Hai ricevuto un avviso di accertamento, una cartella esattoriale o un atto dell’Agenzia delle Entrate che ritieni ingiusto?
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in ricorsi tributari e difesa fiscale – è pensata per aiutarti a presentare ricorso alla Commissione Tributaria nel modo corretto, entro i termini previsti e con reali possibilità di successo.
Scopri quando puoi impugnare un atto fiscale, come si struttura un ricorso, quali documenti servono, quali sono i termini da rispettare e quali errori evitare per non compromettere la tua difesa.
Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata, valutare il tuo caso insieme a un avvocato specializzato e preparare una strategia efficace per far valere i tuoi diritti contro il Fisco.
Introduzione:
Il costo di un ricorso alla Commissione Tributaria varia in funzione di diversi fattori, tra cui il valore della controversia, la complessità della difesa, l’eventuale necessità di assistenza tecnica e la durata del procedimento. Il primo costo fisso e obbligatorio è il contributo unificato tributario, ossia la tassa che deve essere versata per poter iscrivere a ruolo il ricorso. L’importo di questo contributo è stabilito in base al valore della lite, che corrisponde all’imposta contestata al netto di sanzioni e interessi, secondo quanto riportato nell’atto impugnato.
Per controversie fino a 2.582,28 euro il contributo è di 30 euro, tra 2.582,29 e 5.000 euro è di 60 euro, tra 5.000,01 e 25.000 euro è di 120 euro, tra 25.000,01 e 75.000 euro è di 250 euro, tra 75.000,01 e 200.000 euro è di 500 euro, e oltre 200.000 euro è di 1.500 euro. Il versamento deve essere effettuato tramite modello F23 o F24, con indicazione del codice tributo e della causale, e la ricevuta va allegata al ricorso. A questo si aggiungono le spese vive, come le marche da bollo per eventuali copie conformi, i costi di notifica del ricorso (se effettuata tramite ufficiale giudiziario o posta), e le spese per visure o documentazione da allegare. Un altro elemento da considerare è il compenso per l’assistenza professionale, obbligatoria in tutti i casi in cui la controversia supera i 3.000 euro, a meno che il contribuente non sia un professionista abilitato.
Il costo per l’avvocato tributarista, il commercialista o il consulente abilitato varia in base alla complessità della pratica, al valore della lite e alla fase processuale, ma mediamente oscilla tra 1.000 e 5.000 euro per il primo grado, con picchi più elevati in caso di liti complesse o assistenza continuativa. Alcuni professionisti applicano tariffe a forfait, altri in percentuale sul valore della causa, e in alcuni casi è possibile concordare compensi parametrati al risultato, con quote fisse e variabili. È inoltre possibile, in caso di reddito basso e requisiti previsti dalla legge, accedere al patrocinio a spese dello Stato, che consente di farsi assistere gratuitamente da un avvocato iscritto in appositi elenchi, con oneri a carico dell’erario.
Per accedere a tale beneficio il reddito imponibile del richiedente non deve superare un limite fissato annualmente (poco oltre i 12.000 euro). Va tenuto presente anche il rischio di condanna alle spese: se il contribuente perde il ricorso, può essere condannato al pagamento delle spese legali sostenute dall’Agenzia delle Entrate, quantificate dal giudice secondo i parametri ministeriali. In caso di soccombenza reciproca o di lite complessa, il giudice può anche compensare le spese tra le parti.
È infine importante ricordare che il ricorso alla Commissione Tributaria può terminare anche con una conciliazione giudiziale, che permette una riduzione delle sanzioni e delle spese, e con la possibilità di definizione agevolata in caso di norme speciali (come la pace fiscale), che spesso prevedono anche l’azzeramento delle spese di giudizio. In conclusione, il costo di un ricorso tributario dipende dal valore della controversia, dalle modalità di difesa adottate, dal coinvolgimento di professionisti e dal tipo di definizione scelta. Una corretta pianificazione economica e processuale, fin dall’inizio, consente di contenere le spese e aumentare le possibilità di successo.
