Se sei un cittadino nigeriano che ha vissuto o lavorato in Italia e oggi hai debiti fiscali, contributivi o cartelle esattoriali con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, probabilmente ti stai chiedendo se questi debiti possono essere riscossi in Nigeria, se rischi azioni legali o se puoi risolvere la tua situazione senza tornare in Italia.
La risposta è chiara: i debiti italiani non possono essere riscossi in Nigeria, perché non esiste alcun accordo bilaterale tra Italia e Nigeria che consenta la riscossione internazionale dei tributi.
Tuttavia, le cartelle restano registrate in Italia e possono creare problemi se torni nel Paese o possiedi beni o conti bancari italiani.
Con l’aiuto di un avvocato tributarista esperto in diritto internazionale e difesa dei cittadini stranieri, puoi bloccare la riscossione, verificare la prescrizione e chiudere la tua posizione fiscale in modo legale e sicuro.
Cosa sono le cartelle esattoriali in Italia
Le cartelle esattoriali sono atti con cui l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER) ti richiede il pagamento di somme dovute per:
- imposte non pagate (IRPEF, IVA, IRAP, IRES);
- contributi previdenziali o assicurativi INPS e INAIL;
- tributi locali come IMU, TARI, bollo auto o multe stradali;
- sanzioni e interessi fiscali maturati nel tempo.
Se non paghi entro 60 giorni dalla notifica, la cartella diventa esecutiva, e l’Agenzia può avviare pignoramenti, fermi amministrativi o ipoteche su beni e conti presenti in Italia.
Cosa succede se vivi in Nigeria o in un altro Paese africano
Se risiedi attualmente in Nigeria, la tua posizione è diversa:
- L’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può agire sui tuoi beni in Nigeria, perché non esiste un trattato bilaterale o un accordo UE che consenta all’Italia di eseguire azioni forzate nel tuo Paese.
- I tuoi beni e conti nigeriani sono al sicuro, poiché l’Italia non ha giurisdizione sul territorio nigeriano.
- Tuttavia, i debiti restano validi in Italia, e se in futuro torni, apri un conto o possiedi immobili, l’Agenzia potrà agire immediatamente.
Quando un debito italiano può essere annullato o ridotto
Molti debiti italiani risultano illegittimi, prescritti o notificati in modo irregolare e possono essere annullati.
Puoi ottenere la cancellazione o la riduzione del debito se:
- la cartella è stata notificata in modo errato (a un vecchio indirizzo o dopo il trasferimento all’estero);
- il debito è prescritto (5 anni per tributi locali e multe, 10 anni per imposte statali);
- le somme includono sanzioni e interessi eccessivi;
- la cartella si basa su atti non più validi o già impugnati;
- l’Agenzia non ha rispettato i termini di decadenza o le procedure di notifica.
In tutti questi casi, un avvocato può impugnare la cartella o chiedere la cancellazione diretta del debito (autotutela) all’Agenzia delle Entrate.
Cosa fare subito se hai debiti o cartelle esattoriali in Italia
- Non ignorare la situazione. Anche se vivi in Nigeria, i debiti restano registrati e possono riemergere in futuro.
- Richiedi l’estratto di ruolo. È il documento che elenca tutte le tue cartelle e i debiti. Puoi ottenerlo tramite un avvocato in Italia o accedendo al portale dell’Agenzia se hai SPID.
- Verifica la prescrizione. Se non hai ricevuto notifiche o atti negli ultimi anni, il debito potrebbe essere già estinto.
- Controlla le notifiche. Se gli atti sono stati inviati a un indirizzo errato o dopo il tuo trasferimento, possono essere dichiarati nulli.
- Contatta un avvocato tributarista in Italia. Può rappresentarti da remoto, controllare i documenti e avviare la procedura per cancellare o ridurre i debiti.
Le principali soluzioni legali per chiudere i debiti in Italia
- Ricorso contro le cartelle. Se l’atto presenta errori o vizi, puoi impugnarlo davanti alla Corte di Giustizia Tributaria.
- Sospensione della riscossione. Se ci sono irregolarità, puoi chiedere al giudice o all’Agenzia di bloccare immediatamente la riscossione.
- Definizione agevolata o saldo e stralcio. Periodicamente, lo Stato italiano consente di chiudere i debiti pagando solo una parte del dovuto, cancellando sanzioni e interessi.
- Annullamento in autotutela. L’Agenzia può annullare direttamente la cartella se presenta errori evidenti o se il debito è prescritto.
- Rateizzazione. Se il debito è legittimo ma non riesci a pagarlo subito, puoi chiedere un piano di pagamento fino a 120 rate.
Cosa può fare un avvocato per te
Un avvocato tributarista in Italia può gestire la tua situazione anche se vivi in Nigeria, tramite una semplice delega. Può:
- richiedere l’estratto di ruolo ufficiale per conoscere i tuoi debiti;
- verificare prescrizione, errori di notifica e vizi formali;
- presentare ricorsi o richieste di sospensione;
- trattare con l’Agenzia un saldo e stralcio o una definizione agevolata;
- ottenere la cancellazione o riduzione del debito, anche senza il tuo ritorno in Italia.
Tutte le pratiche possono essere gestite a distanza, in modo rapido e sicuro.
Le strategie difensive più efficaci
- Verificare se le cartelle sono state notificate correttamente.
- Contestare i debiti prescritti o irregolari.
- Richiedere la sospensione cautelare della riscossione.
- Dimostrare che il debito è già estinto o non dovuto.
- Definire la posizione con una soluzione agevolata o accordo legale.
Cosa succede se non agisci
Ignorare la situazione può avere conseguenze future:
- i debiti restano registrati in Italia e producono interessi;
- se torni in Italia, potresti trovarti conti o beni bloccati;
- eventuali beni o crediti italiani potrebbero essere pignorati;
- potresti perdere la possibilità di chiudere i debiti approfittando di sanatorie o sconti fiscali.
Agire subito ti permette di bloccare la riscossione, verificare la tua posizione e risolvere tutto in modo legale e definitivo.
Quando rivolgersi a un avvocato
Devi contattare un avvocato se:
- sei un cittadino nigeriano con debiti o cartelle esattoriali italiane;
- hai ricevuto comunicazioni dall’Agenzia delle Entrate o da società di recupero crediti;
- vuoi sapere se i tuoi debiti sono ancora validi o prescritti;
- desideri chiudere la posizione e proteggere i tuoi beni in Italia.
Un avvocato esperto può:
- analizzare la tua posizione con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione;
- verificare la prescrizione e la regolarità delle notifiche;
- impugnare cartelle illegittime;
- negoziare un accordo di chiusura agevolata o ottenere la cancellazione dei debiti;
- gestire l’intera procedura da remoto, senza che tu debba tornare in Italia.
⚠️ Attenzione: se sei un cittadino nigeriano con debiti o cartelle in Italia, i tuoi beni in Nigeria non possono essere toccati, ma i debiti restano attivi nel sistema italiano e possono creare problemi in futuro. Con un avvocato esperto puoi bloccare la riscossione, cancellare le cartelle illegittime e chiudere la tua posizione fiscale in modo definitivo.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario internazionale e difesa dei cittadini stranieri con debiti in Italia spiega come gestire cartelle e debiti fiscali italiani, come difendersi e come risolvere la tua posizione anche se vivi all’estero.
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Introduzione
Un cittadino di nazionalità nigeriana residente in Italia può trovarsi a dover affrontare debiti di varia natura – mutui, prestiti bancari, tasse non pagate, cartelle esattoriali, bollette arretrate, sanzioni amministrative, ecc. – esattamente come qualsiasi cittadino italiano, con le medesime difficoltà e preoccupazioni. Tuttavia, la condizione di straniero extracomunitario può sollevare alcuni quesiti particolari dal punto di vista giuridico: quali sono i miei diritti in Italia come debitore straniero? Posso accedere alle procedure di esdebitazione (debt relief) previste dall’ordinamento italiano? Cosa succede ai miei debiti se torno nel mio Paese d’origine, ad esempio in Nigeria? Un creditore italiano può farmi pignorare beni all’estero o viceversa? Questa guida approfondita – aggiornata a ottobre 2025 – risponderà a queste domande esaminando tutti i tipi di debito e gli strumenti legali per gestirli dal punto di vista del debitore. Avremo un focus sulle situazioni che coinvolgono cittadini stranieri (sia comunitari che extra-UE) in Italia, con un linguaggio giuridico accurato ma divulgativo. Saranno forniti riferimenti a normative italiane rilevanti (codice civile, Testo Unico Immigrazione, D.P.R. 602/1973 sulle cartelle esattoriali, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, ecc.) e a sentenze aggiornate tratte da fonti autorevoli, in modo da offrire un quadro completo e affidabile .
Inizialmente illustreremo le diverse tipologie di debito e i relativi rischi, incluse le tipiche azioni di recupero crediti previste in Italia e come queste possano variare se il debitore è straniero. Successivamente approfondiremo le procedure di sovraindebitamento (la cosiddetta “legge salva-suicidi”, ex L. 3/2012, ora confluita nel Codice della Crisi) che consentono a soggetti in grave difficoltà economica – inclusi i cittadini stranieri non assoggettabili a fallimento – di ottenere un’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui) a determinate condizioni. Analizzeremo le differenze tra debitori comunitari ed extracomunitari, ad esempio in materia di cooperazione internazionale per il recupero crediti (all’interno e fuori dall’UE) e di eventuali implicazioni sul permesso di soggiorno o sulla cittadinanza del debitore. Troverete inoltre tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione di Domande & Risposte (FAQ) su questioni frequenti (come la prescrizione dei debiti, la pignorabilità dei beni, la possibilità di espatrio con debiti in sospeso, ecc.). I riferimenti normativi e giurisprudenziali più importanti sono citati nel testo e raccolti in fondo alla guida, per chi desidera approfondire. Procediamo quindi con ordine, partendo dal quadro generale sui debiti in Italia per poi esaminare cosa fare e come difendersi legalmente, fino alle soluzioni offerte dall’ordinamento italiano per garantire al debitore onesto (italiano o straniero) un “nuovo inizio” .
Tipologie di debito e relative conseguenze in Italia
Non tutti i debiti sono uguali. In Italia, le modalità di recupero e le possibilità di difesa del debitore variano a seconda della natura del credito. Di seguito elenchiamo le principali categorie di debito che possono gravare su una persona (italiana o straniera) e sintetizziamo per ciascuna i rischi e le particolarità:
- Debiti finanziari e bancari: includono mutui ipotecari, prestiti personali, scoperti di conto corrente, finanziamenti al consumo (rate per acquisti), utilizzo di carte di credito non rimborsato, ecc. Si tratta di debiti verso banche o società finanziarie. In caso di mancato pagamento, il creditore può avviare un’azione monitoria rivolgendosi al giudice per ottenere un decreto ingiuntivo (titolo esecutivo di pagamento) e successivamente procedere all’esecuzione forzata sui beni del debitore . Ciò significa che possono essere pignorati stipendi, conti bancari, autoveicoli, immobili, ecc., secondo le regole del codice di procedura civile. Se il debito è garantito da ipoteca (es. un mutuo sulla casa), la banca può promuovere l’espropriazione immobiliare e portare l’immobile all’asta giudiziaria. In generale, i tassi di interesse devono rispettare i limiti di legge (usura, trasparenza bancaria), ma interessi moratori e spese legali possono far lievitare notevolmente l’importo dovuto in caso di protratto inadempimento. Un cittadino straniero, al pari di uno italiano, è esposto a queste azioni se possiede beni o percepisce redditi in Italia . Esempio pratico: un lavoratore dipendente originario della Romania che non rimborsa le rate di un prestito vedrà presumibilmente la finanziaria ottenere un decreto ingiuntivo e notificare al suo datore di lavoro un pignoramento di una quota del suo stipendio, di solito entro il limite di un quinto (20%) come previsto dalla legge .
- Debiti commerciali verso fornitori o privati: tipici di chi esercita un’attività d’impresa o professionale, ma anche di privati consumatori (si pensi a bollette non pagate, canoni d’affitto arretrati). Ad esempio, un piccolo imprenditore straniero in Italia potrebbe avere fatture non pagate verso i fornitori; oppure un privato potrebbe non pagare le utenze domestiche o l’affitto di casa. Anche in questi casi i creditori possono agire legalmente per il recupero. I fornitori e gli altri creditori normalmente ottengono un ingiunzione di pagamento (un decreto ingiuntivo) e poi procedono con pignoramenti dei beni del debitore. Per specifiche situazioni esistono procedure speciali: ad esempio, per l’affitto non pagato il locatore può attivare uno sfratto per morosità con contestuale ingiunzione per i canoni arretrati; per bollette insolute, le aziende di servizi possono rivolgersi al giudice dopo i solleciti. I beni pignorabili comprendono denaro su conti correnti, beni mobili e, per i debiti d’impresa, anche beni strumentali non essenziali all’attività (con i limiti previsti dalla legge). Va evidenziato che il debitore straniero che chiuda la propria attività e lasci l’Italia non è automaticamente al sicuro dal recupero: se il creditore ha ottenuto un titolo esecutivo in Italia (come una sentenza o decreto), potrà cercare di farlo valere anche all’estero, specialmente se il debitore si trasferisce in un paese dell’UE . All’interno dell’Unione, infatti, le decisioni giudiziarie italiane sono riconosciute ed eseguibili negli altri Stati membri in base al Regolamento UE n. 1215/2012 (Bruxelles I rifusione) sul riconoscimento delle sentenze civili e commerciali. Se invece il debitore si trasferisce fuori dall’UE (ad esempio torna in Nigeria), il creditore dovrà affrontare procedure di delibazione (riconoscimento) nel Paese estero: l’esito dipenderà dai trattati o dalla legislazione locale. L’Italia non ha un trattato bilaterale specifico con la Nigeria per il reciproco riconoscimento automatico delle sentenze civili, quindi il creditore italiano dovrebbe far riconoscere la sentenza italiana da un tribunale nigeriano secondo il diritto nigeriano (che di regola richiede un apposito procedimento di registrazione e verifica di reciprocità) . Ciò rende il recupero incerto e oneroso. Viceversa, se l’imprenditore straniero in Italia si trova in gravi difficoltà e supera certe soglie di debito, potrebbe essere soggetto a liquidazione giudiziale (ex fallimento) in Italia: in tal caso i creditori dovranno partecipare a quella procedura collettiva, e le azioni individuali sono bloccate . Per i piccoli imprenditori sotto le soglie di fallibilità, invece, non è ammesso il fallimento: essi possono accedere alle procedure di sovraindebitamento (vedi oltre) e ottenere la cancellazione dei debiti residui se adempiono alle condizioni di legge.
