Se gestisci un’azienda che produce, distribuisce o ripara mandrini, mandrini di precisione, mandrini autocentranti, mandrini portautensile, mandrini autocentranti a 3/4 griffe, mandrini per torni, CNC, fresatrici, portapinze e accessori di serraggio, e oggi ti trovi con debiti fiscali, debiti verso Agenzia delle Entrate Riscossione, INPS, banche o fornitori, la continuità della tua attività è davvero a rischio.
Il settore dei mandrini richiede materiali costosi, tolleranze micrometriche, lavorazioni complesse, scorte pronte e tempi di consegna rapidi.
Per questo un blocco dovuto ai debiti può generare ritardi, fermare commesse, interrompere forniture e far perdere clienti strategici del mondo meccanico e CNC.
La buona notizia è che puoi ancora bloccare le procedure, ridurre i debiti e salvare la tua azienda, se agisci subito in modo corretto.
Perché le aziende di mandrini accumulano debiti
Le cause più frequenti sono:
- costi elevati di acciai speciali, trattamenti, ingranaggi, griffe e meccanismi di precisione
- aumento dei costi della componentistica importata
- pagamenti lenti da parte di officine, industrie e integratori di sistemi
- ritardi nei pagamenti IVA, imposte e contributi INPS
- magazzini costosi con mandrini, griffe e pinze di varie misure
- investimenti in macchine CNC, rettifiche, strumenti di misura e collaudo
- difficoltà nell’ottenere credito bancario sufficiente
- fornitori strategici che richiedono pagamenti immediati
Tutti questi fattori portano facilmente a crisi di liquidità e debiti crescenti.
Cosa fare subito se la tua azienda è indebitata
Intervenire immediatamente è fondamentale. Ecco i passi essenziali:
- far analizzare la tua situazione debitoria da un avvocato esperto in crisi aziendali
- verificare quali debiti sono corretti, irregolari o prescritti
- evitare piani di rientro affrettati o rateizzazioni insostenibili
- richiedere la sospensione di eventuali pignoramenti in corso
- attivare rateizzazioni realmente sostenibili con AE e INPS
- proteggere fornitori strategici e materiali critici
- prevenire blocchi del conto corrente o riduzioni del fido bancario
- valutare strumenti legali per ridurre, ristrutturare o rinegoziare i debiti
Una diagnosi professionale permette di capire quali debiti puoi ridurre, contestare o sospendere.
I rischi concreti per un’azienda indebitata
Senza una strategia immediata rischi:
- pignoramento dei conti correnti aziendali
- fermo di macchine CNC, rettifiche e strumenti di misura
- blocco delle forniture di mandrini, griffe e inserti critici
- impossibilità di completare ordini e progetti
- perdita di clienti industriali e distributori tecnici
- danni alla reputazione aziendale
- crisi di liquidità e mancato pagamento di personale e fornitori
- rischio reale di chiusura dell’attività
Nel settore dei mandrini, basta un ritardo minimo per fermare linee produttive dei clienti.
Come un avvocato può aiutarti concretamente
Un avvocato specializzato può:
- bloccare subito pignoramenti e misure esecutive
- ridurre l’importo complessivo dei debiti con trattative mirate
- ottenere rateizzazioni sostenibili con AE e INPS
- far annullare debiti irregolari, mal notificati o prescritti
- mediare con fornitori e banche evitando sospensioni delle consegne
- proteggere magazzino, macchinari e continuità produttiva
- stabilizzare l’azienda mentre si ristruttura il debito
- evitare l’insolvenza e salvare l’impresa
Una strategia professionale può salvare l’azienda anche quando la situazione sembra critica.
Come evitare il blocco dell’attività
Per mantenere l’operatività è fondamentale:
- intervenire subito
- evitare trattative senza una strategia precisa
- proteggere fornitori e componenti essenziali
- ristrutturare i debiti prima che arrivino pignoramenti
- identificare debiti contestabili o calcolati in modo errato
- preservare liquidità per garantire produzione, collaudi e consegne
Così puoi evitare ritardi, penali e perdita di clienti importanti.
Quando rivolgersi a un avvocato
D devi farlo se:
- hai ricevuto solleciti, intimazioni o avvisi di pignoramento
- i debiti con AE Riscossione, INPS o fornitori stanno aumentando
- rischi il blocco del conto corrente aziendale
- non hai liquidità sufficiente per rispettare le scadenze
- i fornitori stanno minacciando di interrompere le consegne
- vuoi evitare la chiusura dell’impresa
Un avvocato esperto può bloccare le procedure, ristrutturare il debito e proteggere davvero la tua azienda.
Attenzione: molte aziende non falliscono per i debiti in sé, ma perché intervengono troppo tardi. Con una strategia mirata puoi ridurre, rinegoziare o eliminare una parte dei debiti, salvando l’attività.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in debiti aziendali e difesa di imprese meccaniche – ti aiuta a mettere in sicurezza la tua azienda di mandrini.
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Introduzione
La gestione di un’azienda manifatturiera (come la ipotetica Azienda Mandrini S.r.l.) comporta costi fissi elevati, investimenti continui in macchinari e materie prime e margini spesso ristretti. In un settore ad alta intensità capitalistica (es. metalmeccanico) è facile accumulare debiti verso banche, fornitori e Fisco, specie se calano le commesse o aumentano i costi delle materie prime . Molte imprese si trovano quindi in situazione di sovraindebitamento o crisi di liquidità, con rischio di azioni esecutive, pignoramenti e – nei casi più gravi – procedure concorsuali. La buona notizia è che esistono soluzioni legali per difendersi dai creditori, ristrutturare i debiti e salvare l’attività . In questa guida approfondita (aggiornata a ottobre 2025) esamineremo tutte le opzioni disponibili dal punto di vista del debitore, con un taglio giuridico-divulgativo rivolto sia ad avvocati sia a imprenditori. Illustreremo strumenti di difesa immediata, procedure di composizione della crisi d’impresa (dal concordato preventivo agli accordi di ristrutturazione), soluzioni per il sovraindebitamento (ex L. 3/2012, ora integrate nel Codice della Crisi) e strategie specifiche per gestire i debiti tributari e quelli verso fornitori e banche. Concluderemo con alcune domande e risposte frequenti, simulazioni pratiche e tabelle riepilogative per riassumere i concetti chiave, il tutto arricchito dai più recenti riferimenti normativi e giurisprudenziali (inclusi aggiornamenti 2024-2025) .
Perché un’azienda accumula debiti? Cause comuni di crisi di liquidità
Nel contesto italiano, numerose PMI industriali affrontano tensioni finanziarie per una combinazione di fattori strutturali e congiunturali . Ecco alcune cause tipiche che possono portare anche un’azienda solida, come la nostra “Mandrini S.r.l.”, ad accumulare debiti:
- Ritardi nei pagamenti dei clienti: molte imprese fornitrici dell’industria meccanica soffrono i ritardi o i mancati pagamenti da parte dei clienti (es. grandi committenti o produttori a valle). L’insoluto commerciale crea carenze di cassa a catena .
- Aumento dei costi e calo dei ricavi: l’inflazione delle materie prime (acciaio, leghe speciali, componenti importati) e dell’energia può far lievitare i costi di produzione . Se contemporaneamente si verifica un calo delle commesse o dei prezzi di vendita (es. in una recessione), l’azienda vede erodersi la liquidità e può iniziare a “tirare avanti” non pagando fornitori o imposte.
- Investimenti elevati finanziati a debito: l’acquisto di macchine utensili avanzate, robot, impianti di trattamento o l’implementazione di sistemi di qualità (es. certificazioni ISO) richiede capitali ingenti . Spesso ci si finanzia con mutui, leasing o linee di credito. Se il rendimento di tali investimenti tarda a manifestarsi, l’azienda rimane gravata da rate eccessive rispetto ai flussi di cassa.
- Revoca di affidamenti bancari: le banche, in caso di rating peggiorato o sconfinamenti, possono revocare i fidi o chiedere il rientro immediato dai finanziamenti a breve termine . Questo può togliere all’azienda la liquidità operativa, precipitando la crisi.
- Debiti tributari e contributivi non onorati: in tempi di difficoltà, l’imprenditore può essere tentato di rinviare il pagamento di IVA, ritenute o contributi per pagare stipendi e fornitori. Tuttavia, gli importi non versati al Fisco o agli enti previdenziali generano cartelle esattoriali con sanzioni e interessi che aggravano l’esposizione . Inoltre, gli enti pubblici (Agenzia Entrate-Riscossione, INPS) hanno poteri esecutivi forti (fermi amministrativi, ipoteche, pignoramenti) che possono colpire l’azienda rapidamente.
- Gestione finanziaria inadeguata: a volte la crisi deriva da errori interni – ad es. una struttura dei costi inefficiente, un eccesso di scorte di magazzino immobilizzate, l’assenza di pianificazione finanziaria e controllo di gestione. Ciò impedisce di accorgersi per tempo dello squilibrio tra entrate e uscite e di adottare misure correttive.
Tutti questi elementi, isolati o combinati, possono in breve tempo produrre insolvenza o “crisi d’impresa” (nel lessico del D.Lgs. 14/2019, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, si definisce crisi lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza, e insolvenza lo stato conclamato di incapacità a pagare regolarmente i debiti ). Il risultato è che l’azienda accumula debiti e fatica a rispettare le scadenze, esponendosi ad azioni legali dei creditori.
Cosa fare subito se l’azienda ha troppi debiti
Di fronte a una situazione di indebitamento grave, la prima regola è non restare inerti. Ignorare il problema o rimandare le soluzioni peggiora soltanto la posizione del debitore. Ecco i primi passi urgenti da compiere per difendere l’azienda e prevenire danni irreversibili:
- Non ignorare le comunicazioni dei creditori: ogni atto ufficiale (sollecito, decreto ingiuntivo, cartella esattoriale, avviso di accertamento tributario, ecc.) ha termini precisi per reagire. Se ricevi una notifica, annota la data e consulta immediatamente un esperto: ad esempio, una cartella va pagata o impugnata entro 60 giorni, un decreto ingiuntivo va opposto entro 40 giorni, un atto di pignoramento può essere sospeso solo con provvedimento del giudice . Evitare di aprire la posta o far finta di nulla è l’errore peggiore: scaduti i termini, l’atto diventa definitivo e il creditore potrà procedere con esecuzioni forzate senza ulteriori avvisi.
- Verificare la legittimità e l’esattezza dei debiti: non tutti i debiti notificati sono dovuti o calcolati correttamente. È essenziale far eseguire a un avvocato un’analisi completa delle posizioni debitorie . Spesso emergono vizi formali (notifiche errate), prescrizioni scadute (cartelle oltre 5 anni per tributi locali, 10 anni per IVA/Irpef, ecc.), errori di calcolo, anatocismo o tassi usurari applicati dalle banche, duplicazioni di addebiti, voci non dovute (sanzioni decadute). Ad esempio, molte cartelle esattoriali possono essere annullate se il credito erariale sottostante è prescritto . Allo stesso modo, un decreto ingiuntivo fondato su un estratto conto bancario va verificato per tassi di interesse illegittimi. Contestare il debito ingiusto o gonfiato è un diritto del debitore: si possono presentare ricorsi tributari, opposizioni esecutive o azioni di accertamento negativo, a seconda dei casi.
- Evitare il blocco immediato dell’attività: se temi che a breve partano pignoramenti (ad esempio hai ricevuto un preavviso di ipoteca o un intimazione di pagamento da Agenzia Entrate-Riscossione), è possibile tentare di congelare la situazione chiedendo misure d’urgenza. Un avvocato può presentare un’istanza di sospensione della riscossione al giudice tributario (in caso di ricorso su cartella o accertamento) o un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. se un creditore minaccia atti immediati. In ambito tributario, la legge prevede che il ricorso contro un atto fiscale sospenda la riscossione solo se il contribuente lo chiede espressamente e dimostra il danno grave e irreparabile . In alternativa (o in aggiunta), puoi rateizzare subito le somme dovute (vedi oltre) poiché la concessione di un piano di rateazione blocca le azioni esecutive finché sei in regola coi pagamenti .
