Azienda Di Utensili Da Taglio Con Debiti: Cosa Fare Per Difendersi E Come

Se gestisci un’azienda che produce, distribuisce o affila utensili da taglio, frese, punte, inserti, lame industriali, utensili in metallo duro, HSS, rivestiti PVD/CVD, mandrini e accessori per macchine utensili, e oggi ti trovi con debiti fiscali, debiti con Agenzia delle Entrate Riscossione, INPS, banche o fornitori, la tua attività rischia seriamente di bloccarsi.

Il settore degli utensili da taglio richiede materiali costosi, lavorazioni di precisione, tolleranze strette, forniture continue e tempi di consegna rigidi. Per questo anche un piccolo blocco causato dai debiti può compromettere commesse, fermare linee produttive dei clienti e causare la perdita di contratti importanti.

La buona notizia è che, con la strategia giusta, puoi bloccare le procedure, ridurre i debiti e salvare l’azienda prima che la situazione diventi irreversibile.

Perché le aziende di utensili da taglio accumulano debiti

Le cause più frequenti sono:

  • costi elevati di metallo duro, HSS, carburi, rivestimenti speciali e trattamenti termici
  • rincari dei materiali importati e della componentistica tecnica
  • pagamenti lenti da parte di officine, industrie e costruttori di macchine
  • ritardi nei versamenti di IVA, imposte e contributi INPS
  • magazzini complessi con scorte costose e variabili
  • investimenti necessari per affilatura, macchine CNC e strumenti di misura
  • difficoltà nell’ottenere credito bancario adeguato
  • fornitori strategici che richiedono pagamenti rapidi

Questi elementi possono generare rapidamente crisi di liquidità e indebitamento crescente.

Cosa fare subito se la tua azienda è indebitata

La rapidità è fondamentale. Ecco le prime mosse indispensabili:

  • far analizzare la situazione debitoria da un avvocato esperto in crisi aziendali
  • verificare quali debiti sono contestabili, irregolari o prescritti
  • evitare piani di rientro affrettati e non sostenibili
  • richiedere la sospensione di eventuali pignoramenti già avviati
  • attivare rateizzazioni realistiche con Agenzia Entrate e INPS
  • proteggere fornitori essenziali e materiali critici
  • prevenire blocchi del conto corrente o riduzioni dei fidi bancari
  • valutare strumenti legali per ridurre, ristrutturare o rinegoziare i debiti

Una diagnosi accurata consente di capire quali debiti ridurre, sospendere o contestare.

I rischi concreti per un’azienda indebitata

Senza interventi immediati, i rischi possono essere molto gravi:

  • pignoramento del conto corrente aziendale
  • fermo di macchine CNC, affilatrici e attrezzature critiche
  • blocco delle forniture di utensili grezzi, inserti e materiali
  • impossibilità di completare ordini e forniture ai clienti
  • perdita di clienti industriali e officine meccaniche
  • danni alla reputazione commerciale
  • crisi di liquidità e mancato pagamento di personale e fornitori
  • rischio reale di chiusura dell’attività

Nel settore degli utensili da taglio anche un breve ritardo può fermare catene produttive intere, causando ulteriori penali.

Come un avvocato può aiutarti concretamente

Un avvocato specializzato può:

  • bloccare subito pignoramenti e altre procedure esecutive
  • ridurre l’importo complessivo dei debiti tramite trattative mirate
  • ottenere rateizzazioni sostenibili con Agenzia Entrate e INPS
  • far annullare debiti irregolari, non notificati correttamente o prescritti
  • mediare con fornitori e banche per evitare sospensioni di consegne
  • proteggere macchinari, strumenti e continuità produttiva
  • stabilizzare la situazione aziendale mentre si ristrutturano i debiti
  • evitare l’insolvenza e salvare l’impresa

Una strategia professionale può salvare l’azienda anche in situazioni molto critiche.

Come evitare il blocco dell’attività

Per mantenere l’operatività dell’impresa devi:

  • intervenire immediatamente
  • evitare trattative senza una strategia precisa
  • proteggere fornitori cruciali e materiali indispensabili
  • ristrutturare i debiti prima dei pignoramenti
  • contestare debiti irregolari o calcolati male
  • preservare la liquidità necessaria per produzione e consegne

Così puoi evitare ritardi, penali e perdita di clienti strategici.

Quando rivolgersi a un avvocato

È necessario farlo se:

  • hai ricevuto solleciti, intimazioni o avvisi di pignoramento
  • i debiti con AE Riscossione, INPS o fornitori stanno crescendo
  • rischi il blocco del conto corrente aziendale
  • la liquidità si sta riducendo rapidamente
  • fai fatica a rispettare scadenze e pagamenti
  • vuoi impedire la chiusura o l’insolvenza dell’azienda

Un avvocato esperto può bloccare le procedure, ristrutturare i debiti e mettere in sicurezza l’attività.

Attenzione: molte aziende non falliscono per i debiti, ma per il ritardo nell’intervenire. Con una strategia tempestiva puoi ridurre, rinegoziare o eliminare parte dei debiti, evitando il tracollo.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in debiti aziendali e difesa di imprese meccaniche – ti aiuta a proteggere la tua azienda di utensili da taglio.

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Introduzione

Un’azienda produttrice di utensili da taglio in difficoltà finanziaria si trova ad affrontare debiti di varia natura (fiscali, previdenziali, bancari, verso fornitori, ecc.). In questa guida avanzata – aggiornata a ottobre 2025 – esaminiamo come difendersi efficacemente da creditori e procedure esecutive, illustrando gli strumenti giuridici disponibili nell’ordinamento italiano per la gestione della crisi d’impresa. La prospettiva è quella del debitore: l’obiettivo è salvaguardare la continuità aziendale quando possibile, oppure limitare i danni e le responsabilità personali in caso di insolvenza irreversibile. Adotteremo un linguaggio tecnico-giuridico ma divulgativo, adatto sia a professionisti (avvocati, consulenti) sia a imprenditori e privati coinvolti.

Struttura della guida: Dopo un’analisi delle diverse tipologie di debiti e dei relativi rischi (pignoramenti, segnalazioni in Centrale Rischi, istanze di fallimento, azioni revocatorie, ecc.), passeremo in rassegna le strategie stragiudiziali (accordi privati e piani attestati) e gli strumenti para-giudiziali come la composizione negoziata della crisi. Verranno quindi illustrate le principali procedure concorsuali previste dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) – dal concordato preventivo alla liquidazione giudiziale – con focus su strumenti introdotti di recente (piani di ristrutturazione omologati, concordato semplificato, ecc.). Troverete inoltre tabelle riepilogative che confrontano le soluzioni disponibili, esempi pratici e una sezione Domande & Risposte per chiarire i dubbi più comuni. In conclusione, forniamo un elenco delle fonti normative e giurisprudenziali più autorevoli a supporto delle informazioni fornite.

Importanza di agire tempestivamente: Un concetto chiave emerso dalla riforma della crisi d’impresa è l’importanza della prevenzione e della tempestività. Il nuovo art. 3 del Codice della Crisi impone all’imprenditore di dotarsi di assetti adeguati per rilevare i segnali di crisi e attivarsi “senza indugio” nella ricerca di soluzioni . Agire in ritardo riduce drasticamente le possibilità di risanamento . Viceversa, un intervento tempestivo con gli strumenti giusti può favorire la continuità aziendale e il recupero produttivo . La Composizione Negoziata della Crisi, ad esempio, se attivata per tempo, consente di sospendere le azioni esecutive dei creditori durante le trattative e di tutelare il patrimonio dell’impresa, come dimostra il fatto che circa il 78% delle imprese che hanno utilizzato questo strumento ha richiesto misure protettive per bloccare pignoramenti e azioni cautelari .

Iniziamo dunque analizzando i debiti che più frequentemente gravano su una PMI manifatturiera e le conseguenze legali che ne derivano, per poi passare alle contromisure disponibili.

Tipologie di debiti e relativi rischi per l’azienda debitrice

Una azienda di utensili da taglio può accumulare diverse categorie di debiti, ciascuna delle quali comporta rischi specifici e azioni esecutive differenti da parte dei creditori. In questa sezione distinguiamo principalmente: debiti verso l’erario (tributari), debiti previdenziali, debiti bancari/finanziari, e debiti verso fornitori o altri creditori chirografari (non garantiti da pegno o ipoteca). Analizziamo separatamente ciascun tipo, evidenziando i poteri dei rispettivi creditori e come un imprenditore debitore può difendersi.

Debiti fiscali (verso Erario) e debiti previdenziali

Caratteristiche: I debiti fiscali includono imposte non versate (IVA, IRES, IRAP, ritenute, ecc.), mentre i debiti previdenziali riguardano contributi INPS e premi INAIL non pagati. Queste esposizioni hanno natura privilegiata per legge: lo Stato e gli enti previdenziali godono di cause legittime di prelazione sui beni del debitore (privilegi generali sui mobili, privilegi speciali, ecc., ex artt. 2752–2753 c.c.). Inoltre, il mancato versamento di taluni tributi o contributi può integrare illeciti amministrativi o penali: ad es., l’omesso versamento di IVA oltre soglie di punibilità, o l’omesso versamento di ritenute previdenziali oltre €10.000 annui, può configurare reato.

Poteri dell’Erario e degli enti riscossori: L’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia Entrate-Riscossione (ex Equitalia) hanno strumenti di riscossione coattiva amministrativa che consentono di procedere senza dover ottenere un titolo in sede civile. Dopo la notifica della cartella esattoriale o di un avviso di addebito (per contributi), se il debitore non paga entro i termini (60 giorni, salvo dilazione concessa), il concessionario può attivare misure come: iscrizione di ipoteca su immobili (per debiti complessivi sopra €20.000), iscrizione di fermo amministrativo sui veicoli aziendali (per debiti sopra €1.000), pignoramento diretto di beni mobili o crediti presso terzi (conto corrente aziendale) mediante ingiunzione fiscale, il tutto secondo il D.P.R. 602/1973. Tali procedure prescindono da un previo giudizio: la cartella esattoriale non pagata è di per sé titolo esecutivo. Pertanto, l’azienda debitrice fiscale rischia pignoramenti rapidi sui propri beni, spesso senza preavviso giudiziale (è però prevista la notifica di una “intimazione di pagamento” 5 giorni prima dell’esecuzione ex art. 50 DPR 602/1973). Inoltre, dal punto di vista concorsuale, un rilevante debito fiscale può spingere l’Erario a presentare istanza di fallimento (ora liquidazione giudiziale) dell’azienda se questa è insolvente: in passato era prassi attivabile per debiti sopra €30.000 iscritti a ruolo e scaduti , soglia oggi non rigidamente fissata per legge ma indicativa di “insolvenza” quando vi sia incapacità di farvi fronte.

Come difendersi da Fisco e INPS: Innanzitutto, è fondamentale monitorare la propria posizione debitoria e non ignorare le comunicazioni: in caso di notifica di cartelle o avvisi, il debitore diligente valuta immediatamente le opzioni di difesa. Se il debito non è contestabile nel merito (ad es. l’accertamento è definitivo), conviene spesso richiedere una rateizzazione amministrativa al concessionario della riscossione: attualmente, fuori dalle procedure concorsuali, è possibile ottenere dilazioni standard fino a 72 rate mensili (6 anni) o, in casi di grave difficoltà, fino a 120 rate (10 anni) secondo l’art. 19 DPR 602/1973 e normative collegate. Dal 2023 il legislatore ha introdotto misure di sollievo straordinarie (“rottamazione” delle cartelle esattoriali e saldo-stralcio interessi) per determinati carichi: va verificata l’adesione a eventuali definizioni agevolate vigenti. Ad esempio, nel 2023 era possibile la Rottamazione-quater delle cartelle 2000-2017, con stralcio di sanzioni e interessi.

Se l’azienda necessita di alleggerire il carico fiscale in modo più incisivo, l’unica via è ricorrere a procedure concorsuali o assimilate che prevedano la transazione fiscale. Fuori dalle procedure*, infatti, l’Amministrazione finanziaria non può legalmente rinunciare a parte significativa del credito (se non tramite le predette rottamazioni di carattere generale). Invece, all’interno di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione omologato, è ammesso proporre il pagamento parziale delle imposte e contributi: l’art. 63 CCII consente la transazione fiscale e previdenziale, cioè un accordo tra debitore e Fisco/enti previdenziali inserito nel piano concorsuale, col quale questi crediti privilegiati possono essere soddisfatti in misura ridotta o dilazionata, previa adesione dell’Erario (che vota nel concordato o aderisce all’accordo). Ciò è cruciale per imprese molto indebitate con il Fisco: se la sostenibilità richiede uno stralcio delle pretese erariali, bisogna necessariamente perseguire uno strumento omologato dal tribunale (ADR o concordato), poiché un piano meramente stragiudiziale non vincola il Fisco a rinunciare al credito. Un piano attestato di risanamento (strumento privatistico di cui diremo oltre) non** consente, ad esempio, di formalizzare una transazione fiscale con taglio del debito – l’Agenzia Entrate potrà aderire solo informalmente a eventuali proposte, e in genere è restia a accettare pagamenti incompleti al di fuori di procedure ex lege.

Difese contro le azioni esecutive fiscali: Quando l’azienda riceve atti di pignoramento dall’Agente della riscossione (es. preavviso di fermo auto, iscrizione ipoteca, pignoramento presso terzi), può valutare alcune contromisure immediate: (a) se vi sono vizi formali negli atti (mancata notifica della cartella, prescrizione del credito, errori nell’atto di pignoramento), presentare ricorso amministrativo o giudiziale (Commissione Tributaria per tributi, Tribunale per contributi) per far sospendere/executare l’atto; (b) in difetto di vizi, può comunque chiedere un piano di dilazione anche dopo l’inizio dell’esecuzione – il D.Lgs. 46/1999 prevede che la concessione della rateazione comporta la sospensione delle procedure esecutive in corso. È frequente che, per evitare pignoramenti, il debitore presenti un’istanza di rateizzazione last-minute: se accolta, ad es. pagando subito la prima rata, il fermo o l’ipoteca possono essere sospesi o rimossi.

Tuttavia, la difesa più strutturale è inserire i debiti fiscali/previdenziali in un processo organico di risanamento: ciò implica coinvolgere l’Erario nelle trattative di ristrutturazione del debito. Dal 2021, grazie alle riforme collegate al PNRR, sono stati ampliati gli strumenti per negoziare con il Fisco. Una novità del 2025 (Decreto “Crisi e Rilancio” conv. in L. 27/2025) è la possibilità di estendere le rate fino a 144 mesi (12 anni) anche all’interno di un piano di composizione, e di prevedere transazioni agevolate per debiti sotto €100.000 . Ciò offre maggiore flessibilità nei concordati o accordi con l’Erario, permettendo di proporre soluzioni graduali e sostenibili.

In sintesi, per difendersi da debiti fiscali/previdenziali l’azienda dovrebbe: (1) verificare l’ammontare esatto e la natura dei debiti (per capire se esistono cartelle rottamabili o rateizzabili), (2) valutare un piano di rientro volontario se il debito è gestibile nel tempo (beneficiando di eventuali moratorie legislative), (3) in caso di crisi grave, considerare strumenti concorsuali (accordo di ristrutturazione o concordato) che consentano di cristallizzare il debito e trattare col Fisco su base collettiva. Come vedremo, la Composizione Negoziata può essere un passaggio utile: avviando tale procedura, il debitore può trattare con Agenzia Entrate e INPS con l’ausilio di un esperto indipendente, chiedendo al tribunale misure protettive che congelino nel frattempo i pignoramenti (inclusi quelli dell’Agente di riscossione) .

Esempio pratico: La Alfa S.r.l., che produce utensili da taglio, accumula €150.000 di debiti IVA e ritenute non versate. L’Agenzia Entrate-Riscossione notifica diverse cartelle e iscrive ipoteca sul capannone sociale. Alfa S.r.l. chiede subito una dilazione in 72 rate, bloccando l’esecuzione. Realizza però di non poter sostenere tutte le rate e gli altri debiti: attiva allora una Composizione Negoziata nominando un esperto. Ottenute misure protettive dal tribunale, Alfa tratta con il Fisco proponendo il pagamento del 40% del debito fiscale in 5 anni nell’ambito di un accordo di ristrutturazione. L’Agenzia aderisce (grazie anche alla nuova norma 2025 che agevola transazioni sotto soglia). Il piano, attestato da un professionista, viene omologato e il debito fiscale residuo è stralciato. L’ipoteca sul capannone verrà cancellata una volta eseguiti i pagamenti concordati (o sostituita da garanzie se previste).*

Debiti bancari e segnalazioni in Centrale dei Rischi

Caratteristiche: I debiti bancari includono scoperti di conto corrente, mutui, leasing, finanziamenti e anticipazioni ricevuti da banche o società finanziarie. Tali crediti spesso sono assistiti da garanzie (reali, come ipoteche su immobili aziendali o pegni su macchinari, oppure personali, come fideiussioni degli imprenditori). L’inadempimento verso la banca espone dunque l’impresa sia all’escussione delle garanzie (es.: l’istituto di credito può avviare l’esecuzione ipotecaria sull’immobile dato a garanzia, oppure chiedere ai garanti di pagare) sia alla revoca degli affidamenti concessi. Inoltre, cruciale è l’aspetto della segnalazione in Centrale dei Rischi (CR): la Banca d’Italia gestisce una banca dati che fotografa l’indebitamento di famiglie e imprese verso il sistema finanziario . Se un credito bancario diventa “deteriorato” (in sofferenza), la banca ha l’obbligo di segnalarlo mensilmente alla Centrale Rischi . L’iscrizione a “sofferenza” indica che la banca considera il soggetto insolvente o comunque non più in grado di adempiere alle proprie obbligazioni finanziarie in modo regolare . Ciò equivale a un marchio di discredito finanziario: tutte le banche ne vengono a conoscenza, rendendo impossibile ottenere nuovi crediti e spesso provocando la revoca degli altri affidamenti in essere (effetto domino). La segnalazione in CR può dunque aggravare irreversibilmente la crisi di liquidità dell’azienda debitrice.

