltre, bisogna considerare la prevenzione contrattuale: nei contratti futuri, fare attenzione alle clausole di revoca fidi e cercare di ottenere, se possibile, margini di tolleranza (poche banche lo concedono, ma si può negoziare ad esempio un covenant che preveda non revoca immediata se il patrimonio resta sopra tot).
Da notare: non esiste in Italia un istituto formale di “riabilitazione creditizia” come accade per i protesti (dove c’è la riabilitazione presso il Tribunale). La “riabilitazione” qui è solo fattuale: rientrare nei pagamenti e attendere che le banche dati si puliscano con il tempo. Se però c’è stata un’ingiustizia, perseguirla con i mezzi di tutela visti sopra non è solo legittimo ma doveroso, per abbreviare il periodo di purgatorio.
Tecniche di negoziazione con l’istituto bancario
Oltre alle azioni difensive e legali, è fondamentale l’aspetto negoziale. Spesso un accordo con la banca può risolvere una situazione di ritardo prima che degeneri in una segnalazione conclamata, oppure può mitigare gli effetti di una segnalazione già avvenuta (ad esempio accompagnando verso la cancellazione a termine). Di seguito alcune tecniche e modalità utili nella pratica:
Rinegoziazione del debito e piani di rientro
Quando l’impresa o il debitore individuale si accorge di non riuscire a rientrare dal fido nei tempi previsti, la prima cosa da fare è comunicare apertamente con la banca e proporre una soluzione. La banca, tutto sommato, preferisce recuperare il suo credito in maniera concordata piuttosto che avviare cause o sofferenze lunghe. Possibili strade:
- Piano di rientro rateizzato: Concordare per iscritto un calendario di rimborso graduale dell’esposizione. Ad esempio, se si è oltre fido di €50.000, proporre di rientrare €5.000 al mese per 10 mesi, magari con interessi su queste somme. La banca spesso formalizza con una lettera di rimodulazione in cui accetta di non revocare subito il fido e di considerare “regolare” il piano, a patto che il debitore rispetti le rate di rientro. Durante questo periodo, se c’è accordo, la banca in genere non segnala a sofferenza (perché il credito viene considerato in una sorta di temporanea “tolleranza”). Attenzione però: se poi non si rispettano le rate del piano di rientro, la segnalazione sarà quasi inevitabile e con effetto retroattivo (la banca dirà che l’incaglio c’era sin dall’inizio).
- Rinegoziazione del fido in finanziamento a medio termine: Spesso un fido utilizzato in modo permanente (e non come liquidità rotativa) segnala un problema strutturale. Una soluzione è trasformare quella esposizione a breve in un debito a medio termine, ad esempio convertendo lo scoperto in un mutuo o prestito rimborsabile in 3-5 anni con rate mensili. Così l’azienda esce dall’emergenza e la banca vede un piano di rientro strutturato. Ovviamente ciò comporta formalizzare un nuovo contratto (potrebbero servire garanzie aggiuntive, come un’ipoteca o una fideiussione).
- Consolidamento debiti: Se ci sono più fidi o finanziamenti sparsi, un approccio è chiedere un prestito di consolidamento che accorpi tutto in uno. Ad esempio, se un imprenditore ha 3 fidi con 3 banche e li sta tirando tutti, potrebbe proporre a una di esse (magari la principale) di accollarsi i debiti verso le altre e concedergli un unico finanziamento rateale. In cambio, offre magari la chiusura delle esposizioni e garanzie. Le banche talvolta accettano se vedono che così almeno uno dei crediti rientra ordinatamente, piuttosto che lasciare il cliente fallire trascinando tutti.
- Moratoria concordata: In periodi di difficoltà diffusa (crisi economiche, eventi eccezionali), spesso vengono varate moratorie – lo abbiamo visto con la pandemia Covid-19, dove moratorie ex lege hanno sospeso i pagamenti dei finanziamenti e bloccato le segnalazioni negative. Fuori da interventi di legge, si può chiedere individualmente una moratoria alla propria banca, ossia una sospensione temporanea dei rimborsi (o del rientro dal fido) per alcuni mesi. Se la banca crede nella temporaneità dei problemi, può concederla (magari imputando solo interessi nel frattempo). Durante la moratoria concordata, la posizione non viene segnalata come deteriorata: per intesa, resta “in bonis” perché c’è un accordo di concessione.
- Ripristino graduale del fido: in certi casi, invece di revocare del tutto, la banca può ridurre progressivamente il plafond. Ad esempio, il fido era €100k ma l’azienda è in crisi, la banca propone di scalare €10k al mese dal limite, cosicché in 10 mesi torna a zero. Questo è un modo per formalizzare un rientro senza dichiarare sofferenza immediata. Va formalizzato come riduzione progressiva dell’affidamento.
L’elemento chiave nella rinegoziazione è la credibilità del piano: il debitore deve presentare dati e prospettive che convincano la banca che rispettare l’accordo è realistico. Per le aziende, ciò significa condividere magari un business plan, ordini in portafoglio, impegni di nuovi apporti di capitale dai soci, ecc. Per le persone fisiche, può voler dire dimostrare di aver tagliato altre spese o di prevedere entrate (nuovo lavoro, vendita di un immobile, ecc.).
Dal punto di vista giuridico, qualsiasi rimodulazione andrebbe messa per iscritto. Se è un mero accordo di rientro, basterà uno scambio di lettere firmate (ma è essenziale averlo, altrimenti la banca potrebbe negare di aver concesso tempi extra). Se è un nuovo finanziamento, sarà un vero e proprio contratto da firmare. Importante: assicurarsi che nell’accordo la banca si impegni a non effettuare/ritirare segnalazioni negative fintanto che il debitore rispetta il piano. Così facendo, il debitore evita di diventare cattivo pagatore mentre sta onorando l’intesa.
Accordi stragiudiziali: saldo e stralcio, transazioni
Quando il debitore non è in grado di pagare per intero il dovuto, si può percorrere la via dell’accordo a saldo e stralcio. In pratica, la banca accetta di considerare estinto il credito a fronte di un pagamento inferiore al 100% del debito – tipicamente immediato o in poche soluzioni – rinunciando al resto. Questo succede se la banca stima che, altrimenti, non recupererebbe di più nemmeno attraverso vie legali. Ad esempio, su €50.000 di scoperto, potrebbe accontentarsi di €30.000 subito piuttosto che inseguire un’azienda che pare destinata all’insolvenza.