Voce di Costo | Importo indicativo (€) | Descrizione sintetica |
---|---|---|
Contributo unificato tributario | 30 – 1.500 | Tassa d’iscrizione al ruolo in base al valore della lite |
Spese vive (notifiche, marche, visure) | 50 – 150 | Costi per atti, copie, raccomandate, bolli, documentazione allegata |
Compenso per professionista abilitato | 1.000 – 5.000+ | Onorari per redazione ricorso, udienza, memorie, assistenza legale |
Patrocinio a spese dello Stato | 0 (se ammessi) | Gratuito per soggetti con basso reddito e requisiti previsti dalla normativa |
Rischio condanna alle spese | Variabile | Se soccombente, il contribuente può dover pagare le spese della controparte |
Risparmio da conciliazione o definizione agevolata | -20% / -50% (su sanzioni e interessi) | Soluzioni alternative che riducono il costo complessivo della controversia |
Ma andiamo ora ad approfondire:
1. Il contributo unificato tributario (CUT)
Il contributo unificato tributario (CUT) è il tributo dovuto all’erario per il deposito del ricorso davanti alla CTP o alla CTR. La disciplina si trova nel DPR 115/2002 (Testo Unico sulle spese di giustizia), art. 12-14, modificato dalla L. 147/2013 (Legge di Stabilità 2014) e successive norme. In particolare, l’art. 14, comma 3-bis del DPR 115/2002 impone che nel ricorso sia dichiarato il valore della lite (ossia il valore dell’atto impugnato, pari all’importo del tributo, al netto di interessi e sanzioni). Il contributo è versato al momento del deposito del ricorso introduttivo.
- Calcolo del valore della lite: ai sensi dell’art. 12 c.2 D.Lgs. 546/1992, il valore della controversia tributaria corrisponde all’importo del tributo impugnato, esclusi interessi e sanzioni. Ad esempio, in un ricorso contro una cartella di pagamento, il valore della lite è dato dagli importi iscritti a ruolo. Se più atti (es. cartelle, accertamenti) sono impugnati insieme, il valore complessivo è la somma dei tributi impugnati, salvo casi particolari (vedi ipotesi di impugnazione parziale).
- Ricorso per atto nullo (ipoteca/fermo): la Cassazione ha chiarito che se si impugna ad esempio solo l’iscrizione ipotecaria di cartelle divenute nulle per mancata notifica degli atti precedenti, il valore da considerare per il CUT è il credito tributario indicato nell’ipoteca stessa (non l’insieme delle cartelle subordinate). In base alla Direttiva Ministeriale n. 2/2012, infatti, in caso di impugnazione di fermo o ipoteca si tiene conto “esclusivamente del valore dei crediti tributari per i quali viene richiesta la misura cautelare”.
- Ricorso senza valore dichiarato: se la parte non dichiara il valore della lite nelle conclusioni del ricorso, si applicano i valori convenzionali previsti dalla legge. In tal caso, il contributo unificato è fissato in € 120,00 in primo grado (CTP) e in € 120,00 anche in appello. In Cassazione, invece, il contributo è pari a € 3.372,00. Questi importi si applicano indipendentemente dal valore effettivo della lite (art. 12 c.5, D.Lgs. 546/1992).
1.1 Importi del contributo unificato nel contenzioso tributario
Gli importi del CUT per le Commissioni Tributarie (provinciali o regionali) variano in base al valore della lite e sono stati recentemente aggiornati. Dal 1° gennaio 2023 (Legge di Bilancio 2023) sono entrati in vigore nuovi scaglioni e importi, come di seguito illustrato. In Tabella 1 si riassumono gli importi applicabili:
Fascia di valore della lite | Contributo Unificato (CTP/CTR) |
---|---|
Fino a € 2.582,28 | € 40 |
Superiore a € 2.582,28 fino a € 5.000 | € 80 |
Superiore a € 5.000 fino a € 25.000 | € 160 |
Superiore a € 25.000 fino a € 75.000 | € 333 |
Superiore a € 75.000 fino a € 200.000 | € 667 |
Superiore a € 200.000 fino a € 1.000.000 | € 2.000 |
Oltre € 1.000.000 | € 4.000 |
*Tabella 1: Contributo unificato tributario (commissioni tributarie) in base al valore della controversia, aggiornato al 2023. Fonte: DPR 115/2002, art. 13 c.6-quater (modifiche in L. Bilancio 2023).
- Aggiornamenti recenti: come si vede, gli importi sono stati aumentati rispetto alla previgente disciplina (ad es. da 30→40, 500→667, oltre €200k→2000/4000). Tali incrementi, applicabili ai ricorsi notificati dal 1°/1/2023, sono stati introdotti dalla Legge di Bilancio 2023. In precedenza, validi fino al 2022 erano i valori € 30, 60, 120, 250, 500, 1500 per le corrispondenti fasce (dati dal DPR 115/2002) e il contributo fisso €120 in caso di valore non indicato.
