Limiti Pignoramento Conto Corrente Agenzia Entrate e Riscossione? Risponde L’Avvocato

Nel 2025 il pignoramento del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione rappresenta una realtà sempre più diffusa e concreta per molti contribuenti italiani. Di fronte a debiti tributari o contributivi, il Fisco ha il potere di aggredire direttamente i conti bancari dei cittadini e delle imprese, bloccando le somme necessarie a saldare il dovuto. Il meccanismo, regolato da precise normative, consente all’ente riscossore di attivare la procedura in maniera automatizzata, riducendo i margini di manovra per il debitore e rendendo sempre più difficile per il contribuente reagire in tempo utile.

Il pignoramento del conto corrente è una misura drastica che può colpire chiunque si trovi in difficoltà con il pagamento di tributi, contributi previdenziali o altre imposte. Non si tratta di un provvedimento immediato, ma di una conseguenza derivante dal mancato pagamento di cartelle esattoriali precedentemente notificate, eppure per molti contribuenti arriva come un fulmine a ciel sereno.

Ma cosa significa realmente subire un pignoramento del conto corrente? Quali sono i limiti di questa azione? Esistono tutele per il contribuente? Nel labirinto delle norme fiscali, comprendere i propri diritti e le possibili soluzioni diventa essenziale per evitare di trovarsi con il conto bloccato e senza disponibilità economiche.

Il pignoramento è solo l’ultimo atto di un processo che parte da una cartella di pagamento non saldata e che si evolve attraverso precisi passaggi legali. Tuttavia, non sempre il contribuente è consapevole di avere strumenti di difesa, dalla sospensione alla rateizzazione, fino alle soluzioni offerte dalla normativa sul sovraindebitamento. In alcuni casi, il pignoramento avviene perché il contribuente ignora di avere ricevuto una cartella esattoriale o non è stato adeguatamente informato sui suoi diritti di opposizione.

Le conseguenze di un pignoramento possono essere devastanti, specialmente per chi vive di reddito da lavoro dipendente o pensione. Il blocco delle somme disponibili sul conto può causare difficoltà immediate nella gestione delle spese quotidiane, portando a un effetto domino di problematiche finanziarie che si ripercuotono su affitti, bollette e necessità primarie.

L’analisi dei casi concreti, delle normative vigenti e delle strategie di tutela permette di comprendere come affrontare e gestire al meglio una situazione di pignoramento, evitando conseguenze disastrose. Vediamo quali sono le principali domande che si pongono i cittadini e quali risposte fornisce la legge.

Ma andiamo ad approfondire con Studio Monardo, i legali specializzati in cancellazione debiti e pignoramenti del conto corrente da parte dell’Agenzia Entrate Riscossione:

Quando l’Agenzia delle Entrate Riscossione può pignorare il conto corrente? Tutti i Casi

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER) può procedere con il pignoramento del conto corrente quando un contribuente non paga i debiti tributari o altre somme dovute allo Stato, come multe, contributi previdenziali o tributi locali. A differenza di un creditore privato, AdER ha poteri speciali che le consentono di agire con procedure più rapide e dirette per il recupero del credito. Tuttavia, esistono regole specifiche e limitazioni su quando e come può pignorare un conto corrente.

Perché l’Agenzia delle Entrate-Riscossione possa procedere con il pignoramento, è necessario che il contribuente abbia ricevuto una cartella esattoriale e non abbia provveduto al pagamento entro i termini. Dopo 60 giorni dalla notifica, se il debito non viene saldato o rateizzato, AdER può avviare le azioni di riscossione forzata. Prima di procedere con il pignoramento del conto corrente, l’ente invia un preavviso di fermo o ipoteca, ma se il debitore non risponde, può passare direttamente all’esecuzione.

Il pignoramento del conto corrente si verifica quando AdER invia un ordine di pagamento alla banca, bloccando le somme presenti sul conto fino alla concorrenza del debito. Se il saldo è sufficiente, la banca trasferisce le somme richieste direttamente all’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Se invece il saldo è inferiore al debito, il pignoramento si limita alla disponibilità presente in quel momento.

Se il conto corrente è intestato a più persone, il pignoramento può avvenire solo sulla quota parte del debitore, senza coinvolgere i fondi appartenenti agli altri intestatari. Nel caso di un conto cointestato tra coniugi, AdER può pignorare solo il 50% delle somme disponibili, salvo prova contraria sulla titolarità del denaro.

