Gestire un’attività di ingrosso – che si tratti di alimentari, materiali edili, prodotti per la casa, forniture industriali o altro – significa affrontare grandi volumi di merce, magazzini costosi, pagamenti anticipati ai fornitori e clienti che spesso saldano con ritardo.
Per questo molti grossisti si ritrovano con debiti fiscali, cartelle esattoriali, esposizioni bancarie e insoluti commerciali, fino a rischiare pignoramenti e blocchi dell’attività.
La buona notizia è che esistono strategie legali immediate per difendersi, sospendere la riscossione, ridurre i debiti e mettere al sicuro l’azienda, con l’aiuto di un avvocato specializzato in diritto tributario e crisi d’impresa.
Perché un grossista arriva facilmente ai debiti
Le difficoltà nel settore dell’ingrosso derivano da fattori specifici:
ritardi nei pagamenti da parte dei clienti
calo improvviso della domanda
insoluti e mancati incassi
costose giacenze di magazzino
rincari delle forniture e dei trasporti
accumulo di IVA e contributi nei mesi di poca liquidità
revoca improvvisa degli affidamenti bancari
cartelle esattoriali maturate negli anni senza contestazione
Questi problemi possono generare rapidamente una spirale di debiti che mette a rischio l’intera impresa.
Cosa fare subito per difendersi e bloccare i danni
Il primo obiettivo è evitare che i debiti si trasformino in azioni esecutive che paralizzano l’attività. Ecco cosa fare immediatamente:
far verificare da un avvocato tutte le cartelle e le comunicazioni ricevute
richiedere la sospensione della riscossione per bloccare pignoramenti
mettere in sicurezza magazzino, beni e conti aziendali
non avviare trattative da soli con l’Agenzia delle Entrate o con le banche
evitare di ignorare notifiche o solleciti: ogni atto ha una scadenza precisa
Una difesa tempestiva può impedire fermi, pignoramenti e blocchi dei crediti verso i clienti.
Le soluzioni legali più efficaci per un grossista indebitato
A seconda della situazione, si possono adottare diverse misure:
rateizzazione dei debiti fiscali fino a 120 rate mensili
saldo e stralcio dei debiti con banche e fornitori
impugnazione di cartelle esattoriali e accertamenti errati
composizione negoziata della crisi, con blocco dei creditori
rinegoziazione di mutui, fidi e linee di credito
opposizione a pignoramenti e fermi amministrativi
procedure di sovraindebitamento per attività individuali o microimprese
Un avvocato esperto può definire una strategia personalizzata in base ai debiti, al magazzino e ai flussi di incasso dell’azienda.
Quando i debiti possono essere ridotti o cancellati
Molti debiti richiesti ai grossisti risultano illegittimi o sproporzionati. Si possono ridurre o annullare quando:
le cartelle sono prescritte
le notifiche sono state eseguite in modo errato
gli atti contengono errori di calcolo o duplicazioni
le banche hanno applicato interessi illegittimi (anatocismo, usura)
l’Agenzia delle Entrate ha emesso atti privi di motivazione valida
la società di recupero crediti non ha la documentazione necessaria
Una revisione legale accurata permette spesso di eliminare una parte significativa del debito.
Le strategie difensive migliori per proteggere l’attività
Per evitare il blocco dell’azienda e preservare la continuità operativa, le mosse più efficaci sono:
contestare tempestivamente tutti gli atti viziati
bloccare pignoramenti su conti, crediti commerciali e mezzi aziendali
negoziare con i fornitori per evitare interruzioni nelle consegne
richiedere la sospensione della riscossione durante il giudizio
proteggere il magazzino e i beni aziendali da azioni aggressive
attivare un percorso di ristrutturazione del debito prima che sia troppo tardi
Agire in tempo può fare la differenza tra salvare l’azienda o perderla.
Perché rivolgersi a un avvocato esperto in crisi aziendale
Un avvocato tributarista e commerciale può:
verificare la legittimità di tutti i debiti
bloccare immediatamente azioni esecutive
ottenere riduzioni importanti tramite saldo e stralcio
impugnare cartelle e accertamenti irregolari
proteggere beni, conti e magazzino
ristrutturare il debito e stabilizzare l’azienda
trattare con banche, fornitori e Agenzia delle Entrate
Senza assistenza specializzata, molte aziende pagano debiti non dovuti o subiscono blocchi evitabili.
Cosa succede se non agisci
Ignorare la situazione può portare conseguenze serie:
pignoramento dei conti aziendali
fermo amministrativo dei mezzi di trasporto
blocco delle forniture e interruzione delle consegne
revoca dei fidi bancari
perdita dei clienti
paralisi operativa e rischio di chiusura
Agire subito permette di fermare la crisi e salvare l’azienda.
Quando rivolgersi a un avvocato
Dovresti chiedere assistenza se:
sei in ritardo con IVA, contributi o imposte
hai ricevuto cartelle esattoriali o avvisi di accertamento
le banche stanno chiedendo rientri immediati
temi pignoramenti o fermi amministrativi
vuoi ristrutturare i debiti e garantire continuità all’attività
Un avvocato esperto può:
impugnare atti illegittimi
ottenere la sospensione della riscossione
ridurre o cancellare il debito
proteggere patrimonio e operatività
negoziare accordi sostenibili
Attenzione: molti grossisti pagano debiti che non devono pagare, o subiscono pignoramenti evitabili. Con una difesa tempestiva puoi bloccare la riscossione, ridurre i debiti e mettere in sicurezza la tua azienda.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, crisi d’impresa e difesa delle aziende commerciali ti guida su cosa fare subito per proteggere la tua attività.
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Introduzione
Una situazione di crisi d’impresa colpisce spesso commercianti all’ingrosso che, a causa di calo delle vendite, aumento dei costi o ritardi nei pagamenti dei debitori, si trovano ad accumulare debiti. Un imprenditore in crisi mantiene l’attività in perdita o non riesce a onorare regolarmente i pagamenti. In Italia il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12/2019, come modificato) definisce gli obblighi di segnalazione e gli strumenti di tutela. Dal 2022 sono entrate in vigore nuove misure in grado di agevolare il risanamento: ad esempio, dal 1° marzo 2025 sono operativi correttivi al Codice che semplificano l’accesso alle procedure concorsuali e ampliano la cancellazione dei debiti residui .
