Cittadino Del Bangladesh Con Debiti In Italia E Cartelle Esattoriali: Cosa Fare E Come Difendersi

Se sei un cittadino del Bangladesh che ha vissuto o lavorato in Italia e oggi hai debiti fiscali o cartelle esattoriali con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, è normale chiedersi se questi debiti possano essere riscossi nel tuo Paese, se rischi pignoramenti o se puoi risolvere la tua posizione senza tornare in Italia.
La risposta è chiara: i debiti italiani non possono essere riscossi in Bangladesh, perché non esiste alcun trattato bilaterale tra Italia e Bangladesh che permetta la cooperazione nella riscossione delle imposte o delle sanzioni fiscali. Tuttavia, i debiti restano registrati in Italia e possono riattivarsi se torni o possiedi beni nel Paese.
Con l’aiuto di un avvocato tributarista esperto in diritto internazionale, puoi bloccare la riscossione, verificare la prescrizione delle cartelle e chiudere definitivamente la tua posizione fiscale in modo legale e sicuro.

Cosa sono le cartelle esattoriali italiane

Le cartelle esattoriali sono documenti ufficiali emessi dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER) per chiedere il pagamento di somme dovute a vario titolo, come:

  • imposte e tasse non versate (IRPEF, IVA, IRAP, IRES);
  • contributi previdenziali e assicurativi non pagati (INPS, INAIL);
  • tributi locali come IMU, TARI o bollo auto;
  • multe, sanzioni fiscali e interessi di mora.

Se la cartella non viene pagata entro 60 giorni dalla notifica, diventa esecutiva, e l’Agenzia può agire in Italia con pignoramenti, fermi amministrativi e ipoteche.

Cosa succede se vivi in Bangladesh o in un altro Paese extraeuropeo

Se risiedi in Bangladesh, la tua posizione cambia completamente:

  • l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può avviare azioni di pignoramento o sequestro in Bangladesh, perché non esiste alcun accordo di cooperazione fiscale tra i due Paesi;
  • i tuoi beni, conti o redditi in Bangladesh sono al sicuro da qualsiasi azione esecutiva italiana;
  • tuttavia, i debiti restano attivi nei registri italiani, e se un giorno torni o mantieni beni o conti in Italia, la riscossione potrà riattivarsi immediatamente.

Quando i debiti italiani possono essere annullati o ridotti

Molte cartelle esattoriali italiane risultano prescritte, notificate in modo irregolare o illegittime, e quindi possono essere annullate o ridotte legalmente. Questo accade se:

  • la notifica è avvenuta dopo il tuo trasferimento all’estero o a un indirizzo sbagliato;
  • il debito è prescritto (5 anni per multe e tributi locali, 10 anni per imposte statali);
  • la cartella si basa su un accertamento scaduto o non definitivo;
  • sono stati applicati interessi o sanzioni illegittime;
  • l’Agenzia non ha rispettato i termini di decadenza o ha violato il diritto al contraddittorio.

In questi casi, un avvocato può presentare ricorso o istanza di annullamento in autotutela, ottenendo la cancellazione totale o parziale del debito.

Cosa fare subito se hai debiti o cartelle in Italia

  1. Non ignorare la situazione. Anche se vivi in Bangladesh, i debiti restano registrati in Italia e possono riemergere in futuro.
  2. Richiedi l’estratto di ruolo. È il documento ufficiale che riassume tutte le cartelle a tuo nome. Puoi ottenerlo tramite un avvocato in Italia o, se possiedi SPID, online sul sito dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
  3. Controlla la validità della notifica. Se la cartella è stata inviata dopo il tuo trasferimento o con errori formali, può essere dichiarata nulla.
  4. Verifica la prescrizione. Se non hai ricevuto comunicazioni da oltre 5 o 10 anni, il debito potrebbe essere estinto.
  5. Contatta un avvocato tributarista. Un legale esperto può rappresentarti in Italia e gestire tutto da remoto, senza che tu debba tornare nel Paese.

Le principali soluzioni legali per chiudere i debiti italiani

  • Ricorso contro le cartelle esattoriali: se ci sono vizi o irregolarità, puoi impugnare la cartella davanti alla Corte di Giustizia Tributaria.
  • Sospensione della riscossione: puoi chiedere di bloccare immediatamente la riscossione in caso di errori, prescrizione o notifica irregolare.
  • Definizione agevolata o saldo e stralcio: ti consente di pagare solo una parte del debito e cancellare sanzioni e interessi.
  • Annullamento in autotutela: se la cartella è chiaramente errata o prescritta, l’Agenzia può annullarla direttamente.
  • Rateizzazione: se il debito è ancora valido, puoi chiedere un piano di pagamento in più rate, anche fino a 120 mensilità.

Cosa può fare un avvocato per te

Un avvocato tributarista in Italia può occuparsi di tutto anche se vivi in Bangladesh, tramite una semplice delega. Può:

  • ottenere l’estratto di ruolo ufficiale e analizzare i tuoi debiti;
  • verificare prescrizione, errori e vizi formali;
  • presentare ricorsi o istanze di sospensione cautelare;
  • negoziare con l’Agenzia la chiusura agevolata o il saldo e stralcio;
  • ottenere la cancellazione o riduzione definitiva del debito.

Tutte le pratiche possono essere gestite a distanza, senza che tu debba rientrare in Italia.

Le strategie difensive più efficaci

Verificare la validità delle notifiche e contestare quelle irregolari.
Dimostrare che il debito è prescritto o illegittimo.
Richiedere la sospensione immediata della riscossione.
Impugnare le cartelle davanti alla Corte di Giustizia Tributaria.
Chiudere la posizione con una sanatoria o un accordo di saldo e stralcio.

Cosa succede se non agisci

Ignorare i debiti italiani può avere conseguenze in futuro:

  • i debiti restano attivi nei registri fiscali italiani e producono interessi;
  • se torni in Italia o possiedi beni nel Paese, potresti trovarti conti o immobili bloccati;
  • eventuali eredità o crediti italiani potrebbero essere pignorati;
  • potresti perdere la possibilità di chiudere la posizione con agevolazioni o sconti.

Agire subito ti consente di proteggerti, bloccare la riscossione e risolvere la tua posizione fiscale in modo definitivo.

Quando rivolgersi a un avvocato

Devi contattare un avvocato se:

  • sei un cittadino del Bangladesh con debiti o cartelle esattoriali in Italia;
  • hai ricevuto notifiche dall’Agenzia delle Entrate o da società di recupero crediti;
  • vuoi sapere se i tuoi debiti sono ancora validi o prescritti;
  • desideri chiudere la tua posizione fiscale in modo sicuro e legale.

Un avvocato esperto può:

  • analizzare la tua posizione con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione;
  • verificare la prescrizione e la validità delle notifiche;
  • impugnare le cartelle illegittime;
  • negoziare un saldo e stralcio o una definizione agevolata;
  • gestire tutto da remoto, senza che tu debba rientrare in Italia.

⚠️ Attenzione: se sei un cittadino del Bangladesh con debiti o cartelle in Italia, i tuoi beni in Bangladesh non possono essere toccati, ma i debiti restano attivi in Italia. Con un avvocato esperto puoi bloccare la riscossione, cancellare le cartelle illegittime e chiudere la tua posizione fiscale in modo legale e definitivo.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario internazionale e difesa dei cittadini stranieri con debiti in Italia spiega cosa fare se hai cartelle esattoriali italiane, come difenderti e come risolvere la tua posizione anche vivendo all’estero.

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Introduzione

Un cittadino originario del Bangladesh che vive o ha vissuto in Italia può trovarsi a fronteggiare debiti di varia natura – ad esempio prestiti bancari, affitti non pagati, multe stradali, tasse arretrate, cartelle esattoriali dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, contributi INPS non versati, bollette insolute, ecc. – esattamente come un cittadino italiano. La condizione di straniero extra-UE può però sollevare dubbi particolari: quali sono i miei diritti come debitore in Italia? Cosa succede ai debiti se torno nel mio Paese d’origine? Posso accedere alle procedure di “esdebitazione” (cancellazione dei debiti) previste dall’ordinamento italiano? I creditori italiani possono aggredire beni all’estero? Avere debiti incide sul permesso di soggiorno o sulla possibilità di fare impresa in Italia? In questa guida approfondita – aggiornata a ottobre 2025 – risponderemo a queste domande dal punto di vista del debitore, con un focus sui casi riguardanti cittadini stranieri (come appunto un cittadino del Bangladesh) con debiti in Italia . Adotteremo un linguaggio giuridico ma accessibile, fornendo riferimenti normativi (codici, leggi speciali) e sentenze aggiornate tratte da fonti autorevoli.

Tratteremo anzitutto le diverse tipologie di debito e le conseguenze tipiche previste dall’ordinamento italiano (incluse le azioni di recupero crediti e le garanzie di cui il debitore dispone). Successivamente esamineremo gli strumenti di difesa e le possibili soluzioni: contestazione e ricorsi, strumenti di definizione agevolata dei debiti con lo Stato (come rottamazione e saldo e stralcio), piani di rientro rateali, nonché le procedure di sovraindebitamento (la cosiddetta “legge salva-suicidi”, oggi parte del Codice della Crisi) che permettono, a determinate condizioni, di ottenere l’esdebitazione (cioè l’eliminazione dei debiti residui) . Verranno evidenziate le differenze rilevanti per i debitori stranieri extra-UE, ad esempio in tema di cooperazione internazionale per il recupero dei crediti (dentro e fuori dall’Unione Europea) e di eventuali implicazioni sul permesso di soggiorno o sulla cittadinanza italiana. Troverete inoltre tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione di Domande & Risposte (FAQ) su questioni frequenti (tempi di prescrizione dei debiti, pignorabilità di beni, possibilità di espatrio con debiti in sospeso, ecc.). I riferimenti normativi e giurisprudenziali più rilevanti sono citati nel testo tra parentesi quadre e raccolti in fondo alla guida, per chi desideri approfondire. Procediamo con ordine, partendo dal quadro generale dei debiti e dei rischi, per poi analizzare come difendersi legalmente e cercare un “nuovo inizio” per il debitore onesto ma in difficoltà.

Tipologie di debito e relative conseguenze in Italia

Non tutti i debiti sono uguali, e in Italia le azioni di recupero e le possibilità di difesa possono variare a seconda della natura del credito. È importante capire a quale categoria appartengono i propri debiti, in modo da sapere cosa il creditore può (o non può) fare e quali rimedi il debitore ha a disposizione. Di seguito passiamo in rassegna le principali categorie di debito che possono gravare su una persona (italiana o straniera) e sintetizziamo per ciascuna i relativi rischi e particolarità:

  • Debiti finanziari e bancariPrestiti personali, mutui ipotecari, scoperti di conto, finanziamenti al consumo (rate non pagate), carte di credito non rimborsate. In caso di mancato pagamento di questi debiti verso banche o finanziarie, il creditore può attivare una procedura monitoria (ad esempio chiedere al tribunale un decreto ingiuntivo) e, una volta ottenuto un titolo esecutivo, procedere con l’esecuzione forzata sui beni del debitore. Sono possibili pignoramenti di stipendi, conti correnti, autoveicoli e altri beni mobili, nonché pignoramenti immobiliari (ad esempio dell’abitazione), secondo le norme del codice di procedura civile . Se il debito è garantito da ipoteca (come nel caso di un mutuo), la banca può avviare direttamente l’espropriazione dell’immobile e metterlo all’asta. Anche un cittadino straniero può subire queste azioni se possiede beni o redditi in Italia . Esempio: un lavoratore straniero in Italia che non rimborsa le rate di un prestito vedrà probabilmente la finanziaria ottenere un decreto ingiuntivo e poi pignorare una quota del suo stipendio (di solito fino a 1/5, salvo diverso limite legale). Se il debitore è proprietario di una casa in Italia, la banca potrebbe anche iscrivere ipoteca e, in caso di inadempimento grave, avviare il pignoramento immobiliare (nel caso di mutuo non pagato ciò avviene in tempi relativamente rapidi, essendo l’immobile garanzia del credito).
  • Debiti commerciali o verso fornitori/privatiFatture non pagate di un’attività, debiti di un professionista verso fornitori, canoni di affitto arretrati, bollette di utenze domestiche non pagate, ecc. In questi casi il creditore (che sia un altro privato, un’azienda fornitrice o il locatore di un immobile) può agire legalmente per il recupero del credito: ad esempio tramite ingiunzione di pagamento dal giudice, sfratto per morosità (per gli affitti) e successiva esecuzione forzata su beni del debitore. Possono essere pignorati conti correnti, beni mobili e – entro certi limiti – beni strumentali dell’eventuale impresa (di norma non quelli essenziali per l’attività, in base alle tutele del codice di procedura civile) . Se il debitore è un piccolo imprenditore straniero e chiude l’attività lasciando l’Italia, non significa automaticamente essere al sicuro: se il creditore ha ottenuto un titolo esecutivo in Italia (es. un decreto ingiuntivo definitivo), potrà cercare di farlo valere anche all’estero, specie se il debitore si trasferisce in un Paese UE, grazie ai meccanismi di riconoscimento delle decisioni europee di cui diremo oltre . Viceversa, se l’impresa del debitore viene sottoposta a liquidazione giudiziale (fallimento) in Italia, i creditori dovranno partecipare a quella procedura collettiva e non potranno più agire individualmente (pignoramenti individuali bloccati).
  • Debiti fiscali e verso enti pubbliciImposte statali (IRPEF, IVA, ecc.), tributi locali (es. IMU/TARI), contributi previdenziali obbligatori (INPS), premi assicurativi obbligatori (INAIL), multe del codice della strada, altre sanzioni amministrative. In questi casi il creditore è un ente pubblico (Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Entrate–Riscossione – AER, un Comune, una Regione, l’INPS, etc.) e il recupero avviene tramite ruolo esattoriale, ossia con la notifica di una cartella esattoriale (o di un analogo avviso di pagamento per alcune entrate locali) emessa dall’agente della riscossione. Se il debitore non paga, si procede con atti esecutivi specifici come il fermo amministrativo dei veicoli (il blocco dell’auto dal PRA), l’ipoteca esattoriale sugli immobili e il pignoramento esattoriale di beni o crediti, che ha regole in parte diverse dal pignoramento civile. Ad esempio, per i debiti fiscali esistono limiti sulla pignorabilità della prima casa (dettagli più avanti) e franchigie su stipendi e conti correnti più favorevoli al debitore. Trasferirsi all’estero non estingue i debiti fiscali italiani: essi rimangono dovuti e continuano a maturare interessi e sanzioni finché non interviene pagamento, prescrizione o condono . Nell’Unione Europea, inoltre, esistono strumenti di cooperazione che permettono all’Italia di recuperare crediti tributari oltreconfine: ad esempio il Regolamento UE n.904/2010 consente alle autorità fiscali italiane di avvalersi delle omologhe autorità di un altro Stato membro per riscuotere le somme dovute (anche mediante pignoramenti su beni o conti esteri) . Inoltre, sia creditori pubblici che privati possono utilizzare l’Ordine Europeo di Sequestro dei Conti Correnti (Reg. UE 655/2014) per congelare fondi su conti bancari del debitore in qualsiasi Paese UE . Fuori dall’UE, il recupero dipende da eventuali trattati bilaterali: l’Italia ha accordi di assistenza al recupero ad esempio con Svizzera, USA, Canada, che possono aiutare a rintracciare beni del debitore e procedere al pignoramento . In assenza di accordi (come con molti Paesi asiatici, incluso attualmente il Bangladesh), ottenere all’estero il pagamento di debiti fiscali italiani è molto difficile. Attenzione: i beni che il debitore ha lasciato in Italia restano comunque aggredibili anche se egli risiede altrove . Esempio: un cittadino extra-UE che lascia l’Italia con cartelle esattoriali impagate, se possiede ancora un conto bancario o un immobile in Italia, potrà subire pignoramenti su quei beni (Agenzia Entrate-Riscossione può iscrivere ipoteca sulla casa e, superate certe soglie e condizioni, venderla all’asta; oppure pignorare il saldo del conto corrente, etc.), indipendentemente dal fatto che il debitore ora viva all’estero.
  • Debiti alimentari e di mantenimentoObblighi di mantenimento familiare: ad esempio assegni di mantenimento al coniuge separato/divorziato, contributi per i figli minori, alimenti verso altri familiari. Questi debiti godono di uno status privilegiato e non possono essere ridotti o cancellati nemmeno tramite procedure concorsuali di sovraindebitamento. La legge esclude infatti la falcidia o l’esdebitazione dei debiti alimentari: in altre parole, un piano di ristrutturazione dei debiti non può toccare gli arretrati di mantenimento dovuti. Il creditore (es. l’ex coniuge) può agire con pignoramento di stipendio o di altri beni per recuperare le somme dovute, e il giudice può emettere provvedimenti ad hoc – ad esempio ordinare direttamente al datore di lavoro il versamento mensile dell’assegno alimentare dovuto. Inoltre, il mancato pagamento di assegni di mantenimento può avere conseguenze penali: configurando il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.) in caso di inadempimenti gravi e protratti. In questo campo, la posizione del debitore straniero è equiparata a quella di un italiano: se l’obbligo di mantenimento è stato stabilito da un giudice italiano, esso vale in Italia e può essere eseguito forzosamente; se invece è stabilito da una sentenza estera, può essere riconosciuto ed eseguito in Italia in base alle convenzioni o regolamenti internazionali applicabili (ad esempio, tra Paesi UE vige il Regolamento CE 4/2009 sulle obbligazioni alimentari, che consente l’esecuzione transfrontaliera dei provvedimenti di mantenimento) . In sintesi, non è possibile sottrarsi a questi debiti semplicemente emigrando, perché esistono meccanismi robusti di cooperazione internazionale specifici per far valere gli obblighi alimentari.
  • Debiti da risarcimento danni e altre obbligazioni civiliObblighi risarcitori derivanti da sentenze civili o da responsabilità extracontrattuale (es. risarcimento per incidente stradale), penali pecuniarie civili, penali contrattuali, ecc. Se uno straniero in Italia viene condannato dal tribunale a risarcire un danno (es. lesioni causate in un sinistro) o ha altre obbligazioni civili non adempiute, i creditori possono agire come per i debiti commerciali sopra descritti, ottenendo un titolo esecutivo e promuovendo pignoramenti. Una particolarità: se il debito deriva da illecito extracontrattuale (ad esempio un risarcimento per fatto doloso o colpa grave), potrebbe non essere cancellabile in sede concorsuale per ragioni di ordine pubblico, analogamente a quanto avviene nel fallimento (dove alcuni debiti per fatti illeciti restano esclusi dall’esdebitazione). La legge sul sovraindebitamento non esclude espressamente questi debiti, ma la giurisprudenza valuta caso per caso la “meritevolezza” del debitore nel chiedere l’esdebitazione. Per quanto riguarda la dimensione internazionale: se un debitore straniero lascia l’Italia senza pagare un debito derivante da sentenza civile italiana, il creditore potrà cercare di far riconoscere ed eseguire quella sentenza nel Paese d’origine del debitore (nell’UE ciò è agevole grazie al Reg. UE 1215/2012, mentre fuori UE occorre passare per la procedura di delibazione prevista dalle leggi locali) . Viceversa, un soggetto straniero che abbia una sentenza di condanna contro un cittadino in Italia può chiedere il riconoscimento di quella sentenza qui, a patto che siano rispettate le condizioni della Legge italiana 218/1995 sul diritto internazionale privato (giurisdizione corretta, rispetto del contraddittorio, assenza di contrarietà all’ordine pubblico, ecc.) . Esempio: la Corte di Cassazione italiana ha ritenuto esecutiva in Italia una sentenza estera che condannava un soggetto a pagare debiti di gioco d’azzardo contratti legalmente all’estero, non reputando la cosa contraria all’ordine pubblico italiano . Ciò mostra che la residenza all’estero del debitore o l’origine estera del debito non impediscono il recupero, se esistono strumenti di cooperazione giudiziaria per dare efficacia alle decisioni.
  • Debiti/sanzioni penali pecuniarieMulte penali, ammende, sanzioni pecuniarie e spese di giustizia da sentenze di condanna, confische per equivalente. Più che di debiti civili si tratta di sanzioni penali dovute allo Stato. Queste somme non rientrano nelle normali procedure concorsuali (non sono “debiti” negoziabili) e il loro mancato pagamento può portare a esecuzione forzata da parte dello Stato come per le altre cartelle esattoriali. Per uno straniero, una sanzione penale non pagata in Italia potrebbe precludere alcuni benefici processuali (es. la revoca della condizionale) e rimane dovuta allo Stato; se il soggetto lascia l’Italia, è improbabile che l’Italia riesca a incassarla a meno di trattati specifici. Nell’UE esiste un meccanismo di mutuo riconoscimento anche per le sanzioni pecuniarie penali (Decisione Quadro 2005/214/GAI) , ma fuori UE il recupero di ammende penali è rarissimo. In ogni caso, tale debito non può essere cancellato tramite procedure di sovraindebitamento civili e resta a carico del debitore (salvo eventuali provvedimenti di clemenza come indulto, amnistia, ecc.).