Quando scatta la segnalazione e obblighi della banca: Importante notare che la classificazione a “sofferenza” non è automatica per un semplice ritardo di pochi giorni o per uno sconfinamento minore . Le istruzioni di Bankitalia richiedono che la banca valuti la situazione finanziaria complessiva del cliente, tenendo conto di elementi oggettivi (andamento economico, liquidità disponibile, settore di mercato) e soggettivi (volontà di pagamento) . Un mero ritardo nel pagamento di una rata, isolatamente considerato, non giustifica la segnalazione a sofferenza se il cliente non versa in una condizione di insolvenza conclamata . Ad esempio, se l’azienda manifesta volontà di adempiere proponendo un piano di rientro in tempi ragionevoli, segnalarla subito potrebbe violare il dovere di correttezza e buona fede contrattuale da parte della banca . La giurisprudenza ha affermato che la banca deve avvisare il cliente ed evitare segnalazioni affrettate, pena la responsabilità per i danni causati da un’eventuale segnalazione illegittima (ingiustificata). In passato, tribunali come Firenze (decr. 11/8/2017) hanno sancito l’obbligo della banca di comunicare preventivamente l’imminente classificazione a sofferenza, così da consentire al cliente di interloquire o effettuare pagamenti . La Corte di Cassazione, più di recente, ha ribadito che la banca incorre in responsabilità civile se effettua segnalazioni indebite che ledono la reputazione del cliente, ma ha anche chiarito che il danno da segnalazione non è in re ipsa (automatico): va provato dall’attore, sebbene possa essere dimostrato mediante presunzioni, ad esempio deducendo che subito dopo la segnalazione la società ha subìto la revoca degli affidamenti e un peggioramento della sua posizione sul mercato .

Azioni tipiche delle banche verso l’azienda debitrice: Una banca, in caso di insolvenza dell’impresa cliente, può: – Revocare gli affidamenti a revoca (fidi di cassa, castelletto per anticipi su fatture, ecc.) e chiedere il rientro immediato delle somme utilizzate. Questa richiesta – se l’azienda non è in grado di rimborsare – porta spesso all’esposizione “a sofferenza” e quindi alla segnalazione CR. – Escutere eventuali garanzie: ad esempio escutere la fideiussione bancaria o assicurativa, chiedere al fideiussore personale (il titolare/garante) il pagamento, o avviare un’azione esecutiva ipotecaria sul bene immobile dato in garanzia. Poiché la banca è munita di titolo esecutivo (il contratto di mutuo è normalmente un titolo stragiudiziale, oppure la banca può ottenere un decreto ingiuntivo rapidissimo grazie all’estratto conto ex art. 50 TUB), il pignoramento dell’immobile o dei beni aziendali ipotecati può essere celere. – Insinuarsi in procedure concorsuali o promuovere istanza di liquidazione giudiziale: se la banca ritiene l’impresa insolvente in modo irreversibile, può (come ogni creditore) chiederne il fallimento. Questo accade soprattutto se non vi sono margini di ristrutturazione e l’esposizione è ingente.

Come difendersi verso le banche: Per un’azienda debitrice, difendersi significa gestire proattivamente il rapporto con gli istituti di credito. Alcune strategie: – Comunicazione e trasparenza: mantenere informate le banche della propria situazione, presentando per tempo piani industriali o di ristrutturazione. Spesso, banche allarmate dall’andamento del conto preferiscono una rinegoziazione piuttosto che agire immediatamente: ad esempio, si può chiedere una moratoria delle rate (accordi ABI-moratoria esistono in determinate circostanze), o la rischedulazione del debito (allungamento dei termini di rimborso). Se l’azienda predispone un piano credibile di risanamento e lo condivide con la banca, quest’ultima potrebbe astenersi dal classificarla subito in sofferenza, trattandola invece come credito “forborne” (oggetto di concessioni). – Accordo stragiudiziale con le banche: se i debiti bancari sono tra i più pesanti, l’impresa può tentare un accordo di ristrutturazione del debito specifico con i finanziatori. Ad esempio, un pool di banche creditrici potrebbe accordare un haircut (riduzione dell’importo dovuto) o una conversione del debito in strumenti partecipativi, pur di evitare il default totale. Tali accordi in genere vanno formalizzati in scrittura privata. Si tenga presente che se l’accordo coinvolge una pluralità di banche, potrebbe rientrare negli “accordi di ristrutturazione dei debiti” previsti dall’art. 57 CCII, soggetti a omologazione in tribunale purché aderiscano creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti . In tal caso l’accordo ha efficacia anche verso i creditori finanziari dissenzienti appartenenti a categorie omogenee, se previsto dalla legge (accordo esteso). – Utilizzo di procedure con misure protettive: un potente strumento difensivo, qualora la banca minacci escussioni o abbia già revocato gli affidamenti, è attivare una procedura che sospenda le azioni esecutive individuali. Come vedremo, sia la composizione negoziata (previa richiesta al tribunale) sia il concordato preventivo (automaticamente dalla pubblicazione del ricorso ex art. 54 CCII) consentono di ottenere un blocco dei pignoramenti e delle iniziative dei creditori. Ad esempio, se una banca sta per pignorare un macchinario chiave, l’azienda può depositare un ricorso per concordato preventivo “con riserva” (c.d. concordato in bianco) ottenendo l’immediato stay delle azioni esecutive. Tale sospensione dà respiro all’impresa per negoziare. Nella composizione negoziata, la percentuale di casi in cui sono chieste misure protettive è altissima (circa il 78% delle imprese istanti) , segno che la protezione dai creditori è spesso il primo obiettivo per guadagnare tempo e spazio di manovra. – Controllare la Centrale Rischi: il debitore ha diritto di accesso ai propri dati in Centrale Rischi (si può richiedere report a Banca d’Italia). È buona pratica monitorare la propria posizione segnalata. Se la banca minaccia la segnalazione a sofferenza, è possibile diffidarla formalmente qualora si ritenga che non sussistano le condizioni (ad esempio, debito contestato in giudizio o in corso di ristrutturazione). In caso di segnalazione errata o affrettata, l’azienda può ricorrere d’urgenza al tribunale per chiederne la cancellazione e il risarcimento dei danni. Cassazione e arbitri bancari finanziari hanno riconosciuto risarcimenti quando la segnalazione risultava infondata o avvenuta senza preavviso, ma – come detto – occorre provare il pregiudizio (perdita di affidamenti, reputazione) e la colpa della banca .

Esempio pratico: La Beta S.p.A., azienda di utensili industriali, ha un mutuo ipotecario e affidamenti bancari per €500.000. A causa di un calo di fatturato, salta diverse rate; la banca revoca i fidi e classifica Beta “in sofferenza”, segnalandola in Centrale Rischi. Beta subisce così la revoca anche di un leasing presso un altro intermediario (effetto domino). Come poteva difendersi Beta? Già ai primi ritardi avrebbe dovuto informare la banca, presentando un piano di risanamento e chiedendo magari 12 mesi di moratoria sulle rate. Quando la banca ha intimato il rientro, Beta poteva attivare una Composizione Negoziata: con l’esperto nominato dalla Camera di Commercio, avrebbe ottenuto misure protettive dal tribunale congelando il mutuo e i fidi per 4 mesi, e negoziato una ristrutturazione. Se la banca avesse segnalato sofferenza nonostante ciò, Beta avrebbe avuto argomenti per contestare l’illegittimità della segnalazione (essendo in corso trattative e non uno stato di decozione conclamata). Infine, Beta poteva anche ricorrere al concordato preventivo: depositando un ricorso con riserva, avrebbe bloccato l’esecuzione ipotecaria che la banca stava avviando sull’opificio aziendale e guadagnato tempo per trovare nuovi investitori.*

Debiti verso fornitori e altri creditori chirografari

Caratteristiche: I debiti verso fornitori, consulenti, locatori, utilities e in generale creditori non privilegiati (chirografari) sorgono nella gestione operativa quotidiana. Tipicamente, fornitori di materie prime o componenti meccanici concedono pagamenti a 60-90 giorni. Quando l’azienda di utensili da taglio entra in crisi di liquidità, inizierà a pagare in ritardo questi fornitori, accumulando insoluti. Tali creditori, non avendo garanzie, sono spesso i primi a risentire della tensione finanziaria. Essi possono reagire sospendendo le forniture (blocco delle consegne), applicando interessi di mora (spesso contrattuali o ex D.Lgs. 231/2002 sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali) e, nei casi più gravi, attivando azioni legali di recupero credito (ingiunzioni, pignoramenti).

Azioni esecutive tipiche dei fornitori: Un fornitore impagato può chiedere un decreto ingiuntivo al tribunale (spesso provvisoriamente esecutivo se il credito è fondato su fatture ben documentate). Ottenuto il decreto e trascorsi 40 giorni senza pagamento né opposizione, il creditore potrà procedere con pignoramenti: sui conti correnti aziendali, sui beni mobili (macchinari, merci in magazzino) o persino su beni immobili dell’impresa (se vi sono, benché i chirografari siano postergati ai creditori privilegiati su questi). Inoltre, possono effettuare pignoramenti presso terzi aggredendo i crediti commerciali della debitrice (ad es. bloccando i pagamenti dovuti ai debitori della società in crisi). Per i creditori chirografari non esistono corsie preferenziali extra-giudiziali: devono passare dal giudice per ottenere titoli esecutivi, ma il procedimento monitorio è rapido. Dunque, un’azienda insolvente rischia di vedersi pignorare il conto in banca o i furgoni da un giorno all’altro, su iniziativa di fornitori frustrati.

Difendersi dai creditori chirografari: Il debitore può mettere in atto diverse difese: – Opposizione a decreti ingiuntivi: se vi sono contestazioni sul credito (merce difettosa, errori contabili, ecc.), l’azienda deve prontamente proporre opposizione al decreto ingiuntivo entro 40 giorni, per trasformare il recupero in un ordinario processo di cognizione, guadagnando tempo e magari evitando la provvisoria esecutorietà. Spesso però il credito commerciale è certo e liquido, quindi non si hanno validi motivi di opposizione nel merito. – Negoziazione e saldo-stralcio: un modo efficace per prevenire azioni legali è negoziare individualmente con ciascun fornitore un accordo di rientro del debito. Ciò può avvenire tramite piani di pagamento dilazionati (scrittura dove il debitore si impegna a pagare, ad es., in 12 rate mensili, magari riconoscendo parte degli interessi di mora) oppure mediante un saldo e stralcio (pagamento parziale immediato a fronte della remissione del restante). Molti fornitori preferiscono accordarsi stragiudizialmente, pur di evitare spese legali e incertezza dell’esito concorsuale. Tuttavia, attenzione: tali accordi singoli presentano un rischio potenziale di revocatoria in caso di successivo fallimento, se comportano pagamenti preferenziali (vedi infra l’azione revocatoria). Per mitigare il rischio, l’azienda dovrebbe fare in modo che i pagamenti avvengano in tempi e modi ordinari, ad esempio pagando fatture appena scadute e non con ritardi sospetti – i pagamenti eseguiti nei termini d’uso sono esenti da revocatoria (art. 67 co.3 lett. a) l.fall., ora art. 166 CCII analogamente) . – Procedure collettive: qualora i debiti verso fornitori siano diffusi e insostenibili, conviene passare da soluzioni collettive: un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (coinvolgendo eventualmente anche banche e altri creditori) o un concordato preventivo. In tali procedure, il debitore può imporre ai chirografari una decurtazione (ad esempio “pagherò il 30% del dovuto in 2 anni”) con il vantaggio che, se approvata ed omologata, tale soluzione vincola anche i fornitori dissenzienti. Nel concordato preventivo, i creditori chirografari vengono raggruppati in una o più classi e votano la proposta: se la maggioranza approva, tutti (anche chi ha votato contro) sono obbligati ad accettare il soddisfacimento parziale previsto . È la cosiddetta cram down intra-classista tipica del concordato. Esiste anche il nuovo Piano di Ristrutturazione soggetto a omologazione (PRO) in cui, pur senza voto formale, il tribunale può omologare l’accordo e renderlo vincolante per intere classi di creditori dissenzienti, se certe maggioranze di adesione sono raggiunte . Questi strumenti impediscono al singolo fornitore di “andare per conto proprio” pignorando beni a scapito della par condicio: dal momento del deposito della domanda di concordato o accordo, le azioni esecutive individuali sono sospese (art. 54 CCII). Dunque, attivare una procedura concorsuale è un modo estremo ma efficace di difendersi dalla pioggia di decreti ingiuntivi e pignoramenti dei fornitori. – Conservare rapporti essenziali: da un punto di vista operativo, l’azienda deve individuare quali fornitori sono critici per la prosecuzione dell’attività (es.: il fornitore di acciaio speciale per lame) e assicurarsi di non perderne la collaborazione. Ciò può significare pagare preferenzialmente quei fornitori strategici (magari quelli che altrimenti interromperebbero subito le forniture) e negoziare con loro condizioni di fornitura in crisi (ad esempio, pagamento alla consegna con sconto del pregresso). Questa “discriminazione” tra creditori è rischiosa in prospettiva fallimentare (potrebbe essere vista come atto preferenziale revocabile), ma a volte necessaria per mantenere in vita l’azienda. La legge fallimentare prevede tuttavia alcune esenzioni da revocatoria per i pagamenti ai fornitori eseguiti in contropartita di forniture correnti nell’esercizio dell’impresa effettuate a condizioni normali . In sostanza, se l’azienda continua ad acquistare materiale indispensabile pagando contestualmente parte del dovuto, tali pagamenti potrebbero essere giustificati dall’ordinaria amministrazione e salvaguardati.

Esempio pratico: La Gamma S.a.s., officina meccanica di utensili, accumula €80.000 di debiti verso 15 fornitori diversi. Due di loro ottengono decreti ingiuntivi e pignorano il conto corrente, bloccando di fatto la liquidità aziendale. Gamma avrebbe potuto prevenire questo esito convocando i fornitori e proponendo accordi stragiudiziali di rientro: ad esempio, pagando subito il 50% a saldo e stralcio grazie a un prestito soci, ottenendo quietanze liberatorie. In alternativa, attivando un concordato preventivo, avrebbe congelato tutte le azioni esecutive e proposto di pagare i creditori chirografari al 30% in 2 anni. Se i fornitori avessero approvato a maggioranza, nessuno avrebbe potuto agire individualmente, dovendo attendere l’esecuzione del concordato.*

Riepilogo dei creditori e delle azioni di difesa

Per ricapitolare in forma schematica le diverse tipologie di creditori e i principali strumenti difensivi del debitore, si veda la seguente tabella riepilogativa:

Tipologia di CreditoEsempi e CaratteristicheAzioni tipiche del CreditoreDifese e Soluzioni per il Debitore
Erario (Fisco) – PrivilegiatoIVA, imposte, tasse non versate. Privilegio generale e ipoteche (es. su beni immobili per ruoli > €20.000). Ritardo può integrare reati (omesso versamento).Riscossione mediante cartella esattoriale senza giudice; ipoteca fiscale, fermo auto; pignoramento diretto dopo 60 gg.; possibile istanza di fallimento per insolvenza grave.Rateizzazione amministrativa (72-120 mesi) per bloccare esecuzioni; adesione a rottamazioni se disponibili; in procedure concorsuali: transazione fiscale (pagamento parziale/dilazione omologata) ; misure protettive (composizione negoziata/concordato) per sospendere i pignoramenti.
Enti Previdenziali – PrivilegiatoContributi INPS non versati, premi INAIL. Privilegi simili al Fisco. Omesso versamento ritenute > €10k annuo = reato.Notifica avvisi di addebito INPS (titoli esecutivi); azioni di recupero analoghe al Fisco tramite agente riscossione; istanza fallimento se debito rilevante e non saldato.Come per Fisco: dilazione contributiva presso INPS; inclusione in transazione previdenziale nel concordato/accordo ; composizione negoziata per trattare con INPS; eventuale sospensione cartelle via procedure concorsuali.
Banche/Finanziarie – Garantito (spesso)Mutui, scoperti c/c, leasing. Spesso garantiti da ipoteche o fideiussioni. Crediti classificati secondo solvibilità cliente.Revoca fidi e richiesta rientro; segnalazione Centrale Rischi come “sofferenza” (se insolvenza conclamata) ; escussione garanzie (esecuzione ipotecaria; azione vs fideiussori); possibile istanza di fallimento.Rinegoziazione: chiedere moratoria o allungamento piani di ammortamento; proporre piano di rientro volontario per evitare sofferenza; se segnalazione illecita – ricorso urgente per cancellazione (danno da segnalazione da provare) . In caso di crisi grave: accordo di ristrutturazione con banche (60% consensi + omologa) per riscadenzare o ridurre debito; misure protettive giudiziali (blocco esecuzioni) attivando composizione negoziata o concordato preventivo.
Fornitori/Altri chirografari – Chirografario (nessuna garanzia)Debiti commerciali (acquisto materie prime, servizi), canoni locazione, bollette, ecc. Nessuna prelazione salvo eventuali diritti particolari (es. privilegio artigiano su bene riparato).Decreto ingiuntivo per ottenere titolo; pignoramenti mobiliari (macchinari, merci) o presso terzi (crediti verso clienti); ingiunzione fallimentare (se molti creditori insoddisfatti, possibile richiesta insolvenza). Inoltre, sospensione forniture.Trattativa individuale: concordare piani di pagamento dilazionati o saldo e stralcio (ottenendo quietanza liberatoria) – attenzione a possibili revocatorie se poi fallisce. Pagare fornitori critici per continuità (pagamenti a termine ordinario → esenzione revocatoria) . Per bloccare azioni multiple: avviare concordato preventivo (sospende esecuzioni, consente stralcio parziale dei debiti chirografari se approvato) ; oppure PRO (piano di ristrutturazione omologato) che impone accordo anche ai dissenzienti . Composizione negoziata come passo preliminare per cercare accordo corale.

(Le azioni revocatorie fallimentari relative ai pagamenti preferenziali ricevuti dai creditori saranno trattate più avanti; qui si evidenzia che pagare alcuni creditori escludendone altri può esporre tali pagamenti a revoca se interviene una procedura liquidatoria, salvo rientrino nelle esenzioni di legge.)