- Debiti fiscali e verso enti pubblici: comprendono imposte statali (ad es. IRPEF sul reddito, IVA, ecc.), tributi locali come IMU/TARI, contributi previdenziali obbligatori dovuti all’INPS, premi assicurativi obbligatori dovuti all’INAIL, multe stradali e altre sanzioni amministrative. In questi casi il creditore è un ente pubblico (lo Stato tramite l’Agenzia delle Entrate, gli enti di previdenza, i Comuni, ecc.). Il recupero coattivo avviene con strumenti propri del diritto pubblico: tipicamente viene emessa una cartella esattoriale (detta anche cartella di pagamento) dall’Agente della Riscossione, oggi Agenzia Entrate-Riscossione (AER), oppure un’ingiunzione fiscale in ambito locale. Se il debitore non paga spontaneamente entro i termini (di regola 60 giorni dalla notifica), si procede con atti esecutivi quali: fermo amministrativo dei veicoli (blocco della circolazione di un’auto intestata al debitore), ipoteca esattoriale sugli immobili di proprietà, e pignoramento esattoriale di beni o crediti. Il pignoramento esattoriale ha alcune regole particolari previste dal D.P.R. 602/1973 (ad esempio limiti alla pignorabilità dell’abitazione principale sotto certe soglie di debito fiscale, e franchigie su stipendi e conti correnti per garantire mezzi minimi di vita) . Un cittadino straniero con debiti fiscali in Italia non si libera di tali debiti semplicemente trasferendosi all’estero: le obbligazioni tributarie permangono e continuano a maturare interessi e sanzioni finché non vengono saldate o prescritte . Nell’ambito dell’Unione Europea esistono potenti strumenti di cooperazione fiscale che permettono all’Italia di recuperare crediti tributari anche oltre confine: ad esempio la Direttiva 2010/24/UE, recepita nel Regolamento UE n.904/2010, consente alle autorità italiane di richiedere assistenza a un altro Stato membro per la riscossione di imposte non pagate . Ciò significa che se un cittadino nigeriano con cartelle esattoriali si trasferisce in un altro Paese UE (es. Spagna o Germania), l’Agenzia delle Entrate può chiedere all’omologa agenzia fiscale estera di riscuotere coattivamente le somme dovute come fossero tributi locali, inclusa la possibilità di pignorare beni o conti bancari all’estero . Inoltre, sia il Fisco che i creditori privati possono utilizzare il Mandato Europeo di Sequestro su conti bancari (Regolamento UE n.655/2014) per congelare fondi presenti su conti del debitore in qualsiasi paese UE . Fuori dall’Unione Europea, invece, il recupero internazionale diventa molto più difficile e dipende dall’esistenza di accordi bilaterali. L’Italia ha accordi di cooperazione giudiziaria in materia fiscale con alcuni Paesi extra-UE: ad esempio con la Svizzera (Accordo del 2020 sul riconoscimento delle riscossioni), con gli USA e il Canada (che hanno aderito alla Convenzione OCSE sulla mutua assistenza fiscale). Questi accordi consentono all’Italia di chiedere assistenza nel rintracciare beni del debitore e procedere al recupero anche in quei Paesi . Al contrario, con la Nigeria attualmente non risultano trattati specifici per l’assistenza nel recupero coattivo dei crediti fiscali: esiste una Convenzione tra Italia e Nigeria per evitare le doppie imposizioni (che facilita lo scambio di informazioni sui redditi) , ma non una previsione chiara di riscossione forzata reciproca. Dunque, se un cittadino nigeriano lascia l’Italia con cartelle esattoriali impagate e torna in Nigeria, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione difficilmente potrà esigere il pagamento su suolo nigeriano. Attenzione: ciò non significa che il debito svanisca: i beni che il debitore ha lasciato in Italia rimangono aggredibili indipendentemente dal trasferimento all’estero . Ad esempio, se il contribuente possiede ancora un conto bancario o un immobile in Italia, AER potrà comunque pignorare il saldo di quel conto o iscrivere ipoteca sulla casa e procedere alla vendita all’asta, a prescindere dal fatto che il debitore ora risieda altrove . In sintesi, il trasferimento in un Paese non collaborativo rende poco probabile il recupero, ma espone comunque i beni rimasti in Italia e il debito continuerà a pendere (con possibili effetti se in futuro il debitore rientrasse in Italia o in UE, o avesse necessità di certificati di debito regolari per istanze amministrative).
- Debiti alimentari e di mantenimento: sono i debiti derivanti da obblighi di mantenimento familiare, ad esempio il pagamento degli alimenti al coniuge separato, il mantenimento dei figli minori o altre obbligazioni alimentari previste dalla legge. Questi debiti hanno natura personale e privilegiata: la legge vieta espressamente di ridurli o cancellarli tramite procedure concorsuali di sovraindebitamento. In altre parole, non è possibile “far fallire” o esdebitare gli arretrati di mantenimento dovuti a familiari: anche in caso di procedura per gli altri debiti, le somme dovute per alimenti restano sempre escluse e dovranno essere pagate per intero (salvo accordi diretti con il beneficiario). Il creditore alimentare (ad esempio l’ex coniuge affidatario dei figli) ha a disposizione strumenti rapidi: può ottenere dal giudice un ordine di pagamento diretto rivolto al datore di lavoro del debitore per prelevare alla fonte una quota dello stipendio ogni mese (in genere fino al 50% nei limiti dell’art. 545 c.p.c. per alimenti) , oppure può pignorare altri beni del debitore. Vista la natura sensibile di questi crediti, il legislatore prevede anche conseguenze penali in caso di inadempimento: l’omesso pagamento dell’assegno di mantenimento può integrare il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.), perseguibile se il debitore fa mancare i mezzi di sussistenza ai figli o al coniuge. Da notare che, in questo ambito, il debitore straniero è trattato esattamente come quello italiano: se l’obbligo di mantenimento è stato stabilito da un giudice italiano, esso è eseguibile in Italia con pignoramenti e sanzioni; se invece l’obbligo è stabilito da un giudice estero (ad esempio un’ordinanza di mantenimento emessa in Nigeria o in un altro Paese), quel provvedimento può essere riconosciuto ed eseguito in Italia tramite le convenzioni internazionali applicabili. Nell’UE, ad esempio, vige il Regolamento CE n.4/2009 che consente l’esecuzione transfrontaliera dei provvedimenti di mantenimento in maniera semplificata . Fuori dall’UE, entrano in gioco eventuali convenzioni bilaterali sugli alimenti o, in mancanza, la procedura di delibazione caso per caso. In ogni caso, non ci si può sottrarre a questi debiti semplicemente emigrando, poiché in materia di alimenti esistono meccanismi di cooperazione internazionale particolarmente robusti e una forte attenzione da parte degli ordinamenti esteri nel tutelare i creditori alimentari .
- Debiti da risarcimento danni e altre obbligazioni civili: se uno straniero in Italia viene condannato a risarcire un danno (ad esempio a seguito di una causa civile per responsabilità extracontrattuale, come un incidente stradale), oppure se ha altre obbligazioni civili non adempiute (penali contrattuali, debiti per compravendite, ecc.), i creditori possono agire per il recupero in modo analogo ai debiti commerciali. Una particolarità: se il debito deriva da illecito extracontrattuale (es. risarcimento per lesioni personali causate da colpa grave o dolo), potrebbe non essere esdebitabile neanche nelle procedure concorsuali, per ragioni di ordine pubblico. Ad esempio, nel fallimento tradizionale alcuni debiti derivanti da fatti illeciti dolosi restano esclusi dall’esdebitazione; nel sovraindebitamento la legge non esclude espressamente questi crediti, ma in sede di omologazione del piano il giudice valuta la meritevolezza del debitore caso per caso e potrebbe negare l’esdebitazione se i debiti originano da condotte gravemente colpose o fraudolente . In generale, un debitore straniero che lasci l’Italia senza pagare un debito stabilito da una sentenza civile italiana potrà subire il riconoscimento di quella sentenza nel suo Paese d’origine: se quest’ultimo è nell’UE, si applica il Regolamento 1215/2012 come detto; se è extra-UE, si seguirà la procedura prevista in quel Paese per riconoscere ed eseguire sentenze straniere (di nuovo una delibazione). D’altra parte, un creditore straniero (es. una vittima di incidente nigeriana) che abbia ottenuto una sentenza nel proprio Paese contro il responsabile italiano, può chiedere che la sentenza estera sia riconosciuta in Italia ai sensi della Legge 218/1995 (diritto internazionale privato italiano), purché siano rispettate le condizioni: giurisdizione corretta, rispetto del contraddittorio, sentenza definitiva e non contraria all’ordine pubblico italiano . Esempio: la Corte di Cassazione italiana con la sentenza n. 1163/2013 ha riconosciuto l’esecutività in Italia di una sentenza straniera che condannava un soggetto a pagare debiti di gioco d’azzardo contratti legalmente all’estero . Questo caso è notevole perché in Italia il gioco d’azzardo è considerato un’obbligazione “naturale” (non tutelabile civilmente), ma la Cassazione ha ritenuto che la sentenza straniera non fosse contraria all’ordine pubblico italiano e quindi andasse rispettata . Ciò evidenzia come la residenza straniera del debitore o l’origine estera del debito non impediscano il recupero quando esistono gli strumenti di cooperazione giudiziaria adeguati. Allo stesso modo, un cittadino nigeriano che subisca una condanna al risarcimento danni in Italia non può aspettarsi che il debito svanisca andando all’estero: se la vittima ottiene un titolo esecutivo, potrà inseguirlo legalmente anche oltre confine seguendo le vie del diritto internazionale.
- Debiti penali (multe penali, ammende, confische): più che di debiti in senso civile, qui parliamo di sanzioni pecuniarie penali conseguenti alla commissione di reati (es. ammende, pene pecuniarie comminate dal giudice penale) o di obblighi di rifusione allo Stato (come le spese processuali liquidate a carico del condannato, o le somme dovute per confisca per equivalente). Queste somme non rientrano nelle procedure concorsuali civili e il loro mancato pagamento può portare a esecuzione forzata diretta da parte dello Stato, tramite iscrizione a ruolo e cartella esattoriale. Per un debitore straniero, ad esempio, un’ammenda penale non pagata potrebbe avere conseguenze specifiche: se era beneficiario di sospensione condizionale della pena, il mancato pagamento potrebbe far revocare la sospensione; la somma resterà comunque dovuta allo Stato italiano. Se il soggetto lascia l’Italia, è raro che le autorità italiane riescano a recuperare tali sanzioni all’estero, a meno di accordi particolari. Nell’Unione Europea, esiste un meccanismo di mutuo riconoscimento delle sanzioni pecuniarie (Decisione Quadro 2005/214/GAI), che consente di far eseguire in uno Stato membro le multe penali emesse in un altro Stato membro. Fuori dall’UE, molto dipende dalla cooperazione giudiziaria bilaterale (solitamente i trattati di estradizione o assistenza giudiziaria riguardano le pene detentive più che il recupero di somme). In ogni caso, questo tipo di “debito” è escluso dalle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, che riguardano solo debiti di natura civile o commerciale . Un soggetto con grosse pendenze penali non potrà liberarsene attraverso un piano del consumatore o un concordato minore; l’unica speranza in quel campo potrebbe essere rappresentata da provvedimenti di clemenza (amnistie, indulti) che estinguano o riducano le sanzioni.
