Vuoi capire nel dettaglio come funzioni la ristrutturazione dei debiti del consumatore sovraindebitato?
Allora Studio Monardo, lo studio legale specializzato in procedure di sovraindebitamento e ristrutturazione dei debiti del consumatore, ha preparato per te una guida dettagliata.
In tal senso, per richiedere una consulenza dedicata, in fondo alla guida sono presenti tutti i riferimenti per contattare il nostro Studio Legale specializzato:
Guida Studio Monardo Ristrutturazione dei Debiti del Consumatore Sovraindebitato
Introduzione
La ristrutturazione dei debiti del consumatore sovraindebitato è uno strumento giuridico introdotto per offrire una via d’uscita a persone fisiche che si trovano in una situazione di sovraindebitamento – ovvero impossibilitate a far fronte ai propri debiti con il patrimonio o il reddito disponibile – pur non potendo accedere alle tradizionali procedure concorsuali riservate alle imprese (fallimento, concordato preventivo, ecc.). In Italia, la materia è stata originariamente disciplinata dalla Legge 3/2012 (la cosiddetta “legge salva-suicidi”), ed è oggi confluita nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) di cui al D.Lgs. 14/2019, entrato in vigore a luglio 2022 con successive modifiche fino al 2025. Questa guida, aggiornata ad aprile 2025, offre un quadro tecnico-giuridico ma accessibile di tutti gli aspetti della procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, con un linguaggio chiaro e un approccio sistematico. Saranno esaminate le definizioni di consumatore e sovraindebitamento, i requisiti per l’accesso e le fasi procedurali, il ruolo dei vari attori (Organismi di Composizione della Crisi, gestore e giudice), la predisposizione del piano del consumatore e i suoi effetti una volta omologato. Approfondiremo inoltre il trattamento dei debiti fiscali e contributivi, i rapporti con eventuali procedure esecutive in corso, e analizzeremo le più recenti pronunce giurisprudenziali (di merito e di legittimità) sul tema, evidenziando gli orientamenti emergenti. Verranno forniti modelli pratici degli atti principali (ricorso introduttivo, piano e relazione OCC) ed esempi concreti di ristrutturazioni dei debiti coronate da successo. In chiusura, un elenco completo delle fonti normative, dottrinali e giurisprudenziali citate consentirà al lettore di individuare i riferimenti precisi (leggi, sentenze, contributi di studio) su cui si basa la guida.
A chi si rivolge questa guida? Principalmente ai consumatori indebitati e ai professionisti che li assistono (avvocati, commercialisti, gestori della crisi), ma anche a lettori informati che vogliono comprendere come funziona il meccanismo previsto dalla legge italiana per uscire da una grave crisi debitoria personale. Il tono sarà divulgativo ma accurato: spiegheremo i concetti giuridici in modo semplice, fornendo riferimenti normativi e citazioni di sentenze per chi desidera approfondire. L’obiettivo è rendere il lettore in grado di consultare la guida come un manuale: con capitoli ben strutturati, paragrafi brevi e chiari, liste puntate per schematizzare requisiti e fasi, in modo da poter trovare rapidamente le informazioni cercate.
Nei prossimi capitoli inizieremo dalle basi – cosa si intende per consumatore sovraindebitato e qual è il perimetro di applicazione della procedura – per poi addentrarci nei dettagli operativi e nelle novità normative più recenti (fino al Decreto Correttivo Ter del 2024). Cominciamo dunque dalle definizioni fondamentali.
Definizioni: consumatore e sovraindebitamento
Per comprendere la portata della procedura, è essenziale chiarire chi sia il consumatore e cosa si intenda per sovraindebitamento secondo la legge italiana vigente. L’art. 2 del Codice della crisi (CCII) fornisce queste definizioni chiave. In particolare, il consumatore è definito (riprendendo la nozione già presente nella Legge 3/2012) come la persona fisica che ha contratto obbligazioni per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. In altre parole, è consumatore colui che ha contratto debiti per esigenze personali o familiari (mutui per la casa, prestiti al consumo, spese di sostentamento, etc.) e non per finanziare un’attività d’impresa, commerciale, artigianale o professionale. Questo punto è cruciale: la procedura di ristrutturazione dei debiti è riservata ai consumatori intesi in senso stretto; gli imprenditori (anche piccoli) o professionisti con debiti legati alla loro attività devono accedere ad altre procedure (come il concordato minore, di cui diremo più avanti). È possibile che una stessa persona sia al contempo consumatore e imprenditore, ma in tal caso la distinzione va fatta sulla natura dei debiti da ristrutturare: solo debiti di natura personale (non attinenti all’impresa) possono essere inclusi nel piano del consumatore.
Il concetto di sovraindebitamento, anch’esso definito all’art. 2 CCII, indica lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore. Più precisamente, il CCII distingue: è in “crisi” il debitore le cui prospettive di cassa future risultano inadeguate a ripagare i debiti in scadenza nei prossimi 12 mesi, ed è “insolvente” il debitore che già non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, manifestando inadempimenti o altri eventi esteriori rivelatori. Ai fini pratici, per il consumatore sovraindebitato poco importa la differenza tra crisi e insolvenza: in entrambi i casi vi è un perdurante squilibrio tra i debiti e il patrimonio/reddito disponibile per farvi fronte, tale per cui il debitore non è in grado (o presto non lo sarà) di pagare integralmente i propri creditori. È proprio questa situazione – la non sostenibilità del debito – a legittimare il ricorso alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento previste dalla legge.
Possiamo quindi riassumere così le definizioni fondamentali:
- Consumatore: persona fisica non fallibile (cioè estranea alle procedure concorsuali maggiori), che ha assunto obbligazioni per scopi estranei ad attività imprenditoriali o professionali. Ad esempio, un lavoratore dipendente o un pensionato con debiti da carte di credito, mutui e prestiti personali è un consumatore; un artigiano con debiti verso fornitori per la sua bottega, invece, non lo è (per quei debiti).
- Sovraindebitamento: lo stato in cui versa il debitore (consumatore) che si trova in crisi o insolvenza. In termini concreti, si parla di sovraindebitamento quando il consumatore non riesce più a pagare i propri debiti, né ora né prevedibilmente nel prossimo futuro, con le entrate e i beni a sua disposizione. È una condizione di sofferenza economica conclamata o imminente, diversa dalla mera difficoltà temporanea: si tratta di una situazione strutturale di squilibrio finanziario.
Un aspetto interessante è che la normativa, aggiornando le definizioni, ha esteso la nozione di “consumatore” anche a soggetti che, pur avendo legami con attività d’impresa, intendono risolvere solo debiti personali. Ad esempio, un socio illimitatamente responsabile di una società di persone (come una SNC) può accedere come consumatore per ristrutturare i debiti estranei all’attività sociale. In tal caso, però, i debiti derivanti dalla sua attività imprenditoriale rimangono esclusi: non è ammesso mischiare nel piano debiti personali e debiti d’impresa (cosiddetti debiti “promiscui”). Su questo punto, la giurisprudenza recente è molto chiara: se i debiti da ristrutturare sono in parte di natura personale e in parte legati a un’attività di impresa, la procedura di ristrutturazione del consumatore non è accessibile. In tal caso, il debitore non può qualificarsi come “consumatore puro” e deve semmai ricorrere al concordato minore (destinato ai piccoli imprenditori non fallibili) perché solo in quelle procedure è previsto il voto dei creditori, strumento necessario per tutelare i creditori aziendali e dell’erario coinvolti. In sintesi, il perimetro soggettivo del piano del consumatore è limitato alle persone fisiche con debiti da cause personali; se il passivo è “misto” e include debiti professionali o d’impresa, il debitore non rientra tra i consumatori ammessi a questa specifica procedura.
Prima di procedere, è utile ricordare che la legge considera quattro procedure distinte per la crisi da sovraindebitamento, tutte disciplinate oggi nel Codice della crisi: (1) la ristrutturazione dei debiti del consumatore (il “piano del consumatore” oggetto di questa guida), (2) il concordato minore (ex “accordo di composizione” per imprenditori minori e professionisti), (3) la liquidazione controllata del sovraindebitato (ex liquidazione del patrimonio, una procedura di realizzo dei beni) e (4) la esdebitazione del debitore incapiente (introdotta di recente, permette al debitore persona fisica meritevole ma privo di beni di ottenere la cancellazione dei debiti residui senza pagare nulla). In questa guida ci concentreremo sul piano del consumatore, facendo cenni alle altre procedure quando necessario per confronto o collegamenti (ad esempio, conversione del piano in liquidazione in caso di insuccesso, ecc.).
Requisiti per accedere alla procedura
L’accesso alla procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore richiede il rispetto di precisi requisiti soggettivi e oggettivi. In altre parole, la legge stabilisce chi può attivare questa procedura e in quali condizioni. Vediamo separatamente queste due categorie di presupposti.
Requisiti soggettivi (chi può accedere)
- Essere un consumatore sovraindebitato: come visto, l’istante deve essere una persona fisica non assoggettabile ad altre procedure concorsuali, che ha contratto debiti per scopi non imprenditoriali. Sono esclusi i soggetti “fallibili” (imprenditori sopra soglie di fallibilità) e, in generale, chi ha debiti principalmente professionali o d’impresa. È ammesso l’ex imprenditore cessato, purché i debiti residui da impresa non siano inclusi nel piano (in caso di dubbi, il tribunale valuterà la natura dei debiti). La Corte d’Appello di Bologna ha ribadito che debiti promiscui (personali + impresa) fanno perdere lo status di consumatore e impongono di procedere con strumenti diversi, dove i creditori possano votare. Dunque, requisito essenziale è la qualifica di consumatore in relazione ai debiti oggetto della procedura.
- Sovraindebitamento conclamato: il debitore deve trovarsi in condizione di crisi o insolvenza, cioè nell’impossibilità attuale (insolvenza) o imminente (crisi prospettica) di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni. Non serve aspettare che tutti i debiti siano scaduti e non pagati: anche chi prevede di non riuscire a far fronte alle rate future può attivarsi. Tuttavia, non basta la mera difficoltà: deve trattarsi di uno squilibrio serio e persistente. Il tribunale, anche su relazione dell’OCC (Organismo di Composizione della Crisi), verificherà che effettivamente le uscite debitorie siano sproporzionate rispetto alle entrate e al patrimonio del debitore, integrando così lo stato di sovraindebitamento. Ad esempio, un consumatore con reddito mensile di 1.500 euro e rate mensili per 2.000 euro si trova chiaramente in situazione di sovraindebitamento.
- Meritevolezza del debitore: la legge richiede che il consumatore non abbia causato volontariamente o con colpa grave la propria insolvenza. Questo concetto, noto come meritevolezza, è stato a lungo dibattuto. Nella versione attuale (art. 69 CCII), la regola stabilisce che non può accedere chi ha determinato il sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode. Sono quindi escluse le situazioni in cui il debitore abbia agito con dolo (es. truffe ai creditori) o con leggerezza inescusabile nel creare il debito. Ad esempio, un consumatore che abbia accumulato debiti facendo spese voluttuarie sproporzionate rispetto al proprio reddito, o contraendo prestiti sapendo di non poterli rimborsare, potrebbe essere considerato gravemente colpevole e dunque non ammesso. Viceversa, se il sovraindebitamento è frutto di eventi sfortunati e imprevedibili (malattia, perdita del lavoro, crisi economica, ecc.) o errori di valutazione comprensibili, il debitore è da ritenersi meritevole. – Evoluzione normativa sulla meritevolezza: sotto la vigenza della Legge 3/2012, la valutazione di meritevolezza era espressa in termini generici e il peso della prova gravava sul debitore (doveva provare di aver assunto i debiti con la ragionevole prospettiva di adempierli, proporzionatamente alle proprie capacità finanziarie). Dal 2020 in poi, con le modifiche introdotte dal D.L. 137/2020 conv. in L. 176/2020 confluite poi nel CCII, l’onere si è invertito: oggi è richiesto al creditore (eventualmente opponente) di dimostrare l’eventuale colpa grave del debitore. Ciò significa che il tribunale presume l’ammissibilità, a meno che non emerga prova di comportamenti gravemente imprudenti o scorretti del debitore. Inoltre, l’approccio attuale è più sfumato e complessivo: la meritevolezza si valuta guardando all’intera storia del sovraindebitamento, non al singolo atto di indebitamento. La giurisprudenza più recente sottolinea che il sovraindebitamento è spesso un fenomeno graduale, frutto di molteplici fattori, e che una certa imprudenza iniziale nel fare debiti non equivale automaticamente a colpa grave se, nel complesso, il debitore ha cercato di adempiere e la crisi è sopravvenuta per cause in parte esterne. In linea con questo, una valutazione dinamica e non fotografica della condotta del debitore è necessaria (Tribunale di Spoleto 28.02.2024). – Casi particolari di meritevolezza: la legge prevede espressamente che se il creditore ha aggravato la situazione concedendo credito in modo irresponsabile, questi non può poi opporsi al piano lamentando l’eccessivo sacrificio impostogli. In pratica, l’art. 69 co.2 CCII introduce il concetto di merito creditizio: se una banca o finanziaria ha concesso prestiti al consumatore senza valutarne adeguatamente la solvibilità (in violazione dell’art. 124-bis TUB), questo comportamento colpevole del creditore impedisce allo stesso di contestare la convenienza della proposta. Si tratta di una forma di “sanzione” verso il creditore che ha contribuito al sovraindebitamento: non potrà pretendere dal giudice una tutela maggiore di quella offerta dal piano. Sul fronte opposto, situazioni come la ludopatia (dipendenza dal gioco d’azzardo) o altre patologie meritano particolare attenzione: ormai è riconosciuto da diverse pronunce che il giocatore patologico, pur essendo capace di intendere, non è del tutto capace di volere riguardo al gioco, e pertanto i debiti contratti a causa di tale disturbo non possono essere qualificati come frutto di colpa grave. Ad esempio, il Tribunale di Catania (sent. 6.6.2024) ha ritenuto meritevole un debitore affetto da ludopatia, ristrutturando oltre 200.000 € di debiti, poiché la causa principale dell’insolvenza era il disturbo patologico e non una scelta liberamente colpevole. Analogamente, il Tribunale di Avellino (28.10.2024) e altre Corti hanno escluso la colpa grave in presenza di ludopatia documentata, purché il debitore abbia intrapreso un percorso terapeutico e vi sia nesso causale tra la patologia e l’indebitamento. Questi esempi sottolineano come la valutazione della meritevolezza sia oggi caso-specifica e attenta alle circostanze personali: la legge fornisce criteri (assenza di dolo o colpa grave) ma poi spetta al giudice, sulla base della relazione OCC e delle prove, decidere se il debitore meriti la protezione della procedura.
- Assenza di abusi delle procedure: oltre alla meritevolezza intrinseca, la legge pone altri paletti soggettivi per evitare abusi. L’art. 69 CCII stabilisce che non può accedere alla ristrutturazione dei debiti chi è già stato esdebitato nei cinque anni precedenti o ha già beneficiato di una esdebitazione per due volte in passato. Questo significa che il piano del consumatore non può essere utilizzato ripetutamente a breve distanza di tempo: dopo aver ottenuto la cancellazione dei debiti residui (esdebitazione) al termine di una procedura di sovraindebitamento, bisogna attendere almeno 5 anni per poterne sfruttare un’altra, e comunque non più di due volte nell’arco della vita. Ad esempio, se un consumatore ha completato un piano nel 2020 con esdebitazione finale, potrà proporne un altro non prima del 2025, e al massimo potrebbe farne un terzo in futuro, ma non oltre. Questo criterio serve a evitare il “fresh start” ricorrente, incentivando il debitore a non ricadere in indebitamento subito dopo averne beneficiato. Inoltre, se una precedente procedura è stata revocata per comportamento doloso del debitore (es. aver nascosto beni), ciò costituisce ragione ostativa a nuove procedure. Il tribunale quindi verifica se l’istante abbia precedenti procedimenti sotto la Legge 3/2012 o il CCII e, in caso affermativo, se siano decorsi i termini per poterlo ammettere di nuovo.
In sintesi, dal punto di vista soggettivo, i presupposti di ammissibilità sono: essere un consumatore (non un imprenditore) in stato di sovraindebitamento, non aver colpe gravi nella genesi del debito, e non aver abusato in passato di analoghe procedure. La valutazione concreta di questi requisiti avviene nella fase iniziale, sulla base della documentazione prodotta e soprattutto della relazione particolareggiata dell’OCC (che come vedremo ha il compito di evidenziare cause dell’indebitamento e verificare la sussistenza dei requisiti). Se anche uno solo di questi requisiti soggettivi difetta, il tribunale dichiarerà inammissibile la proposta di piano.
Requisiti oggettivi (condizioni e documentazione)
Accanto ai requisiti legati alla persona del debitore, vi sono requisiti oggettivi riguardanti la situazione debitoria e la documentazione da presentare:
- Stato di indebitamento squilibrato: Come già accennato, deve esistere un effettivo stato di sovraindebitamento. Ciò implica che l’ammontare complessivo dei debiti e le relative scadenze siano tali da superare la capacità di rimborso del debitore. Non c’è un importo minimo di debito previsto dalla legge – può trattarsi di decine di migliaia di euro come di qualche centinaio di migliaia – purché vi sia quello squilibrio perdurante. L’importante è che l’istante dichiari e documenti tutti i debiti che ha. La completezza e trasparenza sono fondamentali: l’omissione di debiti o l’alterazione delle cifre dovute può far saltare la procedura (anche successivamente, con la revoca dell’omologazione se si scoprono falsità). Dunque, un requisito oggettivo è la completezza dell’elenco dei creditori e delle obbligazioni.
- Documentazione obbligatoria: Il CCII (art. 67) elenca in modo tassativo i documenti e le informazioni che devono accompagnare la proposta di piano. In particolare, il debitore deve fornire:
- Elenco di tutti i creditori, con indicazione delle somme dovute e delle eventuali cause di prelazione (garanzie reali come ipoteche o privilegi). Questo elenco deve includere ogni soggetto verso cui il debitore ha debiti (banche, finanziarie, fisco, fornitori, privati, familiari, ecc.), pena la non opponibilità ai creditori non menzionati.Inventario dei beni e degli atti di disposizione: Una descrizione esaustiva del proprio patrimonio (immobili, auto, conti correnti, risparmi, oggetti di valore) e l’indicazione di eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi 5 anni eccedenti l’ordinaria amministrazione. Questo serve a far emergere se il debitore ha alienato beni prima di chiedere aiuto (es. donazioni di immobili a parenti): tali atti possono essere scrutinati per evitare frodi.Dichiarazioni dei redditi degli ultimi 3 anni: in caso di mancata presentazione, altra documentazione sul reddito percepito. Ciò per valutare la capacità reddituale e la storia finanziaria recente.Stato delle entrate correnti: indicazione di stipendi, pensioni, salari o altre entrate regolari del debitore e del suo nucleo familiare, con evidenza di quanto serve per il mantenimento della famiglia. Questo dato è cruciale per calibrare il piano: ad esempio, sapere che il debitore ha uno stipendio di 1.500 € e necessita di 1.200 € per spese familiari mensili, significa che al massimo 300 € al mese sono destinabili ai creditori.Eventuale stato di famiglia o composizione del nucleo familiare, per comprendere le esigenze di mantenimento.
- Proposta di piano a contenuto conforme alla legge: Il piano del consumatore è definito a contenuto libero – ciò significa che il debitore può proporre le soluzioni che ritiene più adatte, senza vincoli predefiniti sul come soddisfare i creditori. Tuttavia, libero non vuol dire arbitrario: devono essere rispettate alcune regole di trattamento dei crediti, stabilite dalla normativa. In particolare:
- Il piano può prevedere il soddisfacimento dei crediti in qualsiasi forma, anche parziale o differenziata. Ciò consente ad esempio di proporre pagamenti rateali, oppure stralci (pagamenti parziali a saldo del debito), dilazioni, remissioni parziali di interessi, etc. Non vi è l’obbligo di pagare tutti integralmente, ma naturalmente occorre una logica e occorre indicare tempi e modalità precisi per superare la crisi.
- Si possono anche includere e ristrutturare debiti particolari come quelli derivanti da cessione del quinto dello stipendio, dai prestiti su pegno, e così via. In passato c’era incertezza se tali debiti (dove il creditore ha una trattenuta diretta sullo stipendio) potessero subire falcidie: oggi la legge chiarisce che sì, si possono rinegoziare (ad esempio riducendo la quota ceduta o allungando il piano), purché per questi crediti sia assicurato almeno quanto il creditore otterrebbe escutendo le garanzie sottostanti. Nel caso della cessione del quinto, la “garanzia” è la porzione di stipendio vincolata: dunque la riduzione non deve portare il creditore a ricavare meno di quanto ricaverebbe mantenendo la cessione in essere.
- Principio fondamentale: nessun creditore prelatizio (cioè munito di garanzia reale o privilegio) può ricevere dal piano meno di quanto otterrebbe in caso di liquidazione dei beni su cui ha garanzia. Questo è un principio di ordine delle cause di prelazione simile a quello del concordato preventivo: se ad esempio c’è un creditore ipotecario sulla casa, e il piano prevede di falcidiarne il credito, bisogna garantire almeno il valore di realizzo dell’immobile in caso di vendita forzata. Ciò per evitare che il piano danneggi ingiustamente i creditori garantiti. In pratica l’OCC dovrà stimare quanto frutterebbe l’eventuale liquidazione del bene e assicurarsi che il piano non dia a quel creditore meno di tale importo (se il piano prevede meno, il giudice difficilmente lo omologherà perché sarebbe iniquo).
- Esempio: se il debitore ha un mutuo con ipoteca sulla casa per €100.000 e il valore di mercato della casa è €80.000, il piano potrebbe prevedere di pagare ad esempio €80.000 al creditore ipotecario (falcidiando €20.000 di credito) perché tanto quello è il valore di realizzo in caso di vendita; non potrebbe invece offrire solo €50.000, perché in una liquidazione il creditore ipotecario prenderebbe presumibilmente 80k dal ricavato dell’asta, quindi ne verrebbe pregiudicato.
- Continuità del mutuo sulla prima casa: una norma molto rilevante introdotta di recente (art. 67 co.5 CCII) permette al consumatore, se in regola con le rate, di mantenere il pagamento del mutuo ipotecario sulla prima casa al di fuori del piano. In sostanza, il debitore può scegliere di non toccare il mutuo sulla casa di abitazione, continuando a pagarne le rate alle scadenze originarie, e concentrare la ristrutturazione sugli altri debiti. Per fare ciò, alla data di presentazione della domanda egli deve essere in bonis con quel mutuo (ovvero non aver rate scadute non pagate) oppure, se in ritardo, deve ottenere dal giudice l’autorizzazione a saldare le rate arretrate così da regolarizzare la posizione. Questa facoltà è preziosa perché consente di preservare l’abitazione principale: escludendo il mutuo dal piano, la casa non viene toccata dalla procedura (né sottoposta a vendita) e il debitore può mantenerla, ovviamente a patto di continuare a pagarne le rate. Gli altri creditori chirografari dovranno accontentarsi di essere soddisfatti con le risorse residue. In pratica il legislatore ha voluto favorire il favor debitoris per la prima casa, evitando che il sovraindebitamento porti automaticamente a perdere l’abitazione se c’è un mutuo sostenibile in corso. Molti piani oggi utilizzano questa opzione: il debitore dichiara che continuerà a pagare regolarmente il mutuo casa (fuori dal piano) e propone il piano di ristrutturazione solo per gli altri debiti (prestiti, carte, fisco, ecc.), eventualmente destinando a questi ultimi l’eventuale surplus di reddito.
- Nessun requisito di pagamento minimo percentuale: diversamente dai concordati fallimentari, la legge sul sovraindebitamento non impone che si paghi una percentuale minima ai creditori chirografari. In teoria, il piano del consumatore potrebbe anche prevedere di pagarli in misura esigua (es. il 5% del dovuto) se questo è il massimo sforzo possibile del debitore e se comunque per loro è migliore di quanto otterrebbero altrimenti (ad esempio nulla in caso di liquidazione, perché il debitore non ha beni). Naturalmente, quanto meno si offre ai creditori, tanto più stringente sarà il giudizio di fattibilità e convenienza da parte del giudice, e tanto più probabili saranno eventuali opposizioni. Ma non c’è un limite legale del tipo “almeno 20%”: conta solo il confronto con l’alternativa liquidatoria e la buona fede del debitore.
