Pignoramento Presso Terzi E Cambio Datore Di Lavoro: Cosa Succede e Cosa Fare

Il pignoramento presso terzi è uno degli strumenti più utilizzati dai creditori per il recupero forzato di un credito. Questa procedura consente di prelevare direttamente dallo stipendio, dal conto corrente o da altri crediti vantati dal debitore nei confronti di terzi. Ma cosa accade quando il debitore cambia datore di lavoro? Si tratta di una situazione comune che genera incertezze e dubbi sia per il debitore che per il creditore.

Il pignoramento dello stipendio segue il lavoratore o si interrompe con il cambio dell’occupazione? Quali sono gli obblighi del nuovo datore di lavoro? Il creditore deve attivarsi per ripristinare il pignoramento oppure il nuovo datore di lavoro riceve automaticamente la notifica?

Queste domande sono di fondamentale importanza per chi si trova in una situazione di pignoramento e teme di perdere il proprio salario a favore di un recupero forzoso dei debiti. La normativa italiana offre risposte chiare, stabilendo precise regole su come deve comportarsi il datore di lavoro e quali passi deve compiere il creditore per continuare l’azione esecutiva.

La legge stabilisce che, in caso di cambio di datore di lavoro, il pignoramento non si trasferisce automaticamente. Questo significa che il creditore deve notificare nuovamente il pignoramento al nuovo datore di lavoro per poter continuare a trattenere la quota dello stipendio destinata alla soddisfazione del debito. Tuttavia, il debitore può adottare alcune strategie per gestire al meglio questa situazione e verificare se sussistano gli estremi per un’opposizione o per una rinegoziazione del debito.

Vediamo quindi, nel dettaglio, quali sono le conseguenze del cambio di datore di lavoro in presenza di un pignoramento presso terzi, le procedure che il creditore deve seguire per continuare l’azione esecutiva e le possibili tutele per il debitore.

Ma andiamo ora nei dettagli con Studio Monardo, gli avvocati specializzati in cancellazione debiti e risoluzione dei pignoramenti.

Il Pignoramento Presso Terzi Segue Il Lavoratore Dopo Il Cambio Datore Di Lavoro?

No, il pignoramento dello stipendio non segue automaticamente il lavoratore quando cambia datore di lavoro. Questo principio deriva dall’articolo 543 del Codice di procedura civile, che stabilisce che il pignoramento presso terzi deve essere notificato specificamente al soggetto che detiene il credito.

Se il debitore cambia datore di lavoro, il creditore deve notificare nuovamente l’atto di pignoramento al nuovo datore affinché quest’ultimo inizi a trattenere le somme dovute. La mancata notifica al nuovo datore di lavoro interrompe di fatto l’esecuzione del pignoramento, consentendo al debitore di percepire interamente il proprio stipendio fino a quando il creditore non si attiva.

Nel caso in cui il creditore non proceda tempestivamente alla nuova notifica, il debitore potrebbe trovarsi in una posizione momentanea di vantaggio, ma questo non implica la cancellazione definitiva del debito. Il creditore, infatti, può agire in qualsiasi momento per ripristinare l’azione esecutiva, chiedendo un nuovo pignoramento nei confronti del nuovo datore di lavoro.

Inoltre, il debitore ha la possibilità di utilizzare questo periodo per esplorare soluzioni alternative, come un accordo transattivo con il creditore, la richiesta di un piano di rientro o persino l’accesso a procedure di sovraindebitamento. Per questo motivo, è fondamentale monitorare la propria situazione e valutare tempestivamente le azioni più idonee a tutelare i propri interessi economici.

Cosa Deve Fare Il Creditore Per Continuare Il Pignoramento Dopo Il Cambio Datore Di Lavoro?

Il creditore deve attivarsi per notificare nuovamente l’atto di pignoramento al nuovo datore di lavoro. Questo significa che, una volta venuto a conoscenza del cambio di impiego del debitore, dovrà presentare una richiesta al tribunale per ottenere una nuova ordinanza di assegnazione nei confronti del nuovo datore.