Dal lato “cattivo pagatore”, un saldo e stralcio ha il vantaggio di chiudere la posizione definitivamente e avviare il decorso per la cancellazione della segnalazione nei tempi standard (24 mesi se c’è stata morosità poi sanata parzialmente). Occorre però contrattare con la banca anche la modalità di segnalazione post-accordo. In genere, dopo un saldo a stralcio, la banca segnala l’aggiornamento come “posizione chiusa per transazione con perdita”. Questo è comunque un evento negativo che resta visibile per 24 mesi (ma almeno non per 36). Si può provare a negoziare che la banca, una volta incassato, ritiri la segnalazione negativa. Però attenzione: la banca non può cancellare un fatto vero – se c’è stata sofferenza, può solo segnalare che è rientrata. Se provasse a omettere intenzionalmente un dato negativo vero, andrebbe contro le istruzioni di Banca d’Italia. Ciò che alcuni debitori cercano di ottenere è una sorta di “lettera di buona parola” dalla banca dopo l’accordo, da mostrare ad altri istituti: una dichiarazione che la posizione si è risolta amichevolmente e che il soggetto è tornato virtuoso. Non ha effetti sulle banche dati, ma può aiutare a convincere un nuovo finanziatore a dare fiducia nonostante la macchia ancora visibile.
Negli accordi stragiudiziali, includete sempre clausole di riservatezza e rinuncia: la banca in cambio dello stralcio vorrà la promessa di non essere citata in giudizio per la segnalazione passata (sennò sarebbe beffata: ti faccio lo sconto e tu poi mi chiedi danni). Spesso i testi di transazione includono la dichiarazione che “le parti si danno reciprocamente atto di nulla avere più a pretendere, rinunciando a ogni azione inerente ai fatti di causa, comprese quelle relative alle segnalazioni”. Valutate bene quindi se accettare – se pensate di avere diritto a grossi danni per segnalazione infondata, il saldo e stralcio potrebbe farvi rinunciare a quei risarcimenti. È un bilanciamento tra rischi: incassare subito lo sconto e chiudere oppure inseguire per via giudiziaria il torto subito.
Moratorie e supporto esterno
In contesti di crisi sistemica, come accennato, possono intervenire normative speciali di moratoria su prestiti (es. accordi ABI, decreti legge per calamità naturali come il DL Alluvioni 2023). Chi rientra in queste casistiche (ad esempio azienda in area colpita da terremoto, alluvione, o emergenza pandemica) dovrebbe informarsi presso la propria associazione di categoria o direttamente in banca, perché spesso esistono possibilità di sospendere i pagamenti per un certo periodo e congelare le segnalazioni negative. Durante la moratoria Covid, ad esempio, le esposizioni sospese per legge non venivano classificate come deteriorate né segnalate.
Un altro strumento, più sul piano consulenziale, è farsi affiancare da un consulente finanziario o esperto di crisi d’impresa. Per le aziende oggi esiste l’istituto della composizione negoziata della crisi: si può nominare un esperto indipendente che aiuti l’imprenditore a trattare con le banche e altri creditori un accordo di ristrutturazione fuori dai tribunali. Questo strumento, introdotto nel 2021, può facilitare intese di risanamento evitando di arrivare al default conclamato. Nell’ottica del nostro tema, se un’azienda attiva la composizione negoziata e ciò diventa noto alle banche, idealmente queste dovrebbero temporeggiare prima di segnalare sofferenze, in attesa di vedere se un accordo di ristrutturazione matura (Banca d’Italia nelle sue comunicazioni ha invitato a tener conto di queste situazioni). Certo, se poi la negoziazione fallisce, la segnalazione arriverà comunque.
Rapporti futuri con l’istituto e ricostruzione della fiducia
Negoziare non significa solo risolvere il passato, ma anche gettare le basi per il futuro. Se il rapporto con la banca prosegue (ad esempio: la banca concede un nuovo piano di rientro invece di chiudere ogni rapporto), è importante ristabilire la fiducia. L’azienda o individuo dovrà impegnarsi a rispettare rigorosamente i nuovi patti. In alcuni casi, la banca potrebbe richiedere garanzie aggiuntive per prolungare l’affidamento (es: un pegno su titoli, una garanzia statale se disponibile, l’ingresso di un terzo garante solvibile). Valutate se è il caso di coinvolgere un parente o partner affidabile come garante per rassicurare la banca: naturalmente il garante rischia in proprio, quindi è una scelta delicata.
Se invece il rapporto con la banca si è deteriorato al punto da chiudersi, una volta sistemata la situazione cercate gradualmente di costruire nuovi rapporti bancari. Magari iniziate con prodotti basici (un conto corrente con pochi servizi, senza fidi) presso istituti che non vi conoscono, e dopo un po’ di storia positiva provate a chiedere piccoli affidamenti. Il marchio di cattivo pagatore svanisce col tempo, ma le relazioni vanno comunque ricostruite.
In sintesi, la negoziazione con la banca richiede trasparenza, proattività e affidabilità. Il debitore deve riconoscere i propri problemi e coinvolgere la banca nella ricerca di una soluzione, mostrando impegno e offrendo qualcosa in cambio (garanzie, piano concreto, sacrifici). Dall’altro lato, la banca, pur dovendo tutelarsi, ha interesse a recuperare il credito e mantenere un cliente se vede possibilità di recupero. Molte crisi si risolvono proprio grazie a accordi stragiudiziali ben congegnati, evitando l’etichetta di sofferenza definitiva.
Tabelle riepilogative
Di seguito proponiamo alcune tabelle riassuntive dei principali aspetti trattati, per avere a colpo d’occhio informazioni utili su termini, conseguenze e differenze tra i vari sistemi di segnalazione.
