Hai un’azienda in difficoltà e stai valutando la Composizione Negoziata della Crisi per evitare il fallimento e trovare un accordo con i creditori? Ti stai chiedendo se il Fisco può agevolare la tua ripresa e in che modo?
Con l’introduzione del Codice della Crisi d’Impresa, la legge ha previsto “misure premiali fiscali” per incoraggiare le imprese in crisi a emergere in modo trasparente, attivando per tempo la procedura negoziata. Si tratta di agevolazioni concrete offerte dallo Stato, tra cui sospensioni, dilazioni e trattamenti favorevoli, riservate a chi si muove prima che sia troppo tardi.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa, risanamento fiscale e contenzioso tributario – ti spiega in modo chiaro quali sono le misure premiali fiscali previste nella Composizione Negoziata, chi può beneficiarne e come sfruttarle con l’assistenza di un legale esperto.
Vuoi sapere se la tua azienda può accedere alle misure premiali fiscali nella Composizione Negoziata?
Richiedi in fondo alla guida una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo la tua situazione fiscale e aziendale, valuteremo la fattibilità della procedura e attiveremo le richieste opportune per ottenere i benefici previsti dalla legge, proteggere l’impresa e costruire un piano di rilancio sostenibile.
Introduzione
La composizione negoziata della crisi d’impresa è uno strumento relativamente recente dell’ordinamento italiano, volto ad aiutare le aziende in difficoltà a risanarsi attraverso trattative assistite da un esperto indipendente, evitando – quando possibile – le ben più gravose procedure concorsuali giudiziali. Si tratta di un percorso volontario e stragiudiziale, pensato sia per imprenditori che per professionisti, che consente di gestire in modo proattivo uno stato di crisi o di insolvenza reversibile, con l’obiettivo primario di salvaguardare la continuità aziendale.
Un aspetto cruciale di tale istituto – e focus principale di questa guida – riguarda le misure fiscali premiali di sostegno al risanamento. In particolare, nell’ambito della composizione negoziata è possibile ottenere piani di pagamento agevolati e prolungati per i debiti tributari (fino a 120 rate mensili, equivalenti a 10 anni) e persino la riduzione o l’azzeramento di sanzioni e interessi dovuti al Fisco. Tali misure rappresentano una sorta di “rottamazione” indiretta delle cartelle esattoriali, offrendo all’imprenditore in crisi strumenti analoghi a quelli previsti nelle definizioni agevolate dei debiti tributari. In altre parole, il legislatore ha voluto incentivare le imprese ad attivarsi tempestivamente per affrontare la crisi, premiandole – sul piano fiscale – se perseguono e raggiungono con successo un accordo di risanamento fuori dalle aule dei tribunali.
Questa guida avanzata, destinata a un pubblico di avvocati, consulenti e imprenditori, fornirà un quadro completo e aggiornato (a maggio 2025) delle misure premiali fiscali connesse alla composizione negoziata, tenendo conto sia della normativa già in vigore sia delle rilevanti novità introdotte dal nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII, D.Lgs. 14/2019) e dai suoi correttivi fino a tale data. Dopo una panoramica sull’evoluzione normativa e sulle caratteristiche essenziali della procedura, approfondiremo nel dettaglio:
- Le agevolazioni fiscali premiali previste durante e all’esito della composizione negoziata (riduzioni di interessi e sanzioni, possibilità di dilazionare i pagamenti, neutralità fiscale delle sopravvenienze attive, ecc.), secondo quanto stabilito dall’art. 25-bis CCII e successive modifiche.
- Le novità introdotte dagli ultimi interventi legislativi, in particolare il D.Lgs. 17 giugno 2022 n. 83 (attuativo della direttiva UE “Insolvency”) e il D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136 (c.d. “correttivo-ter”), che hanno integrato la composizione negoziata nel Codice della Crisi d’Impresa, ampliandone gli strumenti – in primis mediante l’introduzione della transazione fiscale durante le trattative.
- L’interazione tra misure fiscali e misure previdenziali/contributive, con particolare attenzione ai debiti verso l’INPS (contributi obbligatori) e ai tributi locali, evidenziando cosa è previsto (e cosa no) per questi crediti pubblici nell’ambito della composizione negoziata. Verranno indicati i comportamenti e le prassi degli enti coinvolti – Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Entrate-Riscossione (già Equitalia) e INPS – sia nella fase delle trattative sia in sede di accordo finale.
- Alcuni focus settoriali riguardanti comparti rappresentativi (edilizia, commercio, industria, ristorazione), con esempi pratici e simulazioni operative che mostrano come le misure premiali fiscali possono concretamente facilitare il risanamento nei diversi contesti.
- Tabelle riepilogative che riassumono i benefici fiscali previsti nelle varie fasi della composizione negoziata, i criteri di accesso e i relativi limiti normativi.
- Una sezione di Domande Frequenti (FAQ) sui casi più comuni e sui dubbi interpretativi emersi nella prassi, con risposte chiare e riferimenti normativi, giurisprudenziali o di prassi utili a dissipare le incertezze.
- In chiusura, un elenco completo e aggiornato delle fonti normative, circolari, interpelli, pronunce giurisprudenziali e documenti di prassi citati nella guida, per consentire ulteriori approfondimenti direttamente sui testi ufficiali.
Nota sul linguaggio: Pur trattandosi di un tema complesso e specialistico, la guida adotta un linguaggio giuridico ma divulgativo, cercando di spiegare gli istituti in modo chiaro ed accessibile. L’obiettivo è fornire uno strumento utile sia al professionista del diritto fallimentare, sia all’imprenditore o consulente d’azienda che voglia orientarsi tra le opportunità offerte dalla composizione negoziata.
Iniziamo dunque delineando il contesto normativo e procedurale della composizione negoziata, per poi addentrarci nelle misure premiali di natura fiscale.
Quadro normativo ed evoluzione fino al 2025
La composizione negoziata della crisi è stata introdotta in Italia come misura d’urgenza post-pandemia con il D.L. 24 agosto 2021 n. 118, convertito con modificazioni dalla L. 147/2021. Tale decreto, entrato in vigore il 15 novembre 2021, ha anticipato parte della riforma organica della crisi d’impresa, creando uno strumento nuovo e “volontario” di emersione anticipata della crisi, alternativo alle tradizionali procedure concorsuali. L’idea di fondo era quella di colmare il vuoto lasciato dalla mancata operatività (fino ad allora) delle “procedure di allerta” previste dal Codice della Crisi, offrendo immediatamente alle imprese in difficoltà una chance di risanamento assistito da un esperto indipendente.
Successivamente, con l’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) il 15 luglio 2022, la composizione negoziata è stata integrata nel nuovo corpus normativo in via permanente. In particolare, il D.Lgs. 17 giugno 2022 n. 83 (emanato in attuazione della Direttiva UE 2019/1023 sulla ristrutturazione e insolvenza) ha inserito la disciplina della composizione negoziata all’interno del CCII, creando gli articoli dal 17 al 25-quinquies. Ciò ha “istituzionalizzato” l’istituto, rendendolo accessibile a tutte le imprese, di qualunque dimensione e settore, incluse le imprese agricole, senza più limitazioni dimensionali (possono accedervi anche le c.d. imprese sotto-soglia).
Nel 2023 e 2024 il legislatore è nuovamente intervenuto per perfezionare la disciplina, in particolare mediante il D.Lgs. 13 ottobre 2022 n. 149 (secondo correttivo al CCII) e soprattutto il D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136 (terzo correttivo, detto “correttivo-ter”). Quest’ultimo ha portato importanti novità sia sugli strumenti attivabili durante la composizione che su taluni aspetti procedurali. Ai fini della nostra trattazione, spiccano due innovazioni del 2024:
- L’introduzione della cosiddetta transazione fiscale “interna” alla composizione negoziata, tramite l’inserimento del comma 2-bis all’art. 23 CCII. In sostanza, è ora permesso all’imprenditore, nel corso delle trattative, di proporre un accordo di ristrutturazione dei debiti tributari con l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia della Riscossione, accordo che – se approvato dalle parti e autorizzato dal tribunale – consente di definire in via negoziale qualsiasi debito fiscale, anche con eventuale riduzione del capitale dovuto. Questa era una facoltà in precedenza riservata solo a procedure con omologazione giudiziale (concordato preventivo, accordi di ristrutturazione ex art. 182-ter l.fall., oggi art. 63 CCII) e rappresenta quindi una significativa estensione degli strumenti di soluzione stragiudiziale della crisi.
- L’rafforzamento delle misure premiali fiscali originariamente previste dall’art. 25-bis CCII. Il correttivo-ter, infatti, ha reso ancora più generosi alcuni benefici (ad esempio, estendendo da 72 a 120 il numero massimo di rate concedibili per dilazionare i debiti tributari in certi casi) e ha chiarito l’ambito applicativo di tali misure, includendo espressamente anche aspetti prima non definiti (ad es. il trattamento ai fini IVA delle riduzioni concordate). Approfondiremo a breve nel dettaglio tali modifiche.
In parallelo, sono state emanate varie disposizioni di prassi per consentire l’operatività dell’istituto. Ad esempio, l’INPS ha attivato un servizio online (“VE.RA.”) per il rilascio del certificato dei debiti contributivi ex art. 363 CCII, da allegare all’istanza di nomina dell’esperto. L’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia Entrate-Riscossione, dal canto loro, hanno dovuto adeguare le procedure interne per gestire richieste di sospensione di azioni esecutive e di piani di rateizzazione straordinari nell’ambito di una composizione negoziata. Inoltre, a partire da luglio 2022, sono pienamente operative le norme “di allerta” pubblica: ciò significa che i creditori pubblici qualificati – come l’Agenzia delle Entrate, l’INPS e l’Agente della Riscossione – hanno l’obbligo di segnalare tempestivamente al debitore (via PEC) la presenza di debiti scaduti di importo rilevante, esortandolo ad attivare la composizione negoziata. Questa misura di early warning mira a far emergere per tempo le situazioni di crisi fiscale o contributiva e a indurre l’imprenditore a prendere l’iniziativa (anche su sollecitazione dei sindaci e organi di controllo interni, cui spetta un analogo dovere di segnalazione).
In sintesi, all’alba del 2025, la composizione negoziata si presenta come un istituto maturo e integrato a pieno titolo nel sistema concorsuale italiano. L’impalcatura normativa combina regole di flessibilità negoziale (trattative riservate e volontarie con i creditori, coordinate da un esperto) con opportuni check and balance giudiziari (ad es. l’intervento del tribunale per confermare misure protettive o autorizzare la transazione fiscale) e con incentivi economici mirati (le misure premiali di natura fiscale e non solo). Questa guida approfondirà soprattutto tali incentivi, ma prima è utile riepilogare brevemente come si accede alla composizione negoziata e quali sono le sue fasi principali, così da contestualizzare meglio in quali momenti e a quali condizioni operano i benefici fiscali.
Accesso alla composizione negoziata e fasi della procedura
Requisiti di accesso: possono accedere alla composizione negoziata tutte le imprese commerciali e agricole, di qualsiasi dimensione, incluse le piccole imprese sotto-soglia (attivo patrimoniale ≤ 300.000 €, ricavi ≤ 200.000 €, debiti ≤ 500.000 €). La condizione oggettiva richiesta è la presenza di uno squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rende probabile la crisi o l’insolvenza (anche non ancora attuale) dell’impresa. In pratica, l’imprenditore può attivarsi prima di essere insolvente conclamato, non appena rileva segnali di difficoltà tali da mettere a rischio la continuità aziendale nei periodi successivi. La legge incentiva quindi un approccio tempestivo e precoce alla gestione della crisi (“the sooner, the better”), coerentemente con i principi UE.
Presentazione dell’istanza: l’imprenditore che intende avviare una composizione negoziata deve presentare un’istanza tramite la piattaforma telematica nazionale gestita dalle Camere di Commercio (raggiungibile all’indirizzo www.composizionenegoziata.camcom.it). Nell’istanza vanno caricati i documenti richiesti dall’art. 17 CCII, tra cui: ultime tre dichiarazioni dei redditi e bilanci, situazione finanziaria aggiornata, elenco dei creditori, relazione sulla situazione economica dell’impresa, un piano di risanamento in bozza o almeno una descrizione degli intenti di ristrutturazione, ecc. La piattaforma include anche un test pratico di autodiagnosi per verificare la ragionevole perseguibilità del risanamento e una check-list dettagliata per la redazione del piano. Questi strumenti aiutano l’imprenditore (e i suoi consulenti) a valutare ex ante la fattibilità del risanamento e ad individuare le azioni da intraprendere.
Completata l’istruttoria, il Segretario Generale della Camera di Commercio assegna l’istanza a una Commissione regionale composta da un magistrato, un membro della CCIAA e un membro designato dal Prefetto. La Commissione nomina, entro 5 giorni, un Esperto indipendente scelto da un apposito elenco nazionale di professionisti qualificati (commercialisti, avvocati o consulenti con esperienza in ristrutturazioni). L’esperto indipendente, una volta accettato l’incarico, guiderà le trattative tra l’imprenditore e i creditori con l’obiettivo di individuare una soluzione idonea al superamento della crisi. È importante sottolineare che non vi è alcuno spossessamento: durante la composizione negoziata l’imprenditore rimane pienamente alla guida della sua azienda, assumendo gli atti di gestione ordinaria e straordinaria, sebbene con l’obbligo di leale collaborazione con l’esperto e con alcuni vincoli (ad esempio, se richieste, le misure protettive possono comportare limitazioni a certe operazioni straordinarie senza autorizzazione del tribunale).
Misure protettive e durata della procedura: contestualmente all’istanza o anche dopo, l’imprenditore può chiedere al Tribunale l’attivazione di misure protettive e/o cautelari a tutela del patrimonio e della continuità aziendale (artt. 18 e 19 CCII). Tali misure sono volte a congelare temporaneamente le azioni esecutive o cautelari dei creditori: ad esempio, il tribunale può inibire o sospendere pignoramenti, sequestri, iscrizioni ipotecarie e altre iniziative individuali, includendo le azioni dell’Erario e degli enti previdenziali (cartelle esattoriali, fermi amministrativi, ecc.). Le misure protettive durano inizialmente fino a 120 giorni (circa 4 mesi), con possibilità di proroga fino a un massimo di 240 giorni complessivi (8 mesi) su istanza motivata dell’imprenditore. In pratica, dunque, la composizione negoziata – salvo casi di chiusura anticipata – ha una durata massima di 8 mesi, periodo entro il quale l’impresa dovrà trovare una soluzione, altrimenti la procedura si chiude senza esito. Le misure protettive offrono un fondamentale respiro temporale durante le trattative, evitando che i creditori (compreso il Fisco) precipitino la situazione con azioni legali, fermi o pignoramenti: di conseguenza, gli effetti premiali fiscali (riduzioni di interessi/sanzioni) possono effettivamente dispiegarsi, poiché l’imprenditore non è costretto nel frattempo a subire esecuzioni che impedirebbero di arrivare a un accordo.
Esiti della composizione negoziata: le trattative condotte con l’ausilio dell’esperto possono concludersi in diversi modi, riepilogabili in tre macro-categorie:
- Soluzione stragiudiziale concordata – È l’ipotesi in cui le parti (debitore e creditori, tra cui eventualmente banche, fornitori e anche il Fisco) raggiungono un accordo negoziale senza ricorrere ad una procedura giudiziale formale. Ciò può concretizzarsi, ad esempio, in un contratto di ristrutturazione stipulato tra l’imprenditore e tutti o parte dei creditori (ad es. un accordo di moratoria dei debiti, una dilazione collettiva, o un accordo ad esecuzione differita con nuovi apporti finanziari). In alcuni casi può trattarsi di un piano attestato di risanamento ex art. 56 CCII, cioè un piano asseverato da un professionista indipendente che consente la prosecuzione dell’attività e vincola solo i creditori che vi aderiscono. Oppure ancora, un accordo potrebbe coinvolgere un investitore terzo per la cessione dell’azienda o di rami di essa (soluzione di continuità indiretta). Qualora si raggiunga una soluzione stragiudiziale, l’esperto chiude la composizione con esito positivo. Alcune di queste soluzioni – in particolare il “contratto” ex art. 23 co.1 lett. a) CCII e l’“accordo” ex art. 23 co.1 lett. c) CCII – se pubblicate presso il Registro delle Imprese, beneficiano di specifici effetti previsti dalla legge (in primis le misure premiali fiscali e taluni vantaggi civilistici). Va evidenziato che dal 2024, anche la transazione fiscale può rientrare in questa fase negoziale (ne parleremo dettagliatamente più avanti): in altre parole, oggi è possibile includere i debiti tributari in un accordo stragiudiziale complessivo, ottenendo dall’Erario una riduzione concordata del carico fiscale dovuto.