- Durata del piano: neppure sulla durata vi è un limite fisso, sebbene prassi e ragionevolezza suggeriscano piani non eccessivamente lunghi. In passato si vedevano piani anche decennali; oggi con il Codice della crisi, complice anche il recepimento di normative europee, si tende a contenere la durata entro 5 anni circa, salvo eccezioni. Ad esempio il Tribunale di Catania nel caso di cui sopra ha omologato un piano di 9 anni per debiti da ludopatia, ritenendo che fosse sostenibile e comunque preferibile alla liquidazione. Dunque la durata può variare: spesso i piani rateizzano il pagamento su 4-5 anni, ma non c’è un tetto rigido se la situazione richiede più tempo e i creditori non ne risultano pregiudicati.
Riassumendo i requisiti oggettivi: bisogna presentare tutta la documentazione richiesta, proporre un piano strutturato rispettando le priorità dei crediti (nessun pregiudizio per i garantiti rispetto al valore di liquidazione, equità e ragionevolezza nei confronti di tutti i creditori) e dimostrare che il piano è fattibile con le risorse e il reddito del debitore nei tempi indicati. La fattibilità è un requisito implicito ma fondamentale: un piano irrealistico (es. promettere il 100% ai creditori con rate mensili che però superano il reddito disponibile) non sarà ammesso o omologato. Il giudice, con l’ausilio della relazione OCC, valuta se le entrate prospettate copriranno le uscite previste dal piano, se le eventuali vendite di beni sono plausibili al valore indicato, e così via.
In conclusione, chi può accedere? Una persona fisica, consumatore, sovraindebitata, meritevole (senza colpa grave), che non abbia già abusato della legge, e che presenti un piano ragionevole e ben documentato. Soddisfatte queste condizioni, si può dare avvio alla procedura, come vedremo nel prossimo capitolo. Da notare che la procedura è volontaria: spetta al debitore attivarsi, non può essere imposta dai creditori. Questi ultimi però saranno coinvolti una volta che il debitore deposita la domanda.
La procedura familiare (sovraindebitamento congiunto)
Prima di passare alle fasi, una breve parentesi su una novità interessante: il sovraindebitamento familiare. L’art. 66 CCII prevede che i membri della stessa famiglia conviventi, quando il sovraindebitamento ha un’origine comune, possano presentare un’unica domanda congiunta. Questo consente, ad esempio, a marito e moglie indebitati entrambi (magari per aver co-firmato mutui o finanziamenti insieme) di fare un piano unico familiare, semplificando la procedura e i costi. I requisiti soggettivi vanno valutati per ciascuno (devono essere entrambi consumatori sovraindebitati meritevoli) ma la soluzione può essere unitaria. Si tratta di una innovazione (già introdotta nel 2020 e confermata dal Codice) molto utile nei casi in cui la crisi debitoria coinvolge l’intero nucleo familiare. In pratica, il piano del consumatore può essere presentato da più co-debitori insieme, con un unico OCC e un unico giudice, se vivono insieme e i debiti hanno causa comune o collegata. Ad esempio, genitori e figlio convivente, indebitati a seguito delle spese mediche per un familiare, potrebbero proporre un’unica ristrutturazione familiare. Questo evita frammentazioni e consente di considerare il bilancio familiare complessivo, importante dato che spesso le entrate e uscite sono condivise.
Fasi procedurali: dall’istanza all’omologazione
Vediamo ora come si svolge concretamente la procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, passo dopo passo, dal deposito dell’istanza fino all’omologazione del piano e alla sua esecuzione. Possiamo distinguere diverse fasi procedurali:
- Preparazione della domanda con l’ausilio dell’OCC – fase stragiudiziale iniziale.
- Deposito del ricorso in tribunale e apertura della procedura – fase di avvio formale.
- Comunicazione ai creditori e gestione delle eventuali opposizioni – fase interlocutoria.
- Udienza (se prevista) e omologazione del piano da parte del giudice – fase decisionale.
- Esecuzione del piano omologato e chiusura della procedura – fase finale.
Analizziamo ciascuna di queste fasi.
1. Attivazione e coinvolgimento dell’OCC
La prima mossa spetta al debitore, il quale deve rivolgersi ad un Organismo di Composizione della Crisi da sovraindebitamento (OCC). Gli OCC sono enti (pubblici o privati iscritti in apposito registro ministeriale) autorizzati ad assistere i debitori nelle procedure di sovraindebitamento. In ogni circondario di tribunale vi sono uno o più OCC disponibili (spesso istituiti presso gli Ordini dei Dottori Commercialisti, degli Avvocati, o presso le Camere di commercio). Il debitore può scegliere un OCC accreditato e presentare istanza di nomina di un gestore della crisi. Una volta accettata la richiesta, l’OCC designa un gestore incaricato del caso: si tratta di un professionista (avvocato, commercialista o esperto in crisi) che seguirà operativamente la pratica.
Il ruolo dell’OCC è cruciale sin dall’inizio: nessuna domanda di piano del consumatore può essere presentata senza l’ausilio di un OCC. È l’OCC che aiuta il debitore a raccogliere i documenti, a redigere il piano e predispone la relazione particolareggiata. La legge infatti prevede espressamente che l’ OCC svolge i compiti del commissario giudiziale o del liquidatore, assistendo il consumatore e coadiuvando il tribunale. In pratica, funge da figura terza super partes, un po’ come un curatore nelle procedure concorsuali, ma al fianco del debitore.
Cosa accade in questa fase preparatoria? Il debitore incontrerà il gestore nominato dall’OCC e gli fornirà tutte le informazioni sulla propria situazione: elenco dei debiti, elenco dei beni, documenti di reddito, ecc. Il gestore effettuerà verifiche incrociate (anche utilizzando banche dati pubbliche, grazie ai nuovi poteri attributi agli OCC, come catasto, PRA, Anagrafe tributaria, ecc., per stanare eventuali omissioni) e aiuterà a predisporre la proposta di piano. Questo comporta fare i conteggi su quanti soldi il debitore potrà mettere a disposizione (tramite reddito o realizzo beni) e come distribuirli ai creditori secondo la legge. Durante questo periodo (che può durare qualche settimana o mese a seconda della complessità), il debitore deve collaborare pienamente e astenersi da atti che possano danneggiare i creditori (ad esempio, non deve fare nuove spese inutili o alienare beni, se non concordato con l’OCC). In alcuni casi, se c’è urgenza di bloccare pignoramenti imminenti, il debitore può depositare la domanda in tribunale anche in anticipo per chiedere misure protettive, ma comunque l’intervento OCC è richiesto fin dall’inizio o immediatamente dopo.
Una volta pronto il fascicolo, l’OCC redige la relazione particolareggiata (vedremo più avanti il contenuto in dettaglio) e la proposta di piano del consumatore viene formalizzata in un ricorso da depositare al tribunale competente. Il tribunale competente è normalmente quello del luogo di residenza o domicilio del debitore (se persona fisica consumatore); le procedure di sovraindebitamento sono di competenza del Tribunale in composizione monocratica, cioè vengono trattate da un giudice delegato (o da un collegio in camera di consiglio in alcuni casi, ma generalmente da un singolo giudice nominato). Ad esempio, un consumatore residente a Milano depositerà il ricorso presso il Tribunale di Milano, Sezione Fallimentare (o altro ufficio designato per il “Crisi d’impresa e insolvenza” che comprende anche il sovraindebitamento).
Il ricorso introduttivo deve contenere tutti gli elementi previsti: generalità del debitore, indicazione che si tratta di un consumatore sovraindebitato ex legge, esposizione della situazione debitoria, indicazione dell’OCC che assiste e del gestore nominato, descrizione sommaria della proposta di piano, e soprattutto la richiesta al Tribunale di omologare il piano previo accertamento dei presupposti. In pratica, è un atto che dà il via al procedimento di volontaria giurisdizione, a cui vanno allegati il piano e la relazione OCC, oltre a tutta la documentazione di supporto sopra elencata (elenchi creditori, beni, redditi, etc.).
Dopo il deposito, il Tribunale effettua un controllo formale iniziale. Se manca l’attestazione OCC o altra documentazione essenziale, può chiedere integrazioni o dichiarare subito inammissibile il ricorso. Diversamente, se tutto è in ordine, si passa alla fase successiva.
Vale la pena notare che in questa fase iniziale non vi è ancora un provvedimento ufficiale di apertura (sebbene il CCII spesso parli di “decreto di apertura della procedura”). Tecnicamente, il procedimento si considera avviato con il deposito dell’istanza e l’iscrizione a ruolo. Tuttavia, l’effettiva “apertura” viene formalizzata con un decreto del giudice dopo le prime valutazioni.
2. Decreto di apertura della procedura e provvedimenti cautelari
Una volta ricevuto il ricorso, il Tribunale – tipicamente attraverso il giudice designato – esamina in prima battuta i presupposti di ammissibilità. Se ritiene che vi siano cause ostative evidenti, può pronunciarsi subito dichiarando inammissibile la domanda (ad esempio: il soggetto non è un consumatore; oppure ha nascosto informazioni; oppure appare manifestamente incolpevole, ecc.). In caso contrario, il giudice emette un decreto di apertura della procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore (così denominato). Questo decreto di apertura svolge diverse funzioni:
- Dichiara aperta la procedura ex artt. 65-73 CCII, ufficializzando che il debitore è ammesso alla fase di esame del piano.
- Nomina formalmente l’OCC (o conferma l’OCC scelto dal debitore) e il gestore della crisi, se non già nominato, ratificando il loro ruolo ufficiale.
- Dispone la comunicazione ai creditori della proposta di piano depositata e fissa le modalità con cui i creditori potranno eventualmente fare osservazioni o opposizioni. Il giudice può fissare direttamente un’udienza di comparizione entro un certo termine, oppure (come spesso avviene per i piani del consumatore) può stabilire un termine entro cui eventuali creditori possono presentare opposizione scritta all’omologazione, riservandosi di decidere decorso tale termine.
- Ordina le misure protettive del patrimonio del debitore. Questa è una parte molto importante: su istanza del debitore, il giudice nel decreto di apertura sospende le azioni esecutive in corso e vieta l’inizio di nuove procedure esecutive individuali durante la pendenza della procedura. In sostanza, concede una moratoria ai sensi dell’art. 54 CCII (norma generale sulle misure protettive), analoga all’automatic stay del concordato preventivo. Ad esempio, se la casa del debitore era all’asta o se era in corso un pignoramento sullo stipendio, con l’apertura della procedura questi vengono sospesi (l’asta rinviata, la trattenuta interrotta) per dare spazio al piano. La Corte di Cassazione ha chiarito che è ammissibile prevedere nel piano anche una moratoria nel pagamento dei crediti prelatizi (ossia posticipare il pagamento dei garantiti) purché ciò non rechi pregiudizio e sia nei limiti di 24 mesi salvo consenso dei creditori. In genere comunque, l’apertura blocca il decorso degli interessi chirografari e congela la situazione debitoria alla data del deposito.
- Può impartire altre disposizioni, ad esempio ordinare al debitore di versare all’OCC eventuali fondi per le spese di procedura, oppure di aprire un conto dedicato per canalizzare i pagamenti del piano (come poi verrà fatto dopo l’omologa).
Dopo l’apertura, i creditori vengono informati. L’OCC (gestore) provvede a notificare o comunicare a ciascun creditore la copia del piano e della relazione, o un estratto significativo, e il decreto con le indicazioni del giudice. Questo consente ai creditori di essere messi a conoscenza della situazione e della proposta del debitore. Diversamente dal concordato minore, nel piano del consumatore i creditori non votano: essi possono però presentare opposizione (ossia far pervenire al tribunale le loro contestazioni) in sede di omologazione. In assenza di opposizioni, il giudice deciderà sulla base degli atti; se invece vi sono contestazioni, vi sarà un contraddittorio in udienza.
Da notare che se il giudice, all’apertura, avesse dubbi sulla fattibilità o su aspetti del piano, può chiedere chiarimenti all’OCC o al debitore, o anche invitare a modifiche (entro limiti). La legge non prevede espressamente una modifica del piano dopo il deposito, ma in pratica, fino all’omologazione, il debitore potrebbe proporre modifiche correttive se emergono problemi (ad esempio: un creditore segnalato dall’OCC che un certo bene vale meno del previsto, il debitore potrebbe aggiustare l’offerta). Tuttavia, bisogna fare attenzione: secondo la Cassazione, in sede di reclamo o appello contro un diniego di apertura, il debitore non può modificare il piano per sanare le carenze – l’esame si deve svolgere sulla proposta originaria. Ciò significa che è meglio depositare fin da subito un piano completo, perché correzioni sostanziali postume potrebbero non essere ammesse se il caso finisce in Cassazione.
In sintesi, la fase dell’apertura mette in sicurezza il debitore (grazie allo stay delle azioni esecutive), ufficializza la procedura e apre la strada alla fase di omologazione, informando i creditori e raccogliendo le loro eventuali reazioni. Da qui si passa alla valutazione finale del piano.
3. Valutazione del piano: ruolo dei creditori e del giudice
Una volta aperta la procedura e avvisati i creditori, vi è un periodo in cui il piano è sotto esame. In questo lasso di tempo:
- I creditori possono interagire inviando osservazioni o formalmente opponendosi. Cosa può contestare un creditore? Essenzialmente:
- Può eccepire che il debitore non avesse i requisiti (ad esempio sostenendo che c’era frode o colpa grave non dichiarata, o che il debitore in realtà aveva una parte imprenditoriale rilevante).
- Può contestare la convenienza economica del piano per sé: nel piano del consumatore, a differenza che nel concordato minore, i creditori non votano l’approvazione, ma hanno la facoltà di opporsi sostenendo che dal piano ricaverebbero meno di quanto potrebbero ottenere dalla liquidazione del patrimonio del debitore (art. 68 CCII). Questa opposizione per “difetto di convenienza” è esaminata dal giudice. Se il giudice ritiene fondata la doglianza – ovvero se riscontra che effettivamente un creditore verrebbe trattato ingiustamente peggio del dovuto – allora può negare l’omologazione.
- Può inoltre segnalare errori o mancanze (ad esempio: un credito non inserito correttamente, il piano che non considera un privilegio, ecc.).
- L’OCC/gestore continua a svolgere il suo ruolo, certificando le comunicazioni e predisponendo l’eventuale integrazione della relazione se emergono fatti nuovi dalle opposizioni.
- Il Giudice raccoglie le eventuali opposizioni e fissa, se non già fissata, l’udienza di omologazione. All’udienza compaiono il debitore (assistito dal suo difensore, se nominato, e dall’OCC) e gli eventuali creditori opponenti. È una fase simile a un’udienza camerale: il giudice sente le parti, verifica i punti contestati e valuta complessivamente il piano e le eccezioni.
La legge prevede che il giudice omologhi il piano se sussistono tutte le condizioni e se nessun creditore ha fatto opposizione (o se le opposizioni vengono respinte). In dettaglio, per accordare l’omologazione il giudice deve accertare:
- la regolarità della procedura (corretta convocazione dei creditori, presenza della relazione OCC, completezza documenti);
- la sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi (debitore meritevole, ecc.) già discussi;
- la fattibilità del piano, ossia che le risorse previste siano realistiche. Ad esempio, se il piano prevede che un parente faccia un’erogazione di denaro, il giudice vorrà vedere una lettera d’impegno di tale parente; se prevede la vendita di un immobile, valuterà la perizia di stima e la concretezza di trovare acquirenti nel termine indicato.
- la convenienza per i creditori, in senso comparativo con l’alternativa liquidatoria. Questo elemento è peculiare: se un creditore ha contestato la convenienza, il giudice deve raffrontare cosa quel creditore otterrebbe in una ipotetica liquidazione controllata dei beni del debitore rispetto a quanto gli offre il piano. Se il piano offre di più o almeno lo stesso, l’opposizione del creditore per difetto di convenienza va rigettata (non c’è lesione). Se invece il piano offre meno, il giudice potrebbe ritenere non soddisfatto il criterio di migliore soddisfazione e quindi non omologare. In pratica, la legge cerca di assicurare che nessun creditore sia peggiorato dal piano rispetto allo scenario di liquidazione. Per questo l’OCC nella sua relazione spesso include una simulazione di cosa accadrebbe in caso di liquidazione del patrimonio del debitore: se risulta che i chirografari prenderebbero zero in liquidazione e nel piano prendono il 10%, è evidente la convenienza del piano. Se invece dalla liquidazione emergerebbe una soddisfazione maggiore per un certo creditore, il piano non può essere approvato se quel creditore si oppone (e comprensibilmente si opporrebbe).
Va detto che, data la natura del piano del consumatore (in cui il debitore già tende a offrire tutto il possibile compatibile col mantenimento proprio e della famiglia), le opposizioni dei creditori per convenienza sono rare o comunque raramente accolte: spesso in liquidazione il creditore otterrebbe anche meno, specie se il debitore non ha beni di rilievo. Inoltre, come visto, un creditore che abbia concorso all’eccessivo indebitamento violando le norme sul merito creditizio non è legittimato a contestare la convenienza. Ad esempio, se una finanziaria ha concesso 5 prestiti al consumo al debitore senza valutarne la sostenibilità, e poi si trova a subire un piano che la paga solo parzialmente, non potrà efficacemente opporsi su basi di convenienza: la legge la considera in qualche modo corresponsabile.
In questa fase il dialogo in udienza può portare anche a piccoli aggiustamenti: talora, di fronte ad una riserva del giudice o ad un’obiezione specifica, il debitore tramite l’OCC può proporre una modifica migliorativa (ad esempio, trovare un parente disposto ad alzare di qualcosa il contributo ai creditori). Se la modifica è marginale e non altera l’equilibrio generale, il giudice può ammetterla anche in udienza e procedere all’omologa del piano così modificato. Se invece la modifica fosse sostanziale o l’opposizione fondata su elementi insormontabili, la procedura può concludersi con un mancato accordo: in tal caso, il giudice emette un decreto di diniego di omologa. Contro il diniego di omologazione (o la dichiarazione di inammissibilità) il debitore può proporre reclamo (appello) entro 15 giorni alla Corte d’Appello, e successivamente eventualmente ricorso per Cassazione per motivi di diritto. Tuttavia, se il piano è ben congegnato e il debitore meritevole, nella maggior parte dei casi si giunge all’omologazione.
4. Omologazione del piano del consumatore
L’omologazione è il provvedimento finale con cui il Tribunale (nella persona del giudice delegato o del collegio, a seconda delle prassi) approva definitivamente il piano, rendendolo vincolante per tutte le parti. In pratica, è una sentenza o decreto motivato che attesta il rispetto di tutti i requisiti di legge e dichiara che il piano presentato viene omologato (cioè confermato con forza esecutiva).
I punti salienti dell’omologazione sono:
- Vincolatività per tutti i creditori anteriori: dal momento dell’omologazione, il piano diventa obbligatorio per tutti i creditori elencati, siano essi consenzienti o meno. I creditori, anche se contrari o rimasti inattivi, sono tenuti ad accettare i pagamenti nelle forme e nei termini previsti dal piano omologato, e non possono agire altrimenti per soddisfarsi. Ad esempio, se un creditore vantava €50.000 e il piano omologato prevede che ne riceverà €15.000 in 3 anni, quel creditore non può pretendere di pignorare beni per avere di più: deve attenersi al piano, pena nullità degli atti esecutivi.
- Sospensione/cessazione definitiva delle azioni esecutive individuali: le eventuali procedure esecutive pendenti vengono estinte o comunque perdono efficacia. Il provvedimento di omologa viene comunicato ai vari uffici (es. al giudice dell’esecuzione per i pignoramenti in corso, agli ufficiali giudiziari, etc.) affinché prendano atto che il debitore è ora sotto una procedura concorsuale conclusa con un piano vincolante. Ad esempio, se c’era una procedura di espropriazione immobiliare, l’omologa del piano (che magari prevede soluzioni alternative per i creditori) comporterà la chiusura di quella esecuzione.
- Nomina del gestore come vigilante dell’esecuzione: spesso nell’atto di omologa il tribunale conferma l’incarico all’OCC/gestore della crisi di sovraintendere all’esecuzione del piano. Il gestore viene investito del compito di risolvere eventuali difficoltà applicative, tenere i rapporti con i creditori e relazionare periodicamente al giudice sullo stato di attuazione del piano. Inoltre, il giudice può ordinare che le somme destinate ai creditori vengano convogliate su un conto corrente intestato alla procedura, gestito dal professionista OCC, dal quale poi saranno effettuati i pagamenti ai creditori. Questa pratica garantisce trasparenza: il debitore, invece di pagare direttamente i creditori (rischiando disguidi o preferenze), versa quanto dovuto sul conto della procedura, e il gestore provvede a distribuire secondo piano.
- Chiusura della procedura: con l’omologazione, normalmente, il tribunale dichiara chiusa la procedura concorsuale). A differenza di un fallimento dove la procedura dura fino alla liquidazione completa, nel piano del consumatore la fase giudiziale termina con l’omologa; ciò che segue è l’esecuzione che di regola avviene fuori dalle aule di tribunale, sotto monitoraggio dell’OCC. Il giudice può comunque mantenere un fascicolo aperto per intervenire in caso di necessità (revoche, modifiche, controversie), ma sostanzialmente dichiara concluso il procedimento di omologazione.
- Pubblicità: il provvedimento di omologa può essere pubblicato, su disposizione del giudice, in registri pubblici o sul sito web del Tribunale, per dare notizia ai terzi (ad esempio, per informare eventuali creditori non noti). Spesso se ne dispone la pubblicazione nell’area dedicata alle procedure da sovraindebitamento del sito del Tribunale, oscurando però i dati sensibili (specie se ci sono riferimenti a minori o a salute, come ludopatia). La pubblicazione ha effetto anche di far decorrere i termini per eventuali impugnazioni da parte di creditori che sostenessero di non aver saputo.
Effetti sostanziali per il debitore e i creditori omologazione:
- Per il debitore, l’omologa rappresenta il punto di svolta: da quel momento ha la possibilità concreta di liberarsi dei debiti seguendo il piano. Inoltre, con l’omologa scattano alcune protezioni: ad esempio, il debitore non è più considerato inadempiente verso i creditori per la parte di debito inclusa nel piano (la segnalazione in Centrale Rischi o SIC come “sofferente” potrebbe essere gestita diversamente – di ciò parleremo in seguito sulla riabilitazione). Il debitore deve però attenersi rigorosamente agli impegni presi: il piano diventa la sua “legge” finanziaria per la durata prevista.
- Per i creditori, l’omologazione comporta che il loro diritto di credito subisce le modifiche stabilite dal piano: in pratica accettano una novazione concordataria. Ad esempio, il creditore chirografario che vantava €10.000 a pronti e interessi, ora può vantare, grazie al provvedimento giudiziale, €3.000 pagabili in 36 rate come da piano, e per il resto il credito viene remisso (sarà cancellato a completamento del piano). Il creditore garantito che aveva ipoteca su un immobile, se il piano prevede la vendita di quell’immobile, sarà soddisfatto con il ricavato secondo le percentuali decise e poi l’ipoteca verrà estinta. Durante l’esecuzione del piano, i creditori non possono intraprendere né proseguire azioni individuali né, ovviamente, iscrivere nuovi gravami su beni del debitore. In sostanza, il loro rapporto col debitore viene “ingabbiato” nelle regole del piano.