Come si vede, la varietà di debiti è ampia. La tabella seguente sintetizza le principali categorie di debito, indicando per ciascuna i metodi tipici di recupero e la possibilità di includerle in eventuali procedure di “saldo e stralcio” o di sovraindebitamento:

Tabella riepilogativa – Tipi di debito, azioni di recupero e trattamenti possibili

Tipo di DebitoEsempi comuniAzioni di recupero creditiIncluso in procedure di sovraindebitamento?Note
Debiti finanziari/bancariMutuo ipotecario; prestito personale; carta di credito non rimborsata; scoperto di conto.Decreto ingiuntivo; esecuzione forzata su beni (pignoramento di stipendio, conto, auto, immobili); eventuale espropriazione immobiliare se c’è ipoteca (immobile all’asta)., inclusi e ristrutturabili nei limiti del piano omologato.Interessi moratori e spese legali fanno aumentare il debito se non viene saldato per tempo. Un piano di sovraindebitamento può ridurre interessi e prevedere stralci parziali di capitale solo se i creditori consenzienti o nei limiti consentiti dalla legge (es. giudice può cramdown sui chirografari).
Debiti verso fornitori/privatiBollette non pagate; affitto arretrato; fatture merce; scoperto di piccolo imprenditore.Ingiunzione di pagamento; sfratto per morosità (per affitti); pignoramento di beni mobili, conti, e beni dell’azienda (esclusi quelli indispensabili per l’attività)., ammessi nelle procedure.I crediti con ipoteca o pegno mantengono la prelazione sul bene dato in garanzia (salvo diversa rinegoziazione nel piano approvato). Piccoli imprenditori sotto soglia fallimento accedono al sovraindebitamento; se l’impresa supera le soglie di fallibilità, si applicano invece le procedure concorsuali ordinarie (liquidazione giudiziale, concordato preventivo, ecc.).
Debiti fiscali e contributiviTasse statali (IRPEF, IVA), tributi locali (IMU, Tari), contributi INPS, multe stradali.Cartella esattoriale o avviso di addebito; misure cautelari (fermo auto, ipoteca esattoriale); pignoramento esattoriale di beni o crediti (stipendi, conti, immobili) nei limiti di legge., inclusi nelle procedure di sovraindebitamento (anche IVA e contributi possono essere falcidiati, ma con vincoli).I debiti tributari e previdenziali possono essere oggetto di ristrutturazione nel piano, ma i crediti privilegiati (es: IVA dovuta) hanno diritto a percepire almeno quanto otterrebbero in una liquidazione. Dal 2020 la legge consente di stralciare parzialmente anche l’IVA e le ritenute nello sovraindebitamento, superando precedenti divieti . È possibile includere cartelle in piani concordatari, con trattamento privilegiato all’Erario per le parti di tributo.
Debiti alimentari (mantenimento)Assegno mensile a coniuge o figli; obblighi alimentari familiari.Pignoramento di stipendio fino a 1/2 (50%) ex art. 545 c.p.c.; se persistente, possibile denuncia penale ex art. 570 c.p.No, esclusi dall’esdebitazione.I debiti per mantenimento non sono cancellabili da alcuna procedura concorsuale: restano dovuti anche dopo un eventuale piano per altri debiti. Hanno priorità massima (es. nel pignoramento dello stipendio vengono soddisfatti prima di altri crediti). Il giudice può attivare misure come ordini di pagamento diretto al creditore.
Debiti da risarcimento danniRisarcimento per incidente stradale; danni da inadempimenti contrattuali o extra-contrattuali.Atto di precetto seguito da pignoramento dei beni; se il titolo è una sentenza estera, necessaria preventiva delibazione (fuori UE) o esecutività automatica (se UE, Reg. 1215/2012)., di regola inclusi. (Possibili limitazioni caso per caso).In linea generale possono essere compresi nei piani, ma se derivano da dolo o colpa grave (illecito intenzionale) i creditori possono opporsi in omologazione sostenendo l’“indegnità” al beneficio. Non c’è un’esclusione automatica in legge (tranne per sanzioni penali), ma la meritevolezza del debitore viene valutata con rigore dal tribunale in questi casi.
Debiti/sanzioni penaliAmmende penali; sanzioni pecuniarie da condanne; somme per confisca.Iscrizione a ruolo ed esecuzione forzata tramite Agenzia Entrate-Riscossione (come un debito erariale); eventuale trasmissione a Ministero Giustizia per sanzioni accessorie.No, esclusi dalle procedure civili.Questi non sono veri “debiti” negoziabili ma pene. Non c’è esdebitazione, se non per provvedimenti straordinari (grazia, indulto). In UE vi è cooperazione per far eseguire all’estero le multe penali (Decisione Quadro 2005/214/GAI), ma fuori UE il recupero è quasi impossibile. Restano tuttavia iscritti a ruolo e l’Agente può intervenire se il debitore torna ad avere beni/redditi in Italia.

Nota: i debiti garantiti da pegno o ipoteca su beni specifici conservano tale garanzia nei confronti del bene vincolato. Nelle procedure di sovraindebitamento, il trattamento di questi crediti segue regole analoghe a quelle fallimentari: il creditore ipotecario o pignoratizio può essere soddisfatto fino a concorrenza del valore del bene dato in garanzia, ed eventualmente la parte residua del credito (non coperta dal valore del bene) diventa chirografaria (senza garanzia). Inoltre, in caso di coobbligati o garanti (es. un fideiussore per un prestito), l’eventuale esdebitazione ottenuta dal debitore principale non estingue l’obbligo del garante verso il creditore, e viceversa – ciò vale anche se il debitore principale si è trasferito all’estero o ha cambiato cittadinanza.

Strumenti di difesa del debitore: come affrontare i debiti legalmente

Passiamo ora agli strumenti che un debitore ha a disposizione per far fronte ai debiti in Italia, tutelandosi dalle azioni esecutive quando possibile e cercando soluzioni sostenibili. Affrontare il problema in modo tempestivo e informato è fondamentale: ignorare cartelle esattoriali, atti giudiziari o solleciti può portare a situazioni peggiori (pignoramenti, lievitazione degli importi per interessi di mora, ecc.). Di seguito analizziamo le principali strategie difensive e solutive, dal contestare le pretese non dovute fino alle possibilità di accordo o di esdebitazione.

Verifica della legittimità e opposizione agli atti

Il primo passo, quando si riceve una cartella esattoriale, un decreto ingiuntivo o un altro atto di intimazione, è verificare se il credito è effettivamente dovuto e se l’atto è legittimo. Errori e vizi formali non sono rari, specie nelle notifiche a cittadini stranieri (che possono avere residenze o domicili fiscali variati). Ad esempio, una cartella può essere nulla per difetto di notifica (se inviata a un indirizzo errato o con procedure non corrette), oppure il debito potrebbe essere già prescritto. Anche la sussistenza stessa del debito va controllata: potrebbe essere stato già pagato in passato, oppure riferirsi a un errore (si pensi a omonimie, o a importi contestati e poi annullati). Dunque, appena ricevuto un atto:

  • Cartella esattoriale o avviso di pagamento: controllare l’ente creditore, la data di notifica e la descrizione del debito. Se si ravvisano errori (importo errato, riferimento a tasse mai dovute, decadenza dei termini, prescrizione), è possibile presentare ricorso alle Commissioni Tributarie (per tributi) o al giudice ordinario (per multe e altre entrate non tributarie) entro i termini previsti, di solito 60 giorni per le cartelle fiscali. Ad esempio, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha chiarito che la prescrizione delle cartelle esattoriali va eccepita tempestivamente impugnando l’atto esecutivo (come l’intimazione di pagamento) davanti al giudice competente . Bisogna però distinguere i casi: se la cartella non è mai stata validamente notificata, eventuali vizi si fanno valere davanti al giudice tributario; se invece la cartella fu notificata e poi è decorso il tempo di prescrizione, l’opposizione al successivo atto esecutivo spetta al giudice ordinario . In altre parole, occorre scegliere il giudice giusto: la giurisprudenza recente (Cass. SU n. 34447/2019, Cass. SU n. 8500/2021, Cass. ord. n. 30666/2022) ha delineato i confini tra la tutela tributaria e l’opposizione ordinaria in materia di cartelle prescritte, per evitare conflitti di giurisdizione .
  • Decreto ingiuntivo o sentenza civile di condanna: se si riceve un decreto ingiuntivo per un debito bancario o commerciale, si hanno 40 giorni per fare opposizione davanti al tribunale, contestando il credito (ad esempio perché già pagato o non dovuto) e bloccando così l’esecuzione provvisoria (salvo che il decreto sia già esecutivo). Se invece c’è una vera e propria sentenza di condanna passata in giudicato, non resta che verificare se il creditore rispetta le forme esecutive: eventuali irregolarità nel precetto o nel pignoramento possono essere opposte in sede di esecuzione (opposizione ex artt. 615 o 617 c.p.c.). Per un debitore straniero è cruciale controllare le notifiche: a volte atti importanti vengono notificati per irreperibilità (depositati presso la Casa comunale) se non si è più residenti all’indirizzo risultante, con il rischio di saperlo solo a pignoramento avviato. In caso di trasferimento, è bene comunicare il domicilio eletto o la residenza all’estero ai creditori noti o agli uffici (ad es. all’Agenzia Entrate per i contribuenti non più residenti in Italia), per evitare notifiche “a vuoto”.

In ogni caso, far valere subito eventuali eccezioni (prescrizione maturata, nullità della notifica, errata persona del debitore, ecc.) è fondamentale: ad esempio, la Cassazione ha sottolineato che un contribuente non può aspettare indefinitamente ma deve impugnare l’atto esecutivo entro i termini se vuole far dichiarare la prescrizione delle cartelle . La mancata reazione può precludere tali difese in seguito.

Vediamo ora più nel dettaglio alcuni istituti chiave: prescrizione dei debiti, possibilità di definizione agevolata (rottamazione e saldo e stralcio), dilazioni di pagamento rateali e infine le procedure di sovraindebitamento per chi si trova in condizioni economiche disperate.

Prescrizione dei debiti: quando si estinguono per legge?

La prescrizione estintiva è un meccanismo generale previsto dal codice civile (artt. 2934 e segg. c.c.) in base al quale un diritto di credito non più esercitato per un certo periodo di tempo si estingue. In altre parole, trascorso un determinato numero di anni senza che il creditore abbia compiuto atti per far valere il proprio credito, il debitore può rifiutarsi legittimamente di pagare, eccependo la prescrizione. I termini di prescrizione variano a seconda del tipo di credito. È essenziale per il debitore conoscere questi termini, perché può darsi il caso che alcuni debiti siano ormai troppo “vecchi” per essere esigibili.

