Nullità Dell’Avviso Di Accertamento Per Difetto Di Motivazione: Quando E Come Difendersi

Hai ricevuto un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate e ti sei accorto che non spiega chiaramente perché ti vengono contestate imposte, sanzioni o interessi? Potresti trovarti di fronte a un caso di difetto di motivazione, una delle cause più frequenti di nullità dell’accertamento fiscale.
La legge infatti impone all’Amministrazione finanziaria di indicare in modo preciso e comprensibile le ragioni della pretesa tributaria. Se l’avviso è generico, incompleto o non consente di capire come sono stati calcolati i maggiori redditi, l’atto è illegittimo e annullabile in giudizio.
Con l’assistenza di un avvocato tributarista esperto in contenzioso fiscale, puoi impugnare l’avviso, sospendere la riscossione e far dichiarare nullo l’atto per difetto di motivazione.

Cosa significa “difetto di motivazione” in un avviso di accertamento

La motivazione di un avviso di accertamento è ciò che permette al contribuente di capire le ragioni del Fisco e difendersi efficacemente.
Secondo l’art. 7 dello Statuto del Contribuente (L. 212/2000) e l’art. 42 del DPR 600/1973, ogni accertamento deve:

  • indicare i presupposti di fatto (le operazioni, i dati o gli elementi che hanno portato alla rettifica);
  • indicare le ragioni giuridiche (le norme applicate e i criteri di calcolo usati);
  • consentire al contribuente di verificare la correttezza della pretesa tributaria.

Se manca anche uno solo di questi elementi, l’avviso è viziato da difetto di motivazione e quindi nullo.

Quando un avviso di accertamento è nullo per difetto di motivazione

L’avviso è nullo nei seguenti casi:

  • si limita a riprodurre formule generiche o riferimenti normativi senza spiegare i calcoli;
  • non allega i documenti richiamati (es. verbali della Guardia di Finanza, prospetti, contabilità, dati bancari);
  • non chiarisce la metodologia usata per determinare i maggiori redditi o l’IVA accertata;
  • non specifica le fonti dei dati utilizzati (banche dati, segnalazioni, incroci fiscali);
  • non indica le prove concrete del presunto illecito;
  • non spiega il collegamento logico tra le anomalie riscontrate e la maggiore imposta pretesa;
  • non considera le spiegazioni fornite dal contribuente durante il contraddittorio.

In tutti questi casi, il contribuente non è messo in condizione di capire né di difendersi, e ciò rende l’accertamento giuridicamente nullo.

Cosa dice la Cassazione sul difetto di motivazione

La Corte di Cassazione è costante nel ritenere che la motivazione dell’accertamento deve essere sufficiente, puntuale e intellegibile.
In particolare, ha stabilito che:

  • un avviso che non consente di comprendere la logica del calcolo fiscale è nullo (Cass. n. 9784/2020);
  • la motivazione “per relationem” (cioè richiamando altri atti) è valida solo se gli atti richiamati sono allegati integralmente (Cass. n. 14772/2019);
  • la mancata valutazione delle giustificazioni del contribuente comporta violazione del diritto di difesa (Cass. n. 28454/2018);
  • il contraddittorio senza motivazione effettiva equivale a un accertamento “vuoto” e quindi nullo.

Come funziona la difesa per difetto di motivazione

Un avvocato tributarista può predisporre un ricorso basato su vizi formali e sostanziali dell’avviso, fondato su:

  • assenza o insufficienza di motivazione;
  • mancata allegazione degli atti richiamati;
  • omessa valutazione delle difese presentate nel contraddittorio;
  • assenza di prove concrete del maggior reddito o dell’imposta non versata;
  • violazione del diritto di difesa sancito dallo Statuto del Contribuente.

Nel ricorso, l’avvocato può chiedere alla Corte di Giustizia Tributaria di dichiarare la nullità dell’avviso, con conseguente cancellazione delle imposte, sanzioni e interessi.

Le strategie difensive più efficaci

  • Contestare la genericità o l’incompletezza della motivazione;
  • Evidenziare la mancanza di allegati e documenti probatori;
  • Dimostrare che l’Agenzia ha ignorato le tue giustificazioni;
  • Dimostrare l’assenza di collegamento logico tra i dati e la pretesa fiscale;
  • Richiedere la sospensione cautelare della riscossione per evitare pignoramenti o cartelle durante il processo;
  • Utilizzare la giurisprudenza consolidata della Cassazione a favore del contribuente.

Perché il difetto di motivazione è un’arma decisiva

A differenza delle contestazioni sul merito (che riguardano i calcoli o i redditi), il vizio di motivazione colpisce la validità stessa dell’atto.
Se l’accertamento è nullo per difetto di motivazione, il giudice non entra nemmeno nel merito della pretesa fiscale: l’atto viene annullato integralmente, con cancellazione di imposte, sanzioni e interessi.

Come scegliere l’avvocato giusto per difenderti

Affrontare un accertamento con difetto di motivazione richiede un legale con:

  • specializzazione in diritto tributario e contenzioso fiscale;
  • esperienza diretta in annullamenti di avvisi per vizi formali;
  • capacità di analizzare e smontare la struttura logico-giuridica dell’atto;
  • aggiornamento costante sulla giurisprudenza tributaria;
  • abilità nel richiedere la sospensione cautelare e ottenere sentenze favorevoli.

Un avvocato esperto può far annullare completamente l’accertamento, risparmiandoti imposte e sanzioni ingiuste.

Cosa succede se non ti difendi

Se non presenti ricorso entro 60 giorni dalla notifica:

  • l’avviso di accertamento diventa definitivo e immediatamente esecutivo;
  • l’Agenzia può iscrivere a ruolo le somme e avviare la riscossione coattiva;
  • rischi cartelle esattoriali, pignoramenti e ipoteche;
  • perdi il diritto di contestare il vizio di motivazione.

Agire subito è essenziale per bloccare la riscossione e difendere il tuo diritto a una motivazione chiara e completa.

Quando rivolgersi a un avvocato

Contatta immediatamente un avvocato se:

  • hai ricevuto un avviso di accertamento generico o incomprensibile;
  • l’Agenzia non ha allegato i documenti richiamati;
  • vuoi contestare l’atto per vizio di motivazione o violazione del diritto di difesa;
  • desideri sospendere la riscossione e presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria.

Un avvocato tributarista può:

  • impugnare l’avviso e chiederne la sospensione cautelare;
  • dimostrare il difetto di motivazione e ottenere la nullità dell’atto;
  • difenderti in giudizio fino alla Cassazione;
  • bloccare le imposte e le sanzioni illegittime.

⚠️ Attenzione: molti avvisi di accertamento sono annullabili perché non spiegano chiaramente le ragioni del Fisco. Se non li contesti in tempo, diventano definitivi. Con una difesa tempestiva puoi impugnare l’atto, bloccare la riscossione e ottenere l’annullamento totale.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, contenzioso fiscale e difesa contro avvisi di accertamento illegittimi – spiega quando un avviso è nullo per difetto di motivazione e come difendersi efficacemente con l’assistenza di un avvocato specializzato.

👉 Hai ricevuto un avviso di accertamento senza spiegazioni chiare o documenti allegati?
Richiedi in fondo alla guida una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo l’atto, verificheremo se manca la motivazione e costruiremo una strategia personalizzata per impugnare l’accertamento, sospendere la riscossione e difendere i tuoi diritti fiscali.

Introduzione

L’obbligo di motivazione negli atti fiscali è un principio fondamentale del sistema tributario italiano, volto a garantire trasparenza e tutela dei diritti del contribuente. Un avviso di accertamento – cioè l’atto con cui l’Amministrazione finanziaria contesta un maggiore tributo rispetto a quanto dichiarato o versato – deve essere motivato in modo chiaro e completo, indicando le ragioni di fatto e di diritto alla base della pretesa fiscale. Questo obbligo ha radici costituzionali (art. 97 Cost., buon andamento e imparzialità della P.A., e art. 24 Cost., diritto di difesa) e normative (art. 3 Legge 241/1990 sul procedimento amministrativo; art. 7 Statuto del Contribuente, L. 212/2000) . In pratica, la motivazione serve a mettere il contribuente in condizione di comprendere immediatamente cosa gli viene richiesto e perché, così da poter valutare se aderire, chiedere chiarimenti o preparare una difesa efficace nei ristretti termini di legge.

Nel corso degli anni, dottrina e giurisprudenza hanno ribadito che un avviso di accertamento privo di un’adeguata motivazione è invalido, potendo essere annullato dal giudice tributario su ricorso del contribuente . Si parla comunemente di nullità dell’atto per difetto di motivazione, intendendo con ciò che l’atto viola un requisito essenziale di legittimità e quindi non può produrre effetti vincolanti, purché il contribuente ne faccia valere il vizio tempestivamente in giudizio. È importante sottolineare che, in ambito tributario, anche quando si utilizza il termine “nullità”, nella pratica occorre comunque impugnare l’atto nei termini previsti: l’invalidità infatti deve essere dichiarata dal giudice su istanza di parte. Un avviso non motivato, se non impugnato, diventerà definitivo trascorsi i termini di legge, precludendo al contribuente ogni possibilità di contestazione successiva.

In questa guida, aggiornata a ottobre 2025, esamineremo dettagliatamente quando un avviso di accertamento può dirsi nullo per difetto (o carenza) di motivazione e come il contribuente può difendersi. Adotteremo un taglio avanzato ma dal tono chiaro e divulgativo, utile sia ai professionisti del diritto tributario (avvocati, commercialisti) sia a privati cittadini e imprenditori che si trovino ad affrontare accertamenti fiscali.

Tratteremo innanzitutto il quadro normativo di riferimento, includendo le recenti novità introdotte dalla riforma della giustizia tributaria (D.Lgs. 219/2023) entrata in vigore tra il 2023 e il 2024. Proseguiremo analizzando casi tipici di difetto di motivazione, supportati dalle più aggiornate pronunce giurisprudenziali (Corte di Cassazione – anche Sezioni Unite o sezioni semplici – e Corti di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado). Approfondiremo poi le strategie difensive a disposizione del contribuente: dagli strumenti pre-contenziosi (richieste di autotutela, accertamento con adesione) al ricorso davanti al giudice tributario, senza tralasciare le recenti modifiche procedurali (come l’abolizione dal 2024 della mediazione tributaria obbligatoria per le liti minori) e le implicazioni nei diversi gradi di giudizio (Commissione Tributaria – ora Corte di Giustizia Tributaria – di primo e secondo grado, ricorso per Cassazione).