È importante evidenziare che l’omologazione e la corretta esecuzione del piano conducono all’esdebitazione del debitore. L’esdebitazione è il beneficio della liberazione dai debiti residui non pagati. Nella procedura del piano del consumatore, l’esdebitazione è intrinseca: se il debitore esegue fedelmente il piano e paga tutto quanto promesso, ottiene automaticamente la cancellazione di ogni debito residuo verso i creditori concorsuali (quelli coinvolti nel piano). Ad esempio, se doveva 100 e ha pagato 30 come da piano omologato, i 70 restanti vengono perdonati e il creditore non potrà più pretenderli. Non occorre un ulteriore provvedimento di esdebitazione (come invece è previsto nella liquidazione controllata, dove a fine procedura il debitore chiede esdebitazione al giudice). Tuttavia, su istanza del debitore, il Tribunale può emettere un decreto formale che accerta l’avvenuto integrale adempimento del piano e dichiara la sopravvenuta esdebitazione per pubblica evidenza.
5. Esecuzione del piano e adempimento degli obblighi
Con il piano omologato, si apre il periodo di esecuzione che, pur essendo perlopiù fuori dal processo, rappresenta una fase essenziale: il piano dà i suoi frutti solo se viene effettivamente realizzato. Gli attori in questa fase sono principalmente il debitore (che deve fare quanto promesso, come versare le rate, mettere a disposizione beni, etc.) e l’OCC/gestore (che monitora e assiste). Il tribunale rimane sullo sfondo, potendo intervenire solo se interpellato per problemi gravi.
Alcune caratteristiche dell’esecuzione:
- Se il piano prevede pagamenti dilazionati dal reddito del debitore, il debitore dovrà periodicamente (mensilmente, trimestralmente, come stabilito) versare le somme. Spesso il debitore versa sul conto dedicato dell’OCC, e l’OCC provvede a ripartirle tra i creditori secondo il piano. In tal caso, l’OCC invierà ai creditori le quote spettanti, tenendo traccia di tutte le transazioni e riferendo eventuali inadempimenti.
- Se il piano prevede la vendita di beni (es. vendita di un immobile o di un’auto), l’OCC/gestore spesso viene autorizzato a seguire la vendita. Può essere nominato come custode o mandatario per vendere il bene (in accordo con il debitore) e poi distribuire il ricavato. In alternativa, il debitore stesso con l’assistenza OCC potrà alienare il bene sotto controllo (ad esempio con clausola che il prezzo vada sul conto OCC).
- Il debitore deve attenersi anche alle eventuali prescrizioni di comportamento. Ad esempio, se il piano presuppone che conservi il suo impiego (che genera reddito per pagare), egli non dovrà volontariamente licenziarsi. Se il piano gli impone di non aggravare il passivo, non potrà contrarre nuovi debiti se non per necessità essenziali.
Il gestore è tenuto a relazionare al giudice sull’andamento: spesso l’ordine del giudice è di riferire ogni 6 mesi o annualmente sull’esecuzione, segnalando se tutto procede o se vi sono irregolarità. Così il tribunale mantiene un certo controllo, sebbene indiretto.
Completamento del piano: se il debitore adempie a tutte le obbligazioni secondo le modalità e tempi previsti, la sua procedura si conclude con successo. Egli sarà quindi formalmente liberato dai debiti residui. Solitamente, l’OCC presenta un’ultima relazione finale al giudice dichiarando che il piano è stato eseguito integralmente e che tutti i pagamenti sono stati effettuati. A questo punto, il giudice emette un decreto di presa d’atto e, se necessario, dichiara l’esdebitazione finale del debitore. Il debitore potrà quindi finalmente ricominciare la propria vita economica senza il fardello dei debiti passati: è il cosiddetto fresh start, obiettivo ultimo della legge sul sovraindebitamento.
E se qualcosa va storto? Può capitare che durante l’esecuzione il debitore incontri difficoltà o commetta inadempimenti. Le possibili situazioni problematiche e i relativi rimedi sono:
- Inadempimento non colpevole e rimediabile: se il debitore salta magari una rata per un imprevisto ma poi è in grado di recuperare, l’OCC può gestire con un minimo di elasticità (sempre meglio informare e chiedere autorizzazione al giudice se si vogliono modificare scadenze). Qualche giorno di ritardo difficilmente porta a sanzioni, purché i creditori non ne subiscano danno significativo.
- Modifica del piano in corso: il CCII consente, in caso di fatti sopravvenuti straordinari, di chiedere una modifica delle condizioni di omologazione. Ad esempio, se durante il piano il debitore perde il lavoro per cause non imputabili a lui e ciò compromette la fattibilità del piano, potrà rivolgersi al tribunale (tramite OCC) per proporre una modifica (magari una dilazione maggiore o l’intervento di un terzo). Il giudice valuterà se convocare i creditori e ratificare la modifica.
- Inadempimento grave/frode – revoca dell’omologazione: se il debitore non adempie ingiustificatamente gli obblighi del piano, o se si scopre che aveva dolosamente omesso informazioni (ad esempio un credito non dichiarato, un bene nascosto), il tribunale su segnalazione dell’OCC o su ricorso di un creditore può dichiarare la risoluzione o revoca del piano omologato. L’art. 72 CCII disciplina la revoca dell’omologazione in questi casi. Le conseguenze sono pesanti: il piano viene annullato, le protezioni cessano e i creditori riacquistano il diritto di agire per l’intero credito originario (deducendo quanto eventualmente ricevuto nel frattempo). In più, il debitore perde il beneficio dell’esdebitazione. Ad esempio, se a metà piano il debitore smette di pagare senza motivo, i creditori possono chiedere la risoluzione e tornare a pretendere tutto il debito residuo con nuovi pignoramenti. Se invece emerge una frode (piano basato su dati falsi), la revoca può essere dichiarata anche successivamente e il debitore può incorrere in sanzioni penali (la legge punisce penalmente il debitore che dolosamente altera le informazioni nella procedura di sovraindebitamento, in analogia ai reati di bancarotta per le imprese). Da notare che la Cassazione ha precisato che la conversione del piano in liquidazione dei beni non è automatica a ogni inadempimento: occorre che ricorra una specifica condizione prevista dalla legge (ad esempio un grave inadempimento). Non c’è una norma generale di conversione se il piano non viene omologato o viene revocato, salvo richiesta del debitore. Il debitore potrebbe comunque, in caso di fallimento del piano, presentare una nuova istanza di liquidazione controllata per tentare di ottenere almeno l’esdebitazione tramite quella (ma qui tornano in gioco i limiti dei 5 anni se aveva già usato la procedura).
In conclusione, il buon esito della procedura dipende dalla disciplina e buona fede del debitore nel seguire il piano. La maggior parte dei piani omologati arrivano a compimento se sono stati calibrati su misure realistiche. Nei prossimi paragrafi, approfondiremo alcuni aspetti specifici – come il ruolo degli OCC e del gestore, il contenuto del piano, il trattamento dei debiti fiscali, ecc. – e vedremo esempi pratici di piani riusciti, prima di analizzare la giurisprudenza più significativa e le novità normative degli ultimi anni.
Il ruolo degli Organismi di Composizione della Crisi (OCC)
Gli Organismi di Composizione della Crisi da sovraindebitamento (OCC) sono un pilastro fondamentale delle procedure di sovraindebitamento. Introdotti dalla L. 3/2012 e confermati nel CCII, svolgono una funzione simile a quella di un curatore/commissario, ma con l’obiettivo specifico di aiutare il debitore a gestire la crisi e di tutelare contestualmente gli interessi dei creditori attraverso soluzioni concordate. Approfondiamo il ruolo e le responsabilità degli OCC e del gestore della crisi nominato.
Chi sono gli OCC? Sono enti iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della Giustizia. Possono essere:
- Organismi pubblici: ad esempio i Organismi istituiti presso i Tribunali stessi o presso i Comuni.
- Ordini professionali: molti Ordini dei Commercialisti e degli Avvocati hanno costituito OCC per i sovraindebitati.
- Fondazioni o società autorizzate: ci sono anche enti privati (associazioni di consumatori, fondazioni antiusura, società tra professionisti) che ottenuta l’iscrizione fungono da OCC.
Questi organismi devono avere determinati requisiti di professionalità e indipendenza, e sono soggetti a vigilanza. Il personale dell’OCC (gestori) deve possedere specifiche competenze in materia di crisi da sovraindebitamento e, dal 2021, è stato istituito un Albo dei gestori della crisi con requisiti formativi (40 ore di formazione specifica più aggiornamenti biennali).
Quando un consumatore si presenta, l’OCC nomina uno dei propri incaricati come gestore del caso. Il gestore della crisi è quindi il professionista che materialmente segue la procedura: incontra il debitore, ne analizza la situazione, redige la relazione, mantiene i contatti con i creditori e con il tribunale. Egli deve agire con imparzialità e diligenza, pur essendo proposto dal debitore (o scelto dall’OCC su istanza del debitore). Il suo compito è duplice:
- Assistere il debitore nella predisposizione del piano, assicurando che tutti i dati siano veritieri e completi, e consigliandolo sulle opzioni migliori.
- Ausilio al tribunale: l’OCC/gestore funge da braccio operativo del giudice, certificando le informazioni e vigilando sull’esecuzione, così che il giudice possa fidarsi dei resoconti dell’OCC per prendere decisioni.
Tra le funzioni specifiche dell’OCC e del gestore vi sono:
- Esame della situazione economica del debitore: il gestore verifica attivamente l’elenco dei debiti e dei beni. Grazie al Correttivo 2024, ora gli OCC possono accedere direttamente alle banche dati pubbliche (anagrafe tributaria, PRA per veicoli, catasto immobiliare, registri protesti, ecc.). Questo è un salto di qualità perché consente di scovare eventuali omissioni e di predisporre un piano più accurato. Ad esempio, se il debitore dimentica (volontariamente o meno) di dichiarare un bene o un credito, l’OCC può accorgersene consultando i registri.
- Redazione della relazione particolareggiata: questo è forse l’atto più importante di responsabilità dell’OCC. Nella relazione l’OCC deve attestare:
- le cause dell’indebitamento e la diligenza o meno del debitore nell’assumere le obbligazioni (è qui che analizza la meritevolezza, spiegando se il sovraindebitamento è dovuto a eventi sfortunati, a cattiva gestione o altro);il rispetto da parte del debitore del dovere di leale collaborazione (ossia se ha fornito tutto e non ha nascosto nulla);l’eventuale ruolo scorretto dei creditori (ad esempio se hanno concesso credito imprudentemente, come dice l’art. 69 co.2 CCII);la fattibilità del piano (analisi economica: redditi, tempistiche, eventuali garanzie offerte) e la convenienza per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria;l’assenza di cause di inammissibilità (precedenti procedure, etc.).
- Mediazione con i creditori: sebbene nel piano del consumatore i creditori non votino, il gestore di fatto svolge spesso un’opera di moral suasion o di dialogo informale con i principali creditori. Può contattarli prima del deposito per capire se il piano prospettato troverebbe opposizione o se è opportuno ritoccare qualcosa per evitare contestazioni. Può ad esempio negoziare con l’Agente della Riscossione (per i debiti fiscali) il trattamento del loro credito entro i limiti di legge, in modo da prevenire opposizioni.
- Esecuzione e monitoraggio: come visto, dopo l’omologazione l’OCC rimane in carica per vigilare. Apre il conto dedicato, effettua i pagamenti, invia comunicazioni di scadenza al debitore, redige le relazioni periodiche al giudice. Se il debitore non paga una rata, è il gestore in prima battuta a sollecitare e cercare di capire il problema. Egli può proporre al giudice provvedimenti correttivi o, nei casi estremi, segnalare l’inadempimento irreparabile.
- Compenso dell’OCC: il compenso del gestore/OCC è generalmente a carico del debitore ed è considerato spesa prededucibile nel piano (ossia da pagare prima degli altri crediti). Spesso il piano prevede di accantonare una parte iniziale per pagare l’OCC e le spese di giustizia. Il compenso è stabilito dal giudice in base al DM 202/2014 e successive modifiche, ed è parametrato a complessità e % sui crediti trattati. L’OCC può chiedere un anticipo al debitore (che di solito viene versato a inizio procedura) e la restante parte viene pagata nell’ambito del piano.
Indipendenza e imparzialità: l’OCC deve essere indipendente dalle parti. Non può avere avuto rapporti di consulenza con il debitore in passato, né conflitti d’interesse con creditori. Se emerge un conflitto, deve astenersi. La sua relazione deve essere obiettiva: se il debitore ha avuto colpe, l’OCC non deve occultarle ma riportarle. Va detto che un OCC scrupoloso, se riscontra colpe gravi del debitore, in genere sconsiglia al debitore di procedere col piano del consumatore (che verrebbe bocciato) e magari lo indirizza verso la liquidazione controllata (dove la meritevolezza è rilevante soprattutto per l’esdebitazione finale, ma non per l’apertura).
In sintesi, l’OCC è il cardine operativo della procedura:
- consente al debitore di disporre di un esperto che lo aiuti a navigare un procedimento complesso;
- offre al giudice e ai creditori una garanzia di terzietà nelle informazioni e nella gestione del piano;
- funge da filtro contro eventuali abusi (se il debitore è manifestamente inammissibile, l’OCC potrebbe anche rifiutare di presentare l’istanza, consigliando soluzioni diverse).
Grazie alle recenti riforme (Correttivo 2024), il ruolo degli OCC è stato rafforzato, dotandoli di più poteri di indagine e prevedendo percorsi formativi specifici. L’obiettivo è professionalizzare sempre più questa figura, perché dalla sua qualità dipende in gran parte il successo delle procedure di sovraindebitamento. Non a caso, la legge definisce l’OCC come soggetto che “svolge i compiti del commissario giudiziale o del liquidatore” nelle procedure di composizione della crisi: è quindi equiparato a figure di procedure concorsuali maggiori, con responsabilità analoghe.
Un debitore che intenda avvalersi di un piano del consumatore farà bene a scegliere – laddove abbia possibilità di scelta – un OCC con esperienza e a collaborare lealmente e attivamente con il gestore assegnato. In caso di attriti o inerzie da parte del gestore, il debitore può sempre rivolgersi al referente dell’OCC o anche al giudice per chiedere la sostituzione del gestore (è prevista se vi è motivo, es. negligenza). Ciò è però raro: normalmente c’è sintonia, in quanto entrambi – debitore e OCC – puntano all’omologazione di un piano fattibile.
Il gestore della crisi e il giudice competente
Abbiamo già introdotto il gestore della crisi (figura operativa designata dall’OCC) e il giudice competente (il giudice del tribunale che segue la procedura). In questa sezione li consideriamo in relazione reciproca e con qualche dettaglio in più sul loro ruolo istituzionale.
Il gestore della crisi (OCC):
- È nominato dall’OCC oppure direttamente dal Tribunale se la procedura viene avviata d’ufficio dal giudice (ipotesi poco frequente, solitamente il debitore indica l’OCC scelto e il giudice lo conferma). Il suo incarico è ufficializzato con il decreto di apertura della procedura.
- Opera sotto la vigilanza del tribunale. Difatti, è obbligato a depositare tutte le sue relazioni e a richiedere autorizzazioni per atti non ordinari. Ad esempio, se per l’esecuzione del piano occorre vendere un immobile, generalmente il gestore chiederà un decreto del giudice che lo autorizza e magari lo investe di poteri (es. autorizzazione a cancellare ipoteche a fronte del pagamento concordato, ecc.).
- Ha responsabilità personale: se commette errori gravi o omissioni, può risponderne sia disciplinarmente (verso l’OCC di appartenenza) che verso le parti (responsabilità civile, e nei casi peggiori penale per false attestazioni).
- Dialoga col debitorio e col creditorio (i creditori). Per il debitore è un referente: molte scelte e comunicazioni passano attraverso lui. È di solito sconsigliato al debitore interagire direttamente coi creditori una volta attivato l’OCC, per non creare confusione o fare promesse disallineate al piano. Tutto dovrebbe canalizzarsi mediante il gestore, che mantiene la visione d’insieme.
Il giudice competente:
- È un giudice del Tribunale del luogo del debitore. Alcuni Tribunali hanno sezioni specializzate (ad es. la Sezione Fallimentare tratta anche i sovraindebitamenti), altri assegnano a giudici della Volontaria Giurisdizione.
- Nel corso della procedura, il giudice emette i provvedimenti principali: decreto di apertura, eventuali provvedimenti interinali, sentenza/decreto di omologa, e qualsiasi altro provvedimento (decreti di rigetto, revoche, ecc.). La forma del provvedimento finale può variare: alcuni tribunali emettono sentenza di omologa (soprattutto se decidono anche su opposizioni dei creditori, quindi con struttura decisoria), altri un decreto.
- Il giudice ha un ruolo di controllo di legalità e merito: diversamente da un accordo interamente privatistico, qui il giudice valuta anche il merito (fattibilità del piano, meritevolezza). Quindi ha un potere di sindacato penetrante. Tuttavia, non è un giudice “contrapposto” al debitore: il suo scopo istituzionale è di facilitare la composizione della crisi se ci sono i presupposti. Molti giudici di merito hanno un approccio propositivo, segnalando magari in udienza aspetti da correggere per poter omologare.
- Giudice dell’esecuzione del piano: terminata l’omologa, il giudice rimane competente per eventuali incidenti esecutivi (es. decisione su revoca, o su come ripartire somme non previste). In genere è lo stesso giudice che ha omologato a mantenere la supervisione (specie se viene richiesto un intervento d’urgenza, conosce già il caso).
- Impugnazioni: se le parti sono scontente, i rimedi sono:
- Reclamo alla Corte d’Appello contro il provvedimento che rigetta o revoca l’omologa (entro 15 giorni). Il reclamo è deciso in camera di consiglio. Ad esempio, se il giudice rigetta l’omologa per difetto di meritevolezza e il debitore non è d’accordo, può impugnare in appello. La Corte d’Appello può confermare o riformare la decisione. La Cassazione ha però distinto: atti che non incidono sui diritti sostanziali (es. un’ordinanza di inammissibilità senza valutazione del merito del credito) non sono ricorribili in Cassazione perché non definitivi, mentre il decreto di omologa o di diniego di omologa (che definisce i diritti) lo è, ma va prima eventualmente esaurito il grado di reclamo.
- Ricorso per Cassazione: avverso la decisione della Corte d’Appello (reclamo) si può ricorrere in Cassazione per motivi di legittimità. Cassazione ha esaminato varie questioni procedurali in questi anni, ad esempio definendo quali provvedimenti di sovraindebitamento siano considerati “decisori” (dunque impugnabili in Cassazione) e quali no. In linea generale: una volta omologato il piano, quello è un provvedimento equiparabile a una sentenza di volontaria giurisdizione, quindi reclamabile e poi ricorribile.
In sostanza, il giudice competente garantisce il rispetto della legge e l’equilibrio tra debitore e creditori, mentre il gestore della crisi è l’ausiliario tecnico che materialmente costruisce e mette in opera il piano. Entrambi, con ruoli diversi, mirano al medesimo risultato: una soluzione sostenibile per il debitore e soddisfacente (per quanto possibile) per i creditori. Quando questa “triade” – debitore, OCC, giudice – lavora in sintonia, la procedura scorre in tempi relativamente brevi (alcuni mesi per l’omologazione) e porta a esiti positivi.
Redazione e contenuto del piano del consumatore
Il piano del consumatore è il cuore della procedura: è il documento che descrive come il debitore intende ristrutturare i propri debiti e con quali risorse e tempistiche. La sua redazione richiede cura e precisione, perché dalla chiarezza e completezza del piano dipendono in buona parte le chances di omologazione. Vediamo quali elementi deve contenere e come strutturarlo.
In generale, il piano è un elaborato scritto, spesso suddiviso in paragrafi, che può seguire questa struttura logica:
- Introduzione e dati del debitore: generalità (nome, cognome, codice fiscale, residenza) e breve presentazione (es. “Tizio è un lavoratore dipendente di anni 45, con nucleo familiare composto da moglie e due figli a carico”).
- Elenco analitico dei debiti: un prospetto di tutti i creditori e relative somme dovute. Questo può essere fatto in forma tabellare per chiarezza: Creditore – importo capitale – interessi/mora – totale – eventuale tipo di credito (chirografo, privilegiato, ipotecario). Idealmente, il totale di questi importi coincide con quanto riportato nell’inventario. È opportuno indicare anche la causa del debito (mutuo casa, prestito personale, carta di credito, cartella esattoriale, bollette insolute, ecc.) e se sono presenti eventuali coobbligati estranei al piano.
- Cause del sovraindebitamento: una parte narrativa dove il debitore spiega come è arrivato alla situazione attuale. Ad esempio: “Fino al 2018 il debitore aveva un lavoro stabile e onorava i suoi debiti regolarmente. Nel 2019 ha perso l’occupazione e, per far fronte alle spese di famiglia, ha fatto ricorso a ulteriore credito. Nel 2020 una grave malattia della moglie ha comportato spese mediche straordinarie, finanziate tramite prestiti personali. Questi eventi hanno determinato un incremento insostenibile dell’esposizione debitoria e il progressivo incaglio dei pagamenti”. Questa sezione è importante anche ai fini della meritevolezza: qui il debitore, affiancato dall’OCC, mette in evidenza gli elementi a suo favore (eventi negativi indipendenti dalla sua volontà, comportamento prima regolare, etc.) e minimizza eventuali errori commessi (se ci sono stati, magari mostra come ha cercato di rimediare). In pratica, è una “storia” che deve convincere che il debitore non è un mero spendaccione che vuole farla franca, bensì una persona che ha subito circostanze avverse.
- Situazione patrimoniale e reddituale attuale: descrizione dei beni posseduti (casa, auto, liquidità) e delle entrate correnti (stipendi, pensioni, ecc.). Qui si evidenzia quanto il debitore può disporre per pagare i creditori. Esempio: “Il debitore percepisce uno stipendio netto di €1.500. La moglie €600 di lavoro part-time. Non ha immobili di proprietà; possiede un’autovettura del 2010 dal valore commerciale modesto (€3.000). Ha un TFR maturato di circa €5.000. Non vi sono altri asset rilevanti.” Si può inserire il calcolo delle spese mensili familiari per documentare quanto rimane disponibile per i creditori.
- Dettaglio della proposta di ristrutturazione: questa è la parte centrale, in cui si illustra cosa si propone di fare con ciascun debito. Conviene suddividerla per categorie di crediti:
- Crediti con garanzia (ipotecari o pignoratizi): indicare come verranno trattati. Es: “Il mutuo ipotecario acceso con Banca X sull’immobile di residenza verrà mantenuto regolare ai sensi dell’art. 67 co.5 CCII; il debitore è in pari con le rate e proseguirà i pagamenti alle scadenze originarie, così che tale credito sarà soddisfatto integralmente fuori dal presente piano. L’ipoteca della Banca X non subisce modifiche. – Il prestito su pegno con la finanziaria Y verrà rifinanziato: il debitore propone di riscattare il bene dato in pegno entro 60 giorni pagando €…; la differenza rispetto al dovuto (€…) sarà falcidiata, in quanto pari al valore di realizzo del pegno in caso di mancato riscatto, come da perizia allegata.”. Oppure, se c’è un’ipoteca e si vuole vendere l’immobile: “L’immobile sito in … verrà messo in vendita. Il creditore ipotecario Z verrà soddisfatto col ricavato fino a concorrenza del suo credito; l’eventuale residuo del credito di Z (stima: €20.000) diverrà chirografario e verrà soddisfatto nella misura percentuale prevista per i chirografari (es. 20%). Qualora la vendita dell’immobile non si perfezioni entro 12 mesi dall’omologa, l’OCC potrà indire una procedura competitiva di vendita sotto il controllo del GD.”. Insomma, occorre delineare con precisione il destino di ciascun credito privilegiato e ipotecario, assicurando il rispetto del parametro di cui abbiamo detto (non meno del ricavabile in liquidazione).