Conseguenze dell’insolvenza: pignoramenti, istanze di fallimento e altri rischi

Dopo aver distinto i tipi di debito, esaminiamo le conseguenze giuridiche generali che una situazione di insolvenza o grave indebitamento comporta per l’azienda debitrice. Oltre alle specifiche azioni dei singoli creditori (già viste), vi sono effetti collettivi e rischi aggiuntivi da considerare:

  • Azioni esecutive e pignoramenti in serie: Quando un debitore non paga più regolarmente, i creditori cominciano (chi prima chi dopo) ad attivare procedure esecutive. Ciò può portare a un affollamento di pignoramenti sui beni aziendali: ad esempio, un fornitore pignora i macchinari in officina, una banca pignora il conto corrente, l’Agenzia delle Entrate pignora i crediti verso clienti. Tali azioni non sono coordinate e mirano a soddisfare individualmente il singolo creditore, spesso compromettendo la continuità aziendale (un macchinario essenziale pignorato e venduto all’asta blocca la produzione). La legge prevede che, una volta aperta una procedura concorsuale giudiziale (concordato o liquidazione giudiziale), tutte le esecuzioni individuali debbano arrestarsi in favore di un concorso formale (par condicio creditorum). Ma prima dell’apertura, l’imprenditore subisce la “selva” di azioni esecutive. Per difendersi, come detto, gli unici rimedi sono: ottenere misure protettive da un tribunale (blocco temporaneo dei pignoramenti durante una composizione negoziata) oppure presentare domanda di concordato, poiché già dalla pubblicazione del ricorso il debitore è protetto ex lege (art. 54 CCII). Fuori da ciò, l’imprenditore può solo cercare accordi e temporeggiamenti informali.
  • Istanza di liquidazione giudiziale (fallimento): Se l’impresa è insolvente (incapace in modo non temporaneo di adempiere alle proprie obbligazioni), uno o più creditori possono chiedere al tribunale la dichiarazione di liquidazione giudiziale (il nuovo termine per “fallimento” dal 15 luglio 2022). Anche il Pubblico Ministero può attivarsi (spesso su segnalazione d’ufficio, ad es. se vi sono debiti fiscali ingenti o protesti). L’istanza di fallimento di solito è l’extrema ratio per i creditori, poiché in genere preferiscono tentare il recupero singolo; tuttavia, un creditore strategico (es. banca con ipoteca) potrebbe presentarla per “cristallizzare” la situazione e non subire altri pagamenti preferenziali ad altri. Dal canto suo, l’imprenditore può anche autonomamente depositare istanza di fallimento in proprio se ritiene di non avere alternative (specie per evitare accuse di aggravamento del dissesto). Ricordiamo che non tutte le imprese sono assoggettabili a fallimento: restano escluse le imprese “minori” sotto certi parametri dimensionali (art. 2 CCII). In particolare, non è soggetta a liquidazione giudiziale l’impresa che, nei tre esercizi precedenti, non ha superato contemporaneamente almeno due dei seguenti limiti: attivo di €300.000, ricavi di €200.000 e debiti totali di €500.000 . Se l’azienda di utensili in questione è piccolissima (es. ditta individuale sotto soglie), non potrà essere dichiarata fallita ma rientrerà nelle procedure di sovraindebitamento (si veda oltre). Se invece è sopra tali soglie, il rischio di fallimento c’è. Una volta aperta la liquidazione giudiziale, l’imprenditore perde la disponibilità dei beni (subentra il curatore), l’impresa viene spossessata e si procede alla vendita integrale dell’attivo e al riparto ai creditori secondo prelazioni. Dal 2022, la legge incentiva la chiusura rapida delle liquidazioni e prevede l’esdebitazione del fallito (persone fisiche) di diritto entro 3 anni dalla chiusura, salvo eccezioni (artt. 278-279 CCII). Ma per le società, la liquidazione giudiziale comporta la fine dell’attività e poi l’estinzione della società stessa.
  • Azioni revocatorie fallimentari: Uno spettro che si aggira per le imprese indebitate è la revocatoria delle operazioni compiute prima del fallimento. In caso di successiva liquidazione giudiziale, il curatore può chiedere al tribunale di dichiarare inefficaci alcuni atti che il debitore ha compiuto nel cosiddetto periodo sospetto ante fallimento, restituendo così alla massa attiva quanto uscito indebitamente. Due tipi di atti sono colpiti: (a) atti “anormali” o gratuiti (es. vendite a prezzo vile, pagamenti di debiti non scaduti, costituzione di garanzie per debiti pregressi), che sono presunti pregiudizievoli se compiuti entro determinate soglie temporali (fino a 6 mesi o 1 anno prima); (b) atti “normali” (pagamenti di debiti scaduti, atti a titolo oneroso ordinari) che però richiedono la prova di consapevolezza del debitore e del terzo del pregiudizio ai creditori (scientia decoctionis), entro 6 mesi. Il nuovo Codice della Crisi (artt. 163-169 CCII) ha confermato in gran parte queste regole, introducendo qualche novità: ad esempio, il pagamento di debiti non ancora scaduti eseguito nei 6 mesi anteriori alla domanda di liquidazione è ora considerato inefficace di diritto (prima era solo revocabile su azione) . Lo scopo è evitare che un’impresa in crisi anticipi pagamenti a taluni creditori privilegiati rispetto agli altri.

Dal punto di vista del debitore, ciò significa che bisogna essere cauti nel compiere atti straordinari quando ci si avvicina all’insolvenza: vendere beni a familiari, pagare in fretta un creditore “amico” sacrificando gli altri, dare garanzie all’ultimo minuto su debiti precedenti – tutte queste mosse potrebbero essere annullate dal curatore qualora la procedura concorsuale venga poi aperta, con conseguenze pesanti (il creditore deve restituire le somme e magari l’imprenditore risponde per atti in frode). Tuttavia, esistono protezioni legali: alcune operazioni sono esenti da revocatoria per espressa previsione normativa. Ad esempio, gli atti a titolo oneroso compiuti in esecuzione di un piano di risanamento attestato (art. 56 CCII) sono protetti, così come i pagamenti ordinari per prestazioni eseguite dal fornitore “nei termini d’uso” . La Cassazione ha di recente chiarito (sent. 2176/2023) che le esenzioni dell’art. 67 LF (ora trasfuse nel CCII) si applicano anche all’azione revocatoria ordinaria, non solo a quella fallimentare . Dunque, se il debitore effettua pagamenti che rientrano nelle esenzioni di legge (ad es. pagamenti normali ai fornitori per forniture correnti, stipendi ai dipendenti, ecc.), tali atti saranno al sicuro da qualsiasi revoca, anche se la società fallisse poi .

Per difendersi da conseguenze pregiudizievoli delle revocatorie, il debitore dovrebbe: – Seguire percorsi di risanamento legale: atti e pagamenti eseguiti in conformità a un piano attestato di risanamento o a un accordo di ristrutturazione omologato non sono revocabili (salvo dolo fraudolento). Ad esempio, se l’azienda paga un fornitore chiave come parte di un piano attestato depositato, quel pagamento è protetto ex art. 56 CCII . – Evitare atti distrattivi: non sottrarre beni ai creditori (vendite simulate, intestazioni a terzi) – oltre alla revocatoria, si rischiano profili di bancarotta fraudolenta. – Consultare professionisti prima di operazioni sul patrimonio: un advisor legale potrà consigliare di attendere o di strutturare correttamente certe operazioni (es.: far periziare una vendita di asset per dimostrarne l’equità del prezzo ed evitare sospetti di sotto-valore). – Documentare la buona fede e la convenienza di eventuali pagamenti: se un creditore è pagato perché ciò era funzionale a mantenere in vita l’impresa (ad es. pagamento fornitore che altrimenti avrebbe fatto cessare la produzione), raccogliere elementi che dimostrino che quel pagamento rientrava nell’ordinaria gestione e puntava al risanamento.

  • Responsabilità personali e profili penali: Infine, dal punto di vista dell’organo amministrativo, vanno considerate anche le responsabilità che possono insorgere in contesti di indebitamento non gestito correttamente. I soci amministratori di società di capitali rischiano azioni di responsabilità per mala gestio se aggravano il dissesto (es.: continuando a operare in perdita, pagando preferenzialmente alcuni creditori ad evidente danno di altri, dissipando attivo residuo). Possono essere chiamati a rispondere dei danni verso la società o anche direttamente verso i creditori sociali (azione ex art. 2394 c.c., se il patrimonio è insufficiente a soddisfarli per colpa degli amministratori). Inoltre, in caso di fallimento, condotte di questo tipo possono costituire reati di bancarotta: la bancarotta semplice punisce ad esempio l’aggravamento del dissesto per ritardo nell’istanza di fallimento o per spese personali eccessive in prossimità del crac; la bancarotta preferenziale punisce i pagamenti o le garanzie fatti scientemente per favorire alcuni creditori a scapito di altri in tempo di insolvenza (art. 216 L.Fall, ora analoghe norme nel Codice della Crisi). Ecco perché “difendersi” dai debiti non significa compiere atti disperati per salvarsi individualmente, ma seguire il quadro legale: attivare per tempo le procedure di allerta/soluzione è non solo utile ma doveroso. Il Codice della Crisi valorizza infatti la condotta dell’imprenditore che agisce in buona fede per il risanamento: ad esempio, l’adesione tempestiva alla composizione negoziata e il rispetto della correttezza nelle trattative possono evitare accuse di mala gestio e persino offrire esimenti in sede penale (certi reati fallimentari non vengono contestati se le operazioni avvengono in attuazione di piani attestati approvati).

Riassumendo, lo stato di insolvenza genera una serie di reazioni a catena (pignoramenti multipli, rischio di fallimento, revocatorie, responsabilità) che possono travolgere l’azienda e il suo titolare. Ma il nostro ordinamento – specialmente dopo la riforma del 2022 – offre una gamma di strumenti di composizione della crisi per intervenire prima che il disastro si compia (fase “prenegativa”) oppure per gestirlo in modo ordinato se ormai irreversibile. Nel prosieguo, analizzeremo tali strumenti.

Strategie stragiudiziali per la ristrutturazione del debito

Prima di coinvolgere il tribunale e avviare procedure concorsuali formali, un imprenditore può tentare una gestione stragiudiziale della crisi. Ciò significa cercare accordi e soluzioni fuori dalle aule giudiziarie, basate sul consenso volontario dei creditori, al fine di ristrutturare il debito e risanare l’azienda. Le strategie stragiudiziali hanno il vantaggio di essere riservate (evitando il “marchio” pubblico del fallimento o concordato) e flessibili (possono essere cucite su misura del caso concreto, senza le rigidità procedurali). Di contro, la loro efficacia dipende interamente dalla cooperazione dei creditori: basta un grande creditore che agisca aggressivamente per vanificare gli sforzi privatistici. Vediamo gli strumenti principali in quest’ambito, tra cui spicca il piano attestato di risanamento, oltre alle semplici negoziazioni.

Negoziazione privata e accordi ad hoc con i creditori

Descrizione: La prima via è spesso la più ovvia: l’imprenditore in difficoltà contatta individualmente i propri creditori per negoziare termini migliori. Questo può includere: – Dilazioni informali: Chiedere più tempo per pagare. Ad esempio, un fornitore accorda altri 60 giorni extra oltre la scadenza originale, magari con interessi. – Riduzioni dell’importo dovuto (stralcio): Offrire un pagamento parziale immediato (se si dispone di liquidità o se un investitore è disposto a intervenire) in cambio della rinuncia al resto del credito. Molti creditori preferiscono “prendere subito X ed evitare il rischio di zero poi”. – Concessioni su garanzie: Un creditore potrebbe accettare di non escutere immediatamente una garanzia se il debitore offre garanzie aggiuntive o collaterali (ad es. pegno su altri beni, fideiussione di un terzo). – Moratorie pattizie: Ad esempio, un pool di banche creditrici può sottoscrivere con l’azienda un accordo di standstill, impegnandosi a non revocare gli affidamenti né agire per un certo periodo (es. 6 mesi) mentre l’azienda elabora un piano di ristrutturazione. Questi accordi di moratoria temporanea sono frequenti nei restructuring su base contrattuale, specialmente con creditori finanziari.

Efficacia e limiti: La negoziazione privata può funzionare se la crisi è ancora moderata e la maggioranza dei creditori nutre fiducia nel piano del debitore. Ad esempio, se l’impresa ha una commessa in arrivo che migliorerà i conti, i creditori possono essere convinti ad attendere per essere pagati dal flusso di cassa futuro. Tuttavia, se il debito è eccessivo o se vi sono troppi creditori divergenti, questa via diventa insostenibile. Basta un creditore che non aderisce all’accordo e procede legalmente per mandare all’aria l’intera ristrutturazione (perché magari pignora i beni necessari all’attività). In assenza di un vincolo legale che tenga uniti i creditori, il rischio di comportamenti opportunistici (il “prisoner’s dilemma” dei creditori: conviene agire per primi per non restare ultimi) è alto. Infatti, paradossalmente, un creditore può avere incentivo a tirarsi fuori dall’accordo e aggredire l’azienda prima che questa risani, per recuperare il suo credito per intero mentre gli altri pazientano.

Consigli pratici: Per massimizzare le chance di successo: – L’azienda dovrebbe presentare un piano di rilancio credibile (con dati finanziari, previsioni di rientro, eventuali sacrifici condivisi da soci – come immissione di capitali freschi). Ciò convincerà i creditori che val la pena attendere e collaborare. – Sarebbe opportuno stipulare con i creditori un accordo quadro scritto, che vincoli tutti quelli disponibili a certe condizioni (es. percentuale di stralcio o tempistiche di pagamento) a condizione che aderiscano anche altri creditori significativi. Questo crea un effetto “se tutti firmano, stiamo fermi”. – Mantenere la riservatezza delle trattative, per evitare allarmismi in altri stakeholder (dipendenti, clienti) che potrebbero peggiorare la situazione. – Valutare l’assistenza di un advisor finanziario terzo, che negozi per conto dell’azienda con i creditori chiave (specialmente banche). Ciò professionalizza il tavolo e aumenta la fiducia (spesso i creditori si fidano di più se vedono un professionista attestare i numeri).

Molte ristrutturazioni aziendali di successo avvengono con accordi stragiudiziali di questo tipo, soprattutto per imprese medio-grandi. L’ordinamento riconosce questa possibilità e la favorisce anche fiscalmente (ad esempio, eventuali riduzioni di debito pattuite possono generare sopravvenienze attive esenti in certi casi, se rientrano in piani attestati ex art. 56 CCII). Il limite è che, senza omologazione giudiziale, l’accordo vincola solo chi lo sottoscrive: un dissidente resta libero e può agire.

Collegamento con procedure formalizzate: Questi accordi privati possono essere poi “trasfusi” in strumenti giuridici più solidi. Ad esempio, se l’azienda ottiene il sì del 70% dei creditori su un piano, può presentarlo in tribunale come accordo di ristrutturazione ex art. 57 CCII per ottenere l’omologa che lo rende efficace erga omnes per i creditori aderenti e, in certi casi, anche per minoranze non aderenti (vedi infra). Oppure, se manca qualcosina di consensi, potrebbe usare il nuovo piano di ristrutturazione soggetto a omologazione per imporlo comunque alle classi dissenzienti con il cram-down .

In definitiva, la negoziazione privata è la prima linea di difesa: tentare di risolvere senza tribunale. Se però si intravede che non tutti i creditori collaboreranno, conviene passare a strumenti ibridi o giudiziari, come quelli che ora discutiamo.

Piano attestato di risanamento (art. 56 CCII)

Uno dei pilastri delle soluzioni stragiudiziali “strutturate” è il piano attestato di risanamento (PAR), disciplinato dall’art. 56 del Codice della Crisi e dell’Insolvenza. Si tratta di un istituto che esisteva già sotto la legge fallimentare (introdotto nel 2005, art. 67 co. 3 lett. d L.F.) e che il CCII ha formalizzato meglio .

Cos’è un piano attestato: È essenzialmente un piano industriale e finanziario di risanamento dell’impresa in crisi o insolvente, redatto dall’imprenditore con l’ausilio di professionisti, che prevede la ristrutturazione dei debiti e il riequilibrio aziendale in un dato orizzonte temporale. Il piano deve essere “attestato” da un professionista indipendente – tipicamente un commercialista o esperto di crisi iscritto all’albo – il quale certifica con relazione scritta la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano proposto . Non è richiesta l’approvazione di alcuna autorità pubblica: il piano attestato è stragiudiziale e volontario al 100%. Nasce come atto unilaterale del debitore, ma per realizzarlo occorre il consenso dei creditori coinvolti (ad esempio, se il piano prevede che le banche proroghino le scadenze dei mutui, bisogna contrattare accordi con tali banche in tal senso).

In breve, il PAR è un accordo privato con i creditori basato su un piano elaborato dal debitore e asseverato da un esperto terzo . La legge però gli attribuisce importanti effetti protettivi se conforme ai requisiti: – Gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del piano attestato non sono soggetti ad azione revocatoria successiva (salvo il caso di dolo comune fra debitore e creditore per frodare gli altri creditori). Ciò dà sicurezza ai partner contrattuali: un fornitore che accetti un pagamento scontato nell’ambito del piano non dovrà restituirlo se l’azienda fallisce poi, a differenza di un pagamento preferenziale fuori piano. – L’imprenditore che segue un piano attestato potrebbe evitare contestazioni di bancarotta semplice o preferenziale, in quanto sta tentando un risanamento secondo la legge. Il piano attestato di per sé non esime automaticamente da reati, ma alcune condotte altrimenti censurabili (es. pagamento di taluni creditori) diventano lecite se compiute in attuazione del piano di risanamento depositato (il CCII prevede cause di non punibilità per atti compiuti in conformità a piani omologati o anche attestati, per alcuni reati minori). – Dal punto di vista fiscale, la legge di bilancio 2023 e 2024 ha confermato l’esenzione da tassazione delle sopravvenienze attive derivanti da riduzione dei debiti nel quadro di un piano attestato. Ciò significa che se i creditori rinunciano a parte dei crediti, l’azienda non paga IRES su quel “guadagno” contabile, analogamente ai concordati.

