Un Decreto Ingiuntivo Ha Conseguenze Penali: Cosa Si Rischia La Galera?

Ricevere un decreto ingiuntivo è un evento che può destare grande preoccupazione, soprattutto se si teme che possa avere conseguenze penali. Il decreto ingiuntivo è un atto giuridico che consente a un creditore di ottenere un titolo esecutivo nei confronti di un debitore che non ha onorato un’obbligazione. Ma un decreto ingiuntivo può portare a una condanna penale e alla reclusione?

Nell’ordinamento italiano, il mancato pagamento di un debito civile non è di per sé un reato, a meno che non sussistano specifiche circostanze che rendano la condotta del debitore penalmente rilevante. È importante distinguere tra il mancato pagamento dovuto a difficoltà economiche e situazioni di dolo, frode o insolvenza fraudolenta. In alcuni casi, il comportamento del debitore può integrare fattispecie criminose punite con sanzioni severe, fino alla detenzione.

Esaminiamo nel dettaglio quando un decreto ingiuntivo può avere implicazioni penali, quali reati possono essere contestati e quali strumenti di difesa possono essere adottati per evitare conseguenze gravi.

Ma andiamo nei dettagli con Studio Monardo, gli avvocati esperti in cancellazione dei debiti e dei decreti ingiuntivi:

Un decreto ingiuntivo comporta automaticamente conseguenze penali? Vado in galera se non pago?

No, un decreto ingiuntivo non comporta automaticamente conseguenze penali e non si rischia il carcere per il solo fatto di non pagare un debito civile.

Il decreto ingiuntivo è un provvedimento giudiziale di natura civile, non penale, che ordina al debitore di saldare un debito. Se il debitore non paga, il creditore può avviare procedure di pignoramento su stipendio, conto corrente, beni mobili o immobili, ma non può portare automaticamente a conseguenze penali.

Tuttavia, esistono alcuni casi specifici in cui il mancato pagamento può comportare conseguenze penali, come:

  • Emissione di assegni scoperti o protestati (art. 648 c.p.), se il debito deriva da un assegno senza copertura.
  • Frode nei confronti dei creditori (art. 641 c.p.), se il debitore ha simulato l’incapacità di pagare per sottrarsi all’obbligo.
  • Dissipazione o occultamento di beni per evitare il pignoramento (art. 388 c.p.), se si cerca di eludere volontariamente l’esecuzione forzata.
  • Mancato pagamento di assegni di mantenimento (art. 570 c.p.), se riguarda il mantenimento del coniuge o dei figli, con possibili sanzioni penali.

Quindi, se il debito è di natura contrattuale, commerciale o bancaria, non si rischia il carcere. Si rischiano invece azioni esecutive come il pignoramento o, in alcuni casi specifici, una denuncia penale per atti fraudolenti. Pagare o trovare un accordo è sempre la soluzione migliore per evitare complicazioni.

Quando il mancato pagamento di un decreto ingiuntivo può diventare un reato?

Quando il mancato pagamento di un decreto ingiuntivo può diventare un reato?

Il mancato pagamento di un decreto ingiuntivo non costituisce di per sé un reato, ma in alcune circostanze può configurare fattispecie penalmente rilevanti. Vediamo i casi principali in cui l’inadempimento potrebbe comportare conseguenze penali.

1. Insolvenza fraudolenta (Art. 641 c.p.)

L’articolo 641 del Codice Penale punisce chi contrae un’obbligazione senza avere l’intenzione o la possibilità di adempiere. Se il debitore ha contratto il debito con dolo, ossia sapendo di non poterlo onorare, il mancato pagamento del decreto ingiuntivo potrebbe rientrare in questa fattispecie.

2. Appropriazione indebita (Art. 646 c.p.)

Se il debitore ha ricevuto somme di denaro con obbligo di utilizzarle per determinati scopi e invece se ne appropria, causando il mancato pagamento del decreto ingiuntivo, potrebbe configurarsi il reato di appropriazione indebita.

