Quanto Può Pignorare La Banca?

Quando si affrontano difficoltà economiche, una delle principali preoccupazioni riguarda la possibilità che la banca possa pignorare beni e conti correnti. Molti debitori non conoscono i limiti imposti dalla legge e temono di perdere tutto. Tuttavia, l’ordinamento giuridico italiano stabilisce regole precise per tutelare sia i creditori che i debitori, impedendo abusi e garantendo una ripartizione equa del debito.

Il pignoramento è una procedura esecutiva attraverso la quale il creditore si soddisfa sui beni del debitore. Le banche, come qualsiasi altro creditore, possono agire legalmente per recuperare il credito, ma devono rispettare determinati vincoli normativi. Non tutto è pignorabile e ci sono limiti precisi, soprattutto sui beni essenziali e sulle somme minime necessarie alla sopravvivenza del debitore.

La normativa vigente ha il compito di bilanciare gli interessi di entrambe le parti: da un lato, tutelare i creditori che hanno diritto al rimborso delle somme dovute; dall’altro, evitare che i debitori vengano privati di ogni risorsa, finendo in una condizione di indigenza assoluta. Per questo motivo, il legislatore ha imposto specifiche restrizioni sul pignoramento di beni e redditi, distinguendo tra ciò che è liberamente aggredibile e ciò che, invece, deve rimanere protetto.

Negli ultimi anni, con la crisi economica e l’aumento delle difficoltà finanziarie delle famiglie, il legislatore è intervenuto più volte per bilanciare i diritti dei creditori con la tutela dei debitori in situazioni di difficoltà. Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) ha introdotto strumenti che permettono di gestire in modo più sostenibile le situazioni di sovraindebitamento. Questo codice, che ha riformato la disciplina del fallimento e delle procedure concorsuali, ha introdotto importanti novità per i privati e le piccole imprese, consentendo una maggiore flessibilità nel risanamento del debito.

Un altro aspetto fondamentale da considerare è che il pignoramento deve essere attuato nel rispetto delle tempistiche e delle procedure stabilite dalla legge. Un creditore non può agire arbitrariamente, ma deve seguire un iter ben preciso, che include notifiche, eventuali opposizioni e la possibilità di accordi extragiudiziali.

In questo articolo verranno esaminati i limiti di pignorabilità imposti dalla legge, i beni che la banca può aggredire, le tutele previste per il debitore e le soluzioni per chi si trova in difficoltà. Vedremo inoltre come il Codice della Crisi d’Impresa e il meccanismo dell’esdebitazione possano offrire una via d’uscita a chi non riesce più a far fronte ai propri debiti. Verranno analizzati i casi pratici più frequenti, fornendo esempi concreti e consigli utili per chi si trova in una situazione debitoria complessa.

Ma andiamo ad approfondire con Studio Monardo, i legali specializzati nel difenderti dai pignoramenti della banca.

Quanto Può Pignorare La Banca Tutto Dettagliato Per Bene

La banca può pignorare somme di denaro, beni mobili e immobili del debitore in base alle norme vigenti e ai limiti di legge. L’importo pignorabile varia a seconda della natura del credito e delle specifiche protezioni previste dal legislatore per il debitore.

1. Quanto può pignorare la banca dal conto corrente?

Se la banca agisce come creditore per un prestito non pagato, può ottenere il pignoramento del conto corrente. L’importo pignorabile dipende dalla tipologia del denaro depositato:

Tipo di somma accreditataPercentuale pignorabile
Salario o pensione (prima dell’accredito)100% (se il saldo è superiore alla soglia impignorabile)
Salario o pensione già accreditata sul contoSolo la parte eccedente il triplo dell’assegno sociale (~1.500€ nel 2024)
Somme diverse da salario/pensione100%

2. Quanto può pignorare la banca dallo stipendio?

Se il pignoramento riguarda lo stipendio, la banca può prelevare una quota direttamente dal datore di lavoro, prima che venga versato sul conto corrente.

Importo stipendio nettoPercentuale pignorabile
Fino a 2.500€1/5 dello stipendio
Oltre 2.500€ ma sotto 5.000€1/4 dello stipendio
Oltre 5.000€1/3 dello stipendio

Il limite massimo pignorabile è 1/5 dello stipendio netto, salvo casi di alimenti dovuti per legge o debiti con lo Stato.