Il creditore deve inoltre verificare attentamente le informazioni disponibili sul nuovo impiego del debitore, potendo ricorrere a strumenti legali come accessi agli atti o richieste a enti previdenziali per individuare il nuovo datore di lavoro. Una volta identificato il soggetto obbligato, la notifica dell’atto di pignoramento deve avvenire nei modi previsti dal codice di procedura civile, includendo la trasmissione dell’ordinanza di assegnazione al nuovo datore di lavoro affinché possa trattenere la quota stabilita.

In alcuni casi, se il creditore non si attiva in tempi brevi, il debitore potrebbe percepire il proprio stipendio senza alcuna trattenuta, almeno fino a quando il creditore non procederà con la nuova notifica. Questo periodo di transizione può essere favorevole al debitore, ma potrebbe portare a ulteriori azioni esecutive da parte del creditore, che potrebbe avanzare richieste di sequestro o pignoramenti su altri beni o crediti. È quindi essenziale che entrambe le parti agiscano tempestivamente per tutelare i rispettivi diritti e interessi.

Il Nuovo Datore Di Lavoro Ha L’Obbligo Di Applicare Il Pignoramento?

No, il nuovo datore di lavoro non ha automaticamente l’obbligo di applicare il pignoramento. L’obbligo sorge solo a seguito della notifica di un nuovo atto di pignoramento da parte del creditore.

Fino a quel momento, il datore di lavoro non può trattenere alcuna somma dallo stipendio del lavoratore, a meno che non riceva un provvedimento specifico dal tribunale. Questo vuol dire che, se il creditore non effettua la notifica, il lavoratore percepirà l’intero stipendio senza alcuna trattenuta.

Quali Strategie Può Adottare Il Debitore Per Gestire Questa Situazione?

Il debitore, consapevole del cambio di datore di lavoro, può valutare diverse strategie per affrontare il pignoramento, tra cui:

  • Opposizione al pignoramento, se ritiene che vi siano vizi procedurali o che la somma trattenuta superi i limiti previsti dalla legge. Il debitore può contestare il pignoramento dimostrando che la procedura è stata avviata senza il rispetto delle formalità previste dalla normativa vigente o che gli importi prelevati sono superiori alla soglia massima consentita per legge.

Un esempio concreto è rappresentato da quei casi in cui il pignoramento viene notificato al datore di lavoro in assenza di una valida autorizzazione giudiziaria o quando non viene rispettato il principio della proporzionalità nella trattenuta dello stipendio.

Inoltre, il debitore può contestare il pignoramento se ritiene che il credito oggetto di esecuzione sia già stato parzialmente o totalmente estinto oppure se il creditore non ha rispettato i termini per l’azione esecutiva. In questi casi, un’opposizione tempestiva può permettere la sospensione della procedura e, in alcuni casi, l’annullamento totale del pignoramento.

Infine, il debitore può presentare opposizione anche in presenza di situazioni particolari, come lo stato di sovraindebitamento, che può giustificare la richiesta di rinegoziazione del debito o l’accesso a procedure di esdebitazione previste dalla normativa vigente.

  • Accordo con il creditore per una soluzione stragiudiziale, come una rateizzazione autonoma del debito senza la necessità di ulteriori trattenute. Questa opzione permette al debitore di mantenere il controllo sulla propria situazione finanziaria, evitando il rischio di trattenute forzose dallo stipendio e consentendo di concordare un piano di pagamento sostenibile nel tempo.

Un accordo stragiudiziale può essere raggiunto attraverso una negoziazione diretta con il creditore, magari con l’intervento di un avvocato specializzato, che può facilitare la definizione di un piano di rientro personalizzato. In alcuni casi, i creditori possono essere disposti a ridurre l’ammontare complessivo del debito o a concedere tassi di interesse più vantaggiosi per favorire il recupero delle somme senza dover ricorrere a lunghe e costose procedure esecutive.

