Crisi Di Impresa: Guida Ristrutturazione Dei Finanziamenti Con Garanzia MCC

Hai ottenuto un finanziamento garantito dal Fondo di Garanzia per le PMI (MCC) e ora non riesci più a rispettare le scadenze di pagamento?

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in ristrutturazione del debito aziendale e gestione delle garanzie pubbliche – è ciò che ti serve per capire come intervenire prima che la banca escuta la garanzia.

Scopri quando e come è possibile ristrutturare un finanziamento assistito da garanzia MCC, quali condizioni devono essere rispettate, quali soluzioni si possono proporre alla banca e come ottenere una gestione sostenibile del debito evitando gravi conseguenze per la tua impresa.

In fondo alla guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata, analizzare nel dettaglio la tua situazione e valutare la miglior strategia legale per salvaguardare il tuo futuro imprenditoriale.

Crisi di Impresa: Guida Di Studio Monardo Alla Ristrutturazione dei Finanziamenti con Garanzia MCC

Introduzione

La crisi d’impresa pone aziende e professionisti di fronte a sfide complesse, soprattutto quando i debiti bancari sono assistiti da garanzie pubbliche come quella del Fondo di Garanzia per le PMI (gestito da Mediocredito Centrale, “MCC”). Negli ultimi anni – complici la pandemia Covid-19 e le misure di sostegno statali – molte imprese hanno contratto finanziamenti bancari garantiti in gran parte dallo Stato. Quando un’impresa entra in difficoltà finanziaria, il trattamento di questi debiti garantiti dal Fondo MCC richiede particolare attenzione sia dal punto di vista giuridico che operativo. Questa guida fornisce un’analisi dettagliata e aggiornata (maggio 2025) su come ristrutturare efficacemente tali finanziamenti nel contesto della crisi d’impresa, alla luce del Codice della Crisi e dell’Insolvenza (CCII) e delle più recenti prassi normative.

A chi si rivolge questa guida? Principalmente ad avvocati e imprenditori che devono gestire situazioni di crisi aziendale in presenza di debiti bancari garantiti dallo Stato. Verranno illustrati gli strumenti di composizione della crisi introdotti o riformati dal CCII – dalla composizione negoziata agli accordi di ristrutturazione dei debiti, dai piani attestati di risanamento ai concordati preventivi (in continuità o liquidatori) fino al concordato semplificato – evidenziando in ciascuno di essi gli aspetti peculiari relativi ai finanziamenti assistiti da garanzia MCC.

Nel corso della guida troverete:

  • Un’analisi normativa aggiornata sulle garanzie statali (MCC) e il loro inquadramento nell’ambito delle procedure di crisi d’impresa, con riferimenti al Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019) – inclusi i correttivi più recenti – e ai provvedimenti del MIMIT (Ministero delle Imprese e del Made in Italy) e di Mediocredito Centrale (circolari operative, disposizioni del Fondo).
  • Approfondimenti sulle procedure di regolazione della crisi: composizione negoziata, piani attestati, accordi di ristrutturazione (anche “agevolati” o ad efficacia estesa), concordati preventivi (in continuità o liquidatori) e concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Verranno descritti i requisiti, le fasi salienti e l’impatto di ciascuna procedura sui crediti bancari garantiti.
  • Simulazioni pratiche e casi studio, con esempi di piani di ristrutturazione finanziaria: ad esempio come rinegoziare un mutuo bancario da 1 milione di euro garantito all’80% dal Fondo PMI, valutando diverse soluzioni (accordo stragiudiziale vs. concordato) e relative conseguenze per l’impresa e per il garante pubblico.
  • Modelli di accordo e tabelle riepilogative per valutare rapidamente effetti e convenienza delle varie soluzioni. Saranno proposti schemi di clausole chiave in un accordo di ristrutturazione con la banca e il Fondo, e tabelle comparative (tempi di attuazione, maggioranze richieste, trattamento fiscale delle remissioni di debito, impatto sulla garanzia MCC, ecc.).
  • Una sezione finale di FAQ (Domande frequenti) per chiarire i dubbi più comuni: ad es. “Cosa accade alla garanzia statale se il debito viene ridotto in un concordato preventivo?”, oppure “È possibile mantenere la garanzia MCC su un finanziamento rinegoziato?”.

Stile e struttura: Il contenuto è organizzato in sezioni con titoli e sottotitoli chiari, in italiano professionale ma accessibile. I paragrafi sono brevi e focalizzati, per facilitare la lettura e permettere al lettore di individuare rapidamente le informazioni chiave. Vengono citate le fonti normative e giurisprudenziali più rilevanti (richiamate con note in stile Harvard), raccolte poi nella sezione Fonti e Riferimenti.

Entriamo ora nel vivo della trattazione, iniziando con un inquadramento del Fondo di Garanzia PMI e del ruolo della garanzia MCC nei finanziamenti alle imprese.

Il Fondo di Garanzia PMI e i finanziamenti con garanzia MCC

Prima di affrontare le tecniche di ristrutturazione, è essenziale comprendere cosa sia la garanzia MCC e come funziona in condizioni normali. Il Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese (istituito dalla L. 662/1996) è lo strumento attraverso cui lo Stato italiano facilita l’accesso al credito delle PMI e dei professionisti, concedendo una garanzia pubblica “a prima richiesta” sui finanziamenti bancari ammissibili. In pratica, il Fondo (gestito da Mediocredito Centrale per conto del MIMIT) si impegna a rimborsare alla banca una percentuale rilevante del finanziamento in caso di insolvenza del debitore. Attualmente la copertura può arrivare fino all’80% dell’importo per molte operazioni – ad esempio i finanziamenti per investimenti – mentre per altre tipologie (come il credito di liquidità puro) dal 2024 è stata rimodulata, ad esempio con aliquota unica 50%. Il massimale garantito per singola impresa è di solito 5 milioni di euro. Il Fondo agisce senza valutazioni discrezionali sul merito di credito (in molti casi) e in modo gratuito o semi-gratuito per l’impresa, rappresentando quindi una leva fondamentale di supporto pubblico.

Caratteristiche chiave del finanziamento garantito MCC da tenere a mente:

  • Garanzia a prima richiesta e diretta: la garanzia copre (entro il limite percentuale concesso) il mancato rimborso del finanziamento senza bisogno che la banca escuta prima il debitore. In caso di default dell’impresa, la banca può chiedere al Fondo l’escussione e ottenere il pagamento della quota garantita, tipicamente dopo aver compiuto minimi passi formali (come un’intimazione di pagamento o un decadimento del beneficio del termine).
  • Rapporto trilaterale banca-impresa-Fondo: quando un finanziamento è assistito da garanzia statale, si crea un intreccio particolare di rapporti. Formalmente, l’impresa rimane debitrice verso la banca; il Fondo presta una garanzia nell’interesse dell’impresa ma a favore della banca. In caso di inadempimento, la banca dovrà attivare la garanzia entro termini rigorosi e, a pena di decadenza, notificare al debitore che il Fondo subentrerà nel recupero di quanto pagato. Dopo il pagamento dell’indennizzo alla banca, infatti, il Fondo di Garanzia (per tramite di Mediocredito Centrale) si surroga nei diritti della banca verso l’impresa inadempiente, vantando un proprio credito per la somma pagata.
  • Privilegio pubblico sul credito del Fondo: il credito che il Fondo (Stato) acquisisce verso l’impresa dopo aver pagato la banca è assistito da un privilegio generale mobiliare di grado molto elevato. In base all’art. 9, comma 5, del D.Lgs. 123/1998 e all’art. 8-bis del D.L. 3/2015, il diritto di restituzione in capo al Fondo per le somme pagate “prevale su ogni altro diritto di prelazione” ad eccezione delle spese di giustizia e dei crediti del lavoro ex art. 2751-bis c.c.. Si tratta di un “super privilegio” pubblico, che colloca il Fondo (o altri enti garanti statali come SACE) davanti alla maggior parte degli altri creditori nel recupero del credito. Questo aspetto – come vedremo – ha impatti significativi nelle procedure concorsuali, poiché il Fondo (o SACE) può insinuarsi al passivo con privilegio per le somme erogate alla banca.
  • Attivazione della garanzia e surrogazione legale: la banca deve attivare la garanzia entro termini decadenziali stringenti (stabiliti dalle disposizioni operative del Fondo, solitamente 90 giorni dall’avvio delle azioni di recupero o dall’apertura di una procedura concorsuale). La richiesta di escussione avviene tramite il portale MCC con documentazione a supporto (ad es. copia di atti di messa in mora, decreto ingiuntivo, etc.). Ottenuto il pagamento dal Fondo, la banca rilascia quietanza per la parte incassata e il Fondo acquisisce automaticamente il diritto di regresso verso l’impresa per l’importo corrisposto, ai sensi dell’art. 1203 c.c. e dell’art. 2, co.4, D.M. 20 giugno 2005 (che regola la surroga legale). Il recupero di questo credito pubblico viene poi affidato all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, ossia l’ente di riscossione coattiva, come previsto dalla legge.
  • Natura pubblica del credito MCC: Il credito vantato dal Fondo di Garanzia verso l’impresa ha natura di credito erariale (seppur non sia un tributo). Ciò comporta che non rientra tra i debiti fiscali o contributivi oggetto di transazione fiscale ex art. 63 CCII – come ha chiarito il legislatore – e di norma deve essere soddisfatto integralmente o secondo grado di privilegio. Infatti, espressamente “il credito dei garanti pubblici non può essere oggetto di transazione fiscale ex art. 63 CCII”.

In sintesi, un finanziamento garantito dal Fondo PMI offre grande vantaggio all’impresa in bonis (facilitando l’ottenimento del credito) e tutela la banca in caso di default del debitore (limitando la perdita). Tuttavia, in caso di crisi d’impresa la presenza della garanzia introduce un terzo attore (lo Stato) nelle trattative di ristrutturazione, con un credito privilegiato potenziale che non può essere ignorato. Una ristrutturazione efficace dovrà quindi contemperare gli interessi di tutti e tre i soggetti: impresa debitrice, banca finanziatrice e garante pubblico.

Nei paragrafi che seguono, esamineremo come i diversi strumenti di soluzione della crisi d’impresa (negoziali o concorsuali) gestiscono questo particolare rapporto trilaterale e quali strategie possono essere adottate per ristrutturare i debiti garantiti massimizzando la continuità aziendale.

Crisi d’impresa e impatto sui debiti garantiti dallo Stato

Quando un’impresa entra in stato di crisi o insolvenza, i finanziamenti bancari garantiti dal Fondo PMI devono essere gestiti con cura, perché il loro trattamento può decidere le sorti sia dell’azienda sia dell’escussione della garanzia pubblica. In generale, all’emergere della crisi si possono verificare due scenari opposti:

  • Soluzione negoziale o concordataria: l’impresa attiva uno strumento di risanamento (ad esempio un piano attestato, un accordo di ristrutturazione o un concordato) per evitare il fallimento (liquidazione giudiziale) e rinegoziare i propri debiti. In tal caso, occorrerà decidere come trattare il debito bancario garantito: pagarlo integralmente secondo i piani originari, ristrutturarlo (allungandone la durata, riducendo il tasso, ecc.) oppure stralciarlo parzialmente. Ogni opzione ha riflessi diversi sulla garanzia MCC.
  • Escussione della garanzia e azione di regresso: se la situazione degenera senza accordi, la banca probabilmente dichiarerà decaduto il finanziamento, escuterà la garanzia statale e si insinuerà eventualmente al passivo dell’impresa (in un fallimento o concordato) per la parte non coperta. Il Fondo MCC pagherà la banca e diventerà creditore privilegiato dell’impresa per l’ammontare pagato. In altre parole, il debito originario verso la banca si trasforma in gran parte in un debito verso lo Stato, con precedenza sugli altri crediti. Questo meccanismo può alterare significativamente la parità di trattamento tra creditori chirografari: ad esempio, un istituto di credito privo di garanzie reali potrebbe passare da creditore chirografario (senza preferenza) a creditore privilegiato (lo Stato per suo conto) per l’80% dell’importo, lasciando gli altri chirografi a dividersi le briciole del patrimonio.

Un punto cruciale e dibattuto è quando sorge il credito del Fondo di Garanzia verso l’impresa e come considerarlo nelle procedure concorsuali: solo dopo il pagamento alla banca (subito quindi l’effetto dell’avvenuta escussione) oppure già prima, in via condizionale? La risposta influenza, ad esempio, il diritto di voto nei concordati e la necessità di accantonamenti nei piani. La giurisprudenza più recente propende per la tesi “anticipata”: secondo la Cassazione il credito del Fondo sorge sin dal rilascio della garanzia, sia pure subordinato sospensivamente all’inadempimento dell’impresa. In altre parole, finché la società paga regolarmente, il Fondo rimane sullo sfondo; ma se interviene lo stato di crisi/insolvenza, il Fondo è già titolare “in potenza” della porzione garantita. Questo orientamento (Cass. civ. Sez. I, n. 18148/2023, relativo a un caso SACE) ha portato alcuni tribunali ad ammettere il Fondo come creditore privilegiato condizionato già nei concordati preventivi, riducendo il credito chirografario riconosciuto alla banca alla sola quota non garantita. Ad esempio, il Tribunale di Treviso (decreto 3/2024) ha omologato un concordato in cui la banca ha votato solo per una piccola parte del credito (quella scoperta) e il Fondo è stato inserito tra i creditori privilegiati condizionali per la parte garantita.

Di fronte a questo scenario, un piano di risanamento non può ignorare la presenza del Fondo: una proposta che tratti il credito bancario come interamente chirografario, senza considerare l’eventuale attivazione del privilegio statale, rischia di essere dichiarata inammissibile o non conveniente. Occorre invece anticipare il problema, prevedendo soluzioni per gestire la porzione di debito coperta da garanzia. Nella prassi recente, i piani concordatari o di ristrutturazione più avveduti accantonano un fondo rischi per l’ipotesi di escussione della garanzia o comunque includono il Fondo tra i destinatari del piano, assicurandogli un trattamento coerente col suo rango privilegiato.