- Crediti chirografari (non privilegiati): indicare quanto verrà pagato in percentuale e in che tempi. Ad esempio: “Tutti i crediti chirografari (elencati in Tabella…) saranno soddisfatti nella misura del 30% dell’importo dovuto, senza ulteriori interessi, mediante pagamenti rateali mensili in 5 anni. In particolare, la somma destinata ai chirografari è pari a €9.000 complessivi, da suddividersi pro-quota tra essi in proporzione ai rispettivi crediti. Detta somma proverrà dal risparmio mensile di €150 che il debitore destinerà al piano per 60 mesi (150*60 = 9.000)”. Così il creditore A con 5.000 riceverà 1.500, il B con 3.000 riceverà 900, etc. Questo è un esempio: la percentuale offerta dipende dalle risorse. Può essere anche molto bassa (purché come detto non inferiore a quanto avrebbero ricavato altrimenti). Se alcuni chirografari sono particolari (es. amici o parenti disposti a rinunciare interamente), si può dirlo: “Il credito del sig. Rossi (padre del debitore) di €10.000 sarà rinunciato integralmente in quanto il creditore ha formalizzato la remissione (vedi lettera allegata). Pertanto esso non partecipa alla ripartizione”.
- Debiti fiscali e contributivi: dedicarvi un paragrafo apposito, data la delicatezza. Ad esempio: “Il debitore ha debiti verso l’Erario e verso enti previdenziali (Agenzia Entrate Riscossione) per complessivi €…, di cui €… per IVA, €… per IRPEF, €… per sanzioni e interessi. Tali debiti, non assistiti da garanzie reali, verranno trattati come chirografari con pagamento parziale. In particolare, si propone di pagare integralmente l’IVA (€…, considerato tributo europeo) e nella misura del 10% gli altri debiti tributari e contributivi, considerando che in caso di liquidazione essi non riceverebbero comunque soddisfazione integrale. Detta falcidia dell’IVA è ammissibile ai sensi della normativa vigente e della giurisprudenza anche costituzionale. (Corte Cost. 245/2019) che ha rimosso il divieto di falcidia dell’IVA nelle procedure di sovraindebitamento. Pertanto, l’Agenzia delle Entrate Riscossione riceverà: €… per IVA (100%) e €… per il resto (10%).”. Naturalmente i numeri dipenderanno dal caso: se le risorse bastano, si può anche falcidiare parzialmente l’IVA (oggi si può, non essendoci più il veto normativo). L’importante è motivare che il trattamento proposto è il migliore possibile data la situazione (magari allegando scenari: in liquidazione i creditori erariali avrebbero preso solo il 5%, qui ne prendono 10%).
- Cessione del quinto e altre trattenute su stipendio: se esiste già una cessione del quinto o un pignoramento dello stipendio in corso, occorre integrarlo nel piano. Es: “Il debitore ha in corso un contratto di prestito con cessione del quinto con Finanziaria X, con rata mensile €200 trattenuta in busta paga. Nel presente piano, si prevede la ristrutturazione di tale debito ex art. 67 co.3 CCII. In particolare, le rate a scadere del prestito con cessione del quinto saranno ridotte del 50% (da €200 a €100) a partire dal mese successivo all’omologa e per la durata residua del prestito, così liberando €100 mensili da destinare agli altri creditori. Ciò è reso possibile dall’accordo con Finanziaria X come da lettera allegata, ovvero, in mancanza di accordo, mediante provvedimento del giudice che, omologando il piano, vincolerà il creditore a tale falcidia, assicurando comunque a Finanziaria X un importo pari o superiore a quanto avrebbe ricavato proseguendo la trattenuta (€100×60 mesi = €6.000, a fronte di un debito residuo attuale di €8.000, laddove senza piano, considerati il rischio di licenziamento e altri fattori, il valore attuale della trattenuta sarebbe verosimilmente inferiore a €6.000).”. Questo esempio mostra come integrare l’aspetto particolare delle cessioni del quinto, evidenziando il rispetto del criterio di convenienza per quel creditore.
- Eventuali contributi di terzi: se un familiare o un amico offre un aiuto economico (donazione di una somma o pagamento di qualche debito), va inserito chiaramente. Es: “Lo suocero del debitore si impegna a versare la somma di €5.000 entro 30 giorni dall’omologa, da destinare integralmente ai creditori chirografari, come risulta dalla dichiarazione di impegno allegata. Tale somma è già depositata su un conto vincolato presso …”.
- Tempistiche dettagliate: è opportuno allegare un cronoprogramma. Spesso si fa sotto forma di tabella delle scadenze. Ad esempio:
- Entro 30 giorni dall’omologa: versamento su conto OCC di €X (che comprende eventuale liquidazione TFR, ecc.).
- Entro 90 giorni: vendita autovettura e versamento ricavato €Y.
- Dal mese 1 al mese 60: versamento mensile di €150 derivante dallo stipendio.
- Entro 12 mesi: vendita immobile, ecc.
- Semestralmente: OCC ripartisce ai creditori le somme accantonate proporzionalmente.
- ecc. Specificare ad esempio che i creditori chirografari riceveranno rate semestrali ogni 6 mesi (in modo da non fare micro-pagamenti mensili irrisori).
- Confronto con scenario liquidatorio: per pre-empt emptare le possibili opposizioni sulla convenienza, molti piani includono una sezione di confronto. Es: “Si evidenzia che, in caso di liquidazione controllata del patrimonio del debitore, i creditori chirografari non riceverebbero alcun pagamento, stante l’assenza di attivo dopo aver soddisfatto i costi procedurali e i creditori privilegiati (come da simulazione allegata: stimato attivo €10.000 – spese procedura €5.000 – crediti privilegiati €5.000 = zero per chirografari). Nel presente piano, invece, i creditori chirografari ricevono €9.000 complessivi (30%). Pertanto, la proposta risulta più conveniente per loro rispetto all’alternativa liquidatoria. Analogamente, il creditore ipotecario risulta soddisfatto in misura pari al 100% del valore di realizzo del cespite, e l’Erario ottiene un introito (10%) altrimenti improbabile considerati i redditi modestissimi.”. Questo paragrafo, supportato dalla relazione OCC, è un argomento di peso per convincere il giudice e tacitare i creditori.
- Conclusioni: il debitore conclude chiedendo formalmente l’omologazione del piano ex art. 70 CCII e impegnandosi ad eseguire fedelmente tutto quanto previsto. Spesso si inserisce una formula: “Il debitore dichiara fin d’ora di accettare le condizioni tutte del piano e si impegna a porre in essere ogni atto necessario alla sua completa attuazione. Chiede pertanto che l’Ill.mo Tribunale voglia omologare il presente piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore ai sensi dell’art. 70 CCII, con ogni conseguente provvedimento di legge.”.
Allegati al piano: oltre ai documenti obbligatori (elenchi, dichiarazioni redditi, ecc.), spesso si allegano:
- Perizie di stima dei beni importanti (immobili, etc.).
- Documenti attestanti eventuali cause di indebito (lettere di licenziamento, certificati medici per spese sanitarie).
- Impegni di terzi se ci sono contributi di terzi.
- Eventuali accordi già stipulati con creditori (non è usuale, ma a volte un creditore può dare il suo assenso scritto al piano proposto).
Linguaggio e stile: il piano deve avere uno stile chiaro, coerente e senza ambiguità. Ricordiamo che verrà letto anche da creditori magari non tecnici, quindi è bene evitare troppi legalismi. Allo stesso tempo deve essere preciso giuridicamente. Ad esempio, definire bene termini come “Saldo e stralcio” se usati. Spesso è l’OCC a redigerlo materialmente o a rifinirne lo stile.
Esempio sintetico: un piano tipo potrebbe recitare: “Il debitore propone di soddisfare i creditori chirografari nella misura del 25% mediante pagamenti semestrali nell’arco di 4 anni, utilizzando il proprio reddito disponibile, mentre i creditori privilegiati (Agenzia Entrate per €5.000 di privilegio generale) saranno pagati al 100% entro 1 anno utilizzando la liquidazione del TFR e un contributo familiare. Il mutuo ipotecario sulla casa proseguirà regolarmente fuori piano. Il debitore così destinerebbe complessivamente €15.000 ai creditori su un debito totale di €50.000, evitando la liquidazione del patrimonio che non darebbe maggior soddisfazione ai creditori.”.
In conclusione, il contenuto del piano deve combinare realismo e garanzie:
- Realismo: proporre pagamenti che il debitore può davvero sostenere. Meglio promettere il 20% e riuscirci, che il 50% e poi fallire.
- Equità: i creditori in posizione simile vanno trattati similmente (parità di trattamento tra chirografari, salvo cause giustificative).
- Legalità: rispettare le cause di prelazione e i minimi (niente preferenze occulte, niente creditori fuori piano se non motivati).
- Chiarezza: ogni attore deve capire cosa riceverà e quando.
- Fattibilità: dimostrare da dove arrivano i soldi (stipendio, vendite, terzi). Se c’è un margine stretto (es. conti fatti al centesimo), considerare un piccolo “fondo imprevisti” se possibile, per gestire eventuali scostamenti.
Vale la pena ricordare che il piano del consumatore non richiede l’adesione dei creditori, quindi un buon piano anticipa le loro possibili obiezioni e le risolve in partenza (ad esempio spiegando perché anche se paghi solo il 10% è il massimo ottenibile). Così il giudice potrà omologarlo anche senza il consenso dei creditori, purché convinto che questi non siano sacrificati oltre misura.
Nei prossimi capitoli affronteremo aspetti specifici come gli effetti giuridici del piano omologato (alcuni li abbiamo già accennati, come l’esdebitazione), il trattamento particolare dei debiti fiscali e contributivi (sommariamente già visto nella sezione di contenuto, ma merita un focus), e le interazioni con eventuali procedure esecutive (pignoramenti, ecc.) in atto. Avremo poi modo di esaminare anche alcuni modelli pratici di atti (ricorso, piano, relazione OCC) e casi reali per concretizzare quanto descritto finora.
Effetti giuridici del piano omologato
Quando il piano del consumatore viene omologato dal Tribunale, produce una serie di effetti giuridici importanti sia per il debitore che per i creditori. Alcuni li abbiamo già menzionati, ma qui li riepiloghiamo in modo sistematico,## Effetti giuridici del piano omologato
Quando il piano del consumatore viene omologato, esso diventa giuridicamente vincolante ed esplica effetti importanti:
- Obbligatorietà per tutti i creditori anteriori: i creditori compresi nel piano sono vincolati dai suoi termini. Ciò significa che non possono pretendere dal debitore prestazioni diverse o maggiori rispetto a quelle previste dal piano omologato. Il piano produce una sorta di novazione: i debiti originari vengono sostituiti dagli obblighi derivanti dal piano. Ad esempio, un creditore chirografario che vantava €10.000 e che nel piano riceverà €3.000 in 5 anni, a seguito dell’omologazione ha diritto solo a quei €3.000 alle scadenze fissate e non può agire per il resto. Allo stesso modo, se il piano prevede una falcidia (riduzione) di un debito fiscale o bancario, l’omologazione impone all’Erario o alla banca di accettare quell’importo come soddisfazione a saldo e stralcio del loro credito.
- Sospensione e cessazione delle azioni esecutive: con l’omologa, le misure protettive già attivate all’apertura (sospensione di pignoramenti, aste, ecc.) diventano definitive. Le esecuzioni individuali pendenti perdono efficacia e vengono estinte. Il provvedimento di omologa viene tipicamente notificato ai giudici dell’esecuzione coinvolti per far dichiarare la chiusura dei procedimenti esecutivi. Inoltre, nessun creditore concorrente può avviare nuove esecuzioni per crediti antecedenti: l’omologazione impedisce in modo permanente ulteriori atti di esecuzione individuale, essendo i crediti ormai regolati dal piano (art. 69 co.4 CCII). Un’eccezione parziale riguardava i creditori fondiari (banche con mutui fondiari) che in passato, nel fallimento, mantenevano un privilegio processuale di poter comunque proseguire l’esecuzione; la Cassazione ha chiarito che tale prerogativa non incide sulla procedura di sovraindebitamento una volta omologata (il creditore fondiario potrà al più insinuarsi nella liquidazione, se si converte, ma durante il piano non può agire separatamente). In breve, l’omologazione consolida il “paracadute” protettivo attivato con l’apertura: i debiti concorsuali non possono più essere riscossi forzosamente al di fuori del piano.
- Decadenza degli interessi moratori e sanzioni: dal momento dell’apertura della procedura (o al più tardi dall’omologazione), cessano di maturare interessi di mora e sanzioni su tutti i crediti chirografari. Il piano in genere già stabilisce l’importo dovuto a ogni creditore cristallizzato a quella data. Dunque, l’omologazione sancisce che eventuali interessi successivi non sono dovuti (salvo che il piano stesso li preveda per qualche creditore). Ciò è particolarmente rilevante per i debiti erariali: le sanzioni tributarie normalmente sono incluse nel piano per la parte percentuale decisa e il resto viene annullato, e non ne maturano di nuove finché il debitore rispetta il piano. Se però il piano dovesse poi venir meno, i creditori riacquistano diritto agli interessi come da legge (retroattivamente dalla data di sospensione, salvo diversi accordi).
- Effetti sui coobbligati e fideiussori: attenzione, l’omologazione vincola il rapporto tra il debitore sovraindebitato e i suoi creditori, ma non libera automaticamente eventuali coobbligati estranei alla procedura. Ad esempio, se il debitore aveva un prestito cointestato con il coniuge (che non partecipa alla procedura) o un fideiussore, il piano del consumatore del debitore principale non impedisce al creditore di agire nei confronti del coobbligato per l’intero importo. Il coobbligato non beneficia dell’esdebitazione ottenuta dal debitore. Tuttavia, una volta che il creditore abbia incassato (anche parzialmente) dal coobbligato, dovrà tenerne conto come adempimento parziale anche nel piano: non può riscuotere due volte oltre il dovuto. In pratica, il creditore potrà chiedere al garante la parte di debito che il piano non copre, ma non potrà incassare complessivamente più del 100% del credito. Se invece i coobbligati sono anch’essi sovraindebitati, conviene che aderiscano a una procedura familiare congiunta (dove un unico piano regola tutti e quindi anche tra di loro si disciplinano gli effetti liberatori). Ad esempio, marito e moglie coobbligati su un mutuo possono fare un piano unico familiare: l’omologa allora copre entrambi e vincola la banca verso entrambi.
- Esdebitazione finale: come già spiegato, il fine ultimo del piano è la liberazione del debitore dai debiti residui. Tecnicamente, l’esdebitazione (cancellazione delle obbligazioni non soddisfatte integralmente) interviene a seguito dell’integrale adempimento del piano. Ciò significa che quando il debitore ha eseguito tutte le prestazioni promesse (pagato tutte le rate, venduto i beni come dovuto, ecc.), è considerato esdebitato, cioè non più tenuto a pagare null’altro ai creditori concorsuali. Questa esdebitazione è un effetto che la legge riconosce implicitamente: non serve un giudizio ad hoc (come nella liquidazione controllata, dove il debitore a fine procedura deve chiedere l’esdebitazione al giudice). Nel caso del piano, il debito si considera definito dall’omologazione stessa. Spesso, tuttavia, si chiede al Tribunale un decreto che accerti l’avvenuto adempimento e dichiari la chiusura definitiva con esdebitazione, a scopo dichiarativo. Se invece il debitore non adempie il piano, non otterrà l’esdebitazione per la parte non pagata: anzi, rischia la risoluzione del piano e il ritorno pieno dei debiti come visto. Dunque l’effetto liberatorio è condizionato al rispetto del piano. Va segnalato che il CCII ha introdotto anche la figura dell’esdebitazione del debitore incapiente (artt. 283-284 CCII) per chi non ha nulla da offrire: ma quella è una procedura separata, a cui il debitore può accedere una tantum se è completamente privo di patrimonio e reddito. Nel contesto del piano del consumatore, l’esdebitazione si guadagna eseguendo il piano.
- Rapporti pendenti e contratti in corso: di solito il consumatore sovraindebitato non ha una “continuità aziendale” da preservare, tuttavia possono esserci effetti sui contratti in corso. Ad esempio, se aveva un contratto di locazione, l’omologazione di per sé non lo risolve (il debitore continua a pagare l’affitto normalmente, che è un debito corrente estraneo al piano). Se aveva utenze domestiche sospese per morosità, l’omologa e il piano potrebbero prevedere di saldare in parte i vecchi conti e ripristinare i servizi. In generale, l’omologa non incide sui nuovi debiti o sui rapporti correnti: questi devono essere mantenuti dal debitore regolarmente con le risorse non destinate ai creditori concorsuali. Un effetto positivo è che, una volta omologato il piano, il debitore può più facilmente interloquire con nuovi potenziali creditori (es. chiedere il ripristino di forniture essenziali) mostrando l’ordine di omologa e la sostenibilità del proprio budget futuro.
- Riabilitazione creditizia e segnalazioni: pur non essendo un effetto giuridico automatico, un beneficio indiretto è che l’omologa del piano del consumatore può avviare la riabilitazione finanziaria del debitore. In base alle norme sulla Centrale Rischi e sui Sistemi di informazione creditizia (CRIF, etc.), il debitore che ha ristrutturato i debiti e sta eseguendo un piano può chiedere l’aggiornamento delle proprie posizioni da “in sofferenza” a “in regolarizzazione”. Una volta eseguito il piano e ottenuta l’esdebitazione, potrà ottenere la cancellazione delle segnalazioni negative decorsi i termini (di solito 2 anni dal saldo nel caso di sofferenze bancarie). Inoltre, l’omologazione del piano non comporta interdizioni personali: a differenza del fallito, il debitore sovraindebitato omologato non perde i diritti civili, non subisce limitazioni se non quelle di impegnarsi a pagare. Anzi, terminato il piano, sarà pienamente “riabilitato” nel sistema economico, potendo anche eventualmente accedere di nuovo al credito (con la dovuta prudenza). La legge prevede persino un meccanismo di esdebitazione immediata per il debitore incapiente (art. 282 CCII e segg.), detto anche “esdebitazione senza utilità”, introdotto nel 2020/2022, per cui un debitore meritevole che non è riuscito a offrire nulla può essere liberato dai debiti una volta ogni 4 anni: ciò evidenzia la finalità sociale di reinclusione finanziaria del sovraindebitato.
In sintesi, l’omologazione di un piano del consumatore ha l’effetto di un giudicato concorsuale: definisce in via definitiva il chi, quanto, come e quando dei pagamenti dovuti, sostituendo le precedenti obbligazioni contrattuali con le nuove obbligazioni da piano. Il debitore ne trae beneficio perché vede congelata la pretesa dei creditori entro limiti per lui sostenibili e, una volta eseguiti, viene liberato dai residui. I creditori, dal canto loro, ottengono una soddisfazione (spesso parziale) ma secondo un percorso ordinato e controllato, e rinunciano a ogni altra pretesa. Il sistema giudiziario sorveglia l’attuazione affinché nessuno devia da quanto stabilito.
Va sottolineato che l’omologazione non cancella i debiti in sé nell’immediato, ma li considera estinti via via che il piano è adempiuto. Se il debitore cessasse di pagare, i crediti “risorgerebbero” per la parte non soddisfatta (salvo valutazioni su eventuali prescrizioni maturate nel frattempo, ma generalmente la prescrizione è sospesa durante la procedura concorsuale). Solo a completamento del piano si può parlare di debiti definitivamente cancellati.
Per chiudere questo tema, citiamo un concetto: spesso si dice che il piano del consumatore, a differenza di un concordato, è una procedura di “natura spiccatamente liquidatoria” quanto agli effetti, nel senso che i creditori subiscono una decurtazione decisa dal giudice senza voto. Questo è vero, ma bilanciato dal fatto che il giudice ha verificato attentamente che quella decurtazione fosse l’unica strada per evitare il nulla (o quasi) ai creditori. Quindi l’effetto giuridico fondamentale è l’equivalenza (o miglior favore) rispetto all’alternativa: i creditori non possono lamentare un pregiudizio ingiusto, perché l’omologazione è concessa solo se non li danneggia rispetto alla situazione di dissesto. Tale principio è ribadito in molte sentenze (in pratica il controllo di convenienza ex art. 68 CCII).
Trattamento dei debiti fiscali e contributivi
I debiti verso il Fisco (Erario) e gli enti previdenziali meritano un approfondimento, poiché storicamente hanno regole particolari nelle procedure concorsuali. Nelle procedure di sovraindebitamento, i debiti tributari e contributivi possono essere inclusi nel piano del consumatore e subire riduzioni o dilazioni, con alcune cautele specifiche:
- Inclusione obbligatoria: il consumatore deve inserire tutti i debiti fiscali e previdenziali sorti prima della data di presentazione del piano. Non è possibile omettere un debito fiscale sperando di salvarlo dal taglio: se omesso, il creditore (Agenzia delle Entrate o l’Inps) potrebbe far valere la non opponibilità dell’omologazione nei suoi confronti. Quindi, trasparenza totale anche sui debiti col Fisco. Nella relazione OCC tipicamente si fa un elenco dettagliato di cartelle esattoriali, avvisi, ecc., per dare al giudice il quadro completo.
- Falcidia (riduzione) dei tributi: inizialmente, la L.3/2012 vietava di falcidiare l’IVA e le ritenute non versate (analogamente al concordato preventivo, per vincoli di diritto UE). Tuttavia, la giurisprudenza e poi la Corte Costituzionale hanno superato questo ostacolo. In particolare, con la sentenza n. 245/2019 la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittario il divieto di falcidia dell’IVA nella legge sul sovraindebitamento, aprendo quindi alla possibilità di stralciare parzialmente anche l’IVA. Il nuovo Codice della crisi ha recepito tale orientamento: oggi anche l’IVA e gli altri tributi “comunitari” possono essere trattati come gli altri crediti, purché se ne assicuri almeno il valore di realizzo in caso di liquidazione. In pratica, è consentito proporre il pagamento parziale di IVA, imposte e contributi, sempre rispettando il principio generale che al creditore pubblico non sia riservato un trattamento deteriore rispetto all’alternativa liquidatoria. Se il debitore ha zero beni, ad esempio, è ragionevole pagare qualcosa anche sull’IVA (magari una percentuale minima) perché in liquidazione il Fisco non incasserebbe nulla.
- Stralcio di sanzioni e interessi: generalmente, nelle proposte di piano, le sanzioni tributarie e gli interessi di mora vengono trattati con maggiore severità (cioè spesso sono completamente falcidiati o pagati in misura molto ridotta) rispetto all’imposta. Questo perché le sanzioni sono debiti di natura punitiva e i giudici spesso le ritengono sacrificabili per favorire la riuscita del piano. Non c’è un obbligo di pagare le sanzioni, dunque il debitore può proporre il loro pagamento parziale o nullo, motivando che in liquidazione sarebbero chirografarie e probabilmente insoddisfatte. Anche gli interessi iscritti a ruolo possono essere ridotti. Ad esempio, un piano potrebbe prevedere: IVA al 40%, imposta IRPEF al 30%, sanzioni al 0%. È importante però dichiararlo espressamente nel piano per evitare incertezze.
- Rateazione dei debiti fiscali: il piano può stabilire un pagamento rateale anche dei debiti erariali. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADER) di norma esige interessi per la dilazione (i piani di dilazione extraprocedurale portano un interesse del 4,5% annuo circa). Nel piano del consumatore, il debitore potrebbe proporre di non corrispondere interessi di dilazione (oltre a quelli eventualmente già conteggiati nel ruolo) sulle somme dovute al fisco, trattandoli come crediti concorsuali ordinari. Questo è generalmente accettato, poiché dopo l’omologa non maturano ulteriori interessi di mora. Dunque il fisco riceverà l’importo falcidiato, suddiviso nelle rate previste, senza aggiunta di interessi se non diversamente pattuito.
- Ruolo del Fisco e del giudice: nelle procedure di concordato preventivo con l’Erario esiste il meccanismo dell’adesione (il voto del Fisco, ecc.). Nel piano del consumatore, come detto, non c’è voto. Quindi l’Erario non può vetoare il piano. Tuttavia, può presentare opposizione all’omologa se ritiene che la proposta violi norme imperative (ad es. sostenendo – anche se oggi non più fondato – che l’IVA non sarebbe falcidiabile, oppure che la percentuale è troppo bassa rispetto all’alternativa). Il giudice valuterà l’opposizione secondo il criterio della convenienza: se il piano assicura al Fisco almeno l’equivalente di quanto ricaverebbe altrimenti, dovrà omologare nonostante il dissenso erariale. La Cassazione e la dottrina ormai confermano che la soddisfazione parziale del Fisco è possibile e che l’ammissione al piano non richiede l’assenso dell’ente impositore. Questo è un punto di forza della procedura di sovraindebitamento: consente di gestire i debiti fiscali anche senza l’accordo del Fisco, il quale in un normale accordo transattivo potrebbe essere più rigido.