Saranno fornite tabelle riepilogative, ad esempio sui principali riferimenti normativi e sulle diverse tipologie di vizi motivazionali, nonché esempi pratici (simulazioni di casi reali) dal punto di vista del debitore/contribuente. Infine, una sezione di Domande e Risposte frequenti (FAQ) chiarirà i dubbi più comuni: ad esempio, cosa fare se si riceve un avviso “criptico”, se l’Ufficio può aggiungere spiegazioni dopo la notifica, quali termini rispettare e quali sentenze recenti rafforzano la posizione del contribuente. L’obiettivo finale è fornire una guida completa (ben oltre 10.000 parole) che permetta di individuare con certezza quando e perché un avviso di accertamento è nullo per difetto di motivazione, e come difendersi efficacemente per far valere i propri diritti.

Quadro normativo: l’obbligo di motivazione degli atti tributari

Per comprendere cosa si intenda per difetto di motivazione e quali siano le conseguenze, è necessario partire dal quadro normativo italiano in materia di obbligo di motivazione degli atti amministrativi e, in particolare, degli atti impositivi fiscali.

  • Art. 3 Legge 7 agosto 1990 n.241 (Legge sul procedimento amministrativo): stabilisce in via generale che “ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato”, con l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni di diritto che hanno determinato la decisione. Se la decisione richiama un altro atto, questo deve essere indicato e reso disponibile (allegato o comunque accessibile) . Questo principio di carattere generale vale per tutti gli atti della Pubblica Amministrazione, inclusi quindi quelli in materia tributaria.
  • Art. 7 Legge 27 luglio 2000 n.212 (Statuto dei diritti del contribuente): ha rafforzato e specificato il principio della motivazione nell’ambito fiscale. Nel testo originario, l’art.7 comma 1 disponeva che “gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati a pena di nullità, con l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che li determinano” . Inoltre, se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, “questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale” (art.7 co.1, ultima parte). Dunque, fin dal 2000, la legge prevedeva espressamente la nullità degli atti impositivi privi di motivazione o con motivazione meramente per relationem senza allegazione dell’atto richiamato (qualora questo non fosse già noto al contribuente) . In sostanza, l’obbligo di indicare chiaramente fatti e motivi giuridici a fondamento dell’atto è elevato a vero e proprio requisito di validità dell’atto fiscale: se manca, l’atto è invalido.
  • Modifiche introdotte dal D.Lgs. 8 novembre 2023 n.219: nell’ambito della riforma della giustizia tributaria (attuativa della L. 130/2022), l’art. 7 dello Statuto del contribuente è stato parzialmente modificato, con effetto dal 18 gennaio 2024 . In particolare:
  • È stato inserito un nuovo comma (comma 1-bis) che dettaglia meglio il contenuto della motivazione richiesta per gli atti impugnabili. Esso prevede che la motivazione debba contenere specificamente: (a) i presupposti di fatto; (b) i mezzi di prova; (c) le ragioni giuridiche su cui l’atto si fonda . Si tratta di una cristallizzazione normativa di principi già affermati dalla giurisprudenza: non è più ammessa una motivazione generica o incompleta, ma occorre indicare chiaramente i fatti accertati, gli elementi probatori (documenti, risultanze di controlli, ecc.) e le norme applicate.
  • Viene ribadito l’obbligo di allegazione degli atti richiamati: se la motivazione si basa su un altro atto non conosciuto dal contribuente, tale atto deve essere allegato, a meno che nell’atto impositivo vengano riportati i contenuti essenziali di quello richiamato unitamente all’indicazione delle ragioni per cui i dati ivi contenuti sono ritenuti rilevanti . Questa previsione rafforza il divieto di “motivazione per relationem” priva di riscontri: il contribuente non deve essere costretto a reperire altrove le informazioni necessarie a comprendere la pretesa fiscale.
  • Qualificazione del vizio: il nuovo comma 1-bis dell’art.7 specifica che il mancato rispetto di questi requisiti comporta la “annullabilità” dell’atto . Il legislatore ha usato il termine annullabilità (anziché nullità), ma nella sostanza la tutela del contribuente è la medesima: l’atto viziato potrà essere invalidato dal giudice su ricorso. In passato la giurisprudenza parlava di “nullità” per difetto di motivazione; oggi si usa “annullabilità” in termini tecnici, ma ciò che conta è che un atto carente di motivazione non regge in giudizio.
  • È stato codificato il cosiddetto divieto di integrazione postuma: il comma 1-bis stabilisce infatti che “i fatti e i mezzi di prova posti a fondamento dell’atto impositivo non possono essere successivamente modificati, integrati o sostituiti se non attraverso un ulteriore atto” (ovviamente da notificare al contribuente, e purché ne sussistano i presupposti e non siano scaduti i termini) . In altre parole, l’ufficio non può supplire in corso di causa alle carenze motivazionali dell’atto impugnato: se la motivazione è deficitaria, non potrà essere “aggiustata” durante il processo tributario con memorie o documenti integrativi, ma solo – eventualmente – emettendo un nuovo avviso (cosa che però spesso non sarà più possibile per intervenuta decadenza). Questo punto recepisce esplicitamente la giurisprudenza di Cassazione che da tempo sanciva il divieto di motivazione postuma .
  • Obblighi specifici in leggi tributarie speciali: già prima dello Statuto del 2000, alcune norme settoriali prevedevano l’obbligo di motivazione per determinati atti:
  • Imposte sui redditi: l’art. 42 del D.P.R. 29 settembre 1973 n.600 (disciplina degli accertamenti delle imposte dirette) stabilisce che l’avviso di accertamento deve essere sottoscritto dal capo ufficio (o funzionario delegato) e deve contenere i motivi. La giurisprudenza ha interpretato che la mancanza di sottoscrizione rende l’atto nullo ex lege, e parimenti la mancanza di motivazione ne comporta l’illegittimità, data la norma dello Statuto che impone motivazione a pena di nullità .
  • IVA: l’art. 56 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n.633 prevede l’obbligo di motivazione per gli avvisi di accertamento IVA. Anche qui, un avviso IVA privo di motivazione è da ritenersi invalido, in virtù sia della norma specifica sia dell’art.7 Statuto.
  • Imposta di registro: l’art. 52, comma 2-bis, del D.P.R. 26 aprile 1986 n.131 (Testo Unico Registro, introdotto dal D.Lgs. 32/2001) stabilisce espressamente che se la motivazione avviene per relationem, senza che l’atto richiamato sia allegato, l’avviso di rettifica e liquidazione è nullo. È una previsione in linea con l’art.7 Statuto, mirata a evitare accertamenti “per rinvio” non trasparenti .
  • Imposta di successione e donazione: analoghe disposizioni sull’obbligo di motivazione (e spesso richiamo allo Statuto) si trovano nel D.Lgs. 346/1990 (es. art. 35 prevede la notifica di avviso di rettifica motivato per le successioni, pena nullità in caso di mancata allegazione di atti richiamati).
  • Tributi locali (IMU, TARI, TASI ecc.): la Legge 27 dicembre 2006 n.296 (Finanziaria 2007), art. 1 comma 161-164, ha introdotto una disciplina generale per gli accertamenti dei comuni. In particolare, il comma 162 dispone che “gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere motivati in relazione ai presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche che li fondano”. La dottrina e la giurisprudenza concordano nel ritenere che anche per i tributi locali la motivazione insufficiente determini la nullità dell’atto, in parallelo con quanto previsto dallo Statuto nazionale . Dunque un avviso IMU, TARI, ecc. deve contenere gli elementi essenziali della pretesa fiscale e le norme applicate; in caso contrario il contribuente potrà far valere il vizio in giudizio.
  • Contributi previdenziali (avvisi di addebito INPS): pur non trattandosi di “tributi” in senso stretto, gli avvisi con cui l’INPS richiede il pagamento di contributi omessi seguono gli stessi principi di trasparenza e motivazione degli atti amministrativi. La normativa specifica (ad es. art. 30 D.L. 78/2010 convertito in L.122/2010, che ha introdotto l’avviso di addebito come titolo esecutivo) richiede che nell’atto siano indicati gli elementi essenziali del credito: importi, causali, periodi di riferimento, e che sia richiamato l’eventuale verbale ispettivo o accertamento a base della pretesa. Anche senza un esplicito “a pena di nullità” nella norma INPS, la giurisprudenza (anche della Cassazione, sez. Lavoro) ha affermato che una motivazione mancante o incomprensibile rende l’avviso INPS illegittimo, perché lede il diritto di difesa del destinatario allo stesso modo degli atti fiscali .

In sintesi, tutte le amministrazioni impositori (Erario, Enti locali, Enti previdenziali, Dogane) sono tenute a motivare i propri atti in maniera esaustiva. Le fonti normative chiave, aggiornate al 2025, sono riportate nella tabella seguente.

Tabella 1 – Principali riferimenti normativi sull’obbligo di motivazione degli atti fiscali

Norma di riferimentoAmbito di applicazioneContenuto dell’obbligo di motivazioneSanzione in caso di violazione
Art. 3 Legge 241/1990Atti amministrativi in generaleMotivazione con indicazione di fatti e ragioni giuridiche; se si richiama altro atto, va reso disponibileIllegittimità dell’atto (annullabilità in giudizio)
Art. 7 co.1 L. 212/2000 (Statuto contribuenti) – testo ante 2023Atti dell’Amministrazione finanziaria (tributi erariali)Motivazione con indicazione di presupposti di fatto e ragioni giuridiche. Se si richiamano atti non conosciuti, vanno allegati (o riprodotti nei contenuti essenziali)Nullità dell’atto impositivo (in sede di ricorso)
Art. 7 co.1 L. 212/2000testo vigente 2024, modificato da D.Lgs. 219/2023Atti impugnabili emessi dal 2024 (tutti i tributi)Come sopra, in aggiunta: la motivazione deve esporre fatti, prove e ragioni giuridiche. Vietata integrazione postuma dei motivi (salvo nuovo atto)Annullabilità dell’atto in giudizio (vizio rilevabile d’ufficio)
Art. 42 D.P.R. 600/1973Avvisi di accertamento imposte redditiDeve contenere la sottoscrizione del capo ufficio e i motivi dell’accertamento.Nullità se manca la firma; nullità/annullabilità se difetta motivazione (riconosciuta tramite art.7 Statuto)
Art. 56 D.P.R. 633/1972Avvisi di accertamento IVADeve contenere motivazione analoga a quella degli accert. imposte dirette.Nullità/annullabilità se difetta motivazione (per violazione Statuto)
Art. 52 co.2-bis D.P.R. 131/1986Avvisi rettifica/liquidaz. registroSe motivato per relationem, l’atto richiamato va allegato (salvo contenuto riprodotto); previsto espressamente “a pena di nullità” .Nullità dell’avviso in caso di mancata allegazione (se atto non noto)
Art. 35 D.Lgs. 346/1990Avvisi accertamento imposta successioni/donazioniObbligo di notificare avviso di rettifica motivato (in raccordo con art.7 Statuto).Nullità in caso di difetto di motivazione (per violazione norme + Statuto)
Art. 1 co.162 L. 296/2006Avvisi accertamento tributi locali (IMU, TARI, ecc.)Motivazione in relazione a presupposti di fatto e ragioni giuridiche della pretesa.Nullità/annullabilità in caso di motivazione mancante o insufficiente (riconosciuta da Cassazione)
Art. 30 D.L. 78/2010 conv. L.122/2010 (Avviso addebito INPS) + art. 24 D.Lgs. 46/1999Avvisi di addebito INPS (crediti previdenziali)Deve contenere: generalità debitore, periodo contributivo, importi (quota capitale, interessi, sanzioni) con criteri di calcolo, causali, estremi di eventuali verbali o accertamenti su cui si fonda.Nullità/annullabilità se mancano elementi essenziali (motivo, periodo, importi), secondo giurisprudenza (es. Cass. 1095/2022)

(Legenda: nullità/annullabilità – in entrambi i casi occorre ricorrere al giudice per eliminare l’atto; “nullità” indica che il vizio è talmente grave da essere rilevabile d’ufficio dal giudice, “annullabilità” indica che serve la contestazione di parte entro i termini.)