- Accesso ad una procedura di regolazione della crisi o insolvenza – In alternativa alla soluzione puramente negoziale, la composizione può sfociare nell’accesso a una procedura concorsuale “minore” disciplinata dal Codice della Crisi. Ad esempio, l’imprenditore può depositare un accordo di ristrutturazione dei debiti (ADR) ex art. 57 CCII (preceduto eventualmente da una transazione fiscale ex art. 63 per i tributi erariali e da accordi con gli enti previdenziali). L’accordo di ristrutturazione è un istituto ibrido: si tratta di un accordo privato con i creditori che ottiene però efficacia erga omnes tramite omologazione del tribunale. In sede di omologazione, se l’Amministrazione finanziaria o gli enti previdenziali hanno rifiutato ingiustificatamente una proposta migliorativa rispetto alla liquidazione, è persino possibile un cram-down fiscale/contributivo (imposizione giudiziale dell’accordo nonostante il voto contrario), secondo quanto previsto dall’art. 48 co.5 e dall’art. 63 CCII come modificati nel 2023. Altra possibile via è la presentazione di un concordato preventivo (in continuità o liquidatorio) al termine delle trattative: il Codice, novellato, consente anche nel concordato in continuità il cram-down dei crediti pubblici. Infine, un’opzione peculiare introdotta dal D.L. 118/2021 e poi recepita nell’art. 25-sexies CCII è il “concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio”: se le trattative non hanno prodotto soluzioni ma è emersa la non praticabilità della continuità aziendale, l’imprenditore può richiedere direttamente l’apertura di una procedura liquidatoria semplificata, senza voto dei creditori ma con decisione del tribunale. Questa procedura è riservata ai casi di esito negativo della composizione negoziata ed è finalizzata a liquidare i beni residui in modo ordinato. Attenzione: se la composizione degenera in una soluzione liquidatoria (concordato liquidatorio o liquidazione giudiziale), le misure premiali fiscali vengono meno, in quanto erano concepite per premiare chi risana e prosegue l’attività. Approfondiremo più avanti la clausola di decadenza prevista dall’art. 25-bis co.6 CCII.
- Interruzione o esito negativo senza accordo – Può accadere che, nonostante l’impegno profuso, non si raggiunga alcun accordo né si riesca ad avviare una procedura alternativa. In tal caso l’esperto dichiara la conclusione della composizione senza accordo. L’imprenditore torna pienamente libero (le misure protettive cessano) e i creditori possono riprendere le loro azioni. Purtroppo in molti casi questo preluderà a istanze di fallimento (liquidazione giudiziale) da parte dei creditori o dell’imprenditore stesso. Statisticamente, la composizione negoziata è efficace solo se attivata in tempo utile e se c’è uno spirito collaborativo tra le parti; diversamente, può semplicemente posticipare l’inevitabile insolvenza. Da notare che l’imprenditore può anche rinunciare unilateralmente alla procedura in qualsiasi momento, ad esempio se si rende conto che non vi sono più i presupposti di risanamento. Anche in questi casi di interruzione, ovviamente, i benefici premiali cessano e non maturano ulteriormente.
Chiarito dunque il quadro generale della composizione negoziata – chi può accedervi, come si svolge e quali possibili esiti ha – possiamo concentrarci sulle misure premiali fiscali. Come vedremo, tali misure operano principalmente quando la composizione negoziata è in corso (riducendo immediatamente il peso di interessi e sanzioni durante le trattative) e all’atto della sua positiva conclusione (con ulteriori sconti su debiti pregressi e dilazioni di pagamento). Esse sono disciplinate dall’art. 25-bis CCII, che andremo ad esaminare in dettaglio.
Le misure premiali fiscali nella composizione negoziata (art. 25-bis CCII)
L’art. 25-bis del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza – introdotto inizialmente dal D.L. 118/2021 e poi affinato dalle riforme del 2022-2024 – prevede alcune misure premiali di carattere fiscale a favore delle imprese che fanno ricorso alla composizione negoziata. Tali misure variano a seconda del periodo a cui si riferiscono i debiti tributari (se sorti prima o durante la procedura) e dell’esito delle trattative (strumento di regolazione attivato al termine). In sintesi, sono previste quattro tipologie di agevolazioni principali:
- Riduzione degli interessi maturandi al tasso legale (comma 1).
- Riduzione delle sanzioni tributarie “interne” alla procedura al minimo edittale (comma 2).
- Riduzione alla metà di interessi e sanzioni su debiti tributari pregressi oggetto di trattativa, in caso di esito positivo con determinati strumenti (comma 3).
- Dilazione straordinaria fino a 72 (ora 120) rate dei debiti tributari non ancora a ruolo (comma 4).
A queste misure, originariamente contenute nei primi quattro commi dell’art. 25-bis, si aggiungono due ulteriori disposizioni di corollario: da un lato, la neutralità fiscale delle riduzioni concordate (comma 5); dall’altro, la decadenza dai benefici in caso di insuccesso della composizione (comma 6).
Analizziamo ciascuna misura nel dettaglio, evidenziando in che cosa consiste, quando si applica, quali vantaggi concreti offre all’impresa e quali limiti o condizioni sono previsti.
Riduzione degli interessi maturandi al tasso legale
Che cosa prevede: Dal giorno in cui l’esperto accetta l’incarico e fino alla conclusione delle trattative, gli interessi che maturano sui debiti tributari dell’imprenditore sono dovuti nella sola misura del tasso legale. In altre parole, durante il periodo “protetto” della composizione negoziata, i debiti fiscali in essere non accumulano interessi di mora o altre maggiorazioni normalmente previste dalle norme tributarie, ma soltanto interessi semplici al tasso legale (attualmente pari al 5% annuo dal 1° gennaio 2023, ex D.M. 13/12/2022).
Si tratta di un vantaggio significativo: basti pensare che, in assenza di questa previsione, sui debiti fiscali scaduti si applicherebbero interessi ben più elevati (gli interessi moratori sulle cartelle esattoriali, ad esempio, erano intorno al 4% annuo nel 2021, poi aumentati al 6% annuo dal 2022). Con la misura premiale, invece, dal momento in cui la composizione negoziata viene avviata, l’impresa “congela” il tasso di interesse al più basso tasso legale, risparmiando così la differenza. Questo beneficio ha uno scopo evidente: evitare che, mentre l’imprenditore sta cercando di risanare l’azienda, il debito fiscale continui a crescere a causa di oneri finanziari pesanti.
Condizioni di applicabilità: la riduzione degli interessi al tasso legale non è condizionata da un’autorizzazione discrezionale: essa opera ex lege durante la procedura, ma diventa definitiva solo se la composizione negoziata si conclude con una delle soluzioni “virtuose” previste. In particolare, il comma 1 dell’art. 25-bis stabilisce che il beneficio si consolida quando le trattative si chiudono con:
- una delle soluzioni stragiudiziali positive di cui all’art. 23, comma 1 CCII (ad esempio un contratto di ristrutturazione con i creditori, o un piano attestato andato a buon fine);
- oppure con un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art. 23, comma 2, lettera b) CCII (il riferimento è agli accordi di ristrutturazione ex art. 57 e seguenti, quindi soluzioni con omologazione).
In parole semplici, se la composizione negoziata sfocia in un accordo di risanamento (stragiudiziale o omologato), gli interessi maturati durante le trattative rimangono ridotti al tasso legale. Viceversa, se la composizione fallisce o degenera in una liquidazione, questo beneficio viene retroattivamente meno: il comma 6 prevede infatti che in caso di successiva apertura di liquidazione giudiziale o concordato liquidatorio, gli interessi maturati vadano ricalcolati senza le riduzioni di cui al comma 1. Ciò significa che, se l’impresa non riesce a risanarsi e finisce comunque insolvente, il Fisco recupererà l’intero ammontare di interessi come se il tasso legale non fosse mai stato applicato. Si tratta di una clausola di salvaguardia per l’Erario, volta a evitare che un’impresa senza prospettive possa abusare dell’agevolazione.
Vantaggio concreto: il risparmio per l’impresa corrisponde alla differenza tra il tasso di interesse previsto dalle norme tributarie e il tasso legale. Ad esempio, se un certo debito d’imposta (IVA, IRPEF, ecc.) sarebbe gravato da interessi moratori del 6% annuo, ma grazie alla composizione gli interessi decorrono al 5% (tasso legale 2023), l’azienda risparmia l’1% annuo sul debito durante le trattative. Su grandi importi e su durate di vari mesi, questo alleggerimento può tradursi in migliaia di euro di interessi risparmiati, migliorando le chance di successo del piano di rientro. Importante: l’applicazione del tasso legale è automatica e non richiede un accordo con l’Agenzia delle Entrate: spetta all’impresa, in sede di eventuale definizione del debito o calcolo delle somme dovute, evidenziare il periodo protetto e il tasso applicabile ex lege. In caso di contestazioni, la norma (art. 25-bis co.1 CCII) costituisce base legale per pretendere il ricalcolo al tasso legale.
Riduzione delle sanzioni su atti impositivi notificati durante la procedura
Che cosa prevede: Il comma 2 dell’art. 25-bis riguarda le sanzioni tributarie irrogate con atti dell’Amministrazione finanziaria il cui pagamento rateale ridotto scadrebbe dopo l’avvio della composizione. In tali casi, è stabilito che dette sanzioni sono ridotte alla misura minima prevista dalla legge.
Questa previsione necessita di una breve spiegazione tecnica: nella prassi tributaria, quando l’Agenzia delle Entrate emette un atto di accertamento o contestazione, le relative sanzioni amministrative (per omessi versamenti, infedele dichiarazione, ecc.) sono spesso soggette a riduzione per adesione o acquiescenza se il contribuente paga entro un certo termine. Ad esempio, un avviso di accertamento contenente una sanzione al 100% dell’imposta accertata può prevedere che, se il contribuente paga entro 60 giorni, la sanzione è ridotta a 1/3 (quindi ~33%). Ebbene, la norma in esame dispone che, se questo termine di pagamento agevolato cade dopo la presentazione dell’istanza di composizione negoziata, allora la sanzione dovrà essere applicata nella misura minima edittale consentita dalla legge. Nel caso dell’esempio, la misura minima edittale della sanzione per infedele dichiarazione è tipicamente il minimo del range (ad es. 90% se la forbice va dal 90% al 180%): dunque l’impresa pagherebbe la sanzione al 90%, anziché al 100% o 120% che poteva essere stabilito in origine. Se invece si trattava di una sanzione fissa riducibile per adesione (come la riduzione a 1/3), la norma sembra indicare che va applicata direttamente la percentuale minima (ad es. 1/3), indipendentemente dal fatto che l’adesione formale avvenga o meno.
Condizioni di applicabilità: questa misura premiale è più circoscritta: riguarda solo le sanzioni “per le quali è prevista l’applicazione in misura ridotta in caso di pagamento entro un termine dall’irrogazione”. In pratica, si tratta dei casi di accertamento con adesione, acquiescenza o definizione agevolata degli atti. Inoltre, il termine per il pagamento agevolato deve scadere dopo la presentazione dell’istanza di composizione. Se, ad esempio, l’impresa aveva ricevuto un avviso prima dell’istanza e il 60° giorno (termine per l’adesione) cade successivamente all’attivazione della procedura, allora può beneficiare della sanzione al minimo. Se invece il termine era già scaduto prima, non si applica nulla (ormai la sanzione è divenuta definitiva).
Un’altra condizione implicita è che l’azienda effettivamente paghi la somma dovuta (imposta + sanzione minima) entro il termine previsto dall’atto. La norma infatti riduce la sanzione “in caso di pagamento entro il termine” indicato: quindi l’impresa deve comunque onorare nei termini quell’obbligazione per godere dello sconto. È presumibile che, durante la composizione, grazie alle misure protettive, l’impresa possa congelare eventuali ulteriori atti esecutivi, ma se vuole chiudere un accertamento potrebbe approfittare di questa norma per pagare poco di sanzioni.
Vantaggio concreto: la “misura minima” può differire a seconda della violazione. Spesso coincide con 1/3 della sanzione base (nei casi di definizione agevolata) oppure col limite inferiore del range edittale (come detto, 90% per infedele dichiarazione). Nei casi più comuni, il vantaggio economico consiste in un ulteriore 10-20% di sconto sulle sanzioni rispetto a quanto già si otterrebbe aderendo fuori composizione. Non è un beneficio enorme, ma rappresenta comunque un segnale di favore verso chi sta tentando di risanare: ogni euro risparmiato sulle sanzioni è un euro in più per soddisfare i creditori. Inoltre, l’impresa in composizione potrebbe usare questa norma come leva negoziale con il Fisco: sapendo di poter chiudere alcune pendenze con sanzioni minime, potrebbe proporre all’Erario di versare immediatamente il dovuto con tale riduzione, ottenendo magari in cambio maggiore disponibilità su altre partite.
Esempio pratico: la società Alfa è in composizione negoziata da gennaio. A febbraio riceve un avviso di accertamento per IVA non versata, con sanzione del 90% ridotta a 30% se paga entro 60 giorni. Poiché i 60 giorni scadono ad aprile (dopo l’istanza di composizione), Alfa – grazie all’art. 25-bis co.2 – ha diritto alla sanzione minima prevista: supponiamo che per legge la sanzione minima edittale sia proprio 90%. In tal caso la riduzione a 30% (prevista dall’accertamento come beneficio standard) è già più vantaggiosa del minimo legale, quindi forse non vi è ulteriore margine. Ma poniamo un altro caso: sanzione edittale da 100% a 200%, contestata al 150%, ridotta a 100% con adesione. Qui la misura minima legale è 100%, quindi l’impresa comunque pagherebbe 100%. L’effetto è di neutralizzare eventuali discrezionalità in peius. In sintesi, la norma tende a far sì che, durante la composizione, il Fisco applichi sempre la sanzione ridotta più bassa possibile, senza irrigidimenti.
Va detto che questa disposizione è meno “famosa” delle altre e la sua portata concreta dipende molto dai casi. Tuttavia, è un tassello del mosaico premiale e denota la volontà del legislatore di non gravare oltremisura l’imprenditore durante il percorso negoziale, anche in caso di nuove contestazioni fiscali sopraggiunte in quel frangente.
Riduzione del 50% di interessi e sanzioni su debiti tributari pregressi (in caso di esito positivo)
Che cosa prevede: Il comma 3 dell’art. 25-bis introduce una ulteriore agevolazione “premiale” che si attiva all’esito della composizione negoziata, qualora si pervenga a determinati strumenti di regolazione. In sostanza, le sanzioni e gli interessi relativi ai debiti tributari sorti prima del deposito dell’istanza di composizione, e che sono stati oggetto delle trattative, vengono ridotti della metà (50% di sconto) se la composizione si conclude con una delle ipotesi previste dall’art. 23, comma 2 CCII.
Questa disposizione mira a incentivare il successo della composizione negoziata: in caso di buon esito, l’Erario “premia” l’imprenditore tagliando a metà le sanzioni e gli interessi maturati sul suo debito fiscale pregresso. Ad esempio, se un’azienda aveva €50.000 di interessi e sanzioni accumulati su cartelle esattoriali prima della procedura, chiudendo la composizione con esito positivo potrà ridurli a €25.000.
Condizioni di applicabilità: la formulazione normativa richiede due condizioni chiave:
- la riduzione riguarda debiti tributari “sorti prima” del deposito dell’istanza di composizione. Dunque parliamo di posizioni debitorie fiscali pregresse (es. imposte già accertate o dovute per periodi precedenti). I debiti emersi dopo l’istanza non rientrano in questo comma (ma eventualmente nel comma 1 e 2 visti sopra, se generano interessi durante la procedura o sanzioni notificate durante la stessa).
- la composizione negoziata deve concludersi con uno degli esiti indicati dall’art. 23, comma 2 CCII. Quali sono? Il comma 2 dell’art. 23 elenca le soluzioni formalizzate successive alla composizione: in particolare, la omologazione di un piano attestato di risanamento soggetto a omologazione (PRO) o di un accordo di ristrutturazione dei debiti. Infatti, la Relazione ministeriale chiarisce che le ipotesi cui si riferisce il comma 3 sono quelle “in uscita” dalla composizione negoziata ma che comportano un vaglio giudiziale (piano o accordo omologato). In altre parole, se l’impresa dopo la composizione accede a un piano di risanamento omologato ex art. 64-bis CCII (introdotto dal 2023) oppure a un accordo di ristrutturazione ex art. 57 CCII, ed esce dalla crisi, allora ha diritto a dimezzare sanzioni e interessi sui debiti fiscali pregressi coinvolti.
Va notato che il testo dell’art. 25-bis co.3 è stato oggetto di qualche dubbio interpretativo, ora in parte chiarito dai correttivi. Si discuteva se l’agevolazione spettasse anche nell’ipotesi di soluzione stragiudiziale pura (art. 23 co.1). La lettera della norma parla di ipotesi previste dall’art. 23, comma 2, quindi solo soluzioni con omologazione o concordato semplificato. Ciò significa che, per esempio, se la composizione si chiude con un contratto stragiudiziale privato senza omologazione, la riduzione del 50% non opera su sanzioni e interessi pregressi (restano però validi i benefici di cui ai commi 1, 2 e 4 eventualmente). Questa scelta legislativa ha una logica: concedere il taglio del 50% solo quando c’è un controllo del tribunale (nell’omologazione si verifica la soddisfazione di alcuni parametri di convenienza per i crediti pubblici). È stata tuttavia criticata da alcuni commentatori come troppo restrittiva e non del tutto giustificata.