In questa guida – rivolta ad avvocati, imprenditori e privati interessati – analizziamo in dettaglio quali passi compiere quando un grossista accumula debiti verso fornitori, banche, Agenzia delle Entrate, INPS o altri creditori, e come predisporre una strategia difensiva sia stragiudiziale che giudiziale. L’attenzione è rivolta al debitore che deve valutare gli strumenti di composizione della crisi (accordo di ristrutturazione, composizione negoziata, concordato preventivo, sovraindebitamento, liquidazione coatta) e le soluzioni extragiudiziali (negoziazione con i creditori, piani di pagamento, istanze di rateizzo). Verranno proposti tabelle riepilogative, domande e risposte pratiche e casi simulati con cifre esemplificative, tenendo conto delle più recenti modifiche normative e orientamenti giurisprudenziali.
1. La crisi d’impresa e le sue cause
Un grossista può entrare in crisi per molte ragioni: la diminuzione della domanda di mercato, l’aumento dei costi di approvvigionamento (es. energia, materie prime) o inefficienze nell’attività aziendale. Fattori esterni come crisi finanziarie, la pandemia o conflitti geopolitici possono aggravare lo squilibrio. Normativamente, la crisi d’impresa si intende come uno stato di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tale da rendere improbabile la capacità di continuare l’attività . In tali condizioni, l’imprenditore ha il dovere di agire immediatamente: il Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019) impone l’adozione tempestiva di misure per il risanamento, pena sanzioni amministrative o penali (art. 14-bis Cod. Crisi e art. 2086 c.c.). In particolare, se gli indicatori economici (es. indebitamento eccessivo, perdite continuative, mora di pagamenti) segnalano una crisi, l’imprenditore deve approntare piani di risanamento o accedere a procedure concorsuali .
1.1 Indicatori di crisi
Diversi indicatori finanziari aiutano a valutare la crisi. Ad esempio: esposizioni verso banche superiori a certi limiti, ritardi nei pagamenti superiori a 90 giorni, incremento insoluti, perdite strutturali di bilancio, esposizione verso INPS/Erario senza copertura finanziaria. La legge anticrisi e recenti decreti (es. 136/2024) hanno introdotto sistemi di allerta e l’obbligo per gli organi societari (in progetti di grandi imprese) di riferire tempestivamente lo stato di crisi. In generale, non è necessario attendere il fallimento o la dichiarazione di insolvenza: il legislatore premia chi interviene prima con strumenti conciliativi. Pertanto, riconoscere la crisi in anticipo e pianificare un intervento è fondamentale per il debitore .
1.2 Categorie di debiti
Un grossista in difficoltà può accumulare debiti di diversa natura:
- Debiti commerciali verso fornitori e partner logistici. Esempio: fatture di merci non pagate.
- Debiti bancari o finanziari: mutui, affidamenti, leasing. Le banche richiedono regolarità nei pagamenti; il mancato adempimento può attivare procedure esecutive o revoca di linee di credito.
- Debiti tributari verso Agenzia delle Entrate (IVA, imposte dirette, sanzioni) o riscossione (cartelle esattoriali). L’Erario può iscrivere ipoteche sui beni o procedere per confisca per equivalente in caso di reati fiscali.
- Debiti previdenziali e assicurativi: contributi INPS (collaboratori, dipendenti) o INAIL (premi assicurativi). L’INPS può iscrivere ipoteca o chiedere precetti di pagamento, specie se non rientrati nelle dilazioni già concesse.
- Debiti verso l’erario locale: IMU, TASI, Tari. Spesso meno onerosi ma da non sottovalutare.
- Altri debiti: affitti, forniture non pagate, condominiali, utenze. Anche le multe o i ritardi in adempimenti vari (visure, depositi camerali) possono generare sanzioni o fermi fiscali.
Comprendere la natura del debito è cruciale perché ogni categoria segue regole diverse. Ad esempio, i creditori privilegiati (fisco, INPS) hanno più facilità a escutere i beni, ma la legge offre anche strumenti specifici (vedi oltre). Il primo passo per il debitore è quindi inventariare i debiti (ammontare, titoli di credito, scadenze) e verificare eventuali cause di esclusione dalle procedure di sollievo (ad esempio, reati gravi o frodi). Un consulente legale e un commercialista esperto possono assistere nella ricognizione delle posizioni debitorie prima di pianificare l’azione difensiva.
2. Strumenti stragiudiziali di soluzione della crisi
Anche prima di ricorrere a un tribunale, il grossista può tentare soluzioni stragiudiziali per raggiungere accordi vantaggiosi. I principali strumenti extragiudiziali sono: il piano di rientro volontario (o moratoria negoziata), la composizione negoziata assistita e gli accordi di ristrutturazione privati con ciascun creditore.
- Piano di rientro volontario/moratoria negoziata: il debitore contatta direttamente i creditori (fornitori, banca, Agenzia) per chiedere dilazioni di pagamento, riduzioni di sanzioni o nuovi termini. Spesso si chiede di pagare ratealmente gli importi scaduti. Questi accordi non hanno efficacia erga omnes: ogni creditore li accetta o meno volontariamente. Tuttavia, è una strada rapida per evitar pignoramenti imminenti. È importante coinvolgere ogni categoria (banche, fisco, INPS) e spesso è consigliabile formalizzare la moratoria per iscritto. Di norma, in sede di accordo si indicano: nuova scadenza dei pagamenti, interessi di mora tollerati, eventuali sgravi parziali. Se il creditore è pubblico (es. Fisco, INPS), possono esserci particolari schemi normativi per rateizzazione: ad esempio, il fisco consente piani di dilazione fino a 120 mesi per contributi o imposte, a determinate condizioni, come previsto dalla legge (gli articoli 19 e 20 del D.P.R. 602/1973 e successive modifiche) e dai “ristori” emergenziali. Per i contributi, dal 2025 il cosiddetto Collegato Lavoro ha autorizzato INPS e INAIL a concedere dilazioni semplificate fino a 60 mensilità in caso di difficoltà economica temporanea .