Come si vede, l’ordinamento predispone un quadro piuttosto chiaro: la motivazione è un elemento essenziale di validità di ogni avviso di accertamento. Tale principio, affermato dallo Statuto del Contribuente e da varie norme settoriali, è stato ulteriormente precisato nel 2023 con l’indicazione analitica dei contenuti e con il divieto di motivazione ex post. In definitiva, un avviso che non esponga in modo intellegibile perché e su quali basi viene richiesto un tributo aggiuntivo viola la legge e può (anzi, deve) essere annullato se il contribuente lo impugna.

Nel prossimo paragrafo definiremo meglio che cosa si intende per avviso di accertamento e quali differenze ci sono rispetto ad altri atti (come l’avviso di liquidazione o la cartella di pagamento), prima di addentrarci nelle tipologie di vizi di motivazione che possono inficiarlo.

Che cos’è un avviso di accertamento e perché va motivato

L’avviso di accertamento è l’atto attraverso il quale l’Amministrazione finanziaria (tipicamente l’Agenzia delle Entrate, ma anche altri enti impositori come i Comuni per i tributi locali, o l’Agenzia delle Dogane per i dazi) accerta e contesta al contribuente una maggiore obbligazione tributaria rispetto a quella risultante dalle dichiarazioni fiscali o dai versamenti effettuati. In altre parole, con l’avviso di accertamento il Fisco “scopre” e quantifica nuova materia imponibile o imposta dovuta che il contribuente non avrebbe dichiarato o versato spontaneamente, applicando le relative imposte e sanzioni.

Differenze rispetto ad altri atti: è utile distinguere l’avviso di accertamento da altri atti fiscali con finalità simili: – Avviso di liquidazione: è un atto con cui il Fisco liquida un’imposta dovuta in base a elementi già noti o dichiarati dal contribuente, senza introdurre nuovi imponibili. Ad esempio, l’avviso di liquidazione viene emesso per recuperare una differenza d’imposta di registro, di successione, o un conguaglio su rendite già dichiarate. In genere segue un controllo formale: calcola l’importo dovuto applicando un’aliquota o un valore già definito (es. valore catastale, tariffa comunale) . Non comporta una vera “scoperta” di redditi occulti, ma solo un ricalcolo su basi corrette. Ciò non toglie che anche l’avviso di liquidazione debba essere motivato: se ad esempio l’Agenzia liquida un’imposta maggiore sul presupposto che un immobile è di lusso e non gode di aliquota ridotta, deve spiegare perché quell’immobile è considerato di lusso (magari indicando che supera certe caratteristiche) e su quali atti o perizie si basa . In assenza di tali spiegazioni, l’avviso di liquidazione è viziato come l’avviso di accertamento. – Cartella di pagamento (o ruolo): la cartella emessa dall’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate-Riscossione) è invece uno strumento per riscuotere forzosamente somme dovute, sia derivanti da accertamenti sia da omessi versamenti spontanei. La cartella traduce in un ordine di pagamento somme già determinate altrove (in un avviso di accertamento definitivo, in una dichiarazione non pagata, in un avviso di liquidazione, ecc.). Dopo il 2011, per molte imposte erariali la cartella è stata sostituita dall’“accertamento esecutivo”, ossia lo stesso avviso di accertamento contiene l’intimazione a pagare entro un termine (tipicamente 60 giorni) e, in difetto, vale come titolo esecutivo per la riscossione coattiva senza ulteriore cartella. In ogni caso anche la cartella (o l’intimazione in accertamento esecutivo) deve indicare la base legale e le somme richieste, ma non motiva la pretesa in fatto e diritto – perché quella motivazione è già contenuta nell’atto presupposto (avviso, dichiarazione). Quindi l’eventuale difetto di motivazione si verifica nell’atto presupposto (es: l’accertamento) più che nella cartella in sé. Se l’atto presupposto è annullato per difetto di motivazione, anche la cartella “derivata” sarà illegittima e dovrà cadere . Viceversa, se un avviso è definitivo (non impugnato) anche se motivato male, la successiva cartella non potrà più essere contestata nel merito del tributo (ciò evidenzia ancora una volta l’importanza di impugnare subito l’avviso viziato).

In sintesi, l’avviso di accertamento rappresenta il momento in cui viene formulata e comunicata al contribuente la contestazione tributaria vera e propria, con una pretesa quantitativamente determinata e fondata su determinate ragioni. Proprio per questa sua natura, la legge richiede una motivazione accurata: è nell’avviso di accertamento che il contribuente deve trovare tutti gli elementi essenziali per capire cosa gli viene chiesto (quantum) e su quale base (an e motivi). Questo consente al contribuente di esercitare pienamente: – Il diritto di difesa, preparando un’eventuale impugnazione consapevole e mirata; – Il contraddittorio, anche endoprocedimentale ove previsto (in alcuni accertamenti il contribuente viene invitato a fornire chiarimenti prima dell’emissione dell’atto: ma se ciò non avviene, la motivazione dell’atto notificato assume ancor più rilievo perché è la prima occasione di conoscenza della pretesa).

Esempio: consideriamo un accertamento IRPEF in cui l’Agenzia contesta ricavi non dichiarati desunti dai movimenti bancari. L’avviso dovrà indicare almeno: quali conti correnti sono stati analizzati; quali versamenti sono ritenuti ricavi non dichiarati (magari elencandoli o riassumendoli per periodo); perché si presumono imponibili (es. applicazione art. 32 DPR 600/73, versamenti non giustificati considerati ricavi); l’ammontare dell’ulteriore reddito e dell’imposta conseguente, con relative sanzioni. Se l’atto si limitasse a dire “Dai controlli effettuati risultano maggiori ricavi non dichiarati per €100.000; pertanto si richiede la maggiore imposta”, sarebbe del tutto inadeguato. Una formula così generica non permette di capire quali ricavi, di quale periodo, né su quali basi si sia arrivati a quella cifra: il contribuente dovrebbe “indovinare” cosa l’Ufficio abbia trovato, il che è inaccettabile. Infatti la Corte di Cassazione ha affermato che un avviso che si limita a riferimenti vaghi a controlli d’ufficio, senza dettagli, è nullo per difetto di motivazione .

Dall’altro lato, non si pretende che l’avviso riproduca integralmente ogni dato (specie se i rilievi sono complessi). È ammessa la motivazione “per relationem”: ad esempio, l’avviso di accertamento può rinviare ad un Processo Verbale di Constatazione (PVC) redatto dalla Guardia di Finanza o ad altro verbale ispettivo, purché questo documento sia conosciuto dal contribuente (perché già notificato o consegnato) oppure allegato all’avviso . In tal caso, il rinvio assolve all’obbligo motivazionale, in quanto il contribuente ha a disposizione il contenuto dettagliato altrove. Ad esempio, un avviso di accertamento IVA può motivare “per relationem” richiamando il PVC della Guardia di Finanza n. XX/XXXX allegato, nel quale sono descritti i rilievi (fatture false, ecc.): la motivazione è valida perché il contribuente leggendo il PVC allegato sa esattamente cosa viene contestato. Se invece l’avviso facesse riferimento a un documento non messo a conoscenza (es: “…come da rapporto informativo interno n.123”), la motivazione sarebbe carente: il contribuente non può essere costretto a ricercare atti ignoti.

Riassumendo: l’avviso di accertamento è l’atto-cardine in cui l’Amministrazione fiscale esercita il potere impositivo nei confronti del contribuente. Motivarlo adeguatamente non è una formalità, ma una garanzia essenziale: – Per il contribuente: di sapere esattamente qual è la pretesa fiscale e perché, potendo così decidere consapevolmente se pagare, chiedere un accertamento con adesione, o impugnare l’atto. – Per il sistema di giustizia tributaria: di delimitare l’oggetto del futuro eventuale giudizio. La motivazione dell’avviso infatti circoscrive i confini della controversia: in giudizio si potrà discutere solo dei motivi e degli importi indicati nell’atto, non di questioni nuove tirate fuori dopo. Ciò impedisce all’ufficio di modificare le carte in tavola in corso di causa, tutelando l’equità processuale .

Alla luce di ciò, passiamo ora ad esaminare quando la motivazione di un avviso è considerata mancante o viziata secondo la normativa e la giurisprudenza, e con quali effetti.

Quando la motivazione è viziata: tipologie di difetto di motivazione nell’avviso

Non ogni carenza o imperfezione dell’atto equivale a “difetto di motivazione” in senso giuridicamente rilevante. La giurisprudenza ha individuato diverse situazioni in cui la motivazione dell’avviso di accertamento risulta inidonea a soddisfare gli obblighi di legge. Possiamo distinguere alcune tipologie di vizi motivazionali, che vanno dalla totale mancanza di motivazione, alle forme più subdole di motivazione apparente o insufficiente, fino ai casi particolari (motivazione per relationem scorretta, motivazione contraddittoria). Analizziamole singolarmente.

1. Motivazione mancante (omessa) o “inesistente”

È il caso estremo e più evidente: nessuna motivazione è riportata nell’avviso. Fortunatamente, è una situazione rara, perché qualsiasi atto fiscale almeno una spiegazione di massima tende a darla. Potrebbe accadere per un errore grossolano (esempio ipotetico: un avviso riporta solo “Devi pagare €10.000 di imposte e sanzioni” senza aggiungere altro). In tal caso si avrebbe una motivazione completamente omessa, che costituisce senza dubbio un vizio gravissimo.

  • Conseguenze: un avviso totalmente privo di motivazione è nullo “in senso proprio”, ossia affetto da un vizio insanabile rilevabile anche d’ufficio. La legge lo prevede espressamente (art.7 L.212/2000: obbligo a pena di nullità) . In giudizio, un vizio del genere comporterebbe l’annullamento dell’atto senza entrare nemmeno nel merito della pretesa tributaria.