3. Quanto può pignorare la banca da una pensione?

Le pensioni godono di una protezione maggiore:

  • Quota impignorabile: il triplo dell’assegno sociale (~1.500€ nel 2024).
  • Quota pignorabile: 1/5 dell’importo eccedente la soglia di impignorabilità.

4. Quanto può pignorare la banca sugli immobili?

Se il debitore possiede immobili, la banca può avviare il pignoramento se il debito è garantito da ipoteca o se non esistono altre modalità di recupero del credito.

  • Prima casa: pignorabile solo se la banca ha un’ipoteca di primo grado e l’immobile non è l’unico di proprietà del debitore.
  • Altri immobili: totalmente pignorabili.

5. Pignoramento di beni mobili e altri crediti

Oltre al conto corrente, allo stipendio e agli immobili, la banca può pignorare:

  • Veicoli intestati al debitore.
  • Redditi da locazione.
  • Quote societarie.

6. Tabella riepilogativa dei limiti di pignoramento

Tipo di bene/sommaLimite di pignorabilità
Conto corrente (stipendio/pensione già accreditati)Solo oltre 1.500€
Stipendio (direttamente dal datore di lavoro)1/5 dello stipendio netto
Pensione (direttamente dall’INPS)1/5 dell’importo eccedente 1.500€
Prima casaPignorabile solo con ipoteca di primo grado
Altri immobiliPignorabili senza limitazioni

7. Conclusione

La banca può pignorare denaro e beni del debitore entro i limiti stabiliti dalla legge. Stipendi, pensioni e prime case sono parzialmente protetti, mentre conti correnti, beni immobili secondari e altri redditi sono soggetti a pignoramento più ampio. In caso di difficoltà, è consigliabile cercare soluzioni come la rinegoziazione del debito o la rateizzazione.

Quali beni può pignorare la banca ed entro quando?

La banca può pignorare diversi tipi di beni del debitore quando questo non onora i pagamenti di un finanziamento o di un mutuo. Il pignoramento è un atto esecutivo con cui la banca, dopo aver ottenuto un titolo esecutivo (come un decreto ingiuntivo non opposto o una sentenza), può rivalersi sui beni del debitore per recuperare il credito. Le tempistiche e le modalità variano a seconda del tipo di bene pignorato e delle garanzie presenti nel contratto.

1. Conto corrente e depositi bancari
Se il debitore ha un conto corrente presso la banca creditrice o presso un altro istituto, la banca può pignorare le somme disponibili per soddisfare il debito. Il pignoramento del conto corrente avviene tramite un pignoramento presso terzi, con la notifica alla banca che blocca immediatamente le somme presenti fino all’importo dovuto. Se il conto è intestato solo al debitore, l’intero saldo disponibile può essere pignorato. Se invece il conto è cointestato, la banca può pignorare solo la quota spettante al debitore moroso. Le somme già accreditate prima del pignoramento sono integralmente pignorabili, mentre stipendi e pensioni accreditati successivamente sono soggetti a limiti di impignorabilità.

2. Stipendio e pensione
Se il debitore è un lavoratore dipendente o un pensionato, la banca può ottenere il pignoramento diretto dello stipendio o della pensione. Il pignoramento dello stipendio può avvenire direttamente presso il datore di lavoro e può riguardare fino a un quinto dello stipendio netto mensile. Se il debitore percepisce una pensione, il pignoramento è limitato alla parte eccedente il minimo vitale stabilito dalla legge. Le percentuali di pignoramento variano in base al reddito del debitore e alla natura del credito.

3. Beni mobili registrati (auto, moto, natanti)
Se il debitore possiede un veicolo intestato, la banca può avviare il pignoramento dell’auto o della moto. Il pignoramento dei beni mobili registrati avviene mediante notifica al PRA (Pubblico Registro Automobilistico), che impedisce la vendita o la cessione del veicolo. Se il debitore non paga entro i termini previsti, il veicolo può essere sequestrato e venduto all’asta. Questo tipo di pignoramento è meno frequente rispetto ad altri, poiché i veicoli tendono a perdere valore rapidamente e spesso non coprono l’importo del debito.