- Composizione negoziata assistita: introdotta dal Codice della crisi (Titolo II Capo I-bis), prevede l’intervento di un esperto indipendente (organismo di composizione della crisi – OCC) incaricato di aiutare il debitore a negoziare con i creditori. Si svolge tramite la piattaforma Unioncamere (sportello telematico nazionale), garantendo riservatezza dei documenti. Permette di valutare proposte di ristrutturazione consensuali, dilazioni o riduzioni, in un ambiente protetto e coordinato dalla Legge . Il procedimento si attiva depositando un’istanza telematica presso un OCC; l’esperto verifica la veridicità dei dati economico-finanziari e assiste il debitore nel dialogo con fisco e creditori privati. Se l’accordo raggiunto con i creditori rilevanti viene trasmesso al tribunale, può ricevere efficacia anche in sede concorsuale (art. 14-bis ss. Cod. Crisi). Questo strumento è particolarmente utile per imprese sane in difficoltà temporanea che vogliono evitare il precipitare in una procedura fallimentare.
- Accordi privati con creditori specifici: talvolta si cerca un’intesa diretta con un singolo creditore significativo (ad es. banca o fornitore). In questo caso non si coinvolge un tribunale né un OCC; è solo un negozio giuridico tra debitore e creditore. Ad esempio, si può chiedere la rinegoziazione di un debito bancario (tasso o scadenza) o la riduzione di un debito tributario tramite la definizione agevolata (ove prevista da leggi finanziarie). Tali accordi, pur non svuotati di potenziale efficacia, hanno forza di legge solo tra le parti coinvolte. Tuttavia sono spesso più facili da gestire e convengono al creditore se, ad es., è certa un’insolvenza senza accordo (l’esecuzione costerebbe tempo e soldi). Avviso importante: questi accordi non sospendono automaticamente l’attività esecutiva di altri creditori. Per bloccare pignoramenti in corso, vanno concordati contestualmente provvedimenti cautelari (ad esempio, istanza di termine al tribunale, vedi par. 5).
Domanda (stragiudiziale): Il grossista ha subito un pignoramento fiscale per cartelle pregressi, ma ha contanti disponibili. Cosa può fare?
Risposta: Può chiedere all’Agenzia delle Entrate Riscossione una rateazione dei debiti residui, presentando un’istanza telematica (servizio online dell’Agenzia). Se i requisiti sono soddisfatti (almeno due rate pagate, importo residuo sotto i limiti di legge), l’Agenzia può concedere una dilazione automatica fino a 72 mesi. Qualora lo Stato non risponda entro 30 giorni, l’istanza è accolta di diritto. In alternativa, può proporre all’Agenzia un accorso transattivo (saldofini, rottamazione) attivando una delle definizioni agevolate vigenti. Queste soluzioni extragiudiziali possono bloccare le esecuzioni e consentire la continuazione minima dell’attività commerciale.
3. Procedure concorsuali e piani giudiziali
Se le soluzioni stragiudiziali non bastano o sono impraticabili, occorre valutare procedure concorsuali formali. In Italia, anche dopo la riforma, gli strumenti principali per le imprese in crisi sono il concordato preventivo (accessibile all’imprenditore commerciale insolvente), la liquidazione giudiziale (fallimento), e – per soggetti non assoggettabili al fallimento – il piano del consumatore o il concordato “minore” nel contesto del sovraindebitamento (L.3/2012). Di seguito li descriviamo brevemente.
3.1 Accordi di ristrutturazione dei debiti
Il Codice della crisi prevede (art. 57 ss.) gli accordi di ristrutturazione dei debiti, mantenendo principi già noti. In tali accordi l’imprenditore propone un piano ai creditori, cercando il consenso dei creditori che rappresentano almeno il 60% del debito complessivo verso soggetti non garantiti (art. 62, Cod. Crisi). Questo strumento richiede un piano certificato da un professionista, ma non necessita di omologazione giudiziale; tuttavia il tribunale può omologare l’accordo se i creditori privilegiati (fisco, banche garantite) non rifiutano la proposta. Vantaggi: il debitore mantiene la gestione aziendale in proprio e può ottenere significative riduzioni (falcidie) di debiti. Svantaggi: occorre il consenso qualificato dei creditori e spesso l’omologazione (senza di essa, l’accordo resta valido solo tra le parti aderenti).
Esempio di tabella comparativa – Strumenti di ristrutturazione:
| Strumento | Chi può chiedere | Debiti coinvolgibili | Ruolo tribunale | Effetti principali |
|---|---|---|---|---|
| Accordo di ristrutturazione | Impresa commerciale insolvente | Debiti civili e fiscali (previa adesione) | Possibile omologa richiesta dai creditori | Debiti riconosciuti dal debitore, votazione creditori (soprattutto chirografari 60%); se omologato vincola tutti (cd. “cram-down”) |
| Concordato preventivo (Capo III Cod. Crisi) | Impresa insolvente o in crisi (anche appena soggettiva) | Tutti i debiti (ordinari, privilegiati) | Piena omologa dal Tribunale | Il piano può prevedere continuazione dell’attività o liquidazione; approvazione di maggioranze anche parziali (scioglimento del debito in proporzione) |
| Concordato “minore” / Sovraindebitamento | Micro-imprenditore, consumatore, professionista | Debiti civili; raramente fiscali (solo a certe condizioni) | Omologazione del Tribunale (alcune semplificazioni) | Piano con moratoria (max 2 anni) e/o rimborso parziale ai creditori; esdebitazione finale dei residui (L.3/2012) |
3.2 Concordato Preventivo (in continuità o liquidatorio)
Il concordato preventivo è la procedura principale per un’impresa insolvente che vuole evitare il fallimento (ora liquidazione giudiziale). La legge (artt. 160 e ss. del Codice della crisi) consente due opzioni fondamentali nel piano: un piano di continuità o un piano liquidatorio.
- Concordato in continuità: il debitore propone di continuare l’attività aziendale per un periodo, intanto pagando i creditori secondo il piano. Lo scopo è mantenere i livelli occupazionali e il valore del business. La Corte di Cassazione conferma che con questo piano il creditore può ricevere un rimborso graduale senza che l’impresa sia “spossessata” completamente, purché il piano sia realizzabile .
