Cittadino Della Bolivia Con Debiti In Italia E Cartelle Esattoriali: Cosa Fare E Come Difendersi

Se sei un cittadino boliviano che ha vissuto, lavorato o svolto attività in Italia e ora ti ritrovi con debiti fiscali, contributivi o cartelle esattoriali, è normale chiedersi se questi debiti possono essere riscossi in Bolivia, se rischi pignoramenti o se puoi sistemare tutto senza tornare in Italia.
La buona notizia è semplice e fondamentale: i debiti italiani non possono essere riscossi in Bolivia, perché non esiste alcun accordo bilaterale Italia–Bolivia che consenta allo Stato italiano di recuperare imposte, sanzioni o contributi sul territorio boliviano.
Questo significa che i tuoi beni, conti o redditi in Bolivia sono completamente protetti. Tuttavia, i debiti rimangono attivi nei registri italiani e possono causare problemi se un giorno torni in Italia o se possiedi ancora beni nel Paese. Con l’assistenza di un avvocato tributarista esperto in casi internazionali, puoi bloccare la riscossione, annullare cartelle illegittime e chiudere definitivamente la tua posizione.

Cosa sono le cartelle esattoriali italiane

Le cartelle esattoriali vengono emesse dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER) e richiedono il pagamento di:

  • imposte e tasse non pagate (IRPEF, IVA, IRAP, IRES)
  • contributi INPS o INAIL arretrati
  • tributi comunali come IMU, TARI e bollo auto
  • multe stradali
  • sanzioni amministrative
  • interessi di mora e spese di riscossione

Se non paghi entro 60 giorni dalla notifica, il debito diventa esecutivo, e in Italia possono partire pignoramenti, ipoteche e fermi amministrativi.

Cosa succede se vivi in Bolivia

Poiché non esiste alcun trattato tra Italia e Bolivia per la reciproca riscossione delle imposte:

  • lo Stato italiano non può avviare pignoramenti o sequestri in Bolivia
  • nessuna autorità boliviana è obbligata a collaborare con l’Agenzia delle Entrate
  • il tuo stipendio, conti, beni e proprietà in Bolivia sono completamente protetti

Ma attenzione:

  • i debiti non vengono cancellati automaticamente
  • restano registrati in Italia per anni
  • possono aumentare con sanzioni e interessi
  • possono essere riscossi se torni in Italia o se hai beni italiani
  • eventuali eredità in Italia possono essere bloccate o trattenute

Per questo è importante sistemare correttamente la tua posizione fiscale, anche se vivi all’estero.

Quando i debiti italiani possono essere annullati o ridotti

Molte cartelle italiane possono essere annullate o ridotte perché irregolari o prescritte. Puoi ottenere l’annullamento se:

  • la cartella è stata inviata a un vecchio indirizzo o dopo il trasferimento in Bolivia
  • il debito è prescritto (5 anni per tributi locali e multe – 10 anni per imposte statali)
  • non esistono atti interruttivi validi negli anni successivi
  • l’accertamento fiscale non era definitivo
  • l’atto contiene errori, duplicazioni o calcoli illegittimi
  • il credito è stato ceduto a società di recupero crediti senza documenti
  • l’Agenzia non ha rispettato i termini di legge

Un avvocato può contestare la cartella e ottenerne la cancellazione.

Cosa fare subito se hai debiti in Italia

  1. Richiedi l’estratto di ruolo tramite SPID o tramite un avvocato: indica tutti i debiti ancora attivi.
  2. Controlla la notifica: se la cartella non ti è stata notificata correttamente, può essere nulla.
  3. Verifica la prescrizione: molti debiti italiani sono già scaduti per legge.
  4. Non pagare né rispondere senza prima un controllo legale: potresti riattivare un debito prescritto.
  5. Rivolgiti a un avvocato tributarista per contestare gli atti e bloccare la riscossione.

Le soluzioni legali più efficaci

Un avvocato esperto può intervenire con:

  • ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per annullare la cartella
  • sospensione immediata della riscossione, se possiedi ancora beni in Italia
  • autotutela, per chiedere all’Agenzia di cancellare la cartella illegittima
  • saldo e stralcio, quando previsto dalla legge
  • rateizzazione, se decidi di sistemare il debito
  • contestazione formale della prescrizione

Tutto può essere gestito a distanza, senza bisogno di viaggiare.

Cosa può fare un avvocato per te

Un avvocato tributarista può:

  • verificare la validità di ogni debito
  • controllare prescrizione, notifiche e irregolarità
  • impugnare cartelle sbagliate o scadute
  • bloccare qualsiasi azione della riscossione in Italia
  • proteggere eventuali beni ancora presenti nel Paese
  • ottenere la riduzione o la cancellazione del debito
  • accompagnarti fino alla chiusura definitiva della tua posizione fiscale

Cosa succede se non agisci

Se lasci la situazione irrisolta:

  • i debiti possono raddoppiare per sanzioni e interessi
  • se torni in Italia puoi subire pignoramenti immediati
  • conti o beni italiani possono essere bloccati
  • eventuali eredità italiane possono essere trattenute
  • puoi perdere la possibilità di accedere a sanatorie o sconti futuri
  • diventa più difficile contestare gli atti nel tempo

Agire ora ti permette di bloccare la situazione, difenderti e chiudere tutto definitivamente.

Quando rivolgersi a un avvocato

Dovresti richiedere assistenza se:

  • sei un cittadino boliviano con cartelle o debiti in Italia
  • hai ricevuto notifiche dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione
  • vuoi sapere se i debiti sono validi, prescritti o annullabili
  • hai beni, conti o eredità in Italia da proteggere
  • vuoi chiudere definitivamente la tua posizione fiscale

Un avvocato può gestire tutto da remoto, in modo rapido e sicuro.

⚠️ Attenzione: molti cittadini boliviani pagano debiti che non sono più dovuti, solo perché non conoscono i loro diritti. Prima di pagare qualsiasi somma, fai verificare tutto da un professionista.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario internazionale e difesa dei cittadini stranieri con debiti in Italia ti spiega come proteggerti e come chiudere definitivamente la tua posizione fiscale anche vivendo all’estero.

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Introduzione

Un trasferimento all’estero – sia esso definitivo o temporaneo – non estingue i debiti contratti in Italia. Un cittadino straniero (ad esempio boliviano) che abbia accumulato debiti in Italia rimane obbligato a soddisfarli anche dopo l’espatrio. Non esiste una norma che cancelli automaticamente le pendenze fiscali, bancarie o civili per il solo fatto di lasciare il territorio italiano . Pertanto, le obbligazioni debitorie restano valide e i creditori, privati o enti pubblici, possono continuare a pretenderne il pagamento. L’emigrazione comporta però l’apertura di scenari complessi sul piano giuridico: dalla notifica degli atti all’estero alla cooperazione internazionale per il recupero crediti, fino ai possibili strumenti di difesa a disposizione del debitore.

In questa guida approfondita – aggiornata a ottobre 2025 – esamineremo il caso di un cittadino boliviano con debiti in Italia, incluse cartelle esattoriali emesse dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER). Verranno analizzate le diverse tipologie di debito (fiscali, previdenziali, bancari, commerciali, condominiali, ecc.) e l’impatto del trasferimento all’estero su ciascuna di esse. Illustreremo i meccanismi di recupero transfrontaliero dei crediti (sia in ambito UE che extra-UE) e le tutele legali per difendersi: dai ricorsi alle rateizzazioni, dalla prescrizione alle procedure di sovraindebitamento.

Il taglio dell’esposizione è avanzato – con riferimenti a normativa italiana vigente e giurisprudenza recente – ma il linguaggio resterà comprensibile anche ai non addetti ai lavori. Il punto di vista adottato è quello del debitore: si metteranno in luce i suoi rischi ma anche i suoi diritti e strumenti di difesa. In particolare, affronteremo come un debitore residente all’estero possa contestare notifiche irregolari, evitare pignoramenti illegittimi e valutare soluzioni come la definizione agevolata delle cartelle o l’esdebitazione. Si esamineranno inoltre possibili profili penali connessi a condotte fraudolente per sfuggire ai creditori, e verrà chiarito che l’insolvenza di per sé non costituisce reato salvo casi specifici di frode.

Sono previste sezioni con domande e risposte frequenti (FAQ), tabelle riepilogative e casi pratici, per offrire un quadro sintetico e operativo sull’argomento. L’obiettivo finale è fornire una guida completa su “cosa fare e come difendersi” in caso di debiti in Italia per un cittadino straniero (nello specifico, boliviano) che si trovi ad affrontare cartelle esattoriali, decreti ingiuntivi o altre pretese di pagamento provenienti dall’Italia.

Tipologie di debiti e impatto dell’espatrio

Non tutti i debiti sono uguali per natura giuridica né seguono le stesse procedure di recupero. È utile distinguere le principali categorie di debito che un cittadino boliviano potrebbe aver contratto in Italia, poiché ognuna comporta dinamiche diverse sia nel territorio nazionale che in caso di espatrio. Di seguito analizziamo le tipologie più comuni – debiti fiscali, debiti contributivi, debiti bancari/finanziari e debiti civili verso privati – evidenziando per ciascuna la natura del debito, i soggetti creditori, i metodi di riscossione (come le cartelle esattoriali per i tributi) e l’effetto di un trasferimento all’estero sul rischio di recupero.

Debiti fiscali (imposte e tributi)

I debiti fiscali comprendono le somme dovute all’Erario italiano per imposte non pagate – ad esempio IRPEF (imposta sui redditi), IVA, IRES (imposta sul reddito societario), IMU/TARI (imposte locali su immobili e rifiuti) – nonché sanzioni amministrative pecuniarie (multe stradali, ammende) e oneri tributari di vario genere. Tipicamente, quando tali importi non vengono versati spontaneamente, l’Agenzia delle Entrate o l’ente locale competente iscrive a ruolo il credito e affida la riscossione all’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER), che emette la cosiddetta cartella esattoriale (oggi denominata cartella di pagamento). La cartella esattoriale è un atto amministrativo che ingiunge al contribuente di pagare entro 60 giorni le somme dovute, pena l’avvio di procedure esecutive forzate (es. pignoramenti) .

Dal punto di vista del debitore, i debiti fiscali presentano alcune caratteristiche specifiche:

  • Prescrizione: in generale i tributi si prescrivono in 5 anni dopo la scadenza del pagamento o dopo la notifica degli atti definitivi, salvo atti interruttivi. Ad esempio, una cartella per IRPEF va in prescrizione quinquennale, a meno che l’AdER notifichi un sollecito, intimazione o altro atto che faccia decorrere un nuovo termine . Alcune eccezioni esistono (es. nei casi di accertamenti passati in giudicato la riscossione può prescriversi in 10 anni, ma la regola generale per imposte ordinarie è 5 anni). È importante sapere che il trasferimento all’estero non impedisce ai creditori pubblici di interrompere la prescrizione: possono infatti notificare atti all’ultimo domicilio italiano noto (anche mediante deposito presso il Comune) o all’indirizzo estero conosciuto, ad esempio tramite i registri dell’AIRE se il soggetto era italiano . Ogni atto così notificato, anche per compiuta giacenza, fa ripartire da zero il termine di prescrizione, impedendo che il debito fiscale si estingua col tempo in modo “silente”.
  • Riscossione e garanzie: i debiti fiscali sono privilegiati da procedure di riscossione rapide. L’AdER può adottare misure cautelari ed esecutive senza bisogno di una sentenza: fermo amministrativo di veicoli, ipoteca su immobili, pignoramento di stipendi, conti correnti e altri beni, il tutto sulla base della cartella esattoriale o di un avviso di accertamento esecutivo. Il debitore che si trasferisce all’estero potrebbe trovare al rientro di aver subito, in sua assenza, l’iscrizione di un’ipoteca su un immobile posseduto in Italia o il blocco di un conto corrente rimasto aperto . Inoltre, gli interessi e le sanzioni per ritardato pagamento continuano a maturare finché il debito resta insoluto, facendo lievitare l’importo dovuto nel tempo . Nemmeno l’espatrio ferma questo fenomeno.
  • Notifica degli atti all’estero: la legge italiana prevede espressamente che gli atti fiscali possano essere notificati anche a contribuenti residenti all’estero. In particolare, per i cittadini italiani iscritti all’AIRE, la notifica può avvenire mediante raccomandata A/R inviata direttamente all’indirizzo estero risultante dai registri anagrafici . La Corte di Cassazione ha confermato che tale notifica è pienamente valida e si perfeziona per compiuta giacenza anche se il destinatario non ritira il plico, senza necessità di un messo notificatore locale . Ciò significa che, se il debitore fiscale boliviano ha comunicato alle autorità italiane un recapito estero (o vi è comunque traccia ufficiale della sua residenza estera), l’Agenzia delle Entrate può inviargli la cartella o l’avviso direttamente in Bolivia tramite posta raccomandata internazionale. Se l’atto non viene ritirato, trascorsi i giorni di giacenza presso le poste locali si considera comunque notificato. In mancanza di un indirizzo estero noto, l’AdER può procedere ai sensi dell’art. 60 D.P.R. 600/1973: deposito dell’atto presso il Comune dell’ultima residenza italiana e contestuale invio di raccomandata informativa – una formalità che rende l’atto conoscibile e quindi efficace . Dunque, il debitore che lascia l’Italia senza aggiornare la residenza rischia di vedersi notificare atti in Italia (all’ultimo domicilio) a sua insaputa; al contrario, chi registra ufficialmente la residenza estera (AIRE per gli italiani, o cancellazione anagrafica per lo straniero) sarà raggiunto all’estero, rendendo l’atto comunque valido.

In sintesi, il debito fiscale “segue” il debitore oltreconfine. L’obbligo di pagare imposte italiane non viene meno con il trasferimento. Anzi, esistono strumenti normativi per evitare che la fuga all’estero diventi un escamotage per non pagare il fisco. Come vedremo, all’interno dell’UE la cooperazione è molto efficace, mentre fuori dall’UE (come in Bolivia) l’Agente della Riscossione potrebbe incontrare maggiori ostacoli pratici nel recupero forzoso – ma il debito resta dovuto e potrà essere riscosso se e quando possibile, ad esempio su beni o redditi che il debitore dovesse avere in Italia o in Paesi collaborativi.

Debiti contributivi (previdenziali e assistenziali)

I debiti contributivi sono quelli verso enti previdenziali o assistenziali, principalmente l’INPS (contributi obbligatori dovuti da datori di lavoro, lavoratori autonomi e professionisti) e, in misura minore, verso casse professionali o INAIL per premi assicurativi. Ad esempio, un piccolo imprenditore o artigiano potrebbe avere omesso il versamento di contributi INPS per i propri dipendenti, o un professionista straniero potrebbe non aver pagato i contributi alla gestione separata. Tali debiti sono spesso anch’essi iscritti a ruolo e affidati all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, che emette cartelle esattoriali similmente ai debiti fiscali. Dunque, un cittadino boliviano che abbia lavorato in Italia come autonomo potrebbe ricevere cartelle per contributi previdenziali non versati.

Le peculiarità dei debiti contributivi sono le seguenti:

  • Prescrizione: i contributi previdenziali in linea generale si prescrivono in 5 anni (termino quinquennale introdotto a regime dal 1996). Ciò significa che l’INPS ha cinque anni di tempo per esigere i contributi non pagati, salvo atti interruttivi. Atti come la notifica di un avviso di addebito INPS o di una cartella esattoriale interrompono la prescrizione, analogamente a quanto avviene per i tributi. Durante l’emergenza Covid-19 vi sono state sospensioni straordinarie dei termini (tra il 2020 e il 2021) che hanno esteso i tempi per la riscossione dei contributi , ma al netto di tali periodi sospensivi il principio resta il quinquennio. Anche in tal caso, trasferirsi all’estero non impedisce all’INPS (tramite AdER) di notificare atti interruttivi all’ultimo indirizzo noto o eventualmente all’estero, se conosciuto.
  • Procedura di riscossione: l’INPS, per i crediti contributivi, oggi emette un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo (ex art.30 D.L. 78/2010) e lo affida all’Agente della Riscossione. La cartella esattoriale per contributi non è più necessaria per i ruoli emessi dal 2011 in poi, poiché l’avviso di addebito INPS è esso stesso equiparato a una cartella esattoriale. In pratica, però, l’iter per il debitore cambia poco: ricevuto l’atto, ha 60 giorni per pagare, trascorsi i quali l’Agente può procedere al recupero forzato (pignoramenti, fermi, ipoteche) senza passare dal tribunale.
  • Riscossione all’estero: a differenza dei tributi, i contributi previdenziali non rientrano nell’ambito della cooperazione UE obbligatoria per la riscossione (la direttiva 2010/24/UE esclude espressamente i “contributi previdenziali obbligatori” ). Ciò significa che, se un debitore contributivo si trasferisce in un altro Paese UE, l’INPS non può avvalersi della stessa assistenza automatica che invece vale per tasse e imposte. Dovrà eventualmente attivarsi tramite vie giudiziarie ordinarie (es. far riconoscere in tribunale il suo credito). Allo stesso modo, fuori dall’UE, solo se esistono accordi bilaterali di sicurezza sociale che prevedano il mutuo recupero dei contributi l’INPS potrà farsi aiutare: si tratta però di ipotesi rare e limitate, normalmente le convenzioni internazionali previdenziali disciplinano la copertura pensionistica e l’esportazione dei contributi, non la riscossione coattiva di arretrati. L’Italia ha convenzioni di sicurezza sociale con vari Paesi extra-UE (in America Latina ad esempio con Argentina, Brasile, Uruguay, etc., ma non risulta una convenzione specifica con la Bolivia per il recupero contributi) . Quindi, un debitore boliviano con debiti INPS in Italia, se si stabilisce in Bolivia, difficilmente verrà perseguito tramite canali istituzionali: più probabile che l’INPS si limiti a iscrivere a ruolo il credito in Italia e attenda eventuali occasioni (rientro, beni in Italia, o transazioni internazionali intercettabili).