Di seguito una tabella riepilogativa che sintetizza le principali tipologie di debito, le azioni di recupero previste e se il debito è trattabile nelle procedure di sovraindebitamento:
Tabella riepilogativa – Tipi di Debito e Trattamento Giuridico
| Tipo di Debito | Esempi | Azioni di recupero crediti | Inclusione in procedure di sovraindebitamento? Note |
|---|---|---|---|
| Debiti bancari/finanziari | Mutuo ipotecario; prestito personale; carta di credito. | Decreto ingiuntivo del giudice; pignoramento di stipendi, conti correnti, auto; espropriazione immobiliare (se mutuo con ipoteca). | Sì, generalmente inclusi e ristrutturabili. Possono essere pagati parzialmente (falcidiati) secondo il piano approvato. I crediti garantiti (ipoteca, pegno) mantengono prelazione sul ricavato del bene dato in garanzia. Interessi moratori e spese legali si aggiungono se il pagamento è in ritardo. Una cessione del quinto già in corso può essere sospesa durante la procedura di sovraindebitamento e il relativo prestito trattato come credito chirografario comune. |
| Debiti verso fornitori/privati | Fatture non pagate; affitto di locali; bollette utenze. | Ingiunzione di pagamento; sfratto per morosità (per affitto); pignoramento di beni (anche beni strumentali d’impresa non essenziali). | Sì, ammessi nelle procedure di sovraindebitamento. Anche qui eventuali crediti con ipoteca o pegno mantengono il diritto di prelazione sul bene specifico (salvo diversa ristrutturazione concordata) . Piccoli imprenditori sotto le soglie di fallibilità possono accedere al sovraindebitamento; sopra soglia si applicano le procedure ordinarie (fallimento o concordato preventivo). |
| Debiti fiscali e contributivi | Tasse (IRPEF, IVA); contributi INPS; multe stradali; tributi locali. | Cartella esattoriale; fermi amministrativi su veicoli; ipoteca esattoriale su immobili; pignoramento esattoriale (anche presso terzi, es. stipendio o conto). | Sì, inclusi nelle procedure. È possibile anche ridurre parzialmente (falcidiare) imposte come l’IVA e contributi, purché lo Stato riceva almeno quanto otterrebbe in una liquidazione dei beni . I crediti fiscali privilegiati (es. IVA, ritenute) hanno prelazione nel riparto. La facoltà di falcidiare l’IVA è stata ammessa dalla riforma 2020 (adeguandosi alla giurisprudenza UE e alla Corte Cost.) , superando il precedente divieto assoluto. |
| Debiti alimentari (mantenimento) | Assegno al coniuge separato; mantenimento figli. | Pignoramento dello stipendio (fino al 50% ex art. 545 c.p.c.); se del caso sequestro di beni; ordine di pagamento diretto del giudice al datore di lavoro. | No, non esdebitabili. Restano sempre dovuti per intero anche dopo eventuali procedure riguardanti altri debiti . Hanno priorità assoluta: ad esempio, nel pignoramento dello stipendio vengono pagati prima di ogni altro credito (fino alla metà dello stipendio può essere riservata agli alimenti). Inoltre, il mancato pagamento può costituire reato (art. 570 c.p.). |
| Debiti da risarcimento danni | Risarcimento per incidente stradale; condanna civile per inadempimento contrattuale. | Notifica di sentenza/precetto; pignoramento beni; se il titolo è estero, riconoscimento ex L. 218/1995 o Reg. UE per eseguirlo in Italia. | Sì, in linea di massima ammessi. Attenzione: se derivano da dolo o colpa grave (illeciti), il giudice può valutare rigorosamente la condotta del debitore in fase di omologa e potrebbe escludere il beneficio dell’esdebitazione per indegnità . Non sono esclusi ex lege dalle procedure, ma la “meritevolezza” del debitore sarà esaminata con rigore. Se il debito da risarcimento è oggetto di sentenza straniera, può essere riconosciuto in Italia (o viceversa) se ne ricorrono i presupposti di legge. |
| Debiti penali (sanzioni) | Ammenda penale; multa comminata in sentenza; confisca per equivalente (importo di denaro). | Iscrizione a ruolo e cartella esattoriale; esecuzione forzata d’ufficio (Agenzia Entrate Riscossione come agente per lo Stato). In UE, possibile mutuo riconoscimento delle sanzioni pecuniarie (Dec. Q. 2005/214/GAI). | No, esclusi dalle procedure civili. Non possono essere “cancellati” se non tramite provvedimenti di clemenza (es. amnistia). Restano a carico del debitore finché non pagati. In caso di mancato pagamento, oltre all’esecuzione forzata, il debitore può perdere benefici penali (es. revoca condizionale). |
Nota: I debiti garantiti da pegno o ipoteca conservano la garanzia sul bene specifico anche all’interno delle procedure di sovraindebitamento. Il trattamento di tali crediti segue regole simili a quelle del fallimento: il creditore ipotecario o pignoratizio viene soddisfatto nei limiti del valore del bene vincolato, ed eventuale parte residua del credito diventa chirografaria (non garantita). Inoltre, se vi sono fideiussori o coobbligati, bisogna considerare che l’eventuale esdebitazione ottenuta dal debitore principale non si estende automaticamente agli obblighi del garante: il fideiussore resterà obbligato verso il creditore per quanto questi non abbia ricevuto, e viceversa l’esdebitazione del garante non libera il debitore principale. In pratica, ciascun obbligato deve eventualmente accedere a una propria procedura di insolvenza per poter ottenere la liberazione del debito .
La normativa sul sovraindebitamento: soluzioni per il debitore “non fallibile”
Quando i debiti complessivi superano di gran lunga la capacità del debitore di pagarli, e le normali azioni esecutive rischiano di portare a una situazione insostenibile (sia per il debitore – che non riuscirebbe mai a far fronte – sia per i creditori, che rischiano di non vedere nulla in caso di insolvenza totale), l’ordinamento italiano offre una via d’uscita attraverso le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento. Questa normativa, introdotta originariamente con la Legge 27 gennaio 2012 n. 3 (nota anche come legge antiusura o “salva suicidi”), è oggi confluita nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCI), Decreto Legislativo 12 gennaio 2019 n. 14, entrato pienamente in vigore dal 15 luglio 2022 .
Cos’è il sovraindebitamento? Il termine indica uno stato di squilibrio finanziario in cui una persona (o un’impresa minore) non è più in grado di far fronte ai propri debiti con il patrimonio disponibile o con il reddito che ragionevolmente potrà ottenere, pur non essendo soggetta alle ordinarie procedure fallimentari. La definizione normativa attuale si trova nell’art. 2, comma 1, lett. c) del Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019), che recita: «sovraindebitamento»: lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo […] e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale (fallimento) o ad altre procedure liquidatorie previste dalla legge . In altre parole, rientrano nel concetto di sovraindebitamento tutti i debitori civili (persone fisiche o enti non fallibili) che si trovano in stato di crisi o insolvenza. È del tutto irrilevante la cittadinanza: anche un cittadino straniero può trovarsi in sovraindebitamento e, se ha il centro dei suoi interessi principali in Italia, può accedere alle relative procedure previste dalla legge italiana . Il parametro di collegamento non è infatti la cittadinanza, bensì il COMI (Centre of Main Interests), concetto di derivazione europea: la domanda va presentata al tribunale del luogo in cui il debitore ha il proprio centro di interessi principali (cioè la residenza abituale o il centro effettivo degli affari) . Ciò garantisce anche il riconoscimento internazionale degli effetti della procedura: se il debitore è stabilmente in Italia, una procedura concorsuale qui avviata (ad es. un piano del consumatore o una liquidazione controllata) sarà riconosciuta in tutti gli altri Paesi UE ai sensi del Regolamento UE 2015/848 sulle procedure di insolvenza transfrontaliere . (Tale regolamento prevede che l’apertura di una procedura d’insolvenza principale in uno Stato membro sia immediatamente riconosciuta negli altri Stati membri senza ulteriori formalità ).
Scopo e filosofia della legge: la normativa sul sovraindebitamento mira a bilanciare due esigenze: da un lato dare al debitore onesto ma sfortunato una seconda chance, liberandolo dai debiti insostenibili (principio del fresh start); dall’altro assicurare che i creditori ricevano comunque il maggior soddisfacimento possibile in base alle reali capacità del debitore. Come spesso sintetizzato, lo Stato offre al debitore sovraindebitato la possibilità di pagare i debiti “in base alle effettive possibilità economiche” e di vedere cancellato il debito residuo che non è in grado di pagare. Non si tratta di un colpo di spugna arbitrario: il debitore deve dimostrare trasparenza, buona fede e impegno per soddisfare i creditori per quanto possibile; in cambio ottiene l’esdebitazione, ossia l’esonero definitivo dal pagamento di quanto rimane insoluto . L’esdebitazione è quindi la cancellazione dei debiti non pagati al termine della procedura. Prima del 2012, un “perdono” del genere era previsto solo per i fallimenti delle imprese (dove, a certe condizioni, l’imprenditore fallito poteva essere liberato dai debiti residui); oggi, grazie a questa legge, è aperto anche ai privati cittadini, ai professionisti e ai piccoli imprenditori.
Chi può accedere alle procedure di sovraindebitamento? I soggetti ammessi sono i debitori “non fallibili” in stato di crisi o insolvenza. In pratica rientrano in questa categoria:
- Consumatori (persona fisica che ha debiti per scopi estranei ad attività d’impresa o professionale).
- Professionisti (lavoratori autonomi e titolari di professioni intellettuali, es. avvocati, architetti, ecc.).
- Imprenditori minori (imprese sotto le soglie di fallibilità: attivo annuo ≤ €300.000, ricavi annui ≤ €200.000, debiti ≤ €500.000) , imprenditori agricoli (sempre esclusi dal fallimento per legge), start-up innovative e altri imprenditori esclusi dal fallimento.
- Enti non commerciali (associazioni non profit, fondazioni non soggette a procedure concorsuali maggiori).
- Società di persone non fallibili e soci illimitatamente responsabili di società non fallibili (ad esempio, i soci di una s.n.c. sotto soglia).
- Persone che sarebbero fallibili ma per qualche ragione non possono accedere al fallimento: es. imprenditori che hanno cessato l’attività da oltre un anno senza essere stati dichiarati falliti, e che ora emergono come insolventi. In alcuni casi la giurisprudenza ha permesso l’accesso al sovraindebitamento anche in queste situazioni borderline, per estendere la tutela .
Oltre all’appartenenza a una di queste categorie, ci sono requisiti generali introdotti con le modifiche del 2020: non bisogna aver già beneficiato di una procedura di sovraindebitamento nei 5 anni precedenti (per evitare abusi ripetuti, analogamente a quanto il diritto fallimentare consente l’esdebitazione del fallito solo ogni 5 anni) . Inoltre, non bisogna aver compiuto atti in frode ai creditori (come nascondere o dissipare beni prima della procedura) né tenuto comportamenti gravemente scorretti. È centrale il concetto di meritevolezza del debitore: il giudice valuta se il sovraindebitamento è dovuto a cause non imputabili o comunque scusabili, oppure se invece il debitore ha assunto obbligazioni con dolo o colpa grave, magari sperperando denaro in modo irresponsabile. In quest’ultimo caso, l’accesso alle misure può essere negato.
Novità introdotte dal Codice della Crisi (aggiornato al 2022)
La disciplina originaria della L. 3/2012 è stata più volte ritoccata – ad esempio nel 2015 e soprattutto nel 2020 (col Decreto Ristori, convertito con L. 176/2020) – e infine è stata interamente riorganizzata nel nuovo Codice della Crisi. Le novità principali (in gran parte migliorative per il debitore) entrate in vigore nel 2022 includono:
- Procedure familiari unificate: più persone dello stesso nucleo familiare, conviventi e co-obbligate per gli stessi debiti, possono presentare un’unica procedura di sovraindebitamento congiunta. In passato ciascun coniuge o familiare doveva fare domanda separata, ora invece è possibile cumulare le posizioni in un solo procedimento (risparmiando tempo e costi). Esempio: marito e moglie entrambi indebitati (ad es. cointestatari di un prestito) possono proporre un unico piano comune; requisiti: devono convivere e i debiti hanno origine comune (es. firmato insieme come coobbligati) .
- Meritevolezza e trasparenza del debitore: rimane il principio che chi ha frodato i creditori (occultando beni, trasferendo capitali all’estero prima della procedura, ecc.) non può accedere alle misure. Tuttavia, la riforma ha eliminato l’obbligo, prima previsto, di dettagliare nella proposta le cause del sovraindebitamento e le ragioni dell’incapacità di pagare . Questo semplifica gli oneri per il debitore: non serve più “giustificarsi” in modo approfondito sul perché si è finiti in insolvibilità, purché ovviamente non vi siano condotte fraudolente. Si guarda di più al futuro (fattibilità e sostenibilità del piano) che al passato, salvo appunto i casi di malafede conclamata.
- “Merito creditizio” del creditore (colpa del finanziatore): questa è un’innovazione interessante. La legge ora considera anche il comportamento delle banche/finanziarie: se un creditore professionale ha concesso credito in modo irresponsabile, ignorando l’eccessivo indebitamento del cliente, ciò non può poi essere usato per negare l’esdebitazione al debitore. In altre parole, viene introdotta una sorta di responsabilità del creditore che non abbia valutato adeguatamente il merito creditizio. Ad esempio, se una banca ha erogato prestiti a una persona già pesantemente indebitata (violando l’obbligo di valutare la solvibilità previsto dal Testo Unico Bancario e dalle norme sul credito al consumo), questo fattore può andare a vantaggio del debitore in sede di omologazione del piano . Il giudice potrebbe decidere di escludere o postergare (mettere in coda) parte del credito della banca “imprudente”. Attenzione: una recente sentenza della Cassazione (Sez. I, n. 6869/2025) ha chiarito però che il debitore deve comunque collaborare lealmente: se il cosiddetto “merito creditizio falsato” è colpa di informazioni mendaci fornite dal debitore stesso alla banca, il piano può essere rigettato . Nel caso concreto, un debitore non aveva rivelato a una banca alcuni finanziamenti già in corso con altri istituti, inducendola in errore sulla propria solvibilità; la Cassazione ha confermato la revoca dell’omologazione del piano del consumatore, ritenendo che la situazione di sovraindebitamento fosse stata aggravata da una condotta decettiva del debitore, che impedì alla banca una corretta valutazione del rischio . In sintesi, la regola generale introdotta dalla riforma resta: se invece è il creditore ad aver ignorato colpevolmente i segnali di eccessivo indebitamento del cliente, ciò non potrà essere motivo per negare l’esdebitazione al debitore (anzi, potrà semmai favorirlo). Ma se il debitore ha mentito deliberatamente sulle proprie esposizioni, perde la protezione di questa norma.