Vantaggio concreto: la riduzione alla metà di sanzioni e interessi può comportare un risparmio notevole. Spesso, infatti, nei carichi affidati all’Agente della Riscossione, la componente di interessi di mora e sanzioni è pari se non superiore al capitale d’imposta. Ridurla del 50% significa dare una sforbiciata decisa al debito complessivo. Esempio pratico: supponiamo che Beta Srl, prima della composizione, avesse cartelle esattoriali per €300.000, di cui €180.000 di imposte e €120.000 tra sanzioni e interessi. Se Beta riesce a chiudere un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, grazie al comma 3 vedrà quei €120.000 accessori ridotti a €60.000. Di fatto, il suo debito verso il Fisco diventa €240.000 anziché €300.000, con un beneficio immediato sul piano di risanamento.
Rapporto con altre misure: attenzione a non confondere questo beneficio con quello del comma 1. Il comma 3 riguarda interessi e sanzioni maturati prima dell’istanza, mentre il comma 1 copre gli interessi durante la procedura. In teoria, un’impresa di successo gode di entrambi: durante la composizione ha pagato meno interessi (comma 1) e, all’esito positivo con piano/accordo omologato, ottiene di dimezzare quelli pregressi. Le due misure sono complementari nel tempo. Possiamo dire che c’è una premialità crescente: prima un tasso ridotto (legale) mentre sei “in gara”, poi un taglio se “vinci la gara” raggiungendo l’omologazione.
Limiti: anche qui opera la clausola risolutiva del comma 6: se dopo aver beneficiato del taglio del 50%, l’impresa non rispetta il piano e finisce in liquidazione giudiziale, è presumibile che l’Erario rivendichi le sanzioni/interessi per intero. Su questo punto la norma non è chiarissima, ma per analogia col comma 1 e 2, la decadenza dai benefici dovrebbe colpire anche questa riduzione se l’insolvenza sopravviene comunque. A maggior ragione sarà importante per l’azienda onorare il piano concordato, altrimenti quei €60.000 risparmiati nell’esempio tornerebbero a essere €120.000 di debito in sede fallimentare.
Dilazione straordinaria dei debiti tributari fino a 120 rate mensili
Che cosa prevede: Il comma 4 dell’art. 25-bis offre all’imprenditore in composizione la possibilità di rateizzare in modo straordinario i debiti tributari non ancora iscritti a ruolo. In particolare, a seguito della conclusione con esito positivo delle trattative (con la sottoscrizione di un contratto ex art. 23 co.1 lett. a, o di un accordo ex lett. c), l’Agenzia delle Entrate concede, su richiesta, un piano di rateazione fino a un massimo di 72 rate mensili (6 anni) per il pagamento delle somme dovute e non versate a titolo di: imposte sui redditi, ritenute operate in qualità di sostituto d’imposta, IVA, IRAP e relativi accessori, non ancora iscritte a ruolo. La norma richiama, in quanto compatibili, le disposizioni generali in materia di dilazione (art. 19 DPR 602/1973), precisando che la sottoscrizione dell’istanza di rateizzazione anche da parte dell’esperto costituisce prova dell’esistenza della temporanea situazione di obiettiva difficoltà (requisito richiesto dall’art. 19 DPR 602 per concedere dilazioni su debiti > €120.000).
In parole più semplici, questa misura permette all’azienda di ottenere dal Fisco un piano di rientro decennale (oggi) o sessennale (prima) sui debiti fiscali che non sono ancora finiti in cartella esattoriale. Ciò include, tipicamente, i debiti per imposte dichiarate ma non versate degli ultimi periodi, l’IVA corrente non pagata, le ritenute fiscali non versate, etc., fino al momento di avvio della composizione. Il vantaggio è duplice: da un lato, la dilazione è più lunga di quella ordinaria (che di solito arriva a un massimo di 6 anni in casi eccezionali); dall’altro, viene concessa con maggiore facilità grazie all’attestazione dell’esperto sulla difficoltà finanziaria.
Novità 2024 – estensione a 120 rate: originariamente il comma 4 prevedeva un massimo di 72 rate. Il correttivo del 2024 ha introdotto la possibilità di arrivare fino a 120 rate (10 anni) in presenza di una “comprovata e grave situazione di difficoltà” documentata dal debitore nell’istanza, sottoscritta anche dall’esperto, ma solo nel caso in cui vi sia stata la pubblicazione nel Registro delle Imprese del contratto o dell’accordo conclusivo ex art. 23, co.1, lett. a). Dunque, se l’impresa riesce a formalizzare e pubblicare un accordo con i creditori (ad es. un contratto di risanamento), e la situazione economica lo giustifica, può richiedere al Fisco un piano di rientro decennale. Questa novità rende la misura assai più appetibile: 10 anni sono un orizzonte temporale molto ampio per spalmare i debiti fiscali, paragonabile ai piani di rottamazione delle cartelle più generosi.
Procedura e condizioni: per attivare questa dilazione, l’imprenditore deve presentare un’istanza all’Agenzia delle Entrate corredata dalla firma dell’esperto indipendente. La firma dell’esperto, come detto, funge da attestazione della difficoltà dell’impresa, agevolando l’accoglimento. La richiesta andrà fatta non appena l’accordo/contratto con i creditori è formalizzato e pubblicato, e riguarda i debiti fiscali “non a ruolo”. Ciò significa che se alcuni debiti fossero già stati iscritti a ruolo (cioè già affidati al concessionario della riscossione), non rientrerebbero in questa specifica dilazione ex comma 4. Tuttavia, come vedremo tra poco parlando dei debiti verso Agenzia Riscossione, esistono analoghi benefici anche per le cartelle esattoriali già iscritte.
La norma prevede anche una causa di decadenza: l’imprenditore decade automaticamente dal beneficio della rateazione straordinaria se successivamente deposita un ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale, oppure se si apre la liquidazione giudiziale o controllata, o se viene accertato lo stato di insolvenza, oppure in caso di mancato pagamento anche di una sola rata alla scadenza. Ciò evidenzia che il beneficio è subordinato alla continuità nei pagamenti: basta saltare una rata per perdere l’intero piano, e in caso di default procedurale (fallimento) il piano cessa comunque.
Compatibilità con altre dilazioni: L’art. 25-bis precisa che l’imprenditore può comunque avvalersi in alternativa della dilazione ordinaria ex art. 19 DPR 602/73. In tal caso, la firma dell’esperto sull’istanza costituirà prova della temporanea difficoltà come richiesto dal DPR 602 per importi oltre €120.000. Quindi, se per qualche ragione fosse più conveniente il piano “ordinario” (ad es. di 6 anni) anziché quello straordinario, l’impresa può sceglierlo. In generale però il piano straordinario appare più vantaggioso per durata.
Beneficio concreto: avere fino a 120 mesi di tempo per pagare i debiti fiscali permette di ridurre drasticamente l’esborso mensile. Ad esempio, un debito di €120.000 spalmato in 120 rate comporta €1.000 al mese (+ interessi di dilazione), anziché €2.000 al mese se fossero 60 rate, o €10.000 al mese se fosse in un anno. Questo decompressione del fabbisogno di cassa è spesso essenziale per la riuscita di un risanamento. Molte crisi d’impresa degenerano perché l’azienda, pur sana operativamente, è soffocata da rate fiscali troppo pesanti: con la composizione negoziata, lo Stato accetta di attendere più a lungo, purché l’impresa torni in carreggiata.
Va sottolineato che questa dilazione non comporta riduzioni di capitale o stralci: il debito tributario va pagato integralmente (salvo ovviamente le riduzioni di interessi e sanzioni di cui ai commi 1-3, se spettanti). Non è una “transazione” sul quantum, ma solo sul quando. Tuttavia, la sua efficacia pratica è paragonabile a quella di certe definizioni agevolate. Di fatto, la composizione negoziata consente piani di pagamento assai più lunghi di quelli normalmente concessi dal Fisco, avvicinandosi a un’idea di “rata sostenibile” calibrata sul piano di risanamento.
Ambito soggettivo e oggettivo: come detto, comma 4 menziona espressamente le imposte erariali (redditi, IVA, ritenute, IRAP) non iscritte a ruolo. Ciò esclude formalmente i tributi locali (IMU, TARI, ecc.) e i contributi previdenziali dovuti all’INPS, almeno per quanto attiene questa disposizione (che parla di Agenzia Entrate). Tuttavia, gran parte dei debiti locali e contributivi significativi confluiscono comunque in cartelle esattoriali, per cui sul fronte della riscossione esistono strumenti analoghi: ad esempio, l’Agente della Riscossione, in presenza di una composizione negoziata e di un piano attestato credibile, può sospendere le azioni esecutive e concedere dilazioni anche sui carichi a ruolo, come vedremo nel prossimo paragrafo. Il legislatore del 2024, inoltre, ha riconosciuto che per i debiti in cartella (anche locali) si applica l’annullamento di sanzioni e interessi in analogia alla rottamazione, pur segnalando la Corte dei Conti la necessità di un intervento normativo formale per disciplinare meglio queste transazioni locali.
Per completezza: se un’impresa, invece di concludere un contratto ex art. 23 co.1 lett. a), optasse per un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, la dilazione dei debiti fiscali potrebbe essere inglobata nelle condizioni dell’accordo omologato stesso (dove le rate possono essere anche più lunghe, purché l’Agenzia accetti). Dunque la norma del comma 4 è pensata soprattutto per le soluzioni stragiudiziali (contratto o accordo semplice con creditori) dove serve comunque formalizzare un piano per i debiti fiscali. In un accordo ex art. 57 CCII omologato, la transazione fiscale (art. 63 CCII) può già prevedere un pagamento dilazionato oltre i 10 anni magari, se approvato dall’Erario. In tal caso si seguirebbero quelle regole, e l’art. 25-bis co.4 sarebbe residuale.
Conclusione su questa misura: la dilazione straordinaria in composizione negoziata rappresenta un potente strumento di gestione del debito fiscale, complementare alle riduzioni di interessi e sanzioni. Mentre queste ultime riducono l’ammontare dovuto, la dilazione incide sulla sostenibilità finanziaria del pagamento, distribuendo lo sforzo nel tempo. L’azienda ottiene così un duplice aiuto: debito “alleggerito” e debito “spalmato”. Nel complesso, ciò incrementa notevolmente le probabilità di successo di un piano di risanamento.
Neutralità fiscale delle riduzioni dei debiti (sopravvenienze attive e IVA detraibile)
Una volta raggiunto un accordo con i creditori, è possibile che parte dei debiti venga stralciata o ridotta (ad esempio, i creditori rinunciano a una quota dei loro crediti per favorire il risanamento). Normalmente, la riduzione o remissione di un debito comporta per il debitore un componente positivo di reddito tassabile, la cosiddetta sopravvenienza attiva (ex art. 88 TUIR), e inoltre il creditore che rinuncia a un credito ha limitazioni sulla deducibilità della perdita (art. 101 TUIR). Nel caso di accordi con fornitori, banche o altri soggetti privati ciò rileva sul piano fiscale del debitore. Analogamente, in ambito IVA, se una fattura è stata emessa ma poi non viene pagata integralmente per effetto di un accordo, in generale il fornitore avrebbe diritto ad emettere una nota di credito IVA per recuperare l’IVA sul corrispettivo non incassato (ma questo diritto in Italia è tradizionalmente limitato ai casi di procedure concorsuali formali, v. art. 26 DPR 633/1972).
Ebbene, il comma 5 dell’art. 25-bis si occupa proprio di regolare il trattamento fiscale delle riduzioni dei debiti ottenute grazie alla composizione negoziata. Esso stabilisce che, a decorrere dalla pubblicazione nel Registro Imprese del contratto o accordo conclusivo della composizione (quelli di cui all’art. 23 co.1 lett. a) e c)), si applicano gli articoli 88, comma 4-ter e 101, comma 5 del TUIR, nonché – per effetto del correttivo 2024 – l’art. 26, comma 3-bis del DPR 633/1972 (IVA).
Traducendo dal linguaggio normativo:
- L’art. 88 co.4-ter TUIR prevede che non si considerano sopravvenienze attive le riduzioni dei debiti conseguenti a concordati preventivi, accordi di ristrutturazione omologati o piani attestati pubblicati. Questa norma, originariamente riferita a strumenti concorsuali classici, viene estesa anche ai “contratti” e “accordi” della composizione negoziata. Quindi, se l’impresa riesce a ottenere, ad esempio, uno sconto del 30% dai fornitori o dalle banche come parte dell’accordo finale, quel 30% di debito cancellato non verrà tassato come sopravvenienza. Ciò evita che un’azienda che già esce indebolita dalla crisi debba pure pagare imposte su redditi “figurativi” derivanti dagli sconti ottenuti.
- L’art. 101 co.5 TUIR prevede la deducibilità delle perdite su crediti per i creditori che aderiscano a piani attestati o accordi di ristrutturazione, senza dover attendere l’infruttuosità formale. Esteso alla composizione negoziata, significa che anche un fornitore che rinuncia a una parte del suo credito nell’ambito di un accordo ex art. 23 co.1 lett. a) potrà dedursi fiscalmente quella perdita di credito (commisurata al costo non ammortizzato), non subendo penalizzazioni fiscali. Questo è importante per incoraggiare i creditori a partecipare: sanno che la parte di credito a cui rinunciano non sarà comunque tassata come ricavo, ma potrà essere dedotta come perdita.
- L’art. 26 co.3-bis DPR 633/1972 (aggiunto tra le misure applicabili dal correttivo-ter) riguarda l’IVA. Esso consente, in caso di accordi di composizione negoziata, di emettere note di variazione IVA in diminuzione per recuperare l’imposta relativa alla parte di corrispettivo che viene meno per effetto dell’accordo. In pratica, se un creditore aveva emesso fattura da €100 + IVA 22, e nell’accordo accetta di ricevere €80 anziché €100, potrà recuperare l’IVA sui €20 non incassati (e il debitore non rimarrà a suo carico di quell’IVA). Viene così risolto un dubbio che sussisteva: inizialmente la legge menzionava solo gli articoli del TUIR, lasciando in forse l’IVA. Ora è chiarito che anche ai fini IVA la composizione negoziata è equiparata alle procedure concorsuali per consentire la variazione in diminuzione. Questo è un elemento di grande rilievo pratico per i fornitori e partner: li rende più disponibili a tagliare i crediti, sapendo di poter recuperare l’IVA già versata allo Stato sulla parte tagliata.
Riassumendo gli effetti del comma 5:
- Per l’impresa debitrice: i guadagni da riduzione debiti non sono tassati (no sopravvenienza attiva). Ciò rende neutro fiscalmente il risanamento sul lato delle rinunce dei creditori.
- Per i creditori aderenti: le perdite su crediti sono deducibili fiscalmente e l’IVA su crediti non incassati è recuperabile. Ciò elimina barriere fiscali alla conclusione di accordi.
Questa è una misura di allineamento del regime fiscale: l’obiettivo è trattare la composizione negoziata (quando si concretizza in accordi formalizzati e pubblicati) allo stesso modo di concordati e accordi ex art. 182-bis l.fall. Da sottolineare che questi effetti scattano con la pubblicazione nel registro imprese dell’accordo/contratto, quindi tecnicamente anche prima di eventuale omologazione (per gli accordi che la richiedono). L’importante è che ci sia un documento contrattuale depositato ufficialmente, che permetta all’Agenzia di riconoscere la fattispecie.
Decadenza dai benefici in caso di insolvenza successiva
Come accennato in più punti, la fruizione delle misure premiali fiscali è subordinata al successo effettivo del risanamento. Il legislatore ha voluto evitare che imprese senza reali prospettive usassero la composizione negoziata solo per ottenere temporanei sconti, per poi magari fallire comunque a breve distanza. Per questo, il comma 6 dell’art. 25-bis CCII sancisce che in caso di successiva apertura di una liquidazione giudiziale o controllata, o di accertamento dello stato di insolvenza, gli interessi e le sanzioni sono dovuti per intero, senza le riduzioni di cui ai commi 1 e 2.
In pratica, se entro poco tempo dal termine della composizione l’impresa viene dichiarata fallita (liquidazione giudiziale) oppure accede a un concordato semplificato liquidatorio, tutte le agevolazioni godute durante la composizione (interessi al tasso legale e sanzioni ridotte al minimo) vengono meno retroattivamente. L’Erario potrà quindi insinuarsi al passivo per l’intero ammontare di interessi e sanzioni che sarebbero maturati senza la composizione.
Questa norma è un deterrente verso possibili abusi, ma anche una tutela dell’Erario: si presume che se un’impresa finisce insolvente poco dopo, allora le agevolazioni concesse si rivelano un “vantaggio ingiustificato”. Nella Relazione ministeriale si fa l’esempio di impresa che ricade in insolvenza entro 2 anni, ma il testo normativo non fissa un termine preciso: qualunque successiva apertura di liquidazione farà decadere i benefici. In concreto, se un’azienda dovesse fallire ad esempio 3 anni dopo la composizione, in teoria il Fisco potrebbe rivalersi (anche se dopo 3 anni molti interessi sarebbero maturati comunque nel frattempo; la questione è più rilevante per insolvenze ravvicinate).
È importante evidenziare che la decadenza riguarda i benefici di cui ai commi 1 e 2 (interessi al legale e sanzioni minime). Non menziona espressamente il comma 3, ma si ritiene coerente che se un’azienda ottiene il taglio 50% di interessi/sanzioni e poi fallisce, il Fisco in sede di riparto pretenderà l’intero. Del resto, in liquidazione giudiziale eventuali transazioni decadono e valgono le regole concorsuali. Allo stesso modo, il piano di dilazione ex comma 4 decadrebbe (infatti la norma stessa lo dice: decadenza dal beneficio in caso di ricorso ex art. 40 CCII o apertura liquidazione). In sintesi, i vantaggi fiscali restano tali solo se il risanamento tiene; se l’impresa crolla, il “premio” viene revocato.