Va però chiarito che per “motivazione mancante” la giurisprudenza non intende solo l’assenza fisica di qualsiasi frase motivazionale, ma anche il caso di motivazione talmente generica o tautologica da essere pari al nulla. Ad esempio, Cassazione ha definito “motivazione inesistente” o “meramente apparente” quella che si risolve in frasi vuote del tipo: “L’ufficio ha accertato maggior imponibile – perché sì – e richiede le imposte relative”. Se l’atto non espone alcun elemento concreto (fatti o norme) su cui si fonda, la motivazione è considerata inesistente in senso giuridico, equiparata all’assenza totale. In tali casi l’atto viene annullato per difetto assoluto di motivazione.

Un esempio dalla giurisprudenza: un avviso TARI che si limitava a citare “controlli d’ufficio effettuati” senza ulteriori dettagli è stato ritenuto nullo. La Cassazione, con l’ordinanza n.7662/2025, ha ribadito che un riferimento così vago equivale alla mancanza di motivazione, perché non consente al contribuente di conoscere i presupposti di fatto né le ragioni giuridiche della maggiore pretesa . In quel caso concreto (TARI 2015-2017), l’avviso comunale non spiegava quali fossero le irregolarità contestate – si parlava genericamente di “infedele denuncia” basata su controlli – e solo durante il processo l’ente aveva chiarito si trattava di una mancata traduzione di documenti (motivo rivelato tardivamente nelle memorie). La Corte ha dichiarato invalido l’atto: la motivazione deve essere autosufficiente e “ex ante”, non si possono tollerare chiarimenti postumi .

Sintesi: Se l’avviso non espone alcuna concreta ragione della pretesa – o utilizza formule così vaghe da non dire nulla – la motivazione è giuridicamente inesistente. L’atto è annullabile per violazione dell’art.7 L.212/2000 e delle norme connesse. Il contribuente potrà far valere questa nullità assoluta in sede di ricorso, ottenendo l’annullamento senza discussione sul merito (imposte dovute).

2. Motivazione generica, incompleta o insufficiente

Più frequenti sono i casi in cui l’avviso qualche spiegazione la dà, ma non in modo sufficientemente dettagliato o chiaro. Si parla di motivazione insufficiente o carente, che comunque incide sulla validità dell’atto in quanto non consente al contribuente di esercitare appieno il suo diritto di difesa . Vediamo alcune sotto-ipotesi:

  • a) Motivazione per relationem “monca” (atto richiamato non allegato né conosciuto). L’ufficio motiva rinviando a un altro documento, ad esempio un processo verbale o una relazione tecnica, però non allega tale documento all’avviso risulta che il contribuente l’abbia già ricevuto. Questo vizio era già contemplato espressamente: lo Statuto (art.7 co.1) e norme come l’art.52 DPR 131/86 stabiliscono che se la motivazione rinvia ad altri atti non conosciuti, occorre allegarli, a pena di nullità . La ratio è ovvia: senza l’atto di riferimento, la motivazione non è comprensibile.
  • Esempio: avviso di accertamento IVA che dica “Viste le risultanze del rapporto XY dell’Ufficio, si accerta un maggior imponibile…”, senza che il “rapporto XY” sia stato notificato o allegato. Il contribuente non sa cosa contenga quel rapporto: motivazione insufficiente. Cassazione ha annullato atti del genere, specie quando l’atto esterno aveva carattere essenziale. Nel caso richiamato da una sentenza del 2018 (Cass. 30039/2018) riguardante IVA 4% su immobile di lusso, l’avviso rinviava a un parere tecnico dell’Agenzia del Territorio che qualificava l’immobile come “di lusso”, parere che però non era stato allegato né riprodotto in sintesi . La Corte ha ritenuto illegittimo l’avviso: mancavano gli elementi identificativi del petitum e della causa petendi, poiché quell’atto esterno era determinante ma il contribuente non ne aveva conoscenza, subendo così una grave compressione del diritto di difesa . Regola generale: la motivazione per relationem è valida solo se l’atto richiamato è reso disponibile (allegato) o era già noto al destinatario.
  • Va precisato che se l’atto richiamato era già noto, la motivazione è valida anche senza allegazione. Ad esempio, il rinvio a una delibera comunale pubblicata (nel caso degli accertamenti IMU/TARI) è considerato lecito: la Cassazione (ord. 21875/2025) ha confermato che per un avviso TARI è sufficiente richiamare la delibera tariffaria comunale, in quanto essa è un atto generale soggetto a pubblicazione, quindi presunto conoscibile dal contribuente . Dunque in quel caso motivazione per relationem è ok perché il contribuente poteva facilmente reperire la delibera (non serve allegarla se pubblicata all’albo pretorio) . Diverso sarebbe se l’avviso locale negasse un’agevolazione TARI sulla base di una verifica fattuale (es. “locale non destinato a compostaggio come dichiarato”): qui si richiede una motivazione puntuale nell’atto stesso ab origine, non potendo il Comune limitarsi a spiegare dopo in giudizio le sue ragioni .
  • b) Motivazione generica o formula standard. L’atto riporta qualche frase ma estremamente generica, magari un copia-e-incolla di formule di stile. È il classico caso dell’“avviso fotocopia”, in cui la motivazione non entra nel merito specifico del contribuente ma si limita a frasi di principio. Esempio: “Visto che da controllo automatizzato risultano incongruenze, si accerta maggior reddito” oppure “Considerata la non attendibilità della contabilità, si procede a rettifica del reddito d’impresa” senza ulteriori spiegazioni. Tale motivazione è insufficiente. La Corte di Cassazione ha più volte affermato che un avviso è nullo se si fonda su affermazioni generiche senza indicare gli elementi concreti . Il contribuente dev’essere messo in grado di capire esattamente quali dati siano stati ritenuti non attendibili, in che modo è stato rideterminato il reddito, ecc. Altrimenti l’atto resta oscuro.
  • Jurisprudence: Cass. 7662/2025 (già citata) – avviso TARI con generico “infedele denuncia da controlli d’ufficio” – motivazione ritenuta non idonea, quindi atto annullato . Cass. 17573/2024 – altro caso di motivazione generica integrata successivamente: anche qui la Cassazione ha censurato la prassi dell’ufficio di spiegare meglio le ragioni solo in sede contenziosa (violazione del divieto di integrazione postuma) .
  • Principio consolidato: “L’avviso di accertamento deve contenere, fin dall’origine, tutti gli elementi essenziali della pretesa; non è ammissibile che l’Amministrazione colmi le lacune motivazionali in un secondo momento”. Questo principio tutela sia il diritto di difesa sia la delimitazione dell’oggetto del giudizio . In pratica, se l’Ufficio emette un avviso criptico e poi nel contenzioso prova a chiarire che cosa intendeva, quel chiarimento è tardivo e non “sanatoria” il difetto iniziale.
  • c) Motivazione incompleta su aspetti quantitativi (calcoli non illustrati). Un avviso potrebbe indicare i fatti ma omette di spiegare i calcoli o i criteri con cui si arriva all’importo. Ad esempio, contesta ricavi non dichiarati e dice quali sono, ma non mostra come da quei ricavi abbia computato le imposte e sanzioni. Oppure rettifica il valore di un immobile ai fini IMU da 50 €/mq a 125 €/mq ma non chiarisce l’origine di questo nuovo valore. Anche queste possono essere considerate carenze motivazionali, se impediscono di ricostruire la pretesa.
  • Spesso tali omissioni sono colmate dal contesto (es. se l’atto dice “maggiori ricavi €100.000, aliquota 27%, imposta €27.000”, il calcolo è intuitivo). Ma se i passaggi logici non sono affatto esplicitati, potrebbe esserci vizio. Ad esempio, Cass. Sez. Lavoro 1095/2022 in ambito INPS ha annullato un avviso di addebito per indeterminatezza: l’avviso cumulava importi senza dettagliare periodi e base di calcolo, né spiegava un provvedimento di sgravio precedente, rendendo impossibile capire come si arrivasse al saldo richiesto . La Cassazione ha confermato che ogni imprecisione o lacuna resta a carico dell’ente impositore, il quale ha l’onere di provare tutti gli elementi; se non lo fa nell’atto (né in giudizio), l’atto va annullato . In sostanza, la chiarezza sui numeri (anni d’imposta, basi imponibili, aliquote, totale imposta, sanzioni) fa parte della motivazione nella misura in cui senza di essa il contribuente non comprende “il quantum debeatur”. Un importo sparato senza spiegazione non consente una piena difesa.
  • Un caso peculiare è quello degli accertamenti catastali o di valore: la Cassazione (ord. 15994/2025, su ICI/IMU) ha ritenuto sufficiente come motivazione il rinvio a una delibera comunale che fissa valori venali delle aree edificabili . In tal caso il dettaglio numerico (125 €/mq) era giustificato da un atto generale noto; toccava al contribuente semmai provare un minor valore . Dunque, se l’atto esprime un criterio di calcolo noto (es. “valore come da delibera n.X”), la motivazione è considerata adeguata e l’onere della prova si sposta sul contribuente per dimostrare che quel valore è errato . Il problema sorge quando il valore o il calcolo appare arbitrario o privo di fonte: allora la motivazione è insufficiente e l’atto può cadere. Per esempio, un avviso IMU che aumenti il valore di un’area senza dire in base a quale criterio (mercato? perizia? comparazione?) sarebbe censurabile.

In conclusione su motivazioni generiche/incomplete: la giurisprudenza attuale è ferma nel ritenere che “la motivazione dell’avviso deve mettere il contribuente in condizione di conoscere compiutamente la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali” . Se ciò non avviene, l’atto è illegittimo. Da ottobre 2025 questo è non solo diritto vivente ma anche norma positiva (art.7 co.1-bis Statuto): fatti, prove e ragioni giuridiche devono stare nell’atto, e non altrove.

3. Motivazione contraddittoria o incongruente

Un caso particolare di difetto di motivazione è quando l’atto presenta al suo interno affermazioni contraddittorie o motivi tra loro incompatibili. Ciò può accadere, ad esempio, se l’Ufficio inserisce più ragioni eterogenee per la stessa pretesa, che però non possono stare insieme. Oppure se dice una cosa e poi il suo contrario. In questi casi, a differenza della motivazione mancante, c’è fin troppo contenuto: il problema è che tale contenuto è ambiguo e rende incerto il fondamento dell’atto.