In sintesi, i debiti contributivi seguono logiche simili a quelli fiscali, ma con una rete di recupero internazionale meno efficiente. Il debito resta iscritto a ruolo in Italia e può produrre effetti sul patrimonio italiano del debitore (se possiede immobili o conti in Italia possono essere aggrediti). In assenza di beni aggredibili, l’INPS potrebbe non intraprendere costose azioni all’estero, almeno finché il debitore rimane in un Paese fuori da accordi di cooperazione. Ciò non significa però che tali debiti si estinguano: resteranno pendenti, con possibilità che la prescrizione venga interrotta (l’Agente della Riscossione può continuare a inviare ogni tanto comunicazioni al vecchio indirizzo in Italia, per tenere in vita il credito). Attenzione inoltre che, qualora il debitore dovesse in futuro maturare diritto a una pensione italiana, l’INPS potrebbe compensare o trattenere parte di quanto dovuto per recuperare i contributi non versati.

Debiti bancari e finanziari

I debiti bancari (o verso altri intermediari finanziari) includono prestiti personali, mutui ipotecari, scoperti di conto corrente, finanziamenti al consumo, leasing, carte di credito non rimborsate, etc. In generale si tratta di debiti contratti con banche, società finanziarie o istituti di credito, spesso con la sottoscrizione di contratti specifici. Un cittadino straniero residente in Italia può facilmente indebitarsi in questo modo (si pensi a un mutuo per l’acquisto di casa, a un prestito per l’auto, o all’uso di carte revolving). Se tali obblighi non vengono onorati, la banca è un creditore privato e deve agire secondo le procedure civili ordinarie per ottenere il pagamento.

Ecco alcuni punti chiave relativi ai debiti bancari/finanziari:

  • Titolo esecutivo e procedimento: a differenza dell’Erario o dell’INPS, un creditore privato (banca) non dispone di una cartella esattoriale né di poteri immediati di esecuzione. Deve procurarsi un titolo esecutivo contro il debitore. Spesso ciò avviene presentando ricorso per decreto ingiuntivo al tribunale: la banca, dimostrando il credito (es. contratto e estratto conto), ottiene un decreto ingiuntivo che ingiunge al debitore di pagare entro 40 giorni. Se il debitore non si oppone, il decreto diviene definitivo ed esecutivo; oppure la banca può agire direttamente se il decreto è provvisoriamente esecutivo inaudita altera parte (com’è frequente per gli istituti di credito). In alternativa, se esiste già un titolo (es. una fideiussione autenticata, o cambiali firmate, o un lodo arbitrale), la banca può passare subito all’esecuzione forzata.
  • Notifica e contumacia: un rischio per il debitore che si trasferisce all’estero è di subire un procedimento in contumacia. Se la banca non riesce a notificargli il decreto ingiuntivo perché l’interessato è irreperibile all’indirizzo italiano, può richiedere al giudice metodi di notifica alternativi (come la notificazione per pubblici proclami ex art. 143 c.p.c., che avviene con deposito in comune e affissione) . Trascorso il termine, il decreto diviene esecutivo senza che il debitore all’estero ne abbia avuto effettiva conoscenza. Analogamente, la banca può citarlo in giudizio e, se la notifica viene eseguita nelle forme di legge (anche con irreperibilità presunta), si giungerà a una sentenza in contumacia che condanna il debitore . In entrambi i casi, il creditore avrà un titolo esecutivo italiano (decreto non opposto o sentenza passata in giudicato).
  • Prescrizione: i debiti bancari, essendo di natura contrattuale, hanno di regola una prescrizione ordinaria di 10 anni dal momento in cui il credito è esigibile (ad es., dalla scadenza della rata impagata o dalla dichiarazione di decadenza dal beneficio del termine in caso di mutuo). Tuttavia, alcune singole obbligazioni sottostanti possono avere termini più brevi (es. interessi, canoni, rate trimestrali possono considerarsi a volte soggetti a prescrizione quinquennale). L’importante è capire che un titolo esecutivo giudiziale (sentenza o decreto definitivo) fa decorrere un nuovo termine decennale per l’esecuzione forzata . Il debitore espatriato potrebbe sperare di far “invecchiare” il debito sperando che la banca non agisca: ma un creditore diligente invierà solleciti o atti di messa in mora all’indirizzo noto (magari tramite raccomandate alla vecchia residenza) per interrompere la prescrizione . Quindi è rischioso fare affidamento sulla sola inerzia.
  • Recupero internazionale: in ambito UE, i titoli esecutivi relativi a crediti bancari rientrano nella piena efficacia transfrontaliera grazie al Regolamento (UE) n. 1215/2012 (cd. Bruxelles I bis) sul riconoscimento delle decisioni civili e commerciali. In pratica, una sentenza italiana di condanna o un decreto ingiuntivo non opposto possono essere direttamente eseguiti in qualunque Stato membro UE senza dover rifare il giudizio: è sufficiente presentare copia conforme del provvedimento e un certificato standard europeo al paese di destinazione . Non è più richiesta exequatur (delibazione preventiva) tra Paesi UE, salvo rare eccezioni (es. se la notifica al contumace non è stata tempestiva, il debitore può opporsi all’esecuzione estera invocando violazione del diritto di difesa ). Oltre a Bruxelles I bis, esistono strumenti come il decreto ingiuntivo europeo (Regolamento CE 1896/2006) per crediti pecuniari non contestati e il titolo esecutivo europeo (Reg. CE 805/2004) per decisioni su crediti non opposti, che agevolano ulteriormente il creditore. Tutto ciò rende relativamente agevole a una banca italiana pignorare beni del debitore in un altro Stato UE: ad esempio, con un decreto ingiuntivo definitivo, la banca potrebbe pignorare un immobile o un conto corrente del debitore in Francia o Germania seguendo le leggi locali ma senza dover rilitigare . In ambito extra-UE, invece, la banca dovrà ottenere il riconoscimento del titolo in base alle norme del paese dove risiede il debitore (l’exequatur). Alcuni Paesi hanno trattati bilaterali con l’Italia sul riconoscimento delle sentenze, ma con la Bolivia non risulta un trattato specifico. Tuttavia, molti ordinamenti (incluso quello boliviano) ammettono la delibazione di sentenze straniere se rispettano requisiti di base (giurisdizione competente, notifica regolare, ordine pubblico, reciprocità). In assenza di accordi, la procedura può essere lunga e costosa, per cui spesso viene intrapresa solo per crediti di importo rilevante o se il debitore possiede beni significativi all’estero . In alternativa, la banca potrebbe valutare di agire direttamente in loco: ad esempio, se il debitore si è stabilito in Bolivia con beni colà presenti, il creditore potrebbe intentare una causa davanti ai tribunali boliviani per farsi riconoscere il credito, naturalmente con costi aggiuntivi e incertezza sull’esito.
  • Effetti pratici: molte finanziarie e banche fanno un’analisi costi-benefici quando il debitore è all’estero. Se il debito è modesto, potrebbero limitarsi a segnalare il nominativo nelle centrali rischi (CRIF, Experian, etc.) come cattivo pagatore, precludendogli futuri finanziamenti in Italia, ma senza inseguirlo all’estero dato il costo. Se invece il debito è ingente, possono incaricare studi legali internazionali o società di recupero crediti per agire. In ogni caso, il debitore espatriato non è al sicuro: potrebbe trovarsi condannato in contumacia e vedere attivarsi pignoramenti su eventuali beni residui in Italia o in altri paesi collegati. D’altro canto, il debitore ha strumenti di difesa: può opporsi a eventuali atti giudiziari (se ne viene a conoscenza per tempo), oppure può cercare soluzioni stragiudiziali come un accordo a saldo e stralcio con la banca (magari proponendo il pagamento di una parte del dovuto in cambio dell’esdebitazione sul resto). In caso di sovraindebitamento grave, se dovesse rientrare in Italia potrebbe accedere alle procedure concorsuali di cui diremo oltre (piano del consumatore, liquidazione del patrimonio, ecc.) e ottenere la cancellazione dei debiti bancari residui.

Debiti civili verso privati

Sotto la voce debiti civili rientrano tutte le obbligazioni verso creditori privati non riconducibili a finanziamenti bancari. Si pensi ai debiti verso fornitori di un imprenditore (fatture commerciali non pagate), ai canoni di locazione arretrati, alle quote condominiali non versate, ai prestiti tra privati, ai risarcimenti danni dovuti in forza di sentenze civili (ad esempio a seguito di causa per inadempimento contrattuale o fatto illecito), oppure agli assegni scoperti non onorati. Anche mancati pagamenti di assegni di mantenimento familiare rientrano tra i debiti civili, sebbene assumano connotazioni speciali (sono comunque obblighi di diritto civile, ma il loro mancato adempimento può sfociare in conseguenze penali ai sensi degli artt. 570 e 570-bis c.p., come vedremo) . Per un cittadino boliviano che abbia vissuto e operato in Italia, esempi tipici di debiti civili potrebbero essere: bollette non pagate, rate di acquisto verso un venditore privato, parcelle di professionisti, oppure spese condominiali se era proprietario di un appartamento in Italia.

Le caratteristiche generali di questi debiti sono analoghe a quelle dei debiti bancari, trattandosi comunque di crediti di natura privatistica, per i quali il creditore deve agire tramite gli strumenti giudiziari civili:

  • Formazione del titolo esecutivo: il creditore privato (fornitore, locatore, condominio, ecc.) deve ottenere un titolo esecutivo contro il debitore moroso. Nella pratica, spesso anche in questi casi si ricorre al decreto ingiuntivo (ad esempio il condominio ottiene un decreto per le quote condominiali non pagate, il proprietario di casa per gli affitti insoluti, il fornitore per le fatture). In altri casi, il titolo può già esistere: ad esempio, il verbale di conciliazione in sede sindacale o alcune scritture autenticate possono fungere da titoli esecutivi. Oppure il creditore cita in causa il debitore e ottiene una sentenza di condanna. Una volta in mano un titolo (ingiunzione non opposta, sentenza passata in giudicato, etc.), potrà procedere al pignoramento.
  • Notifica all’estero: le problematiche di notifica sono identiche a quelle già descritte per i debiti bancari. Se il debitore è irreperibile in Italia, la notifica degli atti introduttivi o monitori può avvenire tramite gli strumenti previsti dal codice di procedura civile (artt. 142 e seguenti c.p.c. per notifiche a residenti all’estero: tramite posta, autorità consolari o convenzioni internazionali, oppure art. 143 c.p.c. per irreperibilità assoluta con deposito in comune) . In difetto di impugnazione, si rischia una sentenza contumaciale. Il debitore spesso scopre tardi di essere stato giudicato in contumacia, magari al momento in cui un bene viene pignorato. Ciò evidenzia l’importanza, per chi espatria lasciando questioni aperte, di mantenere un minimo di monitoraggio sulla propria posta o nominare un domiciliatario di fiducia in Italia.
  • Prescrizione: i debiti civili hanno termini di prescrizione variabili a seconda della natura. Molti si prescrivono in 5 anni (es. canoni di locazione, rette, bollette, oneri condominiali, compensi professionali, rate di mantenimento) salvo riconoscimento scritto che li porti a 10 anni . Altri in 10 anni direttamente (es. restituzione di prestiti, risarcimenti da fatto illecito una volta accertati in giudizio, ecc.). Una volta ottenuto un titolo giudiziale, i diritti ivi consacrati si prescrivono in 10 anni . Un debitore espatriato potrebbe contare sul fatto che piccoli creditori rinuncino a inseguirlo: spesso è vero, soprattutto se il creditore è un privato cittadino o una piccola ditta senza risorse per azioni internazionali. Tuttavia, non bisogna generalizzare: creditori importanti (es. grandi aziende, assicurazioni, o l’amministratore condominiale se l’immobile ha valore) potrebbero intraprendere azioni pur di recuperare. E come già spiegato, anche un semplice atto di costituzione in mora inviato alla vecchia residenza (magari tramite PEC o raccomandata) è sufficiente a interrompere la prescrizione e mantenere il credito vivo.
  • Recupero internazionale: per i crediti civili e commerciali in UE valgono le stesse regole di cooperazione illustrate per i debiti bancari: Reg. 1215/2012 per il riconoscimento automatico di sentenze e provvedimenti esecutivi , Reg. 4/2009 per gli obblighi alimentari (assegni di mantenimento, dove esistono anche autorità centrali di coordinamento), procedura europea di ingiunzione e titolo esecutivo europeo per snellire il tutto. Quindi, ad esempio, un condominio italiano con una sentenza favorevole potrà far valere quella sentenza in qualsiasi Stato UE dove il condomino moroso si sia trasferito, semplicemente certificandola e attivando l’ufficiale giudiziario locale. Fuori dall’UE, nuovamente è necessario l’exequatur, salvo convenzioni. A livello globale, va menzionata la recente Convenzione dell’Aja del 2 luglio 2019 sul riconoscimento delle decisioni civili e commerciali, che mira a creare un sistema di mutuo riconoscimento simile a Bruxelles I bis su scala mondiale . L’Unione Europea ha firmato questa Convenzione e la applicherà tra Stati contraenti, ma al momento (2025) sono ancora pochi i Paesi extra-UE che vi hanno aderito. La Bolivia non risulta ancora parte di tale Convenzione. In pratica, per ora, una sentenza italiana in Bolivia richiederà un procedimento locale di delibazione: i giudici boliviani esamineranno la sentenza e, se riterranno soddisfatte le condizioni di legge (che spesso includono la reciprocità con l’Italia, la regolarità della notifica al convenuto contumace, l’assenza di contrarietà all’ordine pubblico locale), potranno dichiararla esecutiva nel territorio boliviano . Solo a quel punto il creditore potrà pignorare beni in Bolivia. Questa procedura, come intuibile, comporta costi significativi e tempi non brevi. Dunque è ipotizzabile solo se il gioco vale la candela (crediti elevati o beni certi da aggredire).
  • Esempi particolari: tra i debiti civili rientrano alcune situazioni meritevoli di nota. Le spese condominiali insolute, se l’immobile del debitore si trova in Italia, permettono al condominio di ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo (ex art. 63 disp. att. c.c.) e successivamente iscrivere ipoteca sull’immobile e chiederne la vendita forzata. Anche col debitore all’estero, l’immobile in Italia può essere pignorato e venduto, soddisfacendo il condominio con il ricavato (il residuo andrebbe eventualmente al debitore, ma se irreperibile rimane depositato). Un’altra fattispecie sono i debiti alimentari verso familiari: qui entra in gioco il già citato profilo penale (art. 570 c.p.), e strumenti internazionali specifici. Un genitore che si trasferisce all’estero per non pagare il mantenimento ai figli rischia l’accusa di violazione degli obblighi familiari e può essere perseguito (procedibilità a querela della persona offesa). In sede civile, il coniuge o l’affidatario possono attivare le procedure di recupero all’estero grazie al Reg. 4/2009 (che prevede anche un modulo semplificato di riconoscimento delle decisioni in materia di alimenti in Paesi UE aderenti al Protocollo dell’Aja 2007) . Anche con Paesi terzi spesso esistono convenzioni bilaterali specifiche sugli alimenti. Quindi questi crediti godono di tutele aggiuntive.

In generale, il mancato pagamento di debiti civili non è di per sé reato (contrarre debiti e non pagarli non è punibile penalmente, salvo ipotesi particolari) . Tuttavia, compiere atti fraudolenti per sottrarsi ai creditori privati può integrare fattispecie penali: ad esempio, vendere fittiziamente i propri beni dopo una condanna configura il reato di mancata esecuzione dolosa di provvedimenti del giudice (art. 388 cpv. 1 c.p.) . Su questo torneremo nella sezione dedicata ai profili penali. Per ora basti ricordare che, se la semplice insolvenza non è punibile, lo diventa l’eventuale frode ai danni dei creditori. Dunque un debitore civile insolvente non verrà arrestato né estradato solo perché non paga, ma se nasconde attivamente i beni per non farli pignorare potrebbe incorrere in conseguenze più gravi.

