Se la tua azienda produce, assembla, importa o distribuisce cavi elettrici, cavi in rame, alluminio, bassa, media e alta tensione, cavi schermati, speciali, per automazione, impianti industriali, infrastrutture, energia, telecomunicazioni e oggi si trova con debiti verso Fisco, Agenzia delle Entrate Riscossione, INPS, banche o fornitori, è fondamentale intervenire subito per evitare blocchi operativi e la perdita di commesse strategiche.
Nel settore dei cavi elettrici, anche un ritardo minimo nella produzione o nelle consegne può bloccare cantieri, impianti industriali, linee energetiche, automazioni e infrastrutture in corso d’opera. Le conseguenze possono essere pesanti: penali, contestazioni, sospensione lavori e danni economici difficili da recuperare.
Perché i produttori di cavi elettrici accumulano debiti
- aumento dei costi di rame, alluminio, PVC, gomma e materie prime tecniche
- rincari energetici e costi elevatissimi per la produzione e l’estrusione
- pagamenti lenti da parte di installatori, imprese edili, aziende energetiche e appaltatori
- ritardi nei versamenti IVA, imposte e contributi
- magazzini complessi con molte varianti tecniche, sezioni, isolamenti e certificazioni
- difficoltà nell’ottenere fidi bancari adeguati ai volumi e al valore delle scorte
- investimenti elevati in macchinari, collaudi, normative, prove di qualità e certificazioni
Cosa fare subito
- far analizzare da un professionista l’intera esposizione debitoria
- identificare i debiti che possono essere contestati, ridotti o rateizzati
- evitare piani di rientro troppo rigidi che prosciugano la liquidità
- richiedere immediatamente la sospensione di eventuali pignoramenti
- proteggere rapporti con fornitori critici (rame, alluminio, isolanti, componentistica)
- utilizzare strumenti legali per ristrutturare o rinegoziare i debiti senza bloccare produzione e consegne
I rischi se non intervieni tempestivamente
- pignoramento del conto corrente aziendale
- blocco dell’approvvigionamento di rame, alluminio e materiali essenziali
- impossibilità di soddisfare imprese, cantieri e clienti con contratti attivi
- perdita di appalti, distributori e partner strategici
- rischio concreto di chiusura dell’attività
Come può aiutarti l’Avvocato Monardo
L’Avvocato Monardo, cassazionista, coordina in tutta Italia un team di avvocati e commercialisti esperti in diritto bancario e tributario.
Inoltre è:
- Gestore della Crisi da Sovraindebitamento (L. 3/2012)
- iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia
- professionista fiduciario presso un OCC – Organismo di Composizione della Crisi
- Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa (D.L. 118/2021)
Può intervenire concretamente per:
- bloccare pignoramenti e atti esecutivi
- ridurre o ristrutturare i debiti con gli strumenti normativi più efficaci
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- proteggere magazzino, materiali critici, contratti e continuità produttiva
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Introduzione
Un produttore di cavi elettrici (PMI manifatturiera) può trovarsi sommerso da debiti bancari, fiscali, previdenziali e verso fornitori, con gravi conseguenze sulla continuità aziendale. In Italia la riforma Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) ha introdotto strumenti mirati a individuare e gestire tempestivamente lo stato di crisi, privilegiando soluzioni negoziate e di risanamento rispetto alla liquidazione. Dal punto di vista del debitore, è cruciale analizzare subito la composizione del debito, comprendere i poteri dei creditori e adottare le mosse difensive più efficaci: da accordi stragiudiziali con creditori strategici all’accesso a procedure concorsuali protettive (accordi di ristrutturazione, concordato preventivo) o negoziazione assistita. Con un linguaggio tecnico ma divulgativo, questa guida – aggiornata a ottobre 2025 – fornisce un panorama completo delle opzioni per ridurre o ristrutturare i debiti (verso banche, fornitori, Fisco/INPS, dipendenti), evitare il fallimento (oggi liquidazione giudiziale) e tutelare l’imprenditore e i soci. Non mancano tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione di domande frequenti.
Introduzione e quadro normativo
L’Italia ha totalmente riscritto la disciplina della crisi d’impresa con il Codice della Crisi e dell’Insolvenza (CCII), entrato a regime nel 2022 dopo più proroghe. Il CCII (D.Lgs. 14/2019, aggiornato da D.Lgs. 83/2022 e 136/2024) sostituisce integralmente la vecchia legge fallimentare del 1942 e unifica in un unico corpus le norme sulla crisi sia dell’impresa commerciale che del professionista o consumatore . La riforma sposta l’attenzione da una visione “liquidatoria” punitiva a un approccio di composizione e ristrutturazione: come osserva la Corte di Cassazione, il nuovo Codice «segna il passaggio definitivo […] da un diritto proteso alla monetizzazione del patrimonio dell’imprenditore insolvente a [un sistema] impegnato nella riorganizzazione dell’attività, al fine di far recuperare valore e capacità reddituale all’impresa in crisi ma ancora viable» . In altre parole, l’obiettivo è prima di tutto salvare l’azienda e i posti di lavoro, e solo in extremis avviare la liquidazione.
Il CCII mette a disposizione dell’imprenditore svariati strumenti di gestione e risanamento della crisi: procedure stragiudiziali (come la Composizione Negoziata della crisi, introdotta con il D.L. 118/2021) e strumenti giudiziali (accordi di ristrutturazione dei debiti, concordato preventivo in continuità o liquidatorio), nonché il nuovo istituto dell’allerta interna. L’art. 2 CCII elenca tutte le misure disponibili, incluse quelle già preesistenti e le procedure per sovraindebitamento (per debitori non fallibili) . Due principi chiave guidano la riforma: l’obbligo di attivarsi tempestivamente e la centralità delle soluzioni negoziali. In particolare, l’art. 3 CCII impone agli amministratori di dotarsi di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili per rilevare per tempo segnali di crisi ed intervenire subito con i rimedi necessari (ristrutturazioni, piani di risanamento, ecc.) . L’inazione o il ritardo colposo nell’affrontare la crisi comportano gravi responsabilità personali (art. 2486 c.c. riformato, che quantifica i danni da mala gestio oltre la perdita di capitale sociale). Parallelamente, il Codice favorisce soluzioni concordate: ad esempio, oggi è possibile forzare l’eventuale dissenso dell’Agenzia delle Entrate o dell’INPS in concordato o accordi di ristrutturazione, a determinate condizioni, evitando il veto che bloccava molti piani di risanamento . La giurisprudenza conferma questa svolta: la Cassazione ha riconosciuto che il tribunale può omologare un concordato anche contro il voto contrario del Fisco o dell’INPS, purché il piano garantisca a questi creditori pubblici un soddisfacimento almeno pari a quello della liquidazione giudiziale .