  • Esempio: la Cassazione (ord. n.13620/2023) ha trattato un caso in cui l’Agenzia delle Entrate, per negare la deducibilità di alcuni costi di amministrazione infragruppo, aveva addotto plurime ragioni: da un lato sosteneva che le fatture erano soggettivamente inesistenti (cioè emesse da soggetto diverso dal reale prestatore), dall’altro evidenziava la mancanza di una delibera ex art.2389 c.c. e la sproporzione dei compensi, come a dire che fossero antieconomici o non inerenti. Queste motivazioni, notano i giudici, erano eterogenee: la prima implicava un’ipotesi di frode (inesistenza soggettiva), la seconda un’ipotesi di indeducibilità per carenza formale o antieconomicità. In teoria l’ufficio può proporre motivi alternativi, ma se essi si basano su presupposti di fatto inconciliabili (o sei una frode, o hai speso troppo per davvero; le due cose mal si combinano), l’atto risulta equivoco. Nel caso di specie, la CTR aveva detto “motivazione contraddittoria non comporta nullità perché nessuna norma lo prevede, è solo scarsa chiarezza” . La Cassazione ha invece censurato questa valutazione: ha ribadito che la motivazione è funzionale alla trasparenza e al controllo di legalità (art.97 Cost) e per garantire il diritto di difesa . Se ci sono più ragioni, esse devono comunque rispettare quel fine. Un avviso con motivazione contraddittoria non permette al contribuente di avere certezza delle basi della pretesa . In particolare, la Corte ha affermato che “l’avviso di accertamento è affetto da nullità laddove sia fondato su motivi d’imposizione distinti ed inconciliabili” , perché viene meno la possibilità per il contribuente di comprendere esattamente cosa contestare e al giudice di capire su cosa poggia realmente l’atto.

Questo principio era già comparso in precedenza: motivazioni “doppie” ma incoerenti sono viziate. Ad esempio, se l’Ufficio accerta un maggiore reddito e motiva sia con la ricostruzione analitico-induttiva sia con l’applicazione di studi di settore, mescolando criteri diversi, potrebbe generare confusione (sono due metodologie differenti di accertamento). La difesa del contribuente sarebbe complicata dall’incertezza su quale tesi contrastare, e il giudizio rischierebbe di degenerare in una sorta di “tiro al bersaglio” su più fronti. La Cassazione tende quindi a richiedere coerenza logica: l’atto può avere motivi alternativi solo se espressamente in via subordinata e comunque chiari; altrimenti, se contraddittori, l’intero impianto motivazionale è compromesso.

  • Conseguenze: la motivazione contraddittoria è stata equiparata al difetto di motivazione. La Cassazione (ord. 13620/2023) ha chiarito che, nonostante non vi sia una norma ad hoc sulla contraddittorietà, l’atto va annullato per violazione dell’art.7 L.212/2000 e principi connessi . In parole povere, se l’Ufficio dice tutto e il contrario di tutto, l’avviso è nullo. Ciò tutela il contribuente da pretese ambigue e costringe l’Amministrazione a scegliere una linea precisa nell’accertamento.

4. Altri vizi correlati alla motivazione: firma e competenza, motivazione per relationem tra atti interni, ecc.

Sebbene esulino un po’ dal “difetto di motivazione” in senso stretto, è utile menzionare brevemente altri vizi formali che spesso vengono trattati congiuntamente: – Difetto di sottoscrizione dell’avviso: se l’atto non è firmato da chi di dovere (capo ufficio o delegato ex art.42 DPR 600/73), è nullo. Ciò è un vizio proprio, diverso dalla motivazione, ma talvolta un avviso privo di firma è anche privo di motivazione chiara. Cassazione SU 22810/2015 ha statuito la nullità per firma mancante. Per gli atti doganali, però, la Cassazione (sent. 18185/2025) ha precisato che la nullità per difetto di sottoscrizione non si estende analogicamente se non previsto nelle norme doganali . In ogni caso, firma e motivazione sono entrambi requisiti essenziali. Un atto impeccabilmente motivato ma non firmato è nullo; uno firmato ma non motivato è parimenti nullo. – Motivazione errata in diritto (errore di presupposto giuridico): se l’ufficio motiva indicando una norma sbagliata, o un presupposto normativo inesistente, ciò può comportare l’illegittimità dell’atto ma più come errore di diritto che difetto di motivazione. Ad esempio, richiede un tributo applicando un’aliquota non prevista dalla legge: la motivazione c’è ma è giuridicamente scorretta. Il giudice in tal caso annullerà per violazione di legge materiale, non per carenza motivazionale. È distinto: qui c’è motivazione ma viziata nella fondatezza. Nella nostra guida ci concentriamo invece sul vizio formale di motivazione insufficiente/assente a prescindere dal merito. – Mancata indicazione del responsabile del procedimento o delle istruzioni sul ricorso: l’art.7 co.2 L.212/2000 richiede che gli atti indichino l’ufficio cui rivolgersi, il responsabile del procedimento, i termini e organi per ricorrere, ecc. . La mancanza di queste indicazioni non è propriamente “difetto di motivazione” (riguarda altre informazioni obbligatorie). La sanzione per tali omissioni non è espressamente la nullità, ma potrebbe causare irregolarità sanabili o al più invalidità relative. Ad esempio, la mancata indicazione del responsabile può essere sanata se il responsabile è identificabile per legge; la mancata indicazione delle vie di ricorso non annulla l’atto (il contribuente può informarsi diversamente), ma può incidere sulla decorrenza dei termini in certi casi. In ogni caso, questi non attengono alla spiegazione della pretesa, quindi li teniamo distinti.

Riassumendo le sezioni 1-4, possiamo presentare una tabella che sintetizza i principali vizi di motivazione e l’orientamento giurisprudenziale su ciascuno.

Tabella 2 – Tipologie di difetto di motivazione nell’avviso di accertamento e relativi effetti

Tipo di difetto motivazionaleDescrizione e esempioOrientamento giurisprudenziale (esempi)Esito sull’atto
Motivazione omessa (assenza totale)Nessuna spiegazione fornita nell’atto.<br>Es: avviso privo di qualsiasi indicazione di fatti o norme.Violazione flagrante di art.7 L.212/2000: nullità assoluta.<br>Cass.: Motivazione totalmente mancante = atto nullo . Caso raro.Nullità dell’atto (annullamento certo se impugnato)
Motivazione apparente/generica (“inesistente” in sostanza)Formula di stile, priva di elementi concreti, equivalente al silenzio.<br>Es: “da controlli risultano irregolarità” senza dettagli.Cass. 7662/2025: riferimenti generici a “controlli d’ufficio” => motivazione insufficiente, atto nullo .<br>Cass. 17573/2024: vietata integrazione postuma per colmare frasi vaghe.Nullità/Annullabilità (vizio grave di motivazione; giudice annulla su eccezione)
Motivazione per relationem non correttaRinvia a documenti esterni non allegati né già noti al contribuente.<br>Es: “come da rapporto XY” non allegato.Art.7 St. contrib. e art.52 DPR 131/86: obbligo allegazione a pena di nullità .<br>Cass. 30039/2018: avviso IVA annullato per mancata allegazione parere essenziale .Nullità/Annullabilità (vizio riconosciuto, atto annullato se il riferimento era necessario alla comprensione)
Motivazione insufficiente/incompletaNon tutti gli elementi essenziali sono spiegati (fatti generici, calcoli non mostrati, basi non chiare).<br>Es: non indica come si calcola il maggior reddito o a quali operazioni si riferisce.Cass. 1095/2022 (INPS): avviso indeterminato nei dati -> annullato .<br>Cass. ord. 21875/2025: motivazione deve consentire di capire an e quantum della pretesa .Nullità/Annullabilità (difetto di motivazione che lede il diritto di difesa; atto annullabile su ricorso)
Motivazione contraddittoriaL’atto contiene motivi tra loro inconciliabili o logicamente in conflitto.<br>Es: accerta un importo sia come reddito occulto sia come errore formale, oppure afferma due cose opposte.Cass. ord. 13620/2023: avviso con motivi eterogenei (frode vs antieconomicità) -> nullità; motivazione contraddittoria non fa capire su cosa si fondi l’atto .<br>Principio: motivi distinti e inconciliabili → vizio radicale.Nullità/Annullabilità (vizio assimilato a difetto motivazione; comporta annullamento)
Motivazione erronea in iure (non un difetto formale)L’atto è motivato ma su basi giuridiche sbagliate (norma applicata impropriamente).Considerato vizio di legittimità sostanziale, non “difetto di motivazione” in senso stretto. Va impugnato per violazione di legge.Annullamento per violazione di legge (non per difetto motivazione)
Altri vizi formali correlatiManca firma del funzionario; manca indicazione responsabile proc.; omessa indicazione termini ricorso, ecc.Firma: nullità ex art.42 DPR 600/73 (Cass. SU 22810/2015).<br>Mancata indicazione responsabile/termini: in genere non causa nullità automatica, ma irregolarità.Firma mancante → Nullità.<br>Altri dati mancanti → di regola non nullità, salvo incida su difesa (valutato caso per caso).

(NB: “Nullità/Annullabilità” indica che la giurisprudenza qualifica il vizio come causa di invalidità, la quale va fatta valere in giudizio. La differenza terminologica non incide sul risultato: in entrambi i casi l’atto viene eliminato se il giudice riconosce il vizio. La nullità assoluta può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma nella prassi tributaria il giudice difficilmente interviene se il contribuente non solleva la questione.)

Dalla tabella emerge chiaramente come il concetto di difetto di motivazione abbracci varie situazioni tutte accomunate dall’effetto di ledere il diritto del contribuente a comprendere e reagire alla pretesa fiscale. La reazione dell’ordinamento è uniforme: in presenza di tali vizi, l’atto impositivo non può reggere. La Cassazione, soprattutto negli ultimi anni, ha consolidato un orientamento rigoroso: “Gli avvisi di accertamento devono riportare una motivazione sufficiente e non criptica, idonea a consentire al contribuente di capire chiaramente le ragioni della pretesa; in mancanza, l’atto può essere dichiarato nullo per assenza o carenza di motivazione” . Questo monito vale per tutte le tipologie di accertamento, statali o locali .

Da notare che la recente riforma (D.Lgs. 219/2023) non fa che confermare tali principi, specificando i requisiti e vietando esplicitamente ogni integrazione postuma . Dunque, un ufficio che emetta un avviso dopo il 2024 privo dei tre elementi (fatti, prove, ragioni) o che pensi di poter aggiustare il tiro in giudizio, andrà incontro quasi certamente all’annullamento dell’atto.

Nel prossimo capitolo affronteremo come difendersi in concreto quando si riceve un avviso presumibilmente nullo per difetto di motivazione: quali passi compiere, entro quali termini e davanti a quali organi, tenendo conto anche delle peculiarità dei diversi enti impositori (Agenzia Entrate, Comune, INPS, Dogane) e delle novità procedurali (addio mediazione tributaria, nuovo processo tributario, ecc.).

Come difendersi: strumenti e strategie del contribuente

Abbiamo visto che un avviso di accertamento carente di motivazione è illegittimo e può essere annullato dal giudice. Ma spetta al contribuente attivarsi per far valere questo vizio. Vediamo dunque quando e come il destinatario dell’atto deve muoversi per tutelare i propri diritti, passando in rassegna: – le azioni prima del ricorso (richieste di chiarimenti, autotutela, ecc.), – la fase del ricorso in primo grado (Corte di Giustizia Tributaria di primo grado, ex Commissione Provinciale), – gli eventuali gradi successivi (secondo grado, Cassazione), – le specificità legate all’ente che ha emesso l’atto (differenze se l’accertamento proviene dall’Agenzia delle Entrate, da un Comune, dall’INPS o dalle Dogane).