4. Beni immobili (case, terreni, fabbricati)
Se il debito è garantito da un’ipoteca, la banca può avviare il pignoramento dell’immobile ipotecato. Nel caso di un mutuo non pagato, la banca può procedere con il pignoramento immobiliare dopo almeno 7 rate non pagate consecutive. L’immobile viene messo all’asta giudiziaria e il ricavato serve a coprire il debito residuo. Se il debitore non ha altri beni pignorabili, la banca può pignorare anche immobili non ipotecati, se il valore del credito giustifica l’azione esecutiva. Tuttavia, se l’immobile è l’unica abitazione del debitore e non è stata concessa come garanzia ipotecaria, la sua pignorabilità può essere limitata dalla legge.

5. Quote societarie e partecipazioni in aziende
Se il debitore è socio di una società, la banca può pignorare le sue quote o azioni. Questo tipo di pignoramento avviene mediante notifica alla società, che è tenuta a trattenere eventuali utili o dividendi spettanti al debitore. Il pignoramento delle quote societarie è più complesso rispetto ad altri beni, poiché la loro liquidazione dipende dal valore di mercato e dalla volontà degli altri soci di acquistare la quota pignorata.

Tempistiche del pignoramento
I tempi di pignoramento variano a seconda del bene coinvolto e della procedura seguita dalla banca. In genere, la banca può avviare il pignoramento dopo il mancato pagamento di almeno 2-3 rate di un prestito o 6-7 rate di un mutuo. Dopo la segnalazione del debitore come inadempiente, la banca invia una diffida di pagamento e, se il debito non viene saldato entro 10 giorni dalla notifica dell’atto di precetto, può avviare l’azione esecutiva.

Il pignoramento del conto corrente è uno dei più rapidi e può avvenire entro pochi giorni dalla notifica alla banca. Il pignoramento dello stipendio o della pensione richiede un’udienza presso il tribunale per l’assegnazione della quota pignorata, il che può allungare i tempi di alcuni mesi. Il pignoramento immobiliare è la procedura più lunga, con tempi che possono variare da 12 a 24 mesi prima che l’immobile venga venduto all’asta.

In conclusione, la banca può pignorare conti correnti, stipendi, pensioni, veicoli, immobili e quote societarie per recuperare un credito non pagato. I tempi di esecuzione dipendono dal tipo di bene e dalla procedura adottata, con pignoramenti sui conti che avvengono rapidamente e pignoramenti immobiliari che richiedono tempi più lunghi. Per evitare il pignoramento, il debitore può negoziare con la banca una rinegoziazione del debito, una sospensione dei pagamenti o un accordo di saldo e stralcio.

Il pignoramento del conto corrente da parte della banca: cosa dice la legge?

Se il conto corrente è intestato solo al debitore, la banca può pignorare l’intero saldo disponibile. Tuttavia, se il conto riceve l’accredito dello stipendio o della pensione, esistono dei limiti. La normativa prevede che:

  • Le somme già accreditate sul conto possano essere pignorate solo per la parte eccedente il triplo dell’assegno sociale, a meno che non si tratti di fondi destinati a specifiche necessità familiari documentabili. In questo caso, il debitore può presentare un’istanza al giudice per ottenere la riduzione della quota pignorabile, dimostrando che le somme accreditate sono necessarie per il mantenimento del proprio nucleo familiare. Inoltre, se il conto corrente è utilizzato per l’accredito di sussidi sociali, assegni di invalidità o altre somme vincolate a finalità assistenziali, la banca non può procedere al pignoramento senza un’autorizzazione specifica del tribunale. Questo meccanismo di tutela è stato introdotto per garantire che i soggetti economicamente più fragili non si trovino privati di risorse indispensabili alla loro sopravvivenza.
  • Per gli stipendi e le pensioni accreditate successivamente al pignoramento, si applicano i limiti del pignoramento presso terzi (generalmente un quinto dell’importo netto). Tuttavia, la normativa prevede alcune eccezioni e tutele per il debitore. Se il reddito è già gravato da altri pignoramenti o trattenute obbligatorie, il giudice può valutare una riduzione della percentuale pignorabile per garantire al debitore un minimo vitale. Inoltre, in presenza di particolari condizioni familiari, come la presenza di figli a carico, soggetti disabili o situazioni di grave disagio economico, il tribunale può stabilire limiti ancora più stringenti per la sottrazione delle somme dallo stipendio o dalla pensione. In alcuni casi, è possibile anche richiedere la rateizzazione del debito o un piano di rientro alternativo, al fine di ridurre l’impatto del pignoramento sulle entrate mensili del debitore. È dunque essenziale conoscere tutti gli strumenti di tutela previsti dalla legge per evitare di subire pignoramenti eccessivi che compromettano la sostenibilità economica della propria famiglia.