Un esempio pratico: immaginate un’impresa con un mutuo bancario residuo di 1.000.000 €, garantito all’80% dal Fondo. Se l’impresa propone in concordato di pagare il 30% di tutti i debiti chirografari, non può limitarsi a offrire 300.000 € alla banca per chiudere la sua posizione. In tal caso, infatti, la banca – se aderisse – subirebbe una perdita del 70% e potrebbe essere tentata di escutere comunque il Fondo per recuperare fino a 700.000 €, lasciando poi il Fondo con un credito privilegiato di 700.000 € verso l’impresa. La proposta concordataria quindi dovrebbe prevedere che, qualora il Fondo venga escusso, esso riceverà trattamento conforme al suo privilegio (ad esempio pagamento integrale del 20% disponibile sull’attivo, con soddisfacimento parziale ma in misura non inferiore a quella che avrebbe in una liquidazione). In alternativa, l’impresa potrebbe negoziare a monte un accordo con banca e MCC per uno stralcio consensuale del debito, evitando l’escussione indiscriminata: ed è proprio qui che interviene la possibilità di accordi transattivi autorizzati dal Fondo, di cui parleremo a breve.

Riassumendo gli impatti della crisi sui finanziamenti con garanzia MCC:

  • Finché l’impresa riesce a pagare integralmente la banca (magari rimodulando il debito in accordo con essa), la garanzia resta sullo sfondo e non viene escussa. La sfida è capire come rinegoziare il debito senza perdere la copertura della garanzia e senza far scattare il privilegio del Fondo in modo incontrollato.
  • Se l’impresa non paga e non trova accordi, la banca escuterà il Fondo: l’80% del credito diventa un credito privilegiato pubblico. Nelle procedure concorsuali (fallimento, concordato, ecc.) ciò significa che quella parte avrà priorità di pagamento su gran parte del passivo, riducendo le somme disponibili per i creditori chirografari. Inoltre, la banca rimasta esposta per il 20% residuo voterà per quel piccolo importo, mentre il Fondo subentrato (essendo privilegiato e tendenzialmente da pagare al 100% se ci sono attivi liberi) non vota.
  • È quindi fondamentale coinvolgere attivamente il Fondo di Garanzia/MCC nelle trattative di ristrutturazione del debito garantito, quando possibile. Ciò può avvenire in via indiretta (convincendo la banca a non escutere subito e a presentare al Fondo una proposta di accordo sul debito) oppure in via diretta nelle sedi giudiziali (chiedendo misure protettive specifiche o predisponendo piani che prevedano l’intervento del Fondo).
  • La normativa ha recentemente introdotto meccanismi per facilitare questo dialogo: le Disposizioni Operative del Fondo prevedono una procedura ad hoc per le proposte di accordo transattivo sul debito garantito nell’ambito di strumenti di regolazione della crisi. In più, i tribunali stanno interpretando in modo estensivo i poteri di tutela: ad esempio, in sede di composizione negoziata è stato riconosciuto che il giudice può sospendere temporaneamente l’escussione della garanzia MCC se ciò pregiudica le trattative in corso.

Nei prossimi capitoli analizzeremo i vari strumenti di soluzione della crisi d’impresa, focalizzandoci per ciascuno su come affrontare i finanziamenti garantiti dallo Stato. Partiremo dagli strumenti negoziali stragiudiziali (composizione negoziata, piani attestati) per poi passare a quelli giudiziali (accordi di ristrutturazione omologati e concordati, inclusa la nuova forma “semplificata”).

Composizione Negoziata della Crisi e tutela dei crediti MCC

Cos’è la composizione negoziata? Introdotta in Italia nel 2021 (D.L. 118/2021, conv. L. 147/2021) e ora disciplinata nel Codice della Crisi (artt. 12-25 CCII e segg.), la composizione negoziata della crisi è una procedura volontaria, riservata all’imprenditore commerciale (di qualsiasi dimensione, anche il piccolo imprenditore), finalizzata a favorire la ristrutturazione fuori dalle aule giudiziarie con l’assistenza di un esperto indipendente. In sintesi, l’imprenditore in stato di crisi o insolvenza (reversibile) può chiedere la nomina di un Esperto della crisi tramite una piattaforma telematica gestita dalle Camere di Commercio. L’Esperto ha il compito di agevolare le trattative con i creditori, cercando soluzioni concordate di risanamento (che possono sfociare in un contratto di ristrutturazione, in un accordo ex art. 182-bis/quinquies CCII, in un piano attestato ex art. 56 CCII, o altro). Durante la negoziazione, l’imprenditore mantiene la gestione ordinaria dell’azienda.

Misure protettive e cautelari: su richiesta dell’imprenditore, il Tribunale può concedere misure protettive temporanee (es. sospensione delle azioni esecutive e cautelari dei creditori) per facilitare le trattative. In presenza di crediti garantiti dal Fondo PMI, è emersa la prassi di chiedere al giudice di inibire anche l’escussione della garanzia MCC per la durata della composizione negoziata. Ciò è stato ritenuto ammissibile, ad esempio, dal Tribunale di Milano: con provvedimento del 12 maggio 2024, il giudice ha disposto in via cautelare che i creditori garantiti da MCC (la banca finanziatrice e il Fondo) non attivassero la garanzia né procedessero al pagamento durante le trattative, riconoscendo il fumus e il periculum nel fatto che l’escussione avrebbe costretto il debitore a considerare immediatamente il super-privilegio del Fondo nei piani, distogliendo risorse e complicando il buon esito delle trattative. Questo provvedimento crea un precedente importante: anche il Fondo di Garanzia può rientrare nel perimetro delle misure protettive, evitando che la sua escussione anticipata “ingessi” la crisi.

Obiettivi nella composizione negoziata: l’imprenditore deve utilizzare questa finestra negoziale per trovare un accordo con i creditori. In presenza di una banca con credito garantito MCC, è fortemente consigliato coinvolgere la banca (e indirettamente MCC) fin da subito. Le opzioni principali sono:

  • Rimodulazione del debito senza stralcio: ad esempio, chiedere una moratoria o l’allungamento del piano di ammortamento del finanziamento. Questo tipo di intervento può essere attuato con il consenso della banca e, secondo le Disposizioni operative del Fondo, comporta la possibilità di chiedere il prolungamento della garanzia per la nuova durata (previa autorizzazione MCC). La banca dovrà presentare al Fondo la richiesta di mantenimento della garanzia sul nuovo piano di rientro, allegando il piano aggiornato e le eventuali garanzie aggiuntive. Tali richieste sono valutate dal Consiglio di gestione del Fondo caso per caso. In genere, l’allungamento è concesso se migliora le prospettive di rimborso e non altera l’importo garantito. (Ad esempio, se il mutuo residuo di €1M era garantito all’80% e si allunga la scadenza di 2 anni, il Fondo può prorogare la sua garanzia mantenendo la copertura su capitale e interessi come da nuovi termini).
  • Accordo transattivo con stralcio parziale del debito: se l’impresa non è in grado di rimborsare integralmente il finanziamento, si può negoziare con la banca un pagamento parziale a saldo e stralcio. Qui entra in gioco la procedura speciale prevista dal Paragrafo C delle Disposizioni Operative del Fondo (aggiornate dal DM 2/8/2023) per gli “accordi transattivi” sul debito garantito nell’ambito degli strumenti di regolazione della crisi. In pratica, la banca (soggetto “richiedente” della garanzia) può sottoporre al Fondo una proposta di accordo in cui il debitore paga una percentuale del dovuto e il resto del debito viene rinunciato. Le condizioni chiave perché MCC valuti positivamente la proposta sono: (i) che l’accordo proposto preveda il pagamento di almeno il 15% del debito complessivo garantito; (ii) che la banca abbia già valutato positivamente il piano di ristrutturazione e lo ritenga più conveniente rispetto alla liquidazione; (iii) che la proposta sia presentata al Fondo prima che scadano i termini per chiedere l’escussione della garanzia e comunque prima della formalizzazione dell’accordo con il debitore. In altre parole, durante la composizione negoziata la banca può “congelare” la decisione di escutere e coinvolgere MCC nel processo decisionale, caricando la proposta nel portale dedicato. La presentazione di una proposta transattiva sospende i termini di scadenza per l’escussione, evitando che la banca perda la garanzia nell’attesa.
  • Valutazione da parte di MCC: il Gestore MCC analizza la proposta e la sottopone al proprio Consiglio di gestione entro 30 giorni. Per il via libera, il Fondo richiede una serie di informazioni dettagliate a supporto, tra cui: l’ammontare del credito vantato dalla banca al momento della proposta; l’importo offerto a saldo e stralcio e le modalità di pagamento (ad es. X euro lump-sum o in Y rate); la percentuale che tale importo rappresenta sul debito totale; la perdita che resterebbe a carico della banca e del Fondo se l’accordo fosse accettato; la situazione economico-patrimoniale aggiornata del debitore e degli eventuali garanti personali; l’esistenza di altre esposizioni del debitore verso la stessa banca o gruppo bancario; una relazione tecnico-legale della banca che spieghi perché ha deliberato a favore della proposta (tipicamente un’analisi comparativa tra incasso in caso di fallimento vs. incasso con l’accordo). Inoltre, va fornita copia del piano di risanamento o del progetto di accordo che si intende perfezionare, inclusa l’attestazione di fattibilità redatta dal professionista indipendente se si tratta di un piano attestato o di un accordo ex art. 182-bis, l’elenco di adesione dei creditori e l’eventuale data di omologazione prevista (se si tratta di accordo da omologare).
  • Esito della proposta transattiva: se MCC approva la proposta, tipicamente significa che accetta di considerare chiuso il proprio rischio di garanzia in cambio della quota offerta dal debitore. In pratica, l’accordo tra banca e impresa viene perfezionato: l’impresa paga la somma concordata, la banca rinuncia al resto del credito e non richiede al Fondo la differenza. Il Fondo quindi libera la garanzia senza esborso, sopportando una perdita “figurativa” pari alla parte di debito abbuonata (ma avallata come soluzione più efficiente rispetto alla liquidazione). Se invece MCC rifiuta la proposta (o se la proposta non raggiunge i requisiti minimi, ad es. offre meno del 15%), la banca potrà comunque decidere se aderire ugualmente allo stralcio rinunciando alla copertura statale sulla parte eccedente, oppure se tornare alla linea dura e considerare altre soluzioni (escussione, procedura concorsuale, etc.).

Nella composizione negoziata, dunque, la migliore strategia per gestire un debito garantito MCC è perseguire un accordo trilaterale: impresa e banca definiscono un piano di ristrutturazione e congiuntamente ottengono il via libera del Fondo. Ciò consente all’impresa di ridurre il debito mantenendo però inalterato il rapporto con la banca (che si accontenta perché non subisce perdite impreviste) e al contempo evitando che il Fondo diventi creditore privilegiato (lo Stato non sborsa denaro, ma accetta lo stralcio come minor danno rispetto al default totale). Naturalmente, per ottenere il consenso di MCC occorre dimostrare che la soluzione proposta è più vantaggiosa della liquidazione giudiziale, nella quale – ricordiamo – il Fondo godrebbe di privilegio e potrebbe potenzialmente recuperare di più (almeno in teoria).

Esito della composizione negoziata: se le trattative hanno successo, si concretizzerà uno degli accordi o piani possibili (contratto con i creditori, piano attestato, accordo ex art. 182-bis CCII, ecc.), che potrà eventualmente essere formalizzato e omologato ove necessario. Se invece le trattative falliscono, l’imprenditore può accedere a soluzioni concorsuali in via emergenziale, tra cui il concordato semplificato per la liquidazione (strumento che vedremo più avanti). Da notare che, in caso di fallimento delle negoziazioni, la banca riprenderà la libertà di azione: se non si intravede un concordato soddisfacente, potrà procedere ad escutere la garanzia (sempre che i termini non siano scaduti) e il Fondo diventerà un creditore privilegiato da gestire nella successiva procedura.

Vantaggi della composizione negoziata sul fronte MCC: consente di discutere in modo creativo e flessibile col coinvolgimento del garante pubblico prima che scatti l’automatismo dell’escussione. Inoltre, l’ambiente riservato (le trattative sono confidenziali e la procedura non è pubblica se non si chiedono misure protettive) permette a banche e impresa di trovare soluzioni personalizzate, mentre in un concordato formale tutto sarebbe rigido secondo le regole di legge. Il rovescio della medaglia è che serve la volontà di cooperare da parte della banca (che deve essere lungimirante nel coinvolgere MCC) e tempi rapidi: la finestra negoziale dura pochi mesi e le proposte transattive a MCC vanno presentate tempestivamente. È dunque fondamentale preparare per tempo la documentazione richiesta e magari interfacciarsi informalmente con MCC (attraverso la banca, che mantiene il rapporto ufficiale col Fondo) per capire la fattibilità della transazione.

Piano Attestato di Risanamento e finanziamenti garantiti

Il Piano attestato di risanamento è uno strumento di natura privatistica, già noto nella vecchia Legge Fallimentare (art. 67, co.3, lett. d) e ora disciplinato dall’art. 56 CCII. Si tratta di un piano industriale-finanziario predisposto dall’imprenditore in crisi, asseverato da un professionista indipendente riguardo alla sua attuabilità e all’idoneità a risanare l’esposizione debitoria dell’impresa, che viene pubblicato nel registro delle imprese. Il piano attestato non richiede l’adesione di una maggioranza qualificata di creditori né l’omologazione da parte del tribunale; è in sostanza un accordo stragiudiziale che però gode di uno scudo legale: le azioni revocatorie fallimentari sono escluse per gli atti, pagamenti e garanzie posti in essere in esecuzione del piano (purché conforme ai requisiti di legge). In altri termini, è un “paracadute” che consente all’imprenditore di tentare il risanamento fuori dal tribunale, garantendo ai creditori che aderiranno (banche, fornitori, soci, ecc.) che le concessioni fatte non saranno travolte in caso di successivo fallimento.

Utilizzo tipico del piano attestato: spesso il piano attestato è utilizzato per ristrutturare l’indebitamento bancario con il consenso delle banche, evitando però la rigidità di un concordato. Ad esempio, la società in crisi elabora un piano di rilancio in cui i flussi futuri consentono di rimborsare i debiti in misura magari non integrale ma sostanziale; le banche possono accettare rimodulazioni o riduzioni dei crediti, confidando nell’attestazione indipendente della sostenibilità del piano. Il tutto resta un accordo privato, anche se pubblicato ufficialmente.