Procedura di adozione: Non c’è una vera procedura formalizzata. Tipicamente i passi sono: 1. L’imprenditore incarica un professionista attestatore (requisiti: indipendenza, iscritto registro gestione crisi, ecc.). 2. Si predispone un piano con: analisi cause della crisi, situazione economico-patrimoniale attuale, misure proposte (ad esempio: apporto nuovo capitale dai soci, cessione di un immobile non strategico per fare cassa, dilazione pagamenti debiti, accordi con banche per nuove linee di credito o per rinuncia interessi, ecc.), proiezioni di cash flow a 3-5 anni che mostrino la sostenibilità futura. 3. L’attestatore verifica i numeri, chiede eventuali integrazioni, e alla fine emette una relazione di attestazione in cui dichiara che il piano è idoneo a risanare l’impresa e a garantire il riequilibrio finanziario . Deve dichiarare che i dati contabili sono veri e che le assunzioni del piano (es. crescita ricavi del 5% annuo, margini X, vendita immobile a Y euro) sono realistiche. 4. Il piano può essere pubblicato nel Registro delle Imprese su richiesta del debitore (non è obbligatorio, ma la pubblicazione offre pubblicità ai terzi dell’esistenza del piano e costituisce, ai fini di eventuali esenzioni revocatorie, una data certa di riferimento). 5. Nel frattempo, il debitore negozia con i creditori l’adesione al piano: formalmente il piano è unilaterale, ma la sua attuazione richiede che i creditori accettino le modifiche proposte. Spesso si fanno firmare ai creditori delle lettere di adesione o dei contratti bilaterali (es. nuova scadenza mutuo). 6. Una volta pronto e attestato, il piano si esegue: l’azienda e i creditori attuano quanto concordato (pagamenti, rinunce, ecc.).

Ambito di utilizzo: Il piano attestato è utile quando l’impresa ha prospettive concrete di risanamento e la crisi non è ancora così grave da dover ricorrere a procedure concorsuali pubbliche. È pensato come strumento di prevenzione: anche imprese formalmente insolventi possono usarlo, ma in pratica funziona meglio per crisi reversibili se supportate da finanza o asset di recupero. Sotto il profilo soggettivo, ogni imprenditore “commerciale” può accedervi, purché fallibile (il PAR è calibrato per imprese soggette al fallimento; i piccoli non fallibili avrebbero procedure di sovraindebitamento analoghe). La giurisprudenza ammette piani attestati anche per imprese già in liquidazione volontaria, se finalizzati al risanamento e non alla mera liquidazione (c’è dibattito se una società in liquidazione possa risanarsi; in teoria sì, revocando la liquidazione).

Limiti e rischi: Il piano attestato non offre protezione immediata contro le azioni dei creditori. A differenza del concordato, qui non c’è nessuna automatic stay: se durante la preparazione del piano un creditore agisce, il debitore non ha scudo. Questo è un limite: il PAR presuppone un clima sufficientemente collaborativo. Se invece i creditori sono aggressivi, l’imprenditore potrebbe dover ripiegare su composizione negoziata o concordato (che offrono misure protettive). Inoltre, il PAR deve ottenere di fatto il 100% di adesioni da parte dei creditori strategici: se alcuni non stanno all’accordo, essendo stragiudiziale non li vincola affatto. Si dice infatti che nel PAR vige la regola della unanimità economica: i dissenzienti hanno diritto a essere pagati per intero alle scadenze originarie, altrimenti possono agire. Quindi, funziona se i dissenzienti sono trascurabili o comunque vengono pagati fuori piano.

Un altro limite: nel piano attestato non è possibile imporre un trattamento forzoso ai creditori pubblici. Come già detto, il Fisco e l’INPS non possono accettare formalmente stralci fuori dalle procedure; dunque se l’impresa ha debiti fiscali ingenti da dover falcidiare, il PAR non è sufficiente da solo (bisognerebbe convertirlo in accordo omologato con transazione fiscale).

Differenze rispetto ad altre procedure: Il PAR si distingue dall’accordo di ristrutturazione e dal concordato perché: – Non coinvolge il tribunale (se non passivamente con la pubblicazione registro imprese). – Non c’è un voto o un’omologa: tutto avviene per accordo. – È riservato: non vi sarà pubblicità sui portali di giustizia, né nominati commissari o esperti terzi (l’attestatore non è un commissario, lavora per il debitore). – È rapido da implementare (nel momento in cui c’è accordo coi creditori, non bisogna attendere tempi processuali). – Ha costi minori (non ci sono spese di procedura concorsuale, si paga solo il professionista attestatore).

Esempio di piano attestato: L’azienda Delta S.r.l., produzione utensili, con crisi di liquidità ma buon portafoglio ordini, elabora un piano dove i soci apportano €100.000 freschi, la banca proroga il rimborso del mutuo per 2 anni, i fornitori accettano un pagamento al 80% del dovuto entro 12 mesi e l’azienda cede un ramo d’azienda non core per ricavare liquidità. Un esperto indipendente attesta che col piano Delta tornerà in attivo e pagherà regolarmente i debiti ristrutturati. Delta formalizza accordi scritti con banca e fornitori sulle nuove condizioni. Questo è un classico piano attestato: se Delta poi esegue tutto, esce dalla crisi senza mai passare dal tribunale. Se invece qualcosa va storto (ad es. la vendita del ramo non avviene), dovrà valutare un concordato.

In conclusione, il piano attestato di risanamento è uno strumento flessibile e privatistico per anticipare la soluzione della crisi fuori dai tribunali, beneficiando comunque di alcune tutele (niente revocatoria, niente stigma di fallimento) . Il legislatore ne incentiva l’uso come prima opzione per PMI in crisi reversibile. Tuttavia, quando la situazione è più complessa o il consenso unanime manca, occorre passare a strumenti con maggiore forza legale, come quelli che vediamo nei prossimi paragrafi.

Schemi di regolazione della crisi: confronto tra strumenti

Prima di passare alle vere e proprie procedure concorsuali, è utile presentare in modo comparativo le caratteristiche dei principali strumenti di gestione della crisi d’impresa oggi disponibili, dai più “privati” ai più “pubblici”. La tabella seguente riassume le differenze chiave:

StrumentoNaturaRuolo del TribunaleConsenso dei creditori richiestoMisure protettive (blocco azioni)Transazione fiscale/contributivaVincolo per dissenzienti
Piano attestato di risanamento (art. 56 CCII)Stragiudiziale puro (accordi privati) . Piano unilaterale attestato da professionista indipendente.Nessuna omologa. Eventuale pubblicazione registro imprese (facoltativa).Di fatto unanimità: ogni creditore deve aderire volontariamente alle modifiche (i dissenzienti restano coi diritti originali) .No stay automatico. Nessuna sospensione legale delle esecuzioni (richiede accordi moratori privati caso per caso).Non ammessa formalmente (Erario/INPS non possono ridurre credito fuori da procedure) . Possibile solo dilazione spontanea o adesione a saldo stralcio informale.Nessun vincolo: creditori non aderenti possono agire liberamente (dunque dissenzienti vanno pagati per intero).
Accordo di ristrutturazione dei debiti (ADR, art. 57-64 CCII)Ibrido: accordo privato con omologazione in Tribunale.Tribunale omologa l’accordo se ha richiesto livello di adesioni e verifica merito equo (miglior soddisfazione rispetto a fallimento).60% dei crediti devono aver sottoscritto l’accordo . I creditori non aderenti restano estranei (ma l’accordo può prevedere moratorie anche verso essi su crediti non scaduti). Varianti: accordi ad efficacia estesa per banche (>=75% consenzienti) che vincolano le dissenzienti della stessa categoria.Sì, su richiesta: dal deposito della domanda di omologa, il debitore può chiedere al tribunale la sospensione delle azioni esecutive per max 120 giorni prorogabili (simile a concordato).Sì, possibile: L’accordo omologato consente di perfezionare transazioni fiscali con Erario/INPS (essi aderiscono all’accordo) .Parziale: vincola solo i creditori aderenti (salvo estensioni speciali per banche omogenee). I non aderenti non sono obbligati a riduzioni, ma beneficiano della sospensione se concessa.
Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (PRO, art. 64-bis e segg. CCII)Concorsuale “light”: procedura giudiziale preventiva introdotta nel 2022 . Simile a schema da direttiva UE 2019/1023.Tribunale coinvolto per misure protettive, nomina eventuali ausiliari, e soprattutto per omologa che può imporre il piano anche a creditori contrari (cross-class cram-down) .Adesioni individuali (no voto in adunanza). È sufficiente che una o più classi di creditori approvino con maggioranza qualificata (es. 75% valore in almeno una classe rilevante, >50% totale) ; il tribunale può forzare l’accordo sulle classi dissenzienti se il piano rispetta il best interest test e trattamenti equi.Sì, su richiesta: come per ADR e concordato, il debitore può ottenere dal tribunale misure protettive temporanee che bloccano i creditori mentre raccoglie adesioni e fino all’omologa .: essendo assimilato a concordato, è possibile includere falcidie di tributi e contributi col consenso votante delle amministrazioni (segue norme transazione art. 63).Sì, forte: l’omologazione rende il piano vincolante per tutti i creditori anteriori , anche dissenzienti, purché soddisfatti almeno quanto avrebbero avuto in liquidazione. Permette anche cram-down interclassista (imporre a classi contrarie se altre classi approvano con requisiti di legge) .
Concordato preventivo (artt. 84-120 CCII)Concorsuale completo: procedura giudiziaria, collettiva e pubblica.Tribunale centrale in ogni fase: ammissione, nomina commissario giudiziale (di norma, specie se liquidatorio), voto creditori, omologa finale . Controllo rigoroso su fattibilità e legalità.Maggioranza dei crediti ammessi al voto (>50%) e maggioranza di teste in ciascuna classe se classato . In mancanza, omologa possibile solo con cram-down “interno” se certe classi approvano e altre sono trattate meglio di liquidazione (ma meno flessibile del PRO su cross-class).Sì, automatico: dalla data di pubblicazione della domanda (anche prenotativa) tutte le azioni esecutive sono sospese ex lege (art. 54 CCII). Durante la procedura i creditori non possono iniziare né proseguire pignoramenti.: Il concordato può contenere transazione fiscale (art. 63) approvata col voto in adunanza dell’Erario. Anche senza voto, il tribunale può omologare contro il dissenso Erario se adesioni totali >50% (cram-down fiscale previsto dal 2020).Sì, massimo: una volta omologato, il concordato preventivo vincola tutti i creditori anteriori (anche chi ha votato contro o non si è presentato) . I crediti sono pagati come da piano e i residui sono inesigibili. (Fa eccezione chi godeva di cause di prelazione, se non soddisfatto integralmente e ha votato contro, può escutere garanzia residua, exceptio art. 120 CCII).

Nota: Oltre a questi strumenti, esiste il “concordato semplificato” per la liquidazione (art. 25-sexies CCII), di natura concorsuale, di cui parleremo a parte, utilizzabile solo in caso di esito negativo di una composizione negoziata.

Dalla tabella emerge che il piano attestato è lo strumento più “contrattuale” e rapido ma anche il meno vincolante per i creditori dissenzienti (serve di fatto unanimità e non blocca le azioni esecutive) . Salendo di grado, l’accordo di ristrutturazione formalizzato offre un po’ di respiro (blocco temporaneo delle azioni) e consente di coinvolgere il Fisco, però non obbliga i creditori non firmatari. Il nuovo PRO copre quella lacuna permettendo di forzare la mano a intere classi dissenzienti, pur senza passare per un concordato “aperto a tutti” . Infine, il concordato preventivo è l’ombrello più ampio: tutti i creditori vengono coinvolti e devono sottostare alla decisione della maggioranza, con piena tutela della par condicio (è la procedura più invasiva e pubblicizzata, ma anche la più risolutiva in termini di efficacia erga omnes).

Con queste distinzioni a mente, affrontiamo ora i singoli strumenti concorsuali/preconcorsuali in dettaglio, in particolare quelli introdotti dalle riforme recenti (2022-2025), come la Composizione Negoziata, il Concordato Semplificato e le procedure di insolvenza classiche.

La Composizione Negoziata della Crisi

Tra gli strumenti innovativi per prevenire e gestire la crisi vi è la Composizione Negoziata per la soluzione della crisi d’impresa (CNC), introdotta in Italia nel 2021 con il D.L. 118/2021 (conv. L. 147/2021) e ora disciplinata nel Codice della Crisi (artt. 12-25 CCII). La composizione negoziata è un percorso volontario e riservato in cui l’imprenditore in condizioni di squilibrio o in crisi può tentare un risanamento, coadiuvato da un esperto indipendente nominato da un’apposita commissione presso la Camera di Commercio . Si tratta di una procedura non giudiziale (o meglio, para-giudiziale): non è una procedura concorsuale vera e propria, poiché non c’è spossessamento né coinvolgimento di tutti i creditori ex lege, ma è più strutturata di una semplice trattativa privata, grazie all’intervento di questo esperto terzo e alla possibilità di richiedere al tribunale misure di protezione.

Finalità: La finalità primaria della CNC è favorire la prosecuzione dell’attività e il risanamento prima che l’insolvenza diventi conclamata . È concepita come uno strumento di allerta e di prevenzione (ha di fatto sostituito le procedure di allerta obbligatoria che il Codice della Crisi originario prevedeva, spostandole su base volontaria). Viene vista come un percorso “di mezzo” tra la trattativa privata e il concordato, in cui l’imprenditore mantiene la guida dell’azienda ma sotto la supervisione di un esperto, cercando soluzioni consensuali con i creditori .

Chi può accedervi: Qualsiasi imprenditore commerciale o agricolo, di qualsiasi dimensione, che si trovi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o l’insolvenza (art. 12 CCII). Non è necessario essere già insolventi, anzi si può attivare ai primi segnali di tensione (es. calo flussi di cassa, previsioni di illiquidità). È escluso chi ha già pendente un’istanza di fallimento o ha già in corso una procedura concorsuale, salvo alcune eccezioni. L’imprenditore individuale o la società deve presentare domanda tramite la piattaforma telematica nazionale gestita dalle Camere di Commercio.

Nomina dell’esperto: Una volta presentata l’istanza (corredata di informazioni sull’azienda, situazione debitoria, etc.), una commissione presso la CCIAA designa un esperto negoziatore: di solito un commercialista o avvocato con esperienza in ristrutturazioni, selezionato da un elenco apposito . L’esperto è indipendente e imparziale. Il suo compito è facilitare le trattative tra il debitore e i creditori, trovando una soluzione praticabile. Egli esamina la situazione iniziale (entro 30 giorni dall’incarico dà una prima valutazione sulle prospettive di risanamento) e poi convoca le parti interessate.

Svolgimento delle trattative: La procedura è riservata (non viene pubblicato nulla, tranne il caso di misure protettive richieste). L’esperto ha poteri limitati ma significativi: – Può accedere a informazioni, chiedere aggiornamenti all’imprenditore, e suggerire atti utili (ad es. consiglia di vendere un bene non strategico, o di attivare cassa integrazione). – Può convocare incontri con i creditori principali, presentare proposte e mediare fra le parti. – Redige verbali periodici sullo stato delle trattative e sul comportamento delle parti (importante perché la legge richiede che tanto il debitore quanto i creditori si comportino in buona fede e in modo collaborativo; la mala fede può emergere dai verbali dell’esperto).

Misure protettive e cautelari: Uno dei vantaggi cruciali per il debitore è che, contestualmente all’istanza o in seguito, può chiedere al tribunale l’applicazione di misure protettive del patrimonio, ossia la sospensione di azioni esecutive e cautelari da parte dei creditori . Ad esempio, se un creditore sta per pignorare un bene, l’imprenditore – una volta avviata la composizione negoziata – può ottenere un decreto del tribunale che blocca quel pignoramento per la durata delle trattative (inizialmente fino a 4 mesi, prorogabili di altri 4). Tali misure protettive coprono di norma tutti i creditori, salvo alcune eccezioni (es. non impediscono la prosecuzione di forniture essenziali sotto garanzia di pagamento corrente). Durante il periodo di protezione: – Sono sospese le esecuzioni e i sequestri già iniziati. – Non possono essere iniziate nuove azioni esecutive o cautelari. – Non maturano cause di scioglimento di contratti per inadempimento pregresso (ad es. un leasing non può risolversi per rate scadute se il giudice lo ha incluso nella protezione). – Il debitore non può essere dichiarato fallito su istanza di creditori o d’ufficio (il P.M. può comunque chiedere di verificare l’abuso della procedura se sospetta mala fede).

Le misure protettive vengono concesse se il tribunale valuta che non vi sia pregiudizio per i creditori (cioè che la sospensione non li danneggi eccessivamente rispetto ai benefici attesi). Spesso vengono concesse abbastanza routinariamente, data la breve durata e l’interesse generale a favorire il risanamento. Una statistica: dal 2021 a fine 2024 circa il 78% delle imprese in composizione negoziata ha ottenuto misure protettive , segno che i tribunali appoggiano lo strumento.

Esito della composizione negoziata: Le trattative possono concludersi in vari modi: – Risanamento dell’impresa con un accordo stragiudiziale: l’ideale è che debitore e creditori trovino un accordo amichevole (o più accordi bilaterali) che risolve la crisi. In tal caso, la procedura si chiude positivamente. L’esperto redige una relazione finale positiva. L’accordo eventualmente può essere semplicemente tenuto privato, oppure – se di interesse – il debitore può chiedere l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti se si raggiungono le soglie di consenso (in pratica, la CNC può sfociare in un ADR ex art. 57 CCII). – Accesso a una procedura concorsuale regolata: se durante le trattative risulta chiaro che serve un intervento più incisivo, l’imprenditore può presentare domanda di concordato preventivo o di piano di ristrutturazione omologato (PRO). La normativa incentiva questa transizione: la composizione negoziata può fungere da “preparazione” al concordato. È possibile anche depositare un ricorso di concordato con riserva mentre la negoziazione è in corso, concordando poi con il tribunale tempi e coordinamento. In alternativa, se le trattative falliscono ma l’imprenditore vuole evitare il fallimento, entro 60 giorni può proporre il concordato semplificato per la liquidazione, di cui parleremo nel paragrafo successivo, riservato proprio al post-CNC. – Istanza di liquidazione controllata (ex sovraindebitamento): se l’imprenditore è non fallibile e le trattative non vanno a buon fine, potrà optare per la liquidazione controllata (procedura di sovraindebitamento simile al fallimento ma per piccoli). – Archiviazione per esito negativo: se non si raggiunge alcun accordo e il debitore non vuole o non può accedere ad altre procedure, l’esperto dichiarerà conclusa la composizione con esito negativo, redigendo una relazione che potenzialmente può essere comunicata al PM se ravvisa insolvenza (ciò può innescare un fallimento d’ufficio, anche se l’imprenditore ha un breve periodo per tentare il concordato semplificato come ultima spiaggia).