Se sul conto vengono accreditati stipendi o pensioni, la legge prevede una soglia di impignorabilità. Se la somma è già stata accreditata prima del pignoramento, è impignorabile fino all’ammontare di una volta e mezza l’assegno sociale (circa 754 euro nel 2024). L’eccedenza può essere pignorata fino a un quinto. Se invece lo stipendio o la pensione vengono accreditati dopo l’atto di pignoramento, possono essere prelevati integralmente nei limiti delle percentuali previste dalla legge per il pignoramento presso terzi.

Se il contribuente ha già attivato un piano di rateizzazione del debito, il pignoramento non può essere eseguito finché i pagamenti vengono rispettati. Tuttavia, se il debitore interrompe il pagamento delle rate, AdER può riattivare la procedura e pignorare il conto corrente senza bisogno di ulteriori avvisi.

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può pignorare il conto corrente se il debito è inferiore a 1.000 euro, poiché per importi più bassi la legge prevede che prima venga inviato un sollecito di pagamento e che il contribuente abbia ulteriori 120 giorni per regolarizzare la sua posizione. Tuttavia, se il debito supera questa soglia e non viene pagato, AdER può procedere al pignoramento senza necessità di passare per il tribunale, a differenza dei creditori privati.

Il pignoramento del conto corrente può essere evitato o sospeso in diversi modi. Se il contribuente ritiene che il debito non sia dovuto, può presentare un ricorso al giudice tributario entro 60 giorni dalla notifica della cartella. Se la procedura è già in corso, può chiedere la sospensione del pignoramento, dimostrando di essere in condizioni di particolare difficoltà economica o richiedendo la rateizzazione del debito. Una volta ottenuta la rateizzazione, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione deve sbloccare il conto e sospendere l’azione esecutiva.

Se il pignoramento è già stato eseguito, il contribuente può comunque cercare di trovare un accordo con AdER per ottenere il rilascio delle somme pignorate, ad esempio pagando una parte del debito o garantendo il pagamento in tempi rapidi. In alcuni casi, può anche essere utile ricorrere alla procedura di saldo e stralcio, che permette di ridurre l’importo del debito se il contribuente dimostra una situazione economica particolarmente grave.

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione può pignorare il conto corrente in tutti i casi in cui il contribuente ha debiti fiscali non pagati e non ha attivato strumenti di tutela come rateizzazioni o sospensioni. Tuttavia, esistono limiti per quanto riguarda stipendi e pensioni, e il contribuente ha comunque la possibilità di difendersi attraverso ricorsi, pagamenti agevolati o piani di rientro. Se si riceve una cartella esattoriale o un preavviso di pignoramento, è fondamentale agire subito per evitare il blocco del conto e la perdita delle somme depositate.

Quali somme possono essere pignorate da parte del fisco e ci sono dei limiti?

Il pignoramento da parte del fisco è uno strumento utilizzato dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione per recuperare crediti tributari non saldati. Questo può avvenire su diverse tipologie di beni e redditi, ma la legge prevede specifici limiti per tutelare i contribuenti, soprattutto quando il pignoramento riguarda stipendi, pensioni e conti correnti. Conoscere questi limiti è fondamentale per chi si trova in una situazione di difficoltà economica e rischia di subire un’esecuzione forzata.

Il pignoramento può colpire principalmente tre categorie di somme: lo stipendio e altre retribuzioni, la pensione e il saldo del conto corrente. In ciascun caso, la normativa prevede soglie precise per evitare che il contribuente rimanga senza mezzi di sussistenza.

Quando il pignoramento riguarda lo stipendio, le somme prelevabili dipendono dalla fase in cui si trova il reddito. Se lo stipendio si trova ancora presso il datore di lavoro e non è stato accreditato sul conto corrente, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può pignorarne una percentuale direttamente alla fonte. La quota pignorabile varia in base all’importo dello stipendio e segue i seguenti criteri:

  • 1/10 dello stipendio se l’importo netto è inferiore a 2.500 euro mensili.
  • 1/7 se l’importo è compreso tra 2.500 e 5.000 euro.
  • 1/5 se l’importo supera i 5.000 euro.

Questa trattenuta viene applicata direttamente sulla busta paga dal datore di lavoro, che ha l’obbligo di versare la quota trattenuta all’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Se invece lo stipendio è già stato accreditato sul conto corrente, la situazione cambia. Il fisco può procedere al pignoramento con limiti più stringenti: può essere prelevato solo l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, che nel 2024 è pari a circa 1.505 euro. Ciò significa che se sul conto corrente si trova un importo inferiore a 4.515 euro, il pignoramento non può essere eseguito.