- Sospensione della cessione del quinto durante la procedura: se il debitore aveva in corso una cessione del quinto dello stipendio o della pensione (cioè una rata trattenuta direttamente dal datore di lavoro o ente pensionistico per ripagare un prestito), con l’avvio della procedura di sovraindebitamento quelle trattenute vengono sospese. Il credito relativo alla cessione del quinto viene trattato come un normale credito chirografario all’interno del piano . La legge equipara infatti i prestiti contro cessione del quinto agli altri debiti non garantiti, nonostante siano assistiti da una sorta di privilegio sullo stipendio. È ammessa la falcidia anche di questi prestiti. Ciò è importante perché permette al debitore di recuperare liquidità di sussistenza durante la procedura: l’intera retribuzione torna nella sua disponibilità (al netto di eventuali pignoramenti ordinari entro i limiti, che però spesso vengono anch’essi sospesi dal giudice in pendenza di procedura), così da poter mantenere se stesso e la famiglia mentre negozia con i creditori.
- Riduzione dei tempi e automatismo dell’esdebitazione: la durata massima delle procedure è stata in parte ridotta. In particolare la liquidazione controllata (ex “liquidazione del patrimonio”) ora dura al massimo 3 anni – salvo casi eccezionali – dopodiché il debitore persona fisica ottiene automaticamente l’esdebitazione . In precedenza la durata standard era 4 anni e, finita la liquidazione, il debitore doveva fare un’apposita istanza per ottenere l’esdebitazione; adesso invece la liberazione dai debiti residui avviene in automatico con il decreto di chiusura della procedura (previa verifica del giudice sulla collaborazione del debitore e assenza di irregolarità). Questo allineamento risponde anche a principi europei: la Direttiva UE 2019/1023 sul fresh start per gli imprenditori suggerisce proprio 3 anni come termine auspicabile per liberare un debitore onesto dalle pendenze . Anche i piani del consumatore e i concordati minori mirano a una durata contenuta (solitamente i piani prevedono pagamenti in 3-5 anni); se i pagamenti concordati si protraggono più a lungo, l’esdebitazione comunque interviene al termine dell’esecuzione del piano. In pratica, se un piano del consumatore prevede rate per 7 anni, l’esdebitazione (cancellazione del saldo residuo) scatta solo dopo che il debitore ha pagato puntualmente tutte le rate previste – ma non vi sono vincoli di durata massima se non quelli derivanti dalla fattibilità economica e dall’eventuale opposizione dei creditori. Nel caso della liquidazione, invece, c’è un vero limite di legge di 3 anni (prorogabile solo in casi eccezionali, es. se durante la liquidazione appare un bene da vendere che richiede più tempo).
- Esdebitazione del debitore incapiente (“zero pagamenti”): è forse la novità più significativa introdotta. Vediamola a parte di seguito.
Esdebitazione del debitore incapiente (cancellazione dei debiti senza pagare nulla)
Tradizionalmente, una persona completamente nullatenente e priva di redditi non poteva accedere ad alcuna forma di “fallimento civile”. Infatti, non era possibile proporre un piano di pagamento – nemmeno minimo – ai creditori, né aprire una liquidazione che coprisse almeno le spese. Queste persone rimanevano quindi schiacciate a vita dai debiti impagabili. Oggi non è più così: il nuovo Codice ha previsto l’esdebitazione a “zero”, detta anche esdebitazione dell’incapiente o esdebitazione senza utilità. In base a questa procedura, il debitore persona fisica meritevole può ottenere la cancellazione di tutti i suoi debiti pur non offrendo alcuna utilità ai creditori . È una misura straordinaria, concedibile una sola volta nella vita, riservata a casi particolari: tipicamente soggetti indigenti che non possiedono nulla e non hanno prospettiva realistica di pagare qualcosa nemmeno in futuro (se non importi del tutto irrisori).
Requisiti chiave: il debitore deve provare di essere meritevole (cioè che l’insolvenza non è frutto di frodi o colpe gravi) e di non avere alcuna capacità di offrire qualcosa ai creditori. In pratica, presenta ricorso al giudice (di solito con l’assistenza di un OCC – Organismo di Composizione della Crisi) e chiede di essere esdebitato completamente. I creditori vengono informati e possono opporsi se sospettano, ad esempio, che il debitore nasconda beni o percepisca redditi in nero. Il tribunale valuta e, se accerta le condizioni, emette un decreto di esdebitazione immediata, liberando il debitore da tutti i debiti esistenti .
Cosa succede dopo: se nei 4 anni successivi il debitore dovesse “tornare in possesso di utilità rilevanti” – ad esempio riceva un’eredità importante, vinca alla lotteria, o ottenga un aumento di reddito significativo – tali da permettergli di pagare almeno il 10% dei debiti originari, egli ha l’obbligo di informare i creditori e l’OCC. In tal caso, potrà essere richiesto che paghi fino a concorrenza di quella nuova disponibilità, senza interessi per il periodo . Questo meccanismo crea una sorta di condizione risolutiva: il beneficio dell’esdebitazione rimane salvo che entro 4 anni non emergano sostanze economiche rilevanti. Se ciò accade, i creditori hanno diritto a un dividendo su quanto sopravvenuto (fino al 10% dei loro crediti originari, se le nuove risorse lo consentono). Il debitore, dunque, dopo l’esdebitazione deve presentare per 4 anni una relazione annuale all’OCC sulla propria situazione economica, per monitorare eventuali miglioramenti consistenti .
Da notare che non è richiesto di versare nulla ai creditori per miglioramenti inferiori al 10% del debito: ad esempio se l’esdebitato trova un lavoro modesto o riceve piccole somme, non scatta alcun obbligo di nuovo pagamento (la soglia del 10% è posta per evitare di riaprire la procedura per importi trascurabili). Questa procedura rappresenta veramente una rete di protezione sociale per il debitore: consente di non condannare all’irregolarità o al lavoro nero chi è totalmente rovinato dai debiti e altrimenti non potrebbe mai “ripartire” .
Esempio pratico: Tizio, cittadino extracomunitario residente in Italia, ha €50.000 di debiti tra carte di credito e prestiti, ma ha perso il lavoro, non ha immobili di proprietà né altre risorse. Non può offrire alcun pagamento significativo ai creditori. Se la sua buona fede è comprovata (i debiti derivano magari da necessità come affitto, spese mediche, e non da spese voluttuarie o frodi), Tizio può chiedere l’esdebitazione dell’incapiente. Il tribunale, verificato che anche liquidando tutti i suoi eventuali beni (che in questo caso non ci sono) i creditori non ricaverebbero nulla, può liberarlo dall’obbligo di pagare quei €50.000 residui . Se nei successivi 4 anni Tizio trovasse un lavoro ben remunerato, con un reddito tale da permettergli di restituire almeno €5.000 (cioè il 10%), dovrebbe informare l’OCC e destinare quell’importo ai creditori. Se invece la sua situazione economica rimanesse precaria o migliorasse solo di poco, non dovrebbe nulla. In ogni caso, il debito originario viene cancellato dal decreto di esdebitazione e Tizio può ricominciare da capo senza il fardello dei debiti pregressi .
Costi della procedura: va sottolineato che anche l’esdebitazione dell’incapiente, pur non prevedendo rimborsi ai creditori, comporta alcuni costi procedurali. Sono per lo più i compensi dovuti all’Organismo di Composizione della Crisi (o al gestore nominato dal tribunale) e alcune spese di giustizia. Spesso tali costi vengono calmierati visto lo scopo sociale dell’istituto, ma un contributo minimo va corrisposto. In sostanza, bisogna preventivare almeno qualche centinaio di euro per avviare la procedura, tra acconti all’OCC e bolli, anche se si tratta di cifre ben inferiori rispetto al beneficio di liberarsi da decine di migliaia di euro di debiti . È prevista dalla legge la possibilità di pagare un compenso ridotto all’OCC in questi casi di incapienza totale, ma non l’azzeramento assoluto delle spese (salvo eventualmente poter accedere al patrocinio a spese dello Stato se ne ricorrono i presupposti). In ogni caso molti OCC consentono di dilazionare il pagamento del loro compenso e alcune associazioni offrono sportelli informativi gratuiti per orientare i debitori in difficoltà (spesso in convenzione con gli stessi OCC o gli ordini professionali).
(Figura: la procedura di sovraindebitamento consente di “spazzare via” i debiti insostenibili in modo legale, offrendo al debitore meritevole un nuovo inizio, mentre i creditori vengono soddisfatti per quanto possibile in base al patrimonio e reddito effettivo del debitore.)
Le procedure disponibili: panoramica (Piano del Consumatore, Concordato minore, Liquidazione controllata)
Il Codice della Crisi prevede diverse forme procedurali per adattarsi alle varie tipologie di debitori sovraindebitati. In parte riprendono quelle già esistenti nella L. 3/2012, con alcune modifiche terminologiche e sostanziali. Ecco un quadro sintetico delle tre procedure principali:
- Piano del Consumatore (ora denominato ufficialmente “Ristrutturazione dei debiti del consumatore”): destinato esclusivamente al debitore consumatore, ossia alla persona fisica che ha contratto obbligazioni per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale. È una procedura monoproponente: il piano viene proposto dal solo debitore, senza bisogno di accordo con i creditori. In effetti, non è prevista alcuna votazione dei creditori sul piano del consumatore: questi vengono semplicemente informati e, se vogliono, possono far pervenire osservazioni o opposizioni, ma decide il giudice se omologare il piano. Il piano deve assicurare che i creditori ottengano quanto il debitore può ragionevolmente offrire, in coerenza col principio di sostenibilità: ciò implica di solito che il debitore metta a disposizione tutte le sue risorse eccedenti il minimo vitale per un certo periodo. Il giudice omologa (approva) il piano se ritiene soddisfatti vari requisiti, tra cui la meritevolezza del debitore (non deve aver colposamente determinato la propria insolvenza, cioè non deve essersi indebitato con frode o grave imprudenza intenzionale) e la fattibilità del piano stesso. Con le nuove norme, nella proposta non serve più dettagliare le cause del sovraindebitamento, ma rimane la regola sostanziale che non ci dev’essere dolo o colpa grave del consumatore nella formazione dei debiti . Un elemento chiave per l’omologazione è che il debitore-consumatore non offra ai creditori meno di quanto otterrebbero in una liquidazione controllata dei suoi beni (principio del “miglior soddisfacimento possibile”). Il giudice, dunque, confronta il piano proposto con l’alternativa liquidatoria: se il piano risulta conveniente per i creditori rispetto a quello che recupererebbero liquidando i (pochi) beni del debitore, e se il debitore è in buona fede, il giudice può omologare il piano anche se i creditori sono contrari . Durante la pendenza del procedimento di omologazione, il giudice, su istanza del debitore, può anche sospendere le procedure esecutive eventualmente già in corso (pignoramenti, aste) per evitare che nel frattempo i creditori aggrediscano i beni compromettendo la fattibilità del piano. Una volta omologato, il piano vincola tutti i creditori anteriori (anche quelli dissenzienti o che non hanno partecipato) e il debitore deve eseguirlo puntualmente. Al termine, viene concessa l’esdebitazione per i crediti residui non soddisfatti dal piano.
Esempio: un cittadino comunitario residente in Italia, sommerso dai debiti di carte di credito e finanziamenti personali (contratti per esigenze familiari, non avendo mai avuto un’impresa), può proporre un piano del consumatore offrendo ai creditori, poniamo, il pagamento del 20% del dovuto in 5 anni, usando una parte del proprio stipendio e magari liquidando qualche piccolo risparmio. Se il giudice verifica che in una liquidazione forzata dei beni il 20% proposto è superiore a quanto i creditori ricaverebbero vendendo gli scarsi beni del debitore, e accerta che il soggetto non ha tenuto comportamenti fraudolenti, omologherà il piano. Dopo 5 anni di pagamenti regolari secondo il piano, il debitore sarà liberato dal restante 80% dei debiti.
Sentenze recenti sul Piano del Consumatore: la giurisprudenza ha affrontato vari aspetti interpretativi. Ad esempio, le Sezioni Unite della Cassazione con sentenza n. 4485/2018 hanno chiarito che il requisito della meritevolezza del consumatore va riferito principalmente all’assenza di frode o colpa grave nell’indebitamento: non ogni condotta imprudente preclude l’accesso, altrimenti lo scopo della legge sarebbe vanificato . Questo orientamento (poi recepito dalla riforma 2020) significa che qualche leggerezza nella gestione finanziaria passata non impedisce necessariamente di accedere al piano, purché non vi sia malafede. In concreto, alcuni tribunali hanno omologato piani anche in presenza di debiti causati da gioco d’azzardo o spese voluttuarie, richiedendo però misure di correzione (ad es. l’adesione a percorsi di cura per ludopatia) per dimostrare la buona volontà di non ricadere negli stessi errori. Un’altra importante novità – introdotta dal DL 137/2020 (conv. L. 176/2020) e confermata dal Codice della Crisi – è la possibilità di trattare anche i debiti fiscali nel piano del consumatore, inclusa l’IVA, purché lo Stato incassi almeno quanto otterrebbe liquidando i beni del debitore . In passato vi era un vincolo che imponeva il pagamento integrale dell’IVA (in quanto tributo “comunitario” ritenuto indisponibile), ma tale vincolo è stato rimosso per adeguarsi alla giurisprudenza UE e a un orientamento della Corte Costituzionale. Oggi i giudici verificano quindi solo la condizione del miglior soddisfacimento: se con il piano l’Erario riceve una somma pari o superiore a quella stimata in caso di liquidazione, il taglio parziale dell’IVA è ammissibile . Ad esempio, il Tribunale di Milano nel 2022 ha omologato un piano del consumatore che prevedeva il pagamento parziale dell’IVA dovuta, rilevando che in caso di vendita forzata dei beni il Fisco avrebbe incassato ancor meno – quindi non vi era pregiudizio per il creditore pubblico .
