Se sei un cittadino cinese che ha vissuto o lavorato in Italia e oggi hai debiti fiscali o cartelle esattoriali con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, potresti chiederti se questi debiti valgono anche in Cina, se rischi pignoramenti o se puoi chiudere la tua posizione senza tornare in Italia.
La risposta è rassicurante: i debiti fiscali italiani non possono essere riscossi in Cina, perché non esiste alcun accordo bilaterale tra Italia e Cina che consenta il recupero forzato dei tributi. Tuttavia, i debiti restano registrati in Italia e possono riemergere se torni o se possiedi beni nel Paese.
Con l’assistenza di un avvocato tributarista esperto in diritto internazionale, puoi bloccare la riscossione, verificare la prescrizione delle cartelle e chiudere la tua posizione fiscale in modo legale e definitivo.
Cosa sono le cartelle esattoriali in Italia
Le cartelle esattoriali sono atti ufficiali con cui l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER) chiede al contribuente di pagare somme dovute per:
- imposte e tasse non versate (IRPEF, IVA, IRAP, IRES);
- contributi previdenziali non pagati (INPS o INAIL);
- tributi locali come IMU, TARI, bollo auto, multe;
- sanzioni e interessi di mora accumulati nel tempo.
Se la cartella non viene pagata entro 60 giorni dalla notifica, diventa esecutiva, e l’Agenzia può agire con pignoramenti, fermi amministrativi e ipoteche sui beni situati in Italia.
Cosa succede se vivi in Cina o all’estero
Se ti sei trasferito in Cina, la situazione cambia radicalmente:
- l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può avviare azioni legali o pignoramenti in Cina, perché non esiste alcun accordo internazionale di cooperazione fiscale tra i due Paesi;
- i tuoi beni, conti o redditi in Cina sono al sicuro da qualsiasi azione esecutiva italiana;
- tuttavia, i debiti restano registrati in Italia, e se in futuro torni o possiedi beni, immobili o conti italiani, la riscossione potrà riattivarsi immediatamente.
Quando un debito italiano può essere annullato o ridotto
Molte cartelle italiane risultano prescritte o viziate, e quindi non più valide. Puoi ottenere la cancellazione o la riduzione del debito se:
- la notifica è avvenuta dopo il tuo trasferimento all’estero o a un indirizzo errato;
- il debito è prescritto (5 anni per tributi locali e multe, 10 anni per imposte statali);
- la cartella è fondata su un accertamento nullo o scaduto;
- l’importo richiesto include sanzioni o interessi illegittimi;
- l’Agenzia non ha rispettato i termini di decadenza o le norme sul contraddittorio.
In questi casi, un avvocato può presentare ricorso o istanza di annullamento alla Corte di Giustizia Tributaria, ottenendo la cancellazione totale o parziale del debito.
Cosa fare subito se hai debiti o cartelle in Italia
- Non ignorare la situazione. Anche se vivi in Cina, i debiti italiani restano iscritti e potrebbero causarti problemi se rientri o mantieni interessi economici in Italia.
- Richiedi l’estratto di ruolo. È il documento ufficiale che elenca tutte le tue cartelle e i debiti. Puoi ottenerlo tramite un avvocato in Italia o, se hai SPID, direttamente online.
- Controlla le notifiche. Molte cartelle vengono dichiarate nulle perché notificate dopo la partenza o con errori formali.
- Verifica la prescrizione. Se sono trascorsi più di 5 o 10 anni senza alcuna comunicazione valida, il debito è estinto.
- Rivolgiti a un avvocato tributarista. Un legale esperto può rappresentarti in Italia e gestire tutto da remoto, senza che tu debba viaggiare.
Le principali soluzioni legali per chiudere i debiti italiani
- Ricorso contro le cartelle esattoriali: se ci sono errori o irregolarità, puoi impugnare la cartella davanti alla Corte di Giustizia Tributaria.
- Sospensione della riscossione: è possibile bloccare immediatamente ogni azione dell’Agenzia in presenza di vizi o prescrizione.
- Definizione agevolata o saldo e stralcio: ti consente di chiudere la posizione pagando solo una parte del debito e cancellando sanzioni e interessi.
- Annullamento in autotutela: se la cartella presenta errori evidenti o debiti prescritti, l’Agenzia può annullarla direttamente.
- Rateizzazione: se il debito è ancora valido, puoi richiedere un piano di pagamento fino a 120 rate.
Cosa può fare un avvocato per te
Un avvocato tributarista in Italia può seguire la tua pratica anche se vivi in Cina, tramite una semplice delega. Può:
- ottenere l’estratto di ruolo e tutti i documenti ufficiali;
- verificare notifiche, prescrizioni e vizi procedurali;
- presentare ricorsi o istanze di sospensione;
- negoziare un accordo di saldo e stralcio o una definizione agevolata;
- ottenere la cancellazione totale o parziale del debito.
Tutte le procedure possono essere gestite a distanza, senza che tu debba tornare in Italia.
Le strategie difensive più efficaci
Verificare la regolarità delle notifiche e contestare quelle irregolari.
Dimostrare che il debito è prescritto o illegittimo.
Richiedere la sospensione immediata della riscossione per evitare azioni sui beni italiani.
Impugnare le cartelle davanti alla Corte di Giustizia Tributaria.
Chiudere la posizione con una sanatoria o un accordo di saldo e stralcio.
Cosa succede se non agisci
Ignorare la situazione può avere conseguenze future:
- i debiti restano registrati in Italia e continuano a generare interessi;
- se torni o hai beni in Italia, potresti trovarti conti o immobili bloccati;
- potresti perdere la possibilità di sanare la posizione con sconti o rottamazioni;
- il tuo nome potrebbe risultare negli elenchi dei debitori fiscali italiani.
Agire subito ti consente di bloccare la riscossione e chiudere la posizione fiscale in modo legale e sicuro.
Quando rivolgersi a un avvocato
Contatta un avvocato se:
- sei un cittadino cinese con cartelle o debiti in Italia;
- hai ricevuto lettere o e-mail dall’Agenzia delle Entrate o da società di recupero crediti;
- vuoi sapere se i debiti sono ancora validi o prescritti;
- desideri chiudere la posizione definitivamente senza rischi per il futuro.
Un avvocato esperto può:
- analizzare la tua posizione con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione;
- verificare la prescrizione e la validità degli atti;
- impugnare le cartelle illegittime e sospendere la riscossione;
- negoziare la cancellazione o la riduzione dei debiti;
- gestire tutto da remoto, senza che tu debba rientrare in Italia.
⚠️ Attenzione: se sei un cittadino cinese con debiti o cartelle in Italia, i tuoi beni in Cina sono al sicuro, ma i debiti restano attivi nei registri italiani. Con un avvocato esperto puoi bloccare la riscossione, far cancellare le cartelle illegittime e chiudere la tua posizione fiscale in modo definitivo e legale.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario internazionale e difesa dei cittadini stranieri con debiti in Italia spiega come gestire le cartelle esattoriali italiane, come difendersi e come risolvere la tua posizione anche vivendo in Cina.
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Introduzione
Un cittadino cinese residente o con interessi in Italia può trovarsi a fronteggiare debiti di vario genere – prestiti bancari, tasse non pagate, contributi previdenziali, fatture di fornitori, sanzioni amministrative, ecc. – esattamente come un cittadino italiano. La condizione di straniero (extracomunitario) solleva però alcune domande aggiuntive: quali sono i diritti del debitore straniero in Italia? Può accedere alle procedure di esdebitazione (debt relief) previste dall’ordinamento italiano? Cosa succede ai debiti se torna in Cina, il proprio Paese d’origine? Un creditore italiano può agire sui beni detenuti all’estero? In questa guida approfondita e aggiornata a ottobre 2025 esamineremo tutti i tipi di debito e gli strumenti legali per gestirli dal punto di vista del debitore, con un focus sulle situazioni che coinvolgono cittadini cinesi e stranieri in Italia. Adotteremo un linguaggio giuridico accurato ma divulgativo, fornendo riferimenti normativi (Codice Civile, Codice di Procedura Civile, Testo Unico Tributario, Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, ecc.) e citando le sentenze più recenti tratte da fonti autorevoli, per offrire un quadro completo e affidabile.
Nonostante il passaporto diverso, la legge italiana si applica integralmente anche ai cittadini cinesi che vivono o fanno affari in Italia. La circostanza di essere stranieri non comporta minori diritti né l’estinzione automatica dei debiti trasferendosi all’estero . Tuttavia, possono sorgere sfide pratiche: barriere linguistiche, differenze culturali nei rapporti con creditori e istituzioni, implicazioni sul permesso di soggiorno e sulla residenza fiscale internazionale. Evidenzieremo queste peculiarità ove rilevanti.
Inizieremo delineando le principali tipologie di debito che possono gravare su una persona e le relative conseguenze legali in Italia. Successivamente analizzeremo gli strumenti di difesa del debitore: dalle contestazioni delle pretese ingiuste (es. ricorsi contro cartelle esattoriali illegittime) alle soluzioni stragiudiziali (rateizzazioni, accordi a saldo e stralcio) fino alle procedure concorsuali di sovraindebitamento che consentono di azzerare i debiti insostenibili a determinate condizioni. Particolare attenzione sarà dedicata ai profili internazionali: la cooperazione tra Italia e Cina (o altri Paesi) nel recupero crediti, le regole sulla doppia imposizione e sul trasferimento della residenza fiscale, nonché le difficoltà e i limiti nel far valere o cancellare i debiti oltrefrontiera. Troverete inoltre tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione finale di Domande & Risposte (FAQ) che affronta i dubbi più comuni (prescrizione dei debiti, pignorabilità dei beni, possibilità di espatrio con debiti in sospeso, effetti sui documenti di soggiorno, ecc.) . I riferimenti normativi e giurisprudenziali più rilevanti sono raccolti in fondo alla guida, per chi desidera approfondire ogni aspetto.
Nota sul contesto sino-italiano: Il fatto di essere un cittadino cinese con debiti in Italia non modifica le leggi applicabili rispetto a un debitore italiano, ma può presentare situazioni particolari. Ad esempio, trasferirsi in Cina non cancella i debiti maturati in Italia (fiscali o privati), che continueranno a esistere e a produrre effetti finché non verranno estinti o prescritti . D’altro canto, l’ordinamento italiano offre gli stessi strumenti di tutela a qualsiasi debitore, a prescindere dalla cittadinanza, purché sussista la competenza delle autorità italiane. Pertanto, un cittadino cinese residente in Italia o con beni in Italia ha a disposizione le medesime vie legali di un cittadino italiano per difendersi dai creditori e gestire la propria crisi debitoria. Procediamo con ordine, partendo dal quadro generale sui diversi tipi di debito e i rischi connessi, per poi affrontare le possibili soluzioni e difese, fino ad arrivare agli scenari transnazionali e alle FAQ con i quesiti più ricorrenti. L’obiettivo è fornire al debitore – individuo, professionista o piccolo imprenditore – una guida avanzata ma chiara su cosa fare e come difendersi di fronte ai debiti e alle cartelle esattoriali in Italia.
Tipologie di debito e relative conseguenze in Italia
Non tutti i debiti sono uguali. In Italia, le azioni di recupero e le possibilità di difesa del debitore variano a seconda della natura del credito. Di seguito esaminiamo le principali categorie di debito che possono gravare su una persona (italiana o straniera), sintetizzando per ciascuna i rischi tipici e le particolarità. Anticipiamo che, in generale, tutti i beni del debitore rispondono dei suoi debiti (principio della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c.), salvo limitazioni espressamente previste dalla legge . Esistono tuttavia differenze significative nelle procedure di riscossione e nelle tutele disponibili a seconda del tipo di credito.
Debiti bancari e finanziari (prestiti, mutui, carte di credito)
Sono i debiti verso banche, finanziarie o altri enti di credito: ad esempio un mutuo ipotecario, un prestito personale, uno scoperto di conto corrente, finanziamenti al consumo (rate per acquisti) o utilizzi di carte di credito non rimborsati. In caso di mancato pagamento, il creditore (banca o intermediario) può procedere in via giudiziale per ottenere un titolo esecutivo (tipicamente un decreto ingiuntivo) e poi attivare l’esecuzione forzata sui beni del debitore . Le forme principali di pignoramento sono:
- Pignoramento dello stipendio o della pensione: il giudice può ordinare al datore di lavoro o ente pensionistico di trattenere mensilmente una quota della retribuzione e versarla al creditore. Salvo casi particolari, la legge limita questa quota a massimo un quinto (20%) dell’importo netto per ciascun creditore . Ad esempio, un lavoratore dipendente che non rimborsa le rate di un prestito vedrà probabilmente la finanziaria ottenere un decreto ingiuntivo e pignorare fino a un quinto del suo stipendio presso il datore di lavoro . Nota: Per pignoramenti da parte dell’Agente pubblico di riscossione (debiti fiscali), i limiti sono più dettagliati: 1/10 dello stipendio netto se sotto €2.500 mensili, 1/7 tra €2.500 e €5.000, e 1/5 oltre €5.000 (vedi infra Debiti fiscali). In ogni caso, una quota della retribuzione è sempre impignorabile per garantire mezzi adeguati al sostentamento (principio costituzionale ex art. 36 Cost.) .
- Pignoramento di conti correnti e depositi: il creditore può far bloccare il conto bancario del debitore e ottenere dal giudice l’assegnazione delle somme depositate fino a concorrenza del credito. Ciò avviene con pignoramento presso terzi notificato alla banca: le somme presenti sul conto al momento dell’atto vengono congelate. Se sul conto vengono accreditati stipendi o pensioni, la legge tutela un importo pari a circa 3 volte l’assegno sociale come minimo vitale non pignorabile, mentre le somme eccedenti possono essere assegnate al creditore (norma analoga all’art. 545 c.p.c.) . Fuori dai casi di accrediti da lavoro, invece, tutto il saldo disponibile può essere pignorato nei limiti del debito. Ad esempio, se il debitore detiene €10.000 sul conto e il credito della banca è di €8.000, quell’importo verrà bloccato e successivamente versato al creditore.
- Pignoramento di beni mobili e veicoli: meno frequente, ma possibile. Un ufficiale giudiziario può recarsi presso il domicilio o la sede dell’attività del debitore e pignorare beni mobili di valore (arredi, elettronica, gioielli) oppure autoveicoli intestati al debitore, facendoli successivamente vendere all’asta. In pratica questa forma è usata raramente per i privati, perché difficile e poco produttiva (molti beni domestici sono di scarso valore o non facilmente rivendibili). Più frequente se il debitore è un’azienda con macchinari o merci pignorabili .
- Espropriazione immobiliare: se il debito è rilevante e garantito da ipoteca (es. un mutuo), la banca può agire sul bene ipotecato. Il pignoramento immobiliare comporta la messa all’asta dell’immobile di proprietà del debitore, con distribuzione del ricavato ai creditori. In caso di mutuo non pagato, l’istituto finanziario procederà di regola a espropriare la casa su cui aveva iscritto ipoteca . Se l’immobile viene venduto a un prezzo inferiore al debito residuo, la banca potrà insinuarsi per il credito non soddisfatto (salvo diverse pattuizioni).
I tassi di interesse applicati ai finanziamenti sono soggetti per legge a limiti anti-usura e a obblighi di trasparenza bancaria. Tuttavia, in caso di mora (ritardo nei pagamenti), si aggiungono interessi moratori e spese legali che possono far lievitare notevolmente l’importo dovuto se il debitore non interviene per tempo. Il consiglio per il debitore è di non ignorare gli atti: se arriva un decreto ingiuntivo, si può valutare di fare opposizione (per contestare ad esempio interessi usurari, clausole invalide, ecc.) oppure trovare un accordo con la banca prima che scatti il pignoramento. In sintesi: un cittadino straniero, al pari di uno italiano, può subire tutte queste azioni se possiede beni o redditi in Italia . Esempio: un cittadino cinese in Italia che non rimborsa le rate di un prestito personale potrebbe vedersi pignorare un quinto del suo stipendio mensile; se invece non ha redditi in Italia ma mantiene un conto bancario qui, la finanziaria potrebbe far bloccare quel conto fino a recupero del credito dovuto.
Difese e soluzioni: Di fronte a debiti bancari, il debitore ha varie opzioni. Primo, può cercare un accordo stragiudiziale con la banca, ad esempio un piano di rientro rateale o un saldo e stralcio (pagamento di una parte a stralcio del resto) prima che si arrivi al giudizio. Le banche talvolta preferiscono rinegoziare il debito (allungando il piano di ammortamento, riducendo la rata) anziché affrontare lunghe esecuzioni incerte. In caso di procedure giudiziarie già avviate, il debitore può verificare se il contratto di finanziamento presenta irregolarità (tassi sopra soglia antiusura, clausole nulle, errori di calcolo): far emergere queste questioni in un’opposizione può rallentare o bloccare l’azione, o facilitare un accordo transattivo più vantaggioso. Inoltre, come ultima risorsa, se il debito complessivo è insostenibile, il debitore può valutare l’accesso a una procedura di sovraindebitamento (ne parliamo più avanti) per ristrutturare o addirittura azzerare i debiti residui verso le banche . Ad esempio, la cessione del quinto già in corso su uno stipendio può essere sospesa o ridotta nell’ambito di un piano del consumatore omologato .