Anche le pensioni sono soggette a pignoramento, ma con limiti specifici per garantire il minimo vitale al pensionato. Il fisco non può pignorare l’intera pensione, ma solo la parte che eccede il doppio dell’assegno sociale, che nel 2024 corrisponde a circa 1.005 euro. Ciò significa che se una pensione è inferiore a tale soglia, non può essere pignorata, mentre per gli importi superiori la trattenuta segue le stesse percentuali previste per lo stipendio (1/10, 1/7 o 1/5 a seconda dell’importo).

Quando il pignoramento riguarda il conto corrente, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può bloccare le somme disponibili fino al raggiungimento dell’importo dovuto. Tuttavia, la normativa tutela i depositi minimi necessari per la sopravvivenza. Se il conto corrente è intestato a un soggetto che percepisce solo stipendio o pensione, valgono le limitazioni precedentemente descritte.

Nel caso di conti correnti cointestati, il pignoramento è più complesso. Il fisco può pignorare solo la parte del saldo effettivamente appartenente al debitore, che viene considerata in misura del 50% salvo prova contraria. Questo significa che se su un conto cointestato vi sono 10.000 euro, il fisco potrà pignorare fino a 5.000 euro, a meno che non venga dimostrato che il denaro appartiene interamente all’altro intestatario.

Esistono somme che non possono essere pignorate? Sì, la legge prevede delle tutele particolari per determinate somme considerate essenziali o di natura speciale. Tra queste rientrano:

  • Le somme destinate a sostegno familiare, come gli assegni di mantenimento per figli o coniuge.
  • Le indennità di accompagnamento e altre prestazioni assistenziali.
  • I sussidi per invalidi civili e altre forme di sostegno sociale.

Un altro aspetto da considerare è che il pignoramento da parte del fisco avviene senza l’intervento del giudice. Mentre per i crediti privati è necessario ottenere un titolo esecutivo, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può agire direttamente, notificando un atto di pignoramento senza bisogno di una sentenza. Tuttavia, il contribuente ha la possibilità di opporsi entro 60 giorni dalla notifica dell’atto, presentando un ricorso per contestare eventuali irregolarità.

Un elemento critico riguarda la possibilità di rateizzare il debito per evitare il pignoramento. Se il contribuente si trova in difficoltà, può chiedere all’Agenzia delle Entrate-Riscossione un piano di dilazione, che permette di sospendere l’azione esecutiva. La rateizzazione può arrivare fino a 72 rate ordinarie o, in casi di grave difficoltà economica, fino a 120 rate.

Un’opzione ulteriore per bloccare il pignoramento è la procedura di saldo e stralcio o la definizione agevolata del debito, se prevista da specifiche normative. Questi strumenti consentono di chiudere la posizione con il fisco pagando una percentuale ridotta rispetto all’importo totale dovuto, soprattutto per chi versa in una situazione di comprovata difficoltà.

Se il pignoramento è già in corso, esistono strategie per ridurne l’impatto. Una delle soluzioni più efficaci è dimostrare che le somme presenti sul conto corrente derivano esclusivamente da stipendio o pensione, chiedendo la riduzione del pignoramento entro i limiti previsti dalla legge. È possibile presentare un’istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere la restituzione delle somme prelevate in eccesso rispetto alle soglie di protezione.

Un aspetto delicato riguarda il pignoramento dei beni mobili e immobili. Se il debito supera determinate soglie, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può procedere anche con il pignoramento di immobili, ma con importanti limitazioni. La legge prevede che la prima casa non possa essere pignorata se è l’unico immobile di proprietà del debitore e se vi risiede anagraficamente. Tuttavia, se il contribuente possiede più immobili, il pignoramento può colpire anche l’abitazione principale, a meno che non rientri nei limiti di esenzione previsti dalla normativa.

È fondamentale essere consapevoli dei propri diritti e conoscere le strategie per proteggere le proprie risorse. Se si riceve un atto di pignoramento, è importante agire tempestivamente, valutando la possibilità di opporsi o di chiedere una dilazione del debito. Un supporto legale o fiscale può essere determinante per evitare errori e trovare la soluzione migliore per gestire la propria posizione con il fisco.

Comprendere i limiti al pignoramento consente di evitare il blocco totale delle proprie risorse economiche e di pianificare una strategia efficace per regolarizzare la propria situazione. Il fisco ha strumenti incisivi per il recupero dei crediti, ma la legge garantisce comunque tutele fondamentali per evitare che il contribuente si trovi in condizioni di indigenza assoluta. Con una gestione oculata e una corretta informazione, è possibile affrontare il pignoramento nel modo più vantaggioso possibile e proteggere il proprio patrimonio da azioni eccessivamente invasive.

I Limiti del pignoramento da parte dell’Agenzia Entrate Riscossione Possono Essere Infranti In Certi Casi Oppure No?