Riepilogo sugli effetti dell’espatrio per le varie tipologie di debito

Per riepilogare quanto sopra, si propone la seguente tabella sinottica, distinguendo per tipo di debito se e come è possibile il recupero oltreconfine in caso di trasferimento del debitore, confrontando la situazione in ambito UE (dove vigono meccanismi di cooperazione strutturata) e in ambito extra-UE (dove si procede caso per caso):

Tipo di debitoRecupero in ambito UERecupero in ambito extra-UENote (prescrizione, rischi)
Tributario (Fisco)Assistenza reciproca UE: l’AdER può attivare l’omologa estera grazie alla Direttiva 2010/24/UE (recepita dal D.Lgs. 149/2012), inviando un titolo uniforme europeo. Obbligo di assistenza per crediti > €1.500 . Possibile anche il sequestro conservativo europeo di conti bancari (Reg. UE 655/2014) per congelare fondi in attesa di riscossione .Cooperazione limitata: solo se esistono accordi bilaterali o convenzioni fiscali con clausole di assistenza nel recupero (es. alcuni trattati contro le doppie imposizioni prevedono aiuto nel riscuotere, ma non tutti). In mancanza, l’Italia può richiedere l’esecuzione via canali giudiziari ordinari del Paese estero (procedura di exequatur) oppure attendere il rientro del debitore.Il debito fiscale rimane dovuto con interessi. Atti notificabili all’estero (AIRE) o mediante deposito in Comune. Prescrizione 5 anni (salvo interruzioni). Rischio penale per manovre fraudolente (es. sottrazione fraudolenta ex art. 11 D.Lgs. 74/2000) .
Contributivo (INPS)Nessuna assistenza UE per contributi previdenziali: la direttiva fiscale esclude i contributi obbligatori . La cooperazione intra-UE si limita allo scambio di informazioni anagrafiche, ma non all’esecuzione coattiva. L’INPS può notificare atti all’estero (se conosce l’indirizzo), ma per pignorare deve avviare un procedimento locale come farebbe un creditore privato.Poche opzioni: eventuali clausole in convenzioni bilaterali di sicurezza sociale (rare per l’esazione forzata). In assenza, l’INPS/AdER può tentare un’azione legale nel Paese estero (titolo italiano da delibare) o de facto non riscuotere fintanto che il debitore resta fuori.Prescrizione 5 anni (con possibili sospensioni es. Covid). Debito iscritto a ruolo in Italia, rischio di recupero su beni in Italia in caso di rientro (pignoramenti su conti, stipendi italiani, pensioni). Meno incisività all’estero nel breve termine, ma attenzione: il credito resta e può riemergere (ad es. compensazione su futuri trattamenti pensionistici).
Bancario/finanziarioTitoli esecutivi italiani riconosciuti automaticamente in UE (Reg. 1215/2012): sentenze, decreti ingiuntivi non opposti, etc., circolano liberamente . Possibile anche utilizzare strumenti come ingiunzione europea e titolo esecutivo europeo per velocizzare. Il creditore può pignorare beni in altro Stato UE presentando il titolo alle autorità locali competenti. Disponibile inoltre il sequestro conservativo europeo dei conti (Reg. 655/2014) per congelare conti transfrontalieri prima della sentenza definitiva .Exequatur necessario salvo trattati bilaterali. Il creditore deve ottenere il riconoscimento della sentenza/decreto in base alla legge locale, con controllo di requisiti (notifica regolare, ordine pubblico, ecc.) . Procedura fattibile per crediti consistenti, altrimenti può non convenire. In alternativa, possibile azione diretta nel Paese straniero (nuova causa locale) se la legge lo consente. La Convenzione dell’Aja 2019 sui giudizi civili potrebbe facilitare in futuro, ma dipende dall’adesione dello Stato estero.Prescrizione: 10 anni per titolo giudiziale; crediti non accertati spesso 5 anni (es. rate periodiche) salvo atti interruttivi . Rischio contumacia: il debitore estero può subire decreti/sentenze in contumacia se irreperibile. Il debitore dovrebbe negoziare (saldo e stralcio) o usare procedure di sovraindebitamento per evitare escalation. Non pagare debiti privati non è reato, ma frodare i creditori (occultare beni) sì, ex art. 388 c.p. .
Civile (privati vari)Decisioni civili immediatamente esecutive in UE grazie al Reg. 1215/2012. Anche provvedimenti in materia familiare (assegni mantenimento) con Reg. 4/2009 godono di cooperazione speciale (autorità centrali coordinate) . Dunque un creditore privato (fornitore, locatore, ex coniuge, ecc.) può far valere il proprio titolo in UE senza bisogno di nuovo giudizio.Nessuna esecuzione automatica: bisogna passare per riconoscimento giudiziale nel Paese estero. Se esiste un trattato bilaterale, si seguono le sue norme; altrimenti si applica la procedura ordinaria locale. Ad es., con la Bolivia occorre avviare un giudizio di delibazione presso corte boliviana, che valuterà la sentenza italiana. Possibile causa ex novo nel Paese estero se preferibile (specie se il debitore ha tutti i beni lì).Prescrizione variabile (spesso 5 anni per crediti periodici, 10 per altri, e comunque 10 dal titolo giudiziario) . Difformità nei comportamenti: creditori di piccole dimensioni a volte rinunciano a inseguire all’estero; creditori più strutturati o con crediti alimentari importanti invece perseguono. Debitore: può utilizzare strumenti legali italiani (piano del consumatore, accordi) per liberarsi definitivamente dai debiti. Insolvenza semplice non è reato, ma manovre fraudolente post-sentenza possono configurare reato (art. 388 c.p.) .

Legenda: AdER = Agenzia delle Entrate-Riscossione; AIRE = Anagrafe Italiani Residenti all’Estero; exequatur = procedura di riconoscimento di una sentenza straniera in un ordinamento; titolo uniforme europeo = modulo standard di credito utilizzato tra amministrazioni fiscali UE; sequestro conservativo europeo = provvedimento giudiziario europeo di congelamento conti bancari (Reg.655/2014).

Cooperazione internazionale nel recupero crediti

Alla luce di quanto esposto, uno dei pilastri per comprendere come i creditori possano agire contro un debitore che si è trasferito all’estero è l’esistenza (o meno) di strumenti di cooperazione internazionale. In questa sezione approfondiamo le principali normative che regolano la cooperazione fiscale e giudiziaria tra Stati in materia di recupero crediti, distinguendo tra ambito europeo (UE) ed extra-europeo, con riferimento particolare al caso italiano.

Assistenza reciproca per crediti tributari in ambito UE

All’interno dell’Unione Europea esiste un sistema consolidato di assistenza reciproca per il recupero di crediti di natura pubblica (tributi, dazi, contributi locali, sanzioni amministrative). Il riferimento centrale è la Direttiva 2010/24/UE del Consiglio (16 marzo 2010) relativa all’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte e altre misure. L’Italia ha recepito questa direttiva con il D.Lgs. 14 agosto 2012, n. 149, che ha integrato le disposizioni nel D.P.R. 602/1973 (Testo unico sulla riscossione coattiva) . I punti salienti di tale normativa, applicabile fra tutti i Paesi UE, sono:

  • Portata generale: la cooperazione copre praticamente tutti i tributi e le entrate pubbliche (imposte statali, imposte locali, dazi doganali, contributi ad enti territoriali, multe, ecc.), con l’eccezione dei contributi previdenziali obbligatori e dei crediti derivanti da sanzioni penali . Ciò significa, ad esempio, che un mancato pagamento di TARI o di una multa stradale in Italia può essere riscosso in un altro Stato UE tramite questa assistenza, mentre i contributi INPS no (restano fuori campo).
  • Titolo esecutivo uniforme: la procedura prevede che, quando un credito è definitivo ed esecutivo nello Stato d’origine (ad esempio: cartella esattoriale non pagata, atto di accertamento divenuto definitivo per mancato ricorso), l’ente creditore italiano possa trasmettere una richiesta di assistenza allo Stato in cui risiede il debitore. La richiesta è corredata da un documento uniforme standard, che riepiloga il credito e ha valore di titolo esecutivo nel Paese estero . In pratica, l’AdER compila questo modulo europeo e lo invia, poniamo, all’omologa Agenzia delle Entrate francese se il debitore vive in Francia; l’autorità francese, ricevuto il titolo, lo tratta come fosse un proprio titolo esecutivo nazionale, procedendo alla riscossione secondo le sue leggi. Non occorre quindi un pronunciamento di un giudice locale: l’esecutività è automatica in virtù del riconoscimento amministrativo.
  • Notifica degli atti: la direttiva copre anche l’assistenza per la notifica di atti: l’Italia può chiedere, ad esempio, alla Spagna di notificare al contribuente un avviso di accertamento o una cartella, se sa che risiede lì . Viceversa, l’Italia esegue notifiche per conto di altri Paesi ai soggetti residenti sul proprio territorio. Questo consente di raggiungere formalmente il debitore anche quando ha cambiato Stato, garantendo che gli atti gli vengano comunicati secondo le regole (ad es. un atto francese sarà notificato in Italia tramite l’AdER o altro ente designato).
  • Soglia minima: per evitare dispiego di risorse per importi irrisori, è previsto che la richiesta di recupero possa essere rifiutata per importi inferiori a €1.500 . In pratica sotto tale soglia gli Stati non sono obbligati ad attivare la cooperazione (anche se nulla vieta di farlo); sopra la soglia, invece, vi è obbligatorietà.
  • Effetti e limitazioni: quando uno Stato membro procede al recupero per conto di un altro, la somma riscossa è come se fosse riscossa per sé (salvo poi trasferire il ricavato allo Stato richiedente al netto di eventuali costi). Le misure cautelari (come fermi o ipoteche) e le esecuzioni forzate sono effettuate secondo le norme interne dello Stato che esegue, ma il titolo non può essere sindacato nel merito. Il debitore, se vuole contestare, può solo far valere eventuali vizi formali nella procedura estera o pagamenti già effettuati. Il cuore della pretesa (es: “non devo questa tassa”) può essere contestato solo nello Stato d’origine, non in quello dell’esecuzione.

In sintesi, all’interno dell’UE un debitore fiscale difficilmente sfugge: se non paga volontariamente, l’Italia attiverà la rete di assistenza. Gli esiti dipendono anche dall’efficienza dello Stato estero: alcuni Paesi sono molto rapidi e severi nel riscuotere (es. Nord Europa), altri più lenti. Ma prima o poi il debitore vedrà il fisco locale bussare alla porta per conto di quello italiano .

Nel caso specifico di un cittadino boliviano, se questi si trasferisse però in un Paese UE (ad es. Spagna), i suoi debiti fiscali italiani potrebbero essere recuperati come sopra descritto. Se invece risiede in Bolivia, la direttiva UE non si applica: la Bolivia è fuori dall’UE, dunque niente assistenza automatica. L’Italia potrebbe comunque sfruttare accordi internazionali diversi (vedi oltre) o, più concretamente, approfittare di qualunque occasione in cui il debitore torni nell’UE: ad esempio, se il debitore apre un conto bancario in Europa o acquisisce un bene in un paese UE, quell’attività potrebbe essere aggredita con gli strumenti UE.

È utile ricordare che esiste anche una Convenzione OCSE/Consiglio d’Europa sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale (MAAT), aperta anche a Stati extra-UE. L’Italia vi aderisce, ma attualmente la Bolivia non è parte di tale Convenzione . Quindi non v’è, al 2025, un canale diretto di cooperazione fiscale Italia-Bolivia.

Cooperazione fiscale extra-UE e convenzioni internazionali

Fuori dall’Unione Europea, il recupero di debiti fiscali italiani presso un debitore espatriato dipende dagli accordi bilaterali o multilaterali in vigore tra l’Italia e il Paese di nuova residenza del debitore. Possiamo distinguere principalmente due tipi di accordi:

  • Trattati bilaterali contro le doppie imposizioni (DTA): l’Italia ha stipulato numerosi trattati fiscali con altri Stati (anche con alcuni paesi sudamericani) per evitare la doppia imposizione sui redditi. Tali trattati a volte contengono articoli sulla mutua assistenza nel recupero delle imposte (in genere negli articoli finali). Ad esempio, la Convenzione Italia-Svizzera rinnovata include disposizioni di assistenza nella riscossione. Bisogna verificare caso per caso se esiste un trattato Italia-Bolivia: al momento non risulta in vigore un trattato fiscale bilaterale tra Italia e Bolivia (la Bolivia ha un network limitato di trattati fiscali) . Ciò significa che non c’è uno strumento bilaterale immediato per chiedere alla Bolivia di riscuotere i tributi italiani.
  • Convenzioni multilaterali: oltre alla già citata MAAT (Convenzione Multilaterale sull’Assistenza Amministrativa in Materia Fiscale), esistono anche accordi in sede OCSE o ONU. La MAAT consente agli Stati firmatari (oltre 140 Paesi) di scambiarsi assistenza in diversi ambiti, compresa la riscossione (art. 11 della Convenzione prevede l’assistenza nella riscossione su richiesta) . Tuttavia, l’adesione della Bolivia a tali strumenti è ad oggi assente; pertanto, l’Italia non può invocare la Convenzione per farsi aiutare dall’amministrazione fiscale boliviana nel recupero di cartelle non pagate.

In pratica, in mancanza di accordi specifici, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha facoltà di agire come un qualsiasi creditore all’estero: munita del suo titolo (cartella/ingiunzione), può incaricare legali sul posto di intraprendere un’azione davanti alle autorità locali. Come detto, ciò comporta chiedere il riconoscimento del titolo italiano secondo la legge boliviana e poi procedere. Le probabilità che l’AdER intraprenda questo percorso dipendono dall’entità del debito e dalla presenza di beni noti in Bolivia su cui rifarsi. Se il debitore non ha beni noti lì (es. proprietà immobiliari) e l’importo non è elevatissimo, è più probabile che l’AdER sospenda l’azione diretta, limitandosi magari a segnalare il nominativo in banche dati internazionali. Va però sottolineato un fatto: tramite la cooperazione internazionale sullo scambio di informazioni finanziarie, l’Italia potrebbe venire a sapere di conti o investimenti del debitore all’estero (anche extra-UE) grazie al sistema CRS (Common Reporting Standard) e analoghi accordi di trasparenza finanziaria. Sapendo dell’esistenza di, ad esempio, un conto bancario in un certo paese, l’AdER potrebbe tentare un sequestro conservativo su quel conto per tutelare il credito , se le condizioni lo permettono (ad esempio ottenendo un provvedimento italiano e poi traducendolo per le autorità estere).

In conclusione, fuori dall’UE la riscossione fiscale non è garantita, ma non è nemmeno impossibile. Molto dipende dall’iniziativa e convenienza del creditore pubblico italiano e dal contesto normativo del paese in cui il debitore si è rifugiato. Per un debitore boliviano, la distanza geografica e l’assenza di accordi specifici giocano a suo favore nel breve periodo; tuttavia, il debito rimane pendente e l’Italia manterrà viva la pretesa finché possibile, pronta ad approfittare di eventuali spiragli (come un rientro del debitore in Italia o in area UE, o l’emersione di asset aggredibili).