Ecco i termini ordinari per i debiti più comuni (salvo interruzioni, di cui parleremo a breve):

  • Imposte statali dirette e indirette (IRPEF, IRES, IRAP, IVA, imposta di registro, successione): 10 anni. Si tratta dei tributi erariali, che non sono considerati “obbligazioni periodiche” soggette al termine breve, ma obbligazioni di dare somme determinate dalla legge: pertanto il termine ordinario di prescrizione applicabile è quello decennale (art. 2946 c.c.) . Attenzione: fa fede la natura del tributo e non la cartella in sé. La Cassazione (Sez. Un. n. 23397/2016) ha stabilito che se il tributo è di natura erariale, la mancata impugnazione della cartella non “trasforma” la prescrizione in 10 anni perché già di 10 anni lo era (mentre per altri debiti con termine breve la cartella non impugnata non allunga a 10 anni la prescrizione, evitando l’applicazione dell’art. 2953 c.c.) . Una pronuncia del 2024 (Cass. 11676/2024) ha confermato il principio: IRPEF, IVA & co. restano decennali, mentre sanzioni e contributi no .
  • Sanzioni amministrative e interessi di mora (anche se relativi a tributi erariali): 5 anni. Le sanzioni pecuniarie, pur collegate alle imposte, seguono il termine quinquennale previsto in generale per gli atti sanzionatori (art. 28 L. 689/81 per le sanzioni amministrative, in mancanza vale l’art. 2948 c.c.). Così, per fare un esempio, se si ha una cartella IRPEF con una parte di imposta e una parte di sanzioni, la sorte può divergere: l’imposta si prescrive in 10 anni, ma la sanzione in 5 anni dal giorno in cui la pretesa sanzionatoria è divenuta definitiva . Lo stesso vale per gli interessi di mora e per l’aggio di riscossione: la giurisprudenza (Cass. SU 120/2020; Cass. 30362/2018) ha chiarito che interessi e aggio, accessori al tributo, hanno natura di obbligazione periodica e quindi prescrizione breve quinquennale .
  • Tributi locali (IMU, TARI, TASI, ecc.): 5 anni. Nonostante in passato si fosse discusso di termini più lunghi, la giurisprudenza attuale conferma che le imposte locali – essendo dovute anno per anno – si prescrivono in cinque anni ex art. 2948, co.4 c.c. come le obbligazioni periodiche . Cassazione ord. n. 31260/2022 e Cass. n. 13683/2020 ribadiscono la natura periodica di questi tributi locali e quindi la prescrizione quinquennale . (Resta fermo il diverso concetto di decadenza: p.es. un Comune deve notificare l’accertamento IMU entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui il tributo è dovuto, ma una volta emesso il ruolo vale la prescrizione di 5 anni se non si riscuote).
  • Contributi previdenziali obbligatori (INPS, casse professionali) e premi INAIL: 5 anni. Dal 1° gennaio 1996, per effetto della L. 335/1995, i contributi si prescrivono in cinque anni, salvo che nel frattempo sia intervenuto un accertamento giudiziale. Le Sezioni Unite Cass. n. 23397/2016 hanno confermato che la riduzione a 5 anni è generale, tranne il caso (raro) in cui il mancato versamento configuri reato e si arrivi a sentenza penale di condanna: in tal caso il credito contributivo viene “cristallizzato” in un titolo giudiziario e torna ad avere prescrizione decennale . Nella stragrande maggioranza dei casi, dunque, i contributi non versati seguono i 5 anni dal momento in cui l’ente poteva esigerli. Esempio: contributi INPS di gennaio 2019 non pagati, divenuti esigibili con avviso nel 2020, si prescrivono al 31/12/2025 se nessun atto interruttivo interviene .
  • Multe stradali (sanzioni Codice della Strada): 5 anni dal momento in cui la sanzione è definitiva. Il Codice della Strada prevede che il verbale diventi titolo esecutivo se non pagato né impugnato, e la cartella va notificata entro 2 anni dall’infrazione. Dopo la notifica della cartella, il credito da multa segue la regola generale delle sanzioni amministrative: 5 anni . Anche qui vale il criterio che ogni atto interruttivo fa ripartire il termine (vedi oltre).
  • Bollo auto (tassa automobilistica): 3 anni. È un caso particolare: per legge (art. 5, D.L. 2/1986) il bollo auto non pagato si prescrive in soli tre anni dal gennaio dell’anno successivo a quello dovuto . Ad esempio, un bollo relativo al 2022 è esigibile fino al 31/12/2025, dopodiché l’ente regionale non potrà più pretenderlo (se non avrà notificato atti interruttivi nel frattempo). La Cassazione ha confermato questa regola (Cass. 20425/2017, Cass. 7097/2020).
  • Debiti ordinari da contratto o sentenza (prestiti bancari, risarcimenti, canoni di locazione): in generale 10 anni, trattandosi di diritti di credito civili non soggetti a termine breve salvo specifiche eccezioni. Fa eccezione il caso dei canoni periodici di locazione e in generale le obbligazioni civili a prestazioni periodiche: i singoli canoni di affitto scaduti si prescrivono in 5 anni (art. 2948 n.3 c.c.). Ma se il locatore ha ottenuto una sentenza di condanna per tot mensilità, quella sentenza è un titolo con efficacia di giudicato e si prescrive in 10 anni ex art. 2953 c.c. (diverso discorso quindi tra canoni non ancora accertati e importi accertati con titolo giudiziale). Debiti da assegni bancari protestati o cambiali: questi titoli di credito hanno termini di prescrizione autonomi (6 mesi per l’azione di regresso su assegno, 3 anni per le cambiali per l’azione cartolare), ma se non onorati si convertono in normali obbligazioni da decreto ingiuntivo/sentenza con 10 anni.

Come si calcola la prescrizione? Si parte dal giorno in cui il credito potrebbe essere fatto valere (p.e. il giorno successivo alla scadenza di pagamento volontario di un tributo, o il giorno dopo la notifica di una cartella se prima non c’era stato atto interruttivo). Ogni atto di esercizio del diritto nei confronti del debitore interrompe la prescrizione (art. 2943 c.c.) facendola ripartire da zero dal giorno dell’atto . Nel contesto della riscossione esattoriale, atti interruttivi tipici sono: la notifica di una cartella, la notifica di un sollecito o intimazione di pagamento (ex art. 50 DPR 602/73), un atto di pignoramento avviato . Anche una comunicazione formale di messa in mora (es. lettera raccomandata o PEC del creditore che intima il pagamento) interrompe la prescrizione, purché individuabile e riferita al diritto di credito. Attenzione: l’avvio di un contenzioso (ad es. un ricorso tributario pendente) non sospende né interrompe la prescrizione, perché riguarda la validità del credito ma non ferma il decorso del termine di riscossione . Alcune circostanze eccezionali possono sospendere la prescrizione (art. 2941 c.c. e leggi speciali), ad esempio: rapporti di famiglia tra creditore e debitore, moratorie legislative (come sospensioni COVID), etc., durante le quali il “contatore” del tempo si ferma temporaneamente.

È cruciale monitorare gli atti: spesso i creditori (soprattutto enti pubblici e banche) non lasciano decorrere i termini senza fare nulla – tipicamente inviano un sollecito o attivano una procedura prima della scadenza, per “azzerare” di nuovo il conteggio . Ad esempio, se ho una cartella per IRPEF notifica il 1° marzo 2015, andrebbe in prescrizione il 1° marzo 2025 (10 anni) se l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non facesse nulla; ma se nel 2020 mi invia un’intimazione di pagamento, la prescrizione si interrompe e i 10 anni ripartono dal 2020, spostando la scadenza al 2030, e così via. Importante: aderire a una definizione agevolata (rottamazione) o ottenere una rateizzazione sospende la prescrizione per tutta la durata del piano di pagamento . Tuttavia, se poi il piano decade (es. non pago le rate), la legge prevede che i termini di prescrizione riprendono a decorrere dal momento della decadenza, tenendo conto del tempo trascorso prima . In altre parole, la sospensione cessa e il credito può nuovamente prescriversi se il creditore non compie altri atti.

Che fare se un debito è prescritto? – La prescrizione non opera automaticamente; va eccepita dal debitore. Ciò significa che se ricevete un atto di pagamento per un credito presumibilmente prescritto, dovete contestarlo formalmente (in giudizio, se necessario) deducendo che il diritto di credito non esiste più per intervenuta prescrizione (art. 2938 c.c. vieta al giudice di rilevarla d’ufficio: deve essere la parte interessata a chiederlo). Una volta riconosciuta, il debito non è più esigibile. Attenzione però a fare un calcolo corretto, considerando eventuali atti interruttivi: spesso i debiti non pagati non sono davvero dormienti per tutto il tempo che si pensa. Se però davvero l’ente creditore ha lasciato passare, ad esempio, più di 5 anni senza mai farsi vivo per una multa, allora quel debito può dirsi “morto civilmente” e si può richiedere l’annullamento della cartella o opporsi a un pignoramento su tale base.

Definizione agevolata dei debiti fiscali: rottamazione e saldo e stralcio

Lo Stato italiano, negli ultimi anni, ha emanato diverse misure di “pace fiscale” per venire incontro ai contribuenti in difficoltà con cartelle esattoriali. Si tratta di norme straordinarie che consentono di regolarizzare i debiti iscritti a ruolo con condizioni vantaggiose, evitando parte delle sanzioni e interessi. Le due formule principali sono:

  • Rottamazione delle cartelle – Tecnicamente detta definizione agevolata, permette di pagare solo il capitale dovuto (imposta o contributo) senza sanzioni né interessi di mora, e con azzeramento anche dell’aggio di riscossione. In pratica si paga il “netto” del tributo, risparmiando tutte le penalità. Esempio: su una cartella da €10.000 composta da €7.000 di imposte e €3.000 tra sanzioni e interessi, con la rottamazione si pagano €7.000 (anche a rate) e i €3.000 accessori vengono condonati . La rottamazione non riduce il tributo in sé, ma solo gli oneri accessori. È stata generalmente aperta a tutti i contribuenti, persone fisiche e imprese, senza limiti di reddito, per i ruoli ammessi dalla legge di volta in volta.
  • Saldo e stralcio delle cartelle – Misura eccezionale che consente di pagare solo una percentuale ridotta dell’importo dovuto, con cancellazione del restante capitale oltre che di sanzioni e interessi. È molto più incisiva ma di solito riservata a contribuenti in difficoltà economica comprovata (persone fisiche con ISEE basso, o soggetti falliti). Ad esempio, il saldo e stralcio 2019 (unica edizione finora) permetteva a persone con ISEE sotto €20.000 di pagare dal 16% al 35% dell’importo dovuto (quota capitale) e annullare il resto . Esempio: su €7.000 di imposte dovute, un contribuente ammesso poteva pagare ad es. il 35% (€2.450) e stralciare gli altri ~€4.550 . Il saldo e stralcio implica quindi un condono parziale del tributo stesso, non solo degli interessi, ed è perciò politicamente e finanziariamente più delicato (viene varato raramente e con criteri stretti).

Le differenze: la rottamazione è uno “sconto” sugli interessi/sanzioni aperto a una vasta platea; il saldo e stralcio è un “mega-sconto” sul totale riservato a casi socialmente meritevoli. Fuori da queste specifiche previsioni di legge, non è possibile ottenere riduzioni sui debiti fiscali dovuti: l’agente della riscossione non ha facoltà di transigere su importi a ruolo di sua iniziativa (salvo intervento del giudice in procedure concorsuali) . Quindi, se non si rientra in una sanatoria legislativa o in una procedura concorsuale, l’unica opzione di solito è pagare integralmente (magari a rate).

Negli ultimi anni, il legislatore è intervenuto più volte. Facciamo un breve excursus aggiornato al 2025:

  • “Rottamazione” 2016-2018 (edizioni 1, 2, 3) – Introdotte da vari decreti, hanno permesso di definire i carichi affidati ad Equitalia/AER fino al 2016 (prima edizione), poi 2017 (seconda) e 2018 (terza, detta rottamazione-ter), sempre con pagamento integrale del tributo e condono di sanzioni e interessi . Moltissimi hanno aderito, ma non tutti sono riusciti a pagare tutte le rate: ci sono stati quindi provvedimenti successivi che hanno riaperto i termini o dilazionato le rate per evitare decadenze di massa. Ad es. la rottamazione-ter (DL 119/2018) ha consentito pagamenti fino al 2021 su 18 rate . Lo stesso DL 119/2018 ha previsto un primo stralcio automatico dei “mini-debiti” fino a €1.000 affidati dal 2000 al 2010 (ne parliamo a breve) .
  • Saldo e Stralcio 2019 – Introdotto dalla Legge di Bilancio 2019 (L. 145/2018, commi 184-199) per persone fisiche con ISEE fino a €20.000 (o situazioni equiparate, come debitori già in procedura di sovraindebitamento) . Riguardava ruoli 2000-2017 su imposte dichiarate e contributi propri (no avvisi di accertamento). Le percentuali da pagare erano 16%, 20% o 35% a seconda dell’ISEE (10% se c’era procedura concorsuale aperta) . Domande entro aprile 2019, pagamenti entro 2021. Vi aderirono circa 195.000 contribuenti; molti debiti però ne furono esclusi (es. cartelle da controlli fiscali, cartelle intestate a società) . Questa è stata finora l’unica edizione di saldo e stralcio “vero” in Italia.
  • “Rottamazione-quater” 2023 – Prevista dalla Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022, commi 231-252). Ha riaperto la definizione agevolata per tutti i carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 . Beneficio: niente interessi di mora, né sanzioni, né aggio; si paga solo il capitale e le spese di notifica. Una novità importante: sono stati ammessi anche i carichi che erano già stati oggetto di precedenti rottamazioni o saldo-stralcio poi decaduti per mancato pagamento . Questo ha dato una “seconda chance” a chi aveva perso i vecchi benefici. Il termine per le domande era inizialmente aprile 2023 poi prorogato a giugno 2023, con prima rata prevista ottobre 2023. È possibile pagare il dovuto in max 18 rate fino al 2027. Migliaia di persone hanno aderito: secondo i dati AER, oltre 1,5 milioni di richieste. Le prime due rate scadute (ottobre e novembre 2023) godono di 5 giorni di tolleranza . Chi non paga 2 rate decade.
  • Stralcio automatico dei mini-debiti 2023 – Sempre la L.197/2022 (comma 222) ha disposto l’annullamento automatico dei debiti fino a €1.000 affidati dal 2000 al 2015 all’agente della riscossione. In pratica, da gennaio 2023 l’Agenzia ha cancellato d’ufficio milioni di vecchi ruoli di piccolo importo (comprensivo di interessi e sanzioni) relativi a quegli anni. Restavano da pagare solo l’eventuale capitale per debiti verso lo Stato (che però il Governo ha poi “abbonato” deliberatamente con decreto attuativo). Questo stralcio 2023 segue quello già visto nel 2018 (che copriva fino al 2010). L’idea è di liberare i ruoli da importi ormai antieconomici da riscuotere.
  • Novità 2025-2026: verso una nuova rottamazione e saldo e stralcio – Alla data di aggiornamento di questa guida (ottobre 2025) il Governo italiano ha annunciato, nella bozza della Legge di Bilancio 2026, l’intenzione di varare una nuova edizione di definizione agevolata delle cartelle, soprannominata “Rottamazione-quinto (V)” o rottamazione-quinquies 2025 . La misura – molto attesa – permetterebbe di regolarizzare i debiti fiscali anche più recenti, eliminando ancora una volta sanzioni e interessi di mora . Contestualmente, si discute l’introduzione di un nuovo saldo e stralcio focalizzato su tre possibili varianti: (1) un saldo-stralcio “per piccoli debitori”, con pagamento simbolico per chi ha solo carichi di modesta entità; (2) un saldo-stralcio legato all’ISEE, con percentuale dovuta variabile in base alla capacità economica (più l’ISEE è basso, maggiore lo sconto); (3) un saldo-stralcio mirato alle cartelle più datate, antecedenti una certa data, per chiudere crediti ormai anziani e difficilmente esigibili . Queste ipotesi potrebbero anche coesistere. Inoltre, è prevista una nuova rottamazione con rate fino a 10 anni (120 mensilità), rivolta però ai debiti più grandi, per diluire molto il pagamento e favorire l’adesione . Al momento (novembre 2025) si tratta di proposte inserite nel disegno di legge di bilancio: per l’approvazione definitiva occorrerà attendere la fine del 2025. Se confermate, dal 2026 molti contribuenti – inclusi i cittadini stranieri con cartelle pendenti – avranno nuove opportunità di chiudere i conti col Fisco in modo agevolato.

Cosa fare nell’immediato? Se al momento è aperta una finestra di definizione agevolata (ad esempio, chi ha aderito alla rottamazione-quater 2023 sta pagando le rate fino al 2027), è importante rispettare le scadenze: la decadenza comporta la perdita dei benefici e la ripresa delle azioni esecutive. Se invece si attendono nuove misure (come quelle prospettate per il 2026), può convenire congelare la posizione – ad esempio chiedendo una rateazione provvisoria – per poi aderire alla sanatoria appena disponibile. Va ricordato che saldo e stralcio e rottamazione non sono diritti permanenti, ma opportunità straordinarie: quando ci sono, conviene valutare seriamente l’adesione, perché altrimenti il debito continuerà a crescere con interessi e sanzioni. In caso di dubbi, consultare un professionista o le fonti ufficiali (Agenzia Entrate-Riscossione pubblica sul suo sito guide e scadenze aggiornate).

Rateizzazione ordinaria dei debiti (piani di rientro)

Per i debiti già definitivi, un importante strumento di sollievo è la rateizzazione del pagamento. Tutti i principali creditori (banche, finanziarie, Agenzia delle Entrate-Riscossione, Comuni, INPS, ecc.) possono accordare dilazioni, spesso su richiesta motivata del debitore.