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER) ha il potere di procedere con il pignoramento di beni e redditi per recuperare i crediti fiscali, ma la legge prevede limiti precisi per tutelare il contribuente. Tuttavia, esistono circostanze in cui questi limiti possono essere aggirati o modificati, in base alla natura del debito e alle decisioni del giudice.

Il pignoramento dello stipendio o della pensione è soggetto a restrizioni per garantire un livello minimo di sussistenza al debitore. Se lo stipendio è accreditato su conto corrente prima del pignoramento, è impignorabile fino a una volta e mezza l’assegno sociale, pari a circa 754 euro nel 2024. L’eccedenza può essere pignorata nel limite di un quinto. Se invece lo stipendio viene pignorato direttamente presso il datore di lavoro, il prelievo avviene alla fonte e viene applicata la trattenuta massima consentita per legge. Questi limiti non possono essere infranti, a meno che non si tratti di debiti per alimenti, in cui il giudice può stabilire percentuali più alte.

Il conto corrente può essere pignorato se il contribuente ha un debito superiore a 1.000 euro, ma AdER non può prelevare somme già presenti in misura inferiore al minimo vitale previsto per stipendi e pensioni. Tuttavia, se sul conto confluiscono altri redditi, come rendite finanziarie o pagamenti occasionali, il limite non si applica e il pignoramento può colpire l’intero saldo disponibile. Inoltre, se il pignoramento riguarda un conto cointestato, AdER può sequestrare solo la parte di spettanza del debitore, anche se in alcuni casi la banca può inizialmente bloccare l’intera somma fino a chiarimenti.

Il pignoramento immobiliare è soggetto a restrizioni importanti, ma queste non valgono per tutti i casi. Se il debito è con AdER e riguarda imposte non pagate, il pignoramento della prima casa non è possibile se l’immobile è l’unico di proprietà del debitore, adibito a residenza principale e non di lusso. Tuttavia, se il debitore possiede altri immobili, anche se affittati o inutilizzati, la prima casa può essere pignorata. Inoltre, se il debito supera 120.000 euro, AdER può comunque iscrivere ipoteca sulla prima casa, anche se non può procedere immediatamente al pignoramento. Se invece il creditore è un privato o una banca, queste limitazioni non si applicano e l’immobile può essere pignorato senza restrizioni.

Il pignoramento di beni mobili, come automobili o oggetti di valore, segue regole meno rigide. AdER può pignorare veicoli intestati al debitore senza limiti particolari, salvo il caso in cui siano strumentali all’attività lavorativa. Se il contribuente dimostra che l’auto è indispensabile per il proprio lavoro, può richiedere l’esenzione dal pignoramento, ma la decisione finale spetta al giudice. Anche i mobili presenti nell’abitazione possono essere pignorati, ad eccezione di quelli considerati essenziali come letti, tavoli, armadi e utensili da cucina.

In alcuni casi particolari, AdER può aggirare i limiti di pignorabilità con l’autorizzazione del tribunale. Se il debitore è recidivo, cioè accumula debiti senza tentare di saldarli o di rateizzarli, il giudice può concedere una deroga ai limiti e autorizzare il pignoramento di somme o beni normalmente protetti dalla legge. Ad esempio, se il contribuente ha già subito più esecuzioni e continua a non pagare, il giudice può aumentare la percentuale pignorabile dello stipendio o permettere il pignoramento di un immobile anche se la prima casa.

Se il contribuente ha attivato un piano di rateizzazione, il pignoramento viene sospeso, ma se interrompe i pagamenti, AdER può riattivare la procedura senza ulteriori avvisi. Anche in caso di opposizione al pignoramento, la sospensione non è automatica e il debitore deve ottenere una pronuncia del giudice.

L’esdebitazione, ovvero la cancellazione dei debiti per insolvenza grave, è un altro strumento che può bloccare il pignoramento. Se il debitore dimostra di non essere in grado di pagare i propri debiti e accede alle procedure di sovraindebitamento, il giudice può annullare il pignoramento e ridurre il debito, ma questa opzione è applicabile solo a determinate condizioni.

In conclusione, i limiti al pignoramento da parte di AdER sono generalmente rigidi, ma in alcune situazioni possono essere superati, soprattutto su autorizzazione del tribunale o in presenza di circostanze specifiche. Il contribuente deve prestare attenzione a eventuali deroghe e, in caso di difficoltà, valutare soluzioni come la rateizzazione, l’opposizione giudiziale o la procedura di sovraindebitamento per evitare il pignoramento o limitarne gli effetti.