- Concordato liquidatorio: l’impresa si impegna a liquidare i beni aziendali (o a farlo tramite terzi investitori) per recuperare valore e soddisfare i creditori. Questo tipo di piano prevede l’apporto di risorse esterne (capitali o beni) e mira a realizzare un ricavato sufficiente a pagare i creditori chirografari . Pur non essendo “la bacheca”, il concordato liquidatorio permette ancora all’imprenditore di proporre e guidare la vendita degli asset fino alla chiusura (evitando che lo faccia il curatore fallimentare).
In entrambi i tipi, il piano può prevedere una falcidia (riduzione percentuale del debito) e/o una dilazione dei pagamenti fino a 5 anni. Per ottenere l’omologazione del tribunale, il piano deve essere approvato da creditori per i debiti ammontanti al 60% del totale (per i crediti non garantiti) e al 50% per quelli privilegiati. Se omologato, il concordato vincola tutti i creditori e sospende le azioni esecutive. Se il piano non viene rispettato dopo l’omologazione, qualsiasi creditore può chiedere il fallimento. D’altro canto, esiste anche il concordato in bianco: si deposita la domanda senza allegare il piano, per ottenere i termini di deposito più flessibili (art. 160 Cod. Crisi).
La Camera di Commercio ricorda che «il concordato preventivo in continuità mira a perseguire la continuità aziendale, al fine di non disperdere i valori dell’impresa», mentre il concordato liquidatorio richiede risorse esterne per liquidare i beni e soddisfare i creditori .
3.3 Sovraindebitamento e “concordato minore”
I piccoli imprenditori e i privati possono usare la legge sul sovraindebitamento (L. 3/2012, Titolo II del Codice della crisi). Questa disciplina offre due strumenti principali:
- Piano del consumatore (art. 7 L.3/2012): riservato a persona fisica, imprenditore non commerciale o libero professionista che non fattura oltre 700.000 euro annui (circa). Prevede una ristrutturazione semplificata dei debiti civili (privilegi non superiori alla capacità di rimborso dal piano), con esdebitazione finale (cancellazione dei residui). È in pratica un concordato “minore” senza voti formali dei creditori (la Corte di Cassazione ha ribadito che nel piano del consumatore non si applicano le votazioni del concordato, salvo impugnazioni dei creditori ).
- Concordato del sovraindebitato (artt. 9-10 L.3/2012): simile al concordato fallimentare, ma destinato a soggetti “in sovraindebitamento” che altrimenti non rientrerebbero nel fallimento. Permette piani con dilazioni fino a 120 mesi o riduzione del debito, anch’esso con esdebitazione finale. È comunque praticato raramente dalle imprese.
Secondo la dottrina, il sovraindebitamento include individui o imprese molto piccole che “non sono soggetti a procedure concorsuali ordinarie (come il fallimento)” . In altre parole, un grossista che fattura troppo per qualificarsi come “consumatore” potrebbe non ricadere sotto L.3/2012; tuttavia, alcuni trust professionali (es. farmacisti) o ditte familiari di dimensione modesta potrebbero beneficiarne. La legge del 2025 ha ulteriormente semplificato l’esdebitazione istantanea per soggetti “senza beni da liquidare” e ha introdotto misure per facilitare le transazioni fiscali all’interno dei piani . Ad esempio, con il “Decreto Crisi e Rilancio” (Legge 27/2025) il legislatore ha ammesso transazioni fiscali agevolate anche per debiti tributari inferiori a €100.000 e ha esteso a 144 mesi la rateizzazione integrata di debiti fiscali e previdenziali .
3.4 Effetti sulle transazioni fiscali e previdenziali
Durante qualsiasi piano formale, la posizione del fisco e dell’INPS va gestita con cura. In passato, molti concordati fallimentari escludevano i crediti erariali (si accordava che il debitore versasse solo una percentuale alle casse statali senza formalizzare un accordo). Oggi il Codice della crisi prevede all’art. 67 quater che l’accordo di ristrutturazione può includere i debiti tributari e contributivi purché ci sia adesione dell’amministrazione finanziaria. La prassi agevola le transazioni quando convengono all’Erario. In ogni caso, è essenziale verificare se sono pendenti procedure penali (ad. es. per IVA non versata): la Cassazione ha chiarito che un accordo tributario incide sul “profitto del reato” e sulla confisca: in altri termini, una riduzione del debito fiscale (anche concordata) riduce proporzionalmente l’ammontare contestato come profitto di reato . È importante perché, nel caso di frode fiscale, ogni euro esdebitato evita una possibile confisca di pari valore . Inoltre, per evitare procedimenti penali, il debitore può aderire a istituti come la Definizione Agevolata (cosiddetta “rottamazione” e “saldo e stralcio”) o il nuovo piano degli avvisi bonari (L.225/2020 e s.m.i.).
Tabella riepilogativa – Debiti fiscali e contributivi:
| Tipo di debito | Strumenti extragiudiziali | Strumenti concorsuali | Peculiarità e note |
|---|---|---|---|
| Imposte e IVA | – Rateazione Agenzia Riscossione (fino a 120 mesi)<br>– Definizioni agevolate (rottamazioni, saldo stralcio)<br>– Accordi con l’Erario (es. transazione) | Inclusi in Concordato o Accordi di ristrutturazione (con adesione Agenzia) | In piani sovraindebitamento: è possibile includere i tributi nel piano, fino a 144 mesi se con accordo . Cassazione: l’accordo modifica il debito fiscale e la confisca . |
| Contributi INPS/INAIL | – Rateizzazioni automatiche o semplificate (nuovo Collegato Lavoro: fino a 36/60 rate per crisi aziendali) <br>– Accordi con INPS/INAIL (richiesta di dilazioni straordinarie) | Inclusi se richiesto in Concordato (previa adesione degli Enti) | Dal 2025 è stata prevista la rateizzazione semplificata fino a 60 mensilità per aziende in difficoltà . Spesso l’INPS concede proroghe in vista di un concordato. |
| Debiti previdenziali e fiscali: aspetti penali | – Controversie con l’Agenzia delle Entrate (ricorsi, memorie)<br>– Accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis L.F.) | Come sopra | Cass. 44519/2024: l’accordo di ristrutturazione del debito tributario “riduce sostanzialmente il quantum debeatur” e quindi ridetermina il profitto del reato fiscale . |
4. Gestione del contenzioso (processi e opposizioni)
Talvolta i debiti insorgono da atti giuridici che il debitore può contestare: avvisi di accertamento fiscale, cartelle esattoriali, cartelle esattoriali ipotecarie, richieste contributive contestate (es. recupero di falsi collaboratori), pignoramenti illegittimi. In questi casi è indispensabile difendersi anche giudizialmente.