In sintesi, il quadro normativo italiano (aggiornato al 2025) offre all’imprenditore in difficoltà una “cassetta degli attrezzi” molto più ampia rispetto al passato: non solo il rischio di fallimento, ma anche procedure per negoziare coi creditori, ristrutturare o dilazionare i debiti, ridurre penalità e sanzioni, con l’obiettivo di superare la crisi continuando l’attività o almeno preservando il valore dell’azienda . Negli esempi seguenti analizziamo le categorie di debiti tipiche di un produttore di cavi elettrici e le relative contromisure (tabella comparativa in calce).
Tipologie di debiti aziendali e rischi per il produttore di cavi indebitato
Un’analisi iniziale accurata richiede di mappare i debiti aziendali, perché ogni categoria di credito porta con sé tutele diverse per il creditore e possibilità differenti per il debitore. Ecco le principali tipologie di debiti che un produttore di cavi può accumulare e i rischi connessi:
- Debiti verso banche e finanziarie. Tipici sono mutui ipotecari (capannoni, capannoni), leasing su macchinari e veicoli, scoperti di conto corrente, anticipi fatture o fidi di cassa. Le banche godono in genere di garanzie reali (ipoteche su immobili, pegni su impianti, beni mobili registrati) e personali (fideiussioni dei soci). In caso di insolvenza il finanziatore può revocare i fidi, chiedere la restituzione anticipata del capitale, ottenere un decreto ingiuntivo e procedere ai pignoramenti (conto corrente, beni mobili non garantiti, crediti verso terzi) . Potrà anche escutere le garanzie reali (avviando l’espropriazione immobiliare sul capannone ipotecato) o rivale sui fideiussori (aggressione del patrimonio personale di soci/amministratori) . Se vi sono leasing, il leasing company può risolvere il contratto e riprendere il bene. Il rischio principale è così la perdita di asset fondamentali (immobili, macchinari dati in garanzia/lease) e il blocco delle linee di credito, che può paralizzare l’attività . Dal lato difensivo, è consigliabile negoziare con le banche piani di rientro sostenibili: ad es. riallungamenti di piano, moratorie temporanee (sospensione rate) o conversione di affidamenti in prestiti. Strumenti del Codice (ad es. la Composizione Negoziata) permettono di coinvolgere un esperto terzo per trattare con la banca un nuovo piano concordato, eventualmente chiedendo lo stop alle esecuzioni mentre durano le trattative . Se le trattative stragiudiziali falliscono o i debiti sono molti, si può ricorrere a procedure giudiziali di ristrutturazione (accordo di ristrutturazione omologato o concordato preventivo): in questi casi il trattamento del credito bancario dipende dalle garanzie (il credito ipotecario sarà soddisfatto sul ricavato di vendita dell’immobile, mentre l’eventuale parte scoperta – credito chirografario – riceverà la percentuale prevista dal piano ). Importante: finché sussistono ipoteche o pegni su asset vitali, ha senso cercare accordi per evitare che i beni aziendali vengano portati all’asta. Inoltre, presentare domanda di concordato preventivo “in bianco” (senza piano immediato) blocca per legge le esecuzioni individuali in corso, offrendo tempo per definire la strategia di risanamento .
- Debiti verso fornitori (commerciali). Rientrano qui le fatture insolute per acquisto di materie prime (rame, PVC, ecc.), componenti, trasporti, energia, ecc. In genere i fornitori non vantano garanzie reali (salvo clausole di riserva di proprietà), quindi i loro crediti sono chirografari. In caso di mancato pagamento, il fornitore può sospendere le forniture – con effetto immediato sulla produzione – e agire con procedura giudiziaria: ottiene facilmente un decreto ingiuntivo (quando il credito è documentato) e poi può pignorare somme su conti o crediti dell’azienda (decreto ingiuntivo + pignoramento presso terzi), o sequestrare beni mobili (macchinari non vincolati). Se i debiti verso fornitori superano complessivamente la soglia di fallimento (oggi €30.000) e l’azienda è insolvente, un solo fornitore può anche chiedere il fallimento/liquidazione giudiziale . In pratica, con molti fornitori insoluti l’impresa rischia di subire numerosi contenziosi e pignoramenti indipendenti, o perfino di cadere sotto una procedura coatta iniziata dai creditori.
Soluzioni difensive. Innanzitutto, il debitore può negoziare in via privata con ciascun fornitore strategie win-win: ad esempio offrire un saldo e stralcio (pagamento immediato di una percentuale del debito in cambio di sconto sul resto) oppure dilazioni concrete (pagamenti rateali concordati) . Molti fornitori preferiranno ricevere almeno una parte subito piuttosto che rischiare una lunga causa o un fallimento dell’azienda in cui probabilmente incasserebbero molto meno. È fondamentale coinvolgerli presto: riconoscere i debiti, presentare un piano realistico e mostrare buona fede può spesso evitare la trafila legale. Tuttavia, se i fornitori sono molti o i margini ridotti, serve un intervento collettivo. Gli strumenti giuridici in tal caso sono l’accordo di ristrutturazione dei debiti e il concordato preventivo. Con un accordo di ristrutturazione omologato (art. 57 CCII), si ottiene l’efficacia vincolante di un’intesa raggiunta da almeno il 60% dei crediti (o 75% in alcune classi), rendendo esecutivo anche il piano concordato sui fornitori aderenti . I fornitori non aderenti restano creditori chirografari da soddisfare normalmente, a meno di includerli poi in un successivo concordato. Il concordato preventivo (in continuità o liquidatorio) permette invece di coinvolgere tutti i creditori, obbligandoli alla ristrutturazione se il piano è approvato. Nella proposta di concordato in continuità si può anche prevedere classi separate per “fornitori strategici” (offrendo ad es. loro condizioni leggermente migliori per garantirsi la continuità produttiva) . Inoltre, è bene verificare vizi formali o di merito nelle pretese dei fornitori: contestazioni sulla qualità delle forniture o ritardi nelle consegne possono fornire motivi di opposizione ai decreti ingiuntivi o spazi di contrattazione per abbassare il debito richiesto . Infine, va evitato qualsiasi pagamento di favori a un creditore preferenziale rispetto agli altri: pagare un fornitore specifico quando l’impresa è già insolvente potrebbe essere revocato dal curatore fallimentare (per azioni revocatorie) .