Posso difendermi abbassando i Limiti del pignoramento da parte dell’Agenzia Entrate Riscossione oppure no?

Il pignoramento da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione è uno strumento estremamente incisivo che può colpire lo stipendio, la pensione, il conto corrente e, in alcuni casi, persino i beni immobili. Tuttavia, la normativa prevede specifici limiti e tutele per proteggere il debitore da un’esecuzione che lo privi dei mezzi essenziali di sussistenza. Ma è possibile abbassare ulteriormente questi limiti e ridurre l’importo delle somme pignorate?

Il primo aspetto da considerare è che la legge stabilisce già delle soglie precise per il pignoramento di stipendio e pensione. Quando il pignoramento avviene alla fonte, ovvero prima dell’accredito in conto corrente, le trattenute variano in base all’importo del reddito:

  • 1/10 per stipendi inferiori a 2.500 euro mensili.
  • 1/7 per stipendi compresi tra 2.500 e 5.000 euro.
  • 1/5 per stipendi superiori a 5.000 euro.

Queste percentuali sono fisse e non possono essere ulteriormente ridotte, salvo casi eccezionali. Tuttavia, esistono strategie per limitare l’impatto del pignoramento o per sospendere l’azione esecutiva.

Se lo stipendio o la pensione sono già stati accreditati sul conto corrente, il pignoramento è soggetto a limiti più stringenti. Il fisco può prelevare solo l’importo che eccede il triplo dell’assegno sociale, pari a circa 1.505 euro nel 2024. Ciò significa che se il saldo disponibile sul conto è inferiore a 4.515 euro, il pignoramento non può essere eseguito.

Una prima strategia difensiva consiste nel dimostrare che il saldo del conto corrente deriva esclusivamente da stipendio o pensione. Se il contribuente riesce a provare che le somme accreditate sono già state sottoposte a trattenuta alla fonte, può chiedere al giudice la riduzione o la revoca del pignoramento. Questo è possibile presentando un’istanza di opposizione all’esecuzione o all’atto di pignoramento.

Nel caso delle pensioni, esiste una soglia minima di protezione che il fisco non può intaccare. La legge stabilisce che il doppio dell’assegno sociale (circa 1.005 euro nel 2024) deve essere sempre garantito al pensionato. Ciò significa che se una pensione è inferiore a questa soglia, non può essere pignorata in alcun modo. Se l’importo è superiore, il pignoramento si applica solo alla parte eccedente, secondo le percentuali stabilite.

Un’altra opzione per difendersi dal pignoramento è richiedere la rateizzazione del debito. Quando il contribuente ottiene una dilazione dei pagamenti, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione sospende le azioni esecutive in corso. Se il pignoramento non è ancora stato completato, l’accoglimento della richiesta di rateizzazione blocca l’esecuzione e consente di rientrare nel debito senza subire trattenute forzose.

Se il pignoramento riguarda un conto corrente cointestato, esistono margini di difesa ulteriori. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione può pignorare solo la parte di saldo effettivamente appartenente al debitore, che viene generalmente considerata pari al 50% del totale. Se il contribuente riesce a dimostrare che le somme presenti sono di esclusiva proprietà dell’altro intestatario, può ottenere la revoca del pignoramento.

Nel caso in cui il pignoramento colpisca beni immobili, la normativa prevede alcune protezioni importanti. La prima casa non può essere pignorata se rappresenta l’unico immobile di proprietà del debitore e se vi ha la residenza anagrafica. Tuttavia, se il debitore possiede più immobili, il fisco può procedere con l’esecuzione forzata, ma solo se il debito supera i 120.000 euro e se non sono stati saldati almeno 60 giorni dopo la notifica dell’intimazione di pagamento.

Un’altra possibilità per abbassare l’impatto del pignoramento è la procedura di saldo e stralcio. Questa strategia consente di negoziare con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione un pagamento ridotto rispetto al debito originario. In alcuni casi, è possibile ottenere uno sconto significativo, soprattutto se il contribuente dimostra di essere in una condizione economica grave e che la vendita dei beni pignorati non garantirebbe comunque il pieno recupero del credito.

Se il pignoramento è già stato avviato, è possibile presentare un’opposizione al giudice dell’esecuzione. L’opposizione può essere fondata su vizi formali dell’atto, come errori nella notifica, o su motivi sostanziali, come la dimostrazione che il debitore si trova in una condizione di particolare difficoltà economica. Se il giudice accoglie l’opposizione, può disporre la riduzione del pignoramento o addirittura la sua revoca.

