Se sei un cittadino ucraino che ha vissuto, lavorato o studiato in Italia e oggi hai debiti fiscali o cartelle esattoriali con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, è importante sapere che hai strumenti legali per difenderti e chiudere la tua posizione anche se vivi all’estero.
In particolare, i debiti italiani non possono essere riscossi in Ucraina, perché non esiste alcun accordo bilaterale tra Italia e Ucraina che consenta la cooperazione fiscale o la riscossione forzata dei tributi.
Tuttavia, i debiti restano registrati in Italia, e possono riemergere se torni o se possiedi beni nel Paese. Con l’aiuto di un avvocato tributarista esperto in diritto internazionale, puoi bloccare la riscossione, verificare la prescrizione e risolvere la tua posizione fiscale in modo definitivo e sicuro.
Cosa sono le cartelle esattoriali in Italia
Le cartelle esattoriali sono atti ufficiali emessi dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER) per richiedere il pagamento di:
- imposte non versate (IRPEF, IVA, IRAP, IRES);
- contributi INPS o INAIL arretrati;
- tributi locali (IMU, TARI, bollo auto, multe comunali);
- sanzioni fiscali e interessi maturati.
Se la cartella non viene pagata entro 60 giorni dalla notifica, il debito diventa esecutivo, e l’Agenzia può avviare in Italia pignoramenti, fermi o ipoteche sui beni intestati al debitore.
Cosa succede se vivi in Ucraina o in un altro Paese extra UE
Se risiedi oggi in Ucraina, la situazione è diversa:
- L’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può avviare azioni esecutive sui tuoi beni in Ucraina, perché non esiste alcun trattato di cooperazione fiscale tra i due Stati.
- I tuoi beni, conti e redditi in Ucraina sono protetti e non possono essere toccati dall’Italia.
- Tuttavia, i debiti rimangono attivi in Italia, e se torni nel Paese o hai beni, immobili o conti italiani, la riscossione può essere immediatamente riattivata.
Quando i debiti italiani possono essere annullati o ridotti
Molti debiti fiscali italiani possono essere annullati o ridotti perché notificati in modo irregolare o ormai prescritti. Ciò accade se:
- la notifica è stata fatta dopo il trasferimento all’estero o non è mai stata recapitata correttamente;
- il debito è prescritto (5 anni per multe e tributi locali, 10 anni per imposte statali);
- la cartella si basa su un accertamento scaduto o annullato;
- l’importo include interessi o sanzioni illegittime;
- l’Agenzia non ha rispettato i termini di decadenza o le regole procedurali.
In tutti questi casi, un avvocato può presentare ricorso o istanza di annullamento in autotutela, ottenendo la cancellazione totale o parziale del debito.
Cosa fare subito se hai debiti o cartelle esattoriali in Italia
- Non ignorare la situazione. Anche se vivi in Ucraina, i debiti restano iscritti nei registri italiani e possono riemergere se torni o mantieni rapporti economici con l’Italia.
- Richiedi l’estratto di ruolo. È il documento che riassume tutte le cartelle esattoriali a tuo nome. Puoi ottenerlo tramite un avvocato in Italia o, se hai SPID, direttamente sul sito dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
- Controlla la notifica. Se la cartella è stata inviata a un vecchio indirizzo o dopo il trasferimento all’estero, può essere nulla.
- Verifica la prescrizione. Se non hai ricevuto comunicazioni negli ultimi anni, il debito può essere già estinto.
- Contatta un avvocato tributarista. Un legale esperto può gestire tutto in Italia a tuo nome e risolvere la situazione senza che tu debba tornare nel Paese.
Le principali soluzioni legali per chiudere i debiti italiani
- Ricorso contro le cartelle esattoriali: se l’atto presenta errori o vizi di notifica, puoi impugnarlo davanti alla Corte di Giustizia Tributaria.
- Sospensione della riscossione: puoi chiedere di bloccare le procedure in corso fino alla decisione del giudice.
- Definizione agevolata o saldo e stralcio: puoi chiudere i debiti pagando solo una parte del totale, con cancellazione di sanzioni e interessi.
- Annullamento in autotutela: l’Agenzia può cancellare d’ufficio le cartelle se ci sono errori evidenti o debiti prescritti.
- Rateizzazione: se il debito è ancora valido, puoi richiedere un piano di pagamento in più rate, anche fino a 120 mensilità.
Cosa può fare un avvocato per te
Un avvocato tributarista in Italia può seguire la tua pratica anche se vivi in Ucraina, grazie a una semplice delega. Può:
- ottenere e analizzare l’estratto di ruolo ufficiale;
- verificare prescrizioni, vizi e irregolarità;
- presentare ricorsi o istanze di sospensione cautelare;
- trattare una definizione agevolata o un saldo e stralcio;
- ottenere la cancellazione o riduzione totale del debito.
Tutto può essere gestito a distanza, in modo rapido e sicuro.
Le strategie difensive più efficaci
Controllare la regolarità delle notifiche e contestare gli atti errati.
Dimostrare che il debito è prescritto o illegittimo.
Richiedere la sospensione immediata della riscossione.
Impugnare la cartella davanti alla Corte di Giustizia Tributaria.
Definire la posizione con un saldo e stralcio o una sanatoria fiscale.
Cosa succede se non agisci
Ignorare i debiti italiani può avere conseguenze in futuro:
- i debiti restano registrati nei sistemi fiscali italiani e continuano a maturare interessi;
- se torni in Italia o hai beni nel Paese, potresti trovarti conti, auto o immobili bloccati;
- eventuali beni o eredità italiane possono essere pignorate;
- potresti perdere la possibilità di aderire a sconti o sanatorie fiscali.
Agire subito ti consente di bloccare la riscossione e risolvere la tua posizione in modo legale e definitivo.
Quando rivolgersi a un avvocato
Contatta un avvocato se:
- sei un cittadino ucraino con debiti o cartelle esattoriali in Italia;
- hai ricevuto lettere o comunicazioni dall’Agenzia delle Entrate;
- vuoi sapere se i tuoi debiti sono ancora validi o prescritti;
- desideri chiudere la tua posizione fiscale definitivamente e senza rischi.
Un avvocato esperto può:
- analizzare la tua posizione con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione;
- verificare notifiche e prescrizioni;
- impugnare le cartelle illegittime e sospendere la riscossione;
- trattare con l’Agenzia un accordo di saldo e stralcio o ottenere la cancellazione del debito;
- gestire tutto da remoto, senza che tu debba rientrare in Italia.
⚠️ Attenzione: se sei un cittadino ucraino con debiti o cartelle in Italia, i tuoi beni in Ucraina sono protetti, ma i debiti restano attivi nei registri italiani. Con l’aiuto di un avvocato esperto puoi bloccare la riscossione, cancellare le cartelle illegittime e chiudere la tua posizione fiscale in modo definitivo e legale.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario internazionale e difesa dei cittadini stranieri con debiti in Italia spiega come gestire le cartelle esattoriali italiane, come difendersi e come risolvere la tua posizione anche vivendo all’estero.
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Introduzione
Un cittadino ucraino residente in Italia può trovarsi ad affrontare debiti di varia natura – mutui, prestiti bancari, tasse non pagate, bollette arretrate, multe stradali, ecc. – con le stesse difficoltà di un cittadino italiano. Tuttavia, la condizione di straniero (extracomunitario) può sollevare domande aggiuntive: quali sono i miei diritti in Italia come debitore? Posso accedere alle procedure di esdebitazione (debt relief) previste dalla legge italiana? Cosa succede ai miei debiti se torno nel mio Paese d’origine? Un creditore può farmi pignorare beni all’estero? Il fatto di avere debiti può influire sul mio permesso di soggiorno o espulsione dall’Italia? Questa guida approfondita – aggiornata a ottobre 2025 – esaminerà tutti i tipi di debito e gli strumenti legali per gestirli dal punto di vista del debitore, con un focus sulle situazioni che coinvolgono cittadini stranieri (in particolare cittadini ucraini) in Italia . Adotteremo un linguaggio giuridico accurato ma accessibile, fornendo riferimenti normativi (Codice Civile, Codice di Procedura Civile, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – D.Lgs. 14/2019 – che ha riformato la legge sul sovraindebitamento, ecc.) e citando sentenze aggiornate tratte da fonti autorevoli, per offrire un quadro completo e affidabile .
Inizieremo delineando le diverse tipologie di debito e i relativi rischi in Italia (incluse le tipiche azioni di recupero crediti). Successivamente approfondiremo le procedure di sovraindebitamento (la cosiddetta “legge salva-suicidi”, ex L. 3/2012, ora confluita nel Codice della Crisi) che consentono a soggetti in grave difficoltà economica – inclusi i cittadini stranieri non assoggettabili a fallimento – di ottenere un’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui) a determinate condizioni . Verranno esaminate le eventuali differenze tra debitori italiani e stranieri, ad esempio in materia di cooperazione internazionale per il recupero crediti (dentro e fuori dall’UE) e di possibili implicazioni sul permesso di soggiorno o sulla cittadinanza. Troverete anche tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione di Domande & Risposte (FAQ) su questioni frequenti (prescrizione dei debiti, pignorabilità dei beni, possibilità di espatrio con debiti in sospeso, ecc.) . I riferimenti normativi e giurisprudenziali più rilevanti sono citati nel testo e raccolti in fondo alla guida, per chi desidera approfondire. Procediamo con ordine, partendo dal quadro generale dei debiti fino alle soluzioni offerte dall’ordinamento italiano per un “nuovo inizio” del debitore in buona fede.
Tipologie di debito e relative conseguenze in Italia
Non tutti i debiti sono uguali. In Italia, le azioni di recupero e le possibilità di difesa del debitore variano a seconda della natura del credito. Di seguito elenchiamo le principali categorie di debito che possono gravare su una persona (italiana o straniera) e sintetizziamo per ciascuna i rischi e le particolarità:
- Debiti finanziari e bancari: includono mutui ipotecari, prestiti personali, scoperti di conto corrente, finanziamenti al consumo (ad es. rate per acquisti), carte di credito non rimborsate, ecc. Questi debiti sono verso banche o finanziarie. In caso di mancato pagamento, il creditore può attivare una procedura monitoria (ad es. chiedere al giudice un decreto ingiuntivo) e poi procedere con l’esecuzione forzata sui beni del debitore – pignoramento di stipendi, conti correnti, autoveicoli, immobili, ecc. . Se c’è un’ipoteca su un immobile (come in caso di mutuo), la banca può agire con espropriazione immobiliare mettendo all’asta la casa del debitore. I tassi di interesse sono regolati per legge (usura, trasparenza bancaria), ma gli interessi di mora e le spese legali possono far lievitare l’importo dovuto se non si interviene per tempo. Un cittadino straniero, al pari di uno italiano, può subire queste azioni se possiede beni in Italia o percepisce redditi qui. Esempio: un lavoratore ucraino residente in Italia che non rimborsa le rate di un prestito potrebbe vedersi notificare dalla finanziaria un decreto ingiuntivo e, in seguito, il pignoramento di una quota del suo stipendio presso il datore di lavoro (in genere fino a 1/5, secondo i limiti di legge) .
- Debiti commerciali verso fornitori o privati (bollette, affitti, ecc.): riguardano chi esercita attività d’impresa o professionale, ma anche privati consumatori per utenze domestiche o canoni di locazione. Ad esempio, un piccolo imprenditore straniero in Italia con fatture non pagate ai fornitori, oppure un privato che non paga bollette di luce/gas o l’affitto di casa. Anche in questi casi, i creditori possono agire legalmente per il recupero: per le bollette o per l’affitto si ricorre a procedure speciali (ingiunzione di pagamento, sfratto per morosità, ecc.), mentre i fornitori possono ottenere decreti ingiuntivi e pignoramenti attraverso il tribunale . I beni pignorabili comprendono conti correnti, beni mobili (arredi, auto) e persino i beni strumentali dell’impresa non essenziali, con i limiti e le modalità fissati dal Codice di Procedura Civile (ad esempio, alcuni macchinari indispensabili per la continuità aziendale sono parzialmente protetti). Il debitore straniero che chiuda la propria attività e lasci l’Italia non è automaticamente al sicuro: se il creditore ottiene un titolo esecutivo italiano (es. una sentenza), potrà cercare di farlo valere anche all’estero, specialmente se il debitore si trasferisce in un paese UE . Viceversa, se l’imprenditore viene dichiarato fallito (oggi “liquidazione giudiziale”) in Italia, i creditori dovranno partecipare a quella procedura concorsuale e le azioni individuali restano bloccate.
- Debiti fiscali e verso enti pubblici: includono imposte statali (IRPEF, IVA, ecc.), tributi locali (IMU, TARI, ecc.), contributi previdenziali (INPS) o premi assicurativi obbligatori (INAIL), oltre a multe del Codice della Strada e altre sanzioni amministrative. Il creditore qui è un ente pubblico (Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Entrate–Riscossione – AER, Comuni, etc.). La riscossione coattiva avviene di norma tramite la cartella esattoriale (cartella di pagamento) o tramite un’ingiunzione fiscale, seguita – in caso di mancato pagamento entro 60 giorni – da atti come il fermo amministrativo dei veicoli, l’ipoteca esattoriale sugli immobili e il pignoramento esattoriale . Queste procedure esattoriali seguono regole in parte diverse da quelle ordinarie: ad esempio, esistono limiti particolari sulla pignorabilità della prima casa per debiti fiscali sotto certe soglie, nonché franchigie su stipendi e conti correnti (v. infra) . Un cittadino straniero con debiti fiscali in Italia non vede cancellati tali debiti trasferendosi all’estero: i debiti verso il Fisco rimangono dovuti e continuano a maturare interessi e sanzioni finché non vengono pagati o annullati . All’interno dell’Unione Europea, esistono strumenti di cooperazione fiscale che permettono all’Italia di recuperare crediti tributari oltre confine: ad esempio, il Regolamento (UE) n.904/2010 consente alle autorità italiane di avvalersi dell’assistenza fiscale di un altro Stato membro per riscuotere le somme dovute . Inoltre, un creditore pubblico (così come uno privato) può utilizzare l’Ordine Europeo di Sequestro dei conti correnti (Reg. UE 655/2014) per congelare fondi su conti bancari del debitore in qualsiasi paese UE . Fuori dall’UE, il recupero dipende da trattati bilaterali: con alcuni Paesi (Svizzera, USA, Canada…) vi sono accordi di cooperazione che consentono all’Italia di richiedere assistenza per rintracciare beni del debitore e procedere al recupero . In assenza di accordi, il recupero internazionale è molto difficile. Attenzione, però: i beni che il debitore ha lasciato in Italia restano aggredibili anche se egli risiede ormai altrove . Esempio: un cittadino ucraino che lascia l’Italia con cartelle esattoriali impagate, se possiede ancora un conto bancario o un immobile in Italia, potrà subire pignoramenti su quei beni (Agenzia Entrate Riscossione può iscrivere ipoteca sulla sua casa e successivamente venderla all’asta, pignorare il saldo del conto corrente, ecc.), indipendentemente dal fatto che il debitore ora viva all’estero .