- Debiti fiscali (Erario/Agenzia Entrate). Rientrano qui IVA, imposte sui redditi (IRES, IRAP), ritenute operate, imposte locali, ecc. Questi debiti sono particolarmente gravosi perché lo Stato dispone di potenti strumenti coattivi senza necessità di passare dal giudice: l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) può iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili aziendali quando i ruoli superano €20.000 e imporre fermi amministrativi sui beni mobili (es. veicoli aziendali) oltre €5.000 . La cartella esattoriale è titolo esecutivo: trascorsi i termini, l’Agente della Riscossione procede direttamente a pignoramenti di conti correnti, crediti (presso terzi, come clienti), beni mobili e immobili (nel limite dei privilegi fiscali) . Inoltre, il Fisco può chiedere al tribunale la dichiarazione di fallimento (liquidazione giudiziale) dell’impresa quando le somme scadute superano €30.000 senza essere pagate . In sostanza, un’azienda con debiti erariali rilevanti rischia pignoramenti che possono paralizzare l’operatività e, sul medio termine, un’iniziativa coatta di liquidazione da parte dell’Erario .
Soluzioni difensive. Prima di tutto, sfruttare gli strumenti di dilazione previsti dalla legge: ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. 602/1973, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione concede piani di rateizzo fino a 72 mesi (6 anni) e, in casi di grave difficoltà, fino a 120 mesi (10 anni) . Richiedere tempestivamente una rateazione sospende automaticamente le azioni esecutive (nuove ipoteche, fermi, pignoramenti) purché le rate siano pagate regolarmente . Tuttavia, come ha chiarito la Cassazione, la mera rateizzazione non estingue il debito né elimina lo stato di insolvenza: l’istituto conserva il diritto di attuare il recupero in caso di mancato pagamento futuro, e il debito dilazionato resta dovuto integralmente . In pratica, la ratazione è utile per “respirare” e ridurre l’importo scaduto sotto la soglia fallimentare (€30.000), ma se l’azienda resta nel tempo insolvente ciò non impedisce la liquidazione coatta .
Oltre alla rateazione, occorre cogliere le definizioni agevolate (rottamazioni) previste periodicamente dal legislatore: si possono estinguere carichi pagando solo imposta e interessi di base, con sconto di sanzioni e interessi di mora . Anche se sono misure occasionali, aderirvi riduce sensibilmente il carico fiscale. Tuttavia, il vero strumento di ridefinizione strutturale sono la transazione fiscale e il cram-down tributario previsti dal CCII. In un concordato o accordo di ristrutturazione omologato, l’imprenditore può proporre di pagare all’Erario una percentuale del debito (ad es. il 50%) escludendo sanzioni e interessi, e dilazionarlo nel tempo . Fino al 2022 il consenso espresso dell’Erario era necessario per chiudere la procedura; oggi il “correttivo-ter” (D.Lgs. 136/2024) permette all’autorità giudiziaria di omologare lo stesso piano anche senza il voto favorevole del Fisco, a condizione che il piano rispetti determinate soglie (ad es. offrire almeno il 50% del credito tributario se tutti gli altri creditori ricevono almeno il 25%, con garanzia di un soddisfacimento non inferiore a quello della liquidazione) . In sostanza, il legislatore ha bilanciato flessibilità e tutela del Fisco: il suo “veto” non è più assoluto, ma la proposta deve essere sostanziale (pagare gran parte del debito) e non apparentemente conveniente rispetto al fallimento . Anche gli accordi di ristrutturazione agevolati (PRO) godono della stessa regola di cram-down: il tribunale può comunque omologare l’accordo anche con l’INPS o il Fisco dissententi, se le condizioni minime (soddisfacimento almeno 50-60%) sono rispettate . Inoltre, dal settembre 2024 è ammessa – per la prima volta – una transazione fiscale anche durante la Composizione Negoziata (stragiudiziale): il debitore può proporre alle Agenzie fiscali un piano di pagamenti parziali o dilazionati dei tributi in trattativa (art. 23 co.2-bis CCII) . Infine, come ultima difesa, la sola presentazione di una domanda di concordato (o accordo) blocca di diritto tutte le azioni esecutive in corso (art. 54 CCII), impedendo che l’Agenzia delle Entrate venda i beni pignorati . Naturalmente, ciò va fatto solo se si intende seriamente perseguire la procedura concorsuale, altrimenti rischia di fallire.
- Debiti previdenziali (INPS e INAIL). I contributi omessi (INPS per dipendenti e autonomi, premi INAIL) seguono un iter simile a quello fiscale. L’INPS emette avvisi di addebito e, dopo i termini, trasmette i ruoli all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, che iscrive ipoteche sugli immobili aziendali e dispone fermi/pignoramenti su beni mobili/conti . Anche l’INPS può chiedere il fallimento se i contributi non versati superano €30.000. I debiti contributivi godono di privilegio generale sui beni mobili e immobili (alla pari di quelli fiscali più importanti), il che significa che, in caso di liquidazione, i creditori previdenziali vengono soddisfatti prima dei chirografari (subito dopo i crediti prededucibili, come le spese di procedura) . Dal punto di vista penale, il mancato versamento delle ritenute previdenziali (quota trattenuta dallo stipendio) oltre una soglia relativamente bassa (circa €10.000 annui) è reato di omesso versamento .
Soluzioni difensive. Anche con i debiti previdenziali valgono le rateizzazioni amministrative: l’INPS consente piani fino a 24-36 mesi, prorogabili, e la loro concessione sospende le esecuzioni (analogamente al fisco) . Inoltre, la legge prevede che il pagamento tardivo delle ritenute previdenziali (anche durante un processo) estingua il reato penale (causa di non punibilità) . Negozialmente, il Codice include anche i contributi tra i crediti ristrutturabili: in accordi e concordati si può proporre la falcidia o dilazione anche sui contributi (transazione previdenziale), soggetta agli stessi meccanismi di cram-down (soglia 50-60%) previsti per il Fisco . In pratica, un buon piano in concordato può riconoscere interamente i contributi dovuti ai lavoratori (per evitare il reato e per coprire il TFR) e magari falcidiare quelli accessori (sanzioni) o quelli dell’azienda (datoriali), nel rispetto delle percentuali minime di legge .