Debiti commerciali verso fornitori e privati (utenze, affitti, fatture non pagate)
Questa categoria include i debiti derivanti da rapporti di natura commerciale o privatistica diversi da prestiti bancari. Alcuni esempi: bollette di forniture (luce, gas, telefono) non pagate, canoni di affitto arretrati, fatture emesse da fornitori di beni/servizi rimaste insolute, onorari professionali dovuti, ecc. Riguarda sia chi esercita attività d’impresa o professionale (ad esempio un piccolo imprenditore cinese in Italia con fatture verso fornitori non saldate) sia i privati cittadini negli ambiti della vita quotidiana (bollette domestiche, affitto di casa, rate per acquisti vari).
Anche in questi casi, i creditori possono attivarsi legalmente per il recupero del dovuto. Spesso si ricorre a procedure sommarie: per le utenze è comune la costituzione in mora seguita, se necessario, da un decreto ingiuntivo; per le locazioni si può agire con uno sfratto per morosità (che consente di ottenere in tempi rapidi un titolo esecutivo sia per liberare l’immobile sia per i canoni non pagati). Una volta ottenuto un titolo esecutivo (sia esso una sentenza, un decreto ingiuntivo non opposto, un verbale di sfratto, ecc.), il creditore può procedere ai pignoramenti come già visti: su conti correnti, su stipendio/pensione, sui beni mobili o immobili del debitore.
In un contesto imprenditoriale, i fornitori insoddisfatti di un’azienda (anche straniera) operante in Italia di solito ricorrono a ingiunzioni di pagamento e, in caso di perdurante insolvenza, possono anche chiedere il fallimento (oggi “liquidazione giudiziale”) dell’impresa se ne ricorrono i presupposti. Tuttavia, per le imprese minori o ditte individuali sotto le soglie di fallibilità, non è ammesso il fallimento: in tal caso il recupero crediti resta confinato alle azioni esecutive individuali o alle procedure di sovraindebitamento. Esempio: un piccolo ristoratore cinese in Italia con €50.000 di debiti verso fornitori alimentari e utenze non pagate potrebbe subire decreti ingiuntivi e pignoramenti dei beni strumentali non indispensabili; se l’attività viene chiusa e il titolare torna in Cina, quei crediti non si estinguono automaticamente. I fornitori, ottenuto un titolo esecutivo in Italia, potrebbero cercare di farlo valere anche all’estero: se il titolare si spostasse in un altro Paese UE, i creditori potranno ottenere il riconoscimento ed esecuzione del titolo in quel Paese (grazie al Reg. UE 1215/2012 sulla competenza e riconoscimento delle decisioni civili) . Se invece il debitore si trasferisce in Cina o altro Paese extra-UE, il recupero diventa più complesso (necessario un giudizio di delibazione locale, vedi oltre sez. Profili internazionali), ma i debiti in Italia restano pendenti e i beni che egli avesse lasciato in Italia rimangono aggredibili .
Difese e soluzioni: Per debiti commerciali e privati, valgono molte considerazioni analoghe ai debiti finanziari. È importante comunicare con i creditori: spesso è possibile negoziare dilazioni o riduzioni (specialmente con fornitori interessati a mantenere rapporti o recuperare almeno parte del credito). Ignorare richieste e ingiunzioni aggrava la posizione, perché sfocia in decreti esecutivi e costi ulteriori. Il debitore può valutare eventuali contestazioni sul merito del debito: ad esempio, nel caso di bollette può verificare se gli importi sono corretti o prescritti; per affitti, se il contratto è regolare e le somme effettivamente dovute. Opporsi tempestivamente a un decreto ingiuntivo (entro 40 giorni dalla notifica) permette di guadagnare tempo e magari raggiungere un accordo prima della sentenza. Un’altra tutela è la conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.), possibile se il debitore reperisce risorse: consiste nel chiedere al giudice di sostituire ai beni pignorati una somma di denaro (anche rateizzabile) per evitare la vendita forzata. Da ricordare inoltre che, come ultima ratio, c’è sempre la via del sovraindebitamento per chi non è fallibile: un consumatore oberato dai debiti di affitto e bollette può proporre un piano del consumatore, mentre un imprenditore sotto-soglia può optare per un concordato minore o la liquidazione controllata, ottenendo la cancellazione dei debiti residui (lo vedremo in dettaglio più avanti).
Beni pignorabili e impignorabili: Nel recupero dei crediti civili valgono per tutti (italiani e stranieri) le stesse regole del Codice di Procedura Civile sui limiti di pignorabilità. Alcuni beni sono assolutamente impignorabili, ad esempio: oggetti sacri e necessari per culto, lettere e documenti personali, animali da compagnia o affezione, beni indispensabili al sostentamento (in parte) e, in generale, i beni di valore trascurabile (art. 514 c.p.c.). Altri beni sono relativamente impignorabili: ad esempio gli strumenti di lavoro (macchinari, attrezzature) possono essere pignorati solo entro certi limiti se il debitore è un imprenditore, e comunque l’esecuzione non deve compromettere la sua capacità di produrre reddito. Per il deposito bancario contenente stipendio o pensione, come già accennato, la legge prevede una franchigia impignorabile pari all’assegno sociale (circa 560 € nel 2025) sull’ultima mensilità accreditata . Inoltre, l’abitazione principale del debitore, se costituisce “prima casa”, gode di tutele particolari nel caso di crediti fiscali (vedi oltre).
Debiti fiscali e cartelle esattoriali (imposte, tasse, contributi, multe)
Rientrano in questa categoria i debiti verso l’Erario o altri enti pubblici: imposte statali non pagate (IRPEF, IVA, ecc.), tributi locali (IMU, TARI, ecc.), contributi previdenziali dovuti a INPS o casse professionali, premi assicurativi obbligatori (INAIL), multe del Codice della Strada o altre sanzioni amministrative non saldate. In Italia, quando tali debiti non vengono pagati spontaneamente, l’ente creditore iscrive a ruolo le somme e incarica l’Agenzia delle Entrate – Riscossione (AER) (ex Equitalia) di procedere alla riscossione coattiva. Lo strumento tipico di attivazione è la cartella esattoriale: un atto formale con cui si intima il pagamento entro 60 giorni, trascorsi i quali – in mancanza di pagamento o ricorso – la cartella diventa titolo esecutivo per procedere con esecuzioni forzate .
I rischi principali in caso di debiti fiscali non pagati includono: sanzioni e interessi che si sommano all’imposta dovuta, l’iscrizione di fermi amministrativi su veicoli (blocco della possibilità di circolare finché non si paga) , l’iscrizione di ipoteca legale su beni immobili e, appunto, i pignoramenti mobiliari, immobiliari o presso terzi analoghi a quelli civili . Tuttavia, il procedimento esattoriale ha regole proprie in parte diverse dal diritto civile. Ad esempio, esistono limiti specifici per la pignorabilità della prima casa e dello stipendio da parte del Fisco, come accennato: l’Agente della Riscossione non può pignorare l’unico immobile adibito ad abitazione principale del debitore (la “prima casa”), purché non di lusso, e in generale non può avviare alcuna espropriazione immobiliare se il debito totale verso lo Stato è sotto €120.000 . In pratica, se un cittadino cinese possiede in Italia solo la casa in cui risiede, l’Agenzia Entrate non potrà metterla all’asta per riscuotere le sue cartelle (può però iscrivere ipoteca sull’immobile se il debito supera €20.000, come forma di garanzia) . Se invece il contribuente ha più immobili e un debito fiscale elevato (sopra €120.000), dopo aver iscritto ipoteca e atteso almeno 6 mesi senza pagamento, il Fisco potrà procedere con il pignoramento immobiliare . Similmente, per i pignoramenti presso terzi: l’art. 72-ter DPR 602/1973 prevede che su stipendi e pensioni l’AER trattenga massimo 1/10, 1/7 o 1/5 a seconda degli scaglioni di importo (come già richiamato sopra). Queste differenze fanno sì che il recupero fiscale sia calibrato per evitare di privare il debitore dei mezzi di sussistenza e della sua abitazione primaria, in ossequio a principi di proporzionalità.
Esempio: un cittadino extra-UE che lascia l’Italia con cartelle esattoriali impagate, ma possiede ancora beni in Italia, non è affatto al sicuro: l’Agenzia Entrate Riscossione potrà comunque colpire quei beni. Se ha un conto corrente italiano, il saldo potrà essere pignorato; se ha una casa di proprietà (non coperta dal divieto di pignoramento prima casa), potrà esserne disposta la vendita all’asta per pagare i debiti tributari, indipendentemente dal fatto che il debitore ora risieda all’estero . Di converso, trasferirsi all’estero non ferma il decorso di sanzioni e interessi: i debiti tributari rimangono e continuano a maturare incrementi finché non vengono pagati o annullati . Dentro l’Unione Europea, esistono efficaci strumenti di cooperazione fiscale che permettono all’Italia di recuperare crediti tributari oltre confine: ad esempio, il Regolamento UE n. 904/2010 consente alle autorità italiane di avvalersi delle autorità fiscali di un altro Stato membro per riscuotere le imposte dovute , e un creditore pubblico può utilizzare l’Ordine Europeo di Sequestro dei Conti Correnti (Reg. UE 655/2014) per congelare fondi su conti bancari del debitore in qualsiasi Paese UE . Fuori dall’UE, il recupero dipende da accordi bilaterali: ad esempio, l’Italia ha trattati di assistenza con paesi come Svizzera, USA, Canada che permettono di ottenere collaborazione nel rintracciare beni e procedere al recupero . In mancanza di accordi (caso della Cina, v. Profili internazionali), riscuotere un debito fiscale italiano in territorio cinese sarà molto difficile; ma i debiti restano e potrebbero riaffiorare qualora il debitore torni in Italia o in ambito UE.
Difese e strumenti per il debitore fiscale: La prima mossa di fronte a una cartella o un avviso è verificarne la legittimità. Se si riscontrano errori (importi non dovuti, pagamenti già effettuati non considerati, vizi di notifica, prescrizione del credito) è possibile presentare ricorso alle Commissioni Tributarie (ora denominate Corti di Giustizia Tributaria) nei termini di legge – generalmente 60 giorni dalla notifica della cartella . Attenzione: se la cartella si basa su un precedente avviso di accertamento mai impugnato, la possibilità di difesa sul merito è limitata, perché la cartella in sé è solo un atto recuperatorio. In tal caso, si possono eccepire solo vizi formali (notifica nulla, errore di persona, prescrizione sopravvenuta, ecc.). Se invece anche l’atto a monte è impugnabile, si può far valere in giudizio il merito, ad esempio sostenendo che il tributo non era dovuto o è già stato pagato. Esempio pratico: una cittadina cinese riceve cartelle per IRPEF non dichiarata; se prova di aver già assolto quell’imposta (magari tramite ritenute alla fonte) o che l’accertamento è infondato, può ottenere l’annullamento delle cartelle in sede giudiziaria.
Se non vi sono motivi di contestazione o comunque per evitare le azioni esecutive immediate, uno strumento fondamentale è la rateizzazione. L’Agenzia Entrate Riscossione, su richiesta del debitore, può concedere un piano di pagamento dilazionato (in genere fino a 72 rate mensili, estendibili a 120 rate – quindi 10 anni – in caso di comprovata grave difficoltà) . La concessione della rateazione blocca le procedure esecutive, purché il debitore rispetti le scadenze delle rate. In altre parole, iniziando a pagare a rate, si ottiene una moratoria sui pignoramenti. Inoltre, periodicamente il legislatore introduce misure di definizione agevolata dei carichi fiscali, note come “rottamazione delle cartelle”. Ad esempio, la recente “Rottamazione-quater” (Legge n. 197/2022, legge di bilancio 2023) ha permesso ai contribuenti di estinguere i debiti fiscali affidati all’agente di riscossione dal 2000 al 30 giugno 2022 pagando solo l’imposta e gli interessi legali, senza sanzioni né interessi di mora . Chi ha presentato domanda entro il 30 giugno 2023 ha potuto beneficiare di questo forte sgravio, con possibilità di pagamento dilazionato fino al 2027. Se si è in presenza di cartelle per importi molto elevati, vale la pena monitorare tali opportunità normative: il legislatore italiano spesso vara “pace fiscali” e condoni parziali. Ad esempio, la Legge 197/2022 ha anche disposto l’annullamento automatico dei debiti di importo residuo fino a €1.000 riferiti a ruoli 2000-2015 (salvo eccezioni), con effetto al 31 marzo 2023 . Questo significa che piccole cartelle del passato potrebbero essere state cancellate d’ufficio. Un debitore farebbe bene a verificare sul proprio estratto di ruolo se alcuni debiti risultano già azzerati da tali disposizioni.
Un altro strumento è la sospensione amministrativa: se si ritiene che la cartella sia frutto di un errore (pagamento già effettuato, sgravio ottenuto ma non registrato, ecc.), si può presentare istanza di sospensione direttamente all’Agenzia Riscossione, allegando la prova. Per legge, AER deve sospendere le azioni in attesa di verifica (art. 153 D.Lgs. 112/1999). In alternativa, si può chiedere al giudice tributario una sospensiva cautelare se si è presentato ricorso e vi sono fondati motivi (per evitare danni gravi nel frattempo). Da segnalare anche la possibilità, nelle procedure concorsuali, della transazione fiscale: in caso di concordato preventivo o accordo di ristrutturazione, il debitore imprenditore può proporre all’Erario un pagamento parziale delle imposte, ottenendo il voto favorevole dell’Amministrazione (artt. 63 e 88 Codice Crisi) . Ciò consente, di fatto, di stralciare parte dei debiti tributari all’interno di un piano concordatario – facoltà ora estesa anche alle procedure di sovraindebitamento per i privati (in sede di piano del consumatore o concordato minore, è ammessa la falcidia anche dell’IVA e dei contributi, come vedremo).
Infine, va ricordato che il Codice della Crisi ha introdotto meccanismi di allerta per i debiti verso il Fisco e altri enti: ad esempio, se un’impresa accumula debiti fiscali rilevanti (€500.000 per società di capitali) l’Agenzia delle Entrate deve inviare una segnalazione sollecitando a intervenire, e se entro 90 giorni non vi è reazione, l’ente pubblico può sollecitare l’apertura di una procedura concorsuale d’ufficio . Questo riguarda più che altro società e imprenditori, ma evidenzia l’attenzione del legislatore nel prevenire che i debiti fiscali vadano fuori controllo. Per un privato cittadino straniero, ricevere cartelle ed eventuali solleciti significa che è ora di attivarsi: ignorare il problema porterà a misure come fermi amministrativi su eventuali auto, prelievi su stipendio (se lavora in Italia) o su conti, e accumulo di ulteriori sanzioni. Meglio affrontare la questione appena possibile con l’aiuto di esperti, per valutare se impugnare, rateizzare o ricorrere a procedure di esdebitazione.
Debiti contributivi e previdenziali (INPS, INAIL)
Molto simili ai debiti fiscali, sono quelli verso enti come INPS (contributi pensionistici e assistenziali dovuti per lavoratori dipendenti o per sé se autonomi) o INAIL (premi assicurativi per infortuni sul lavoro). La riscossione di questi crediti segue le stesse regole delle cartelle esattoriali: l’ente notifica avvisi di addebito e, in mancanza di pagamento, affida il ruolo all’Agenzia Riscossione. I rischi includono sanzioni civili (interessi e soprattasse per omesso versamento) e le stesse misure esecutive (fermi, ipoteche, pignoramenti). Anche qui valgono i limiti su stipendi e prima casa già descritti. Da notare che il mancato versamento di contributi può attivare specifiche conseguenze: ad esempio, se un datore di lavoro non paga contributi ai dipendenti, oltre al recupero coattivo può incorrere in sanzioni penali (omesso versamento contributi previdenziali, punito dall’art. 2 D.L. 463/1983 se supera determinate soglie). Inoltre, contributi e premi non pagati non sono “condonabili” nelle procedure concorsuali se non nei limiti della legge: attualmente, grazie alle riforme, anche i contributi possono essere falcidiati in un piano del consumatore o concordato minore purché l’INPS ottenga almeno quanto avrebbe in una liquidazione . In passato vigeva il divieto di falcidia dei contributi e dell’IVA, ma la Corte Costituzionale e il legislatore lo hanno superato nel 2020 .