Vantaggi per l’imprenditore debitore: La composizione negoziata offre: – Tempo e respiro dalle pressioni dei creditori (grazie alle misure protettive, eviti pignoramenti immediati). – Supporto di un esperto qualificato che aiuta a individuare soluzioni (spesso l’esperto propone lui stesso ipotesi di ristrutturazione che l’imprenditore non aveva considerato, e sprona i creditori a venire a patti). – Nessuno stigma pubblico: la procedura è riservata, il mercato (clienti, concorrenti) potrebbe non venirne a conoscenza, preservando la reputazione dell’azienda. – Flessibilità: non sei incanalato subito in regole ferree di un concorso, puoi trattare liberamente. Puoi anche proporre aumenti di capitale, ingresso di nuovi soci, vendite beni: l’importante è che l’esperto valuti tutto in ottica di miglior soddisfacimento dei creditori.

Doveri del debitore durante la CNC: L’imprenditore deve comportarsi in buona fede e lealtà. Non può ad esempio sfruttare le misure protettive per dissipare asset o favorire occultamente qualcuno: l’esperto lo segnalerebbe e il tribunale potrebbe revocare la protezione. Il debitore resta in possesso dei beni (non c’è curatore), ma alcune operazioni straordinarie (come contrarre nuovi finanziamenti prededucibili, cedere immobili importanti, ecc.) possono richiedere l’autorizzazione del tribunale se incise dalle misure cautelari. La legge permette al debitore, con autorizzazione, di ottenere finanziamenti prededucibili durante la CNC per sostenere l’attività (ad esempio da soci o banche, garantiti che saranno rimborsati prima degli altri crediti in caso di concorso). Ciò è uno strumento prezioso per avere liquidità ponte.

Dati di utilizzo: Nel primo periodo di applicazione (2021-2024) la CNC ha visto un numero crescente di adesioni, segno che sta diventando uno strumento normale di gestione della crisi. Ad esempio, solo in Lombardia nel 2024 sono state presentate 258 nuove istanze (+87% rispetto 2023) . A livello nazionale, fino a fine 2024 ci sono state 1.723 imprese che hanno fatto ricorso alla composizione . Molte sono micro e piccole imprese (oltre l’80% con meno di 10 dipendenti) , tipico tessuto italiano. Sebbene non tutte si risolvano positivamente, in Lombardia nel 2024 si sono conclusi con successo 38 casi salvando 2.100 posti di lavoro . Ciò dimostra che, se usata tempestivamente, la CNC può davvero evitare il fallimento e conservare la continuità aziendale .

In sintesi, la Composizione Negoziata è oggi la via consigliata per le aziende che intravedono difficoltà all’orizzonte: attivandola per tempo, si può evitare l’aggravarsi della crisi sotto la protezione di un esperto e magari trovare una soluzione concordata. Anche se poi dovesse servire un concordato, ci si arriva in modo più organizzato e con maggiori chance di successo grazie al lavoro preparatorio svolto in CNC.

Il concordato preventivo e le altre procedure concorsuali giudiziali

Quando la situazione debitoria è troppo grave per essere risolta stragiudizialmente o con la sola composizione negoziata, si entra nel campo delle procedure concorsuali vere e proprie. Queste sono gestite sotto l’egida del tribunale e portano a una soluzione collettiva della crisi o dell’insolvenza, vincolante per tutti i creditori. Ne esistono diverse tipologie, volte o al risanamento dell’impresa (concordato in continuità, amministrazione straordinaria per le grandissime) o alla liquidazione del patrimonio (concordato liquidatorio, liquidazione giudiziale/fallimento, liquidazione coatta amministrativa per enti particolari). Nel nostro contesto ci focalizzeremo sul concordato preventivo, sul concordato semplificato (novità per il post-composizione negoziata) e sulla liquidazione giudiziale (ex fallimento), con qualche cenno agli accordi di ristrutturazione omologati (già trattati nella tabella) e alle procedure minori.

Concordato preventivo (artt. 84 e segg. CCII)

Il concordato preventivo è storicamente la procedura concorsuale alternativa al fallimento, che consente al debitore di proporre ai creditori un accordo per evitare la liquidazione giudiziale. Nel concordato, a differenza dell’accordo di ristrutturazione, sono coinvolti tutti i creditori (salvo quelli postergati o estranei per legge) e la soluzione proposta diventa vincolante erga omnes se approvata a maggioranza e omologata dal tribunale .

Tipologie di concordato: Il CCII distingue principalmente: – Concordato in continuità aziendale: quando è previsto che l’azienda continui l’attività, sia direttamente dal debitore (continuità diretta) sia tramite un assuntore/cessionario (continuità indiretta), e che tale prosecuzione assicuri la soddisfazione dei creditori in misura almeno pari alla liquidazione alternativa. In questi concordati going concern, la legge richiede il pagamento di almeno il 20% dell’ammontare dei crediti chirografari (salvo deroghe autorizzate) e incentiva la salvaguardia dei livelli occupazionali. – Concordato liquidatorio: quando il piano concordatario prevede solo la liquidazione del patrimonio del debitore e la distribuzione del ricavato ai creditori, senza proseguire l’attività (salvo quella minima funzionale alla vendita). Questo è simile a un fallimento pilotato, ma con la differenza che è il debitore a proporre come distribuire l’attivo e in che percentuale soddisfare i creditori. Nel concordato liquidatorio puro, il CCII ora richiede una soglia minima del 10% di pagamento ai chirografari (per evitare concordati “too easy”), e la presenza di un apporto di risorse esterne che incrementi almeno del 10% l’attivo disponibile (per evitare che il concordato offra ai creditori meno di quanto un fallimento darebbe). – Concordato misto: spesso i piani sono ibridi – parte continuità su alcuni asset e parte liquidazione di altri. Si applicano le regole prevalenti a seconda della componente principale.

Procedimento: Il debitore presenta ricorso al tribunale contenente la proposta di concordato e il piano dettagliato, corredati dalla relazione di un attestatore che ne certifica la fattibilità e la capacità di soddisfare i creditori almeno quanto la liquidazione giudiziale (principio del “non peggioramento”). In fase introduttiva, se la domanda è completa, il tribunale dichiara l’apertura del concordato e nomina un commissario giudiziale (figura di vigilanza). Se la domanda è in bianco (con riserva), concede un termine per presentare piano e documenti e nomina intanto un commissario giudiziale provvisorio nei casi complessi.

Una volta ammesso, si comunica a tutti i creditori e si convoca l’adunanza dei creditori dove essi votano la proposta concordataria. Serve il voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto (esclusi privilegiati soddisfatti integralmente e altri non aventi diritto di voto). Se ci sono classi, serve anche la maggioranza per classi (almeno la metà +1 delle classi approva, o comunque certe condizioni se alcune classi dissentono ma vengono pagate al 100%, ecc.). In mancanza di quorum il concordato è respinto e si va verso il fallimento salvo nuove proposte.

Se i creditori approvano, il tribunale passa alla fase di omologazione: verifica legalità, convenienza per eventuali creditori dissenzienti (che possano lamentare trattamento deteriore rispetto all’alternativa). Se tutto ok, omologa con decreto. Da quel momento il piano concordatario è obbligatorio per tutti i creditori: i debiti anteriori si considerano modificati secondo la proposta (stralciati in parte, dilazionati, convertiti, ecc. a seconda di cosa prevedeva il piano).

Effetti protettivi: Abbiamo già evidenziato che il concordato comporta un automatic stay delle azioni creditorie già dal deposito della domanda (in bianco o con piano). Inoltre, durante la procedura: – I creditori non possono acquisire diritti di prelazione se non autorizzati (divieto di pegni/ipoteche postume). – I contratti pendenti possono essere sciolti o sospesi su richiesta del debitore autorizzata dal tribunale (utile per liberarsi da contratti onerosi). – È possibile ottenere finanziamenti prededucibili con autorizzazione, vendere beni (nel concordato in continuità il debitore rimane in gestione sotto vigilanza del commissario; nel liquidatorio la gestione può passare al commissario). – I creditori privilegiati non soddisfatti integralmente dal piano conservano diritto per la parte non pagata (a meno che rinuncino volontariamente): se votano contro possono agire sull’eventuale garante, ma non sui beni inclusi nel concordato salvo esito infruttuoso.

Transazione fiscale nel concordato: Nel concordato, lo Stato e gli enti possono essere trattati come qualsiasi altro creditore e subire decurtazioni (falcidia) su IVA e ritenute (cosa un tempo vietata, ora ammessa in continuità e persino in liquidatorio col DL 125/2020). Occorre tuttavia il loro voto favorevole per approvare la proposta se incide su tributi “impignorabili”; se votano contro ma la maggioranza complessiva c’è, il tribunale può omologare ugualmente se ritiene che la soddisfazione offerta al Fisco è non inferiore a quella ricavabile da liquidazione (cosiddetto cram-down fiscale, introdotto dall’art. 63 CCII e già anticipato dal DL 125/2020). Quindi, anche il Fisco può essere “forzato” in un concordato, ma con garanzie.

Vantaggi del concordato: È la soluzione più potente per l’imprenditore perché: – Scongiura il fallimento: se omologato, il debitore evita le conseguenze di quest’ultimo (liquidazione totale, possibili azioni di responsabilità immediate, ecc.) e può rimanere in sella se il piano è in continuità. – Riduzione del debito: consente di cancellare una parte significativa dei debiti chirografari. Ad esempio, pagare il 30% e liberarsi del resto una volta eseguito. – Certezza legale: l’esito omologato non può più essere impugnato dai singoli creditori (salvo reclamo per motivi formali). Dà una “fresh start” all’impresa, con i debiti pregressi sistemati secondo piano. – Possibilità di strumenti creativi: nel piano di concordato si possono prevedere cessioni di beni, accollo di debito da terzi, conversione debiti in equity, costituzione di newco per continuità indiretta, ecc. La legge offre molta flessibilità purché i principi base siano rispettati (par condicio, cause prelazione rispettate o rinunciate da privilegiati, soddisfazione minima). – In caso di concordato con continuità, permette di mantenere attive le commesse, i contratti e la capacità di generare reddito, con l’azienda protetta dallo scudo delle esecuzioni.

Svantaggi/limiti: D’altra parte: – È pubblico e oneroso: la notizia del concordato diventa pubblica, con potenziali effetti reputazionali; inoltre ci sono costi (compenso commissario, spese legali, eventuali speSE giudiziali). – Non sempre i creditori approvano: serve elaborare proposte credibili perché i creditori votino sì. Se il concordato fallisce (non approvato o non omologato), si finisce quasi certamente in liquidazione giudiziale. – La gestione sotto concordato è sorvegliata e limitata: non si ha più piena libertà imprenditoriale (ogni atto straordinario va autorizzato). – Tempistiche: un concordato richiede diversi mesi, anche oltre un anno in casi complessi; durante i quali l’impresa è in una sorta di limbo (ci vuole liquidità per proseguire fino all’omologa).

Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 25-sexies CCII)

Tra le novità introdotte dal D.L. 118/2021 vi è il concordato semplificato, un particolare tipo di concordato liquidatorio destinato esclusivamente alle imprese che non sono riuscite a trovare un accordo in sede di composizione negoziata della crisi. Si tratta di una procedura accelerata e senza voto dei creditori, volta a liquidare i beni del debitore sotto controllo giudiziale, come alternativa al fallimento, quando la composizione negoziata non ha prodotto soluzione.

Quando e come si accede: L’imprenditore può proporre il concordato semplificato solo se l’esperto nominato nella composizione negoziata attesta, nella sua relazione finale, che le trattative si sono svolte regolarmente ma senza successo (nessun accordo raggiunto) e che la proposta di concordato semplificato che il debitore intende presentare offre un utilità migliore per i creditori rispetto alla liquidazione giudiziale (è requisito di ammissibilità). Il debitore deve depositare il ricorso per concordato semplificato entro 60 giorni dalla comunicazione della relazione finale dell’esperto , pena decadenza . Quindi è una finestra temporale stretta: subito dopo la CNC fallita, chi vuole evitare il fallimento deve formulare questa proposta di concordato semplificato.

Caratteristiche principali:Nessun voto dei creditori: Diversamente dal concordato ordinario, qui i creditori non votano sulla proposta. Il loro consenso non è richiesto; tuttavia hanno facoltà di opposizione all’omologa. In pratica, il debitore propone un piano di liquidazione (es. vendita di beni, ripartizione) e sarà il tribunale, in sede di omologazione, a valutare eventuali opposizioni di creditori e decidere se approvare il concordato. – Solo liquidatorio: La legge esclude esplicitamente la continuità aziendale in questo concordato. L’azienda deve cessare l’attività (salvo esercizio provvisorio brevissimo per vendere meglio dei beni) e tutto il patrimonio deve essere destinato ai creditori. Non può esserci un piano di ristrutturazione o di prosecuzione: è un concordato “di chiusura”. – Utilità per i creditori: Il CCII (art. 25-sexies) richiede che la proposta assicuri un’utilità a ciascun creditore (anche chirografario) non inferiore a quella ricavabile dalla liquidazione giudiziale . Anzi, una recente pronuncia ha chiarito che deve dare qualcosa in più: almeno un piccolo vantaggio aggiuntivo, altrimenti perché bypassare il fallimento? Ad esempio, anticipare i tempi di realizzo, oppure offrire ai chirografari una percentuale un po’ più alta, o altri benefici (si è discusso se la sola possibilità di recuperare l’IVA per i crediti inesigibili sia un’utilità sufficiente: un tribunale ha detto di no, perché l’IVA si recupera anche nel fallimento) . Se il piano non dà quel “quid pluris” ai creditori rispetto al fallimento, il tribunale non può omologarlo . – Procedure semplificate: Non essendoci voto, la procedura è più snella: – Il tribunale, ricevuto il ricorso, fa un controllo preliminare di ammissibilità formale (presenza requisiti, correttezza trattative svolte con buona fede: verifica basata sull’attestazione esperto) . – Se ammissibile, nomina un ausiliario o esperto per esaminare il piano (una sorta di commissario light che dà un parere tecnico) , ordina di comunicare la proposta ai creditori e fissa l’udienza di omologazione . Può contestualmente confermare o concedere misure protettive fino all’omologa . – I creditori possono presentare opposizioni scritte fino a 10 giorni prima dell’udienza, sollevando obiezioni su requisiti, convenienza, legalità . – All’udienza, si discute e il tribunale decide se omologare il concordato. Se ci sono opposizioni, valuta se sono fondate (in pratica, la mancanza di utilità o altre violazioni di legge). – Nessun commissario/giudice delegato: La gestione rimane al debitore fino all’omologa, assistito solo dall’ausiliario nominato per valutare il piano . Non c’è un commissario che gestisce operativamente (il tribunale stesso supervisiona con l’aiuto dell’esperto nominato). – Conversione in liquidazione giudiziale: Se il tribunale non omologa (perché manca utilità o ravvisa abuso), normalmente dichiara l’insolvenza e apre la liquidazione giudiziale. Quindi è un tentativo unico: se fallisce, scatta il fallimento.

Vantaggi del concordato semplificato: – Evita il voto dei creditori, il che può essere vantaggioso quando si sa già che non approverebbero (ad es. proposte di pagamento molto basse). In questo modo, si affida al tribunale l’ultima parola, riducendo i tempi e le incertezze del voto. – Più rapido: potenzialmente si chiude in pochi mesi, avendo saltato la fase di adunanza e votazione. – Consente comunque di liquidare con ordine il patrimonio. Il debitore può proporre vendite già individuate (es. cedere l’azienda a un certo offerente che garantisce la continuazione sotto altra proprietà) e farle approvare nel concordato, cosa che in un fallimento avverrebbe più tardi e magari con realizzi peggiori. – Permette l’esdebitazione del debitore (se persona fisica) subito dopo, essendo equiparato a fallimento chiuso per riparto (questo è implicito: dopo il concordato liquidatorio eseguito, l’imprenditore individuale può chiedere l’esdebitazione residui come da art. 278 CCII). – Meno costi procedurali rispetto a un fallimento (anche se c’è comunque un ausiliario e i controlli di rito).

Svantaggi/limiti: – Difficile da usare se non c’è proprio alcuna prospettiva di soddisfazione minima dei creditori: i tribunali sono rigidi nel richiedere quell’“utilità” in più . Se l’attivo è troppo piccolo, rischia di non passare. – Non c’è coinvolgimento attivo dei creditori: sebbene questo sia un vantaggio in termini di velocità, può essere uno svantaggio in termini di consenso: i creditori potrebbero sentirsi espropriati del diritto di voto e opporsi con più veemenza, costringendo il tribunale a valutare. – Non adatto a salvare l’azienda in senso imprenditoriale: è solo per chiudere dignitosamente. Se si volesse cedere l’azienda e farla proseguire, si può fare (concordato liquidatorio può vendere l’azienda a un terzo, come un affitto con successiva vendita), ma il debitore originario in ogni caso esce di scena. – Disponibile solo se hai provato la composizione negoziata: è condizionato a quell’iter, non è liberamente accessibile a chiunque.

In conclusione, il concordato semplificato è un utile paracadute per chi, dopo aver tentato la via negoziata, non ha trovato accordo ma riesce a presentare comunque una proposta di liquidazione vantaggiosa. Rappresenta un’opportunità di evitare la dichiarazione di fallimento formale, anche se l’effetto pratico è simile (liquidazione del patrimonio) ma con più controllo da parte del debitore e possibilità di velocizzare i tempi.