- Debiti alimentari e di mantenimento familiare: riguardano gli obblighi di mantenimento verso familiari, ad esempio l’assegno di mantenimento dovuto all’ex coniuge o ai figli. Questi debiti hanno natura privilegiata e personale e, per legge, non possono essere cancellati nemmeno attraverso procedure concorsuali di sovraindebitamento (sono non esdebitabili) . Ciò significa che un piano di ristrutturazione dei debiti non può prevedere di eliminare o ridurre gli arretrati per il mantenimento dovuto. Il creditore (ad es. l’ex coniuge) può agire con pignoramento dello stipendio o di altri beni per recuperare quanto dovuto, e il giudice può emettere provvedimenti specifici (ad es. ordine di pagamento diretto al datore di lavoro delle somme mensili di mantenimento). Inoltre, l’omesso pagamento di assegni di mantenimento può avere conseguenze penali: è previsto il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.) se si evade volontariamente tale obbligo . In questo ambito, la posizione del debitore straniero è equiparata a quella del cittadino italiano: se l’obbligo di mantenimento è stato fissato da un giudice italiano, vale in Italia e può essere eseguito forzatamente; se invece era stabilito da un giudice estero, può essere riconosciuto ed eseguito in Italia tramite convenzioni o regolamenti internazionali. In UE ad esempio vige il Regolamento (CE) n. 4/2009 che permette l’esecuzione transfrontaliera dei provvedimenti di mantenimento . Non è quindi possibile sottrarsi a questi debiti cambiando paese, poiché esistono meccanismi robusti di cooperazione internazionale in materia di obblighi alimentari.
- Debiti da risarcimento danni e altre obbligazioni civili: se uno straniero in Italia viene condannato a risarcire un danno (ad es. a seguito di una sentenza civile per responsabilità extracontrattuale, come un incidente stradale) o ha altre obbligazioni da contratto non adempiute, i creditori possono agire per il recupero in modo simile ai debiti commerciali sopra descritti . Una particolarità: se il debito deriva da un illecito (danno causato con colpa grave o dolo), potrebbe non essere esdebitabile nell’ambito di procedure concorsuali, analogamente a quanto avviene nel fallimento (in cui alcuni debiti derivanti da fatti illeciti dolosi restano a carico del debitore). La legge sul sovraindebitamento non esclude espressamente tali debiti, ma la giurisprudenza valuta caso per caso la meritevolezza del debitore nel concedere l’esdebitazione . Un debitore straniero che lasci l’Italia con un debito da sentenza civile non pagato può subire il riconoscimento di quella sentenza nel suo Paese (se va in un paese UE, tramite il Reg. UE 1215/2012 sul riconoscimento delle decisioni civili; se extra-UE, tramite la procedura di delibazione prevista in quel Paese) . Viceversa, un creditore straniero munito di sentenza del suo Paese può farla riconoscere in Italia contro il debitore, a patto che la sentenza straniera rispetti le condizioni della Legge 218/1995 sul riconoscimento dei giudicati esteri (giurisdizione competente, rispetto del contraddittorio, assenza di contrarietà all’ordine pubblico, ecc.) . Esempio: la Corte di Cassazione ha ritenuto non contraria all’ordine pubblico l’esecuzione in Italia di una sentenza estera che condannava un soggetto al pagamento di debiti derivanti da gioco d’azzardo legalmente contratto all’estero . Questo è notevole perché il gioco d’azzardo è tradizionalmente considerato in Italia un’obbligazione “naturale” non tutelabile, ma se vi è una sentenza straniera, essa viene comunque riconosciuta . Ciò evidenzia che la residenza straniera del debitore o l’origine estera del debito non impediscono il recupero se le forme di cooperazione giudiziaria lo consentono.
- Debiti penali (multe penali, ammende, confische): più che di “debito” civile qui si parla di sanzioni pecuniarie penali conseguenti a reati (ammende, sanzioni pecuniarie irrogate dal giudice penale) o obblighi di rifusione allo Stato. Queste somme non rientrano nelle procedure concorsuali civili e il loro mancato pagamento può portare a esecuzione forzata da parte dello Stato (es. iscrizione a ruolo e cartella per le pene pecuniarie). Per un debitore straniero, un’ammenda penale non pagata potrebbe precludere alcuni benefici penitenziari (es. la sospensione condizionale della pena può essere revocata se non si paga l’ammenda) e resta comunque dovuta allo Stato. Se il soggetto lascia l’Italia, è difficile che l’Italia ottenga il pagamento a meno di trattati specifici; nell’UE esistono meccanismi di mutuo riconoscimento anche delle sanzioni pecuniarie penali (Decisione Quadro 2005/214/GAI del Consiglio) . In ogni caso, queste sanzioni non sono sanabili con procedure di sovraindebitamento né spariscono con il tempo: l’eventuale prescrizione segue le regole penali e può essere sospesa o interrotta da atti esecutivi. Conviene quindi rivolgersi a un legale per valutare soluzioni caso per caso (rateizzazioni con il Ministero della Giustizia, conversione della pena pecuniaria in lavoro di pubblica utilità se previsto, etc.).
Come si vede, la natura del debito influisce sia sulle modalità di recupero che sulle possibili difese del debitore. Nei paragrafi seguenti analizzeremo gli strumenti di tutela a disposizione di chi si trova sommerso dai debiti in Italia, con un occhio di riguardo per le soluzioni legalmente previste (dilazioni di pagamento, opposizioni, procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento) e per le particolarità legate allo status di cittadino straniero.
Recupero crediti in Italia: procedure e limiti per il debitore
Affrontare le azioni di recupero crediti: in Italia il creditore dispone di vari strumenti per colpire il patrimonio del debitore inadempiente. Il più comune è il pignoramento, che può riguardare diverse categorie di beni. In generale, una volta che il creditore ha un titolo esecutivo (sentenza, decreto ingiuntivo, cartella esattoriale non pagata, ecc.), può notificare un atto di precetto (per i crediti privati) o un’intimazione a pagare (per i ruoli esattoriali) e, trascorso il termine di legge, avviare l’esecuzione forzata. Ecco le principali forme di pignoramento previste dal diritto italiano:
- Pignoramento mobiliare presso il debitore: l’ufficiale giudiziario può recarsi presso l’abitazione o la sede del debitore e individuare beni mobili pignorabili (mobili, arredi, elettronica, veicoli, denaro contante). In pratica questo tipo di pignoramento è poco fruttuoso, perché spesso i beni mobili hanno scarso valore rivendibile all’asta e molti oggetti possono risultare obsoleti o difficili da liquidare. Inoltre, la legge tutela alcuni beni essenziali: ad esempio, non si possono pignorare beni di uso quotidiano indispensabili al debitore e alla sua famiglia (letto, frigorifero, cucina, ecc. – art. 514 c.p.c.), né beni strumentali necessari all’attività lavorativa del debitore in misura superiore a quanto strettamente necessario (è previsto un limite di impignorabilità per gli strumenti di lavoro, ad es. macchinari, nella misura di 1/5 del loro valore per i debiti esattoriali) . Nel caso di autoveicoli, il pignoramento mobiliare avviene tramite notifica di un atto che vincola il veicolo e successiva iscrizione nei registri (PRA); per i debiti fiscali, più spesso si utilizza il fermo amministrativo, che pur non trasferendo la proprietà all’asta, impedisce legalmente l’utilizzo del veicolo finché il debito non è saldato.
- Pignoramento presso terzi (stipendi, conti correnti): è la forma più efficace per i creditori, soprattutto quando il debitore ha un lavoro regolare o un conto in banca. Consiste nell’ordinare al terzo debitore (es. il datore di lavoro, l’istituto di credito) di trattenere e consegnare al creditore le somme dovute al debitore. Tipicamente il creditore ottiene dal giudice un’ordinanza di assegnazione. Stipendi e pensioni: il datore di lavoro (o ente pensionistico) dovrà trattenere una quota dello stipendio o pensione del debitore ad ogni mese, nei limiti stabiliti dalla legge (generalmente un quinto dello stipendio netto può essere pignorato per debiti ordinari, ex art. 545 c.p.c.) . In caso di concorsi di più pignoramenti sul medesimo stipendio (es. uno per debiti bancari, uno per alimenti, uno fiscale), la trattenuta complessiva non può superare la metà dello stipendio netto. Per i debiti fiscali, la normativa speciale prevede aliquote ridotte sulle retribuzioni più basse (art. 72-ter D.P.R. 602/1973): ad esempio, per stipendi netti fino a circa 2.500 € mensili il pignoramento esattoriale è al massimo di 1/10, per stipendi tra 2.500 € e 5.000 € è 1/7, e sopra i 5.000 € è 1/5 . In ogni caso, una parte dello stipendio/pensione minima è sempre impignorabile per garantire mezzi adeguati al debitore: la legge esclude la pignorabilità dei mezzi di sussistenza (per le pensioni, è impignorabile la parte fino a 1,5 volte l’assegno sociale INPS, circa 750-800 €). Conti correnti: il creditore può pignorare il conto bancario del debitore, bloccando le somme presenti fino a concorrenza del credito. Se sul conto vengono accreditati stipendi o pensioni, la legge distingue: l’ultimo stipendio accreditato prima del pignoramento è impignorabile per il suo importo minimo vitale, mentre le somme accreditate successivamente seguono le stesse regole di limite (1/5, ecc.) come se fossero prelevate alla fonte (art. 545, commi 7 e 8 c.p.c.). Dunque, chi subisce un pignoramento del conto potrà vedersi prelevare dal saldo solo la parte consentita (il resto viene sbloccato). Esempio pratico: un cittadino ucraino che lavora in Italia e ha debiti con una finanziaria potrebbe subire un pignoramento presso terzi sul suo stipendio: il tribunale ordinerà al datore di lavoro di trattenere il 20% di ogni busta paga e versarlo al creditore fino a soddisfacimento del debito. Parallelamente, se il debitore ha un conto bancario con dei risparmi, il creditore potrebbe pignorarlo bloccando le somme presenti; se quelle somme includono lo stipendio appena accreditato, sarà liberata al debitore una parte pari all’ultimo stipendio minimo vitale, e il resto potrà andare al creditore secondo i limiti di legge.
- Pignoramento immobiliare: è l’esecuzione forzata sugli immobili di proprietà del debitore, e comporta la vendita all’asta del bene per soddisfare il creditore con il ricavato. Qualsiasi creditore munito di titolo esecutivo può iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili del debitore e poi procedere al pignoramento trascorsi i termini di legge. I creditori privati (banche, privati) possono pignorare anche la casa di residenza del debitore, in assenza di divieti normativi specifici, anche per importi relativamente modesti (il Codice di Procedura Civile non prevede soglie minime per il pignoramento immobiliare da parte di creditori diversi dall’Erario). Diverso è il caso dell’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate–Riscossione): per le cartelle esattoriali il legislatore ha imposto importanti limitazioni alla vendita della prima casa del debitore. In base all’art. 76 del D.P.R. 602/1973 (come modif. dal D.L. 69/2013 “Decreto del Fare”), AER non può procedere all’espropriazione dell’unico immobile adibito ad abitazione principale del debitore, a condizione che non sia di lusso (categorie catastali A/8 o A/9) e che il debitore vi risieda anagraficamente . Questo significa che se il cittadino ucraino debitore possiede una sola casa in Italia, in cui vive e che non è una villa di lusso, il Fisco non potrà metterla all’asta. Fuori da questi casi, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può pignorare immobili seguendo però criteri stringenti: il debito fiscale totale dev’essere superiore a 120.000 €; deve essere stata previamente iscritta ipoteca e devono essere trascorsi almeno 6 mesi senza pagamento dal momento dell’ipoteca; inoltre, il valore complessivo degli immobili del debitore deve superare 120.000 € (immobili di scarso valore sono protetti) . Infine, l’Agenzia deve aver tentato senza successo il pignoramento di altri beni meno importanti prima di aggredire la casa . In sintesi, la prima casa non si tocca per il Fisco se è l’unico immobile e il debito è sotto 120.000 €, mentre i creditori privati non hanno un divieto equivalente (possono teoricamente pignorare anche la prima casa, seppur spesso si cerca prima una soluzione meno distruttiva). Va ricordato che per procedere al pignoramento immobiliare è richiesta una serie di passaggi formali (atto di pignoramento, trascrizione nei registri immobiliari, nomina di un custode, ecc.) e che il debitore ha la possibilità di evitare la vendita pagando il dovuto fino al momento dell’asta (diritto di saldo e stralcio prima dell’aggiudicazione). Inoltre, se la casa è gravata da mutuo ipotecario, la banca con ipoteca (creditore ipotecario) ha priorità nel recupero e di solito procede essa stessa al pignoramento in caso di insolvenza del mutuo.
Limiti e cautele per il debitore: Le norme italiane prevedono alcune tutele di base per il debitore esecutato, volte a evitare che l’espropriazione forzata lo lasci in miseria assoluta. Abbiamo già menzionato l’impignorabilità parziale di stipendi e pensioni e il divieto di pignorare la prima casa da parte dell’Erario (se unica abitazione non di lusso) . Riassumiamo in una tabella i principali limiti di pignorabilità dei beni e redditi del debitore:
<table> <tr> <th>Bene/Reditto del debitore</th> <th>Limiti di pignorabilità (in Italia)</th> </tr> <tr> <td><strong>Stipendio da lavoro dipendente</strong></td> <td>Pignorabile <strong>entro 1/5</strong> dell’importo netto mensile per crediti ordinari (banche, privati) . Se concorrono più pignoramenti (es. uno per alimenti, uno fiscale, uno bancario), la somma delle trattenute non può superare il 50%. Per debiti fiscali, aliquote ridotte su stipendi bassi: 1/10 per stipendi fino a ~€2.500, 1/7 tra ~€2.500 e ~€5.000, 1/5 oltre €5.000 (art. 72-ter DPR 602/1973) . La quota di stipendio minima vitale (circa il netto di una mensilità di retribuzione minima) è comunque salva.</td> </tr> <tr> <td><strong>Pensione</strong></td> <td>Pignorabile nella misura massima di 1/5 per la parte eccedente la <em>“minima vitale”</em> (pari a 1,5 volte l’assegno sociale INPS, circa €750 nel 2025) . Esempio: se una pensione è di €1.000, la parte eccedente €750 è €250, pignorabile al 20% = €50 al mese.</td> </tr> <tr> <td><strong>Conto corrente bancario</strong></td> <td>Saldo pignorabile sino a concorrenza del credito. Se vi sono depositate somme da stipendio/pensione, l’ultima mensilità accreditata prima del pignoramento è impignorabile fino all’importo della pensione minima; le somme successive sul conto seguono i limiti di pignorabilità di stipendio/pensione sopra indicati (art. 545 c.p.c., co.7 e 8).</td> </tr> <tr> <td><strong>Autoveicoli e moto</strong></td> <td>Pignorabili senza limiti specifici (bene mobile registrato). Per debiti fiscali si utilizza di frequente il <strong>fermo amministrativo</strong>: preavviso e poi iscrizione del fermo che impedisce la circolazione del mezzo. Il fermo non trasferisce la proprietà, ma vincola il veicolo; per riottenere l’uso del mezzo il debitore deve pagare o ottenere una rateizzazione. Creditore privato invece può chiedere al giudice il pignoramento e la vendita del veicolo.</td> </tr> <tr> <td><strong>Immobili (es. casa di proprietà)</strong></td> <td>I <strong>creditori privati</strong> possono pignorare qualsiasi immobile del debitore (prima casa inclusa) se il valore del debito giustifica l’azione. Il <strong>Fisco (Agenzia Entrate-Riscossione)</strong> ha il <strong>divieto</strong> di pignorare l’unico immobile adibito ad abitazione principale del debitore (non di lusso) . Fuori da questo caso, AER può pignorare immobili solo se il debito fiscale supera €120.000, previa iscrizione ipoteca da almeno 6 mesi senza pagamento e a condizione che il valore totale degli immobili del debitore superi €120.000 . La vendita forzata segue le regole del codice di procedura civile (avviso, possibilità di saldo del debitore fino all’ultimo, asta pubblica, ecc.). L’immobile pignorato viene venduto libero da ipoteche e altri pesi; i creditori ipotecari (es. banca) vengono soddisfatti prioritariamente con il ricavato.</td> </tr> <tr> <td><strong>Beni strumentali dell’impresa</strong></td> <td>Strumenti indispensabili all’attività professionale o d’impresa del debitore (ad es. attrezzi, macchinari, computer necessari) sono parzialmente protetti: per i creditori privati l’art. 515 c.p.c. esenta dalla pignorabilità tali beni “nei limiti di ciò che occorre al debitore e alla sua famiglia”; per i debiti fiscali, l’art. 62 D.P.R. 602/73 limita il pignoramento a 1/5 del valore di macchinari e strumenti d’opera indispensabili all’esercizio della professione o impresa. Resta sempre possibile pignorare beni non essenziali o beni aziendali di valore non direttamente legati alla produzione (es. secondo automezzo non indispensabile, arredi di lusso in ufficio, ecc.).</td> </tr> </table>
Come si nota, l’ordinamento bilancia l’interesse del creditore a soddisfarsi con quello del debitore a conservare un minimo di mezzi per vivere dignitosamente. Ignorare i debiti, tuttavia, raramente risolve il problema: finché il debitore possiede qualcosa di aggredibile, il creditore prima o poi tenterà l’esecuzione. Anche se oggi il debitore non ha beni né redditi, un titolo esecutivo (ad es. un decreto ingiuntivo) in mano al creditore conserva efficacia per molti anni e può essere utilizzato in futuro . Ad esempio, se un debitore nullatenente tra qualche anno trova un buon lavoro o riceve un’eredità, il creditore potrebbe ancora rivalersi, riattivando il pignoramento grazie al titolo ottenuto in precedenza . Ecco perché è sconsigliabile restare passivi sperando che il credito cada in prescrizione o venga dimenticato: spesso il creditore rinnova le sue pretese periodicamente, interrompendo i termini prescrizionali (si veda oltre) e mantenendo vivo il diritto.