- Impugnazione e Cassazione: ai fini del CUT, il meccanismo di calcolo si applica sia al ricorso in primo grado (Commissione Provinciale) sia all’appello (Commissione Regionale). Tuttavia, per i gradi successivi del giudizio vi sono aumenti di legge: il D.L. 98/2011 (convertito in L. 15/2011) ha introdotto il comma 1‑bis all’art. 9 del DPR 115/2002, stabilendo che il contributo è aumentato del 50% nei giudizi di impugnazione (appello o reclamo) e raddoppiato nei ricorsi in Cassazione. In pratica, se si impugna una sentenza di CTP con valore in una certa fascia, nel ricorso in appello il contributo dovuto sarà pari al 150% di quello di primo grado; in Cassazione, al 200%. Tali incrementi sono applicati automaticamente dal sistema di calcolo del contributo.
- Pagamento del contributo: il versamento del CUT avviene attraverso un apposito bollettino (modello F24 semplificato), indicando i codici tributo e la causale per il processo tributario. Il pagamento deve essere effettuato contestualmente al deposito del ricorso (art. 13 c.1 DPR 115/2002). L’ammontare versato è vincolato all’atto introduttivo; in caso di sopravvenuto aumento del valore della lite (es. domande riconvenzionali), si deve versare il contributo integrativo corrispondente (art. 14 c.3 DPR 115/2002).
1.2 Diritto alla prenotazione a debito
Se il ricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato o è un ente pubblico, in alcuni casi è possibile chiedere la prenotazione a debito del contributo (cioè il differimento del pagamento a carico dell’erario). In particolare, l’art. 13, comma 1-ter, DPR 115/2002 prevede l’esenzione dal CUT per alcune parti private «litte o imposte» e l’art. 13, comma 1-quater, esonera dal contributo l’amministrazione dello Stato o altro ente pubblico ammesso al patrocinio statale. La Cassazione ha confermato che, se l’Amministrazione finanziaria (o altro ente pubblico) impugna un atto tributario con prenotazione a debito, in Cassazione non si applica l’esenzione dell’art. 13 comma 1-quater. In pratica, la parte pubblica paga il contributo in sede di legittimità se soccombe, come se fosse un privato.
1.3 Fascicolo del ricorso e marche da bollo
Il ricorso tributario deve essere depositato in forma cartacea (salvo eccezioni regionali di digitalizzazione). È necessario compilare il modulo di iscrizione a ruolo e allegare n copie del ricorso e degli atti impugnati (solitamente tante copie quanti sono i componenti del Collegio, più diverse altre per le parti), con marche da bollo sui fascicoli cartacei. In genere, per ogni copia del ricorso si applica una marca da bollo da € 16 ogni 4 facciate o frazione (tale onere è previsto dalla Tariffa degli ufficiali giudiziari). Le marche da bollo, così come i diritti di copia dei fascicoli, sono a carico della parte ricorrente. Le marche di bollo non si applicano sull’atto introduttivo depositato telematicamente (ove consentito). In ogni caso il costo complessivo delle marche da bollo e diritti di copia è relativamente contenuto (tipicamente poche decine di euro totali).
2. Spese di notifica
La notifica del ricorso è un costo obbligatorio: il ricorso deve essere notificato dal ricorrente sia all’ente impositore (Agenzia delle Entrate o Riscossione) sia, se necessario, alle altre parti (ad es. il contribuente contro cui l’Agenzia ricorre). La disciplina generale è contenuta nell’art. 16‑bis del D.Lgs. 546/1992:
- Notifica alla Agenzia: dal 2014 la normativa stabilisce che la notifica del ricorso tributario all’ente impositore deve avvenire obbligatoriamente via PEC (posta elettronica certificata), all’indirizzo istituzionale indicato (ad es. PEC dell’Agenzia o di Entrate-Riscossione). In passato si usava la raccomandata A/R, ma oggi la Corte di Cassazione ha precisato che la notificazione via servizio postale anziché PEC non comporta l’inammissibilità automatica del ricorso, purché la controparte – notificata o meno – si costituisca in giudizio e non abbia subito pregiudizio. In pratica, la mancata PEC non paralizza il ricorso se la parte destinataria risponde (la notifica si considera sanata). Tuttavia, è consigliabile seguire la norma e inviare il ricorso via PEC all’Agenzia (servizio gratuito), allegando l’attestazione di ricezione come prova.