Implicazioni pratiche: per l’imprenditore ciò significa che deve essere prudente nel considerare i benefici premiali come effettivamente acquisiti solo una volta consolidata la ripresa. Per esempio, potrebbe accantonare in bilancio un fondo rischi per gli interessi non pagati, fino a un certo periodo, sapendo che se tutto va bene quei soldi saranno liberati, ma se la crisi si riacutizza potrebbero servire. D’altra parte, dal punto di vista del Fisco, questa clausola consente di approcciarsi con maggior fiducia alle trattative: l’Erario “rinuncia” a qualcosa adesso, ma con la sicurezza che se l’operazione non ha successo non ci sarà un danno erariale definitivo.
Riepilogo delle misure premiali: per fissare le idee, ecco una tabella riepilogativa delle agevolazioni fiscali previste dall’art. 25-bis CCII nelle varie fasi e condizioni:
Ambito temporale del debito fiscale | Esito della composizione | Beneficio fiscale | Riferimento normativo |
---|---|---|---|
Debiti tributari maturano DURANTE le trattative (dall’accettazione dell’esperto alla conclusione) | Composizione si chiude con accordo contrattuale extragiudiziale (art. 23 co.1) oppure con accordo di ristrutturazione omologato (art. 23 co.2 lett. b) | Interessi maturati su tali debiti ridotti al tasso legale (in luogo del tasso di mora ordinario). Se poi interviene liquidazione concorsuale, gli interessi vanno ricalcolati in misura piena. | Art. 25-bis, comma 1 e 6 CCII |
Sanzioni da atti impositivi notificati durante la composizione | Termine di pagamento agevolato dell’atto scade dopo l’avvio della composizione (procedura pendente) | Sanzioni dovute ridotte alla misura minima prevista dalla legge (se il contribuente paga nei termini l’importo dovuto). | Art. 25-bis, comma 2 CCII |
Debiti tributari sorti PRIMA dell’istanza di composizione (pregressi) e trattati nelle negoziazioni | Composizione si chiude con uno strumento omologato (piano di risanamento o accordo di ristrutturazione ex art. 23 co.2) | Sanzioni e interessi pregressi dimezzati (ridotti al 50%) sulle somme dovute per tali debiti. Beneficio non spettante se composizione chiusa con semplice accordo stragiudiziale non omologato. | Art. 25-bis, comma 3 CCII |
Somme dovute per tributi erariali non ancora iscritte a ruolo (imposte dirette, IVA, ritenute, IRAP non versate) | Pubblicazione nel Reg. Imprese del contratto ex art. 23 co.1 lett. a) o dell’accordo ex lett. c) (esiti stragiudiziali) | Diritto a ottenere, su istanza sottoscritta anche dall’esperto, un piano di rateazione fino a 72 rate mensili. In presenza di grave difficoltà comprovata, fino a 120 rate (10 anni) con istanza motivata. Decadenza dal piano in caso di mancato pagamento di 1 rata o successiva apertura di liquidazione/concordato liquidatorio. | Art. 25-bis, comma 4 CCII (come modificato da D.Lgs. 136/2024) |
Riduzioni concordate di debiti (remissioni parziali, stralci) nell’accordo finale | Pubblicazione nel Reg. Imprese del contratto ex art. 23 co.1 lett. a) o c) o accordi ex art. 23 co.2 lett. b) (accordo di ristrutturazione omologato) | Neutralità fiscale delle riduzioni: – Debiti ridotti non generano sopravvenienze attive tassabili; – Perdite dei creditori deducibili (costo fiscale riconosciuto); – IVA detraibile/recuperabile sulla parte di corrispettivo non incassata (note di credito IVA ammesse). | Art. 25-bis, comma 5 CCII (estende artt. 88(4-ter) e 101(5) TUIR, art. 26(3-bis) DPR 633/72) |
(Legenda: art. 23 co.1 lett. a) CCII = contratto con i creditori; art. 23 co.1 lett. c) CCII = accordo sottoscritto con creditori ed esperto; art. 23 co.2 lett. b) = accordo di ristrutturazione dei debiti omologato. “Non a ruolo” = non ancora affidato a Agenzia Riscossione.)
Come evidenziato, il quadro delle misure premiali è articolato ma coerente: lo Stato rinuncia a parte di interessi e sanzioni e concede più tempo per pagare, in cambio dell’impegno dell’imprenditore a risanare l’azienda e soddisfare i creditori in misura migliore di quanto avrebbero in un fallimento. Queste misure non sono oggetto di negoziazione caso per caso: sono previste ex lege e si applicano al ricorrere delle condizioni stabilite. Ciò significa che non serve “convincere” il Fisco a concederle – diversamente dalla transazione fiscale, di cui parleremo tra breve – ma basta rispettare i requisiti (esito positivo, adempimento dei pagamenti, ecc.).
È importante sottolineare che le misure premiali fiscali non comportano alcuna riduzione del capitale d’imposta dovuto: il tributo rimane integralmente dovuto (salvo diversa transazione). Gli sconti riguardano solo gli oneri accessori (sanzioni e interessi) e le modalità di pagamento. Per ottenere eventuali riduzioni sul capitale delle tasse dovute, l’impresa deve ricorrere allo strumento della transazione fiscale, introdotto di recente all’interno della composizione negoziata, che ora esamineremo.
La transazione fiscale nella composizione negoziata (art. 23 comma 2-bis CCII)
Accanto alle misure premiali automatiche appena viste, dal 2024 è operativa una seconda gamba delle agevolazioni per i debiti fiscali: la possibilità di negoziare con il Fisco un vero e proprio accordo transattivo sul debito tributario, durante lo svolgimento della composizione negoziata. Questa innovazione – inserita dal D.Lgs. 136/2024 – rappresenta un’evoluzione fondamentale, in quanto consente di intervenire anche sul capitale delle imposte dovute, e non solo su interessi e sanzioni.
Inquadramento: cos’è la transazione fiscale “in composizione”
La transazione fiscale è uno strumento già noto nel nostro ordinamento, tradizionalmente legato alle procedure concorsuali. In passato, l’unica sede in cui l’Erario poteva accettare formalmente un pagamento parziale delle imposte era il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione dei debiti, tramite l’istituto ex art. 182-ter L.Fall. (ora art. 63 CCII). Fuori da tali procedure giudiziali, il principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria impediva abbandoni di imposta se non autorizzati dalla legge.
Con il nuovo art. 23 comma 2-bis CCII, introdotto dal correttivo-ter, questa possibilità viene estesa anche alla composizione negoziata della crisi, pur rimanendo necessaria una forma di controllo giurisdizionale sull’accordo raggiunto. In sostanza, durante le trattative della composizione, l’imprenditore può sottoporre all’Agenzia delle Entrate (ed eventualmente all’Agenzia della Riscossione, per le parti di sua competenza) una proposta di accordo transattivo riguardante i debiti tributari verso lo Stato. La proposta indicherà quanto l’impresa si impegna a pagare in percentuale su ciascun tributo, entro quali termini (anche rateali) e le eventuali garanzie offerte. Se l’Agenzia aderisce, l’accordo viene sottoscritto dalle parti (Erario e contribuente) e quindi depositato presso il Tribunale competente per ottenere un decreto di autorizzazione all’esecuzione.
Caratteristiche chiave:
- La transazione fiscale nella composizione ha natura contrattuale, coerente con il contesto negoziale in cui si inserisce. Ciò significa che non è imposta dall’alto da un giudice (non c’è cram down in questa sede), ma nasce da un accordo volontario tra Fisco e impresa, mediato dall’esperto.
- L’accordo transattivo copre qualsiasi tributo amministrato dall’Agenzia delle Entrate. Può dunque riguardare imposte dirette, IVA, ritenute, IRAP, addizionali, etc. In genere include anche gli oneri accessori (interessi, sanzioni) su quei tributi, definendoli anch’essi. Non include invece i contributi previdenziali INPS, né i tributi locali (come chiarito in seguito). È in sostanza una “transazione fiscale erariale”.
- L’accordo può prevedere riduzioni dell’importo dovuto (stralcio parziale) dei tributi, nonché dilazioni di pagamento più ampie di quelle ordinarie, anche in combinazione. Ad esempio, l’impresa potrebbe proporre di pagare il 60% del debito IVA in 5 anni, o il 100% dell’IVA ma solo il 50% delle sanzioni, ecc., a seconda della sostenibilità.
- L’accordo raggiunto non è immediatamente efficace: richiede un controllo del Tribunale. Il giudice, valutata la regolarità formale dell’accordo e dei suoi allegati (ad es. deve esserci un’attestazione sulla convenienza della proposta per il Fisco rispetto alla liquidazione, redatta da un professionista indipendente), emette un decreto con cui autorizza l’esecuzione dell’accordo, oppure – se rileva irregolarità – dichiara l’accordo privo di effetti. Questa fase è assimilabile a una omologazione “light”: non c’è un voto di creditori da omologare, ma il giudice funge da garante che l’accordo non violi norme imperative (ad es. che non siano previsti trattamenti contrari a legge, o che l’Agenzia non rinunci a più di quanto potrebbe per legge).
- Una volta autorizzato, l’accordo produce i suoi effetti: il debito fiscale viene rideterminato nei termini concordati e l’impresa dovrà eseguire quanto pattuito. Se però l’impresa non adempie (in tutto o in parte), il comma 2-bis prevede che l’accordo si risolve di diritto. Ciò implica che il Fisco riacquista il diritto per l’intero credito originario (salvo imputare eventuali pagamenti parziali effettuati). Questo è un forte incentivo per l’impresa a rispettare gli impegni, pena il perdere il beneficio concordato.
In sintesi, la transazione fiscale in composizione negoziata consente di abbattere il debito tributario concordemente con l’Agenzia delle Entrate, evitando l’obbligo di pagarlo integralmente. È un cambio di paradigma, perché finora la composizione negoziata offriva solo sconti su interessi e sanzioni, ma non toccava il capitale: dal 2024, invece, si può andare dal Fisco e dire “ti posso dare X centesimi per ogni euro di tasse dovute, ecco perché ti conviene accettare…”.
Procedura per la transazione fiscale e ruolo del tribunale
Vediamo più nel concreto come si inserisce questo accordo fiscale nella procedura. Il comma 2-bis stabilisce che l’imprenditore può formulare la proposta “nel corso delle trattative”, quindi durante la composizione negoziata attiva. La proposta va con ogni probabilità inoltrata tramite PEC alle Agenzie competenti (Entrate e Entrate-Riscossione) allegando un piano con l’indicazione puntuale dei crediti fiscali, dell’importo offerto e dei tempi. È necessario anche allegare una relazione di un professionista indipendente (che può essere lo stesso esperto o un attestatore ad hoc) che asseveri la convenienza per l’Erario della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria. Ciò è mutuato dalla disciplina generale: per transare i tributi, bisogna offrire almeno quanto il Fisco recupererebbe in caso di fallimento (al netto delle spese). Ad esempio, se in caso di fallimento l’Erario stimerebbe di incassare 20 su 100 (essendo chirografario in gran parte), una proposta che gliene offre 30 è “conveniente” e dovrebbe essere accettata.
Una volta inviata la proposta, l’Agenzia delle Entrate delibera internamente l’accoglimento o il rifiuto. Il correttivo-ter ha anche semplificato le competenze decisionali: dal 28 settembre 2024, per l’adesione alle proposte transattive in composizione negoziata la competenza è attribuita ai Direttori regionali o metropolitani dell’Agenzia (similmente a quanto avviene per gli accordi di ristrutturazione). Ciò snellisce il processo, evitando lungaggini. Anche l’INPS, parallelamente, ha aggiornato le proprie procedure (mess. INPS n. 3553/2024) specificando le competenze per eventuali transazioni contributive ex art. 16 co.6 e 21 co.4 D.Lgs. 136/2024, che però riguardano concordati/accordi omologati e non la composizione negoziata (dove come vedremo l’INPS non “transige” formalmente).
Se il Fisco accetta la proposta, si redige un accordo scritto sottoscritto dalle parti. L’accordo può essere anche multi-soggetto (ad esempio firmato da Agenzia Entrate, Agenzia Riscossione e impresa, se ci sono debiti in cartella inclusi). Questo accordo viene comunicato all’esperto e depositato presso il Tribunale competente per la composizione. Il tribunale, verificata la regolarità, emette un decreto di autorizzazione all’esecuzione, che conferisce efficacia all’accordo. Da quel momento scattano gli obblighi per il debitore secondo il piano concordato. È interessante notare come la legge, pur qualificando la composizione come stragiudiziale, inserisca qui un ruolo del giudice: ciò serve a “confortare” l’Amministrazione finanziaria circa la legittimità dell’accordo. Alcuni autori sottolineano però che il giudice non dovrebbe limitarsi a un controllo meramente formale, specie se emergessero aspetti di manifesta irragionevolezza: la sua funzione potrebbe essere più che notarile, assicurando che l’erario non conceda sconti senza adeguate ragioni. In ogni caso, una volta autorizzato, l’accordo è efficace erga omnes: quindi vincola il Fisco a non pretendere oltre quanto concordato e vincola l’impresa a pagare esattamente quell’ammontare.
Se invece il Fisco rifiuta la proposta, le trattative possono proseguire magari su altre basi, oppure l’impresa potrà scegliere di accedere a una procedura formale dove forzare la mano col cram-down. Un diniego dell’Agenzia in composizione non preclude di riproporre un piano simile in un concordato preventivo successivo, dove però l’adesione sarà soggetta a maggioranze e eventuale cram-down.
Limiti e peculiarità della transazione fiscale in composizione
Assenza di cram-down: A differenza di concordati e accordi di ristrutturazione omologati, nella composizione negoziata non è possibile imporre all’Erario una proposta non accettata. Il comma 2-bis non contempla alcuna forzatura: se l’Agenzia delle Entrate dice no, la transazione fiscale semplicemente non si perfeziona. Questo è coerente con la natura volontaria dello strumento. Ne deriva che l’imprenditore dovrà formulare una proposta realisticamente accettabile per il Fisco, altrimenti non otterrà il risultato sperato. Le linee guida operative interne suggeriscono all’Agenzia di accettare se la quota offerta è pari o superiore a quella stimabile in caso di fallimento, tenendo conto anche di eventuali benefici di continuità (es. mantenimento occupazione, ecc.). Ad oggi, essendo uno strumento nuovo, non ci sono ancora prassi consolidate pubbliche, ma ci si aspetta un atteggiamento di relativa apertura, anche perché l’alternativa per il Fisco – se fallisce la composizione – potrebbe essere peggiore in termini di incassi.
Debiti inclusi ed esclusi: la transazione fiscale ex art. 23 co.2-bis copre solo i tributi erariali. Restano esclusi i debiti contributivi verso INPS e i tributi locali (IMU, TASI, TARI, ecc.), per i quali il correttivo-ter non ha previsto un analogo meccanismo. Questa scelta ha creato qualche disparità: ad esempio, un’impresa può proporre di pagare al 50% l’IVA e l’IRES dovute, ma deve prevedere il pagamento integrale dei contributi previdenziali obbligatori, perché l’INPS non ha potere di stralcio in sede di composizione negoziata. Tale differenza è stata sottolineata come un punto debole (si parla di transazione “fiscale ma non previdenziale” in composizione). Per i tributi locali, teoricamente un Comune potrebbe volontariamente aderire a un accordo e rinunciare a qualcosa (nulla lo vieta in senso assoluto, essendo un accordo di diritto privato), ma manca una norma che legittimi pienamente la riduzione di tributi locali: anzi, la Corte dei Conti ha evidenziato nel 2025 che servirebbe un intervento legislativo per autorizzare i Comuni a effettuare transazioni sui tributi locali in questo contesto. In pratica, per ora, solo i debiti fiscali verso lo Stato possono essere oggetto di transazione formale nella composizione. Debiti INPS e locali dovranno trovare soluzione tramite dilazioni o pagamenti integrali (salvo accordi informali di attesa su sanzioni, ecc.).
Rapporto con misure premiali ex art. 25-bis: La presenza di una transazione fiscale può integrarsi con le misure premiali. Ad esempio, supponiamo che l’impresa Transalp Srl abbia €100.000 di imposte non pagate e €20.000 di sanzioni/interessi su di esse. Se Transalp non facesse transazione, grazie alle misure premiali potrebbe ridurre (al successo) i €20.000 accessori magari a €10.000, e dilazionare i €100.000 in 10 anni. Ma il capitale €100.000 resterebbe dovuto interamente. Se invece Transalp propone una transazione fiscale offrendo di pagare solo il 70% del capitale, allora riduce il debito d’imposta a €70.000; e le misure premiali potranno comunque abbattere in parte sanzioni e interessi ulteriori (o addirittura azzerarli se nell’accordo stesso si conviene così). Quindi la combinazione ottimale potrebbe essere: transazione sul capitale dovuto + misure premiali su interessi/sanzioni + rateazione 120 rate. Tutti questi strumenti sono complementari e cumulabili, a patto di rispettare le rispettive condizioni. Ad esempio, la transazione fiscale potrebbe prevedere essa stessa l’abbattimento totale delle sanzioni, in tal caso l’art. 25-bis co.3 sul dimezzamento perderebbe rilevanza perché si è già concordato meglio.