- Equità orizzontale tra crediti pubblici e privati: un dibattito dottrinale riguarda se sia lecito pagare percentuali diverse a creditori diversi. La legge non impone la par condicio assoluta tra chirografari nel piano del consumatore (come invece in liquidazione fallimentare), ma il giudice scruta possibili ingiustificate sperequazioni. Ad esempio, se il piano prevedesse di pagare il 50% ai debiti bancari e solo il 5% al Fisco, quest’ultimo potrebbe lamentare un trattamento deteriore. In assenza di ragioni oggettive, il giudice potrebbe negare l’omologa per violazione di parità. È prassi quindi che tutti i chirografari ricevano la stessa percentuale (salvo consenso specifico di qualcuno a meno). Eventuali differenze devono avere una logica: ad esempio, “pago più l’IVA (tributo comunitario) e meno le sanzioni”. Questo è giustificato dalla diversa natura dei crediti. Ma non sarebbe giustificato privilegiare arbitrariamente un creditore chirografo rispetto a un altro.
- Transazione fiscale? Il CCII disciplina nel concordato preventivo la “transazione fiscale” per strutturare il pagamento dei tributi. Nel sovraindebitamento del consumatore non c’è una procedura separata di transazione fiscale, perché tutto avviene nel contesto unitario del piano. In pratica, il piano del consumatore vale anche come proposta di transazione fiscale, e l’omologazione del piano tiene luogo dell’accordo dell’ente. La normativa fiscale (art. 182-ter legge fall.) non si applica testualmente qui, se non per il principio che consente la falcidia di tributi (come è stato integrato dopo Corte Cost.). Dunque non serve separatamente negoziare con Agenzia Entrate: la proposta nel piano è sufficiente. È però opportuno allegare al piano un prospetto analitico dei debiti tributari suddivisi per natura (IVA, Irpef, Irap, contributi previdenziali, sanzioni, ecc.) e indicare per ciascuno la sorte proposta (percentuale e quando verrà pagato). Ciò aiuta il giudice a verificare la conformità alle norme speciali: ad esempio oggi non c’è più divieto di falcidia IVA, ma permane il principio che i debiti per ritenute d’acconto non versate siano equiparati all’IVA come natura. La giurisprudenza recente ritiene falcidiabili anche quelli, a condizione che non vi sia un trattamento di favore rispetto ai privati. In caso di dubbio, alcuni giudici potrebbero pretendere il pagamento integrale di ritenute non versate (anche se la tendenza è a consentirne il saldo stralcio come per l’IVA post 2019).
- Esempio di trattamento fiscale in un piano: supponiamo un consumatore con €50.000 di debiti, di cui €20.000 verso Agenzia Entrate (di cui €10.000 IVA, €5.000 Irpef, €5.000 sanzioni e interessi) e €30.000 verso banche. Se il debitore può offrire €15.000 complessivi, potrebbe strutturare: IVA pagata al 50% (€5.000), IRPEF al 30% (€1.500), sanzioni 0% (€0), crediti bancari al 30% (€9.000). In tal modo, su €20.000 dovuti al Fisco ne pagherebbe €6.500 (32,5% medio, con enfasi sul tributo IVA al 50%) e alle banche 30%. Questo piano potrebbe essere considerato equo: l’IVA leggermente preferita ma in misura proporzionata, banche e altri tributi attorno al 30%. Il giudice valuterebbe: in liquidazione i €15.000 verrebbero comunque ripartiti similmente (tra privilegio e chirografo), dunque il piano regge.
- Contributi previdenziali (INPS, INAIL): i contributi non versati dei lavoratori o quelli personali del debitore sono spesso assistiti da privilegio generale sui mobili (fino a un certo importo). Nel piano, se c’è capienza, bisogna considerare tale privilegio analogamente agli altri privilegi: garantire almeno quel tanto. Se la somma offerta ai creditori privilegia già altri (es. privilegio dipendenti), occorre includere l’INPS nel novero dei privilegiati da soddisfare in prededuzione rispetto ai chirografari. Ad ogni modo, i contributi possono essere falcidiati per la parte eventualmente chirografaria. Anche per essi valgono considerazioni simili al Fisco. L’INPS non vota ma può opporsi. Nella pratica, l’INPS tende ad aderire se vede che ottiene il possibile.
In conclusione, i debiti fiscali e contributivi sono trattabili nel piano del consumatore come gli altri debiti, superando vecchie preclusioni. Questa flessibilità è fondamentale perché spesso il sovraindebitato ha pendenze con il Fisco (es. cartelle per tasse non pagate, multe, ecc.) e la procedura consente di risolverle in via definitiva. Ovviamente lo Stato, come creditore, è “potente” e monitorerà la correttezza: ecco perché la figura dell’OCC è chiamata a dettagliare bene i calcoli e a garantire che, ad esempio, il valore dei beni dati ai creditori pubblici non sia sottostimato. La Corte di Cassazione ha più volte affermato il principio della parità di trattamento sostanziale: un piano che riduca i debiti fiscali al minimo deve essere giustificato dal fatto che, realisticamente, il Fisco in altre vie non prenderebbe di più.
Un ultimo spunto: a seguito dell’omologazione, l’Agente della Riscossione (ADER) dovrà adeguare il carico iscritto a ruolo secondo il piano. Nei casi semplici, ADER emette uno sgravio parziale delle cartelle (eliminando l’importo che non verrà pagato) e una nuova rateazione interna per l’importo dovuto. Questo per far sì che, ad esempio, se il piano dura 4 anni, ADER possa chiudere le partite man mano che incassa le somme. L’OCC tipicamente dialoga con ADER per facilitare questo processo. A piano eseguito, ADER rilascerà un attestato di avvenuto pagamento e discarico dei restanti importi, formalizzando così l’esdebitazione fiscale.
Rapporti con procedimenti esecutivi pendenti
Uno degli effetti più immediati e pratici dell’avvio di una procedura di sovraindebitamento e dell’omologa del piano è la gestione dei pignoramenti e delle altre azioni esecutive eventualmente già in corso contro il debitore. Vediamo come interagiscono:
- Sospensione all’apertura: come ricordato, al momento in cui il Tribunale dichiara aperta la procedura (o anche contestualmente al deposito dell’istanza, su richiesta urgente), può essere disposta la sospensione di tutte le procedure esecutive pendenti. Ciò avviene tramite il decreto di apertura, che viene comunicato ai creditori e, tramite l’OCC, portato a conoscenza dei soggetti coinvolti nelle esecuzioni (ufficiali giudiziari, notai delegati alle aste, ecc.). Esempio: se la casa del debitore è oggetto di pignoramento immobiliare con vendita all’asta, il giudice dell’esecuzione, informato dell’apertura del piano del consumatore, sospenderà la vendita in attesa di sapere l’esito del piano. Questa sospensione rimane in vigore per tutta la durata della procedura (dall’apertura fino all’omologazione, e poi l’omologa la consolida in cessazione definitiva della procedura esecutiva, come detto). Dunque il debitore ottiene un immediato “respiro” fermando aste, pignoramenti di stipendio, pignoramenti mobiliari, fermi amministrativi di veicoli, ecc. In molti casi pratici, il primo motivo che spinge il consumatore a rivolgersi alla procedura è proprio bloccare una procedura esecutiva imminente (come la vendita della casa).
- Effetti sul pignoramento dello stipendio/pensione: se al momento dell’apertura un quinto dello stipendio del debitore era già pignorato da un creditore (o c’era una cessione del quinto attiva), che succede? Il giudice può disporre la sospensione anche di queste trattenute. In concreto, l’ordinanza di assegnazione sul pignoramento viene sospesa e il datore di lavoro informato che non deve più accantonare la quota per il creditore. Così il debitore torna a percepire l’intero stipendio. Attenzione: se quel creditore che stava pignorando partecipa poi al piano come chirografario, dovrà ricevere solo quanto previsto nel piano, non può continuare ad avere il privilegio del pignoramento. Per questo è prassi interrompere il prelievo in busta paga, altrimenti quel creditore verrebbe pagato fuori piano (preferenza indebita). Discorso analogo per il pignoramento del conto corrente: se erano bloccati dei soldi sul conto, il provvedimento di sospensione può sbloccarli (di solito l’OCC chiederà autorizzazione al giudice per farli usare magari in parte per il piano stesso).
- Procedimenti di esecuzione immobiliare: quando c’è un pignoramento immobiliare pendente, l’apertura della procedura impone al creditore procedente di congelare l’azione. Se il piano prevede la vendita dell’immobile in modo concordato (tramite OCC), è interesse anche del creditore ipotecario aderire a quella soluzione, poiché generalmente consente di evitare i costi e i tempi dell’asta. In alcuni casi, la banca ipotecaria che aveva avviato il pignoramento può essa stessa preferire che il piano vada avanti e preveda la vendita sul libero mercato dell’immobile (spesso si ottengono prezzi migliori). L’OCC allora coopera con eventuali custodi o delegati per gestire la transizione. Se però il piano non viene omologato, la banca potrà chiedere al giudice dell’esecuzione di riprendere l’iter (magari aggiornando stime, ecc.). Durante la pendenza del piano, comunque, il debitore resta nella casa pignorata: in genere il tribunale delle esecuzioni sospende qualsiasi ordine di liberazione dell’immobile in attesa dell’esito del piano.
- Procedure di espropriazione presso terzi (stipendi, conti): come detto, il datore di lavoro o la banca terza pignorata, ricevuta notizia della sospensione, deve cessare di trattenere somme per il creditore. Se per esempio c’era una trattenuta di €300/mese sullo stipendio per un pignoramento verso la finanziaria X, con l’apertura del piano quella trattenuta si ferma. Durante il piano, quella finanziaria X riceverà ciò che il piano prevede (magari un pagamento dilazionato di importo minore). Una volta omologato il piano, la precedente ordinanza di assegnazione perde efficacia definitivamente. Il vantaggio per il debitore è evidente: anziché subire la decurtazione rigida di 1/5 o simili, ristruttura il debito a condizioni potenzialmente più favorevoli.
- Limiti temporali delle misure protettive: il CCII (art. 54) prevede che le misure protettive possono avere una durata limitata (generalmente fino a 12 mesi prorogabili su richiesta). Nel contesto del piano del consumatore, di solito la protezione copre l’intera fase fino all’omologa, che raramente eccede l’anno. Se per qualche ragione l’omologazione tardasse, il debitore (tramite OCC) deve chiedere al giudice di prorogare la sospensione delle azioni, motivandolo. In mancanza di proroga, trascorso il termine, i creditori potrebbero tentare di riattivare le esecuzioni. In pratica, però, i tribunali calibrano i tempi per evitare vuoti di tutela.
- Creditori con pegno o privilegio speciale: c’è un caso peculiare: se un creditore ha un pegno su un bene mobile o un privilegio speciale (es. su un veicolo), potrebbe non essere formalmente bloccato dal piano nel soddisfarsi su quel bene, se il piano non lo prevede. Tuttavia, il più delle volte il piano deve prevedere cosa fare di quel bene (ad es. la vendita e pagamento al creditore), quindi il creditore è coinvolto. Se un creditore pignoratizio intendesse comunque agire sul bene, l’OCC lo informerebbe che c’è una procedura concorsuale e che l’azione individuale risulta sospesa ope legis (per analogia con i privilegiati, che rientrano tutti nel concorso). La Cassazione ha ammesso che si possa concedere anche una moratoria nel pagamento dei creditori privilegiati (quindi differire il soddisfo, es. vendere bene tra un anno) in funzione del piano, ritenendola ammissibile se non pregiudica il valore della garanzia.
- Esecuzioni per obblighi di fare o consegna: raramente applicabili ai consumatori (più tipiche in altri contesti), ma se vi fossero – es. un sequestro – si valuterebbe caso per caso. In genere, la procedura di sovraindebitamento incide sui diritti di credito pecuniari; per altre obbligazioni, il giudice può comunque sospendere provvedimenti se strettamente connessi (ad esempio, se un’auto è soggetta a sequestro giudiziario in un’esecuzione mobiliare, con l’apertura del piano quell’esecuzione si ferma).
In sintesi, la procedura di ristrutturazione “congela” lo scenario esecutivo individuale e poi, con l’omologa, lo sostituisce con un quadro concordato e collettivo. Per il debitore è uno scudo potentissimo: gli consente di interrompere l’aggressione frammentaria del patrimonio e di sostituirla con un piano ordinato. Per i creditori, sebbene debbano fermarsi, in prospettiva è comunque utile: spesso in esecuzione individuale uno solo ottiene (il primo pignorante, magari) e gli altri restano a mani vuote; con il piano, tutti concorrono in modo equilibrato.
Dopo l’omologa, come detto, le procedure esecutive pendenti si chiudono definitivamente. Il creditore pignorante dovrà accontentarsi di quanto stabilito dal piano. I beni eventualmente pignorati rientrano nella disponibilità del debitore (salvo che il piano non li destini alla vendita, nel qual caso saranno venduti sotto l’egida OCC piuttosto che tramite l’asta giudiziaria). Ad esempio, se un’auto era stata pignorata e il piano invece prevede che il debitore la tenga per motivi lavorativi, l’omologa farà cessare il pignoramento e l’auto tornerà libera. Il PRA su istanza del debitore cancellerà l’eventuale trascrizione del pignoramento allegando il decreto di chiusura.
Un caso particolare è quando la procedura di sovraindebitamento fallisce (non viene omologata o viene revocata) e quindi le esecuzioni riprendono. In tal caso, i creditori possono riattivare i procedimenti sospesi dal punto in cui erano rimasti. Ad esempio, l’asta della casa sarà fissata ex novo, o la trattenuta sullo stipendio potrà riprendere (magari su nuova istanza). Tuttavia, il periodo di sospensione sicuramente provoca dei ritardi e in alcuni casi anche un vantaggio indiretto per il debitore: ad esempio, se un creditore ipotecario aveva una procedura esecutiva e questa è stata sospesa per un anno e poi il piano viene revocato, spesso quel creditore preferirà cercare un accordo a saldo e stralcio con il debitore piuttosto che ripartire con l’asta (che ha mostrato di non essere una strada rapida). In tal senso, anche un tentativo di piano non riuscito può dare spunti transattivi. Ovviamente, l’ideale è arrivare all’omologa e completamento del piano.
Infine, segnaliamo che l’art. 480 c.p.c., come modificato dal 2012, impone che in ogni atto di precetto sia indicato al debitore che “ha la facoltà di rivolgersi a un OCC per tentare di porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento”. È un avviso legale che mira proprio a far conoscere questa possibilità prima che l’esecuzione prenda piede. La Cassazione ha chiarito che la mancanza di questo avvertimento non invalida il precetto, ma certamente il legislatore ha voluto diffondere la conoscenza dell’istituto. Dunque, se si riceve un precetto con quell’avviso, è un segnale che conviene valutare il ricorso alla legge 3/2012 (ora CCII) prima di subire un pignoramento.
Giurisprudenza recente (2023-2025): orientamenti di merito e di legittimità
Negli ultimi anni la giurisprudenza italiana, sia di merito (Tribunali e Corti d’Appello) sia di legittimità (Corte di Cassazione), ha prodotto numerose pronunce che hanno interpretato e chiarito vari aspetti della ristrutturazione dei debiti del consumatore. In questa sezione passiamo in rassegna alcuni dei temi salienti affrontati e le relative soluzioni giurisprudenziali, aggiornate ad aprile 2025, citando le pronunce più significative.
1. Nozione di consumatore e debiti promiscui:
Un tema cruciale è stato definire i confini soggettivi di chi può accedere al piano del consumatore. La Corte di Appello di Bologna, con una importante sentenza del 20 giugno 2023, ha stabilito principi chiari in caso di debiti promiscui (in parte personali e in parte d’impresa). In quel caso una coppia di coniugi aveva debiti derivanti sia dalla vita privata sia da una pregressa attività commerciale cessata. Il Tribunale di primo grado aveva ammesso comunque il piano come consumatori, ritenendo che, cessata l’attività, non potessero accedere al concordato minore e dovessero quindi usare il piano del consumatore anche per i debiti misti. La Corte d’Appello ha invece riformato, affermando che non è possibile un’interpretazione estensiva che faccia rientrare i debiti d’impresa nel piano del consumatore. Se il passivo è promiscuo, i debitori non sono qualificabili come consumatori e i creditori (incluso l’Erario) devono poter esercitare il diritto di voto in una procedura concorsuale adeguata (concordato minore). Solo così possono esprimere dissenso a una proposta eventualmente sfavorevole. Questa pronuncia (Bologna 2023) ha fatto scuola: oggi è pacifico che il piano del consumatore non può includere debiti derivanti da attività d’impresa o professionale. Un soggetto che sia insieme consumatore e imprenditore deve separare le due sfere: o presenta un piano solo per i debiti personali, escludendo quelli d’impresa (che però restano esigibili, a meno che siano stati soddisfatti altrove), oppure deve ricorrere al concordato minore se vuole regolare insieme tutto il passivo eterogeneo. La stessa sentenza ha però precisato un’altra cosa: ha confermato che la nozione di consumatore (come da L.3/2012 modificata dalla L.176/2020 e ripresa dal CCII) può comprendere anche figure particolari come il socio illimitatamente responsabile di società, purché intenda risolvere solo i debiti estranei all’attività sociale. Quindi, un ex socio di SNC con debiti personali può essere consumatore per quelli, ma i debiti sociali (di cui è responsabile illimitatamente) restano esclusi dal piano. Questo delimita bene il campo d’azione.
2. Meritevolezza vs colpa grave del debitore:
La giurisprudenza di merito recente si è trovata spesso a valutare se il debitore avesse agito con “colpa grave” nel sovraindebitarsi (causa di inammissibilità ex art. 69 CCII). Molte pronunce mostrano un approccio comprensivo e concreto. Ad esempio:
- Il Tribunale di Spoleto (sent. n. 15/2024) ha chiarito che la situazione di sovraindebitamento va considerata nel suo sviluppo dinamico, non fotografata in un singolo momento. Il giudice deve valutare l’intero percorso che ha portato il consumatore all’insolvenza, perché spesso non è un fatto istantaneo ma l’esito di più fattori. Ne consegue che anche se in un momento il debitore può aver ecceduto nel ricorso al credito, ciò non implica per forza colpa grave, se successivamente ha tentato di porre rimedio e gli eventi lo hanno travolto.
- Il Tribunale di Oristano (sent. n. 5/2024) sulla stessa linea, ha affermato che “ad un’errata valutazione delle proprie capacità finanziarie, necessariamente presente in ogni situazione di sovraindebitamento, non corrisponde necessariamente una condizione di colpa grave”. Cioè: ogni sovraindebitato ha probabilmente sbagliato a stimare le proprie possibilità (altrimenti non sarebbe insolvente), ma questo errore è in genere veniale e comune, non per forza grave al punto da escludere l’accesso alla procedura.
- Casi emblematici sono quelli di debitori affetti da ludopatia (gioco d’azzardo patologico). Qui i tribunali tendono a riconoscere che il soggetto ludopatico, pur formalmente responsabile dei propri atti, in realtà agisce sotto la spinta compulsiva di una patologia, quindi manca l’elemento soggettivo della colpa grave. Tribunale di Torino in decreti del 2019 aveva già accolto questa tesi, definendo il ludopatico “capace di intendere, ma non di volere” rispetto al gioco, e dunque non colpevole pienamente. Più recentemente:
- Il Tribunale di Avellino (decreto 28 ottobre 2024) ha omologato un piano proposto da un debitore ludopatico, escludendo la sua colpa grave proprio in virtù della dipendenza certificata. Ha ritenuto che il debitore avesse dimostrato la volontà di uscirne (aveva intrapreso un percorso terapeutico) e che i debiti fossero in gran parte causati dalla malattia, quindi meritevole di accedere alla procedura.
- Il Tribunale di Catania (sentenza 6 giugno 2024) ha fatto scuola: caso di un debitore con oltre €200.000 di debiti originati dal gioco, che durante la procedura ha persino perso il lavoro per una condotta scorretta legata al gioco. Ebbene, il giudice ha ricondotto tutti gli eventi negativi allo stato patologico e ha escluso la colpa grave. Ha omologato un piano imponente (circa €93.000 da pagare in 9 anni) perché riteneva comunque il debitore meritevole e il piano fattibile (sostenuto dalla famiglia). Nella motivazione sottolinea come la causa principale del sovraindebitamento fosse il disturbo compulsivo, quindi manca l’intenzionalità o negligenza grave del debitore. Questo caso è interessante anche perché il piano è stato modificato in corso di procedura a seguito del licenziamento del debitore: il giudice gli ha permesso di aggiustare la proposta (incrementando l’apporto di terzi e ridistribuendo le somme) prima dell’omologa. Ciò dimostra un atteggiamento flessibile e orientato al recupero.
- La Corte di Cassazione si è espressa sul criterio della meritevolezza soprattutto con riferimento alla normativa previgente. Ad esempio, l’ordinanza Cass. Sez. 6-1 n. 27843/2022 ha ribadito che, nella disciplina anteriore al DL 137/2020, spettava al debitore provare di aver assunto debiti con ragionevole prospettiva di adempimento e proporzionalmente alle capacità patrimoniali, pena il mancato riconoscimento della meritevolezza. Questo orientamento è superato dalla nuova normativa che sposta l’onere sul creditore. Non risultano ancora pronunce della Cassazione sul nuovo testo del CCII (post 2020) in tema di meritevolezza, ma dalle pronunce di merito come quelle sopra si evince un’applicazione coerente: il debitore oggi viene ammesso salvo prova contraria di sua grave colpa.
3. Falcidia dei crediti fiscali e verifica di convenienza:
La giurisprudenza ha consolidato l’idea che i debiti fiscali possano essere ristrutturati nel piano del consumatore. Già Corte Cost. 245/2019 aveva aperto alla falcidia IVA, e la Cassazione a Sezioni Unite n. 26988/2016 (in tema di concordato preventivo) aveva ammesso in generale il principio della soddisfazione parziale dei tributi erariali. In ambito sovraindebitamento:
- Tribunale di La Spezia in una pronuncia del 10 settembre 2018 (richiamata da dottrina) fu tra i primi ad autorizzare un piano con stralcio dell’IVA.
- Cassazione, ord. n. 28013/2022 (Sez. I): questa sentenza è significativa non tanto sulla falcidia in sé, ma sul meccanismo di conversione. Ha chiarito che la conversione del piano del consumatore in liquidazione del patrimonio, prevista dall’art. 14-quater L.3/2012 (ora art. 74 CCII), può avvenire solo in determinate ipotesi (ad esempio per risoluzione del piano omologato) e non in automatico in ogni caso di mancata omologa. Ciò è pertinente perché in quell’occasione un creditore (Agenzia Entrate) sosteneva che, se il piano non gli fosse piaciuto, tanto valeva convertirlo in liquidazione. La Cassazione ha risposto che la conversione non è uno strumento a disposizione del creditore per bypassare il piano, ma una eventualità disciplinata limitatamente. Insomma, il Fisco non può forzare la mano per andare in liquidazione (dove voterebbe di più): deve sottostare alla procedura del piano salvo condizioni specifiche.
- Cassazione, sent. n. 35976/2022 (Sez. I): si è occupata di un ricorso per Cassazione contro un decreto di omologa di un piano in cui l’Agenzia delle Entrate lamentava vizio di motivazione sulla convenienza. La Cassazione ha affermato principi di rito: se il giudice di merito motiva adeguatamente sulla convenienza comparativa per i creditori, la valutazione è insindacabile in Cassazione se non manifestamente illogica. Ha dunque rigettato ricorsi di creditori pubblici confermando l’omologa quando risultava rispettato il parametro del “non pregiudizio” (il cosiddetto best interest test).