Confronto tra Centrale Rischi e SIC privati
Caratteristica | Centrale Rischi Banca d’Italia | SIC privati (CRIF, Experian, CTC, ecc.) |
---|---|---|
Base giuridica | Obbligo normativo (Istruzioni Banca d’Italia, art. 51 TUB) – finalità di vigilanza e interesse pubblico. | Consenso non richiesto; trattamento su base di legittimo interesse e Codice di condotta approvato dal Garante (art. 6 GDPR lett. c e f). |
Soggetti segnalanti | Banche e intermediari vigilati (iscritti all’albo ex art. 106 TUB). | Banche, finanziarie, società di leasing/credito al consumo, utilities (aderenti ai SIC). |
Soglia importi | Esposizioni sopra determinate soglie; sofferenze segnalate anche per importi minimi. Esonero per crediti < €30.000 in bonis (aggregati). Nuova definizione default: arretrato > €100/500 > 90gg. | Nessuna soglia: anche piccoli finanziamenti (es. 500€) vengono registrati, sia positivi che negativi. Segnalazioni negative però scattano solo per ritardi significativi (≥2 rate). |
Frequenza aggiornamento | Mensile (invio entro 25 del mese successivo, disponibilità primi giorni del secondo mese). | Mensile (la maggior parte degli enti aggiorna ogni 30 giorni circa i SIC). |
Tipi di dati negativi | Categorie: scaduto (arretrato >90gg), inadempienza probabile (UTP), sofferenza (insolvenza conclamata). Importi aggregati per banca. | Dati puntuali su ogni rapporto: numero rate scadute, giorni di ritardo, status (es. “sofferenza”, “saldo e stralcio”, ecc.). |
Preavviso all’interessato | Non obbligatorio per legge; consigliato come dovere di correttezza (specie a consumatori). Mancata comunicazione ≠ cancellazione segnalazione, ma possibile danno risarcibile. | Obbligatorio per la prima segnalazione negativa al consumatore (art.125 TUB): preavviso scritto ≥15 giorni prima della segnalazione. Senza preavviso, segnalazione contestabile e illecito privacy. |
Destinatari della segnalazione | Accessibile solo da banche e intermediari per finalità di rischio di credito; e dall’interessato sui propri dati. Non pubblica. | Accessibile da banche/finanziarie aderenti e dall’interessato. Talvolta visibile anche in report commerciali (ad es. crif business). Non pubblica al grande pubblico. |
Durata conservazione | I dati restano negli archivi, ma le banche possono consultare ultimi 36 mesi. Trascorsi 36 mesi, l’evento negativo non è più visibile nelle normali visure per altri intermediari. | Dati cancellati automaticamente scaduti i termini: 12 mesi, 24 mesi o 36-60 mesi a seconda della gravità/regolarizzazione. Oltre tali termini, eliminati definitivamente. |
Esempio segnalazione grave | “Sofferenza per €50.000 verso banca X” (indica insolvenza su quell’importo, visibile a tutti gli istituti per 36 mesi). | “Finanziamento Y di €50.000 – sofferenza chiusa a saldo e stralcio il 01/2025 – importo residuale 0” (visibile fino a 01/2027 come evento negativo risolto). |
Autorità di controllo | Banca d’Italia (Supervisione bancaria). | Garante Privacy (rispetto Codice condotta) e Organismo di monitoraggio del Codice di condotta SIC. |
Tempi di permanenza delle segnalazioni negative nei SIC privati
Evento segnalato (SIC) | Durata segnalazione | Note |
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1-2 rate/mensilità pagate in ritardo (poi pagate) | 12 mesi dalla comunicazione di regolarizzazione | I 12 mesi decorrono dall’avvenuto pagamento delle rate arretrate. Necessario che in quei 12 mesi non vi siano ulteriori ritardi. |
3 o più rate/mensilità pagate in ritardo (poi regolate, anche per transazione) | 24 mesi dalla comunicazione di regolarizzazione | Vale anche per “saldo e stralcio” (transazione): il debito risulta chiuso ma non integralmente adempiuto, resta visibile 2 anni. Necessario nessun nuovo ritardo nel periodo. |
Finanziamento non rimborsato (grave inadempimento, sofferenza non sanata) | 36 mesi dalla scadenza contrattuale o dall’ultimo aggiornamento (max 60 mesi dalla scadenza contratto) | Esempio: prestito scaduto il 31/12/2024 non pagato affatto → segnalazione visibile fino al 31/12/2027 (36 mesi). Se il credito viene ceduto o si hanno eventi successivi, max 5 anni dalla fine. |
Finanziamento rimborsato regolarmente | 36 mesi dalla chiusura (estinzione) (oppure 60 mesi se coesistono altri rapporti negativi) | I dati positivi rimangono 3 anni, ma se il soggetto ha altri rapporti negativi aperti, anche quelli positivi possono restare fino a 5 anni per coerenza di archivi. |
Richiesta di finanziamento rifiutata o ritirata | 90 giorni dalla data di aggiornamento con esito | Trascorsi 3 mesi, la notizia che Tizio ha chiesto un prestito e gli è stato negato sparisce. |
Richiesta di finanziamento in corso di valutazione | 180 giorni dalla data richiesta | Serve ad evitare che uno stesso soggetto faccia shopping di credito: le altre banche vedono per max 6 mesi che ha chiesto altrove. |
Nota: I tempi sopra indicati sono stabiliti dal Codice di condotta SIC e vincolano tutte le banche dati private. Non sono prolungabili: lo stesso CRIF cancella automaticamente le informazioni alla scadenza, senza bisogno di richiesta. Una volta cancellati, i dati non sono più accessibili né a finanziarie né all’interessato.