Strumenti europei per l’esecuzione di crediti civili e bancari

Passando ai crediti di natura privata (bancari, commerciali, civili), in ambito UE la cooperazione giudiziaria è regolata da diversi Regolamenti europei direttamente applicabili negli Stati membri. Ne abbiamo già anticipati alcuni, riepiloghiamo i principali:

  • Regolamento (UE) 1215/2012 (Bruxelles I bis): disciplina la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Abolisce l’exequatur: le decisioni giudiziarie emesse in uno Stato UE sono immediatamente esecutive negli altri, previa produzione di un certificato standard (ex art. 53 Reg.) . I motivi di rifiuto dell’esecuzione sono estremamente limitati (es. contrarietà all’ordine pubblico, notifica irregolare al contumace secondo art. 45 Reg.) . Questo strumento copre la gran parte dei casi (debiti contrattuali, risarcitori, bancari, ecc.) e rende lo spazio UE quasi un unico grande territorio dal punto di vista del creditore: ottenuta una sentenza in Italia, la può portare direttamente dall’ufficiale giudiziario tedesco o spagnolo per agire contro il debitore.
  • Regolamento (CE) 805/2004 (Titolo esecutivo europeo): crea il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati. Se un creditore ottiene, ad esempio, un decreto ingiuntivo non opposto in Italia, può chiedere all’autorità giudiziaria italiana di certificarlo come “titolo esecutivo europeo”. Il risultato è che in qualsiasi altro Stato membro potrà eseguirlo senza necessità di exequatur, come se fosse un provvedimento locale, perché si presume che il debitore avendo mancato di contestare abbia accettato il credito. Utile appunto quando il debitore è rimasto contumace ma si vuole dare esecuzione fuori.
  • Regolamento (CE) 1896/2006 (Ingiunzione di pagamento europea): consente al creditore di ottenere un ordine ingiuntivo direttamente europeo, presentando domanda ad un tribunale (spesso telematicamente) per crediti pecuniari determinati e non contestati transfrontalieri. Ad esempio, una società italiana può ottenere un’ingiunzione UE contro un debitore in Francia senza passare da un decreto ingiuntivo “nazionale”. Se il debitore non si oppone entro 30 giorni dalla notifica, l’ingiunzione europea diventa esecutiva e può essere fatta valere in tutti gli Stati UE come titolo. Se il debitore si oppone, la procedura termina e ci si rifà ai canali ordinari.
  • Regolamento (UE) 655/2014 (Sequestro conservativo europeo su conti bancari): strumento meno noto ma potentissimo, citato in precedenza. Consente a un creditore di ottenere, da un giudice, un’ordinanza di congelamento dei conti bancari del debitore in un altro Stato UE . Può essere chiesto in via cautelare prima di avere una sentenza definitiva (dimostrando fumus boni iuris e periculum, ossia che il credito è fondato e rischia di non essere recuperato se non si blocca subito il conto). Oppure può essere chiesto dopo aver già ottenuto un titolo esecutivo, come misura conservativa in attesa di esecuzione. L’ordinanza viene notificata direttamente alla banca estera, che blocca le somme fino all’importo autorizzato . Il debitore viene informato solo dopo il blocco, per evitare spostamenti di fondi. Questo strumento vale in tutti i paesi UE tranne Danimarca e Regno Unito (che non vi partecipano). È particolarmente utile se il creditore sa o sospetta che il debitore abbia conti in un dato paese UE.

Tutti questi strumenti non sono direttamente utilizzabili fuori dall’UE, ma vale la pena menzionarli per capire la differenza radicale tra la situazione in UE (dove i confini nazionali incidono poco sul recupero crediti) e fuori UE (dove ogni Stato fa storia a sé).

Un debitore boliviano espatriato in Europa sarà quindi molto esposto: una volta che una banca, un fornitore o un ex locatore ottenga un titolo in Italia, può colpirlo ovunque nell’Unione praticamente con le stesse facilità con cui lo farebbe in Italia. Viceversa, se il debitore è tornato in Bolivia o altro paese terzo, il creditore dovrà adattarsi alle regole di quel paese.

Accordi e convenzioni per l’esecuzione di decisioni civili extra-UE

Come anticipato, al di fuori dell’Unione Europea il panorama è frammentato. Storicamente, l’esecuzione delle sentenze straniere è regolata dalle norme interne di diritto internazionale privato e da eventuali trattati bilaterali. L’Italia, ad esempio, applica la Legge 31 maggio 1995 n. 218 (riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato) che agli artt. 64 e seguenti stabilisce le condizioni generali perché una sentenza straniera sia riconosciuta in Italia (e viceversa prevede il principio di reciprocità per far riconoscere le italiane all’estero, ove la legge estera lo richieda). Queste condizioni includono: che il giudice straniero fosse competente, che il convenuto sia stato citato regolarmente e posto in grado di difendersi, che non vi siano contrasti con l’ordine pubblico, e che tra Italia e Stato straniero vi sia reciprocità di trattamento .

Per facilitare le cose a livello globale, come già accennato, è stata firmata nel 2019 la Convenzione dell’Aja sul riconoscimento ed esecuzione delle sentenze. L’UE e vari Stati l’hanno sottoscritta, ma essa entrerà pienamente in vigore solo man mano che gli Stati la ratificano. Al 2025, oltre all’UE, hanno aderito pochi altri paesi (tra cui recentemente l’Ucraina e poche nazioni). La Convenzione prevede criteri uniformi per cui una sentenza emessa in uno Stato contraente deve essere riconosciuta ed eseguita negli altri, salvo eccezioni limitate (es. contrarietà all’ordine pubblico, decisione resa in violazione del diritto di difesa) . È un sistema analogo a Bruxelles I bis ma su scala globale. Col tempo, se molti Stati aderiranno, potrebbe diventare lo strumento principe. Nel frattempo, però, per i rapporti Italia–Bolivia occorre basarsi sui principi generali e su eventuali trattati bilaterali.

Italia e Bolivia: non risulta ad oggi un trattato bilaterale specifico sul reciproco riconoscimento delle sentenze. Pertanto, una sentenza italiana in Bolivia sarà soggetta alla legge boliviana. In generale, l’ordinamento boliviano richiede che la sentenza straniera sia delibata dalla Corte Suprema di Giustizia boliviana (tramite un procedimento detto exequatur), verificando: che la sentenza non contrasti con le leggi di ordine pubblico boliviano, che vi sia stato rispetto del contraddittorio, che la sentenza sia definitiva e non contraria ad un’altra sentenza boliviana su materia stessa tra le stesse parti, e la presenza di un trattato di reciprocità o, in mancanza, la prassi di reciprocità con il paese d’origine. L’Italia, dal canto suo, riconosce le sentenze straniere se c’è anche solo una “assenza di manifesta mancanza di reciprocità” (art. 64 lett. g L.218/95). In pratica, se un creditore italiano volesse far eseguire una sentenza in Bolivia, dovrebbe nominare un avvocato locale, presentare un’istanza di exequatur allegando la sentenza legalizzata/apostillata, la prova che è definitiva e la traduzione autenticata. La Corte boliviana valuterebbe i criteri sopra, incluso se in Italia si riconoscono le sentenze boliviane (reciprocità). Non essendoci un trattato formale, potrebbe basarsi sulla disponibilità italiana a riconoscere analoghe sentenze (l’Italia di solito è aperta a riconoscere, quindi la reciprocità sostanziale c’è). Se la corte boliviana accoglie l’istanza, dichiara esecutiva la sentenza italiana. A quel punto il creditore potrà agire con i mezzi locali: ad esempio, pignorare beni del debitore in Bolivia come se avesse una sentenza boliviana .

Tutto ciò evidenzia che per i creditori privati l’enforcement internazionale è tecnicamente possibile quasi ovunque, ma in pratica viene tentato solo quando ne vale la pena. Nel caso di un debitore con pochi mezzi all’estero, probabilmente il creditore non seguirà questa strada. Viceversa, se il debitore boliviano possiede, ad esempio, un immobile di pregio in Bolivia, un creditore italiano con una sentenza potrebbe decidere di investire tempo e denaro per aggredirlo legalmente.

Procedura di pignoramento dei beni all’estero

Focalizziamoci ora su come avviene concretamente un pignoramento di beni situati all’estero dal punto di vista giuridico. In generale, un bene (mobile, immobile, credito) si pignora seguendo le regole del paese in cui il bene si trova (lex rei sitae per immobili, o lex loci per crediti su stipendio in loco). Ciò vale sia per creditori pubblici che privati.

Se il creditore ha ottenuto un titolo esecutivo riconosciuto nel Paese estero, potrà presentare istanza all’autorità competente di quel Paese per avviare l’esecuzione forzata. Ad esempio:

  • Per pignorare un conto corrente estero in ambito UE: il creditore italiano, munito di titolo europeo, può chiedere all’autorità giudiziaria del paese del conto un ordine di pignoramento presso terzi (nel linguaggio locale: saisie-attribution in Francia, Wertpapierpfändung in Germania, etc.). L’ordine, una volta emesso, viene notificato alla banca estera, che blocca le somme dovute al debitore fino a soddisfacimento del credito . Nel caso del sequestro conservativo europeo (Reg.655/2014), questo avviene addirittura senza passare dal rito ordinario nazionale, come visto.
  • Per pignorare un immobile all’estero: il creditore deve rivolgersi al tribunale del luogo ove si trova l’immobile. In UE (e in molti paesi extra-UE) può prima iscrivere un’ipoteca giudiziale sull’immobile (come misura cautelare per garantirsi), poi promuovere l’esecuzione immobiliare vera e propria . Ad esempio, se Tizio ha una casa in Spagna, Caio con sentenza italiana la fa riconoscere in Spagna, iscrive ipoteca e chiede al giudice spagnolo di espropriare l’immobile, procedendo con asta secondo la legge spagnola. Fuori UE, stessa logica: prima serve il via libera (exequatur), poi si segue la procedura locale di pignoramento.
  • Per pignorare lo stipendio percepito all’estero: occorre ottenere un ordine dal giudice del luogo dove ha sede il datore di lavoro. Ad esempio, se un debitore lavora in Francia, il creditore con titolo esecutivo chiederà al giudice francese un’ordinanza di saisie sur salaire (pignoramento dello stipendio), e se concessa, questa sarà notificata al datore di lavoro francese imponendogli di trattenere mensilmente una quota dello stipendio e versarla al creditore fino a soddisfo . Ci sono limitazioni analoghe a quelle italiane (quote impignorabili per garantire il minimo vitale), ma il concetto è identico.
  • Per pignorare una pensione italiana erogata all’estero: caso particolare, ma frequente. Se un debitore vive all’estero ma percepisce una pensione dall’INPS, tale pensione è pignorabile alla fonte in Italia come qualsiasi altro emolumento. Dunque il creditore non ha neppure bisogno di attivarsi all’estero: può notificare atto di pignoramento all’INPS in Italia (terzo debitore) e otterrà la trattenuta di 1/5 sulla pensione oltre la quota impignorabile, anche se poi la pensione viene accreditata su un conto estero . In pratica il debitore espatriato potrebbe vedere la sua pensione decurtata prima ancora che i soldi escano dall’Italia.

Un fattore cruciale è la conoscenza dei beni: il creditore può pignorare beni all’estero solo se sa della loro esistenza. In UE, come accennato, ci sono sempre più strumenti di scambio di informazioni: un creditore può chiedere a un’autorità del suo Stato di origine di indagare su conti bancari del debitore in altro Stato UE (c’è una rete di interconnessione dei registri dei conti bancari prevista dalle direttive antiriciclaggio e implementata anche per scopi di recupero crediti) . Fuori UE, tutto è più complicato: ci si affida a investigatori privati, banche dati globali, o alle informazioni raccolte durante eventuali procedimenti (es. il debitore dichiara qualcosa sui suoi averi).

In pratica, molti creditori prima esauriscono ciò che trovano in Italia, poi se il debitore rimane insolvente e il credito è grosso, valutano di guardare all’estero . Un cittadino boliviano che lasci in Italia beni insufficienti potrebbe non essere immediatamente perseguito in Bolivia, ma se torna in Italia troverà probabilmente misure pronte (fermi, ipoteche, atti di precetto pendenti) . Se invece avesse lasciato un immobile in Italia, quel bene verrà certamente aggredito.

Riassumendo: il pignoramento all’estero è possibile, ma richiede che il creditore superi la barriera del riconoscimento del titolo (se fuori UE) e conosca cosa colpire. Dal canto suo, il debitore deve essere consapevole che nessun paese è una zona franca per sempre: globalizzazione e accordi aumentano le chance di recupero anche lontano.

Profilo penale: reati connessi all’espatrio “strategico” e alla sottrazione di beni ai creditori

Come accennato, il solo fatto di non pagare i debiti non configura reato. In Italia l’insolvenza civile non è penalmente sanzionata (non esiste il carcere per debiti di per sé, in linea col dettato costituzionale che vieta la prigionia per inadempimenti contrattuali). Dunque un debitore che lascia l’Italia gravato di debiti non verrà arrestato né potrà essere estradato dall’estero semplicemente perché deve dei soldi. Tuttavia, se l’espatrio o comunque la condotta del debitore si accompagnano a comportamenti fraudolenti finalizzati a eludere il pagamento, entrano in gioco talune fattispecie penali. È importante che il debitore conosca questi rischi: cercare di “fare la furberia” potrebbe aggravare di molto la sua posizione, trasformandolo da semplice insolvente a imputato di reato. Vediamo i principali reati che possono rilevare in contesti del genere :

  • Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 D.Lgs. 74/2000): reato tributario. Punisce chi, al fine di evadere il pagamento di imposte dovute (incluse sanzioni e interessi), occulta o distrae i propri beni rendendo in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva . Esempi tipici: alienazioni simulate (vendere fittiziamente immobili o beni a prestanome), intestazioni a terzi (passare proprietà ai familiari pur continuando di fatto a disporne), trasferimento di capitali su conti esteri nascosti, donazioni anomale fatte subito dopo aver ricevuto cartelle esattoriali. La Cassazione ha chiarito che anche atti formalmente leciti possono costituire reato se vi è il dolo specifico di sottrarsi al Fisco . Ad esempio, vendere le proprie quote societarie ai figli a prezzo simbolico per non farle pignorare è considerato atto fraudolento. In una sentenza recentissima (Cass. pen. n. 29943/2025) la Suprema Corte ha ribadito proprio questo: la cessione di quote societarie ai figli, pur formalmente regolare, integra il reato di sottrazione fraudolenta se finalizzata a far sparire garanzie patrimoniali a fronte di debiti fiscali . La pena prevista è la reclusione da 6 mesi a 4 anni . Dunque, se un contribuente prima di espatriare compie tali manovre (trasferisce beni all’estero o li intesta ad altri con lo scopo di non pagare le tasse), rischia seriamente un procedimento penale. Nota bene: il reato si configura indipendentemente dall’espatrio in sé (anche restando in Italia, quegli atti sarebbero reato), ma l’espatrio spesso fa parte del disegno di sottrarsi al Fisco. Ad esempio, portare tutto il denaro su conti offshore e poi trasferirsi in Sud America può essere visto come condotta fraudolenta – soprattutto se c’erano già debiti fiscali certi pendenti . In tali casi, oltre alle sanzioni penali, la conseguenza pratica è che i beni alienati possono essere sottoposti a sequestro e successiva confisca per equivalente.
  • Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (art. 388 comma 2 c.p.): reato comune, a tutela dell’autorità delle decisioni giudiziarie. Punisce con la reclusione fino a 3 anni chi, “al fine di sottrarsi all’adempimento di obblighi civili derivanti da una sentenza di condanna, compie sui propri o altrui beni atti fraudolenti” . In sostanza, è il corrispettivo generale del reato tributario visto sopra, applicabile però a qualsiasi creditore privato, a condizione che vi sia già un provvedimento del giudice che condanna al pagamento. Ad esempio, se Tizio viene condannato con sentenza a risarcire Caio, e subito dopo Tizio svuota il proprio patrimonio (vende macchinari all’estero, cede case ai parenti, etc.) per non farsi pignorare, commette questo reato qualora Caio presenti querela . È fondamentale infatti sapere che questo reato è procedibile a querela di parte: significa che deve essere il creditore danneggiato a sporgere denuncia/querela entro 3 mesi dalla scoperta del fatto, altrimenti non si procede. Inoltre, dottrina e giurisprudenza sottolineano che l’atto fraudolento deve avvenire dopo la formazione del titolo esecutivo o quantomeno durante il processo: se il debitore dissipa i beni prima che il creditore agisca, non rientra in questa fattispecie penale (potrà semmai subire un’azione revocatoria civile) . In ottica di espatrio, questo vuol dire che se uno, dopo esser stato citato in giudizio o condannato, trasferisce capitali all’estero e poi si rende irreperibile emigrando, potrebbe incorrere nell’art. 388 c.p. (sempre che il creditore lo denunci). L’espatrio di per sé non è reato, ma se coincide con la fuga dei beni “post-sentenza”, allora la combinazione può configurare questa ipotesi delittuosa.
  • Insolvenza fraudolenta (art. 641 c.p.): reato che riguarda la fase di formazione del debito. Si realizza quando qualcuno contrae un’obbligazione senza avere la volontà o la possibilità di adempierla, occultando il proprio stato al creditore. In pratica è una forma di truffa attenuata, senza artifizi specifici, applicabile ai debitori che contraggono volontariamente debiti sapendo di non poter pagare. Esempio: un soggetto prende in locazione un immobile già sapendo che non pagherà l’affitto e, dopo aver accumulato mesi di morosità, scappa all’estero. Se si prova che fin dall’inizio aveva il dolo di non adempiere, può scattare questo reato . La pena è fino a 2 anni di reclusione o multa. Tuttavia, è un reato raramente contestato perché difficile da dimostrare (bisogna provare il dolo iniziale, cioè che il debitore sin dal principio sapeva e voleva non pagare). L’espatrio repentino potrebbe essere un indizio di malafede, ma da solo non basta: serve mostrare che l’obbligato ha simulato solvibilità o posto in essere atti dispositivi fraudolenti contestualmente al sorgere del debito . Questo reato è procedibile d’ufficio (non serve querela), ma vista la difficoltà probatoria è poco frequente nelle aule di tribunale.
  • Violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p. e 570-bis c.p.): qui entriamo nel penale “familiare”. L’art. 570 c.p. punisce chi, facendo mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti o al coniuge, non adempie agli obblighi di assistenza familiare stabiliti dalla legge (ivi inclusi quelli economici). L’art. 570-bis (introdotto nel 2018) punisce specificamente chi non versa l’assegno dovuto in caso di separazione, divorzio o per i figli nati fuori dal matrimonio. Un trasferimento all’estero per non pagare il mantenimento può integrare queste fattispecie: la giurisprudenza ha ritenuto che il semplice espatriare non esonera dal cercare lavoro e provvedere ai figli; se il soggetto all’estero non versa nulla e i familiari restano privi di mezzi, il reato sussiste . Anche questi reati sono procedibili a querela (di norma il coniuge affidatario). La pena è fino a 1 anno o multa per l’art. 570, e fino a 2 anni o multa per il 570-bis. In caso di condanna, oltre alla pena, c’è la sospensione condizionale subordinata al pagamento di quanto dovuto. Quindi, se un genitore boliviano lascia l’Italia e smette di pagare il mantenimento, può essere denunciato; la distanza non lo salva: potrà essere giudicato in contumacia e un eventuale mandato d’arresto potrà essere spiccato se necessario (valido almeno nei paesi con cui esistono accordi di estradizione per questo reato, che rientra tra quelli non particolarmente gravi, quindi l’estradizione potrebbe non essere concessa da alcuni Stati, ma la condanna rimane pendente).
  • Reati fallimentari (bancarotta fraudolenta): infine, se il debitore è un imprenditore soggetto a fallimento (oggi liquidazione giudiziale nel Codice della Crisi) e viene dichiarato tale in Italia, certe condotte di spostamento di beni all’estero possono costituire bancarotta fraudolenta patrimoniale. Ad esempio, un piccolo imprenditore indebitato verso fornitori e fisco che porti all’estero gli attivi dell’azienda prima del fallimento, o li occulti, può essere perseguito per bancarotta fraudolenta . La bancarotta fraudolenta è un reato gravissimo, punito con reclusione da 3 a 10 anni, e consente il mandato di arresto internazionale. Un imprenditore fallito che si rifugia all’estero quindi non è al sicuro se ha commesso distrazioni: l’Italia può chiederne l’estradizione, e molti paesi (specialmente se c’è trattato bilaterale di assistenza giudiziaria o estradizione) consegnano latitanti per reati di bancarotta, essendo considerati crimini comuni di una certa entità.