Prescrizione dei debiti: La prescrizione estintiva è l’istituto secondo cui un credito si estingue se il creditore rimane del tutto inerte per un certo periodo di tempo previsto dalla legge (artt. 2934 e segg. c.c.). In altre parole, i debiti non “spariscono” da soli semplicemente col trascorrere degli anni se il creditore compie atti interruttivi entro i termini. I termini di prescrizione variano a seconda del tipo di credito: in generale 10 anni per i crediti derivanti da un contratto o da sentenza, 5 anni per crediti periodici (canoni di affitto, bollette, stipendio dovuto, interessi), 5 anni per tributi locali non versati, 10 anni per multe stradali conteggiati dal momento in cui il verbale o la cartella diventa definitiva (titolo esecutivo) . Basti un atto formale del creditore (una lettera di diffida, un decreto ingiuntivo, un pignoramento, ecc.) per interrompere la prescrizione e farla ricominciare da capo . Per questo motivo, è raro che crediti di importo significativo cadano in prescrizione senza che il creditore si attivi. È importante notare che la prescrizione non opera automaticamente: deve essere eccepita dal debitore se il creditore agisce dopo che il termine è trascorso, altrimenti il giudice non la rileva d’ufficio . Ciò significa, ad esempio, che un debitore straniero che torna nel suo Paese e viene citato in giudizio dopo 15 anni per un vecchio debito potrebbe effettivamente aver diritto di far valere l’intervenuta prescrizione – ma deve comparire in giudizio e sollevare tale eccezione, altrimenti rischia una condanna perché la sua inerzia ha impedito di far emergere la decadenza del credito . Di seguito, una tabella riepiloga i principali termini di prescrizione per varie categorie di debiti (salvo atti interruttivi):
<table> <tr> <th>Tipo di credito</th> <th>Termine di prescrizione ordinario</th> </tr> <tr> <td>Crediti derivanti da contratto (prestiti, mutui, fatture non pagate, etc.)</td> <td><strong>10 anni</strong> dalla scadenza o dall’ultimo atto di costituzione in mora/interruttivo (prescrizione ordinaria decennale ex art. 2946 c.c.).</td> </tr> <tr> <td>Crediti periodici (es. affitti, bollette, rate mensili, interessi)</td> <td><strong>5 anni</strong> per ciascuna scadenza periodica non pagata (art. 2948 c.c.). Es: ogni canone di locazione ha prescrizione quinquennale dalla scadenza.</td> </tr> <tr> <td>Stipendi, salari, trattamenti di fine rapporto</td> <td><strong>5 anni</strong> (art. 2948 c.c.). Per le retribuzioni dei lavoratori, il termine può essere ridotto a 1 anno in alcuni casi particolari, ma per i crediti da lavoro dipendente normalmente vale il quinquennio.</td> </tr> <tr> <td>Tributi locali (IMU, TARI, bollo auto, multe stradali in fase iniziale)</td> <td><strong>5 anni</strong> (termine previsto da normative specifiche per molti tributi locali e sanzioni amministrative). Es: la cartella per una multa stradale va notificata entro 5 anni dall’infrazione se no cade in prescrizione amministrativa; una volta notificata la cartella, se non pagata, la riscossione coattiva dev’essere avviata entro 5 anni da ogni atto altrimenti interviene prescrizione.</td> </tr> <tr> <td>Imposte statali (IRPEF, IVA, contributi previdenziali INPS)</td> <td>Variabile per la fase accertativa (es: IRPEF 5 anni per notificare l’avviso di accertamento; contributi INPS 5 anni per notifica avviso di addebito). Dopo che il tributo diventa definitivo ed è iscritto a ruolo, il diritto di riscossione si prescrive in <strong>10 anni</strong> se non ci sono atti interruttivi (termine decennale applicato in giurisprudenza in mancanza di termine specifico più breve) .</td> </tr> <tr> <td>Multe stradali (sanzioni Codice della Strada)</td> <td>Devono essere notificate entro 90 giorni dall’infrazione; se il verbale diventa definitivo per mancato pagamento o ricorso, il credito da ruolo esattoriale si prescrive in <strong>5 anni</strong> (come le sanzioni amministrative) se il Comune/ente non notifica la cartella in tale termine. Una volta notificata la cartella, i successivi atti esecutivi vanno compiuti entro 5 anni l’uno dall’altro, altrimenti la pretesa si prescrive. Alcune interpretazioni considerano applicabile anche qui il termine decennale dopo il titolo, ma la prassi resta quinquennale.</td> </tr> <tr> <td>Titoli giudiziari (sentenze civili passate in giudicato, decreti ingiuntivi non opposti)</td> <td><strong>10 anni</strong> dal passaggio in giudicato o dalla notificazione del decreto non opposto (art. 2953 c.c. in caso di conversione dei termini brevi). Ogni atto di esecuzione forzata (pignoramento, atto di precetto, ecc.) interrompe tale termine decennale e lo fa decorrere nuovamente da capo .</td> </tr> </table>
Nota: la prescrizione dev’essere eccepita tempestivamente dal debitore. Ciò significa che se un creditore riappare dopo anni con un’azione legale, il debitore deve formalmente invocare la prescrizione in quella sede; in caso contrario, il giudice considererà ancora valido il debito anche se il termine è decorso, dato che l’inerzia del debitore viene interpretata come rinuncia implicita a far valere l’estinzione .
In definitiva, monitorare i propri debiti è fondamentale. Se trascorrono anni senza notizie, può darsi che un debito sia prescritto, ma prima di tirare un sospiro di sollievo bisogna verificare che non vi siano stati atti interruttivi (magari notifiche inviate a vecchi indirizzi, depositi di atti in Comune, ecc.). Un avvocato può aiutare a ottenere l’estratto di ruolo dall’Agenzia Entrate-Riscossione o visure nei registri per vedere la storia dei propri debiti e capire se qualcuno è effettivamente caduto in prescrizione. In caso di dubbi, è sempre meglio agire (richiedere una verifica, fare opposizione se arriva un atto tardivo) piuttosto che subire una condanna per mancata contestazione.
Come contestare o ridurre le pretese: opposizioni, rateizzazioni e altre difese
Quando un debitore riceve una cartella esattoriale, un atto di precetto o un altro atto di richiesta pagamento, è importante sapere che ha dei diritti e può intraprendere azioni per difendersi o per rendere gestibile il debito. Dal controllo di legittimità dell’atto, alle opposizioni giudiziarie, fino a soluzioni come la rateizzazione o le definizioni agevolate, vediamo quali strategie si possono adottare per “difendersi” dalle pretese creditorie.
1. Verifica della legittimità degli atti e degli importi: Il primo passo è sempre controllare cosa viene richiesto, da chi e a che titolo. Nel caso di cartelle esattoriali, ad esempio, la cartella dovrebbe indicare l’ente impositore (Agenzia Entrate, Comune, INPS, ecc.), la causale del debito (es. IRPEF anno X, multa codice della strada n.Y, contributi omessi anno Z) e l’importo dettagliato (tributo, sanzioni, interessi, aggio). Un avvocato esperto può verificare se la cartella è stata notificata regolarmente e nei termini di legge, se il debito era già stato contestato o pagato, se gli interessi sono calcolati correttamente e se l’atto rispetta i requisiti di motivazione. Spesso infatti emergono vizi formali o sostanziali che possono rendere annullabile l’atto: ad esempio notifica irregolare (mandata a un vecchio indirizzo, o all’estero senza seguire la procedura corretta), richiesta di somme già prescritte o sanzioni annullate da condoni, errori di persona, duplicazioni di cartelle, difetti di motivazione dell’atto originario, ecc. In particolare, per i cittadini stranieri, la legge prevede regole specifiche di notifica quando risiedono all’estero: se il contribuente ha un domicilio fiscale estero noto, l’ente deve inviare l’atto tramite posta internazionale all’indirizzo estero o tramite le vie consolari, e solo in caso di irreperibilità conclamata può depositare l’atto in Italia presso il Comune dell’ultimo domicilio . La Cassazione ha ad esempio definito inesistente la notifica di una cartella esattoriale ad un italiano residente all’estero effettuata con il semplice deposito in Comune senza aver prima cercato l’indirizzo estero . Dunque, per un cittadino ucraino iscritto all’AIRE o comunque residente fuori Italia, è fondamentale verificare che eventuali atti fiscali gli siano stati notificati correttamente (per raccomandata internazionale o PEC se disponibile, o via autorità consolari). Se così non fosse, quell’atto potrebbe essere contestato come nullo.
2. Opposizioni e ricorsi contro cartelle e atti esecutivi: Se si riscontra un vizio o si ritiene illegittimo il debito richiesto, il debitore può presentare ricorso alle autorità competenti. Occorre distinguere a seconda della natura del debito: – Per cartelle esattoriali relative a tributi (es. imposte statali o locali) o contributi previdenziali, si può proporre ricorso rispettivamente alla Corte di Giustizia Tributaria (ex Commissione Tributaria) o al Tribunale (sezione lavoro, per contributi) entro 60 giorni dalla notifica della cartella . In sede di ricorso tributario, si possono far valere motivi come: prescrizione, difetti di notifica, vizi dell’atto presupposto (ad es. l’accertamento mai notificato), pagamento già effettuato, errore di persona, ecc. Se la cartella riguarda una sanzione amministrativa (multa stradale) già definitiva, il ricorso va fatto al Giudice di Pace entro 30 giorni dalla notifica della cartella, ma solo per vizi di forma/procedura (nel merito la sanzione era già divenuta incontestabile). Per contributi INPS si segue il rito del lavoro (Tribunale) con termine di 40 giorni dalla notifica dell’atto. Data la complessità, è consigliabile farsi assistere da un legale che individui il giudice competente e i motivi specifici. In alcuni casi, se è ormai decorso il termine per il ricorso, resta la possibilità di agire con un’opposizione all’esecuzione (ex art. 615 c.p.c.) o agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), ad esempio per far valere la prescrizione sopravvenuta o la nullità della notifica della cartella stessa anche oltre i 60 giorni, purché prima o nelle fasi iniziali dell’esecuzione forzata. Su questi aspetti la giurisprudenza è articolata: di recente, le Sezioni Unite della Cassazione hanno ammesso che il contribuente può impugnare in qualsiasi momento la cartella mai notificata di cui sia venuto a conoscenza tramite un estratto di ruolo, per farne dichiarare la nullità . – Per atti di pignoramento o altri atti dell’esecuzione (es. atto di precetto, avviso di vendita): il debitore può proporre opposizione in sede civile. L’opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) serve a contestare il diritto del creditore di procedere, ad esempio sostenendo che il debito è già estinto, o che manca la notifica valida del titolo; l’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) contesta i vizi formali dell’atto (es. il precetto è irregolare, il pignoramento non rispetta i limiti di legge). Questi ricorsi hanno termini stringenti (spesso 20 giorni dalla notifica dell’atto o dal momento in cui se ne viene a conoscenza) e si presentano al Giudice dell’Esecuzione (Tribunale) competente. Nel caso di cartelle esattoriali, l’Agente della riscossione notifica spesso un atto di intimazione di pagamento prima del pignoramento: se sono trascorsi più di 180 giorni dalla notifica della cartella senza che sia iniziata l’esecuzione, l’AER deve inviare questa intimazione e attendere altri 180 giorni. Anche questo atto è impugnabile entro 20 giorni per vizi suoi propri o dei precedenti.
In tutte queste opposizioni è possibile chiedere al giudice un provvedimento di sospensione dell’esecuzione, per bloccare temporaneamente le azioni esecutive (ad es. sospendere un pignoramento in corso, o evitare la vendita all’asta) in attesa della decisione sul merito.
3. Autotutela e sgravio amministrativo: Un’altra via, spesso rapida, è quella di rivolgersi direttamente all’ente creditore o all’agente della riscossione presentando un’istanza in autotutela. L’autotutela è il potere della Pubblica Amministrazione di correggere o annullare spontaneamente i propri atti quando risultano errati o illegittimi. Ad esempio, se una cartella contiene un errore evidente (importo calcolato male, doppia iscrizione di un debito già pagato, persona omonima scambiata), il debitore può inviare all’ente impositore (Agenzia Entrate, Comune, INPS, etc.) una richiesta motivata di annullamento o rettifica, allegando la documentazione (ricevute di pagamento, sentenze di annullamento, etc.). L’ente è tenuto a rispondere entro un certo tempo. Se riconosce l’errore, dispone lo sgravio della cartella (cioè la cancella parzialmente o totalmente). L’autotutela non sospende i termini per fare ricorso in tribunale; quindi, va usata con cautela: se i termini stanno per scadere, è opportuno presentare comunque il ricorso e magari segnalare in quella sede che si è chiesto l’annullamento in autotutela. L’autotutela è uno strumento facoltativo per l’ente, ma spesso efficace per questioni documentali semplici (come i casi di “doppia cartella” o pagamenti non risultanti). Anche l’Agenzia Entrate–Riscossione mette a disposizione moduli per chiedere la sospensione della riscossione se si hanno prove che il debito non è dovuto (c.d. “istanza di sospensione legale”).