- Proteggere i beni aziendali essenziali: è importante mettere al sicuro, per quanto possibile, i beni strumentali senza i quali l’azienda non può operare (macchinari, automezzi, merci in magazzino). Come? Ad esempio verificando la possibilità di ricorrere al patto marciano nelle garanzie bancarie (che evita l’escussione immediata di un bene con valore eccedente il credito), oppure valutando strumenti come il leasing traslativo di macchinari (dove formalmente il bene è di proprietà della società di leasing finché paghi i canoni). Nei limiti del lecito, si può anche pensare a vincoli di protezione: ad esempio destinare alcuni asset a un fondo patrimoniale familiare o trust ante crisi per sottrarli ai futuri creditori – ma attenzione, se questi atti vengono compiuti quando l’azienda è già insolvente, potrebbero essere revocati come atti in frode ai creditori . In generale, una volta che il credito è insorto, spostare o occultare beni è molto pericoloso: si rischiano azioni revocatorie dal curatore (se poi si fallisce) e addirittura sanzioni penali (bancarotta fraudolenta) per distrazione di beni . La prevenzione è chiave: se l’azienda è ancora in bonis, predisporre per tempo idonei strumenti di protezione patrimoniale può essere lecito; farlo post dissesto può aggravare la posizione dell’amministratore.
- Avviare trattative con creditori strategici tramite professionisti: un errore comune del piccolo imprenditore è tentare accordi informali e last minute con i creditori più “rumorosi” (es. pagare il fornitore che minaccia causa, trascurando gli altri). Ciò può creare sperequazioni pericolose e comunque non risolve il problema sistemico. È invece preferibile affidare a un legale esperto in crisi d’impresa il compito di contattare formalmente banche e fornitori principali, per negoziare moratorie o piani di rientro sostenibili . Un avvocato può ottenere, ad esempio, dalla banca una moratoria sul mutuo (sospensione temporanea delle rate) o la proroga dei fidi, oppure da fornitori una dilazione dei pagamenti dovuti. Tali negoziazioni “in bonis” spesso convengono anche ai creditori, specie se l’alternativa sarebbe perdere tutto in un fallimento. È fondamentale documentare per iscritto ogni accordo (ad es. con accordi transattivi o piani attestati – vedi oltre), per renderlo vincolante. Inoltre, coinvolgere un commercialista può aiutare a redigere un business plan di risanamento da sottoporre ai creditori, dando credibilità alla richiesta di respiro finanziario.
Queste prime mosse mirano essenzialmente a prendere tempo e stabilizzare la situazione, evitando che i debiti “diventino esecutivi” e paralizzino la produzione . Ogni situazione è diversa: un consulente specializzato valuterà quali di queste azioni siano praticabili e prioritarie. Ad esempio, se l’azienda di Mandrini ha macchinari indispensabili sotto leasing, si dovrà dare precedenza a evitare che il leasing risolva il contratto riprendendosi i beni. Se invece il grosso del debito è fiscale, sarà cruciale attivare subito un piano di rateazione o una definizione agevolata per bloccare i recuperi coattivi del Fisco.
Soluzioni legali per un’azienda indebitata: panoramica
Superata la fase emergenziale, occorre impostare una strategia di medio termine per gestire e ridurre il debito complessivo. Le possibilità variano a seconda della forma giuridica dell’impresa (società di capitali, di persone, ditta individuale) e della gravità dell’insolvenza. In generale, gli strumenti si dividono in soluzioni stragiudiziali (accordi privatistici) e procedure concorsuali (soluzioni giudiziali regolate dalla legge). Ecco un elenco delle principali opzioni di risanamento del debito aziendale, con i relativi effetti:
- Rateizzazione dei debiti fiscali fino a 120 rate: permette di diluire in 10 anni le imposte o contributi dovuti, mantenendo l’Erario a bada (nessun pignoramento finché si paga regolarmente) . È uno strumento amministrativo, concesso dall’Agente della Riscossione se ricorrono i requisiti di legge (vedi sezione dedicata ai debiti tributari).
- Saldo e stralcio con banche o fornitori: consiste in un accordo transattivo su base volontaria in cui il creditore accetta di rinunciare a una parte del credito a fronte di un pagamento (immediato o in tempi brevi) del restante importo . È frequente, ad esempio, con banche o factor su crediti deteriorati (possono accontentarsi di una percentuale, preferendo “prendere il sicuro” subito anziché affrontare lunghe esecuzioni). Un saldo e stralcio non ha effetti sugli altri creditori: è un accordo bilaterale, ma può dare un sollievo importante togliendo dal tavolo alcuni debiti chiave (es. la banca ipotecaria).
- Composizione negoziata della crisi d’impresa: è uno strumento nuovo (2021), introdotto dal D.L. 118/2021 (conv. L. 147/2021) e ora parte integrante del Codice della Crisi (artt. 12-25 CCII). Si tratta di una procedura volontaria stragiudiziale assistita da un esperto indipendente, il cui scopo è facilitare la negoziazione di accordi tra l’impresa e i suoi creditori . L’imprenditore rimane in controllo dell’azienda, ma beneficia della guida di un esperto nominato dalla Camera di Commercio e – su richiesta – di misure protettive concesse dal Tribunale (sospensione temporanea delle azioni esecutive). La composizione negoziata è indicata per imprese in stato di crisi reversibile, che vogliono evitare il fallimento trovando un accordo rapido. Se ha esito positivo, può sfociare in diversi output: un semplice accordo stragiudiziale; un accordo di ristrutturazione del debito omologato; un concordato semplificato (liquidatorio) se non si raggiungono le adesioni richieste. Se invece fallisce, l’imprenditore può comunque passare ad altre procedure formali senza sanzioni (vedi FAQ a fine guida).
- Opposizione ad atti esecutivi illegittimi: qualora alcuni creditori abbiano già avviato pignoramenti, fermi o ipoteche, è possibile difendersi in giudizio. Ad esempio, si può fare opposizione all’esecuzione ex art.615 c.p.c. se il titolo è viziato o il bene pignorato impignorabile, oppure opposizione agli atti esecutivi ex art.617 c.p.c. se vi sono irregolarità procedurali. Anche l’ipoteca di Equitalia (AdER) può essere contestata se iscritta in violazione di legge (ad es. sotto la soglia di debito di 20.000€ o senza la dovuta comunicazione preventiva) . Queste azioni non risolvono il debito, ma possono guadagnare tempo o rimuovere vincoli illegittimi su beni aziendali.
- Rinegoziazione di mutui e leasing: è spesso possibile ristrutturare i debiti bancari fuori dalle procedure concorsuali. Il debitore può chiedere alla banca un piano di rientro con rate più basse e durata estesa, magari assistito da garanzie aggiuntive (es. rilascio di fideiussioni, ipoteche secondarie) per convincere l’istituto. Dal 2019 esiste la possibilità di aderire alle cosiddette “convenzioni di moratoria” promosse dall’ABI, che consentono sospensioni o allungamenti standardizzati per mutui delle PMI in difficoltà . Un leasing può essere rinegoziato concordando una dilazione dei canoni arretrati e spostando in avanti il riscatto finale. Chiaramente, servono trattative caso per caso, spesso mediate da professionisti con competenze finanziarie.
- Procedure di sovraindebitamento per piccole imprese (ora “concordato minore”): se l’azienda di Mandrini rientra nella categoria dei soggetti non fallibili (ad esempio è una impresa minore sotto le soglie di legge, o è una ditta individuale artigiana, o un professionista), non potrà accedere a concordato preventivo o fallimento. Tali soggetti possono però ricorrere alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, introdotte dalla L. 3/2012 (cosiddetta “legge salva suicidi”) e ora riordinate nel Codice della Crisi . In concreto, l’imprenditore sovraindebitato può proporre un piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (se persona fisica non imprenditore) oppure un concordato minore (se piccolo imprenditore) per pagare i creditori in misura parziale e ottenere l’esdebitazione del residuo . Queste soluzioni concorsuali minori saranno analizzate più avanti nel dettaglio. Sono molto utili anche per l’eventuale socio o garante che abbia debiti personali derivanti dal fallimento dell’azienda.
- Concordato preventivo (per società in crisi o insolventi): è la procedura concorsuale “regina” per le aziende più grandi. Il concordato preventivo consiste in un piano, soggetto all’approvazione dei creditori e all’omologazione del Tribunale, che consente all’impresa di evitare la liquidazione giudiziale (il vecchio fallimento). Nel concordato l’azienda propone ai creditori un soddisfacimento in misura percentuale e/o differita nel tempo, eventualmente con la continuità aziendale (se prosegue l’attività) oppure mediante liquidazione dei beni non strategici. Se i creditori votano a favore (maggioranza per classi di voto) e il Tribunale giudica il piano fattibile e conforme alla legge, allora viene omologato e vincola tutti i creditori, anche dissenzienti. Durante la procedura, l’impresa è protetta dal divieto di azioni esecutive individuali da parte dei creditori . Approfondiremo oltre le caratteristiche di questa procedura e le novità introdotte dal Codice della Crisi (ad esempio il cram-down fiscale di recente affermazione giurisprudenziale ). Il concordato è uno strumento complesso ma potente: può permettere un vero rilancio se in continuità, oppure una chiusura ordinata con esdebitazione finale.
Come si nota, le soluzioni vanno da interventi negoziali privati (più rapidi e riservati, ma efficaci solo tra le parti che li sottoscrivono) a procedure giudiziali (più strutturate e con effetti verso tutti i creditori, ma anche più onerose e sotto controllo del giudice). La scelta dipende dalla situazione concreta dell’impresa: livello dei debiti, numero di creditori e loro disponibilità, prospettive di risanamento o di liquidazione. In genere, è saggio percorrere inizialmente la via meno traumatica (accordi stragiudiziali) e riservare l’accesso al Tribunale come ultima ratio, oppure quando vi sia bisogno di protezione legale generale dai creditori (lo scudo automatico che solo una procedura concorsuale fornisce).
Nel prosieguo, esamineremo più in dettaglio due fronti fondamentali per il debitore: (A) la gestione dei debiti tributari e previdenziali, che seguono regole proprie e per i quali la legge offre strumenti specifici di composizione; (B) le varie procedure concorsuali e di sovraindebitamento disponibili, con le rispettive caratteristiche e condizioni d’accesso. Successivamente analizzeremo i profili di responsabilità personale per soci e amministratori, e infine proporremo alcune FAQ e un caso pratico simulato.
Focus: debiti fiscali e contributivi – come gestirli e difendersi dal Fisco
Uno dei capitoli più delicati per un’azienda indebitata è la gestione dei debiti verso l’Erario e gli enti previdenziali (Agenzia delle Entrate, Agenzia Entrate-Riscossione – ex Equitalia – e INPS in primis). Questi debiti hanno natura privilegiata e beneficiano di strumenti di riscossione coattiva particolarmente incisivi. Ecco le strategie e gli strumenti per affrontarli efficacemente dal punto di vista del debitore:
- Accertamenti fiscali e cartelle esattoriali – difesa e contenzioso: Se l’Agenzia delle Entrate contesta imposte non pagate (IVA, IRES, IRPEF) con un avviso di accertamento, è possibile presentare ricorso entro 60 giorni alla Corte di Giustizia Tributaria (ex Commissione Tributaria) per far annullare o ridurre la pretesa. Analogamente, quando arriva una cartella di pagamento (ruolo esattoriale per imposte o contributi), si può proporre ricorso entro 60 giorni se ci sono vizi o contestazioni nel merito. Durante il giudizio tributario, pagando 1/3 delle imposte accertate entro 60 giorni, si evita l’iscrizione a ruolo della parte restante (cosiddetto accertamento con adesione). Inoltre, come già detto, è fondamentale chiedere la sospensione giudiziale della riscossione se il debito è contestato, per bloccare pignoramenti nel frattempo . Molte cartelle esattoriali vengono emesse a seguito di mancato pagamento spontaneo di dichiarazioni fiscali o contributi: in tali casi spesso non c’è “merito” da discutere (il debito c’è), ma restano possibili difese sui vizi formali e sulle prescrizioni (le cartelle si prescrivono in 5 anni per contributi e tributi locali, 10 anni per tributi erariali, salvo atti interruttivi) .