In generale, quindi, la dimensione penale emerge quando il debitore adotta comportamenti ingannevoli o elusivi per pregiudicare i creditori. L’espatrio di per sé, ribadiamo, non è reato (non si può punire qualcuno perché emigra), ma se coincide con movimenti patrimoniali illeciti finalizzati all’insolvenza, allora scattano le tutele penali. Un debitore onesto ma nullatenente che parte all’estero senza pagare i debiti non commette reato; un debitore che invece occulta attivamente risorse per non pagare, magari trasferendole oltreconfine, rischia incriminazioni penali .

Vale la pena sottolineare che chi si trova schiacciato dai debiti ha strumenti leciti per cercare sollievo, senza scivolare nell’illegalità: dalle già citate procedure di sovraindebitamento alla possibilità di accordi transattivi (saldo e stralcio), fino eventualmente al fallimento personale con esdebitazione. Tali strumenti, se percorsi tempestivamente, consentono di evitare gesti disperati e soprattutto di non incorrere in violazioni di legge. Anche perché un eventuale procedimento penale complicherebbe enormemente la posizione del debitore: ad esempio, la Legge n. 1185/1967 prevede che ai cittadini italiani che abbiano debiti fiscali con lo Stato correlati a condanne penali (o che debbano scontare pene) può essere negato il rilascio o rinnovo del passaporto . Ciò significa che un contribuente italiano condannato per reati tributari non potrà neppure lasciare il Paese liberamente. Sebbene questa norma non riguardi il cittadino boliviano (che viaggia con passaporto boliviano), mostra come l’ordinamento reagisce duramente verso chi truffa il Fisco: l’intento di impedire la fuga dei condannati per reati finanziari c’è, ed è un deterrente forte per gli italiani. In ogni caso, un cittadino straniero condannato in contumacia rischia di essere inserito in liste di ricercati (Sistemi di allerta Schengen, Interpol) e se dovesse transitare in paesi collaborativi potrebbe essere arrestato in esecuzione di mandati internazionali.

Conclusione su questo punto: l’espatrio “strategico” può sembrare una via di fuga dai debiti, ma se mal gestito può trasformarsi in un boomerang penale. La scelta saggia per un debitore è agire entro i confini della legalità, utilizzando le tutele previste dalla legge per difendersi, come vedremo nella prossima sezione.

Soluzioni legali per uscire dai debiti (prima o dopo l’espatrio)

Dal punto di vista del debitore, espatriare con debiti non risolve il problema, se non temporaneamente. Può essere una scelta dettata da necessità (ad esempio cercare lavoro altrove per avere il reddito con cui poi pagare), ma deve essere accompagnata da una strategia legale per gestire i debiti pregressi. In questa sezione esaminiamo gli strumenti giudiziari e stragiudiziari che un debitore – italiano o straniero – ha a disposizione per difendersi dalle pretese creditorie e, possibilmente, risolvere definitivamente la propria situazione debitoria. L’obiettivo è illustrare cosa fare per proteggersi dalle azioni esecutive e magari ottenere un alleggerimento o azzeramento dei debiti, nell’ottica di ripartire senza il peso di pendenze indefinite.

Verifica della legittimità del debito e della residenza fiscale

Il primo passo per chi ha debiti in Italia (specie se sono cartelle esattoriali o atti fiscali) è verificare la regolarità e fondatezza delle pretese. Spesso infatti alcuni debiti possono risultare annullabili o riducibili per vizi formali o sostanziali. Ad esempio:

  • Prescrizione maturata: come accennato, molti debiti pubblici e privati hanno termini di prescrizione relativamente brevi (5 anni). Se il creditore non ha compiuto atti interruttivi validi, il debito può essere dichiarato non più esigibile. È fondamentale quindi che un professionista esamini, per ciascuna posizione debitoria, la cronologia degli atti e pagamenti per stabilire se la prescrizione sia decorsa. Ad esempio, una cartella del 2015 per bollo auto potrebbe oggi (fine 2025) essere prescritta se non ci sono state intimazioni nel frattempo.
  • Notifica irregolare o nulla: molti atti potrebbero non essere stati notificati correttamente al debitore, soprattutto se quest’ultimo ha cambiato indirizzo. Cartelle inviate a vecchi indirizzi e mai ricevute, atti depositati in comune senza che il destinatario ne sapesse nulla, notifiche con vizi (assenza di relata, errori nel nominativo) – tutti questi casi possono rendere l’atto inesistente o nullo, aprendo la strada per impugnarlo e farlo annullare . Ad esempio, se una cartella è stata notificata ad un indirizzo dove il debitore non risiedeva più e l’ente non ha fatto le dovute ricerche, la notifica può essere invalidata e con essa la cartella decadere.
  • Residenza fiscale contestabile: in ambito fiscale, a volte l’Agenzia delle Entrate presume che una persona sia fiscalmente residente in Italia (e quindi tenuta a dichiarare in Italia i redditi esteri) nonostante questa viva stabilmente all’estero. È il caso di molti espatriati che però non hanno formalizzato subito l’iscrizione all’AIRE: il fisco potrebbe contestare “residenza fittizia all’estero” e pretendere tasse su redditi esteri. In tali situazioni, il contribuente può difendersi dimostrando la propria effettiva residenza all’estero (esibendo iscrizione consolare, documenti di lavoro, famiglia, centro interessi altrove) . Contestare la domiciliazione fiscale erronea è cruciale per abbattere accertamenti infondati.
  • Importo gonfiato da sanzioni e interessi: molti debiti aumentano negli anni per l’accumulo di interessi moratori e sanzioni. Esistono però strumenti per ridurre queste addizioni. Ad esempio, le varie “definizioni agevolate” (rottamazioni delle cartelle) permettono di cancellare sanzioni e interessi di mora pagando solo il capitale e pochi oneri . Valutare se il proprio debito rientra in qualche sanatoria o condono è un dovere: negli ultimi anni il legislatore ha introdotto diverse misure (Rottamazione-ter nel 2018, Rottamazione-quater nel 2023, Stralcio dei mini-debiti sotto 1000€ dal 2000-2015, ecc.). Addirittura, a ottobre 2025 è in cantiere la Rottamazione-quinquies 2025 per debiti fino al 30 giugno 2023, che potrebbe eliminare tutte le sanzioni e gli interessi per chi aderisce. Un debitore informato può risparmiare decine di punti percentuali sul totale approfittando di tali normative.
  • Debito non documentato o errato: a volte i creditori non sono in grado di provare il credito o lo quantificano male. Ad esempio, società di recupero che acquistano crediti bancari potrebbero non avere il contratto originale firmato dal debitore; oppure l’AdER può iscrivere a ruolo importi duplicati per errore. Un controllo accurato dei documenti può rivelare anomalie che, se contestate, portano all’annullamento dell’atto in autotutela o in giudizio .

In questa fase iniziale, è spesso consigliabile richiedere un estratto di ruolo all’Agenzia Entrate-Riscossione, cioè l’elenco di tutte le cartelle e avvisi a proprio nome, per avere il quadro completo . Parallelamente, verificare la propria posizione AIRE e fiscale: se si è cittadini italiani e non ancora iscritti all’AIRE, valutare di farlo per regolarizzare lo status (anche se ciò rende rintracciabili, evita però contestazioni di residenza fittizia). Per i cittadini stranieri, assicurarsi che l’anagrafe italiana riporti la cancellazione per espatrio (in modo che eventuali notifiche seguano la procedura corretta per i non residenti). In altre parole, mettersi “in regola” sul piano formale e raccogliere tutte le informazioni sul debito sono passi fondamentali prima di scegliere come procedere.

Rateizzazione e definizione agevolata delle cartelle

Se i debiti comprendono cartelle esattoriali o avvisi accertamento esecutivi, una delle difese più efficaci (soprattutto per guadagnare tempo ed evitare azioni esecutive immediate) è la richiesta di rateizzazione oppure l’adesione a qualche definizione agevolata (se prevista dalla legge in quel periodo).

  • Rateizzazione ordinaria: L’Agenzia Entrate-Riscossione consente, su istanza del debitore, di diluire il pagamento di una cartella in rate mensili (fino a un massimo di 72 rate mensili standard, pari a 6 anni, elevabili a 120 rate – 10 anni – in casi di comprovata difficoltà economica) . Anche da non residente in Italia si può fare richiesta: la domanda si presenta online tramite il portale AdER, area riservata o PEC. Ottenuta la dilazione, si ha immediatamente un beneficio: vengono sospese le azioni esecutive già avviate e non se ne iniziano di nuove, a patto di rispettare le scadenze rateali . Inoltre, il debitore riacquista una certa agibilità (ad esempio può ottenere il DURC regolare se imprenditore, in presenza di rateazione concessa e rispettata). Per importi fino a €120.000 la concessione è automatica su semplice richiesta, senza dover dimostrare lo stato di difficoltà; per importi superiori serve allegare l’ISEE o documenti finanziari. Nel caso di un cittadino boliviano all’estero, la rateazione può essere utile se intende pianificare di pagare gradualmente e magari rientrare in Italia senza pendenze. Attenzione però: se si saltano più di 5 rate, la dilazione decade e il debito torna immediatamente esigibile in un’unica soluzione.
  • Definizioni agevolate (rottamazioni): Periodicamente, il legislatore introduce la possibilità di aderire a “rottamazioni” delle cartelle, cioè definizioni agevolate con sconto su sanzioni e interessi. Ad esempio, la Rottamazione-quater 2023 (aperta nel 2023) permetteva di pagare solo il capitale e un minimo di interessi, in 18 rate, su cartelle 2000-2017; in legge di bilancio 2024 è stata prorogata la possibilità di pagamento delle rate 2023 entro fine 2023. E ora, come detto, la Legge di Bilancio 2026 in discussione (ottobre 2025) prevede una Rottamazione-quinquies per le cartelle affidate 2018-2023. Un debitore farebbe bene a valutare se rientra nei parametri per aderire: aderire comporta benefici simili alla rateazione (blocco delle azioni esecutive pendenti e stop agli interessi di mora, sanzioni azzerate). Inoltre, l’importo da pagare è inferiore al totale nominale del debito perché si condonano le parti accessorie. Si può aderire anche dall’estero, tramite il sito AdER o tramite un delegato. Nel caso di un debitore che non abbia liquidità immediata, la rottamazione è vantaggiosa perché comunque consente rate (la Quinquies ad esempio presumibilmente diluirà in 2-3 anni) ma riduce l’importo complessivo.

In generale, rateizzare o rottamare significa prendere tempo e ridurre la pressione. Durante la rateizzazione, il fermo auto già iscritto viene sospeso (non ne iscrivono di nuovi), il pignoramento dello stipendio viene sospeso, ecc. Certo, rimane il vincolo di pagare le rate, ma almeno il debitore può organizzare meglio le risorse. Anche chi si trova all’estero potrebbe sfruttare queste misure per mettersi in regola gradualmente, evitando sorprese in caso di rientro. Ad esempio, un imprenditore boliviano che volesse tornare a fare affari in Italia, se ha debiti fiscali pregressi farebbe bene ad aver aderito a una definizione agevolata, così da chiudere quei conti in modo sostenibile ed evitare guai con AdER al ritorno.

Va segnalato inoltre lo “stralcio” dei mini-debiti previsto dalla Legge di Bilancio 2023: le cartelle sotto €1.000 affidate dal 2000 al 2015 sono state automaticamente annullate (capitale e interessi) al 31/3/2023, salvo alcune eccezioni (multe, aiuti di Stato, ecc.) . Questo ha potuto alleggerire molti debitori di vecchie pendenze minori. Dunque, una verifica delle proprie cartelle potrebbe rivelare che alcune sono già state cancellate ex lege.

In conclusione, il debitore deve tenere d’occhio le opportunità di legge: chiedere la rateazione sospende le ganasce del fisco e aderire alle rottamazioni cancella le sanzioni. Sono strumenti che non implicano un contenzioso, anzi presuppongono la volontà di pagare (seppur in forma agevolata), ma spesso sono la via più pragmatica per chiudere la questione con esborso ridotto e con protezione nel frattempo.

Istanza di autotutela o ricorso giudiziario

Quando il debitore riscontra irregolarità o ritiene infondato il debito, può agire in contestazione formale dell’atto o della pretesa. Le strade principali sono:

  • Istanza di autotutela: consiste nel presentare al medesimo ente creditore o all’AdER una richiesta motivata di annullamento/rettifica dell’atto, evidenziando gli errori riscontrati. Ad esempio, se una cartella risulta già pagata o prescritta, si può inviare un’istanza di sgravio in autotutela chiedendo la cancellazione del debito. L’autotutela non sospende i termini per fare ricorso, ma l’AdER talvolta sospende le azioni esecutive in attesa di risposta. È uno strumento da usare preferibilmente quando l’errore è oggettivo e documentabile (es.: “ecco la ricevuta di pagamento, togliete la cartella duplicata”). Se l’ente riconosce l’errore, annulla l’atto senza bisogno di giudice. In caso di debiti di un cittadino estero che magari non ha potuto seguire pratiche a suo tempo, l’autotutela può rivelare sorprese: non di rado cartelle vecchie vengono sgravate per vizi vari (si pensi alle molte cartelle annullate perché notificate a soggetti AIRE via posta prima che la legge lo consentisse: un vizio insanabile per atti prima del 2010, ad esempio).
  • Ricorso alle commissioni tributarie o al giudice competente: se parliamo di cartelle per tributi o atti dell’Agenzia Entrate, il contribuente ha diritto di proporre ricorso davanti alla Giustizia Tributaria (Commissione Tributaria Provinciale, ora ridenominata Corte di Giustizia Tributaria di primo grado) entro 60 giorni dalla notifica. Analogamente, per multe e sanzioni amministrative c’è ricorso al Giudice di Pace o altro giudice entro 30 giorni; per contributi si va al Tribunale del Lavoro entro 40 giorni, etc. Questi termini purtroppo decorrono anche se il contribuente è all’estero – non c’è sospensione. Ciò significa che un espatriato che venga a conoscenza tardiva di una cartella potrebbe trovarsi fuori tempo massimo per impugnarla. Tuttavia, in alcuni casi si può presentare un’istanza di rimessione in termini se prova di non aver avuto notizia dell’atto per cause non imputabili (questo è difficile, ma tentabile se ad esempio la notifica era viziata).

Comunque, se il termine è ancora aperto, il debitore farebbe bene a impugnare l’atto e far valere davanti al giudice i motivi di nullità (es. prescrizione, vizio di notifica, difetto di motivazione). Il ricorso, una volta notificato, sospende la riscossione solo se viene chiesta e ottenuta una sospensiva dal giudice (nel tributario è necessario chiedere la sospensione e dimostrare il periculum). In assenza di sospensione, l’AdER potrebbe procedere anche durante il processo; tuttavia, in pratica, spesso se c’è un ricorso pendente l’AdER su quel credito sta ferma, specie se il contribuente è all’estero (perché sa che comunque non riscuoterebbe subito).