4. Rateizzazioni e accordi transattivi: Se il debito è corretto ma l’importo è troppo elevato per poter essere pagato in un’unica soluzione, la legge consente di rateizzare molti tipi di debito. In particolare, l’Agenzia delle Entrate–Riscossione concede piani di rateizzazione fino a 72 rate mensili (6 anni) per importi fino a €120.000 senza particolari condizioni (basta una richiesta), e piani fino a 120 rate (10 anni) se il debitore prova una situazione di grave e comprovata difficoltà economica (ad es. ISEE basso, o rapporto rata/reddito oltre certe soglie) . La domanda di rateizzo va presentata prima che inizi un pignoramento (o anche dopo, ma in tal caso l’Agenzia potrebbe già aver avviato procedure). Una volta ottenuta la dilazione, decadono eventuali fermi amministrativi disposti sui veicoli e si sospendono le nuove azioni esecutive, purché si paghino puntualmente le rate. Attenzione: se si saltano 5 rate (anche non consecutive) si decade dal beneficio e ripartono le azioni di recupero. Anche i Comuni e altri enti concedono rateizzazioni per le proprie ingiunzioni di pagamento. Per i debiti verso banche o finanziarie, la rateizzazione non è un diritto ma spesso è frutto di una trattativa: si può cercare un accordo a saldo e stralcio (pagare una percentuale del debito subito) o un piano di rientro concordato. Molte finanziarie preferiscono incassare gradualmente piuttosto che affrontare lunghe esecuzioni forzate. È utile mostrarsi collaborativi e fornire documentazione sul proprio stato di difficoltà per ottenere condizioni migliori.
5. Definizioni agevolate (“pace fiscale”): Negli ultimi anni, il legislatore ha varato diverse misure di condono o sanatoria dei debiti fiscali (la cosiddetta “pace fiscale”) . Ad esempio, la Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022) ha previsto l’annullamento automatico dei debiti di importo residuo fino a €1.000 affidati all’Agente della riscossione tra il 2000 e il 2015 . In pratica, tutte le cartelle esattoriali sotto 1.000 € relative a quel periodo (ad es. vecchie multe, piccole imposte locali, ecc.) sono state cancellate d’ufficio il 31 marzo 2023 , salvo alcune eccezioni (debiti per aiuti di Stato, somme dovute per sentenze penali, ecc.). Inoltre, sono state introdotte varie “rottamazioni” delle cartelle – l’ultima chiamata Rottamazione-quater nel 2023 – che permettono di pagare il debito iscritto a ruolo senza sanzioni né interessi di mora, in forma rateale. Chi ha aderito entro il 30 aprile 2023 alla rottamazione-quater può estinguere le somme dovute in 18 rate spalmate fino al 2027 . Si tratta di misure straordinarie e temporanee: attualmente (fine 2025) non risultano aperte nuove finestre di definizione agevolata, ma il Parlamento potrebbe introdurne altre in futuro. Per un debitore è importante informarsi se rientra in queste agevolazioni: ad esempio, un cittadino ucraino con piccole cartelle di vecchi anni potrebbe scoprirle già annullate dal condono 2023; oppure, se ha aderito a una rottamazione, deve ricordarsi di rispettare le scadenze delle rate per non perdere il beneficio. Le sanatorie fiscali non coprono però tutti i debiti: tipicamente escludono l’IVA (fino al 2020 non condonabile, poi falcidiabile solo nelle procedure concorsuali), l’IMU e altre risorse UE. Inoltre, non riguardano i debiti verso privati (banche, ecc.), per i quali l’unica “sanatoria” è l’accordo col creditore stesso.
In sintesi, di fronte a cartelle e precetti non bisogna rimanere inerti. Le vie per difendersi o alleviare il carico ci sono: contestare ciò che è ingiusto o errato, negoziare e diluire ciò che è dovuto, sfruttare eventuali agevolazioni di legge. Nel prossimo paragrafo analizziamo la possibilità più radicale e risolutiva per chi ha debiti insostenibili: le procedure di sovraindebitamento previste dalla normativa italiana, che consentono – a certe condizioni – di cancellare i debiti e ripartire da capo.
La normativa sul sovraindebitamento: soluzioni per il debitore “non fallibile”
Quando i debiti superano di gran lunga la capacità del debitore di pagarli, e le ordinarie misure (dilazioni, accordi) non bastano, l’ordinamento offre una “via d’uscita” più strutturata: le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento. Si tratta di procedure giudiziarie che permettono, in estrema sintesi, di ristrutturare o cancellare i debiti di persone e piccole imprese che non possono accedere alle procedure fallimentari tradizionali. La disciplina originaria era contenuta nella Legge 27 gennaio 2012 n. 3 (cosiddetta “legge salva suicidi”), oggi abrogata ma confluita con modifiche nel Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, entrato pienamente in vigore dal 15 luglio 2022) . Le nuove norme (artt. 65-83, 268-283, 278-283 Cod. Crisi) disciplinano dettagliatamente tre procedure principali: – la Ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex Piano del consumatore); – il Concordato minore (ex accordo di composizione); – la Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex liquidazione del patrimonio).
Inoltre è prevista la possibilità di esdebitazione del debitore incapiente, una sorta di “fresh start” per chi non possiede nulla, introdotta nel 2020 e ora regolata negli artt. 278-283 Cod. Crisi . Vediamo in breve di cosa si tratta.
Novità introdotte dal Codice della Crisi (aggiornato al 2022)
La disciplina originaria della L. 3/2012 è stata più volte ritoccata (ad es. nel 2015 e soprattutto nel 2020 con il D.L. 137/2020 conv. L. 176/2020) e infine riordinata nel Codice della Crisi . Le principali novità recepite: – Terminologia: il Piano del consumatore è rinominato Ristrutturazione dei debiti del consumatore, l’accordo di composizione diventa Concordato minore, e il fallimento vero e proprio oggi si chiama Liquidazione giudiziale (riguarda però le imprese maggiori). – Meritevolezza e merito creditizio: la riforma del 2020 ha specificato che per accedere al piano del consumatore il debitore non deve aver causato il sovraindebitamento con dolo o colpa grave, attenuando interpretazioni più rigide che in passato negavano l’accesso per semplici imprudenze finanziarie . La Cassazione (Sez. Unite 4485/2018) ha chiarito che non ogni condotta avventata preclude l’accesso, purché non vi siano frodi intenzionali . Questo principio è ora legge: il giudice valuta la meritevolezza guardando soprattutto all’assenza di malafede. – Cram down sui crediti fiscali: in passato il pagamento integrale dell’IVA e di certi tributi era obbligatorio, ma la Corte Costituzionale (sent. 245/2017) ha dichiarato illegittimo il divieto di includere l’IVA nei tagli di debito . Oggi il Codice consente di falcidiare (ridurre) anche i debiti IVA nelle procedure di sovraindebitamento, a patto che lo Stato ottenga almeno quanto otterrebbe in una liquidazione dei beni . Ad es., un piano del consumatore può prevedere di pagare solo una parte dell’IVA dovuta se dimostra che in caso di liquidazione il Fisco incasserebbe comunque di meno; i giudici possono omologarlo anche senza il consenso dell’Erario (si parla di cram down fiscale). – Semplificazioni procedurali: sono state snellite alcune fasi, ad es. non serve più indicare dettagliatamente le cause del sovraindebitamento nel piano, sebbene la condotta pregressa resti rilevante per la meritevolezza . Inoltre, il nuovo codice ha chiarito che i provvedimenti di omologa o diniego dei piani sono ricorribili per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. (equiparandoli a sentenze) . – Coordinamento con le norme UE: il Regolamento UE 2015/848 sulle insolvenze transfrontaliere si applica anche a queste procedure. Viene confermato il principio di universalità: una volta aperta la procedura di sovraindebitamento in Italia (se qui è il centro degli interessi principali, COMI), essa produce effetti liberatori riconosciuti in tutti gli altri Stati membri . Torneremo su questo aspetto nelle FAQ relative ai creditori esteri.
Esdebitazione del debitore incapiente (cancellazione dei debiti senza pagare nulla)
Una persona nullatenente, senza redditi attuali o prospettici, tradizionalmente non poteva accedere ad alcuna procedura “liberatoria” perché mancava la materia su cui costruire un piano o un accordo (non avendo beni né entrate da offrire ai creditori). Il legislatore ha introdotto nel 2020, e confermato nel Codice della Crisi, la possibilità di un’esdebitazione a “costo zero” per il debitore cosiddetto incapiente. L’art. 283 del Codice della Crisi prevede che il debitore persona fisica, meritevole ma privo di qualunque capacità di adempiere, possa chiedere al tribunale la cancellazione di tutti i propri debiti senza alcun pagamento . I presupposti sono stringenti: – Il debitore non deve aver beneficiato di altra esdebitazione negli ultimi 10 anni e non deve aver fatto atti in frode ai creditori. – La situazione di totale insolvenza non deve essere imputabile a dolo o colpa grave (serve la “meritevolezza” come negli altri strumenti). – Non devono esistere neppure parziali prospettive di rimborso: se il debitore possiede anche minime utilità liquidabili (es. un veicolo di modesto valore), di norma dovrebbe tentare una liquidazione controllata. L’esdebitazione incapiente è l’ultima risorsa, riservata a chi davvero non ha nulla.
Se il tribunale accoglie l’istanza, tutti i debiti antecedenti vengono cancellati (esdebitati). In compenso, per i 4 anni successivi, se il debitore dovesse ottenere sopravvenienze di reddito patrimonialmente rilevanti (es. un’eredità, una vincita, un reddito insperato), è obbligato a comunicarlo ai creditori e il tribunale può revocare o ridurre l’esdebitazione facendoli partecipare a queste sopravvenienze. Trascorsi i 4 anni senza miglioramenti economici significativi, l’esdebitazione diventa definitiva. Questa misura permette dunque al debitore onesto ma sfortunato di tornare “pulito”, evitando di rimanere schiacciato a vita da debiti impagabili . In dottrina si è parlato di “fresh start” o “esdebitazione umanitaria”. Va sottolineato che i debiti alimentari, risarcitori da illecito e debiti penali restano esclusi: non si cancellano con questa procedura (art. 280 Cod. Crisi). La giurisprudenza sta affrontando ora i primi casi: il Tribunale di Nola, ad esempio, nell’ottobre 2025 ha enfatizzato che nel valutare la meritevolezza dell’incapiente occorre tener conto anche di eventuali responsabilità delle banche nel sovraindebitamento (concessione imprudente di credito), attenuando il giudizio sul debitore quando c’è stata scorrettezza altrui .
Le procedure disponibili: panoramica (Piano del consumatore, Concordato minore, Liquidazione controllata)
Il Codice della Crisi prevede diverse forme procedurali per adattarsi alle varie tipologie di debitori sovraindebitati . In parte riprendono quelle già esistenti nella L. 3/2012, con modifiche terminologiche e di dettaglio. Ecco un quadro sintetico delle tre procedure principali:
- Piano del consumatore (ora “Ristrutturazione dei debiti del consumatore”): destinato esclusivamente al debitore consumatore, cioè persona fisica che ha contratto obbligazioni per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale . È una proposta unilaterale del debitore che non richiede l’approvazione dei creditori. Il debitore, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi (OCC) o di un professionista nominato dal giudice, elabora un piano di pagamento parziale dei debiti, tenendo conto di ciò che può ragionevolmente offrire in base al proprio patrimonio e reddito. Il giudice omologa il piano se sono soddisfatti vari requisiti: fattibilità del piano (rate sostenibili, eventuali garanzie), meritevolezza del debitore (che – come detto – non deve aver causato i debiti con frode o colpa grave), e soprattutto il principio del miglior soddisfacimento per i creditori (il piano deve offrire ai creditori almeno quanto otterrebbero liquidando i pochi beni del debitore) . Se il giudice verifica che il piano è conveniente per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria e che il debitore è in buona fede, può omologarlo anche se i creditori sono contrari . Durante la pendenza del procedimento, il giudice può sospendere eventuali procedure esecutive in corso (pignoramenti, aste) per dare respiro al debitore. Una volta omologato, il piano vincola tutti i creditori anteriori (anche dissenzienti) e il debitore deve eseguirlo puntualmente. Al termine, ottiene l’esdebitazione dei crediti residui non soddisfatti: in altri termini, paga quanto previsto (ad esempio il 20% del dovuto in 5 anni) e il restante 80% gli viene cancellato . Esempio: un cittadino ucraino residente in Italia, sommerso da debiti di carte di credito e prestiti personali (contratti per esigenze familiari, non avendo attività d’impresa), può proporre un piano offrendo il pagamento, poniamo, del 20% dell’ammontare totale in 5 anni, utilizzando la parte del suo stipendio che eccede le spese essenziali di vita. Se il giudice vede che in una liquidazione controllata dei beni quel 20% sarebbe superiore a quanto i creditori ricaverebbero vendendo i (pochi) beni del debitore, e accerta che il soggetto non ha agito in malafede, omologherà il piano . Dopo 5 anni di pagamenti regolari, il debitore sarà libero dal restante 80% dei debiti. Giurisprudenza: la Cassazione ha più volte affermato che la meritevolezza nel piano del consumatore va intesa in modo non troppo penalizzante: qualche leggerezza nelle scelte di spesa può essere compatibile col piano, purché non vi sia stato abuso del credito o volontà di non pagare . Ad es., sono stati ammessi piani con debiti derivati dal gioco d’azzardo, subordinando però l’omologa a percorsi di cura per ludopatia, a riprova della buona fede nel voler evitare in futuro le cause del sovraindebitamento . Come detto, oggi è possibile includere nel piano anche debiti fiscali con stralcio parziale, inclusa l’IVA, se lo Stato ottiene almeno quanto in liquidazione – superando il vecchio divieto grazie alla riforma del 2020 e alla giurisprudenza UE e costituzionale . Tribunale di Milano 15/09/2022, ad esempio, ha omologato un piano che prevedeva il pagamento solo parziale dell’IVA, ritenendo soddisfatto il requisito del miglior soddisfacimento rispetto alla liquidazione (i creditori finanziari hanno ricevuto una certa percentuale, l’Erario una percentuale inferiore ma comunque maggiore di zero, mentre in ipotesi di liquidazione non avrebbero ottenuto di più) .