- Notifica alle altre parti: il ricorso va notificato anche agli altri soggetti legittimati passivi (tipicamente l’agente della riscossione, e in caso di appello l’altra parte soccombente). Questa notifica può avvenire anch’essa via PEC (se il soggetto destinatario dispone di casella certificata attiva), oppure mediante l’ufficiale giudiziario. Nel secondo caso, gli onorari dell’ufficiale giudiziario sono a carico di chi richiede la notifica. La legge (DPR 115/2002, art. 5) prevede che siano ripetibili a parte avversaria «le spese di spedizione, i diritti e le indennità di trasferta degli ufficiali giudiziari per le notificazioni». Di conseguenza, i costi di notifica dipendono dal numero di notizie richieste e dalla distanza. Indicativamente, una singola notifica con ufficiale giudiziario costa nell’ordine di € 50–100 (comprensivo di spese di spedizione, tassa di registro/raccomandata e indennità chilometrica), ma l’importo può variare per città/regione. Spesso è più economico inviare tramite PEC. In ogni caso, le spese sostenute dall’attore per le notifiche non sono rimborsate in caso di soccombenza del convenuto, salvo decisione diversa del giudice.
- Spese di pubblicazione: nel contenzioso tributario non si esige la pubblicazione del ricorso (come avviene nel processo civile per estranei), per cui non vi sono costi notarili o di cancelleria diversi da quelli sopra indicati.
3. Spese legali (onorari dell’avvocato)
Le spese legali sono quelle sostenute dal ricorrente (o dall’Agenzia, nel caso di appello di atto tributario) per la prestazione del proprio avvocato. In Italia non esiste un importo fisso per decreto, essendo abolite le tariffe forensi vincolanti dal 2012; tuttavia in sede di liquidazione delle spese di giudizio i giudici si basano sui parametri del D.M. 55/2014 (Tariffario CNF) che fornisce dei valori di riferimento (minimi e massimi).
- Persona fisica vs impresa: il costo effettivo può variare notevolmente. In generale un professionista esperto in diritto tributario può applicare parcelle più elevate nei casi di impugnazioni complesse (accertamenti di grande entità, verifiche complesse, etc.), specie se promossi da aziende. Per un contribuente privato con ricorso di medio valore si potrebbero considerare onorari dell’ordine di € 1.000–2.000 (escluse IVA e CPA), mentre per una società e contenziosi di maggiore importo, gli onorari possono salire a diverse migliaia. Ad esempio, la tariffa minima indicativa per un giudizio tributario (con valore della lite fino a € 20.000) potrebbe oscillare intorno a 800–1.200 euro, mentre quella massima può superare i 3.000–5.000 euro (parametri CNF). Tali valori sono però puramente esemplificativi: il preventivo effettivo va sempre concordato tra cliente e avvocato. È prassi fatturare a ore o a forfait in base all’impegno stimato, con applicazione dell’IVA (22%) e del contributo integrativo (4%) sui compensi.
- Anticipo e rimborso: va ricordato che in contenziosi tributari non vi è rimborso delle spese legali della parte vittoriosa, a differenza del rito civile. Ciascuno è di norma tenuto alle proprie spese di assistenza (art. 13 L. 212/2000). Solo in Cassazione è possibile che la Corte condanni una parte al rimborso delle spese di giudizio (come è avvenuto ad es. con l’ordinanza Cass. n.26439/2024, che ha liquidato compensi di €500). In primo e secondo grado di solito ciascuno sopporta i propri onorari, salvo che le parti convergano diversamente.
4. Compensi per consulenti tecnici e periti
Nei processi tributari è possibile che si rendano necessari perizie o consulenze tecniche in materia fiscale, contabile o di altra natura (ad es. stima di immobili, danno erariale, ecc.). In tali casi si parla di CTU (consulente tecnico d’ufficio) o CTP (consulente di parte). I relativi onorari seguono la Tariffa forense (D.M. 10/10/2013) o, in mancanza, vengono pattuiti liberamente tra avvocato e perito, comunque nel rispetto dei parametri minimi indicati dalla legge.
- Tariffazione degli ausiliari del giudice: la Tariffa forense (artt. 82-84 DPR 115/2002 e succ.) stabilisce un compenso minimo per i consulenti tecnici nominati dal giudice. Ad es., il compenso minimo per ogni ora di CTU in materie giuridiche (studiosa) è fissato in circa € 145,12; in materie tecniche può aumentare in base alla complessità. In pratica, per una consulenza di 20-30 ore (es. esame documenti, redazione della relazione) un consulente tecnico può richiedere anche 1.500–3.000 euro.