Tutela di equità: essendo un accordo contrattuale, viene da chiedersi: e gli altri creditori? Se il Fisco accetta uno stralcio del 50%, i fornitori chiederanno magari di più? Bisogna ricordare che l’esperto ha il compito di assicurare che la soluzione trovata sia equilibrata e fattibile. Inoltre, se poi l’accordo con i creditori privati dovrà passare in un concordato, occorreranno le maggioranze. Ma se la soluzione resta stragiudiziale, la parità di trattamento non è imposta per legge – tuttavia, realisticamente, per convincere i creditori tutti dovranno fare sacrifici comparabili. Diciamo che la transazione fiscale offre la leva per ridurre il pezzo forse più “rigido” del debito (le tasse), così che anche gli altri creditori vedano un quadro di riequilibrio.
Esecuzione dell’accordo fiscale: una volta autorizzato dal giudice, l’accordo transattivo ha forza di titolo esecutivo. L’impresa dovrà adempiere puntualmente. Se si tratta di versare subito un importo, dovrà farlo (magari utilizzando finanza esterna apportata per l’occasione). Se sono previste rate, dovrà pagarle alle scadenze concordate. In caso di inadempimento, come detto, l’accordo si risolve di diritto e il Fisco potrà riprendere le azioni di recupero per l’intero credito originario, imputando eventuali somme pagate in conto. Ciò è un ulteriore motivo per cui, di solito, prima di firmare l’accordo, il tribunale verifica che il piano finanziario a supporto sia solido: non avrebbe senso autorizzare un accordo insostenibile che verrebbe disatteso.
Prime applicazioni pratiche: essendo la norma in vigore da fine settembre 2024, al maggio 2025 ci sono pochi casi concreti da citare. Tuttavia, i primi segnali indicano che il meccanismo è utilizzabile. Ad esempio, linee guida del Tribunale di Livorno già nel 2023 auspicavano la transazione fiscale e ne delineavano i passi. Anche la dottrina accoglie positivamente l’innovazione, notando come “il Fisco può partecipare attivamente alle trattative” e che questo colma una lacuna della precedente disciplina.
In conclusione, la transazione fiscale in composizione negoziata è uno strumento potente ma delicato: potente perché permette un risparmio sul capitale delle imposte, delicato perché necessita di negoziazione e di un accordo vincolante. Si affianca alle misure premiali ex lege, completando il quadro degli strumenti fiscali a disposizione dell’impresa in crisi.
Nel prossimo paragrafo, sposteremo l’attenzione sui debiti contributivi e verso altri enti (INPS, INAIL, Comuni), per capire come si integrano nel contesto della composizione negoziata e quali misure (premiali o di supporto) sono previste per essi.
Debiti previdenziali e altri debiti pubblici: interazione con INPS, INAIL, tributi locali
Finora abbiamo trattato diffusamente delle misure riguardanti i debiti tributari verso lo Stato. Tuttavia, un’impresa in crisi presenta spesso anche esposizioni verso enti previdenziali (INPS in primis, per contributi obbligatori dovuti sui lavoratori dipendenti) e verso enti locali (ad esempio Comuni, per tributi come IMU e TARI). È fondamentale comprendere come la composizione negoziata gestisce questi debiti, perché la continuità aziendale dipende spesso dalla regolarizzazione di posizioni contributive e dalla possibilità di ottenere certificazioni come il DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva), indispensabile in settori come l’edilizia.
Debiti verso l’INPS (contributi previdenziali obbligatori)
Nessuna “transazione contributiva” nella composizione negoziata: diversamente dai tributi erariali, per i contributi previdenziali dovuti all’INPS il legislatore non ha previsto uno strumento di riduzione concordata nell’ambito della composizione negoziata. In altre parole, l’INPS non può formalmente aderire ad un accordo che preveda il pagamento parziale dei contributi dovuti durante la procedura di composizione (la transazione fiscale introdotta nel 2024 non copre i contributi, e non esiste un “art. 23 comma 2-ter” per essi). Questo comporta che il debito contributivo resta, in linea di principio, da pagare integralmente in qualsiasi piano di risanamento stragiudiziale. La ratio è che i contributi previdenziali (soprattutto quelli dovuti per le retribuzioni dei dipendenti, i c.d. contributi IVS) godono di privilegi di legge molto forti e sono considerati fondamentali e indisponibili: a differenza di un fornitore o dello Stato, l’ente previdenziale non può rinunciare a incassare meno di quanto dovuto, salvo che la legge glielo consenta in procedure concorsuali (es. concordati preventivi).
Nella prassi, questo significa che un piano di risanamento extragiudiziale nell’ambito di una composizione negoziata dovrà prevedere il pagamento integrale dei contributi arretrati. L’INPS, per parte sua, può offrire dilazioni di pagamento su quei debiti, ma non accettare stralci. Normalmente l’INPS concede piani di rateazione fino a 72 mesi (6 anni) per debiti contributivi, in base alle disposizioni vigenti (simili a quelle fiscali). Non risultano, ad oggi, estensioni a 120 rate per i contributi, se non quelle generali legate a eventuali sanatorie straordinarie decise dal legislatore. Quindi l’azienda in composizione, per i debiti INPS, può chiedere un piano di dilazione ordinario all’Istituto. La presenza della composizione e dell’esperto potrebbe facilitare la concessione, ma va detto che l’INPS di solito è già tenuta per legge a concedere dilazioni se l’azienda mostra una temporanea difficoltà e versa le rate correnti.
Sanzioni civili e interessi su contributi: analogamente ai tributi, anche sui contributi maturano interessi e sanzioni civili (more, aggi, etc.). La norma dell’art. 25-bis co.3 originariamente menzionava sia tributi che contributi, creando incertezze, ma il correttivo pare aver chiarito che in composizione gli sconti di interessi/sanzioni riguardano l’ambito tributario. Tuttavia, l’INPS potrebbe, in via amministrativa, ridurre le sanzioni civili in caso di accordo? In un contesto di trattativa privata, l’INPS non ha una base normativa per azzerare sanzioni (che sono anch’esse dovute per legge), ma di fatto, se i debiti contributivi sono affidati all’Agente della Riscossione, potrebbe applicarsi l’analogia con le rottamazioni: l’agente potrebbe annullare sanzioni e interessi di mora anche sui contributi a ruolo, come fa per i tributi, se il debitore paga la quota capitale. Questa materia è scivolosa, perché formalmente una rottamazione richiede legge, ma l’accenno del testo sembra suggerire che nelle composizioni negoziate l’Agente possa di default non pretendere sanzioni/interessi su ruoli, applicando il medesimo trattamento previsto per i tributi erariali. La Corte dei Conti, come detto, ne ha chiesto conferma legislativa. In attesa, molti professionisti ritengono che, almeno per i contributi già in cartella, se l’accordo di composizione prevede il pagamento del 100% del capitale contributivo, l’agente potrà considerare tacitamente stralciati gli aggi e interessi (come fosse una “rottamazione” interna). Non c’è certezza normativa, quindi è tema da maneggiare con cautela e da discutere con i legali dell’INPS/Agenzia.
Coinvolgimento pratico dell’INPS nelle trattative: anche se l’INPS non può formalmente “transigere” il debito contributivo, è cruciale coinvolgerlo nelle trattative qualora i debiti previdenziali siano rilevanti. L’esperto spesso inviterà i rappresentanti dell’INPS (Direzione crediti territoriale) ai tavoli di confronto, per:
- Concordare moratorie: ad esempio l’INPS può essere persuasa a non attivare subito misure esecutive (come pignoramenti o insinuazioni ipotecarie) se vede che l’azienda sta seriamente tentando un risanamento. Nella prassi, quando un’azienda entra in composizione e lo notifica, l’INPS tende a attendere gli sviluppi prima di proseguire coattivamente, specialmente se l’impresa intanto è in regola col versamento dei contributi correnti. Questo “patto di standstill” de facto è importante per evitare aggravamenti.
- Definire piani di rientro paralleli: L’azienda può negoziare col l’INPS un piano di dilazione (se i debiti non sono ancora in cartella) oppure, se sono in cartella, potrà includerli in un’eventuale richiesta unificata di rateazione con Agenzia Riscossione (l’agente infatti raccoglie anche i contributi a ruolo). L’importante è che il piano industriale e finanziario consideri adeguatamente il rimborso anche di questi debiti, altrimenti l’INPS potrebbe opporsi in un eventuale concordato successivo.
- DURC e prosecuzione attività: Un aspetto critico: in alcuni settori (es. edilizia, trasporto, appalti pubblici) avere un DURC regolare è essenziale per poter lavorare (nessun cliente pubblico, e molti privati, affidano commesse a chi non è in regola con contributi). Purtroppo, la composizione negoziata non dà diritto automatico ad un DURC regolare se vi sono debiti contributivi. Non c’è una norma come nel concordato preventivo, dove l’art. 189 CCII consente DURC regolare se si pagano i contributi correnti e si ha un piano omologato per gli arretrati. In composizione, l’INPS applica la normativa standard: rilascia DURC solo se tutti i contributi dovuti sono pagati o oggetto di dilazione già approvata e in corso di pagamento. Ciò significa che, durante la composizione, se l’impresa non paga gli arretrati o non attiva un piano di rate, il DURC risulterà irregolare, precludendo nuovi contratti. Alcune aziende hanno cercato tutela giudiziale su questo fronte: emblematico è un caso deciso dal Tribunale di Milano nel gennaio 2025, in cui un’impresa in composizione ha chiesto al giudice di ordinare all’INPS il rilascio del DURC per poter proseguire l’attività in continuità. Il tribunale ha riconosciuto la sussistenza dei presupposti di legge per il rilascio del DURC, pur non potendo imporlo direttamente all’INPS. In pratica, il giudice ha “accertato” che l’azienda stava rispettando gli obblighi correnti e aveva un piano sostenibile, invitando implicitamente l’INPS a rilasciare il DURC. Questa pronuncia di Trib. Milano 24/1/2025 è importante perché fornisce un precedente: se l’impresa in composizione sta pagando regolarmente i contributi correnti e ha predisposto un piano credibile per gli arretrati, non c’è motivo di negarle il DURC. Ciò però al momento è affidato alla sensibilità dei singoli tribunali e sedi INPS: in mancanza di una norma, non vi è certezza. Nella pratica, le imprese edili in composizione spesso devono correre per mettere in regola i contributi (magari grazie a finanza esterna o anticipazioni) così da ottenere un DURC e non perdere appalti. Oppure confidare in provvedimenti giudiziari di accertamento come quello milanese.
Conclusione sui debiti INPS: l’impresa dovrà prevedere nel piano il pagamento integrale dei contributi dovuti, magari rateizzati, e tener conto che l’INPS si aspetta almeno il versamento di tutte le quote trattenute ai dipendenti (che hanno privilegio di primo grado). In eventuali procedure formali successive (concordato) le percentuali minime di soddisfazione per contributi privilegiati sono state innalzate (il correttivo-ter ha previsto minimi del 100% per IVS e 30% per contributi con privilegio generale, ai fini del cram-down). Ciò riflette la tendenza a proteggere fortemente il credito contributivo. Pertanto, l’azienda in composizione deve porsi l’obiettivo di regolarizzare i contributi arretrati il più possibile, sfruttando dilazioni e sospensione temporanea delle azioni esecutive durante le trattative.
Debiti verso altri enti e tributi locali
Tributi locali (IMU, TARI, ecc.): come anticipato, non esiste una transazione fiscale per i tributi locali nella composizione negoziata. I Comuni e altri enti locali non hanno ricevuto dal legislatore un potere analogo a quello dell’Agenzia Entrate. Ciò non toglie che possano partecipare alle trattative: se l’impresa ha forti debiti verso il Comune (ad esempio IMU non pagata su immobili), può cercare un accordo. Nulla vieta che il Comune, previa delibera di Giunta o Consiglio, accetti un pagamento parziale o dilazionato dei tributi dovuti, specie se questo risulta comunque più conveniente di un incasso nullo in caso di fallimento. Tuttavia, l’assenza di una norma specifica rende questi accordi delicati: gli amministratori pubblici potrebbero temere responsabilità erariali per aver “abbonato” parte di un tributo senza una legge che lo consenta. È appunto ciò che la Corte dei Conti ha sottolineato, chiedendo chiarezza normativa. De facto, per i debiti locali già finiti a ruolo, l’Agente della Riscossione li tratta come gli altri carichi: se c’è un accordo di composizione e l’impresa paga la quota capitale, l’agente applica l’annullamento di sanzioni e interessi come fa per lo Stato. Ad esempio, se una cartella contiene €10.000 di TARI e €3.000 di sanzioni/interessi, l’agente potrebbe accontentarsi dei €10.000 (magari rateizzati) e non richiedere gli €3.000. Questo è un effetto equiparabile alla “rottamazione” sui tributi locali. Rimane però formalmente in bilico l’aspetto legale: in assenza di un intervento normativo, l’ente locale dovrebbe ratificare quell’accordo per mettersi al riparo. In ogni caso, l’impresa farebbe bene a coinvolgere anche il Comune creditore: presentare un piano con pagamento integrale dei tributi locali se possibile, oppure discutere con il dirigente tributi una possibile definizione agevolata (ad esempio, il Comune potrebbe approvare una delibera di “stralcio parziale” nell’ambito della normativa sulle definizioni, se applicabile). In mancanza di ciò, il rischio è che i tributi locali restino fuori dall’accordo e il Comune possa agire separatamente (anche se con misure protettive in essere non potrebbe, finché durano).
Debiti verso Agenzia delle Entrate-Riscossione (cartelle): molti debiti fiscali e contributivi confluiscono in cartelle esattoriali. Quando un debito è a ruolo, l’interlocutore operativo è l’Agente della Riscossione (AdER). Durante la composizione negoziata, l’Agente deve sospendere le azioni esecutive se sono state concesse misure protettive dal tribunale. Inoltre, se l’impresa prospetta un accordo, l’Agente può agevolare la riuscita ad esempio congelando fermi o pignoramenti in corso. L’Agente però non decide sul quantum da riscuotere (segue le istruzioni degli enti creditori), ma gestisce le rateazioni. In base all’art. 19 DPR 602/73, l’Agente può concedere dilazioni fino a 6 anni (72 rate), estensibili a 10 anni in casi eccezionali approvati da Ministero. Ora, con l’art. 25-bis che permette 120 rate su debiti non a ruolo e con la logica di equivalenza alle rottamazioni, è plausibile che l’Agente, qualora il piano di composizione lo giustifichi, conceda anch’egli piani a 120 rate sulle cartelle (anche miste). Alcune circolari interne parlano di questa possibilità in analogia, ma attendiamo conferme ufficiali. In sede di composizione negoziata, l’impresa può presentare all’Agente un’istanza unica di rateazione per tutte le sue cartelle esattoriali, allegando l’attestazione dell’esperto sulla difficoltà. Questo dovrebbe sbloccare la concessione di un piano straordinario (non ufficialmente 120, ma l’agente potrebbe spezzare in più piani consecutivi se necessario). In pratica, molte imprese in composizione riescono a ottenere dall’Agente di Riscossione un congelamento delle procedure e un accordo di pagamento dilazionato allineato al piano di risanamento. Non c’è un articolo ad hoc, ma viene fatto leva sulle norme generali (art. 19 DPR 602) e su istruzioni di flessibilità date in questi casi.
Debiti verso l’Agenzia delle Dogane (accise, dazi): questi sono tributi erariali ma amministrati da un ente diverso. La transazione fiscale ex art. 23 co.2-bis formalmente copre i tributi “dall’Agenzia Entrate”, quindi non è chiaro se includa accise e dazi (che fanno capo all’Agenzia Dogane e Monopoli). Probabilmente no, se Dogane non delega Entrate. In tal caso, i debiti di accise sarebbero trattati come tributi non coperti, analoghi ai tributi locali. È un dettaglio per settori specifici: in una composizione di un’industria petrolifera, ad esempio, questo sarebbe rilevante. Nella prassi, però, l’Agenzia Dogane potrebbe essere trattata come un altro creditore pubblico qualificato: eventualmente l’impresa può proporre un accordo transattivo anche a Dogane, ma senza norma di riferimento diretta, il che è complicato. È materia ultra-specialistica che citiamo solo per completezza.
Inail e altri enti: l’INAIL per i premi assicurativi obbligatori rientra nel concetto di contributi previdenziali/assistenziali. Anche qui nessuna transazione formale: l’INAIL si comporta come l’INPS, pretendendo il 100% ma concedendo rateazioni come da legge. Debiti verso altri enti pubblici (Agenzia Entrate-Riscossione stessa per spese, Ministeri per sanzioni amministrative, ecc.) seguiranno l’andamento generale: se a ruolo, rientrano nei piani con l’agente; se non a ruolo, restano da negoziare singolarmente.