  • Rate con creditori privati: se si tratta di un prestito bancario scaduto, di un affitto o di un qualsiasi debito verso un privato, nulla vieta di negoziare un piano di rientro in forma privata. Anzi, spesso il creditore preferisce ricevere qualcosa a rate piuttosto che dover procedere con costose azioni legali dall’esito incerto. Conviene presentare per iscritto una proposta, eventualmente con l’assistenza di un legale, impegnandosi a pagare a scadenze concordate. Se l’accordo viene formalizzato (anche via scrittura privata) e si inizia a pagare, il creditore tipicamente sospende le azioni legali fintanto che il debitore rispetta il piano. Attenzione: un accordo stragiudiziale di rientro non blocca eventuali prescrizioni a meno che non sia ricondotto in un atto formale; inoltre il creditore può sempre agire se il debitore smette di pagare.
  • Rateizzazione delle cartelle esattoriali: l’agente della riscossione (Agenzia Entrate-Riscossione) concede per legge la dilazione delle cartelle a chi ne fa richiesta e si trova in temporanea difficoltà. Attualmente (dopo varie modifiche normative) il sistema è il seguente: per importi fino a €120.000 la rateizzazione è concessa con relativa facilità e senza bisogno di documentare la difficoltà finanziaria, sino a 72 rate mensili (6 anni); per importi superiori, o se si vuole una durata più lunga, bisogna provare la grave e comprovata difficoltà economica, e si può ottenere fino a 120 rate mensili (10 anni) . Dal 2025 entrano in vigore nuove regole che agevolano ulteriormente il debitore: in particolare, per richieste presentate nel 2025-2026 anche importi sotto 120.000 € possono essere dilazionati fino a 84 rate (7 anni) semplicemente autocertificando la temporanea difficoltà, senza documentazione aggiuntiva . Invece, per i piani straordinari oltre 72 rate rimane necessaria la prova dello stato di necessità economica (per le persone fisiche si valuta l’ISEE o indicatori di liquidità). La rateazione sospende qualsiasi azione esecutiva: se un debito è rateizzato, né l’Agenzia né i privati creditori possono pignorare (a meno che uno non decada dal piano). Fino a 8 rate mensili non pagate (anche non consecutive) oggi non fanno decadere il beneficio , grazie a una recente modifica che ha innalzato questo limite (prima era 5). Dunque c’è un certo margine prima di perdere il piano, ma è sempre meglio non arrivare a quel punto.

Esempio pratico: un cittadino con €10.000 di cartelle potrebbe chiedere 72 rate da circa €139/mese; se invece avesse €200.000 di debiti fiscali, potrebbe chiedere un piano straordinario a 120 rate da circa €1.667/mese, sempre che dimostri la propria difficoltà (reddito insufficiente a pagare importi maggiori). Dal 2025, se quel cittadino con €10.000 di debiti chiede la dilazione, potrà spingersi fino a 84 rate (7 anni) riducendo la rata a poco meno di €120/mese, senza dover allegare niente oltre alla domanda .

Vantaggi e attenzione: la rateizzazione ha il pregio di congelare le misure esecutive (AER sospende fermi, ipoteche e pignoramenti in corso una volta concesso il piano) e diluire l’esborso. Rimangono però dovuti gli interessi dilatori (per AER circa il 2% annuo attualmente). Inoltre, se il debitore ritarda troppo (oltre 8 rate totali non pagate), decade e l’importo residuo torna immediatamente esigibile per intero, con possibili ripresa di pignoramenti. Si noti che dopo la decadenza la legge non consente di ottenere subito una nuova rateizzazione sullo stesso debito se non pagando prima tutte le rate scadute: questo per evitare abusi. Tuttavia, con le modifiche introdotte nel 2022, chi decadeva da una rateizzazione prima del 2022 può fare nuova domanda senza dover saldare l’arretrato, beneficiando di un “reset” (cfr. DL 73/2022).

In sintesi, la dilazione è spesso la via più semplice per guadagnare tempo e rimettersi in carreggiata. Un debitore straniero che intenda restare in Italia e ristabilire la propria posizione fiscale farebbe bene, se non riesce a pagare tutto subito, a chiedere un piano di rate: in questo modo evita provvedimenti come fermi dell’auto o ipoteche e dimostra buona volontà, il che può essere utile anche per dimostrare integrazione (ad esempio, aver avviato un piano di rientro dei debiti fiscali può essere visto positivamente in sede di rinnovo del permesso di soggiorno, perché indica rispetto delle regole).

Procedura di sovraindebitamento (Legge “salva suicidi”) e esdebitazione del debitore

Quando i debiti sono talmente elevati (rispetto al patrimonio e al reddito del debitore) da rendere impossibile onorarli, e si rischia di entrare in un circolo di insolvenza perenne, l’ordinamento offre la via delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento. Si tratta in sostanza di procedure concorsuali semplificate destinate a persone e piccole imprese non fallibili, con lo scopo di trovare un accordo o un piano per pagare quanto possibile e liberare il debitore dal restante insoluto (fresh start). Questa normativa, introdotta inizialmente con la Legge 3/2012 (detta anche “legge antiusura” o salva-suicidi), è confluita oggi nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCI) – D.Lgs. 14/2019, entrato in vigore dal 15 luglio 2022 .

Che cos’è il sovraindebitamento? Il Codice della crisi lo definisce come “lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore… e di ogni altro debitore non assoggettabile a liquidazione giudiziale (fallimento)” . In altre parole, riguarda tutti i debitori civili o piccoli imprenditori che non possono accedere alle tradizionali procedure fallimentari, ma si trovano in uno stato di insolvenza o crisi conclamata: non riescono a far fronte ai debiti con il patrimonio e il reddito disponibile, pur volendo adempiere. Importante: è irrilevante la cittadinanza, conta il fatto che il centro degli interessi principali (COMI) sia in Italia, ai fini della giurisdizione . Quindi anche un cittadino straniero stabilmente in Italia può accedere a queste procedure, presentando domanda al tribunale del luogo in cui ha il proprio centro di interessi (residenza abituale, se persona fisica) . Le procedure di sovraindebitamento, una volta aperte, sono riconosciute negli altri Paesi UE ai sensi del Regolamento UE 2015/848 sulle insolvenze transfrontaliere, il che può aiutare a bloccare azioni dei creditori anche fuori Italia (nel caso di debitori con pendenze multi-stato).

Scopo e filosofia: bilanciare due esigenze – da un lato dare al debitore onesto ma sfortunato una seconda chance, liberandolo dai debiti insostenibili; dall’altro, garantire che i creditori ricevano comunque il miglior soddisfacimento possibile in relazione alle effettive capacità del debitore (se c’è patrimonio o reddito disponibile, va destinato ai creditori in parte) . Il beneficio più grande per il debitore è l’esdebitazione, ossia la cancellazione dei debiti residui una volta eseguito il piano o la procedura.

Le procedure disponibili (dopo la riforma 2022) sono principalmente tre, più un caso speciale:

  1. Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex Piano del consumatore): riservato alle persone fisiche consumatrici, cioè che hanno contratto i debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale. In pratica riguarda debiti personali, familiari, di privati non imprenditori (o di ex imprenditori per debiti estranei all’attività). Questo piano consiste in una proposta unilaterale che il debitore fa al tribunale, indicando come intende pagare i creditori (anche solo parzialmente) con le risorse che ha o che avrà. Non richiede l’approvazione dei creditori con voto: è il giudice che omologa il piano se ritiene che soddisfi i requisiti di legge . I requisiti sono: meritevolezza del debitore (non deve aver causato il sovraindebitamento con dolo o colpa grave, ad es. sperperando o fraudolentemente), fattibilità del piano (le somme promesse devono essere realistiche, ad es. basate su uno stipendio effettivo, o sulla vendita di un immobile, ecc.), e soprattutto il rispetto del principio del miglior soddisfacimento dei creditori (il piano deve dare ai creditori almeno quanto otterrebbero dalla liquidazione dei beni del debitore). Se queste condizioni ci sono, il giudice può omologare il piano anche se i creditori dissentono. Durante il procedimento, il giudice può sospendere le azioni esecutive dei creditori (pignoramenti, aste in corso) per dare respiro al debitore. Esempio: un consumatore con debiti totali €50.000, proprietario di un’auto modesta e con stipendio €1.200/mese, potrebbe proporre di pagare €200 al mese per 5 anni (tot €12.000) ripartiti tra i creditori, offrendo così il massimo sforzo possibile. Se il giudice verifica che vendendo l’auto e pignorandogli lo stipendio per 5 anni i creditori non otterrebbero di più di quei €12.000, può approvare il piano e dare esecuzione all’esdebitazione per il residuo €38.000 al termine del piano.

Cassazione 2025 su piani e comportamento del debitore: va segnalata una recente sentenza (Cass. civ. Sez. I, 14 marzo 2025 n. 6869) che ha negato l’omologazione di un piano del consumatore perché il debitore aveva ingannato la banca in fase di concessione del credito, omettendo di dichiarare altri finanziamenti in corso . La Suprema Corte ha chiarito che la grave scorrettezza del debitore (nel falsare il proprio merito creditizio iniziale) può rendere il debitore non meritevole di accedere al beneficio dell’esdebitazione . Dunque onestà e trasparenza sono fondamentali per chi chiede al giudice di cancellare i suoi debiti.

  1. Concordato minore (ex accordo di composizione): è simile al piano ma destinato a debitori non consumatori, quindi piccoli imprenditori, ditte individuali, professionisti, start-up, ecc. Qui la proposta di pagamento ai creditori richiede l’approvazione di una maggioranza dei crediti (il 60% dei crediti chirografari, secondo il Codice) prima dell’omologa. È dunque più vicino a un concordato preventivo in miniatura. Serve quando il debitore ha un’attività economica organizzata e debiti con fornitori, banche, ecc., e vuole evitare la liquidazione cercando un accordo. Se i creditori votano sì e il giudice omologa, il concordato è vincolante anche per i dissenzienti. Se i creditori rifiutano, il debitore può ripiegare sulla liquidazione controllata. Esempio: un piccolo imprenditore straniero con debiti da fornitori €100.000 potrebbe offrire di pagare il 40% (vendendo macchinari non essenziali e con un finanziamento familiare) – se i creditori rappresentanti almeno 60.000 € votano a favore, il piano passa e paga €40.000 ripartiti, con esdebitazione del resto €60.000 a fine procedura.
  2. Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex liquidazione dei beni): questa procedura è disponibile sia per consumatori che per piccoli imprenditori, e corrisponde grossomodo al fallimento personale. Si attiva quando il debitore non è in grado di proporre un piano sostenibile o i creditori non accettano l’accordo, oppure il debitore stesso preferisce “mettere tutto in mano al liquidatore”. Il tribunale nomina un liquidatore (di solito l’Organismo di Composizione della Crisi che assiste il debitore) e dispone che tutti i beni del debitore siano liquidati (tranne quelli impignorabili per legge o necessari per la vita dignitosa). I creditori presentano le loro domande di ammissione e vengono soddisfatti proporzionalmente con il ricavato. Al termine della liquidazione – che può durare anche alcuni anni, a seconda della complessità – il debitore persona fisica onesto ha diritto all’esdebitazione del residuo non pagato. È dunque un modo per “fare pulizia” vendendo tutto il possibile subito, ma avendo la prospettiva di uscirne puliti dai debiti irrisolti. Nota: alcuni debiti non si esdebitano nemmeno qui, ad esempio quelli alimentari o le multe penali restano comunque a carico (art. 282 CCI). La liquidazione può essere richiesta anche dai creditori o dal PM in alcuni casi, ma di solito è il debitore che vi ricorre spontaneamente quando non ha alternative.
  3. Esdebitazione del debitore incapiente (detta anche esdebitazione a zero o “senza utilità”): questa è una novità introdotta nel 2020/2022 e rappresenta un caso eccezionale. Consente al debitore persona fisica nullatenente e senza alcuna prospettiva di offrire utilità ai creditori, di ottenere l’esdebitazione anche senza pagare nulla. È concessa una volta sola nella vita e solo se il debitore è meritevole (non deve aver colpe gravi o atti in frode) . Di fatto è pensata per soggetti in indigenza totale, schiacciati da debiti che non potrebbero mai rimborsare neanche in minima parte, neppure liquidando tutti i loro (inesistenti) beni. Storicamente, prima di questa norma, tali persone restavano insolventi “a vita” senza via d’uscita. Ora la legge offre loro un fondo di garanzia sociale: se davvero non c’è nulla da dare ai creditori, il giudice può ugualmente liberare il debitore dai debiti, per permettergli di ripartire nella legalità .

Come funziona? Il debitore (di solito assistito da un OCC) presenta un’istanza al tribunale dichiarando la propria situazione di totale incapienza. I creditori e il giudice valutano: se il tribunale accerta che neppure liquidando eventuali beni i creditori avrebbero soddisfazione significativa, può emettere decreto di esdebitazione immediata . Da quel momento tutti i debiti pregressi sono cancellati. In cambio, la legge pone una condizione: per i 4 anni successivi, se il debitore beneficiato torna in possesso di utilità rilevanti (ad es. riceve un’eredità sostanziosa, vince alla lotteria, o trova un reddito molto superiore al minimo), deve darne comunicazione e destinare ai vecchi creditori una somma fino al 10% dei debiti originari . Se il miglioramento è modesto (sotto quella soglia del 10%), niente è dovuto . Passati 4 anni senza “colpi di fortuna” rilevanti, il debitore è definitivamente libero e nessuno potrà più reclamare nulla.

Esempio pratico: Tizio, cittadino extracomunitario in Italia, disoccupato, ha €50.000 di debiti tra banche e bollette, nessun immobile né beni aggredibili, vive di piccoli lavori in nero dei quali non resta nulla. Non può proporre alcun pagamento utile ai creditori. Se agisce in buona fede (i suoi debiti magari derivano da spese mediche e non da gioco d’azzardo, e non nasconde ricchezze offshore), Tizio può chiedere l’esdebitazione da incapiente . Il tribunale verifica che nemmeno vendendo eventuali beni (che non ha) i creditori prenderebbero qualcosa, e quindi lo libera dai €50.000 di debiti . Da quel momento Tizio è pulito. Se nei successivi 4 anni Tizio trovasse un buon lavoro con cui potrebbe restituire ad esempio €5.000 (cioè il 10%), dovrebbe informare l’OCC e pagare quell’importo ai vecchi creditori . Se invece resta in difficoltà economica o migliora solo di poco, non deve nulla. In ogni caso i debiti restanti sono estinti dal decreto e Tizio può ricominciare da capo, senza il fardello precedente.

Costi e considerazioni: questa procedura, pur senza rimborsi, ha comunque alcuni costi procedurali (l’Organismo di Composizione della Crisi ha diritto a un compenso, sebbene calmierato vista la situazione). Si tratta comunque di poche centinaia di euro spesso, un investimento minimo rispetto al beneficio di cancellare decine di migliaia di euro di debiti . Dato il carattere straordinario, l’esdebitazione incapiente è concessa con prudenza: i creditori vengono informati e possono opporsi se sospettano abusi (es. che il debitore abbia occultato patrimoni). Se emergono profili di frode, il beneficio viene revocato. Ma per la persona onesta e veramente nullatenente, rappresenta un’ancora di salvezza unica.

Conclusione su sovraindebitamento: per un debitore civile (consumatore) o un piccolo imprenditore sotto soglia fallimentare, le procedure di sovraindebitamento offrono un percorso legale per uscire dal tunnel dei debiti. Non sono scorciatoie facili: richiedono trasparenza totale, spesso sacrifici (vendere beni, impegnarsi a pagare il possibile per alcuni anni) e l’intervento di professionisti (OCC, avvocati). Ma se condotte a termine con successo, portano all’esdebitazione, cioè alla cancellazione definitiva dei debiti residui non pagati. Ciò permette al debitore di tornare “pulito” e reintegrarsi nell’economia legale, senza vivere nell’ombra per paura dei creditori. Va ribadito che non tutti i debiti si cancellano: restano fuori, come detto, quelli per alimenti, le sanzioni penali e pochi altri. Tutto il resto (dai debiti bancari alle cartelle esattoriali) è invece potenzialmente cancellabile, in toto o in parte, con queste procedure. Dal punto di vista di un cittadino straniero, non vi sono preclusioni: se il fulcro degli interessi è in Italia, si può accedere. Anzi, c’è un caso interessante: la legge ammette anche lo sdebitamento del sovraindebitato incapiente che risiede all’estero ma ha debiti in Italia, purché non abbia ottenuto analoghi benefici altrove. È una situazione limite, ma la ratio sarebbe dare una chance anche al migrante che ha lasciato l’Italia in miseria con debiti irrisolvibili: potrebbe rientrare apposta per avviare una procedura, liberarsi dei debiti italiani e ripartire.