Il pignoramento del conto cointestato da parte della banca

Se il conto è cointestato, la banca può pignorare solo la quota spettante al debitore, salvo prova che l’intero saldo sia stato versato dall’altro intestatario. Questo impedisce che vengano pignorate somme di un soggetto estraneo al debito. Tuttavia, in alcune situazioni, la banca potrebbe chiedere al cointestatario di dimostrare con documentazione adeguata la provenienza delle somme presenti sul conto. In mancanza di una chiara suddivisione dei fondi, potrebbe essere presunto che il saldo sia di proprietà comune e, pertanto, soggetto al pignoramento proporzionale.

Inoltre, se il conto corrente è stato cointestato con l’intento di proteggere le somme da un pignoramento, il giudice potrebbe considerare questa operazione come un tentativo fraudolento di sottrarre beni all’azione dei creditori, rendendo comunque le somme aggredibili. Per questo motivo, è sempre consigliabile documentare chiaramente la titolarità delle somme e il loro utilizzo.

Nel caso in cui il cointestatario dimostri che i fondi provengono esclusivamente dal proprio reddito o da risparmi personali, è possibile presentare un’opposizione al pignoramento per ottenere la restituzione delle somme indebitamente bloccate. Tuttavia, il procedimento può risultare complesso e richiedere tempi lunghi, per cui è sempre opportuno agire tempestivamente con l’assistenza di un legale esperto in diritto bancario ed esecutivo.

Può essere pignorata la prima casa da parte della banca e in quali casi?

La prima casa può essere pignorata dalla banca se il mutuo non viene pagato per un periodo prolungato. Non esiste una protezione assoluta per la prima casa quando il creditore è una banca, a differenza di quanto accade per i debiti fiscali con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Se il debitore smette di pagare le rate del mutuo, l’istituto di credito può avviare la procedura esecutiva per recuperare il proprio credito, arrivando fino alla vendita forzata dell’immobile.

Il pignoramento non è immediato. La banca, prima di procedere, invia più solleciti di pagamento e tenta un accordo con il debitore. Di solito, il pignoramento viene avviato se il ritardo nel pagamento supera i 180 giorni per almeno sette rate, anche non consecutive. In questi casi, la banca può dichiarare risolto il contratto e richiedere l’intero debito residuo in un’unica soluzione. Se il debitore non riesce a saldarlo, si passa all’esecuzione forzata.

Se la casa è stata acquistata con un mutuo e su di essa grava un’ipoteca volontaria, la banca ha il diritto di procedere al pignoramento, indipendentemente dal fatto che sia l’unica abitazione del debitore. Il concetto di “prima casa impignorabile” vale solo per i debiti fiscali e non per i debiti bancari. Questo significa che, se il debito è stato contratto con una banca o una finanziaria, il pignoramento può avvenire senza limitazioni particolari.

Prima di arrivare all’asta giudiziaria, esistono alcune soluzioni che il debitore può tentare per evitare la perdita dell’immobile. Una delle strategie più efficaci è la rinegoziazione del mutuo, che permette di ottenere una modifica delle condizioni del prestito per ridurre la rata mensile. In alternativa, si può cercare un saldo e stralcio con la banca, proponendo un pagamento ridotto per estinguere il debito.

Se la banca rifiuta un accordo, il debitore può tentare la conversione del pignoramento, ossia il pagamento del debito in forma rateizzata per evitare la vendita forzata dell’immobile. Tuttavia, questa possibilità dipende dalle condizioni economiche del debitore e dalla disponibilità della banca ad accettare una soluzione alternativa.