Un’ulteriore strategia per ridurre l’impatto del pignoramento è l’adesione a una procedura di sovraindebitamento. Se il contribuente si trova in una situazione di crisi economica grave, può accedere al piano del consumatore o alla ristrutturazione dei debiti previsti dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. In questi casi, il giudice può disporre la sospensione delle esecuzioni in corso, consentendo al debitore di rientrare gradualmente nel pagamento del debito senza subire pignoramenti eccessivi.

Un errore comune è ignorare la notifica dell’atto di pignoramento e non attivarsi per contestarlo o per chiedere una soluzione alternativa. Se il contribuente non interviene entro i termini previsti dalla legge, il pignoramento diventa definitivo e più difficile da revocare. Per questo motivo, è fondamentale agire tempestivamente e valutare tutte le opzioni disponibili.

L’assistenza di un professionista specializzato in diritto tributario o in gestione del sovraindebitamento può fare la differenza. Un esperto può individuare eventuali vizi negli atti notificati, negoziare con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione e presentare ricorsi efficaci per ridurre l’impatto delle esecuzioni forzate. Una corretta consulenza può portare alla sospensione del pignoramento o a una riduzione significativa delle somme trattenute.

Difendersi dal pignoramento fiscale è possibile, ma richiede una conoscenza approfondita delle normative e un’azione tempestiva. Anche se i limiti di pignorabilità sono fissati dalla legge, esistono diversi strumenti per abbassare l’importo delle trattenute o per sospendere l’esecuzione forzata. Con una strategia adeguata, è possibile proteggere il proprio reddito e il proprio patrimonio, evitando di subire un’espropriazione totale da parte del fisco.

Se L’ex Equitalia ti ha pignorato il conto corrente, qual è la prima cosa in assoluto da fare?

Il pignoramento del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione è una delle azioni esecutive più immediate e invasive, in grado di bloccare le somme disponibili e creare gravi difficoltà economiche. Quando si riceve la notifica di un pignoramento sul proprio conto, è essenziale agire con tempestività per limitare i danni e valutare le possibilità di recupero delle somme. Ma qual è la prima cosa da fare in assoluto?

Il primo passo è verificare immediatamente la natura del pignoramento e il saldo disponibile sul conto corrente. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione notifica l’atto di pignoramento direttamente alla banca e, contestualmente, invia una comunicazione al contribuente. Tuttavia, il blocco delle somme può avvenire senza preavviso, rendendo essenziale un controllo immediato del proprio conto per capire quale importo sia stato effettivamente congelato.

Una volta accertato il pignoramento, bisogna distinguere tra due situazioni diverse:

  1. Se il saldo presente sul conto è inferiore alla soglia impignorabile prevista dalla legge, è possibile presentare un’istanza per ottenere il rilascio delle somme bloccate.
  2. Se il saldo supera la soglia impignorabile, bisogna valutare le possibilità di opposizione o di rateizzazione del debito per sbloccare almeno parte delle somme.

Se il conto corrente è intestato a un lavoratore dipendente o a un pensionato, esistono limiti precisi al pignoramento. Il fisco non può prelevare l’intero saldo, ma solo l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, che nel 2024 corrisponde a circa 4.515 euro. Ciò significa che se il saldo è inferiore a questa soglia, è possibile presentare un’istanza alla banca per ottenere lo sblocco delle somme non pignorabili.

Anche nel caso delle pensioni, la legge garantisce una soglia di protezione. Se l’unica fonte di reddito del contribuente è la pensione, il fisco non può pignorare la somma corrispondente al doppio dell’assegno sociale, pari a circa 1.005 euro nel 2024. In questo caso, è fondamentale segnalare alla banca la natura della somma pignorata e chiedere l’applicazione dei limiti previsti dalla legge.

Se il pignoramento riguarda un conto cointestato, bisogna verificare se la banca ha bloccato l’intero saldo o solo la quota spettante al debitore. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione può pignorare solo la parte del saldo effettivamente riferibile al soggetto debitore, che viene generalmente considerata pari al 50% del totale. Se il contribuente riesce a dimostrare che le somme appartengono interamente all’altro intestatario, può chiedere la revoca del pignoramento.

Dopo aver verificato la situazione, la seconda azione più urgente è valutare la possibilità di presentare un’opposizione. Se il pignoramento presenta vizi formali, come errori nella notifica o nell’importo richiesto, è possibile impugnare l’atto dinanzi al giudice dell’esecuzione. L’opposizione deve essere presentata entro 60 giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento, pena la decadenza dal diritto di contestazione.