- Debiti verso dipendenti (retribuzioni e TFR). La mancata corresponsione di salari o TFR arretrati espone a rischi sia sociali che giuridici: il lavoratore non pagato può dimettersi con giusta causa e ottenere Naspi, oppure chiedere subito un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo per il credito di lavoro . Con questo titolo, il dipendente può pignorare il conto aziendale o beni. Spesso, in caso di crisi grave, i lavoratori – spesso coadiuvati dai sindacati – promuovono collettivamente l’istanza di fallimento del datore di lavoro per accedere al Fondo di Garanzia INPS (che copre in parte gli arretrati e il TFR) . I crediti di lavoro godono di un privilegio generale per le ultime 12 mensilità e di un privilegio speciale sul TFR: in una liquidazione i dipendenti saranno fra i primi soddisfatti (anche tramite INPS) .
Soluzioni difensive. Il debitore dovrebbe cercare di evitare conflitti con i dipendenti, ad esempio proponendo accordi individuali di rientro (pagamento frazionato o welfare in cambio di ritardo) . Tuttavia, fuori da accordi espliciti, i piani concorsuali proteggono i lavoratori: in un concordato in continuità aziendale non è quasi mai possibile saccheggiare gli stipendi arretrati (che diventano crediti prededucibili o protetti al 100%) . Se l’azienda chiude, invece, i lavoratori incassano dal Fondo INPS, che subentra come creditore verso l’azienda per importi anticipati. In ogni caso, continuare l’attività senza poter pagare gli stipendi correnti porta al tracollo (e può anche configurare reato di sfruttamento): il piano di risanamento deve necessariamente prevedere come garantire le retribuzioni in corso . Qualora l’impresa non possa mantenere i pagamenti, può essere utile ricorrere agli ammortizzatori sociali (cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale) per coprire temporaneamente gli stipendi, dove disponibile. In sintesi, i debiti verso dipendenti vanno affrontati prioritariamente con pagamenti regolari o accordi di mediazione, contando sull’intervento del Fondo INPS in procedura.
Tabelle riepilogative dei debiti e delle soluzioni
| Tipo di creditore | Diritti e azioni tipiche del creditore | Difese e contromisure del debitore |
|---|---|---|
| Banca / Finanziaria | Revoca fidi e richiesta immediata saldo; decreto ingiuntivo e pignoramenti (conto corrente, crediti, beni mobili non garantiti); escussione garanzie reali (ipoteca su capannone, pegno su impianti) e personali (fideiussioni); eventuale istanza di fallimento se credito ≥ €30k e insolvenza conclamata . | Negoziare moratoria o riallungamento piani di rientro; attivare la Composizione negoziata per rinegoziazione protetta dall’esperto; proporre un piano di risanamento attestato (accordo stragiudiziale con indipendente); se necessario, accordo di ristrutturazione omologato (coinvolgendo almeno il 60% dei creditori); o concordato preventivo (con cram-down su classi dissenzienti). In emergenza, chiedere il concordato per bloccare i pignoramenti (stay). Per soci fideiussori: valutare procedure di sovraindebitamento per debiti personali. |
| Fornitori (chirografari) | Sospensione forniture di materie prime; decreto ingiuntivo e pignoramento beni aziendali o conti; possibile istanza di fallimento se debiti > soglia e insolvenza; salvo riserva di proprietà, nessuna garanzia reale. | Negoziare con ciascun fornitore: saldo e stralcio (pagamento parziale con sconto) o dilazioni concordate; evitare pagamenti preferenziali a scapito di altri (pericolo revocatorie); coinvolgere fornitori chiave in accordi standstill/moratoria per guadagnare tempo; coinvolgimento collettivo: concordato preventivo in continuità o liquidatorio (proposta di pagamento parziale a tutti i chirografari, vincolante se approvata) ; accordo di ristrutturazione omologato per fornitori aderenti (con successivo piano per gli altri); opporsi ai decreti ingiuntivi solo se vi sono contestazioni serie (per guadagnare tempo). |
| Erario (Agenzia Entrate/Riscossione) | Iscrizione ipoteca su immobili aziendali (debito ≥ €20k); fermo amministrativo su veicoli/beni mobili registrati (debito ≥ €5k); pignoramenti diretti senza giudice (conti correnti, crediti, beni mobili/immobili con privilegio fiscale); istanza di fallimento se debiti scaduti > €30k e insolvenza; privilegi sulle imposte (IVA e ritenute non versate in privilegio generale, altre imposte in privilegio speciale se pre-deducibili) . | Richiedere subito la rateizzazione amministrativa (fino a 6-10 anni, art.19 DPR 602/73) per bloccare azioni esecutive (il debito viene solo dilazionato); aderire a “rottamazioni” (condoni) quando disponibili per tagliare sanzioni/interessi; transazione fiscale nelle procedure: proporre pagamento parziale/dilazionato di imposte (falcidia di IVA/IRAP, eliminazione sanzioni) in concordato o accordo (art. 63 e 88 CCII); sfruttare il cram-down tributario: con il correttivo 2024 il tribunale può omologare comunque il piano anche senza voto Erario, se nel piano si offre almeno il 50-60% del credito tributario (rispetto al fallimento) . In Composizione negoziata (seduta stragiudiziale) è ora possibile proporre un accordo transattivo col Fisco (art. 23 CCII) . Se le esecuzioni sono in corso, valutare la domanda di concordato “in bianco” per sospenderle (stay). Nel piano, prevedere almeno un pagamento parziale di IVA e ritenute per evitare reati penali (il credito concordatario estingue il reato) . |
| Enti previdenziali (INPS/INAIL) | Analoghi all’Erario: avvisi di addebito, poi ruoli affidati ad AER, con ipoteche su immobili e pignoramenti; istanza di fallimento con le stesse soglie (€30k); crediti privilegiati sui beni (generale per contributi lavoro); reato per ritenute previdenziali > ca. €10k annui (salvo pagamento tardivo) . | Rateizzare i contributi con l’INPS (piani fino a 24-36 mesi) per bloccare esecuzioni; transazione previdenziale in accordi/concordato (analoga a quella fiscale) con pagamento parziale dei contributi e dilazione; anche qui cram-down: possibile omologare il piano anche contro INPS non aderente, se offre ≥50-60% e nessun peggioramento rispetto al fallimento ; pagare prioritariamente le ritenute sui dipendenti (anche solo successivamente) per estinguere il reato; considerare Fondo di garanzia INPS per TFR/ultime mensilità in caso di fallimento, evitando l’esborso immediato per l’impresa (il fondo subentra come creditore chirografo). |