- Rateizzazione ordinaria e straordinaria dei carichi fiscali: Lo strumento principale per gestire i debiti fiscali dovuti è la rateizzazione prevista dall’art. 19 del DPR 602/1973. Grazie alla recente riforma della riscossione (D.Lgs. 110/2024 attuativo della L. 111/2023) sono state estese le possibilità di dilazione a partire dal 1° gennaio 2025 . In sintesi:
- Per importi fino a 120.000 € per singola richiesta, il debitore può ottenere un piano senza dover comprovare la difficoltà: fino a 84 rate mensili (7 anni) per richieste nel 2025-2026, elevabili a 96 nel 2027-2028 e 108 dal 2029 . È il cosiddetto piano “ordinario” su semplice domanda.
- Se il debitore documenta una temporanea situazione di obiettiva difficoltà (tramite indici finanziari, bilanci, ISEE per le persone fisiche, etc.), può accedere a piani più lunghi fino a 120 rate (10 anni). In particolare, per debiti fino a 120.000 €, l’AdER può concedere da 85 a 120 rate per richieste 2025-2026, da 97 a 120 per 2027-2028, e da 109 a 120 rate dal 2029 in poi . Per debiti oltre 120.000 €, con adeguata documentazione la rateazione arriva sempre fino a 120 rate (indipendentemente dall’anno di richiesta) . Queste nuove soglie rendono più accessibile dilazionare importi elevati.
- La rata minima attualmente è €50. La decadenza dal beneficio avviene se non si pagano 8 rate, anche non consecutive (è stata estesa da 5 a 8 rate dal 2022), momento in cui l’intero debito residuo torna immediatamente esigibile.
Un piano di rateazione attivo impedisce nuovi pignoramenti da parte dell’Agente della Riscossione finché il contribuente è in regola . Attenzione: la rateizzazione non riduce l’importo dovuto (salvo la rinuncia a eventuali aggi e sanzioni di mora in alcune circostanze), ma consente di spalmare il pagamento nel tempo con interessi legali. Perciò va usata per guadagnare sostenibilità, ma parallelamente si può cercare di migliorare la situazione (es. con future definizioni agevolate, transazioni fiscali in concordato, ecc.). – Definizioni agevolate (“rottamazione” e “saldo e stralcio” fiscale): Negli ultimi anni il legislatore ha introdotto diverse misure straordinarie di condono parziale dei debiti fiscali. Le cosiddette “rottamazioni delle cartelle” (edizioni 2016, 2018, 2023…) consentono di pagare i ruoli esattoriali senza sanzioni né interessi di mora, in un numero di rate prefissate . Ad esempio, la Definizione 2023 (L. 197/2022) ha permesso di estinguere i carichi affidati 2000-2017 versando solo imposte e contributi, con esclusione totale di sanzioni e interessi. Un’altra misura è stato il “Saldo e Stralcio” per persone fisiche in difficoltà (L.145/2018), che abbuonava parte del debito in percentuale sulla base dell’ISEE. Queste opportunità, quando aperte, vanno colte presentando istanza entro i termini di legge. Importante: la presentazione di domanda di rottamazione sospende le azioni di recupero sul debito incluso (si congelano pignoramenti in corso, aste, ecc.), e una volta accolta l’adesione se il debitore paga regolarmente le rate, il debito residuo viene condonato a fine piano. Conviene quindi monitorare sempre se ci sono definizioni agevolate in vigore. Tuttavia, se l’impresa entra in liquidazione giudiziale (fallimento) durante il piano agevolato, perde il beneficio: i crediti pubblici tornano esigibili per intero (come da ultimo chiarito dalla Cassazione ). – Transazione fiscale nei piani di ristrutturazione o concordati: All’interno di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione omologato, il debitore può proporre anche ai creditori pubblici un pagamento parziale delle imposte (stralcio) o dilazionato oltre le normali rate. Ciò avviene tramite la transazione fiscale (art. 63 CCII, ex art. 182-ter L.F.), che però richiede il voto favorevole dell’ente per essere valida (nel concordato) o l’adesione nell’accordo. In passato vigeva un rigido principio di tutela erariale (favor fiscus): senza il consenso espresso dell’Erario, il tribunale non poteva omologare un piano che prevedesse sconti sui tributi . Novità 2022-2024: questo veto è stato in parte superato. La Cassazione ha riconosciuto che, se il piano di concordato assicura al Fisco almeno la stessa soddisfazione che otterrebbe in caso di fallimento, il tribunale può omologare il concordato anche con voto contrario dell’Agenzia delle Entrate (meccanismo detto cram-down fiscale) . In particolare, la Suprema Corte (Cass. civ. 27782/2024) ha sancito che il dissenso del Fisco non è più preclusivo quando la proposta è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. Ciò consente alle imprese di includere nei piani concordatari forti riduzioni di imposte e contributi, a patto di dimostrare che i creditori pubblici non subiscono un pregiudizio economico . Attenzione: questo cram-down si applica solo nelle procedure giudiziali (concordato); negli accordi di ristrutturazione purtroppo il Fisco deve aderire perché l’accordo sia omologabile (non esiste un cram-down negli accordi stragiudiziali). Inoltre, l’Erario mantiene il diritto di voto in classe separata nei concordati, e spesso condiziona la sua adesione a trattamenti non inferiori al 100% sul capitale per taluni tributi (es. IVA, ritenute) per via di norme UE – ma su questo tema si è avuta un’evoluzione, con maggiore flessibilità rispetto al passato . – Effetti delle procedure concorsuali sui debiti fiscali: È importante sfatare un mito: aprire una procedura concorsuale non cancella d’ufficio i debiti tributari esistenti. Ad esempio, se un’azienda presenta domanda di concordato preventivo mentre aveva in corso una dilazione con Agenzia Entrate, quella dilazione decade e l’intero importo diventa esigibile nel concordato . Le sanzioni fiscali non si sterilizzano automaticamente: vanno comunque considerate nel passivo e generalmente sono trattate come crediti chirografari (possono essere falcidiate solo col consenso dell’ente o col cram-down sopra descritto). La Cassazione ha chiarito che il concordato non costituisce causa di estinzione dei debiti tributari già sorti né delle relative sanzioni . Pertanto, l’imprenditore deve includere nel piano l’intero ammontare di imposte e sanzioni dovute, salvo ciò che riesce a ridurre tramite transazione fiscale o definizioni agevolate prima della procedura. Un vantaggio, però, è che con l’apertura del concordato le eventuali ipoteche fiscali o altre azioni esecutive sono sospese per legge , e – se poi si arriva a omologazione – il debito fiscale verrà soddisfatto secondo quanto previsto nel piano omologato, senza ulteriori interessi o azioni esterne. Inoltre, a concordato concluso con successo, l’azienda potrà chiedere l’esdebitazione per eventuali debiti chirografari residui (anche se, per i tributi non soddisfatti integralmente, l’esdebitazione nel concordato preventivo non opera in automatico come per le persone fisiche, trattandosi di società che si estinguono in caso di liquidazione).
In definitiva, per difendersi dal Fisco l’azienda indebitata deve agire su due fronti: (1) contenzioso/annullamento di ciò che può essere eliminato (atti nulli o prescritti, importi non dovuti); (2) dilazione/trattativa per il restante, utilizzando tutti gli strumenti di rateazione ordinaria o straordinaria, rottamazioni e transazioni fiscali all’interno di piani di ristrutturazione. Un approccio proattivo con l’Erario è fondamentale: ignorare le cartelle esattoriali porta rapidamente a misure come il fermo amministrativo di automezzi, il pignoramento dei conti correnti aziendali e perfino l’ipoteca sugli immobili (capannoni, terreni) senza bisogno di passare per un giudice. Va ricordato che l’Agenzia Entrate-Riscossione può iscrivere ipoteca su beni della società se il debito supera €5.000 e, superati €120.000, può procedere alla espropriazione immobiliare (vendita forzata) . Quindi, attivarsi per tempo con piani di rientro e procedure concorsuali non è solo consigliabile, ma spesso vitale per la sopravvivenza dell’impresa.
Procedura concorsuali e di sovraindebitamento: quale scegliere?
In questa sezione analizziamo più nel dettaglio le procedure previste dalla legge per gestire la crisi di un’azienda indebitata. La scelta dipenderà, come detto, dalla dimensione e natura giuridica dell’impresa, oltre che dall’entità del dissesto. Distinguiamo i casi di imprese soggette alle procedure concorsuali ordinarie (società di capitali e di persone sopra soglie di fallibilità) e quelle “non fallibili” (sotto soglia, piccoli imprenditori, consumatori).
Soglie di fallibilità: la normativa italiana prevede che alcuni debitori non siano assoggettabili a fallimento (oggi liquidazione giudiziale) né a concordato preventivo. In passato (art. 1 L.Fall. 1942) erano esenti gli imprenditori sotto certe soglie: attivo annuo ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000 e debiti ≤ €500.000 . Il nuovo Codice della Crisi conferma l’esclusione delle imprese minori con parametri simili . Inoltre, imprenditori agricoli ed enti non commerciali non falliscono per definizione. Tali soggetti possono però accedere alle procedure di sovraindebitamento (piani del consumatore, concordato minore, ecc.) . Invece, società commerciali di medio-grandi dimensioni (Srl, Spa, cooperative) rientrano nelle procedure concorsuali tradizionali .
Di seguito, una rassegna delle procedure con le loro caratteristiche principali:
- Concordato preventivo: Riservato a imprese in stato di crisi o insolvenza che vogliono evitare la liquidazione fallimentare offrendo un piano ai creditori. Può essere “in continuità aziendale” (l’impresa prosegue l’attività, eventualmente ristrutturandosi, e paga i creditori col ricavato della continuità) oppure “liquidatorio” (cessazione attività e vendita beni, ma concordato invece di fallimento per garantire comunque una percentuale ai creditori). Il concordato richiede l’approvazione delle maggioranze di legge: i creditori votano suddivisi in classi omogenee; serve il voto favorevole di almeno la maggioranza dei crediti ammessi al voto (e in alcuni casi 2/3 dei crediti per classe) . Una volta omologato dal Tribunale, il concordato è vincolante per tutti i creditori anteriori e comporta la esdebitazione del debitore a fine adempimento (per le società ciò si traduce nella chiusura senza debiti residui, per le persone fisiche anche in un fresh start). Il Tribunale nel concordato ha un ruolo cruciale: nomina un Commissario Giudiziale di vigilanza, verifica la fattibilità e la legalità del piano, e può revocare la procedura se emergono atti di frode. Durante il concordato, come detto, opera un automatic stay: i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali né acquisire privilegi se non autorizzati . Va notato che col Codice della Crisi sono state introdotte varianti come il concordato semplificato (senza voto dei creditori, solo liquidatorio, applicabile dopo un fallimento di composizione negoziata andato a vuoto) e incentivi alla continuità (priorità di certi crediti di finanza interinale, ecc.). Il concordato è pubblico (iscrizione al Registro Imprese), relativamente lento (richiede diversi mesi tra deposito, voto e omologa) e costoso (spese di procedura, depositi cauzionali di un % delle spese, compensi di commissari e attestatori). È però spesso l’unica via per ristrutturare aziende di medio-grandi dimensioni in modo trasparente e ordinato.