- Concordato minore: è l’erede del vecchio “accordo di ristrutturazione” ex L. 3/2012, pensato per i debitori non consumatori (piccoli imprenditori sotto le soglie di fallibilità, professionisti, ditte individuali, start-up innovative non ancora avviate, associazioni, ecc.) . Si chiama “minore” per distinguerlo dal concordato preventivo delle grandi imprese, ma ne condivide lo schema base: il debitore propone un accordo ai creditori, che deve essere approvato da una maggioranza qualificata di essi (la legge indicava il 60% per l’accordo ex L. 3/2012; il Codice della Crisi prevede percentuali analoghe, attualmente il 60% dei crediti per l’approvazione del concordato minore) . Dunque qui i creditori votano e possono bocciare la proposta. Se la maggioranza approva e il tribunale omologa, l’accordo vincola tutti i creditori anteriori, anche quelli dissenzienti (come un concordato preventivo). Se invece i creditori respingono la proposta, la procedura viene chiusa e di solito si può convertire in una liquidazione controllata (se il debitore lo richiede). I requisiti di accesso sono simili al piano: assenza di atti in frode, nessuna pendenza di altre procedure concorsuali né esdebitazioni avute di recente. Non può accedere chi sarebbe fallibile (sopra soglie di legge) – questi ultimi dovrebbero semmai ricorrere al concordato preventivo ordinario. Nel concordato minore, a differenza del piano del consumatore, non c’è un giudizio stretto di meritevolezza personale; conta piuttosto la convenienza economica per i creditori (che infatti votano secondo il proprio interesse) . Tuttavia, atti di frode o mala fede del debitore possono comunque portare il tribunale a rigettare l’omologa per indegnità. Il concordato minore può essere liquidatorio (prevede la vendita dei beni e la distribuzione del ricavato) oppure in continuità (propone di proseguire l’attività cedendo una parte dei profitti futuri ai creditori, magari ristrutturando l’impresa). La durata di attuazione di solito è attorno ai 4-5 anni, per rientrare in una ragionevole tempistica. Esempio: un piccolo imprenditore extracomunitario (titolare di un ristorante in forma di ditta individuale) con 200.000 € di debiti verso fornitori e banche e 50.000 € verso il Fisco, può proporre un concordato minore offrendo ai creditori, ad esempio, il ricavato della vendita di un immobile secondario di sua proprietà e un ulteriore versamento mensile per 3 anni derivante dagli utili futuri dell’attività . Se i creditori titolari di almeno il 60% dei crediti votano a favore (magari perché convinti che dalla liquidazione otterrebbero di meno), il tribunale omologa l’accordo e anche i dissenzienti ne saranno vincolati . Dopo l’esecuzione (vendita dell’immobile e pagamento delle rate concordate), l’imprenditore otterrà l’esdebitazione del residuo non pagato. Nota: Nel concordato minore i crediti privilegiati (come quelli tributari garantiti da ipoteca, o i dipendenti) vanno soddisfatti almeno quanto otterrebbero sul ricavato dei beni su cui insistono, altrimenti quei creditori possono opporsi all’omologa. Ci sono quindi regole tecniche analoghe a quelle del concordato preventivo ordinario.
- Liquidazione controllata del sovraindebitato: è la procedura concorsuale liquidatoria, simile al fallimento ma applicabile ai soggetti non fallibili o a chi preferisce liquidare i propri beni invece di proporre un piano. Può accedervi sia il consumatore che l’imprenditore minore, e può essere richiesta dallo stesso debitore o dai creditori (in quest’ultimo caso se il debitore è in stato d’insolvenza conclamata). Nella liquidazione controllata viene nominato un gestore della crisi/curatore, si forma l’inventario di tutti i beni del debitore (tranne quelli impignorabili) e si procede a liquidarli per ripartire il ricavato tra i creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione. È uno strumento adatto a chi ha patrimoni da liquidare ma non sufficienza di reddito per offrire un piano in continuità. Il vantaggio per il debitore è che, una volta venduti i beni e ripartito tutto il ricavato, egli può chiedere l’esdebitazione dai debiti residui non pagati (salvo quelli non esdebitabili per legge). La liquidazione controllata dura il tempo necessario a liquidare attivi e distribuire il denaro, dopodiché il debitore è libero. Se durante la procedura il debitore riesce a migliorare la propria situazione, può sempre tentare di convertila in un concordato minore offrendo ai creditori un accordo migliorativo. Nota: questa procedura può essere aperta anche quando un concordato minore fallisce (manca la maggioranza) o viene revocato un piano per inadempimento. In tal caso funge da “rete di sicurezza” per comunque gestire la crisi in forma ordinata.
Riassumiamo in tabella le caratteristiche salienti di queste procedure di sovraindebitamento:
<table> <tr> <th>Procedura (Cod. Crisi)</th> <th>Soggetti ammessi</th> <th>Caratteristiche principali</th> </tr> <tr> <td><strong>Ristrutturazione dei debiti del consumatore</strong><br>(ex Piano del consumatore)</td> <td>Solo <strong>persona fisica “consumatore”</strong> (non imprenditore né professionista). Debiti contratti per scopi personali/familiari.</td> <td>- Proposta unilaterale del debitore, senza voto dei creditori.<br>- Richiede <strong>meritevolezza</strong> (assenza dolo/colpa grave nell’indebitarsi) .<br>- Il giudice valuta fattibilità e convenienza rispetto alla liquidazione; può omologare anche con creditori contrari.<br>- Tutela: sospende pignoramenti in corso, una volta omologato vincola tutti i creditori precedenti.<br>- <strong>Effetto finale:</strong> se il debitore esegue il piano (paga la percentuale stabilita), ottiene l’<strong>esdebitazione</strong> dei debiti residui non pagati.</td> </tr> <tr> <td><strong>Concordato minore</strong><br>(ex Accordo di ristrutturazione)</td> <td>Debitori <strong>non consumatori</strong>: piccoli imprenditori sotto soglie fallimento, imprese agricole, professionisti, start-up, enti non profit con debiti, ecc. (Esclusi soggetti fallibili di grandi dimensioni).</td> <td>- Proposta di <strong>accordo ai creditori</strong>; serve approvazione di una maggioranza (60% crediti) .<br>- Non strettamente richiesta meritevolezza soggettiva, ma niente frodi; focus su convenienza economica per creditori.<br>- Possibile con o senza cessione integrale dei beni (liquidatorio vs. continuità aziendale).<br>- Se approvato e omologato, obbliga tutti i creditori pregressi.<br>- Se respinto, possibile conversione in liquidazione controllata.<br>- Effetto finale: dopo esecuzione dell’accordo (pagamenti/vendite promessi), il debitore ottiene l’<strong>esdebitazione</strong> dei debiti residui.</td> </tr> <tr> <td><strong>Liquidazione controllata</strong><br>(del sovraindebitato)</td> <td>Qualsiasi <strong>debitore sovraindebitato non fallibile</strong>: persona fisica (consumatore o imprenditore minore), soci illimitatamente responsabili di società non fallibili, ecc.<br>Avviabile anche su istanza di creditori o su conversione di altra procedura fallita.</td> <td>- Procedura <strong>liquidativa</strong>: tutti i beni del debitore (eccetto impignorabili) vengono liquidati da un curatore nominato dal tribunale.<br>- Sospende le azioni esecutive individuali (come un fallimento).<br>- I creditori sono soddisfatti secondo prelazioni; eventuali debiti eccedenti restano insoddisfatti.<br>- Il debitore persona fisica, se ha cooperato lealmente, può chiedere a fine procedura la propria <strong>esdebitazione</strong> (liberazione dai debiti residui).<br>- Se il debitore ha zero beni sin dall’inizio, può valutare direttamente l’esdebitazione da incapiente senza procedere alla liquidazione.</td> </tr> <tr> <td><strong>Esdebitazione del debitore incapiente</strong><br>(art. 283 CCII)</td> <td>Persona fisica <strong>nullatenente</strong> e senza redditi pignorabili, in stato di sovraindebitamento, che non sia riuscito ad accedere ad altre procedure per mancanza di attivo.</td> <td>- Procedura <strong>semplificata</strong>: istanza al tribunale per ottenere l’integrale esdebitazione senza pagare nulla.<br>- Richiede <strong>meritevolezza elevata</strong>: nessun dolo o colpa grave, nessun beneficio analogo negli ultimi 10 anni, nessun atto in frode.<br>- Una volta concessa, cancella tutti i debiti pregressi (tranne debiti alimentari, illeciti e sanzioni penali).<br>- Impegno successivo: per 4 anni il debitore deve comunicare ai creditori eventuali nuove entrate significative; se riceve somme rilevanti (es. eredità) una parte va ai creditori, altrimenti l’esdebitazione può essere revocata proporzionalmente.<br>- Misura utilizzabile <strong>una sola volta</strong> nella vita.</td> </tr> </table>
Una domanda frequente è se un cittadino straniero possa accedere a queste procedure come un cittadino italiano. La risposta è sì: la legge sul sovraindebitamento si applica a tutti i debitori civili “non fallibili” che abbiano il proprio centro degli interessi principali in Italia, indipendentemente dalla cittadinanza . Ciò include cittadini UE residenti in Italia e cittadini extra-UE con regolare soggiorno, o anche stranieri non residenti ma con la maggior parte dei debiti/attività qui. L’importante è la competenza territoriale italiana (residenza o domicilio prevalente in Italia, concetto simile a quello di COMI del Regolamento UE sulle insolvenze) . Dunque lo status di immigrato in sé non preclude nulla: in diversi tribunali italiani sono già stati omologati piani del consumatore o liquidazioni di debitori stranieri. Ad esempio, sono noti casi di imprenditori cinesi in Italia dichiarati falliti o sovraindebitati per debiti fiscali e verso fornitori, trattati al pari di imprenditori italiani . Un cittadino ucraino, se vive stabilmente in Italia ed è sopraffatto dai debiti, può quindi rivolgersi al tribunale italiano per attivare queste procedure e cercare un nuovo inizio.
Conseguenze dei debiti sul permesso di soggiorno e sulla protezione del cittadino straniero
Una preoccupazione diffusa tra i cittadini stranieri indebitati è se i debiti possano influire sul permesso di soggiorno, portare a espulsione o complicare una richiesta di protezione internazionale o cittadinanza. Affrontiamo questi punti chiarendo il quadro normativo italiano in materia di immigrazione.
Permesso di soggiorno e debiti: In linea generale, avere debiti civili o fiscali non costituisce di per sé motivo di diniego o revoca di un permesso di soggiorno. Il Testo Unico Immigrazione (D.Lgs. 286/1998) elenca le cause per cui un permesso può essere negato o revocato, e tra queste non figura certo la morosità verso banche o il fisco. Le cause tipiche sono: pericolo per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato (ad esempio condanne per reati gravi), mancanza originaria o sopravvenuta dei requisiti per il tipo di permesso (es. perdita del lavoro per alcuni permessi, venir meno dei legami familiari per i ricongiungimenti), ingresso illegale, ecc. Non esiste una norma che dica “se hai troppi debiti vieni espulso”. Dunque, un cittadino ucraino in Italia non verrà espulso semplicemente perché non paga le rate del prestito o le cartelle esattoriali .
Detto ciò, i debiti possono avere effetti indiretti sulla posizione di soggiorno: – Requisiti di reddito: molti tipi di permesso di soggiorno (ad esempio il permesso UE per soggiornanti di lungo periodo, ex “carta di soggiorno”, o i rinnovi di permesso per lavoro) richiedono di dimostrare un certo reddito minimo o mezzi di sostentamento sufficienti. Se una persona è sommersa dai debiti al punto da non riuscire a mantenere un reddito (perché magari gli pignorano buona parte dello stipendio, o ha chiuso l’attività) potrebbe trovarsi senza lavoro o con reddito insufficiente al rinnovo. Le autorità guardano la situazione economica complessiva: un indebitamento grave che porta alla mancanza di mezzi leciti di sostentamento può far sì che, al momento del rinnovo, il questore ritenga non soddisfatto il requisito del reddito sufficiente e decida di non rinnovare il permesso . Questo non avviene automaticamente e dipende dal tipo di permesso: – Per i permessi di soggiorno per lavoro subordinato o autonomo, di solito serve presentare il CUD o la dichiarazione dei redditi dell’anno precedente. Se i debiti hanno portato alla perdita del lavoro o dell’attività, il problema sarà la mancanza di un contratto o di reddito, non i debiti in sé. – Per il permesso UE di lungo periodo (ex carta di soggiorno), oltre a 5 anni di residenza, si richiede un reddito almeno non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale e l’assenza di motivi di pericolosità. Un cumulo di debiti non pagati potrebbe incidere sul requisito dell’integrazione economica, ma finché non sfocia in situazioni illecite non è motivo formale di diniego. – Debiti fiscali e imprenditori: un caso particolare può essere per chi chiede o rinnova un permesso per lavoro autonomo o per investimento. In fase di rinnovo, oltre al reddito dichiarato, talvolta viene richiesto di comprovare di aver assolto i principali obblighi fiscali. Se un imprenditore ha debiti fiscali enormi e non ha fatto nulla per regolarizzarli, l’autorità potrebbe valutare negativamente la sua capacità di proseguire l’attività lecita. Tuttavia, non c’è una norma che lo vieti esplicitamente; sarebbe più un aspetto di valutazione discrezionale. In ogni caso, avviare procedure come la rateizzazione o il sovraindebitamento per sistemare i debiti dimostrerebbe la volontà di regolarizzare, il che dovrebbe essere apprezzato piuttosto che penalizzato. – Cittadinanza italiana: nella valutazione delle domande di cittadinanza per residenza (art. 9, co.1 lett. f TUI), l’autorità considera anche l’integrazione socio-economica dello straniero. Ufficialmente servono redditi adeguati per almeno 3 anni. Se una persona ha un’economia “disastrata” a causa dei debiti, potrebbe avere difficoltà a dimostrare la continuità di reddito richiesta. Inoltre, in casi estremi, potrebbero essere valutati negativamente gravi inadempimenti verso lo Stato (ad esempio evasione fiscale conclamata). Ma avere debiti in sé non è causa formale di rigetto della cittadinanza, a meno che dietro non vi siano reati (es. una condanna per frode fiscale, il che porta all’ostatività). In passato ci sono state speculazioni sul negare la cittadinanza a chi ha debiti col fisco, ma giuridicamente non vi sono norme in tal senso: contano assenza di precedenti penali gravi e reddito lecito minimo.
Espulsione amministrativa: L’espulsione è un provvedimento grave, disposto dal Prefetto o dal Ministro, che comporta l’allontanamento coatto dello straniero dal territorio nazionale. Nel T.U. Immigrazione sono previste varie ipotesi, tra cui: ingresso illegale, soggiorno senza permesso, motivi di sicurezza dello Stato, terrorismo, appartenenza a associazioni mafiose o pericolose, condanne per reati particolarmente gravi (reati ostativi). Non esiste l’espulsione per debiti: l’Italia non prevede l’allontanamento di uno straniero solo perché insolvente . Una persona indebitata, se ha un regolare permesso, non può essere espulsa finché rinnova il permesso e non commette violazioni della legge sull’immigrazione. Un’eccezione da citare a livello teorico: l’art. 13, co. 2, lett. c) del TUI prevede l’espulsione di chi “appartiene a categorie di persone che lo Stato ha deciso di allontanare per prevenire minacce alla sicurezza pubblica”. In passato, prima dell’adesione di Romania e Bulgaria all’UE, era stato tentato di espellere cittadini comunitari indigenti come “oneri eccessivi per lo Stato”, ma tali provvedimenti sono stati ritenuti illegittimi. Per i non comunitari, tecnicamente l’autorità potrebbe cercare di sostenere che una persona che vive di espedienti o senza mezzi rappresenti un rischio sociale, ma si tratta di situazioni limite e comunque dovrebbero esserci elementi concreti (ad es. persona dedita ad attività illecite per far fronte ai debiti). In pratica, nessuno verrà prelevato dalla polizia e messo su un aereo perché non ha pagato dei debiti civili .