Pignorabilità dei beni del debitore: limiti e tutele (in Italia e all’estero)

Quando un creditore ottiene un titolo esecutivo (sentenza, decreto, cartella esattoriale etc.) può procedere al pignoramento dei beni del debitore. Non tutto però è pignorabile e la legge fissa vari limiti a tutela del minimo vitale e di alcuni beni essenziali. Inoltre, per i creditori pubblici valgono regole speciali (più favorevoli al debitore in certi casi) rispetto ai creditori privati. Vediamo i beni principali:

  • Stipendio o salario – In caso di pignoramento presso il datore di lavoro, la quota massima pignorabile è generalmente 1/5 (20%) dello stipendio netto per ogni singolo credito (art. 545 c.p.c.). Ciò significa che per un debitore con uno stipendio mensile netto di €1.500, la trattenuta mensile non potrà eccedere €300 per ciascun creditore. Se ci sono più pignoramenti concorrenti (es. uno per un prestito e uno per cartelle), la somma delle trattenute non può superare metà dello stipendio (50%) . Fanno eccezione i crediti alimentari (mantenimento a familiari): per questi il giudice può autorizzare trattenute più alte, fino al 30% o anche 50% in casi estremi , poiché sono considerati di natura prioritaria. Un caso particolare riguarda l’Agenzia Entrate-Riscossione: il pignoramento esattoriale dello stipendio prevede soglie progressive in base all’importo dello stipendio percepito: 1/10 dello stipendio se questo non supera €2.500 netti, 1/7 (circa 14,3%) se è tra €2.501 e €5.000, e 1/5 (20%) sopra €5.000 . Questo sistema “a scaglioni” è più favorevole ai redditi bassi. Ad esempio, con stipendio €1.800, AER può trattenere al massimo €180 al mese (il 10%); con €4.000 mensili, può trattenere circa €571 (1/7). Gli stessi limiti valgono per pignoramenti su pensione, con l’ulteriore garanzia che non è pignorabile la parte di pensione equivalente all’assegno sociale aumentato della metà (circa €750 mensili protetti, soglia 2025). Dunque pensioni minime sono intoccabili, quelle medio-basse subiscono trattenute modeste. Importante: il pignoramento dello stipendio può avvenire anche direttamente sul conto corrente dove viene accreditato lo stipendio: in tal caso, se il pignoramento arriva quando lo stipendio è già stato accreditato, la legge protegge un importo pari al triplo dell’assegno sociale (circa €1.500) se l’accredito è avvenuto prima del pignoramento (art. 545, comma 8-9 c.p.c.). Se invece l’accredito avviene dopo la notifica del pignoramento alla banca, si applicano le percentuali di cui sopra come se fosse trattenuto a monte. In sintesi, il debitore lavoratore dipendente sa che al massimo metà del suo stipendio può essere distolto per i creditori, e con priorità agli alimenti e poi proporzione tra gli altri. Per il datore di lavoro l’ordine di pignoramento è un atto dovuto: in genere conviene comunicare alla propria azienda eventuali situazioni per predisporre la gestione, ma questa trattenuta non è motivo lecito di licenziamento o sanzione (è un fatto che può capitare e il lavoratore mantiene i suoi diritti).
  • Conti correnti e depositi bancari – Un creditore può pignorare il conto corrente del debitore presso la banca (pignoramento presso terzi). In tal caso la banca è tenuta a congelare le somme fino a concorrenza del credito pignorato. Se sul conto affluisce lo stipendio o la pensione, come detto, la legge tutela un importo pari a circa tre mensilità di base sociale se il pignoramento arriva dopo l’accredito. Se il conto è cointestato, si presume – salvo prova contraria – che metà del saldo sia di spettanza del debitore pignorato (e quindi si blocca quella metà). Per evitare il pignoramento del conto, un debitore a volte ritira il denaro in contanti non appena accreditato lo stipendio; ma attenzione: una volta notificato l’atto alla banca, le somme presenti sono vincolate. Agenzia Entrate-Riscossione può anch’essa pignorare conti correnti (con atto notificato alla banca e, per conoscenza, al debitore), però con alcune peculiarità: ad esempio, dopo la notifica del pignoramento, se il debitore non paga entro 60 giorni, il credito pignorato si considera assegnato automaticamente all’ente (mentre nel pignoramento ordinario serve l’ordinanza del giudice di assegnazione). In generale, chi ha debiti esecutivi farebbe bene a non mantenere eccessive liquidità sul conto, o a usare conti di terzi fiduciari, pur sapendo che quest’ultima pratica può configurare elusione e non è garantita (se il creditore scopre che il debitore usa il conto di un familiare, può tentare un’azione revocatoria di ricariche etc. se provasse che è un mezzo per sottrarsi al pignoramento).
  • Immobili (case, terreni) – I beni immobiliari sono generalmente pignorabili sia dai creditori privati sia dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione, ma esistono tutele speciali per l’abitazione principale quando il creditore è lo Stato. Vediamo separatamente:

Per creditori privati (banche, finanziarie, privati): non vi è un divieto di pignorare la prima casa. Un creditore munito di ipoteca o anche un semplice creditore chirografario con titolo può iscrivere ipoteca giudiziale e pignorare l’immobile, anche se il debitore vi risiede e possiede solo quella casa . L’inesistenza di limiti legali significa che anche per debiti relativamente modesti (qualche migliaio di euro) sarebbe astrattamente possibile il pignoramento; in pratica però, tra costi e tempi, di solito i creditori privati avviano esecuzioni immobiliari solo per importi significativi. Un caso tipico è la banca mutuante: se non si pagano le rate del mutuo, la banca, avendo ipoteca, può espropriare la casa (anche se prima e unica) dopo pochi mesi di insolvenza, tramite procedura d’asta. Un altro caso: se un privato ottiene una sentenza di condanna e il debitore ha solo la casa, può pignorarla; spesso però preferisce cercare accordi o altri beni, perché pignorare la prima casa occupata dal debitore può essere lungo e con incognite (valore di realizzo all’asta basso, difficoltà di liberazione). Non c’è quindi protezione automatica: il debitore che ha una casa e debiti con privati deve valutare soluzioni (rinegoziazione del debito, conversione del pignoramento pagando qualcosa, ecc.) se non vuole rischiare la vendita all’asta.

Per l’Agenzia Entrate-Riscossione (creditore pubblico): qui la legge prevede, dal 2013, che non si può espropriare l’unico immobile di proprietà del debitore se adibito a sua abitazione principale . In pratica la “prima casa” intesa come unica casa di residenza è impignorabile dal Fisco, a meno che non sia di lusso (categorie catastali A/8, A/9 escluse) . Bisogna però rispettare tutte le condizioni: il debitore non deve possedere altri immobili (neanche in quota, a pena di perdere la protezione) ; l’immobile deve essere destinato ad uso abitativo e residenza anagrafica del debitore ; non deve essere accatastato come villa, castello o immobile signorile di lusso . Se anche una sola di queste condizioni manca (es: il debitore ha un secondo piccolo immobile, oppure la casa non è sua residenza), la protezione salta . Ciò non significa pignoramento automatico: semplicemente diventa lecito per AER procedere, ma solo al ricorrere di ulteriori condizioni stringenti: (1) il debito complessivo verso AER deve superare €120.000 ; (2) AER deve aver già iscritto ipoteca sull’immobile da almeno 6 mesi ; (3) il valore totale degli immobili del debitore deve eccedere €120.000 (indicazione antieconomica per non pignorare case di valore irrisorio) ; (4) devono essere trascorsi 6 mesi dall’iscrizione ipotecaria senza che il debitore abbia pagato o ottenuto una rateizzazione . Inoltre, la legge impone che prima di procedere AER offra la rateizzazione fino a 72 rate (120 se difficoltà) . Solo in caso di ulteriore inadempienza, si può procedere con pignoramento e vendita. In pratica, il pignoramento della prima casa da parte del Fisco è oggi raro: avviene solo quando il contribuente ha debiti molto elevati e ignora anche ipoteca e possibilità di rate. Se invece il debitore possiede altri immobili (es. una seconda casa o un terreno), queste protezioni non valgono: AER può pignorare tali immobili (anche se affittati o non di lusso) per debiti sopra €120.000, seguendo la prassi di ipoteca e preavviso.

Infine, va menzionato: se un creditore privato (es. una banca) pignora la casa del debitore, AER – pur non potendo autonomamente pignorare la prima casa perché sotto soglia – può intervenire in quella procedura esecutiva e partecipare alla distribuzione del ricavato . La legge infatti stabilisce che il divieto per AER è solo ad iniziare l’espropriazione, ma resta ferma la facoltà di intervento ex art. 499 c.p.c. in un’esecuzione immobiliare avviata da altri . Quindi, se il debitore ha ad esempio €50.000 di debiti col Fisco (sotto soglia) e €100.000 con una banca, e quest’ultima pignora la casa, AER può presentarsi nella causa di esecuzione e inserirsi tra i creditori che verranno soddisfatti dall’eventuale vendita. Questo per dire che il vincolo “prima casa impignorabile” ha qualche scappatoia in scenari multipli.

  • Beni mobili – Mobili pignorabili includono auto, moto, beni d’arredo di pregio, denaro contante, titoli etc. Arredi di casa necessari, abbigliamento, elettrodomestici indispensabili sono protetti (art. 514 c.p.c. elenca i beni mobili impignorabili, come letto, frigorifero, cucina, tavolo per pasti, ecc.). Un ufficiale giudiziario non può pignorare, ad esempio, l’armadio con gli abiti o il letto su cui dorme il debitore, né gli utensili di cucina indispensabili. Può però prendere beni di valore non necessari (TV grande schermo, collezioni, gioielli, opere d’arte, ecc.). In realtà i pignoramenti mobiliare presso il domicilio sono oggi poco frequenti, perché spesso di scarsa resa e complicati (il debitore può rendere difficile l’accesso, i beni usati hanno poco mercato…). Più redditizio per il creditore è il pignoramento di auto o moto: tramite fermo amministrativo (per AER) o rintraccio via PRA per i privati, si può bloccare il veicolo e metterlo all’asta. Anche qui, se l’auto è essenziale per il lavoro del debitore (unico mezzo per recarsi al lavoro, ad esempio), la prassi talvolta evita il pignoramento; ma giuridicamente l’auto non è protetta (salvo che per gli agenti di commercio, art. 515 c.p.c.). Il fermo amministrativo disposto da AER (iscrizione al PRA che vieta la circolazione del mezzo) non è proprio un pignoramento ma un blocco: se il debitore continua a non pagare, si può poi passare al pignoramento e vendita del veicolo. L’iscrizione del fermo è prevista per debiti sopra €1.000 previa comunicazione di preavviso e con divieto di atti dispositivi (non si può vendere l’auto senza saldare il dovuto).
  • Stipendio e beni all’estero – Se il debitore lavora all’estero o ha beni fuori Italia, la possibilità di pignoramento dipende dalla cooperazione internazionale. Tra Paesi UE, come accennato, uno stipendio percepito in Francia o Germania può essere pignorato su richiesta di un creditore italiano grazie al Regolamento Bruxelles I (1215/2012) che rende esecutiva in tutta l’UE una sentenza o un titolo esecutivo . Ad esempio, un creditore con decreto ingiuntivo italiano può ottenerne l’esecutorietà in Francia e pignorare il conto o lo stipendio del debitore emigrato. Per i debiti fiscali, l’assistenza UE (Dir. 2010/24/UE) consente di recuperare anche all’estero imposte italiane come se fossero del Paese ospitante. Al di fuori dell’Unione, tutto dipende da accordi: con alcuni Paesi vi sono trattati che includono assistenza nel recupero crediti (USA, Svizzera, ad esempio, cooperano su certe materie ), ma con altri come il Bangladesh no. Quindi un creditore italiano per aggredire beni in Bangladesh dovrebbe sottoporre il titolo al giudizio di riconoscimento in Bangladesh secondo la legge locale (delibazione): iter oneroso e incerto, giustificabile solo per grandi importi. In assenza di ciò, i beni in Bangladesh di norma sono al sicuro da creditori italiani. Tuttavia, se il debitore trasferito all’estero torna in Italia o acquisisce nuovi beni qui, quegli stessi creditori potranno rivalersi allora. Il takeaway è: i beni del debitore ovunque si trovino sono in teoria garanzia dei creditori (principio della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c.), ma la capacità effettiva di pignoramento termina dove finisce la giurisdizione o gli accordi: oltre frontiera, un credito non assistito da trattati resta sulla carta. Per questo molti emigranti con debiti italiani finiscono, di fatto, per non essere mai escussi se non mettono più piede nell’area di efficacia dei titoli.

Riassumendo, la legge italiana cerca un equilibrio tra il diritto del creditore a soddisfarsi e la dignità del debitore. Non potrà mai essere pignorato tutto lasciando il debitore in miseria: gli verrà sempre lasciata una parte di stipendio, i beni essenziali, l’abitazione principale almeno contro il Fisco (e comunque non si può sfrattare un debitore proprietario finché l’asta non è conclusa, il che richiede tempo e garanzie processuali). Conoscere questi limiti è importante per non farsi terrorizzare oltre il dovuto: ad esempio, nessuno verrà a “prenderti tutti i soldi” dal conto se hai uno stipendio accreditato; al massimo seguono le quote legali. Viceversa, se si possiedono più beni di pregio (una seconda casa, auto di lusso), quelli sono a rischio concreto se i debiti sono seri.

Residenza fiscale, espatrio e conseguenze sui debiti

Un aspetto cruciale per chi si sposta all’estero è capire cosa succede ai debiti contratti in Italia. Come visto, trasferirsi fuori dall’Italia non estingue magicamente i debiti : essi continueranno ad esistere e, almeno in patria, a produrre i loro effetti (interessi, eventuali azioni su beni rimasti). Tuttavia, sul piano pratico, un debitore che lascia il Paese può trovarsi in situazioni differenti:

  • Cittadino del Bangladesh che rientra in patria con debiti italiani non pagati: attualmente tra Italia e Bangladesh non ci sono trattati bilaterali specifici per l’assistenza nel recupero di comuni crediti civili o fiscali. Ciò significa che un creditore italiano (privato o Agenzia Entrate) per agire in Bangladesh dovrebbe sottoporre il suo titolo a un tribunale bangladese per il riconoscimento (seguendo le norme locali di diritto internazionale privato). In assenza di convenzioni, questa procedura (detta delibazione) richiede di dimostrare vari requisiti – ad esempio che la sentenza italiana è definitiva, che il Bangladesh aveva competenza o reciprocità, e che non vi sono contrasti con l’ordine pubblico locale. È un percorso complesso, raramente intrapreso per debiti modesti. Nella pratica, se un debitore torna in Bangladesh e non ha lasciato beni in Italia, è poco probabile che venga inseguito legalmente fino lì (specie per importi relativamente bassi). Questo spiega perché alcuni stranieri insolventi decidono di espatriare per sottrarsi alla pressione dei creditori. Bisogna però comprendere i limiti di questa “soluzione”: i debiti non scompaiono, restano pendenti in Italia e potrebbero resurrezione in futuro. Ad esempio, se dopo 5 o 10 anni il soggetto volesse tornare in Italia per lavoro o turismo, potrebbe trovare ancora cartelle esattoriali a suo nome, e se provasse ad avere un conto o intestarsi un’auto, i vecchi creditori potrebbero farsi vivi (sempre che i crediti non siano prescritti in sua assenza, cosa possibile ma da verificare caso per caso).
  • Cancellazione dall’anagrafe e residenza fiscale: un cittadino straniero che lascia l’Italia dovrebbe cancellarsi dall’Anagrafe della Popolazione Residente (APR) del Comune dove risiede (se aveva residenza). Per gli italiani esiste l’iscrizione all’AIRE per chi vive all’estero, ma per lo straniero extra-UE che rientra stabilmente nel suo Paese è sufficiente la cancellazione per “trasferimento all’estero”. Questo ha effetto sul piano fiscale: la residenza fiscale in Italia cessa dal momento in cui per la maggior parte dell’anno non si è più qui (criterio dei 183 giorni) e se c’è formale cancellazione anagrafica. Dal 1° gennaio dell’anno successivo, il soggetto non è più considerato residente ai fini delle imposte italiane (salvo reintestazioni se ha redditi prodotti in Italia, che restano tassabili alla fonte). Ciò incide sui nuovi debiti tributari: ad esempio, uno che torna in Bangladesh a metà 2025 ed esce dall’anagrafe, dal 2026 non avrà più obbligo di dichiarare redditi in Italia (se non ne percepisce qui) e quindi non maturerà nuove imposte italiane; i suoi debiti pregressi però restano.
  • Notifiche all’estero: se un procedimento italiano è in corso, notificare atti a un soggetto residente all’estero è più complesso. In UE c’è il Regolamento sulle notifiche transfrontaliere, ma con Paesi extra-UE come il Bangladesh bisogna passare per vie consolari o postali (se previste). Può capitare che, non trovandoti più all’ultimo domicilio noto, alcune notifiche vengano fatte per compiuta giacenza o irreperibilità in Italia (deposito in Comune). Ciò potrebbe inficiare la conoscenza degli atti da parte del debitore, ma spesso la giurisprudenza le considera comunque valide se fatte secondo legge. Dunque il rischio è di “perdere” corrispondenza importante. Per i cittadini stranieri, l’art. 142 c.p.c. prevede che se non hanno domicilio noto in Italia, la notifica possa avvenire presso il Ministero degli Esteri che poi trasmette tramite consolato. Pochi creditori seguono queste vie costose per importi bassi. Di nuovo, pragmaticamente, molti atti potrebbero non raggiungere mai il debitore all’estero.
  • Rientro in Italia: se in futuro il debitore decidesse di tornare in Italia per lavorare o vivere, i creditori potrebbero riattivarsi. Non esiste alcuna “amnistia” generale per cui dopo aver vissuto fuori tot anni i debiti cadono automaticamente (se non appunto la prescrizione, ma come detto va valutato se interrotta). Pertanto conviene, prima di un eventuale rientro, verificare la propria posizione: ad esempio richiedere all’Agenzia delle Entrate-Riscossione un estratto conto delle cartelle a proprio nome, per vedere cosa risulta aperto, e magari cogliere l’occasione se c’è una definizione agevolata in corso per sanare a condizioni favorevoli. Non risultano casi di persone arrestate in frontiera per debiti civili (in Italia non esiste la prigione per debiti di natura civile, è incostituzionale ai sensi dell’art. 21 Cost.). Quindi non si verrà fermati in aeroporto per un debito non pagato, a meno che quel debito non abbia dietro un reato (es. maxi-evasione fiscale punita penalmente e con mandato, ma parliamo di casi estremi). Piuttosto, se uno rientra e trova lavoro, potrebbe subire un pignoramento del nuovo stipendio, oppure vedersi negate alcune richieste (es: se aveva lasciato un’auto con fermo amministrativo, non potrà circolare finché non paga; se chiede un rimborso fiscale, gli verrà compensato col debito; se prova ad aprire una società, eventuali crediti verso lo Stato saranno escussi).