Difese: Parallele a quelle per i debiti fiscali. Verificare la correttezza degli addebiti (a volte l’INPS invia avvisi per contributi presunti non pagati che invece sono stati versati, magari con errori formali), impugnare se necessario davanti al Tribunale (per i contributi la giurisdizione è del giudice del lavoro) entro 40 giorni, chiedere rateazioni all’INPS o aderire a sanatorie se previste (spesso le “rottamazioni” fiscali includono anche i contributi INPS affidati all’agente pubblico). In generale, i debiti contributivi seguono le stesse regole delle cartelle, e l’INPS come l’Erario rientra tra i creditori pubblici che segnalano situazioni di crisi aziendale (per debiti significativi oltre soglie) ai sensi del Codice Crisi .
Debiti alimentari (assegni di mantenimento familiari)
Si tratta dei debiti derivanti da obblighi di mantenimento verso familiari, tipicamente: assegno di mantenimento o divorzile dovuto all’ex coniuge, assegno per i figli minori o maggiorenni non autosufficienti, e in generale gli obblighi alimentari ex art. 433 c.c. (sussidi dovuti a familiari stretti in stato di bisogno). Questi debiti hanno natura privilegiata e personale: il legislatore li tutela in modo particolarmente intenso.
In caso di mancato pagamento degli assegni periodici stabiliti da un giudice, il beneficiario (es. l’ex coniuge) può agire con pignoramento dello stipendio del debitore fino a una quota massima del 50% (ben superiore al normale 20%) , oppure con altre esecuzioni su beni. Il giudice può emettere provvedimenti specifici, ad esempio un ordine di pagamento diretto al datore di lavoro, obbligandolo a versare parte dello stipendio direttamente all’avente diritto (strumento previsto dall’art. 8 L. 898/1970 in caso di inadempienza dell’assegno divorzile). Inoltre, l’omesso versamento dell’assegno di mantenimento può integrare reato penale: la violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.) punisce chi fa mancare i mezzi di sussistenza ai figli o al coniuge e spesso viene contestata a carico di chi non paga gli alimenti dovuti . In poche parole, non è possibile “farla franca” ignorando questi debiti: l’ordinamento prevede sanzioni severe.
Dal punto di vista della esdebitazione, i debiti alimentari non possono essere cancellati da procedure concorsuali. Esplicitamente, la legge esclude che i debiti per mantenimento possano essere falcidiati o annullati: restano comunque dovuti per intero anche dopo un’eventuale procedura di sovraindebitamento andata a buon fine . Ciò significa che un piano del consumatore, ad esempio, non può prevedere di tagliare l’arretrato dell’assegno ai figli: quella parte dovrà essere pagata integralmente o lasciata fuori dal piano (e rimarrà esigibile). Inoltre, tali crediti alimentari hanno priorità assoluta: nel pignoramento di uno stipendio convivono in cima alla gerarchia, tanto che la loro presenza può elevare la quota pignorabile fino alla metà della retribuzione .
Difese: Un debitore obbligato al mantenimento ha pochi margini: può chiedere in sede civile la revisione dell’assegno (se cambia la sua condizione reddituale, ad esempio ha perso il lavoro e non riesce oggettivamente a pagare la somma stabilita), ma finché l’ordine di pagamento è in vigore, deve adempiere. In caso di difficoltà temporanea, dovrebbe comunicare con l’ex coniuge o l’avente diritto per trovare un accordo transitorio, onde evitare denunce penali. Se viene attivato un pignoramento sullo stipendio, non c’è possibilità di ridurre la percentuale per legge (fino al 50%). Questi debiti, proprio per la loro natura, accompagnano il debitore anche se si trasferisce all’estero: esistono convenzioni e regolamenti internazionali robusti per far valere gli obblighi alimentari oltre confine. In ambito UE, opera il Regolamento CE 4/2009 che consente l’esecuzione transfrontaliera delle decisioni in materia di alimenti ; a livello mondiale, vi sono trattati (es. Convenzione dell’Aja 2007 sugli alimenti) e accordi bilaterali che permettono di riscuotere gli assegni dovuti anche se il debitore espatria. Insomma, emigrare non serve a sottrarsi a questo tipo di debiti, data la loro rilevanza sociale . Un cittadino cinese che avesse un ordine di mantenimento stabilito da un tribunale italiano dovrà continuare a corrispondere le somme anche se torna in Cina; e viceversa, un eventuale ordine di un tribunale cinese per alimenti può essere riconosciuto in Italia secondo le convenzioni in materia.
Debiti da risarcimento danni e altre obbligazioni civili
Questa categoria comprende i debiti derivanti da responsabilità civile per fatti illeciti o da altre obbligazioni diverse da contratti e dal fisco. Esempi: una sentenza civile di condanna al risarcimento (ad es. per un incidente stradale causato dal debitore, o per inadempimento grave a un obbligo contrattuale), oppure il debito derivante da una fideiussione escussa (se il debitore aveva garantito un terzo e si trova a dover pagare), oppure ancora debiti derivanti da sanzioni civili (come penali contrattuali, danni da reato in sede civile, ecc.).
Le azioni di recupero in questi casi sono analoghe a quelle dei debiti commerciali: precetto e pignoramento dei beni del debitore. Una particolarità può riguardare i debiti da fatto illecito doloso o con colpa grave: la legge sul sovraindebitamento non li esclude espressamente dalla esdebitazione, ma la giurisprudenza spesso valuta con rigore la meritevolezza del debitore in questi frangenti. In pratica, se il debito deriva da un comportamento gravemente colpevole (es. guida in stato di ebbrezza che provoca lesioni e conseguente risarcimento), il giudice potrebbe negare l’esdebitazione rilevando un abuso (analogamente a quanto avviene nel fallimento, dove i debiti per fatti illeciti dolosi non sono mai esdebitabili ex art. 278 CCII). Non c’è però un divieto automatico in legge: è lasciato al caso concreto e al giudice .
Riguardo l’internazionalità: se il debito da risarcimento è statuito da un giudice italiano, vale come qualsiasi altro titolo esecutivo in Italia. Se il debitore si trasferisce all’estero, il creditore potrà far riconoscere la sentenza in quel Paese secondo le regole vigenti (in UE tramite Reg. 1215/2012, fuori UE con procedura di delibazione ex L. 218/1995) . Viceversa, se c’è una sentenza straniera di condanna che si vuole eseguire sui beni in Italia, occorre farla riconoscere dalla Corte d’Appello italiana competente (a meno che provenga da un Paese UE, in tal caso si applica il Regolamento Bruxelles I). L’Italia prevede il riconoscimento automatico delle sentenze civili straniere che rispettano alcune condizioni – giurisdizione competente, contraddittorio rispettato, cosa giudicata, non contrarietà all’ordine pubblico – e richiede il cosiddetto exequatur (dichiarazione di esecutività) solo se si deve procedere materialmente a esecuzione forzata . Ad esempio, la Corte di Cassazione ha ritenuto non contraria all’ordine pubblico l’esecuzione in Italia di una sentenza estera che condannava un soggetto al pagamento di debiti di gioco d’azzardo contratti legalmente all’estero . Ciò è notevole perché in Italia il gioco d’azzardo non autorizzato è considerato un’obbligazione naturale non tutelabile; tuttavia, se vi è un giudicato estero su gioco lecito, viene riconosciuto. Questo esempio evidenzia che l’origine estera del debito o la residenza straniera del debitore non impediscono il recupero, se sussistono meccanismi di cooperazione giudiziaria per dare esecuzione al titolo.
Difese: Nel caso di debiti da risarcimento, se derivano da sentenza è fondamentale valutare se impugnare la decisione (nei termini) o se trovare un accordo transattivo col creditore, magari rateizzando il risarcimento per evitare pignoramenti. Spesso, per evitare l’esecuzione, il debitore può offrire il pagamento graduale o parziale, specialmente se il creditore teme l’insolvenza totale. Dal lato del sovraindebitamento, come detto, questi debiti possono essere inseriti nelle procedure e teoricamente cancellati, ma il debitore deve dimostrare buona fede e meritevolezza. Se il fatto generatore del debito è stato doloso, c’è il rischio di rigetto della domanda di esdebitazione. Ad esempio, chi chiede un piano del consumatore includendo un grosso debito per truffa potrebbe vederselo respingere per indegnità. Diversamente, debiti da fideiussioni o simili (che derivano dall’aver garantito altri) generalmente non ostacolano l’esdebitazione. In ogni caso, trasferirsi all’estero non mette al riparo: un creditore extra-UE può ancora agire sui beni italiani del debitore previa delibazione del proprio titolo ; e un creditore italiano può inseguire beni all’estero come visto (a volte i creditori cedono il credito a società estere per agire localmente). Quindi, anche qui, affrontare il problema in sede legale (opposizioni, composizione del debito) è preferibile al tentativo di “scappare” che può fallire.
Debiti per sanzioni penali e amministrative (multe, ammende, confische)
Infine, un cenno ai debiti che in realtà sono sanzioni conseguenti a reati o illeciti amministrativi di particolare gravità. Le ammende o multe penali (irrogate dal giudice penale con la sentenza di condanna) e le somme dovute allo Stato per confische o spese di giustizia rientrano in una categoria speciale: non sono considerati debiti civili in senso stretto, ma pene pecuniarie. Queste somme, se non pagate spontaneamente, vengono iscritte a ruolo e riscosse dall’Agenzia delle Entrate Riscossione con le stesse modalità delle cartelle (quindi con poteri di pignoramento). Tuttavia, non rientrano in alcuna procedura concorsuale civile: non è ammesso ridurre o cancellare debiti derivanti da sanzioni penali attraverso un piano di sovraindebitamento o un fallimento, essendo esclusi dall’esdebitazione . Restano dunque sempre dovuti.
Sul piano pratico, il mancato pagamento di ammende può comportare, come sanzione sostitutiva, la conversione in libertà controllata o in carcere in casi estremi (ma solo se previsto dalla legge e deliberato dal giudice di sorveglianza, quando il condannato non ha pagato per sua colpa). Ad ogni modo, il recupero transnazionale di multe penali è anch’esso oggetto di cooperazione: tra paesi UE esiste la Decisione Quadro 2005/214/GAI che prevede il mutuo riconoscimento delle sanzioni pecuniarie, consentendo ad esempio all’Italia di inviare alla Germania una multa penale perché sia ivi riscossa sul residente tedesco . Fuori UE, dipende dai trattati bilaterali – per reati gravi, esistono accordi estradizionali o di assistenza giudiziaria che possono includere aspetti risarcitori, ma non c’è garanzia di recupero monetario.
Difese: In ambito penale, non ci sono molte “difese” economiche: se la sanzione è definitiva, va pagata o la si subisce. Si può chiedere al Ministero della Giustizia la conversione della pena pecuniaria in lavoro sostitutivo (nei casi previsti) o la rateizzazione della multa penale (talvolta concessa per importi alti, ex art. 133-ter c.p.). Ma non esiste la possibilità di liberarsi da questi debiti tramite procedure concorsuali. L’unica vera “cancellazione” potrebbe venire da provvedimenti di clemenza generale (amnistie, indulti) o, in casi specifici, dalla prescrizione della pena se non riscossa entro certi termini. Per un cittadino straniero, il mancato pagamento di una multa penale italiana potrebbe non avere seguito nel suo Paese d’origine se non ci sono accordi; però resterà un debito iscritto a ruolo in Italia e potrebbe emergere qualora il soggetto rientri. In sintesi, questi debiti esulano dall’ambito principale di questa guida (che riguarda la crisi da sovraindebitamento civile), ma andavano citati per completezza. Un cinese in Italia condannato a un’ammenda penale farebbe meglio a pagarla o a concordare modalità di esecuzione, perché difficilmente potrà liberarsene altrimenti.
Tabella riepilogativa – Tipi di Debito e Trattamento Giuridico
| Tipo di Debito | Esempi comuni | Azioni di recupero crediti | Inclusione in sovraindebitamento? | Note |
|---|---|---|---|---|
| Bancari/finanziari | Mutuo ipotecario; prestito personale; carta di credito non rimborsata | Decreto ingiuntivo; pignoramento beni (stipendio, conto); esecuzione immobiliare se ipoteca | Sì, ristrutturabili e falcidiabili nei limiti del piano approvato | Interessi di mora e spese legali si accumulano in caso di ritardo. Una cessione del quinto già in corso può essere bloccata o ridotta tramite procedura concorsuale . |
| Commerciali/privati | Fatture non pagate a fornitori; affitti; bollette utenze | Ingiunzione di pagamento; sfratto per morosità (per affitti); pignoramento beni mobili e conti (anche strumenti d’impresa salvo beni essenziali) | Sì, ammessi nelle procedure (debiti chirografari). | Crediti garantiti (ipoteca/pegno) conservano prelazione salvo diversa proposta . Piccoli imprenditori sotto soglie fallimento: accedono al sovraindebitamento; imprenditori sopra soglia: fallimento o concordato preventivo . |
| Fiscali e contributivi | Tasse (IRPEF, IVA), tributi locali, contributi INPS, multe stradali | Cartella esattoriale; misure cautelari (fermo auto, ipoteca); pignoramenti (stipendio, conto, immobili) a mezzo AER | Sì, inclusi nelle procedure. | Possibile falcidia di IVA e contributi, ma solo se lo Stato ottiene almeno quanto in liquidazione (principio del “miglior soddisfacimento”) . Crediti fiscali privilegiati (es. IVA) soddisfatti con precedenza in riparto. La falcidia IVA è stata ammessa dalle riforme 2020–2022, superando il divieto previgente . |
| Alimentari (mantenimento) | Assegno al coniuge separato; alimenti ai figli minori | Pignoramento stipendio fino a 50% (eccezione rispetto al limite ordinario) ; altre esecuzioni sui beni; misure penali ex art. 570 c.p. in caso di inadempimento grave | No, non esdebitabili. | Restano dovuti integralmente anche dopo eventuale chiusura di una procedura per altri debiti . Hanno precedenza assoluta: nel pignoramento di stipendi si soddisfano prima di ogni altro credito. Rilievo penale per omesso pagamento (reato art. 570 c.p.) . |
| Risarcimento danni | Danni civili da illecito (es. incidente stradale con colpa); penali contrattuali | Atto di precetto e pignoramento beni (come debiti civili). Se titolo estero: riconoscimento ex L. 218/1995 o reg. UE per eseguirlo in Italia | Sì, in linea di massima. | Attenzione: se derivano da dolo o colpa grave, il giudice potrebbe negare l’esdebitazione per indegnità (valutazione caso per caso) . Non esclusi ex lege, ma la condotta del debitore viene scrutinata ai fini della meritevolezza. |
| Sanzioni penali (multe, ammende) | Ammenda penale da condanna; confisca per equivalente | Iscrizione a ruolo e cartella; esecuzione forzata d’ufficio tramite AER (pignoramenti) | No, esclusi dalle procedure concorsuali civili. | Debiti verso lo Stato per reati non sono cancellabili se non tramite provvedimenti di clemenza (es. indulto). Esistono strumenti UE per mutuo riconoscimento delle sanzioni pecuniarie (Decisione Quadro 2005/214) , ma fuori UE l’incasso è incerto. |
Nota: I crediti garantiti da pegno o ipoteca mantengono la loro garanzia sul bene specifico anche all’interno di procedure concorsuali. Nelle procedure di sovraindebitamento, il trattamento di tali crediti è simile a quello nel fallimento: il creditore garantito ha diritto di soddisfarsi sul valore del bene vincolato (entro i limiti del valore di realizzo), ed eventualmente la parte residua del suo credito diventa chirografaria (non garantita) . Inoltre, se il debitore ha fideiussori o coobbligati solidali, va precisato che l’eventuale esdebitazione (cancellazione dei debiti) ottenuta dal debitore principale non si estende ai garanti: questi rimangono obbligati in proprio per l’intero verso il creditore . Ciò vale anche viceversa: la liberazione del fideiussore (ad es. tramite altra procedura) non estingue il debito principale. In presenza di debiti comuni a più familiari (es. coniugi coobbligati su un mutuo), è consigliabile valutare una procedura di composizione congiunta per evitare che uno rimanga esposto: la legge lo consente se i debitori sono conviventi e i debiti hanno origine comune (piani familiari) .
La gestione del sovraindebitamento: soluzioni concorsuali per il debitore in difficoltà
Quando il peso dei debiti complessivi supera stabilmente la capacità del debitore di rimborsarli – in altre parole, quando si entra in una situazione di insolvenza o sovraindebitamento – le normali azioni esecutive rischiano di portare a risultati drammatici: il debitore perderebbe tutti i beni senza comunque riuscire a pagare tutti i creditori, e i creditori stessi potrebbero non ottenere nulla se il debitore “collassa” economicamente. Per affrontare in modo ordinato queste situazioni, l’ordinamento italiano offre la via delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento. Si tratta di procedure concorsuali semplificate destinate ai debitori “civili” non assoggettabili al fallimento (ad esempio consumatori, piccoli imprenditori, professionisti, start-up innovative, enti non commerciali, ecc.) .