Protezione internazionale e temporanea: Chi gode dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria non perde tali status per ragioni economiche. Le Convenzioni internazionali e la normativa UE prevedono che solo determinati atti (come reati gravi, pericolo per la sicurezza nazionale, cessazione delle condizioni che avevano portato al riconoscimento della protezione) possano giustificare la revoca o la cessazione di uno status di protezione. Avere debiti non rientra in alcun modo tra questi motivi. Semmai, un rifugiato insolvente può incontrare gli stessi problemi pratici di qualunque debitore (pignoramenti di eventuali sussidi se pignorabili, difficoltà economiche nel rifarsi una vita, ecc.), ma non rischia di perdere la protezione per questo. Un discorso analogo vale per la protezione temporanea concessa agli sfollati dall’Ucraina dopo il 2022: tale protezione (istituita dalla Decisione UE 2022/382) è stata prorogata fino al 4 marzo 2026 dal Consiglio UE e garantisce il diritto di soggiorno, accesso al lavoro, all’alloggio, all’assistenza medica e sociale in Italia . Essa non può essere revocata individualmente per motivi economici, essendo una misura umanitaria collettiva. Dunque un titolare di permesso per protezione temporanea (molti cittadini ucraini in Italia rientrano in questa categoria) non perde il permesso se ha dei debiti. Quando la protezione temporanea terminerà (attualmente prorogata fino al 2026) e il titolare dovrà eventualmente convertire il permesso in un permesso ordinario (es. per lavoro), torneranno a valere i criteri comuni visti sopra riguardo al reddito sufficiente.
In sintesi: i debiti in Italia non comportano espulsione automatica e non costituiscono di per sé un motivo di revoca del permesso di soggiorno . Ciò che può capitare, però, è che l’indebitamento trascini la persona in una condizione di indigenza o irregolarità lavorativa che indirettamente rende difficile il rinnovo del permesso (perché manca il lavoro, manca il reddito dimostrabile). In tali casi, è essenziale non isolarsi: esistono vie legali per gestire i debiti (come abbiamo visto) e reti di assistenza. Evitare l’illegalità è fondamentale: se per disperazione il debitore compie reati (es. furti, truffe) per far fronte ai debiti, questo sì può portare alla perdita del permesso e all’espulsione. Ma il debito in sé è un fatto civile, non penale. Anche dichiarare bancarotta fraudolenta (ad esempio distruggendo o occultando beni per non farli pignorare) è un reato grave e, oltre alle pene, potrebbe implicare espulsione a fine pena per lo straniero. Ma se il debitore agisce in buona fede e utilizza gli strumenti legali (anche la liquidazione del patrimonio se necessario), non ha nulla da temere sul fronte della regolarità del soggiorno.
Per concludere, dal punto di vista del diritto dell’immigrazione, il cittadino straniero indebitato dovrebbe concentrarsi su come risolvere o ridurre i propri debiti (per il proprio benessere economico), ma non temere di essere cacciato dall’Italia per questo. Come affermato efficacemente, “nessuno verrà espulso soltanto perché non paga i debiti” . Al contrario, regolarizzare la propria posizione debitoria può aiutare anche in future richieste (ad es. per la cittadinanza, dimostrando di non avere pendenze gravi col Fisco, di essersi integrato rispettando le leggi fiscali, ecc.).
Di seguito, una sezione di Domande Frequenti per ricapitolare i dubbi più comuni e le relative risposte, in modo da chiarire ulteriormente gli aspetti pratici discussi finora.
Domande Frequenti (FAQ) – Debitore straniero e debiti in Italia
D: Un cittadino straniero (ad es. ucraino) può accedere alle stesse procedure di sovraindebitamento di un cittadino italiano?
R: Sì. La legge italiana sul sovraindebitamento si applica a tutti i debitori civili non fallibili che abbiano il centro dei propri interessi in Italia, indipendentemente dalla cittadinanza . Quindi un cittadino ucraino regolarmente soggiornante in Italia ha gli stessi strumenti a disposizione. L’importante è che la competenza territoriale sia italiana, cioè che il debitore abbia residenza o domicilio prevalente qui. Straniero o italiano non fa differenza: già ci sono stati stranieri (UE ed extra-UE) che hanno beneficiato di piani del consumatore, concordati minori ed esdebitazioni nei tribunali italiani . Naturalmente, se il cittadino ucraino trasferisce poi il suo centro di interessi in un altro Paese (es. torna stabilmente in Ucraina o si sposta in un altro Stato UE), le procedure andranno eventualmente attivate in quel Paese secondo le leggi locali. Ma finché il grosso della situazione debitoria è in Italia ed egli vive qui, può usare le procedure italiane.
D: I debiti vengono cancellati automaticamente dopo un certo numero di anni (prescrizione)?
R: No, i debiti non “spariscono” automaticamente solo col passare del tempo, a meno che il creditore non resti del tutto inerte oltre i termini di prescrizione e il debitore sollevi tale eccezione in giudizio . Come spiegato, la prescrizione è l’istituto giuridico che estingue un credito se non viene esercitato entro un certo periodo, variabile a seconda del tipo di credito (generalmente 10 anni per crediti da contratto o sentenza, 5 anni per crediti periodici, tributi locali 5 anni, ecc.) . Tuttavia, basta un atto formale del creditore (diffida, precetto, ecc.) per interrompere il decorso della prescrizione e far ripartire il conteggio da capo . In pratica è raro che un creditore di un importo significativo resti inattivo per tutto il periodo di prescrizione senza fare nulla. Inoltre, come visto, se anche il termine è trascorso ma il creditore agisce, spetta al debitore eccepire la prescrizione: se non lo fa, il giudice non la applica d’ufficio . Quindi non si può fare affidamento sulla sola inattività sperando che il debito “muoia”: conviene sempre monitorare e, se i termini sono passati, attivarsi per far valere la prescrizione formalmente (magari con l’aiuto di un legale) per ottenere l’annullamento del debito. In sintesi: la prescrizione può liberare dal debito, ma richiede attenzione e azione dal lato del debitore, non avviene magicamente.
D: Ho debiti in Italia ma voglio trasferirmi all’estero: posso essere espulso per i debiti?
R: No, l’Italia non prevede l’espulsione amministrativa di uno straniero per il semplice fatto di avere debiti civili . Le uniche espulsioni sono quelle per soggiorno irregolare o motivi di ordine pubblico/sicurezza o condanne penali gravi. La morosità verso banche o verso il fisco non rientra tra i motivi di espulsione. Un debitore straniero insolvente, finché mantiene un permesso valido o un diritto al soggiorno (es. protezione temporanea), non viene allontanato. Tuttavia, attenzione ai permessi di lungo periodo o alla cittadinanza: come detto sopra, se la tua situazione economica è disastrosa (nessun reddito, dipendenza da aiuti pubblici) ciò può incidere negativamente quando chiedi un permesso UE di lungo periodo o la cittadinanza, perché lì valutano il livello di integrazione e autosufficienza economica . Ad esempio, per la carta di soggiorno UE serve dimostrare un reddito minimo: se i debiti ti portano a non avere reddito, rischi il mancato rinnovo per mancanza di mezzi. Ma questo è un effetto indiretto. Nessuno verrà a deportarti semplicemente perché hai debiti non pagati. Diverso è se pendi un ordine di carcerazione per reati collegati (tipo frode, bancarotta fraudolenta): in tal caso, al termine della pena potresti subire l’espulsione come misura di sicurezza, ma lì si parla di reati, non del debito in sé .
D: Un creditore può pignorare beni che ho all’estero, se sono straniero?
R: Dipende. All’interno dell’UE, sì, ci sono strumenti di cooperazione che lo permettono. Ad esempio, un creditore italiano con un titolo esecutivo può ottenerne il riconoscimento automatico in un altro Stato membro grazie al Regolamento UE 1215/2012 (Bruxelles I) . Può anche utilizzare il procedimento europeo di ingiunzione (Reg. 1896/2006) o il titolo esecutivo europeo per crediti non contestati (Reg. 805/2004) per agire direttamente in UE. In concreto, se vivi in Germania, potresti vederti notificare lì un precetto tradotto e subire un pignoramento sul tuo conto tedesco o sul tuo stipendio, tramite le autorità locali, su richiesta del creditore italiano . Esiste anche uno strumento specifico: l’ordine europeo di sequestro conservativo dei conti (Reg. 655/2014) per congelare conti bancari in UE . Fuori dall’UE, dipende dai trattati tra Italia e quel Paese. In genere, senza trattato specifico, un creditore italiano dovrebbe avviare un procedimento ex novo nello Stato estero per far riconoscere la sentenza italiana e poi eseguirla secondo le leggi locali . Ad esempio, se un debitore marocchino lascia l’Italia e ha una casa in Marocco, un creditore italiano non può far nulla tramite i tribunali italiani direttamente; dovrebbe far riconoscere la sentenza italiana in Marocco e poi chiedere il pignoramento lì. Questo è complicato, a meno che non esistano convenzioni di reciprocità con quel Paese. In mancanza, spesso il creditore lascia perdere se il debitore è fuori UE. Attenzione però: se quel debitore un giorno vendesse la casa all’estero e portasse i soldi in un conto in Europa, quei fondi diventerebbero attaccabili perché ora si trovano in giurisdizione UE . In sintesi: i beni localizzati fuori dall’Europa sono relativamente al sicuro (salvo eccezioni), quelli in area UE no, perché vige il mutuo riconoscimento delle decisioni . Dunque un cittadino ucraino che possiede un appartamento in Ucraina probabilmente non rischia che un creditore italiano glielo pignori, soprattutto in questo periodo in cui l’Ucraina non è nell’UE e ha altre priorità. Ma se lo stesso cittadino ha un conto in Polonia o compra una casa in Spagna, quei beni potrebbero essere raggiunti da un procedimento europeo derivante dal titolo italiano.
D: Un imprenditore straniero può essere dichiarato fallito in Italia? O una persona straniera può “fare fallimento” come in altri Paesi?
R: Sul piano concorsuale, conta il luogo dove l’attività economica è svolta, non la cittadinanza. Se un imprenditore (anche straniero) esercita in Italia un’impresa di dimensioni sopra le soglie di fallibilità (art. 1 L.Fall., ora Codice della Crisi), può essere soggetto a liquidazione giudiziale (il nuovo nome del fallimento) esattamente come un italiano . È il caso, per esempio, di imprenditori cinesi o nordafricani operanti in Italia che sono stati dichiarati falliti dai tribunali italiani per debiti verso fornitori e Fisco: ciò avviene, la cittadinanza è irrilevante . Per quanto riguarda le persone fisiche non imprenditori, in Italia non esiste il fallimento della persona (diversamente da altri ordinamenti). Non possiamo “dichiarare fallito” un individuo consumatore; al suo posto ci sono le procedure di sovraindebitamento illustrate sopra. Quindi il cittadino straniero persona fisica non “fallisce” tecnicamente, ma può ricorrere al piano del consumatore, liquidazione controllata, ecc., per ottenere l’esdebitazione . Se invece il cittadino straniero rientra nel suo Paese d’origine, potrebbe lì accedere a eventuali procedure locali: ad esempio, un cittadino inglese indebitato in Italia che torna a Londra potrebbe attivare la bankruptcy individuale prevista dal diritto inglese (che dura circa 1 anno), ottenendo lì la liberazione dai debiti. Però, attenzione: se il suo centro principale di interessi e debiti era in Italia, l’ordinamento inglese potrebbe non riconoscere immediatamente un fallimento aperto in UK fuori dalle regole UE (post-Brexit, l’UK ha proprie norme di riconoscimento) . In generale, non c’è bisogno di “fallire all’estero”: se sei qui e i debiti sono qui, conviene usare le procedure italiane, anche perché come abbiamo detto i loro effetti vengono riconosciuti in UE. Quindi: l’imprenditore straniero può essere assoggettato a procedura concorsuale italiana se lavora qui; la persona fisica straniera può usare il sovraindebitamento in Italia (ma non c’è un fallimento personale come in USA o UK).
D: Ho un debito con una banca italiana ma ora vivo all’estero e non ho nulla in Italia. Possono farmi qualcosa?
R: Se vivi nell’UE, molto probabilmente sì, possono ancora perseguiti. La banca italiana può ottenere un titolo esecutivo (se non l’ha già, tramite decreto ingiuntivo) e farlo valere dove risiedi. Come spiegato, possono tradurre il titolo e attivare un ufficiale giudiziario locale. Ad esempio, se ti sei trasferito in Germania, potresti ricevere un precetto secondo le forme tedesche e vederti pignorare il conto tedesco o lo stipendio in base a un’azione attivata dal creditore italiano tramite le autorità tedesche . Se invece vivi fuori dall’UE e non hai asset in Europa, le probabilità di subire un’azione effettiva calano di molto. Dipenderà da quanto è aggressivo il creditore e se ci sono accordi tra Italia e il tuo nuovo Paese. Ad esempio, se ti sei trasferito in Ucraina, allo stato attuale un creditore italiano avrebbe molte difficoltà a recuperare lì (non c’è un trattato specifico esecutivo, e per giunta c’è la situazione bellica). Ma attenzione: il debito rimane esistente. Anche se per ora non ti possono toccare, se un giorno apri un conto in un paese UE o torni in Italia, quel vecchio debito potrebbe riaffiorare . Inoltre le banche spesso cedono i crediti inesigibili a società di recupero specializzate, anche internazionali, che potrebbero un giorno ricomparire. Quindi non c’è mai la certezza assoluta finché la prescrizione non matura definitivamente (e come detto, di solito la interrompono).
D: Cosa succede se non pago i debiti e rimango in Italia senza fare nulla?
R: In Italia, come visto, il creditore ha molti strumenti per colpire il tuo patrimonio: dal pignoramento del conto corrente (blocco delle somme disponibili) al pignoramento dello stipendio/pensione (il datore di lavoro trattiene una quota ogni mese), dai pignoramenti mobiliari (ufficiale giudiziario che porta via beni mobili, auto, ecc.) al pignoramento immobiliare (messa all’asta della casa) . Inoltre, i debiti con banche e finanziarie possono portare alla segnalazione nelle banche dati dei cattivi pagatori (CRIF, Centrale Rischi Bankitalia, etc.), pregiudicando la possibilità di ottenere nuovi finanziamenti . Per i debiti fiscali, come abbiamo detto, scattano misure specifiche: fermo amministrativo dell’auto, ipoteca legale sugli immobili già prima dell’asta, fermi di pagamento su eventuali crediti d’imposta, ecc. . Insomma, se non paghi e non fai nulla, subisci passivamente l’esecuzione forzata finché il creditore trova qualcosa da aggredire. Se oggi non hai nulla, ma tra qualche anno ottieni un lavoro o un’eredità, quel creditore potrebbe ancora rifarsi vivo con il suo titolo esecutivo in mano, pronto a colpire . Rischi anche che gli interessi di mora e le spese legali facciano crescere il debito nel frattempo. Ignorare il problema raramente lo risolve, anzi spesso lo aggrava (perché ad esempio potresti perderti la possibilità di contestare vizi iniziali del debito se non reagisci in tempo). Meglio affrontarlo attivamente: puoi tentare un accordo transattivo col creditore (ad esempio offrire un saldo e stralcio, pagando una parte e facendoti stralciare il resto), oppure chiedere una rateizzazione (i creditori istituzionali come Agenzia Entrate spesso concedono piani diluiti, come visto) , oppure, se la situazione è fuori controllo, valutare la procedura di sovraindebitamento per uscire definitivamente dal tunnel ottenendo l’esdebitazione .
In sintesi, rimanere inerti in Italia con debiti porta prima o poi a pignoramenti, stress finanziario e isolamento creditizio. È più saggio affrontare i creditori a viso aperto, far valere i propri diritti (se il debito non è dovuto in tutto o in parte) o cercare soluzioni legalmente previste (dilazioni, piani, procedure concorsuali minori) per riprendere il controllo.
D: Se ottengo l’esdebitazione in Italia, i miei creditori esteri sono obbligati a rispettarla?