Nel caso in cui il pignoramento sia legittimo, una strategia efficace per sbloccare il conto è richiedere la rateizzazione del debito. Se il contribuente ottiene un piano di dilazione, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione è tenuta a sospendere l’azione esecutiva, consentendo il ripristino della disponibilità del conto. La domanda di rateizzazione può essere presentata anche dopo il pignoramento e, se accettata, il contribuente può evitare la perdita delle somme bloccate.

Un’altra opzione è tentare una trattativa di saldo e stralcio con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. In alcuni casi, se il debitore dimostra una grave situazione economica, può negoziare il pagamento di una somma ridotta rispetto all’importo originario. Questa soluzione può essere particolarmente utile se il debito è elevato e il contribuente non è in grado di rientrare in tempi ragionevoli.

Se il pignoramento è già in corso e non si riesce a ottenere uno sblocco immediato, bisogna prestare attenzione alla gestione delle proprie finanze per evitare ulteriori problemi. È consigliabile aprire un nuovo conto presso un’altra banca e ricevere lì eventuali accrediti futuri, come stipendi o pensioni, per evitare che vengano automaticamente pignorati. Tuttavia, è importante sapere che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può procedere con un nuovo pignoramento anche su altri conti individuati successivamente.

Infine, se il debito è particolarmente elevato e il pignoramento rischia di compromettere definitivamente la situazione finanziaria del contribuente, può essere utile valutare l’accesso a una procedura di sovraindebitamento. Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza consente di bloccare le azioni esecutive in corso e rinegoziare il debito in base alle reali possibilità economiche del debitore. Se il giudice accoglie la richiesta, il pignoramento può essere sospeso e il contribuente può ottenere un piano di rientro sostenibile.

Ignorare il pignoramento del conto corrente è l’errore più grave che si possa commettere. Agire subito, verificare le soglie impignorabili, presentare un’eventuale opposizione e valutare la rateizzazione sono le mosse fondamentali per limitare i danni e recuperare almeno una parte delle somme bloccate. Conoscere i propri diritti e agire tempestivamente può fare la differenza tra un problema temporaneo e una crisi finanziaria irreversibile.

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza può aiutare chi subisce un pignoramento?

La legge n. 3/2012, ora integrata nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019), prevede strumenti specifici per chi non riesce a far fronte ai debiti. L’esdebitazione del debitore incapiente consente di cancellare definitivamente i debiti quando non vi sono beni aggredibili e il debitore è in una situazione di oggettiva difficoltà. Questo istituto si rivolge principalmente a coloro che, per ragioni economiche o personali, non sono in grado di rimborsare i propri creditori e si trovano in una condizione di sovraindebitamento irreversibile.

Grazie a questa normativa, è possibile presentare un’istanza presso il Tribunale competente per richiedere l’esdebitazione e ottenere l’estinzione totale dei debiti residui. Il procedimento prevede la verifica dell’effettiva impossibilità del debitore di far fronte agli impegni finanziari e l’accertamento dell’assenza di beni sufficienti a coprire il passivo. Se il giudice accoglie la richiesta, il soggetto viene liberato dall’obbligo di pagamento e può ripartire senza il peso delle obbligazioni precedenti.

L’esdebitazione rappresenta un’opportunità fondamentale per chi non ha più mezzi economici sufficienti a saldare i propri debiti, ma è importante sottolineare che non tutti possono accedere a questa misura. Il debitore deve dimostrare di aver agito in buona fede e di non aver colpevolmente aggravato la propria situazione finanziaria. Inoltre, l’esdebitazione non si applica a debiti di natura penale, multe o sanzioni amministrative.

Chi si trova in una condizione di sovraindebitamento e teme azioni esecutive come il pignoramento può valutare attentamente questa soluzione con il supporto di un legale esperto, in grado di analizzare il caso specifico e individuare la strategia più idonea per ottenere la cancellazione del debito.

Come Studio Monardo Ti Può Aiutare In Caso di Pignoramento Del Conto Corrente Da Parte Dell’ex Equitalia

Di fronte a un pignoramento del conto corrente, avere al proprio fianco un professionista esperto può fare la differenza. L’Avvocato Monardo di Studio Monardo, coordina avvocati e commercialisti specializzati nel diritto bancario e tributario a livello nazionale, offrendo soluzioni concrete e personalizzate per la gestione del contenzioso fiscale.