Questa normativa, introdotta inizialmente con la cosiddetta Legge “salva suicidi” (L. 3/2012) e oggi confluita (aggiornata) nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) D.Lgs. 14/2019, consente al debitore meritevole in grave difficoltà economica di ottenere l’esdebitazione, ossia la cancellazione dei debiti residui, previa attuazione di un piano di ristrutturazione o liquidazione approvato secondo la legge . È la trasposizione per i privati del principio già esistente per le imprese fallite di dare al debitore una “fresh start” (nuova opportunità). Di fatto, per la prima volta dal 2012 anche i privati cittadini sovraindebitati possono essere liberati dai debiti non pagabili, a condizione di giocare secondo le regole: bisogna mettere a disposizione dei creditori tutte le risorse disponibili in buona fede, e in cambio si ottiene l’esonero definitivo dal pagamento di quanto eccede tali risorse .
Che cos’è il sovraindebitamento e chi può accedervi
Per sovraindebitamento si intende “lo stato di crisi o insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo […] e di ogni altro debitore non assoggettabile a liquidazione giudiziale” (fallimento) . In parole semplici, rientrano nel sovraindebitamento tutti i debitori, persone fisiche o enti, non soggetti alle ordinarie procedure fallimentari, che si trovano in uno stato di persistente squilibrio finanziario e incapacità di pagare i propri debiti. Ad esempio, un privato cittadino (consumatore) schiacciato dai debiti di carte di credito, oppure un piccolo imprenditore individuale sotto le soglie di fallibilità (fatturato e attivo modesti) travolto dai debiti, sono tipici candidati.
Importante: la cittadinanza è irrilevante ai fini dell’accesso. Ciò che conta è il criterio del centro degli interessi principali (COMI) in Italia . Se un cittadino straniero, ad esempio cinese, risiede stabilmente in Italia o qui ha svolto la sua attività principale e qui ha la maggior parte dei debiti, può presentare domanda di procedura di sovraindebitamento davanti al tribunale italiano competente (solitamente quello della residenza o sede). Anche più debitori legati (es. marito e moglie) possono presentare un’unica procedura familiare congiunta, se conviventi e con debiti comuni. Il fatto di non avere cittadinanza italiana non preclude nulla: già in passato tribunali italiani hanno omologato piani del consumatore presentati da cittadini extra-UE regolarmente soggiornanti . L’unico aspetto da considerare è l’eventuale dimensione transfrontaliera: se il debitore ha legami con più Paesi, bisogna determinare dove sia il suo COMI. Ad esempio, se un cittadino cinese ha vissuto e lavorato negli ultimi anni in Italia (quindi qui ha il centro dei suoi interessi debitori), l’eventuale procedura aperta in Italia sarà riconosciuta automaticamente negli altri Stati membri UE ai sensi del Regolamento UE 2015/848 sulle insolvenze transfrontaliere . Fuori dall’UE, invece, la validità extraterritoriale dell’esdebitazione dipenderà dal riconoscimento da parte del singolo Paese (tema che riprenderemo nella sezione Profili internazionali e nelle FAQ).
In sintesi, il punto di vista del debitore nel sovraindebitamento è il seguente: se sei onestamente impossibilitato a pagare tutti i tuoi debiti, la legge ti offre una seconda chance. Puoi proporre ai creditori un piano per pagare in base alle tue effettive possibilità, e ottenere la cancellazione del debito restante che non puoi pagare . Non è un condono arbitrario: dovrai dimostrare trasparenza, buona fede e impegno nel soddisfare i creditori quanto più possibile (ad esempio, destinando redditi futuri per alcuni anni, o liquidando beni non essenziali). In cambio, una volta fatto il massimo, sarai liberato da ciò che rimane. L’esdebitazione è dunque quel provvedimento finale che cancella i debiti non soddisfatti al termine della procedura, purché il debitore abbia rispettato le condizioni .
Questa opportunità, prima del 2012, praticamente non esisteva per le persone: i debiti rimanevano a vita. Ora, grazie all’evoluzione normativa, anche un privato o un piccolo imprenditore può ambire a tornare “pulito” e ripartire da zero (economicamente parlando), se ha agito senza frode e la sua insolvenza è dovuta a sfortuna o congiunture sfavorevoli. Le sentenze più autorevoli hanno sottolineato proprio questo principio di favore verso il debitore meritevole: la Cassazione a Sezioni Unite nel 2018 ha chiarito che la “meritevolezza” nel piano del consumatore va intesa come assenza di dolo o colpa grave, e non ogni condotta imprudente preclude l’accesso . Questo orientamento è stato recepito dal legislatore nel 2020, rimuovendo molte preclusioni all’accesso.
Le procedure disponibili: panoramica (Piano del consumatore, Concordato minore, Liquidazione controllata, Esdebitazione speciale)
Il Codice della Crisi (CCII) prevede diverse forme procedurali per adattarsi alle varie tipologie di debitori sovraindebitati. In parte riprendono quelle già esistenti nella vecchia L.3/2012, con qualche modifica terminologica e di sostanza, soprattutto ad opera dei correttivi del 2020-2022. Ecco una sintesi delle opzioni attualmente a disposizione:
- Piano del consumatore (oggi chiamato formalmente “Ristrutturazione dei debiti del consumatore”): destinato esclusivamente al debitore consumatore, ovvero alla persona fisica che ha contratto obbligazioni per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale . Se il debitore è solo un privato che ha debiti personali (es. per spese familiari, credito al consumo, mutuo casa), può proporre un piano senza coinvolgere eventuali creditori aziendali. Il piano del consumatore è una proposta unilaterale del debitore ai creditori, che non richiede il voto di questi ultimi: i creditori possono fare opposizione, ma decide il giudice se omologare il piano in base a criteri di legge (verifica di fattibilità e di convenienza per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria, e verifica della meritevolezza del debitore) . Questo significa che, a differenza di un concordato, il consumatore non ha bisogno dell’accordo dei creditori; può imporre un pagamento parziale dei debiti se il giudice ritiene equo e vantaggioso rispetto al fallimento. Nel piano si possono prevedere moratorie, tagli (falcidi) ai debiti chirografari e anche ai debiti privilegiati se necessario (questi ultimi entro i limiti di soddisfazione minima pari al valore di realizzo dei beni su cui insistono). Importante: dal 2020, è consentito persino falcidiare l’IVA e le altre imposte nel piano, purché lo Stato ottenga almeno quanto prenderebbe liquidando i beni del debitore . Questo ha superato un vecchio divieto che imponeva il pagamento integrale dell’IVA (divieto eliminato per conformità al principio di ragionevolezza, vedi Corte Cost. n.245/2017 e L.176/2020) . Esempio pratico: un cittadino UE residente in Italia, pieno di debiti su carte di credito e finanziamenti familiari (nessuna impresa), può proporre un piano del consumatore offrendo ai creditori – poniamo – il pagamento del 20% del dovuto in 5 anni, utilizzando la parte di stipendio che gli rimane tolto il minimo per vivere . Se il giudice verifica che in una liquidazione dei beni i creditori prenderebbero meno di quel 20%, e che il debitore non ha colpe gravi, potrà omologare il piano anche se nessun creditore fosse d’accordo. A quel punto, il debitore pagherà le rate concordate e, al termine, avrà cancellato il restante 80% dei debiti. La giurisprudenza, come detto, ha chiarito che non occorre essere stati perfetti nella gestione finanziaria: qualche leggerezza non preclude il piano, basta non ci sia malafede o frode verso i creditori . Va segnalato che la Cassazione con sentenza n. 6869/2025 ha confermato un caso di revoca di omologa di piano: il debitore aveva omesso di dichiarare alcuni debiti pregressi per farsi concedere un nuovo prestito, ingannando la banca; il piano inizialmente approvato è stato revocato e la Cassazione ha ribadito che la negligenza della banca nel concedere il credito non esime il debitore dal dovere di buona fede in fase di istruttoria . Quindi, anche se il giudice è benevolo con le imprudenze, restano esclusi i comportamenti scorretti intenzionali. In caso di mancato pagamento di un piano del consumatore omologato (inadempimento grave), il piano può essere revocato e si può aprire la liquidazione controllata in sostituzione .
- Concordato minore (detto anche accordo di ristrutturazione dei debiti): è la procedura destinata ai debitori non consumatori che non sono fallibili ma hanno anche debiti di natura imprenditoriale o professionale. Vi rientrano, ad esempio, i piccoli imprenditori sotto soglia, le società di persone o di capitali sotto soglia (oggi anch’esse ammesse, se non fallibili), i professionisti con debiti misti. Il concordato minore richiede il consenso dei creditori: funziona più simile a un piccolo concordato preventivo. Il debitore propone un accordo di ristrutturazione pagando una certa percentuale sui debiti, e tale proposta viene sottoposta a voto dei creditori (in classi o in assieme, a seconda dei casi). Serve la maggioranza indicata dalla legge (es.: approvazione di creditori rappresentanti almeno il 60% del totale crediti) . Se la maggioranza vota sì e il piano è fattibile e conveniente, il giudice lo omologa e diviene vincolante anche per le minoranze dissenzienti. Se invece i creditori non approvano, il concordato non si perfeziona (ma il debitore potrebbe convertire in liquidazione). Differenza dal piano consumatore: qui conta la volontà dei creditori, quindi il debitore deve cercare l’adesione attiva. In compenso, non c’è un vaglio di “meritevolezza” altrettanto stringente: anche chi ha avuto qualche colpa può accedere, purché offra ai creditori una soddisfazione migliore del fallimento (la convenienza economica è il criterio principale) . Naturalmente, condotte fraudolente anche qui portano al rigetto per indegnità, ma errori gestionali non escludono l’accesso. Esempio: un piccolo imprenditore extracomunitario (es. titolare di un ristorante) con 200 mila euro di debiti verso fornitori e banche, e 50 mila di debiti fiscali, può proporre un concordato minore offrendo ai creditori il ricavato della vendita del locale commerciale di sua proprietà, da effettuarsi subito, più magari una parte dei ricavi futuri dell’attività rifinanziata . Se i creditori (banche, fornitori, Fisco) vedono che in tal modo ottengono, poniamo, il 30% dei loro crediti mentre in una liquidazione otterrebbero forse il 10%, saranno incentivati ad approvare. Raggiunta la maggioranza e omologato l’accordo, il debitore esegue quanto promesso (vende l’immobile e distribuisce il 30% concordato); al termine, i debiti residui vengono cancellati. Se però il concordato non viene omologato (mancanza di voto o diniego del giudice per manifesta non convenienza), si apre la liquidazione controllata d’ufficio .
- Liquidazione controllata del sovraindebitato: corrisponde alla vecchia “liquidazione del patrimonio” della L.3/2012, con meccanismi ora più vicini a quelli del fallimento (che nel Codice si chiama “liquidazione giudiziale”). È la procedura destinata al debitore sovraindebitato che non ha un piano di rientro fattibile o non ottiene l’accordo. In sostanza, si mette a disposizione tutto il patrimonio del debitore (escluse le cose impignorabili) e un liquidatore nominato dal tribunale provvede a vendere i beni, riscuotere crediti, etc., per distribuire il ricavato tra tutti i creditori secondo le cause di prelazione. Il debitore persona fisica in buona fede, al termine, ottiene comunque l’esdebitazione dei debiti insoddisfatti . La liquidazione controllata non richiede alcuna approvazione da parte dei creditori, perché di fatto questi subiscono la liquidazione dei beni come in un fallimento. Può accedervi qualunque debitore sovraindebitato (consumatore o imprenditore minore) che non sia in grado di presentare o veder approvato un piano/concordato . Può anche essere chiesta dallo stesso debitore in via immediata se preferisce liquidare tutto subito. La procedura è giudiziale: una volta aperta, tutti i creditori devono presentare domanda di ammissione al passivo e non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali (c’è un automatic stay delle azioni, come nel fallimento) . Il liquidatore nominato redige l’inventario, gestisce la vendita dei beni e distribuisce secondo legge (creditori privilegiati in ordine, poi chirografari). Il Codice prevede che questa procedura debba chiudersi entro 3 anni dall’apertura (salvo proroghe eccezionali) , per evitare tempi biblici. Esempio: una cittadina straniera in Italia, senza reddito ma proprietaria di una casa gravata da mutuo, e con debiti totali per €300.000 (di cui buona parte ipotecari verso la banca e il resto chirografari), potrebbe optare per la liquidazione controllata. Il liquidatore venderà l’immobile; con il ricavato pagherà prima la banca ipotecaria (fino a copertura dell’ipoteca) e poi, se resta qualcosa, distribuirà agli altri creditori. È probabile che molti debiti restino insoddisfatti; ma alla chiusura della procedura (dopo la vendita e ripartizione) la debitrice otterrà la liberazione da tutto il debito residuo non pagato . Avrà perso la casa, ma si sarà anche sbarazzata di debiti impagabili che altrimenti l’avrebbero perseguitata a vita. In questa procedura, come detto, il debitore deve collaborare lealmente; se emergono asset nascosti o atti in frode (es. aveva donato beni per sottrarli ai creditori), l’esdebitazione può essere negata. Altrimenti, la regola è che dopo 3 anni (termine oggi certo) il debitore persona fisica esce pulito . Va ricordato che l’esdebitazione in liquidazione è d’ufficio: il giudice la concede alla fine senza bisogno di una domanda apposita come si richiedeva in passato .
- Esdebitazione del debitore incapiente (c.d. “senza utilità”): è forse la novità più significativa introdotta dal Codice della Crisi (artt. 282-283 CCII). Consente al debitore persona fisica meritevole che non ha alcuna risorsa da offrire ai creditori di ottenere comunque la cancellazione dei propri debiti, senza pagare nulla, subito e in via straordinaria . È un provvedimento eccezionale, utilizzabile una sola volta nella vita. I requisiti sono stringenti: il debitore non deve avere beni né capacità di reddito pignorabile, deve dimostrare di non aver colposamente determinato la propria insolvenza, e di non poter offrire ai creditori alcuna utilità nemmeno futura. In tal caso, il tribunale – sentiti i creditori (che possono opporsi solo per contestare i requisiti) – emette un decreto che cancella tutti i debiti del soggetto senza attesa . Nei 4 anni successivi, se il debitore “miracolosamente” ottiene nuove risorse significative (ad esempio un’eredità consistente o un aumento di reddito tale da potersi permettere di pagare almeno il 10% dei vecchi debiti), vi è l’obbligo di versare ai creditori tale parte (condizione risolutiva) . Altrimenti, nulla è dovuto. Esempio: Tizio, cittadino extracomunitario in Italia, ha €50.000 di debiti tra prestiti e bollette ma ha perso il lavoro, vive in miseria e non possiede nulla di valore. Dopo verifica, il tribunale concede l’esdebitazione dell’incapiente: Tizio è subito libero dai €50.000 di debito . Se nei successivi 4 anni Tizio ritrova solo un modesto impiego, nulla cambia; se invece vincesse alla lotteria €20.000 (più del 10% di 50k), sarebbe tenuto a informare i creditori e versare quella somma (o fino alla concorrenza del debito) . Questa procedura rappresenta un vero “fondo di ultima istanza” per i debitori onesti ma sfortunati che non hanno nulla: l’ordinamento riconosce che, oltre un certo punto, perseverare nel chiedere loro il dovuto è inutile e socialmente dannoso (si rischiano economia sommersa e disperazione), meglio dar loro modo di ripartire. Va segnalato che anche per l’esdebitazione dell’incapiente ci sono costi procedurali (quantomeno un minimo compenso per l’Organismo di Composizione della Crisi – OCC – o per il gestore nominato), spesso di poche centinaia di euro grazie a tariffe agevolate vista la finalità sociale . Lo Stato però non copre integralmente questi costi, per cui anche il nullatenente deve affrontare un minimo di spesa (ad esempio rivolgendosi agli OCC delle Camere di Commercio o degli Ordini professionali, che applicano tariffe calmierate). Attenzione: Non possono accedere a questa esdebitazione “gratuita” i debitori che abbiano atti in frode, o che nei 5 anni precedenti abbiano già beneficiato di un’esdebitazione o abbiano rifiutato un lavoro senza motivo. Inoltre, sono esclusi i debiti derivanti da obblighi alimentari, da risarcimenti per danni da fatti illeciti dolosi e le multe penali (analogamente a prima, questi non si cancellano) .