Conclusione su enti diversi dal Fisco: In composizione negoziata, l’Agenzia Entrate è l’unico ente che può effettivamente tagliare il dovuto (transazione fiscale). Gli altri enti (INPS, Comuni, INAIL) possono dare tempo (rate), forse rinunciare agli accessori, ma non al capitale. Ciò impone all’imprenditore di fare i conti con queste rigidità: spesso, per convincere fornitori e banche a sostenere il piano, dovrà dimostrare di aver considerato pienamente il pagamento di contributi e tributi locali. Un errore comune sarebbe presentare un piano con stralcio dei contributi senza supporto normativo: un tribunale non omologherebbe mai un accordo di ristrutturazione in cui i contributi privilegiati non siano pagati almeno al 100% (salvo consenso dell’INPS, che appunto non può darlo).
In definitiva, nella gerarchia dei debiti pubblici in composizione negoziata, possiamo stilare questo ordine:
- Contributi previdenziali lavoratori (INPS – IVS): prioritari e indisponibili, da pagare integralmente, magari dilazionati (il non pagamento preclude il DURC e rischia denuncia penale se trattenuti e non versati).
- Tributi erariali (AE): disponibili via transazione fiscale (capitale riducibile) e premialità su accessori.
- Tributi locali (Comuni): formalmente indisponibili, ma di fatto se a ruolo accessori condonabili; capitale preferibilmente da pagare se non c’è delibera ad hoc.
- Altri contributi e premi (INAIL, Casse): come INPS, trattarli come dovuti al 100% con dilazione.
Nel prossimo capitolo applicheremo quanto appreso a casi pratici settoriali per vedere come queste misure trovano riscontro concreto nei diversi contesti di impresa.
Focus settoriali: applicazione delle misure premiali nei principali comparti
Ogni settore economico presenta caratteristiche specifiche in relazione alla crisi d’impresa e alla composizione delle passività verso l’Erario e gli enti. In questa sezione offriremo una panoramica su quattro settori rappresentativi – edilizia, commercio, industria manifatturiera, ristorazione – per evidenziare, con esempi pratici e simulazioni, come le misure premiali fiscali e gli strumenti correlati possano essere utilizzati efficacemente nel contesto di ciascun comparto.
Settore Edilizia
Caratteristiche del settore e natura dei debiti: L’edilizia è un settore ad alta intensità di manodopera e fortemente esposto a crisi di liquidità dovute a ritardi nei pagamenti (specie negli appalti) e cicli economici. Le imprese edili accumulano spesso rilevanti debiti contributivi (INPS, Cassa Edile) a causa dei costi del personale, nonché debiti IVA significativi (l’IVA in edilizia è spesso a debito per l’impresa, specie in lavori privati, con rischio di omessi versamenti). Frequenti sono anche i debiti verso il fisco locale (es. IMU su immobili invenduti) e sanzioni per irregolarità urbanistiche o di sicurezza. Inoltre, come detto, per operare negli appalti pubblici un’impresa edile deve mantenere il DURC regolare – se cade in irregolarità contributiva, le vengono precluse nuove commesse e perfino i pagamenti dei SAL (stato avanzamento lavori) in corso possono essere bloccati.
Benefici premiali rilevanti per l’edilizia: In una composizione negoziata, una impresa edile in crisi può trarre enorme vantaggio soprattutto da:
- Dilazione straordinaria dei debiti IVA e imposte: poter spalmare in 10 anni l’IVA non versata di vari trimestri consente di evitare il default immediato. Ad esempio, se EDILXYZ Srl ha €240.000 di IVA arretrata, invece di dover trovare subito questa somma (cosa impossibile con i cantieri fermi), potrà ripagare €2.000 al mese per 10 anni, compatibilmente magari con i flussi di nuovi lavori.
- Riduzione di interessi e sanzioni: l’edilizia vede spesso cartelle per omessi versamenti IVA, ritenute, contributi. Ridurre del 50% sanzioni e interessi su tali cartelle, se si raggiunge un accordo di ristrutturazione, può significare risparmiare decine di migliaia di euro. Questo denaro può essere reindirizzato a completare cantieri o pagare fornitori strategici.
- Transazione fiscale sul capitale: se l’impresa ha subito un crollo del mercato immobiliare e si trova con grosse tasse su plusvalenze potenziali mai realizzate, potrebbe negoziare con l’AE di ridurre quelle pretese. Ad esempio, un’impresa che aveva lottizzato un terreno (con IVA e imposte elevate) ma poi non ha venduto i lotti, potrebbe transare per pagare solo il 50% di quelle imposte, in linea con il valore attuale dimezzato del terreno.
- Sospensione azioni esecutive: L’aspetto non fiscale ma vitale è che la composizione, con misure protettive, sospende pignoramenti e vendite all’asta di immobili della società. Ciò permette di evitare che, per recuperare crediti tributari o contributivi, vengano eseguite espropriazioni di beni aziendali (terreni, attrezzature) che comprometterebbero ogni rilancio. L’impresa edile guadagna tempo per vendere eventualmente lei stessa quei beni a prezzo di mercato, ripagando meglio i creditori.
Esempio pratico (caso simulato): Impresa ALFA Costruzioni Srl, 50 dipendenti, specializzata in edilizia civile. A causa del fallimento di un grosso committente, ALFA non è stata pagata per €1 milione di lavori svolti e si trova in crisi di liquidità. Ha accumulato €200.000 di debiti IVA (due annualità non versate) e €80.000 di debiti INPS (di cui €50.000 per contributi dipendenti, €30.000 quota ditta). Inoltre, ha debiti verso fornitori per €300.000 e verso banche €500.000 (mutuo cantiere). ALFA avvia la composizione negoziata:
- Misure protettive: il tribunale sospende i mutui e le azioni esecutive. L’INPS temporaneamente non iscrive ipoteca sul cantiere in corso.
- Interessi al tasso legale: sui €200.000 IVA, per i mesi di trattativa (diciamo 6 mesi) maturano interessi al 5% annuo invece che al 6%: risparmio modesto, ~€1.000, ma comunque utile.
- Transazione fiscale: ALFA propone all’AE di pagare 70% del debito IVA (€140.000) in 5 anni, evidenziando che se fallisse l’IVA sarebbe chirografaria e forse recupererebbero 30%. L’attestatore conferma che la proposta è vantaggiosa per il Fisco. L’AE accetta e firma l’accordo transattivo, che viene autorizzato dal giudice. Ciò comporta che €60.000 di IVA vengono abbuonati. Le sanzioni amministrative correlate (es. omesso versamento IVA ha sanzione 30%) l’AE le riduce anch’esse a zero come parte della transazione (ipotizziamo).
- Rateazione contributi INPS: ALFA ottiene dall’INPS un piano in 6 anni per gli €80.000 di contributi, con rate mensili da ~€1.200. L’INPS non taglia nulla, ma accetta di non procedere con ruoli aggiuntivi finché ALFA paga le rate correnti.
- DURC: grazie all’accordo, ALFA inizia a pagare regolarmente i contributi correnti e la prima rata del piano di rientro. Il tribunale, su istanza di ALFA, accerta che sussistono i requisiti per DURC regolare. L’INPS, vista la ratifica giudiziale e gli adempimenti, emette DURC regolare in via eccezionale per “crisi in composizione” – oppure, scenario B, ALFA ottiene un piccolo finanziamento ponte e paga tutto il dovuto dipendenti per ottenere DURC.
- Accordo con fornitori e banche: vedendo che il Fisco e INPS sono gestiti (nessuno sta aggredendo i beni, e il Fisco ha accettato riduzione), i fornitori accettano uno stralcio del 20% sui €300k (prendono €0.80 per euro, con quietanza a saldo). La banca proroga il mutuo di 2 anni.
- Effetti finali: ALFA chiude la composizione con un contratto di risanamento firmato da fornitori e banca (art. 23 co.1 lett. a) e con la transazione fiscale autorizzata. Pubblica entrambi. Per effetto del comma 5 art. 25-bis:
- I €60.000 di IVA abbuonata non sono tassati come sopravvenienza.
- I fornitori deducono le perdite sui crediti (il 20% che hanno tagliato) e recuperano IVA sulle fatture non incassate.
- L’azienda riprende i lavori: con DURC in regola può incassare i pagamenti dei SAL sospesi e partecipare a nuovi bandi. Nei 5 anni seguenti paga regolarmente le sue rate a AE (€140k in 60 rate, ~€2.3k/mese) e a INPS (€80k in 72 rate, ~€1.1k/mese) e ai fornitori (€240k residui in 5 anni, ~€4k/mese). Totale €7.4k/mese di esborso, sostenibile con il margine dei nuovi cantieri. Evitato il fallimento, salvati 50 posti di lavoro.
Questo scenario, sebbene semplificato, mostra come le misure premiali fiscali (riduzione sanzioni, interessi legali, 120 rate) e la nuova transazione fiscale possano fare la differenza nel settore edile. In particolare, l’edilizia beneficia fortemente della possibilità di mantenere il DURC e diluire nel tempo gli oneri fiscali, dato che i cantieri hanno cicli lunghi e spesso il “recovery” arriva solo a progetto concluso (quando si vendono gli immobili o si incassano i SAL finali). Senza queste misure, ALFA avrebbe quasi certamente dovuto portare i libri in tribunale, con il rischio di liquidazione e incompiute.
Va infine notato che le Casse Edili (fondi contrattuali) non rientrano nel perimetro legale, ma anch’esse di solito, se vedono un piano e pagamenti in corso, si allineano nel non ostacolare l’impresa (possono concedere DURC interno se vedono progressi nei pagamenti).
Settore Commercio (vendita al dettaglio/ingrosso)
Caratteristiche del settore e natura dei debiti: Il commercio, specie al dettaglio, è un settore a margini spesso ristretti e fortemente condizionato dai cicli di consumo. Negli ultimi anni, molti esercizi commerciali tradizionali hanno affrontato crisi per la concorrenza dell’e-commerce e per cali di fatturato (si pensi ai negozi di abbigliamento durante il Covid). Le imprese commerciali tendono ad avere debiti IVA (poiché l’IVA incassata sulle vendite va versata, e in crisi spesso viene usata come fonte di finanziamento improprio), debiti verso fornitori (merce acquistata non pagata) e debiti per imposte sul reddito (se negli anni passati hanno generato utili ora evaporati). Meno rilevanti in genere i debiti contributivi, a meno che non abbiano molti dipendenti (un grande negozio, supermercato, può averne). Tra i tributi locali, spesso per un negozio vi è la TARI (tassa rifiuti) non pagata, anche rilevante se spazi ampi, e l’IMU se proprietario dei locali.
Benefici premiali rilevanti per il commercio: Per una impresa commerciale in composizione, i principali aiuti fiscali sono:
- Rottamazione indiretta delle cartelle: Spesso i negozi chiudono e si trovano con cartelle per IVA, IRPEF, TARI. In composizione, pagando il capitale, possono beneficiare della cancellazione di sanzioni e interessi di mora come rottamazione. Questo riduce notevolmente il dovuto (in rottamazione quater, ad es., si tagliava il ~20% medio).
- Transazione fiscale su imposte dirette: Se il commerciante aveva, ad esempio, grossi utili tassati negli anni precedenti ora erosi, potrebbe contrattare col Fisco uno sconto sulle rate di una vecchia cartella da accertamento IRPEF. Esempio: un grossista riceve accertamento per ricavi non dichiarati di anni floridi, per €100k di tasse: ora è in crisi e propone di pagarne 30k a saldo, mostrando che altrimenti fallirà e il Fisco piglierà zero.
- Interessi zero sul corrente: Se un commerciante entra in composizione, i nuovi debiti fiscali (IVA corrente per es.) hanno interessi legali minimi. Questo incoraggia a mantenersi in attività durante la procedura perché non c’è il timore di far maturare oneri enormi. Ad es., se un negozio tiene aperto e genera IVA a debito di €10k durante le trattative, quell’IVA se pagata poi tardivamente costerà solo l’1-2% annuo fino a accordo, non il 6%: un piccolo sollievo per gestire la cassa.
- Dilazione e continuità: Un commercio può usare i 120 mesi di dilazione per spalmare il debito fiscale residuo e riallinearlo ai flussi di cassa futuri. Esempio: Ristorante Beta ha €60k di IVA arretrata, che non riuscirebbe a pagare in 2 anni, ma in 6 anni può (10k all’anno). Con 120 rate, paga 500€/mese, decisamente fattibile con un modesto aumento di fatturato.
Esempio pratico (caso simulato): AZZURRA Moda Srl, catena di 5 negozi di abbigliamento, ha sofferto la concorrenza online e il calo di vendite. Ha chiuso 2 punti vendita e accumulato: €150.000 di debiti verso fornitori, €50.000 di IVA non versata, €20.000 tra IRAP e IRES arretrate, €15.000 di TARI non pagata su negozi chiusi. Pochi dipendenti (molti erano commessi part-time ora licenziati) e contributi correnti ok. Azzurra avvia composizione negoziata:
- Misure protettive: blocca i decreti ingiuntivi dei fornitori e fermi amministrativi su furgoni. Il Comune sospende la riscossione coattiva TARI (creditore pubblico allertato, doverosa la segnalazione e poi la trattativa).
- Proposta ai fornitori: Azzurra offre ai fornitori un pagamento del 40% in 24 mesi, spiegando che è l’unico modo (altrimenti fallirebbe e prenderebbero forse il 10%). I fornitori, vedendo che l’AE e il Comune sono pronti a venire incontro, accettano pur di non buttare via la relazione commerciale.
- Transazione fiscale: l’azienda propone all’Agenzia Entrate un accordo su IVA e IRES: pagare integralmente i €50k IVA (per evitare grane penali, essendo omesso versamento IVA punibile se >250k, qui sotto soglia invero) ma chiede lo stralcio del 50% sulle sanzioni di quell’IVA e il 50% di riduzione sui €20k di IRES dovuta (erano riferiti a un utile di 2 anni fa ormai perso). L’Agenzia accetta in via transattiva di remunerare sanzioni e interessi IVA al minimo e incassare €10k su €20k di IRES (con attestazione convenienza – tanto IRES sarebbe chirografo). Quindi il debito fiscale effettivo di Azzurra diventa: €50k IVA + sanzioni minima (diciamo €3k) + €10k IRES + relativi pochi interessi.
- Dilazione 10 anni: L’Agenzia concessionaria, a composizione conclusa con accordo, concede 10 anni di rate per i €63k totali: 120 rate da ~€525. Azzurra paga queste rate con l’attività residua di 3 negozi rimasti aperti (ha ridotto costi e puntato sull’online).
- Tributi locali: per la TARI, l’azienda tratta col Comune: propone di pagare il 100% della tassa ma chiede la cancellazione di sanzioni e interessi. Il Comune formalmente non potrebbe stralciare, ma poiché la TARI €15k è in cartella, l’Agente Riscossione applica la “rottamazione” sugli accessori: Azzurra quindi versa solo i €15k, magari in 36 rate. Il Comune approva tacitamente.
- Esito: la composizione si chiude con un accordo stragiudiziale firmato da Azzurra, fornitori e supportato dall’esperto (art. 23 co.1 lett. a). Viene pubblicato. I benefici fiscali: i fornitori deducono la parte di credito tagliata e non pagano IVA su quella, l’azienda non tassa la sopravvenienza di €90k che i fornitori le hanno abbuonato (60%). Azzurra riesce a ripartire: meno negozi ma più efficienti, e un carico di debiti ridotto del 60% verso privati e con piani sostenibili verso Fisco/Comune (ca. €1.000/mese totali di esborso, considerato anche la TARI).
In questo esempio, vediamo come la flessibilità negoziale unita alle misure premiali consente di salvare un’impresa commerciale che altrimenti sarebbe stata strangolata dai debiti. Importante sottolineare che, per i piccoli commercianti, la composizione negoziata è accessibile anche se sotto-soglia e senza organo di controllo. È uno strumento nuovo per queste realtà, diverso dalla vecchia liquidazione del sovraindebitato (che era liquidatoria). Ora un piccolo imprenditore commerciale può, con l’aiuto dell’esperto, convincere Fisco e fornitori a venirgli incontro prima che sia troppo tardi. Questo concetto di pre-insolvency è la chiave: in settori come commercio e ristorazione, dove la crisi può peggiorare rapidamente, muoversi per tempo con la composizione è essenziale.
Settore Industria manifatturiera
Caratteristiche e natura dei debiti: L’industria manifatturiera (pmi industriali) spesso ha bilanci più complessi, con debiti bancari ingenti, esposizioni estere, magazzino, etc. Le crisi industriali possono generare grandi perdite fiscali (che poi diventano crediti d’imposta potenziali) ma anche debiti IVA elevati se la produzione è invenduta, e ritardi contributivi se ci sono molti dipendenti messi magari in cassa integrazione straordinaria. Inoltre, molte imprese industriali usufruiscono di crediti d’imposta (innovazione, ricerca) e potrebbero avere contenziosi fiscali. Nel Codice della Crisi, per imprese più strutturate, la composizione negoziata è spesso un preludio a un accordo di ristrutturazione o concordato in continuità. I benefici premiali e la transazione fiscale possono essere determinanti per costruire la classe di crediti erariali in un eventuale concordato.
Benefici premiali per l’industria:
- Interessi legali su debiti rilevanti: Se un’industria ha, ad esempio, €1 milione di debiti fiscali che rimangono sospesi 6-8 mesi in attesa di accordo, pagare interessi al 2-5% invece che al 6-8% risparmia migliaia di euro. Non solo: riduce l’esposizione, e migliora la cassa durante i negoziati.