Se l’accordo viene formalizzato con una scrittura privata, il debitore deve assicurarsi che tutte le condizioni siano chiaramente definite e che il piano di pagamento sia gestibile rispetto alle proprie entrate. Una volta raggiunto un compromesso, il creditore può revocare il pignoramento o sospendere le azioni esecutive, permettendo al debitore di riprendere il controllo della propria situazione finanziaria senza ulteriori trattenute sullo stipendio.

In alternativa, se il creditore non è inizialmente disposto a negoziare, il debitore può tentare una mediazione obbligatoria, strumento previsto in alcune circostanze per facilitare un accordo tra le parti prima di ricorrere alla giustizia ordinaria. Questo può rappresentare una soluzione efficace per evitare il protrarsi del pignoramento e garantire un percorso di risanamento economico più agevole.

  • Esdebitazione o accesso alle procedure di sovraindebitamento, se la situazione finanziaria è particolarmente grave e non consente di sostenere ulteriori trattenute. Questa soluzione consente ai soggetti fortemente indebitati di ottenere una riduzione significativa del debito residuo o addirittura la sua totale cancellazione, nei casi previsti dalla legge.

L’esdebitazione è regolata dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) e permette al debitore di ricominciare senza l’onere di obbligazioni economiche che non può più sostenere. Per accedere a questa procedura, è necessario dimostrare che il proprio stato di indebitamento non è colpa di condotte dolose e che si è impossibilitati a saldare i debiti con il patrimonio disponibile.

Un esempio concreto è il caso di un lavoratore dipendente che, a seguito di eventi imprevisti come la perdita del lavoro o spese sanitarie impreviste, non è più in grado di sostenere il pignoramento dello stipendio. Grazie alla procedura di sovraindebitamento, può richiedere la ristrutturazione del debito e, se ritenuto incapiente, ottenere la completa cancellazione delle obbligazioni rimanenti.

L’accesso a queste procedure deve avvenire con l’assistenza di un professionista qualificato, come un gestore della crisi, che aiuti il debitore a presentare la documentazione necessaria e a seguire il percorso giudiziario per ottenere l’esdebitazione o un piano di rientro agevolato.

Sovraindebitamento: Può Essere Una Soluzione Per Evitare Il Pignoramento?

In alcuni casi, il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) offre al debitore strumenti per uscire dalla situazione di sovraindebitamento ed evitare il pignoramento.

Attraverso l’esdebitazione, il debitore incapiente può ottenere la cancellazione di alcuni debiti residui, evitando così ulteriori trattenute sullo stipendio. Questo istituto consente a chi non è in grado di far fronte agli impegni finanziari di liberarsi dai debiti non sostenibili, garantendo la possibilità di ripartire con una situazione economica più equilibrata.

L’esdebitazione si applica a debitori che dimostrano di essere in una condizione di reale difficoltà economica e di non avere beni sufficienti a soddisfare i creditori. Una volta ottenuta, questa procedura estingue i debiti residui, offrendo un’opportunità di ripresa economica e una protezione contro future azioni esecutive.

Inoltre, la procedura di esdebitazione può essere avviata in presenza di un pignoramento in corso, permettendo al debitore di interrompere le trattenute sullo stipendio e di presentare un piano di rientro più sostenibile. Un esempio tipico è quello di lavoratori che, a seguito di licenziamenti improvvisi o di gravi problemi di salute, non riescono più a far fronte alle trattenute e cercano una soluzione definitiva per eliminare il peso del debito.

Questa misura si affianca ad altri strumenti di sovraindebitamento, come l’accordo con i creditori o il piano del consumatore, che consentono di ridurre l’impatto del debito senza dover subire il pignoramento dello stipendio.