- Liquidazione giudiziale (ex fallimento): È la procedura concorsuale liquidatoria per eccellenza, oggi disciplinata dal CCII. Viene aperta su ricorso di un creditore, del debitore stesso o d’ufficio, quando l’impresa è insolvente (incapace di soddisfare regolarmente le obbligazioni). La liquidazione giudiziale comporta la spossessione dell’imprenditore dalla gestione, nominando un Curatore che amministra e liquida tutto il patrimonio aziendale per distribuire il ricavato ai creditori secondo le cause di prelazione. È una procedura dai risvolti pesanti: l’azienda normalmente cessa l’attività (salvo esercizio provvisorio in rari casi), i dipendenti vengono licenziati e i beni venduti all’asta. Tuttavia, per il debitore onesto ma sfortunato esiste l’istituto dell’esdebitazione post-liquidazione: una volta chiuso il fallimento, se ha collaborato e non ha commesso irregolarità, l’ex imprenditore persona fisica è liberato dai debiti residui non soddisfatti . Ciò è stato introdotto per la prima volta nel 2012 e confermato dal CCII, in linea col principio della “fresh start”. Va evidenziato che nella liquidazione giudiziale di una società di persone, per legge il fallimento si estende automaticamente ai soci illimitatamente responsabili (art. 256 CCII, ex art. 147 L.F.) : ad esempio, fallita una SNC, falliscono anche i singoli soci e il Curatore aggredirà anche i loro patrimoni personali. Questo rende la posizione dei soci di società di persone molto delicata (vedi oltre). La liquidazione giudiziale può essere richiesta anche durante un concordato se questo fallisce (si parla di “istanza di fallimento in corso di concordato”). Esiste poi la liquidazione controllata per i non fallibili, di cui diremo sotto.
- Accordi di ristrutturazione dei debiti (ADR): Sono accordi stragiudiziali omologati dal tribunale con cui l’impresa in crisi trova un consenso con una parte significativa dei creditori. La legge (art. 57 CCII, ex art. 182-bis L.F.) richiede l’adesione di almeno il 60% dei crediti totali . I creditori che firmano l’accordo si impegnano a quanto pattuito (es. riduzione o dilazione del credito), e una volta che il Tribunale omologa l’accordo, questo diventa efficace anche verso i creditori dissenzienti o non coinvolti, purché soddisfatti integralmente . Ne esistono vari tipi:
- Accordo standard: quorum 60%, come sopra. Offre una protezione limitata: dopo il deposito dell’accordo si può chiedere la sospensione delle azioni esecutive, ma solo riguardo ai creditori aderenti . Utile quando si ha già l’intesa con la maggioranza dei creditori.
- Accordo agevolato: introdotto dal CCII (art. 60), consente quorum abbassato al 30% dei crediti , a patto che i creditori estranei vengano pagati integralmente entro 120 giorni dall’omologa (privilegiati) o 120 giorni dalla scadenza (chirografari). È pensato per facilitare la ristrutturazione con un consenso ridotto, ma richiede risorse per pagare i non aderenti.
- Accordo ad efficacia estesa: previsto dall’art. 61 CCII per categorie omogenee di creditori finanziari (banche, obbligazionisti). Se aderisce almeno il 75% di tali creditori finanziari, l’accordo può essere esteso dal tribunale anche ai dissenzienti della stessa categoria . È utile per superare holdout di singole banche o bondholder.
- Convenzione di moratoria: altro strumento (art. 62 CCII) in cui le banche e gli intermediari finanziari convenuti sospendono le azioni di recupero e concedono dilazioni uniformi al debitore, se aderisce una determinata percentuale di essi (di solito 75%). Serve a dare respiro temporaneo in attesa di soluzioni di lungo termine .
Negli ADR, a differenza del concordato, non c’è voto assembleare di tutti i creditori: conta solo la percentuale di adesioni scritte raccolte dal debitore . I creditori non aderenti restano fuori dall’accordo (salvo casi di efficacia estesa), quindi l’azienda deve comunque pagarli per intero alle loro scadenze. Perciò questo strumento funziona bene quando il grosso dell’esposizione è verso pochi creditori disponibili a negoziare (es. le banche) mentre i piccoli debiti sono gestibili separatamente. Il vantaggio è la rapidità e riservatezza: l’omologa avviene in tempi brevi e il controllo giudiziale è meno invasivo rispetto a un concordato . Dal momento dell’omologa, l’accordo acquista efficacia di titolo esecutivo e i creditori aderenti non possono agire al di fuori di esso. – Piani attestati di risanamento: Pur non essendo vere e proprie procedure concorsuali, meritano menzione. Previsti dall’art. 56 CCII (già art. 67, co.3, lett. d) L.F.), sono piani di risanamento aziendale predisposti dall’imprenditore e asseverati da un esperto indipendente, volti a riequilibrare la posizione finanziaria dell’impresa. Se realizzati e pubblicati presso il Registro delle Imprese, offrono protezione da azioni revocatorie fallimentari qualora poi l’azienda fallisca . Il piano attestato è quindi uno strumento privatissimo: non richiede adesioni di percentuali specifiche (basta l’accordo coi singoli creditori coinvolti) né intervento del giudice; serve però che un professionista terzo ne attesti la veridicità dei dati e la fattibilità. Viene usato spesso per ristrutturazioni “leggere”, ad esempio rinegoziazione di debiti bancari con nuova finanza, in quanto consente di formalizzare un accordo di risanamento con efficacia esimente in caso di insolvenza successiva. Non congela le azioni esecutive (nessuna protezione legale automatica), ma molte banche accettano un piano attestato come alternativa meno costosa al concordato. – Procedura di sovraindebitamento (Codice della Crisi, art. 65 e ss.): Dedicata ai soggetti esclusi dal fallimento e concordato (consumatori, piccoli imprenditori sotto soglia, start-up innovative, imprenditori agricoli, professionisti). È l’evoluzione della L. 3/2012, con alcune semplificazioni dal 2022. Le sub-procedure sono: – Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore: ex “piano del consumatore” L.3/2012 . Destinato alle persone fisiche non imprenditori (famiglie, lavoratori dipendenti, pensionati) sovraindebitate. Permette di proporre al giudice un piano di pagamento parziale e/o dilazionato di tutti i debiti (anche senza il consenso dei creditori, che infatti non votano in questa procedura) . Il Tribunale omologa il piano se ritiene il debitore meritevole (non deve aver colposamente aggravato la sua posizione né contratto debiti irresponsabilmente) e se la proposta assicura ai creditori il massimo soddisfacimento possibile nelle sue condizioni. È una procedura molto vantaggiosa per il debitore onesto, perché consente di ottenere la cancellazione totale dei debiti residui a fine piano (esdebitazione), anche senza l’accordo dei creditori, purché il giudice valuti equa la proposta . Ovviamente richiede che il debitore disponga di un minimo di entrate per pagare la quota offerta nel piano (es. una parte dello stipendio per alcuni anni). – Concordato minore: ex “accordo di composizione con i creditori” L.3/2012 . È la procedura pensata per piccoli imprenditori, imprenditori agricoli, start-up e professionisti con debiti sia personali che d’impresa. Funziona in modo simile a un concordato preventivo semplificato: si negozia con i creditori una proposta di ristrutturazione e serve il consenso di almeno il 60% dei crediti (salvo accordi con classi separate) . A differenza del piano del consumatore, qui i creditori partecipano e votano l’accordo. Una volta depositata la proposta con l’attestazione di fattibilità di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi), il tribunale convoca i creditori per l’espressione del voto (anche scritto). Raggiunta la maggioranza, il Tribunale omologa rendendo l’accordo vincolante per tutti i creditori coinvolti . Il concordato minore consente anche di mantenere la continuità aziendale di piccole attività (artigiani, ditte individuali) evitando la liquidazione, con l’obiettivo di massimizzare il soddisfacimento dei creditori rispetto a uno scenario di fallimento. Anche qui è prevista l’esdebitazione finale del debitore a buon esito. – Liquidazione controllata del sovraindebitato: ex “liquidazione del patrimonio” L.3/2012 . È l’equivalente di un fallimento personale o di piccola impresa non fallibile. Si applica quando il debitore sovraindebitato non è in grado di offrire alcun piano sostenibile né ha maggioranze di creditori disponibili. Su richiesta del debitore (o anche d’ufficio su istanza di creditori o PM in alcuni casi), il Tribunale apre la liquidazione controllata nominando un Liquidatore che gestisce e vende i beni del debitore (salvaguardando quelli impignorabili per legge, es. beni di prima necessità) . La procedura dura al massimo 3 anni per le persone fisiche ; alla fine, il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione completa dai debiti chirografari non soddisfatti . Durante la liquidazione controllata, il debitore è protetto dalle azioni esecutive individuali (tutti i creditori devono insinuarsi al passivo) . Questa procedura consente al piccolo debitore onesto di “fallire e ripartire pulito entro pochi anni” , invece di essere inseguito a vita dai creditori senza mai poter risanare la propria posizione. Novità importanti del CCII: è possibile escludere l’abitazione principale dalla liquidazione se il debitore continua a pagare le rate del mutuo, evitando la perdita della casa familiare ; inoltre si può presentare una procedura unitaria familiare se più membri della stessa famiglia sono sovraindebitati . – Esdebitazione del debitore incapiente: Introdotta dal Codice della Crisi (art. 283) sulla scia delle modifiche alla L.3/2012 nel 2020, è un provvedimento eccezionale di “fresh start gratuito”. Permette al debitore persona fisica privo di beni e reddito di ottenere la cancellazione di tutti i debiti residui senza offrire nulla ai creditori, una volta nella vita . Ovviamente i requisiti sono stringenti: insolvenza totale, nessun patrimonio liquidabile né prospettive di miglioramento, e meritevolezza assoluta (il debitore non deve aver aggravato la sua situazione con dolo o colpa grave, né violato la legge) . Se il giudice concede l’esdebitazione dell’incapiente, i creditori chirografari vengono di fatto sacrificati interamente . È una misura estrema per casi socialmente drammatici (es. persona sovraindebitata a seguito di eventi imprevedibili, rimasta senza nulla).
Quale procedura scegliere? La risposta dipende dallo scenario. Se Azienda Mandrini S.r.l. è una S.r.l. di medie dimensioni e la crisi è seria ma potenzialmente reversibile, si valuterà un concordato preventivo in continuità oppure un accordo di ristrutturazione con le banche (se il nodo principale sono i debiti finanziari). Se invece il dissesto è irreversibile, meglio un concordato liquidatorio per chiudere l’attività ordinatamente, evitando istanze di fallimento dei creditori. Qualora Mandrini S.r.l. fosse invece una micro-impresa sotto soglia, non potrebbe accedere né a concordato né a fallimento: in tal caso i soci/amministratori potrebbero utilizzare un concordato minore o direttamente aprire una liquidazione controllata per liberarsi dei debiti e chiudere. Sempre, la scelta andrebbe compiuta con l’aiuto di consulenti esperti e – soprattutto – tempestivamente: ogni ritardo riduce le opzioni e può esporre gli amministratori a responsabilità (vedi prossimo paragrafo).