Gestione dei finanziamenti garantiti MCC nel piano attestato: se tra i debiti bancari da ristrutturare vi sono crediti garantiti dal Fondo PMI, valgono considerazioni simili a quelle fatte per la composizione negoziata, con alcune differenze procedurali:

  • Innanzitutto, se il piano prevede solo un allungamento del debito o una rischedulazione senza stralcio, la banca dovrà attivarsi per ottenere l’approvazione di MCC al prolungamento della garanzia. Le Disposizioni Operative del Fondo prevedono la possibilità di estendere la durata della garanzia in caso di modifica del piano di ammortamento originario, purché vi sia un accordo di ristrutturazione. Come visto, dovranno essere trasmessi a MCC il nuovo piano di rimborso e documenti che provino lo stato di difficoltà e la volontà di risanamento (qui torna utile l’attestazione stessa). La banca deve comunicare al Fondo l’avvenuto perfezionamento dell’accordo di ristrutturazione entro 3 mesi dalla delibera di proroga, pena la decadenza della garanzia. In pratica, ottenuto l’assenso, la garanzia coprirà l’esposizione anche sul nuovo calendario di pagamenti (spesso con capitale residuo invariato ma scadenze diluite).
  • Se invece il piano contempla uno stralcio parziale del credito bancario garantito (ad esempio la banca rinuncia al 30% e l’impresa si impegna a restituire il 70%), è altamente consigliato seguire la procedura di accordo transattivo con MCC descritta nel paragrafo precedente. Anche se il piano attestato è un accordo “privato”, nulla vieta che l’accordo con la banca sia subordinato (o almeno condizionato) al via libera del Fondo sulla perdita. Pertanto, la banca potrà presentare a MCC la proposta di stralcio prima di finalizzare il piano. Nel frattempo, la banca potrebbe sospendere le azioni di recupero (magari attraverso una convenzione di moratoria ex art. 182-septies LF, ora art. 62 CCII, se applicabile), al fine di non far decorrere i termini di escussione. Se MCC approva la transazione – ad esempio impresa paga 50%, banca rinuncia a 50% – allora la banca aderirà al piano attestato sapendo di non poter più chiedere l’intervento del Fondo sulla quota rinunciata (il Fondo avrà accettato di liberare la garanzia dietro pagamento parziale). Se MCC nega l’assenso, la banca dovrà scegliere se aderire comunque (perdendo la copertura sulla parte stralciata) o richiedere un piano diverso (es. senza stralcio, ma solo con dilazione).
  • Formalizzazione e pubblicazione: il piano attestato di risanamento, corredato dall’attestazione del professionista, va pubblicato nel registro delle imprese su istanza del debitore. La pubblicazione rende il piano opponibile ai terzi (ad esempio rilevante per l’esenzione da revocatoria) e spesso coincide con il perfezionamento giuridico degli accordi in esso contenuti. È prassi che le banche sottoscrivano accordi bilaterali con la società (contratti modificativi dei finanziamenti) condizionati all’avvenuta pubblicazione del piano. Nel caso di finanziamenti garantiti, l’accordo tra banca e debitore includerà clausole specifiche sulla garanzia MCC: ad esempio, la banca dichiarerà di aver ottenuto l’assenso del Fondo alla transazione e si impegnerà a non escutere la garanzia per la quota stralciata, rinunciando irrevocabilmente a tale diritto.
  • Vantaggi fiscali: come per gli altri strumenti di crisi, anche le eventuali riduzioni di debito nel piano attestato beneficiano della neutralità fiscale: l’Agenzia delle Entrate ha confermato che la sopravvenienza attiva derivante da un piano ex art. 56 CCII non è tassabile, esattamente come previsto per il vecchio piano ex art. 67 LF. Ciò toglie un freno importante: l’imprenditore può accettare remissioni di debito senza temere di pagare imposte sul “beneficio” contabilizzato a bilancio.

In sintesi, il piano attestato è una strada percorribile quando c’è un consenso diffuso e si vuole evitare l’ingresso in tribunale. Rispetto ai debiti garantiti da MCC, offre flessibilità: le parti possono strutturare soluzioni creative, purché il Fondo (che, se tutto va bene, non dovrà mai escutere) sia d’accordo. Tuttavia, essendo un accordo non omologato, il piano attestato non vincola i creditori dissenzienti: se ad esempio una banca su tre non aderisce, quella banca può comunque agire per conto proprio (e potenzialmente escutere la garanzia). È quindi uno strumento adatto quando si ha l’adesione di tutti o quasi i creditori finanziari rilevanti. In caso contrario, potrebbe rendersi necessaria una procedura più strutturata (accordo di ristrutturazione con efficacia estesa, o concordato) per superare l’opposizione di eventuali banche minoritarie.

Accordi di Ristrutturazione dei Debiti (art. 57-64 CCII)

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono strumenti “ibridi” tra il piano puramente privatistico e la procedura concorsuale vera e propria. Previsti dal Codice della Crisi agli artt. 57-64 (riprendendo l’istituto già introdotto nell’ordinamento nel 2005, art. 182-bis LF), consistono in un accordo giuridico tra l’imprenditore e una parte consistente dei creditori, che viene poi omologato dal Tribunale conferendogli efficacia anche verso terzi e alcune protezioni aggiuntive. A differenza del concordato preventivo, non coinvolge necessariamente tutti i creditori, ma richiede l’adesione di una percentuale minima sul totale dei crediti.

Tipologie e quorum: Il CCII prevede diverse varianti di accordo di ristrutturazione:

  • L’accordo ordinario richiede che abbiano aderito creditori rappresentanti almeno il 60% dell’esposizione debitoria totale. I creditori non aderenti restano estranei (non sono vincolati dall’accordo, ma se interamente soddisfatti come previsto l’accordo può comunque essere attuato).
  • L’accordo agevolato (o “ad adesioni ridotte”), introdotto col CCII, consente di omologare un accordo con un quorum più basso (almeno 30% dei crediti) purché i creditori estranei siano pagati integralmente entro 120 giorni dall’omologazione (per i debiti scaduti) o entro 120 giorni dalla scadenza (per i debiti non ancora scaduti). Inoltre, per l’accordo agevolato non è ammessa la richiesta di misure protettive automatiche: è pensato come strumento veloce e molto selettivo.
  • L’accordo ad efficacia estesa (art. 61 CCII) permette di estendere gli effetti dell’accordo anche ai creditori dissenzienti di una certa categoria, a condizione che:
    • la categoria sia omogenea (tipicamente banche/intermediari finanziari) e l’esposizione verso di essa superi il 50% dei debiti;
    • almeno il 75% dei crediti di quella categoria abbia aderito;
    • i creditori da obbligare siano stati informati delle trattative e messi in condizione di parteciparvi.
    In tal caso, su richiesta del debitore, il tribunale può omologare l’accordo rendendolo vincolante anche per i creditori finanziari dissenzienti di quella categoria (è un meccanismo per superare gli holdout nel ceto bancario). Questo strumento, evoluzione dell’art. 182-septies LF, è molto utile se, ad esempio, un paio di banche minoritarie rifiutano irragionevolmente l’accordo mentre la stragrande maggioranza è favorevole.
  • Il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (PRO), previsto dall’art. 64-bis CCII (introdotto per recepire la Direttiva UE 2019/1023), che consente di sottoporre al tribunale un piano anche senza il 60% di adesioni, purché sia suddiviso in classi e ottenga l’approvazione di tutte le classi di creditori (o comunque rispetti le condizioni per l’omologazione anche in caso di voto contrario di alcune classi, quindi uno strumento assimilabile al “cram down” su base di classi). Il PRO è un istituto recente e complesso, che qui citiamo per completezza: esso, di fatto, crea una via di mezzo tra l’accordo e il concordato, con forte intervento giudiziale nell’imporre il piano ai dissenzienti in certe condizioni.

Come si svolge un accordo di ristrutturazione? L’imprenditore elabora un piano di risanamento e negozia le adesioni dei creditori principali (spesso le banche). Raggiunta la soglia richiesta (es. 60%), deposita in tribunale la domanda di omologazione allegando l’accordo sottoscritto e la relazione di un professionista attestatore sulla fattibilità del piano e sull’idoneità a pagare regolarmente i creditori estranei. Può chiedere misure protettive del patrimonio durante l’iter di omologa (salvo che per l’accordo agevolato, come detto). Il tribunale, dopo eventuali opposizioni dei creditori estranei o dissenzienti, verifica la regolarità e convenienza dell’accordo e lo omologa, rendendolo efficace erga omnes secondo quanto previsto. I creditori che hanno aderito sono vincolati alle modifiche concordate dei loro crediti; quelli estranei restano creditori per l’importo originario ma – se previsto dal piano – vengono pagati a scadenza secondo l’accordo (in caso di mancato pagamento potranno agire, ma l’omologazione spesso prevede la sospensione temporanea delle azioni esecutive per dare corso al piano).

Trattamento dei crediti garantiti MCC negli accordi di ristrutturazione: Anche in questo caso, la presenza di una garanzia pubblica impone accortezze specifiche:

  • Coinvolgimento nel perimetro dell’accordo: Idealmente, la banca il cui credito è garantito da MCC dovrà essere parte dell’accordo. Considerando il peso spesso rilevante di tali crediti, è difficile pensare di raggiungere il 60% senza includerli. Quindi, la banca con garanzia MCC con ogni probabilità aderirà all’accordo di ristrutturazione, accettando le modifiche proposte (dilazione o riduzione del credito). Ma ciò non basta: come visto, la banca non può da sola disporre della parte di credito “coperta” senza il consenso del Fondo, a meno di rinunciare alla garanzia. Pertanto, anche qui risulta preziosa la procedura transattiva MCC: la banca aderente all’accordo sottoporrà al Fondo la proposta di ristrutturazione del debito garantito prima dell’omologa. Ad esempio, se l’accordo prevede che la banca riceva il 50% del suo credito in 5 anni e rinunci al resto, la banca deve chiedere a MCC di accettare questa soluzione come soddisfacente.
  • Condizione sospensiva nell’accordo: Spesso gli accordi di ristrutturazione con banche garantite contengono una clausola che li condiziona all’ottenimento del nulla osta del Fondo di Garanzia. In pratica, la banca firma “salvo buon fine” dell’autorizzazione MCC. Questo perché la banca non vuole trovarsi scoperta: se il Fondo negasse la proposta, la banca potrebbe decidere di non voler più aderire alle stesse condizioni (soprattutto se lo stralcio era significativo).
  • Omologazione e creditori estranei: se il Fondo MCC approva la transazione sul debito, la quota di credito oggetto di stralcio sarà considerata rinunciata sia dalla banca sia dal Fondo. Il tribunale, nell’omologare, avrà cura di verificare che il trattamento del debito garantito è tale da assicurare il pagamento integrale dei creditori estranei (come richiesto dalla legge). Il professionista attestatore, nella sua relazione, dovrà certificare che i creditori non aderenti (incluso il Fondo, se considerato estraneo in quanto non firmatario diretto) vengono pagati al 100% entro i termini di legge. Qui c’è una particolarità: tecnicamente il Fondo non è un creditore esistente al momento dell’accordo (se non c’è stata escussione), ma considerata la giurisprudenza sulla condizione sospensiva, è prudente trattarlo come potenziale creditore estraneo privilegiato. L’attestatore quindi deve valutare che, con l’accordo, non viene pregiudicata l’eventuale soddisfazione del Fondo. Questo è generalmente vero: se il Fondo approva lo stralcio, significa che accetta di non rivalersi oltre quanto concordato; se non approva, la banca dovrebbe essere in grado di avere il suo 80% via garanzia (scenario liquidatorio).
  • Caso di mancata adesione della banca garantita: supponiamo un caso difficile in cui la banca con credito garantito MCC non aderisca all’accordo (magari perché non concorda con lo stralcio proposto). L’accordo potrebbe comunque raggiungere il 60% con altri creditori e andare in omologa. In tal caso, però, il credito della banca rimane fuori dall’accordo e la banca potrà agire autonomamente. Questo è un rischio notevole: la banca potrebbe escutere la garanzia nel frattempo, facendo entrare il Fondo come creditore privilegiato fuori accordo e magari tentando di far fallire l’impresa se l’accordo omologato non lo soddisfa. Per mitigare tali rischi, il CCII offre due strumenti:
    • l’accordo ad efficacia estesa: se le banche dissenzienti sono poche e rientrano nei criteri dell’art. 61 CCII, il debitore può chiedere di estendere loro l’accordo. Ad esempio, se il 80% delle banche ha aderito e solo 20% no, il tribunale può imporre l’accordo anche a quelle no, impedendo loro di agire autonomamente. Naturalmente, anche qui il via libera di MCC sarebbe condizione per includere l’eventuale parte garantita.
    • il PRO (piano di ristrutturazione soggetto a omologazione): se non si raggiunge il 60%, si può tentare la via del PRO, presentando comunque il piano al tribunale e cercando l’omologa anche senza adesione di quella banca, facendo leva magari sul voto favorevole di altre classi. Anche in sede di PRO il tribunale potrà valutare di confermare il piano forzosamente (cram down), ma dovrà comunque assicurarsi che i creditori in posizione similare siano trattati equamente e che nessun creditore dissenziente riceva meno di quanto otterrebbe nella liquidazione. Nel caso del Fondo garantito, significa che dovrà prendere in considerazione la presenza del privilegio statale e assicurare che quel creditore privilegiato potenziale riceverà almeno il best interest test. In pratica, queste situazioni sono complesse e andrebbero evitate con la negoziazione: se una banca garantita MCC non vuole aderire a condizioni di stralcio, spesso conviene rivedere la proposta (magari prevedere per essa una percentuale maggiore) piuttosto che impantanarsi in contenziosi in sede di omologa.

Vantaggi degli accordi di ristrutturazione (per l’impresa e per MCC): rispetto al piano attestato, l’accordo omologato offre una maggiore tenuta giuridica, grazie all’omologa del tribunale e alla possibilità di bloccare le azioni dei non aderenti già dall’omologazione (o anche prima, con misure protettive). Per l’impresa, è uno strumento meno costoso e più rapido di un concordato, con minori formalità (ad esempio non c’è voto di tutti i creditori, né obbligo di percentuali minime di soddisfo ai chirografari estranei se questi vengono pagati integralmente come di regola). Per il Fondo MCC, un accordo di ristrutturazione con transazione approvata rappresenta anch’esso un esito positivo: lo Stato evita di dover esborsare l’80% alla banca in un fallimento e “accetta” un certo sacrificio (ad esempio rinunciare a incassare il 30% del debito) perché vede che l’impresa può comunque risollevarsi e pagare quel 70%. Il tutto formalizzato con l’omologa, quindi con la massima trasparenza e certezza.