Le Competenze Dell’Avvocato Monardo Per Cancellare Debiti e Pignoramenti

L’Avvocato Monardo coordina avvocati e commercialisti esperti a livello nazionale nel diritto bancario e tributario e offre assistenza qualificata a chi si trova a dover affrontare un pignoramento presso terzi.

È Gestore della Crisi da Sovraindebitamento (L. 3/2012), iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia e figura tra i professionisti fiduciari di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi).

Grazie alla sua esperienza, può assistere il debitore in:

  • Opposizione ai pignoramenti illegittimi

L’opposizione ai pignoramenti illegittimi è uno strumento fondamentale per il debitore che ritiene di essere vittima di un’azione esecutiva ingiusta o viziata da irregolarità procedurali. La normativa vigente prevede diversi motivi per cui un pignoramento può essere impugnato, garantendo al debitore il diritto di difendersi da trattenute indebite sullo stipendio o su altre entrate.

Un primo caso tipico di opposizione riguarda errori nella notifica dell’atto di pignoramento, che possono rendere inefficace l’intera procedura. Se il pignoramento non è stato notificato correttamente al debitore o al terzo pignorato, ad esempio il datore di lavoro o la banca, l’azione esecutiva può essere contestata in sede giudiziaria.

Un altro elemento di impugnazione è il superamento dei limiti di pignorabilità dello stipendio, stabiliti dall’articolo 545 del Codice di procedura civile. La legge prevede che solo una determinata percentuale dello stipendio possa essere pignorata, lasciando al lavoratore un importo minimo per garantire la propria sussistenza. Se il pignoramento eccede questi limiti, il debitore ha diritto di presentare opposizione e chiedere una riduzione dell’importo trattenuto.

L’opposizione può inoltre basarsi sulla prescrizione del credito, ovvero sulla decadenza del diritto del creditore di agire esecutivamente. Se il credito risulta prescritto e il pignoramento è stato avviato tardivamente, il debitore può richiedere l’annullamento della procedura.

Per presentare un’opposizione efficace, è necessario agire tempestivamente e con il supporto di un avvocato esperto in esecuzioni forzate. Il tribunale può sospendere il pignoramento in via cautelare mentre valuta la fondatezza delle contestazioni sollevate dal debitore, evitando ulteriori trattenute ingiustificate.

  • Gestione delle trattenute sullo stipendio

Affrontare una trattenuta sullo stipendio dovuta a un pignoramento richiede una conoscenza approfondita delle norme e delle possibili strategie di tutela. È essenziale comprendere come vengono calcolate le somme pignorabili e quali sono i limiti imposti dalla legge per garantire che il lavoratore disponga di un minimo vitale.

L’articolo 545 del Codice di procedura civile stabilisce che la quota pignorabile dello stipendio non può superare un determinato limite, che varia in base alla natura del debito. Ad esempio, per debiti ordinari la trattenuta non può eccedere un quinto dello stipendio netto, mentre per debiti alimentari può arrivare fino alla metà. Tuttavia, in presenza di più pignoramenti simultanei, il giudice può intervenire per garantire che le trattenute non compromettano eccessivamente il sostentamento del debitore.

In alcuni casi, il debitore può chiedere una riduzione della trattenuta se dimostra che l’importo complessivo compromette la sua capacità di far fronte alle spese essenziali. Questa richiesta può essere presentata attraverso un’istanza al giudice dell’esecuzione, allegando documentazione che attesti le difficoltà economiche e le spese incomprimibili sostenute dal lavoratore.

Un altro aspetto rilevante è la possibilità di sospensione o revoca del pignoramento nel caso in cui il debitore acceda a procedure di sovraindebitamento o raggiunga un accordo con il creditore. La gestione corretta delle trattenute sullo stipendio richiede quindi un approccio strategico che tenga conto delle possibilità di opposizione, rinegoziazione del debito e protezione del reddito minimo necessario alla sopravvivenza.