Principali adempimenti e diritti collegati alla segnalazione
Aspetto | Descrizione e fonte normativa | Implicazioni pratiche |
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Preavviso di segnalazione | Obbligo per finanziatori di avvisare il consumatore prima della prima segnalazione negativa (art. 125, co.3 TUB) e art. 5 Codice condotta SIC. Preavviso di almeno 15 giorni. | Il cliente ha diritto a un ultimo avvertimento per evitare la segnalazione pagando il dovuto. Se manca, può lamentare violazione di trasparenza e privacy. Non impedisce la segnalazione, ma può portare a risarcimenti. |
Obbligo di correttezza dei dati | Banche responsabili di esattezza e aggiornamento continuo delle segnalazioni (Circolare Bankitalia 139/1991). Errori vanno corretti e comunicati tempestivamente. | Il cliente può esigere la correzione di ogni dato inesatto. Se la banca non corregge, risponde dei danni. Banca d’Italia può intervenire richiedendo verifiche. |
Risposta al reclamo cliente | Obbligo di rispondere ai reclami entro 60 giorni (48 se intermediario finanziario) secondo normativa trasparenza (Delibera CICR). | Se la banca non risponde o nega il torto, il cliente può rivolgersi ad ABF. La mancata risposta nei termini è valutata negativamente in sede ABF. |
Ricorso ABF | Diritto del cliente di adire ABF dopo reclamo (Circ. ABF). Costo 20€. Decisione entro ~180 giorni. | Sospende la prescrizione per la durata. La banca di solito si adegua alla decisione (non vincolante formalmente, ma moral suasion). |
Reclamo Garante Privacy | Diritto di proporre reclamo per violazioni privacy (art. 77 GDPR). Il Garante decide entro 9 mesi (in media). | Gratuito (salvo spese legali). Può portare a provvedimenti di blocco/correzione dati e a sanzioni per la banca. |
Mediazione obbligatoria | Necessaria prima di causa civile (D.lgs.28/2010) per materia bancaria/finanziaria. | Opportunità di transigere. Se fallisce, libera via al tribunale. |
Causa civile e urgenza | Possibile azione giudiziaria ordinaria e ricorso d’urgenza (art.700 cpc) in caso di danno imminente. | In caso di esito favorevole, il giudice può ordinare la cancellazione immediata della segnalazione o condannare a risarcimenti consistenti. Tempi lunghi per definizione completa della causa. |
Cancellazione automatica | Diritto alla cancellazione automatica dei dati negativi dopo i termini stabiliti (art. 8 Codice condotta SIC). | Il cliente non deve fare nulla: i SIC rimuovono d’ufficio allo scadere. Diffidare di società che chiedono soldi per “cancellare dal CRIF”: se il tempo non è trascorso e la segnalazione è corretta, non possono cancellare prima. |
Domande frequenti (FAQ)
- Che cos’è un fido bancario e cosa comporta averne uno?
Risposta: Un fido bancario è una linea di credito accordata sul conto corrente, che permette di andare in negativo fino a un limite stabilito. In pratica la banca anticipa denaro che il cliente rimborserà in seguito. Avere un fido comporta l’obbligo di mantenere l’esposizione entro il plafond e di pagare gli interessi sulle somme utilizzate. Se il conto supera il limite di fido (sconfinamento) o se il cliente non rientra secondo gli accordi, la banca può ridurre o revocare il fido e pretendere la restituzione immediata di quanto dovuto. - Cosa significa essere segnalati come “cattivo pagatore”?
Risposta: Significa che il proprio nominativo figura in una o più banche dati creditizie come soggetto che ha avuto problemi di pagamento. Ad esempio, la Centrale Rischi può riportare una sofferenza (insolvenza) a carico di quella persona/società, oppure CRIF può indicare che su un prestito ci sono state rate non pagate o pagate in forte ritardo. In altre parole, la propria storia creditizia contiene “macchie” che segnalano affidabilità ridotta. Non esiste un “registro pubblico dei cattivi pagatori” generale: si parla di cattivo pagatore in senso lato per indicare questa condizione di scarsa affidabilità risultante dalle banche dati. - Quando scatta la segnalazione come cattivo pagatore?
Risposta: Dipende dal tipo di rapporto. In generale, non alla prima piccola distrazione. Nei finanziamenti rateali, di solito scatta dopo almeno due rate consecutive non pagate. Nel caso di scoperti di conto o fidi, avviene dopo che il cliente è stato sollecitato e non ha rientrato per un periodo significativo (es. oltre 60-90 giorni). Per la Centrale Rischi della Banca d’Italia, la segnalazione di sofferenza richiede che il cliente sia considerato in stato di insolvenza grave, quindi tipicamente dopo vari mesi di inadempimento e valutazioni negative sul suo stato finanziario. In ogni caso, per i clienti consumatori la legge impone un preavviso almeno 15 giorni prima della prima segnalazione negativa, quindi la segnalazione non è mai “a sorpresa”: c’è un ultimo avviso di ravvedimento. - La banca è tenuta ad avvisarmi prima di segnalarmi?
Risposta: Sì, se sei un consumatore e si tratta della prima segnalazione negativa. L’art. 125 TUB prevede l’obbligo di informativa preventiva. Anche per le aziende o per segnalazioni successive, in genere le banche inviano comunque un preavviso (ad esempio una diffida di pagamento con avvertimento di segnalazione). Se questo preavviso manca, la segnalazione – specie nei SIC privati – è effettuata violando le regole. Tuttavia, come spiegato, la mancanza di preavviso non comporta l’annullamento automatico della segnalazione, ma espone la banca a sanzioni e richieste di danni. In Centrale Rischi (Bankitalia) il preavviso non è normativamente obbligatorio, ma per prassi viene dato quasi sempre, soprattutto per segnalazioni di sofferenza. - Quanto dura una segnalazione nei sistemi di informazioni creditizie?
Risposta: Le segnalazioni non sono eterne: la durata dipende dal tipo. Nei sistemi privati (CRIF, Experian, etc.) valgono queste durate: 12 mesi per piccoli ritardi poi sanati (1-2 rate), 24 mesi per ritardi gravi poi sanati (3+ rate o saldo a stralcio), 36 mesi per morosità non sanate (fino a 60 mesi dalla scadenza contrattuale, ma 36 dalla fine effettiva). Questi termini si calcolano dalla data in cui si regolarizza o dalla scadenza del rapporto. Nella Centrale Rischi, formalmente i dati restano negli archivi, ma le banche consultano solo gli ultimi 36 mesi: quindi trascorsi tre anni dall’ultima segnalazione negativa, quella “storia” non è più visibile alle banche (anche se un estratto storico la evidenzierebbe). In poche parole: un cattivo pagatore non lo rimane per sempre, dopo alcuni anni di condotta regolare la macchia sparisce dai radar. - Come faccio a sapere se sono stato segnalato come cattivo pagatore?