3. Bancarotta fraudolenta (Art. 216 R.D. 267/1942 – Legge Fallimentare)

Nel caso in cui il debitore sia un imprenditore e ometta di pagare il decreto ingiuntivo mentre compie operazioni dolose per sottrarre beni ai creditori, potrebbe incorrere nel reato di bancarotta fraudolenta.

4. Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (Art. 11 D.Lgs. 74/2000)

Se il decreto ingiuntivo riguarda un debito fiscale e il debitore compie atti per sottrarsi al pagamento (come la vendita di beni a prezzi irrisori o la simulazione di passività), potrebbe essere contestata la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

5. Omesso versamento di somme dovute per legge

Se il decreto ingiuntivo riguarda il mancato versamento di ritenute previdenziali o assistenziali da parte di un datore di lavoro, il mancato pagamento potrebbe costituire reato, in particolare l’omesso versamento di contributi INPS (Art. 2 D.Lgs. 74/2000).

6. Reato di truffa (Art. 640 c.p.)

Se il mancato pagamento del decreto ingiuntivo deriva da un comportamento fraudolento iniziale, come la simulazione di solvibilità o l’utilizzo di artifici e raggiri per ottenere beni o servizi senza volerli pagare, potrebbe essere configurata la truffa.

7. Violazione degli obblighi di assistenza familiare (Art. 570 c.p.)

Se il decreto ingiuntivo riguarda il mancato versamento dell’assegno di mantenimento e il debitore si sottrae volontariamente all’obbligo, può configurarsi il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare.

In conclusione, il semplice mancato pagamento di un decreto ingiuntivo non costituisce automaticamente un reato. Tuttavia, se il debitore agisce con dolo, simulazioni o fraudolentemente, può incorrere in sanzioni penali. In caso di difficoltà economiche, è consigliabile cercare di concordare un piano di rientro o valutare strumenti legali come la richiesta di opposizione o la rateizzazione del debito.

Quali sono le sanzioni penali previste per questi reati?

Le pene variano a seconda della gravità della condotta. Ad esempio:

  • Insolvenza fraudolenta: reclusione fino a 2 anni e multa fino a 516 euro.
  • Bancarotta fraudolenta: reclusione da 3 a 10 anni.
  • Emissione di assegni scoperti: sanzioni amministrative o reclusione fino a 3 anni nei casi più gravi.
  • Truffa aggravata: reclusione da 1 a 5 anni e multa da 309 a 1.549 euro.

Quali sono le strategie difensive per evitare una condanna penale in caso di decreto ingiuntivo? Eccole tutte

Come si può evitare il pignoramento dopo un decreto ingiuntivo e non lasciarci la pelle?

Ricevere un decreto ingiuntivo può essere un momento difficile, ma ci sono diverse strategie per evitare il pignoramento e proteggere il proprio patrimonio. Vediamo le possibili soluzioni.

1. Opposizione al decreto ingiuntivo

Se ritieni che il decreto ingiuntivo sia ingiustificato o viziato da errori, puoi presentare opposizione entro 40 giorni dalla notifica. Questo blocca l’esecuzione fino alla decisione del giudice.

2. Concordare un piano di rientro

Prima che si arrivi al pignoramento, contattare il creditore e proporre un pagamento rateizzato può essere una soluzione efficace per evitare conseguenze più gravi.

3. Richiedere la sospensione dell’esecuzione

Se hai fondati motivi per contestare l’esecuzione, puoi chiedere la sospensione al giudice dell’esecuzione. Questo permette di guadagnare tempo per trovare una soluzione.

4. Dimostrare l’impossibilità di pagare

Se sei in una situazione di difficoltà economica grave, puoi dimostrare l’incapacità di pagare e chiedere una revisione delle condizioni di pagamento.

5. Beneficiare della legge sul sovraindebitamento

Se sei un privato o una piccola impresa, puoi accedere alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento per evitare il pignoramento.

6. Verificare l’impignorabilità dei beni

Non tutti i beni possono essere pignorati. Ad esempio, la prima casa di residenza non può essere pignorata se il creditore è l’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

7. Trasferire i beni in un fondo patrimoniale o trust

In alcuni casi, costituire un fondo patrimoniale o un trust può proteggere determinati beni dai creditori, purché fatto in anticipo e senza intento fraudolento.