- Concordato Minore: è l’erede del vecchio “accordo di composizione” ex L. 3/2012, pensato per i debitori diversi dal consumatore (piccoli imprenditori, professionisti, start-up, società di persone non fallibili, ecc.). Si chiama “minore” per distinguerlo dal concordato preventivo delle grandi imprese, ma ne condivide lo schema di base: il debitore propone un accordo ai creditori, che deve essere approvato da una determinata maggioranza di essi (la legge prima prevedeva il 60% per l’accordo ex L.3; il Codice della crisi ha mantenuto percentuali analoghe per il concordato minore) . In pratica, qui i creditori votano sulla proposta. Se la maggioranza richiesta approva e il tribunale omologa, il concordato è efficace verso tutti i creditori anteriori (anche quelli dissenzienti). Se invece i creditori non approvano la proposta (mancanza di quorum), la procedura può essere convertita in liquidazione controllata (salvo altre soluzioni come un accordo riveduto). Il vantaggio del concordato minore, rispetto al piano del consumatore, è che può essere utilizzato anche da chi ha debiti di natura aziendale o professionale e consente soluzioni più flessibili e complesse concordate con i creditori (ad esempio ristrutturazioni aziendali, cessioni di beni, prosecuzione dell’attività con pagamento dei crediti tramite i flussi futuri, ecc.). I requisiti di accesso sono simili a quelli generali: niente atti in frode, nessun’altra procedura pendente né esdebitazione ottenuta di recente, e ovviamente il debitore non deve essere un soggetto fallibile (sopra soglia) perché in tal caso dovrebbe ricorrere al concordato preventivo ordinario. Nel concordato minore, a differenza del piano del consumatore, non c’è un giudizio stretto di meritevolezza sul passato del debitore; conta piuttosto la convenienza economica della proposta per i creditori (i quali infatti votano secondo il proprio interesse economico). Ciò non significa che comportamenti in malafede siano irrilevanti: atti di frode o grave slealtà possono comunque portare il tribunale a non omologare il concordato per indegnità, anche se i creditori fossero favorevoli. Il concordato minore può prevedere sia la liquidazione di beni del debitore, sia la continuazione (anche parziale) dell’attività imprenditoriale con ristrutturazione dei debiti (in maniera analoga al concordato preventivo delle imprese maggiori). La durata tipica per l’esecuzione di un concordato minore si aggira sui 3-5 anni, sempre per il principio di ragionevole durata della procedura.
Esempio: un piccolo imprenditore extracomunitario (ad esempio, il titolare nigeriano di un ristorante individuale) con 200.000 € di debiti verso fornitori e banche e altri 50.000 € di debiti fiscali, potrebbe proporre un concordato minore offrendo ai creditori, ad esempio, il ricavato della vendita del locale commerciale di sua proprietà e un ulteriore pagamento mensile per 3 anni derivante dai futuri profitti della sua attività. Se i creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti totali votano a favore (magari perché convinti che dalla liquidazione otterrebbero meno), il tribunale omologa l’accordo e anche i creditori dissenzienti saranno obbligati a rispettarlo . Dopo l’esecuzione dell’accordo (cioè una volta venduto l’immobile e effettuati i pagamenti rateali promessi), l’imprenditore otterrà l’esdebitazione di tutto il debito residuo non pagato. Nota: nel concordato minore può sorgere il problema di eventuali coobbligati. Ad esempio, se il debitore è una società di persone, i soci illimitatamente responsabili rispondono anch’essi dei debiti sociali. La Cassazione nel 2023 (sent. n. 22715/2023) ha chiarito che l’accordo di composizione non si estende automaticamente al socio illimitatamente responsabile che non sia parte della procedura: occorre che anche il socio presenti la propria adesione al concordato, altrimenti egli rimane obbligato per intero . Ciò ha spinto a valorizzare la possibilità di procedure familiari o aggregate, così da gestire in un colpo solo posizioni debitorie legate (come quella della società e del socio).
- Liquidazione Controllata del sovraindebitato: corrisponde alla vecchia “liquidazione del patrimonio” della L.3/2012, ma con aspetti ancora più assimilati al fallimento (che nel Codice della crisi prende il nome di liquidazione giudiziale). È la procedura destinata al debitore sovraindebitato che non ha un piano di rientro fattibile, oppure che non vuole o non riesce ad ottenerlo (ad esempio perché i creditori non si fidano delle proposte), oppure come esito del fallimento di un piano o concordato minore non andato a buon fine. In questo caso il tribunale, su ricorso del debitore stesso o su conversione da un’altra procedura, dichiara aperta la liquidazione dei beni del debitore con sentenza e nomina un liquidatore (di regola l’OCC che già seguiva il caso, ora con funzioni simili a quelle di un curatore fallimentare). Da quel momento, il debitore subisce lo spossessamento dei suoi beni, analogamente a quanto avviene in un fallimento: tutti i beni espropriabili entrano nella massa attiva, con l’eccezione di quelli impignorabili per legge e di quelli che il giudice ritiene necessari per il sostentamento del debitore e della famiglia. Si apre il concorso dei creditori: tutti i creditori devono presentare domanda di ammissione al passivo entro il termine fissato dal giudice (massimo 60 giorni dall’apertura) ; i creditori che non insinuano il proprio credito per tempo rischiano l’esclusione salvo giustificati motivi (possono chiedere l’ammissione tardiva entro un ulteriore limite di 60 giorni, se provano che il ritardo non è colpa loro). Il liquidatore redige lo stato passivo, gestisce le eventuali contestazioni tra creditori (sotto la vigilanza del giudice delegato), e procede a liquidare l’attivo e distribuire il ricavato secondo i gradi di privilegio. Il procedimento assomiglia molto a un piccolo fallimento: il liquidatore ha anche la facoltà di esercitare azioni revocatorie per recuperare beni o somme che il debitore abbia distratto prima della procedura (ad esempio, vendite di immobili a prezzi irrisori a parenti poco prima di attivare la liquidazione possono essere annullate su domanda del liquidatore, per riportare i beni nella massa) . La differenza chiave rispetto al fallimento è lo scopo finale: qui c’è sempre l’obiettivo dell’esdebitazione del debitore persona fisica. La durata massima, come detto, è fissata in 3 anni dall’apertura (prorogabile solo eccezionalmente) . Al termine, il giudice chiude la procedura e dichiara l’esdebitazione del debitore (salvo che emerga che egli ha commesso frodi o gravi violazioni). Come visto, l’esdebitazione ora è integrata nella procedura: il liquidatore la richiede nella relazione finale e il giudice la concede automaticamente con il decreto di chiusura, senza bisogno di domanda separata . Durante la procedura, il debitore deve comunque collaborare e ha diritto, con autorizzazione del giudice delegato, di conservare l’uso di beni necessari (ad es. l’automobile se serve per recarsi al lavoro può in alcuni casi evitarne la vendita). Anche nella liquidazione controllata, le pendenze fiscali seguono le regole generali delle procedure concorsuali: ad esempio, l’Agente della Riscossione (AER) partecipa al passivo come creditore privilegiato per le imposte (IVA, IRPEF, ecc.), ma non può avviare o proseguire esecuzioni individuali una volta aperta la liquidazione (scatta il divieto di azioni esecutive individuali, analogo all’automatic stay del fallimento) . Al termine dei 3 anni, tutti i creditori chirografari e anche quelli privilegiati che non siano stati integralmente soddisfatti perdono la possibilità di recuperare oltre, a meno che emergano nuovi beni non conosciuti prima. In quest’ultimo caso, su istanza dei creditori, si potrebbe valutare la riapertura della procedura limitatamente a tali nuovi beni (simile a quanto accade nel fallimento, dove se entro 5 anni compaiono attivi non noti il fallimento può essere riaperto).
Esempio: una cittadina straniera in Italia, senza un reddito sufficiente ma proprietaria di una casa e con debiti per 300.000 € (in parte garantiti da ipoteca sulla casa, in parte chirografari verso banche e Fisco), potrebbe optare per la liquidazione controllata. Affida al liquidatore nominato dal tribunale la vendita dell’immobile; il ricavato verrà distribuito ai creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione (prima la banca ipotecaria fino a concorrenza dell’ipoteca, poi gli altri creditori se resta qualcosa). Durante la procedura la debitrice potrà continuare a vivere nell’immobile finché non sarà venduto, pagando se possibile qualcosa a titolo di affitto al patrimonio. Una volta venduto l’immobile e decorsi al massimo 3 anni, la procedura si chiude: la parte di debito che non ha trovato capienza viene cancellata. In questo esempio, se la casa frutta 250.000 € e i debiti erano 300.000 €, la banca ipotecaria (supponiamo credito di 200.000 € garantito) verrà soddisfatta integralmente dai primi 200.000 € (sottraendo spese), i restanti 50.000 € andranno distribuiti pro quota ai crediti chirografari (banche, Fisco, ecc.) riducendo parzialmente quei debiti, e il residuo insoluto di tutti i creditori verrà annullato dal provvedimento finale di esdebitazione. Se successivamente la signora dovesse scoprire di avere diritto a un’eredità o acquistasse un bene significativo entro 4 anni dalla chiusura, i creditori potrebbero chiedere un intervento su quelle nuove risorse; altrimenti, la posizione debitoria è definitivamente risolta.
Con questo, abbiamo esaminato gli strumenti legislativi che il debitore – italiano o straniero – ha a disposizione per far fronte a una situazione debitoria grave in Italia. Riassumendo: anche il cittadino nigeriano o comunque extracomunitario residente in Italia ha accesso alle stesse procedure di ristutturazione o liquidazione dei debiti di un cittadino italiano, purché il centro dei suoi interessi sia qui e soddisfi i requisiti di legge. Nei paragrafi seguenti, risponderemo ad alcune domande frequenti su aspetti pratici e sui dubbi più comuni in queste situazioni.
Domande frequenti (FAQ)
Domanda: Un cittadino straniero può accedere alle stesse procedure di sovraindebitamento previste per i cittadini italiani?
Risposta: Sì. La legge italiana sul sovraindebitamento (oggi nel Codice della Crisi) si applica a tutti i debitori non fallibili che abbiano il centro dei propri interessi principali in Italia, indipendentemente dalla cittadinanza o dalla residenza anagrafica . Quindi un cittadino nigeriano residente in Italia può presentare un piano del consumatore, un concordato minore o chiedere la liquidazione controllata alle stesse condizioni di un italiano. L’importante è dimostrare che il COMI (Centre of Main Interests) è in Italia – in pratica, che qui avete la vostra dimora abituale o attività economica principale. Se invece il centro dei vostri interessi è all’estero, potreste dover accedere alle procedure di quel Paese (ma se avete anche situazioni in Italia, si può valutare quale procedura sia principale e quale eventualmente secondaria, secondo il Regolamento UE 2015/848). In ogni caso, nessuna discriminazione è basata sulla cittadinanza: a parità di condizioni, il tribunale italiano ammetterà il debitore straniero così come quello italiano.
Domanda: I debiti si cancellano automaticamente dopo un certo numero di anni per prescrizione?
Risposta: No, i debiti non spariscono da soli se non vengono pagati, a meno che il creditore resti completamente inerte per un periodo di tempo sufficiente a far scattare la prescrizione. La prescrizione è un istituto per cui, decorso un determinato numero di anni senza che il creditore abbia compiuto atti di riscossione o solleciti validi, il debitore può opporre l’estinzione del debito. I termini di prescrizione variano in base al tipo di debito: ad esempio, le bollette e i crediti di fornitori generalmente si prescrivono in 5 anni; le sanzioni amministrative (multe stradali) in 5 anni; i tributi hanno tempi diversi (l’IRPEF 10 anni dopo la notifica del ruolo definitivo, ma ci sono termini a monte per l’accertamento; l’IVA e altri tributi UE 10 anni, contributi INPS 5 anni, ecc.); i prestiti bancari derivanti da contratto si prescrivono in 10 anni in mancanza di atti interruttivi. Tuttavia, attenzione: basta un sollecito formale o un atto interruttivo (ad esempio la notifica di una intimazione di pagamento, una comunicazione del creditore riconosciuta dal debitore, un atto di citazione, ecc.) entro il termine perché la prescrizione ricominci da capo. Inoltre, se esiste un titolo esecutivo (sentenza, decreto ingiuntivo, cartella) il termine di prescrizione diventa quello “ordinario” decennale (per lo Stato alcuni crediti restano decennali). In sintesi, non è affatto automatico che i debiti “cadano in prescrizione”: di rado un creditore rinuncia ad agire per così tanto tempo. Se avete ricevuto atti di riscossione o diffide, la prescrizione è stata probabilmente interrotta. Vale la pena far controllare da un esperto caso per caso se qualche debito è effettivamente prescritto (in tal caso potete opporvi al pagamento), ma non fatevi illusioni che il trascorrere del tempo da solo risolva tutti i problemi . Meglio affrontare attivamente la situazione tramite gli strumenti legali a disposizione.