Risposta: Puoi scoprirlo richiedendo l’accesso ai tuoi dati. Per la Centrale Rischi Banca d’Italia, puoi presentare istanza (anche online via SPID sul sito di Banca d’Italia) e ottenere gratuitamente il tuo rapporto integrale. Per CRIF, Experian, CTC, puoi rivolgerti ai rispettivi servizi per i consumatori (sul loro sito trovi moduli e istruzioni) e otterrai la lista di tutte le tue posizioni creditizie e relative segnalazioni. Inoltre, se hai richiesto un finanziamento e questo viene negato, hai diritto a chiedere alla banca la motivazione: spesso risponderanno “per informazioni negative in CRIF/Centrale Rischi”, il che è un campanello d’allarme per fare una visura completa. - Posso ottenere la cancellazione anticipata di una segnalazione negativa?
Risposta: Se la segnalazione è corretta, no, non prima dei termini previsti. Non esiste un meccanismo legale per “purgare” prima del tempo un dato negativo vero. Bisogna attendere i 12, 24 o 36 mesi a seconda del caso. Diffida di chi offre servizi di cancellazione immediata a pagamento: possono al più aiutarti a verificare se qualcosa è scorretto. L’unica ipotesi di cancellazione immediata è se la segnalazione è errata o illegittima: in tal caso, una volta riconosciuto l’errore, la banca (o il Garante/ABF su ordine) rimuoverà subito il dato. Ad esempio, se per sbaglio sei stato segnalato per un prestito di un omonimo, quello va cancellato appena si accerta l’errore. Oppure, se vieni truffato (frode di identità) e risulti inadempiente di un credito che non hai chiesto tu, puoi ottenere la cancellazione delle relative segnalazioni una volta dimostrata la frode (con denuncia, etc.). Ma ribadiamo: per segnalazioni vere, pagare tutto il debito non comporta la cancellazione immediata del ritardo; comporta però l’aggiornamento a “pagato” e l’avvio del conteggio per la cancellazione a scadenza (che è comunque più breve che se non pagassi). - Ho pagato tutti i miei arretrati: la banca deve togliere la segnalazione?
Risposta: Deve aggiornare la segnalazione a “regolarizzata” ma non può eliminarla subito. Ad esempio, se eri segnalato per 3 rate scadute e oggi paghi tutto, la banca nel prossimo aggiornamento segnalerà che sei in bonis e che il rapporto è regolarizzato dal tale mese. Tuttavia la traccia del passato rimarrà visibile per il periodo stabilito (24 mesi in questo esempio). Quello che la banca deve fare è tempestivamente comunicare l’avvenuto pagamento. Se non lo fa e ti lascia con lo status di moroso anche nei mesi successivi, commette un illecito e potrai chiederle i danni (come stabilito da Cass. 3671/2024). Quindi, dopo aver pagato, verifica con una visura dopo uno-due mesi: se vedi ancora “non pagato”, significa che l’ente segnalante non ha aggiornato e devi sollecitare la correzione. - Posso chiedere un risarcimento se la banca mi ha segnalato ingiustamente?
Risposta: Sì. Se la segnalazione era indebita – ad esempio perché non eri davvero insolvente, oppure la banca ha sbagliato (ti ha confuso con un altro, non ti ha avvisato quando doveva, o ha segnalato un importo che non dovevi) – hai diritto di chiedere il risarcimento dei danni. I danni possono essere economici (ad es. interessi più alti su altri prestiti che hai dovuto accettare, perdita di opportunità di affari per mancanza di credito) e morali (stress, reputazione rovinata). La Cassazione ha sancito che il danno non è automatico: dovrai dimostrare il pregiudizio, ma puoi farlo anche tramite presunzioni (è logico presumere che un imprenditore segnalato abbia difficoltà a ottenere forniture o finanziamenti, ecc.). La strada per ottenere il risarcimento è o un accordo stragiudiziale (spesso le banche se riconoscono l’errore sono disponibili a un indennizzo) oppure una causa civile. Anche l’ABF può riconoscere piccoli risarcimenti (di solito qualche migliaio di euro al massimo); per somme ingenti bisogna andare in tribunale. Naturalmente, è necessario avere elementi per provare che la segnalazione fu illegittima (ad esempio una sentenza che stabilisce che il debito non era dovuto, oppure la prova della mancanza di insolvenza, ecc.). - Se sono segnalato, posso comunque ottenere nuovi finanziamenti in qualche modo?
Risposta:È molto difficile, ma non impossibile. Le banche tradizionali, vedendo una segnalazione negativa recente, quasi sempre rifiuteranno nuove richieste: la loro politica di rischio glielo impedisce. Ci sono però alcune alternative:- Rivolgersi a istituti di credito minori o specializzati (es. finanziarie che offrono prestiti con cessione del quinto), che in alcuni casi accettano clienti con segnalazioni, compensando il rischio con tassi più alti o garanzie forti (la cessione del quinto, ad esempio, è garantita dallo stipendio e TFR, quindi viene erogata anche a qualcuno segnalato, se ha un lavoro stabile).
- Usufruire di garanzie statali: per le imprese, esiste il Fondo Centrale di Garanzia PMI che, se concede la garanzia, attenua il peso di una segnalazione (ma attenzione: se l’impresa è in sofferenza, potrebbe non essere ammissibile al Fondo).
- Far intestare il finanziamento a un terzo affidabile: es. far chiedere un prestito al coniuge o a un socio che non hanno macchie, e usare i fondi per l’attività del segnalato. Ovviamente il terzo ne risponde in proprio.
- Aspettare di avere almeno iniziato a risolvere: se ad esempio la segnalazione era per un insoluto e l’hai quasi interamente pagato, presentando la documentazione della regolarizzazione qualche banca potrebbe, caso per caso, valutare positivamente il fatto che stai sistemando.
In generale però, finché la segnalazione è “attiva” nel sistema, le porte del credito rimangono chiuse nella maggior parte dei casi. Conviene dunque concentrare gli sforzi nel risolvere la situazione all’origine.