Da notare che i crediti pubblici (Erario e INPS) possono anch’essi essere ristrutturati negli accordi tramite la transazione fiscale e contributiva (art. 63 CCII). Questo strumento permette, con il voto favorevole dell’Erario, di stralciare in parte anche debiti IVA, contributi, ecc. La legge 2021 ha previsto persino l’omologazione forzosa della transazione fiscale in caso di voto contrario ingiustificato, ma interventi normativi successivi (L. 104/2023) hanno limitato questa possibilità. In ogni caso, è importante qui ribadire che il credito del Fondo di garanzia non rientra in tali transazioni, in quanto non è un tributo né un contributo previdenziale.

Conclusione sulla gestione MCC negli accordi: un accordo di ristrutturazione ben riuscito incorporerà sempre un’intesa specifica sul debito garantito. L’accantonamento di cui parlano alcune linee guida (fondo rischi) potrebbe non essere necessario se c’è già un accordo con MCC: l’importante è che, al termine dell’esecuzione dell’accordo omologato, non residuino pretese del Fondo insoddisfatte. Se l’accordo prevede il pagamento parziale e MCC l’ha accettato, il Fondo non avrà pretese ulteriori (perché la garanzia sarà stata liberata). Se invece l’accordo non coinvolge MCC e il debito viene decurtato unilateralmente, il rischio è che la banca, pur aderente, escuta comunque per la parte decurtata per non perdere la garanzia (ad esempio: accordo dice “ti pago 50 e rinuncio a 50”, la banca incassa 50 dall’impresa e poi chiede 40 al Fondo – se ciò fosse possibile contrattualmente, la banca lo farebbe, ma in realtà firmando l’accordo la banca in genere rinuncia a fare ciò). Ecco perché serve chiarezza contrattuale: l’accordo deve prevedere che la banca rinuncia a escutere per la parte oggetto di riduzione, e ciò di regola è subordinato al via libera MCC. Sembra complicato, ma di fatto con la procedura predisposta (tramite portale) queste situazioni trovano soluzione.

Concordato Preventivo (in continuità o liquidatorio) e crediti garantiti MCC

Il concordato preventivo è la procedura concorsuale per eccellenza tramite la quale un imprenditore in crisi chiede ai creditori di approvare un piano per il risanamento o la liquidazione dell’impresa, al fine di evitare la più drammatica liquidazione giudiziale (ex fallimento). Nel Codice della Crisi, il concordato è disciplinato negli artt. 84 e seguenti. Può assumere due forme principali:

  • Concordato in continuità aziendale (diretta o indiretta): prevede la prosecuzione dell’attività d’impresa, integralmente o tramite cessione dell’azienda, con l’obiettivo di soddisfare i creditori col ricavato della continuità (utili futuri, apporto di finanza nuova, ecc.) invece che con una liquidazione immediata. Offre prospettive di recupero migliori ma ha regole di fattibilità stringenti (deve assicurare un ritorno almeno pari a quello liquidatorio).
  • Concordato liquidatorio: prevede la cessazione dell’attività e la liquidazione del patrimonio, ma con alcune caratteristiche di convenienza rispetto alla liquidazione giudiziale (ad esempio l’apporto di risorse esterne almeno del 10% dell’attivo liquidatorio, oppure un soddisfacimento minimo del 20% ai chirografari, salvo esenzioni in caso di concordato “semplificato” post-negoziazione). Il concordato liquidatorio nel CCII è ammesso ma scoraggiato rispetto a soluzioni in continuità.

Procedura in sintesi: l’imprenditore presenta ricorso al Tribunale con un piano e una proposta ai creditori; dopo una fase iniziale di ammissibilità, si procede alla votazione in cui i creditori aventi diritto si esprimono (per classi, se il piano ne prevede, o tutti assieme). Se la maggioranza (per teste e per importi, come da legge) approva, si passa all’omologa da parte del Tribunale, che verifica legalità e fattibilità. Se i creditori non approvano, la procedura viene dichiarata inammissibile (salvo ipotesi di omologa d’ufficio di concordato minore in casi particolari, non rilevanti qui).

Diritti di voto e classi: Nel concordato, non tutti i creditori votano. In particolare, i creditori privilegiati (ossia con garanzie reali o privilegi come quelli del Fondo) non votano se la proposta prevede di soddisfarli integralmente entro i termini di legge. Votano invece se viene proposta una parziale rinuncia del loro credito (la parte falcidiata li rende chirografari per differenza) o se rinunciano volontariamente al privilegio. I creditori chirografari votano sempre (sono di solito i principali attori). I creditori pubblici (Erario/INPS) votano come chirografari per l’eventuale parte non privilegiata (sanzioni, interessi non privilegiati, IVA se falcidiabile solo in continuità, ecc.). Nel caso di banche con garanzia MCC, come ci si regola? Applicando la logica Cassazione vista sopra: la banca ha un credito chirografario per la parte non garantita e un creditore pubblico (il Fondo) ha un credito privilegiato condizionale per la parte garantita.

Nella pratica concordataria pre-2023 spesso le banche con garanzia votavano per l’intero credito come chirografarie (sbagliando approccio). Con le nuove pronunce, la tendenza è di far votare la banca solo per la porzione non coperta da garanzia e considerare il Fondo come titolare di un credito privilegiato condizionato. Ciò comporta alcune conseguenze operative:

  • Se il piano di concordato non tocca il credito privilegiato del Fondo (cioè prevede di pagarlo integralmente qualora sorga), il Fondo/MCC non partecipa al voto (in quanto creditore privilegiato soddisfatto al 100%). La banca invece vota per il 20% del suo credito (ipotizzando 80% garantito) come chirografo.
  • Se il piano propone di falcidiare anche la parte privilegiata (cosa possibile solo se si dimostra che il patrimonio non è sufficiente a coprirla integralmente, ai sensi dell’art. 84 CCII), allora il Fondo assumerebbe un ruolo di creditore privilegiato parzialmente chirografo per la parte falcidiata e potrebbe dover esprimere voto (o comunque partecipare in classe propria). In genere, però, i piani cercano di non intaccare il privilegio statale, sia perché il CCII tende a vietarlo (il privilegio ex D.Lgs. 123/1998 è difficilmente comprimibile se non nei limiti dell’attivo disponibile), sia perché significherebbe dire al giudice che i beni non bastano nemmeno a coprire i privilegi (caso estremo in cui probabilmente il concordato non sarebbe confermato per mancanza di convenienza rispetto al fallimento).
  • Il piano può quindi tendenzialmente prevedere: pagamento integrale (o per la massima percentuale possibile) del credito privilegiato del Fondo, eventualmente in tempi dilazionati, e trattamento parzialmente falcidiato del credito chirografo della banca (cioè del 20% non garantito, che viene soddisfatto magari al x%). Ad esempio: su €1M di debito con garanzia 80%, il piano dice: “il Fondo (qualora escusso) verrà soddisfatto fino a €800k in privilegio (ipotizzando attivo sufficiente a pagare quella classe al 100%), la banca per i €200k scoperti prende il 40%, quindi €80k”.
  • Accantonamento/fondo rischi: poiché l’escussione della garanzia potrebbe avvenire in qualunque momento (anche dopo l’omologa, se la banca vedesse che il piano non paga il 100% al Fondo per qualsiasi ragione), è prassi includere nel piano un accantonamento di liquidità destinato specificamente a far fronte all’eventualità che il Fondo diventi creditore. Ad esempio, un conto vincolato dove confluiranno certi importi fino a concorrenza del privilegio potenziale, liberato solo a favore del Fondo se la garanzia sarà escussa. Questo meccanismo tutela il Fondo e rassicura il tribunale sulla fattibilità del piano rispetto al credito privilegiato condizionato. Il Tribunale di Milano nell’ordinanza cautelare citata afferma proprio che senza quell’accantonamento (reso impossibile dall’escussione immediata) il debitore sarebbe costretto a “destinare finanza al fondo rischi” sottraendola alla trattativa.

Concordato in continuità e garanzia MCC: nel concordato con continuità, solitamente si mantiene il rapporto con la banca. Ciò significa che il finanziamento garantito potrebbe proseguire in essere (se l’impresa continua a pagare regolarmente le rate, magari posticipate) oppure essere rimborsato con flussi generati dalla continuità nel tempo. In questo caso, il Fondo potrebbe addirittura non dover mai intervenire se il piano va a buon fine. Alcuni concordati in continuità prevedono che i finanziamenti bancari garantiti escano dal perimetro concorsuale: ad esempio, l’impresa può chiedere ai creditori privilegiati (tra cui il Fondo, condizionatamente) una moratoria ex art. 86 CCII sulle rate in scadenza nel concordato in continuità, pagandole poi integralmente dopo un certo periodo. Se concessa, la banca garantita sospende le rate ma conserva intatta la garanzia statale, e non vota perché considera il suo credito non alterato (solo dilazionato). Questo approccio può essere utile se l’azienda è sana ma ha solo bisogno di tempo. Ovviamente serve il consenso del creditore privilegiato (banca/Fondo) e l’attestazione che ciò non danneggia i chirografari.

Concordato liquidatorio e garanzia MCC: nel concordato liquido (dove si vendono i beni e si distribuisce il ricavato), la presenza del privilegio MCC è decisiva nella graduatoria: sul ricavato della liquidazione, dopo i crediti pre-deducibili e quelli con pegno/ipoteca, verranno i privilegi speciali e generali, tra cui quello del Fondo. Il piano dovrà quindi calcolare che il Fondo incasserà fino a concorrenza dell’80% del credito garantito (se l’attivo lo consente). Ad esempio, se si vendono tutti i beni liberi e ne risultano €500k disponibili, e c’è il Fondo con €800k privilegiati e altri privilegi per €100k (dipendenti, ecc.), i €500k andranno prima ai dipendenti (poniamo €100k) e i restanti €400k al Fondo, a scapito degli altri chirografari. Se residua qualcosa oltre €800k, va ai chirografari. Quindi in un liquidatorio puro, praticamente il Fondo assorbe la gran parte dei valori disponibili, lasciando spesso i creditori chirografari con percentuali molto basse. Questo scenario a volte rende impossibile rispettare la regola del 20% ai chirografari (se il Fondo porta via tutto, i chirografi <20%). In tali casi, il concordato liquidatorio rischia di non essere ammissibile o di doversi “mascherare” da semplificato (che non richiede la regola del 20% se successivo a negoziazione) oppure di dover introdurre finanza esterna a beneficio dei chirografari. Il Fondo in un concordato liquidatorio vota? Se viene pagato integralmente, no (è un privilegiato soddisfatto); se non è pagato integralmente (perché attivo insufficiente), tecnicamente avrebbe diritto di voto per la parte falcidiata. Tuttavia, in un liquidatorio dove tutti prendono poco, spesso i privilegiati non integralmente soddisfatti vengono comunque considerati soddisfatti in misura non inferiore alla liquidazione, quindi con consenso forzato, e non si procede a farli votare. In ogni caso, lo scenario liquidatorio puro con crediti MCC escussi è delicato e di solito non conviene né all’impresa (che finisce spossessata) né al Fondo (che recupera poco in valore assoluto, se l’attivo è basso).

Transazione con MCC nel concordato: può sembrare strano, ma nulla vieta che anche durante un concordato l’impresa raggiunga un accordo transattivo con la banca e MCC. Questo potrebbe riflettersi nel piano come segue: invece di prevedere di pagare il Fondo all’80% e la banca 0% chirografo (come da scenario base), l’impresa potrebbe accordarsi per pagare, poniamo, il 50% alla banca a saldo e stralcio subito e chiedere a MCC di non rivalersi per l’altro 30% garantito. In tal caso, nel piano concordatario la banca sarebbe soddisfatta al 50% (con il ricavato immediato, magari grazie a finanza esterna) e rinuncerebbe al resto, e il Fondo rinuncerebbe a escutere la garanzia (liberandola). Questo accordo però dovrebbe essere fatto prima dell’omologa e possibilmente prima del voto (per poterne informare i creditori, se rilevante). Non è frequente, ma è teoricamente possibile se l’impresa dispone di finanza esterna per convincere la banca a tale soluzione. Andrebbe comunque autorizzato dal tribunale se comporta pagamento differenziato di crediti privilegiati prima dell’omologa.

In conclusione, il concordato preventivo è la procedura più strutturata e garantita, ma anche la più rigida. Per i debiti con garanzia statale, la regola aurea è: garantire al Fondo un trattamento pienamente conforme al suo privilegio (o ottenere il suo consenso scritto a un trattamento diverso). Ciò in genere significa che il piano deve prevedere il pagamento integrale del suo credito condizionato, salvo il caso in cui l’attivo non lo consenta neppure in fallimento (circostanza che andrà dimostrata). Un concordato che lasci il Fondo parzialmente insoddisfatto senza il suo consenso avrebbe enormi difficoltà a essere omologato, sia per violazione della par condicio (privilegiati degradati) sia per il possibile voto contrario del Fondo (che, se considerato classe separata, potrebbe far mancare le maggioranze). Fortunatamente, come abbiamo visto, la legge offre strumenti e la prassi accorgimenti per evitare conflitti insanabili: misure protettive ad hoc (divieto di escussione durante la procedura), accantonamenti mirati, e soprattutto possibilità di accordo transattivo anche in pendenza della procedura.