Domanda: Ho debiti in Italia ma vorrei trasferirmi all’estero: rischio l’espulsione dall’Italia a causa dei debiti?
Risposta: No, l’ordinamento italiano non prevede l’espulsione amministrativa di uno straniero regolarmente soggiornante per il solo fatto di avere debiti civili o fiscali. L’espulsione di un cittadino extracomunitario può avvenire per motivi ben precisi (mancanza o revoca del permesso di soggiorno, motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato, condanne per reati particolarmente gravi, ecc.), ma non esiste una norma che cacci dal Paese chi ha debiti . Avere cartelle esattoriali o prestiti non pagati non è, di per sé, un motivo di espulsione. Tuttavia, dovete fare attenzione a due aspetti: (1) se i debiti derivano da comportamenti illeciti gravi (ad esempio evasione fiscale rilevante, lavoro nero sfruttato, truffe), potrebbero esservi conseguenze penali o giudizi negative che in casi estremi possono incidere sul soggiorno (ad esempio una condanna per un reato può far perdere i requisiti di buona condotta per il permesso CE di lungo periodo o per la cittadinanza); (2) se decidete comunque di trasferirvi volontariamente all’estero con debiti pendenti, non sarete formalmente espulsi per questo, ma potreste incontrare problemi se in futuro voleste rientrare o ottenere visti, soprattutto se nel frattempo i creditori hanno avviato azioni e magari siete stati dichiarati irreperibili (cosa che potrebbe far scattare segnalazioni). In ogni caso nessuno vi impedirà fisicamente di lasciare l’Italia per i debiti: la libertà di movimento non è limitata dai debiti civili (a differenza di quanto avviene in altri Paesi dove c’è il “divieto di espatrio” per debitori incorsi in procedure esecutive, misura che in Italia non esiste più da decenni). Ricordate però che andarsene all’estero non risolve automaticamente i debiti, come spiegato sopra.
Domanda: Un creditore può pignorare beni che ho all’estero (fuori dall’Italia)?
Risposta: All’interno dell’UE, sì, attraverso strumenti di cooperazione giudiziaria. Un creditore italiano munito di titolo esecutivo può, ad esempio, ottenere in Italia un Ordine Europeo di Sequestro Conservativo per bloccare un conto estero intestato al debitore (ai sensi del Reg. UE 655/2014) , oppure può far riconoscere il proprio titolo esecutivo direttamente nel paese estero e attivare lì un pignoramento in base al Regolamento UE 1215/2012 (che rende esecutive le sentenze in materia civile e commerciale in tutto lo Spazio UE). Esiste anche il Regolamento UE 1896/2006 sull’ingiunzione di pagamento europea, utile per crediti non contestati, e la Convenzione di Lugano per stati extra-UE come la Svizzera (che facilita misure simili). Fuori dall’UE, la questione dipende dai trattati bilaterali e dalle leggi locali: in alcuni Paesi extra-UE, il creditore dovrà avviare una causa nel Paese di destinazione o far riconoscere la sentenza italiana tramite un’apposita procedura. Ad esempio, se avete beni in Nigeria, un creditore italiano per aggredirli dovrà seguire la procedura nigeriana di riconoscimento del giudizio italiano e poi di esecuzione forzata in Nigeria . Nigeria applica il principio di reciprocità e richiede la registrazione della sentenza estera presso un’Alta Corte locale entro certi termini dalla pronuncia, a patto che vi sia un trattamento di reciprocità con il Paese d’origine (l’Italia non è elencata tra i paesi del suo ordinamento di esecuzione rapida, quindi il riconoscimento è discrezionale). In sintesi, in UE è relativamente semplice colpire beni all’estero di un debitore, mentre fuori UE è molto più complesso e spesso impraticabile a meno che non si tratti di grossi patrimoni che giustifichino lunghe azioni legali internazionali.
Domanda: Posso dichiarare fallimento in Italia (come persona o come impresa) se sono straniero?
Risposta: Precisiamo che oggi tecnicamente il termine “fallimento” è stato sostituito da “liquidazione giudiziale” per le imprese, e per le persone non fallibili esiste la “liquidazione controllata” nel sovraindebitamento. Se siete titolari di un’impresa in Italia che supera le soglie di fallibilità, sì, potreste essere soggetti a liquidazione giudiziale (il vecchio fallimento) come qualunque imprenditore italiano . La cittadinanza non rileva: conta che l’attività economica sia qui e rientri nei parametri (es. fatturato, debiti oltre soglia). Ad esempio, se un cittadino nigeriano gestisce una società in Italia e si trova insolvente, il tribunale può dichiararne il fallimento su istanza di un creditore o sua. Se invece siete una persona fisica non imprenditore, o un piccolo imprenditore sotto soglia, allora come detto non potete essere dichiarati falliti, ma potete utilizzare le procedure di sovraindebitamento. In pratica: – Straniero con impresa grande in Italia insolvente: si applica il fallimento (liquidazione giudiziale) o il concordato preventivo, esattamente come per un italiano (es. il caso di un imprenditore extracomunitario che aprì un’attività e poi è scappato lasciando debiti: i creditori possono chiederne il fallimento in contumacia se l’impresa è attiva). – Straniero persona fisica o piccolo imprenditore insolvente: niente fallimento, ma può chiedere una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento (piano, concordato minore, liquidazione controllata). Anche qui la nazionalità non incide.
Domanda: Ho un debito con una banca italiana ma adesso vivo all’estero e non ho più nulla in Italia. Possono ancora farmi qualcosa?
Risposta: Dipende da dove vivete. Se vivete nell’UE, molto probabilmente sì: la banca italiana può ottenere un titolo esecutivo (se non l’ha già) e farlo valere lì dove siete. Ad esempio, se ora siete in Germania, la banca potrà, ottenuto un decreto ingiuntivo in Italia, renderlo esecutivo in Germania tramite il regolamento europeo e poi pignorare il vostro conto tedesco o parte dello stipendio tedesco . Se siete già stati condannati al pagamento in Italia, quel provvedimento vi segue in Europa. Se invece siete fuori dall’Unione Europea, la possibilità concreta si riduce: la banca dovrebbe iniziare una causa nel vostro nuovo Paese o cercare di far riconoscere in loco la sentenza italiana (con costi e incertezze). Paesi come gli USA, Canada, Svizzera hanno accordi o prassi di cooperazione: un creditore potrebbe ancora rintracciarvi e agire, ma deve investire tempo e denaro e di solito lo fa solo per importi molto elevati. Se vivete in Nigeria, come detto, l’assenza di trattati specifici rende improbabile un’azione efficace della banca sul territorio nigeriano. In pratica, se non avete più beni in Italia né in UE, la banca potrà al più segnarvi come cattivo pagatore a livello internazionale, ma difficilmente investirà per inseguirvi legalmente in Nigeria a meno che il debito sia molto grande. Attenzione però: se in futuro doveste tornare in Italia o in Europa, quel debito riesisterà e potrebbero riprendere le azioni contro di voi.
Domanda: Cosa succede se rimango in Italia e non pago i miei debiti?
Risposta: In Italia il creditore ha diversi strumenti per aggredire il patrimonio del debitore inadempiente. Lo strumento ordinario è il pignoramento, che può avvenire: – presso terzi: ad esempio sul conto corrente (la banca blocca le somme presenti fino a concorrenza del credito pignorato) , oppure sullo stipendio/pensione (il datore di lavoro o l’INPS deve trattenere mensilmente la quota pignorata, di regola max 1/5), o sui crediti verso clienti se siete imprenditori; – mobiliare diretto: un ufficiale giudiziario può presentarsi per pignorare beni mobili in casa o in azienda (macchinari, auto se trovate, etc.), che poi andranno venduti; – immobiliare: se avete case/terreni di proprietà, il creditore può iscrivere ipoteca giudiziale e poi chiedere il pignoramento e la vendita all’asta. Inoltre, per i debiti fiscali l’Agente della Riscossione può iscrivere fermo amministrativo sul veicolo (impedendone l’uso) e ipoteca esattoriale sulla casa (se il debito supera €20.000, con alcune tutele per la prima casa). Se non pagate i debiti, con il tempo rischiate dunque: (a) di perdere beni di proprietà (venduti forzatamente); (b) di vedervi decurtare stipendio o entrate; (c) di avere il conto corrente bloccato (fino all’importo dovuto). Inoltre, risulterete segnalati nelle banche dati creditizie (es. CRIF) come cattivi pagatori, il che rende difficile ottenere nuovi prestiti o mutui finché la situazione rimane irrisolta. Non si va in carcere per i comuni debiti civili (carcere per debiti è abolito), però ignorare del tutto le obbligazioni può portarvi a uno stato di insolvenza conclamata, con tutte le conseguenze legali ed economiche del caso. Se restate in Italia con debiti impagati, è consigliabile affrontare la situazione: valutare un piano di rientro, una rateizzazione con i creditori, oppure una delle procedure di cui abbiamo discusso per azzerare il debito insostenibile. Ignorare tutto può solo peggiorare la posizione (interessi, spese legali e nuove azioni esecutive si accumuleranno) .
Domanda: Se ottengo l’esdebitazione in Italia, i miei creditori esteri sono obbligati a rispettarla?
Risposta: All’interno dell’Unione Europea, sì. Un provvedimento di esdebitazione emesso dal tribunale italiano nell’ambito di una procedura di insolvenza (ad esempio un piano del consumatore o una liquidazione controllata) è riconosciuto in tutti gli altri Stati membri UE in base al Regolamento 2015/848 . Ciò significa che se, poniamo, avevate anche un debito con una banca francese, e avete fatto la procedura principale in Italia includendo quel debito, la vostra esdebitazione finale si estende anche al debito verso la banca francese; la banca non potrà perseguirvi in Francia perché la decisione italiana di esdebitazione dev’essere riconosciuta come definitiva. Fuori dall’UE, il discorso cambia: i creditori extra-UE non sono automaticamente vincolati dal provvedimento italiano. Tecnicamente, dovrebbero presentare istanza alle proprie autorità nazionali per far riconoscere l’effetto esdebitativo straniero – cosa che molti ordinamenti non prevedono espressamente. In pratica, un creditore extra-UE potrebbe ignorare l’esdebitazione italiana e provare comunque a farsi pagare nel suo Paese. Esempio: un creditore argentino, non rappresentato in Italia, potrebbe non partecipare alla procedura di sovraindebitamento aperta qui e tentare poi di escutere il debitore in Argentina; legalmente il debitore italiano esdebitato potrebbe opporre in Argentina la sua esdebitazione, ma l’esito dipende dalle leggi argentine e non è garantito . Quindi, c’è un limite pratico al potere “universale” delle nostre procedure al di fuori dell’Europa. Entro l’UE, problema risolto; fuori UE, un creditore straniero ostinato potrebbe creare grattacapi, anche se in molti casi un decreto di esdebitazione italiano avrà quantomeno un valore persuasivo anche all’estero (mostra che siete stati giudicati incapienti e meritevoli di esonero).
Domanda: La procedura di sovraindebitamento mi permette di cancellare anche debiti che ho nel mio Paese d’origine?
Risposta: Sì, se la procedura italiana è quella principale (cioè se il vostro centro interessi è qui), essa copre tutti i debiti del debitore, dovunque contratti . Ad esempio, se un cittadino nigeriano residente stabilmente in Italia fa un piano del consumatore includendo debiti che aveva sia in Italia sia in Nigeria (mettiamo un prestito preso in Nigeria tempo fa), quel piano – se omologato – riguarda l’intero patrimonio e tutti i creditori noti, quindi anche il creditore nigeriano risulta incluso e teoricamente vincolato dall’esdebitazione. Tuttavia, come detto, al di fuori dell’UE il creditore potrebbe non riconoscere l’autorità della procedura italiana e tentare comunque azioni in loco. In tal caso bisognerebbe vedere se in Nigeria un tribunale riconoscerebbe l’effetto esdebitativo estero. Nigeria, non avendo una procedura di insolvenza personale paragonabile, potrebbe non dare immediato riconoscimento. In ogni caso, sta al debitore decidere se includere tutti i debiti globali nella procedura italiana (cosa consigliabile, per completezza) oppure escludere i creditori esteri che pensa di gestire a parte. Spesso i professionisti suggeriscono di includere tutto per sicurezza, anche solo per evitare che un domani un creditore estero dica di non essere stato considerato.
Domanda: Dopo l’esdebitazione, rimarrò segnalato come cattivo pagatore?