- Contenzioso tributario: a fronte di avvisi di accertamento o iscrizioni a ruolo ingiustificate o da contestare, il grossista deve presentare ricorso alla Commissione Tributaria. È un rimedio tecnico che richiede consulenza fiscale, ma blocca i termini di pagamento e spesso ottiene sconti o annullamenti. In simili ricorsi si possono sollevare vizi formali (notifica), violazioni di legge, errori di calcolo. Attenzione: una causa pendente non sospende di per sé un cartella esattoriale; occorre parallelamente chiedere in via amministrativa una sospensione, oppure un’istanza al giudice tributario. Nel concordato preventivo, le controversie tributarie pendenti rientrano nel piano e restano oggetto di decisione al termine della procedura (salvo esdebitazione).
- Opposizione a precetto, pignoramenti mobiliari o ipotecari: se già esecutate ingiunzioni di pagamento, il debitore può proporre opposizione al giudice ordinario. Ad esempio, se il creditore è l’Erario e ha emesso precetto (invito al pagamento), l’imprenditore può impugnare per vizio di procedura o ragione. In molti casi però è preferibile cercare una mediazione o sospensione d’ufficio (es. chiedendo rateazione alla fonte). Occorre valutare i costi giudiziari e il rischio di “nulla di fatto”: se il debito è comunque certo, la sola vittoria in giudizio non tutela la liquidità.
- Opposizione al decreto ingiuntivo o pignoramento esecutivo: se un fornitore ha ottenuto sentenza o decreto ingiuntivo ormai passati in giudicato, il debitore può ancora opporre la sussistenza di eccezioni (per es., pagamento, compensazione) prima che si proceda all’espropriazione dei beni. Anche qui, spesso la strategia preferita è concordare con il creditore tempi di pagamento evitando il giudizio.
- Contenzioso con l’INPS/Inail: è possibile impugnare gli atti di liquidazione contributiva o l’ingiunzione di pagamento INPS, soprattutto se si ritiene di aver erroneamente denunciato la propria posizione o di essere stati addebitati contributi inesigibili. L’INPS spesso fa pignoramenti amministrativi (ad es. su conti correnti), che possono essere bloccati solo con specifica opposizione o domanda cautelare. Attenzione: contro l’INPS non opera la procedura del fallimento, quindi anche se in concordato, l’ente previdenziale può mantenere separatamente azioni esecutive (a meno che non abbia aderito all’accordo).
Domanda (giudiziale): Il grossista ha impugnato un’accertamento fiscale ma l’Agenzia ha mandato comunque una cartella. Cosa fare?
Risposta: In parallelo all’impugnazione in Commissione Tributaria, conviene chiedere all’Agente della Riscossione (ex Equitalia) la sospensione dell’esecuzione in attesa del giudicato. Se negata, si può rivolgere al giudice tributario o ordinario, presentando istanza di sospensione cautelare. Inoltre, è consigliabile valutare se ricorrere all’istituto dell’accertamento con adesione (se ancora aperto il termine) per ridurre il contenzioso. Infine, nelle procedure concorsuali è bene segnalare al tribunale le liti pendenti, affinché siano valutate nel piano di concordato o liquidazione, con l’auspicio che all’esito si possa beneficiare dell’esdebitazione.
5. Strategie difensive e soluzioni alternative
Un grossista con debiti deve agire strategicamente su più fronti:
- Ripianare i debiti urgenti: Con le risorse disponibili (liquidità corrente, vendita di crediti futuri, tagli dei costi) occorre dare respiro di cassa ai creditori più esigenti (es. banche e Stato) per evitare pignoramenti. Spesso si apre un “fido di alimentazione” bancario per saldare pagamenti pressanti.
- Negoziare con il Fisco e l’INPS: Come detto, la legge offre varie esdebitazioni e dilazioni. Ad esempio, per i debiti INPS attuali è possibile chiedere una rateazione ordinaria con oneri di mora ridotti; per i debiti fiscali scaduti considerare le sanatorie normative in vigore (es. Ravvedimento operoso tardivo per interessi più bassi). Se il concordato o la composizione negoziata vengono scelti, è fondamentale inserire l’Agenzia delle Entrate e l’INPS nel tavolo negoziale: i crediti di questi enti possono essere confermati (pagando una quota) per trasformarli in semplice crediti insoddisfatti, con benefici sul riesame finale dei debiti.
- Anticipare l’insolvenza con nuovi finanziamenti: Qualora possibile, reperire finanziamenti ponte (anche tramite soci o incubatori, non solo banche) può aiutare a evitare la cessazione immediata dell’attività. Il banchiere è spesso disponibile se percepisce un piano credibile di risanamento con garanzie adeguate.
- Sfruttare incentivi pubblici e contributi: Alcuni strumenti (ad es. bando per liquidità, fondo di garanzia PMI) possono ridurre il peso degli interessi sui finanziamenti emergenziali.
- Monitorare la responsabilità di terzi: In alcuni casi è possibile rivalersi su ex soci o amministratori (se colpevolmente hanno causato la crisi) tramite azioni di responsabilità. Ovviamente, i fondi recuperati risulterebbero in entrata per il bilancio.
Domanda (soluzioni alternative): Esiste un modo per «azzettare» i debiti lavorativi o contributivi accumulati prima del fallimento?
Risposta: Sì. La Legge 3/2012 (sovraindebitamento) prevede procedure semplificate in cui si può ottenere l’eliminazione del debito residuo se si dimostra di aver già ripagato la parte fattibile con un piano equo. Nella liquidazione controllata (ex fallimento) simile, il debitore può concordare un piano di liquidazione giudiziaria in cui paga i creditori fino alla concorrenza delle attività disponibili, impignorando il residuo. Dopo la fine della procedura (esdebitazione), i debiti non onorati si cancellano. Anche il concordato preventivo, se approvato, può prevedere meccanismi di «estinzione contrattuale» dei debiti non pagati (si parla di “abbuono” o “perdono” di parte del debito), senza che il debitore ne risponda più.