Responsabilità di amministratori e soci: difendersi da azioni di responsabilità
Dal punto di vista del debitore-imprenditore, difendersi dai debiti significa anche proteggersi da possibili conseguenze patrimoniali personali. In una società di capitali come la S.r.l. Mandrini, i soci godono di autonomia patrimoniale perfetta: rispondono delle obbligazioni sociali solo nei limiti del capitale sottoscritto, e il loro patrimonio personale è, di regola, al riparo dai creditori aziendali . Anche gli amministratori, in linea di massima, non sono responsabili personalmente dei debiti della società. Tuttavia, ci sono importanti eccezioni e situazioni in cui il “velo” societario si assottiglia:
- Fideiussioni e garanzie personali: Molti soci o amministratori di PMI rilasciano garanzie personali (fideiussioni, avalli cambiari, ipoteche su beni propri) a favore di banche o fornitori strategici. In tal caso, se la società non paga, il creditore potrà escutere direttamente il garante sugli beni personali (casa, conti, ecc.). Questo significa che, di fatto, la distinzione patrimoniale viene meno per via contrattuale. Difendersi: sarebbe preferibile negoziare la liberazione o riduzione delle fideiussioni durante la ristrutturazione. Inoltre, alcune fideiussioni bancarie standard potrebbero essere nulle per violazione antitrust (cfr. schema ABI 2003 dichiarato anticoncorrenziale da Cass. Sez. Un. 41994/2021); in tal caso il garante può fare causa per invalidarle, evitando il pagamento.
- Mala gestio degli amministratori: Il codice civile (artt. 2476 e 2486 c.c.) prevede la responsabilità personale degli amministratori verso la società, i soci e i creditori quando questi amministratori violino i doveri loro imposti, causando danni. In particolare, se l’amministratore aggrava la situazione di dissesto o prosegue l’attività in modo imprudente quando la società ha perso il capitale sociale, i creditori sociali possono agire contro di lui per il risarcimento del maggior danno derivato (azione dei creditori sociali ex art. 2394 c.c., applicabile anche alle Srl). Il CCII agli artt. 375-378 ha introdotto presunzioni di responsabilità: ad esempio, se il passivo è aumentato nel periodo di crisi non gestita, si presume colpa degli amministratori . Il mancato adempimento dell’obbligo di istituire adeguati assetti organizzativi e contabili per rilevare tempestivamente la crisi (art. 2086 c.c. riformato) è considerato grave irregolarità e potenziale fonte di responsabilità . Ciò significa che l’amministratore diligente deve dotare l’azienda di strumenti di monitoraggio (contabilità aggiornata, controlli di gestione, indicatori di allerta) e agire senza indugio al manifestarsi della crisi . Difendersi: l’amministratore dovrebbe poter dimostrare di aver operato con diligenza professionale, di non aver aggravato il dissesto e anzi di aver tentato le procedure di composizione (il tentativo di risanamento è spesso visto come esimente) . In caso di fallimento, il Curatore quasi certamente valuterà un’azione di responsabilità: curare sin da ora la regolarità gestionale e documentare ogni decisione economica può aiutare a difendersi successivamente.
- Distrazione di beni e reati fallimentari: Se gli amministratori hanno compiuto atti di distrazione di patrimonio (es. prelievi ingiustificati di denaro sociale, cessione sotto costo di asset a terzi compiacenti, occultamento di beni o scritture contabili), si espongono sia a responsabilità civile sia a responsabilità penale. In sede civile, tali atti possono essere revocati o possono fondare un risarcimento. In sede penale, se la società viene dichiarata fallita, gli amministratori rischiano imputazioni per bancarotta fraudolenta (artt. 322-323 CCII, già art. 216 L.F.) . Anche prima dell’eventuale fallimento, certi comportamenti come sottrarre beni ai creditori possono configurare reati (es. appropriazione indebita ex art.646 c.p., se l’amministratore si appropria di risorse sociali) . Difendersi: l’unica difesa è preventiva – evitare qualsiasi atto potenzialmente fraudolento e mantenere una gestione trasparente. Se errori sono stati commessi, l’amministratore dovrebbe segnalarlo nel contesto di un concordato o ristrutturazione per tentare di regolarizzare la posizione (ad esempio, reintegrando beni distratti), poiché una condotta riparatoria può attenuare le conseguenze.
- Responsabilità dei soci di società di persone: Nelle S.n.c. e S.a.s. i soci illimitatamente responsabili rispondono con tutto il loro patrimonio personale dei debiti sociali (nelle S.a.s., solo i soci accomandatari; gli accomandanti limitatamente conferimento). Questo significa che i creditori possono escutere i soci senza dover prima escutere la società? In realtà, per le S.n.c., i creditori devono prima escutere il patrimonio sociale e poi, se insufficiente, agire sui soci (beneficio di escussione previsto dall’art. 2268 c.c.). Tuttavia, in caso di fallimento della società di persone, la procedura concorsuale si estende automaticamente ai soci, come detto. I soci falliti perdono la disponibilità dei propri beni (liquidati dal Curatore) e subiscono le stesse conseguenze di un fallimento personale (annotazione in centrale rischi, ecc.). Difendersi: un socio illimitatamente responsabile che vede la società avviarsi al dissesto ha poche difese, se non quella di tentare di limitare i danni. Può considerare di trasformare la società di persone in società di capitali (ma se la crisi è già in atto, ciò non lo esonera dai debiti pregressi) o di uscire dalla società cedendo la quota (ma resta responsabile per i debiti sorti fino al momento dell’uscita, ex art. 2290 c.c., e la cessione in prossimità del fallimento può essere revocata). In pratica, in situazioni di insolvenza grave, la strada migliore è coordinare la gestione della crisi della società con quella del patrimonio personale dei soci: ad esempio, presentare un concordato preventivo unitario per la società e soci (possibile in taluni casi) o, se fallisce la società, sfruttare l’esdebitazione a fine procedura. Ricordiamo che la Corte Costituzionale ha giudicato non fondate le questioni sulla mancata convocazione dei soci illimitatamente responsabili nel fallimento della società semplice, purché possano poi difendersi nel procedimento di estensione – segno che l’ordinamento tutela comunque il diritto di difesa dei soci, ma considera legittimo il meccanismo del fallimento esteso.
In sintesi, per amministratori e soci il miglior modo di difendersi è agire correttamente e tempestivamente: dotarsi di adeguati assetti organizzativi per intercettare la crisi , non aggravare l’esposizione una volta insolventi (ad esempio astenersi dal fare nuovi debiti se palesemente non rimborsabili), attivare prontamente le procedure di composizione della crisi (ciò è visto come adempimento dei doveri di diligenza e può proteggere da accuse di inerzia colposa). Un amministratore che non fa nulla e lascia peggiorare la situazione rischia davvero azioni legali da ogni fronte . Viceversa, uno che documenta di aver fatto tutto il possibile per minimizzare il danno ai creditori (incluso eventualmente portare l’azienda in tribunale per concordato anziché far proseguire una “agonia” inutile) sarà in una posizione molto più solida per difendersi.
Esempio pratico (simulazione)
Per chiarire l’applicazione concreta di questi concetti, consideriamo un caso ipotetico e seguiamo passo passo le possibili mosse del debitore.
Scenario: “Azienda Mandrini S.r.l.” produce componenti meccanici di precisione. Negli ultimi due anni ha registrato perdite. La situazione debitoria attuale include: Banca Alfa (mutuo residuo €200.000 garantito da ipoteca su il capannone), fornitori vari (€50.000 scaduti), Erario (IVA non versata €80.000; ritenute Irpef €20.000; sanzioni e interessi €30.000 su questi tributi) e INPS (contributi dipendenti €40.000). L’azienda dispone di pochi liquidi (c/c con €5.000) e un magazzino del valore stimato di €20.000. Il fatturato è in calo e la liquidità insufficiente: Mandrini S.r.l. non riesce a pagare le rate del mutuo né le imposte correnti. Ha già ricevuto alcune cartelle esattoriali e un precetto da un fornitore. L’amministratore, consapevole che senza interventi l’impresa finirà in default totale, decide di agire.
Passaggi possibili:
- Audit interno e verifica degli “assetti adeguati” – L’amministratore convoca il commercialista e analizza i bilanci e la situazione finanziaria attuale, per quantificare con esattezza il deficit. Si accerta che la contabilità sia aggiornata e che esista un piano di tesoreria (anche rudimentale). Se non l’ha già fatto, redige uno stato analitico dei debiti e uno schema dei flussi di cassa prospettici: questo servirà sia a capire se l’azienda ha prospettive di ripresa (ad esempio, ci sono nuove commesse all’orizzonte?), sia come documentazione iniziale per dialogare con i creditori o attivare procedure. Tale operazione risponde anche all’obbligo degli adeguati assetti organizzativi, mettendo l’azienda in condizioni di rilevare la crisi e affrontarla documentalmente .
- Misure difensive immediate – In parallelo, l’avvocato depositato ha iniziato:
- un ricorso per sospendere il pignoramento immobiliare minacciato dalla banca (la banca aveva notificato precetto sul mutuo scaduto);
- richiesto ad Agenzia Entrate-Riscossione una rateizzazione di €120.000 (IVA, Irpef, contributi) in 72 rate per congelare le azioni esecutive su cartelle già notificate (dopo la riforma 2024, potrebbe ottenere anche 84 rate presentando la domanda nel 2025) ;
- inviato diffide ai fornitori procedenti comunicando che l’azienda sta preparando un piano di ristrutturazione, invitandoli a desistere da azioni individuali in vista di negoziazioni collettive (questo senza valore legale forte, ma per guadagnare tempo e manifestare buona fede).
- Valutazione di accesso alla composizione negoziata (CN) – Dato che l’impresa ha prospettive di nuove commesse e ritiene di poter risanare se ottiene dilazioni, l’amministratore considera la Composizione Negoziata. Verifica di rientrare nei parametri (uno stato di crisi ma non ancora insolvenza irreversibile) e, con l’aiuto di consulenti, predispone la documentazione richiesta: ultimi bilanci, situazione economico-patrimoniale aggiornata, elenco creditori con importi e scadenze, relazione sulle cause della crisi e sulle strategie di risanamento ipotizzate . Nella proposta di piano allegata, ipotizza:
- per la banca: allungamento del mutuo residuo da 5 a 10 anni, con tasso calmierato, ed eventualmente un periodo iniziale di solo interesse;
- per i fornitori: pagamento integrale di €50k ma dilazionato su 12 mesi (circa €4k/mese);
- per Fisco/INPS: pagamento parziale (€60k su €130k) suddiviso in 24 rate mensili, e stralcio di sanzioni per il resto (in pratica offrire circa il 50% del dovuto in 2 anni). Queste ipotesi dovranno poi essere negoziate con i creditori effettivi.
- Avvio della composizione negoziata – L’azienda deposita istanza sulla piattaforma dedicata e ottiene la nomina di un esperto indipendente dal Tribunale competente . Contestaualmente, richiede al Tribunale misure protettive per tutta la durata della CN: in particolare, la sospensione temporanea di ogni azione esecutiva da parte dei creditori (il giudice può concederla fino a 4+4 mesi). Il tribunale accorda la sospensione dei pignoramenti pendenti (tra cui quello immobiliare della banca) per 120 giorni, ritenendo la domanda di CN completa e non manifestamente abusiva.
- Negoziazioni con i creditori chiave – L’esperto convoca incontri collegiali.
- Banca Alfa si mostra disponibile: preferisce ristrutturare il credito piuttosto che attivare la procedura esecutiva sul capannone, anche perché il valore di realizzo forzato potrebbe essere inferiore al debito. Si discute un piano di rientro decennale con abbattimento del tasso e congelamento di 6 mesi (moratoria iniziale) .
- I fornitori (per lo più piccoli) accettano la proposta di pagamento in 12 mesi, magari subordinata a un impegno scritto dell’azienda a privilegiare quei pagamenti.
- Agenzia Entrate e INPS: tramite l’esperto, si propone formalmente una transazione fiscale di concordato (anticipando che si potrebbe convertire la CN in concordato preventivo) offrendo €60k su €130k. Gli enti però esprimono riserve: l’Erario chiede almeno il pagamento integrale dell’IVA (€80k) perché non transigibile sotto il 100%, e l’INPS chiede un piano più lungo per i contributi ma senza stralcio delle sanzioni. La trattativa è complessa e rimane aperta.