  • Esperto in diritto bancario e tributario, con un approccio mirato alla tutela dei contribuenti, offre consulenza specializzata per affrontare situazioni di pignoramento, contenziosi con il Fisco e problematiche legate all’indebitamento. Grazie alla sua approfondita conoscenza delle normative e all’esperienza maturata nel settore, assiste i clienti in tutte le fasi del contenzioso tributario, dalla fase stragiudiziale fino a quella processuale, garantendo un supporto costante e personalizzato. Con anni di esperienza nel settore, si occupa della gestione di procedure esecutive, dalla contestazione delle cartelle esattoriali alla predisposizione di piani di ristrutturazione del debito, garantendo un’assistenza continua e personalizzata. Analizza ogni singolo caso con attenzione per individuare le strategie più efficaci, valutando possibili vizi negli atti notificati e cercando soluzioni che possano ridurre il carico fiscale del contribuente. Inoltre, si impegna a fornire assistenza in sede di mediazione e negoziazione con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione per ottenere riduzioni delle somme dovute o accordi vantaggiosi. Oltre all’attività difensiva, fornisce supporto per l’accesso a strumenti giuridici come la rateizzazione e l’esdebitazione, aiutando i clienti a individuare le migliori strategie per tutelare il proprio patrimonio. La sua consulenza si estende anche alla pianificazione fiscale preventiva, per evitare situazioni di indebitamento futuro e garantire una gestione ottimale delle risorse economiche. Inoltre, offre un servizio di monitoraggio e aggiornamento sulle novità legislative, così da consentire ai clienti di affrontare con maggiore consapevolezza eventuali problematiche fiscali prima che si trasformino in criticità concrete.
  • Gestore della Crisi da Sovraindebitamento iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia, con una comprovata esperienza nella gestione di situazioni di forte indebitamento e difficoltà economica. Attraverso l’analisi dettagliata della posizione finanziaria dei clienti, offre assistenza per la ristrutturazione del debito, la negoziazione con i creditori e la predisposizione di piani di rientro sostenibili. La sua attività si concentra sul supporto ai soggetti in difficoltà, consentendo loro di accedere agli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente e di ottenere una ripresa economica efficace e duratura. Aiuta i debitori a presentare piani di ristrutturazione compatibili con le loro risorse finanziarie, agevolando l’accesso a procedure di conciliazione che possano prevenire ulteriori azioni esecutive. Grazie alla profonda conoscenza della normativa e alla collaborazione con esperti del settore, fornisce un supporto costante anche nella preparazione della documentazione necessaria per accedere alle soluzioni di sovraindebitamento. Affianca i clienti nel percorso di esdebitazione, consentendo loro di ridurre il peso dei debiti e di ripristinare una condizione finanziaria più equilibrata. Inoltre, si occupa di individuare eventuali criticità nella gestione delle posizioni debitorie, suggerendo interventi mirati per evitare future problematiche economiche. L’obiettivo è quello di offrire una soluzione concreta e sostenibile per ogni singolo caso, garantendo un accompagnamento continuo fino alla risoluzione della crisi finanziaria.
  • Professionista fiduciario di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi), in grado di assistere i debitori nelle procedure di esdebitazione, fornendo un supporto completo nella gestione del sovraindebitamento e nella ristrutturazione del debito. Attraverso una conoscenza approfondita della normativa vigente, guida i clienti nel percorso di richiesta di esdebitazione, aiutandoli a raccogliere la documentazione necessaria e a presentare istanze conformi ai requisiti richiesti. Il suo ruolo si estende anche alla negoziazione con i creditori, cercando di ottenere soluzioni favorevoli per il debitore e ridurre l’impatto delle azioni esecutive. Collabora con professionisti del settore per individuare le strategie migliori, consentendo ai debitori di accedere alle tutele previste dalla legge e di avviare un percorso di recupero economico senza incorrere in ulteriori difficoltà finanziarie. Inoltre, offre consulenza su come prevenire il rischio di sovraindebitamento futuro, proponendo soluzioni personalizzate per una gestione finanziaria più equilibrata e sostenibile.

Affrontare un pignoramento di un conto corrente da parte dell’Agenzia Delle Entrate-Riscossione non significa subire passivamente le conseguenze: esistono strumenti e soluzioni per difendersi. Se hai ricevuto un pignoramento sul conto corrente o vuoi prevenire questa situazione, contatta oggi stesso lo studio legale per una consulenza personalizzata.

Per maggiori informazioni e richiedere un primo supporto, qui tutti i nostri riferimenti del nostro studio legale che ti aiuta a togliere il pignoramento da parte del Fisco:

Leggi con attenzione: Se stai affrontando difficoltà con il Fisco e hai bisogno di una rapida valutazione delle tue cartelle esattoriali e dei debiti, non esitare a contattarci. Siamo pronti ad aiutarti immediatamente! Scrivici su WhatsApp al numero 351.3169721 oppure inviaci un’e-mail all’indirizzo info@fattirimborsare.com. Ti ricontatteremo entro un’ora per offrirti supporto immediato.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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