1. Verificare l’atto e valutare il difetto di motivazione

Appena si riceve un avviso di accertamento, è buona prassi: – Leggerlo con estrema attenzione, individuando la parte in cui sono esposti i motivi della pretesa. Bisogna chiedersi: “Capisco esattamente cosa mi viene contestato e su che base?”. Se la risposta è no – perché la motivazione è oscura, generica, o mancano allegati citati – allora potrebbe sussistere il vizio di motivazione. – Controllare la completezza della documentazione allegata. Ad esempio, se l’avviso fa riferimento a un PVC della Guardia di Finanza, verificare che questo PVC sia stato effettivamente notificato o allegato. Se manca, è un punto a favore del contribuente (motivazione per relationem non corretta). – Confrontare con eventuali atti precedenti o dichiarazioni presentate. Talora l’Ufficio invia contestualmente una “informativa” o degli allegati esplicativi (ad esempio prospetti di calcolo). Tutto ciò va esaminato: se comunque restano zone d’ombra, il diritto di difesa non è pienamente garantito.

Una volta accertato che la motivazione appare carente, il contribuente ha due possibili approcci iniziali: – Tentare la via amministrativa (autotutela): Si può contattare l’ente emittente (l’ufficio dell’Agenzia o del Comune) chiedendo spiegazioni informali o presentando un’istanza di autotutela. Ad esempio, evidenziando: “L’avviso non è motivato adeguatamente perché non avete indicato X e Y; vi chiedo di annullarlo in autotutela”. L’autotutela è un potere discrezionale dell’amministrazione di correggere i propri errori. Se l’errore è palese (una evidente omissione), l’ufficio potrebbe anche riconoscerlo e annullare/rettificare l’atto prima di andare in causa. Tuttavia, non bisogna fare eccessivo affidamento su questa strada: spesso gli uffici tendono a difendere i propri atti e non annullano in autotutela a meno di errori materiali o duplicazioni. In ogni caso, la presentazione di un’istanza di autotutela non sospende i termini per il ricorso! Quindi la si può tentare subito, ma parallelamente occorre prepararsi al ricorso giudiziario. – Preparare il ricorso tributario (o l’opposizione, se INPS). Sapendo che i termini decorrono dalla notifica dell’atto (di solito 60 giorni), conviene fin da subito impostare la difesa formale. Se la motivazione è nulla, nel ricorso occorrerà evidenziarlo come motivo principale di impugnazione, chiedendo l’annullamento dell’atto per violazione dell’art.7 L.212/2000 (o norme equivalenti) e lesione del diritto di difesa. È importante raccogliere eventuali prove a sostegno: ad esempio, se l’ufficio ha richiamato un atto senza allegarlo, menzionare che non lo si è ricevuto; se la motivazione è oscura, spiegare perché non permette di individuare la pretesa.

Prima di procedere col ricorso, inoltre, bisogna considerare se si intende utilizzare qualche strumento deflativo del contenzioso, come l’accertamento con adesione (per gli atti Agenzia Entrate) o altre forme di conciliazione. Nel caso di difetto di motivazione, però, di solito il contribuente punta all’annullamento totale, quindi l’adesione (che comporta invece riconoscere in parte la fondatezza dell’accertamento, cercando una riduzione di sanzioni) non è la via preferibile, salvo casi particolari. Inoltre, con atto motivato male l’ufficio stesso potrebbe non avere margini di trattativa, dovendo ammettere l’errore.

2. Impugnare l’avviso nei termini: ricorso in Commissione/Corte di Giustizia Tributaria

Il termine per impugnare un avviso di accertamento dinanzi al giudice tributario è generalmente di 60 giorni dalla data di notifica dell’atto (ai sensi del D.Lgs. 546/1992, art.21, rimasto in vigore fino al 2023, e ora Codice Giustizia Trib. 2023). Questo termine è perentorio: significa che entro 60 giorni l’atto va “impugnato”, ossia notificato il ricorso all’ente impositore. Se si lascia decorrere il termine, l’avviso diventa definitivo, e anche se viziato non sarà più annullabile (salvo casi eccezionali di errore scusabile o altri rimedi straordinari difficilissimi da applicare). Quindi, regola d’oro: non aspettare oltre i 60 giorni.

Nel caso in cui il contribuente abbia presentato istanza di adesione all’Agenzia delle Entrate, il termine per il ricorso si estende di 90 giorni (la presentazione dell’istanza di adesione sospende i termini per ricorrere per 90 gg). Ma attenzione: questo vale solo per atti dell’Agenzia delle Entrate impugnabili dinanzi alle Commissioni Tributarie, non per i tributi locali o atti INPS.

Fino al 2023, per le liti di valore fino a €50.000 esisteva l’istituto del reclamo/mediazione tributaria obbligatorio: il contribuente doveva prima presentare un reclamo all’ente e attendere 90 giorni, poi eventualmente il ricorso. Questa disciplina è stata abolita a partire dai ricorsi notificati dal 2024 (per effetto del D.Lgs. 130/2022 e D.Lgs. 156/2023) . Dunque, per gli avvisi notificati oggi, non è più previsto il tentativo di mediazione come condizione di procedibilità. Il contribuente può impugnare direttamente l’atto entro 60 giorni con ricorso. (Per completezza: per i ricorsi notificati entro il 31/12/2023, la mediazione rimaneva applicabile, ma ormai è un regime transitorio superato) .

Giudice competente: per la maggior parte degli avvisi di accertamento tributari, il giudice competente è la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (ex Commissione Tributaria Provinciale) competente per territorio. Questo vale per: – Accertamenti dell’Agenzia delle Entrate (IRPEF, IRES, IVA, Registro, ecc.). – Accertamenti dei Comuni in materia di IMU, TARI, imposta di pubblicità, ecc. (i tributi locali sono anch’essi devoluti alla giustizia tributaria). – Avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli (dazi doganali, accise): anche queste controversie rientrano nella giurisdizione tributaria.

Fa eccezione l’avviso di addebito INPS: questo non è impugnabile davanti al giudice tributario, bensì davanti al Giudice del Lavoro (Tribunale in funzione di giudice del lavoro), trattandosi di contribuzione previdenziale. Tecnicamente è un’opposizione a actum equiparabile all’opposizione a decreto ingiuntivo. I termini sono diversi: 40 giorni dalla notifica per proporre opposizione al Tribunale competente per territorio . Inoltre, mentre nel processo tributario non c’è bisogno di avvocato per valori fino a €3.000, nel giudizio del lavoro è sempre consigliata (ed essenzialmente necessaria) l’assistenza legale. Nella nostra trattazione però restiamo sul percorso tributario, segnalando quando occorre, le differenze per l’INPS.

Dunque, ipotizziamo un classico avviso Agenzia Entrate o Comune: il contribuente, ritenendo difettosa la motivazione, dovrà: – Redigere un ricorso in cui identifica l’atto impugnato, il giudice competente, e sviluppa i motivi di ricorso. Uno di questi motivi (di solito il primo) sarà: “Violazione di legge – difetto di motivazione ex art.7 L.212/2000”, argomentando che l’avviso non contiene i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche, oppure che rimanda a atti non allegati, o che è contraddittorio, a seconda del caso. Si citeranno le norme pertinenti (art.7 Statuto, art.3 L.241/90, eventuali disposizioni del DPR specifico) e magari qualche sentenza di Cassazione a supporto (le ordinanze più recenti vanno benissimo, come la 21875/2025 per tributi locali o la 7662/2025 , etc.). – Notificare il ricorso all’ente impositore entro i 60 giorni (a mezzo PEC per i ricorsi tributari dal 1° luglio 2019 in poi, obbligatoriamente in via telematica; o con ufficiale giudiziario/posta se consentito). Per l’INPS, l’opposizione va notificata all’INPS e a eventuale agente di riscossione se indicato. – Costituirsi in giudizio depositando il ricorso presso la segreteria della Corte di Giustizia Tributaria entro i termini (30 giorni dalla notifica del ricorso, secondo la disciplina attuale per i ricorsi dal 2024 – prima era entro 30 giorni dalla scadenza dei 90 di mediazione, ma ora con l’abolizione, il DLgs 119/2023 prevede un nuovo termine di 30 giorni dalla notifica per depositare il ricorso) . Questo deposito oggi avviene tramite processo tributario telematico (upload del ricorso su piattaforma SIGIT). Nel giudizio del lavoro (INPS) invece si iscrive a ruolo l’opposizione in tribunale, i termini e formalità seguono il codice di procedura civile.

Nella fase di merito (primo grado), il contribuente dovrà provare a convincere i giudici che la motivazione è inadeguata. È fondamentale sottolineare come la giurisprudenza sia ormai univoca nel ritenere invalido l’atto motivato male, perché magari i giudici di primo grado potrebbero essere inizialmente scettici (“l’ufficio qualcosa ha pur scritto…”). Richiamare pronunce recenti aiuta: ad esempio citare Cass. ord. 21875/2025 che “ha precluso l’integrazione postuma e ribadito l’obbligo di motivazione sufficiente sin dall’emissione, pena nullità” . Far notare ai giudici che, secondo la Cassazione, il vizio di motivazione è tamquam non esset – l’atto è come se fosse inesistente perché impedisce la difesa . Se c’è stata una modifica normativa (art.7 Statuto aggiornato), evidenziarla come conferma legislativa del principio.

L’Ufficio, dal canto suo, potrebbe costituirsi in giudizio e cercare di sostenere la validità dell’atto. Spesso, nelle controdeduzioni, l’ente prova a integrare le spiegazioni mancanti, spiegando al giudice cosa intendeva l’accertamento. Ma, come detto, ciò non dovrebbe essere ammesso: la valutazione della motivazione va fatta ex ante, su ciò che l’atto conteneva al momento della notifica . Il legale del contribuente dovrà insistere su questo: “Giudice, non conta quel che l’ufficio sta spiegando ora: conta che al momento della notifica l’avviso non mi permetteva di capire tali dettagli. Dunque era viziato ab origine.” Anche la nuova normativa rafforza questa tesi: non si possono aggiungere motivi dopo, se non con nuovo atto . Quindi eventuali “pezze” messe dall’ente in giudizio sono irrilevanti ai fini della legittimità dell’avviso originario.

Esito in primo grado: se il giudice tributario accoglie il ricorso per difetto di motivazione, emetterà sentenza di annullamento dell’avviso. Ciò comporta l’eliminazione integrale dell’atto: imposte, sanzioni e interessi richiesti vengono azzerati, e l’ente impositore dovrà anche rifondere le spese di lite al contribuente (salvo rare ipotesi di compensazione). L’ente potrà valutare se appellare. Se invece il giudice respinge le doglianze e ritiene la motivazione sufficiente, il contribuente potrà proporre appello.