Se sulla casa gravano più ipoteche o se ci sono altri creditori che vantano diritti sull’immobile, la situazione si complica. Quando l’immobile è ipotecato da più soggetti, la procedura esecutiva può coinvolgere più creditori, rendendo ancora più difficile bloccare la vendita. In questi casi, l’unica via d’uscita è trovare una soluzione prima che il tribunale emetta il decreto di trasferimento della casa all’acquirente all’asta.

Affidarsi a un avvocato specializzato può fare la differenza. Un professionista esperto in diritto bancario ed esecuzioni immobiliari può negoziare con la banca, verificare la legittimità del pignoramento e proporre soluzioni alternative per salvare la casa. Inoltre, può valutare se ci sono vizi di forma nella procedura esecutiva che possano portare a un annullamento o a una sospensione del pignoramento.

In conclusione, la banca può pignorare la prima casa se il mutuo non viene pagato, anche se è l’unica abitazione del debitore. L’unico modo per evitare la vendita forzata è intervenire per tempo, cercando una soluzione prima che il procedimento arrivi alle fasi finali. Ignorare la situazione non fa che peggiorare il problema, mentre un’azione tempestiva può offrire vie d’uscita per salvare l’immobile.

Quali sono i limiti di pignoramento su stipendio e pensione da parte della banca?

Quando la banca agisce direttamente presso il datore di lavoro o l’ente previdenziale, si applicano limiti precisi:

  • Per lo stipendio, il pignoramento massimo è pari a un quinto dello stipendio netto. Tuttavia, questa regola generale presenta delle eccezioni e dei casi particolari. Se il lavoratore ha già in corso altri pignoramenti, come ad esempio un pignoramento per crediti alimentari o fiscali, la somma complessiva pignorata potrebbe aumentare, purché non venga superato il limite della metà dello stipendio netto. Inoltre, il giudice dell’esecuzione ha la facoltà di valutare le condizioni economiche del debitore e della sua famiglia, stabilendo eventualmente una percentuale inferiore rispetto al quinto previsto dalla legge. Ad esempio, se il debitore dimostra che il pignoramento inciderebbe in modo sproporzionato sul proprio tenore di vita o su quello dei figli a carico, il giudice potrebbe ridurre l’importo pignorato per garantire un livello minimo di sussistenza. Va anche considerato che il pignoramento non può colpire alcune voci dello stipendio, come le somme relative a rimborsi spese, indennità per trasferta o altre componenti accessorie che non rientrano nel reddito disponibile del lavoratore. Di conseguenza, è sempre utile analizzare attentamente il proprio caso prima di subire passivamente un pignoramento dello stipendio e, se necessario, ricorrere alle vie legali per ottenere una riduzione della quota pignorabile.
  • Per le pensioni, il limite è sempre di un quinto, ma solo sulla parte eccedente il minimo vitale, pari a 1,5 volte l’assegno sociale. Tuttavia, va precisato che, in alcuni casi, il tribunale può stabilire percentuali di pignoramento inferiori, tenendo conto delle condizioni economiche del pensionato. Ad esempio, se il debitore pensionato dimostra di avere spese mediche elevate, di essere unico sostegno economico per familiari a carico o di trovarsi in una situazione di grave difficoltà economica, il giudice può ridurre ulteriormente la somma pignorabile. Questa tutela ha l’obiettivo di garantire che il pensionato non rimanga senza risorse minime per il proprio sostentamento. Inoltre, se la pensione viene accreditata su conto corrente, la banca non può prelevare somme già depositate in misura superiore a quella prevista dalla normativa. Nel caso in cui venga pignorato un importo maggiore rispetto al limite stabilito, il pensionato può ricorrere al giudice per chiedere il ricalcolo e la restituzione delle somme indebitamente trattenute. Va infine ricordato che alcuni tipi di pensione, come le pensioni di invalidità civile o gli assegni sociali, sono completamente impignorabili, in quanto destinati a garantire il minimo sostentamento della persona in difficoltà. In questo modo si garantisce che il debitore possa continuare a sostenersi.

Cosa fare se la banca avvia il pignoramento?