- Ctp (consulente di parte): la parte può nominare propri periti, il cui onorario è concordato privatamente. Anche in tal caso si fa riferimento alle tariffe minime (es. almeno € 145/h per attività di CTU). La parte richiedente (privato o amministrazione) di norma anticipa questi compensi, che poi potranno rientrare nelle spese generali del giudizio.
- Liquidazione spese tecnici: se si esige un CTU da parte della Commissione, il giudice stabilisce il compenso finale in base alle norme civili (Tariffa deontologica) e alla documentazione presentata. Il CTU anticipa le proprie spese (circa € 0,25–1,00/km per spostamenti, ecc.) che vengono liquidate a parte.
In sintesi, l’onere dei periti varia in funzione del grado di specializzazione e del numero di ore/lavoro richiesto. Non sono spese standardizzate per tutti i casi, ma possono aggiungere diverse centinaia o migliaia di euro al costo complessivo (soprattutto per contenziosi di valore elevato o con questioni tecniche complesse).
5. Altri costi procedurali di un ricorso alla Commissione Tributaria
Oltre alle voci principali sopra descritte, si possono sostenere costi accessori di entità minore ma da non trascurare:
- Marche da bollo e diritti di copia: come anticipato, ogni copia cartacea del ricorso prevede marche da bollo (16€ ogni 4 facciate). I diritti di copia fotostatica dei fascicoli (art. 9 c.1 lett. m‑bis DPR 115/2002) non si applicano nel contenzioso tributario (il contribuente presenta le copie a proprie spese). In pratica, fotocopiare atti e fascicoli può costare alcune decine di euro complessivamente.
- Spese di cancelleria: non sono previsti diritti di cancelleria aggiuntivi nel giudizio tributario, a differenza del rito civile. Dal 2015 le spese di notifica via PEC (per i privati) non comportano diritti (il sistema è digitale). Per i giudizi ante-2015, in Giudice di Pace venivano dovuti piccoli diritti, ma non si applicano alle Commissioni Tributarie.
- Anticipazione forfettaria spese generali: l’art. 30 del DPR 115/2002 impone che ogni parte versi una somma forfetaria a titolo di “anticipazione spese generali”, pari ad una marca da € 27,00. Tale somma viene poi accantonata per coprire le spese del procedimento. Normalmente, se una parte risulta vincente, questa anticipazione le viene restituita o compensata a credito. In caso di soccombenza, invece, viene incamerata dall’erario. L’anticipazione forfettaria di € 27 si applica sia al ricorso in CTP che all’appello in CTR. Sono esenti dal versamento dell’anticipazione i procedimenti speciali già esenti da tributi (es. liti di valore <€1.033 per la famiglia, ecc.).
- Viaggi e indennità: nel caso di udienze in presenza (ancora frequenti), il ricorrente e il difensore devono sostenere spese di viaggio e soggiorno qualora la Commissione si trovi fuori sede di residenza. Tali costi possono essere rilevanti, ma variano ampiamente. Ad esempio, partecipare a un’udienza a Roma da Milano può comportare centinaia di euro di spese logistiche. Pur non essendo imposte legali, vanno considerati nel budget. Alcuni studi legali prevedono onorari che includono anche il rimborso spese viaggio del professionista; in altri casi il cliente rimborsa tali spese separatamente.
In sintesi, le spese aggiuntive (marche da bollo, fotocopie, viaggio, ecc.) possono aggiungere alcuni centinaia di euro al bilancio totale del contenzioso, a seconda delle specifiche. L’anticipazione forfettaria di €27, invece, è un costo fisso e inevitabile per ogni grado di giudizio.
6. Commissioni Tributarie Provinciali vs Regionali
Dal punto di vista delle spese, le Commissioni Tributarie Provinciali (CTP, primo grado) e le Regionali (CTR, appello) seguono sostanzialmente le stesse regole: il CUT si calcola con la stessa tabella vista sopra. Tuttavia, sussistono alcune differenze pratiche:
- Grado di giudizio: in prima istanza il ricorso si propone davanti alla CTP competente territorialmente. Se parte soccombe, può proporre appello alla CTR (Commissione Tributaria Regionale) competente per territorio (solitamente la regione di appartenenza). L’appello comporta il versamento di un nuovo contributo unificato (secondo gli stessi scaglioni), nonché gli ulteriori oneri di notifica e cancellazione di volta in volta.