Liquidazione giudiziale (ex fallimento) ed esdebitazione

Se nessuno degli strumenti di cui sopra viene attivato con successo, l’epilogo normale per l’impresa insolvente è la liquidazione giudiziale, ossia la procedura concorsuale liquidatoria che ha sostituito il “fallimento” tradizionale. Questa procedura viene aperta su sentenza del tribunale, di regola su istanza di un creditore o su iniziativa del debitore stesso o del PM, quando ricorrono: – i presupposti soggettivi: l’impresa è assoggettabile (non piccolissima sotto soglie), e – i presupposti oggettivi: esiste lo stato di insolvenza (incapacità non transitoria di soddisfare regolarmente le obbligazioni).

La liquidazione giudiziale comporta: – Spossessamento: l’imprenditore perde la gestione e la disponibilità dei beni; subentra un curatore nominato dal giudice delegato. Il curatore amministra l’attivo, continua o cessa l’esercizio dell’impresa secondo convenienza e liquida il patrimonio. – Cristallizzazione: tutti i crediti anteriori sono “cristallizzati” alla data di apertura. I creditori devono presentare domanda di insinuazione al passivo. Il tribunale verifica i crediti e li ammette, con classificazione (privilegi, ipoteche, chirografi). Eventuali azioni esecutive individuali in corso si spengono e confluiscono nel concorso. – Liquidazione: il curatore vende i beni mobili, immobili, crediti, azienda intera o rami (anche tramite affitto d’azienda con successiva cessione, se utile), secondo regole pubbliche e trasparenti (aste, etc.). Il ricavato costituisce l’attivo da distribuire. – Riparto: si soddisfano i creditori seguendo l’ordine delle cause di prelazione; i chirografari di norma ricevono poco o nulla se non vi è attivo sufficiente. – Possibili azioni recuperatorie: il curatore esercita le azioni revocatorie per recuperare pagamenti preferenziali indebitamente fatti prima (come discusso), nonché può promuovere azioni di responsabilità verso amministratori o altri per recuperare danni al patrimonio sociale.

Per l’imprenditore società, la liquidazione giudiziale significa la fine: una volta chiuso il fallimento, la società viene cancellata dal registro imprese (dopo il riparto finale). Per l’imprenditore persona fisica o per eventuali fideiussori persone fisiche (spesso l’imprenditore garantisce i debiti societari), la procedura è un incubo ma con possibile via d’uscita: oggi la legge prevede l’esdebitazione del fallito persona fisica di diritto, senza bisogno di fare domanda se non per rinuncia, una volta chiusa la liquidazione giudiziale (art. 278 CCII) . Ciò significa che, trascorso il fallimento e liquidati i beni, i debiti residui non soddisfatti vengono cancellati, liberando la persona (salvo alcuni debiti esclusi, come quelli personali alimentari, da dolo, ecc.). Questo è un elemento di “fresh start” introdotto per allineare l’Italia agli standard internazionali. Addirittura dal 2025 è stata introdotta una esdebitazione immediata per il sovraindebitato nullatenente meritevole (art. 283-bis CCII) , ma riguarda di più le piccole insolvenze.

Difendersi nella liquidazione giudiziale: Una volta aperta, lo spazio di difesa per il debitore si limita a: – Collaborare con il curatore per massimizzare l’attivo ed eventualmente proporre soluzioni (es. esercizio provvisorio se c’è da vendere l’azienda intera). – Utilizzare eventuali strumenti endofallimentari: ad esempio proporre un concordato nella liquidazione (ex art. 240 L.F., ora c’è possibilità che un terzo proponga concordato dopo dichiarazione di liquidazione per rilevare l’attivo, ma è raro e oltre scopo qui). – Sfruttare l’esdebitazione post-chiusura per ripartire personalmente (nel caso di imprenditore individuale, artigiano, socio illimitatamente responsabile).

Da notare che, se durante la procedura emergono ipotesi di reato, il curatore trasmette atti alla procura e l’imprenditore può subire condanne per bancarotta (le quali però oggi non impediscono l’esdebitazione civile, ma comportano pene accessorie come l’inabilitazione all’impresa per alcuni anni).

Confronto finale: Idealmente, l’imprenditore preferirebbe qualsiasi strada pur di non arrivare alla liquidazione giudiziale, perché quella rappresenta la perdita totale del controllo e spesso la dissoluzione dell’azienda costruita in anni di lavoro. Gli strumenti di cui abbiamo discusso (dalla composizione negoziata al concordato) sono stati creati proprio per offrire chance di soluzione alternativa. Tuttavia, va riconosciuto che in talune situazioni l’impresa è irrimediabilmente decotta e proseguire l’attività brucia solo valore. In tali casi, accettare la liquidazione tempestivamente – magari con un fallimento pilotato d’intesa con i creditori principali – può limitare i danni. Ad esempio, consente ai dipendenti di accedere subito al Fondo di Garanzia INPS per TFR e stipendi, ai creditori di escutere garanzie e chiudere posizioni, e all’imprenditore di chiudere con il passato e forse ripartire con altra iniziativa (dopo esdebitazione). È peraltro doveroso per l’imprenditore, in base ai suoi obblighi di legge (art. 2086 c.c.), non aggravare il dissesto: quindi se nessun piano è praticabile, la scelta corretta è attivare la liquidazione (anche volontaria seguita da istanza di fallimento).

Domande frequenti (FAQ)

Di seguito rispondiamo ad alcune domande comuni che imprenditori e professionisti possono porsi di fronte a una situazione di indebitamento grave di un’azienda di utensili da taglio, sintetizzando quanto visto:

D: La mia azienda ha debiti fiscali elevati e temo pignoramenti da Agenzia Entrate-Riscossione. Cosa posso fare subito per difendermi?
R: La prima mossa è verificare se puoi ottenere una rateizzazione amministrativa delle cartelle esattoriali: presentando istanza di dilazione (anche online) e pagando la prima rata, le procedure esecutive vengono sospese . Questo ti dà respiro. Parallelamente, valuta eventuali rottamazioni (saldo e stralcio sanzioni) se previste dalla legge corrente. Se il debito è enorme e non risolvibile con sole rate, devi considerare un intervento più ampio: ad esempio un accordo di ristrutturazione con transazione fiscale o un concordato preventivo in cui prevedere di pagare il Fisco parzialmente. Per guadagnare tempo ed evitare pignoramenti nell’immediato, puoi anche avviare una Composizione Negoziata e chiedere misure protettive: il tribunale emetterà un decreto che blocca i pignoramenti del Fisco durante le trattative . In sintesi: prima blocchi con rateazione o misure protettive, poi implementi un piano di rientro sostenibile, magari coinvolgendo la transazione fiscale (che fuori da procedure non è possibile formalmente).

D: Ho debiti INPS per contributi non versati. Posso includerli in un piano di ristrutturazione?
R: Sì, i debiti previdenziali possono essere trattati analogamente a quelli fiscali. Nel piano attestato purtroppo INPS non può formalmente ridurli, ma può concedere dilazioni. Nei concordati o accordi omologati, invece, è prevista la transazione previdenziale: potrai proporre di pagarli in parte e rateizzare il resto . Ricorda però l’aspetto penale: se hai omesso di versare ritenute ai dipendenti oltre €10.000, è reato; estinguilo pagando prima dell’udienza penale (anche mediante il concordato stesso, dove i contributi ai dipendenti vanno considerati privilegiati). Quindi, per difenderti: verifica la possibilità di rate INPS amministrative, includi i contributi in qualsiasi progetto di ristrutturazione (meglio se in procedura concorsuale così da ottenere anche l’accordo dell’ente). E occhio alle soglie penali, per evitare sanzioni personali: se sei ancora in tempo, paga almeno parzialmente i contributi dipendenti per scendere sotto soglia.

D: Una banca mi ha segnalato a “sofferenza” in Centrale Rischi. Posso fare qualcosa?
R: Puoi contestare formalmente la segnalazione se ritieni che la banca abbia agito senza una valutazione adeguata. Prima verifica con Bankitalia il tuo report Centrale Rischi. Se risulta la categoria “sofferenze”, chiedi alla banca le motivazioni. La giurisprudenza esige che la banca classifichi a sofferenza solo se c’è effettiva insolvenza del cliente, non per mero ritardo . Inoltre, doveva preferibilmente averti avvisato. Invia subito una diffida alla banca, chiedendo la rettifica della segnalazione se – ad esempio – stai negoziando un piano di rientro o il credito è contestato. Puoi rivolgerti al Tribunale con un ricorso d’urgenza (art. 700 c.p.c.) per ottenere la sospensione/cancellazione della segnalazione, dimostrando che: (a) non sei insolvente in senso pieno, (b) la segnalazione ti causa danno grave (es. altre banche revocano fidi). Ci sono stati casi di accoglimento in queste circostanze, specie se la banca non ha rispettato il dovere di buona fede . Inoltre, se subisci danni (revoca finanziamenti, perdita reputazione creditizia) puoi chiedere risarcimento danni: la Cassazione (ord. 29252/2024) ha confermato che il danno da segnalazione illegittima va provato, ma anche tramite presunzioni (ad es. mostrando che dopo la segnalazione ti hanno revocato affidamenti) . In pratica: agisci subito legalmente per correggere la segnalazione e tieni traccia di tutti i pregiudizi che ti provoca, per un’eventuale azione risarcitoria.

D: Un fornitore ha ottenuto un decreto ingiuntivo e minaccia pignorare i macchinari. Posso evitarlo?
R: Se il decreto è già esecutivo, hai poche settimane probabilmente. Puoi tentare un’opposizione a decreto ingiuntivo (se hai motivi di contestazione sul credito) così da prendere tempo; ma serve una ragione concreta, altrimenti è dilatorio e rischi di pagare spese. L’alternativa migliore è convincere il fornitore a un accordo: offrigli, se possibile, un pagamento parziale immediato in cambio della rinuncia al pignoramento (saldo e stralcio). Spesso di fronte a soldi subito in mano (anche se meno del totale), il creditore preferisce rispetto all’incertezza di un’esecuzione. Se ciò non è fattibile o il creditore è ostinato, considera di mettere l’azienda al riparo legalmente: ad esempio, presentando una domanda di concordato preventivo. Dal momento in cui il ricorso di concordato viene pubblicato, quel fornitore non potrà più iniziare o proseguire il pignoramento (verrebbe sospeso) . Il macchinario rientrerebbe nella massa del concordato e verrebbe usato per soddisfare tutti i creditori secondo il piano. Questa è una soluzione drastica (ti impegni in un concordato), ma se l’aggressione di quel bene compromette la sopravvivenza aziendale, è da valutare. In casi minori, anche la composizione negoziata può aiutare: se l’hai attivata e hai misure protettive, quell’esecuzione viene bloccata dal provvedimento del giudice. Infine, ricorda che alcuni beni strumentali indispensabili per l’impresa individuale possono essere parzialmente impignorabili ex art. 515 c.p.c., ma per le società questa tutela non si applica chiaramente. In extremis, se il bene viene pignorato, puoi proporre al giudice dell’esecuzione la sostituzione con una somma di denaro (conversione pignoramento) per liberarlo, ma devi depositare una somma cauzionale.

D: La mia azienda è tecnicamente insolvente. Posso evitare il fallimento in qualche modo?
R: Sì, il fallimento (liquidazione giudiziale) è evitabile se intraprendi una delle procedure alternative e questa va a buon fine. Opzioni: – Concordato preventivo: presentando un piano serio di recupero o liquidazione concordata, blocchi subito le istanze di fallimento e se omologhi, il fallimento è scongiurato. È il metodo “classico”. – Accordo di ristrutturazione omologato: se hai il consenso di almeno il 60% di creditori e l’accordo viene omologato, il fallimento è evitato; anzi l’accordo stesso può prevedere la rinuncia alle istanze di fallimento depositate in tribunale. – Composizione negoziata: non è di per sé una procedura concorsuale, ma se la avvii, finché sono pendenti le trattative con misure protettive, il tribunale non può dichiarare fallimento (se arriva un’istanza, in genere la sospende in attesa dell’esito CNC). Se poi dalla CNC esce un accordo o un concordato, hai risolto. Se esce un nulla di fatto, hai comunque la chance del concordato semplificato entro 60 giorni . Il concordato semplificato, se omologato, sostituisce il fallimento. – Liquidazione volontaria + composizione negoziata/sovraindebitamento: in taluni casi un piccolo imprenditore può mettersi in liquidazione volontaria e accedere a procedure di sovraindebitamento (es. liquidazione controllata). Questo evita il “fallimento” in senso stretto (con stigma minore), anche se l’effetto pratico è simile.

In pratica, la difesa migliore contro il fallimento è giocare d’anticipo e presentare tu una soluzione. Se invece subisci passivamente l’istanza di un creditore senza nulla opporre, il tribunale – constatata l’insolvenza – ti dichiarerà fallito. Ma se arrivi all’udienza prefallimentare mostrando che hai depositato un ricorso di concordato o stai concludendo un accordo in omologa, il fallimento viene sospeso o revocato. Tieni a mente: puoi anche trattare con il creditore istante (spesso le banche presentano istanza per “sollecitarti” a una proposta): se soddisfi quel creditore o lo inserisci in un piano gradito, potrebbe ritirare l’istanza. Riassunto: sì, puoi evitare il fallimento usando gli strumenti di composizione della crisi – ma devi essere proattivo e rapido nel farlo, altrimenti i creditori e il PM prenderanno l’iniziativa.

D: Ho sentito parlare di “piani di ristrutturazione omologati” (PRO). Cosa sono e quando convengono rispetto al concordato?
R: I PRO sono una novità (dal 2022) che potremmo definire un “accordo di ristrutturazione forzoso” su modello della direttiva UE . In sostanza, invece di passare per un voto formale di tutti i creditori come nel concordato, nel PRO tu negozi adesioni individuali con i creditori (come in un accordo) – ad esempio convinci la maggior parte delle banche e fornitori a firmare – e poi chiedi al tribunale di omologare il piano anche se qualche classe di creditori è contraria . Il tribunale può farlo se: almeno una classe rilevante di creditori ha aderito con maggioranze qualificate (di solito 75% in quella classe) ; il piano garantisce ai dissenzienti almeno quanto otterrebbero da un fallimento (best interest test); e rispetta la priorità tra classi (no trattamenti ingiustificatamente discriminatori). In pratica, è simile a un concordato ma più flessibile: non c’è l’adunanza di tutti, eviti magari di dare potere di veto a piccoli creditori, e soprattutto puoi imporre il piano a intere classi dissenzienti grazie al meccanismo del cross-class cramdown . Conviene usarlo quando hai un forte dissenso da una minoranza di creditori che impedirebbero un concordato classico. Ad esempio, se tutte le banche sono d’accordo tranne una o due, col PRO puoi vincolare anche quelle contrarie (nel concordato pure, in realtà, con il voto di maggioranza… la differenza sta nei quorum e nell’assenza di commissario nel PRO). Il PRO inoltre spesso non richiede nominare un commissario (a meno che tu lo chieda per protezione) e può restare riservato finché non vai in omologa, riducendo pubblicità . È una via di mezzo che riduce i tempi e la formalità rispetto a un concordato completo, ma serve avere già un buon consenso informale. Se temi di non raggiungere la maggioranza di un concordato, il PRO può essere carta da giocare. Tieni però presente che il PRO è uno strumento nuovo e ancora poco rodato : richiede una costruzione tecnica attenta (classi ben congegnate, attestazioni doppie) e il tribunale entra comunque nel merito (soddisfazione minima, ecc.). In sintesi: conviene se hai dissidi confinati a certe classi e vuoi evitare il costo di un commissario e il voto generale; se invece devi tagliare i debiti in modo significativo per tutti i chirografari, un buon vecchio concordato può essere più lineare.

D: Cosa rischio personalmente come amministratore se l’azienda fallisce?
R: Sul piano civile, potresti subire un’azione di responsabilità da parte del curatore (in nome dei creditori) per aver aggravato il dissesto o violato i doveri di conservazione del patrimonio sociale (art. 378 CCII). Questo se, ad esempio, hai continuato ad accumulare debiti quando l’insolvenza era manifesta (violando l’art. 2086 c.c. sugli assetti adeguati e intervento tempestivo) . Il curatore potrebbe chiederti un risarcimento pari al deficit aggravato. Sul piano penale, in caso di fallimento, scatta la verifica di eventuali reati di bancarotta: documentale (se tenevi male o occultavi conti), fraudolenta patrimoniale (se hai distratto beni, pagato preferenze, simulato crediti/falsato bilanci) o bancarotta semplice (se con colpa hai aggravato il crack, ad es. tardando la dichiarazione di insolvenza). Le pene per bancarotta fraudolenta sono pesanti (fino a 6-10 anni di reclusione) e comportano l’interdizione dall’attività imprenditoriale. Quindi, i rischi personali sono alti se emergono irregolarità. Viceversa, se hai agito correttamente tentando le soluzioni alla luce del sole (es. hai attivato la composizione negoziata e, constatata l’impossibilità di risanare, hai depositato istanza di fallimento tempestiva), è difficile imputarti bancarotta semplice. Anzi, la legge tende a premiare l’imprenditore che collabora: ad esempio, le condotte in linea con un piano attestato o con le indicazioni dell’esperto possono esonerare da certe contestazioni di bancarotta preferenziale o distrattiva. In definitiva, il modo migliore per tutelarti è non occultare la situazione, non fare il “furbo” trasferendo beni a parenti, e attivarti presto con procedure formali: dimostrerai di aver operato in buona fede per salvare il salvabile. In tal caso, anche se la società fallisce, potrai evitare (o ridurre) accuse e responsabilità. Inoltre, se la società è una s.r.l. o s.p.a., in genere non rispondi dei debiti sociali con patrimonio personale, salvo tu abbia garanzie personali (fideiussioni) o salvo azioni per responsabilità.