8. Concordare una transazione con il creditore

Proporre un saldo e stralcio, ossia il pagamento di una parte del debito in cambio dell’annullamento del residuo, può essere una soluzione vantaggiosa per entrambe le parti.

9. Evitare comportamenti illeciti

Tentare di occultare beni o simulare vendite può avere conseguenze penali, come la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

In conclusione, evitare il pignoramento è possibile se si agisce tempestivamente e con le giuste strategie. Il supporto di un legale esperto può fare la differenza nel trovare la soluzione migliore per proteggere il proprio patrimonio senza rischiare ulteriori problemi legali.

Come posso evitare il pignoramento dopo un decreto ingiuntivo e non lasciarci la pelle?

Evitare il pignoramento dopo un decreto ingiuntivo è possibile, ma è essenziale agire tempestivamente per non subire conseguenze economiche gravi. Se si ignora il decreto ingiuntivo, il creditore può procedere con l’esecuzione forzata, bloccando conti correnti, trattenendo parte dello stipendio o vendendo beni all’asta. Per evitare questo scenario e non lasciarci la pelle, esistono diverse soluzioni.

1. Opporsi al decreto ingiuntivo (se ancora nei termini)

Se il decreto è stato notificato da meno di 40 giorni, puoi presentare opposizione al decreto ingiuntivo in tribunale. Questo blocca temporaneamente l’esecuzione, a meno che il decreto non sia provvisoriamente esecutivo. L’opposizione è utile se:

  • Il credito è contestabile o non dovuto.
  • Il debito è già stato pagato.
  • Il credito è prescritto.
  • La notifica è stata effettuata in modo irregolare.

Se il giudice accoglie l’opposizione, il decreto può essere revocato o modificato.

2. Tentare un accordo con il creditore

Se il decreto è già esecutivo e l’opposizione non è più possibile, la via più veloce per evitare il pignoramento è negoziare direttamente con il creditore. Alcune opzioni praticabili sono:

  • Saldo e stralcio: pagamento di una somma ridotta rispetto al totale, se il creditore accetta un accordo.
  • Rateizzazione del debito: proposta di un piano di rientro in più tranche per evitare il blocco dei beni.

Molti creditori preferiscono un accordo piuttosto che affrontare una lunga procedura di pignoramento.

3. Conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.)

Se il pignoramento è già stato avviato, puoi richiedere la conversione del pignoramento, ossia sostituire il bene pignorato con una somma di denaro da versare in rate, bloccando la vendita forzata. Questa opzione è utile per chi non può pagare subito l’intero importo ma vuole evitare la perdita dei beni.

4. Ricorso alla Legge sul Sovraindebitamento

Se il debito è elevato e non sostenibile, puoi ricorrere alla Legge sul Sovraindebitamento (Legge n. 3/2012, ora parte del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza). Questa legge permette di:

  • Sospendere tutte le esecuzioni forzate in corso, compresi i pignoramenti.
  • Proporre un piano di rientro sostenibile tramite il Piano del Consumatore o l’Accordo con i Creditori.
  • Ottenere l’esdebitazione, cioè la cancellazione del debito residuo al termine della procedura.

5. Verificare l’impignorabilità dei beni

Non tutti i beni possono essere pignorati. Puoi difenderti contestando l’esecuzione se il creditore sta cercando di pignorare:

  • Stipendio sotto il minimo vitale (pari a circa 1,5 volte l’assegno sociale).
  • Strumenti di lavoro essenziali per la tua attività.
  • Beni indispensabili per la vita quotidiana (mobili essenziali, vestiti, elettrodomestici di base).

Se il creditore tenta di pignorare beni impignorabili, puoi presentare opposizione all’esecuzione.

6. Proteggere il proprio patrimonio legalmente

Se il pignoramento non è ancora iniziato, puoi valutare soluzioni per tutelare il tuo patrimonio in modo legale, come:

  • Separazione dei beni con il coniuge (se non già in atto).
  • Trasferimento di beni a parenti con atti leciti e non fraudolenti.
  • Utilizzo di strumenti come il trust o il fondo patrimoniale, se il debito non è preesistente.