In sintesi, emigrare è dal punto di vista giuridico una non-soluzione per i debiti, benché di fatto metta il debitore fuori portata immediata per molti creditori. Si rimane però debitori: un domani, cambiando le circostanze (rientro, eredità in Italia, ecc.), le pendenze tornano. Per questo, chi lascia l’Italia con debiti dovrebbe, se possibile, almeno attivarsi per trovare un accordo o aderire alle definizioni agevolate (magari pagando una piccola quota per saldo e stralcio), così da chiudere le posizioni senza lasciare “mine” attive.

Debiti, permesso di soggiorno e attività lavorativa in Italia

Una preoccupazione diffusa tra i cittadini stranieri è se avere debiti o pendenze fiscali possa influire sul proprio status di soggiorno in Italia o sulla possibilità di avviare attività economiche. È importante chiarire alcuni punti:

  • Permesso di soggiorno e debiti fiscali: il fatto di avere debiti con il Fisco, o addirittura di aver omesso delle dichiarazioni fiscali, non costituisce di per sé motivo di diniego o revoca del permesso di soggiorno . Questo è stato affermato chiaramente da decisioni della giustizia amministrativa (ad es. Cons. di Stato – CGA Sicilia sent. n. 379/2023): la legge sull’immigrazione (D.lgs. 286/1998) non annovera l’evasione fiscale tra le cause ostative al rinnovo del permesso . L’eventuale inadempienza tributaria deve semmai essere perseguita con i mezzi propri (recupero crediti e sanzioni fiscali, e se grave con sanzioni penali tributarie), ma non può essere usata in automatico dalla Questura come ragione per negare il rinnovo . In altre parole, non esiste un legame diretto tra lo status di immigrato regolare e l’essere in debito col Fisco. Detto ciò, è vero che per ottenere o rinnovare la maggior parte dei permessi di soggiorno è richiesto di dimostrare un reddito minimo lecito e sufficiente al sostentamento (di solito pari all’assegno sociale annuo, salvo casi di familiari a carico) . Se i debiti sono la conseguenza di un’attività economica andata male e il richiedente non ha più reddito, il permesso potrebbe essere a rischio per mancanza di mezzi di sostentamento, ma non per i debiti in sé. Inoltre, se la Questura rilevasse che l’interessato non ha pagato tasse e ne deducesse (erroneamente) che non avesse redditi sufficienti o che abbia simulato redditi, dovrebbe fare accertamenti specifici prima di negare il titolo . Un caso trattato in CGA Sicilia riguardava un diniego basato sul fatto che lo straniero non aveva presentato alcune dichiarazioni fiscali: in appello si è stabilito che ciò da solo non basta a dimostrare mancanza di reddito o pericolosità, e il diniego è stato annullato . Quindi, un debito fiscale (ad esempio cartelle non pagate) non vi farà espellere né vi negheranno il permesso per questo motivo. Ovviamente, se i debiti derivano da un reato (tipo frode fiscale punita penalmente) e c’è una condanna penale definitiva, quella condanna potrebbe invece sì essere rilevante per il permesso (le condanne per reati gravi possono portare al diniego per motivi di sicurezza/pubblico ordine). Ma il semplice status di debitore no.
  • Cittadinanza italiana e debiti: per chi aspira alla cittadinanza per residenza, la legge richiede la dimostrazione di un certo reddito negli ultimi anni e l’assenza di precedenti penali rilevanti. Avere debiti di per sé non impedisce di diventare cittadino italiano, finché si soddisfano i requisiti. Tuttavia, in sede istruttoria, talvolta viene valutato anche il grado di integrazione e comportamento fiscale: avere pesanti pendenze fiscali potrebbe essere visto come indice negativo di integrazione (anche se non codificato), specialmente se collegate a illecito tributario. Ma non c’è una norma che dica “no cittadinanza se hai debiti”. Dunque, a meno di situazioni estreme, questo non dovrebbe influire formalmente.
  • Avviare un’attività imprenditoriale con debiti pregressi: in linea di massima nulla vieta a un soggetto indebitato di aprire una nuova attività (impresa individuale, società, partita IVA). Non esiste un registro dei “cattivi pagatori” che impedisca l’avvio d’impresa. Tuttavia, ci sono aspetti pratici da considerare: se uno ha debiti con l’Erario e apre una ditta, potrebbe aver bisogno del DURC (documento unico regolarità contributiva) per alcuni lavori, e non potrà ottenerlo finché non regolarizza i debiti contributivi (il DURC attesta di essere in regola con INPS e INAIL). Questo potrebbe precludere ad esempio la partecipazione ad appalti pubblici o lavori edili. Inoltre, se la persona è sottoposta a procedura di liquidazione concorsuale (sovraindebitamento o fallimento), durante la procedura non può amministrare liberamente nuovi patrimoni (nel fallimento c’è interdizione dagli uffici direttivi di società per la durata). Dopo aver ottenuto l’esdebitazione, invece, può riprendere qualunque attività senza restrizioni. Bisogna anche dire che, se i creditori scoprono la nuova attività, potrebbero cercare di pignorarne i frutti (es. pignorare crediti verso i clienti, o attrezzature se intestate al debitore persona fisica). Ad esempio, se un ex imprenditore fallito (non assoggettabile a fallimento formale, ma pieno di debiti) apre un negozio come ditta individuale, i suoi vecchi creditori privati potrebbero notificargli pignoramenti di crediti verso terzi (es. un fornitore che gli deve pagare merce, o presso il conto corrente aziendale), complicandogli la gestione. Per questo, spesso chi esce da un fallimento o è molto indebitato preferisce avviare nuove attività attraverso un prestanome o un familiare, per non intestarsi nulla e tenere i creditori lontani. È una pratica diffusa ma a rischio: se c’è abuso (es. società fittizie intestate a terzi ma di fatto gestite dall’insolvente), i creditori possono chiedere al giudice di revocare atti simulati o aggredire comunque i beni (tramite azioni revocatorie o esecutive contro il socio occulto).
  • Accesso al credito e alla vita economica: è ovvio che una persona con molti debiti impagati avrà difficoltà ad ottenere nuovi prestiti o finanziamenti in Italia. Risulterà probabilmente segnalata nelle banche dati come cattivo pagatore (CRIF, Centrale Rischi, ecc.), il che preclude ulteriori prestiti bancari finché non risolve le insolvenze o passa molto tempo. Ciò non vieta però di lavorare come dipendente (nessuno chiede la “fedina finanziaria” per assumere, a parte ruoli nel settore finanziario forse) né di fare l’imprenditore con capitali propri o di terzi. Quindi la possibilità di lavorare non è inficiata: anzi, il lavoro è auspicabile perché consente magari di rientrare dai debiti.
  • Rischio di misure giudiziarie personali: a differenza di alcuni ordinamenti, in Italia non c’è il concetto di jail for debt. Non potete essere incarcerati perché non pagate un debito civile, e neppure vi possono revocare documenti come il passaporto solo per quello (nel Regno Unito un tempo succedeva, qui no). Solo l’insolvenza fraudolenta (scappare coi soldi dei creditori commettendo reati come bancarotta fraudolenta) è reato. Ma se avete semplicemente accumulato debiti perché vi è andata male, lo Stato non vi punirà penalmente né vi impedirà di circolare. Al limite, un giudice civile potrebbe dichiararvi fallito (se eravate imprenditore sopra soglia) e questo comporta per qualche anno l’incapacità a ricoprire cariche societarie, ma è un effetto civile.

In conclusione, dal punto di vista amministrativo/legale dell’immigrazione, il debito è un problema economico ma non un crimine: le autorità di solito guardano ad altro (assenza di reati, disponibilità di reddito per mantenersi, alloggio idoneo, integrazione). Anzi, regolarizzare la posizione fiscale, se possibile, può essere un punto a favore in procedure discrezionali. Ad esempio, se uno sanasse spontaneamente i propri debiti col fisco, potrebbe menzionarlo a supporto della propria buona condotta. Ma se ciò non è fattibile, non bisogna temere di “essere cacciati” per quello.

Quanto alla possibilità di fare impresa o lavorare, a parte gli ostacoli indiretti (crediti pignorabili, difficoltà di credito), non c’è preclusione: un debitore può aprire partita IVA, costituire società (anche se se ne sconsiglia l’intestazione diretta se molto esposto, per i motivi di aggressione detti), assumere dipendenti, etc. Al contrario, talvolta avere debiti spinge a lavorare di più per cercare di ripagarli: attenzione però a non finire vittima di sfruttamento lavorativo perché “tanto hai debiti quindi lavoreresti a qualunque condizione” – i diritti sul lavoro restano intatti.

Esempi pratici

Per meglio illustrare come le norme si applicano nella realtà, consideriamo alcuni scenari tipici riguardanti un cittadino straniero (nel nostro caso del Bangladesh) debitore in Italia.

Caso 1: Debitore con casa di proprietà e stipendio in Italia – Il sig. A. vive in Italia da anni, ha un lavoro regolare (stipendio netto €1.300) ed è proprietario di un appartamento dove risiede con la famiglia. Purtroppo ha accumulato €30.000 di debiti: €10.000 di prestito personale con una banca, €5.000 di bollette arretrate e affitto condominiale, e €15.000 di cartelle esattoriali (IVA e IRPEF non pagata). Cosa può succedergli e come può difendersi?

  • Per i debiti bancari e condominiali (tot €15.000), i creditori privati possono agire in tribunale. È probabile che la banca ottenga un decreto ingiuntivo e pignori il suo stipendio: su €1.300 mensili, può prendere al massimo €260 (1/5). Ciò lascerebbe A. con €1.040, gestibile per vivere. Il condominio potrebbe pignorare il conto o anch’esso lo stipendio (se non già saturato dal primo pignoramento; se coesistono due pignoramenti, la somma rimane entro il 20% ciascuno ma non oltre 50% totale). Difficilmente per €15.000 complessivi questi creditori punteranno subito alla casa, che vale magari €100.000: però potrebbero cautelarsi con un’ipoteca giudiziale sull’immobile. A. vedrà forse comparire un’ipoteca per €15.000 a favore della banca: significa che se prova a vendere la casa, dovrà pagare i creditori da quel ricavato. Ma se paga regolarmente col pignoramento sullo stipendio, la banca recupererà nel tempo e potrebbe accontentarsi.
  • Per le cartelle esattoriali (€15.000), l’Agenzia Entrate-Riscossione può iscrivere ipoteca sull’immobile perché il debito supera €20.000? In realtà la soglia per ipoteca esattoriale è €20.000 di debito , quindi sotto tale cifra non può ipotecare. Può però disporre il fermo amministrativo sull’auto se A. ne possiede una, perché basta debito sopra €1.000. Con €15.000 di debito fiscale, AER potrebbe pignorargli il conto in banca e lo stipendio. Sullo stipendio applicherebbe la regola: siccome €1.300 < €2.500, pignorerebbe solo 1/10, quindi €130 al mese. Se è già in corso un pignoramento privato (la banca) di €260, e arriva quello pubblico di €130, in totale avrebbe €390 trattenuti, pari a circa 30% del netto, il che è ammissibile (alimentando due creditori diversi). AER non può pignorare la casa perché è l’unica e A. ci risiede (prima casa protetta) . Inoltre €15.000 < €120.000, quindi niente pignoramento immobiliare comunque. Quindi la casa di A. è al sicuro da espropriazione statale; rimane però ipotecabile se il debito cresce oltre €20.000 (ad es. con interessi futuri) – ipoteca esattoriale richiede €20.000 e può essere messa anche su prima casa (l’ipoteca , è il pignoramento che è vietato per unica casa). Con ipoteca, se A. volesse un domani vendere casa, dovrebbe pagare AER altrimenti il notaio non lascerebbe perfezionare la vendita.
  • Strategie difensive: Il sig. A. potrebbe chiedere una rateizzazione delle cartelle prima che gli pignorino lo stipendio. Con €15.000 può ottenere 72 rate di ~€210. Questo bloccherebbe fermi/pignoramenti da AER. €210/mese per Fisco + €260/mese per banca = €470, un terzo dello stipendio, un peso ma gestibile. Alternativamente, se rientra in rottamazione (supponiamo siano ruoli 2018-2019, quindi sì nella rottamazione-quater 2023), potrebbe chiedere di pagare solo €10.000 (capitale) senza sanzioni su 18 rate, circa €556/semestre, più sostenibile che pagare tutto con interessi. Per i creditori privati, A. potrebbe tentare un saldo e stralcio bonario: ad esempio offrire €5.000 alla banca a fronte di chiudere il debito di €10.000. Spesso le finanziarie accettano transazioni al 50% se vedono difficoltà (soprattutto se il credito è deteriorato da tempo). Se la banca accettasse, A. potrebbe magari chiedere un piccolo prestito a un parente per saldare e togliersi il pignoramento dallo stipendio.
  • Procedura concorsuale: A. è un consumatore, potrebbe pensare a un Piano del consumatore. Con €30.000 di debiti totali, la sua capacità di pagamento è limitata (€1.300 stipendio con famiglia a carico, ipotizziamo spese mensili €1.000). Potrebbe offrire €300 al mese per 5 anni (=€18.000) da ripartire pro quota tra i creditori (Fisco e banca hanno circa metà a testa). Il tribunale valuterebbe: la casa di A. comunque non sarebbe liquidabile perché meritevole di tutela, e dall’alternativa liquidatoria i creditori avrebbero poco (lo stipendio pignorato 1/5 per 5 anni darebbe simile somma). Se A. è meritevole (non ha fatto spese folli, i debiti sono stati contratti in buona fede per necessità), il piano potrebbe passare con omologa giudiziale anche senza consenso formale del Fisco o della banca. Dopodiché A. pagherebbe quei €300/mese e a fine 5 anni il residuo debito sarebbe esdebitato. Questo gli permetterebbe di conservare la casa e uscire dall’indebitamento in un tempo definito. Naturalmente, servirebbe assistenza legale e dell’OCC, costi che però in parte possono essere dilazionati anch’essi nel piano.

Caso 2: Debitore nullatenente senza lavoro (“incapiente”) – Il sig. B., anche lui cittadino bangladese, aveva un piccolo negozio in Italia poi chiuso. Ha accumulato €40.000 di debiti: prestiti, bollette, tasse non pagate. Ora però non lavora, vive ospite da amici, non possiede case né auto, nessun conto in banca. In pratica è senza beni né redditi ufficiali. I creditori lo cercano ma non trovano nulla da pignorare (il classico “nullatenente”). Cosa può fare B.?

  • In assenza di azioni, B. potrebbe semplicemente restare in questa situazione: i creditori magari otterranno sentenze, ma non troveranno beni. Ogni tanto gli notificheranno atti (che B. potrebbe ignorare se tanto nulla hanno da prendere). Questa condizione però è rischiosa se B. un giorno trovasse lavoro: ad esempio, se fra 2 anni viene assunto regolarmente, i creditori attiverebbero subito pignoramenti sul suo stipendio (che intanto con interessi e spese potrebbe vedere il debito lievitato a €50-60k). Quindi vivere “in nero” e senza nulla può non essere per sempre, e tornare nell’economia regolare comporterebbe farsi subito aggredire dai vecchi debiti.
  • Una soluzione legale è sfruttare la procedura di esdebitazione del debitore incapiente introdotta dal nuovo Codice . B. rientra perfettamente: persona fisica, meritevole (supponiamo non abbia commesso frodi, semplicemente la sua attività è andata male), privo di ogni utilità da offrire. Potrebbe rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi e presentare un’istanza al tribunale chiedendo di essere esdebitato senza pagare nulla, dato che la liquidazione sarebbe inutile . I creditori verrebbero avvisati: se nessuno oppone ragioni serie (ad es. mostrando che in realtà B. nasconde qualcosa), il giudice con tutta probabilità accoglierà e cancellerà tutti i €40.000 di debiti. B. dovrà solo, nei 4 anni successivi, segnalare se la sua condizione migliora e, nel caso fortunato che inizi a guadagnare bene, restituire ai creditori al massimo il 10% dei debiti originari (cioè €4.000) . Questa rappresenta la migliore via d’uscita per un debitore onesto ma completamente al verde: diversamente, resterebbe braccato a vita e probabilmente tentato di restare nell’irregolarità (lavoro nero, niente conti, niente intestazioni). Con l’esdebitazione, B. potrebbe invece ripartire pulito e magari trovare un lavoro regolare senza paura del pignoramento. Dovrebbe solo permettersi i modesti costi della procedura (qualche centinaio di euro, spesso differibili).
  • Se B. non conosce o non vuole intraprendere la via concorsuale, l’alternativa è aspettare la prescrizione di tutti i crediti. Se i creditori sono dormienti, dopo 5-10 anni i debiti si prescrivono e B. sarebbe libero (per lo meno da quelli). Ma spesso, specie l’Erario, invia atti interruttivi che tengono vivo il debito. Quindi contare solo sul tempo è incerto. E anche se prescritti, i debiti andrebbero formalmente riconosciuti come tali (serve opporre l’eccezione al momento giusto, come detto).