Riassumiamo schematicamente le caratteristiche principali delle procedure con una tabella comparativa:
| Procedura | Chi può accedervi | Consenso dei creditori | Durata tipica | Esdebitazione (cancellazione debiti) |
|---|---|---|---|---|
| Piano del consumatore<br>(Ristrutturazione debiti) | Solo consumatore (persona fisica non imprenditore) | Nessun voto dei creditori; decide il giudice se omologare (i creditori possono solo fare opposizione) . | Fissata dal piano stesso (spesso 4–5 anni, ma può variare). In casi particolari può essere più lunga (es. piano trentennale per salvare casa gravata da mutuo) . | Al completamento regolare del piano: i debiti residui sono cancellati. Se il piano fallisce (inadempimento), è prevista la conversione in liquidazione controllata . Omologazione soggetta a requisito di meritevolezza del debitore. |
| Concordato minore<br>(ex accordo ristrutturazione) | Debitori non consumatori non fallibili (piccole imprese, professionisti, società sotto soglia, enti no-profit, ecc.) | Richiede voto favorevole dei creditori: maggioranza per classi o del 60% in valore (a seconda dei casi) . Omologato dal giudice se maggioranza raggiunta e piano fattibile. | ~3–5 anni di esecuzione (può prevedere dilazioni di pagamento, vendite di beni o altre operazioni in continuità) . | Esdebitazione a fine accordo: i debiti sono cancellati al completamento dell’accordo omologato (in automatico). Se l’accordo non viene omologato o viene risolto per inadempimento grave, si apre o si converte in liquidazione controllata . |
| Liquidazione controllata<br>(ex liquidazione patrimonio) | Qualunque debitore sovraindebitato (consumatore o no) che non propone o non ottiene approvazione di un piano/concordato . Anche su richiesta del debitore stesso. | Nessun voto dei creditori. Procedura concorsuale: i creditori partecipano al passivo, liquidatore realizza attivo e distribuisce secondo legge . | Massimo 3 anni dall’apertura (proroghe solo eccezionali) . Termine fissato dal Codice per chiudere la liquidazione (evitabili lungaggini) . | Esdebitazione concessa d’ufficio alla chiusura per il debitore persona fisica meritevole. I debiti residui sono cancellati, eccetto quelli non esdebitabili per legge (alimenti, multe penali, ecc. restano) . Se emergono atti in frode o il debitore non collabora, l’esdebitazione può essere negata. |
| Esdebitazione “incapiente”<br>(senza utilità) | Persona fisica sovraindebitata totalmente priva di beni e redditi, che non può offrire alcuna utilità ai creditori. Non accessibile a società. | Nessun voto creditori (non c’è piano da approvare); i creditori possono solo presentare opposizione se ritengono insussistenti i requisiti . Decide il tribunale in camera di consiglio. | Pochi mesi per ottenere il decreto (procedura semplificata, istruttoria veloce tramite OCC e tribunale) . | Immediata con il decreto di esdebitazione: tutti i debiti sono cancellati subito. Condizione risolutiva 4 anni: se il debitore, entro 4 anni, “torna in possesso” di risorse atte a pagare almeno il 10% dei debiti originari, deve pagare quella parte ai creditori (altrimenti l’esdebitazione può essere revocata parzialmente) . In assenza di novità reddituali significative, l’esdebitazione rimane definitiva. |
Effetti comuni delle procedure: Appena viene presentata la domanda di apertura di una procedura di sovraindebitamento – e specialmente dopo che il tribunale l’ha ammessa o ha aperto la liquidazione – scatta una sorta di tutela automatica per il debitore. Il giudice, su richiesta, può sospendere o vietare nuove azioni esecutive individuali da parte dei creditori sui beni del debitore in pendenza della procedura . Ciò è analogo al automatic stay del fallimento e serve a evitare che un singolo creditore “si avventi” sui beni compromettendo la par condicio e a dare respiro al debitore mentre si finalizza il piano. Inoltre, dalla data di apertura della procedura i termini di prescrizione dei crediti restano sospesi (così i creditori non devono affrettarsi ad agire). Il debitore continua solitamente a poter svolgere gli atti di ordinaria amministrazione del suo patrimonio, mentre per quelli straordinari deve ottenere autorizzazione (del giudice o del liquidatore, a seconda del caso). Dunque, se un creditore minaccia pignoramenti, l’aver già depositato un ricorso per sovraindebitamento consente di chiedere al giudice di bloccare provvisoriamente quelle azioni, mantenendo lo status quo.
Bisogna anche ricordare che la procedura non libera eventuali coobbligati. Se Tizio viene esdebitato da un debito cointestato con Caio, quest’ultimo ne resta comunque obbligato in solido per l’intero . Ad esempio, se marito e moglie avevano un mutuo cointestato e solo il marito fa la procedura ottenendo l’esdebitazione, la banca potrà ancora rivalersi sulla moglie per l’intero mutuo residuo. Per questo la legge prevede la possibilità di procedure familiari congiunte: se più membri della famiglia sono debitori insieme degli stessi importi, possono presentare un unico piano o concordato così da risolvere contestualmente la posizione di tutti . Un caso tipico è quello di soci di società di persone insolventi insieme alla società: la Cassazione ha chiarito che l’accordo di composizione dei debiti della società non estingue automaticamente le obbligazioni del socio illimitatamente responsabile se questi non partecipa alla procedura; è necessario che anche il socio aderisca per essere esdebitato . In sintesi, ogni debitore deve ottenere la propria esdebitazione, non si può beneficare di riflesso di quella altrui.
Quanto alla pubblicità: le procedure di sovraindebitamento, pur non comportando uno status infamante di “fallito”, sono pubbliche nel senso che vengono comunicate ai creditori interessati e iscritte in registri. Il procedimento è registrato nel registro delle procedure concorsuali tenuto dal tribunale e, dopo la chiusura, l’esdebitazione viene annotata nel registro informatico degli esdebiti (gestito dal Ministero della Giustizia). Non esiste però un albo pubblico consultabile da chiunque dei sovraindebitati, a differenza del casellario fallimentare. Inoltre, il nominativo può risultare nelle banche dati creditizie: ad esempio CRIF o Experian potrebbero segnalare una sofferenza chiusa a seguito di procedura, per un certo tempo. Tuttavia, trascorso il periodo di segnalazione (di solito 36 mesi dall’aggiornamento finale) il debitore torna ad essere considerato solvibile. Nelle FAQ a fine guida torneremo su questo punto (segnalazioni post-esdebitazione).
Profili di fiscalità internazionale e rapporti Italia–Cina nel recupero dei crediti
In questa sezione esaminiamo le questioni transnazionali che riguardano un cittadino cinese indebitato in Italia: dai meccanismi di cooperazione internazionale nel recupero crediti, alle regole sulla residenza fiscale e sulla doppia imposizione tra Italia e Cina, fino alle possibilità di far valere (o annullare) i debiti oltre confine.
Esecuzione all’estero di debiti contratti in Italia (e viceversa)
Come visto in precedenza, all’interno dell’Unione Europea vige un sistema integrato di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni civili e tributarie. Ciò significa che un creditore italiano munito di un titolo esecutivo (sentenza, decreto ingiuntivo, cartella esattoriale divenuta definitiva, ecc.) può in molti casi farlo valere in un altro Stato UE in maniera relativamente semplice. Il Regolamento UE n.1215/2012 (Bruxelles I rifuso) abolisce l’exequatur tra Stati membri per le sentenze civili e commerciali: una volta ottenuto in Italia il certificato europeo ex art. 53 del Regolamento, il creditore può direttamente procedere al pignoramento nel paese UE di destinazione . Allo stesso modo, un creditore italiano può utilizzare il Regolamento UE n.655/2014 per chiedere a un giudice italiano un ordine europeo di sequestro conservativo su conti bancari del debitore all’estero, ad esempio congelando un conto che il debitore ha in Francia o Germania . Per i crediti pubblici (fiscali e contributivi), il Reg. 904/2010 e successive normative consentono agli enti di riscossione italiani di attivare le omologhe agenzie di altri paesi UE per riscuotere coattivamente le somme dovute . In sintesi, nell’UE un debitore non può “scappare” facilmente: se ha beni o redditi in un altro Stato membro, un creditore italiano può colpirli attivando le procedure europee, e viceversa (un creditore estero può far pignorare beni in Italia tramite i medesimi regolamenti).
Fuori dalla UE, la situazione cambia. Il recupero crediti internazionale dipende dai trattati bilaterali tra gli Stati. Alcuni paesi hanno accordi di cooperazione giudiziaria con l’Italia che includono il riconoscimento ed esecuzione delle sentenze civili. Ad esempio: Italia e Svizzera hanno una convenzione (1968) che agevola il riconoscimento reciproco delle decisioni civili e la loro esecuzione; con gli USA e il Canada esistono accordi a livello di assistenza giudiziaria che possono facilitare il rintraccio di beni e l’invio di atti, sebbene non equivalgano a un mutuo riconoscimento automatico . Nel caso specifico di Italia e Cina, è in vigore un Trattato bilaterale di assistenza giudiziaria in materia civile firmato a Pechino il 20 maggio 1991 (ratificato in Italia con L. 199/1994) . Questo trattato consente, tra l’altro, la trasmissione degli atti giudiziari e probatori tra i due Paesi e stabilisce un quadro di cooperazione nelle cause civili. Tuttavia, non prevede un meccanismo automatico per l’esecuzione forzata delle sentenze pecuniarie: per far valere in Cina un titolo italiano, occorre comunque seguire la procedura di riconoscimento prevista dalla legge cinese. La Cina, non avendo aderito a convenzioni globali sul riconoscimento delle sentenze (es. la Convenzione dell’Aja 2019, non ancora ratificata), decide caso per caso con criterio di reciprocità. Finora, le sentenze civili italiane che i tribunali cinesi hanno riconosciuto sono pochissime, e solo se si dimostra che anche l’Italia riconoscerebbe in casi analoghi una sentenza cinese (principio di reciprocità de facto). In assenza di un consolidato accordo, il recupero di un credito italiano in Cina è quindi molto difficile e raro. Un creditore italiano dovrebbe avviare una causa in Cina basata sul titolo italiano e convincere il tribunale cinese a riconoscerlo: un iter lungo e dall’esito incerto . Allo stesso modo, se un cittadino cinese ha una sentenza di Pechino favorevole e vuole far pignorare beni in Italia, deve chiedere l’exequatur alla Corte d’Appello italiana competente (ai sensi degli artt. 64-67 L. 218/1995) . L’Italia tende a riconoscere le sentenze straniere che rispettano il nostro ordine pubblico internazionale e i requisiti di giusta procedura, ma la mancanza di trattato con la Cina può complicare la cosa.
Esempio pratico transnazionale: immaginiamo un imprenditore cinese che aveva attività in Italia, lascia l’Italia con debiti verso fornitori e banche, e torna in Cina. I creditori italiani ottengono decreti ingiuntivi esecutivi. Potranno agire sui beni noti in Italia (conti bancari, immobili se ne sono rimasti) , ma per aggredire eventuali beni in Cina dovrebbero incaricare un legale locale e tentare il riconoscimento col trattato del 1991: operazione complessa, in cui potrebbero riuscire solo se c’è corrispondenza di giudicati. Viceversa, se quell’imprenditore dovesse un domani aprire un conto in Europa (es. in Francia) o tornare per affari in Italia, i creditori potrebbero efficacemente intervenire in ambito UE grazie ai regolamenti europei. In sostanza, i beni situati fuori dall’Europa sono relativamente al sicuro, quelli nell’area UE no . Un altro scenario: un cittadino cinese in Italia viene condannato a pagare danni a un cittadino italiano e poi si sposta in un altro Paese (non UE). Il creditore italiano, se il Paese in questione non ha accordi con l’Italia, dovrà iniziare lì un procedimento ex novo o di delibazione. Ad esempio, un debitore marocchino in Italia con casa in Marocco: un creditore italiano non può far nulla “tramite Italia” perché non c’è accordo esecutivo con il Marocco; dovrebbe far riconoscere la sentenza italiana in Marocco e poi procedere secondo le leggi marocchine, operazione laboriosa .
In conclusione, per un cittadino cinese indebitato in Italia vale questa linea generale: se decide di rientrare in Cina lasciandosi debiti dietro, rischia comunque conseguenze: i debiti resteranno pendenti, potranno essere aumentati da interessi e, appena avrà a che fare di nuovo con l’Europa (per lavoro, turismo, patrimoni), i creditori potranno rifarsi sui suoi asset europei. Non esiste una cancellazione automatica per espatrio. Perciò spesso è preferibile cercare di risolvere alla radice il problema (pagando, transando o ricorrendo a procedure di esdebitazione in Italia) piuttosto che confidare nella “distanza” geografica. Chi invece si trasferisce in un Paese con cui l’Italia ha accordi (es. Canada, USA), potrebbe trovarsi notifiche di procedimenti locali attivati dai creditori italiani. Da notare però che, se il debitore ha ottenuto un’esdebitazione in Italia (ad esempio tramite un piano del consumatore), all’interno della UE tutti i creditori, anche stranieri, devono rispettarla . Fuori UE, alcuni ordinamenti potrebbero non riconoscerla (ad esempio la legge cinese non contempla l’esdebitazione del consumatore a livello nazionale, sebbene ci siano progetti pilota). Gli USA, invece, tendono a rispettare l’effetto “discharge” di procedure straniere se riguardano cittadini statunitensi, in base al principio di comity . Comunque sia, ogni situazione transfrontaliera va valutata caso per caso con esperti locali.
Residenza fiscale tra Italia e Cina: doppia imposizione e trasferimento
Un altro profilo importante per un cittadino cinese con debiti (soprattutto debiti fiscali) è la questione della residenza fiscale. In Italia, la residenza fiscale delle persone fisiche è definita dall’art. 2 del TUIR (DPR 917/1986): è considerato residente, ai fini delle imposte sui redditi, chi per la maggior parte del periodo d’imposta (almeno 183 giorni l’anno) è iscritto all’Anagrafe della Popolazione Residente oppure ha in Italia domicilio (sede principale degli affari e interessi) oppure residenza (dimora abituale) . Un cittadino straniero che vive stabilmente in Italia di solito viene iscritto all’Anagrafe comunale (se ha permesso di soggiorno >12 mesi), quindi diviene fiscalmente residente. La doppia imposizione sorge se una persona è considerata residente in due Stati simultaneamente (ad esempio, un cittadino cinese che permane oltre 183 giorni in Italia potrebbe essere residente fiscale sia in Italia che in Cina nello stesso anno). Per evitare ciò, esiste la Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Cina. La prima Convenzione risaliva al 1986 (ratificata con L. 376/1989) ; nel 2019 Italia e Cina ne hanno firmata una nuova versione aggiornata agli standard OCSE (progetto BEPS), ratificata dall’Italia con L. 18 novembre 2024 n. 182 e in vigore dal 19 febbraio 2025 . Questa Convenzione stabilisce criteri per determinare il Paese di residenza fiscale in caso di conflitto: ad esempio, se una persona è residente secondo le leggi interne di entrambe le Parti, si applica il tie-breaker test (luogo di abitazione permanente, centro degli interessi vitali, luogo di soggiorno abituale, nazionalità, in quest’ordine) per assegnare una sola residenza ai fini convenzionali . Inoltre, la Convenzione distribuisce i diritti di tassazione sui vari redditi (lavoro, impresa, pensioni, interessi, dividendi, ecc.), evitando la doppia tassazione tramite meccanismi di esenzione o credito d’imposta.
Per il nostro tema: se un cittadino cinese lascia l’Italia e torna residente in Cina, come incidono i debiti fiscali italiani? Innanzitutto, quando era residente in Italia, i suoi redditi mondiali erano tassabili qui; se ha omesso di dichiararli o di pagare imposte, il Fisco italiano ha generato gli accertamenti e le cartelle durante quel periodo di residenza. Tornare in Cina lo rende non più soggetto all’obbligo fiscale globale in Italia da quel momento in poi (d’ora in avanti sarà tassato solo sui redditi italiani eventualmente rimasti, e i redditi cinesi li dichiarerà in Cina). La Convenzione Italia-Cina prevede che, in caso di doppia residenza, se la persona risulta residente solo in Cina secondo il tie-breaker, l’Italia dovrà trattarla da non residente (quindi niente tassazione su redditi esteri successivi) . Tuttavia, la Convenzione non cancella i debiti fiscali pregressi. Al più, potrebbe risolvere problemi di crediti d’imposta: ad esempio, se un cittadino era residente in Italia ma anche tassato in Cina su certi redditi, ci sono meccanismi di detrazione. Ma il debito ad esempio per IRPEF su redditi italiani di quando era qui rimane dovuto anche dopo il trasferimento.