Esempio riassuntivo – Tabella: consideriamo un credito bancario di €1.000.000 garantito al 80% (MCC) in un concordato, e vediamo come può essere trattato:

CasoPagamento previsto alla bancaPagamento previsto al Fondo (MCC)Note sul voto e sugli esiti
Concordato in continuità senza stralcio (moratoria)100% (ma pagamento dilazionato negli anni con i flussi di continuità)0% (garanzia non escussa, rimane sospesa)Banca privilegiata, non vota (si considera soddisfatta integralmente anche se in forma dilazionata). Il Fondo resta quiescente: se il piano funziona, non pagherà mai. Se il piano fallisse, la banca potrebbe escutere allora.
Concordato con stralcio parziale (accordo transattivo nel piano)50% immediato (es. grazie a un investitore) – la banca rinuncia al restante 50%Rinuncia all’80% (MCC accetta di liberare la garanzia) in cambio di 0 esborsoBanca vota (perché accetta riduzione, ma di fatto è d’accordo) – essendo soddisfatta al 50%, probabilmente voterà a favore avendo firmato accordo. Fondo non vota perché rinuncia al credito previo accordo. Serve che la transazione MCC sia approvata prima dell’omologa.
Concordato liquidatorio classico (senza accordo)0% (banca non prende nulla direttamente perché il suo credito è interamente privilegiato grazie alla garanzia)magari 50% (su €800k garantiti, supponendo attivo che paga privilegi al 50%)Banca come chirografo per €200k vota (prenderà 0 in distribuzione perché privilegio del Fondo esaurisce l’attivo, dunque è falcidiata al 0%; potrà votare no, ma conta poco se è minoranza). Fondo come privilegiato prende 50% del suo credito: non vota formalmente, ma in realtà non è soddisfatto integralmente – tuttavia, essendo il massimo ottenibile data l’insufficienza dell’attivo, il tribunale può omologare lo stesso se ritiene rispettato il migliore interesse. I chirografari diversi dalla banca prendono 0, concordato liquidatorio così rischia di non soddisfare requisiti (20% a chirografi mancante).

Come si nota, l’ultima ipotesi evidenzia le difficoltà: conviene evitare di arrivare lì. Molto meglio trovare un punto di incontro come nell’ipotesi transattiva o assicurare continuità.

Concordato Semplificato dopo composizione negoziata

Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio è una particolare forma di concordato introdotta nel 2021 (e ora all’art. 25-sexies CCII) che può essere utilizzata solo se la composizione negoziata della crisi non ha condotto ad un accordo con i creditori. È detto “semplificato” perché presenta importanti differenze dal concordato preventivo ordinario:

  • Accesso riservato post-negoziazione: solo l’imprenditore che abbia esperito la composizione negoziata senza successo, e ottenuto la relazione finale negativa dell’Esperto, può proporre entro 60 giorni un concordato semplificato.
  • Finalità esclusiva liquidatoria: è ammesso solo per liquidare il patrimonio (non prevede continuità aziendale). L’idea è di offrire una via rapida verso la liquidazione concordata evitando il fallimento, ma garantendo comunque una valutazione giudiziale.
  • Assenza di voto dei creditori: questa è la caratteristica peculiare – nel concordato semplificato i creditori non votano sulla proposta. I creditori vengono solo sentiti in camera di consiglio dopo il deposito della proposta, potendo eventualmente opporsi in sede di omologazione, ma non c’è una votazione con maggioranze.
  • Ruolo del Tribunale: l’omologazione dipende interamente dal giudice, che verifica il rispetto dei requisiti di legge (in particolare che ai creditori sia assicurato non meno di quanto otterrebbero nella liquidazione giudiziale e l’apporto di eventuale finanza esterna migliorativa). Se ci sono opposizioni, il tribunale le valuta ma può ugualmente omologare se ritiene la proposta conveniente e conforme alla legge.
  • Semplificazioni procedurali: essendo senza voto, il procedimento è più celere. Non c’è neanche l’obbligo delle percentuali minime di soddisfacimento del 20% per i chirografari che vale nel concordato liquidatorio ordinario. Tuttavia, deve esserci almeno qualche utilità distribuita ai creditori (non si può omologare se il piano è manifestamente inadeguato).

Trattamento dei crediti con garanzia MCC: nel concordato semplificato valgono molte delle considerazioni già fatte per il concordato liquidatorio, con alcune particolarità:

  • Poiché non c’è voto dei creditori, la banca garantita e il Fondo non votano per definizione. Questo potrebbe sembrare vantaggioso – non c’è rischio di voto contrario – ma significa anche che non c’è un momento di “contrattazione” con i creditori attraverso il piano: il tutto è rimesso alla valutazione del tribunale.
  • Il Fondo MCC, se il patrimonio è insufficiente, potrebbe risultare parzialmente insoddisfatto. Come nel concordato liquidatorio ordinario, in sede di omologazione il giudice verificherà il rispetto del best interest test: cioè che i creditori (incluso il Fondo) non ricevano meno di quanto otterrebbero nella liquidazione giudiziale. Dato che la liquidazione giudiziale vedrebbe comunque il Fondo privilegiato prendere il ricavato fino a concorrenza, il piano dovrà dargli almeno la stessa percentuale. Se il piano semplificato prevede di dare, ad esempio, il 30% al Fondo e in fallimento si stima avrebbe preso 50%, l’omologa sarà negata su opposizione del Fondo (o anche d’ufficio). Quindi il piano semplificato deve destinare al Fondo tutti i beni liberi disponibili salvo quelli eventualmente assorbiti da privilegi di grado superiore.
  • Non essendoci voto, il rischio di contestazione si sposta in sede di omologa. Il Fondo (o la banca) potranno presentare opposizione se ritengono che il piano li pregiudichi. Ad esempio, la banca potrebbe opporsi sostenendo che il piano è inammissibile perché non rispetta l’ordine delle prelazioni (ma il tribunale può superare l’opposizione se invece li soddisfa nel rispetto dell’alternativa fallimentare).
  • Anche nel semplificato, nulla vieta di aver raggiunto prima qualche accordo transattivo con un creditore. Ma dato che la composizione negoziata è fallita, è improbabile che improvvisamente si ottenga una transazione con MCC; più probabile è che il piano semplificato debba limitarsi a fotografare la realtà: vendiamo tutto e distribuiamo secondo legge. In questa fotografia, il Fondo essendo privilegiato prende (fino a capienza) prima dei chirografari.
  • Una differenza importante: nel concordato semplificato non esiste il requisito del 20% minimo ai chirografari né l’obbligo di finanza esterna (richiesti invece nel concordato liquidatorio ordinario). Questo significa che è legalmente possibile omologare un concordato semplificato dove di fatto il Fondo MCC assorbe tutto l’attivo e i chirografari prendono zero, cosa che in un concordato preventivo liquidatorio classico sarebbe vietata (per mancanza del 20%). Ciò è coerente con la finalità del semplificato: dare uno strumento anche in situazioni di dissesto estremo, purché comunque migliore del fallimento (nel fallimento pure i chirografari prenderebbero zero in quell’esempio). Quindi, paradossalmente, nei concordati semplificati il Fondo potrebbe trovarsi ad essere l’unico creditore sostanzialmente soddisfatto, prendendo tutto l’attivo distribuibile (dopo gli altri privilegi eventuali). I creditori chirografari accetterebbero passivamente perché comunque in fallimento non avrebbero avuto di più.

Esempio: un’impresa ha attivo liquidabile 500, debiti: Fondo MCC (privilegiato) 800, altri chirografi 400. In fallimento, il Fondo avrebbe preso 500 e i chirografi 0. Nel concordato semplificato l’impresa propone di distribuire 500 al Fondo (cioè ~62% del suo credito) e niente ai chirografi. Il tribunale può omologare perché il Fondo prende quanto avrebbe comunque preso (500) e i chirografi uguale a fallimento (0). Il Fondo magari si oppone perché prende 62% e “perde” 38%, ma se non c’è modo di ricavare di più dal patrimonio, l’opposizione difficilmente verrà accolta. Lo Stato in questo caso subisce una perdita, ma la subirebbe ugualmente in fallimento; almeno col concordato semplificato la procedura è più rapida e c’è trasparenza su realizzazione beni.

Spazio per accordi volontari: sebbene il concordato semplificato sia “imposto dall’alto”, nulla impedisce che durante la procedura l’impresa possa migliorare la posizione di alcuni creditori con accordi ad hoc, purché ciò non violi la par condicio. Ad esempio, se un terzo (socio) apporta risorse destinate esclusivamente ai creditori chirografari per far loro avere qualcosa, si può fare. Oppure il debitore potrebbe convincere la banca a non escutere la garanzia (sapendo che tanto il Fondo in quel contesto prenderebbe comunque quell’importo dall’attivo) in cambio magari di una cessione di un bene fuori piano – ipotesi borderline, perché potrebbe confliggere con la massa, ma per dire che soluzioni creative sono possibili se c’è collaborazione. Tuttavia, dopo il fallimento della composizione negoziata, spesso i rapporti fiduciari sono deteriorati quindi il semplificato va avanti dritto per la sua strada giudiziale.

Conclusioni sul semplificato: è un istituto utile per chiudere la crisi rapidamente in mancanza di intesa. Dal lato del Fondo MCC, il concordato semplificato non offre vantaggi particolari oltre al fatto di risparmiare tempo rispetto a un fallimento. Lo Stato incasserà quel che c’è, senza sconti né accordi, perché non c’è margine negoziale (il giudice non può imporre al Fondo di rinunciare al privilegio né di accettare meno se c’è di più da distribuire). Dal lato dell’impresa, almeno evita la dichiarazione di fallimento e consente all’imprenditore di godere dell’esdebitazione residua eventualmente più rapidamente. In termini di garanzia MCC, dopo l’omologazione la posizione è chiara: la banca verrà soddisfatta (in tutto o parte) dal pagamento del Fondo secondo quanto ottenuto nel concordato, dopodiché il Fondo non avrà altre pretese (perché il concordato omologato libera l’impresa dai debiti eccedenti). Va sottolineato che, analogamente agli altri istituti, anche per il concordato semplificato vale la non tassabilità delle sopravvenienze attive da stralcio di debiti, come previsto in via interpretativa dall’Agenzia delle Entrate e come probabilmente verrà codificato nella riforma fiscale.

Aspetti operativi nella ristrutturazione dei debiti garantiti MCC

Dopo aver esaminato i vari strumenti a disposizione, riepiloghiamo ora gli aspetti pratici e operativi da considerare quando si affronta una ristrutturazione finanziaria che include debiti bancari garantiti dal Fondo PMI:

1. Mappare le garanzie e leggere le clausole dei contratti di finanziamento: Il primo passo è avere chiaro quali finanziamenti godono di garanzia MCC, per quali importi e percentuali, e se vi sono condizioni particolari. Ad esempio, i finanziamenti emergenziali Covid fino a 30.000 € avevano garanzia al 100% statale; altri al 90% o 80%. Bisogna verificare se i contratti di finanziamento contengono clausole risolutive, covenant o obblighi di notifica in caso di piani di ristrutturazione. Alcuni contratti, ad esempio, prevedono che la mera richiesta di concordato costituisca inadempimento e consente la banca di escutere la garanzia. Inoltre, la banca per attivare la garanzia deve seguire le regole del Fondo: conoscere queste regole (spesso riportate nelle Disposizioni Operative e nelle convenzioni di garanzia sottoscritte) aiuta a prevedere le mosse della banca. Ad esempio, sappiamo che la banca deve presentare domanda di ammissione al passivo in fallimento entro un certo termine per non decadere dalla garanzia; se sta per scadere quel termine, tenderà ad agire in fretta.

2. Instaurare un dialogo trasparente con la banca finanziatrice: La banca è l’interlocutore formale verso MCC. È strategico sin dall’inizio far comprendere alla banca che una ristrutturazione concordata può massimizzare il recupero rispetto a un default. Bisogna anche essere consapevoli delle incentivazioni/distorsioni che la garanzia comporta: una banca garantita all’80% potrebbe essere indifferente tra prendere un 30% dal debitore oggi o aspettare e prendere 80% dallo Stato domani; anzi, dal punto di vista puramente economico, potrebbe preferire il pagamento dal Fondo. Tuttavia, le banche hanno interesse a evitare sofferenze e perdite prolungate, e soprattutto a non perdere la relazione col cliente. Inoltre, se l’accordo conviene al Fondo, la banca può evitare la trafila burocratica dell’escussione e la lungaggine di un contenzioso con l’Erario poi surrogato. È utile presentare alla banca un piano credibile di risanamento, corredato di proiezioni finanziarie e di un’analisi comparativa “concordato vs escussione vs fallimento”, per convincerla che valga la pena negoziare con l’impresa e il Fondo.

3. Attivare la procedura di accordo transattivo MCC quando necessario: Se la ristrutturazione prevede uno stralcio (parziale) del debito garantito, o comunque una modifica sostanziale che impatta la posizione del Fondo, va messa in conto la richiesta formale a MCC. Operativamente, questa richiesta viene caricata dalla banca sul Portale FdG (il portale del Fondo di garanzia) selezionando la sezione apposita e inserendo tutti i dati richiesti (come quelli elencati in precedenza: importi, percentuali, motivazioni, etc.). È importante che l’azienda fornisca tempestivamente alla banca tutta la documentazione di supporto (bilanci, piani, relazione dell’attestatore se disponibile, elenco creditori, valori di realizzo stimati, ecc.), perché la banca dovrà a sua volta trasmetterla a MCC. Tenere conto dei tempi: il Fondo normalmente risponde entro 30 giorni (per le proposte transattive, come da disposizioni), ma in caso di necessità di integrazioni può volerci di più. Bisogna quindi inoltrare la proposta con un congruo anticipo rispetto alle scadenze critiche (ad es., prima che scada la moratoria concessa dal tribunale o prima che si depositi un piano definitivo in tribunale). Durante l’attesa, accertarsi che la banca abbia richiesto formalmente la sospensione dei termini di escussione (lo può fare, e la concessione può arrivare per max 12 mesi), così da non trovarsi con brutte sorprese (decadenza garanzia).

4. Valutare l’impatto fiscale e civilistico della ristrutturazione: Come evidenziato, le riduzioni di debito nell’ambito di concordati, accordi omologati o piani attestati non sono tassabili come sopravvenienze attive. Questo è fondamentale per l’equilibrio del piano: significa che se, ad esempio, 1 milione di debiti viene stralciato, l’impresa non dovrà pagare 240k di imposte (IRES+IRAP) su quella “rinuncia”, cosa che altrimenti renderebbe vano lo sforzo di risanamento. Tuttavia, bisogna gestire contabilmente gli effetti: le rinunce a debito in concordato o accordo producono comunque una sopravvenienza attiva in bilancio, che sarà esente da tasse ma inciderà sul risultato d’esercizio e sul patrimonio netto. È un aspetto per lo più tecnico, ma da non dimenticare (specie se ci sono soci o terzi interessati alle percentuali di partecipazione post-ristrutturazione).