R: All’interno dell’Unione Europea, sì. Un provvedimento di esdebitazione (liberazione dai debiti) emesso da un tribunale italiano nell’ambito di una procedura di insolvenza – ad esempio l’omologazione di un piano del consumatore o il decreto di chiusura di una liquidazione controllata con esdebitazione – è riconosciuto automaticamente in tutti gli altri Stati membri UE, in virtù del Regolamento UE 2015/848 sulle procedure d’insolvenza . Ciò significa che, se avevi un debito verso una banca francese e il tuo piano del consumatore omologato in Italia prevede che quel credito venga pagato solo al 30% e il resto cancellato, la banca francese non potrà legalmente agire in Francia per il restante 70%, perché l’esdebitazione italiana dev’essere riconosciuta e produce effetti ovunque nell’UE . Ci sono state pronunce in tal senso che confermano il principio di universalità della procedura principale. Fuori dall’UE, invece, la questione dipende dal Paese: alcuni ordinamenti riconoscono volontariamente le bancarotte straniere (ad es. gli USA tendono a rispettare l’effetto “discharge” dei bankruptcy esteri, specialmente se coinvolge loro cittadini, per cortesia internazionale), ma altri potrebbero ignorarla del tutto . Quindi è possibile che un creditore extra-UE, non vincolato da norme europee, tenti comunque di riscuotere nonostante l’esdebitazione – magari sostenendo che la liberazione dei debiti è contraria all’ordine pubblico locale. Sono casi rari, ma se prevedi situazioni del genere (debiti in paesi extra-UE con normative rigide), dovresti consultare un legale in quel Paese. In pratica, per un creditore UE c’è poco margine: una volta informato dell’esdebitazione, deve cessare ogni pretesa . Per un creditore extra-UE potrebbe essere diverso, ma spesso anche all’estero le aziende rispettano i procedimenti concorsuali stranieri se il debitore non ha più nulla. Comunque, l’esdebitazione italiana copre tutti i debiti del debitore ovunque contratti (purché noti e inclusi nella procedura) . Starà poi al singolo creditore straniero decidere se riconoscerla o sfidarla in patria.
D: La procedura di sovraindebitamento mi permette di cancellare anche debiti che ho nel mio Paese d’origine?
R: Sì, se la procedura italiana è quella principale (cioè se il tuo centro interessi è qui), essa copre tutti i debiti del debitore, ovunque contratti . Ad esempio, un cittadino argentino residente in Italia con debiti sia in Italia che in Argentina può inserire nella procedura italiana entrambe le categorie di debiti. I creditori argentini devono essere avvisati e possono partecipare come gli altri (magari nominando un domiciliatario in Italia), e l’esdebitazione deliberata qui riguarderà tutti i debiti . Rimane però un limite pratico: se un creditore straniero (fuori UE) ignora la procedura, potrebbe provare comunque a farsi pagare nel suo Paese. Formalmente, quel creditore dovrebbe chiedere al proprio tribunale di riconoscere l’effetto esdebitativo del provvedimento italiano – cosa non garantita, dipende dalle leggi locali . Ad esempio, se hai un debito in Ucraina e fai un piano qui che lo include e lo taglia, l’autorità ucraina dovrebbe decidere se riconoscere la sentenza italiana. Data la mancanza di accordi specifici, potrebbe anche non farlo. Quindi, entro l’UE stai tranquillo: i creditori europei sono vincolati. Fuori UE, di solito il debitore gode comunque del fatto che se lui resta fuori dal Paese del creditore, quel creditore ha poche leve (a meno di inseguire eventuali beni del debitore in Paesi dove l’esdebitazione non vale, ipotesi alquanto sofisticata). In conclusione, la procedura italiana mira a darti un fresh start globale, ma l’effettività fuori dai confini UE può variare.
D: Dopo l’esdebitazione, rimango segnalato come cattivo pagatore?
R: Domanda importante. Parliamo delle centrali rischi private tipo CRIF, Experian, Cerved: in genere, una volta chiusa la procedura e cancellati i debiti, il debitore può attivarsi per far aggiornare i dati e risultare “pulito”. Tuttavia, spesso l’indicazione del passato insolvente rimane per qualche tempo, secondo le policy di queste banche dati (di solito, i contratti non pagati restano segnalati per 36 mesi dall’ultimo aggiornamento, poi cadono) . Se l’esdebitazione avviene con provvedimento del giudice, quell’annotazione non è pubblica come un protesto (non esiste un registro pubblico dei “sovraindebitati esdebitati”), ma i dati possono risultare a chi fa visure approfondite. Ad esempio, la Centrale Rischi della Banca d’Italia registra i debiti verso banche >30k €: in caso di accordo o piano andato a buon fine, la banca dovrebbe segnalare la chiusura a saldo del debito; l’insolvenza pregressa potrebbe risultare ancora per un certo periodo, ma accompagnata dall’indicazione che c’è stata un’esdebitazione omologata dal tribunale. Il Registro Informatico dei Protesti riguarda solo assegni e cambiali non pagati: se il debitore aveva emesso assegni a vuoto, quell’iscrizione resta (va eventualmente cancellata a parte dopo un anno pagando il dovuto o con riabilitazione). L’esdebitazione in sé non produce un certificato di “affidabilità creditizia” – giuridicamente annulla i debiti, ma dal punto di vista del mercato del credito sta al debitore ricostruirsi una reputazione col tempo . In pratica, dopo un’esdebitazione, è consigliabile: – Verificare presso CRIF & simili che i crediti risultino chiusi e chiedere eventualmente l’aggiornamento/cancellazione delle posizioni (fornendo copia del decreto di omologa e attestando il pagamento effettuato secondo il piano). – Evitare di richiedere subito nuovi prestiti se non strettamente necessario, e utilizzare responsabilmente eventuali piccoli crediti per ristabilire credit score (ad es. una carta di credito con saldo sempre pagato). – Se c’erano protesti di cambiali, occuparsi di cancellarli tramite riabilitazione presso il tribunale competente una volta trascorso il tempo previsto.
In ogni caso, l’esdebitazione consente di ripartire da zero giuridicamente: non potrai più essere perseguito per quei debiti. Ma agli occhi di una banca potresti risultare, per un po’, come uno che ha avuto problemi. Con buona condotta finanziaria negli anni successivi, quell’ombra svanirà. Molte banche, peraltro, guardano più alle cause di insolvenza: sapere che uno ha risolto i debiti con una procedura legale e supervisione di un giudice talvolta è considerato meno negativo che un insolvente che ha ancora mille contenziosi aperti. Quindi c’è chi vede l’esdebitazione come un “certificato di risoluzione della crisi” – dipende dai punti di vista. In definitiva: dopo un’esdebitazione potrai rifarti una vita economicamente parlando, ma con la consapevolezza di dover riguadagnare la fiducia del sistema creditizio.
D: A chi posso rivolgermi per avviare la procedura di sovraindebitamento o per farmi assistere con i debiti?
R: Puoi rivolgerti agli Organismi di Composizione della Crisi da sovraindebitamento (OCC), che sono enti (spesso costituiti presso gli Ordini professionali o le Camere di Commercio) autorizzati a gestire queste procedure. Ogni tribunale ha un elenco di OCC e gestori della crisi disponibili. Puoi anche rivolgerti a un avvocato esperto in diritto fallimentare/sovraindebitamento o a un commercialista specializzato in crisi d’impresa: questi professionisti spesso fanno parte di OCC o collaborano con essi. Saranno in grado di esaminare la tua situazione e consigliarti la strada migliore (accordo, piano, liquidazione). Considera che la legge prevede la nomina di un gestore terzo (il cosiddetto “gestore della crisi” o “OCC”) che ti assisterà nella predisposizione del piano o accordo, quindi dovrai comunque passare attraverso queste figure tecniche. Molti OCC offrono un primo colloquio informativo gratuito. Inoltre esistono associazioni e sportelli di assistenza ai consumatori indebitati che possono indirizzarti (ad es. Fondazione antiusura, Movimento Consumatori, ecc.). Se invece parliamo di debiti fiscali e cartelle, ci si può rivolgere anche ad un difensore tributario (avvocato tributarista o commercialista) per valutare ricorsi o istanze di sgravio. In definitiva, non sei solo: in ogni città italiana ci sono professionisti qualificati per aiutare chi è in difficoltà con i debiti. Il primo passo – spesso il più difficile psicologicamente – è ammettere la situazione e chiedere aiuto. Fatto quello, ti accorgerai che una soluzione legale, pur magari non indolore, esiste.
Conclusione
Essere un cittadino ucraino con debiti in Italia non significa essere senza difese. L’ordinamento italiano offre numerosi strumenti per chiarire, contestare e risolvere la propria situazione debitoria al pari di qualunque altro contribuente . Abbiamo visto che il debitore ha diritti precisi: può controllare la legittimità delle richieste, può opporsi a pretese ingiuste, può chiedere dilazioni o riduzioni, e nei casi più gravi può ricorrere alla legge per ottenere un fresh start attraverso l’esdebitazione. Tutto ciò prescinde dalla nazionalità: un cittadino straniero in Italia ha gli stessi diritti e doveri di un italiano quando si tratta di debiti civili e fiscali.
Dal punto di vista pratico, il consiglio finale è di affrontare il problema a testa alta ma con la dovuta consulenza: rivolgersi ad un professionista (avvocato, commercialista o organismo specializzato) per esaminare i documenti, pianificare una strategia e interagire con i creditori o con il tribunale. Evitare il fai da te soprattutto se la situazione è complessa: le procedure legali, se mal gestite, possono decadere o essere rigettate, mentre con un supporto esperto aumentano le chance di successo.
Ricordiamo inoltre che la normativa è in evoluzione costante: nuove sentenze della Cassazione possono chiarire dubbi applicativi (ad es. su notifica delle cartelle estero, su meritevolezza nel sovraindebitamento, ecc.), e le leggi di Bilancio possono introdurre occasionalmente opportunità di sanatoria (rottamazioni, condoni). Conviene dunque mantenersi aggiornati o affidarsi a chi è aggiornato, per cogliere eventuali occasioni favorevoli. Questa guida fa riferimento al quadro normativo e giurisprudenziale vigente fino a ottobre 2025; qualora leggiate in data successiva, verificate se vi siano state modifiche legislative o pronunce di rilievo nel frattempo.
In conclusione, se ti trovi in difficoltà con debiti e cartelle esattoriali in Italia, non disperare e non isolarti. Informati sui tuoi diritti, valuta con calma le opzioni e agisci per tempo. Con la giusta assistenza, è possibile difendersi da pretese illegittime, e persino ripartire da zero lasciandosi i debiti alle spalle – soprattutto se hai agito in buona fede. L’Italia, da diversi anni, ha predisposto strumenti di tutela sia per i creditori che per i debitori onesti: farne uso è segno di responsabilità, non di sfiducia. Come recita un motto giuridico, “ubi jus, ibi remedium”: a ogni lesione o difficoltà corrisponde un rimedio nell’ordinamento – basta conoscerlo e attivarlo correttamente. Buona fortuna per il tuo nuovo inizio!
Fonti e Riferimenti Normativi
- Codice Civile: Artt. 2740-2744 c.c. (responsabilità patrimoniale e garanzia generica), art. 2910 c.c. (esecuzione forzata sui beni), art. 2934 e segg. c.c. (prescrizione estintiva), art. 2946 c.c. (prescrizione decennale ordinaria), art. 2948 c.c. (prescrizioni quinquennali).
- Codice di Procedura Civile: Artt. 482 e segg. c.p.c. (precetto ed esecuzione forzata), 514 c.p.c. (beni mobili impignorabili), 515 c.p.c. (limiti pignoramento beni d’impresa), 543 e segg. c.p.c. (pignoramento presso terzi), 555 e segg. c.p.c. (pignoramento immobiliare), 615 c.p.c. (opposizione all’esecuzione), 617 c.p.c. (opposizione agli atti esecutivi). L’art. 545 c.p.c. – fondamentale – elenca i limiti di pignorabilità di stipendi e pensioni (quota di 1/5, minimo vitale impignorabile, ecc.) .
- Testo Unico Immigrazione: D.Lgs. 25 luglio 1998 n. 286, in particolare art. 13 (casi di espulsione amministrativa) e art. 9 (permesso UE per soggiornanti di lungo periodo – requisito reddito), art. 26 (permesso per lavoro autonomo). Nessuna disposizione prevede l’espulsione per debiti civili . L’espulsione può conseguire solo a motivi tassativi (sicurezza, immigrazione clandestina, condanne gravi).
- Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 (in vigore dal 15/07/2022) . Articoli rilevanti: art. 2 (definizioni, incluso sovraindebitamento), artt. 65-83 (procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento: ristrutturazione debiti consumatore, concordato minore), artt. 268-277 (liquidazione controllata del sovraindebitato), artt. 278-283 (esdebitazione del debitore incapiente). Modificato dal D.Lgs. 147/2020 e D.Lgs. 83/2022 in sede di correzione.
- Legge 27 gennaio 2012 n. 3: (vecchia legge sul sovraindebitamento, oggi abrogata) – utile per i principi e la giurisprudenza formata fino al 2022. Introduceva piano del consumatore, accordo, liquidazione. Principi sostanzialmente confermati nel Codice della Crisi, con modifiche su meritevolezza e IVA.
- Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602: Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito. Articoli chiave: art. 49 (ruoli e cartelle), art. 72-bis e 72-ter (pignoramento presso terzi da parte dell’Agente della Riscossione, con limiti su stipendi: 1/10, 1/7, 1/5 a seconda delle fasce ), art. 76 (limiti al pignoramento immobiliare – impignorabilità prima casa e soglie di €120.000 ), art. 77 (ipoteca esattoriale), art. 86 (fermo amministrativo). Modificato dal D.L. 69/2013 (Decreto del Fare) che ha introdotto i vincoli sulla prima casa e ampliato da normative emergenziali COVID (sospensioni termini, non più in vigore).
- D.Lgs. 46/1999: Norme su ruoli per entrate patrimoniali e previdenziali. Rilevante perché prevede termini peculiari per impugnare cartelle di contributi (40 giorni, art. 24). Anche la L. 335/1995 (riforma pensioni) ha ridotto a 5 anni la prescrizione contributi INPS.
- Leggi di Bilancio 2023 e 2024: Legge 29 dicembre 2022 n. 197 (Bilancio 2023) commi 222-230 – Stralcio dei debiti fino a €1.000 (2000-2015) e commi 231-252 – Definizione agevolata 2023 (c.d. rottamazione-quater) . Legge 29 dicembre 2023 n. 197 (Bilancio 2024, curiosamente stessa numerazione) – ha prorogato alcuni termini della rottamazione e previsto possibilità di riammissione ai piani decaduti.
- Legge 218/1995: Riforma del diritto internazionale privato italiano. Art. 64 (riconoscimento di sentenze straniere ipso iure se certe condizioni minime sono rispettate), art. 67 (esecutività delle sentenze straniere: va chiesta dichiarazione di esecutività alla Corte d’Appello competente). Richiede: giurisdizione conforme ai criteri italiani, rispetto del contraddittorio, sentenza definitiva, non contrarietà a ordine pubblico, ecc. . Questo è il quadro giuridico per far valere in Italia sentenze estere (ad es. il caso del debito da gioco d’azzardo legalmente contratto all’estero e riconosciuto in Italia: Cass. 1163/2013 ).
- Regolamenti UE rilevanti:
- Regolamento (UE) n. 1215/2012 (Bruxelles I “rifusione”): su riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale tra Stati membri. Elimina l’exequatur per i titoli giudiziari: le sentenze civili circolano liberamente, con pochi motivi limitati di rifiuto (art. 45) .