- Nel frattempo, l’esperto segnala all’imprenditore anche la possibilità di un fondo di garanzia pubblico (Fondo PMI) per ottenere nuova finanza a supporto, e consiglia di coinvolgere eventualmente un investitore partner per apportare liquidità fresca.
Dopo 2 mesi, l’esito delle negoziazioni è parzialmente positivo: banca e fornitori hanno firmato protocolli d’intesa sull’accordo di ristrutturazione proposto; il Fisco non ha aderito formalmente ma, con l’aiuto dell’esperto, si studia di includere comunque le somme fiscali in un concordato con cram-down, confidando che il tribunale possa omologarlo anche senza voto favorevole dell’Erario (visto che la continuità aziendale garantirebbe al Fisco più di quanto otterrebbe da una liquidazione) .
- Conclusione della composizione negoziata: L’esperto redige la relazione finale. Constatando adesioni significative (oltre il 60% dei crediti totali: banca + principali fornitori), certifica che un accordo di ristrutturazione potrebbe risolvere la crisi . La CN viene dichiarata conclusa positivamente. A questo punto l’imprenditore ha due strade:
- Formalizzare un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’art.57 CCII con i creditori che hanno aderito (banca e fornitori, che da soli rappresentano ad esempio il 70% del totale debiti) e depositarlo in Tribunale per l’omologa. In tale accordo includerebbe anche una classe di crediti erariali con pagamento parziale, ma sapendo che senza adesione AdE l’omologa in parte qua potrebbe essere problematica (il Tribunale potrebbe non omologare lo stralcio fiscale se l’Erario si oppone formalmente). Oppure,
- Presentare direttamente un concordato preventivo in continuità utilizzando l’accordo raggiunto come base del piano: la banca e i fornitori firmatari sarebbero favorevoli in voto; il Fisco voterebbe contro, ma il piano dimostrerebbe che il Fisco prende, poniamo, il 50% mentre in caso di fallimento prenderebbe zero (dato che l’ipoteca bancaria assorbirebbe tutto il ricavato dal capannone). Invocando il cram-down fiscale, l’azienda confiderebbe di far omologare comunque il concordato dal giudice . Il vantaggio del concordato è che vincolerebbe tutti i creditori, chiudendo definitivamente la posizione debitoria.
Dopo confronto coi consulenti, “Azienda Mandrini” opta per il concordato preventivo: deposita ricorso di concordato al Tribunale, allegando il piano concordatario (con continuità diretta dell’attività) e la proposta di soddisfacimento: Banca Alfa classe privilegiata 100% su 10 anni; Fornitori chirografari classe chirografi 30% su 1 anno; Erario+INPS classe chirografi privilegiati 50% su 2 anni. Il tutto attestato da un perito indipendente come fattibile. Il concordato viene aperto, i creditori votano: banche e fornitori (maggioranza) votano sì, Stato e INPS no (come previsto). Il Tribunale, valutato che lo Stato col 50% in continuità prenderebbe comunque più del 0% che avrebbe dalla liquidazione (in cui l’ipoteca della banca saturerebbe l’attivo), omologa il concordato nonostante il dissenso erariale . L’azienda prosegue l’attività sotto la vigilanza di un Commissario Giudiziale, ma ormai alleggerita dal debito e con nuovi ordini in arrivo, riuscendo gradualmente a risollevarsi.
- Alternativa – negoziazione fallita: Se invece le negoziazioni fossero fallite (es. la banca si oppone a qualsiasi piano e pignora il capannone, o l’esperto CN dichiara che non c’è intesa), allora “Azienda Mandrini” dovrebbe prendere atto che non è possibile un risanamento consensuale. In tal caso, per evitare iniziative disordinate dei creditori, l’amministratore potrebbe ricorrere direttamente ad una liquidazione giudiziale volontaria (chiedendo il proprio fallimento in tribunale) oppure, meglio, tentare un concordato preventivo liquidatorio: proporrebbe cioè di liquidare i beni (vendere il capannone, il magazzino) e pagare i creditori quel che ne ricava, magari con l’apporto di risorse esterne (il socio conferisce qualcosa per aumentare il ceto attivo). Se il concordato liquidatorio non è praticabile o non viene approvato, resterà la strada del fallimento. In ogni caso, i soci e amministratori – avendo tentato le procedure di soluzione della crisi – potranno meglio difendersi poi da eventuali azioni di responsabilità, mostrando di aver agito diligentemente fino all’ultimo .
Questo esempio illustra come, con l’assistenza di professionisti, si possa tracciare un percorso ordinato anche in situazioni difficili: dall’analisi iniziale alla scelta dello strumento legale più adatto (negoziale o concorsuale), fino alla conclusione auspicata del risanamento o, nella peggiore delle ipotesi, di una liquidazione non traumatica.
Tabelle riepilogative
Tabella 1 – Differenze tra le principali procedure di gestione della crisi
| Procedura | Soggetti ammessi | Consenso dei creditori | Ruolo del tribunale | Effetti e tutele |
|---|---|---|---|---|
| Accordo di ristrutturazione (art.57 CCII) | Imprese fallibili in crisi o insolventi (di regola società di capitali, ma anche debitori civili) | Adesione di ≥60% dei crediti (30% se “agevolato”); vincola solo i creditori aderenti (salvo efficacia estesa per finanziari al 75%) | Omologa giudiziale necessaria per efficacia erga omnes; controllo formale sulla legittimità e sull’attestazione di fattibilità | Sospende azioni esecutive solo sui creditori aderenti durante la pendenza e su tutti dopo omologa (per i debiti oggetto dell’accordo) . Nessun commissario, debitor in possesso. Procedura riservata (registro imprese). |
| Concordato preventivo | Imprese fallibili in stato di crisi o insolvenza (società di capitali, società di persone sopra soglia) | Approvazione a maggioranza dei crediti (maggioranza per classi; se classi, 2/3 in ogni classe) ; vincola tutti i creditori anteriori se omologato | Forte controllo giudiziale: ammissione, nomina Commissario, voto in adunanza, omologa. Tribunale verifica fattibilità, convenienza (se creditori dissentono) e legittimità piano. | Sospende tutte le azioni esecutive sin dal deposito domanda (art. 54 CCII) . Il debitore opera sotto vigilanza del Commissario. Se omologato, esdebitazione per residui. Se liquidatorio, la società si estingue a fine procedura; se in continuità, prosegue attività. |
| Composizione negoziata (stragiudiziale assistita) | Imprese (incluse società di persone e ditte individuali) in stato di crisi (non insolvenza irreversibile) | Nessun voto: è un negoziato volontario. Gli accordi raggiunti vincolano solo chi li sottoscrive. | Giudice non entra nel merito del piano. Nomina un esperto facilitatore e può concedere misure protettive (sospensione singole azioni su richiesta) . | Non c’è automatic stay generale (solo se richiesto e concesso caso per caso) . L’esperto guida ma non impone soluzioni. Se esito positivo, l’impresa esce con accordi stragiudiziali o passa a procedure formali. È riservata. Nessun effetto esdebitatorio automatico (dipende dai successivi accordi o procedure). |
| Concordato minore (sovraindebitamento) | Debitori non fallibili: piccoli imprenditori sotto soglia, professionisti, start-up, enti no profit, consumatori con debiti d’impresa modesti | Approvazione del ≥60% dei crediti aventi diritto al voto (creditori privilegiati devono aderire se falcidiati). Vincola tutti i creditori inseriti una volta omologato. | Tribunale nomina un OCC (organismo crisi) o gestore della crisi. Dopo voto scritto dei creditori, omologa valutando meritevolezza e fattibilità. | Sospende le azioni esecutive dal deposito della domanda (come un concordato preventivo) per i crediti inclusi nel piano. Debitore mantiene gestione sotto controllo OCC. A fine piano, esdebitazione totale dei debiti residui chirografari . Meno formalità rispetto a concordato grande impresa. |
| Liquidazione controllata (sovraindebitamento) | Debitori non fallibili insolventi (incl. ex imprenditori, consumatori, soci illimitati di società non fallibili) | Non richiede consenso creditori (procedura giudiziale d’ufficio su richiesta debitore o creditori) | Tribunale nomina un Liquidatore e Giudice Delegato. Controllo totale su vendite e riparti come nel fallimento. | Sospende tutte le azioni esecutive all’apertura . Liquidatore realizza attivo e paga secondo prelazioni. Durata max 3 anni per persone fisiche . Esdebitazione automatica persona fisica a chiusura . Se debitor è società non fallibile, si estingue senza debiti residui. |
| Liquidazione giudiziale (fallimento) | Imprese fallibili insolventi (società sopra soglia; società persone; imprenditori individuali sopra soglia) | Non applicabile (procedura coattiva promossa da creditore o d’ufficio) | Tribunale dichiara apertura, nomina Curatore, Giudice Delegato e Comitato creditori. Sovrintende a tutte le operazioni (inventario, vendita beni, riparto). | Esegue forzosamente il patrimonio. Azioni individuali vietate, creditori devono insinuarsi. Scioglimento organi sociali, cessazione attività salvo esercizio provvisorio. Possibile chiusura anticipata con concordato fallimentare (accordo tra fallito e creditori). Esdebitazione del fallito (persona fisica) a fine procedura se meritevole. Soci di persone: estensione fallimento ai soci illimitati . |
(Legenda: CCII = D.lgs. 14/2019 Codice della crisi; OCC = Organismo composizione crisi)
Tabella 2 – Confronto trattamento debiti fiscali in diverse soluzioni
| Soluzione | Trattamento debiti fiscali (Erario/INPS) | Necessità consenso Fisco? | Note |
|---|---|---|---|
| Piano fuori procedura (rateazione) | Pagamento integrale dilazionato; sanzioni e interessi dovuti, salvo definizioni agevolate | N/A (accordo amministrativo, non c’entra il consenso) | Massimo 10 anni con requisiti . Decadenza se 8 rate non pagate . Nessuna riduzione di imposta salvo rottamazioni. |
| Accordo di ristrutturazione | Possibile transazione fiscale: pagamento parziale e/o dilazionato inserito nell’accordo | Sì, Agenzia deve aderire all’accordo (firma necessaria se si vuole falcidiare tributi) | Senza adesione AdE, il giudice non omologa la parte che li riguarda (favor fiscus ancora rilevante qui). Meglio pagare almeno il dovuto IVA/ritenute in percentuale alta. |
| Concordato preventivo | Transazione fiscale nel piano: si possono proporre stralci e dilazioni. Necessario garantire almeno quanto da liquidazione . | No (dopo riforma e Cass. 27782/2024): il tribunale può omologare anche con voto contrario del Fisco se soddisfazione ≥ liquidazione . | Prima del 2022 il “no” del Fisco bloccava i piani con stralcio imposte. Ora con cram-down fiscale il veto non è assoluto. Tuttavia, Fisco ha classe separata e peso politico. |
| Sovraindebitamento (concordato minore/piano) | Possibile stralcio imposte senza bisogno di adesione formale (nel piano del consumatore i crediti fiscali sono inclusi d’ufficio) . Giudice valuta equità e meritevolezza. | No voto (nel piano consumatore). Nel concordato minore sì, vota in classe ma se contrario giudice può comunque omologare se ritiene piano conveniente (simile a concordato ord.). | Nella prassi, i tribunali spesso richiedono che il piano tratti integralmente IVA e ritenute salvo moratorie temporanee . Cassazione ha ammesso moratorie ultrannuali su privilegiati purché Fisco possa esprimersi . L’esdebitazione finale non copre il non pagato di crediti privilegiati rimasti insoddisfatti (questo punto discusso: se piano paga solo parte IVA, il residuo potrebbe restare come obbligazione personale, salvo integrale esdebitazione persona fisica). |
| Liquidazione (fallimento o controllata) | Crediti fiscali partecipano al riparto come privilegiati. Se patrimonio non basta, in fallimento standard il residuo rimane a carico società (che però si estingue) e coobbligati; in liquidazione controllata persona fisica, residuo cancellato da esdebitazione. | Non applicabile (trattamento secondo legge, nessuna trattativa) | L’Erario ha privilegi generali su mobilio e immobili + privilegi speciali (es. ipoteche per Equitalia). In fallimento, se il realizzo è insufficiente, può insinuare il resto come chirografo e percepisce pro quota. Dopo chiusura fallimento società, eventuali soci illimitati restano debitori (ma spesso fanno anch’essi liquidazione personale). |
(Legenda: IVA e ritenute sono crediti fiscali “inestrabili” secondo vecchia norma, ma oggi falcidiabili nel concordato; il cram-down fiscale è l’omologa forzata senza voto favorevole AdE)
Domande frequenti (Q&A)
D: Cosa succede se ignoro i debiti sperando nella prescrizione?