5. Formalizzare adeguatamente gli accordi con la banca e MCC: Se si raggiunge un’intesa, assicurarsi che sia messa nero su bianco correttamente. Ad esempio, se è un piano attestato, ci saranno accordi bilaterali banca-impresa che modificano il contratto di mutuo. Tali accordi dovranno menzionare la liberazione (totale o parziale) della garanzia MCC a seguito della deliberazione del Fondo tal dei tali e la rinuncia della banca ad escutere per le parti oggetto di stralcio, ecc. Se è un accordo ex 182-bis, il testo dell’accordo omologato dovrebbe riportare gli impegni della banca e la condizione di efficacia legata all’assenso MCC. In un concordato, la transazione con MCC potrebbe essere allegata al piano o comunque citata nella proposta (es: “la banca X ha accettato in via transattiva il pagamento del 50% del proprio credito con liberazione corrispondente della garanzia statale”). Inoltre, è bene coordinare i tempi: ad esempio, far coincidere l’efficacia dell’accordo di stralcio col passaggio in giudicato dell’omologa o con la data di pubblicazione del piano attestato, in modo da avere certezza giuridica.

6. Gestire l’escussione e la surroga in caso di insuccesso: Non tutte le ristrutturazioni vanno a buon fine. Occorre avere pronto un “piano B” se l’accordo salta e si torna alla scenario di escussione:

  • La banca in tal caso attiverà la garanzia e il Gestore del Fondo (MCC) liquiderà l’importo dovuto. Dopodiché, come detto, Agenzia Entrate-Riscossione perseguirà l’impresa. L’impresa può ancora evitare il peggio presentando magari una istanza di accordo di ristrutturazione o un concordato in extremis, ma tenendo presente che a quel punto il creditore è cambiato: non più la banca, bensì lo Stato (con privilegio). Ciò può complicare l’omologa, perché ad esempio la transazione fiscale non può includere questo credito e l’unica sarebbe pagarlo integralmente o quasi.
  • In sede di fallimento (liquidazione giudiziale), prepararsi alla doppia insinuazione: se il pagamento del Fondo avviene prima dell’esame passivo, vedremo sia la banca (per la parte scoperta) sia il Fondo (per la parte pagata) insinuarsi. Se avviene dopo, la banca insinua l’intero importo al chirografo specificando che è garantito dallo Stato; poi quando il Fondo paga, subentra in parte. Il Curatore dovrà coordinare queste posizioni evitando duplicazioni.
  • Ricordarsi che MCC ha l’obbligo di agire per recuperare: di solito invia un’intimazione e poi iscrive a ruolo il credito, procedendo come fosse un credito erariale (fermo amministrativo, ipoteche, pignoramenti). C’è la possibilità di rateizzare col fisco questi importi se l’impresa post-fallimento prosegue o il debitore persona fisica vuole evitare problemi, ma essendo importi spesso rilevanti e privilegiati, c’è poca flessibilità. Meglio davvero prevenire ed evitare questo esito.

7. Coordinare garanzie reali e garanzie pubbliche: Spesso i finanziamenti garantiti da MCC hanno anche altre garanzie (ipoteche su immobili dell’azienda o dei garanti personali, pegni su beni, fideiussioni dei soci). La ristrutturazione del debito non può prescindere da considerare anche queste: ad esempio, se la banca accetta uno stralcio, normalmente vorrà mantenere eventuali pegni fino a concorrenza del nuovo importo dovuto, ma libererà le garanzie eccedenti. Se c’è un fideiussore (es. un socio garante) e il debito viene ridotto, attenzione: la rinuncia del credito da parte della banca in assenza di diversa pattuizione libera anche il fideiussore (perché accettando meno si riduce l’obbligazione garantita). Spesso però, nelle ristrutturazioni, si chiede al garante personale di contribuire economicamente in cambio della liberazione. Nel contesto MCC, il Fondo non garantisce le somme dovute dai fideiussori (garantisce solo l’obbligazione principale), ma se la banca ottiene pagamenti dal fideiussore questi vanno a ridurre il suo credito e di conseguenza il Fondo paga di meno. Ad esempio, se un socio paga fuori dal concordato il 10% del debito bancario pur di liberarsi, la banca poi chiederà l’escussione a MCC sull’ammontare netto. Sono scenari da valutare per eventualmente inserire contributi di terzi nelle soluzioni.

8. Monitorare gli aggiornamenti normativi e interpretativi: Il quadro normativo in materia di crisi d’impresa e garanzie pubbliche è in evoluzione costante. Ad esempio, a settembre 2024 è entrato in vigore un Decreto Correttivo (D.Lgs. 136/2024) che ha modificato numerosi articoli del CCII per recepire meglio la Direttiva Insolvency. È importante verificare, all’atto pratico, se vi sono state modifiche alle percentuali, alle condizioni di ammissibilità, ai poteri del giudice (ad es. sul cram down del Fisco) che possano incidere sul caso specifico. Sul fronte MCC, il MIMIT e Mediocredito Centrale emettono circolari operative per aggiornare le disposizioni del Fondo. Ad esempio, Circolare MCC n. 20/2024 (dicembre 2024) ha integrato le norme per adeguarle alle novità del Codice della Crisi, specificando proprio le modalità di gestione dei crediti oggetto di accordi di ristrutturazione e concordati preventivi. Tenersi informati su queste circolari (consultabili sul sito del Fondo di Garanzia PMI) è fondamentale, perché contengono indicazioni pratiche: ad es. come trattare le comunicazioni al Fondo in caso di omologa di un concordato che prevede uno stralcio – la circolare potrebbe dire che la banca deve comunicare entro X giorni l’avvenuta omologa e inviare copia del decreto per non decadere dalla garanzia sulla parte eventualmente ancora dovuta, etc.

9. Considerare l’interesse del Fondo (lo Stato) nel piano di risanamento: Un aspetto spesso trascurato è che il Fondo di Garanzia ha una finalità pubblicistica: supportare le PMI sane e favorire il loro rilancio. Questo significa che, paradossalmente, lo Stato potrebbe essere alleato dell’imprenditore onesto che cerca di risanare l’azienda. Se un piano di ristrutturazione permette di mantenere posti di lavoro e continuare a far operare una PMI, il MIMIT/MCC potrebbe avere tutto l’interesse a incassare qualcosa in meno oggi, ma vedere l’azienda salvo. Questo traspare dalle stesse motivazioni della Cassazione che ha valorizzato la natura pubblica unitaria del credito da garanzia. Dunque, quando si prepara la relazione per MCC, sottolineare gli aspetti qualitativi: la continuità aziendale, il numero di lavoratori salvaguardati, il settore strategico o innovativo in cui opera l’impresa, etc. Questi elementi, pur non essendo esplicitamente nei moduli, possono far pendere la bilancia verso l’accettazione della proposta (specie se non è troppo onerosa in termini di rinuncia per il Fondo). Anche perché lo stesso Consiglio di Gestione del Fondo è composto da rappresentanti pubblici che perseguono finalità di sviluppo economico.

10. Documentare le fonti normative e giurisprudenziali a supporto delle scelte: Infine, un consiglio per i professionisti: quando presentate un piano o trattate con banca/MCC, citare espressamente leggi e sentenze rilevanti può dare forza alla vostra posizione. Ad esempio, se la banca è incerta sul considerare il Fondo come creditore, potete menzionare Cass. 18148/2023 e la pronuncia di Treviso 2024 che hanno già affrontato la questione. Oppure, se chiedete al tribunale di sospendere l’escussione della garanzia, citate il provvedimento del Tribunale di Milano 12/5/2024. Questo dimostra che la vostra strategia è in linea con gli orientamenti attuali e non un azzardo.

Seguendo questi passi operativi, la ristrutturazione dei debiti con garanzia MCC – per quanto complessa – può trasformarsi da trappola (per via del super privilegio) in un’operazione gestibile e di successo, che contemperi l’interesse dell’impresa a risollevarsi con quello del sistema bancario e pubblico di contenere le perdite.

Modelli di accordo e schemi riepilogativi

Di seguito proponiamo alcuni modelli semplificati e schemi per aiutare a visualizzare e valutare le soluzioni di ristrutturazione dei finanziamenti garantiti dal Fondo PMI.

Modello semplificato di accordo transattivo con banca garantita MCC

(Si tratta di uno schema orientativo di clausole che potrebbero comparire in un accordo di ristrutturazione del debito bancario garantito. L’accordo reale andrebbe adattato al caso specifico con l’assistenza legale.)

  • Parti: Banca X S.p.A. (“Banca”) – Impresa Alfa S.r.l. (“Debitore”) – Mediocredito Centrale S.p.A., gestore del Fondo di Garanzia PMI (“Fondo”), quest’ultimo per adesione nelle sole parti di competenza.
  • Premesse: Si dà atto che: (a) la Banca è creditrice del Debitore per €1.000.000, derivanti da contratto di mutuo … stipulato il …, garantito all’80% dal Fondo ex L.662/96; (b) il Debitore versa in situazione di crisi ai sensi del Codice della Crisi e ha avviato una procedura di composizione negoziata in data …; (c) le Parti intendono definire consensualmente la ristrutturazione del suddetto debito, nei termini di cui al presente accordo, ritenuto più favorevole rispetto alle alternative liquidatorie; (d) in data … il Consiglio di gestione del Fondo di Garanzia PMI ha approvato, ai sensi delle vigenti Disposizioni Operative, la proposta transattiva concernente il debito in oggetto (rif. domanda n. … presentata dalla Banca in data …), come da comunicazione MCC prot. n. … che si allega.
  • Riconoscimento debito: Il Debitore riconosce che il credito della Banca ammonta complessivamente a €1.050.000, di cui €1.000.000 di capitale residuo e €50.000 tra interessi contrattuali scaduti e di mora, importo interamente garantito all’80% dal Fondo (per capitale e interessi).
  • Ristrutturazione del debito: Le Parti convengono che, in via transattiva e novativa, il Debitore sarà tenuto a pagare alla Banca la somma complessiva di €600.000 (pari al 57,14% del debito riconosciuto) alle seguenti condizioni e termini:
    • €100.000 entro 30 giorni dalla sottoscrizione del presente accordo, a titolo di acconto;
    • €500.000 mediante n. 20 rate trimestrali da €25.000 ciascuna, con scadenza la fine di ciascun trimestre solare a partire dal … e fino al … (ultima rata).
      Tali pagamenti assorbono e soddisfano definitivamente qualsiasi diritto della Banca sul credito in oggetto. La Banca accetta tale pagamento parziale a saldo e stralcio del proprio credito.
  • Liberazione parziale della garanzia: A seguito dell’adempimento integrale, corretto e puntuale da parte del Debitore della obbligazione di pagamento di cui sopra (€600.000), la Banca rinuncia irrevocabilmente a richiedere al Fondo l’escussione della garanzia per la quota di credito oggetto di abbuono (€450.000) ed il Fondo, per quanto di ragione, rinuncia a esercitare qualsiasi diritto di surroga verso il Debitore con riferimento a tale importo, dando atto che il proprio credito di regresso si estinguerà limitatamente alla predetta somma condonata.
  • Mantenimento garanzia sul residuo piano di rientro: La garanzia del Fondo ex L.662/96 resta operante, alle condizioni originarie, a copertura dei pagamenti dovuti dal Debitore ai sensi del presente accordo fino a concorrenza dell’80% di ciascuna delle rate sopra indicate. In caso di mancato pagamento di due rate anche non consecutive, la Banca avrà diritto di risolvere il presente accordo per inadempimento e di richiedere l’immediata escussione della garanzia statale per l’importo di debito allora residuo, dedotti eventuali importi già incassati; resta inteso che in tal caso il beneficio dello stralcio convenuto decadrà e il Debitore rimarrà obbligato verso il Fondo (per surroga) per l’intero importo che questi corrisponderà alla Banca, secondo normativa vigente.
  • Clausola di efficacia dell’accordo: Il presente accordo è condizionato sospensivamente: (a) alla pubblicazione, da parte del Debitore, di un piano attestato di risanamento ex art. 56 CCII conforme al contenuto del presente accordo entro il …; e (b) all’omologa da parte del Tribunale di … dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art.57 CCII di cui il presente accordo costituisce parte integrante, entro il …; in difetto di tali eventi, l’accordo sarà privo di efficacia e le parti ritorneranno nelle rispettive posizioni anteriori, fatti salvi eventuali diversi accordi.
  • Ulteriori pattuizioni: (… eventuali, ad esempio impegno del socio garante a rinunciare a crediti verso l’azienda, concessione di garanzie collaterali aggiuntive, ecc. …).
  • Spese e competenze: Il Debitore si farà carico delle eventuali spese di modifica delle garanzie (es. cancellazione ipoteche ecc.) e le parti condividono le altre spese ciascuno per il proprio.
  • Foro competente: In caso di controversie sull’interpretazione/esecuzione del presente accordo sarà competente … (salvo sia parte anche il Fondo, allora foro di Roma come da convenzione MCC).