Vincere un ricorso annulla l’atto impugnato e quindi il debito correlato. Perciò è l’arma principale per togliersi un debito non dovuto o illegittimo. Naturalmente servono motivazioni fondate e possibilmente un avvocato tributarista esperto, specie se si tratta di questioni tecniche come contestare la residenza fiscale o eccepire la decadenza di un accertamento. Non di rado, però, i giudici tributari accolgono ricorsi per notifica invalida (ad esempio atti fiscali notificati a persone AIRE tramite messi comunali invece che raccomandata, in violazione dell’art. 60 DPR 600/73 come modificato, sono stati annullati) .

In parallelo al ricorso principale, il debitore può presentare anche ricorso in via di urgenza (ex art. 700 c.p.c. in sede civile o sospensiva ad hoc in tributario) se sta subendo un pignoramento o una misura che gli causa danno irreparabile. Ad esempio, se un espatriato scopre un fermo auto illegittimo perché la cartella era nulla, potrebbe chiedere d’urgenza la sospensione del fermo.

In sintesi, contestare formalmente il debito è una via obbligata quando si ravvisano vizi seri. Va però ponderata la situazione: se il debitore è all’estero e ha pochi contatti con l’Italia, impugnare ogni cosa potrebbe essere oneroso; bisogna scegliere le battaglie che val la pena combattere. Spesso conviene concentrarsi sui debiti di entità maggiore o con vizi evidenti, e trovare soluzioni transattive per gli altri.

Protezione del patrimonio e scudo dei beni esteri

Dal punto di vista di un debitore con patrimonio sia in Italia che all’estero, è fondamentale tutelare i beni che si possiedono, per quanto possibile. Alcuni approcci leciti per proteggere il proprio patrimonio includono:

  • Verifica di ipoteche o vincoli: controllare se i creditori (specie AdER) hanno iscritto ipoteca su immobili in Italia. Se non ancora iscritta e c’è rischio, valutare di vendere l’immobile per trasformare il bene in liquidità (attenzione però: vendere a familiari sotto prezzo può essere visto come atto fraudolento). In alternativa, considerare strumenti come il fondo patrimoniale o i vincoli di destinazione su immobili: difficilmente opponibili ai creditori preesistenti, ma in certi casi offrono barriere se costituiti per tempo e non in frode.
  • Conti bancari: spostare eventuali liquidità da conti italiani a conti esteri in paesi dove il creditore ha più difficoltà ad agire può dare un vantaggio temporale. Tuttavia, come visto, in UE il congelamento è possibile, e globalmente c’è scambio informazioni, quindi non è infallibile. Più che altro, è bene chiudere i conti italiani inattivi per evitare che un conto dimenticato venga pignorato (con costi aggiuntivi) per debiti che comunque non si pagheranno. Se si mantiene un conto italiano per necessità (es. per ricevere pensione), magari ridurre al minimo la giacenza.
  • Stipendio e redditi: se si lavora all’estero, i creditori italiani dovrebbero attivarsi localmente per pignorare lo stipendio. Non essendo automatico (eccetto fisco in UE), spesso non lo fanno. Un consiglio al debitore: evitare di mantenere rapporti di lavoro con entità italiane (ad es. se si lavora da remoto per una ditta italiana pur stando in Bolivia, quello stipendio è aggredibile con pignoramento presso terzi in Italia). Meglio avere datori di lavoro locali; in tal modo il creditore per pignorare deve affrontare la legge locale.
  • Beni esteri: se si possiedono beni nel paese estero di residenza (es. casa in Bolivia intestata al debitore), considerare le leggi locali: in alcuni Paesi è possibile costituire trust o intestare l’immobile a società di famiglia per proteggere l’asset da azioni straniere. Questo va fatto con consulenza legale locale, per non incorrere in illegalità secondo quel diritto. Ad esempio, creare una società in Bolivia che detiene l’immobile e il debitore ha solo quote potrebbe complicare l’azione di un creditore italiano, perché dovrebbe prima riconoscere il debito e poi riuscire a colpire le quote societarie secondo diritto boliviano.
  • Beni in Italia: se residuano beni in Italia (conti, immobili, auto), questi sono bersagli immediati per i creditori. L’unica via di protezione, oltre alla vendita, è portare il bene fuori dalla portata giurisdizionale. Esempio: un’auto in Italia può essere portata e immatricolata all’estero (in tal caso il fermo amministrativo italiano perderebbe efficacia sul veicolo se ormai non è più registrato in Italia). Oppure un immobile, venduto o donato: ma attenzione, donazioni e svendite sono revocabili (azione revocatoria ordinaria entro 5 anni, o in alcuni casi revocatoria fallimentare) se fatte in pregiudizio ai creditori. Quindi si rischia di fare un buco nell’acqua se non fatte in modo ponderato e con sufficiente anticipo.

In pratica, un avvocato esperto potrà consigliare come ridurre l’esposizione patrimoniale alle azioni dei creditori . L’importante è non cadere nella tentazione di fare furbate troppo evidenti (vedi reato di sottrazione fraudolenta). Esistono strumenti leciti: ad es., se il debitore è sposato, valutare il regime patrimoniale (comunione o separazione dei beni) e magari passare a separazione se era in comunione, per scindere i patrimoni. Oppure utilizzare istituti come il Trust interno: trasferire beni in un trust con finalità di protezione patrimoniale (un atto valido, ma se fatto quando i debiti sono già noti può anch’esso essere revocato dai creditori come atto in frode).

Un caso particolare: se il debitore avesse la doppia cittadinanza (italiana e boliviana) – non infrequente per chi ha origini miste – e magari in Italia ha ereditato beni, quell’essere cittadino italiano lo sottopone comunque alle leggi italiane con i relativi obblighi, ma in più potrebbe avere facilitazioni di rientro. Non è direttamente un fattore di protezione patrimoniale, ma da considerare per eventuali opportunità (ad esempio, un cittadino italo-boliviano potrebbe almeno non avere problemi di permesso di soggiorno se volesse rientrare a sistemare le cose).

In conclusione, proteggere il patrimonio significa assumere un atteggiamento proattivo: far “due diligence” sui propri beni e capire come appaiono agli occhi di un creditore. Quelli in Italia sono scoperti? Quelli all’estero come possono essere attaccati? Posso mettere qualche barriera legale? – Ogni decisione in questo campo va presa con l’ausilio di legali sia italiani che, se del caso, locali (per i beni all’estero). L’obiettivo non dev’essere nascondere in senso illecito, ma preservare il necessario per vivere e ridurre il danno di eventuali recuperi. Questo, affiancato magari da negoziazioni coi creditori, può portare a soluzioni di compromesso.

Composizione negoziata e procedure di sovraindebitamento

Negli ultimi anni, l’ordinamento italiano ha messo a disposizione dei debitori in difficoltà (siano essi consumatori, professionisti o piccole imprese) una serie di procedure concorsuali semplificate volte a ristrutturare o cancellare i debiti in modo ordinato. Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), entrato a regime dal 15 luglio 2022, disciplina queste procedure che hanno sostituito la vecchia “legge sul sovraindebitamento” (L.3/2012). Le principali opzioni sono:

  • Composizione negoziata per la crisi d’impresa: strumento destinato agli imprenditori (anche piccoli) in temporanea difficoltà, che consente di avviare negoziazioni assistite da un esperto con i creditori per evitare il fallimento. Ha senso menzionarla solo per i debiti di natura imprenditoriale. Ad esempio, un piccolo imprenditore straniero che operava in Italia e ha debiti verso fornitori e fisco, potrebbe – se intende proseguire l’attività – utilizzare la composizione negoziata. Questa procedura in sé non cancella i debiti, ma aiuta a ristrutturarli (ad es. ottenere accordi di dilazione, riduzione, conversione dei debiti in strumenti partecipativi, ecc.) con la supervisione di un esperto nominato dalla Camera di Commercio. Durante le trattative, il debitore gode di protezione (moratoria delle azioni esecutive previa autorizzazione del tribunale). Nel contesto di un cittadino boliviano, è applicabile solo se ha ancora un’impresa attiva in Italia e vuole salvarla; se invece ha chiuso bottega ed è scappato, questo strumento perde rilevanza.
  • Procedura di sovraindebitamento per soggetti non fallibili: riguarda i privati consumatori, i professionisti, le piccole imprese non soggette a fallimento. Sono di fatto evoluzioni della legge 3/2012. Si dividono in: Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore, Concordato minore (per imprenditori minori) e Liquidazione controllata (ex liquidazione del patrimonio). In tutti i casi, occorre rivolgersi ad un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) che aiuta a predisporre la proposta ai creditori e gestisce la procedura. Il risultato finale può essere la omologazione di un piano che prevede il pagamento parziale dei debiti e l’esdebitazione del residuo. Ad esempio, un consumatore indebitato per €100.000 complessivi (fisco, banche, privati) potrebbe proporre di pagarne €20.000 in 4 anni ripartiti tra i creditori secondo certe percentuali, mostrando che di più non può fare. Se i creditori votano a favore (o nel caso del piano del consumatore, anche senza voto se il giudice ritiene la proposta equa e il debitore “meritevole”), il tribunale omologa e quella diventa la soluzione vincolante: il debitore paga quanto stabilito e il resto del debito viene cancellato. Questo è un potente strumento di fresh start: dopo l’omologazione e il completamento dei pagamenti, il debitore è libero dai debiti residui.

Per accedere a queste procedure occorre però avere un collegamento con l’Italia. Di solito bisogna essere residenti o avere avuto qui il centro degli interessi principali (COMI) di recente. Un cittadino straniero che si è già trasferito stabilmente all’estero potrebbe non poter più presentare istanza in Italia, a meno che i debiti siano tutti italiani e riesca a dimostrare che conviene farlo qui. Diciamo che uno scenario tipico è: il debitore espatriato, dopo qualche anno, decide di rientrare o comunque di risolvere la posizione, e allora torna in Italia temporaneamente per avviare la procedura di sovraindebitamento. Oppure, se non rientra, delega un professionista qui. Nulla vieta infatti che un debitore residente all’estero presenti domanda di sovraindebitamento in Italia se è competente un tribunale italiano (competenza legata all’ultimo domicilio italiano o al luogo dove sono la maggior parte dei debiti).

Le novità del Codice della Crisi hanno introdotto miglioramenti pro-debitore: ad esempio, la possibilità di un unico piano familiare se più membri della famiglia sono indebitati (riducendo costi) , criteri più ampi di meritevolezza (cioè non viene escluso chi in passato ha fatto qualche errore lieve, salvo frodi gravi) , e soprattutto la figura innovativa dell’esdebitazione del debitore incapiente .

  • Esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII): cosiddetta “esdebitazione a zero”. Consente, una sola volta nella vita, al debitore persona fisica privo di patrimonio e reddito di ottenere la cancellazione di tutti i debiti senza dare nulla ai creditori . Ovviamente è subordinata a requisiti stringenti: il debitore dev’essere meritevole (non deve aver frodato i creditori, non deve aver accumulato debiti con colpa grave o dolo) e davvero incapace di offrire qualunque utilità. Se ha anche solo risorse minime, la procedura non si applica (deve allora percorrere un piano con quella minima risorsa). Ma se ad esempio un soggetto è nullatenente totale, disoccupato o con reddito insufficiente persino alla sopravvivenza, allora il legislatore gli concede questo fresh start di clemenza. Il tribunale, verificati i requisiti, emette un decreto di esdebitazione che cancella i debiti. Nei successivi 4 anni, se il debitore dovesse “miracolosamente” migliorare la sua situazione (vincita, eredità, ecc.), i creditori potrebbero essere parzialmente soddisfatti con ciò che appare (sopra una certa soglia), ma trascorso quel periodo, il beneficiato rimane definitivamente libero . Questa è una novità assoluta che prima non c’era. Per un debitore straniero rientrato in patria senza niente, potrebbe rappresentare la soluzione ideale: ad esempio, un giovane che ha studiato in Italia contraendo debiti e poi è tornato in Bolivia senza lavoro, se non prevede di avere risorse, potrebbe tornare solo per chiedere questa esdebitazione e poi ripartire sgravato. In pratica però serve assistenza di un OCC e un iter in tribunale, quindi va valutato in concreto.

Da quanto sopra, appare chiaro che le procedure concorsuali di sovraindebitamento sono la via maestra per risolvere in modo definitivo l’indebitamento e tornare ad una vita normale. Certo, implicano trasparenza (bisogna dichiarare tutti i debiti, non si può fare cherry-picking) e un certo grado di coinvolgimento (costi di procedura, tempi medi 6-12 mesi per ottenere l’omologa). Ma il vantaggio è enorme: l’esdebitazione finale, ossia l’ordine del giudice che libera il debitore dai debiti residui non pagati . Dopo, i creditori non potranno più pretendere nulla.

Nel contesto del nostro cittadino boliviano indebitato, queste procedure potrebbero entrare in gioco qualora egli decida di affrontare la situazione di petto, magari con l’aiuto di avvocati italiani, anche a distanza. Ad esempio, potrebbe avviare un Piano del consumatore per chiudere tutti i suoi debiti italiani pagando quello che può (magari grazie a un aiuto familiare o vendendo un piccolo bene che ha in Bolivia) e azzerando il resto. Oppure, se proprio non può nulla, tentare l’esdebitazione incapiente.

Importante: durante tali procedure, il debitore gode di protezioni: il tribunale può sospendere le esecuzioni in corso, e in ogni caso dopo l’omologa i creditori non possono più agire individualmente. Ciò offre respiro e ferma l’emorragia di pignoramenti, un po’ come una mini-bankruptcy. Inoltre, un aspetto psicologico: risolve l’angoscia di essere “inseguito a vita dai creditori” (cosa che la legge sul sovraindebitamento voleva proprio evitare). Anzi, lo slogan è dare al debitore onesto ma sfortunato una seconda chance .

In conclusione, prima di darsi per vinti o compiere gesti illegali, il debitore dovrebbe esplorare queste opportunità offerte dalla legge. Spesso, con l’assistenza di professionisti, è possibile trovare una via d’uscita legale e sostenibile: accordi a saldo e stralcio con sconto se i creditori sono d’accordo, oppure procedure giudiziali se serve vincolare i dissenzienti. Il punto di partenza è sempre una consulenza specialistica: capire se il proprio caso è ammissibile a sovraindebitamento, predisporre un piano credibile, etc. Ma i risultati possibili – come debiti ridotti al 5-10% come in tanti casi – giustificano lo sforzo .

Strategie finali di difesa per il debitore espatriato

Riassumendo le possibili strategie di difesa da parte di un debitore espatriato indebitato, possiamo elencare alcuni punti d’azione chiave :

  • Mantenere il controllo sulla propria posizione debitoria: non ignorare comunicazioni anche se sembrano “lontane”. Verificare periodicamente (direttamente o tramite un delegato in Italia) se ci sono notifiche depositate, cause in corso, ecc. In particolare, controllare i registri online (es. portale AdER, PEC se ne ha una attiva, registri di giustizia telematica) per intercettare eventuali atti.
  • Impugnare ciò che è viziato: far esaminare le cartelle e gli atti da un esperto per individuare vizi di notifica, prescrizioni trascorse o errori. Se trovati, procedere con ricorsi mirati o istanze di autotutela per annullare quelle pretese .
  • Regolarizzare la propria posizione anagrafica/fiscale: se italiano, iscriversi all’AIRE (anche se ciò rende “facile” la notifica, evita guai peggiori come doppia tassazione). Se straniero, comunicare la cancellazione dall’anagrafe italiana per espatrio, fornendo magari un indirizzo estero (dimostrando buona fede). Questo eviterà che atti vengano notificati a vuoto in Italia, creando contenziosi aggiuntivi.
  • Valutare soluzioni transattive: contattare i creditori (personalmente o tramite legale) per tentare accordi stragiudiziali. Molti creditori preferiscono avere qualcosa subito che niente mai: ad esempio, proporre un saldo e stralcio del 20-30% a chiudere un debito può andare a buon fine, specie se il creditore sa che il debitore è all’estero e la riscossione forzata sarebbe ardua . È cruciale formalizzare l’accordo per iscritto (transazione a quietanza tombale) per evitare che in futuro rivendichino altro.
  • Usare il tempo a proprio vantaggio: la prescrizione è un’arma a doppio taglio. Il debitore espatriato, se nota che il creditore non agisce da anni, può anche decidere di attendere il decorso dei termini senza sollecitare nessuno. Una volta prescrittI i debiti, potrà eccepire la prescrizione come difesa definitiva. Attenzione però: come visto, i creditori possono interrompere i termini anche con atti semplici. Quindi questa strategia passiva funziona solo contro creditori disattenti.
  • Non esporsi finanziariamente in Italia finché non risolto: evitare di tenere denaro su conti italiani, di intestarsi auto o immobili in Italia, di figurare come socio di società in Italia (diventerebbero aggredibili le quote). Se deve operare in Italia, magari usare intestazioni a terzi di fiducia (pur consapevoli dei rischi civilistici di tali intestazioni fiduciarie).
  • Pianificare un eventuale rientro: se in prospettiva il debitore vuole tornare a vivere in Italia, meglio regolare i conti prima del rientro. Rientrare con debiti in sospeso significa tornare “nel mirino”: i creditori scopriranno la residenza e potranno facilmente attivarsi . Quindi è consigliabile, prima di rimpatriare, avviare le procedure di definizione (pagare, accordarsi o fare sovraindebitamento) in modo da rientrare “pulito”.
  • Farsi assistere da professionisti competenti: un avvocato specializzato in diritto tributario o recupero crediti internazionale può fare la differenza . Saprà coordinare la difesa in Italia (ricorsi, sospensioni, contatti con enti) con quella eventualmente all’estero (tramite colleghi per monitorare eventuali mosse dei creditori sul posto), e suggerire soluzioni creative. Ad esempio, se il Fisco italiano pretendesse ancora imposte sostenendo la residenza fiscale in Italia, servirà un tributarista esperto di convenzioni internazionali per dimostrare che il centro degli interessi vitali era ormai in Bolivia (invocando magari la Convenzione OCSE modello se esistesse).