- Taglio 50% sanzioni su cartelle pregresse: Spesso aziende industriali hanno rateizzazioni decadute di Equitalia, piene di sanzioni. Con il successo della composizione, quelle sanzioni si dimezzano. Ad esempio, debito previdenziale su TFR e cartelle INAIL con sanzioni pesanti: dimezzarle può far rientrare quella posizione nei margini di fattibilità.
- Transazione fiscale per ottenere voto favorevole: In un accordo di ristrutturazione, convincere il Fisco a votare sì è essenziale. Con la transazione fiscale “in composizione”, l’azienda può arrivare all’omologazione già con l’Erario consenziente e vincolato all’accordo. Questo aumenta enormemente le chance di omologazione, perché uno dei creditori più problematici è già sistemato. Ad esempio, INDUSTRIAL SpA tratta con AE durante composizione: AE accetta 40% sul suo credito, e questo accordo viene poi inserito nell’accordo ex art. 57 CCII, col giudice che lo omologa sapendo che AE è d’accordo (non serve cram-down).
- Piani di rientro lunghi per equilibrare business plan: Un’industria spesso ha bisogno di tempo per invertire la rotta (nuovi investimenti, nuovi mercati). Sapere che i debiti fiscali possono essere pagati in 10 anni dà fiato al piano industriale: per 3 anni l’azienda può reinvestire in impianti invece di essere drenata dal fisco, posticipando i pagamenti sul lungo termine compatibilmente con la ripresa prevista.
Esempio pratico (simulato): TECNO Alfa S.p.A., 120 dipendenti, produce componenti meccanici. Crisi dovuta a perdita di un cliente estero e costi materie prime. Ha €2 milioni di debiti banche (garanzie su immobili aziendali), €500k debiti fornitori, €300k debiti tributari (IVA, IRES), €200k contributi INPS arretrati. Avvia composizione:
- Scopo: trovare un investitore o partner commerciale per riempire capacità produttiva.
- Misure protettive: banche sospendono azioni (anche perché garanzia MCC, ma comunque). Fornitori attendono, anche perché c’è un blocco pagamenti concordato.
- Attività dell’esperto: sollecita subito Agenzia Entrate e INPS a rilasciare certificati debiti, studia con l’azienda una bozza di piano: emergono possibili soci interessati se il debito fiscale viene ridotto.
- Transazione fiscale proposta: TECNO offre all’AE di pagare il 100% IVA e il 30% di IRES e IRAP (quest’ultime chirografarie) in quanto se andasse in liquidazione l’Erario prenderebbe forse 10%. Propone anche di pagare in 5 anni. Allegato c’è un piano con ingresso di un investitore che mette equity fresca €1M, condizionato a riduzione del debito complessivo. L’AE accetta transazione: ottiene €200k su €300k di tributi totali, con favore.
- Interventi su contributi: TECNO non può stralciare contributi, ma l’INPS vede il socio entrante come salvezza, quindi accetta di dilazionare i €200k in 5 anni (avendo garanzia del socio su 1° anno di rate). Non riduce nulla, ma almeno concorda di non opporsi all’omologazione se c’è pagamento integrale in piano (questo è cruciale: l’INPS dichiara che non farà opposizione se il piano prevede 100% contributi in x anni).
- Accordo di ristrutturazione: Grazie alla transazione fiscale e all’accordo con banche (che spostano i mutui e prendono ipoteca secondaria del socio) e fornitori (pagati 60% in 2 anni con garanzie), TECNO confeziona un accordo di ristrutturazione ex art. 57 CCII con adesione del 75% dei creditori. Il tribunale, vista l’adesione delle Entrate (transazione) e il silenzio-assenso INPS, omologa l’accordo.
- Benefici premiali consolidati: Poiché l’esito è un ADR omologato, scatta il dimezzamento di eventuali sanzioni su debiti pregressi (poche, ma c’erano su IRAP – dimezzate); gli interessi maturati durante i 6 mesi di trattativa erano già ridotti al legale, quindi ok. Infine, la pubblicazione dell’accordo omologato attiva la neutralità fiscale: il socio nuovo che copre debiti vede eventuali rinunce come non tassate per TECNO.
- Risultato: TECNO ottiene nuova finanza, riduce il debito fiscale di ~€100k (grazie a transazione) e di altri ~€40k sanzioni, diluisce il resto. Ritorna competitiva con minor indebitamento. I posti di lavoro salvati, i creditori pubblici prenderanno più che in fallimento e l’industria prosegue.
Questo esempio mette in luce che, per imprese industriali più grandi, la composizione negoziata è spesso un preludio a un accordo complesso dove tutti gli attori (banche, soci, Fisco, INPS, fornitori) devono fare la loro parte. Le misure premiali fiscali e la transazione sono leve cruciali per convincere nuovi investitori o banche a ristrutturare: se lo Stato è disposto a scontare e aspettare, perché non dovrebbero farlo i creditori privati?. Invertendo la prospettiva: se invece il Fisco fosse rimasto intransigente (no transazione, no sconti) l’intero castello poteva crollare per mancanza di adesioni.
Settore Ristorazione e Pubblici Esercizi
Caratteristiche e natura dei debiti: La ristorazione (bar, ristoranti, catering) è stata duramente colpita da Covid e restrizioni. Molte attività hanno accumulato debiti fiscali per le imposte sospese durante l’emergenza (i vari “riparti” di IVA e ritenute rinviate e poi non pagate) e debiti con i proprietari dei locali per affitti arretrati. Essendo spesso ditte individuali o piccole società, le crisi di ristorazione rientravano nel sovraindebitamento. Con la composizione negoziata sotto-soglia, anche un ristoratore può tentare un risanamento assistito. Debiti tipici: IVA sui corrispettivi (aliquota 10% cibo, 22% bevande) non versata, contributi INPS commercianti o lavoro dipendente non pagati, fornitori di cibo non pagati, utenze insolute.
Benefici premiali per la ristorazione:
- Rottamazione cartelle COVID: Molti ristoratori hanno cartelle per contributi 2020-21 non versati e tasse sospese. In composizione possono replicare la logica della Definizione Agevolata: pagare solo il capitale magari in 5 anni, con sconto totale di sanzioni e interessi. Lo Stato ha già concesso rottamazioni generali, ma se uno ne è decaduto, qui ha una seconda chance.
- Riduzione sanzioni su avvisi bonari: Alcuni avranno ricevuto avvisi bonari per 2020 (D.L. Rilancio prevedeva rateazioni poi decadute). Se il termine di pagamento cade in composizione, le sanzioni da 10% ridotte a 3% (minimo). Piccola cosa, ma utile.
- Dilazione e mini rate: Un ristorantino con €50k di debiti fiscali totali (es. IVA+INPS) col 10 anni paga €416/mese, forse l’equivalente di 3 tavoli di clienti, quindi fattibile. Senza, avrebbe dovuto sborsare magari €2-3k/mese, impossibile in fase di ripresa.
- Esonero sanzioni penali: Non è oggetto fiscale, ma va menzionato che il D.Lgs 14/2019 prevede esonero da alcune responsabilità penali per l’imprenditore che attiva tempestivamente strumenti di composizione negoziata. Ad esempio, potrebbe evitarsi la punibilità per alcuni reati minori legati al fallimento se poi c’è concordato. Questo incentivo penalistico (ex art. 25-sexiesdecies CCII) può essere un’ulteriore spinta. Nel contesto della ristorazione, se un imprenditore aveva fatto qualche indebita alienazione, può giovare di attenuanti. Ma torniamo al fisco.
Esempio pratico (simulato): TRATTORIA Bella Italia SNC, 1 locale a conduzione familiare. Post Covid, ha €30k di debiti d’affitto, €20k di IVA 2020 non versata, €10k di INPS commercianti (soci) non pagata, €15k di bollette arretrate. I fornitori li hanno tenuti in vita con dilazioni informali. Attivano composizione:
- Misure protettive: convincere il proprietario locale a non sfrattarli. Con l’esperto mediano: il proprietario sta per ottenere titolo esecutivo ma con misure protettive viene sospeso. Questo salva l’attività.
- Negoziazioni: Il proprietario acconsente a ridurre il debito affitti del 50% se pagato in 12 mesi (preferisce il 50% che un locale sfittato). I fornitori accettano di prolungare di 6 mesi i pagamenti futuri in cambio di impegno a restare fornitori esclusivi.
- Fisco: la trattoria aderisce alla definizione di alcune cartelle (se c’erano). Se decaduta, ora propone: paga l’IVA €20k in 5 anni e chiede zero sanzioni. L’Agenzia dice: ok niente sanzioni (3k potenziali), interessi al minimo, e come transazione li mette in coda al piano. Dato il piccolo importo, questa quasi si configura come normale rateazione, ma avviene sotto l’ombrello protettivo (nessuno ipoteca).
- INPS: gli €10k contributi vengono rateizzati in 5 anni (minimo ~€167/mese). L’INPS di per sé glieli concederebbe anche fuori, ma qui con l’esperto che certifica lo stato, subito approvano.
- Esito: accordo con creditore privato (affitti) e i fornitori, affiancato da piani con enti. La composizione genera un “contratto” ex art. 23 co.1 lett. a che include anche la quietanza ridotta dell’affittante. Viene pubblicato. Benefici: risparmio di €15k affitti, €3k sanzioni, e può rimanere nel locale. In 5 anni pagando ~€500/mese tra fisco e affitto arretrato rientra. Continuità salva, clientela torna.
- Nota: qui magari non c’è stato neanche bisogno di transazione formale data la piccolezza – l’Agenzia poteva semplicemente rateizzare, ma se c’erano pendenze di accertamenti per ricavi omessi (capita nelle trattorie), avrebbero potuto transare anche quelli al 30% se l’incasso reale era quello.
Questo esempio dimostra che anche per micro-imprese la composizione negoziata, pur con costi da valutare (l’esperto va compensato, sebbene per imprese minori vi siano tariffe calmierate art. 25-ter CCII), può costituire una valida via di salvezza. Nel 2023-2024 alcune Camere di Commercio hanno riportato casi reali di piccole attività (bar, negozi) salvate dalla composizione. Il successo risiede nella flessibilità: creditori locali (come il proprietario dei muri) spesso preferiscono un accordo moderato che l’incertezza di uno sfratto e di un fallimento. Le misure fiscali premiali rendono il piano più sostenibile e “ingiustamente indulgente” con l’imprenditore onesto che cerca di risollevarsi: tolgono quel carico di sanzioni e interessi che, in questi casi emotivi, appare anche socialmente giusto azzerare per dare una seconda chance.
Considerazioni settoriali conclusive: In generale, gli esempi mostrano che:
- Nei settori ad alta manodopera (edilizia, industria con molti dipendenti), il nodo critico sono i contributi e il DURC. La composizione offre strumenti per diluire e tempo per regolarizzare, ma mancano strumenti di riduzione del capitale dovuto. Ci si affida a dilazioni e intervento di giudici (es. Trib Milano su DURC).
- Nei settori commerciali e servizi, il problema sono più i debiti tributari e locativi. Qui le misure premiali fiscali e la transazione fiscale hanno pieno effetto, mentre la componente contributiva è minore.
- Per tutti, il fattore comune è il tempo: la composizione negoziata con misure protettive e dilazioni concede tempo all’impresa per riprendersi e riorganizzarsi, e i creditori pubblici riducono il costo del tempo (non caricando interessi/sanzioni esosi). Il tempo è spesso ciò che fa la differenza tra un risanamento e un fallimento precipitato.
- Ogni settore ha poi normative specifiche (ad es. edilizia: la cassa edile, l’IVS; commercio: licenze e concessioni; industria: autorizzazioni ambientali in caso di concordato, etc.) che non rientrano in questa guida, ma la flessibilità contrattuale della composizione consente di modulare soluzioni ad hoc.
Concludiamo ora la guida con due sezioni finali: una raccolta di Domande Frequenti (FAQ) che riassumono i dubbi più comuni su misure premiali e composizione negoziata, e la sezione di riferimenti normativi e bibliografia con tutte le fonti utilizzate.
Domande Frequenti (FAQ)
D: Chi può accedere alla composizione negoziata della crisi?
R: Possono accedere tutti gli imprenditori commerciali e agricoli, di qualsiasi dimensione, purché in condizioni di squilibrio economico-finanziario tali da far prevedere una crisi o insolvenza. Non vi sono soglie minime: anche le piccole imprese “sotto soglia” (attivo ≤ €300k, ricavi ≤ €200k, debiti ≤ €500k) possono utilizzare la composizione negoziata. È escluso l’imprenditore civile (consumatore) che resta sotto il regime del sovraindebitamento. È richiesto che vi sia una prospettiva ragionevole di risanamento: l’imprenditore deve cioè intravedere possibili soluzioni (accordi, finanziatori, riorganizzazioni) per superare la crisi. Non può accedere chi è già in liquidazione giudiziale (fallimento), né chi ha pendente un concordato preventivo o un accordo di ristrutturazione già omologato (sono cause di inammissibilità). Invece, è possibile accedere se si è in liquidazione volontaria (ci sono state modifiche normative per consentirlo). In sintesi, la composizione è preventiva rispetto alle procedure concorsuali tradizionali.
D: Quali vantaggi fiscali ottiene l’imprenditore che intraprende la composizione negoziata?
R: I vantaggi fiscali – le cosiddette misure premiali fiscali – si possono riassumere così:
- Interessi agevolati: durante la procedura, gli interessi sui debiti tributari maturano al solo tasso legale (molto inferiore ai tassi di mora ordinari).
- Sanzioni ridotte: le sanzioni tributarie oggetto di atti notificati in pendenza della composizione sono applicate nella misura minima edittale prevista. Inoltre, se la composizione ha esito positivo con un accordo di risanamento o concordato, le sanzioni (e gli interessi) già maturati su debiti fiscali pregressi vengono ridotti del 50%.
- Rateazioni straordinarie: è possibile ottenere dall’Agenzia delle Entrate un piano di pagamento dilazionato fino a 120 rate mensili (10 anni) per i debiti fiscali non ancora in cartella. In pratica, un’estensione ben oltre le dilazioni ordinarie.
- Benefici contabili/fiscali: le riduzioni dei debiti ottenute tramite l’accordo non generano reddito tassabile (no sopravvenienze attive) e i creditori possono dedurre le perdite e recuperare l’IVA sui crediti non incassati.
- Protezione e tempo: aggiungo che, pur non essendo un “vantaggio fiscale” in senso stretto, le misure protettive sospendono le azioni esecutive del Fisco (fermi amministrativi, pignoramenti, ipoteche) e degli altri creditori per la durata delle trattative. Questo consente all’impresa di negoziare senza l’acqua alla gola di un’esecuzione imminente.
In sostanza, l’impresa in composizione negoziata gode di una sorta di “scudo fiscale temporaneo”, con costi ridotti (interessi/sanzioni) e piani di rientro più lunghi, come premio per il tentativo di risanamento.
D: In che cosa consiste la “transazione fiscale” introdotta nel 2024 e come differisce dalle misure premiali automatiche?
R: La transazione fiscale nella composizione negoziata (art. 23 co.2-bis CCII) è la possibilità per l’imprenditore di negoziare un accordo vero e proprio con il Fisco riguardante il pagamento parziale dei debiti tributari. In pratica, l’impresa propone all’Agenzia delle Entrate di accettare una certa percentuale di pagamento delle imposte dovute (e/o una certa dilazione) in considerazione della crisi; l’Agenzia valuta la convenienza rispetto ad un eventuale fallimento e può aderire. Se c’è accordo, viene formalizzato e sottoposto al tribunale per l’autorizzazione. Differenze rispetto alle misure premiali:
- Le misure premiali (riduzione interessi/sanzioni, 120 rate) operano automaticamente per legge al ricorrere dei presupposti; la transazione fiscale invece è discrezionale e negoziata: richiede l’accordo dell’Agenzia Entrate su un piano di pagamento ridotto.
- Le misure premiali non toccano il capitale delle imposte dovute (lo Stato non rinuncia a tasse, solo a sanzioni/interessi in parte); con la transazione fiscale invece lo Stato può rinunciare a una quota di imposta (ad es. accettare il 50% del credito tributario).
- La transazione fiscale richiede un controllo del giudice che ne autorizza l’esecuzione, mentre le misure premiali non hanno bisogno di omologazione (sono previste ex lege).
- Infine, le misure premiali erano già in vigore dal 2021/2022; la transazione fiscale è novità del correttivo 2024, quindi ancora in fase di prime applicazioni e non obbligatoria: se l’imprenditore non vuole (o l’Agenzia non aderisce), si può comunque procedere senza, beneficiando solo delle misure premiali standard.
In breve: le misure premiali automatiche abbassano oneri accessori e allungano i tempi, la transazione fiscale permette di ridurre l’ammontare stesso delle imposte da pagare, previo accordo col Fisco. Le due cose possono coesistere: ad esempio, si può transare sul 70% del capitale e poi su quel 70% applicare tasso legale e 120 rate.
D: L’adesione alla composizione negoziata sospende le scadenze fiscali o blocca i pagamenti dovuti?