Interessante è capire se Italia e Cina cooperano nello scambio di informazioni finanziarie o nella riscossione. La Cina ha aderito nel 2013 alla Convenzione OCSE sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale, che prevede lo scambio di informazioni e anche l’assistenza nella riscossione delle imposte tra i Paesi aderenti . Sia Italia che Cina sono parte di questo accordo multilaterale. Ciò significa che l’Agenzia delle Entrate italiana può richiedere all’Amministrazione fiscale cinese informazioni su conti bancari, redditi o asset di un soggetto in Cina, e viceversa (nell’ambito di indagini contro l’evasione). L’efficacia di tale strumento dipende dall’effettiva collaborazione e dalla richiesta di aiuto nella riscossione. Teoricamente, la Convenzione (art. 11 e 12) consente a uno Stato di chiedere a un altro di riscuotere le imposte come se fossero le proprie, ma molti Stati – specialmente extra UE – limitano questo aspetto. La Cina potrebbe non essere propensa a riscuotere coattivamente un debito fiscale italiano nei confronti di un suo residente, a meno che non vi sia un interesse reciproco (questioni diplomatiche, importi molto elevati, ecc.). Quindi, in pratica, è raro che l’Italia recuperi tramite autorità cinesi somme dovute da un privato emigrato in Cina, soprattutto se trattasi di importi modesti. Diverso sarebbe per casi di evasione fiscale enorme o reati fiscali: lì potrebbero intervenire canali di cooperazione penale (riciclaggio, trasferimento illecito di capitali, ecc.), ma parliamo di scenari estremi.
Per quanto riguarda la cittadinanza e il permesso di soggiorno: avere debiti fiscali pendenti di per sé non impedisce di ottenere il rinnovo del permesso o la cittadinanza italiana, ma incide indirettamente. La legge sulla cittadinanza richiede assenza di precedenti penali gravi e la dimostrazione di un reddito adeguato negli ultimi anni. Non c’è una norma che dica “chi ha debiti non può diventare cittadino”, però una situazione di totale insolvenza economica potrebbe essere valutata negativamente in termini di integrazione o reddito insufficiente . Allo stesso modo, per il permesso di lungo periodo (ex carta di soggiorno), è necessario un certo livello di reddito minimo. Se i debiti spingono il soggetto nell’economia informale o lo lasciano senza reddito dichiarato, potrebbe non riuscire a soddisfare i requisiti per il rinnovo (mancanza di mezzi). Ad ogni modo, non esiste l’espulsione per debiti civili: uno straniero non verrà mai espulso dall’Italia solo perché deve soldi a banche o al fisco . L’espulsione amministrativa scatta per motivi di sicurezza, ordine pubblico o per irregolarità del soggiorno, non certo per morosità. Quindi, un cittadino cinese con cartelle esattoriali non pagate non sarà cacciato dal Paese per questo motivo. Però, come detto, se intende ottenere la cittadinanza italiana, dover regolarizzare la propria posizione fiscale può essere consigliabile (ad esempio, un carico pendente con Equitalia potrebbe emergere nelle verifiche, anche se non è formale motivo di rigetto, la Commissione ministeriale potrebbe chiedere chiarimenti). In generale, dimostrare di aver messo in ordine le proprie finanze (magari tramite un piano di rateizzo o un piano del consumatore omologato) potrebbe essere visto come un segno di affidabilità in più.
In conclusione, sul piano internazionale Italia–Cina: i due Paesi cooperano in vario modo (trattati sulla giustizia civile, accordi fiscali, scambio informazioni) ma non esiste ad oggi un meccanismo immediato per far pagare a un residente cinese i debiti civili o fiscali italiani. La strategia migliore per il debitore è comunque affrontare la situazione legale nei giusti modi, perché in un mondo globalizzato i problemi tendono a riemergere. Se si vuole chiudere con il passato italiano (ad esempio per tornare in Cina definitivamente), può valere la pena utilizzare proprio gli strumenti visti: un accordo transattivo con i creditori o una procedura di sovraindebitamento per ottenere l’esdebitazione e tornare in patria senza quell’onere morale ed economico. Alternativamente, se i debiti sono limitati a imposte italiane e si diventa residenti fiscali in Cina, ci si limiterà a gestire eventuali richieste estere tramite consulenti e sperare nella prescrizione (in Italia i crediti tributari prescrivono in 5 anni dalla notifica della cartella se il fisco non compie atti interruttivi). Ma ricordando sempre che la prescrizione va eccepita: se un giorno, dopo 10 anni, il Fisco notifica un atto in Italia e il debitore non se ne accorge (magari perché era all’estero), quel debito potrebbe ancora generare conseguenze perché la prescrizione non è fatta valere (vedi FAQ).
Domande Frequenti (FAQ) – Debiti in Italia e posizione del debitore straniero
D: Un cittadino straniero (ad esempio cinese) può accedere alle stesse procedure di sovraindebitamento di un cittadino italiano?
R: Sì. La legge italiana sul sovraindebitamento si applica a tutti i debitori civili “non fallibili” che abbiano il centro dei propri interessi in Italia, indipendentemente dalla cittadinanza . Ciò include cittadini UE e cittadini extra-UE regolarmente soggiornanti. L’importante è che la competenza territoriale sia italiana: in pratica bisogna vivere stabilmente in Italia (residenza o domicilio prevalente qui) o comunque avere qui il fulcro delle proprie attività economiche. Lo status di immigrato in sé non preclude nulla: negli scorsi anni ci sono stati casi di cittadini stranieri che hanno beneficiato di piani del consumatore o liquidazioni del patrimonio omologate dai tribunali italiani. Anche imprenditori cinesi operanti in Italia sono stati ammessi a queste procedure quando ne avevano i requisiti (ad esempio, società cinesi di piccole dimensioni trattate come “imprese minori” non fallibili). Dunque, il debitore straniero in Italia ha gli stessi strumenti del debitore italiano per uscire dalla spirale dei debiti.
D: I debiti si cancellano automaticamente dopo un certo numero di anni? (Prescrizione)
R: No, i debiti non “spariscono” da soli se non vengono pagati, a meno che il creditore non resti completamente inerte oltre i termini di prescrizione e il debitore eccepisca tale prescrizione in giudizio . La prescrizione estintiva è l’istituto per cui un credito si estingue se il creditore non compie atti per esigerlo entro un certo periodo di tempo fissato dalla legge. I termini variano in base al tipo di rapporto: generalmente 10 anni per crediti derivanti da contratto o da sentenza, 5 anni per crediti “periodici” (es. affitti, bollette, interessi, stipendi arretrati), 5 anni per tributi locali, 5 anni per contributi previdenziali (termine che può interrompersi e ripartire), 10 anni per multe stradali dal momento in cui diventano titolo esecutivo (es. ordinanza ingiunzione o cartella) e così via . Attenzione: è sufficiente un atto qualsiasi del creditore – ad esempio una lettera di diffida, un decreto ingiuntivo, un sollecito formale, la notifica di un precetto – per interrompere la prescrizione e farla ricominciare da capo dal giorno dell’atto. In pratica, è raro che un grosso creditore lasci decorrere i termini senza fare nulla: prima che scadano 5 o 10 anni generalmente invia un qualche atto per tenere vivo il diritto. Inoltre, se il creditore ha ottenuto un titolo giudiziale (una sentenza o un decreto ingiuntivo definitivo), quel titolo ha sua propria prescrizione decennale che decorre dal passaggio in giudicato, e ogni atto esecutivo lo interrompe ulteriormente . Dunque aspettare passivamente sperando che il debito “muoia” non è una strategia affidabile: nella maggior parte dei casi il creditore si farà vivo e impedirà la prescrizione. E se anche il tempo passa, va ricordato che la prescrizione non opera automaticamente: dev’essere invocata dal debitore come eccezione, in un giudizio o procedimento di opposizione. Il giudice non dichiara d’ufficio prescritta una pretesa se il debitore non lo eccepisce. Quindi, poniamo che un cittadino straniero torni nel suo Paese e per 10 anni nessuno gli chieda nulla, ma l’undicesimo anno un creditore riattiva la pratica e lo cita: se il debitore non si costituisce o non solleva la prescrizione, il rischio è che venga condannato a pagare comunque, perché l’inerzia procedurale è stata sua (magari dovuta a notifica non ricevuta). Un altro aspetto: i dati del debito nelle centrali rischi rimangono finché il debito è vivo. Ad esempio, un prestito non rimborsato comporta segnalazione come “cattivo pagatore” nei database bancari, di solito per 36 mesi dall’ultimo aggiornamento negativo; se il debitore aspetta 10 anni fuori dall’Italia senza pagare, il credito potrebbe prescriversi legalmente, ma la “macchia” nei sistemi creditizi potrebbe ancora emergere se non viene sanata o cancellata. Ad ogni modo, la prescrizione è un tema tecnico: se pensi sia decorso il termine per un tuo debito, consulta un legale prima di pagare – ma non dare per scontato che i debiti si dissolvano col tempo senza azioni da parte tua.
D: Ho debiti in Italia ma voglio trasferirmi all’estero: possono espellermi dall’Italia o impedirmi di uscire a causa dei debiti?
R: No, non esiste in Italia l’espulsione amministrativa per il semplice fatto di avere debiti privati o fiscali. Come accennato, un cittadino extra-UE viene espulso se è senza permesso di soggiorno valido o per motivi di sicurezza nazionale, terrorismo, criminalità, ecc., non certo perché non paga i debiti . Allo stesso modo, nessuno ti fermerà in aeroporto impedendoti di lasciare il Paese solo perché hai cartelle esattoriali aperte o prestiti insoluti: i debiti sono questioni civili, non penali (finché non sfociano in reati specifici). Quindi sei libero di trasferirti. Detto ciò, per ottenere o mantenere alcuni tipi di permesso di soggiorno serve dimostrare un certo reddito minimo e un’integrazione economica. Se i debiti ti mettono in condizione di povertà (niente lavoro, niente reddito dichiarato), potresti indirettamente avere problemi al rinnovo del permesso di lungo periodo per “mancanza di mezzi di sostentamento” . Anche per la cittadinanza italiana per residenza si richiede di solito un reddito adeguato negli ultimi 3 anni: una situazione finanziaria disastrata potrebbe influire negativamente sulla valutazione discrezionale di “integrazione” (non c’è un divieto esplicito in legge, ma in prassi può pesare) . In ogni caso, nessuno verrà a prenderti a casa per deportarti solo perché sei indebitato con Equitalia o la banca. Il discorso cambia se a carico del debitore pendono misure penali: ad esempio, se il debito fiscale è dovuto a una frode fiscale per cui c’è una condanna penale e un ordine di carcerazione, allora all’uscita o ingresso in frontiera la polizia lo eseguirà – ma qui parliamo di reati, non del debito in sé. Il debito di per sé non limita la tua libertà di movimento. Semmai, trasferendoti spontaneamente all’estero, è buona norma comunicare il nuovo indirizzo ai creditori o all’anagrafe (se sei cittadino italiano iscritto AIRE, ad esempio), altrimenti rischi che eventuali atti ti vengano notificati in Italia per irreperibilità e tu non ne abbia conoscenza tempestiva.
D: Un creditore può pignorare beni che ho all’estero (fuori dall’Italia)?
R: Dentro l’Unione Europea, sì – con le procedure di cooperazione. Un creditore italiano con titolo esecutivo può, ad esempio, ottenere un European Enforcement Order e farlo valere in un altro paese UE, oppure può usare il Mandato Europeo di Sequestro per congelare un conto bancario estero . Inoltre, può chiedere al giudice italiano di emettere un titolo da trasmettere all’ufficiale giudiziario nel paese UE dove si trovano i beni (tramite il regolamento Bruxelles I o altri strumenti). Fuori dalla UE, dipende dai trattati: come detto, generalmente il creditore italiano dovrebbe iniziare un procedimento nel Paese dove si trovano i beni, perché l’Italia non ha potere esecutivo lì. Quindi, se hai una casa in Cina, un creditore italiano non può far nulla attraverso i canali italiani; dovrebbe far riconoscere la sentenza italiana in Cina (cosa tutt’altro che semplice) e poi pignorarla con un’azione locale. In assenza di un trattato esecutivo, è molto difficile. Se invece i beni sono in paesi con accordi – ad esempio Svizzera o San Marino, dove esistono convenzioni – allora c’è una procedura semplificata per far riconoscere ed eseguire il titolo italiano. Ma con Paesi come Cina, come spiegato, non c’è questa immediatezza. Dunque un debitore che abbia solo beni fuori UE è relativamente più al riparo dalle esecuzioni dei creditori italiani. Tuttavia, attenzione: viviamo in un mondo globalizzato. Se quel debitore vendesse l’immobile estero e spostasse il denaro in Europa, quel denaro diventerebbe aggredibile. Ad esempio, un soggetto marocchino con casa in Marocco: il creditore italiano non può agire direttamente su quella casa; ma se il debitore la vende e deposita i soldi su una banca francese, ecco che il creditore può intervenire su quel conto in Francia grazie al regolamento UE. Quindi non è detto che i beni restino per sempre fuori portata, dipende dalle movimentazioni. In sintesi: beni e conti localizzati fuori dall’Europa offrono maggiore protezione, salvo cooperazioni specifiche; beni e conti nell’UE possono essere pignorati senza troppi ostacoli .
D: Posso “fallire” in Italia come persona fisica straniera?
R: Dipende. In Italia la procedura di fallimento propriamente detta (ora liquidazione giudiziale) riguarda solo imprenditori commerciali sopra certe soglie dimensionali. Una persona fisica non imprenditore non può essere dichiarata fallita (il nostro sistema, diversamente da altri Paesi, non prevede il fallimento della persona). Quindi il privato cittadino sovraindebitato segue le procedure di cui sopra (piano, liquidazione controllata, ecc.), ma non viene etichettato come fallito. Se invece parliamo di uno straniero titolare di un’impresa in Italia, allora sì: se l’impresa ha i requisiti per il fallimento (attività commerciale e supera le soglie di legge), può essere assoggettata a liquidazione giudiziale esattamente come un’impresa italiana. La cittadinanza dell’imprenditore non importa: conta il luogo in cui opera l’impresa e la sua dimensione. Ci sono stati casi di imprenditori cinesi in Italia dichiarati falliti dai tribunali italiani per debiti verso Fisco e fornitori (tipicamente attività nella comunità cinese – ristoranti, import-export – che una volta superate certe soglie rientrano nel regime fallimentare). In quel caso, l’effetto è che l’impresa viene liquidata e il titolare eventualmente può essere soggetto a procedure anche personali (come l’azione sui beni personali se era impresa individuale o società di persone). Per la persona fisica consumatore, ribadiamo, non c’è fallimento ma c’è la procedura di sovraindebitamento. Se un cittadino cinese persona fisica, non imprenditore, è insolvente, deve usare quelle vie (piano, accordo o liquidazione controllata). In altri ordinamenti esiste il concetto di bankruptcy personale (ad es. nel Regno Unito una persona può dichiararsi bankrupt e in 1 anno esce dai debiti, con registrazione pubblica). In Italia abbiamo scelto un approccio diverso, più controllato tramite il tribunale ma senza “stigma” di fallito. E se il debitore torna nel suo Paese? Ad esempio, un cittadino inglese che ha debiti in Italia: se rientra a Londra, potrebbe attivare lì la procedura di bankruptcy personale prevista dal diritto inglese (durata circa 1 anno). Ma attenzione: se il centro principale di interessi e i debiti erano in Italia, l’Inghilterra potrebbe non accettare di dichiararlo bankrupt lì (specie dopo la Brexit, non c’è più automatismo, ma normative nazionali). In generale, non serve “fallire all’estero”: se il tuo COMI era in Italia, conviene usare le procedure italiane che abbiamo spiegato, perché saranno quelle ad abbracciare tutta la tua posizione debitoria.
D: Ho un debito con una banca italiana ma ora vivo all’estero e non possiedo più nulla in Italia. Possono farmi qualcosa?
R: Dipende da dove vivi. Se sei nell’UE, molto probabilmente sì: la banca può ottenere un titolo esecutivo (se non l’ha già, es. un decreto ingiuntivo) e farlo valere lì. Ad esempio, se ti sei trasferito in Germania, potresti vederti notificare un precetto tradotto e poi un pignoramento sul tuo conto tedesco o sul tuo stipendio in Germania, tramite l’azione coordinata del creditore italiano e dell’ufficiale giudiziario tedesco (Gerichtsvollzieher) . Ciò grazie ai regolamenti europei di cui sopra. Se invece vivi fuori dalla UE e non hai più alcun bene o conto in Europa, le probabilità di subire un’esecuzione calano drasticamente. La banca potrebbe cedere il credito a una società di recupero internazionale, oppure, se il Paese in cui sei ha un trattato, tentare una causa locale. Ma è più probabile che, a meno di importi molto alti, il creditore non riesca di fatto a recuperare. Attenzione però: il debito rimane legalmente esigibile. Ciò significa che potresti incontrare problemi in futuro se, ad esempio, apri un conto in un Paese UE o decidi di rientrare in Italia. Se oggi non hai nulla, ma fra qualche anno erediti dei soldi o trovi un buon lavoro in Europa, la banca (o la società di recupero cui ha ceduto il credito) potrebbe ancora farsi viva con il suo titolo in mano, pronta a colpire quei nuovi asset . Insomma, uscire dalla portata giurisdizionale italiana non ti garantisce immunità permanente. Molti creditori istituzionali tengono i crediti in sofferenza per anni e li riattivano se fiutano possibilità. Inoltre, esistono circuiti di informazioni creditizie internazionali, per cui se ad esempio accendi un mutuo in Australia, quella banca potrebbe vedere che avevi un default in Italia e chiederti conto (non per negarti il mutuo necessariamente, ma per capire la situazione). Il consiglio è sempre di cercare una soluzione concordata: se hai lasciato un debito bancario in Italia, puoi provare a contattare la banca tramite un legale per proporre un saldo e stralcio a condizioni favorevoli (molte volte, a distanza di anni, i creditori accettano percentuali basse pur di chiudere). Oppure, se sei indebitato a livelli generalizzati, considerare la procedura di sovraindebitamento in Italia prima di andartene. Altrimenti, puoi anche confidare che in assenza di beni ti lascino stare; ma tieni presente la lunga durata dei titoli (un decreto ingiuntivo vale 10 anni rinnovabili) e le possibili evoluzioni.