| Dipendenti (salari e TFR) | Azione giudiziaria immediata: decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo per crediti di lavoro non pagati; pignoramento beni aziendali (salvo efficacia limitata per privilegi); possibile istanza di fallimento da parte dei lavoratori (per attivare il Fondo garanzia). Privilegi: ultime 12 mensilità di stipendio – privilegio generale fino a un certo massimale, TFR – privilegio speciale su beni mobili/immobili; in caso di insolvenza, INPS paga TFR e max 3 mensilità tramite il Fondo . | Tentare accordi diretti con i dipendenti (pagamenti frazionati, dilazioni, welfare) per evitare dimissioni per giusta causa . Ricorrere a ammortizzatori sociali (CIGC per crisi aziendale) per coprire temporaneamente gli stipendi, se disponibile. In concordato in continuità i debiti di lavoro scaduti devono essere normalmente pagati integrali (sono prededucibili). Se si cessa l’attività, i lavoratori incasseranno tramite il Fondo INPS e l’INPS si insinua. Nel piano di risanamento, garantire le retribuzioni correnti: continuare l’attività senza liquidità per i salari è controproducente (e rischia ipotesi di illecito). Comunicare con trasparenza ai dipendenti: in genere il concordato/accordo paga loro i crediti tramite Fondo, mentre i pignoramenti individuali potrebbero mettere a rischio l’azienda (da far capire con sincerità). Utilizzare, quando possibile, il Fondo INPS e ogni strumento legale che riduca subito il carico salariale arretrato (prima possibile). |
Strumenti di composizione e ristrutturazione dei debiti
Per un’azienda indebitata, oltre alle singole trattative coi creditori, esistono procedure organiche che consentono di congelare le azioni individuali e ristrutturare i debiti in modo strutturato. In generale, più la crisi è grave, più si va verso forme formali (giudiziali) di composizione. Di seguito i principali istituti, dal più stragiudiziale al più “concorsuale”:
- Composizione Negoziata della crisi d’impresa. È un nuovo percorso volontario e riservato, introdotto dal D.L. 118/2021 (conv. L. 147/2021) e oggi disciplinato dagli artt. 12-25 CCII . Può essere attivata da qualsiasi imprenditore in difficoltà e consiste in una fase di trattativa assistita da un esperto indipendente nominato dal Ministero della Giustizia. L’iniziativa è segreta (senza pubblicità legale) a meno che non si chiedano misure protettive al tribunale. Durante la composizione negoziata i creditori (banche, fornitori, INPS, ecc.) dialogano congiuntamente per trovare accordi di rientro: l’esperto facilita l’intesa, che può prevedere rinegoziazione dei piani di rimborso bancario, slittamento pagamenti ai fornitori, rateizzazioni fiscali, ecc. La novità del 2024 (D.Lgs. 136/2024) ha introdotto anche la possibilità di proporre transazioni fiscali e previdenziali in sede di composizione negoziata (art. 23 CCII) . Vantaggi: è flessibile, protetta (si può sospendere l’azione esecutiva delle banche con decreto del tribunale per 4 mesi) e incoraggia un clima collaborativo tra debitori e creditori. Svantaggi: è una trattativa, non vincolante; se alcuni creditori chiave non accettano compromessi, non si può imporli come nel concordato; inoltre, nella composizione negoziata non si possono falcidiare i debiti previdenziali (INPS va necessariamente pagato integralmente) , e non esiste un vero cram-down: se il Fisco rifiuta, bisogna tentare l’accordo formale. In sintesi, la composizione negoziata è uno strumento da cogliere prima che la crisi diventi irreversibile: consente di coinvolgere i creditori con una procedura snella e trasparente, e talvolta blocca subito le esecuzioni . Se alla fine si raggiunge un’intesa, questa deve poi essere omologata dal tribunale affinché vincoli anche i dissenzienti (ovvero si trasforma in un accordo o concordato).
- Accordi di ristrutturazione dei debiti (A.d.r.). Erano già presenti nella vecchia legge fallimentare (art. 182-bis L.F.), e ora sono disciplinati agli artt. 57-64 CCII. L’accordo di ristrutturazione è un’intesa negoziata dal debitore con una parte qualificata dei creditori (almeno il 60% dei crediti, o 75% per alcuni), finalizzata a ristrutturare il debito e risanare l’impresa. Una volta raggiunto il consenso, l’accordo si rende vincolante erga omnes con l’omologazione del tribunale. Dal 2022 è possibile anche una forma agevolata (Accordo Agevolato) con soglia ridotta di adesione . Vantaggi: procedura più rapida del concordato, senza commissariamento e senza obbligo di rispettare l’ordine delle cause di prelazione; lascia al debitore la gestione in continuità. Limiti: occorre una negoziazione preventiva significativa con i creditori che devono già essersi manifestati disponibili; in sé non blocca le azioni esecutive (a meno che non si chieda contestualmente al tribunale misure protettive, come anticipa l’istituto della “domanda di concordato con riserva”). In pratica, un A.d.r. omologato obbliga i creditori aderenti ad accettare i termini di ristrutturazione (ad es. pagamento di X% del debito in più anni), mentre i non aderenti rimangono liberi fino all’esito finale della procedura. In caso di fallimento successivo, l’accordo omologato produce effetti limitati (i creditori non aderenti potranno insinuarsi secondo il credito originario). L’accordo agevolato semplifica l’iter, ma richiede l’assenza di procedure pendenti ed esclude decreti ingiuntivi in atto.
- Piani attestati di risanamento. Si tratta di programmi di ristrutturazione pattuiti con i creditori stragiudizialmente, ma certificati da un professionista indipendente (attestatore) che ne verifica fattibilità. Tecnicamente non sono soggetti ad omologa giudiziale, quindi restano contrattuali, ma l’attestato protegge il debitore (è tenuto come prova contraria in caso di revocatoria fallimentare) e talvolta facilita l’accesso a finanziamenti (sono crediti prededucibili i finanziamenti destinati all’attuazione del piano). I piani attestati offrono flessibilità e riservatezza, ma non garantiscono l’efficacia verso i creditori dissenzienti.