R: Non automaticamente. La presentazione dell’istanza di composizione non sospende di per sé le scadenze di pagamento di imposte correnti (IVA, ritenute, contributi). L’imprenditore dovrebbe continuare, se possibile, a pagare il corrente per non aggravare la posizione. Tuttavia, ciò che la composizione consente è di chiedere al tribunale misure protettive che impediscono ai creditori di avviare o proseguire azioni esecutive o cautelari. Questo significa che, se non si pagano alcune scadenze, l’Agente della Riscossione non può iscrivere fermi o ipoteche o pignorare durante il periodo protetto. Inoltre, l’impresa può chiedere al giudice misure cautelari specifiche, ad esempio l’autorizzazione a sospendere temporaneamente determinati pagamenti (come canoni di leasing, finanziamenti) se funzionale alle trattative – ciò è previsto dall’art. 20 co.3 CCII. Quindi, le azioni di recupero forzoso del Fisco vengono congelate, ma l’obbligo di pagamento in sé rimane. In molti casi, però, l’Agenzia Entrate-Riscossione, informata della composizione, congela volontariamente l’emissione di nuove cartelle o la notifica di intimazioni, in attesa dell’esito. Per dirla semplice: se ho un versamento IVA il 16 del mese, dovrei farlo; se non lo faccio, grazie alla composizione il Fisco non mi aggredisce subito, ma quel debito confluirà tra quelli da trattare nell’accordo finale (con relativi interessi legali e sanzioni minime, come visto). Una volta ottenute le misure protettive dal tribunale, tutte le azioni esecutive e cautelari dei creditori (incluso il Fisco) restano sospese per la durata autorizzata (fino a 120 + 120 giorni), ma attenzione: gli obblighi fiscali “di fare” restano (ad es. presentare dichiarazioni, emettere fatture, versare ritenute). Se non li ottempero, potrò sempre includere quei debiti non versati nell’accordo, ma potrei incorrere in violazioni (sanabili nell’accordo stesso magari).
D: Cosa succede ai debiti verso l’INPS (contributi previdenziali) nella composizione negoziata? Possono essere falcidiati?
R: I debiti contributivi verso l’INPS (così come quelli verso INAIL) non possono essere falcidiati tramite un accordo di composizione negoziata. Purtroppo la legge non ha previsto una “transazione contributiva” analoga a quella fiscale: l’INPS, in sede di composizione, non è autorizzato a accettare un pagamento inferiore al 100% del dovuto. Dunque, l’impresa deve prevedere di pagare integralmente i contributi arretrati, seppur con possibili dilazioni. Quello che l’INPS può fare è:
- rilasciare il certificato dei debiti (necessario per l’istanza iniziale) e partecipare alle trattative;
- concedere dilazioni di pagamento sui contributi arretrati, generalmente fino a 6 anni (72 rate) come da normativa ordinaria;
- astenersi temporaneamente da azioni esecutive (pignoramenti, ecc.) durante le trattative, soprattutto se l’impresa paga regolarmente i nuovi contributi.
Ma non potrà, ad esempio, acconsentire a uno stralcio del 50% dei contributi dovuti – ciò è vietato perché i contributi sono considerati indisponibili se non nelle procedure concorsuali con precise condizioni. Anche nell’eventuale concordato preventivo, i contributi previdenziali con privilegio devono essere pagati al 100% (salvo forse quelli chirografari con percentuale minima di legge). Quindi, in composizione nessun taglio di capitale contributivo.
In sintesi: l’INPS resta un creditore “forte” che vuole tutto, ma può darti più tempo. E se l’impresa riesce a eseguire un buon piano, otterrà anche il DURC regolare (magari con l’ausilio di un’ordinanza del tribunale, come avvenuto a Milano). Un suggerimento pratico: includere sempre nel piano di composizione il pagamento integrale dei contributi dipendenti (che sono privilegiatissimi), perché altrimenti l’INPS quasi certamente si opporrà a qualsiasi soluzione.
D: Se la composizione negoziata fallisce o se l’impresa fallisce dopo aver concluso un accordo, cosa accade alle agevolazioni fiscali fruite?
R: Se la composizione non porta ad alcun accordo e si chiude con esito negativo, di per sé l’impresa non ha fruito di agevolazioni “definitive”: durante la procedura aveva interessi ridotti e protezione, ma in assenza di accordo finale quei benefici cessano e tutti i debiti fiscali tornano immediatamente esigibili con i normali interessi/sanzioni. Più delicato è il caso in cui la composizione si chiude con un accordo o un piano, ma successivamente l’impresa va comunque in default (liquidazione giudiziale). In tal caso scatta la decadenza dai benefici premiali prevista dall’art. 25-bis co.6 CCII: gli interessi e le sanzioni “scontati” tornano dovuti per intero. In pratica:
- Gli interessi che erano stati calcolati al tasso legale durante la procedura vanno rideterminati al tasso ordinario e il Fisco li reclama nel fallimento.
- Le sanzioni che erano state ridotte al minimo o dimezzate tornano alla misura piena originaria (il Fisco nel passivo del fallimento insinuerà l’importo intero).
- Se c’era una rateazione straordinaria concessa, l’impresa decade e il residuo debito fiscale diventa immediatamente esigibile.
In sostanza, i “premi” vengono revocati e lo Stato si rimette in una posizione di diritto come se l’agevolazione non ci fosse mai stata. Esempio: Tizio in composizione aveva maturato €5.000 di interessi ma ne aveva pagati €2.000 al legale; se fallisce dopo 1 anno, nel fallimento l’Agenzia chiederà i €3.000 differenziali come credito. Oppure Caio aveva dimezzato sanzioni da €10k a €5k: se poi fallisce, quei €5k non pagati tornano in gioco. Ovviamente, se l’impresa nel frattempo ha pagato qualcosa in meno (grazie agli sconti), lo Stato resterà creditore della differenza.
È anche previsto che se l’accordo concluso in composizione viene risolto perché l’impresa non lo rispetta, l’accordo fiscale diventa inefficace e il Fisco rientra per l’intero (questo più sul fronte transazione fiscale).
In sintesi: i benefici premiali sono confermati solo per chi riesce davvero a risanarsi e a stare fuori dall’insolvenza. Se invece entro breve tempo si finisce in procedura concorsuale liquidatoria, il Fisco “si riprende” ciò a cui aveva temporaneamente rinunciato. Questa previsione serve a evitare abusi e a incoraggiare l’impresa a proseguire nel risanamento almeno per un certo periodo dopo l’accordo. Nella prassi, due anni di tenuta post-composizione sono considerati un buon indice di successo (come accennato in dottrina).
D: L’esperto indipendente nominato nella composizione negoziata può essere lo stesso professionista che poi attesta il piano di risanamento o la transazione fiscale?
R: Su questo punto c’è dibattito. La normativa (art. 23 co.2-bis e art. 25-bis) non esclude espressamente che l’esperto possa redigere attestazioni o relazioni richieste nella procedura, ma molti ritengono opportuno che siano soggetti distinti, per questione di imparzialità e ruoli. L’esperto è un mediatore, non un consulente dell’imprenditore: quindi, ad esempio, l’attestazione della convenienza della proposta di transazione fiscale per il Fisco è bene che sia rilasciata da un professionista terzo (es. un commercialista diverso). In realtà in imprese piccole spesso è l’esperto stesso, di concerto con l’imprenditore, a preparare le basi del piano e magari sottoscrivere una relazione asseverativa. La prassi in via di formazione dirà l’ultima parola. L’importante è rispettare i requisiti di legge: per un accordo di ristrutturazione serve l’attestazione di un professionista indipendente ai sensi art. 56 CCII (non può essere parte in conflitto); per la transazione fiscale il comma 2-bis cita attestazioni sulla regolarità e convenienza. Nulla vieta formalmente che l’esperto, se ha i titoli (es. è iscritto a albo gestione crisi), faccia anche da attestatore, ma attenzione che il tribunale potrebbe storcere il naso per un possibile conflitto di interessi. In conclusione, è consigliabile coinvolgere un attestatore distinto almeno per i documenti chiave (piano attestato, relazione ex art. 48 in caso di cram-down, ecc.), mantenendo l’esperto nel suo ruolo di facilitatore e certificatore della difficoltà (firma istanza rateazione, ecc.).
D: La composizione negoziata comporta dei costi? Come viene pagato l’esperto indipendente?
R: L’esperto ha diritto a un compenso determinato secondo i criteri stabiliti dal decreto dirigenziale attuativo (che prevede scaglioni in base all’attivo e all’esito) e comunque vigilato dal Ministero. L’art. 25-ter CCII prevede che il compenso dell’esperto è a carico dell’imprenditore, salvo il caso in cui la Camera di Commercio riconosca un contributo pubblico (per le piccolissime imprese era stato istituito un Fondo ad hoc per coprire compensi, bisogna verificare dotazioni attuali). I costi dipendono dalla dimensione azienda: per PMI semplici possono aggirarsi su qualche migliaio di euro, per aziende grandi anche decine di migliaia. Ci sono poi eventuali consulenze aggiuntive (avvocato per accordi, attestatore per piano) che sono a carico dell’impresa. La procedura non è gratuita, ma certamente meno onerosa di un concordato preventivo. Inoltre, se l’esito è negativo e non per colpa dell’imprenditore, l’esperto può chiedere solo rimborso spese vive (quindi niente compenso pieno). Diciamo che c’è uno sforzo di contenere i costi.
D: Come si riflette la composizione negoziata sui crediti fornitori o bancari? Questi creditori devono subire gli effetti delle misure premiali?
R: I creditori privati (fornitori, banche) non sono direttamente incisi dalle misure premiali fiscali – quelle riguardano il rapporto Fisco/debitore. Però, indirettamente, se la composizione va a buon fine con un accordo che coinvolge tutti, anche i fornitori e le banche ne beneficiano perché l’azienda torna sostenibile. Inoltre, come evidenziato, grazie all’art. 25-bis comma 5 i creditori che rinunciano a parte dei crediti hanno vantaggi fiscali: possono dedurre subito le perdite su crediti e recuperare l’IVA sulle fatture non incassate. Questo è un elemento molto importante da comunicare ai fornitori in sede di trattativa: “Caro fornitore, se accetti il 70% e mi abbuoni il 30%, sappi che quella perdita te la deduci e l’IVA sul 30% la recuperi con nota di credito – quindi in tasca la rinuncia effettiva è un po’ meno pesante”. Quindi i privati ottengono benefici “fiscali” solo attraverso la neutralità fiscale generale dell’accordo. Inoltre, se c’è un nuovo finanziatore che eroga credito durante la composizione (o in vista del concordato), la legge gli riconosce la prededuzione se la composizione sfocia in concordato o accordo omologato (art. 25-sexies CCII): anche questo non è un beneficio fiscale ma civilistico, rilevante per le banche. In poche parole: i creditori diversi dal Fisco non subiscono riduzioni imposte (a differenza di procedure concorsuali, qui non c’è cram-down sui fornitori), partecipano su base volontaria agli accordi e vengono incentivati dalla cornice fiscale neutrale (nessun aggravio fiscale sulle perdite che subiscono). Se però l’azienda poi fallisce, anche per i fornitori l’accordo stragiudiziale non omologato non ha efficacia concorsuale, ma la perdita se la erano già dedotta.
D: In caso di esito negativo, l’esperto può attivare il concordato semplificato per liquidazione? Cosa comporta ai fini fiscali?
R: Sì, se la composizione negoziata fallisce e l’esperto nella relazione finale attesta che non sono praticabili soluzioni di risanamento diverse dalla liquidazione, l’imprenditore può presentare entro 60 giorni ricorso per il concordato semplificato liquidatorio (art. 25-sexies CCII). Si tratta di una procedura di sola liquidazione dei beni, senza voto dei creditori, approvata dal tribunale. In tal caso, essendo una liquidazione concorsuale, non si applicano le misure premiali: anzi, espressamente l’art. 25-bis co.6 dice che se si passa a liquidazione controllata/giudiziale, niente riduzioni. Quindi i debiti fiscali e contributivi vanno trattati come in un fallimento: privilegiati da pagare per intero sul realizzo, chirografari percentuale di riparto. Il concordato semplificato è molto nuovo (introdotto nel 2021) e poco utilizzato; di solito si preferisce trovare soluzioni concordate, ma è un’extrema ratio. In sintesi, se finisci in concordato semplificato liquidatorio, addio premi: il Fisco e l’INPS torneranno a pretendere il dovuto come in fallimento, e i crediti anteriori (iva, irpef) che non vengono soddisfatti potranno generare note di credito IVA per i fornitori (perché a quel punto c’è procedura concorsuale). Diciamo che è uno scenario di resa, dove i benefici premiali perduti sono l’ultimo dei problemi (c’è la cessazione dell’attività e la vendita dei beni).
Riferimenti normativi e fonti
- D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) – Articoli rilevanti: art. 17-25-quinquies (Composizione negoziata della crisi); art. 23 comma 2-bis (Transazione fiscale nella composizione – introdotto da D.Lgs. 136/2024); art. 25-bis (Misure premiali); art. 25-ter (Compenso esperto); art. 25-sexies (Concordato semplificato liquidatorio); art. 48 comma 5 (cram-down fiscale negli accordi); art. 63 (Transazione fiscale e contributiva negli accordi e concordati) – G.U. 14/02/2019 n. 38.
- D.L. 24 agosto 2021 n. 118, conv. in L. 147/2021 – Introduzione in via anticipata della composizione negoziata della crisi; art. 2 (istituto composizione negoziata), art. 6-11 (piattaforma, test pratico), art. 14 (misure premiali fiscali, poi trasfuse in art. 25-bis CCII), art. 15 (segnalazioni obbligatorie dei creditori pubblici), art. 18 (concordato semplificato) – G.U. 24/08/2021 n. 202.
- D.Lgs. 17 giugno 2022 n. 83 – Adeguamento del CCII alla direttiva UE 2019/1023; integrazione composizione negoziata nel CCII. Ha inserito nel Codice gli artt. 17-25-quinquies (prima la comp. negoziata era extra codicem). G.U. 01/07/2022 n. 152.
- D.Lgs. 13 ottobre 2022 n. 149 – Secondo correttivo CCII (riforma Cartabia processo civile). Ha modificato alcuni termini e aspetti procedurali (es. esteso accesso a imprese agricole; chiarito condizioni di accesso art. 12 CCII). G.U. 17/10/2022 n. 243.
- D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136 – Terzo correttivo CCII (“correttivo-ter”). Principali novità: introduzione art. 23 comma 2-bis CCII (transazione fiscale in composizione); potenziamento misure premiali (modifiche art. 25-bis: 120 rate, estensione art. 26 DPR 633/72); modifiche art. 16 co.6 e 21 co.4 CCII su transazioni contributive in concordati/accordi (INPS); innalzamento soglie cram-down fiscale (art. 48 CCII). G.U. 29/09/2024 n. 228.
- D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, art. 19 – Disciplina generale delle rateazioni dei debiti iscritti a ruolo. Richiamato dall’art. 25-bis co.4 CCII per procedure composizione (firma esperto come prova difficoltà).
- D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 26 comma 3-bis – Norma IVA sulle variazioni in diminuzione in caso di procedure di composizione negoziata (introdotta dal D.Lgs. 83/2022).
- Messaggio INPS n. 4696 del 28-12-2021 – Istruzioni su certificazione debiti contributivi ex art. 363 CCII per la composizione negoziata. Introduzione servizio online “VE.RA.” per richiesta certificato.
- Circolare INPS n. 70 del 26-07-2023 – Chiarimenti su gestione contributi in concordati preventivi e accordi di ristrutturazione (post D.Lgs. 83/2022). Ribadisce obbligo integrale pagamento contributi privilegiati; competenze decisionali INPS su proposte di transazione contributiva nelle procedure giudiziali. [In parte rilevante per raccordo con composizione].
- Messaggio INPS n. 3553 del 25-10-2024 – Adeguamento organizzativo INPS post correttivo-ter: trasferimento competenza decisione transazioni contributive ai Direttori regionali; collaborazione con Avvocatura su opposizioni omologa ecc.
- Tribunale di Milano – ordinanza 24 gennaio 2025 – Causa: richiesta di rilascio DURC in composizione negoziata. Decisione: il tribunale non può ordinare all’INPS di rilasciare DURC (manca base legale) ma accerta la sussistenza dei presupposti legali per il rilascio. In pratica riconosce che l’impresa, essendo in composizione e adempiente al piano dei contributi correnti, merita DURC. Fonte: Trib. Milano, Decreto 24.1.2025 (est. V. Vasile), riportato su Ius Crisi d’Impresa, 31/01/2025.
- Linee guida Tribunale di Livorno 2023 (menzione in dottrina) – Indicano la possibilità di presentare immediatamente proposta di transazione fiscale in composizione e invitano a corredarla di attestazione di convenienza.
- Sentenza Tribunale di Roma n. 327/2025 (15 febbraio 2025) – Ha chiarito durata massima misure protettive (12 mesi) in concordato semplificato, con riferimento anche alla proroga composizione negoziata. Indirettamente conferma interpretazione che misure protettive composizione non oltre 240 gg.
- Codice Penale, art. 236-bis – (Introdotto dal CCII) Esclusione punibilità per bancarotta semplice in caso di tempestiva composizione negoziata. (riferimento extra, non citato sopra ma rilevante per misure premiali non fiscali).
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