6. Domande e risposte pratiche
D: Nel concordato preventivo, qual è la soglia minima di soddisfazione dei creditori?
R: Non esistono percentuali minime di pagamento per i creditori ai fini dell’ammissione al concordato. Ciò che conta è offrire un piano ritenuto “conveniente” rispetto alla liquidazione. La legge non impone un minimo: anche il 1% di soddisfacimento può teoricamente essere accettato se il tribunale lo ritiene iniquo. In pratica, però, per l’omologazione sono necessarie: voto favorevole (anche solo uno) dei creditori privilegiati; voto favorevole della maggioranza dei crediti presenti (almeno il 60% di quelli chirografari, calcolati in euro) . Se queste maggioranze mancano, il piano non può essere omologato.
D: Che differenza c’è tra liquidazione controllata e concordato?
R: La liquidazione controllata è la nuova forma di fallimento per le PMI (con volumi sotto certe soglie) prevista dal Codice della crisi (Titolo V): è simile al fallimento “maggior”, ma rivolta a imprenditori minori. Viene aperta (su domanda di debitore o creditori) in tribunale e il curatore liquida i beni. Non è un atto volontario: nasce per legge al venir meno della continuità. Al contrario, il concordato è un rimedio proattivo: lo richiede il debitore (o un creditore in casi specifici) e si basa su un piano di ripresa o liquidazione concordato con i creditori. Nel concordato, l’imprenditore conserva l’iniziativa, nei limiti del piano omologato .
D: E se i debiti con INPS/Inail sono molto alti?
R: Dal 2025 INPS e INAIL possono concedere piani rateali più lunghi in presenza di difficoltà economico-finanziarie dell’azienda . Ad esempio, il Collegato Lavoro stabilisce che, su richiesta del debitore e con decreto interministeriale, i contributi non ancora affidati all’Agenzia delle Entrate possono essere rateizzati fino a 60 mensilità (36 per debiti fino a €500.000; 60 oltre) . In pratica, bisogna presentare istanza all’INPS, dichiarando la propria crisi e concordando condizioni di rimborso. In alternativa, nel concordato preventivo o nella composizione negoziata, si può proporre all’INPS di mantenere il debito come credito privilegiato con un piano di pagamento fino a cinque anni.
D: Un grossista può ricorrere al Piano del Consumatore?
R: Solo se il grossista è un titolare di partita IVA con fatturato annuo contenuto (di norma sotto i 700.000 euro) e non fa parte di una società commerciale. In pratica, il Piano del Consumatore (L.3/2012) è riservato a piccolissimi imprenditori, professionisti e privati con debiti prevalentemente “non professionali” o civili . Un “vero” grossista di dimensioni medie difficilmente si qualifica, e quindi gli resteranno aperte le strade del concordato o della liquidazione giudiziale. Tuttavia, se si trattasse di un socio di persona (ditta individuale) in crisi, potrebbe valutare un piano del consumatore semplificato come ultima ratio, se compatibile con la propria attività.
7. Tabelle riepilogative
Per facilitare la comparazione fra gli strumenti discussi, ecco due tabelle riassuntive:
Tabella 1 – Caratteristiche principali degli strumenti di crisi:
| Strumento | Chi lo può chiedere | Principali requisiti | Effetti sui creditori |
|---|---|---|---|
| Composizione negoziata | Imprenditore in difficoltà (anche appena squilibrio) | Istanza a OCC (no requisiti particolari), piano con supporto tecnico | Provvisorio, non vincola se non poi trasformato in accordo/omologa |
| Accordi di ristrutturazione | Impresa (anche non commerciale) insolvente | Consenso creditori (>=60% chirografari), piano attestato | Se omologato, vincolano tutti; blocco esecuzioni |
| Concordato preventivo | Impresa insolvente (anche imprese familiari) | Piano approvato (>=60% crediti chirog.; >=50% privilegiati), deposito garanzie | Sospende i pignoramenti; vincola tutti i creditori con esdebitazione finale |
| Piano del Consumatore | Persona fisica, ditta ind. o professionista in sovraindebitamento | Debiti civili, piano attestato da professionista, pagamento crediti privilegiati fino al valore del bene | Concordato “minore”: non votato dai creditori (no quorum), esdebitazione del residuo |
| Liquidazione controllata | Impresa (piccola/media) insolvente | Istanza al tribunale (o creditori); indisponibilità di pagare regolarmente | Curatore vende i beni; soprintendenza dello Stato; al termine esdebitazione residui |
Tabella 2 – Panoramica su fisco e previdenza:
| Credito/Obbligo | Tentativi Amministrativi (Extragiud.) | Inserimento in procedure concorsuali | Note |
|---|---|---|---|
| Debiti IVA e imposte dirette | – Rateazione Agenzia Entrate (fino a 120 mesi) <br>– Rottamazioni, saldo stralcio <br>– Transazione fiscale (ove prevista) | Inclusi se l’impresa li inserisce nel concordato/preventivo; l’Erario può approvare piani integrati | Cassazione: ristrutturare l’IVA diminuisce il profitto del reato |
| Accise e tributi locali | – Rateizzazioni comunali (ad esempio per IMU) | Trattati come crediti chirografari | Pochi esempi legislativi specifici in crisi (reclami ove possible) |
| Contributi INPS/INAIL | – Rateizzazioni INPS (ordinarie e straordinarie) <br>– Patti INAIL (disciplinati dal Collegato Lavoro) | Possono essere inseriti nel concordato; senza accordo restano crediti privilegiati | INPS può anche anticipare d’ufficio le rate in caso di concordato |
| Debiti previdenziali/sicurezza sul lavoro | – Accordi su sanzioni e contributi (es. durata CIGO, agevolazioni) | Interessi di mora ridotti nei concordati; crediti previdenziali privilegiati | La durata massima di moratoria per crediti prelatizi è 2 anni . Anche per il consumatore la Cassazione ha chiarito che il termine annuale parte dall’omologa |
8. Simulazioni pratiche (esempi di piano)
Per chiarire l’applicazione pratica, ipotizziamo due scenari di sintesi (tutti i numeri sono esemplificativi):
- Scenario A – Concordato in continuità: il sig. Rossi, grossista tessile, ha debiti complessivi di €500.000 (Fisco €200k, fornitori €150k, banca €150k) e ricavi in calo. Con l’aiuto di un consulente, prepara un piano quinquennale: propone di pagare il 30% a scadenze trimestrali ai fornitori (totale €45k anno), il 20% al Fisco e al 20% alla banca, investendo nuovi capitali. Rileva il tribunale che il piano è credibile. I creditori chirografari rappresentano €300k (60% del totale dei debiti del piano) e approvano il piano; il Fisco (creditore privilegiato) acconsente a considerare il 20% come saldo. Il concordato viene omologato: il sig. Rossi può continuare la vendita, incassa ricavi futuri per rimborsare quote periodiche e terminerà di versare i debiti in 5 anni, evitando la liquidazione coatta. Alla fine del piano, i debiti residui saranno estinti (svuotamento del debito). In questo caso, il debitore conserva l’azienda e riduce i debiti non pagati a semplice perdita patrimoniale (esdebitazione).