3. Implicazioni nei gradi successivi: appello e ricorso per Cassazione

Nel giudizio di secondo grado (Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, ex Commissione Tributaria Regionale), si riproporrà la questione. L’appello va presentato entro 60 giorni dalla notifica della sentenza di primo grado. Davanti alla CTR, l’argomento “difetto di motivazione” può essere ripreso sia dall’ente sia dal contribuente: – Se il contribuente ha vinto in primo grado, l’ente appellante cercherà di far riformare la sentenza sostenendo che la motivazione in realtà c’era ed era adeguata. – Se il contribuente ha perso, sarà lui appellante a insistere che il primo giudice ha sottovalutato il vizio.

La giurisprudenza di merito (CTP/CTR) non è sempre uniforme come la Cassazione. Ci sono state decisioni di CTR – come nel caso citato prima di Trento – che tendevano a “salvare” l’atto dicendo che la motivazione contraddittoria non è prevista come causa di nullità specifica . Oppure CTR che hanno ritenuto valida una motivazione un po’ stringata per non dar eccessiva chance ai contribuenti. Tuttavia, col consolidarsi degli indirizzi di Cassazione (specie dal 2020 in poi), anche le Corti regionali si adeguano di più.

In caso di esito sfavorevole anche in appello, al contribuente resta il ricorso per Cassazione. Qui occorre però ricordare che la Cassazione non valuta i fatti ma solo le questioni di diritto. Fortunatamente, la sufficienza della motivazione di un avviso è questione di diritto, trattandosi di interpretazione dell’obbligo legale di motivazione. Quindi è possibile ricorrere per Cassazione denunciando la violazione dell’art.7 L.212/2000 (e norme affini) da parte del giudice di merito che ha ritenuto valido l’avviso. In tal caso, se la Cassazione dà ragione al contribuente, cassa la sentenza impugnata. Spesso decide nel merito ex art.384 c.p.c. se non servono ulteriori accertamenti di fatto: ad esempio, Cass. 7662/2025 ha cassato la decisione di CTR e annullato direttamente l’avviso perché il vizio era palese . Altre volte rimanda a giudice di rinvio per riesame, ma indicando il principio di diritto vincolante.

È interessante notare che la Cassazione negli ultimi anni ha spesso deciso queste questioni con ordinanze “filtro” brevi, segno che ritiene i principi ormai pacifici. Esempi: – Cass. ord. 21875/2025 (TARI) – decide in pochi paragrafi richiamando il principio del divieto motivazione postuma . – Cass. ord. 26336/2024 (IMU) – analoga sui tributi locali, per relationem su delibere comunali . – Cass. ord. 7662/2025 (TARI) – già citata, su genericità “controlli d’ufficio” . – Cass. ord. 13620/2023 (contraddittorietà) – espone chiaramente che motivi inconciliabili = nullità .

Quindi in Cassazione il contribuente ha buone possibilità se effettivamente l’avviso era mal motivato. In senso contrario, l’Agenzia Entrate è stata spesso soccombente su questi aspetti di recente. Perciò, arrivare in Cassazione su un difetto di motivazione solido significa quasi sempre vittoria per il contribuente, confermata da una lunga serie di pronunce univoche .

4. Differenze e considerazioni in base all’ente impositore

Come accennato, occorre adattare la strategia difensiva al tipo di atto e all’ente che l’ha emesso, perché vi sono differenze procedurali e talvolta normative:

  • Avvisi Agenzia delle Entrate (tributi erariali): rientrano nel classico processo tributario. Il contribuente può valutare l’eventuale accertamento con adesione entro 30 giorni dalla notifica (sospendendo i termini per 90 gg) se per esempio, al di là del vizio formale, volesse trattare sul merito. Ma se punta sul difetto di motivazione, di solito non si fa adesione (che richiede riconoscere qualcosa). Il ricorso va notificato entro 60 gg e poi telematicamente depositato. Da ricordare che, essendo molti avvisi immediatamente esecutivi, la sola proposizione del ricorso non sospende la riscossione: dopo 60 giorni dall’atto, l’ente può iscrivere a ruolo un terzo dell’imposta accertata e avviare misure cautelari/esecutive, salvo che il contribuente ottenga una sospensione giudiziale. Quindi, se l’importo è alto e il difetto di motivazione palese, conviene chiedere al giudice tributario una sospensione dell’atto in via cautelare (art.47 D.Lgs.546/92) argomentando che c’è fumus boni iuris (atto evidentemente nullo) e periculum (rischio di danno da esecuzione). Spesso, un avviso con motivazione apparente potrebbe convincere i giudici a sospendere la riscossione fino alla decisione di merito. Se invece non si chiede o non si ottiene sospensione, occorre pagare il primo terzo per evitare cartelle, e poi attendere l’esito del ricorso per l’eventuale rimborso.
  • Avvisi di accertamento dei Comuni (IMU, TARI, ecc.): seguono il processo tributario come quelli erariali. Una particolarità: a volte i Comuni inviano atti di accertamento esecutivi anche loro (dal 2020 i comuni possono emettere atti che valgono anche come ingiunzione, con obbligo di pagare entro 60 gg e poi esecuzione). Se motivati male, valgono le stesse tutele. Il contribuente può far presente in ricorso anche la norma specifica locale (art.1 co.162 L.296/06) che impone motivazione, oltre allo Statuto. Le Cassazioni su IMU/TARI citate sopra sono di grande aiuto: es. Cass. 21875/2025 sul divieto motivazione postuma per TARI , Cass. 26336/2024 e 15994/2025 su IMU (motivazione per relationem a delibere) . Importante: anche per i locali, se valore fino 50.000, prima (fino al 2023) c’era il reclamo/mediazione obbligatoria verso il Comune; ora non più, si ricorre direttamente.
  • Avvisi di addebito INPS (contributi previdenziali): come detto, qui il percorso è diverso. L’opposizione va proposta al Tribunale (Sez. lavoro) entro 40 giorni ; non c’è mediazione né altro. Il giudice del lavoro valuterà anche formalmente l’atto. La giurisprudenza del lavoro è anch’essa chiara: l’avviso INPS deve contenere tutti i dati (periodi, importi, causali). Ad esempio, Tribunale di Milano 2019 (menzionato in dottrina) annullò un avviso per carenza di motivazione su importi iscritti a ruolo perché pendeva un accertamento fiscale correlato . Cass. 1095/2022, già citata, ha respinto il ricorso INPS confermando la nullità per motivazione indeterminata . Altro aspetto INPS: l’avviso non può essere emesso se il debito deriva da un accertamento fiscale ancora impugnato e non definitivo (art.24 D.Lgs. 46/99). Se ciò avviene, è motivo di nullità (vizio procedurale): Cass. 4032/2016 e successive hanno sancito che l’INPS deve attendere la definizione del giudizio tributario sul tributo prima di riscuotere i contributi conseguenti . Un avviso emesso in pendenza di lite tributaria è illegittimo e va annullato, e su ciò concordano vari tribunali di merito . Questa è una peculiarità delle doppie pretese (fisco+inps su stesso reddito).

Proceduralmente, l’opposizione INPS è un giudizio a cognizione piena: il giudice del lavoro esamina sia forma che merito. Può capitare che l’INPS in giudizio cerchi di produrre documenti o chiarire conteggi non spiegati nell’avviso. Anche qui vale il principio che il giudice deve valutare la legittimità dell’atto al momento dell’emissione; tuttavia, essendo un giudizio di merito ordinario, può essere più permeabile a integrazioni (il giudice del lavoro potrebbe dire: “l’INPS produce ora il dettaglio, ok lo prendo in esame”). Ma la Cassazione lavoro ha frenato queste prassi, affermando che se l’INPS non fornisce gli elementi nel provvedimento o comunque non li mette a disposizione, il giudice non può supplire d’ufficio alla carenza . In sostanza, l’onere della prova della pretesa contributiva spetta all’INPS; se l’avviso è generico e l’INPS non riesce a chiarire le basi, l’avviso va annullato.

  • Avvisi accertamento Dogane (dazi/IVA import): anche questi vanno alle Commissioni Tributarie. I princìpi sulla motivazione valgono, con in più il riferimento al diritto UE: ad esempio l’art.22 par.6 del Codice Doganale UE impone che le decisioni doganali (compresi avvisi di rettifica dazi) siano motivate e indicanti i mezzi di impugnazione. Se un avviso doganale non spiega la classificazione o le ragioni del recupero dazi, viola anche il Codice UE oltre che le norme nazionali. C’è giurisprudenza in materia: Cass. 22594/2020 annullò un avviso per violazione di norma UE e difetto motivazione su origine preferenziale merci . Inoltre, è pacifico che anche le dogane possono motivare per relationem: es. citare verbali di revisione doganale; anche qui se non allegati o non noti sarebbe vizio. Una curiosità: Cass. 8110/2019 ha preteso che negli avvisi di classifica doganale la motivazione spieghi perché non sono accettate le prove dell’importatore, ecc., ma è più sul merito. In sintesi, per le Dogane il contenzioso è analogo al tributario ordinario, con in più la possibilità di fare riferimento a normative e sentenze UE sul diritto di difesa (art.41 Carta dir. UE: diritto a provvedimento motivato). Se c’è difetto di motivazione, il contribuente doganale impugna e ottiene annullamento come negli altri casi.

Nota sulle sanzioni amministrative tributarie: un avviso di accertamento spesso contiene anche l’irrogazione di sanzioni (per infedele dichiarazione, omessa fatturazione, ecc.). La motivazione deve coprire anche quelle, almeno in sintesi, o richiamare i criteri di determinazione (es. in caso di continuazione, il cumulo giuridico). La Cassazione ha chiarito che se l’atto principale è nullo, cadono anche le sanzioni con esso (accessorium sequitur principale). Inoltre, per le sanzioni c’è l’art.17 D.Lgs. 472/97 che richiede motivazione specifica se le sanzioni sono irrogate con atto autonomo. Nel nostro contesto, se l’avviso è unico, basterà la motivazione unica. Ma attenzione: se magari l’imposta viene annullata per vizio formale, le sanzioni correlate decadono automaticamente perché non può esistere sanzione senza tributo accertato.

Dopo aver attraversato il “percorso difensivo”, proviamo a vedere qualche scenario pratico simulato per rendere concreti i concetti.

Esempi pratici di difesa del contribuente

Di seguito presentiamo alcuni scenari ipotetici che illustrano come un contribuente (debitore) possa far valere il difetto di motivazione e con quali esiti, basandoci su situazioni realistiche.