- Concordato preventivo. È la procedura concorsuale classica di ristrutturazione/debitriciom (artt. 84-110 CCII), in cui l’impresa propone al tribunale un piano di soddisfacimento per tutti i creditori (con o senza continuazione dell’attività). In un concordato in continuità aziendale, l’azienda propone di continuare l’attività (totalmente o parzialmente), pagando i creditori con flussi futuri e vendita parziale di beni; in un concordato liquidatorio, si cessa l’attività e si vendono tutti i beni per pagare i creditori. Il concordato è efficace se approvato dalle maggioranze di legge (sale delle assemblee dei creditori) e omologato dal giudice. Pro: blocca automaticamente tutti i pignoramenti individuali (effetto “stay”) e consente un trattamento unitario di tutte le categorie di debitori (anche pubblici). Grazie alle riforme, oggi il piano può prevedere transazioni fiscali e previdenziali con falcidie, e il tribunale può omologare anche con voto contrario degli enti pubblici se il piano soddisfa le condizioni minime (art. 101, CCII). Contro: l’iter è complesso e formale, richiede (in genere) elaborare un piano dettagliato con allegati economici. Inoltre, se il concordato fallisce (o il piano è inattuabile), l’azienda rischia la liquidazione giudiziale. Dal 2022 è stato introdotto un concordato semplificato post-composizione negoziata: se una trattativa negoziata fallisce entro i termini, si può accedere a un concordato facilitato con consultazioni più snelle.
- Procedure per sovraindebitamento. Se il produttore di cavi è una persona fisica o un’impresa non commercialmente fallibile (ad es. sotto determinate soglie di fatturato o livelli occupazionali), può accedere a istituti straordinari quali il piano del consumatore, la liquidazione del patrimonio o il concordato in continuità del microcrédito (ex legge 3/2012 o sue evoluzioni). Questi strumenti consentono di trattare i debiti personali e aziendali con piano attestato e accordi convenuti con i creditori. Tuttavia, per una SRL o S.p.A. di dimensioni ordinarie non si applicano tali procedure: vi si applicano le regole ordinarie del CCII.
In pratica, l’imprenditore deve scegliere lo strumento più adeguato alla sua situazione: in generale, l’ordine è passare dal meno formale al più formale: prima tentare negoziazioni private (composizione negoziata, piani attestati), poi accordi con omologa, infine concordato preventivo. Tuttavia, se ci sono già in corso azioni esecutive aggressive (pignoramenti, aste), può convenire presentare subito un’istanza di concordato in bianco per ottenere immediatamente lo stop delle esecuzioni (misure protettive).
Domande frequenti (FAQ)
D: Quando un’impresa è da considerarsi in stato di insolvenza?
R: L’insolvenza aziendale, secondo il CCII, si configura quando il debitore non è in grado di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni. Non occorre un bilancio formale negativo, ma indici sintomatici come perdite di capitale, liquidità esaurita, o ritardi sistematici nei pagamenti. Inoltre, ai fini del fallimento (liquidazione giudiziale) si considera insolvenza anche il superamento della soglia legale di crediti scaduti non pagati (€30.000), qualora si ravvisi l’impossibilità di pagare almeno i crediti prededucibili . In ogni caso, l’art. 3 CCII impone di vigilare costantemente sulla liquidità e adottare strumenti di allerta se emergono segnali di difficoltà .
D: Cosa succede se l’Erario o l’INPS chiedono il fallimento?
R: Un’istanza di fallimento (liquidazione giudiziale) può essere presentata da qualsiasi creditore se l’impresa è insolvente (art. 15 CCII). L’Agenzia Entrate e l’INPS hanno specifiche competenze: se i debiti fiscali o contributivi scaduti superano €30.000, previa un preavviso di 60 giorni (intimazione ad adempiere), possono richiedere al tribunale la liquidazione coatta dell’impresa. In pratica, se il Fisco o l’INPS avviano tale richiesta, l’azienda rischia la dichiarazione di fallimento. Tuttavia, spesso le Amministrazioni preferiscono favorire accordi transattivi piuttosto che un fallimento (che incamera poco), ma possono esercitare l’azione se l’insolvenza è grave . Se un’istanza di fallimento viene aperta, le trattative individuali cessano e subentra un curatore.
D: Cosa significa “transazione fiscale” nel concordato?
R: È la possibilità di proporre all’Erario un trattamento di favore sui debiti tributari nell’ambito di un concordato o accordo di ristrutturazione omologato. L’impresa può offrire di pagare solo una parte dell’imposta dovuta (ad esempio il 50%) con il sacrificio delle sanzioni e interessi, distribuendo i pagamenti su più anni. Con la riforma del 2024, è sufficiente che il piano sia almeno pari o migliore per l’Erario rispetto alla liquidazione fallimentare: il tribunale può omologare il piano anche se l’Agenzia non ha aderito, purché siano rispettate le soglie di sofferenza stabilite . Questo meccanismo – chiamato “cram-down fiscale” – elimina il veto assoluto del Fisco nei concordati, purché il piano sia serio (ad es. pagare almeno il 50% dell’IVA).
D: Il fattore tempo è importante? Devo agire subito?
R: Assolutamente sì. La priorità è prevenire la crisi irreversibile. Ritardare aumenta i rischi di escussioni (pignoramenti) e responsabilità degli amministratori. L’art. 3 CCII punisce l’inerzia di chi non avverte il “campanello d’allarme”. Agire tempestivamente permette di negoziare soluzioni meno traumatiche. Come dicono gli esperti: «le imprese non falliscono per i debiti, ma per aver agito troppo tardi» . Ogni giorno di ritardo può far lievitare spese legali, interessi di mora e perdita di fiducia dei creditori, rendendo più difficile il risanamento.
D: Come posso fermare i pignoramenti in corso?