Risposta: Questa è una domanda frequente. Bisogna distinguere: le centrali rischi private (come CRIF, Experian, Cerved) registrano le informazioni sui crediti non pagati. Una volta conclusa la procedura e cancellati i debiti, il debitore può attivarsi per far aggiornare i dati e risultare “pulito”, ma spesso l’indicazione del passato insolvente rimane nei sistemi per qualche tempo . Tuttavia, la procedura di sovraindebitamento è disposta con un provvedimento giudiziario che non è pubblico al grande pubblico come potrebbe esserlo un protesto: l’esito non viene, ad esempio, pubblicato in un registro accessibile a tutti, ma è conoscibile da chi fa visure approfondite (banche, finanziarie, ecc.). Il Registro Informatico dei Protesti riguarda solo assegni e cambiali non pagati, quindi se il debitore aveva emesso assegni scoperti quelli restano registrati (e vanno cancellati a parte dopo almeno 1 anno pagando il dovuto o chiedendo riabilitazione). L’esdebitazione in sé non produce un “certificato di affidabilità creditizia”, ma vi consente di ripartire giuridicamente da zero: non avete più debiti pendenti per legge. Starà poi a voi ricostruire nel tempo la vostra reputazione creditizia (ad esempio ottenendo piccoli prestiti e restituendoli regolarmente) . In sostanza, dopo l’esdebitazione potreste ancora incontrare difficoltà ad accedere al credito perché i finanziatori potrebbero vedere che avete passato un’insolvenza, ma la situazione migliorerà col tempo e con comportamenti virtuosi.
Domanda: A chi posso rivolgermi per avviare la procedura di sovraindebitamento?
Risposta: Occorre contattare un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) oppure un professionista (avvocato, commercialista) iscritto all’albo dei gestori della crisi tenuto dal Ministero della Giustizia . Gli OCC sono spesso istituiti presso gli Ordini dei commercialisti o degli avvocati in varie città, oppure esistono enti specializzati accreditati dal Ministero. Sul sito del Ministero della Giustizia c’è l’elenco nazionale degli OCC autorizzati. Una volta individuato l’OCC competente per la vostra zona, prendete appuntamento e verificate con loro la fattibilità: l’organismo vi aiuterà a raccogliere la documentazione necessaria (elenchi dei debiti, situazione patrimoniale, eventuali cause dell’insolvenza, budget familiare, ecc.). Di solito va pagato un piccolo acconto iniziale per le spese di istruttoria. Dopodiché, un gestore della crisi nominato dall’OCC redige, insieme a voi, la proposta di piano o la domanda di liquidazione e la relativa relazione da depositare in tribunale. È fortemente consigliata anche l’assistenza di un avvocato esperto in crisi da sovraindebitamento, soprattutto se il caso è complesso, perché ci saranno udienze e possibili opposizioni dei creditori da affrontare . In alcuni tribunali esistono sportelli informativi gratuiti (gestiti da associazioni di consumatori o dagli stessi OCC) per dare una prima consulenza ai debitori in difficoltà.
Domanda: Quanto costa tutta la procedura?
Risposta: I costi variano in base alla complessità del caso e al numero di creditori coinvolti, ma generalmente includono: un compenso per l’OCC (stabilito per legge con parametri simili a quelli dei curatori fallimentari, spesso ridotto se si tratta di situazioni socialmente meritevoli) e l’eventuale compenso dell’avvocato di fiducia che vi segue. Dall’esperienza pratica, per un piano del consumatore relativamente semplice, con pochi creditori, i costi totali possono aggirarsi tra i 2.000 e i 4.000 euro . Di questi, una parte va pagata all’inizio (acconto OCC, bolli) e il resto può essere dilazionato durante la procedura; a volte l’OCC e l’avvocato accettano che il loro compenso sia inserito nel piano stesso come credito in prededuzione (cioè pagato prima di soddisfare i creditori comuni, con le somme che il debitore verserà). In casi più complessi, ad esempio concordati minori con molteplici creditori o liquidazioni con beni da vendere, i costi salgono (possono includere percentuali sul ricavato per il liquidatore, spese di perizia di stima di immobili, ecc.) . La legge prevede che per l’esdebitazione dell’incapiente (zero pagamenti ai creditori) siano dovuti solo un compenso minimo all’OCC e poche spese vive di giustizia, spesso nell’ordine di poche centinaia di euro . In ogni caso è importante discutere chiaramente i costi all’inizio con il professionista o l’OCC, anche perché per definizione il debitore che ricorre a queste procedure è in difficoltà economica e quindi occorre pianificare pagamenti sostenibili. Spesso è possibile pagare gli importi dovuti in più tranche, o imputare il pagamento al bilancio della procedura stessa. Ricordate che questi costi, seppur non trascurabili, sono parte integrante della soluzione: vengono in genere considerati come spese prededucibili, cioè da soddisfare prima dei crediti. Ciò significa che, ad esempio, in un piano del consumatore i versamenti che farete serviranno prima a coprire i costi della procedura, e solo la parte restante andrà ai creditori, in modo da non farvi gravare contemporaneamente il peso dei debiti e delle spese di procedura oltre le vostre possibilità .
Domanda: Avere debiti o cartelle esattoriali non pagate può impedire il rinnovo del permesso di soggiorno o l’ottenimento della cittadinanza italiana?
Risposta: Allo stato attuale (2025), il semplice fatto di avere debiti fiscali o civili non è previsto come causa di diniego o mancato rinnovo del permesso di soggiorno. Il Testo Unico Immigrazione (D.Lgs. 286/1998) elenca varie cause ostative al rinnovo del permesso (condanne per determinati reati, pericolosità sociale, mancanza dei requisiti di reddito, ecc.), ma non include l’inadempimento di obblighi pecuniari verso lo Stato o privati. Dunque, se siete in regola con gli altri requisiti (alloggio, lavoro o mezzi di sostentamento, nessun precedente penale grave), il fatto che abbiate cartelle esattoriali pendenti o prestiti non pagati non dovrebbe di per sé impedirvi di rinnovare il permesso. Tuttavia, bisogna considerare alcuni scenari: – Se i debiti fiscali derivano da violazioni gravi (ad esempio evasione di imposte o contributi in misura rilevante, lavoro nero accertato, ecc.), potrebbero sfociare in contestazioni penali o amministrative che indirettamente incidono sul vostro status. Ad esempio, l’evasione fiscale oltre certe soglie è reato; una condanna penale per frode fiscale può essere considerata motivo di pericolosità sociale e quindi ostativa al rinnovo del permesso di soggiorno. Ma qui parliamo di casi estremi in cui il debito si traduce in un illecito penale. – Un altro aspetto è il requisito di reddito: per molti permessi (es. permesso per lavoro, famiglia, lungo soggiornanti) dovete dimostrare un certo reddito minimo annuo. Se avete debiti enormi e per pagarli siete rimasti senza reddito o lavoro, potreste non soddisfare più il requisito economico per il rinnovo. In altre parole, non è il debito in sé a bloccare il permesso, ma la mancanza di reddito che può derivare dall’insolvenza (es. avete perso il lavoro, o vi hanno pignorato buona parte dello stipendio facendo scendere il netto sotto la soglia richiesta). Perciò è importante, se siete in tali difficoltà, attivarvi per regolarizzare la situazione (magari chiedendo una sospensione dei pignoramenti in sede di sovraindebitamento, o trovando un accordo con i creditori) in modo da poter presentare un reddito sufficiente. – Va infine segnalato che recentemente (ottobre 2025) è in discussione una proposta di legge che collegherebbe la regolarità del soggiorno anche alla regolarità fiscale e contributiva. In particolare, esponenti del governo hanno proposto di negare il rinnovo del permesso di soggiorno agli stranieri che, al momento della richiesta, risultino aver violato norme fiscali o contributive (ad esempio evasione di tasse o mancato pagamento di contributi INPS per colf/badanti) . Questa proposta, sostenuta dalla Lega, mira a introdurre una nuova causa di diniego del permesso nell’art. 5 del T.U. Immigrazione, condizionando il permesso alla “correttezza fiscale” dello straniero . Allo stesso tempo, ipocritamente, si prevede una rottamazione agevolata per i debiti dei cittadini italiani . Attenzione: al momento questa è solo una proposta (un emendamento al decreto flussi in esame in Parlamento) , non è legge in vigore. Se dovesse passare in futuro, significherebbe che chi ha pendenze con il Fisco (es. cartelle non pagate per tasse o contributi) potrebbe vedersi rifiutare il rinnovo del permesso fino a quando non regolarizza. Sarebbe una norma molto dura e probabilmente oggetto di contestazioni (anche perché introdurrebbe una disparità di trattamento rispetto ai cittadini italiani, che possono usufruire di condoni mentre allo straniero si nega il soggiorno). Comunque, ad oggi non c’è una simile disposizione: potete rinnovare il permesso anche se avete debiti con Agenzia Entrate o altri, purché soddisfiate gli altri requisiti normativi (contratto di lavoro, reddito minimo, alloggio idoneo, etc.) . Per la cittadinanza italiana, il discorso è simile: la legge sulla cittadinanza (L. 91/1992) richiede un reddito sufficiente negli ultimi anni e l’assenza di precedenti penali rilevanti. Non viene richiesto di essere “senza debiti”. È vero però che la valutazione di integrazione sociale potrebbe considerare anche il comportamento fiscale: in teoria, una sfilza di violazioni tributarie o uno stato di insolvenza conclamata potrebbero dare un’impressione negativa e portare a ritardi o richieste di chiarimenti (ci sono stati casi di rigetto per “mancato adempimento degli obblighi contributivi verso lo Stato”, poi impugnati con successo perché non previsti dalla legge). In conclusione: debitore sì, criminale no. Se avete debiti ma state cercando di risolverli e siete in regola con la legge, non perderete il diritto di soggiorno. Anzi, regolarizzare la posizione debitoria vi aiuterà anche a raggiungere una stabilità economica, che è un requisito importante per i permessi di lungo periodo e per vivere sereni in Italia.
Conclusione
Affrontare debiti importanti è sempre difficile – tanto più in un Paese di cui magari non si conoscono perfettamente la lingua o le leggi. Tuttavia, l’Italia, allineandosi alle tendenze europee, ha predisposto strumenti efficaci per proteggere il debitore onesto e dargli una via d’uscita dalla crisi, senza dover cadere nell’illegalità o nell’angoscia perenne. Il cittadino straniero debitore ha pari diritti di un cittadino italiano nel cercare giustizia ed equilibrio: può negoziare con i creditori, può accedere alle procedure di composizione della crisi e contare su organi terzi (OCC e tribunali) che valuteranno la sua situazione in modo imparziale e secondo la legge . Dal punto di vista del debitore, ciò significa che non si è soli né senza speranza: esistono legalmente possibilità di ridurre il debito, dilazionarlo, oppure ottenerne la cancellazione finale a fronte dell’impegno a fare tutto il possibile (principio del fresh start per il debitore meritevole) .
L’informazione è il primo alleato: conoscere i propri diritti e doveri, conoscere gli strumenti di tutela (come la legge sul sovraindebitamento), permette di evitare scelte avventate – come la fuga improvvisata all’estero sperando di scappare dai debiti – e di intraprendere invece soluzioni legali e definitive . Anche dal lato dei creditori, ormai, c’è una maggiore apertura a trattative stragiudiziali (saldo e stralcio) quando si prospetta la possibilità concreta che il debitore acceda a una procedura concorsuale: spesso banche e finanziarie preferiscono accordarsi con uno sconto piuttosto che attendere l’esito di un piano del consumatore che potrebbe tagliare i loro crediti unilateralmente . Dunque, il debitore informato può utilizzare la leva della legge persino per negoziare condizioni migliori.
In conclusione, cosa fare se si è un cittadino nigeriano (o di altra nazionalità) in Italia con debiti e cartelle esattoriali? Non disperare e non scappare nel buio. È fondamentale attivarsi: raccogliere tutti gli atti ricevuti, farsi assistere da un professionista esperto, verificare la regolarità delle notifiche (spesso gli stranieri subiscono notifiche errate, ad esempio inviate a vecchi indirizzi, che possono essere annullate) . Bisogna valutare se i debiti sono contestabili (prescritti o viziati), se si può ottenere una rateazione o una definizione agevolata, e se necessario avviare una procedura di sovraindebitamento per uscire definitivamente dal tunnel dei debiti. Il tutto senza timore di far valere i propri diritti: essere stranieri non significa avere meno diritti, anzi molte cartelle e accertamenti vengono talvolta notificati senza rispettare le regole previste per i cittadini stranieri residenti (come l’obbligo di traduzione degli atti se non si comprende l’italiano, ecc.) e con l’aiuto di un legale è possibile far annullare gli atti illegittimi e regolarizzare la propria posizione .
Il messaggio finale è che una soluzione legale c’è sempre, e l’ordinamento italiano – pur esigendo serietà e buona fede – mette a disposizione del debitore sovraindebitato strumenti concreti per ripartire onestamente. Informatevi, fatevi aiutare da esperti di fiducia, e pianificate la vostra difesa: il vostro futuro finanziario può essere ricostruito, passo dopo passo.
Fonti normative e giurisprudenziali (aggiornate a ottobre 2025)
Normativa (Italia e UE):
- D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (in vigore dal 15 luglio 2022), artt. 2, 65-91 (procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento) .
- Legge 27 gennaio 2012, n. 3 – Composizione delle crisi da sovraindebitamento (cd. “legge salva suicidi”), antecedente ora confluito nel Codice della crisi.
- Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137 (conv. L. 176/2020) – Riforma delle procedure da sovraindebitamento (ha introdotto novità come esdebitazione dell’incapiente, falcidia IVA) .
- D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 – Disposizioni sulla riscossione delle imposte (regola le cartelle di pagamento, il pignoramento esattoriale, limiti su prima casa e stipendio, ecc.).
- D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 – Disposizioni comuni accertamento imposte (art. 60: notifiche al contribuente, incluse modalità per irreperibili/esteri).