In ultima analisi, l’approccio migliore per un debitore espatriato è proattivo e non di mera fuga. Agire tempestivamente, informarsi dei propri diritti, e sfruttare le opportunità legali può trasformare una situazione apparentemente disperata (debiti ovunque, paura di tornare in Italia) in una soluzione gestibile (debiti ridotti, pagamenti sostenibili, futuro libero da ipoteche). L’ordinamento giuridico italiano, pur severo con i furbi, offre ai debitori in buona fede numerosi strumenti di tutela e seconda chance.

Nei paragrafi seguenti, sintetizzeremo in forma di domande e risposte alcuni dei quesiti più frequenti su questo tema, così da fissare i concetti chiave emersi finora.

Domande frequenti (FAQ)

Di seguito proponiamo alcune domande e risposte comuni sul tema di un debitore residente all’estero con debiti in Italia, riepilogando in modo sintetico i punti salienti affrontati nella guida.

Domanda: Trasferirmi all’estero cancella i debiti che ho in Italia?
Risposta: No. Il cambio di residenza, anche fiscale, non estingue alcun debito pregresso. I debiti – fiscali, contributivi, bancari, verso fornitori, condominiali, ecc. – restano validi e il debitore continua ad esserne obbligato . Non esiste nell’ordinamento alcuna norma che preveda l’annullamento delle pendenze per effetto dell’emigrazione. Solo il pagamento, la prescrizione maturata o procedure concorsuali specifiche (es. piano del consumatore, liquidazione) possono estinguere il debito, ma non certo l’espatrio in sé . In altre parole, “scappare” all’estero non è una soluzione definitiva: i debiti rimangono e potrebbero riemergere.

Domanda: Se non mi trovano più in Italia, il debito andrà in prescrizione?
Risposta: Non necessariamente. I creditori hanno strumenti per interrompere la prescrizione anche in assenza del debitore. Possono notificare atti all’ultimo indirizzo noto in Italia (anche tramite deposito presso il Comune) oppure, se conoscono un indirizzo estero, possono inviare lì solleciti, ingiunzioni o intimazioni . Questi atti – una raccomandata AR, una PEC, un precetto – fanno ripartire da zero il termine di prescrizione del debito . Quindi, anche se il debitore si rende irreperibile, un creditore diligente potrà interrompere la prescrizione all’ultimo momento utile, vanificando gli anni trascorsi. Inoltre, per alcuni debiti (es. tributi) l’ente creditore ha accesso a banche dati e può facilmente individuare se il soggetto risulta residente altrove, procedendo a inviargli lì le comunicazioni (specie se è un italiano iscritto AIRE) . Non è saggio fare affidamento sull’estinzione per decorso del tempo senza avere la certezza che il credito sia stato abbandonato dal creditore.

Domanda: Come può un creditore italiano recuperare il suo credito se io vivo all’estero?
Risposta: Attraverso gli strumenti di cooperazione internazionale. Se ti trovi in un Paese dell’Unione Europea, le sentenze e gli atti esecutivi italiani sono riconosciuti automaticamente all’estero, grazie al Regolamento UE 1215/2012 . Il creditore può farli valere come se fossero emessi nel Paese di residenza del debitore. Ad esempio, una sentenza di condanna al pagamento può essere direttamente eseguita in Francia o Germania presentandola alle autorità locali competenti, senza bisogno di rifare il processo . Per i debiti fiscali, l’Agenzia Entrate-Riscossione può richiedere alle omologhe estere di riscuotere coattivamente grazie alla direttiva UE 2010/24 (assistenza tra amministrazioni finanziarie) . Al di fuori della UE, il creditore può avviare una procedura di riconoscimento (exequatur) della sentenza italiana nel Paese dove ti trovi, se la legge locale o eventuali trattati lo consentono . Può inoltre utilizzare misure cautelari speciali come il sequestro conservativo europeo dei conti bancari (per congelare conti in UE) se ha fondati motivi . Insomma, il ventaglio di opzioni esiste ed è ampio soprattutto all’interno dell’Europa. Fuori dall’Europa, l’azione è più macchinosa ma non impossibile (dipende dalle leggi locali e dagli eventuali accordi bilaterali).

Domanda: Possono pignorare beni che possiedo all’estero (conto, casa, stipendio)?
Risposta: Sì, ma a condizione che il creditore ottenga un titolo esecutivo riconosciuto anche in quel Paese. Per i Paesi UE ciò è relativamente facile (come spiegato prima): una volta che il titolo italiano è valido all’estero, il pignoramento segue le regole del luogo . Ad esempio, per un conto corrente in Spagna il creditore italiano chiederà un embargo alla banca spagnola; per una casa in Germania chiederà al tribunale tedesco di metterla all’asta, e così via . Anche lo stipendio presso un datore di lavoro estero può essere pignorato: serve un ordine del giudice locale rivolto all’azienda perché trattenga una parte dello stipendio e la versi al creditore . Ovviamente il creditore deve conoscere l’esistenza di questi beni. All’interno dell’UE, strumenti come lo scambio automatico di informazioni bancarie possono aiutarlo a scoprire conti correnti . In molti casi pratici, comunque, i creditori prima esauriscono ciò che trovano in Italia (conti o beni rimasti lì) e poi, se il debito è ancora elevato, guardano all’estero . Se il Paese estero è fuori UE, il pignoramento è possibile solo dopo un’eventuale delibazione giudiziaria locale: l’efficacia del titolo non è automatica, ma se viene riconosciuto vale come un titolo locale e si procede al pignoramento secondo le leggi di quel posto .

Domanda: Ho debiti con il fisco (Agenzia Entrate, cartelle) e sono all’estero: possono farmi pignoramenti sul conto o sullo stipendio all’estero?
Risposta: Sì, soprattutto se sei in Europa. Per conti bancari in UE, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può agire grazie alla cooperazione europea: una volta che il debito è definitivo e trasmesso all’estero, l’autorità locale (ad esempio la Francia) può emettere un provvedimento di pignoramento sul tuo conto nel suo Paese . Questo non avviene “automaticamente” ma su istanza dell’Italia; tuttavia, è sufficiente che l’Italia sappia dell’esistenza del conto (e lo scambio info facilita ciò) per attivarsi . Per i redditi da lavoro in UE, la riscossione può arrivare a notificare un ordine di pignoramento al tuo datore di lavoro tramite le autorità dello Stato di residenza . Se invece il Paese è extra-UE, dipende: con alcuni (es. la Svizzera) c’è assistenza fiscale, con molti altri no, e l’Agenzia dovrebbe eventualmente passare attraverso cause locali . Un caso particolare: se percepisci una pensione italiana pur vivendo all’estero, quella può essere pignorata alla fonte dall’AdER in Italia (di regola fino a 1/5, eccedente la minima impignorabile) prima ancora che ti venga accreditata sul conto . In sintesi, il fisco ha molti più mezzi rispetto a un creditore privato, soprattutto dentro l’Europa. Essere espatriato non ti mette al riparo dal fisco italiano, specialmente se un giorno hai ancora flussi finanziari dall’Italia.

Domanda: Cosa succede se torno in Italia dopo aver vissuto anni all’estero con i debiti non pagati?
Risposta: Se nel frattempo quei debiti non sono stati né riscossi né prescritti, al tuo rientro potresti trovarti con situazioni “sospese” che si riattivano immediatamente. Ad esempio, potresti avere atti giudiziari notificati per compiuta giacenza al vecchio indirizzo che, non essendo stati opposti, sono divenuti definitivi (come sentenze in contumacia o decreti ingiuntivi esecutivi) . In tal caso, appena torni, quei titoli potrebbero essere eseguiti: il creditore può aver già pronto un fermo amministrativo sulla tua auto se c’erano cartelle non pagate, o potrebbe notificarti un atto di pignoramento non appena scopre un tuo nuovo conto o datore di lavoro in Italia . Potresti inoltre essere convocato dall’AdER o dall’INPS per regolarizzare posizioni rimaste insolute. In generale, il ritorno in patria ti rende di nuovo una facile preda per i creditori, che possono rapidamente attivarsi sapendo che sei sul suolo nazionale e quindi le azioni esecutive avranno effetto certo. Prima di rientrare, è altamente consigliabile “bonificare” la tua posizione: ad esempio, aderire a definizioni agevolate, fare accordi di saldo e stralcio, oppure avviare procedure di sovraindebitamento per chiudere i conti pendenti. In questo modo, torneresti in Italia con una posizione regolarizzata (o in via di regolarizzazione) evitando spiacevoli sorprese.

Domanda: Posso essere arrestato o subire conseguenze penali per i miei debiti in Italia?
Risposta: Per il semplice fatto di non pagare no, non puoi essere arrestato né estradato: l’insolvenza civile non è reato. Tuttavia, come spiegato, alcune condotte fraudolente legate ai debiti possono essere reati. Non pagare le tasse e nel frattempo nascondere i beni per non farli pignorare, ad esempio, integra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11 D.Lgs. 74/2000) , punito con reclusione fino a 4 anni . Allo stesso modo, vendere beni dopo una condanna civile per non ottemperare al pagamento è reato (art. 388 c.p.) . Non pagare gli assegni di mantenimento ai figli è reato (art. 570 c.p.) se i familiari restano senza mezzi . Quindi, se ti sei limitato a non poter pagare perché in difficoltà, non hai conseguenze penali; se però hai frodato i creditori volontariamente (es. espatrio con esportazione di capitali occultati, svuotamento di conti, trasferimento fittizio di proprietà), potresti incorrere in denunce e condanne. Va detto che processi penali in contumacia potrebbero svolgersi in tua assenza, e in caso di condanna potresti avere problemi (mandati d’arresto europei se entri in Schengen, o impossibilità di ottenere visti, ecc.). Quindi meglio evitare ogni comportamento che possa essere visto come doloso: è preferibile seguire vie lecite (transazioni, procedure concorsuali) piuttosto che rischiare implicazioni penali.

Domanda: Cosa posso fare per liberarmi definitivamente dei debiti in Italia?
Risposta: Se il debito è di importo sostenibile, pagarlo – magari tramite rateizzazione o accordo con sconto – è la via più diretta. Se invece il debito complessivo è fuori dalla tua portata, l’ordinamento offre le procedure di sovraindebitamento (oggi nel Codice della Crisi). Puoi presentare un piano del consumatore o un concordato minore proponendo di pagare in parte i debiti secondo le tue reali possibilità (ad esempio liquidando eventuali piccoli beni che hai, o con rate proporzionate al reddito) e chiedendo l’esdebitazione per la parte che non riuscirai mai a pagare . Se il tribunale approva, ti verrà cancellato il debito residuo al termine del piano. Se addirittura non possiedi nulla e non hai redditi sufficienti nemmeno per offrire un pagamento, puoi valutare l’esdebitazione del debitore incapiente: in pratica l’azzeramento totale dei debiti senza pagare nulla, concessa però solo una volta e a debitori davvero meritevoli e nullatenenti . Queste procedure richiedono di attivarsi in Italia (tramite un professionista e un organismo di composizione della crisi), ma sono la soluzione più potente per ripartire da zero senza debiti. Molti debitori sono riusciti a cancellare percentuali altissime di debito (anche oltre il 90%) dimostrando la propria buona fede e pagando quel minimo fattibile . Dunque, il consiglio è: cerca assistenza legale qualificata e valuta un piano di ristrutturazione o liquidazione dei debiti. È un percorso legale e definitivo per tornare libero dai debiti, a costo di qualche sacrificio temporaneo. Anche da espatriato, puoi accedervi (compatibilmente con la competenza territoriale, spesso legata al tuo ultimo domicilio italiano).

Domanda: Vale la pena ignorare i debiti in Italia se ormai vivo all’estero stabilmente?
Risposta: Ignorare non è mai una strategia consigliabile. Anche se ora sei lontano e i creditori faticano a raggiungerti, i debiti potrebbero non sparire e anzi accumulare interessi. Inoltre la situazione potrebbe ripresentarsi in futuro in modo più grave (ad esempio, un rientro per emergenza familiare e ti ritrovi pignorato il conto appena aperto, oppure fra 10 anni ricevi in Bolivia una notifica inaspettata perché magari Italia e Bolivia nel frattempo hanno stretto accordi). È comprensibile che qualcuno pensi: “Non ho nulla in Italia, lascio che decadano”. Ma, come visto, la prescrizione può essere interrotta; l’AdER non dimentica facilmente, specialmente per debiti fiscali. Ignorare significa anche vivere con l’incertezza e l’impossibilità di fare qualunque cosa in Italia (niente proprietà, niente conti, rischio se transiti in Europa con contanti che ti vengano sequestrati se hai pendenze fiscali notificate, ecc.). Al contrario, affrontare la situazione – con un accordo, una definizione agevolata, o un ricorso se hai ragione – può risolverla una volta per tutte. Con l’aiuto di professionisti, puoi magari ridurre drasticamente l’esborso dovuto. Alla fine, chiudere i conti in sospeso conviene sempre, per poter guardare al futuro (anche all’estero) senza il timore di ombre dal passato che possano colpire.

Conclusioni

In questa guida abbiamo visto come trasferirsi all’estero con dei debiti in Italia non equivalga affatto a lasciarseli definitivamente alle spalle. Al contrario, l’espatrio può aprire scenari di recupero crediti transfrontaliero sempre più efficaci, specie se il debitore si sposta all’interno dell’UE dove vigono meccanismi di cooperazione ben rodati. Anche in caso di trasferimento in paesi extra-UE, i debiti rimangono giuridicamente dovuti e possono riemergere in occasione di un rientro o di un cambio della situazione internazionale (accordi futuri, ecc.). Pertanto, il debitore espatriato farebbe bene a non ignorare le proprie pendenze italiane, ma a gestirle in modo oculato.

Dal punto di vista del debitore, abbiamo approfondito vari strumenti di difesa e soluzione:

  • la comprensione delle diverse tipologie di debito e dei rispettivi termini di prescrizione e modalità di esecuzione, in modo da conoscere i propri punti deboli (ad es., sapere che le cartelle fiscali non pagate possono riemergere in tutta Europa, mentre un debito privato piccolo forse no, aiuta a stabilire priorità);
  • l’importanza di garantire una corretta notifica degli atti (registrando la residenza estera se italiano, o comunque monitorando la propria posta in Italia), per evitare contumacie e decadenze dal diritto di difesa;
  • le possibili azioni giudiziarie a favore del debitore, come il ricorso contro cartelle o l’opposizione a decreti ingiuntivi notificati irregolarmente, da attuare tempestivamente per far valere vizi che potrebbero annullare le pretese creditorie;
  • gli strumenti stragiudiziali quali la rateizzazione, le definizioni agevolate e gli accordi a saldo e stralcio, che permettono di ridurre l’esborso e fermare temporaneamente le azioni esecutive, guadagnando tempo prezioso e spesso tagliando interessi e sanzioni;
  • le misure di protezione del patrimonio, adottabili legalmente per salvaguardare almeno i beni essenziali e non farsi trovare del tutto scoperti (tenendo sempre presente la linea sottile tra protezione lecita e sottrazione fraudolenta);
  • infine, le procedure di sovraindebitamento e di esdebitazione, vero strumento di “resa dei conti” definitiva, grazie alle quali – sotto controllo del giudice – il debitore può ottenere la cancellazione dei debiti residui e tornare ad una vita finanziariamente normale, il tutto in modo trasparente e conforme alla legge.