Firme:
Debitore Alfa S.r.l. – … (legale rappresentante)
Banca X S.p.A. – … (funzionario autorizzato)
Per adesione, limitatamente agli impegni di propria competenza:
Mediocredito Centrale S.p.A., gestore del Fondo PMI – … (funzionario autorizzato)

(Fine modello accordo)

Tabella riepilogativa delle soluzioni e dei loro effetti

Vediamo ora una comparazione sintetica dei principali percorsi di risanamento trattati, in relazione ad alcuni parametri chiave, con particolare focus sui finanziamenti garantiti MCC:

CaratteristicaPiano attestato (art.56 CCII)Accordo ristrutt. (art.57-60 CCII)Concordato preventivo (art.84+ CCII)Conc. semplificato (art.25-sexies)Liquidazione giudiziale (Fallimento)
Necessità di adesione creditoriNon richiede maggioranze formali (accordi individuali)Sì, ≥60% (o 30% con pagamento integrale estranei). Omologa tribunale.Sì, voto maggioranza crediti >50%. Omologa tribunale.No voto (proposta liquidatoria del debitore). Decisione tribunale.Non applicabile (procedura avviata dai creditori o d’ufficio).
Coinvolgimento MCC (garanzia)Indiretto: tramite accordo con banca. Proposta transattiva possibile via portale.Diretto/indiretto: banca aderente chiede ok MCC prima di impegno. Trasposizione nell’accordo omologato.Indiretto: possibile accordo transattivo inserito nel piano; altrimenti gestione via privilegio e accantonamenti nel piano.Nessun accordo: gestione del credito MCC secondo ordine privilegi nella distribuzione.Nessun accordo: banca escute garanzia, MCC creditore privilegiato nel fallimento.
TempisticheVariabili, di solito brevi (2-4 mesi) per predisporre e attestare, poi esecuzione piano su anni.Intermedie: 4-6 mesi circa per omologa (se accordo raggiunto), piano tipicamente 3-5 anni.Più lunghe: 6-12 mesi per omologa (dipende da voto), più esecuzione piano (fino a 5 anni o più in continuità).Rapide: 2-3 mesi per omologa (procedura semplificata), poi esecuzione liquidazione (dipende da vendite beni, in genere <1 anno).Lunghe: liquidazione giudiziale dura 3-5 anni in media (dipende dall’attivo da liquidare e contenziosi).
Esito per l’impresaContinua l’attività (risanamento extragiudiziale). Nessuna etichetta concorsuale pubblica (solo pubblicazione piano).Continua l’attività (se prevista). Procedura giudiziale ma meno stigmatizzante del fallimento.Può continuare se in continuità, oppure cede azienda e la cessione è concordataria. Rimane procedura concorsuale pubblica.Cessa attività (liquidazione). Impresa chiude, ma evita fallimento.Cessa attività (fallimento/liquidazione). Impresa chiude e imprenditore può subire inabilitazioni.
Trattamento credito MCC (esempio 80% gar.)Può essere rinegoziato: es. stralcio concordato col Fondo (≥15% pagamento). Garanzia prorogata se allungamento piano. Se piano riuscito, MCC non paga nulla.Parte dell’accordo: stralcio concordato (MCC approva) o pagamento dilazionato. Estranei (Fondo) da pagare integrale se non aderenti. In caso di esito positivo, MCC incassa quanto concordato (o nulla se rinuncia).Privilegiato condizionale: generalmente previsto pagamento integrale privilegi (MCC), salvo accordo ad hoc. Banca vota per quota non garantita. Se continuità, garanzia resta sospesa; se liquidatorio, Fondo prende attivo disponibile privilegiato.Privilegiato effettivo: prende attivo disponibile (fino a 80% del credito). Nessuno stralcio consensuale (a meno di contributi esterni per migliorare riparto). In sostanza MCC incassa quanto c’è – potenzialmente tutto l’attivo liquidato, prima dei chirografari.Privilegiato effettivo: prende il ricavato fino a concorrenza 80%. Di solito Escussione subito -> MCC creditore in fallimento. Incasso dipende da attivo; se attivo insuff., MCC perde parte credito.
Benefici fiscali (sopravvenienze attive da stralcio)Non tassabili se piano attestato pubblicato (equiparato ad art.67 LF).Non tassabili (stralci in accordi omologati esenti ex art.88 co.4-ter TUIR).Non tassabili (concordato preventivo è esente sopravvenienze per legge).Non tassabili (interpretazione estensiva AdE conferma estensione esenzione anche a concordato semplificato).N/A (nel fallimento non c’è impresa attiva che tassa utili; l’eventuale stralcio in esdebitazione per persona fisica è esente).
VantaggiRiservato, flessibile, rapido. Nessuna procedura concorsuale aperta. Ideale se tutti d’accordo.Più forte giuridicamente (omologa, esenzione revocatorie). Permette moratorie e cram-down minoranze (banche dissenzienti). Meno costoso di concordato.Strumento completo: può imporre sacrifici a tutti i creditori con voto maggioranza. Possibile continuità tutelata. Gestibile sotto controllo giudice (trasparenza).Velocizza uscita da crisi se negoziazione fallita. Non richiede maggioranze. Meno costi di fallimento. Imprenditore ottiene chiusura debiti relativamente presto (residui stralciati con esdebitazione).Realizza patrimonio sotto controllo tribunale. Creditori privilegiati (MCC, ecc.) soddisfatti per quanto possibile. Imprenditore persona fisica può chiedere esdebitazione a fine procedura.
SvantaggiNon vincola i dissenzienti (rischio azioni esecutive di chi sta fuori). Necessita fiducia reciproca tra impresa e banche.Richiede soglia adesioni (può fallire se non si convince 60% crediti). I creditori estranei possono opporsi in omologa (ma se pagati interamente di solito no). Pubblicità presso registro imprese (procedura concorsuale minore).Procedura complessa e lunga. Pubblicità negativa (nome su registri, Centrale Rischi “concordato” segnala grave crisi). Costi alti (gestione tribunaria, commissari). Richiede piano solido e maggioranze non scontate.Liquidazione patrimonio: impresa comunque chiude. Creditori senza voto – percezione di minor coinvolgimento e possibile sfiducia nel risultato (potrebbero opporsi). Limitato a fase post-negoziazione (uso circoscritto).Fallimento: massima aggressività (curatore vende tutto). Tempi lunghi e controllo zero da parte dell’imprenditore. Stigma legato al fallimento. Creditori chirografari quasi sempre perdono quasi tutto.

(Legenda: CCII = Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza; AdE = Agenzia delle Entrate; TUIR = Testo Unico Imposte sui Redditi.)

Questa tabella consente di apprezzare come gli strumenti negoziali (piano attestato, accordo) siano preferibili quando c’è collaborazione, mentre il concordato preventivo diventa necessario se serve il coinvolgimento di tutti i creditori o se le percentuali di soddisfacimento non consentono pagamenti integrali agli estranei (ma allora serve il loro voto). Il concordato semplificato è un rimedio residuale ma efficace in situazioni compromesse post-trattative.

Notiamo anche la posizione del Fondo MCC: nei primi due strumenti (piano attestato e accordo) c’è spazio per un suo consenso attivo e una soluzione “negoziata” sul suo credito; negli strumenti concorsuali (concordati) il Fondo agisce più da creditore privilegiato passivo – protetto dalle norme ma potenzialmente rigido; tuttavia, anche lì si può coinvolgerlo almeno chiedendo misure protettive o predisponendo accantonamenti. Nel fallimento, infine, il Fondo è puramente creditore privilegiato e quindi subisce l’alea del recupero sui beni dell’impresa.

Ogni soluzione va quindi calibrata sul caso concreto: non esiste una risposta universale, ma l’obiettivo comune dev’essere massimizzare la soddisfazione del creditore garantito minimizzando l’impatto sul funzionamento dell’impresa e sugli altri creditori.

FAQ – Domande frequenti su garanzie MCC e crisi d’impresa

D1: Se ristrutturo un finanziamento bancario, la garanzia MCC decade automaticamente?
R: No, non automaticamente. La garanzia statale resta valida alle condizioni originali salvo che la ristrutturazione comporti una modifica sostanziale del rapporto (es. prolungamento durata o riduzione importo) senza il consenso del Fondo. Se la banca e l’impresa allungano solo il piano di ammortamento, la garanzia può essere prorogata previa comunicazione e autorizzazione MCC, mantenendo copertura. In caso di riduzione dell’importo dovuto (stralcio), la banca deve ottenere l’assenso del Fondo alla perdita: se ciò avviene (tramite accordo transattivo approvato), la garanzia viene liberata sulla parte stralciata ma rimane sulla parte concordata da pagare. Se invece banca e debitore riducono il debito senza coinvolgere MCC, il Fondo potrebbe ritenere inefficace la garanzia sulla quota non pagata volontariamente (perché la banca non ha escusso nei termini, avendo rinunciato a parte del credito). Dunque, in sintesi: la garanzia non decade per il solo fatto di rinegoziare, ma va concordato con MCC come mantenerla o liberarla a seconda dei casi.

D2: La banca può escutere la garanzia MCC durante una procedura di composizione negoziata o un concordato?
R: Durante la composizione negoziata, se sono concesse le misure protettive dal tribunale, , esse possono includere il divieto di escussione della garanzia. Quindi la banca sarebbe temporaneamente impedita dal chiedere l’attivazione del Fondo. Senza misure protettive, la banca tecnicamente potrebbe tentare di escutere anche in pendenza di trattative, ma così facendo violerebbe lo spirito della negoziazione e, se il debitore poi accede al concordato, quell’escussione potrebbe essere vista come atto in frode. Nei concordati, dal momento dell’ammissione la banca è vincolata dalla procedura: non può escutere la garanzia senza autorizzazione del tribunale. In pratica, in concordato liquidatorio la banca di solito escute formalmente all’inizio (per inserirsi come creditore privilegiato per conto del Fondo); in concordato in continuità spesso non escute affatto, attendendo l’esito (per non far fallire il debitore con la propria azione). In ogni caso, dopo l’omologa di un concordato, la banca non può più escutere perché il credito originario viene novato secondo il piano omologato (al massimo sarà il Fondo a insinuarsi se previsto). Riassumendo: con misure protettive o in procedure concorsuali, la banca non può liberamente escutere; in assenza di protezioni, potrebbe farlo ma rischia di pregiudicare la soluzione negoziale e di decadere da vantaggi che quella poteva darle.

D3: Cosa succede se la banca escute il Fondo durante la crisi e il Fondo paga? Chi devo pagare poi?
R: In tal caso, la banca viene pagata da MCC per la parte garantita (ad es. 80%) e rimarrà creditrice dell’impresa solo per l’eventuale parte scoperta (20%). Il Fondo di Garanzia subentra come tuo creditore per l’importo pagato alla banca. Tecnicamente, come visto, il Fondo ha credito privilegiato ex lege. Il recupero viene affidato all’Agenzia Entrate-Riscossione, quindi il debitore si vedrà notificare cartelle esattoriali per quelle somme. A quel punto l’impresa dovrà trattare con lo Stato: non c’è una procedura “transattiva” dedicata ai crediti da escussione garanzia (non sono tasse, quindi non rientrano nella transazione fiscale). Si può solo pagarli, chiederne la rateazione fiscale (sì, perché equiparati a crediti erariali, l’ADER di solito concede rate su più anni), oppure – se l’impresa va comunque in liquidazione – lasciarli nel passivo privilegiato. Se invece l’impresa prosegue e sta meglio, può valutare di chiedere all’ADER uno sconto su interessi e sanzioni (talvolta queste cartelle includono anche interessi di mora, su cui l’ADER potrebbe transigere in alcuni casi), ma il capitale privilegiato difficilmente viene scontato. In definitiva: se il Fondo paga, ci si “scambia” il creditore e la posizione si irrigidisce (il Fisco è meno flessibile delle banche). Per questo conviene evitarlo ove possibile.

D4: Il Fondo di Garanzia PMI partecipa al voto nel concordato preventivo?
R: Se si segue l’impostazione della Cassazione 2023, il Fondo va considerato titolare di un credito privilegiato condizionato fin dall’apertura della procedura. Nei concordati, i creditori privilegiati non votano salvo rinuncia o falcidia. Quindi il Fondo/MCC non vota se il piano concordatario prevede per esso (in quanto creditore privilegiato eventuale) il pagamento integrale. Voterà invece la banca per la parte non garantita (diventata chirografa). Ad esempio: debito 100, garanzia 80, piano prevede pagamento 100 al Fondo se escusso e 10 alla banca (50% del non garantito): la banca vota per 20 (il suo credito chirografo) e il Fondo non vota perché presumibilmente prenderà 80 integrale (privilegiato). Se invece nel piano il Fondo fosse falcidiato (tipo attivo liquido dà 50 su 80), allora formalmente sarebbe un privilegiato parzialmente non soddisfatto e dovrebbe essere ammesso al voto (in una classe o al voto chirografo per la parte falcidiata). Questa situazione però, come detto, è anomala, perché un concordato dovrebbe cercare di non mettere il Fondo in condizione di dover accettare meno del suo privilegio. In pratica quasi mai il Fondo vota come soggetto autonomo, a meno che non gli si chieda espressamente di accettare una falcidia del privilegio – il che equivarrebbe a farlo aderire a un accordo, cosa che sarebbe da formalizzare prima.

D5: Posso includere il credito di MCC in una transazione fiscale nel concordato o nell’accordo?
R: No, non è possibile. La transazione fiscale (art.63 CCII) riguarda solo tributi e contributi previdenziali. Il credito di MCC non è un tributo, ma un credito derivante da un rapporto di garanzia di diritto privato (seppur con natura pubblica). La legge lo esclude espressamente dall’ambito della transazione fiscale. Quindi non si può proporre ad esempio di pagare il 10% al Fondo come si fa per IVA o INPS. L’unica strada per ridurre quel credito in concordato/accordo è il consenso diretto del Fondo attraverso un accordo transattivo ex art. 14 Disposizioni Operative (quello del 15% minimo, per intenderci). Fuori da ciò, il tribunale non ha potere di imporre allo Stato una falcidia del suo credito privilegiato (diversamente dallo Stato-creditore fiscale, per cui c’è una disciplina specifica). Quindi attenzione: se nel vostro piano c’è scritto di tagliare il credito MCC senza averlo negoziato, la transazione fiscale non vi salverà; va negoziato a parte.

D6: Quali sono i principali riferimenti normativi che regolano il privilegio del Fondo di garanzia e la sua azione di regresso?
R: I riferimenti chiave sono: l’art. 9, comma 5, D.Lgs. 123/1998 (che istituisce il privilegio generale mobiliare sui crediti nascenti da finanziamenti agevolati/pubblici, includendo le garanzie); l’art. 8-bis, comma 3, D.L. 3/2015 (che conferma specificamente il privilegio per il Fondo PMI ex L.662/96 e la sua prevalenza su ogni altro privilegio eccetto giustizia e 2751-bis c.c.); inoltre l’art. 1203 c.c. combinato con l’art. 2, comma 4, D.M. 20/06/2005 (che regola la surrogazione legale del Fondo dopo il pagamento, attribuendogli gli stessi diritti del creditore originario, quindi le garanzie reali e personali annesse). Sul fronte procedurale, il Codice della Crisi all’art. 274 (per la liquidazione giudiziale) e seguenti disciplina l’ordine dei privilegi, che includono quello ex 123/98. Le Disposizioni Operative del Fondo poi dettagliano come la banca deve muoversi: paragrafo B.1.4 per i tempi di escussione, paragrafo H.6 per sospensione dei termini in caso di trattative, paragrafo H.8 per la surroga legale. In giurisprudenza meritano menzione: Cass. civ. 26 giugno 2023 n.18148 (credito del garante sorge dal rilascio), Cass. civ. 27 dicembre 2023 n.35961 (banca garantita non può vantare privilegio del Fondo), Trib. Treviso decr.3/2024 (applicazione pratica in concordato), Trib. Milano ord.12/5/2024 (misure protettive contro escussione), Trib. Roma decr.11/4/2024 (analogo, presumibilmente). Questi sono citati anche nella sezione Fonti.