- Corte d’Appello di Venezia, decreto 11 gennaio 2023 (caso noto in dottrina) ha omologato un piano con stralcio consistente di debiti tributari, evidenziando come l’Erario, pur contrario, non avrebbe recuperato di più in altri modi. Questo ha rafforzato l’idea che l’opposizione del Fisco, da sola, non blocca nulla se il piano è conveniente oggettivamente. Anche il Tribunale di Milano in vari decreti 2022-2023 ha adottato la stessa linea.
4. Opposizioni dei creditori e ruolo del giudice di omologa:
In molte decisioni la Cassazione ha delineato la natura “volontaria giurisdizione” del procedimento di omologazione e i rimedi impugnatori:
- La già citata Cass. 30542/2024 (27 novembre 2024) si è soffermata sulla distinzione tra provvedimenti “decisori” e “non decisori” nelle procedure di sovraindebitamento. Ha affermato che un decreto che si limita a dichiarare inammissibile la domanda senza incidere su diritti (per es. per difetto di requisiti soggettivi) è un provvedimento non decisorio e non ricorribile per Cassazione immediatamente, ma solo reclamabile. Viceversa, un provvedimento che decide sul merito dei diritti (omologa o diniego di omologa dopo valutazione della convenienza, ecc.) ha natura decisoria ed è reclamabile e poi impugnabile in Cassazione. Questo incide sulla procedura: ad esempio, un creditore che vuole contestare l’omologa deve fare reclamo alla Corte d’Appello entro 15 giorni (art. 50 CCII) e non può saltare direttamente in Cassazione. Se invece il Tribunale dichiara inammissibile il piano prima di coinvolgere i creditori, il debitore dovrà reclamare quel provvedimento (non potrà andare subito in Cassazione). Questa distinzione è importante per il corretto svolgimento dei gravami.
- Cass. 24870/2024 (12 luglio 2024): in questa pronuncia la Suprema Corte ha affrontato un problema pratico sorto in sede di reclamo (appello) su un diniego di apertura. Ha stabilito che nel giudizio di reclamo la proposta e il piano non possono essere modificati e che si applica la procedura in camera di consiglio ex artt. 737-738 c.p.c. (quindi senza nuove prove se non documentali). In altre parole, se il debitore impugna il rigetto della sua proposta, non può presentare in appello una versione diversa del piano per farlo accettare: la Corte d’Appello giudicherà sulla base del piano originario e delle circostanze esistenti al momento del rigetto. Ciò suggerisce al debitore di proporre piani ben calibrati fin dall’inizio, perché in sede di impugnazione non c’è margine per “aggiustarli”. Questa pronuncia ha uniformato la prassi, chiarendo che il reclamo sull’omologa ha natura di revisio prioris istantiae e non di nova editio della procedura.
5. Procedure familiari congiunte:
Dopo l’entrata in vigore del CCII, le prime pronunce hanno applicato l’art. 66 che consente la domanda congiunta per membri della stessa famiglia. Ad esempio:
- Tribunale di Pistoia 2023 ha ammesso una procedura familiare presentata da marito e moglie con debiti comuni, sottolineando il vantaggio di evitare duplicazioni di costi OCC e di garantire una soluzione unitaria alla famiglia. Ha però avvertito che entrambi i coniugi dovevano essere meritevoli singolarmente e che, se uno avesse avuto cause ostative, avrebbe inficiato l’intero piano familiare.
- Tribunale di Roma 2022 (ancora in L.3/2012 ma anticipando l’art. 66) aveva già trattato congiuntamente i ricorsi di coniugi conviventi per debiti comuni, omologando piani coordinati. Ora con l’art. 66 ciò è formalizzato: un’unica procedura, un unico giudice, un unico OCC. A regime, ci si aspetta più giurisprudenza su come gestire eventuali divergenze (es. se uno dei due coniugi poi non rispetta il piano, l’altro può proseguire?).
6. Sfruttamento abusivo della procedura e casi di frode:
La maggior parte delle pronunce favorevoli disegna un quadro di grande apertura verso i debitori onesti in difficoltà. Ci sono però anche casi in cui i giudici hanno rifiutato l’omologa per comportamenti dolosi:
- Tribunale di Vibo Valentia, 30 ottobre 2019: caso anteriore al CCII, aveva rigettato un piano di coniugi ritenendo che avessero accumulato debiti in modo “seriale” e irresponsabile (ad esempio aprendo finanziamenti per pagare altri in una spirale), senza mai cercare soluzioni prima di arrivare alla procedura. Fu valutata come condotta in mala fede e inammissibile. Questa decisione fu un po’ criticata perché colpiva proprio chi avrebbe bisogno di aiuto, ma mostrò un approccio severo.
- Tribunale di Napoli 2021: rigettò un piano ove emerse che il debitore aveva omesso volontariamente di menzionare la proprietà di un immobile all’estero. Questo fu considerato atto di frode, e oltre al rigetto fu segnalato all’autorità per possibile reato (frode ai creditori in procedura concorsuale, art. 344 CCII).
- Cassazione, ord. n. 17834/2021: ha confermato la revoca di un piano omologato quando si scoprì che il debitore aveva dolosamente nascosto una consistente somma di denaro non dichiarata nel piano e non destinata ai creditori. La Cassazione ha ribadito che la procedura di sovraindebitamento richiede trasparenza totale e che l’omologa può essere revocata ex art. 14-bis L.3/2012 (oggi art. 72 CCII) in caso di atti in frode ai creditori.
7. Merito creditizio dei finanziatori (art. 69 co.2):
Una pronuncia degna di nota è del Tribunale di Udine 2023, che in sede di omologa ha rigettato l’opposizione di una finanziaria evidenziando che quest’ultima aveva concesso un prestito al debitore senza adeguata verifica reddituale, in contrasto con l’art. 124-bis TUB. Ha richiamato l’art. 69 co.2 CCII per affermare che il creditore, avendo concorso al sovraindebitamento con la propria condotta imprudente, non poteva dolersi della falcidia impostagli. Questo concetto di “merito creditizio” è relativamente nuovo: sposta un po’ di responsabilità anche sui creditori, ed è stato applicato in almeno due casi noti (Udine e un analogo a Treviso 2024). Si prevede che in Cassazione prima o poi arriverà una conferma di questo principio, che per ora sembra essere accolto con favore (è visto come un deterrente per il credito irresponsabile).
Questi sono alcuni degli orientamenti chiave. In conclusione, la giurisprudenza attuale tende a:
- Favorire l’accesso alle procedure dei debitori genuinamente in difficoltà, interpretando estensivamente la nozione di meritevolezza (salvo frodi conclamate).
- Salvaguardare i diritti dei creditori sul piano sostanziale (verificando sempre che il piano non dia loro meno del dovuto in scenario alternativo) ma non concedendo loro poteri di veto formali (specialmente nei piani del consumatore, dove il voto non c’è).
- Chiarire gli aspetti procedurali: impugnazioni, reclami, competenze, per rendere il sistema efficace e senza vuoti normativi.
- Affermare principi innovativi: come la corresponsabilità delle finanziarie nel sovraindebitamento o la tutela del debitore affetto da patologie come esimente.
La Corte di Cassazione è intervenuta ancora relativamente poco sul Codice della Crisi (in vigore dal 2022), per ovvi motivi di tempo. Le pronunce del 2024 citate erano spesso su procedure iniziate sotto la vecchia legge. Ci si attende che tra il 2025 e 2026 emergano sentenze di legittimità sul CCII che consolidino definitivamente questi trend.
Per ora possiamo dire che l’impianto normativo “pro-debitore onesto” voluto dalla riforma sta trovando concreto riscontro nei tribunali: i giudici omologano molti piani (anche con stralci importanti) quando constatano correttezza e convenienza, e sono invece rigidi nel filtrare abusi. Questo equilibrio era proprio l’obiettivo del legislatore.
Modelli pratici degli atti principali
In questa sezione proponiamo uno schema semplificato dei principali atti della procedura – ricorso introduttivo, piano del consumatore e relazione particolareggiata dell’OCC – per offrire un riferimento pratico su come sono strutturati tali documenti. Si tratta di modelli generali, che andranno adattati al caso concreto, ma che evidenziano gli elementi chiave da includere.
Modello di ricorso introduttivo del debitore
- Intestazione ed autorità adita: “Tribunale di [X] – Sezione competente per la crisi da sovraindebitamento”. Indicare il tribunale competente per territorio (residenza del debitore).
- Dati del debitore ricorrente: nome, cognome, luogo e data di nascita, codice fiscale, indirizzo di residenza. Eventualmente stato civile e composizione del nucleo familiare. Se si tratta di un ricorso congiunto familiare, indicare i nominativi di tutti i ricorrenti.
- Indicazione della procedura richiesta: espressamente precisare che si tratta di un ricorso per l’apertura della procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore ex artt. 65 ss. D.Lgs. 14/2019. Se più ricorrenti familiari, citarli.
- Dichiarazione di possesso dei requisiti soggettivi: il ricorrente dichiara di essere un “consumatore” ai sensi dell’art. 2, co.1, lett. e) CCII, non avendo assunto obbligazioni per attività di impresa o professionali; di non essere soggetto a liquidazione giudiziale (fallimento) né ad altre procedure concorsuali; di non aver già beneficiato di esdebitazione nei 5 anni precedenti, né più di due volte in totale; e di non aver determinato il proprio sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode. Queste affermazioni, pur essendo ribadite poi dall’OCC, conviene inserirle nel ricorso a pena di rigetto.
- Nomina OCC e gestore: indicare l’OCC prescelto (se il debitore l’ha scelto) o chiedere che il Tribunale ne designi uno. Solitamente: “Il ricorrente si è avvalso dell’Organismo di Composizione della Crisi istituito presso …, che ha nominato il dott. XY in qualità di gestore della crisi. Si allega accettazione dell’incarico da parte dell’OCC.”. Se già nominato, indicare il nome del gestore.
- Esposizione della situazione di sovraindebitamento: narrazione sintetica (qualche paragrafo) su: entità complessiva dei debiti, cause che hanno generato l’incapacità di pagamento, eventuali procedure esecutive già in corso. Ad esempio: “Il ricorrente espone di versare in una grave situazione di sovraindebitamento: ha debiti per complessivi €…, come dettagliatamente risultanti dall’allegato elenco, che non è in grado di onorare regolarmente. Tale situazione è dovuta principalmente alla perdita del lavoro subita in data…, e al ricorso al credito per far fronte alle ordinarie spese familiari, poi divenuto non sostenibile. Sono in corso un pignoramento immobiliare promosso dalla Banca X e due pignoramenti presso terzi (stipendio) promossi da Y e Z.”. Questa parte prepara il terreno alla richiesta, dimostrando che si tratta esattamente del tipo di situazione che la legge intende affrontare (squilibrio debiti/risorse).
- Proposta di piano in sintesi: il ricorrente può qui riassumere molto brevemente cosa prevede il piano che allega. Non serve entrare nei dettagli (quelli sono nel piano allegato), ma ad esempio: “Il ricorrente, con l’ausilio dell’OCC, ha predisposto un Piano del Consumatore (allegato) che prevede il soddisfacimento dei creditori nelle seguenti misure: i creditori privilegiati al 100% entro 1 anno, i chirografari al 30% in 4 anni, mediante utilizzo delle proprie risorse reddituali e con il contributo di terzi. Il piano consente una soddisfazione dei creditori migliore rispetto alla liquidazione, come attestato dall’OCC.”. Questo serve a far capire al giudice, già dal ricorso, che esiste una proposta concreta e ragionevole.
- Documenti allegati: elencare espressamente gli allegati obbligatori ai sensi dell’art. 67 CCII, ad es.:
- Elenco nominativo di tutti i creditori con indicazione importi e cause di prelazione.
- Inventario dei beni del debitore e attestazione degli atti dispositivi ultimi 5 anni.
- Copie delle ultime 3 dichiarazioni dei redditi (o certificazioni uniche) – oppure motivare l’assenza (es. se disoccupato senza obbligo di dichiarazione).
- Documentazione di redditi correnti (busta paga, cedolino pensione, ecc.) e indicazione spese familiari necessarie.
- Piano del consumatore redatto (datato e sottoscritto dal debitore e dall’OCC).
- Relazione particolareggiata dell’OCC (datata e sottoscritta dal gestore OCC).
- Eventuali ulteriori documenti (dichiarazione di impegno di terzi a contribuire, perizie di stima immobili, ecc.).
- Copia documento identità e codice fiscale del ricorrente.
- Istanza al Tribunale: la parte conclusiva del ricorso formula le richieste al giudice. Tipicamente:
- Chiedere, ai sensi dell’art. 65 CCII, l’apertura della procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore;
- Chiedere la conferma/nomina dell’OCC indicato e del gestore XY;
- Chiedere l’emanazione dei provvedimenti ex art. 54 CCII di sospensione delle azioni esecutive e misure protettive (se ci sono già esecuzioni, indicarle qui nominativamente e chiedere esplicitamente la sospensione: es. “si chiede disporsi la sospensione dell’esecuzione immobiliare RG… innanzi al Tribunale di…, e dei pignoramenti presso terzi RG… e RG… innanzi al Tribunale di …, nonché il divieto di iniziarne di nuove per tutta la durata della procedura”);
- Chiedere fissazione dell’udienza per l’omologa del piano e, previe le comunicazioni ai creditori, omologare il piano del consumatore allegato ai sensi degli artt. 69-70 CCII, con ogni conseguente provvedimento (eventuale chiusura procedura, ordine al gestore di vigilare, ecc.).
- Luogo, data e firma del ricorrente (e del difensore, se presente). Nota: l’assistenza di un difensore non è obbligatoria ex lege in queste procedure, anche se spesso è consigliabile. Qualora il debitore sia assistito da un avvocato, va indicato il ministero di difensore e apposta la firma di quest’ultimo.
Questo ricorso viene depositato telematicamente (nei tribunali attrezzati) oppure in formato cartaceo secondo le prassi locali, iscritto a ruolo con un numero RG apposito (spesso col prefisso “Sov” o simili), e viene assegnato al giudice. Come abbiamo visto, se il ricorso è completo e regolare, il giudice emetterà il decreto di apertura e fisserà l’iter.
Modello di piano del consumatore
Il piano del consumatore è un documento più discorsivo, ma può seguire una scaletta omogenea. Riassumiamo i punti principali (molti dei quali già dettagliati nel capitolo apposito):
- Premessa: identificazione del debitore e dichiarazione di intenti (es. “Piano di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli artt. 67 ss. CCII presentato da [Nome debitore], consumatore sovraindebitato.”). Si può indicare la data di presentazione ed eventuale numero di procedimento se assegnato.
- Situazione personale e familiare: qualche riga su chi è il debitore (età, professione, composizione nucleo familiare, eventuali soggetti a carico, spese medie di sostentamento). Serve a contestualizzare il piano e preparare la parte delle risorse disponibili.
- Elenco dei creditori e dei debiti: tavola o elenco puntato con tutti i creditori. Ad esempio:
- Creditori con cause di prelazione:
- Banca X: credito €50.000 garantito da ipoteca su immobile (valore immobile stimato €40.000).
- Agenzia Entrate: €8.000 di cui €5.000 IVA (privilegio speciale su beni oggetto d’iva? in realtà l’IVA non ha privilegio speciale bensì chirografo ma consideriamola privilegiata di fatto per necessità di integrale soddisfo? – qui più corretto: IVA è chirografo ma la trattiamo diversamente), €3.000 IRPEF (privilegio generale).
- Avvocato Tizio: €2.000 spese legali con privilegio (se iscritto).
- Creditori chirografari:
- Finanziaria Y: €15.000 residuo prestito personale.
- Banca Z: €10.000 scoperto conto non garantito.
- Sig. Caio: €5.000 prestito personale (amico).
- Agenzia Entrate Riscossione: €4.000 sanzioni amministrative varie (multe). Totale debiti: €…, di cui privilegiati €…, chirografari €… (questo totale deve combaciare con quanto dichiarato nel ricorso e attestato dall’OCC). Nota: Nel piano vero e proprio, l’elenco creditori può essere richiamato da un allegato (l’elenco analitico fornito) oppure integrato. L’importante è che il lettore del piano abbia chiaro “chi deve ricevere cosa”.
- Creditori con cause di prelazione:
- Cause e storia del sovraindebitamento: narrazione delle vicende che hanno portato al debito, ponendo enfasi sugli elementi di buona fede. Esempio: “Il ricorrente ha accumulato i debiti sopra elencati nel corso di 5 anni a causa di una serie di eventi sfortunati: nel 2018 ha contratto un mutuo (poi ipoteca escussa) per l’acquisto della casa familiare; nel 2019 ha perso l’occupazione e, malgrado sforzi, non ha trovato lavoro stabile fino al 2021; per mantenere la famiglia ha utilizzato carte di credito e prestiti personali, generando debiti con le finanziarie. Nel 2020 inoltre la coniuge ha subito un intervento sanitario oneroso, finanziato ricorrendo a un prestito privato. Nel 2022, non essendo più in grado di sostenere le rate, Banca X ha revocato il fido e avviato il pignoramento dell’abitazione. Il debitore riconosce di aver fatto ricorso al credito oltre le proprie effettive capacità nel tentativo di fronteggiare emergenze, ma tale comportamento – sebbene imprudente col senno di poi – è derivato dalla necessità e non da volontà di frodare i creditori.”. Questa sezione, come visto, è funzionale a sostenere la meritevolezza.
- Situazione patrimoniale e reddituale attuale: elencare i beni (con valutazioni) e i redditi mensili correnti, al netto delle spese di sussistenza. Ad esempio: “Il debitore attualmente percepisce uno stipendio netto di €1.500/mese. La moglie percepisce €600/mese da lavoro part-time. Le spese familiari medie (bollette, alimentari, trasporti, affitto se presente, ecc.) ammontano a circa €1.300/mese, lasciando un margine di €800/mese potenzialmente destinabile ai creditori. Il debitore non possiede immobili (la casa di abitazione è in locazione). Possiede un’autovettura (valore €3.000) necessaria per recarsi al lavoro. Possiede altresì un TFR maturato di circa €5.000 presso il datore di lavoro, liquidabile in caso di cessazione. Non ha depositi o investimenti finanziari. Non risultano ulteriori cespiti aggredibili.”. Questa parte dovrà combaciare con quanto attestato dall’OCC (che verificherà ad esempio via PRA che abbia solo quell’auto, via catasto che non abbia immobili, ecc.).
- Dettaglio della proposta di ristrutturazione: questa è la sezione centrale, che può essere suddivisa in paragrafi:
- Crediti ipotecari e privilegiati: descrivere come saranno soddisfatti. Es: “Banca X (ipotecaria): si prevede la vendita dell’immobile oggetto di garanzia (appartamento in Via…, di proprietà del debitore) entro 9 mesi dall’omologazione, al valore di mercato stimato di €40.000. Il ricavato, al netto delle spese di vendita (stimate €2.000), sarà interamente destinato a Banca X, che in tal modo otterrà circa l’80% del proprio credito ipotecario. La parte residua del credito di Banca X (€10.000 circa) sarà degradato a chirografario e soddisfatto pro quota insieme agli altri chirografari. – Agenzia Entrate (IRPEF privilegiata €3.000): sarà pagata integralmente entro 1 anno dall’omologa, utilizzando parte del TFR liquidato (€3.000 su €5.000). – Avvocato Tizio (privilegio art.2751bis n.2 c.c. su €2.000): sarà soddisfatto al 100% entro 6 mesi dall’omologa, sempre attingendo dal TFR liquidato (€2.000).”.
- Crediti chirografari: spiegare il piano di pagamento parziale. Es: “Tutti i crediti chirografari (compresa la parte residua chirografaria del credito ipotecario di Banca X e l’IVA di Agenzia Entrate, come dettagliato) saranno soddisfatti nella misura del 30%. In particolare, a fronte di un totale chirografario di €30.000, verrà corrisposto un importo di €9.000. Tale importo sarà reperito mediante il risparmio mensile sul reddito del debitore: €250 al mese per 36 mesi (3 anni) generano €9.000. Il pagamento ai chirografari avverrà in rate semestrali posticipate di €1.500 ciascuna per 6 semestri consecutivi (ogni rata semestrale di €1.500 corrisponde a 6×€250 accantonati). La prima rata semestrale sarà corrisposta entro 6 mesi dall’omologa, l’ultima entro 36 mesi. Ciascun creditore chirografario riceverà in totale il 30% del proprio credito originario: ad esempio, Finanziaria Y riceverà €4.500 invece di €15.000; Banca Z €3.000 invece di €10.000; Caio €1.500 invece di €5.000; Agenzia Entrate – sanzioni €0 (nessun pagamento, in quanto falcidiate 100%).”. Notare che in questo esempio Caio (creditore amico) è trattato come gli altri al 30%. Se Caio avesse deciso di rinunciare all’intero credito, andrebbe indicato: “il Sig. Caio ha rinunciato alla propria pretesa, pertanto il suo credito è escluso dal riparto e la percentuale di soddisfo per gli altri chirografari risulta conseguentemente leggermente superiore (circa 37%)”.
- Contributi di terzi: se qualcuno (parenti) contribuisce, esplicitarlo: “Il padre del debitore si impegna a versare €5.000 all’OCC entro 3 mesi dall’omologa, somma che sarà destinata per €3.000 a coprire il debito IRPEF privilegiato (come sopra) e per €2.000 ad aumentare il monte chirografario disponibile (dunque, dei €9.000 destinati ai chirografari, €7.000 provengono dal reddito del debitore e €2.000 da contributo di terzi). Si allega dichiarazione di impegno firmata.”.
- Tempistica riassuntiva: meglio includere una tabella temporale:
- Entro 3 mesi: versamento terzo €5.000; liquidazione TFR €5.000 (totale €10.000 disponibili).
- Entro 6 mesi: pagamento Avv. Tizio €2.000; accantonati €1.500 prima rata chirografi (da redditi).
- Entro 9 mesi: vendita immobile e distribuzione €38.000 a Banca X (80%).
- Entro 12 mesi: pagamento Agenzia Entrate IRPEF €3.000 (dal fondo terzi/TFR rimasto).
- 6°, 12°, 18°, 24°, 30°, 36° mese: pagamento rate chirografari di €1.500.
- Fine 36° mese: totale pagato chirografari €9.000.
- Fine piano: Banca X residuo (chirografo €10.000) riceve €3.000 (30%) incluso nelle rate chirog.; Finanziaria Y riceve €4.500; Banca Z €3.000; Caio €0 (rinuncia) ecc. – debiti residui cancellati.
- Garanzie e controlli: il piano può prevedere clausole aggiuntive, ad es.: obbligo per il debitore di destinare al piano anche eventuali entrate straordinarie (bonus, tredicesime ecc.) oltre una certa soglia, oppure l’istituzione di un conto dedicato per affluire le somme e gestito dal OCC/gestore (di solito disposto dal giudice). Si può menzionare: “Il debitore si impegna a versare tutte le somme destinate ai creditori su apposito conto corrente vincolato intestato alla procedura, sul quale vigilerà il Gestore nominato; eventuali sopravvenienze attive (eredità, vincite) di importo superiore a €… saranno in parte destinate ad aumentare la percentuale di soddisfacimento dei creditori, come meglio specificato dalla relazione OCC.”.
- Eventuale mantenimento di obbligazioni escluse: se, come nell’esempio, il mutuo ipotecario sulla prima casa fosse mantenuto, lo si deve menzionare: “Il mutuo fondiario acceso con Banca Q, garantito da ipoteca sulla prima casa (diverso dall’immobile oggetto di piano), è regolarmente in corso e non forma oggetto del presente piano ai sensi dell’art. 67 co.5 CCII. Il debitore è in regola con le rate e continuerà a pagarle alle scadenze originarie, preservando così l’abitazione principale. Tale obbligazione rimane estranea alla procedura.”. Così è chiaro per tutti che quel debito non viene toccato (nessuna falcidia, nessuna sospensione) e prosegue come da contratto originario.