R: Le misure immediate includono il ricorso al tribunale: la semplice presentazione di una domanda di concordato preventivo (anche “in bianco”, senza piano completo iniziale) blocca per legge tutte le azioni esecutive individuali (art. 54 CCII). In alternativa, è prevista la possibilità, in composizione negoziata, di chiedere misure protettive al giudice per sospendere i pignoramenti (ad es. moratoria di 4 mesi sulle esecuzioni). Se invece l’esecuzione è iniziata con decreto ingiuntivo, si può tentare opposizione solo se vi sono motivi fondati (ad esempio vizi nella cartella o errore di calcolo) , ma non va usata per dilazionare ad oltranza. In generale, la via più efficace per fermare definitivamente i pignoramenti è il ricorso a una procedura concorsuale (concordato o accordo omologato), che congela automaticamente le iscrizioni e aste.
D: Cosa comporta il concordato in continuità o liquidatorio?
R: Nel concordato in continuità, l’impresa propone di proseguire l’attività (totalmente o con parte degli asset) e presenta un piano di pagamento ai creditori con i flussi futuri. I crediti di lavoro e prededucibili vengono normalmente soddisfatti in via prioritaria; gli altri creditori (banche, fornitori, Fisco, INPS) ricevono le percentuali concordate. Se il piano è omologato, i dissenzienti sono vincolati all’accordo. Nel concordato liquidatorio, l’azienda cessa l’attività e tutti i beni vengono venduti (incanto o trattativa) per ripagare i creditori in una percentuale definita. In ogni caso, serve un piano credibile e approvato dalle maggioranze richieste (art. 101 CCII). Il vantaggio è la paralisi delle esecuzioni e la definizione unica di tutti i debiti; lo svantaggio è la complessità della procedura e il possibile fallimento della ristrutturazione se il piano non viene eseguito.
D: I soci o amministratori rischiano qualcosa personalmente?
R: La responsabilità personale dei soci è in genere limitata al capitale sottoscritto, ma gli amministratori possono essere chiamati a rispondere per mala gestio: non aver gestito con la diligenza richiesta può comportare la responsabilità verso la società e i creditori. Ad esempio, se i soci hanno firmato fideiussioni personali per i debiti bancari, possono essere aggrediti sulla loro casa o conti. Dal punto di vista penale, l’omesso pagamento di IVA oltre €250.000 annui o di ritenute per oltre €150.000 configura reato (artt. 10-bis e 10-ter D.Lgs. 74/2000) . Tuttavia, il fatto di onorare almeno in parte i debiti concordati (in un accordo/conc.) estingue il reato tributario residuale. Inoltre, in caso di liquidazione giudiziale, il curatore può esperire azioni di responsabilità contro gli amministratori se accerta che hanno provocato il dissesto tramite comportamenti negligenti. In sintesi, è fondamentale che gli organi sociali si rivolgano subito a un professionista al primo sospetto di crisi, per evitare di incorrere in colpe eccessive e per proteggere quanto più possibile il loro patrimonio personale (ad es. dichiarando concordati per l’impresa senza impoverirsi abusivamente).
Esempi pratici (simulazioni)
- Caso “Azienda Cavi X” – Negoziazione preventiva riuscita: L’impresa “Cavi X” accumula debiti per €500k (di cui €100k verso una banca, €50k verso fornitori, €120k IVA in arretrato). Anticipando il fallimento, il titolare apre una Composizione Negoziata coinvolgendo un esperto. Convince la banca a non revocare il fido per 6 mesi e a dilazionare il mutuo, coinvolge i fornitori chiave promettendo pagamenti immediati parziali e piani a rate, e propone un accordo di dilazione a Equitalia (50% in 8 anni) e all’INPS (100% in 24 mesi). Dopo 3 mesi di trattative, si perviene a un’intesa: l’esperto attesta la fattibilità del piano e il debitore deposita domanda di accordo di ristrutturazione agevolato in tribunale. Il Tribunale omologa l’accordo: la banca accetta un versamento dilazionato al 60%, i fornitori il 70% in sei anni, e Fisco/INPS ricevono la pianificazione proposta (grazie alla nuova norma 2024). In questo modo “Cavi X” scongiura il fallimento, paga ratealmente le imposte e preserva la produzione, uscendo gradualmente dalla crisi.
- Caso “Cavi Y” – Esperimento concordatario e crisi decisa: L’azienda “Cavi Y”, dopo avere azzerato gli stipendi per due mesi, non riesce più a rinegoziare con fornitori e banca. Allo scadere della fase negoziale del Fondo di Garanzia, i dipendenti annunciano richieste di fallimento. Il management presenta allora una domanda di concordato preventivo in continuità con un piano di ristrutturazione graduale. Viene nominato un commissario giudiziale, ma il piano proposto (pagamento del 50% dei crediti commerciali in 5 anni, idem per la banca) ottiene l’adesione di banche e fornitori. Anche l’assemblea dei creditori approva (con voto tecnico favorente), e il tribunale omologa. Grazie al concordato “Cavi Y” evita il fallimento formale: i fornitori continuano a consegnare, la banca non escute il capannone (ipotecato), e l’azienda riparte sotto protezione giurisdizionale. Dopo il periodo concordatario, “Cavi Y” si libera dei debiti e torna in bonis.
- Caso “Cavi Z” – Liquidazione giudiziale: In una situazione peggiorativa, l’azienda “Cavi Z” esaurisce il capitale e nega i problemi. L’Erario, dopo varie rateizzazioni non pagate, richiama €60k di IVA e chiede il fallimento. Un fornitore ottiene un decreto ingiuntivo e avvia pignoramenti. I debiti salariali restano insoluti. Tardi, il titolare chiede un accordo, ma ormai le soglie per il fallimento sono superate. Il tribunale dichiara il fallimento (liquidazione giudiziale): la curatela vende il capannone e il magazzino per ripagare i creditori secondo priorità. L’imprenditore perde l’azienda (che va in mani terze), mentre i creditori incassano percentuali (basse) dei loro crediti.
Questi esempi illustrano che, benché le procedure non garantiscano sempre il successo, l’avvio tempestivo di trattative o concordati può spesso fare la differenza tra la salvezza dell’impresa e la sua fine.
Fonti normative e giurisprudenziali
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) – D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, come modificato da D.Lgs. 83/2022 (c.d. correttivo) e D.Lgs. 136/2024 (c.d. correttivo-ter).
- Legge Fallimentare (LF) – R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (abrogata, ma ancora citata per riferimento storico).
- D.L. 24 agosto 2021, n. 118 (conv. L. 147/2021) – introduttivo della composizione negoziata (art. 12 e ss. CCII).