Casi pratici e simulazioni
Per rendere più concreto quanto esposto, esaminiamo alcuni scenari tipici riguardanti ritardi su fido bancario e segnalazioni, con l’evoluzione e la soluzione adottata in ciascun caso.
Caso 1: Piccolo imprenditore con ritardo temporaneo risolto prima della segnalazione
Situazione: Mario è titolare di una ditta individuale. Ha un fido in conto corrente di €20.000 con la banca Alfa. A causa di un ritardo nei pagamenti da parte di un suo cliente importante, Mario si trova in difficoltà di liquidità e sconfina oltre il fido di €5.000 per circa 20 giorni (il saldo del conto è -25.000, rispetto al fido di 20.000). La banca Alfa invia a Mario una lettera di preavviso di revoca e segnalazione, comunicandogli che se entro 15 giorni non rientra almeno entro il limite accordato, procederà a revocare l’affidamento e a segnalarlo nelle banche dati creditizie come inadempiente.
Azione intrapresa dal cliente: Mario, ricevuta la lettera, contatta subito il proprio referente in banca, spiegando che il ritardo è dovuto a un incasso atteso. Riesce a far firmare al suo cliente debitore una dichiarazione d’impegno a pagare entro 30 giorni. Sottopone questo alla banca e chiede di concedergli tempo fino a quella scadenza. Nel frattempo versa €5.000 di tasca propria (prendendo a prestito da un familiare) per rientrare nei €20.000 di fido.
Soluzione negoziata: La banca, visto il gesto di buona volontà di Mario (ha ridotto lo sconfinamento) e la prova dell’incasso in arrivo, sospende la revoca del fido e non effettua alcuna segnalazione. Redige però un accordo scritto in cui concede un “uso promiscuo del fido” (cioè tollera oscillazioni oltre il limite) per ulteriori 30 giorni, impegnandosi a non segnalare sofferenze purché Mario rientri integralmente entro tale nuovo termine. Come garanzia ulteriore, fa firmare a Mario un effetto (pagherò) a 30 giorni per l’importo scoperto, così da avere titolo esecutivo in mano se non paga.
Esito: Dopo 25 giorni, il cliente di Mario salda il suo debito. Mario usa quei fondi per rientrare completamente dal fido e paga anche gli interessi extra maturati per lo sconfinamento. La posizione torna regolare. La banca non segnala nulla né in CR né in CRIF (lo sconfinamento temporaneo sotto i 30 giorni e poi risolto rimane confinato a rapporti interni). Mario evita di essere classificato cattivo pagatore, grazie al fatto di aver reagito subito al preavviso e aver coinvolto la banca con trasparenza.
Commento: Questo caso mostra l’importanza di agire nel periodo di preavviso: quel margine di 15 giorni ha permesso di negoziare e evitare la segnalazione. Se Mario avesse ignorato l’avviso, dopo 15 giorni la banca avrebbe revocato il fido e segnalato sofferenza (essendo ditta individuale, la CR lo avrebbe visto come sofferenza personale). Invece con un dialogo e un parziale rientro, la banca ha preferito non affrettare la classificazione negativa. Ciò sottolinea che le banche, di fronte a segnali di serietà e comunicazione, possono dare piccole proroghe, perché anche loro preferiscono evitare segnalazioni (che vorrebbero dire perdita quasi certa del cliente e procedure legali costose).
Caso 2: Segnalazione illegittima e intervento dell’ABF
Situazione: L’impresa XYZ Srl aveva un finanziamento con la Banca Beta, ma contesta da mesi l’applicazione di alcuni interessi che ritiene usurari. In pendenza di questa disputa (già portata in tribunale con citazione da parte di XYZ contro la banca per usura e nullità degli interessi), la Srl sospende i pagamenti delle ultime due rate del finanziamento (importo €15.000). La Banca Beta, ritenendo infondati gli argomenti del cliente, classifica l’esposizione come “sofferenza” e segnala XYZ Srl in Centrale Rischi come tale. Non invia alcun preavviso di segnalazione alla società (ritenendo che trattandosi di rapporto corporate non fosse tenuta a farlo, e comunque c’era già un contenzioso in atto).
Problema: La XYZ Srl scopre di essere segnalata quando un’altra banca le rifiuta un nuovo fido. La segnalazione risulta nei report di CR e pure in CRIF (la Banca Beta ha comunicato anche ai SIC privati il mancato pagamento, dato che era un mutuo). La causa civile sul tasso usurario è ancora lontana dal definirsi, e nel frattempo l’azienda è bloccata finanziariamente a causa di questa segnalazione. XYZ ritiene la segnalazione illegittima, perché: (a) l’importo è contestato in buona fede (se avrà ragione in causa, quegli interessi non erano dovuti); (b) Beta non ha valutato la situazione patrimoniale completa – XYZ è per il resto sana e quell’importo è minimo per il suo bilancio – quindi non era insolvente nel complesso; (c) manca il preavviso.
Azione intrapresa: XYZ, tramite il suo legale, invia un reclamo/diffida a Banca Beta chiedendo immediata cancellazione della segnalazione, dato il contenzioso pendente e l’assenza di insolvenza. La banca risponde dopo 30 giorni mantenendo la propria posizione: ritiene di aver agito secondo le regole, considerando la società in stato di inadempienza per le rate non pagate, e che il preavviso non era dovuto a un’impresa. A questo punto XYZ Srl presenta un ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario.
Nel ricorso ABF, XYZ enfatizza la giurisprudenza ABF e di Cassazione: ovvero che se il debitore solleva un’eccezione non pretestuosa, la banca deve valutare con maggior cautela prima di segnalare; inoltre evidenzia che la società ha attivo patrimoniale ben superiore al debito e continua la sua attività, dunque non c’era stato di sofferenza reale. Chiede quindi all’ABF di dichiarare illegittima la segnalazione e ordinare alla banca la rettifica, nonché un risarcimento danni (quantificato ad es. in €20.000 per le occasioni di credito perse).