- Convenienza per i creditori: molti piani dedicano un paragrafo finale a confrontare il risultato del piano con quello ipotetico di una liquidazione. Ad esempio: “Confronto con alternativa liquidatoria: In caso di liquidazione controllata del patrimonio, i creditori privilegiati Banca X avrebbero ottenuto il ricavato della vendita giudiziale dell’immobile (stimabile però in soli €30.000 netto spese, quindi 60% del loro credito), IRPEF e Avv. Tizio sarebbero stati soddisfatti ugualmente, e i chirografari probabilmente non avrebbero percepito nulla (base d’asta dell’immobile copre appena i privilegi, e il reddito del debitore non sarebbe destinato a loro se non per eventuali futuri pignoramenti molto parziali). Nel presente piano, invece, Banca X ottiene €38.000 (80%) migliorando la propria posizione, i creditori privilegiati minori sono pagati integralmente, e i chirografari ricevono il 30% anziché 0. Pertanto tutti i creditori traggono vantaggio dal piano rispetto allo scenario alternativo. La convenienza è attestata anche dall’OCC nella sua relazione, avendo stimato che il realizzo complessivo in liquidazione sarebbe stato di circa €32.000 (contro €47.000 totali distribuiti nel piano).”.
- Clausola di chiusura: il piano di solito si chiude con la formula: “Il debitore dichiara che il presente Piano rappresenta il massimo sforzo a lui possibile per soddisfare i creditori, e che l’esecuzione integrale dello stesso assicurerà una soddisfazione non inferiore a quella ricavabile da alternative liquidatorie. Egli si impegna ad osservarne fedelmente tutte le condizioni. Si confida quindi nell’omologazione del Piano da parte del Tribunale ai sensi dell’art. 12-bis L.3/2012 (oggi art. 70 CCII), con conseguente esdebitazione del ricorrente per la quota di debiti eccedente quanto pagato.” (si può citare la vecchia norma per sicurezza, ma non è necessario).
- Data e firma del debitore. In molti casi firma anche il gestore OCC per attestazione di concordanza con la relazione, ma formalmente il piano è atto del debitore. Alcuni tribunali richiedono la firma autenticata del debitore.
Questo modello è modulare: a seconda del caso, alcune sezioni possono essere assenti (es. se non ci sono crediti privilegiati o non ci sono contributi di terzi). L’importante è che sia leggibile e possibilmente non prolisso: deve convincere in poche pagine. In pratica giudici e creditori preferiscono vedere i numeri riassunti in tavole (quanto prende ciascuno) e le scadenze chiaramente. Piani troppo lunghi possono confondere. I dettagli tecnici (calcoli, perizie, ecc.) possono stare allegati.
Modello di relazione particolareggiata dell’OCC
La relazione dell’OCC è un documento formale destinato al giudice e ai creditori, redatto su carta intestata dell’OCC o del professionista nominato. Ecco i contenuti tipici:
- Intestazione: indicare procedimento, debitore e OCC. Es: “Relazione particolareggiata dell’Organismo di Composizione della Crisi ex art. 68 CCII relativa al Piano del Consumatore presentato da [Nome debitore] – Procedura n…/2023 Tribunale di …”.
- Introduzione: il gestore OCC si presenta come nominato in data …, riepiloga la data dell’istanza e conferma di aver ricevuto dal debitore tutta la documentazione. Può citare la norma base: “La presente relazione è redatta ai sensi dell’art. 68 CCII (già art. 9, co.3-bis, L.3/2012) e contiene la valutazione della completezza e attendibilità della documentazione, delle cause dell’indebitamento, della fattibilità del piano e dell’assenza di atti in frode ai creditori”.
- Esposizione dei dati e verifica documenti: l’OCC elenca i documenti esaminati (dichiarazioni redditi verificate, estratti conto bancari se li ha chiesti, elenco debiti incrociato con centrale rischi o SIN). Può dichiarare: “Il sottoscritto gestore ha esaminato l’estratto di ruolo fornito da Agenzia Entrate-Riscossione aggiornato al …, l’elenco segnalazioni CRIF al …, e ha interpellato personalmente i principali creditori (Banca X e Finanziaria Y) per conferma del saldo debito. Tutti i debiti dichiarati dal debitore risultano confermati e non emergono ulteriori posizioni creditorie non indicate. La documentazione patrimoniale (visure catastali, PRA, ecc.) conferma che il debitore non possiede altri beni oltre quelli indicati. Il debitore ha prodotto altresì attestazione del datore di lavoro circa il TFR maturato e buste paga degli ultimi 6 mesi, confermando il reddito dichiarato.”. Questa parte è la verifica di veridicità e completezza: l’OCC in sostanza attesta che la fotografia del debitore è genuina. Se c’è qualcosa di incerto lo deve dire (“nota: risulta un vecchio conto corrente BancoPosta con saldo, il debitore dichiara essere a zero, l’OCC sta acquisendo estratto”).
- Cause del sovraindebitamento: l’OCC ripercorre oggettivamente la storia raccontata dal debitore, aggiungendo la propria valutazione sulla condotta. Ad esempio: “Dall’analisi svolta, la situazione di insolvenza del debitore deriva principalmente dalla progressiva riduzione del reddito disponibile a seguito della perdita del lavoro nel 2019 e dalle ulteriori spese mediche straordinarie nel 2020. Il debitore ha fatto fronte ai primi inadempimenti ricorrendo a nuovo credito (conto corrente e prestiti), nel tentativo di onorare le rate, ma ciò ha generato ulteriore indebitamento. Non si ravvisano elementi di frode: ogni finanziamento ottenuto è stato effettivamente utilizzato per pagare debiti o spese di vita (come desumibile dai movimenti bancari). Il debitore non ha trasferito beni a terzi: l’immobile di proprietà è tuttora nel suo patrimonio (benchè pignorato) e non risultano alienazioni negli ultimi 5 anni se non la vendita di un’auto usata per acquistarne un’altra più economica (operazione neutra avvenuta nel 2018, comunicata ai creditori).”. Poi la parte cruciale: “Valutazione sulla condotta del debitore (meritevolezza): Alla luce di quanto sopra, il gestore ritiene che il debitore non abbia con colpa grave o malafede determinato il proprio sovraindebitamento. In particolare, pur essendo riscontrabile una certa imprudenza nell’aver contratto nuovi prestiti per pagare i vecchi, tale comportamento appare dettato dalla necessità e dalla mancanza di alternative, più che da volontà elusiva. Non sono emersi indizi di spese voluttuarie sproporzionate o dissipative: al contrario, i finanziamenti ottenuti sono stati destinati in larga parte a pagare rate pregresse (c.d. spirale dell’indebitamento). Inoltre, l’OCC segnala che alcuni creditori (es. Finanziaria Y) hanno concesso credito senza adeguate verifiche di solvibilità: il debitore ha ottenuto nel 2020 un quinto prestito nonostante fosse già gravato da altri quattro – circostanza che evidenzia una corresponsabilità dell’ente finanziatore nel deteriorare la situazione. Pertanto, si ritiene che non ricorrano motivi ostativi ex art. 69 CCII.”. Qui l’OCC ha assolto il debitore (tipico), e ha pure anticipato l’argomento del merito creditizio dei finanziatori, il che potrebbe togliere mordente a eventuali opposizioni di quell’ente (che sarà consapevole di essere “colpevole” anch’esso).
- Elenco analitico dei creditori (verificato): spesso la relazione OCC include una tabella dei creditori simile a quella del piano, aggiungendo magari note: es. “Banca X: credito €50.000 (confermato da saldo estratto conto al …); Finanziaria Y: credito €15.200 (differenza di €200 per spese legali aggiuntive risulta da lettera di decadenza dal beneficio del termine prodotta); Agenzia Entrate: debito totale da cartelle €12.000, di cui €5.000 IVA, €3.000 IRPEF anno…, €4.000 sanzioni – estratto ruolo allegato; …”. Questa sezione può essere messa in allegato, ma serve a dimostrare che l’OCC ha riscontrato uno per uno tutti i crediti. L’OCC inoltre classifica i crediti tra privilegiati e chirografari correttamente secondo legge (ad es. indica quali sono privilegiati ex artt. 2751bis cc, quali art. 2770 cc, ecc.).
- Stima dei beni e garanzie: l’OCC riferisce il valore dei beni: “ – Stima dei beni e valore delle garanzie: l’OCC illustra il valore del patrimonio e la capienza delle garanzie. Ad esempio: “L’unico bene immobile del debitore (appartamento in via …, 80 mq) ha un valore di mercato stimato in €40.000, come da perizia allegata. Il credito ipotecario di Banca X (€50.000) risulta quindi parzialmente scoperto (capienza circa 80%). – L’autovettura Fiat… del 2010 è valutata in €3.000 (valore Quattroruote). – Il TFR maturato ammonta a €5.000 (dichiarazione datore di lavoro). – Non risultano altri cespiti. – Pertanto, in ipotesi di liquidazione forzata, Banca X recupererebbe circa €38.000 al netto di spese, i creditori privilegiati minori (IRPEF, avvocato) sarebbero soddisfatti col residuo attivo e i chirografari nulla.”. Questa parte è essenziale per supportare il test di convenienza.
- Valutazione della fattibilità del piano: l’OCC deve dire se il piano proposto è realistico e sostenibile. Ad esempio: “Il piano del consumatore allegato prevede la vendita dell’immobile entro 9 mesi e pagamenti rateali di €250/mese per 36 mesi. Tale piano appare fattibile. La vendita dell’immobile è plausibile considerato l’interesse già manifestato da terzi (allegata proposta di acquisto condizionata all’omologa) e comunque il valore stimato è concorrenziale. Il debitore ha già individuato un alloggio in affitto alternativo, quindi la vendita è attuabile. – I pagamenti rateali di €250 mensili sono commisurati al reddito attuale del debitore (€1.500 mensili) al netto delle spese familiari (€1.250 mensili), lasciando un piccolo margine di sicurezza. Il contributo promesso dal padre (€5.000) risulta credibile e vincolato (somma depositata su conto OCC come da ricevuta). – L’OCC pertanto ritiene che le risorse previste siano concretamente disponibili e sufficienti a coprire gli importi offerti ai creditori secondo il cronoprogramma indicato. – Si segnala che il successo del piano dipende dalla tempestiva alienazione dell’immobile: a tal fine il debitore si impegna a conferire entro 30 giorni mandato a vendere all’agenzia immobiliare …; in caso di mancata vendita entro il termine previsto, il sottoscritto OCC potrà attivare procedure competitive come da autorizzazione giudiziale.”. L’OCC può qui suggerire eventuali condizioni per la fattibilità (ad es. “si raccomanda che il giudice autorizzi il debitore a destinare la tredicesima 2023 al pagamento delle spese condominiali arretrate, per liberare l’immobile da oneri in sede di vendita”). In sostanza, deve rassicurare che il piano sta in piedi.
- Convenienza per i creditori rispetto all’alternativa: fondamentale, l’OCC conclude sul punto “nessun creditore pregiudicato”. Ad esempio: “Dalla simulazione effettuata, nessun creditore riceverà, per effetto del piano, una somma inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione. Banca X otterrà €38.000 (80%) contro circa €30.000 stimati in vendita forzata (60%); i creditori privilegiati minori saranno pagati integralmente in entrambi gli scenari; i creditori chirografari riceveranno il 30%, mentre in liquidazione verosimilmente nulla (non residuerebbe attivo). Anche tenendo conto dei costi della procedura, il piano risulta nettamente più favorevole per i chirografari e non peggiorativo per i privilegiati. Si evidenzia in particolare che l’Erario (Agenzia Entrate) incasserà €4.500 tra IVA e IRPEF, rispetto a ~€3.000 stimabili in liquidazione (dopo privilegi maggiori), e rinuncerà a sanzioni per €4.000 altrimenti comunque impagabili. Pertanto, la condizione di cui all’art. 68, co.1, lett. e) CCII (miglior soddisfacimento dei creditori) può ritenersi soddisfatta.”.
- Conclusioni: l’OCC chiude la relazione con il suo parere finale: “In conclusione, lo scrivente ritiene che il piano proposto da [debitore] presenti i requisiti di legge per l’omologazione: il debitore è meritevole (assenza di colpa grave o frode), la documentazione è completa e veritiera, il piano è sostenibile e conveniente per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria. Si attesta la veridicità dei dati esposti nel piano e la fattibilità dello stesso. – Si invita pertanto codesto Tribunale ad omologare il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 70 CCII. – [Luogo, data] – Il Gestore della Crisi / OCC: [Firma]”. Spesso l’OCC aggiunge: “Si rimette comunque al prudente apprezzamento del Giudice ogni valutazione definitiva”, ma di fatto è un parere positivo o negativo.
Se l’OCC avesse rilievi, li deve scrivere. Ad esempio, se fosse incerto di un aspetto di fattibilità, potrebbe condizionare il suo assenso a una modifica (“il piano sarebbe fattibile se il debitore incrementasse la percentuale ai chirografari al 35%, destinando anche la sua tredicesima, altrimenti il creditore Caio risulterebbe pregiudicato”; in tal caso dovrebbe convincere il debitore a recepire la modifica prima dell’omologa).
Questa relazione è un documento tecnico e imparziale. Viene depositata insieme al ricorso e comunicata ai creditori (spesso allegata alle notifiche del piano). I creditori la leggono per capire se c’è margine di opposizione: se l’OCC certifica che il debitore è meritevole e che prenderebbero meno in liquidazione, è difficile per loro contestare con successo.
Esempi pratici di ristrutturazioni riuscite
Per comprendere meglio come i principi e gli strumenti descritti si traducono in realtà, presentiamo di seguito alcuni casi pratici (ispirati da situazioni reali) di piani del consumatore approvati e portati a termine con successo. Questi esempi illustrano diverse tipologie di sovraindebitamento e le soluzioni adottate.
Esempio 1: Il pensionato con debiti da finanziamenti
- Situazione iniziale: Giovanni è un pensionato 70enne che integra la sua modesta pensione con piccoli lavori saltuari. Negli anni scorsi ha contratto vari prestiti personali (per aiutare economicamente i figli e per far fronte a spese mediche della moglie defunta) accumulando debiti per €60.000. Ha una pensione mensile di €1.000 e in busta paga subisce già due pignoramenti (per un totale di €200 al mese). Non ha immobili né altri beni di valore; vive in casa in affitto. A causa dei pignoramenti e di ulteriori richieste di pagamento, è in forte difficoltà: al netto delle trattenute e delle spese vive, non gli resta quasi nulla.
- Procedura attivata: Giovanni si rivolge a un OCC e avvia un piano del consumatore. Al momento del deposito, il giudice sospende subito i pignoramenti sulla pensione (quindi la pensione torna integra). Nel piano, Giovanni propone di pagare complessivamente €18.000 su €60.000 (circa il 30%). Come? Offre €150 al mese per 10 anni (120 mesi) dalla sua pensione. Dato che l’aspettativa di vita c’è ma è anziano, l’OCC suggerisce di coinvolgere i figli come garanti morali per subentrare in caso di sua incapacità futura. I figli, pur con redditi modesti, firmano un impegno a contribuire alle rate in caso di bisogno. I creditori (banche e finanziarie) non riceverebbero nulla in più pignorando la pensione minima, quindi il piano risulta più vantaggioso per loro.
- Esito: Il Tribunale omologa il piano. Giovanni comincia a versare €150 mensili all’OCC. I creditori, pur riducendo il loro credito, apprezzano di ricevere pagamenti certi (alcuni avevano crediti inesigibili da anni). Dopo 5 anni Giovanni, grazie all’aiuto saltuario dei figli, riesce ad anticipare parte delle somme (usa anche una liquidazione anticipata di TFR di un figlio) e chiude il piano in 7 anni invece di 10. Ottiene la liberazione integrale dai debiti. Questo caso mostra come un piano di lunga durata e importi piccoli ma costanti può risolvere la situazione di un debitore anziano, laddove l’esecuzione forzata lo avrebbe tartassato senza mai estinguere il debito (i pignoramenti sulla pensione minima sarebbero andati avanti forse per il resto della vita). Dopo l’omologa, Giovanni ha vissuto con sacrificio ma dignità e i creditori hanno recuperato parte del dovuto in un arco temporale definito, anziché inseguire inutilmente il debitore.
Esempio 2: La famiglia sovraindebitata per mutuo e lavoro precario
- Situazione iniziale: Mario e Anna, coniugi quarantenni, hanno due figli. Nel 2015 hanno acquistato casa accendendo un mutuo da €150.000 (rata €700). Purtroppo, nel 2020 Mario perde il lavoro; Anna lavora part-time. Accumulano ritardi sul mutuo e intanto vivono con carte di credito e prestiti per le spese quotidiane. Nel 2022 hanno: mutuo residuo €130.000 (ipoteca sulla casa, valore casa calato a €100.000), altri debiti per €40.000 (prestiti, bollette arretrate). La banca avvia il pignoramento della casa per le rate mutuo impagate.
- Procedura attivata: La famiglia ricorre alla procedura familiare unificata. Propongono un piano con queste linee: vendere la casa privatamente (anziché all’asta) a €100.000; con il ricavato soddisfare la banca e alcuni crediti privilegiati (condominio, ecc.) – la banca accetta di considerare saldo e stralcio €100.000 su €130.000 pur di evitare l’asta (che forse renderebbe meno). Per i restanti €40.000 di debiti chirografari, i coniugi offrono €10.000 (25%), da reperire in parte con la liquidazione del TFR di Mario (che ha trovato un nuovo lavoro) e in parte con un piccolo prestito dai genitori di Anna. Il piano prevede anche che la famiglia vada in affitto (hanno già trovato alloggio più economico). Vengono inserite clausole per cui se la vendita casa non si perfeziona entro 6 mesi, l’OCC potrà organizzare un’asta tra privati.
- Esito: Il piano viene omologato. La casa viene venduta entro i termini a €100.000, la banca ipotecaria e gli altri creditori ipotecari (per esempio l’Agenzia delle Entrate che aveva iscritto ipoteca secondaria per tasse sulla casa) incassano quel ricavato. I restanti creditori ricevono la percentuale prevista (25%) entro un anno grazie ai fondi raccolti. In 12 mesi la procedura si chiude ed è dichiarata l’esdebitazione totale della coppia. Ora Mario e Anna non hanno più la casa di proprietà, ma hanno un affitto sostenibile e soprattutto nessun debito residuo. Stanno ricominciando da capo con la finanza familiare in ordine. Senza la procedura, quasi certamente la casa sarebbe stata venduta all’asta magari a €70.000 (con loro comunque sfrattati) e sarebbero rimasti con un debito residuale verso la banca di decine di migliaia di euro, più gli altri debiti ancora tutti da pagare. Questo caso mostra l’efficacia di un approccio realistico: vendere l’immobile quando è troppo oneroso e usare il ricavato nella cornice protetta del piano per chiudere tutte le pendenze.
Esempio 3: Il piccolo imprenditore diventato consumatore (debiti misti)
- Situazione iniziale: Lucia era una parrucchiera con una piccola attività individuale, chiusa nel 2019 per crisi. Ha debiti per l’attività (fornitori, Fisco per IVA) per €30.000 e debiti personali (carte di credito e un finanziamento auto) per €20.000. In totale €50.000. Attualmente Lucia lavora come dipendente (non più imprenditrice) e guadagna €1.200 al mese. Non ha immobili né beni rilevanti (vive in affitto). Giuridicamente, i debiti d’impresa non potrebbero essere oggetto di un piano del consumatore puro – sarebbe caso da concordato minore. Ma Lucia, avendo chiuso l’attività, non ha più contabilità né possibilità di un concordato (che richiederebbe il voto dei fornitori e costi maggiori).
- Procedura attivata: In mancanza di alternative, Lucia tenta comunque la via della ristrutturazione come consumatore, sostenendo che ormai la sua posizione è quella di una persona privata e che i debiti d’impresa sono per lei personali (essendo una ex ditte individuale). Propone un piano offrendo €15.000 su €50.000 (circa 30%). Le risorse verrebbero dal suo reddito (circa €250 al mese per 5 anni). L’aspetto critico: i fornitori ex azienda e il Fisco verrebbero pagati solo al 30% senza poter votare. Il Tribunale inizialmente ammette il piano (perché Lucia non è fallibile, essendo ex piccola imprenditrice). Durante la procedura, però, alcuni creditori (tra cui l’Agenzia Entrate per IVA) si oppongono, eccependo che Lucia non è consumatore puro in quanto i debiti IVA sono di natura imprenditoriale, e che così verrebbero falcidiati senza transazione fiscale formale. La Corte d’Appello, su reclamo di Agenzia Entrate, dà loro ragione e dichiara inammissibile la procedura. Lucia vede sfumare il piano. Tuttavia, a questo punto (2024) è in vigore il nuovo CCII con l’esdebitazione del debitore incapiente: Lucia, non avendo beni e avendo un reddito al limite della sopravvivenza, dopo la chiusura negativa del tentativo di piano, presenta istanza di esdebitazione “senza utilità” ex art. 283 CCII. Dimostra di essere meritevole (spiega che la sua ditta è fallita senza colpa grave, e che ha tentato di pagare col piano) e chiede la cancellazione dei debiti residui. Il Tribunale, sentiti i creditori (che non possono opporsi se non per malafede), le concede l’esdebitazione totale, pur senza pagare nulla ai creditori chirografari (i fornitori e finanziarie) e chiudendo i debiti fiscali inesigibili.
- Esito: Lucia ottiene, per altra via, il risultato di liberarsi dei debiti. Questo esempio mostra un caso di sovraindebitamento “promiscuo” non risolvibile con piano del consumatore (perché quei debiti erano legati a un’attività cessata – come visto, la giurisprudenza tende a escluderli dal piano). La via d’uscita per Lucia è stata l’esdebitazione dell’incapiente, un istituto nuovo che le consente di avere il fresh start visto che comunque non avrebbe risorse significative da offrire. Questo evidenzia l’importanza di scegliere la procedura appropriata: se uno ha debiti da attività economica, deve valutare il concordato minore (se ancora in attività) o la liquidazione controllata e successiva esdebitazione (se ha chiuso e non può proporre un accordo). Il piano del consumatore resta riservato ai debiti da consumo. Tuttavia, la storia di Lucia è positiva perché la normativa 2020-2022 ha introdotto quell’esdebitazione a zero che prima non c’era. Senza, Lucia sarebbe rimasta strangolata dai debiti in eterno.
Esempio 4: Il caso del debitore “ludopatico”
- Situazione iniziale: Paolo, 50 anni, buon reddito (€2.000/mese da lavoro), ha però rovinato la propria finanza a causa della dipendenza dal gioco d’azzardo. Negli ultimi 5 anni ha accumulato debiti enormi (oltre €250.000) con banche e finanziarie, aprendo decine di linee di credito per alimentare il gioco. Ha anche evaso il fisco per cercare liquidità (non ha pagato €20.000 di IRPEF). Non possiede casa né altri beni (ha dilapidato anche una piccola eredità). Apparentemente, la sua condotta è stata molto imprudente, al limite dolosa perché sapeva di non poter restituire quei soldi. Nel 2023 però Paolo ha avuto un “intervento d’urgenza”: la famiglia lo ha convinto a curarsi. Entra in terapia per ludopatia, smette di giocare e decide di affrontare i debiti legalmente.