In caso di ritorno in Bangladesh, B. potrebbe decidere di lasciare l’Italia e tornare a casa propria. In tal caso, come spiegato, probabilmente i creditori non riusciranno a recuperare nulla. Se B. non pensa di tornare in Italia né averci rapporti economici, potrebbe limitarsi a questa scelta. Tuttavia, se un domani volesse rientrare (magari per turismo o un nuovo lavoro), troverebbe i debiti sospesi ma non cancellati. Dunque, anche emigrando, è preferibile utilizzare strumenti come la procedura di esdebitazione per chiudere i conti legalmente prima di partire, se possibile.

Caso 3: Debitore con intenzione di espatriare per sfuggire ai debiti – Il sig. C., anch’egli originario del Bangladesh, ha €20.000 di debiti (metà con banche, metà cartelle comunali per multe). Decide di lasciare l’Italia e tornare nel suo Paese, sperando così di non dover pagare. Si chiede: “posso avere problemi alla frontiera? E se poi volessi tornare in Europa?”

  • Alla frontiera: come detto, nessuno lo fermerà in aeroporto per quei debiti; può tranquillamente espatriare. L’Italia non ha controlli di polizia per uscire relativi a debiti civili. Diverso se fosse ricercato per reati, ma non è il caso.
  • In Bangladesh: molto probabilmente nessuno lo contatterà mai per quei €20.000. Li considereranno inesigibili col tempo, magari dopo anni le banche venderanno i crediti a società di recupero che però operano in Italia (non in Asia).
  • Conseguenze in Italia: nel frattempo la sua posizione rimane. I debiti maturano interessi (i bancari andranno a sofferenza, le cartelle hanno interessi modesti ma costanti). Verranno forse notificate ingiunzioni al vecchio indirizzo in Italia e messe in archivio come non riscosse. Dopo 5 anni le multe sarebbero prescritte, la banca magari ogni tanto invierebbe un sollecito interrompendo la prescrizione decennale. Quindi i debiti potrebbero tecnicamente restare pendenti a lungo.
  • Se torna in UE: immaginiamo che dopo qualche anno C. decida di andare, ad esempio, a lavorare in Francia o in Italia di nuovo. Finché rimane in Bangladesh, l’Italia non può chiederne l’estradizione (ovviamente, non è un criminale). Ma se rientra nello spazio UE, le sue vecchie pendenze potrebbero emergere: ad esempio, se torna in Italia e si iscrive all’anagrafe, i sistemi dell’Agenzia Entrate lo riagganciano e AER potrebbe inviargli un intimazione al nuovo domicilio. Oppure, se va in Francia e intanto la banca ha ottenuto un titolo europeo, potrebbe ricevere in Francia una notifica europea di esecuzione (non comune ma possibile). Dovrà valutare se sistemare allora i debiti (magari usufruendo di un’eventuale rottamazione attiva in quel momento) o restare sotto radar.
  • Permesso di soggiorno: se C. aveva un permesso di soggiorno UE di lungo periodo prima di partire, un prolungato soggiorno fuori UE glielo farebbe perdere comunque. Se in futuro volesse un nuovo permesso per l’Italia, dover comprovare reddito potrebbe essere l’ostacolo maggiore, ma i debiti pregressi di per sé non contano. Potrebbe rientrare con un nuovo visto lavoro se trova un datore, e nessuna domanda del visto chiede “ha debiti?”.
  • Synthesi: la via di C. è quella che molti in difficoltà adottano – fare fūga e ricominciare altrove. Funziona in pratica, ma porta con sé l’impossibilità di sfruttare a cuor leggero i propri diritti in Italia finché i debiti pendono. Ad esempio, C. non potrebbe intestarsi immobili in Italia neanche se ereditasse, perché verrebbero aggrediti. Se un giorno servisse un documento come il clearance fiscale per qualche pratica consolare, potrebbe avere problemi (ma in genere non viene richiesto). Diciamo che, se l’intenzione è di chiudere per sempre con l’Italia, allora si può lasciarsi dietro i debiti (male che vada se ne occuperanno i creditori come perdite). Se però c’è anche solo la potenzialità di tornare o mantenere legami, conviene cercare di risolverli in qualche modo (es. transare a saldo e stralcio).

Domande frequenti (FAQ)

D: Posso evitare di pagare i debiti semplicemente trasferendomi all’estero (ad esempio tornando in Bangladesh)?
R: Trasferirsi all’estero può rendere molto difficile ai creditori italiani recuperare il denaro, specie fuori dall’Unione Europea dove non esistono strumenti di cooperazione per il recupero forzoso . Tuttavia, i debiti non si cancellano automaticamente con l’espatrio: resteranno legalmente dovuti. Se un giorno rientrerai in Italia o avrai ancora beni/redditi in Italia, i creditori potranno riprendere le azioni. Dunque è una soluzione solo di fatto: finché rimani fuori dall’Europa senza beni qui, è probabile che i creditori non riescano a riscuotere. Ma rimane il rischio per il futuro (oltre al peso morale). Inoltre, alcuni debiti – come quelli di mantenimento familiare o certi debiti fiscali – possono essere perseguiti anche all’estero tramite accordi o normative internazionali, quindi l’estero non garantisce impunità in assoluto .

D: Dopo quanti anni si prescrivono i vari debiti?
R: Dipende dal tipo di debito. In generale: 5 anni per multe, bollette, affitti, tributi locali, contributi previdenziali ; 10 anni per imposte statali (IRPEF, IVA) e per debiti da contratto o sentenze civili ; 3 anni per il bollo auto regionale . Le sanzioni e interessi di mora seguono di solito i 5 anni anche se la tassa principale è 10 . Attenzione però: ogni atto di messa in mora o intimazione interrompe la prescrizione e fa ripartire il conteggio da capo . Quindi, se ad esempio hai una cartella IRPEF del 2012, in teoria dopo 10 anni (2022) sarebbe prescritta; ma se l’ente ti ha inviato un sollecito nel 2017, la nuova scadenza diventava 2027, e così via. Bisogna quindi verificare l’ultimo atto/notifica ricevuta per ciascun debito e calcolare da quella data il termine.

D: I miei debiti in Italia possono impedirmi di avere il permesso di soggiorno o la cittadinanza?
R: No, non direttamente. La legge italiana non prevede il diniego del permesso di soggiorno per il fatto di avere debiti o essere stato evasore fiscale . Le autorità possono negare/rievocare il permesso per mancanza di reddito sufficiente, per pericolosità sociale, per condanne penali gravi, ecc., ma non perché “hai cartelle esattoriali non pagate”. Un pronunciamento del 2023 ha ribadito che l’evasione fiscale di per sé non è motivo neppure indiretto di diniego del permesso . Ovviamente, se i debiti derivano da un reato commesso (es. frode, truffa) che ha portato a condanna, quella condanna potrebbe influire sul permesso. Ma il debito civile no. Per la cittadinanza, simile discorso: l’avere debiti non è criterio ostativo. L’importante per la cittadinanza per residenza è avere redditi leciti sufficienti negli ultimi anni e nessun precedente penale rilevante. È possibile che, a livello discrezionale, un’enorme insolvenza verso lo Stato possa far dubitare della “buona condotta”, ma non ci sono norme specifiche. In pratica, molti nuovi cittadini avevano magari pendenze Equitalia senza problemi.

D: Possono togliermi/passarmi la casa per i debiti?
R: Portartela via direttamente no (nessuno ti sfratta o butta fuori casa per un debito senza passare dal tribunale). Ma in certe condizioni, la casa può essere pignorata e venduta all’asta. Se hai un mutuo e non paghi, la banca (che ha ipoteca) può far espropriare la casa abbastanza rapidamente. Se hai debiti con privati e sei proprietario, il creditore può iscrivere ipoteca giudiziale e, superata una certa entità di debito, chiedere il pignoramento immobiliare. Non c’è un limite minimo di legge per i privati: anche per 5.000 € potrebbero legalmente pignorare casa, ma spesso non conviene e tentano prima pignoramenti di stipendi o conti. Invece l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può pignorare la tua casa se: è l’unica di proprietà, ci risiedi anagraficamente e non è di lusso . Questa è la famosa protezione della “prima casa” verso il Fisco (introdotta nel 2013). Anche quando la casa non rientra in queste condizioni (es. hai due case, oppure è una casa non di residenza), AER prima di espropriare deve avere un debito sopra €120.000, iscriverti ipoteca e aspettare 6 mesi . Quindi, per debiti fiscali moderati difficilmente rischi la casa. Riassumendo: se è prima e unica casa, i privati potrebbero pignorarla (non c’è divieto), ma il Fisco no. Se hai più immobili, uno potrebbe essere venduto. Nota: la legge tutela la casa dal pignoramento, ma il creditore pubblico può comunque ipotecarla se debito > €20.000 . L’ipoteca non ti caccia di casa, però compare nei registri e va cancellata pagando, altrimenti se vendi l’acquirente paga i creditori prima di darti il resto.

D: Possono pignorare il mio stipendio e in che misura?
R: Sì, lo stipendio (o la pensione) è uno dei bersagli principali dei creditori, ma la legge pone limiti precisi: generalmente 20% del netto (un quinto) per ciascun pignoramento. Esempio: netto €1.000, ti tolgono €200 al mese. Se hai più creditori che pignorano insieme, di norma la somma delle quote non supera il 50% (metà stipendio) . I crediti alimentari (mantenimento figli/coniuge) hanno priorità e possono arrivare anche a un terzo o metà, secondo il caso . L’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha regole speciali più favorevoli al debitore: se prendi fino a €2.500 netti, possono pignorarti solo 1/10 (10%); tra €2.500 e €5.000, 1/7 (~14%); oltre €5.000, sempre 1/5 (20%) . Quindi i debiti fiscali piccoli incidono meno sul salario. Inoltre una parte di stipendio è sempre impignorabile: quello necessario a vivere. Di solito però la quota del 20% lascia già l’80% al debitore, che viene considerato sufficiente per il suo mantenimento. Se perdi il lavoro, ovviamente il pignoramento cessa (non c’è stipendio da prendere). Se poi trovi un altro lavoro, il creditore dovrà notificare un nuovo atto al nuovo datore, e riprenderà.

D: E il conto corrente? Possono bloccarlo interamente?
R: Possono pignorare le somme sul conto corrente fino a copertura del credito. Significa che se hai €5.000 in conto e il debito è €7.000, ti bloccheranno €5.000 e li trasferiranno al creditore (dopo autorizzazione del giudice, o automaticamente per AER dopo 60 giorni). Se il debito è minore, bloccano solo quanto dovuto e lasciano il resto. Se sul conto ti arriva lo stipendio/pensione, c’è una tutela: alla data del pignoramento deve restare libero un importo pari all’ultimo stipendio ricevuto (o al triplo dell’assegno sociale se è pensione), così non ti azzerano tutto . Esempio: conto con €1.200 accreditati come stipendio ieri, arriva pignoramento oggi per €3.000; la banca deve lasciarti €1.200 intoccati e bloccare eventualmente l’eccedenza (se c’è) per il creditore. In pratica il conto può essere congelato in parte, ma cercano di non prosciugarlo oltre l’ultima mensilità necessaria.

D: Ho ricevuto una cartella esattoriale e non posso pagarla subito. Cosa mi conviene fare?
R: Innanzitutto verifica se la cartella è corretta (importo giusto, non prescritta, notificata regolarmente). Se ci sono motivi di contestazione, valuta un ricorso entro 60 giorni (Commissione Tributaria per tributi, Giudice di Pace per multe, ecc.). Se invece il debito è dovuto ma non riesci a pagare in unica soluzione, la mossa migliore è chiedere una rateizzazione all’Agenzia Entrate-Riscossione. Con importi contenuti (fino a €120mila) oggi la concedono facilmente fino a 6 anni (72 rate), e dal 2025 anche fino a 7 anni (84 rate) senza troppi documenti . Con la rateizzazione attiva, sospendono tutti i procedimenti esecutivi: niente fermi auto, niente pignoramenti finché paghi le rate. Gli interessi sono modesti (2% annuo circa). In alternativa, verifica se rientri in qualche definizione agevolata (rottamazione): ad es. nel 2023 c’era la rottamazione-quater che condonava sanzioni e interessi . Se hai presentato domanda, rispettane le scadenze. Se non l’hai fatto e ora c’è in vista una rottamazione-quinquies nel 2025-2026, potresti anche chiedere rateazione breve giusto per arrivare a quella data e poi aderire alla sanatoria. Importante è non restare inerti: dopo 60 giorni dalla notifica, la cartella diventa eseguibile e possono partire i fermi/pignoramenti. Quindi agisci entro quei termini con ricorso o domanda di dilazione.

D: Ho troppi debiti e non vedo soluzione, rischio di perder tutto – che possibilità ho di liberarmene?
R: L’ordinamento prevede le procedure di sovraindebitamento proprio per dare una via d’uscita a chi è sommerso dai debiti senza via di pagamento tradizionale. Puoi rivolgerti a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) locale o a un professionista esperto in crisi da sovraindebitamento. Verrà valutata la tua situazione e, se sei “meritevole” (non hai frodato i creditori) e “sovraindebitato” (debiti > capacità di rimborso), potrai proporre un piano oppure liquidare i beni per poi essere esdebitato. In casi estremi, se non hai nulla da offrire, c’è la possibilità dell’esdebitazione dell’incapiente, ossia la cancellazione totale dei debiti senza pagamento, subito, concessa dal tribunale . È una misura nuova e straordinaria applicabile una volta sola, ma esiste. Altrimenti, un piano del consumatore potrebbe ridurre le rate a un livello sostenibile e cancellare il resto a fine periodo. Insomma: non esiste il carcere per debiti, esiste invece la seconda opportunità. Certo, serve passare per una procedura giudiziale, quindi un po’ di impegno e trasparenza. Ma i giudici spesso accolgono queste soluzioni se fatte bene, perché è interesse di tutti (anche dei creditori, che almeno recuperano qualcosa invece di nulla). In sintesi, non sei condannato a vita dai debiti: informati sulla legge “salva suicidi” (oggi Codice della Crisi) e valuta con un legale.

D: Sono un piccolo imprenditore straniero in Italia con molti debiti di impresa; posso fallire come un’azienda italiana?
R: Sì, le regole del fallimento (ora liquidazione giudiziale) si applicano a qualunque imprenditore che svolge attività qui, a prescindere dalla cittadinanza. Se la tua impresa supera i parametri di non fallibilità (attivi > €300k, debiti > €500k, ricavi > €200k circa in almeno uno degli ultimi 3 anni), i creditori possono chiedere il tuo fallimento oppure puoi farlo tu per iniziare la procedura. Se invece sei sotto soglia, rientri nel sovraindebitamento come detto. La nazionalità non c’entra: conta il centro degli interessi. Se la tua ditta individuale o società ha sede in Italia, le procedure sono italiane. Potresti anche trasferire il centro interessi all’estero prima che i creditori agiscano (ad es. sposti la sede in Bangladesh), ma per i creditori italiani non cambia molto finché hai beni qui. In ogni caso, valutare il concordato preventivo o la liquidazione controllata è opportuno se hai azienda in crisi: evitare l’aggravio e gestire in modo ordinato la crisi può salvare anche te come persona da guai peggiori (tipo cause per bancarotta se fai sparire beni).