R: Ignorare deliberatamente le richieste di pagamento è molto pericoloso. La prescrizione (5 o 10 anni per i crediti ordinari, a seconda dei casi) è un’arma a doppio taglio: per eccepirla devi sollevare la questione in giudizio; se non lo fai, il creditore ottiene titoli esecutivi nel frattempo e i termini si interrompono. Ad esempio, una cartella esattoriale si prescrive in 5 anni per contributi e imposte locali, ma ogni atto dell’Agente della Riscossione (intimazione, pignoramento) interrompe e fa decorrere un nuovo termine . Inoltre, se non impugni per tempo una cartella o un decreto ingiuntivo, quel debito diventa definitivo e non potrai più contestarlo nel merito. Ignorare i debiti può portare a pignoramenti (conto corrente bloccato, prelievi coattivi su incassi dai clienti, ipoteche su immobili) . È sempre meglio attivarsi: verificare se il debito è dovuto, negoziare o chiedere una dilazione. In caso di inerzia totale dell’imprenditore, i creditori potrebbero addirittura presentare istanza di fallimento (per debiti > €30.000) e a quel punto perderesti il controllo.
D: La mia S.r.l. è insolvente: i creditori possono aggredire casa mia o il mio conto personale?
R: In linea di massima no, perché la S.r.l. ha autonomia patrimoniale e i soci non rispondono con i beni personali dei debiti sociali . Tuttavia, ci sono situazioni in cui i tuoi beni privati possono essere a rischio: – Se hai firmato una fideiussione personale a garanzia di un debito della società (molto comune con le banche), quella specifica obbligazione la devi pagare tu come garante, quindi la banca può iscrivere ipoteca sulla tua casa o pignorare il tuo stipendio. – Se la società viene cancellata dal registro imprese senza aver pagato tutti i debiti, i soci che hanno avuto distribuzione di attivi in sede di liquidazione possono dover pagare nei limiti di quanto riscosso (principio di postergazione: Cass. civ. 15474/2017). Ad esempio, se sciogli la S.r.l. e ti intaschi €10.000 di residuo attivo, poi scopri un debito non pagato di €8.000, potresti doverlo restituire. – In caso di illeciti degli amministratori, il tribunale può colpire i beni personali di questi ultimi: ad es. se hai distratto fondi sociali a tuo favore, sarai chiamato a restituirli (azione di responsabilità o revocatoria). Anche se hai garantito la società con beni tuoi (pegno o ipoteca su tuo immobile), quei beni sono escutibili. – NB: Nelle società di persone, come detto, i soci illimitati rispondono in solido con tutto il loro patrimonio, quindi in quel caso sì, casa tua è aggredibile se la società non paga.
In una S.r.l. classica senza garanzie personali, i tuoi beni restano al sicuro dai creditori sociali . Questo è un potente incentivo a non mischiare finanze personali e aziendali. Tuttavia, se come amministratore hai agito in modo scorretto (es. continuando ad indebitarla sapendo di non poter pagare), potresti comunque incorrere in cause di risarcimento. Quindi la protezione patrimoniale tiene finché resti nella legalità e correttezza gestionale.
D: Ho ricevuto un decreto ingiuntivo da un fornitore: mi conviene fare opposizione anche se il debito è reale?
R: Se il debito è incontestabile (merce consegnata, fattura mai pagata), un’opposizione pretestuosa al decreto ingiuntivo servirà solo a prendere tempo – e con il rischio di vederti addebitare spese legali aggiuntive. Può essere utile solo se sei in trattative avanzate per un accordo o se stai predisponendo una domanda di concordato: presentare opposizione può ritardare di qualche mese l’esecuzione, in attesa che la procedura concorsuale intervenga a bloccarla. Ma attenzione: l’opposizione deve basarsi su motivi almeno plausibili (es. chiedere una dilazione, eccepire un vizio formale nella notifica). Se non emergono ragioni di merito o forma, è più saggio cercare di transare col creditore (ad esempio proponendo un piano di rientro) piuttosto che impelagarsi in un giudizio perso in partenza. Al contrario, se ci sono dubbi sul credito (errori, applicazione di interessi illegali, merce contestata), allora l’opposizione è doverosa per farli valere in tribunale.
D: Cos’è l’“adeguato assetto organizzativo” richiesto alle imprese e perché mi riguarda?
R: L’“adeguato assetto” è previsto dall’art. 2086 c.c. riformato nel 2019: significa che ogni imprenditore societario deve dotarsi di strumenti organizzativi, amministrativi e contabili commisurati alla natura e dimensione dell’impresa, idonei a rilevare i segnali di crisi e a fronteggiarli . In pratica, devi avere una contabilità ordinata, fare verifiche periodiche di bilancio, monitorare indicatori (come indici di liquidità, DSCR) che possano allertarti se l’azienda va in sofferenza. È importante perché: – Ti aiuta a prevenire il dissesto: individuare un trend negativo con 6-12 mesi di anticipo può permetterti di intervenire (taglio costi, ricerca finanziamenti, rinegoziazione debiti) prima che sia troppo tardi. – In caso di procedura concorsuale o azione di responsabilità, la mancanza di assetti adeguati viene vista come una colpa grave dell’amministratore . La giurisprudenza considera negligente chi guida “a vista” senza strumenti di controllo. Se invece puoi dimostrare di aver tenuto sotto controllo la gestione, hai più chance di difenderti da accuse di mala gestio. – Il CCII (art. 375) ha inserito obblighi di segnalazione interna: se i sindaci o revisori rilevano indicatori di crisi, devono sollecitare gli amministratori ad attivarsi. Insomma, l’adeguato assetto è la base di un early warning system aziendale.
In sintesi: anche in piccole S.r.l., è prudente tenere almeno un budget di cassa e un report mensile, e convocare soci per ricapitalizzare se il patrimonio netto scende sotto zero. Questo non solo può salvare l’impresa, ma ti tutela personalmente nel dimostrare di aver fatto tutto il possibile per gestire correttamente.
D: Che rischi corre un amministratore che continua l’attività nonostante l’azienda sia di fatto insolvente?
R: Rischia molto. Continuare a fare operazioni che aumentano il buco (nuovi ordini, altri debiti) in una situazione di insolvenza conclamata può portare a: – Responsabilità civile verso creditori (art. 2486 c.c.): dal momento in cui la società perde il capitale sociale o l’insolvenza era manifesta, gli amministratori avrebbero dovuto astenersi da operazioni aggravanti e conservare il patrimonio residuo. Tutte le perdite ulteriori causate da attività imprudenti sono danno risarcibile. Nel CCII c’è una presunzione che quantifica il danno come la differenza tra patrimonio netto effettivo all’apertura della liquidazione e quello teorico se avessero cessato prima . In sostanza, più tardi chiudi, più potresti dover risarcire. – Sanzioni penali: se per “tirare a campare” fai cose illecite (vendi sottocosto beni aziendali a terzi, sottrai merce dai magazzini, paghi preferenzialmente qualche creditore lasciando altri a zero), in caso di fallimento queste condotte possono configurare bancarotta semplice o fraudolenta. Anche il solo aggravamento del dissesto contravvenendo ai doveri di gestione può integrare bancarotta semplice (art. 324 CCII). In più, se nascondi il dissesto ai soci o al pubblico falsificando bilanci, c’è il reato di false comunicazioni sociali. – Azioni revocatorie: operazioni compiute in extremis (es. pagamenti a qualche creditore a scapito di altri, o cessioni di beni a parenti) potranno essere revocate dal Curatore fino a 6 mesi – 2 anni a ritroso. Quindi è un falso sollievo: ciò che hai tentato di salvare verrà ripreso.
In generale, fare finta di nulla sperando in miracoli è l’atteggiamento peggiore. Invece, attivare per tempo una procedura ufficiale (concordato, composizione negoziata) è visto come comportamento diligente e può costituire esimente o attenuante . Perciò, di fronte all’insolvenza, un buon amministratore convoca subito i professionisti e affronta la crisi nelle sedi dovute, anziché continuare una gestione disordinata e rischiosa.
D: Se presento un piano di concordato preventivo e questo viene omologato, i miei debiti residui sono cancellati?
R: Sì, in larga misura. L’omologazione del concordato preventivo vincola tutti i creditori anteriori (anche chi ha votato contro) alle condizioni del piano . Ciò significa che se, ad esempio, il piano dice che pagherai il 30% ai chirografari e nulla sul residuo, quel 70% residuo è definitivamente stralciato e nessuno potrà più chiedertelo. Tuttavia, occorre distinguere: – Se il debitore è una società, al termine del concordato liquidatorio la società di solito si estingue e quindi il problema del debito residuo neppure si pone (la società non esiste più). Se è un concordato in continuità e la società prosegue, i crediti falcidiati si considerano estinti per effetto dell’omologa e del suo adempimento, quindi la società “riparte pulita” (salvo diversi accordi in piano, es. equity commitment dei soci per pagare parti di debito). – Se il debitore è una persona fisica (es. imprenditore individuale in concordato, ammesso nei casi di codice della crisi per i non fallibili), dovrà chiedere l’esdebitazione espressa a fine procedura per vedersi liberato dai debiti residui. Ma è una formalità: se ha rispettato il piano, il tribunale concede la liberazione del saldo. – Attenzione ai debiti esclusi per legge: certe tipologie (multe penali, sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni non fiscali, danni da illecito civile) restano dovuti anche dopo concordato o esdebitazione . Inoltre, come spiegato prima, taluni debiti erariali privilegiati non pagati integralmente potrebbero non essere coperti da esdebitazione se la legge speciale lo esclude (caso delle sanzioni tributarie in alcuni concordati).
In pratica, però, per un’azienda la rinascita senza debiti è possibile solo attraverso una procedura concorsuale chiusa con successo. Fuori da ciò, i crediti insoddisfatti restano e possono essere perseguiti sui coobbligati o, ad esempio, sui soci illimitati. Dunque, sì: un concordato omologato ed eseguito dà pace definitiva sui debiti anteriori (con le limitate eccezioni di legge).
D: Nel sovraindebitamento, posso davvero cancellare tutti i miei debiti senza pagarli tutti?
R: Sì, è il principio della legge “salva suicidi”, ma devi soddisfare le condizioni e le procedure previste. Ad esempio: – Con un piano del consumatore omologato, se paghi la quota stabilita (magari il 20% del totale in 5 anni) otterrai la cancellazione di tutto il resto tramite esdebitazione . – Con un concordato minore, se rispetti l’accordo omologato (pagando magari 50% ai creditori in 4 anni), il giudice decreterà l’esdebitazione del restante 50%. – Con la liquidazione controllata, se metti a disposizione tutti i tuoi beni e dopo la vendita ne risulta pagato poniamo il 10% ai creditori, il restante 90% è cancellato per sempre con il decreto di esdebitazione finale . – Addirittura, nel caso di debitore nullatenente, puoi ottenere l’esdebitazione senza pagare nulla , ma questo è riservato a situazioni di indigenza totale e meritevolezza specchiata.