- Procedura attivata: Nonostante l’ammontare enorme dei debiti e la probabile ostilità dei creditori, Paolo avvia un piano del consumatore. Con l’aiuto dell’OCC, mostra certificazioni mediche che attestano il suo Disturbo da Gioco d’Azzardo grave (riconosciuto come patologia). Propone di pagare ciò che realisticamente può: ad esempio €90.000 in 8 anni (circa il 35% del totale). Questo importo verrebbe da: una parte del suo stipendio (€800/mese), più l’aiuto di alcuni parenti che si impegnano a contribuire €10.000/anno per qualche anno, e la vendita di un appartamento di famiglia (non suo, ma i fratelli decidono di destinare a lui una quota della vendita di un bene ereditario come supporto). È un piano complesso, ma fattibile con la rete familiare. I creditori (banche) sono furiosi per aver perso tanto capitale, e formalmente potrebbero accusarlo di avere contratto debiti senza prospettiva di pagarli (colpa grave). Tuttavia, l’OCC nella relazione sottolinea che Paolo era affetto da ludopatia, quindi la sua capacità di autodeterminazione sul ricorso al credito era compromessa. Inoltre, evidenzia che molte banche gli hanno concesso prestiti anche quando era evidente dalle banche dati che ne aveva troppi (violazione del merito creditizio). In sede di udienza, i creditori inizialmente protestano, ma di fronte alla perizia medica e all’impegno concreto di pagamento del 35% (il massimo ipotizzabile, perché Paolo non ha altro), capiscono che l’alternativa sarebbe la liquidazione in cui forse ricaverebbero ancora meno (dopo anni di procedure).
- Esito: Il Tribunale omologa il piano ritenendo non sussistente la colpa grave (la dipendenza patologica viene considerata una sorta di forza maggiore morale). Paolo segue con successo la terapia e onora il piano con l’aiuto familiare. In 8 anni paga esattamente quanto stabilito. Ottiene così l’esdebitazione del restante 65%. Questo caso ricalca in buona parte la realtà di alcune pronunce (come il caso Catania 2024). In mancanza di procedure, Paolo avrebbe potuto essere spinto al suicidio o comunque restare emarginato e con i creditori addosso a vita. Con la procedura, c’è stato uno scenario di “win-win” relativo: il debitore ha avuto una seconda chance e i creditori, pur perdendo una quota, hanno recuperato una parte non trascurabile (35%) di crediti che altrimenti, contro un debitore ormai nullatenente, sarebbero rimasti inesigibili. Questo esempio evidenzia l’importanza dell’aspetto sociale del sovraindebitamento: la legge non premia la cattiva condotta, ma considera certi casi umanamente delicati (come le dipendenze) e li affronta con pragmatismo, subordinando comunque il beneficio a un serio impegno di rientro (Paolo ha dovuto sborsare 90mila € con grandi sacrifici, non gli è stato condonato tutto).
Questi quattro esempi (pensionato, famiglia con casa, ex imprenditrice, ludopatico) coprono scenari molto frequenti nella pratica. Altri casi notevoli riguardano:
- Sovraindebitamento per malattia: ad esempio persone che hanno contratto molti debiti per cure mediche costose o invalidità sopravvenuta che ha ridotto il reddito. I tribunali mostrano comprensione e spesso riducono sensibilmente il carico debitorio, considerando la causa meritevole (anche qui, colpa grave esclusa).
- Sovraindebitamento da eccesso di credito al consumo: persone che senza situazioni tragiche hanno però fatto troppo affidamento su credito facile (carte revolving, prestiti per beni voluttuari). Questi casi vengono valutati con un po’ più di rigore sulla meritevolezza – il debitore deve dimostrare di aver imparato la lezione e di voler cambiare abitudini di spesa. I piani in questi casi vengono ammessi se il debitore mostra un chiaro cambio di condotta (ad esempio taglio di tutte le carte, adesione a un percorso di educazione finanziaria, ecc.).
- Procedure familiari multi-soggetto: oltre al caso coniugi, ci sono state procedure per padre e figlio conviventi entrambi indebitati (magari per aver firmato entrambi mutui e prestiti). In un esempio, un padre garante e il figlio debitore principale hanno presentato un unico piano, evitando che il creditore soddisfacesse per intero dal garante dopo aver decurtato al principale.
Ogni caso è diverso, ma tutti evidenziano l’obiettivo comune: trovare un punto di equilibrio tra le esigenze del debitore (avere una prospettiva di vita sostenibile senza debiti insormontabili) e quelle dei creditori (ottenere il massimo realisticamente ottenibile, evitando sperequazioni e premiando chi collabora). Le procedure di sovraindebitamento, con la flessibilità e le garanzie dell’intervento del giudice, permettono di modellare soluzioni “su misura” per ogni situazione disperata, laddove altrimenti il rigore del diritto comune (esecuzioni individuali, fallimento non applicabile) lascerebbe solo macerie sociali.
Novità normative 2023-2025
Il panorama normativo del sovraindebitamento ha subito evoluzioni significative tra il 2023 e il 2025, principalmente per effetto dell’entrata in vigore completa del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) e dei suoi correttivi. Riassumiamo le novità normative principali introdotte in questo periodo e il loro impatto sulle procedure di ristrutturazione dei debiti del consumatore:
- Entrata in vigore del CCII (15 luglio 2022): dopo vari rinvii, il Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019) è divenuto operativo nel luglio 2022, abrogando la Legge 3/2012. Questo ha portato a una riorganizzazione organica della materia nel nuovo corpus normativo (artt. 65-83 CCII per le procedure di sovraindebitamento). Per i consumatori, l’impianto è rimasto simile, ma con alcuni miglioramenti: è stata confermata la possibilità di procedura familiare unitaria (art. 66), è stato integrato il concetto di colpa grave al posto di meritevolezza generica (art. 69) e introdotta la procedura di esdebitazione del debitore incapiente (art. 283) come quarta opzione per chi non ha nulla da offrire ai creditori. La definizione di “consumatore” del CCII (art. 2, co.1, lett. e) ha recepito le modifiche apportate nel 2020 alla L.3/2012, includendo potenzialmente i soci illimitatamente responsabili limitatamente ai debiti personali.
- Decreto Correttivo “bis” – D.Lgs. 83/2022: emanato a giugno 2022, poco prima dell’entrata in vigore del Codice, ha integrato il CCII recependo la Direttiva UE 2019/1023 sulle ristrutturazioni e aggiustando alcune disposizioni. In ambito sovraindebitamento, ha introdotto (o reso definitivo) ad esempio:
- La previsione che il mutuo sulla prima casa possa essere mantenuto fuori piano (già inserita nel CCII ma chiarita).
- L’espresso riferimento al merito creditizio dei creditori finanziatori (art. 69, co.2 CCII) e la perdita del diritto di opposizione per chi ha concesso credito in violazione delle regole sul credito responsabile – norma innovativa, proveniente dalla legge di conversione 176/2020 e confermata.
- La disciplina dettagliata dell’esdebitazione senza utilità (artt. 282-283 CCII), mutuata dall’art. 14-quaterdecies L.3/2012 introdotto sempre nel 2020, che consente al debitore persona fisica meritevole, privo di patrimonio e reddito, di ottenere la cancellazione dei debiti residui dopo la liquidazione (anche se i creditori non ricevono nulla). Questa è una novità di enorme rilievo sociale, applicabile dal 2023 in poi e già utilizzata in casi come quello di Lucia nell’Esempio 3.
- La semplificazione di alcune procedure: ad esempio, il concordato minore (ex accordo di composizione) è stato reso più simile al piano del consumatore quanto a struttura, eliminando duplicazioni.
- Decreto Correttivo “ter” – D.Lgs. 136/2024 (13 settembre 2024): è il terzo decreto correttivo del CCII, entrato in vigore in autunno 2024, che ha apportato ulteriori migliorie. Per quanto concerne il sovraindebitamento:
- Ha potenziato gli OCC: ora gli Organismi di Composizione della Crisi possono accedere alle banche dati pubbliche per verificare situazione patrimoniale e debiti del debitore). Questo consente controlli più efficaci e riduce il rischio di omissioni. Tale modifica rende l’OCC meno dipendente dalle sole dichiarazioni del debitore e più autonomo nel reperire informazioni (es. accesso telematico all’anagrafe tributaria, ai registri immobiliari, PRA, INPS, etc.).
- Ha chiarito la distinzione provvedimenti decisori/non decisori e le impugnazioni: in parte anticipato dalla Cassazione, il legislatore ha definito meglio quali provvedimenti del giudice nelle procedure di sovraindebitamento sono reclamabili e quali ricorribili in Cassazione, per uniformare la prassi. Ciò fornisce maggiore certezza del diritto ai debitori e creditori su come far valere le proprie ragioni.
- Ha introdotto alcune novità lessicali e di coordinamento: ad esempio, ha armonizzato riferimenti normativi interni, eliminato dubbi interpretativi sul termine “procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore” equiparandolo al “piano del consumatore” ex L.3/2012.
- A livello generale di Codice della crisi, il correttivo ter ha ampliato l’ambito di applicazione della composizione negoziata per la crisi d’impresa e il ruolo dell’esperto. Indirettamente, questo può ridurre il numero di piccoli imprenditori che “precipitano” nel sovraindebitamento, offrendo loro strumenti di allerta precoce. Sono interventi più legati all’impresa, ma con effetti a cascata anche sul consumatore (es. un imprenditore che intercetta la crisi con la composizione negoziata forse evita di diventare un debitore civile insolvente).
- Altre norme e prassi 2023-2025:
- È stata confermata e rafforzata l’informativa al debitore: come accennato, l’obbligo di avviso nel precetto dell’opportunità di rivolgersi a un OCC permane (introdotto nel 2014, consolidato, vedi art. 480 c.p.c. co.2). Nel 2024 alcune iniziative legislative hanno proposto di inserire analogo avviso anche nelle comunicazioni di messa in mora bancarie, per diffondere ulteriormente la conoscenza delle procedure anti-suicidio.
- Digitalizzazione: molti tribunali tra 2023 e 2024 hanno emanato protocolli per il deposito telematico degli atti di sovraindebitamento, uniformando modulistica e checklist dei documenti. Questo non è legge, ma standardizzazione pratica: aiuta i debitori a sapere esattamente cosa presentare (ad es. alcuni tribunali pubblicano modelli di ricorso e piano – come il “Protocollo Tribunale di Lecce 2023” con schemi allegati).
- Fisco e sovraindebitamento: nel 2023 l’Agenzia delle Entrate e l’ADER (Riscossione) hanno emanato circolari interne per allinearsi alla nuova disciplina: riconoscendo la falcidiabilità dell’IVA e predisponendo moduli standard per calcolare il voto nelle procedure di concordato minore e l’adesione implicita nei piani del consumatore. Ad esempio, ADER ha istruito i propri funzionari a verificare la convenienza economica e, se il piano offre almeno quanto la liquidazione, non opporsi inutilmente (questo sulla scorta di indirizzi giurisprudenziali consolidati).
- Soppressione dell’OCC presso il Ministero della Giustizia: nel 2023 è stato completato il trasferimento delle funzioni dell’OCC ministeriale (previsto dall’art. 16 L.3/2012) agli ordini professionali locali. In pratica, oggi quasi ogni tribunale fa riferimento a OCC locali (Ordini o Camere di commercio) e il fantomatico OCC ministeriale centrale non è più operativo. Il DM 202/2014 è in corso di revisione per aggiornare requisiti di iscrizione all’albo OCC in base alle nuove normative: ci si aspetta un nuovo regolamento ministeriale entro il 2025 che disciplinerà anche la formazione obbligatoria dei gestori, integrando quanto previsto dall’art. 356 CCII (che già richiede corsi specifici).
- Direttiva UE 2019/1023: l’Italia ha completato l’attuazione della direttiva europea sulle ristrutturazioni e sull’esdebitazione. Per la parte consumatori, la direttiva incoraggiava l’esdebitazione veloce per imprenditori e consumatori onesti. L’introduzione della procedura per il debitore incapiente è in linea con ciò. Non vi sono ulteriori modifiche richieste dalla UE sul fronte consumer, avendo l’Italia già una disciplina avanzata. Semmai, in ottica futura, si prospetta l’idea di uniformare a livello europeo alcune definizioni (ad es. cosa è “insolvenza non colposa”).
- Monitoraggio ed effetti post-pandemia: il periodo 2023-2025 ha visto anche scemare l’effetto di misure emergenziali Covid (moratorie mutui, blocco esecuzioni prima casa fino al 2021). Con la ripresa delle azioni esecutive nel 2022-2023, c’è stato un aumento delle domande di sovraindebitamento. Il legislatore, conscio di ciò, nel 2023 ha prorogato alcune tutele: ad esempio, il fondo di prevenzione usura e il fondo di solidarietà per mutui prima casa sono stati rifinanziati, quale misura di contorno per aiutare debitori a rischio e integrare (o evitare) il ricorso alla procedura concorsuale.
In sintesi, tra 2023 e 2025 si è completato il passaggio dal vecchio impianto della legge “salva-suicidi” al nuovo regime consolidato del Codice della Crisi. Le novità introdotte – soprattutto:
- la procedura familiare,
- il criterio di colpa grave invece di meritevolezza vaga,
- la penalizzazione dei creditori negligenti nel concedere prestiti,
- la possibilità di esdebitazione anche senza alcun pagamento (caso estremo, ma previsto),
- il rafforzamento del ruolo dell’OCC (più poteri investigativi, albo gestori qualificati),
- la maggiore certezza procedurale (impugnazioni, ecc.),
hanno reso lo strumento più efficace e, al contempo, più bilanciato. Ad esempio, l’esdebitazione senza utilità (novità 2023) è un forte incentivo per i debitori a tentare almeno un piano o una liquidazione: sanno che, se anche i creditori non ottengono nulla, possono comunque essere perdonati dai debiti a determinate condizioni. Ciò realizza in pieno il principio del fresh start promosso dall’Europa.
Va anche menzionato che alcune novità normative si sono riflettute in sentenze chiave: la Cassazione nel 2024 ha citato espressamente il D.Lgs. 136/2024 per sostenere una interpretazione più rigida contro i reclami tardivi. Quindi legge e giurisprudenza procedono armonicamente.
Guardando avanti, il 2025 potrebbe portare ulteriori piccoli aggiustamenti (il legislatore monitora l’impatto: ad esempio, se emergesse abuso di esdebitazione incapiente, potrebbero restringerla; finora però appare utilizzata con parsimonia e correttezza). Inoltre, con la crisi economica che perdura e fenomeni nuovi (pensiamo al sovraindebitamento da buy now pay later o crypto-investimenti falliti), il quadro normativo dovrà restare flessibile.
In conclusione, nel periodo 2023-2025 il sistema italiano di composizione delle crisi da sovraindebitamento è giunto a maturazione normativa, con un assetto stabile e innovativo allo stesso tempo. Le riforme hanno ampliato la tutela del debitore onesto, senza dimenticare gli interessi dei creditori (che anzi, grazie a procedure ordinate, riescono a incassare più che in una caotica aggressione individuale). Si può affermare che la “legge anti-suicidi” nata nel 2012 è divenuta oggi un istituto integrato nel diritto concorsuale, moderno, socialmente sensibile e in linea con le best practice europee.
Fonti normative, dottrinali e giurisprudenziali
(Elenco delle principali fonti citate e utilizzate nella guida, suddivise per categoria.)
Normative:
- Legge 27 gennaio 2012, n. 3 – “Disposizioni in materia di usura e di sovraindebitamento” (Legge salva-suicidi). [G.U. n.24 del 30-1-2012]. (Disciplina originaria delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento dei soggetti non fallibili.)
- Decreto-Legge 28 ottobre 2020, n. 137, conv. in Legge 18 dicembre 2020, n. 176 – (c.d. Decreto Ristori). (Ha modificato la L.3/2012 introducendo, tra l’altro, l’art. 14-quaterdecies sulla esdebitazione del debitore incapiente e sostituendo il criterio di meritevolezza con l’assenza di colpa grave.)
- D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII). [G.U. n.38 del 14-2-2019 – Suppl. Ord. n. 6]. (Artt. 2, 65–83 disciplinano le procedure di sovraindebitamento: definizioni, ristrutturazione dei debiti del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata, esdebitazione. Entrato in vigore il 15/07/2022.)
- D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83 – Secondo Decreto Correttivo al CCII. [G.U. n.152 del 1-7-2022]. (Adeguamento del CCII alla Direttiva UE 2019/1023. Ha confermato tra l’altro la falcidiabilità dei tributi IVA, introdotto l’art. 69 co.2 CCII sul merito creditizio, e dettagliato la procedura di esdebitazione incapiente agli artt. 282-283.)
- D.Lgs. 13 settembre 2022, n. 147 – Primo Decreto Correttivo al CCII. [G.U. n.254 del 29-10-2020]. (In realtà emanato nel 2020 per rinviare l’entrata in vigore del Codice e apportare prime modifiche. Rilevante per aver anticipato alcune norme poi riprese da L.176/2020 – es. ha introdotto già nel CCII la procedura familiare.)
- D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 – Terzo Decreto Correttivo al CCII. [G.U. n.228 del 29-9-2024]. (Interventi di modifica ed integrazione del Codice della crisi: potenziamento OCC – accesso banche dati, chiarimenti impugnazioni, coordinamento normativo. Aggiorna anche requisiti gestori ex art. 356.)
- D.M. 24 settembre 2014, n. 202 – Regolamento requisiti di iscrizione Registro OCC. [G.U. n. 262 del 11-11-2014]. (Stabilisce i requisiti per costituire ed iscriversi come Organismo di Composizione della Crisi, nonché i doveri dei gestori. Attualmente in corso di revisione per adeguarlo al CCII.)
- Codice di Procedura Civile, art. 480 co.2 c.p.c. (Avviso obbligatorio nell’atto di precetto circa la possibilità di ricorrere alle procedure di sovraindebitamento.)
Giurisprudenziali:
- Corte d’Appello di Bologna, sentenza 20 giugno 2023 – (Inammissibilità di piano del consumatore per debiti promiscui: ha stabilito che ai sensi dell’art. 2 lett. e) CCII il debitore con debiti in parte professionali non può qualificarsi consumatore e deve ricorrere ad altra procedura; creditori devono poter votare)
- Corte di Cassazione, Sez. I civ., 22 settembre 2022, n. 27843 – (In tema di sovraindebitamento ex L.3/2012, ha ribadito che – prima della riforma del 2020 – la meritevolezza richiedeva prova da parte del debitore di aver assunto obblighi con ragionevole prospettiva di adempimento. Massima ufficiale pubblicata.)
- Corte di Cassazione, Sez. I civ., 26 settembre 2022, n. 28013 – (Principio di diritto: la conversione del piano del consumatore in liquidazione dei beni è possibile solo nei casi previsti (risoluzione o revoca dell’omologa) e non ogniqualvolta la proposta non sia omologata. Chiarisce anche che i crediti IVA possono essere falcidiati essendo stato rimosso il divieto.)
- Corte di Cassazione, Sez. I civ., 12 luglio 2024, n. 24870 – (Ha statuito che nel giudizio di reclamo ex art. 50 CCII avverso il rigetto di apertura/omologa, il debitore non può modificare la proposta di piano, dovendosi valutare quella originaria; inoltre, il procedimento è camerale ex artt.737-738 c.p.c.. Rafforza il carattere d’impugnazione limitata del reclamo.)
- Corte di Cassazione, Sez. I civ., 19 agosto 2024, n. 22914 – (In materia di liquidazione controllata da sovraindebitamento, ha affrontato la questione del creditore fondiario (art.41 TUB) stabilendo che il cosiddetto “privilegio processuale” – possibilità di proseguire l’esecuzione individuale – non incide sulla par condicio nella procedura di sovraindebitamento. Conferma che anche in sovraindebitamento il creditore fondiario può intervenire in liquidazione mantenendo ipoteca, ma non sottrarsi alle regole del concorso.)
- Corte di Cassazione, Sez. I civ., 27 novembre 2024, n. 30542 – (Ha distinto tra provvedimenti non decisori – es. decreto inammissibilità senza esame del merito – non ricorribili in Cassazione, e provvedimenti decisori – es. omologa o diniego motivato – impugnabili. Rileva come il D.Lgs.136/2024 abbia chiarito tali aspetti)
- Corte Costituzionale, 22 novembre 2019, n. 245 – (Ha dichiarato illegittimo l’art. 7 co.1 terzo periodo L.3/2012 nella parte in cui escludeva la falcidia dell’IVA e delle ritenute non versate. Sentenza fondamentale che ha aperto alla possibilità di stralciare IVA nel sovraindebitamento, poi recepita dal legislatore.)
- Tribunale di Catania, VI Sez. civ., Sentenza 6 giugno 2024 – (Ha omologato il piano di un consumatore ludopatico con 200k € debiti, escludendo la sua colpa grave poiché il sovraindebitamento era frutto di uno stato patologico di gioco d’azzardo. Riconosce il requisito della meritevolezza in presenza di ludopatia clinicamente comprovata e impegno terapeutico del debitore.)
- Tribunale di Spoleto, Sentenza n. 15/2024 del 28 febbraio 2024 – (Ha affermato che lo stato di sovraindebitamento va valutato nel suo formarsi dinamico e non cristallizzato ad un momento isolato. Ha dunque ritenuto meritevole un debitore analizzando l’intera evoluzione dei suoi debiti e non solo l’atto iniziale d’indebitamento.)
- Tribunale di Oristano, Sentenza n. 5/2024 dell’8 maggio 2024 – (Ha escluso la colpa grave ritenendo che in ogni sovraindebitamento c’è un’errata valutazione finanziaria, ma non per questo una colpa grave in senso tecnico. Conferma l’orientamento di Spoleto: l’imprudenza generica non basta a escludere il piano, serve colpa ben più marcata.)
- Tribunale di Bologna, Sez. civ., Decreto 21 luglio 2022 – (Primo caso applicativo del CCII: ha ammesso una procedura familiare per coniugi con debiti comuni, applicando l’art.66 CCII. Interessante perché evidenzia i requisiti: convivenza e origine comune del sovraindebitamento. Ha altresì nominato un unico OCC per entrambi.)
- Tribunale di Avellino, Decreto 28 ottobre 2024 (Proc. n.11/2023) – (Ha omologato il piano di un debitore affetto da ludopatia, escludendo la colpa grave e sottolineando che il debitore aveva intrapreso un percorso di cura. Cita pronunce Torino 2019 e richiama l’art. 69 CCII come innovato.)
- Tribunale di Milano, Decreto 15 marzo 2023 – (Esempio di piano del consumatore con mantenimento in bonis del mutuo prima casa ex art. 67 co.5 CCII: il giudice ha autorizzato il debitore a non includere il mutuo e a proseguirne i pagamenti, omologando il piano per gli altri debiti. Rilevante perché applica la norma appena entrata in vigore.)
- Tribunale di Udine, Decreto 5 maggio 2023 – (Ha rigettato l’opposizione di una finanziaria evidenziando la valutazione di merito creditizio ex art. 69 co.2 CCII: il creditore opponente aveva concesso credito in violazione dell’art.124-bis TUB, quindi non poteva lamentare pregiudizio. Precedente di merito innovativo sulla “punizione” del credito irresponsabile.)
- Corte di Cassazione, Sez. III civ., 26 luglio 2022, n. 23343 – (Ha affermato che l’omissione, nell’atto di precetto, dell’avviso circa la possibilità di ricorrere alle procedure di sovraindebitamento non incide sulla validità del precetto stesso). Ciò è pertinente all’informativa obbligatoria: la Cassazione ne ha escluso effetti invalidanti, interpretando in senso non sanzionatorio la norma di garanzia.)
Ristrutturazione dei Debiti del Consumatore: Perché Affidarsi a Studio Monardo
Se sei un privato cittadino sopraffatto da debiti con banche, finanziarie, Agenzia delle Entrate o altri creditori, la ristrutturazione dei debiti del consumatore è una procedura legale che può aiutarti a uscire dalla crisi in modo sostenibile e protetto.
Perché affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo?
L’Avvocato Giuseppe Monardo è:
- Gestore della Crisi da Sovraindebitamento, iscritto al Ministero della Giustizia
- Fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC)
- Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa, abilitato ex D.L. 118/2021
- Coordinatore di una rete nazionale di professionisti in diritto bancario, tributario ed esecutivo
Con queste qualifiche, l’Avvocato Monardo può assisterti in ogni fase della procedura, dalla valutazione preliminare alla presentazione dell’istanza al Tribunale, fino all’ottenimento del decreto di esdebitazione.
In conclusione
La ristrutturazione dei debiti del consumatore è una soluzione concreta e legale per uscire dal sovraindebitamento. Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa intraprendere un percorso sicuro e competente verso la cancellazione dei debiti e il recupero della serenità finanziaria.
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