- D.Lgs. 286/1998 – Testo Unico Immigrazione, art. 5 e segg. (rinnovo permesso di soggiorno e cause di diniego) .
- Codice Penale, art. 570 (violazione obblighi assistenza familiare – rilevante per mancato mantenimento).
- Regolamento (UE) n. 1215/2012 – sul riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Bruxelles I rifusione) – applicabile per far valere sentenze e titoli tra Italia e altri Stati UE .
- Regolamento (UE) n. 2015/848 – relative alle procedure di insolvenza (rifusione del Reg. 1346/2000) – disciplina insolvenze transfrontaliere, riconoscimento automatico delle procedure principali aperte in uno Stato membro .
- Direttiva 2010/24/UE (recepita nel Reg. UE 904/2010) – Assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte e altre misure (cooperazione fiscale intra-UE) .
- Regolamento (UE) n. 655/2014 – Procedura per l’ordinanza europea di sequestro conservativo su conti bancari (European Account Preservation Order), per facilitare il recupero transfrontaliero dei crediti in materia civile e commerciale .
- Regolamento (CE) n. 4/2009 – Competenza, legge applicabile e riconoscimento in materia di obbligazioni alimentari (mantenimento), tra Stati membri UE .
- Decisione Quadro 2005/214/GAI – Riconoscimento reciproco alle sanzioni pecuniarie (multe penali) nell’UE .
- Convenzione OCSE/Consiglio d’Europa sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale (CMAAT) – aperta a Paesi extra-OCSE, firmata e ratificata da Italia, USA, Canada e molti altri (Nigeria ha firmato nel 2015, ratificata nel 2019), consente scambio info e assistenza riscossione tra Stati partecipanti.
Giurisprudenza (selezione):
- Cass., Sez. I civ., 17 gennaio 2013, n. 1163: Riconosciuta, ex L. 218/1995, l’esecutività in Italia di una sentenza straniera di condanna per debito da gioco d’azzardo legalmente contratto all’estero, non ravvisando contrarietà all’ordine pubblico (obbligazione valida nello Stato di origine) .
- Cass., Sez. Un. civ., 22 febbraio 2018, n. 4485: Ha affermato che nella L. 3/2012 il requisito di meritevolezza del consumatore va riferito all’assenza di frode o colpa grave nell’indebitamento, e che condotte semplicemente imprudenti non precludono l’accesso alla procedura – principio poi recepito dalla riforma 2020 .
- Cass., Sez. I civ., 4 novembre 2021, n. 31740: Ha stabilito che l’accordo o piano del consumatore omologato produce effetto esdebitativo anche sui crediti erariali (fiscali) inclusi, compresi quelli già rateizzati ma decaduti, salvo che l’omologazione sia stata impugnata. Ciò ha consolidato il cosiddetto “cram down fiscale” introdotto dalla L. 176/2020, ovvero la possibilità di stralciare parzialmente IVA e tributi nel sovraindebitamento .
- Tribunale di Milano, Sez. Fallimentare, 15 settembre 2022: Ha omologato un piano del consumatore che prevedeva la falcidia parziale dell’IVA dovuta, applicando la L. 176/2020, ritenendo soddisfatto il requisito del miglior soddisfacimento rispetto alla liquidazione (nell’accordo: creditori finanziari pagati al XX%, Erario al YY%; in ipotesi di liquidazione forzata l’Erario avrebbe ottenuto ancora meno) . Prima di tale pronuncia, la giurisprudenza era incerta sulla possibilità di ridurre l’IVA nei piani, ma la decisione milanese – sulla scia della Consulta e del legislatore – ha aperto la strada.
- Cass., Sez. III civ., 26 luglio 2023, n. 22715: In tema di sovraindebitamento di una società semplice e dei soci, ha chiarito che l’accordo di composizione dei debiti non si estende automaticamente al socio illimitatamente responsabile che non vi abbia partecipato. È necessario che anche quest’ultimo aderisca alla procedura per essere esdebitato; diversamente, il socio resta obbligato per i debiti sociali non soddisfatti .
- Cass., Sez. I civ., 27 luglio 2023, n. 22900: (ord.) Ha stabilito che i decreti di omologa o di diniego nelle procedure di sovraindebitamento sono ricorribili per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., quando definiscono in via definitiva diritti soggettivi. Si tratta di provvedimenti assimilabili a sentenze (dato il forte impatto sulle posizioni giuridiche delle parti), quindi contro di essi è ammesso il ricorso in Cassazione per violazione di legge .
- Cass., Sez. I civ., 14 marzo 2025, n. 6869: Ha confermato il rigetto di un piano del consumatore (inizialmente omologato e poi revocato in reclamo) perché il debitore aveva omesso informazioni su suoi debiti pregressi, impedendo alla banca creditrice una corretta valutazione del merito creditizio. La Suprema Corte ha sancito che la negligenza della banca nel concedere credito non esclude l’obbligo di buona fede del debitore in fase istruttoria: se il debitore fornisce dati falsi o incompleti sulla propria esposizione debitoria per ottenere nuovo credito, perde il beneficio dell’esdebitazione su quel credito. In breve, ha ribadito il principio di leale cooperazione del debitore: chi chiede aiuto alla giustizia per cancellare i debiti deve aver tenuto un comportamento corretto e trasparente .
- Corte Costituzionale, sent. 6 dicembre 2017, n. 245: Ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 16-septies D.L. 179/2012 (introdotto nel 2015) nella parte in cui non consentiva la falcidia dell’IVA nelle procedure di sovraindebitamento, ritenendo tale preclusione irragionevole. Questa pronuncia ha anticipato la riforma legislativa del 2020 che ha eliminato il divieto di falcidia dell’IVA, allineando il sistema italiano ai principi UE (nota: sentenza in ambito fallimentare, si applica per analogia al sovraindebitamento; cfr. anche Corte Cost. 225/2014 sul concordato fallimentare e debiti IVA) .
Hai vissuto o lavorato in Italia come cittadino nigeriano e adesso hai ricevuto cartelle esattoriali, intimazioni di pagamento o comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Hai vissuto o lavorato in Italia come cittadino nigeriano e adesso hai ricevuto cartelle esattoriali, intimazioni di pagamento o comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione?
Hai lasciato l’Italia e temi che i debiti possano crearti problemi anche in Nigeria?
👉 Tranquillo: puoi difenderti legalmente e risolvere la tua situazione fiscale, anche se oggi non vivi più in Italia.
In questa guida ti spiego cosa succede ai debiti dei cittadini nigeriani in Italia, se l’Agenzia delle Entrate può agire all’estero, e come bloccare o cancellare le cartelle con l’aiuto di un avvocato esperto.
💥 Cosa Succede ai Debiti in Italia
Se hai lavorato o avuto residenza in Italia, potresti avere debiti verso:
- l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (per tasse e imposte non pagate);
- INPS o INAIL (per contributi previdenziali non versati);
- banche o finanziarie (per prestiti o mutui non saldati);
- Comuni o Regioni (per multe, TARI, IMU o altri tributi locali).
📌 Questi debiti non si estinguono automaticamente quando lasci l’Italia, ma l’Agenzia delle Entrate non ha potere di riscossione in Nigeria.
⚖️ L’Agenzia delle Entrate Può Agire in Nigeria?
La risposta è no.
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può pignorare o riscuotere debiti in Nigeria, perché:
- La Nigeria non fa parte dell’Unione Europea;
- Non esiste un accordo bilaterale tra Italia e Nigeria per la riscossione dei tributi;
- Gli atti italiani non hanno valore legale in territorio nigeriano.
📌 In parole semplici: se vivi e hai beni solo in Nigeria, nessuno può pignorarti casa, stipendio o conti bancari per debiti italiani.
L’Agenzia può però agire su beni, conti o redditi rimasti in Italia o riattivare la riscossione se torni a vivere o lavorare nel Paese.
⚠️ Cosa Rischi se Ignori le Cartelle
Se non controlli la tua situazione, l’Agenzia delle Entrate può comunque:
- 🏦 pignorare conti correnti o stipendi italiani;
- 🏠 iscrivere ipoteche su immobili o terreni in Italia;
- 🚗 bloccare veicoli con fermi amministrativi;
- 💰 aumentare gli importi dovuti con sanzioni e interessi;
- ⚖️ riattivare la riscossione se rientri in Italia.
📌 Anche se sei in Nigeria, è importante gestire la posizione fiscale e difenderti legalmente per evitare problemi futuri.
💠 Cosa Fare Subito per Difendersi
1️⃣ Verifica la tua posizione fiscale
Richiedi un estratto di ruolo all’Agenzia delle Entrate-Riscossione: contiene l’elenco di tutte le cartelle e dei debiti registrati a tuo nome.
📌 L’avvocato può richiederlo per te anche se risiedi in Nigeria.
2️⃣ Controlla la validità delle notifiche
Molte cartelle vengono notificate a vecchi indirizzi italiani o in modo irregolare.
📌 Se non hai mai ricevuto la notifica, l’atto è nullo e può essere annullato.
3️⃣ Verifica la prescrizione dei debiti
Ogni debito ha un termine di validità:
- 5 anni per multe, contributi e cartelle;
- 10 anni per imposte (IRPEF, IVA, IRES).
📌 Se non hai ricevuto comunicazioni o atti per anni, il debito è prescritto e non più esigibile.
4️⃣ Richiedi la sospensione o l’annullamento delle cartelle
Puoi chiedere la sospensione immediata della riscossione se:
- la cartella non ti è mai stata notificata;
- il debito è già pagato o prescritto;
- ci sono errori o importi non dovuti.
📌 L’avvocato può ottenere la sospensione entro 48 ore e successivamente l’annullamento definitivo.
5️⃣ Rateizzazione o Saldo e Stralcio
Se i debiti sono reali ma troppo alti, puoi:
- chiedere una rateizzazione fino a 120 rate mensili;
- aderire a rottamazioni o definizioni agevolate;
- proporre un saldo e stralcio, pagando solo una parte del dovuto.
📌 Anche se vivi all’estero, puoi gestire tutto da remoto tramite rappresentante o bonifico internazionale.
🧩 Difendersi Legalmente Anche Dall’Estero
Un avvocato può rappresentarti in Italia senza che tu debba tornare di persona.
Può:
- 📂 verificare la legittimità delle cartelle e delle notifiche;
- ✍️ depositare ricorsi alla Corte di Giustizia Tributaria;
- ⚖️ chiedere la sospensione immediata delle azioni di riscossione;
- 💬 trattare piani di pagamento o chiusure agevolate con l’Agenzia delle Entrate.
📌 Con una semplice procura, puoi difenderti a distanza e risolvere la tua posizione fiscale in modo sicuro.
🧾 I Documenti da Consegnare all’Avvocato
- Copia del documento d’identità e codice fiscale italiani (se presenti);
- Copia delle cartelle esattoriali o avvisi ricevuti;
- Estratto di ruolo aggiornato;
- Eventuali prove di pagamento o ricorsi precedenti;
- Indirizzo di residenza attuale in Nigeria.
📌 Questi documenti servono per verificare se i debiti sono prescritti o annullabili.
⏱️ Tempi della Procedura
- Analisi e raccolta documenti: 5–10 giorni;
- Ricorso o sospensione: entro 60 giorni dalla notifica;
- Sospensione cautelare: anche in 48 ore;
- Definizione o chiusura del debito: in 1–3 mesi.
📌 Durante la sospensione, l’Agenzia delle Entrate non può riscuotere né procedere a pignoramenti in Italia.
⚖️ I Vantaggi di un’Assistenza Legale
✅ Blocco immediato di cartelle e riscossioni.
✅ Cancellazione dei debiti prescritti o notificati in modo irregolare.
✅ Protezione dei beni e conti ancora in Italia.
✅ Difesa completa anche per chi vive in Nigeria.
✅ Chiusura definitiva della posizione con il Fisco italiano.
🚫 Errori da Evitare
❌ Ignorare le cartelle pensando che “in Nigeria non possono fare nulla”.
❌ Pagare senza controllare se il debito è valido o prescritto.
❌ Superare i 60 giorni per impugnare o sospendere la cartella.
❌ Affidarsi a consulenti non esperti in diritto tributario.
📌 Anche se vivi all’estero, puoi difenderti e risolvere i debiti italiani in modo legale e sicuro.
🛡️ Come Può Aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza la tua posizione fiscale e verifica la legittimità dei debiti.
📌 Ti assiste nella richiesta di estratti di ruolo e sospensioni.
✍️ Redige ricorsi e istanze di annullamento.
⚖️ Ti rappresenta davanti alla Corte di Giustizia Tributaria anche se risiedi all’estero.
🔁 Ti segue fino alla cancellazione o alla definizione agevolata del debito.
🎓 Le Qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato cassazionista esperto in diritto tributario e riscossione internazionale.
✔️ Specializzato nella difesa di cittadini stranieri con debiti in Italia.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento, iscritto presso il Ministero della Giustizia.
✔️ Esperienza pluriennale nella tutela contro l’Agenzia delle Entrate e le cartelle esattoriali.
Conclusione
Essere un cittadino nigeriano con debiti o cartelle esattoriali in Italia non significa non poterli risolvere.
Con un’azione legale tempestiva puoi bloccare la riscossione, cancellare le cartelle illegittime o prescritte e chiudere definitivamente la tua posizione con il Fisco italiano.
⏱️ Agisci subito: anche se vivi in Nigeria, puoi difenderti legalmente e senza tornare in Italia.
📞 Contatta l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata:
la tua difesa contro i debiti in Italia può partire oggi stesso.