D: Se la mia azienda è molto piccola (sotto soglie di fallibilità), quali procedure posso usare in caso di insolvenza?
R: Le imprese “minori” non fallibili (ad es. un artigiano o una s.n.c. familiare che non supera €200k di ricavi, €300k attivo, €500k debiti) non possono accedere né a concordato preventivo né a liquidazione giudiziale. Per loro esiste la sezione del CCII dedicata al sovraindebitamento. In particolare, dal 2022 ci sono: – Il concordato minore: simile a un concordato preventivo ma semplificato, rivolto a piccoli imprenditori e consumatori che vogliono proporre ai creditori un accordo (con eventuale falcidia) omologato dal tribunale. Non c’è voto, ma i creditori possono opporsi. – Il piano di ristrutturazione del consumatore o soggetto non fallibile: se persona fisica non fallibile. – La liquidazione controllata: l’equivalente del fallimento per i sovraindebitati. Viene nominato un liquidatore, si vendono i beni e poi il debitore persona fisica può ottenere l’esdebitazione.

Se la tua azienda di utensili è sotto soglia ma vuoi comunque tentare di risanarla, puoi ad esempio usare il concordato minore, in cui un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) ti assiste nel predisporre la proposta. Anche la composizione negoziata in teoria è aperta anche a imprese minori, e può sfociare in un accordo di ristrutturazione “minore” o concordato minore. Dunque non sei senza strumenti: il legislatore ha integrato le vecchie procedure della L.3/2012 in un sistema simile a quello “maggiore” ma su misura. Quindi, se sei piccolo imprenditore, rivolgiti a un OCC o professionista specializzato in sovraindebitamento per valutare un piano del consumatore/concordato minore. Nota bene: anche nel concordato minore o accordo minore puoi ottenere misure protettive e includere debiti fiscali con transazione. Insomma, c’è un parallelo. L’importante è agire perché, pur non potendo essere “fallito”, i creditori potranno comunque pignorare individualmente i tuoi beni se resti inattivo.

D: In caso di concordato o accordo omologato, i garanti (fideiussori) dell’azienda sono liberati dai debiti?
R: No, questo è un punto delicato. Se tua moglie o tu personalmente avete garantito un debito sociale, l’eventuale concordato o accordo che riduce l’obbligazione per la società non libera automaticamente il garante (salvo che i creditori abbiano espressamente rinunciato anche verso i garanti). Giuridicamente, la transazione o falcidia nel concordato riguarda il debitore principale; il creditore potrebbe ancora escutere il fideiussore per l’intero debito originario, a meno che nel frattempo non rinunci o non riceva soddisfazione parziale anche da lui. Molte banche in sede di accordi chiedono appunto che i garanti rinuncino all’esdebitazione e paghino una quota. Tuttavia, c’è da dire: se la società esegue il concordato e paga, il debito residuo viene estinto per la società. Per il garante invece potrebbe trasformarsi in un debito verso la società (surroga). Spesso nei concordati si cerca di coinvolgere i garanti per convincere i creditori ad aderire (ad esempio: “la moglie garante rinuncia al regresso in cambio che la banca accetti il 50%”). In conclusione: il garante non è protetto di per sé dalla procedura del debitore principale. Dovrà eventualmente attivare una sua procedura di sovraindebitamento o trattare la liberazione. Nota che nel nuovo CCII, in caso di esdebitazione post-liquidazione, le obbligazioni di garanzia di terzi restano però in piedi (l’esdebitazione libera solo il debitore insolvente, non i coobbligati). Dunque, pianifica anche la posizione dei garanti quando strutturi la ristrutturazione del debito.

D: Dopo un fallimento o una liquidazione giudiziale, posso ricominciare da zero?
R: Se sei una persona fisica, , grazie all’esdebitazione. Una volta chiusa la procedura e liquidati tutti i beni, puoi ottenere la cancellazione di tutti i debiti residui chirografari . Questo ti permette di ripartire senza quell’albatros di debiti impagabili al collo. Se addirittura eri nullatenente e meritevole (cioè non hai frodato nessuno), la legge 2025 ti consente un’esdebitazione immediata senza nemmeno aprire la liquidazione, con decreto del giudice . Quindi, l’ordinamento oggi dà una seconda opportunità all’imprenditore sfortunato o incapace, purché abbia agito correttamente. Per la società, invece, non ha senso parlare di esdebitazione: la società, finita la liquidazione, viene cancellata e cessa di esistere, e i debiti insoddisfatti si estinguono con essa (nessuno potrà più pretenderli perché non c’è più il soggetto debitore). Fai attenzione però: se la società aveva debiti erariali e tu come amministratore hai responsabilità tributarie (ad es. per omessi versamenti IVA dichiarati, c’è una norma su responsabilità personali nei casi di compensazioni indebite etc.), quelli restano e possono colpire te. Ma di regola, con l’estinzione società, decadono anche le sanzioni amministrative a suo carico. Dunque, , dopo l’insolvenza c’è vita: il fallimento non è la “morte civile” dell’imprenditore come un tempo, anzi la legge promuove il fresh start. Certo, avrai difficoltà a ottenere credito subito, la Centrale Rischi porterà segnalazione sofferenza per un po’, e magari dovrai cambiare settore o usare altre forme (potresti aprire nuova società intestata a terzi se hai limitazioni temporanee). Ma legalmente, assolti i doveri nella procedura, torni libero dai debiti.

D: Qual è la strategia migliore in assoluto per difendersi dai debiti aziendali?
R: Non esiste una risposta univoca, dipende dalla situazione concreta. Possiamo però delineare un percorso logico: 1. Prevenzione e allerta interna: tieni d’occhio i bilanci e gli indici di allerta (indice di liquidità, di solvibilità) per capire se stai entrando in zona pericolo. Se sì, intervieni subito (taglio costi, ricerca nuova finanza, rinegoziazione con banche) – questo a volte può evitare la crisi conclamata. 2. Approccio stragiudiziale iniziale: se i problemi sono gestibili, parla con i creditori chiave, chiedi dilazioni, mostra un piano. Molti accetteranno se c’è fiducia nella tua serietà. Formalizza eventuali accordi per iscritto. 3. Consulenza professionale: coinvolgi un advisor finanziario o legale esperto in crisi che possa predisporre un piano di risanamento. Magari otterrai un piano attestato che ti protegge da revocatorie e indica la rotta. 4. Composizione Negoziata: se vedi che da solo non arrivi a un accordo globale, attiva la CNC. Non aspettare di essere con l’acqua alla gola: prima parti, più probabilità di risanamento hai . Con l’esperto negozia con tutti in modo strutturato. 5. Procedure concorsuali appropriate: se la CNC non risolve, scegli lo strumento concorsuale adatto: – se c’è possibilità di salvare l’impresa, concordato in continuità o PRO; – se bisogna liquidare ma con ordine, concordato liquidatorio (ordinario o semplificato post-CNC); – se sei troppo piccolo, concordato minore o liquidazione controllata con esdebitazione. 6. Trasparenza con il tribunale: qualunque strada scegli, sii trasparente con il giudice e i creditori. Le proposte irrealistiche o fumose falliranno e peggioreranno la tua posizione. Meglio promettere poco e mantenere, che fare proclami e poi non eseguire. 7. Proteggi l’attivo durante la crisi: non disperdere risorse pagando random alcuni e non altri (a meno che strategico e nei limiti leciti). Conserva cassa per soluzioni negoziate. Evita di incrementare l’esposizione fiscale e contributiva durante le trattative, perché quelle sono le più difficili poi da trattare e hanno effetti penalizzanti (esempio: durante un concordato non pagare l’IVA corrente è causa di inammissibilità). 8. Considera nuove risorse: difendersi dai debiti a volte richiede capitali freschi. Ciò può voler dire coinvolgere un socio investitore o vendere un asset. Non attaccarti emotivamente a tutto: meglio cedere un ramo d’azienda e incassare soldi per pagare i debiti, che cercare di tenere tutto e poi perdere ogni cosa nel fallimento.

In definitiva, la strategia migliore è quella di non arrivare al punto di non ritorno: usare gli strumenti offerti (che come vedi sono tanti e “su misura”) quando ancora c’è azienda da salvare. Se segui questo iter, ti difenderai legalmente dai creditori e potrai anche difendere la continuità della tua azienda di utensili o, nella peggiore delle ipotesi, uscire dalla crisi in modo ordinato e ripulito per nuove sfide.

Tabelle riepilogative finali

Per concludere, presentiamo due ultime tabelle di riepilogo: la prima confronta sinteticamente i principali strumenti di soluzione della crisi dal punto di vista del debitore; la seconda riassume le possibili strategie difensive a seconda del tipo di azione subita dai creditori.

Tabella 1 – Confronto sintetico degli strumenti di regolazione della crisi d’impresa

StrumentoVolontario vs GiudizialeContinuità o LiquidazioneConsenso richiestoCoinvolgimento dei creditoriProtezione da azioniEsdebitazione finale
Accordi stragiudiziali privati (nessun piano attestato)Volontario al 100%.A scelta (a seconda di accordi – può prevedere continuità).Non codificato: serve l’accordo di ciascun creditore coinvolto.Solo creditori che aderiscono. Dissenzienti non toccati.Nessuna protezione legale (solo moratorie pattizie).Se non c’è fallimento, debiti residui restano a carico.
Piano attestato di risanamento (art. 56 CCII)Volontario con attestazione professionista.Può prevedere continuità oppure anche cessioni di asset (ma scopo primario: risanare azienda).Unanimità di fatto sui termini modificati (dissenzienti non vincolati).Accordi individuali conformi al piano con creditori principali.No automatic stay, ma possibile concordare moratorie temporanee.Nessuna procedura concorsuale = niente esdebitazione, ma se eseguito il piano l’azienda resta attiva senza debiti eccedenti.
Composizione negoziataVolontaria, para-giudiziale (esperto + eventuale intervento tribunale per misure prot.).Preferibilmente in continuità (risanamento). Può però preludere a liquidazione se trattative falliscono.Nessun quorum rigido: si punta a accordo consensuale. Se fallisce, si può andare in concordato semplificato senza voto.Tutti i creditori potenzialmente coinvolti nelle trattative (focus sui principali). Non vincola i dissenzienti se non si sfocia in accordo omologato.Sì, misure protettive fino 4+4 mesi con tribunale .Non è una procedura conclusiva: se risanamento riesce, l’azienda continua con debiti ristrutturati; se fallisce, si passa ad altro (concordato semplificato o fallimento).
Accordo di ristrutturazione (60% creditori)Misto: volontario + omologa tribunale.Può prevedere continuità o liquidazione parziale, flessibile.≥60% in valore dei crediti totali (ordinari ADR) .Solo aderenti vincolati (salvo estensioni settoriali). Creditori estranei restano fuori, ma subiscono sospensione temporanea se concessa.Sì, misure protettive su richiesta durante omologa (max 4 mesi) .Dopo esecuzione accordo, l’impresa prosegue se in continuità oppure liquida beni come concordato stragiudiziale. Debiti residui di chi non aderito rimangono, salvo siano soddisfatti integralmente. Nessuna “esdebitazione” formale, ma se tutti aderenti hanno stralciato, il debito è ridotto contrattualmente.
Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (PRO)Giudiziale semi-concorsuale.Possibile continuità o liquidazione (può essere anche usato per vendere azienda a terzi, con cram-down soci) .Adesioni individuali significative: tipicamente ≥75% in almeno una classe e >50% debiti totali .Tutti i creditori sono coinvolti in classi. Le classi consenzienti impongono l’accordo a quelle dissenzienti se requisiti rispettati .Sì, misure protettive ottenibili durante trattative e fino a omologa .Omologazione = vincolo per tutti. Se il piano è adempiuto, l’impresa risanata continua l’attività libera dai debiti pregressi non inclusi nei pagamenti (creditori dissentienti ricevono quanto previsto e stop). Debiti residui stralciati con forza di legge. (Analogo a concordato per esdebitazione).
Concordato preventivoGiudiziale concorsuale.Due forme: in continuità (azienda prosegue) o liquidatorio (cessa attività e liquida beni).>50% crediti ammessi al voto (e maggioranza teste per classe) .Tutti i creditori antecedenti vincolati dopo omologa, anche contrari .Sì, automatico dal ricorso (moratoria generale) .Se in continuità, l’azienda continua attività con debiti ridotti secondo piano; se liquidatorio, l’azienda cessa e patrimonio distribuito ma niente fallimento. In entrambi i casi i creditori rinunciano ai crediti residui non pagati. L’imprenditore persona fisica esdebitato di fatto (anche se tecnicamente l’esdebitazione è concetto post-fallimento, qui è l’effetto obbligatorio del concordato).
Concordato semplificato (post-CNC)Giudiziale concorsuale senza voto creditori.Solo liquidazione del patrimonio (no continuità) . Azienda cessata o ceduta.Nessun voto, decide il tribunale su omologa.Tutti i creditori anteriori coinvolti; possono opporsi ma non decidono.Sì, misure protettive fino a omologa (come concordato normale) .Dopo omologa, il curatore/ausiliario liquida i beni come da piano e paga i creditori nelle % previste. Chi non è soddisfatto integralmente perde il diritto per la quota falcidiata (a meno che giudice non omologhi perché utilità < fallimento). L’imprenditore persona fisica ottiene esdebitazione residui a fine procedura (come in fallimento).

Tabella 2 – Riepilogo delle difese del debitore contro azioni dei creditori

Azione del creditoreDescrizioneDifese e contromisure del debitore
Decreto ingiuntivo e pignoramento (fornitore, banca, ecc.)Creditor chirografario ottiene titolo giudiziale e avvia esecuzione su conto, beni o crediti.Opposizione a decreto ingiuntivo (se sussistono contestazioni sul credito) per guadagnare tempo.<br>– Negoziare accordo col creditore: pagamento parziale, dilazione o garanzie in cambio della sospensione dell’esecuzione.<br>– Conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.): offrire una somma cauzionale per liberare il bene pignorato, se hai liquidità.<br>– Misure protettive: attivare composizione negoziata o depositare concordato preventivo per ottenere la sospensione legale dell’esecuzione .<br>– Verifica impignorabilità: per soggetti individuali, eccepire art. 515 c.p.c. su beni strumentali indispensabili (limitato).
Ipoteca o fermo amministrativo (Agenzia Entrate Riscossione)Iscrizione ipoteca su immobile sociale per debito fiscale; fermo auto aziendale.Pagamento/rateizzazione: pagando quanto dovuto entro 30 gg dalla notifica iscrizione ipoteca, puoi chiederne la cancellazione. Rateizzando il debito, l’Agente sospende misure in corso.<br>– Ricorso in Commissione Tributaria: se l’ipoteca è illegittima (es. per importo sotto soglia), puoi farla annullare.<br>– Transazione fiscale nel concordato/accordo: prevedere nel piano la rimozione di ipoteche a fronte del pagamento parziale accordato (si formalizzerà in sede di omologa).<br>– Misure protettive: durante CNC o concordato, nuove ipoteche o fermi vietati .
Segnalazione a Centrale Rischi (banca)Banca classifica il cliente a “sofferenza” e lo segnala a Bankitalia, pregiudicandone reputazione creditizia.Preavviso e dialogo: anticipare la banca con un piano di rientro prima che valuti la sofferenza; ricordarle gli obblighi di valutazione globale e buona fede .<br>– Richiesta scritta di rettifica: contestare formalmente la segnalazione se ingiustificata, evidenziando la volontà di pagamento e l’assenza di insolvenza conclamata .<br>– Azione legale d’urgenza: ricorrere al giudice per sospendere/cancellare la segnalazione (deve esserci il fumus di illegittimità: es. credito contestato, segnalazione senza preavviso, ecc.).<br>– Risarcimento danni: raccogliere prove del danno (revoca fidi, rifiuto credito) e, una volta accertata l’illegittimità, chiedere i danni in giudizio .
Istanza di fallimento (creditore o PM)Richiesta al tribunale di apertura liquidazione giudiziale per insolvenza.Opposizione in camera di consiglio: contestare lo stato d’insolvenza (esibire prospettive di risanamento, pagamenti effettuati, crediti in arrivo).<br>– Pagamento/Conciliazione con istante: soddisfare o accordarsi col creditore istante affinché rinunci all’istanza (in caso di pagamento integrale, l’istanza perde oggetto).<br>– Deposito procedura alternativa: presentare un ricorso per concordato preventivo o accordo omologando prima dell’udienza pre-fallimentare: il tribunale sospenderà l’istruttoria fallimentare in attesa dell’esito del concordato (art. 40 CCII). Se il concordato viene ammesso, l’istanza di fallimento resta sospesa e poi decade con l’omologa.<br>– Composizione negoziata attivata: informare il tribunale che è in corso CNC con misure protettive concesse; il tribunale dovrà attendere l’esito (salvo evidenti abusi) e l’istanza di fallimento sarà rigettata se nel frattempo trovi soluzione concordata.<br>– Dimostrare meritevolezza: se proprio sei insolvente senza alternative, chiedere eventualmente tu stesso la liquidazione giudiziale ma contestualmente evidenziare di aver cooperato (utile per ridurre tempi e ottenere esdebitazione più spedita).
Azione revocatoria fallimentare (curatore fallimento)Dopo il fallimento, il curatore chiede di revocare pagamenti o atti fatti dal debitore prima del fallimento, per recuperarne il valore.Prima del fallimento (prevenzione): effettuare pagamenti solo nei termini d’uso e per operazioni correnti ; evitare atti anomali (pagare debiti non scaduti, dare garanzie last minute, vendite sottoprezzo). Se devi fare atti straordinari, inseriscili preferibilmente in un contesto di piano attestato o accordo omologato, che li esenta da revoca .<br>– Dopo il fallimento (difesa in causa): il destinatario dell’azione (es. un fornitore che ha ricevuto pagamento) può difendersi provando l’esenzione di legge (pagamento a termini usuali, importo modesto, ecc.) o l’assenza di scientia decoctionis (ignoranza dello stato d’insolvenza). Come debitore, puoi supportare quei creditori (specie fornitori con cui vuoi mantenere rapporti) fornendo documenti che mostrino che all’epoca non eri in uno stato di insolvenza conclamata.<br>– Transazione con curatore: in alcuni casi, per chiudere rapidamente, si può trovare un accordo transattivo col curatore pagando una parte del valore anziché litigio lungo. Anche se questo riguarda più il creditore citato che te direttamente come debitore (tu non sei parte del giudizio di revoca).