- Scenario B – Composizione negoziata: la sig.ra Bianchi, grossista di alimentari, ha debiti di €200.000 (di cui €50k IVA, €50k INPS, €100k fornitori). Inizia una procedura di composizione negoziata con un OCC. L’esperto analizza i documenti contabili e convoca incontri protetti con Fisco, INPS e creditori privati. Al termine, si concorda: ripianare l’IVA con un piano di 36 mesi senza sanzioni, rateizzare i contributi INPS in 60 rate (come prevista dal Collegato Lavoro ), e soddisfare i fornitori con l’80% del loro credito in 2 anni (anche con anticipo da parte di investitori). Il piano raggiunge il consenso dei principali creditori. Si deposita quindi un accordo presso il tribunale; il Giudice omologa con decreti ex art. 14-bis Cod. Crisi. Bianchi potrà pagare secondo i nuovi termini sicura della protezione dal fallimento. Con il nuovo piano, i debiti residui verranno cancellati (piano del consumatore) oppure scompariranno in eventuale concordato di fine procedura.
Questi esempi dimostrano come piani articolati – pur con estesi tagli ai creditori – possano permettere all’impresa di proseguire e uscire dalla crisi. Naturalmente ogni caso richiede calcoli finanziari precisi e negoziazioni mirate: il rapporto debt-to-EBITDA, i garanzie date alle banche, la credibilità del piano di business, tutto influisce sull’esito.
9. Aspetti procedurali e conclusivi
Affrontare la crisi significa anche sapere muoversi correttamente in tribunale se si opta per una procedura giudiziale. Ad esempio, prima di depositare la domanda di concordato il debitore deve documentare la propria situazione debitoria (art. 160 Cod. Crisi) e pagare un contributo/provvisionale. Durante la procedura, i creditori possono presentare le proprie domande di ammissione al passivo, e il tribunale nomina commissari e (se richiesto) un commissario giudiziale. Il debitore resta titolare dell’azienda, ma assume doveri di trasparenza verso il tribunale e i creditori (rendiconto, piano attestato da professionista). Se l’accordo non si approva o il concordato fallisce, si apre la liquidazione giudiziale con curatore.
Domanda (procedurale): Quali termini servono per proporre impugnazione in una procedura di esdebitazione?
Risposta: Ad esempio, se si vuole impugnare l’omologazione di un piano di concordato o sovraindebitamento, la legge stabilisce che il reclamo deve essere presentato entro 20 giorni dalla notifica (art. 41 Cod. Crisi). Tuttavia, la Cassazione ha esteso il termine “largo” di reclamo (ex art. 26 l.fall.) alle controversie di sovraindebitamento . In pratica, il debitore deve consultare subito il legale al momento del provvedimento di omologa perché si hanno limiti stringenti. La decorrenza del termine decorre dalla notifica al beneficiario .
In sintesi, la chiave difensiva è agire tempestivamente e con metodo: analizzare i debiti, classificare i creditori, valutare quale piano sia realizzabile, assistere a colloqui con fisco e INPS, quindi scegliere la procedura più adatta. L’orientamento giurisprudenziale vigente considera legittime sia le soluzioni consensuali che quelle giudiziali, purché rispettino le regole del Codice. Ad esempio, i recenti interventi del legislatore hanno ribadito che non vi è obbligo di pagare i creditori al 100% nel concordato (anche il 1% può andare bene), perché ciò che conta è offrire un’alternativa equa alla liquidazione .
Infine, va ricordato il principio di ultima ratio: il liquidatore giudiziale (o il curatore) potrà sempre contestare il concordato o attivare le azioni esecutive se il debitore agisce con dolo o colpa grave nella crisi. In ogni caso, una strategia combinata (negoziazione extragiudiziale + soluzione concordataria + difesa giudiziale mirata) è spesso la più efficace per un grossista con debiti. Il coinvolgimento di professionisti esperti (avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro) è fondamentale per studiare il caso e scegliere il miglior percorso.
Fonti
- Normativa italiana: D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) ; D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 (correttivo-ter al Codice) ; D.Lgs. 12 febbraio 2024, n. 13 (discipline del concordato biennale) ; Legge 3/2012 (sovraindebitamento); Legge 203/2024 (Collegato Lavoro) ; Legge 27/2025 (cd. “Crisi e Rilancio”); Codice Civile, art. 2086; D.P.R. 602/1973 (riscossione tributi); leggi di bilancio e decreto-leggi rilevanti (es. “Rilancio” L.77/2020, DL SalvaItalia, ecc.).
- Giurisprudenza italiana aggiornata: Corte di Cassazione Civile, sez. I, 23 dicembre 2024, n. 34133 (sovraindebitamento, termine “largo” per reclamo) ; Corte di Cassazione Civile, sez. I, 11 aprile 2025, n. 9549 (piano del consumatore, termini di pagamento crediti privilegiati) ; Corte di Cassazione Civile, sez. III, 6 giugno 2025, n. 44519 (accordo ristrutturazione debito tributario e confisca) .
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👉 Non sei il solo: molti grossisti stanno attraversando crisi serie. Ma ci sono soluzioni concrete se agisci subito e nel modo giusto.
In questa guida ti spiego come difendere il tuo ingrosso dai debiti, come bloccare cartelle e pignoramenti e come salvare l’attività con una strategia legale efficace.