D: Cosa succede se non pago i miei debiti e rimango in Italia senza fare nulla?
R: Se resti in Italia e ignori i debiti, il creditore ha molti strumenti per aggredire il tuo patrimonio (lo abbiamo visto in dettaglio sopra). In sintesi: potrai subire pignoramenti di ogni tipo. Sul conto corrente, con blocco e prelievo forzoso delle somme depositate ; sullo stipendio/pensione, con decurtazione di una quota mensile (solitamente un quinto) versata al creditore ; sui tuoi beni mobili, con l’ufficiale giudiziario che potrebbe portarti via l’auto, moto, tv, oggetti di valore (questo succede raramente per i privati, ma è possibile); sui tuoi immobili, con l’espropriazione e la vendita all’asta della casa o del terreno di tua proprietà . Inoltre, i debiti verso banche e finanziarie comporteranno quasi sicuramente l’iscrizione del tuo nominativo nelle centrali rischi come cattivo pagatore o sofferente, il che rovina il tuo credit score: non potrai ottenere nuovi prestiti, finanziamenti o anche un bancomat in alcuni casi, finché la tua posizione risulterà insolvente . Nel lungo periodo, al debito iniziale si sommeranno interessi di mora, spese legali e di esecuzione, per cui l’ammontare crescerà. Per i debiti fiscali, avrai in più fermi amministrativi (non potrai usare l’auto perché targata “fermata” dal PRA su richiesta dell’Agente Riscossione) e ipoteche legali sugli immobili anche prima dell’asta . In sintesi, non pagando e restando inattivo subisci passivamente l’esecuzione forzata, finché il creditore trova qualcosa da prendere. Se oggi sei nullatenente, magari non possono prendere niente; ma se fra qualche anno trovi un lavoro regolare o ricevi un’eredità, quel creditore potrebbe essere ancora in agguato con il suo decreto ingiuntivo pronto a colpire . E più tempo passa, più cresce ciò che devi. Meglio dunque affrontare il problema attivamente. Le strade possibili: tentare un accordo transattivo a saldo e stralcio (offrire al creditore una parte immediata del dovuto, facendogli risparmiare tempo e incertezze – molti creditori accettano ad esempio il 50% se paghi subito, o anche meno a distanza di anni); chiedere una rateizzazione (soprattutto con creditori istituzionali come l’Agenzia Entrate che spesso concede piani lunghi, o con banche che a volte spalmerebbero il debito per evitarti il default totale) ; oppure, se la situazione è gravemente compromessa e hai più creditori, valutare la procedura di sovraindebitamento che ti consente di risolvere in modo strutturato – magari pagando solo una parte di debito e cancellando il resto – e di uscire definitivamente dal tunnel entro qualche anno. Ignorare il problema raramente lo risolve: in Italia le leggi favoriscono i creditori diligenti, e un debito, anche piccolo, può tormentarti per decenni (ci sono persone che vengono inseguite da vecchi crediti di 15-20 anni prima, rivenduti da una società all’altra). Perciò, meglio prendere il toro per le corna e gestire la crisi con gli strumenti disponibili, che come abbiamo visto non mancano e anzi tutelano il debitore onesto.
D: Se ottengo l’esdebitazione in Italia, i miei creditori esteri (fuori Italia) sono obbligati a rispettarla?
R: Dipende da dove sono i creditori. All’interno dell’Unione Europea, sì. Una volta che il tribunale italiano emette un provvedimento di esdebitazione (a seguito di piano del consumatore omologato, concordato minore o chiusura liquidazione controllata), tale provvedimento è riconosciuto automaticamente in tutti gli altri Stati membri UE ai sensi del Regolamento UE 2015/848 sulle insolvenze transfrontaliere . Ciò significa che se avevi anche debiti verso creditori di altri Paesi UE, anch’essi sono coperti dall’esdebitazione. Ad esempio, poniamo che un cittadino italiano (o cinese residente in Italia) avesse un debito verso una banca francese: se nel piano del consumatore omologato in Italia quel credito viene pagato al 30% e il restante 70% cancellato, la banca francese non potrà legalmente agire in Francia per recuperare quel 70% residuo , perché deve riconoscere l’effetto della procedura principale italiana. Ci sono state pronunce in Europa che confermano questo principio di universalità: la procedura concorsuale aperta dove sta il COMI del debitore si estende ai debiti in altri Stati membri. Fuori dall’UE, la questione dipende dal Paese: alcuni ordinamenti riconoscono le procedure di insolvenza straniere e rispettano l’esdebitazione, altri no. Ad esempio, gli USA tendono per prassi di comity internazionale a riconoscere l’effetto “discharge” delle bankruptcies straniere se coinvolgono cittadini americani (non c’è obbligo ma spesso avviene) . Altri Paesi potrebbero ignorarla: se hai un creditore in un paese che non conosce l’istituto dell’esdebitazione o che lo ritiene contrario al proprio ordine pubblico, quel creditore potrebbe tentare di riscuotere lo stesso. In pratica è raro, ma possibile. Poniamo che tu abbia un debito verso una finanziaria in Cina e tu ottenga l’esdebitazione in Italia: legalmente quella finanziaria dovrebbe chiedere a un tribunale cinese di riconoscere la decisione italiana che ti libera dal debito – ma la legge cinese attualmente non prevede il fallimento personale su scala nazionale, quindi potrebbe rifiutare di riconoscere una cancellazione dei debiti per “ordine pubblico” (per loro potrebbe essere un concetto alieno). In tal caso, la finanziaria potrebbe ancora chiederti il pagamento in Cina nonostante l’esdebitazione italiana. Cosa può fare il debitore? Poco, se non opporre la vicenda e sperare nella clemenza del giudice locale. Diciamo che questi sono casi limite: nella stragrande maggioranza dei casi, un creditore extra-UE non verrà a bussare dopo un’esdebitazione, perché dovrebbe affrontare costi legali notevoli e l’esdebitazione italiana comunque indica che sei insolvibile. Ma è giusto sapere che tecnicamente l’esdebitazione ha effetto globale de iure solo entro l’UE. Fuori, bisogna affidarsi ai meccanismi di riconoscimento reciproco, che non sempre ci sono. Per un creditore UE invece c’è poco margine: una volta informato dell’esdebitazione, deve cessare ogni pretesa dovunque . Quindi, un cittadino cinese esdebitato in Italia sarà certamente libero dai debiti anche verso eventuali creditori in Germania, Francia, Spagna, ecc. Per creditori in Cina, USA o altri Paesi, in teoria sì (perché i debiti sono comunque estinti nel suo patrimonio), ma in pratica se quel creditore non riconosce l’atto, potrebbe provare a colpire beni in loco.
D: La procedura di sovraindebitamento mi permette di cancellare anche debiti che ho nel mio Paese d’origine (fuori Italia)?
R: Sì, in linea di principio le procedure italiane coprono tutti i debiti del debitore ovunque contratti, purché sia la procedura principale e universale. Se presenti un piano del consumatore o una liquidazione controllata in Italia, devi dichiarare tutti i tuoi debiti, anche quelli verso creditori esteri, e includerli (salvo quelli non toccabili come alimenti, ecc.). Ad esempio, un cittadino argentino residente in Italia con debiti sia qui che in Argentina dovrebbe inserirli entrambi nella procedura italiana . I creditori esteri vanno avvisati (tramite PEC o atti internazionali) e possono partecipare come gli altri (magari nominando un domiciliatario in Italia). L’esdebitazione decisa qui copre tutti i debiti, di qualunque origine geografica. Il problema è analogo a quello della domanda precedente: i creditori esteri sono tenuti a rispettarla? In UE sì, fuori UE dipende se faranno finta di nulla. Legalmente, se la procedura italiana è la principale, quel debitore risulta insolvente qui e liberato qui; un creditore estero che volesse ignorare l’esdebitazione dovrebbe andare nel suo tribunale e far valere la pretesa, ma il debitore potrebbe opporre che è stato esdebitato in Italia. Il tribunale straniero dovrebbe quindi decidere se riconoscere l’esdebitazione italiana. Alcuni paesi sono cooperativi (es. in materia commerciale c’è la Legge Modello UNCITRAL sull’insolvenza transfrontaliera che alcuni stati seguono, e spesso estendono principi anche alle persone), altri no. Quindi c’è un limite pratico: se ho un debito in Cina e vengo esdebitato in Italia, la legge italiana dice che quel debito è estinto per me, però il creditore cinese potrebbe ancora perseguitarmi in Cina perché la legge locale non riconosce quella liberazione. Dovrei in teoria difendermi in Cina appellandomi alla decisione italiana, ma l’esito non è scontato. Quindi, il consiglio è: se i debiti maggiori li hai in Italia e qui fai la procedura, considera di negoziare privatamente con eventuali creditori extra-UE per informarli e trovare un accordo, oppure preparati all’eventualità remota di contestazioni future. Nei fatti, comunque, una volta ottenuta l’esdebitazione in Italia, difficilmente un creditore estero isolato riuscirà a recuperare qualcosa se tu non hai più beni neanche lì (perché se li avessi avuti sarebbero stati in parte liquidati qui). Va anche detto che esistono Convenzioni internazionali recenti (es. Convenzione dell’Aja 2019 sul riconoscimento delle sentenze civili) che una volta ratificate potrebbero facilitare il mutuo riconoscimento anche di provvedimenti come l’esdebitazione – ma al momento la Cina non vi aderisce, quindi resta come sopra. In sintesi: la procedura italiana ti libera legalmente da tutti i debiti (ovunque contratti), però al di fuori dell’Europa potrebbe essere necessario far riconoscere questa liberazione caso per caso.
D: Dopo l’esdebitazione, rimarrò segnalato come cattivo pagatore?
R: Questa domanda è frequente. Bisogna distinguere: se parliamo di centrali rischi private (come CRIF, Experian, Cerved), il debitore può – una volta chiusa la procedura e ottenuta l’esdebitazione – attivarsi per far aggiornare la propria posizione e risultare pulito. In genere, una segnalazione di insolvenza rimane per un certo periodo anche dopo la definizione (di solito 36 mesi dall’ultimo aggiornamento). Ad esempio, se un prestito non pagato viene chiuso con un saldo stralcio o esdebitazione nel 2025, fino al 2028 potrebbe restare visibile nei sistemi come “chiuso per procedura concorsuale” o simile, dopodiché dev’essere cancellato . C’è da dire che la procedura di sovraindebitamento non è di per sé pubblica al grande pubblico: non esiste un registro pubblico consultabile da chiunque come per i protesti. Quindi la tua vicina di casa non verrà a sapere che sei stato sovraindebitato. Tuttavia, banche e finanziarie, se approfondiscono (ad esempio consultando la Centrale Rischi di Banca d’Italia per importi rilevanti), potrebbero venire a conoscenza che sei passato per una procedura. L’annotazione nelle banche dati creditizie interne potrebbe restare ad esempio 5 anni. Ma dal punto di vista legale, tu sei libero dai debiti, quindi puoi ricostruirti una reputazione creditizia da zero. Potrebbe volerci qualche anno di comportamenti virtuosi (es. ottenere una piccola carta di credito e rimborsarla regolarmente, pagare bollette in orario, ecc.) perché i sistemi ti rivalutino positivamente. Se c’è stato un protesto di assegni o cambiali (che è un’altra cosa rispetto ai debiti generici), quello va cancellato a parte: l’esdebitazione non cancella d’ufficio protesti pregressi. L’assegno scoperto protestato rimane nel Registro Informatico dei Protesti per 1 anno e poi può essere cancellato se hai pagato quanto dovuto (o ottenuto riabilitazione) . Se così non fosse, resta pubblicamente consultabile per 5 anni. Quindi un soggetto uscito dall’esdebitazione deve comunque occuparsi di ripulire eventuali pendenze formali (cancellare protesti passati, chiedere aggiornamento CRIF). L’esdebitazione non produce un certificato di “affidabilità creditizia” – non aspettarti che ti diano un mutuo il giorno dopo! – però ti permette giuridicamente di ripartire da zero, senza più obblighi pendenti . Sarà poi la condotta successiva del debitore a ricostruire gradualmente la fiducia dei finanziatori. Molti ex indebitati scoprono che, due o tre anni dopo l’esdebitazione, riescono già ad ottenere prestiti di modesta entità, perché risultano con un reddito e nessun debito in corso. Quindi, è concretamente fattibile tornare nel circuito finanziario lecitamente, a patto di essere prudenti e usare la “seconda chance” con intelligenza.
D: A chi posso rivolgermi per avviare la procedura di sovraindebitamento o per farmi aiutare coi debiti?
R: La legge prevede che ci si debba rivolgere a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) oppure a un professionista nominato dal giudice. In pratica, il primo passo è spesso contattare un avvocato o un commercialista esperto in diritto della crisi da sovraindebitamento. Molte città hanno OCC istituiti presso gli Ordini dei Dottori Commercialisti o degli Avvocati, oppure presso le Camere di Commercio. Questi organismi, dietro compenso (talora calmierato), ti assistono nel raccogliere la documentazione, predisporre il piano e presentare ricorso in tribunale . In alternativa, puoi chiedere direttamente al Tribunale di nominare un professionista gestore. Dato che la procedura può essere complessa, è consigliabile avere un legale di fiducia che curi i tuoi interessi, soprattutto se ci sono beni importanti in gioco o contestazioni da parte di qualche creditore. Esistono anche associazioni di volontariato o sportelli antiusura (come quelli delle Fondazioni antiusura o di alcune ACLI) che offrono una prima consulenza gratuita e aiutano i sovraindebitati a orientarsi . Inoltre, se hai i requisiti di reddito basso, puoi usufruire del gratuito patrocinio per farti assistere da un avvocato a spese dello Stato anche nelle procedure di sovraindebitamento (il D.M. 2020 ha incluso queste procedure tra quelle ammesse al patrocinio) . Dunque, i canali ci sono: il consiglio è di scegliere qualcuno con esperienza specifica. Se hai difficoltà con la lingua italiana, cerca avvocati o consulenti che parlino cinese o inglese, molti studi legali internazionali offrono questo servizio, specie nelle grandi città. L’importante è non improvvisare da soli perché la materia è tecnica. Anche solo capire bene quali debiti sono prescritti e quali no, quali sono contestabili e quali no, richiede occhio esperto. Rivolgendoti a professionisti, potrai ottenere la soluzione più adeguata (che non necessariamente sarà la procedura concorsuale: magari basterà una trattativa con la banca).
In ogni caso, non vergognarti di chiedere aiuto. Essere indebitati può capitare a chiunque – e la legge esiste apposta per dare vie d’uscita regolari. Ricorda: essere un cittadino straniero con debiti in Italia non significa essere senza difese. Hai il diritto di chiarire, contestare e risolvere la tua situazione come qualunque altro contribuente o debitore, usando gli strumenti legali a disposizione. Questa guida ha mostrato il ventaglio di opzioni: dal dialogo con il creditore alle aule di tribunale, dai piani di rientro alle procedure per cancellare i debiti. La strada giusta dipende dal tuo caso concreto, ma la conoscenza è potere. Con le giuste informazioni e un supporto specializzato, puoi riconquistare la serenità finanziaria e ripartire.
Fonti normative e giurisprudenziali (Riferimenti)
- Codice Civile (R.D. 262/1942) – Art. 2740 c.c.: il debitore risponde delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri (principio di responsabilità patrimoniale generale) ; Artt. 2740-2744 c.c.: disciplina generica delle garanzie patrimoniali e cause legittime di prelazione .
- Codice di Procedura Civile (R.D. 1443/1940) – Art. 545 c.p.c.: limiti di pignorabilità di stipendi, salari e pensioni (quota impignorabile minima e tetto di 1/5 per crediti ordinari, elevato fino a 1/2 per alimenti dovuti) ; Libro III c.p.c.: disciplina dell’esecuzione forzata mobiliare e immobiliare.