D7: Un debitore persona fisica (o piccolo imprenditore) con debito garantito MCC può accedere alla composizione negoziata o ad altre procedure di sovraindebitamento?
R: Sì. La composizione negoziata dal 2022 è stata estesa anche all’imprenditore sotto-soglia (piccolo imprenditore), quindi anche il piccolo può tentare quella via. Se parliamo invece di sovraindebitamento (procedura ex L.3/2012, ora confluita nel CCII per debitori non fallibili o consumatori), lì abbiamo il “concordato minore” e il “piano del consumatore” e la “esdebitazione”. Un imprenditore agricolo o una startup innovativa (che accedeva a fondo PMI ma non è fallibile) potrebbe usare il concordato minore. Il trattamento del credito MCC in tali procedure segue le stesse logiche: privilegio del Fondo da rispettare. Ad esempio, in un piano del consumatore il giudice non può tagliare il privilegio di MCC oltre ciò che sarebbe disponibile. Non c’è voto dei creditori nel concordato minore (simile al semplificato), ma il privilegio va rispettato. Quindi le soluzioni restano analoghe: o paga interamente la parte privilegiata, o se non riesce dimostra che neanche in liquidazione avrebbe pagato di più. La presenza della garanzia statale in contesti di sovraindebitamento è meno comune ma non impossibile (es. un professionista che ha preso prestito garantito). Le stesse opportunità di accordo transattivo via MCC sono a disposizione anche lì, teoricamente: nulla vieta che un consumatore proponga a MCC di accettare il 20% del debito se proprio non può di più. Però sono casi rari nella prassi, e spesso, trattandosi di privati, il Fondo preferisce far valere il privilegio (anche perché nel sovraindebitamento non c’è “azienda” da salvare, di solito).

D8: Dopo una ristrutturazione riuscita, l’impresa potrà di nuovo accedere al Fondo di Garanzia per nuovi finanziamenti?
R: Sì, ma con cautela. Il Fondo di Garanzia ha criteri di valutazione del merito creditizio (score economico-finanziario) e di regolarità contributiva. Un’impresa che ha concordato o stralciato debiti pregressi potrà essere vista come meno affidabile almeno per un certo periodo. Tuttavia, non esiste un divieto normativo ad erogare nuove garanzie a un’impresa che è uscita da un concordato. Se l’impresa torna in bonis e presenta bilanci positivi, dopo uno/due anni può ripresentare domanda di garanzia per nuovi prestiti. Certo, va segnalato che se l’impresa ha beneficiato di una perdita per il Fondo (ad es. MCC ha rinunciato a 100k di credito in un accordo), ciò potrebbe essere considerato negativamente in futuro. Il consiglio è di ricostruire uno storico di puntualità: dopo la ristrutturazione, ottemperare regolarmente ai pagamenti concordati e alle nuove obbligazioni (affitti, fornitori, etc.) in modo da riacquisire credibilità. Il registro centrale rischi e la banca stessa ne terranno conto. Formalmente, per il Fondo PMI l’unica preclusione è l’esistenza di sofferenze in centrale rischi: se la ristrutturazione ha cancellato le sofferenze (perché il debito è stato regolato con concordato), l’impresa potrebbe risultare “pulita” in CR. Inoltre, i criteri attuali di ammissibilità al Fondo escludono imprese in “situazione di difficoltà” ai sensi UE (ma dopo un concordato omologato, l’impresa tipicamente non è più considerata in difficoltà se rispetta il piano). Quindi, un’impresa risanata può senz’altro cercare nuovi finanziamenti garantiti, ma la concessione dipenderà dalla valutazione del rischio da parte di banca e MCC. In pratica, serve dimostrare di avere voltato pagina.

D9: In caso di concordato liquidatorio, è vero che devo garantire almeno il 20% ai chirografari ma il Fondo MCC prende quasi tutto come privilegiato? Come rispetto la regola?
R: Questo è un problema concreto. Il CCII prevede che nel concordato liquidatorio (ordinario) i creditori chirografari ricevano almeno il 20% (salvo esenzione per concordato minore) a meno che vi sia finanza esterna che aumenta il realizzo. Se però c’è un grande creditore privilegiato (come MCC) che assorbe tutto l’attivo, ai chirografari resterebbe 0%, violando la regola. Soluzioni possibili: (i) Apporto di finanza esterna dedicata ai chirografari, ad esempio i soci immettono liquidità che va tutta ai creditori senza privilegio, per raggiungere quel 20%. Il Fondo MCC non ha titolo su quell’apporto (non essendo su beni dell’impresa) quindi i chirografari possono prendere qualcosa. (ii) Utilizzare il concordato semplificato, dove la regola del 20% non si applica. Infatti, all’esito di composizione negoziata fallita, il debitore può fare proposta semplificata liquidatoria: qui per legge non serve il 20% ai chirografari. Quindi se il tuo caso è tale per cui MCC prende tutto e ai chirografi nulla, probabilmente il giudice in concordato preventivo ordinario non te lo farebbe passare; meglio inquadrare la situazione in un concordato semplificato (se ne hai i requisiti) dove si può distribuire secondo le prelazioni effettive e i chirografari, pur restando a bocca asciutta, vedranno comunque confermata la procedura perché alternativa peggiore (fallimento) e perché la legge consente eccezione. (iii) Valutare un “concordato misto”: se c’è un minimo ramo d’azienda vendibile in continuità o un affitto, a volte si cerca di configurare il concordato come in parte in continuità per non rientrare nei rigori del liquidatorio puro (il 20%). Questo può evitare la soglia del 20% (perché la norma del 20% vale per liquidatori puri). In conclusione: il problema segnalato è reale, ma la legge offre queste scappatoie. Ad ogni modo, è un ulteriore motivo per cui i concordati liquidatori puri non sono l’ideale in presenza di grossi crediti privilegiati come quelli di MCC: si preferisce o un accordo (dove la soglia non c’è perché i chirografari estranei devono essere pagati al 100% quindi discorso diverso) o il concordato semplificato.

D10: Se il piano di risanamento fallisce successivamente e l’azienda fallisce (liquidazione giudiziale), la garanzia MCC può essere riattivata?
R: Dipende da come era stato strutturato l’accordo. In generale, se il piano fallisce, significa che l’impresa non ha pagato come da accordi. Occorre distinguere:

  • Se nel piano/accordo originario la banca aveva rinunciato definitivamente a una parte del credito dietro pagamento parziale (transazione approvata da MCC), quella parte è persa sia per banca che per Fondo. Il Fondo ha rinunciato a rivalersi su quella percentuale, quindi non può “riattivarla”. Tuttavia, per la parte residua che doveva essere pagata, se non è stata pagata interamente, la banca probabilmente escuterà a quel punto la garanzia per recuperare il dovuto residuo. E il Fondo pagherà su quella parte residua. Ad esempio: debito 100, accordo paga 60 e stralcia 40. Se l’impresa ha pagato magari solo 30 e poi fallisce, la banca può chiedere a MCC l’80% di 30 residui non pagati? Sì, sulla carta sì, perché la garanzia copriva la parte “non stralciata”, ovvero 60 (di cui 30 pagati, 30 no). Il Fondo pagherà l’80% di 30 = 24. Quindi poi il Fondo si insinuerà per 24. Quindi l’accordo transattivo riduce l’esposizione garantita, ma se quell’esposizione ridotta non viene onorata, la garanzia vale su di essa e viene attivata.
  • Se il piano era un concordato omologato e l’impresa non lo rispetta, il concordato viene risolto e si apre fallimento. A quel punto, vale lo scenario comune: la banca aveva incassato eventuali quote concordatarie, e per il resto ora torna creditore per intero meno acconti ricevuti. Può quindi escutere la garanzia sul saldo. In un concordato inadempiuto, però, sorge una complicazione: la garanzia era rimasta “sospesa” durante l’esecuzione omologata. Se risolto, la banca di solito chiede subito al Fondo quanto ancora dovuto. Il Fondo pagherà entro i limiti e si insinuerà nel fallimento. In sintesi: la garanzia può essere attivata una volta sola per ciascun finanziamento. Se l’avevi usata parzialmente (perché magari la banca l’aveva attivata solo su una parte dopo un accordo parziale), puoi attivarla sul resto. Non puoi attivarla due volte sulla stessa somma. Quindi “riattivare” in senso di far pagare il Fondo su ciò che aveva già rinunciato, no (rinuncia è definitiva). Ma su ciò che era ancora garantito e poi non pagato, sì. Attenzione però: se l’accordo era molto risalente e il fallimento arriva oltre 2 anni dopo la delibera MCC, c’è un termine massimo (18 mesi dall’eventuale comunicazione di mancato perfezionamento) per chiedere l’attivazione. Se la banca dorme troppo, potrebbe decadere. Difficile ma da notare.

Fonti e Riferimenti

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019 n.14) – Testo vigente aggiornato al D.Lgs. 17 giugno 2022 n.83 e D.Lgs. 13 settembre 2024 n.136 (c.d. “Correttivo ter”). In particolare, artt. 12-25 (Composizione negoziata), art. 25-sexies (Concordato semplificato), artt. 56-64 (Piani attestati e Accordi di ristrutturazione), artt. 84-120 (Concordato preventivo), art. 63 (Transazione fiscale).
  • Legge Fallimentare previgente (R.D. 16 marzo 1942 n.267) – per i richiami storici (art. 182-bis, 182-septies, art. 67 co.3 lett. d) etc.), ora abrogati dal CCII.
  • Decreto-Legge 24 gennaio 2015 n.3, conv. in L. 33/2015 – art. 8-bis, comma 3: privilegio sui crediti del Fondo PMI.
  • D.Lgs. 31 marzo 1998 n.123 – art. 9, comma 5: privilegio generale sui crediti da finanziamenti agevolati/garantiti dallo Stato.
  • Legge 23 dicembre 1996 n.662 – art. 2 co.100 lett. a: istituzione Fondo di garanzia PMI.
  • Disposizioni Operative del Fondo di Garanzia PMI – Approvate con D.M. MIMIT 2 agosto 2023, in vigore dal 13 ottobre 2023. Parte VI paragrafo C: “Accordi transattivi” (procedure e requisiti, incl. soglia 15%). Parte H: “Prolungamento della garanzia”, Sospensione termini di escussione, Surrogazione legale. Disponibili sul sito fondo di garanzia (fondidigaranzia.it).
  • Circolari Mediocredito Centrale – Gestore Fondo PMI: es. Circ. n.13/2024, n.20/2024, ecc. (adattamento disposizioni operative al CCII).
  • Cassazione Civile, Sez. I, 26 giugno 2023 n. 18148: credito del garante pubblico sorge al rilascio garanzia, condizionato a inadempimento. (Riferita a SACE, principi estesi a Fondo PMI).
  • Cassazione Civile, Sez. I, 27 dicembre 2023 n. 35961: conferma natura privilegiata credito SACE/MCC e chiarisce che banca garantita non può vantare privilegio del Fondo (no doppia insinuazione privilegiata).
  • Tribunale di Treviso, decreto 3 gennaio 2024: Omologa di concordato preventivo con suddivisione voto banca/Fondo; banca ammessa al voto solo su parte scoperta, Fondo inserito tra privilegiati condizionali (richiamato in dottrina).
  • Tribunale di Milano, Sezione Imprese, ordinanza 12 maggio 2024 (Est. Pipicelli): Misure cautelari in composizione negoziata – divieto di escussione garanzia MCC durante trattative. Massima pubblicata in dirittodellacrisi.it.
  • Tribunale di Roma, Sezione Fallimentare, decreto 11 aprile 2024 (Pres. Coluccio): (Presumibilmente analogo provvedimento cautelare relativo a garanzie pubbliche e composizione).
  • Luciana Cipolla, Lodovico Dell’Oro, Giorgia Gaudenzi – “Procedure concorsuali e crediti garantiti da MCC e SACE”, in Diritto Bancario – Approfondimenti, 12 luglio 2024 . Analisi dettagliata su privilegio, insinuazione al passivo, trattamenti nei piani di risanamento e accordi transattivi (con indicazione requisiti 15% etc.).
  • Avv. Andrea Ticozzi – “Concordato preventivo e credito della banca con garanzia statale MCC o SACE”, blog avvocatoticozzi.it, 9 aprile 2024. Approfondimento sull’inquadramento del credito garantito nei concordati, con commento a Cass. 18148/2023 e al caso Trib. Treviso 2024.
  • Studio Legale La Scala – vari contributi 2023-24 su crisi d’impresa: (Fonti interne citate per massime Cassazione e prassi accordi).
  • Portale Ufficiale Fondo Garanzia PMI (fondidigaranzia.it): Sezione Normativa e Modulistica – Disposizioni operative 2023; news sulle riforme (es. riforma 2025 percentuali).
  • Portale Diritto della Crisi (dirittodellacrisi.it): Raccolta di normativa e massime; in particolare, “Linee guida composizione negoziata e concordato semplificato” e articoli di G. Scognamiglio, S. Mancinelli, ecc. (utili per contesto comp. negoziata, concordato minore).
  • Agenzia delle Entrate – Risposta interpello n.222/2024 (13 nov 2024): conferma detassazione sopravvenienze da piano attestato ex art.56 CCII. Estensioni analogiche a PRO e concordato semplificato discusse da G.Andreani, “Sopravvenienze attive da piani di risanamento non tassabili”, in Il Sole 24 Ore – Transazione Fiscale, 15 nov 2024.
  • Materiali formativi e di prassi: es. Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti – Linee guida gestione crisi (2022) per composizione negoziata; documenti del CNDCEC su accordi semplificati; analisi su omologazione forzata transazione fiscale (v. FiscoOggi, 2023).
  • Normativa Emergenziale Covid: D.L. 18/2020 “Cura Italia” art.56 (misure su garanzie PMI) e D.L. 23/2020 “Liquidità” (potenziamento temporaneo garanzia al 100% per piccoli prestiti) – rilevante per comprendere origine di molti crediti MCC in sofferenza post-pandemia.

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