- D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 19 – previsione della rateizzazione fiscale fino a 72/120 mesi.
- Legge 11 febbraio 2012, n. 3 (“sovraindebitamento”) – disciplina delle procedure da sovraindebitamento (piano del consumatore, ecc.), dove applicabile.
- Cass. Civ., Sez. I, 18 feb. 2025, n. 4201 – massima ufficiale sul fallimento: la mera rateizzazione dei debiti tributari non esclude che il debito originario sia computato tra quelli scaduti ai fini del superamento della soglia di fallibilità .
- Cass. Civ., Sez. VI, 28 ott. 2024, n. 27782 – afferma che, in concordato preventivo, il tribunale può omologare il piano anche con voto contrario del Fisco o INPS, se il piano offre a tali creditori una soddisfazione almeno pari alla liquidazione .
- Cass. Civ., Sez. I, 25 giu. 2024, n. 32996 – sugli accordi di ristrutturazione omologati (tratta adesione e opposizioni).
- Cass. Civ., Sez. I, 5 apr. 2023, n. 8964 – su effetti vincolanti degli accordi di ristrutturazione (disparità di trattamento).
La tua azienda che produce, assembla, importa o distribuisce cavi elettrici, cavi in rame o alluminio, trefoli, cavi per automazione, per energia, per impianti industriali, cavi speciali, guaine, componentistica e sistemi di cablaggio, oggi è schiacciata dai debiti? Fatti Aiutare da Studio Monardo
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Stai ricevendo solleciti di pagamento, richieste di rientro, blocchi delle forniture, decreti ingiuntivi, cartelle esattoriali o persino minacce di pignoramento da banche, fornitori, Fisco, INPS o Agenzia Entrate-Riscossione?
Il settore dei cavi elettrici è tra i più delicati e costosi dell’industria manifatturiera:
- acquisto di rame e alluminio a prezzi altissimi e molto volatili,
- costi elevati per isolamento, guaine, mescole e materiali speciali,
- impianti energivori e manutenzioni costose,
- stock obbligatori di grandi quantità di materie prime,
- margini compressi da grandi clienti, appalti e GDO,
- pagamenti spesso a 90–150 giorni.
La liquidità può saltare rapidamente, trasformando un normale ritardo di incasso in una spirale di debiti.
La buona notizia? La tua azienda può essere salvata, se intervieni subito e con una strategia efficace.
Perché un Produttore di Cavi Elettrici va in Debito
- aumento incontrollato del prezzo del rame, dell’alluminio e delle materie prime isolanti
- pagamenti lenti da parte di installatori, imprese, industrie, distributori elettrici e GDO
- magazzino immobilizzato in bobine, semilavorati, guaine, mescole, componenti e scarti di lavorazione
- costi elevati di produzione e manutenzione delle linee di estrusione e trafilatura
- investimenti continui in nuove tecnologie, certificazioni, test di qualità e normative
- riduzione o revoca delle linee di credito bancarie
Il vero problema non è la mancanza di ordini, ma la mancanza di liquidità immediata.
I Rischi se Non Intervieni Subito
- pignoramento dei conti correnti aziendali
- blocco dei fidi bancari, anticipo fatture e castelletti
- stop delle forniture di rame, alluminio, guaine, materiali isolanti e componentistica
- atti esecutivi, decreti ingiuntivi, precetti
- sequestro di bobine, materiali, macchinari e semilavorati
- impossibilità di soddisfare ordini e commesse
- perdita di clienti strategici, grandi distributori ed export
Cosa Fare Subito per Difendersi
1. Bloccare immediatamente i creditori
Con il supporto di un avvocato specializzato puoi:
- sospendere pignoramenti in corso
- fermare richieste aggressive di rientro
- proteggere conti correnti e liquidità aziendale
- arrestare le iniziative dell’Agenzia Entrate-Riscossione
È il primo passo per mettere al sicuro l’azienda.
2. Analizzare i debiti ed eliminare quelli non dovuti
Nel settore emergono spesso anomalie gravi:
- interessi non dovuti
- sanzioni errate o gonfiate
- importi duplicati
- debiti prescritti
- errori della Riscossione
- commissioni bancarie anomale o illegittime
Una parte significativa del debito può essere ridotta o cancellata.
3. Ristrutturare i debiti con piani realmente sostenibili
Strumenti concreti:
- rateizzazioni fiscali fino a 120 rate
- accordi con fornitori strategici (rame, alluminio, mescole, componenti)
- rinegoziazione dei fidi bancari
- sospensione temporanea dei pagamenti
- utilizzo delle definizioni agevolate quando attive
4. Attivare strumenti legali che bloccano TUTTI i creditori
Quando la crisi è avanzata puoi ricorrere a:
- PRO – Piano di Ristrutturazione dei Debiti
- Accordi di Ristrutturazione dei Debiti
- Concordato Minore
- (come extrema ratio) Liquidazione Controllata
Questi strumenti permettono di continuare a operare pagando solo una parte dei debiti, sospendendo completamente pignoramenti e atti esecutivi.
Le Specializzazioni dell’Avv. Giuseppe Monardo
Per salvare un’azienda che opera nella produzione e distribuzione di cavi elettrici servono competenze elevate.
L’Avv. Monardo è:
- Avvocato Cassazionista
- Coordinatore nazionale di avvocati e commercialisti esperti in diritto bancario e tributario
- Gestore della Crisi da Sovraindebitamento – elenchi del Ministero della Giustizia
- Professionista fiduciario di un OCC
- Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa (D.L. 118/2021)
È il professionista ideale per bloccare creditori, ristrutturare debiti e salvare aziende del settore dei cavi elettrici.
Come Può Aiutarti l’Avv. Monardo
- analisi immediata della tua esposizione debitoria
- stop urgente ai pignoramenti
- riduzione dei debiti non dovuti
- ristrutturazione del debito con piani su misura
- protezione del magazzino, delle bobine e dei macchinari
- trattative con banche, fornitori e Agenzia Entrate-Riscossione
- tutela completa dell’imprenditore e dell’azienda
Conclusione
Avere debiti nella tua azienda produttrice di cavi elettrici non significa essere destinati alla chiusura.
Con una strategia rapida, tecnica e perfettamente legale, puoi:
- bloccare subito i creditori,
- ridurre davvero i debiti,
- salvare clienti, forniture e continuità operativa,
- proteggere il futuro della tua attività.
Agisci ora.
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