Si è anche evidenziato come eventuali condotte illecite (occultamento di beni, espedienti fraudolenti per non pagare) possano sfociare in responsabilità penali, un rischio che sicuramente un debitore di buona fede vorrà evitare. Meglio sfruttare i canali leciti e magari ottenere benefici (condoni, riduzioni, esdebitazione) piuttosto che diventare perseguibile penalmente.

In definitiva, il cittadino boliviano con debiti in Italia deve affrontare la questione con un approccio razionale e informato: conoscere i propri debiti, conoscere i propri diritti e doveri, e scegliere la strategia più adatta – che sia pagare a rate, transigere, contestare o attivare procedure concorsuali. Ogni caso avrà la sua soluzione ottimale a seconda dell’entità dei debiti, della presenza di beni, delle prospettive future del debitore (rientrerà in Italia? Rimarrà all’estero per sempre?), e della natura dei creditori (pubblici o privati, grandi o piccoli).

Questa guida, con livello di approfondimento avanzato ma taglio pratico, si propone di essere un punto di riferimento sia per professionisti legali che assistano clienti stranieri indebitati, sia per gli stessi debitori espatriati che vogliano capire “cosa fare e come difendersi” in relazione alle cartelle esattoriali e agli altri debiti lasciati in Italia. Il messaggio conclusivo è che esistono vie d’uscita legali: ignorare il problema non lo farà sparire, mentre agire con gli strumenti giuridici appropriati può condurre – talvolta in modo sorprendentemente efficiente – a liberarsi del fardello dei debiti italiani e voltare pagina, senza dover vivere da fuggitivi a vita.

⚖️ Le cause più comuni di debiti per gli espatriati: cartelle esattoriali non pagate prima di trasferirsi; omessi versamenti IVA o IRPEF per attività in Italia; contributi INPS non versati; multe stradali non pagate; scoperti bancari o di carte di credito; fatture di fornitori insolute; spese condominiali arretrate; assegni di mantenimento familiare non corrisposti.

🔎 I rischi per un espatriato indebitato: pignoramenti su conti correnti o beni rimasti in Italia; iscrizioni di ipoteca su immobili di proprietà in Italia; fermi amministrativi su veicoli italiani; azioni legali in contumacia con sentenze a sorpresa; segnalazioni come cattivo pagatore nelle banche dati creditizie; in casi gravi, procedimenti penali per sottrazione fraudolenta o mancato pagamento di assegni familiari.

✅ Cosa fare subito: 1) Verificare la propria situazione debitoria in Italia, richiedendo ad esempio un estratto di ruolo aggiornato all’AdER e facendo fare un controllo delle principali banche dati (es. controllare PEC o domicili digitali se attivati). 2) Consultare un professionista per valutare prescrizioni, vizi di notifica o possibilità di ricorso su ciascun debito. 3) Evitare di accumulare nuovi debiti (ad esempio, se si è ancora titolari di utenze o rapporti in Italia, chiuderli per non generare insoluti aggiuntivi). 4) Mantenere un indirizzo di reperibilità (anche all’estero) noto a qualche persona fidata, per non essere totalmente irreperibili in caso di atti importanti.

🛡️ Strumenti per difendersi e risolvere i debiti:

  • Rateizzazione e rottamazione delle cartelle: puoi diluire o definire a saldo i debiti con AdER anche se risiedi all’estero, tramite richiesta sul portale online . Ottenere una rateazione fino a 120 rate sospende le azioni di recupero e ti permette di pagare gradualmente . Le rottamazioni periodiche consentono forti risparmi su sanzioni e interessi.
  • Istanza di autotutela o ricorso tributario: se ritieni una cartella infondata o viziata (mai notificata, prescritta, importo errato), puoi presentare istanza di annullamento in autotutela o fare ricorso al giudice competente . Ciò permette di contestare formalmente il debito e, se accolto, di annullarlo. Spesso la sola contestazione può indurre l’ente a sospendere la riscossione .
  • Verifica della residenza fiscale: assicurati di aver chiarito la tua posizione fiscale. Se l’Agenzia delle Entrate ti considera ancora residente in Italia, rischi accertamenti su redditi esteri. Puoi far valere le convenzioni contro le doppie imposizioni (se esistenti con il tuo Paese) e la tua iscrizione AIRE per evitare tassazioni indebite sia in Italia sia all’estero .
  • Protezione del patrimonio all’estero: un legale esperto può esaminare l’esposizione del tuo patrimonio (conti, immobili, investimenti) alle azioni dei creditori italiani e consigliarti strategie lecite di protezione . Ad esempio, capire se conviene spostare fondi, come tutelare eventuali proprietà all’estero e come evitare di mantenere asset aggredibili in Italia.
  • Saldo e stralcio stragiudiziale: per debiti con banche o privati, valuta di negoziare un accordo transattivo. Offrire una somma a saldo e stralcio (inferiore al totale dovuto) immediata può convincere molti creditori a chiudere la posizione, specie se sanno delle difficoltà di rincorrerti all’estero . È fondamentale formalizzare per iscritto l’accordo, così da avere la quietanza “tombale”.
  • Procedure di sovraindebitamento (piano del consumatore, liquidazione): se intendi magari rientrare in Italia o comunque vuoi risolvere completamente la situazione debitoria, considera di attivare le procedure previste dal Codice della Crisi . Con l’aiuto di un OCC e del tribunale, potrai proporre un piano di rientro parziale, o liquidare eventuali beni sotto controllo giudiziario, ottenendo in fine l’esdebitazione. Anche chi vive all’estero può accedervi, purché abbia ancora un legame con l’Italia (debiti qui e preferibilmente ultimo domicilio qui). Ad esempio, se hai più creditori e il debito è insostenibile, il piano del consumatore potrebbe farti pagare solo quello che puoi in pochi anni e cancellare tutto il resto .

In definitiva, la parola d’ordine è “affrontare, non fuggire”: informati, chiedi consulenza legale, pianifica la tua difesa. Con le mosse giuste, anche una situazione debitoria complicata può trovare soluzione o almeno miglioramento significativo. Il punto di vista del debitore che abbiamo tenuto in questa guida mira proprio a questo: darti gli strumenti conoscitivi per capire che non sei senza speranza né senza diritti, e che l’ordinamento italiano – pur esigendo il rispetto degli obblighi – offre vie legali per alleviarne il peso e permetterti un nuovo inizio.

Fonti e riferimenti

  • Codice Civile italiano e relative Disposizioni di Attuazione (art. 63 disp. att. c.c. su ingiunzione condominiale).
  • Codice di Procedura Civile (artt. 142–143 c.p.c. notifiche a residenti all’estero; art. 148 c.p.c. relata; art. 702-bis c.p.c. ecc.).
  • D.P.R. 29 settembre 1973 n.600, art. 60 (notifiche atti fiscali a residenti esteri) .
  • D.P.R. 29 settembre 1973 n.602, artt. dal 72 in poi (esecuzione forzata da cartella; pignoramento pensioni ecc.).
  • Direttiva 2010/24/UE sul reciproco recupero dei crediti fiscali in ambito UE (recepita dal D.Lgs.149/2012) .
  • Regolamento (UE) 1215/2012 (Bruxelles I bis) sul riconoscimento ed esecuzione delle decisioni civili e commerciali in UE .
  • Regolamento (UE) 655/2014 sul sequestro conservativo europeo dei conti bancari .
  • Regolamento (CE) 805/2004 (Titolo esecutivo europeo per crediti non contestati).
  • Regolamento (CE) 1896/2006 (procedura d’ingiunzione europea).
  • Regolamento (CE) 4/2009 (obblighi alimentari e cooperazione internazionale su assegni familiari) .
  • Convenzione dell’Aja 02/07/2019 sul riconoscimento delle sentenze straniere in materia civile e commerciale (firmata da UE; non ancora ratificata dalla Bolivia).
  • D.Lgs. 14/2019 Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, artt. 65–83 (piano di ristrutturazione del consumatore, concordato minore) e art. 283 (esdebitazione del debitore incapiente) .
  • Legge 3/2012 (vecchia legge sul sovraindebitamento, ora sostituita dal Codice della Crisi, ma rilevante per la giurisprudenza pregressa).
  • Legge 218/1995 riforma dir. int. priv., art. 64 (condizioni per riconoscimento sentenze straniere).
  • Legge 1185/1967, art. 3 (condizioni rilascio passaporto, diniego in caso di certe pendenze penali e tributarie) .
  • D.Lgs. 74/2000, art. 11 (reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte) .
  • Codice Penale, art. 388 cpv. (mancata esecuzione dolosa di provvedimenti del giudice) ; art. 570 e 570-bis c.p. (violazione obblighi di assistenza familiare) ; art. 641 c.p. (insolvenza fraudolenta).
  • Cassazione Civile, Sez. VI – Ord. n. 22838/2025: notifica di accertamento fiscale a cittadino AIRE valida con raccomandata AR, perfezionata per compiuta giacenza .
  • Cassazione Penale, Sez. III – Sent. n. 29943/2025: cessione di quote societarie ai figli per sottrarsi al fisco integra reato di sottrazione fraudolenta ex art.11 D.Lgs.74/2000 .
  • Cassazione Penale, Sez. III – Sent. n. 36290/2011: principi in materia di art.11 D.Lgs.74/2000 (alienazione simulata beni per eludere il fisco) .
  • Cassazione Civile – Sent. n. 13753/2023: conferma orientamenti su notifica a residenti estero e art. 60 DPR 600/73 (menzionata in Arletti Partners) .
  • Cassazione Civile – Sent. n. 16696/2013: precedente su notifiche a non residenti (menzionata in dottrina) .
  • CTR Toscana – Sent. n. 1242/2025: decisione di merito su notifica AIRE (cit. dalla Cass. ord. 2025 come riferimento) .
  • Corte di Cassazione – Ord. n. 8182/2020 (Sez.Unite) e Cass. SS.UU. n. 8500/2021: in materia di prescrizione contributi INPS e litisconsorzio (sulla necessità di chiamare AdER nei giudizi, ecc.) .
  • Cassazione Civile – Sez. III, Sent. n. 480/2022: nullità notifica irreperibile se manca invio raccomandata informativa (principio generale not. art. 143 c.p.c.).
  • Cass. Pen. Sez. VI n. 11668/2018: trasferimento all’estero non esime dal cercare lavoro per pagare mantenimento figli (con riferimento ad art.570 c.p.) .
  • Circolari e linee guida Agenzia Entrate-Riscossione: istruzioni su pagamenti dall’estero , estratto di ruolo online, modulistica rateizzazione, FAQ AdER.
  • Sito ufficiale Agenzia Entrate-Riscossione – sezione “Pagamenti dall’estero” (metodi di pagamento ammessi) .

Hai vissuto o lavorato in Italia come cittadino boliviano e ora hai ricevuto cartelle esattoriali, avvisi o solleciti di pagamento dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai vissuto o lavorato in Italia come cittadino boliviano e ora hai ricevuto cartelle esattoriali, avvisi o solleciti di pagamento dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione?
Ti trovi oggi in Bolivia e temi che questi debiti possano crearti problemi anche lì?
👉 Non preoccuparti: puoi difenderti e sistemare la tua posizione fiscale, anche se vivi all’estero.

In questa guida scoprirai cosa può fare il Fisco italiano, quali rischi reali esistono e come bloccare o cancellare le cartelle esattoriali, anche dalla Bolivia.


💥 Cosa Succede ai Debiti in Italia

Se hai lavorato o vissuto in Italia, potresti avere debiti verso:

  • Agenzia delle Entrate-Riscossione (tasse e cartelle);
  • INPS/INAIL (contributi non versati);
  • Comuni (TARI, IMU, multe);
  • banche o finanziarie (prestiti, mutui, carte).

📌 Quando non paghi o non presenti ricorso, il debito diventa esecutivo e il Fisco può agire in Italia.


⚖️ L’Agenzia delle Entrate Può Riscuotere in Bolivia?

La risposta è no.
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può pignorare beni o conti correnti in Bolivia, perché:

  • la Bolivia non fa parte dell’Unione Europea;
  • non esiste un accordo Italia–Bolivia per la riscossione coattiva;
  • gli atti italiani non hanno valore automatico nel territorio boliviano.

📌 Questo significa che se vivi e hai beni solo in Bolivia, il Fisco italiano non può toccarli.


⚠️ Cosa Rischi se Ignori i Debiti

Anche se sei all’estero, l’Agenzia delle Entrate può comunque agire in Italia:

  • 🏦 pignoramento di conti correnti italiani;
  • 🏠 ipoteca su immobili a tuo nome in Italia;
  • 🚗 fermo amministrativo su auto e moto;
  • 💰 aumento del debito con interessi e sanzioni;
  • ⚖️ riattivazione della riscossione se torni in Italia.

📌 Molti cittadini boliviani scoprono i problemi quando rientrano in Italia per lavoro, visite o documenti.


💠 Cosa Fare Subito per Difendersi

1️⃣ Ottenere l’Estratto di Ruolo

L’estratto di ruolo mostra:

  • tutte le cartelle attive;
  • gli importi aggiornati;
  • le date di notifica;
  • eventuali fermi o pignoramenti.

📌 L’avvocato può ottenerlo per te anche se vivi in Bolivia.


2️⃣ Controllare la Notifica

Molte cartelle sono irregolari perché:

  • inviate a un vecchio indirizzo;
  • mai consegnate;
  • notificate fuori dai termini;
  • mancanti degli allegati necessari.

📌 Una cartella notificata male può essere annullata.


3️⃣ Verificare la Prescrizione

I debiti si prescrivono dopo:

  • 5 anni → multe, contributi, cartelle esattoriali;
  • 10 anni → imposte (IRPEF, IVA, IRES).

📌 Se non hai ricevuto atti validi per anni, il debito può essere già estinto.


4️⃣ Richiedere la Sospensione Immediata

La sospensione si ottiene se:

  • la cartella è irregolare;
  • il debito è prescritto;
  • il debito è già stato pagato;
  • l’importo è sbagliato.

📌 L’avvocato può bloccare tutto entro 48 ore.


5️⃣ Presentare Ricorso (entro 60 giorni)

Il ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria può:

  • annullare la cartella;
  • ridurre gli importi;
  • impedire qualsiasi riscossione futura.

6️⃣ Saldo e Stralcio o Rateizzazione

Se il debito è reale ma troppo alto:

  • rateizzazione fino a 120 rate;
  • rottamazioni (quando attive);
  • saldo e stralcio con forte sconto.

📌 Tutto valido anche dall’estero.


🧩 Difendersi dalla Bolivia è Possibile

Un avvocato può gestire tutto a distanza, senza che tu debba tornare in Italia.

Può:

  • ottenere documenti;
  • sospendere cartelle;
  • avviare ricorsi;
  • negoziare riduzioni del debito;
  • bloccare pignoramenti.

📌 Ti basta una procura telematica.


🧾 Documenti da Fornire all’Avvocato

  • Documento d’identità e codice fiscale;
  • Copie delle cartelle ricevute;
  • Estratto di ruolo;
  • Prove di eventuali pagamenti;
  • Indirizzo attuale in Bolivia.

⏱️ Tempistiche

  • Verifica debiti: 5–10 giorni
  • Sospensione riscossione: 48 ore – 7 giorni
  • Ricorso: entro 60 giorni
  • Definizione debito: 1–3 mesi

📌 Durante la sospensione, l’Agenzia non può agire.


⚖️ Vantaggi di una Difesa Legale Specializzata

✅ Blocco immediato della riscossione
✅ Annullamento cartelle irregolari
✅ Grande riduzione o estinzione del debito
✅ Protezione dei beni presenti in Italia
✅ Assistenza completa anche dall’estero


🚫 Errori da Evitare

❌ Ignorare le cartelle pensando “sono in Bolivia, non mi riguarda”
❌ Lasciare scadere i termini per il ricorso
❌ Pagare senza aver verificato prescrizione e irregolarità
❌ Affidarsi a chi non è esperto in diritto tributario

📌 Molte cartelle italiane sono illegittime… ma devi contestarle in tempo.


🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Verifica completa della tua posizione fiscale
📌 Blocca subito pignoramenti, fermi e ipoteche
✍️ Presenta ricorsi e istanze di annullamento
⚖️ Ti difende contro Agenzia Entrate e INPS
🔁 Tratta saldo e stralcio o rateizzazione


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato cassazionista esperto in riscossione internazionale
✔️ Specializzato nella difesa di cittadini stranieri con debiti in Italia
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento
✔️ Esperienza pluriennale contro Agenzia Entrate e Riscossione


Conclusione

Essere un cittadino della Bolivia con debiti o cartelle esattoriali in Italia non significa essere senza soluzioni.
Con una difesa tempestiva puoi bloccare la riscossione, annullare le cartelle irregolari o prescritte e ridurre sensibilmente il debito, anche vivendo dall’altra parte del mondo.

⏱️ Agisci subito: ogni giorno conta.

📞 Contatta l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata:
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Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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