- D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 – Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito. Art. 72-ter DPR 602/1973: limiti al pignoramento presso terzi da parte dell’Agente Riscossione (1/10 su stipendi < €2.500, 1/7 tra €2.500 e €5.000, 1/5 oltre €5.000) ; Art. 76 DPR 602/1973: (come modificato da D.L. 69/2013 conv. L.98/2013) divieto di espropriazione della prima casa se unico immobile di residenza non di lusso e soglia di €120.000 per poter pignorare immobili .
- Testo Unico Imposte sui Redditi (DPR 917/1986) – Art. 2 comma 2 TUIR: criteri per residenza fiscale delle persone (iscrizione AIRE, domicilio, dimora per >183gg) .
- Legge 27 gennaio 2012, n. 3 – (“Legge salva suicidi”) introduttiva delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, ora abrogata e confluita nel Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019).
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) – artt. 2 comma 1 lett. c) (definizione di “sovraindebitamento”) ; artt. 65–83 (procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, incl. piano del consumatore e concordato minore); artt. 268–277 (liquidazione controllata del sovraindebitato); artt. 278–283 (esdebitazione del debitore) . Aggiornato con D.Lgs. 147/2020 (Correttivo bis) e D.Lgs. 83/2022 (Correttivo) e da ultimo D.Lgs. 136/2024 (Correttivo ter) – entrata in vigore completa dal 15 luglio 2022 . Le modifiche del 2024 (Correttivo Ter) hanno ulteriormente facilitato l’accesso alle procedure per consumatori e piccoli imprenditori, chiarendo definizioni e limando requisiti .
- Legge 18 novembre 2019, n. 157 (di conversione D.L. 124/2019) – Art. 4-ter: introduzione dell’esdebitazione del debitore incapiente (oggi art. 283 CCII).
- Legge 30 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023) – commi 222–252: Definizione agevolata “Rottamazione-quater” dei carichi 2000–2022 ; commi 227–229: Stralcio automatico debiti fino €1.000 affidati 2000–2015 .
- Legge 31 ottobre 1989, n. 376 – Ratifica Convenzione Italia–Cina 1986 per evitare doppie imposizioni (sostituita da nuova Convenzione 2019).
- Legge 4 marzo 1994, n. 199 – Ratifica Trattato Italia–Cina di cooperazione giudiziaria in materia civile (Pechino, 20/5/1991) .
- Legge 18 novembre 2024, n. 182 – Ratifica nuova Convenzione Italia–Cina contro le doppie imposizioni firmata a Roma il 23/3/2019 (in vigore dal 19/2/2025). Previsti criteri OECD di residenza e scambio informazioni .
- Legge 31 maggio 1995, n. 218 – Riforma del diritto internazionale privato italiano. Art. 64: condizioni per riconoscimento di sentenze straniere (giurisdizione, contraddittorio, ordine pubblico, cosa giudicata) ; Art. 67: necessità di exequatur per esecuzione forzata di sentenza straniera non UE (competenza Corte d’Appello) .
- Regolamento (CE) n. 44/2001 e Regolamento (UE) n. 1215/2012 – (Bruxelles I e rifusione) competenza giurisdizionale e riconoscimento delle decisioni civili e commerciali in UE. Il Reg. 1215/2012 elimina l’exequatur dal 2015: sentenze circolano con semplice certificato ex art. 53, e possono essere eseguite direttamente all’estero . Motivi limitati di diniego (ordine pubblico, ecc.).
- Regolamento (UE) n. 655/2014 – Istituisce una procedura per l’Ordine Europeo di Sequestro conservativo su Conti Correnti transfrontalieri. Permette a un creditore di congelare fondi su conto estero del debitore preventivamente .
- Regolamento (UE) n. 2015/848 – Procedure di insolvenza transfrontaliere (rifusione Reg. 1346/2000). Riconoscimento automatico delle procedure concorsuali aperte nello Stato membro del COMI e dei relativi effetti (inclusa esdebitazione) negli altri Stati membri .
- Regolamento (CE) n. 4/2009 – Relativo alle obbligazioni alimentari (mantenimento familiare) in ambito UE. Prevede il mutuo riconoscimento ed esecuzione diretta dei provvedimenti di mantenimento tra Stati membri .
- Decisione Quadro 2005/214/GAI – Riconoscimento reciproco delle sanzioni pecuniarie tra Stati UE (incluse multe penali): consente allo Stato A di inviare allo Stato B una sanzione pecuniaria perché sia riscossa come fosse interna . Recepita in Italia con L. 149/2016.
- Convenzione OCSE–Consiglio d’Europa sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale (1988, emendata 2010) – Italia rat. L. 19/2015, Cina aderente dal 2015. Consente scambio informazioni e assistenza nella riscossione di crediti fiscali tra le Parti .
- Sent. Corte Costituzionale 6 dicembre 2017, n. 245 – Ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 16-septies D.L. 179/2012 (introdotto nel 2015) nella parte in cui escludeva la falcidia dell’IVA nelle procedure di sovraindebitamento . Ha quindi aperto la strada alla riforma che ha permesso di includere IVA e tributi tra i crediti diluibili o stralciabili, superando il precedente veto assoluto (motivazione: il divieto irragionevolmente discriminava il sovraindebitato rispetto al fallito, ed è stato rimosso in nome del principio di eguaglianza).
- Cass., Sez. I civ., 17 gennaio 2013, n. 1163 – Caso di riconoscimento ex L.218/95 in Italia di sentenza straniera che condannava al pagamento di un debito da gioco d’azzardo contratto lecitamente all’estero: la Cassazione conferma il riconoscimento, ritenendo non contrario all’ordine pubblico interno il pagamento di un debito di gioco legalmente sorto all’estero .
- Cass., Sez. Un. civ., 22 febbraio 2018, n. 4485 – Sovraindebitamento (piano del consumatore): principio di meritevolezza del consumatore va riferito solo all’assenza di frode o colpa grave nella formazione dell’indebitamento, non a generiche imprudenze o sproporzioni tra reddito e debiti . Questo importante precedente (SU) ha orientato la riforma 2020 nel senso di limitare le cause di esclusione al dolo o colpa grave.
- Cass., Sez. I civ., 4 novembre 2021, n. 31740 – Ha affermato che l’accordo o piano del consumatore omologato produce effetto esdebitativo anche rispetto ai debiti fiscali erariali (compresi quelli oggetto di rateizzazioni decadute), salvo impugnazione dell’omologazione . Ciò conferma il cosiddetto cram down fiscale introdotto dalla L.176/2020, per cui il Fisco è vincolato dall’omologa anche se non ha aderito.
- Cass., Sez. I civ., 14 marzo 2025, n. 6869 – (Ordinanza) Ha confermato la revoca dell’omologa di un piano del consumatore in sede di reclamo, perché il debitore aveva omesso informazioni essenziali sui propri debiti pregressi ingannando la banca creditrice. Sancisce il principio che la negligenza della banca nel concedere credito (avendo ignorato segnalazioni negative) non esclude l’obbligo di buona fede del debitore in fase di istruttoria del prestito . In altre parole, il debitore che omette di dichiarare propri debiti per ottenere nuovo credito viola la buona fede e perde il beneficio, anche se la banca è stata imprudente nel prestare.
- Cass., Sez. III civ., 26 luglio 2023, n. 22715 – In tema di sovraindebitamento di una società semplice agricola e dei soci illimitatamente responsabili: chiarisce che l’accordo di composizione dei debiti della società non si estende automaticamente al socio illimitatamente responsabile non ricompreso nella procedura. È necessario che anche quest’ultimo presenti istanza o aderisca, altrimenti i suoi debiti personali restano. (Fonte: Diritto della Crisi) .
- Cass., Sez. I civ., 27 luglio 2023, n. 22900 – (Ordinanza) Ha stabilito che i decreti di omologa o di diniego nelle procedure di sovraindebitamento sono ricorribili per Cassazione ex art. 111 Cost., in quanto decidono in via definitiva su diritti soggettivi delle parti . Ciò inquadrando tali decreti come sostanzialmente sentenze per effetti, data la loro incidenza sulle posizioni giuridiche (prima di questa pronuncia vi era incertezza sulla ricorribilità in Cassazione, ora ammessa).
- Tribunale di Milano, sez. fallimentare, 15 settembre 2022 – Esempio di omologazione di un piano del consumatore con falcidia parziale dell’IVA, applicando la L.176/2020. Il tribunale ha ritenuto soddisfatto il requisito del miglior soddisfacimento rispetto alla liquidazione, confrontando la percentuale offerta all’Erario (IVA pagata al XX%) con quella che avrebbe ottenuto in caso di liquidazione (quasi zero). Ha quindi approvato il piano con stralcio dell’IVA , confermando nei fatti la possibilità di trattare l’IVA come un qualsiasi altro credito privilegiato nel sovraindebitamento post-riforma.
- Corte d’Appello di Venezia, 14 ottobre 2021 – (cit. da dottrina) Ha riconosciuto in Italia gli effetti di un discharge fallimentare inglese nei confronti di creditori italiani, affermando che l’ordinamento italiano non vi si oppone (principio di universalità del fallimento estero e ordine pubblico). Questo, in combinazione con casi come Cass. 1163/2013, mostra un’apertura delle corti italiane verso il riconoscimento di procedure estere di insolvenza o decisioni di pagamento, purché non lesive di principi fondamentali. (Rif. orientativo)
Hai vissuto o lavorato in Italia come cittadino cinese e hai ricevuto cartelle esattoriali, avvisi di pagamento o comunicazioni dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Hai vissuto o lavorato in Italia come cittadino cinese e hai ricevuto cartelle esattoriali, avvisi di pagamento o comunicazioni dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione?
Hai lasciato l’Italia e temi che i debiti possano raggiungerti anche in Cina?
👉 Niente paura: puoi difenderti e risolvere la tua situazione legale, anche se oggi risiedi all’estero.
In questa guida ti spiego cosa succede ai debiti dei cittadini cinesi in Italia, cosa può (e cosa non può) fare l’Agenzia delle Entrate fuori dal territorio italiano, e come bloccare o cancellare le cartelle fiscali con l’assistenza di un avvocato esperto.
💥 Cosa Succede ai Debiti in Italia
Se hai lavorato, avuto un’attività o risieduto in Italia, puoi avere accumulato debiti nei confronti di:
- l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (per tasse e imposte non pagate);
- INPS o INAIL (per contributi previdenziali non versati);
- banche o finanziarie (per prestiti o mutui non estinti);
- Comuni o Regioni (per multe, TARI, IMU o altri tributi locali).
📌 Questi debiti non si cancellano automaticamente quando lasci l’Italia, ma la riscossione da parte dell’Agenzia ha limiti territoriali molto precisi.
⚖️ L’Agenzia delle Entrate Può Agire in Cina?
La risposta è no: l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può pignorare beni o riscuotere debiti in Cina, perché:
- La Cina non fa parte dell’Unione Europea;
- Non esiste alcun trattato di cooperazione fiscale o di mutuo riconoscimento dei crediti tra Italia e Cina;
- Gli atti italiani non hanno valore legale automatico in territorio cinese.
📌 In pratica, se vivi e hai solo beni in Cina, l’Agenzia non può agire contro di te nel tuo Paese.
Tuttavia, se possiedi beni o conti in Italia, il Fisco può intervenire su quelli o riattivare le procedure se rientri nel Paese.
⚠️ Cosa Rischi se Ignori le Cartelle
Se non fai nulla, l’Agenzia delle Entrate può comunque:
- 🏦 pignorare conti correnti o stipendi rimasti in Italia;
- 🏠 iscrivere ipoteche su immobili o terreni;
- 🚗 emettere fermi amministrativi sui veicoli registrati in Italia;
- 💰 far crescere il debito con sanzioni e interessi;
- ⚖️ riattivare la riscossione se torni a vivere o lavorare in Italia.
📌 Anche se vivi in Cina, è importante verificare la tua situazione fiscale e difenderti per evitare conseguenze future.
💠 Cosa Fare Subito per Difendersi
1️⃣ Verifica la tua posizione fiscale
Puoi richiedere un estratto di ruolo all’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
Mostra tutte le cartelle, gli importi e gli eventuali atti notificati.
📌 L’avvocato può richiederlo per te, anche se risiedi all’estero.
2️⃣ Controlla la validità delle notifiche
Molte cartelle vengono notificate a vecchi indirizzi italiani o in modo irregolare.
📌 Se non hai mai ricevuto la notifica, l’atto è nullo e può essere annullato.
3️⃣ Verifica la prescrizione dei debiti
Ogni debito ha una scadenza:
- 5 anni per multe, contributi e cartelle esattoriali;
- 10 anni per imposte (IRPEF, IVA, IRES).
📌 Se non hai ricevuto comunicazioni valide per anni, il debito è prescritto e non è più esigibile.
4️⃣ Richiedi la sospensione o l’annullamento delle cartelle
Puoi presentare un’istanza di sospensione immediata della riscossione se:
- la cartella non ti è mai stata notificata;
- il debito è già prescritto o pagato;
- ci sono errori o importi non dovuti.
📌 L’avvocato può ottenere la sospensione in 48 ore, e poi procedere con il ricorso per l’annullamento definitivo.
5️⃣ Rateizzazione o Saldo e Stralcio
Se il debito è reale ma troppo alto, puoi:
- chiedere una rateizzazione fino a 120 rate mensili;
- aderire a rottamazioni o definizioni agevolate;
- proporre un saldo e stralcio, pagando solo una parte del debito.
📌 Anche chi vive in Cina può gestire la procedura tramite un rappresentante in Italia o via telematica.
🧩 Difendersi Legalmente Anche Dall’Estero
Un avvocato può rappresentarti in Italia senza che tu debba tornare di persona.
Può:
- 📂 verificare la legittimità delle cartelle e delle notifiche;
- ✍️ depositare ricorsi alla Corte di Giustizia Tributaria;
- ⚖️ chiedere la sospensione immediata della riscossione;
- 💬 trattare piani di pagamento o accordi di definizione agevolata.
📌 Con una semplice procura, puoi difenderti a distanza e risolvere definitivamente la tua posizione fiscale in Italia.
🧾 I Documenti da Consegnare all’Avvocato
- Copia del documento d’identità e codice fiscale italiani (se presenti);
- Copia delle cartelle esattoriali e degli avvisi ricevuti;
- Estratto di ruolo aggiornato;
- Eventuali ricevute di pagamento o piani di rateizzazione;
- Indirizzo di residenza attuale in Cina.
📌 Questi documenti servono per verificare la validità delle notifiche e la prescrizione dei debiti.
⏱️ Tempi della Procedura
- Analisi e raccolta documenti: 5–10 giorni;
- Ricorso o sospensione: entro 60 giorni dalla notifica;
- Sospensione cautelare: in 48 ore nei casi urgenti;
- Definizione o chiusura del debito: in 1–3 mesi.
📌 Durante la sospensione, l’Agenzia delle Entrate non può riscuotere né avviare pignoramenti.
⚖️ I Vantaggi di un’Assistenza Legale
✅ Blocco immediato di cartelle e riscossioni.
✅ Cancellazione dei debiti prescritti o notificati in modo irregolare.
✅ Protezione dei beni e dei conti in Italia.
✅ Difesa completa anche per chi vive in Cina.
✅ Chiusura definitiva della posizione con il Fisco italiano.
🚫 Errori da Evitare
❌ Ignorare le cartelle pensando che “in Cina non possono fare nulla”.
❌ Pagare senza controllare la legittimità o la prescrizione del debito.
❌ Lasciare scadere i 60 giorni per impugnare o sospendere la cartella.
❌ Affidarsi a chi promette cancellazioni “facili” senza base legale.
📌 Anche se risiedi in Cina, puoi difenderti legalmente e far cancellare i debiti italiani in modo sicuro.
🛡️ Come Può Aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza la tua posizione fiscale e verifica la legittimità dei debiti.
📌 Ti assiste nella richiesta di estratti di ruolo e sospensioni.
✍️ Redige ricorsi e istanze di annullamento.
⚖️ Ti rappresenta davanti alla Corte di Giustizia Tributaria anche se vivi all’estero.
🔁 Ti segue fino alla cancellazione o alla definizione agevolata del debito.
🎓 Le Qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato cassazionista esperto in diritto tributario e riscossione internazionale.
✔️ Specializzato nella difesa di cittadini stranieri con debiti in Italia.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento, iscritto presso il Ministero della Giustizia.
✔️ Esperienza pluriennale nella tutela contro l’Agenzia delle Entrate e le cartelle esattoriali.
Conclusione
Essere un cittadino cinese con debiti o cartelle esattoriali in Italia non significa non avere soluzioni.
Con una difesa legale tempestiva puoi bloccare la riscossione, far annullare le cartelle illegittime o prescritte e chiudere definitivamente la tua posizione fiscale.
⏱️ Agisci subito: anche se vivi in Cina, puoi difenderti legalmente e senza tornare in Italia.
📞 Contatta l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata:
la tua difesa contro i debiti in Italia può partire oggi stesso.