- Contributo per l’appello: come visto, il contributo in appello è aumentato del 50% rispetto a quello di primo grado. Ciò significa ad esempio che un ricorso del valore di €10.000 (CUT 160 €) vedrà un contributo di €240 (pari al 150%) se impugnato in appello. Questa maggiorazione è di diritto e non riguarda le altre spese (diritto di notifica, etc.).
- Locali e digitalizzazione: alcune regioni sono più avanzate nell’introduzione del processo tributario telematico; in tali Commissioni possono essere depositati ricorsi e notifiche interamente via PEC/PDA, riducendo le spese cartacee. Ad esempio, la Commissione Tributaria Regionale di [Regione X] permette l’intero deposito telematico, mentre altre richiedono ancora carta. Ciò può ridurre costi di stampa e bolli. Allo stesso modo, prassi locali possono variare sui termini o sugli allegati richiesti. Tuttavia, dal punto di vista economico le differenze sono limitate.
- Numero di udienze: talvolta le CTR fissano una sola udienza collegiale di merito con codice unico (riducendo costi di viaggio), mentre in primo grado è prassi ordinaria svolgere due udienze di discussione. Questo non incide sui costi procedurali di base (contributi, notifiche), ma sul tempo e gli eventuali oneri di spostamento del ricorrente.
- Parte soccombente pubblica: in CTR succede più frequentemente che l’Agenzia delle Entrate (o Riscossione) risulti parte appellante o appellata. Come già accennato, l’Amministrazione statale normalmente può prenotare a debito il CUT nel primo grado, ma poi – se soccombente – viene condannata al pagamento del contributo in Cassazione. Ciò differisce dal privato che paga subito.
In definitiva, pur applicando gli stessi scaglioni di costi, il passaggio dal primo al secondo grado comporta nuovi adempimenti e un contributo maggiore. La struttura del giudizio rimane analoga, ma l’onere complessivo del contenzioso sale con il grado.
7. Tabelle riepilogative dei costi di un ricorso alla Commissione Tributaria per fasce di valore
Di seguito riportiamo due tabelle di esempio per rendere chiari i costi complessivi a seconda del valore del contenzioso. Le cifre sono indicative e medie:
Tabella 2. Contributo unificato per fasce di valore (CTP/CTR)
Valore lite | CUT (prima/secondo grado) | Commenti sintetici |
---|---|---|
Fino a € 5.000,00 | € 40 / € 60 | Contributo base di €40 (primo grado); appello €60 ( +50%). Spese notifica ≈ €0–50 se via PEC, altrimenti ~€50 a notifica. Possibile avvocato ~€800–1.500. |
Da € 5.000,01 a € 25.000,00 | € 80 / € 120 | Contributo €80 (primo), €120 in appello. Spese notifica ~€100 complessive. Avvocato tipicamente €1.500–3.000. |
Da € 25.000,01 a € 75.000,00 | € 160 / € 240 | CUT €160 (primo), €240 appello. Notifiche e bolli ~€150. Avv. ~€3.000–5.000. |
Da € 75.000,01 a € 200.000,00 | € 333 / € 500 | CUT €333 (primo), €500 appello. Notifiche ~€150–200. Avv. €4.000–8.000 (o più, a seconda complessità). |
Da € 200.000,01 a € 1.000.000,00 | € 2.000 / € 3.000 | CUT €2.000 (primo), €3.000 appello. Notifiche ~€200+. Avv. spesso >€10.000; eventualmente CTU necessario (ulteriori €1.000+). |
Oltre € 1.000.000,00 | € 4.000 / € 6.000 | CUT €4.000 (primo), €6.000 appello. Consensu spese di notifica e bolli ~€200. Onorari avvocato elevati (es. >€15.000); possibile coinvolgimento di più consulenti o CTU. |
Tabella 2: Stima dei costi per fasce di valore nel contenzioso tributario. Si mostrano i contributi unificati di primo e secondo grado e una valutazione approssimativa degli altri oneri (spese di notifica, avvocato, ecc.). Le cifre sono indicative e variano in base al caso concreto. Fonti: DPR 115/2002 (CUT), Cass. 26439/2024 (fissazione valore), stime professionali.