Conclusione

Affrontare una grave crisi debitoria per un’azienda di utensili da taglio è una sfida complessa, ma l’ordinamento italiano odierno mette a disposizione una vera “cassetta degli attrezzi” – per restare in tema metalmeccanico – ricca di strumenti di difesa e risanamento. La chiave di volta è agire con consapevolezza e tempestività. Dal momento in cui emergono i primi scricchiolii finanziari, l’imprenditore dovrebbe attivarsi: dotarsi di consulenti competenti, predisporre piani credibili, dialogare con i creditori in trasparenza.

Abbiamo visto l’intero spettro di soluzioni, dalle più informali alle più istituzionali: accordi stragiudiziali per le situazioni meno compromesse; il piano attestato come scudo flessibile ma riconosciuto dalla legge; la composizione negoziata come percorso guidato e protetto che incarna la filosofia della prevenzione senza stigma ; i vari accordi e concordati in sede giudiziaria (compreso il nuovo PRO) per garantire tenuta legale agli accordi e imporli alla minoranza; infine, gli strumenti liquidatori (concordato semplificato o liquidazione giudiziale) per chiudere dignitosamente quando non c’è più altra via.

Il denominatore comune a tutte le strategie efficaci è la buona fede e la collaborazione: del debitore verso creditori e istituzioni, e viceversa. La riforma della crisi d’impresa mira proprio a far sì che la crisi non sia più vista come una colpa infamante, ma come una fase fisiologica da gestire con strumenti adeguati . Dalla nostra trattazione è emerso come l’imprenditore-debitore che si attiva prontamente (anziché nascondere la polvere sotto il tappeto) possa spesso evitare il tracollo irreparabile e salvare la propria impresa o almeno ridurre i danni personali.

In conclusione, se ti trovi nella situazione di avere un’azienda manifatturiera indebitata: – Non isolarti: prendi consulenza professionale, coinvolgi soci e stakeholder, la crisi va affrontata insieme. – Conosci i tuoi diritti e doveri: come abbiamo esposto, puoi bloccare temporaneamente i creditori, puoi proporre tu un piano vincolante, puoi liberarti dei debiti residui – ma devi seguire le procedure giuste. – Mantieni la calma negoziale: anche di fronte a un pignoramento, c’è spesso margine per trattare. Usa la leva che il fallimento conviene poco anche ai creditori, quindi una soluzione concordata può essere win-win. – Sfrutta gli strumenti legali innovativi: se sei PMI, la Composizione Negoziata è un’opportunità da provare, supportata da dati che ne mostrano la crescente efficacia . Se sei micro-impresa, il nuovo sovraindebitamento ti offre opportunità di esdebitazione mai avute prima . – Accetta compromessi e fai sacrifici: difendersi dai debiti non significa non pagare nulla a nessuno (a meno di fallire, scenario peggiore). Significa spesso pagare qualcosa a tutti in modo ordinato. Preparati a cedere parte del tuo patrimonio (aziendale e a volte personale) per risolvere: i creditori accetteranno più volentieri piani in cui vedono che anche tu imprenditore contribuisci al risanamento (ad es. conferendo beni personali o trovando investitori).

Seguendo questi principi e avvalendoti delle norme illustrate, potrai difenderti dalle aggressioni dei creditori e, con un po’ di fortuna e molta strategia, rimettere in carreggiata la tua azienda, evitando che debiti finanziari e legali distruggano quella che altrimenti resta un’impresa vitale nel tessuto produttivo. E se anche il destino dovesse essere la liquidazione, sarai in grado di chiudere con ordine, ripartendo poi senza macigni sulle spalle grazie alle opportunità di fresh start offerte oggi dal sistema .

La strada non è facile: richiede decisioni tempestive e competenze multidisciplinari (legali, finanziarie, gestionali). Ma, come un utensile ben affilato può tagliare con precisione un materiale resistente, così un piano ben congegnato e l’uso sapiente degli strumenti giuridici possono “tagliare” il nodo gordiano dei debiti e aprire un varco verso il risanamento o quantomeno verso una soluzione equa della crisi.

Fonti normative e giurisprudenziali

(Elenco delle principali fonti citate e di riferimento, con indicazione sintetica del contenuto e contesto – aggiornate a ottobre 2025)

  • Codice Civile: Art. 2086, comma 2 c.c. – Dovere dell’imprenditore di istituire assetti adeguati e attivarsi per superare la crisi. Introdotto dal D.Lgs. 14/2019, impone tempestività nell’affrontare la crisi .
  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14): Articoli rilevanti:
  • Artt. 12–25 CCII: Composizione negoziata della crisi, introdotta dal D.L. 118/2021 e integrata nel Codice. Definiscono condizioni di accesso, nomina esperto, misure protettive, esiti possibili .
  • Art. 25-sexies CCII: Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Procedura introdotta nel 2021 per il post-CNC. Prevede proposta senza voto e omologazione giudiziale .
  • Art. 56 CCII: Accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento. Formalizza il piano attestato, richiedendo attestazione indipendente e prevedendo esenzione da revocatoria .
  • Artt. 57–64 CCII: Accordi di ristrutturazione dei debiti. Richiedono almeno il 60% di consensi dei creditori e omologazione. Inclusi accordi ad efficacia estesa (75% banche) e accordi agevolati.
  • Art. 63 CCII: Transazione fiscale e contributiva. Consente nel concordato/accordo la falcidia di tributi e contributi con voto (o cram-down fiscale se maggioranza globale >50%).
  • Art. 64-bis – 64-ter CCII: Piani di ristrutturazione soggetti a omologazione (PRO). Introdotti dal D.Lgs. 83/2022 in attuazione direttiva UE 2019/1023. Prevedono cram-down interclassi con adesioni qualificate .
  • Artt. 84–120 CCII: Concordato preventivo. Disciplina generale su contenuti del piano, classi, voto, omologa e effetti. Importante: art. 84 distingue continuità vs liquidatorio; art. 94 soglie minime 20%/10%; art. 48 prevede possibilità di presentare domanda di concordato con riserva (in bianco).
  • Artt. 54–55 CCII: Effetti della domanda di concordato. In particolare art. 54 sancisce il divieto di azioni esecutive individuali e cautelari dalla data di pubblicazione della domanda di concordato.
  • Art. 169 CCII (già art. 67 L.Fall.): Atti pregiudizievoli ai creditori. Elenca atti a titolo gratuito e pagamenti anomali inefficaci di diritto (es. atti gratuiti 2 anni, pagamenti anticipati 6 mesi ) e quelli revocabili su azione (pagamenti preferenziali 6 mesi/1 anno con scientia decoctionis).
  • Art. 166 CCII: Azione revocatoria fallimentare. Riprende disciplina art. 67 L.Fall., con esenzioni analoghe (pagamenti a termini d’uso, operazioni di finanziamento assistite da garanzie contestuali, ecc.).
  • Art. 170 CCII: Termini di esercizio delle revocatorie. Fissa decadenza 3 anni da apertura procedura e prescrizione 5 anni da atto , con regole particolari per concordato preventivo e amministrazione straordinaria .
  • Art. 27 CCII: Competenza per azioni revocatorie. Stabilisce competenza tribunale concorsuale anche per revocatorie ordinarie promosse dal curatore, con coordinamento sezioni specializzate (richiamato da Cass. SS.UU. 2022) .
  • Art. 278–279 CCII: Esdebitazione del debitore. Prevede esdebitazione di diritto per persona fisica decorsi termini, salvo opposizione. Art. 283-bis (introdotto nel 2025) consente esdebitazione anticipata per nullatenenti meritevoli .
  • Art. 2 CCII (e art. 1 L.Fall. previgente): Imprese minori non soggette. Stabilisce i parametri sotto i quali l’impresa è esclusa da fallimento (attivo < €300k, ricavi < €200k, debiti < €500k) .
  • D.L. 118/2021 conv. L. 147/2021: normativa istitutiva della Composizione Negoziata. Ha introdotto anche il concordato semplificato. Fondamentali i principi recepiti poi nel CCII art. 12 ss.
  • Direttiva (UE) 2019/1023: Direttiva Insolvency recepita in Italia con D.Lgs. 83/2022. Ha portato al PRO e a varie modifiche pro-debitore (es. sospensione azioni anche prima procedura formale, regole sui nuovi finanziamenti, cram-down azionisti). .
  • Legge 27/2025 (c.d. Decreto “Crisi e Rilancio”): ha introdotto novità su sovraindebitamento: transazione fiscale agevolata <100k, piani fino 144 mesi per debiti fiscali/previdenziali , percorso unico OCC digitale .
  • Delibera CICR 29/3/1994 e Circolare Bankitalia 139/1991: norme sulla Centrale dei Rischi. Prevedono obbligo di segnalazione sofferenze valutando situazione complessiva cliente, non per mero ritardo . Richiamate da giurisprudenza (Trib. Napoli 2005) e dottrina .
  • Cassazione Civile, Sez. I, 24 gennaio 2023 n. 2176: Principio di diritto su esenzioni da revocatoria ex art. 67 co.3 L.Fall. applicabili anche a revocatoria ordinaria (nel fallimento e fuori) . Fonte: DirittodellaCrisi.it .
  • Cassazione Civile, Sez. III, 13 novembre 2024 n. 29252: In tema di danno da segnalazione illegittima in Centrale Rischi, ribadisce che non è in re ipsa e onere della prova sul danneggiato, sebbene ammetta presunzioni (es. revoca fidi dopo segnalazione) . Conferma orientamento 2018 n.7594. Fonte: Studio Cerbone .
  • Cassazione Civile, Sez. III, 21 ottobre 2022 n. 31137: (citata in Cass. 2024) conferma importanza nesso causale tra segnalazione CR e danno come revoca affidamenti .
  • Cassazione SS.UU. 15 novembre 2022 n. 33659: (citata) sulle presunzioni semplici in danno da segnalazione e possibili circostanze indiziarie .
  • Cassazione Civile, Sez. I, 25 settembre 2023 n. 27266: (indicata in DirittoBancario) su revocatoria fallimentare rimesse bancarie in c/c – ribadisce condizioni in cui movimenti su conto sono revocabili (scoperto persistente ecc.). Utile sul tema banca vs curatore.
  • Cassazione Civile, Sez. I, 22 maggio 2023 n. 14086: (indicata) su azione revocatoria e creditore ipotecario. Conferma che soddisfacimento integrale di ipotecario esclude revocatoria in danno suo (salvo ipoteca revocabile).
  • Tribunale di Firenze, decreto 11 agosto 2017: ha affermato obbligo banca di preavvisare il cliente prima di segnalazione CR e dovere di buona fede (menzionato in dottrina) .
  • Tribunale di Milano, decreto 23 aprile 2024 (concordato semplificato): chiarisce limiti sindacabilità giudice su trattative CNC (buona fede attestata dall’esperto = ok) .
  • Tribunale di Bergamo, decreto 6 dicembre 2023: caso di mancata omologa concordato semplificato perché alcuni creditori chirografari non ricevevano utilità extra rispetto al fallimento (neanche l’IVA, che è recuperabile comunque) . Sottolinea requisito “utilità differenziale” per ciascun creditore .
  • Tribunale di Napoli, 2023 (caso citato): su abuso composizione negoziata – attestazione contraddittoria esperto, tribunale ravvisa mala fede e nega concordato semplificato (cfr. Milano 2024 che fa distinguo) .
  • Relazione illustrativa al D.Lgs. 14/2019 (riforma crisi): enfatizza passaggio culturale da stigma del fallimento a gestione anticipata della crisi .
  • Dati statistici Unioncamere / Camera Arbitrale Milano (Report CNC 2025): 1.723 istanze CNC 2021-2024; 78% con misure protettive richieste ; aumento casi in Lombardia (+87% 2023-24) ; composizione negoziata ha risanato 38 imprese in Lombardia nel 2024 salvando 2100 posti lavoro . Ciò a riprova efficacia strumento se usato per tempo .

La tua azienda che produce o vende utensili da taglio industriali, frese, punte, inserti in metallo duro, alesatori, lame, seghe circolari, utensili speciali e strumenti per macchine CNC è finita in una situazione di debiti? Fatti Aiutare da Studio Monardo

La tua azienda che produce o vende utensili da taglio industriali, frese, punte, inserti in metallo duro, alesatori, lame, seghe circolari, utensili speciali e strumenti per macchine CNC è finita in una situazione di debiti?
Hai esposizioni verso Agenzia delle Entrate, INPS, banche, fornitori o Agenzia Entrate-Riscossione?
Ricevi solleciti, richieste di rientro, decreti ingiuntivi, blocchi delle forniture o minacce di pignoramento?

Il settore degli utensili da taglio è esigente e ad alta precisione: richiede materie prime costose (HSS, metallo duro, CBN, ceramiche), trattamenti termici, affilature, rivestimenti PVD/CVD, lavorazioni CNC e scorte importanti.
Un ritardo nei pagamenti dei clienti o un aumento dei costi può generare una crisi finanziaria immediata.

La buona notizia è che la tua azienda può essere salvata, difesa e rilanciata se intervieni ora con la giusta strategia.


Perché un’Azienda di Utensili da Taglio Finisce in Debito

Le cause più frequenti includono:

• aumento dei costi di HSS, metallo duro, inserti, barre e materiali speciali
• lavorazioni esterne costose: affilatura, saldobrasatura, rettifica, rivestimenti PVD/CVD
• ritardi nei pagamenti da parte di meccaniche, carpenterie e OEM
• magazzino immobilizzato tra utensili finiti, semilavorati e inserti
• investimenti obbligati in macchine CNC, rettificatrici e strumenti di misura
• costi energetici e logistici elevati
• affidamenti bancari ridotti o revocati
• commesse complesse e personalizzazioni con incassi differiti

La causa principale non è mancanza di ordini, ma mancanza di liquidità immediata.


I Rischi per un’Azienda di Utensili Industriali con Debiti

Se non intervieni rapidamente rischi:

• pignoramento dei conti correnti
• blocco dei fidi bancari
• stop delle forniture di materiali e utensili critici
• decreti ingiuntivi e azioni esecutive
• sequestro di magazzino, semilavorati e attrezzature
• fermo della produzione
• ritardi nelle consegne e perdita dei clienti principali
• rischio reale di fermo totale dell’attività

Una crisi finanziaria ignorata può paralizzare l’azienda in pochissimo tempo.


Cosa Fare Subito per Difendersi

  1. Fermare subito i creditori
    Un avvocato specializzato può sospendere pignoramenti, bloccare richieste di rientro delle banche, proteggere i conti correnti e intervenire sui fornitori più pressanti. La prima mossa è mettere al sicuro l’azienda.
  2. Analizzare i debiti ed eliminare ciò che non è dovuto
    Molti debiti contengono interessi non dovuti, sanzioni errate, somme duplicate, errori della Riscossione, costi bancari irregolari, posizioni prescritte. Una parte importante del debito può essere ridotta o cancellata.
  3. Ristrutturare i debiti con piani sostenibili
    Soluzioni disponibili: rateizzazioni fiscali fino a 120 rate, accordi di rientro con fornitori strategici, rinegoziazione degli affidamenti bancari, sospensioni temporanee dei pagamenti, utilizzo delle definizioni agevolate quando presenti. Obiettivo: recuperare liquidità e mantenere la continuità produttiva.
  4. Attivare strumenti legali che proteggono l’impresa
    Se i debiti sono elevati si possono applicare strumenti come PRO – Piano di Ristrutturazione dei Debiti, accordi di ristrutturazione, concordato minore o, solo come ultima opzione, liquidazione controllata. Queste misure bloccano i creditori, sospendono i pignoramenti e permettono di pagare solo una parte del debito, garantendo continuità all’azienda e protezione all’imprenditore.
  5. Proteggere produzione, forniture e magazzino
    Per un’azienda di utensili da taglio è essenziale salvaguardare barre grezze, utensili finiti, inserti, rivestimenti, utensili speciali, fornitori critici e attrezzature. Bisogna evitare sequestri che bloccherebbero rettifiche, affilature e CNC, mantenere attive le materie prime e garantire puntualità nelle consegne.

La produzione non deve fermarsi: è l’unica strada per uscire dalla crisi.


Documenti da Consegnare Subito all’Avvocato

• Elenco completo dei debiti (commerciali, fiscali, bancari)
• Estratti conto bancari
• Estratto di ruolo
• Bilanci e documenti fiscali
• Lista fornitori critici e insoluti
• Inventario magazzino (utensili finiti, inserti, barre, semilavorati)
• Atti giudiziari ricevuti
• Ordini aperti e programmazione della produzione


Tempistiche di Intervento

• Analisi preliminare entro 24–72 ore
• Blocco dei creditori entro 48 ore – 7 giorni
• Piano di ristrutturazione entro 30–90 giorni
• Eventuale procedura giudiziaria entro 3–12 mesi
Le protezioni legali possono attivarsi già nei primi giorni.


Vantaggi di una Difesa Specializzata

• Stop immediato a pignoramenti e pressioni
• Riduzione concreta del debito
• Protezione di magazzino e attrezzature
• Trattative efficaci con banche e fornitori
• Continuità produttiva e commerciale garantita
• Salvaguardia del patrimonio personale dell’imprenditore


Errori da Evitare

• Ignorare solleciti o decreti ingiuntivi
• Indebitarsi ulteriormente per coprire debiti vecchi
• Pagare un creditore trascurando gli altri
• Lasciare avanzare pignoramenti
• Farsi aiutare da società non qualificate

Ogni errore peggiora la crisi e aumenta i rischi per l’azienda.


Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

• Analisi completa della situazione debitoria
• Blocco immediato dei creditori
• Piani di ristrutturazione personalizzati
• Attivazione degli strumenti giudiziari protettivi
• Trattative con fornitori, banche e Agenzia Riscossione
• Tutela totale dell’azienda e dell’imprenditore


Conclusione

Avere debiti nella tua azienda di utensili da taglio non significa essere condannati alla chiusura. Con una strategia tempestiva puoi:

• bloccare immediatamente i creditori
• ridurre drasticamente i debiti
• proteggere magazzino, materiali e linee produttive
• salvare l’azienda e il tuo futuro imprenditoriale

Il momento di agire è adesso.

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