D: Ho ricevuto un decreto ingiuntivo mentre ero all’estero e non l’ho opposto in tempo. Posso fare qualcosa adesso?
R: Dipende. Se il decreto ingiuntivo è diventato definitivo (40 giorni trascorsi) e non hai potuto opporlo per cause di forza maggiore (es. notifica non conoscibile perché eri all’estero), potresti tentare un’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., dimostrando che non hai avuto tempestiva conoscenza per motivi indipendenti da te. I tribunali però su questo sono restrittivi. Se la notifica è stata fatta a norma di legge (magari in Italia al tuo ultimo domicilio), difficilmente ammettono opposizione tardiva, a meno che tu provi l’assenza totale di colpa (es. eri ricoverato all’estero, ecc.). Se invece la notifica era nulla (indirizzo sbagliato e mai ricevuto), puoi farla valere quando ti attaccano esecutivamente (opposizione ex art. 615 c.p.c.), sostenendo che il titolo non è valido perché non ti è stato notificato. In pratica: se proprio non eri a conoscenza, prova con un buon avvocato l’opposizione tardiva appena scopri il decreto. Se invece ne sei venuto a conoscenza tardi ma prima dell’esecuzione, preparati a opporre in sede esecutiva eventuali vizi residui. È una materia complicata, ma in generale conviene tenere un domicilio aggiornato o eleggerne uno (magari presso un avvocato di fiducia) se si va via, proprio per evitare questi problemi.

D: Se faccio la procedura di esdebitazione, i creditori possono perseguitarmi dopo?
R: Se la procedura si conclude con l’esdebitazione, i debiti restano cancellati definitivamente (ad eccezione di quelli esclusi per legge, come alimentari e penali che comunque restano). I creditori non possono più agire per quei debiti, né iscriverli a ruolo. È come un “perdono” giudiziale. L’unico caso in cui potrebbero tornare è se tu violi le condizioni: ad es. nella esdebitazione incapiente, se entro 4 anni ottieni una grande somma e non lo comunichi, rischi la revoca del beneficio. Oppure se si scopre che hai commesso frodi durante la procedura (es. avevi nascosto dei beni), il tribunale può revocare l’esdebitazione entro 1 anno dal decreto. Ma sono casi limite. Normalmente, una volta esdebitato, sei libero: i creditori devono stralciare quei crediti nei loro bilanci e non possono più chiederteli. Attenzione: l’esdebitazione non si estende ad eventuali coobbligati/garanti. Quindi, se ad esempio un parente aveva firmato fideiussione per il tuo debito, la sua obbligazione rimane (lui non è esdebitato). Ma a te personalmente non potranno più chieder nulla.

D: In conclusione, qual è il miglior consiglio per un cittadino straniero indebitato in Italia?
R: Il primo consiglio è non farsi sopraffare dalla paura o dalla vergogna, ma affrontare la situazione in modo informato. Informarsi sui propri diritti e sulle possibilità legali è fondamentale. Spesso, con l’assistenza giusta, si possono ridurre i debiti (tramite rottamazioni, transazioni a saldo e stralcio) o comunque gestirli con un piano sostenibile. Ignorare il problema di solito lo peggiora: i debiti crescono, i creditori diventano più aggressivi. Secondo consiglio: prioritizzare – valutare quali debiti sono più urgenti (es. quelli che possono portare a perdere beni importanti, come la casa o l’auto per lavorare) e quali sono meno pericolosi. Focalizzare le risorse nel sanare prima i debiti critici. Terzo: non esitare a usare gli strumenti di legge a tuo vantaggio – se sei in difficoltà seria, la legge italiana ti offre vie d’uscita onorevoli (rateazioni, esdebitazione, ecc.). Quarto: comunicare – se stai trattando con banche o creditori, mostrare volontà di pagare qualcosa e spiegare la situazione spesso porta a soluzioni di compromesso. Ricorda che essere indebitati non è un crimine: è una situazione civile ed economica che si può risolvere nel tempo o con procedure. Mantieni la calma, chiedi aiuto professionale (ci sono anche associazioni di consumatori, sportelli antiusura, ecc. se non puoi permetterti avvocati), e prendi decisioni informate. L’obiettivo è proteggere la tua dignità e il necessario per vivere, mentre trovi il modo di sistemare il resto.

Fonti e riferimenti normativi (aggiornati a Ottobre 2025)

  • Codice Civile – Artt. 2740-2744 c.c. (patrimonio del debitore e garanzia generica); Artt. 2934-2963 c.c. (prescrizione dei diritti); Art. 2948 c.c. (termini brevi di prescrizione, ad es. rate canoni, obbligazioni periodiche) .
  • Codice di Procedura Civile – Artt. 480 e segg. c.p.c. (titolo esecutivo e precetto); Artt. 543 e segg. c.p.c. (pignoramento presso terzi, incl. stipendio e conto); Art. 545 c.p.c. (limiti di pignorabilità di stipendi, salari, pensioni – quota di 1/5, eccezioni alimenti, limiti 50%) ; Art. 615 c.p.c. (opposizione all’esecuzione); Art. 617 c.p.c. (opposizione agli atti esecutivi).
  • Legge 24/12/2012 n.228, art.1 co.537 (come modif. da DL 69/2013 conv. L.98/2013) – Divieto di pignoramento prima casa da parte dell’agente della riscossione (unico immobile di proprietà adibito ad abitazione principale, non di lusso) .
  • D.P.R. 29/09/1973 n.602 – Norme sulla riscossione delle imposte. Art. 25 (cartella di pagamento); Art. 49 (fermo amministrativo); Art. 76 (limiti all’espropriazione immobiliare da parte AER: soglia €120.000, unico immobile non pignorabile) ; Art. 77 (ipoteca esattoriale: sopra €20.000).
  • Decreto Legislativo 14/2019Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCI). Artt. 2 comma 1 lett. c) (definizione di sovraindebitamento) ; Artt. 65-73 (Piano di ristrutturazione del consumatore); Artt. 74-83 (Concordato minore); Artt. 268-277 (Liquidazione controllata); Art. 282 (debiti non soggetti a esdebitazione – es. alimenti, multe penali); Artt. 283-284 (Esdebitazione del debitore incapiente) .
  • Legge 27/01/2012 n.3 (vecchia legge sul sovraindebitamento, abrogata e assorbita nel CCI) – per riferimenti storici: introdusse piano del consumatore, accordo composizione, liquidazione e nozione di “meritevolezza”. Oggi sostituita dal CCI, ma giurisprudenza pre-2022 su L.3/2012 resta utile.
  • D.Lgs. 13/08/2010 n.150, art. 14 – Procedura per opposizione a sanzioni amministrative (multe) innanzi al Giudice di Pace (termine 30 gg).
  • D.L. 16/2012 conv. L. 44/2012, art. 3 – Pignoramento esattoriale di stipendi/pensioni: introduce le soglie di 1/10, 1/7, 1/5 in base agli importi .
  • D.L. 50/2022 conv. L. 91/2022, art.15 – Riforma rateizzazioni: innalza limite senza documenti a €120.000; decadenza dopo 8 rate non pagate (prima 5) .
  • Legge 29/12/2022 n.197 (Legge di Bilancio 2023) – commi 231-252 (Definizione agevolata 2023, rottamazione-quater per carichi 2000-06/2022) ; commi 222-228 (Stralcio automatico debiti ≤ €1.000 affidati 2000-2015).
  • (Bozza) Legge di Bilancio 2026 – Prevista introduzione rottamazione-quinquies 2025 e nuovo saldo e stralcio. Confermata dal Governo a metà ottobre 2025 . Tre ipotesi di saldo-stralcio: per piccoli importi, per ISEE basso, per debiti datati , oltre a rottamazione con maxi-rate fino 120 mesi .
  • Codice Penale – Art. 570 c.p. (Violazione degli obblighi di assistenza familiare – rileva per mancato mantenimento, può portare a multa o reclusione in caso di inadempienze gravi) .
  • Cassazione Civile a Sezioni Unite, 17/11/2016 n.23397 – Principio: per crediti tributari non riscossi, la mancata impugnazione della cartella non applica l’art.2953 c.c. salvo casi eccezionali; la prescrizione resta quella “breve” propria del tributo (quinquennale per contributi, sanzioni) . Confermata prescrizione quinquennale contributi INPS ex L.335/95.
  • Cass. SS.UU. 22/02/2018 n.4485 – Riconoscimento di sentenza estera su debito da gioco d’azzardo: non contrasta con ordine pubblico italiano . Afferma apertura verso esecutorietà di decisioni straniere anche su materie “sensibili” se legalmente contratte all’estero.
  • Cass. Civ. Sez. III, 23/03/2021 n.8120 – Ribadisce (dopo SU 2016) che per tributi erariali derivanti da accertamento definitivo impugnato tardivamente, si applica comunque prescrizione decennale ex art.2953 c.c. (se c’è atto assimilabile a giudicato). Giurisprudenza altalenante sul punto, ma questa ord. 2021 convalida orientamento pro-decennale per accertamenti definitivi.
  • Cass. Civ. Sez. I, 14/03/2025 n.6869 – Caso piano del consumatore negato per “merito creditizio falsato”: conferma rigetto del piano se il debitore ottenne credito con comportamento scorretto (omesse informazioni alla banca) . Rileva che la negligenza della banca nel valutare non esclude colpa grave del debitore proponente, che quindi può essere dichiarato non meritevole .
  • Consiglio di Stato (C.G.A. Sicilia) 16/06/2023 n.379 – “L’evasione fiscale non è motivo ostativo al rinnovo del permesso di soggiorno” : chiarisce che illeciti fiscali vanno perseguiti nelle sedi proprie (Fisco, eventualmente penale) e non tramite diniego di permesso, a meno che non incidano su requisiti specifici (es. reddito non dimostrato).

Cittadino del Bangladesh con Debiti in Italia e Cartelle Esattoriali: Cosa Fare e Come Difendersi

Hai vissuto o lavorato in Italia come cittadino del Bangladesh e ora hai ricevuto cartelle esattoriali, avvisi o intimazioni di pagamento da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione?
Hai lasciato l’Italia e temi che i debiti possano crearti problemi anche nel tuo Paese?
👉 Tranquillo: puoi difenderti e risolvere la tua situazione fiscale, anche se oggi vivi fuori dall’Italia.

In questa guida ti spiego cosa succede ai debiti dei cittadini bengalesi in Italia, se l’Agenzia delle Entrate può agire in Bangladesh, e come cancellare o bloccare le cartelle esattoriali con l’aiuto di un avvocato esperto.


💥 Cosa Succede ai Debiti in Italia

Se hai avuto la residenza, un lavoro o un’attività in Italia, potresti avere debiti verso:

  • l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (tasse o imposte non pagate);
  • INPS o INAIL (per contributi previdenziali mancanti);
  • banche o finanziarie (per prestiti o mutui non saldati);
  • Comuni o Regioni (per multe, TARI, IMU o altri tributi locali).

📌 Quando il debito non viene pagato, l’Agenzia emette cartelle esattoriali o intimazioni di pagamento.
Ma se oggi vivi in Bangladesh, le autorità italiane non possono riscuotere direttamente nel tuo Paese.


⚖️ L’Agenzia delle Entrate Può Agire in Bangladesh?

La risposta è no.
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può pignorare beni o conti bancari in Bangladesh, perché:

  • Il Bangladesh non fa parte dell’Unione Europea;
  • Non esiste alcun accordo bilaterale di cooperazione fiscale tra Italia e Bangladesh;
  • Gli atti italiani non hanno valore legale nel territorio bengalese.

📌 In pratica, se vivi e hai solo beni in Bangladesh, nessuno può pignorarti casa, conti o stipendio per debiti italiani.
Tuttavia, se hai beni, conti o redditi in Italia, l’Agenzia può agire su quelli o riattivare le procedure se torni nel Paese.


⚠️ Cosa Rischi se Ignori le Cartelle

Se non controlli la tua situazione, l’Agenzia può comunque:

  • 🏦 pignorare conti correnti o redditi rimasti in Italia;
  • 🏠 iscrivere ipoteche su immobili o terreni italiani;
  • 🚗 bloccare veicoli con fermi amministrativi;
  • 💰 aumentare gli importi dovuti con sanzioni e interessi;
  • ⚖️ riattivare la riscossione se torni a lavorare o risiedere in Italia.

📌 Anche se sei in Bangladesh, è importante agire per sospendere o chiudere la posizione fiscale in modo regolare, prima che il debito cresca.


💠 Cosa Fare Subito per Difendersi

1️⃣ Verifica la tua posizione fiscale

Puoi chiedere un estratto di ruolo all’Agenzia delle Entrate-Riscossione: contiene tutte le cartelle e gli importi registrati a tuo nome.
📌 L’avvocato può richiederlo per te anche se risiedi in Bangladesh.


2️⃣ Controlla la validità delle notifiche

Molte cartelle vengono notificate a vecchi indirizzi italiani o con procedure irregolari.
📌 Se la cartella non è stata notificata correttamente, è nulla e può essere annullata.


3️⃣ Verifica la prescrizione dei debiti

Ogni debito ha una durata legale:

  • 5 anni per multe, contributi e cartelle;
  • 10 anni per imposte (IRPEF, IVA, IRES).

📌 Se non ti sono stati notificati atti validi per anni, il debito è prescritto e non può più essere riscosso.


4️⃣ Richiedi la sospensione o l’annullamento delle cartelle

Puoi presentare una richiesta di sospensione immediata della riscossione se:

  • la cartella non ti è mai stata notificata;
  • il debito è già prescritto o pagato;
  • l’importo è errato o duplicato.

📌 L’avvocato può ottenere la sospensione in 48 ore, e poi procedere con la domanda di annullamento definitivo.


5️⃣ Rateizzazione o Saldo e Stralcio

Se il debito è reale ma troppo alto, puoi:

  • chiedere una rateizzazione fino a 120 rate mensili;
  • aderire a rottamazioni o definizioni agevolate;
  • proporre un saldo e stralcio, pagando solo una parte del dovuto.

📌 Anche chi vive all’estero può gestire la procedura tramite delega o bonifico internazionale.


🧩 Difendersi Legalmente Anche Dall’Estero

Un avvocato può rappresentarti in Italia senza che tu debba tornare di persona.
Può:

  • 📂 verificare la legittimità delle cartelle e delle notifiche;
  • ✍️ presentare ricorsi alla Corte di Giustizia Tributaria;
  • ⚖️ chiedere la sospensione immediata della riscossione;
  • 💬 trattare piani di pagamento o accordi di chiusura agevolata.

📌 Con una semplice procura, puoi difenderti a distanza e chiudere definitivamente la tua posizione fiscale in Italia.


🧾 I Documenti da Consegnare all’Avvocato

  • Copia del documento d’identità e codice fiscale italiani (se presenti);
  • Copia delle cartelle esattoriali o avvisi ricevuti;
  • Estratto di ruolo aggiornato;
  • Eventuali ricevute di pagamento o rateizzazioni in corso;
  • Indirizzo di residenza attuale in Bangladesh.

📌 Questi documenti servono per verificare la validità delle notifiche e la prescrizione dei debiti.


⏱️ Tempi della Procedura

  • Analisi e verifica documenti: 5–10 giorni;
  • Ricorso o sospensione: entro 60 giorni dalla notifica;
  • Sospensione cautelare: anche in 48 ore;
  • Definizione o chiusura del debito: in 1–3 mesi.

📌 Durante la sospensione, l’Agenzia delle Entrate non può riscuotere né procedere a pignoramenti in Italia.


⚖️ I Vantaggi di un’Assistenza Legale

✅ Blocco immediato di cartelle e riscossioni.
✅ Annullamento dei debiti prescritti o notificati in modo errato.
✅ Protezione dei beni e conti rimasti in Italia.
✅ Difesa completa anche per chi vive in Bangladesh.
✅ Chiusura definitiva della posizione con il Fisco italiano.


🚫 Errori da Evitare

❌ Ignorare le cartelle pensando che “in Bangladesh non possono fare nulla”.
❌ Pagare senza controllare la legittimità o la prescrizione.
❌ Superare i 60 giorni per impugnare o sospendere l’atto.
❌ Rivolgersi a soggetti non qualificati o privi di competenze legali.

📌 Anche se risiedi all’estero, puoi difenderti e cancellare i debiti italiani in modo legale e sicuro.


🛡️ Come Può Aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza la tua posizione fiscale e verifica la legittimità dei debiti.
📌 Ti assiste nella richiesta di estratti di ruolo e sospensioni.
✍️ Redige ricorsi e istanze di annullamento.
⚖️ Ti rappresenta davanti alla Corte di Giustizia Tributaria anche se vivi in Bangladesh.
🔁 Ti segue fino alla cancellazione o definizione agevolata del debito.


🎓 Le Qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato cassazionista esperto in diritto tributario e riscossione internazionale.
✔️ Specializzato nella difesa di cittadini stranieri con debiti in Italia.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento, iscritto presso il Ministero della Giustizia.
✔️ Esperienza pluriennale nella tutela contro l’Agenzia delle Entrate e le cartelle esattoriali.


Conclusione

Essere un cittadino del Bangladesh con debiti o cartelle esattoriali in Italia non significa non poterli risolvere.
Con un avvocato esperto puoi bloccare la riscossione, far cancellare le cartelle illegittime o prescritte e chiudere definitivamente la tua posizione con il Fisco italiano.

⏱️ Agisci subito: anche se vivi in Bangladesh, puoi difenderti legalmente e senza tornare in Italia.

📞 Contatta l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata:
la tua difesa contro i debiti in Italia può partire oggi stesso.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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