Nelle due tabelle seguenti riportiamo esempi riassuntivi del costo complessivo ipotetico di un ricorso, considerando un contribuente fisico e un contribuente impresa, per alcune fasce di valore della lite. Si tratta di esempi esemplificativi:
Tabella 3. Esempio costo totale per persona fisica
Valore controversia | CUT | Spese notifica (2 atti) | Avvocato | Esperto (CTU) | Bolli/cc | Totale stimato |
---|---|---|---|---|---|---|
€ 3.000 | € 40 | € 0 (PEC all’Agenzia) + € 50 (PEC/record stato) | € 800 | – | € 25 | € 915 (cat. base) |
€ 20.000 | € 80 | € 50 + € 50 ≈ €100 | € 1.500 | – | € 50 | € 1.730 |
€ 50.000 | € 160 | € 50 + € 50 ≈ €100 | € 3.000 | € 500 (cons. contabile) | € 75 | € 3.835 |
Tabella 4. Esempio costo totale per impresa
Valore controversia | CUT | Spese notifica (2 atti) | Avvocato | CTU | Bolli/cc | Totale stimato |
---|---|---|---|---|---|---|
€ 15.000 | € 80 | € 100 (due notifiche con urt) | € 2.000 | – | € 50 | € 2.230 |
€ 100.000 | € 333 | € 100 | € 5.000 | € 1.000 (perizia tecnica) | € 75 | € 6.508 |
€ 500.000 | € 2.000 | € 150 | € 10.000 | € 2.000 (CTU complessa) | € 100 | € 14.250 |
Tabella 3 e 4: Stima dei costi complessivi (CUT, notifiche, onorari, ecc.) per un ricorso tributario in primi grado, per diversi valori della controversia. I valori sono indicativi: ogni caso concreto potrà differire. Si tiene conto di notifiche multiple (agenzia e controparte) e di potenziali consulenze tecniche. I bolli sono calcolati per il cartaceo delle memorie e delle copie. Le cifre sono arrotondate. Fonte: DPR 115/2002 (CUT), D.L. 98/2011 (aggi. impugnazione) e prassi professionali.
8. FAQ – Domande Frequenti Sul Ricorso Tributario
- Quanto devo pagare di contributo unificato per un ricorso tributario?
Il CUT dipende dal valore della lite, come illustrato nella Tabella 1. Ad esempio, per una lite di valore fino a €2.582,28 il contributo è €40, mentre per un valore fino a €75.000 è €333. Se si va in appello, questi importi aumentano del 50% (es. da 40 a 60; da 333 a 500). Se non si dichiara il valore, il CUT è €120 in primo grado. In Cassazione, i contributi sono più elevati (fino a €3.372 per primo scaglione) ed è previsto il raddoppio rispetto al civile. - Quando devo versare il contributo unificato?
Il versamento va effettuato contestualmente al deposito del ricorso introduttivo davanti alla CTP. Se il valore indicato in seguito cambia (es. chiamata in causa, domande riconvenzionali), occorre versare la differenza (contributo integrativo) ai sensi dell’art. 14 DPR 115/2002. In appello, si versa un nuovo contributo all’atto di deposito del ricorso di secondo grado. - Cosa succede se non indico il valore della controversia?
Se nelle conclusioni del ricorso non è dichiarato il valore della lite, la legge prevede importi fissi: in primo grado il contributo è €120. In pratica il giudice applicherà €120 indipendentemente dal valore effettivo. È dunque consigliabile indicare sempre il valore (art. 14 c.3‑bis DPR 115/2002) per evitare pagamenti superiori al dovuto o incertezze. - Come notifico il ricorso e quanto costa?
Per legge il ricorrente deve notificare il ricorso all’ente impositore via PEC (art. 16-bis, D.Lgs. 546/1992). Questa notifica è gratuita (semplicemente richiede PEC). Inoltre occorre notificare copia all’altra parte legittimata (ad esempio all’agente della riscossione o, in caso di appello, alla controparte). Anche questa può essere fatta via PEC senza costi. Se invece si opta per l’ufficiale giudiziario, i costi variano: vanno pagati diritti di spedizione e indennità di trasferta, come definito dall’art.5 DPR 115/2002. Indicativamente, una notifica a mezzo ufficiale costa €50–100, ma la PEC azzera questa spesa. La Corte di Cassazione ha precisato che una notifica via raccomandata anziché PEC non invalida il ricorso se la controparte si costituisce (la notifica viene “sanata”). - Chi paga le spese legali se vinco o perdo?