💥 Perché i Grossisti Entrano in Crisi
Il modello di business dell’ingrosso è particolarmente sensibile ai cambiamenti economici:
- margini molto bassi su grandi volumi;
- aumento dei costi di materie prime e logistica;
- ritardi nei pagamenti dei clienti;
- esposizione elevata verso i fornitori;
- necessità di mantenere un grande magazzino;
- banche che restringono il credito;
- pressioni fiscali e contributive;
- insolvenze a catena dovute al fallimento di clienti.
📌 Questo porta rapidamente a debiti importanti, difficili da gestire senza un intervento mirato.
⚠️ I Rischi per un Grossista Indebitato
Se la situazione non viene gestita rapidamente, rischi:
- 🏦 pignoramento del conto corrente aziendale;
- 📦 pignoramento del magazzino (merce, ricambi, pallet, materiali);
- 🚚 fermo amministrativo dei mezzi;
- 🧾 cartelle esattoriali con sanzioni e interessi;
- 🏠 ipoteche sugli immobili;
- 📉 revoca dei fidi bancari;
- 🚫 blocco delle forniture da parte dei fornitori principali;
- ⚖️ decreti ingiuntivi e pignoramenti dai creditori privati.
📌 Quando viene pignorato il magazzino o il conto aziendale, l’attività può fermarsi da un giorno all’altro.
💠 Come Difendersi Subito: Le Mosse Fondamentali
1️⃣ Analisi precisa dei debiti
Serve verificare:
- cartelle esattoriali e intimazioni;
- debiti bancari e finanziamenti;
- scoperti di conto e leasing;
- debiti verso fornitori;
- eventuali decreti ingiuntivi;
- valore e stato del magazzino;
- crediti da incassare.
📌 Questa analisi è indispensabile per scegliere la strategia corretta.
2️⃣ Bloccare Subito Cartelle e Pignoramenti
L’avvocato può chiedere:
- sospensione delle cartelle esattoriali;
- ricorso urgente per bloccare pignoramenti;
- sospensione di fermi sui mezzi;
- opposizione a decreti ingiuntivi.
📌 In casi urgenti, la sospensione può essere concessa in 48 ore.
3️⃣ Ristrutturazione del Debito Aziendale
I grossisti possono accedere a strumenti molto efficaci:
- Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (PRO);
- Accordo di ristrutturazione dei debiti;
- Concordato minore;
- Composizione negoziata della crisi;
- Liquidazione controllata (solo come ultima alternativa).
Queste procedure permettono:
- riduzione del debito fino al 70–90%;
- tutela del magazzino e dei mezzi;
- blocco totale delle azioni dei creditori;
- continuità dell’attività.
📌 Molte attività di ingrosso sopravvivono solo grazie a queste procedure legali.
4️⃣ Trattare con Fornitori e Banche
Un avvocato può ottenere:
- dilazioni più lunghe;
- rinegoziazioni dei contratti;
- riduzioni dei debiti tramite saldo e stralcio;
- sospensioni di rate e finanziamenti.
📌 I fornitori preferiscono recuperare parte del credito piuttosto che perdere il cliente.
5️⃣ Contestare Debiti e Cartelle Irregolari
Molti importi richiesti dal Fisco:
- sono prescritti;
- hanno notifiche irregolari;
- contengono errori di calcolo;
- si basano su accertamenti induttivi non giustificati.
📌 Un avvocato può far annullare una grande parte del debito.
🧩 Cosa Fare Subito: Checklist Pratica
- Raccogli cartelle, solleciti, estratti conto e contratti.
- Non firmare piani di rientro senza analisi legale.
- Blocca subito pignoramenti e cartelle.
- Proteggi magazzino, mezzi e conti correnti.
- Avvia una procedura di ristrutturazione prima che gli atti diventano definitivi.
- Lavora su recupero crediti e rinegoziazioni.
📌 Ogni giorno perso può peggiorare drasticamente la situazione.
🧾 Documenti da Consegnare all’Avvocato
- Estratto di ruolo dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione;
- Estratti conto bancari;
- Bilanci e dichiarazioni fiscali;
- Elenco fornitori e clienti;
- Documenti del magazzino (giacenze, valore);
- Atti di notifica (cartelle, decreti, pignoramenti).
⏱️ Tempistiche realistiche
- Blocco pignoramenti e cartelle: 48 ore – 7 giorni
- Piano di ristrutturazione: 30–60 giorni
- Stop totale ai creditori: immediato dal deposito della procedura
- Chiusura completa della crisi: 6–18 mesi
⚖️ I Vantaggi di una Difesa Legale Specializzata
✔️ Blocco immediato delle azioni dei creditori
✔️ Riduzione del debito fino al 90%
✔️ Protezione del magazzino e dei mezzi
✔️ Continuità dell’attività garantita
✔️ Tutela del patrimonio personale dell’imprenditore
✔️ Difesa contro Fisco, banche e fornitori
🚫 Errori da Evitare
❌ Ignorare cartelle o decreti
❌ Accendere nuovi debiti per pagare debiti vecchi
❌ Firmare rientri impossibili da sostenere
❌ Sperare che “si risolva da solo”
❌ Rivolgersi a chi non è esperto di crisi d’impresa
📌 Le crisi gestite male portano al fallimento. Le crisi gestite bene portano al rilancio.
🛡️ Come Può Aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analisi completa della situazione debitoria del grossista
📌 Blocco immediato di pignoramenti, ipoteche e cartelle
✍️ Progettazione del miglior piano di ristrutturazione
⚖️ Difesa contro Fisco, banche, fornitori e creditori privati
🔁 Assistenza continua fino alla totale soluzione della crisi
🎓 Le Qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato cassazionista specializzato in crisi d’impresa e diritto tributario
✔️ Esperto nella difesa di grossisti, distributori e aziende commerciali
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento
✔️ Pluriennale esperienza contro Agenzia Entrate, INPS e istituti finanziari
Conclusione
Un grossista con debiti non è senza speranza.
Con una difesa tempestiva puoi bloccare la riscossione, proteggere il magazzino, annullare cartelle irregolari, ridurre drasticamente il debito e salvare l’attività.
⏱️ Agisci subito: ogni giorno può fare la differenza.
📞 Contatta l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata:
la difesa della tua azienda può iniziare oggi stesso.