Attenzione: trasferire beni in modo fraudolento per sottrarsi ai creditori può costituire reato di sottrazione fraudolenta al pagamento dei debiti (art. 388 c.p.) e portare a conseguenze legali.

In conclusione, non si può restare fermi dopo aver ricevuto un decreto ingiuntivo. Se il pignoramento è imminente, bisogna agire subito per difendere il proprio patrimonio. Opporsi legalmente, trovare un accordo con il creditore, richiedere la conversione del pignoramento o ricorrere alla Legge sul Sovraindebitamento sono le soluzioni più efficaci per evitare di subire un’esecuzione forzata che può compromettere la stabilità economica.

Ma la legge anti suicidi mi può aiutare se non riesco a pagare proprio niente e ho paura dei pignoramenti?

La cosiddetta “legge anti-suicidi”, formalmente conosciuta come la normativa sul sovraindebitamento introdotta con la Legge n. 3/2012 e successivamente integrata nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs. 14/2019), è uno strumento giuridico pensato per aiutare chi si trova in una situazione di grave difficoltà economica. Se una persona non riesce più a pagare i propri debiti, rischia pignoramenti o azioni esecutive che potrebbero comprometterne definitivamente la vita personale e familiare, questa legge può offrire una via d’uscita legale per bloccare le azioni dei creditori e riorganizzare la propria situazione finanziaria.

Il principio alla base della legge anti-suicidi è che nessuna persona deve essere condannata a una vita di oppressione dai debiti senza possibilità di riscatto. In passato, chi si trovava sommerso dai debiti non falliva formalmente, ma rimaneva in una condizione di insolvenza permanente, senza strumenti per riprendersi. Oggi la normativa permette di ottenere la sospensione delle azioni esecutive, il rientro graduale dei debiti in base alle proprie capacità economiche e, in alcuni casi, persino la cancellazione totale del debito residuo.

Per accedere alla protezione della legge anti-suicidi, bisogna trovarsi in una condizione di sovraindebitamento, ovvero in una situazione in cui non si riesce più a far fronte ai propri debiti in modo regolare. Non si tratta semplicemente di avere difficoltà economiche temporanee, ma di trovarsi in uno stato in cui il proprio reddito e il proprio patrimonio non sono sufficienti per coprire le obbligazioni esistenti. Questa condizione può derivare da eventi improvvisi come la perdita del lavoro, una grave malattia, il fallimento di un’attività o l’accumulo di debiti insostenibili nel tempo.

Uno degli strumenti più importanti previsti dalla legge è il cosiddetto “Piano del Consumatore”, riservato alle persone fisiche che hanno contratto debiti per esigenze personali e non per attività imprenditoriali. Questa procedura consente di presentare al tribunale un piano di rientro sostenibile, calcolato in base alle effettive possibilità economiche del debitore. Il grande vantaggio del Piano del Consumatore è che non richiede il consenso dei creditori: una volta omologato dal giudice, diventa vincolante per tutti, e i creditori non possono più avviare o proseguire azioni di pignoramento.

Se invece il debitore ha contratto debiti in qualità di piccolo imprenditore, lavoratore autonomo o professionista, può accedere all'”Accordo di Composizione della Crisi”. In questo caso, il piano di rientro deve essere approvato dalla maggioranza dei creditori, ma offre comunque la possibilità di bloccare i pignoramenti e di ottenere condizioni di pagamento più favorevoli. Se il debitore riesce a ottenere l’approvazione dell’accordo, tutte le azioni esecutive vengono sospese e i creditori devono rispettare il piano di pagamento concordato.

Un aspetto fondamentale della legge anti-suicidi è la possibilità di ottenere l’esdebitazione, ovvero la cancellazione definitiva di tutti i debiti residui. Questa misura è applicabile a chi non possiede alcun patrimonio né entrate sufficienti per rimborsare i creditori, e viene concessa dal tribunale se si dimostra che il debitore ha agito in buona fede e non ha cercato di sottrarsi fraudolentemente alle proprie obbligazioni. L’esdebitazione permette a chi ha perso tutto di ricominciare da zero, senza essere perseguitato a vita dai creditori.