Decisione ABF: L’ABF esamina il caso. Trova fondato il motivo sul merito: la banca avrebbe dovuto fare una valutazione ex ante più approfondita dell’insolvenza, invece di basarsi solo sulle due rate non pagate. Rileva che in effetti la società, a parte quel finanziamento contestato, aveva liquidità e patrimoni, e stava pagando tutti gli altri debiti. Inoltre, richiama la pronuncia della Cassazione n. 3130/2021: la banca doveva considerare se i motivi del rifiuto di pagare fossero “non manifestamente infondati”. Nel caso concreto, poiché un giudice aveva ammesso la causa e non rigettato l’istanza cautelare di XYZ (dettaglio che l’azienda ha allegato), l’eccezione di usura non era peregrina. L’ABF quindi dà ragione al ricorrente, dichiarando la segnalazione a sofferenza illegittima. Dispone che Banca Beta modifichi la segnalazione in Centrale Rischi, declassandola a una posizione non in sofferenza (in pratica, cancellare la classificazione negativa per quel bimestre). Riguardo al risarcimento, l’ABF riconosce a XYZ un danno reputazionale ma in misura limitata (ad esempio €5.000), ritenendo sufficiente in via equitativa questa somma visto che la società non ha provato uno specifico finanziamento negato oltre al generico peggioramento di immagine.
Seguito: Banca Beta, una volta ricevuta la decisione ABF (vincolante moralmente), invia alla Centrale Rischi una rettifica: per il periodo in questione rimuove la voce di sofferenza, eventualmente riclassifica come “incaglio contestato” (inadempienza probabile) o addirittura come “credito in contenzioso non ancora definito” se previsto. Nel frattempo, contatta XYZ per proporre un accordo: considerando che la causa sul tasso usuraio è incerta, offre di abbassare l’interesse contestato e concludere la causa, in cambio della rinuncia da parte di XYZ a ulteriori pretese (compresi i danni maggiori). XYZ, dopo aver ottenuto la riabilitazione in Centrale Rischi grazie all’ABF, accetta la proposta transattiva, ottenendo condizioni di rimborso migliori e chiudendo il contenzioso. La segnalazione negativa quindi sparisce completamente dalle banche dati, e XYZ può tornare a chiedere credito (anche se magari qualche traccia del contenzioso passato rimane a livello di rapporti interni con Beta).
Commento: Questo caso mostra come l’ABF possa essere efficace per tutelare un debitore quando la segnalazione non rispettava i criteri di prudenza. Anche in assenza di preavviso (non obbligatorio per imprese), la decisione si è basata sul merito dell’insolvenza. Spesso, come qui, l’ABF non riconosce grandi risarcimenti (limita a importi modesti), però ottiene il risultato principale: togliere la macchia dal record del cliente. Da notare che, risolta così la vicenda, l’azienda ha evitato una causa risarcitoria ben più lunga e che pure la banca ha contenuto l’esborso indennitario transando. È una tipica situazione win-win derivante dalla composizione extragiudiziale spinta dalla decisione ABF.
Caso 3: Azienda in crisi profonda, sofferenza segnalata e accordo di ristrutturazione
Situazione: La Alfa S.p.A., azienda manifatturiera, ha un fido di cassa di €100.000 con la Banca Gamma e vari prestiti con altre banche. A causa di un calo di fatturato, accumula perdite e inizia a utilizzare il fido per pagare spese correnti. Presto oltrepassa il limite: il conto va a -120.000, quindi €20.000 oltre fido. La Banca Gamma invia più solleciti; Alfa S.p.A. non riesce a rientrare, anzi peggiora. Dopo 3 mesi di sconfinamento continuo e rate di altri prestiti saltate, la situazione appare critica: l’azienda è insolvente anche verso fornitori (ci sono decreti ingiuntivi in arrivo).
La banca segnala: Banca Gamma revoca formalmente il fido e dichiara l’esposizione in sofferenza. Procede a segnalarla come tale in Centrale Rischi (sofferenza per €120k) e, essendo la società di capitali, registra l’evento anche nei SIC (Experian, CTC) come “credito in sofferenza”. Nel frattempo altre due banche fanno lo stesso per i loro crediti verso Alfa S.p.A. (l’azienda risulta quindi con tre sofferenze in CR, diverse banche).
L’Alfa S.p.A. si vede quindi esclusa dal credito. Tuttavia, invece di dichiarare fallimento, i soci decidono di tentare un piano di ristrutturazione del debito. Con l’aiuto di un advisor finanziario, predispongono un piano in cui un investitore esterno sarebbe disposto a entrare con capitali freschi se i debiti bancari vengono ristrutturati (allungati e in parte convertiti in strumenti partecipativi).
Negoziazione con le banche: Attraverso tavoli congiunti (favoriti anche dalla procedura di composizione negoziata attivata presso la CCIAA), Alfa propone alle banche un accordo: sui fidi chiede di stralciare il 30% dell’esposizione e trasformare il restante 70% in un mutuo a 5 anni; sui prestiti chiede un allungamento delle scadenze e la rinuncia agli interessi di mora. In pratica, ogni banca farebbe uno sconto e darebbe respiro temporale, in cambio i nuovi investitori ricapitalizzerebbero Alfa consentendole di ripartire e rimborsare il debito ristrutturato.
Accordo e effetti sulle segnalazioni: Dopo dure trattative, tutte le banche (inclusa Gamma) accettano un Accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’art. 182-bis legge fall. (all’epoca, oggi Codice della Crisi) da omologare in Tribunale. L’accordo prevede formalmente la suddivisione dei crediti in chirografari con stralcio 30% e privilegiati integrali, ecc. Una volta omologato dal tribunale, diventa vincolante. In parallelo, Banca d’Italia aveva emanato una Precisazione sulle segnalazioni a seguito di provvedimenti di omologa: questo ricorda agli intermediari che dopo l’omologazione di un piano di ristrutturazione, le segnalazioni vanno adeguate all’accordo. Ciò significa che, dopo l’omologa, quelle “sofferenze” segnalate in CR devono essere modificate: i crediti ridotti e con nuovi piani di pagamento non vanno più indicati come sofferenze per l’intero importo. Le banche, in pratica, riclassificano i crediti come “inadempienze probabili in corso di ristrutturazione” o addirittura come crediti in bonis in esecuzione di accordo (dipende dalle regole, ma comunque non più come sofferenza totale perché c’è un piano in essere e un apporto di capitale).