Nel contenzioso tributario ognuno paga i propri avvocati. Non c’è automatica rifusione delle spese di giudizio come nel processo civile. Ciò significa che un privato vince sempre deve comunque coprire i propri onorari e quelli del consulente tecnico di parte. Solo in Cassazione è possibile che la Corte ordini il rimborso di alcune spese (ad es. nella sentenza n.26439/2024 il ricorrente è stato condannato a versare €500 di compensi e €200 di spese alla controparte). In primo e secondo grado invece generalmente ciascuna parte sostiene i propri oneri. - Esistono esenzioni o riduzioni del contributo?
Sì. L’art. 13 DPR 115/2002 prevede riduzioni (50%) per processi speciali (es. procedure cautelari, opposizioni ingiunzioni, sfratti) e esenzioni per alcuni procedimenti (ad es. alcune liti assistenziali e di lavoro). Nel processo tributario ordinario non vi sono riduzioni generali; però, come visto, l’amministrazione pubblica statale non paga il contributo nel primo grado se ammessa al patrocinio a spese dello Stato. In Cassazione, infine, le Commissioni speciali impresa seguono tariffe duplici. - Quali sanzioni ci sono per il ricorso?
Non esistono sanzioni pecuniarie particolari per il ricorso tributario (diversamente dal processo penale). L’unica “sanzione” è l’inammissibilità del ricorso se non è tempestivo o formale (ad es. ricorso tardivo o privo di requisiti). Se il ricorso è manifestamente infondato, la Commissione può rigettarlo e, nei fatti, farlo cadere sul ricorrente. Al più, i rimborsi forfettari e l’anticipazione sono trattati come parte della decisione di merito (cassazione n.26439/2024, condanna al rimborso dei “1.200 euro” totali fra compensi e spese). Non vi sono “multe” addizionali previste specificamente dal codice tributario per il ricorso. - Se mi ricorre l’Agenzia delle Entrate, paga contributo?
Se l’Agenzia (o Equitalia/Agenzia Entrate-Riscossione) impugna una sentenza sfavorevole, essa può chiedere la prenotazione a debito del contributo (ossia il differimento a carico dello Stato). Tuttavia, come richiamato, la Cassazione ha stabilito che in Cassazione tale esenzione non si applica. In ogni caso, per il cittadino/per l’impresa, una volta notificato un appello da parte dell’Agenzia, non cambiano i termini di notifica (spese a carico dell’Agenzia) e il costo del contenzioso dipende sempre dallo stesso schema illustrato in questa guida.
9. Riferimenti normativi e giurisprudenziali del Ricorso Tributario
- D.Lgs. 31/12/1992 n. 546, art. 12 ss. – Codice del processo tributario (disciplina valore della lite).
- D.P.R. 30/05/2002 n. 115 – Testo unico spese di giustizia (articoli 12-14, 26, 30, 39, 82, ecc., come aggiornati). In particolare:
- Art. 12-13: contribuito unificato di iscrizione a ruolo e notifiche.
- Art. 14: modalità di determinazione del valore della lite (comma 3-bis).
- Art. 30: anticipazione forfettaria spese generali (marca €27).
- L. 27/12/2013 n. 147 (Legge di Stabilità 2014), art.1 c.598: modifica l’art. 14 c.3-bis DPR 115/2002 (deve dichiarare valore della lite).
- D.L. 06/07/2011 n. 98, conv. L. 111/2011, art. 37(6): aumento del contributo nei giudizi di impugnazione ( +50%) e Cassazione (+100%).
- Legge di Bilancio 2023 (legge 29/12/2022 n. 197), art. 2 c.3-4: incrementi CUT (voci a–f-bis) come riportato in Tabella 1.
- Art. 16-bis D.Lgs. 546/1992: forme di notificazione del ricorso (PEC obbligatoria).
Giurisprudenza significativa:
- Cass. Sez. V trib., ord. 10/10/2024 n. 26439: precisa che il contributo si versa al deposito e si calcola sul valore dell’atto impugnato (art. 12 c.2 D.Lgs.546/92), al netto di interessi/sanzioni; in caso di impugnazione dell’iscrizione ipotecaria (per nullità di atti presupposti) si considera solo il credito ipotecato. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese di Cassazione.
- Cass. n. 585/2025: annulla l’automatismo dell’inammissibilità per notifica postale anziché PEC, stabilendo che in caso di costituzione la notifica è sanata.
- CTR Lombardia, sez. I, sent. n. 1559/2015: ammette l’appello ai fini di sanare la notificazione (esempio di prassi regionale).
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