Per chi teme il pignoramento della prima casa, la normativa offre una protezione importante, soprattutto se il debito riguarda creditori privati e non enti pubblici. Il giudice, valutando la situazione complessiva del debitore e le sue esigenze abitative, può decidere di escludere l’immobile principale dalla procedura di liquidazione, permettendo al debitore di mantenere un minimo di stabilità. Questo aspetto è particolarmente rilevante per le famiglie che rischiano di perdere l’unico bene disponibile per vivere.

Un altro vantaggio fondamentale della legge è la sospensione immediata delle azioni esecutive nel momento in cui si accede a una delle procedure previste. Questo significa che, una volta presentata la domanda al tribunale, i creditori non possono più avviare nuovi pignoramenti né proseguire quelli già in corso. Questa misura offre un sollievo immediato a chi vive nell’ansia costante di perdere beni essenziali come il conto corrente, lo stipendio o la casa.

Per accedere alle tutele della legge anti-suicidi, il debitore deve rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC), un ente autorizzato che assiste nella predisposizione del piano di rientro e nella gestione della procedura legale. L’OCC ha il compito di valutare la situazione del debitore, proporre una soluzione adeguata e presentarla al tribunale. Il ruolo dell’OCC è cruciale perché garantisce che la proposta sia sostenibile e conforme ai requisiti di legge, aumentando le possibilità di successo della richiesta.

Uno degli errori più comuni che le persone commettono quando si trovano in difficoltà economica è cercare di sottrarre beni ai creditori con trasferimenti a familiari o vendite simulate. Questi comportamenti possono portare a gravi conseguenze legali, inclusa l’accusa di sottrazione fraudolenta al pagamento dei crediti, che è un reato penale. Accedere alla legge anti-suicidi in modo corretto e trasparente è la soluzione migliore per evitare problemi legali e ottenere una protezione reale.

Chi si trova in una situazione di sovraindebitamento deve agire tempestivamente e non aspettare che i creditori avviino le procedure esecutive. Più si attende, più le possibilità di trovare una soluzione si riducono, e una volta che i beni vengono pignorati diventa molto più difficile ottenere la loro restituzione. Presentare una domanda di accesso alle procedure di sovraindebitamento prima che il pignoramento diventi effettivo può fare la differenza tra salvare il proprio patrimonio e perderlo definitivamente.

Molti debitori temono che accedere a queste procedure possa comportare la perdita della propria dignità o il riconoscimento di una sconfitta personale. Tuttavia, la legge anti-suicidi è stata pensata proprio per dare una seconda possibilità a chi si trova in difficoltà non per colpa propria, ma a causa di eventi imprevedibili o errori di gestione finanziaria. Negli altri Paesi europei esistono strumenti simili, e la possibilità di rientrare dai debiti senza essere schiacciati per tutta la vita è considerata un diritto fondamentale per il benessere economico e sociale.

In conclusione, la legge anti-suicidi è uno strumento fondamentale per chi non riesce più a pagare i propri debiti e teme pignoramenti o azioni esecutive. Grazie a procedure come il Piano del Consumatore, l’Accordo di Composizione della Crisi e l’Esdebitazione, è possibile bloccare le azioni dei creditori, ristrutturare il proprio debito in modo sostenibile e, nei casi più gravi, ottenere la cancellazione totale dei debiti. L’importante è agire tempestivamente, affidarsi a professionisti esperti e seguire la procedura in modo trasparente per ottenere il massimo della protezione offerta dalla legge.

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Il mancato pagamento di un decreto ingiuntivo può portare a serie complicazioni, tra cui l’esposizione a pignoramenti e misure esecutive che possono colpire il conto corrente, lo stipendio o addirittura i beni immobili di proprietà. In alcuni casi, se vi sono elementi di dolo o frode, si può rischiare anche una responsabilità penale. Per questo motivo, è fondamentale valutare immediatamente ogni possibile strada per la difesa, tra cui opposizioni, negoziazioni o soluzioni di sovraindebitamento previste dalla normativa vigente.

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