Se la banca ha già avviato una procedura esecutiva, è possibile valutare strategie per la riduzione del debito o la sospensione dell’esecuzione. Alcune soluzioni includono:

  • Accordo con il creditore per una ristrutturazione del debito, che può avvenire attraverso la rinegoziazione delle condizioni di pagamento, la riduzione degli interessi applicati o l’allungamento dei termini di rimborso. In alcuni casi, le banche e gli istituti finanziari possono accettare una riduzione del capitale dovuto, specialmente se il debitore dimostra di non poter sostenere l’intero importo originariamente previsto. Questo tipo di soluzione extragiudiziale consente di evitare procedure esecutive più gravose e di mantenere un rapporto positivo con il creditore, riducendo al contempo l’impatto economico del debito sul bilancio familiare o aziendale del debitore.
  • Opposizione al pignoramento se ci sono irregolarità nella procedura esecutiva, come vizi di notifica, errori nella determinazione dell’importo pignorato o violazioni dei limiti di legge. Il debitore può presentare un’opposizione davanti al giudice dell’esecuzione per contestare la legittimità dell’azione intrapresa dalla banca. In particolare, è possibile impugnare il pignoramento se viene effettuato su somme o beni che la legge considera impignorabili, come determinati importi di stipendio o pensione. Inoltre, se il creditore non ha rispettato le procedure previste dalla normativa, l’opposizione può portare all’annullamento del pignoramento o alla sua riduzione. È fondamentale agire tempestivamente, poiché i termini per presentare opposizione sono stringenti e un ritardo potrebbe compromettere la possibilità di tutela del debitore.
  • Ricorso agli strumenti del Codice della Crisi d’Impresa, come il piano del consumatore o la liquidazione controllata. Il piano del consumatore consente al debitore di proporre un piano di rientro personalizzato, adattato alle proprie disponibilità economiche, con la possibilità di ridurre il carico del debito e di ottenere una sospensione delle azioni esecutive in corso. Questa soluzione è particolarmente vantaggiosa per chi si trova in difficoltà finanziarie temporanee, ma è comunque in grado di onorare un rimborso parziale del debito nel tempo. D’altra parte, la liquidazione controllata è uno strumento che consente al debitore di cedere i propri beni per soddisfare i creditori, evitando il fallimento e garantendo un trattamento equo delle proprie passività. Questo meccanismo permette di chiudere definitivamente la posizione debitoria, liberando il debitore da futuri obblighi finanziari e consentendogli di ripartire economicamente senza il peso di debiti insostenibili. Entrambi questi strumenti rappresentano alternative efficaci al pignoramento forzato e possono offrire una soluzione concreta per chi si trova in una condizione di sovraindebitamento, tutelando al tempo stesso i diritti dei creditori e garantendo un equilibrio tra le esigenze di entrambe le parti.

Come funziona l’esdebitazione per chi non può pagare i suoi debiti con le banche?

Il Codice della Crisi d’Impresa ha introdotto una misura fondamentale per chi si trova in gravi difficoltà economiche: l’esdebitazione del debitore incapiente.

Questa procedura consente di ottenere la cancellazione dei debiti residui se il debitore non ha beni pignorabili e non è in grado di ripagarli. Si tratta di un’importante tutela per chi ha perso ogni possibilità di recupero economico, permettendo di ripartire da zero senza essere oppresso dai debiti.

L’esdebitazione rappresenta una vera e propria seconda opportunità per chi, a causa di eventi imprevisti, ha accumulato passività che non è in grado di onorare. Per poter accedere a questo beneficio, il debitore deve dimostrare di essere in una condizione di incapacità economica assoluta, ovvero di non possedere alcun patrimonio su cui i creditori possano rivalersi e di non avere prospettive concrete di miglioramento della propria situazione finanziaria.

La procedura può essere richiesta una sola volta nella vita ed è soggetta all’approvazione del tribunale, che valuterà la condizione del debitore e l’assenza di comportamenti fraudolenti o dolosi. L’esdebitazione non riguarda tutti i tipi di debiti: restano esclusi quelli di natura penale, le obbligazioni alimentari e i debiti derivanti da risarcimenti per danni extracontrattuali.

In caso di accoglimento dell’istanza, il debitore ottiene la liberazione definitiva dai propri obblighi finanziari, permettendogli di ricostruire la propria stabilità economica senza il peso di un passivo insostenibile. Questo strumento si affianca agli altri previsti dal Codice della Crisi d’Impresa, contribuendo a creare un sistema più equo e sostenibile per chi si trova in situazioni di sovraindebitamento.

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