Nei SIC privati, analogamente, l’accordo viene segnalato come “transazione a saldo parziale”: dunque le vecchie posizioni in sofferenza vengono chiuse e sostituite da nuove posizioni (i mutui rinegoziati). Verrà mantenuto per 24 mesi il fatto che c’è stato un saldo stralcio del 30%, ma almeno i restanti debiti figurano poi come prestiti regolari (se Alfa paga puntualmente le nuove rate).
Esito: Alfa S.p.A. esce dalla crisi, grazie ai fondi nuovi e al taglio del debito. Nei due anni successivi rispetta tutti i pagamenti previsti. Le segnalazioni nelle banche dati gradualmente migliorano: in Centrale Rischi, mese dopo mese, le sofferenze spariscono e compaiono crediti in bonis con importi decrescenti (man mano che Alfa rimborsa i mutui). Dopo due anni, in CRIF/Experian le vecchie note di sofferenza sono scomparse (passati 24 mesi dall’accordo omologato), rimangono solo i nuovi finanziamenti come attivi e regolari. A questo punto Alfa può ricominciare a richiedere credito su basi ordinarie, perché i suoi indicatori sono tornati positivi (ha anche bilanci risanati).
Commento: Questo scenario mostra un caso in cui la segnalazione negativa era legittima (Alfa era davvero insolvente) e non c’era molto da contestare. La soluzione è venuta non da vie legali contrapposte, bensì da un accordo di ristrutturazione, ossia un percorso collaborativo. In questi casi, la segnalazione da cattivo pagatore accompagna l’azienda per un tratto, ma poi viene superata grazie all’esecuzione fedele dell’accordo. Le banche, vedendo il successo del piano, di solito sono le prime a restituire fiducia (magari, finito il piano, concedono nuovi fidi ad Alfa, pur monitorandola da vicino). È un esempio di come, anche in situazioni gravi, c’è “vita dopo” la segnalazione se si riesce a risolvere strutturalmente la crisi, sebbene richieda tempo e interventi straordinari.
Conclusione: Affrontare ritardi su un fido bancario e una segnalazione da cattivo pagatore è impegnativo, ma come abbiamo visto, esistono numerosi strumenti giuridici e strategie operative per gestire e possibilmente risolvere il problema. La chiave è conoscere i propri diritti (sapere cosa può o non può fare la banca, quali obblighi ha), agire tempestivamente (non lasciare incancrenire la situazione) e, dove possibile, collaborare con le controparti per trovare soluzioni negoziali. Per un avvocato o un imprenditore, saper navigare tra normative bancarie, giurisprudenza recente e tecnica negoziale è fondamentale: da un lato per tutelare efficacemente il debitore meritevole, dall’altro per creare le condizioni di un ritorno alla normalità creditizia, minimizzando l’impatto negativo che un incidente di percorso finanziario può avere sull’attività economica e sulla vita professionale.
Fonti normative e giurisprudenziali
Decisioni del Garante in materia di SIC (es. casi di omonimia, furto identità) – vari anni.
Testo Unico Bancario (D.lgs. 385/1993): art. 117 (trasparenza contrattuale), art. 125 comma 3 (obbligo di preavviso prima di segnalazione negativa a SIC), art. 51 (obbligo segnalazioni centrale rischi).
Istruzioni Banca d’Italia – Centrale dei Rischi: Circolare n. 139/1991 e succ. mod.; Comunicazioni di Banca d’Italia del 21/02/2023 (segnalazioni post-omologazione piani).
Regolamento UE n. 575/2013 (CRR) e linee guida EBA: nuova definizione di default (90 giorni, soglie €100/€500) in vigore dal 01/01/2021.
Codice Privacy (D.lgs. 196/2003) & GDPR (Reg. UE 2016/679): artt. 6 e 24 GDPR (liceità trattamento, obblighi legali).
Codice di condotta sistemi di informazione creditizia (2019/2022): art. 5 comma 6 (preavviso 15 gg); art. 8 (tempi di conservazione: 12-24-36 mesi).
Delibera CICR 2008 sulla trasparenza e reclami: tempi risposta reclami clienti (30-60 gg).
Cassazione Civile:
Sez. I, 15/12/2020, n. 28635 – Presupposti della segnalazione a sofferenza, nozione di insolvenza attenuata.
Sez. III, 09/02/2021, n. 3130 – Valutazione ex ante delle eccezioni del debitore e onere della prova per risarcimento.
Sez. I, 25/01/2017, n. 1931 – Nozione “levior” di insolvenza per segnalazione (richiamata da Cass. 28635/20).
Sez. I, 09/07/2014, n. 15609 – Danno da segnalazione indebita risarcibile anche in via presuntiva per imprenditore.
Sez. III, 10/02/2020, n. 3133 – Danno da illegittima segnalazione presunto come difficoltà accesso al credito.
Sez. III, 09/02/2024, n. 3671 – Ritardo nell’aggiornamento/cancellazione in Centrale Rischi e obbligo risarcitorio.
Sez. I, 13/11/2024, n. 29252 – Onere della prova e prova presuntiva del danno da segnalazione indebita.
ABF – Arbitro Bancario Finanziario:
Coll. Coordinamento, decisione n. 4519/2023 – Omesso preavviso non incide su legittimità segnalazione (solo rilievo risarcitorio).
Coll. Coord., decisione n. 1317/2023 – Segnalazione da cessionario senza nuovo preavviso lecita se in continuità col cedente.
Collegio Palermo, dec. n. 8135/2023 – Necessità di valutazione completa situazione patrimoniale prima di segnalare sofferenza.
Vari Collegi ABF 2020-2022 – Orientamenti divergenti su preavviso a cessionari (es. Milano n.2061/2022 vs Palermo n.5934/2022).
Provvedimenti Garante Privacy:
Provv. n. 163/2019 – Approvazione Codice condotta SIC (doc. web 9141941).
Ritardi con il Fido Bancario e Segnalazione Cattivo Pagatore: Fatti Aiutare da Studio Monardo
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