Chiariamo però: l’esdebitazione non riguarda alcuni debiti impignorabili o esclusi (mantenimento figli, debiti da dolo, multe penali – quelli restano). Inoltre, nell’ambito impresa, l’esdebitazione avvantaggia le persone fisiche (imprenditore individuale, socio illimitato, garante) ma non le società in sé (una S.r.l. non “esce pulita” perché se liquida, si estingue; se continua col concordato ha già ridotto i debiti in piano). Comunque, lo scopo centrale di tutte queste procedure è proprio dare al debitore onesto una seconda chance, liberandolo dal peso insostenibile dei debiti pregressi .
D: Se la composizione negoziata non porta ad accordo, ho peggiorato la mia situazione?
R: No, tentare la composizione negoziata non ti espone ad alcuna sanzione né pregiudica altri diritti . Semplicemente, se dopo i 6 mesi (prorogabili a 12) di negoziazioni l’esperto dichiara esito negativo, la procedura si chiude e tutto torna come prima. I creditori riprendono la facoltà di agire (se avevi misure protettive, decadono) . Ma l’aver provato la CN non costituisce ammissione di insolvenza né produce effetti concorsuali: rimane riservata (solo tu e i creditori coinvolti lo sapete) e non risulta in Camera di Commercio. Anzi, la Cassazione ha affermato che l’esperimento della composizione negoziata è indice di diligenza dell’imprenditore e non gli può essere imputato a colpa . Quindi non hai peggiorato la tua posizione legale. Certo, non ottieni neanche benefici: dovrai a quel punto valutare altre strade (concordato, accordo ex art.57, o magari liquidare l’azienda). L’esperienza fatta però non è vana: avrai un quadro più chiaro di cosa i creditori sono disposti a concedere e potrai magari predisporre un concordato con maggiori chance sapendo già dove c’erano opposizioni . In conclusione, la CN è uno strumento “a costo zero” in termini di penalizzazioni: tentarla conviene, male che vada torni al punto di partenza ma avendo guadagnato consapevolezza (e mostrato buona fede).
Fonti (normativa e giurisprudenza)
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza: D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (in vigore dal 15 luglio 2022, con modifiche D.Lgs. 147/2020, 83/2022, 83/2023). Introdotte procedure di allerta e composizione negoziata, nuovi strumenti di ristrutturazione e regole sull’omologazione forzata . Articoli citati: artt. 12-25 (composizione negoziata), 54 (protezione concordato), 56 (piani attestati), 57-64 (accordi ristrutturazione standard, agevolati, efficacia estesa, moratoria) , 63 (transazione fiscale), 65-81 (proced. sovraindebitamento: piano consumatore, concordato minore, liquidazione controllata, esdebitazione).
- Legge 27 gennaio 2012, n. 3: (“Legge salva suicidi” sul sovraindebitamento, abrogata e assorbita nel CCII 2022). Prevista composizione crisi per debitori civili con tre procedure (piano consumatore, accordo, liquidazione patrimonio) . Principi confermati nel nuovo Codice (meritevolezza, esdebitazione totale del sovraindebitato onesto) .
- Codice Civile: artt. 2086 c.c. (obbligo assetti adeguati) ; 2267-2268 c.c. (responsabilità soci snc); 2394 e 2476-2486 c.c. (responsabilità verso creditori sociali e gestione oltre perdita capitale) .
- Leggi fiscali: DPR 29 settembre 1973 n.602 art.19 (rateazione cartelle esattoriali) , come modificato da D.Lgs. 30 agosto 2023 n.110 (riforma riscossione attuativa L. 111/2023) e D.M. MEF 27.12.2024 (parametri nuovi piani) . D.L. 18/2023 conv. L.33/2023 (Definizione agevolata 2023).
- Corte Costituzionale: sentenza n. 87/2025 (depositata 26 giugno 2025) – ha dichiarato infondate le questioni sull’art. 147 L.F. riguardo la mancata convocazione dei soci illimitati nel fallimento società semplice, escludendo violazione del diritto di difesa .
- Cassazione Civile:
- Cass., Sez. I, 23 dicembre 2024, n. 34150: in tema di sovraindebitamento, ha sancito la legittimità di moratorie ultra annuali nel pagamento di crediti privilegiati (es. imposte) nei piani del consumatore, purché ai creditori sia data possibilità di esprimersi sulla dilazione . Ha superato il precedente limite di 1 anno (art. 8 c.4 L.3/2012) .
- Cass., Sez. I, 28 ottobre 2024, n. 27782: ha confermato la possibilità di cram-down fiscale nel concordato preventivo , cioè l’omologazione nonostante voto contrario del Fisco, se il piano garantisce ad Agenzia Entrate e INPS una soddisfazione almeno pari a quella ricavabile dalla liquidazione fallimentare . Questo precedentemente era controverso ma ora è principio assodato (v. anche art. 48 CCII modificato).
- Cass., Sez. I, 29 aprile 2025, n. 11296: ha delineato con precisione gli oneri probatori a carico del Curatore nell’azione revocatoria ordinaria fallimentare: questi deve provare (1) consistenza del credito dei creditori insinuati, (2) preesistenza di tali crediti rispetto all’atto impugnato, (3) diminuzione della garanzia patrimoniale causata dall’atto, tale da rendere più difficile il soddisfacimento dei creditori oltre la normale alea . Solo se tutti e tre i requisiti sono provati si presume l’eventus damni .
- Cass., Sez. I, 25 giugno 2024, n. 17546: ha chiarito procedure e litisconsorzio nel fallimento in estensione ai soci di società di persone, in particolare il caso di socio accomandante di S.a.s.: confermato che il socio illimitato va sentito nel procedimento ex art.147 L.F. e può proporre opposizione; non serve però convocarlo nella fase di fallimento della società (non è considerato “debitore” in quella sede) . Sentenza menzionata anche dalla Corte Cost. nella decisione 87/2025.
- Cass., Sez. Unite, 41994/2021: (cfr. commento antitrust fideiussioni) – ha dichiarato nulle per violazione della normativa concorrenziale le clausole ABI standard nei contratti di fideiussione omnibus a garanzia di obbligazioni bancarie, aprendo la via per eccepire nullità delle fideiussioni basate su schema ABI 2003.
- Cass., Sez. I, 7 marzo 2023, n. 6358: ha ribadito che la presentazione di domanda di concordato preventivo non impedisce la decadenza da un’eventuale definizione agevolata o rateazione in corso per debiti fiscali . In pratica, se prima del concordato il debitore aveva un piano di dilazione con AdER e non l’ha completato, l’accesso al concordato non gli salva le condizioni favorevoli: quelle decadono e il debito fiscale va considerato in toto nel passivo.
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Basta un ritardo nei pagamenti dei clienti o un aumento dei costi per generare una seria crisi di liquidità.
La buona notizia è che la tua azienda può essere salvata, se intervieni subito e in modo strategico.
Perché un’Azienda di Mandrini Finisce in Debito
Le cause più comuni includono:
• aumento dei costi di materiali e di trattamenti
• lavorazioni CNC esterne costose: rettifica, lappatura, bilanciatura
• ritardi nei pagamenti da parte di tornerie, officine, integratori e OEM
• magazzino immobilizzato tra mandrini finiti, semilavorati e componenti
• investimenti obbligatori in attrezzature di precisione e strumenti di controllo
• costi energetici e logistici elevati
• riduzione o revoca delle linee di credito bancarie
• commesse tecniche con incassi tardivi
Il vero problema non è la mancanza di lavoro, ma la mancanza di liquidità immediata.
I Rischi per un’Azienda di Mandrini con Debiti
Se non intervieni tempestivamente rischi:
• pignoramento dei conti correnti
• blocco totale degli affidamenti bancari
• interruzione delle forniture di materiali critici
• decreti ingiuntivi e atti esecutivi
• sequestro di semilavorati, mandrini finiti e macchinari
• fermo delle lavorazioni CNC e delle rettifiche
• ritardi nelle consegne e perdita di clienti chiave
• rischio reale di fermo produttivo totale
Un debito non gestito può paralizzare l’azienda in pochissimo tempo.
Cosa Fare Subito per Difendersi
- Bloccare immediatamente i creditori
Un avvocato esperto può sospendere i pignoramenti, bloccare le richieste aggressive delle banche, proteggere i conti correnti e intervenire con i fornitori più pressanti.
Prima si stabilizza l’azienda, poi si lavora sul recupero. - Analizzare i debiti ed eliminare ciò che non è dovuto
Nei debiti aziendali si trovano spesso errori e abusi: interessi non dovuti, sanzioni calcolate male, somme duplicate, debiti prescritti, costi bancari irregolari, errori della Riscossione.
Una parte significativa dei debiti può essere ridotta o cancellata. - Ristrutturare i debiti con piani sostenibili
Le soluzioni includono rateizzazioni fiscali fino a 120 rate, accordi con fornitori strategici, rinegoziazioni bancarie, sospensioni temporanee dei pagamenti e utilizzo delle definizioni agevolate quando presenti.
Obiettivo: ripristinare liquidità e non fermare la produzione. - Attivare strumenti legali che proteggono l’azienda
Per situazioni di debito più grave sono disponibili strumenti efficaci come PRO – Piano di Ristrutturazione dei Debiti, accordi di ristrutturazione, concordato minore o, solo come ultima opzione, liquidazione controllata.
Queste soluzioni bloccano TUTTI i creditori, sospendono i pignoramenti e permettono di pagare solo una parte del debito, garantendo continuità produttiva e tutela dell’imprenditore. - Proteggere produzione, attrezzature e materiali
Per un’azienda di mandrini è fondamentale tutelare semilavorati, materiali speciali, sistemi di serraggio, mandrini finiti, macchine CNC, rettificatrici e strumenti di controllo.
Occorre evitare sequestri, mantenere attivi i fornitori chiave e garantire puntualità nelle consegne ai clienti.
Con la produzione attiva, l’azienda può ripartire; con la produzione ferma, i debiti aumentano.
Documenti da Consegnare Subito all’Avvocato
• Elenco completo dei debiti
• Estratti conto bancari
• Estratto di ruolo
• Bilanci e documentazione fiscale
• Lista fornitori importanti e insoluti
• Inventario del magazzino (mandrini, componenti, semilavorati)
• Atti giudiziari ricevuti
• Ordini aperti e pianificazione della produzione
Tempistiche di Intervento
• Analisi entro 24–72 ore
• Blocco dei creditori entro 48 ore – 7 giorni
• Piano di ristrutturazione entro 30–90 giorni
• Eventuale procedura giudiziaria entro 3–12 mesi
Le protezioni possono essere attive già nei primi giorni.
Vantaggi di una Difesa Specializzata
• Stop immediato a pignoramenti e pressioni
• Riduzione reale e significativa dei debiti
• Protezione di magazzino, macchinari e linee produttive
• Trattative efficaci con banche e fornitori
• Continuità produttiva e commerciale
• Salvaguardia del patrimonio personale dell’imprenditore
Errori da Evitare
• Ignorare solleciti e decreti ingiuntivi
• Accendere nuovi debiti per coprire debiti vecchi
• Pagare un creditore trascurando gli altri
• Lasciare avanzare pignoramenti
• Affidarsi a società non qualificate o “miracolose”
Ogni errore complica la situazione e aumenta i rischi.
Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
• Analisi completa dei debiti aziendali
• Blocco immediato dei creditori
• Piani di ristrutturazione su misura
• Attivazione degli strumenti giudiziari protettivi
• Trattative professionali con fornitori, banche e Agenzia Riscossione
• Tutela totale dell’azienda e dell’imprenditore
Conclusione
Avere debiti nella tua azienda di mandrini non significa essere destinato alla chiusura.
Con una strategia rapida e mirata puoi:
• fermare immediatamente i creditori
• ridurre drasticamente i debiti
• proteggere produzione, magazzino e attrezzature
• salvare la tua azienda e il tuo futuro imprenditoriale
Il momento per agire è adesso.
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