- Regolamento (UE) n. 2015/848: sulle procedure di insolvenza transfrontaliere (rifusione Reg. 1346/2000). Rilevante per determinare il COMI (centro interessi principali) e il riconoscimento automatico delle procedure concorsuali all’interno dell’UE. Presunzione di COMI per persona fisica consumatore = residenza abituale, salvo spostamento nei 6 mesi precedenti . Garantisce che un’esdebitazione concessa in uno Stato membro valga ovunque in UE .
- Regolamento (CE) n. 805/2004: Titolo esecutivo europeo per crediti non contestati. Permette di ottenere un certificato allegato a un provvedimento (es. decreto ingiuntivo non opposto) per eseguirlo direttamente in un altro Stato UE senza bisogno di dichiarazione di esecutività.
- Regolamento (CE) n. 1896/2006: introduce il procedimento europeo di ingiunzione di pagamento, utile per creditori transfrontalieri (ad esempio banca italiana può ingiungere debitore trasferito in altro Stato UE).
- Regolamento (UE) n. 655/2014: istituisce l’ordine europeo di sequestro conservativo su conti bancari per facilitare il recupero transfrontaliero dei crediti in materia civile e commerciale .
- Regolamento (UE) n. 904/2010: cooperazione amministrativa in materia fiscale fra Stati membri (riscossione dei crediti tributari all’interno UE). Consente all’Agenzia delle Entrate di chiedere ad esempio alla Germania di riscuotere un’imposta dovuta da un soggetto che si è trasferito lì .
- Regolamento (CE) n. 4/2009: sul riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di obbligazioni alimentari (mantenimento familiare) tra Stati membri . Prevede meccanismi semplificati per far valere in un paese UE le sentenze di altro paese relative ad assegni di mantenimento non pagati.
- Decisione (UE) 2022/382 del Consiglio dell’UE: attivazione dello status di protezione temporanea per i profughi dall’Ucraina (dal 4 marzo 2022 per un anno, poi prorogato automaticamente al 4 marzo 2024). Decisione Consiglio UE 25/06/2024: proroga ulteriore della protezione temporanea fino al 4 marzo 2026 , estensibile di un altro anno. Garantisce agli sfollati ucraini in Italia un permesso con diritti di soggiorno, lavoro, assistenza . Riferimento normativo: Direttiva 2001/55/CE (recepita in Italia dal D.Lgs. 85/2003) sulla protezione temporanea in caso di afflusso massiccio.
- Giurisprudenza (selezione):
- Cassazione Civile, Sez. I, 17 gennaio 2013 n. 1163: ha riconosciuto l’esecutività in Italia di una sentenza straniera di condanna per debito di gioco d’azzardo legalmente contratto all’estero, non ravvisando contrarietà all’ordine pubblico .
- Cassazione Civile, Sez. Unite, 22 febbraio 2018 n. 4485: importante precedente sulla meritevolezza nel piano del consumatore ex L. 3/2012, afferma che la meritevolezza va intesa come assenza di frode o colpa grave nell’indebitarsi; non ogni condotta imprudente preclude l’accesso alla procedura (principio poi recepito dalla riforma 2020).
- Cassazione Civile, Sez. I, 14 marzo 2025 n. 6869: conferma il rigetto di un piano del consumatore revocato in reclamo perché il debitore aveva omesso informazioni essenziali sui suoi debiti pregressi, impedendo alla banca creditrice una corretta valutazione del merito creditizio. Sancisce che la negligenza della banca nel concedere credito non esime il debitore dal dovere di buona fede e trasparenza nella procedura (il tribunale può revocare l’omologa se scopre che il debitore ha nascosto elementi rilevanti).
- Tribunale di Milano, sez. fallimentare, 15 settembre 2022: ha omologato un piano del consumatore che prevedeva il pagamento parziale dell’IVA (falcidia IVA), applicando la L. 176/2020, ritenendo soddisfatto il requisito del miglior soddisfacimento rispetto alla liquidazione . In quel caso, i creditori finanziari venivano pagati al XX%, l’Erario al YY%, e il giudice ha verificato che in una liquidazione il Fisco avrebbe ottenuto ancor meno – quindi ha consentito lo stralcio dell’IVA.
- Cassazione Civile, Sez. III, 26 luglio 2023 n. 22715: in tema di sovraindebitamento di una società semplice e dei soci, ha chiarito che l’accordo di composizione non si estende automaticamente al socio illimitatamente responsabile non inserito nella procedura; è necessario che anche quest’ultimo aderisca per essere esdebitato. (Fonte: DirittoDellaCrisi.it, richiamata in provvedimento) .
- Cassazione Civile, Sez. I, 27 luglio 2023 n. 22900: (ordinanza) ha stabilito che i decreti di omologa o di diniego nelle procedure di sovraindebitamento sono ricorribili per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., in quanto decidono in via definitiva su diritti soggettivi . Ciò chiarisce l’ammissibilità del ricorso anche contro provvedimenti “non formali sentenze” emessi in tali procedure, dato il forte impatto delle decisioni sui debitori e creditori.
- Corte Costituzionale, sentenza 6 dicembre 2017 n. 245: ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 16-septies D.L. 179/2012 (introdotto nel 2015) nella parte in cui non consentiva la falcidia dell’IVA nelle procedure di sovraindebitamento . Questa pronuncia – ancorché resa in un caso di concordato fallimentare – ha spianato la strada alla riforma del 2020 che ha reso possibile includere l’IVA nei tagli di debito anche per i sovraindebitati.
- Cassazione Civile, Sez. I, 4 novembre 2021 n. 31740: ha affermato che l’accordo o piano del consumatore, una volta omologato, ha effetto esdebitativo anche verso i crediti erariali (compresi quelli oggetto di dilazione decaduta), salvo che l’omologazione sia stata impugnata nelle sedi dovute . In pratica ha consolidato il cosiddetto “cram down fiscale” introdotto dalla L. 176/2020, confermando che se l’omologa diventa definitiva, anche il Fisco deve adeguarsi alla cancellazione parziale dei suoi crediti (quindi non può riprenderli fuori dalla procedura).
- Cassazione Civile, Sez. Trib., 2 settembre 2024 n. 23473: (non citata sopra, ma di rilievo) ha ribadito che la notifica della cartella esattoriale può avvenire validamente anche per posta ordinaria con AR direttamente da parte dell’Agente della Riscossione, senza necessità di messo notificatore (tema delle notifiche postali dirette) . Inoltre, Cass. Sez. Trib. 16 maggio 2024 n. 13691 ha chiarito i mezzi con cui l’Agente può provare la notifica (relata vs avviso di ricevimento) . Queste pronunce confermano la tendenza a ritenere valide le notifiche via posta se documentate dall’AR.
- Cassazione Civile, Sez. III, 11 aprile 2023 n. 10072: (anche se non menzionata sopra) interessante perché relativa a debiti di gioco contratti online da uno straniero in Italia: ha escluso la possibilità di considerarli obbligazioni naturali tout court se c’è di mezzo un operatore autorizzato, aprendo alla loro rilevanza giuridica e quindi esigibilità. La pronuncia rafforza l’idea che anche obbligazioni “atipiche” se legalmente assunte all’estero possano essere riconosciute qui, come già visto nel caso del 2013 sui debiti di gioco esteri.
- Consiglio di Stato, Sez. III, 21 novembre 2018 n. 6523: (in materia di immigrazione) ha annullato un diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo fondato sul mancato versamento di alcuni contributi, ritenendo che l’amministrazione non potesse automaticamente desumere l’integrazione insufficiente solo da ciò, dovendo valutare il caso concreto. Pur non essendo direttamente sui debiti fiscali, afferma il principio che non basta qualche pendenza economica per negare il soggiorno, servono elementi di effettiva pericolosità o incapacità totale di mantenersi.
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Hai vissuto o lavorato in Italia come cittadino ucraino e ora hai ricevuto cartelle esattoriali, avvisi o richieste di pagamento dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione?
Hai lasciato l’Italia e temi che questi debiti possano raggiungerti anche in Ucraina?
👉 Non preoccuparti: puoi difenderti e risolvere la tua situazione fiscale, anche se oggi risiedi all’estero.
In questa guida ti spiego cosa succede ai debiti dei cittadini ucraini in Italia, se l’Agenzia delle Entrate può agire in Ucraina, e come bloccare o cancellare le cartelle fiscali con una strategia legale efficace.
💥 Cosa Succede ai Debiti in Italia
Se hai lavorato o avuto residenza in Italia, potresti avere debiti nei confronti di:
- l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (per tasse o imposte non pagate);
- INPS o INAIL (per contributi previdenziali non versati);
- banche o finanziarie (per mutui, prestiti o carte di credito);
- Comuni o Regioni (per multe, TARI, IMU o altri tributi locali).
📌 Questi debiti non si cancellano automaticamente quando lasci l’Italia, ma l’Agenzia delle Entrate non ha potere di riscossione diretto in Ucraina.
⚖️ L’Agenzia delle Entrate Può Agire in Ucraina?
La risposta è no.
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può pignorare beni o conti bancari in Ucraina, perché:
- L’Ucraina non fa parte dell’Unione Europea;
- Non esiste alcun accordo bilaterale di cooperazione fiscale o di riscossione coattiva tra Italia e Ucraina;
- Gli atti italiani non hanno valore legale automatico sul territorio ucraino.
📌 In sintesi: se vivi e hai solo beni in Ucraina, il Fisco italiano non può agire nel tuo Paese.
Tuttavia, se hai beni, conti o redditi in Italia, l’Agenzia può procedere su quelli o riattivare la riscossione se torni nel Paese.
⚠️ Cosa Rischi se Ignori le Cartelle
Anche se vivi all’estero, se non fai nulla l’Agenzia delle Entrate può comunque:
- 🏦 pignorare conti correnti o stipendi rimasti in Italia;
- 🏠 iscrivere ipoteche su immobili o terreni italiani;
- 🚗 bloccare veicoli con fermi amministrativi;
- 💰 aumentare gli importi dovuti con interessi e sanzioni;
- ⚖️ riattivare la riscossione se rientri o riapri un’attività in Italia.
📌 Anche se risiedi in Ucraina, è importante verificare e gestire la tua posizione fiscale in Italia per evitare future complicazioni.
💠 Cosa Fare Subito per Difendersi
1️⃣ Verifica la tua posizione fiscale
Richiedi un estratto di ruolo all’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
Mostra tutte le cartelle e i debiti registrati a tuo nome.
📌 L’avvocato può richiederlo per te anche se ti trovi in Ucraina.
2️⃣ Controlla la validità delle notifiche
Molte cartelle vengono notificate a vecchi indirizzi italiani o con errori procedurali.
📌 Se non hai mai ricevuto una notifica valida, la cartella è nulla e può essere annullata.
3️⃣ Verifica la prescrizione dei debiti
Ogni debito ha un tempo massimo di riscossione:
- 5 anni per multe, contributi e cartelle esattoriali;
- 10 anni per imposte (IRPEF, IVA, IRES).
📌 Se non ti sono stati notificati atti validi per molti anni, il debito è prescritto e non può più essere riscosso.
4️⃣ Richiedi la sospensione o l’annullamento delle cartelle
Puoi presentare un’istanza di sospensione immediata della riscossione se:
- la cartella non ti è mai stata notificata;
- il debito è già estinto o prescritto;
- l’importo è errato o duplicato.
📌 L’avvocato può ottenere la sospensione in 48 ore, e poi procedere con il ricorso per l’annullamento definitivo.
5️⃣ Rateizzazione o Saldo e Stralcio
Se i debiti sono effettivi ma troppo elevati, puoi:
- chiedere una rateizzazione fino a 120 rate mensili;
- aderire a rottamazioni o definizioni agevolate;
- proporre un saldo e stralcio, pagando solo una parte del dovuto.
📌 Anche chi vive in Ucraina può aderire tramite un rappresentante o con bonifico internazionale.
🧩 Difendersi Legalmente Anche Dall’Estero
Un avvocato può rappresentarti in Italia senza che tu debba tornare di persona.
Può:
- 📂 verificare la legittimità delle cartelle e delle notifiche;
- ✍️ presentare ricorsi alla Corte di Giustizia Tributaria;
- ⚖️ chiedere la sospensione immediata della riscossione;
- 💬 negoziare piani di pagamento o accordi di definizione agevolata.
📌 Con una semplice procura, puoi difenderti a distanza e risolvere la tua posizione fiscale italiana in modo legale e sicuro.
🧾 I Documenti da Consegnare all’Avvocato
- Copia del documento d’identità e codice fiscale italiani (se presenti);
- Copia delle cartelle esattoriali o avvisi ricevuti;
- Estratto di ruolo aggiornato;
- Eventuali ricevute di pagamento o piani di rateizzazione;
- Indirizzo di residenza attuale in Ucraina.
📌 Questi documenti servono per verificare la validità delle notifiche e la prescrizione dei debiti.
⏱️ Tempi della Procedura
- Analisi e raccolta documenti: 5–10 giorni;
- Ricorso o sospensione: entro 60 giorni dalla notifica;
- Sospensione cautelare: anche in 48 ore;
- Definizione o chiusura del debito: in 1–3 mesi.
📌 Durante la sospensione, l’Agenzia delle Entrate non può riscuotere né procedere a pignoramenti in Italia.
⚖️ I Vantaggi di un’Assistenza Legale
✅ Blocco immediato di cartelle e riscossioni.
✅ Annullamento dei debiti prescritti o notificati in modo irregolare.
✅ Protezione dei beni e dei conti rimasti in Italia.
✅ Difesa completa anche per chi vive in Ucraina.
✅ Chiusura definitiva della posizione con il Fisco italiano.
🚫 Errori da Evitare
❌ Ignorare le cartelle pensando che “in Ucraina non possono fare nulla”.
❌ Pagare senza verificare la prescrizione o la legittimità del debito.
❌ Superare i 60 giorni per impugnare o sospendere una cartella.
❌ Affidarsi a soggetti non esperti in diritto tributario.
📌 Anche se vivi all’estero, puoi difenderti e cancellare i debiti italiani in modo legale e sicuro.
🛡️ Come Può Aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza la tua posizione fiscale e verifica la legittimità delle cartelle.
📌 Ti assiste nella richiesta di estratti di ruolo e sospensioni.
✍️ Redige ricorsi e istanze di annullamento.
⚖️ Ti rappresenta davanti alla Corte di Giustizia Tributaria anche se risiedi in Ucraina.
🔁 Ti segue fino alla cancellazione o alla definizione agevolata del debito.
🎓 Le Qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato cassazionista esperto in diritto tributario e riscossione internazionale.
✔️ Specializzato nella difesa di cittadini stranieri con debiti in Italia.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento, iscritto presso il Ministero della Giustizia.
✔️ Esperienza pluriennale nella tutela contro l’Agenzia delle Entrate e le cartelle esattoriali.
Conclusione
Essere un cittadino ucraino con debiti o cartelle esattoriali in Italia non significa non avere soluzioni.
Con una difesa legale tempestiva puoi bloccare la riscossione, far annullare le cartelle illegittime o prescritte e chiudere definitivamente la tua posizione con il Fisco italiano.
⏱️ Agisci subito: anche se vivi in Ucraina, puoi difenderti legalmente e senza tornare in Italia.
📞 Contatta l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata:
la tua difesa contro i debiti in Italia può partire oggi stesso.