  • Soluzioni di sovraindebitamento e esdebitazione

Affrontare una situazione di sovraindebitamento può essere estremamente complesso, ma il nostro ordinamento giuridico offre strumenti concreti per ottenere una ripresa finanziaria e liberarsi dai debiti insostenibili. Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) ha introdotto nuove tutele per i soggetti sovraindebitati, permettendo loro di accedere a procedure specifiche per la riduzione o cancellazione dei debiti.

Una delle opzioni principali è il piano del consumatore, che consente a chi si trova in difficoltà economica di proporre un piano di rientro sostenibile, senza necessità di accordo con i creditori, ma solo previa approvazione del giudice. Questa procedura è particolarmente utile per coloro che hanno subito una riduzione significativa del reddito e non riescono più a far fronte agli obblighi di pagamento.

Un’altra possibilità è rappresentata dall’accordo di composizione della crisi, in cui il debitore negozia direttamente con i creditori un piano di ristrutturazione del debito. Tale soluzione richiede il consenso di una parte qualificata dei creditori ed è supervisionata da un Organismo di Composizione della Crisi (OCC), garantendo maggiore equilibrio tra le esigenze delle parti coinvolte.

Nei casi più gravi, in cui il debitore non dispone di alcuna capacità di rimborso, è possibile ricorrere all’esdebitazione del debitore incapiente, che consente la cancellazione totale dei debiti non pagabili, permettendo così un nuovo inizio senza il peso delle obbligazioni pregresse.

Accedere a queste soluzioni richiede una consulenza legale specializzata per individuare la procedura più adatta e garantire che la richiesta venga accolta dal tribunale. La corretta gestione della documentazione e il rispetto dei requisiti previsti dalla legge sono fondamentali per ottenere un esito positivo e superare la crisi economica in modo definitivo.

  • Accordi con i creditori per evitare il pignoramento

Raggiungere un accordo con i creditori può rappresentare una soluzione efficace per evitare il pignoramento dello stipendio e trovare un compromesso vantaggioso per entrambe le parti. La negoziazione diretta con i creditori consente al debitore di stabilire un piano di pagamento sostenibile, evitando il blocco di parte del proprio reddito e riducendo l’impatto negativo sulle proprie finanze.

Uno degli strumenti più utilizzati per evitare il pignoramento è il saldo e stralcio, che consiste nel raggiungere un accordo con il creditore per il pagamento di un importo ridotto rispetto al debito complessivo, in cambio dell’estinzione dell’obbligazione. Questa soluzione è spesso adottata quando il creditore preferisce incassare subito una somma ridotta piuttosto che attendere a lungo un recupero parziale attraverso il pignoramento.

Un’altra possibilità è la rateizzazione del debito, che permette di concordare un piano di rimborso a rate sostenibili, evitando trattenute forzose dallo stipendio. I creditori possono essere più inclini ad accettare una proposta di pagamento dilazionato piuttosto che avviare un procedimento esecutivo, che comporta tempi lunghi e costi aggiuntivi.

In alcuni casi, la mediazione obbligatoria può essere un’opzione utile per favorire un’intesa tra debitore e creditore, soprattutto quando il debito rientra nelle categorie soggette a questa procedura. Attraverso la mediazione, entrambe le parti possono trovare un accordo equilibrato che eviti l’esecuzione forzata.

Infine, il debitore può avvalersi delle procedure di sovraindebitamento, come il piano del consumatore o l’accordo con i creditori previsto dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, per ristrutturare il proprio debito e prevenire il pignoramento dello stipendio. Queste soluzioni offrono un’alternativa legale per gestire situazioni di difficoltà economica in modo più sostenibile.

In tal senso, se hai un pignoramento in corso e hai cambiato datore di lavoro, non restare in dubbio su cosa fare. Contatta subito l’Avvocato Monardo per una consulenza personalizzata e scopri quali soluzioni sono disponibili per la tua situazione.

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