Caso 1: Avviso di accertamento IRPEF motivato con frase generica
Scenario: Il Sig. Rossi riceve un avviso di accertamento IRPEF per l’anno d’imposta 2021, in cui l’Agenzia delle Entrate gli contesta un reddito non dichiarato di €50.000. Nella motivazione, l’atto riporta testualmente: “Dai controlli effettuati sui rapporti finanziari del contribuente, emergono movimenti non giustificati che determinano maggior reddito imponibile pari a €50.000, con imposta evasa €12.500 e sanzioni 90%”. Non sono allegati altri documenti né vengono specificati quali movimenti bancari siano incriminati o in che periodo. Rossi è spiazzato: ha diversi conti correnti e non sa a quali versamenti l’ufficio si riferisca, né perché vengano considerati reddito.
Azione: Il suo avvocato verifica che l’avviso non richiama alcun PVC o altro atto (che magari Rossi non ha mai ricevuto). La motivazione appare generica e insufficiente, priva di dettagli fondamentali (date e importi dei bonifici contestati, per esempio). Si presenta ricorso alla Commissione Tributaria chiedendo l’annullamento per difetto di motivazione. Si cita Cassazione 7662/2025 che in un caso simile (mancata specificazione dei rilievi) ha annullato l’atto .
Esito possibile: La C.T. accoglie il ricorso, ritenendo violato l’art.7 Statuto: in effetti l’avviso non consente a Rossi di difendersi perché non sa quali operazioni bancarie spiegare. L’atto è annullato integralmente per nullità della motivazione. L’Agenzia, se ancora in termini (ad esempio la decadenza per accertare il 2021 scade al 31/12/2026), potrebbe emettere un nuovo avviso motivato meglio, questa volta indicando i dettagli. Ma se la decadenza è vicina o già scaduta, Rossi avrà definitivamente scampato la pretesa. In ogni caso, ha evitato di pagare €12.500 di imposte e relative sanzioni grazie a questo vizio formale sostanziale. Il giudice gli liquida anche le spese legali.

Caso 2: Avviso TARI del Comune con motivazione postuma
Scenario: La società Alfa srl riceve nel 2024 un avviso di accertamento TARI dal Comune X, per omessa denuncia di superfici tassabili aggiuntive. La motivazione dell’atto dice solo: “Infedele denuncia TARI rilevata d’ufficio – Superficie effettiva riscontrata mq 500 vs mq 300 dichiarati – tariffa applicata come da Delibera n.10/2023”. La società aveva effettivamente dichiarato 300 mq per la tassa rifiuti. Si domanda: come ha fatto il Comune a stimare 500 mq? Non c’è alcun riferimento concreto. Durante il ricorso in C.T., il Comune produce una relazione tecnica fatta dal vigile ecologico dopo l’emissione dell’avviso, in cui sostiene che dalla planimetria catastale risultano 500 mq. Quella relazione non era mai stata notificata prima; è palesemente un tentativo di integrare la motivazione.
Azioni: Il legale di Alfa impugna l’avviso eccependo motivazione insufficiente e integrazione postuma vietata. Richiama l’art.7 comma 1-bis Statuto e la Cass. ord. 21875/2025 secondo cui gli avvisi TARI vanno motivati ab origine, senza potersi completare in corso di causa .
Esito possibile: La C.T. regionale (in appello, poniamo che in primo grado Alfa abbia perso perché il giudice locale aveva dato ragione al Comune ritenendo la delibera tariffaria sufficiente) in appello o la Cassazione danno ragione al contribuente: l’avviso è carente perché non esplicita come si è passati da 300 a 500 mq; il rinvio alla delibera tariffaria copre solo la parte tariffaria, ma manca la motivazione sul fatto generatore (superficie maggiore). Inoltre, la relazione del vigile presentata dopo è inutilizzabile come sanatoria . Pertanto l’avviso TARI viene annullato. La società dovrà comunque dichiarare correttamente in futuro i 500 mq se effettivi, ma per quegli anni accertati l’ente ha perso il gettito per vizio procedurale. Il punto interessante è che Cassazione ha esteso il principio a tutti i tributi: motivazione deficitaria non sanabile post notifica .

Caso 3: Avviso di addebito INPS per contributi da accertamento fiscale pendente
Scenario: La ditta Beta di un artigiano riceve un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate per redditi non dichiarati 2019, che impugna regolarmente ed è ancora pendente in CTP. Nel frattempo, l’INPS – venuta a conoscenza dell’accertamento fiscale (che fa emergere più reddito di impresa, quindi più contributi IVS dovuti) – emette subito un avviso di addebito chiedendo i contributi aggiuntivi su quel reddito non dichiarato. La motivazione dell’avviso INPS cita: “Reddito imponibile maggiorato da accertamento Agenzia Entrate n… (importo €40.000) – contributi IVS dovuti al 24%”. Beta si ritrova così a combattere su due fronti: il tributo e i contributi. Ma osserva che l’avviso INPS è stato emesso mentre il fiscale è ben lungi dal diventare definitivo.
Azione: L’avvocato propone opposizione all’avviso INPS davanti al Tribunale, eccependo innanzitutto violazione art.24 D.Lgs.46/99 (divieto di iscrivere a ruolo contributi da accertamento fiscale non definitivo). Inoltre, segnala che l’avviso INPS è prematuro e la motivazione “per relationem” all’accertamento fiscale è problematica perché quell’accertamento è sub iudice.
Esito possibile: Il giudice accoglie l’opposizione dichiarando nullo l’avviso INPS, richiamando la giurisprudenza: “In tema di riscossione dei contributi, l’INPS non può emettere avviso basato su un accertamento fiscale impugnato, finché questo non sia definitivo” . Ne discende l’annullamento dell’avviso per carenza del presupposto (che è un vizio proprio). In parallelo, se poi Beta vincerà anche l’accertamento fiscale, non dovrà pagare nulla; se lo perderà, l’INPS potrà eventualmente emettere un nuovo avviso post-sentenza (senza incorrere in decadenze, perché i termini contributivi decorrono dalla definitività dell’accertamento fiscale comunicato). Questo esempio mostra un caso in cui la “motivazione” dell’avviso INPS c’era (rinviava all’atto AE) ma l’atto era comunque illegittimo per ragioni procedurali; tuttavia, anche qui si tutela il contribuente dal dover pagare due volte subito. L’INPS, anticipando i tempi, si è vista annullare l’atto e pagherà le spese di lite.

Caso 4: Avviso di accertamento doganale – motivazione per originare dazi
Scenario: La società Delta importa merci classificandole con un codice doganale a dazio 0%. L’Agenzia delle Dogane effettua un controllo a posteriori e notifica un avviso di rettifica della classificazione, sostenendo che le merci andavano in altro codice con dazio 5%, chiedendo dazi arretrati + IVA + sanzioni. La motivazione dell’atto doganale dice: “Viste le risultanze dell’analisi di laboratorio n… e della nota dell’ADM centrale, si procede a riclassificazione in voce doganale XXXX con dazio 5%”. Tuttavia, la società non ha mai ricevuto copia dell’analisi di laboratorio allegata né della nota tecnica.
Azione: La società impugna l’avviso in Commissione Tributaria eccependo difetto di motivazione per omessa allegazione di atti richiamati. Infatti l’analisi di lab e la nota tecnica sono atti presupposti non conosciuti. Cita in aiuto la norma UE (art.22 CDU) e l’art.7 Statuto.
Esito possibile: Il giudice tributario accoglie, constatando che l’ADM ha violato l’obbligo di allegazione: la motivazione per relationem non è validamente assolta se l’importatore non ha potuto conoscere le ragioni tecnico-legali del cambio di tariffa. L’avviso è annullato per vizio procedurale, rimandando l’amministrazione a eventualmente rinnovare il procedimento motivando compiutamente (se nei termini, cosa non scontata). La società Delta, intanto, non paga nulla. La Dogana potrebbe appellare, ma difficilmente la spunta dato che anche la Cassazione ha affermato principi simili (in casi di origine preferenziale, Cass. 22594/2020 annullò per difetto motivazione, e in tema di contraddittorio Cass. 29627/2019 bacchettò ADM per non aver spiegato il rigetto delle prove del contribuente – situazioni analoghe sul piano del diritto di difesa).

Questi esempi evidenziano come dal punto di vista del contribuente (“debitore”) l’attenzione al vizio di motivazione possa rivelarsi un’arma vincente. Importante però è non abusarne: contestare la motivazione ha senso quando il vizio è reale e incisivo. Se l’avviso è motivato in modo sostanzialmente adeguato, insistere solo su cavilli potrebbe portare a nulla e far perdere di vista il merito. Ma quando davvero l’atto è poco chiaro, richiamare la giurisprudenza e le norme come sopra può portare all’annullamento, evitando di dover discutere il merito (dove magari il contribuente sarebbe pure in torto). In tal senso il difetto di motivazione è uno “scudo processuale” significativo.

Domande frequenti (FAQ)

D: Un avviso di accertamento può essere motivato con un generico riferimento a “controlli d’ufficio” senza altri dettagli?
R: No. La Corte di Cassazione ha chiarito che una formula del genere non soddisfa l’obbligo motivazionale. In un’ordinanza recente ha affermato che “un avviso è nullo per difetto di motivazione se fa riferimento a generici ‘controlli d’ufficio effettuati’ senza specificare i presupposti di fatto e di diritto della pretesa o senza allegare i documenti richiamati se non già noti al contribuente” . In pratica, serve che l’atto entri nel dettaglio: dire solo “dai controlli risulta che devi pagare di più” non è accettabile. Quindi un rinvio a controlli non meglio identificati rende l’atto impugnabile per nullità della motivazione.

D: L’Amministrazione finanziaria può integrare o chiarire la motivazione di un avviso di accertamento dopo la notifica, magari durante il contenzioso?
R: No, non può. La motivazione va valutata al momento dell’emissione (“ex ante”). Tanto la giurisprudenza quanto la legge (dopo la riforma 2023) vietano espressamente la motivazione postuma. La Cassazione ha ribadito che se la motivazione è carente, l’ufficio non può colmare le lacune durante il processo . Il nuovo art.7, comma 1-bis, L.212/2000 stabilisce che fatti e prove a fondamento dell’atto non possono essere integrati successivamente se non mediante un nuovo atto . Dunque in giudizio il Fisco non può tirare fuori ragioni nuove o documenti non allegati inizialmente per “salvare” l’atto: se lo fa, il giudice non dovrebbe considerarle ai fini della legittimità dell’accertamento originario. La sufficienza della motivazione si giudica solo su ciò che era scritto nell’avviso originario .

D: Qual è la conseguenza di un difetto di motivazione riconosciuto nell’avviso di accertamento?
R: La conseguenza è l’annullamento dell’atto da parte del giudice tributario. In altri termini, l’avviso viene dichiarato nullo (o annullabile) e perde ogni efficacia: le imposte e sanzioni in esso contenute non sono dovute . Si tratta di una tutela forte per il contribuente: un atto viziato nella motivazione viene eliminato in toto, indipendentemente dal merito della pretesa. Naturalmente, l’annullamento avviene solo se il contribuente impugna l’atto nei termini e solleva il vizio; se non lo fa, l’atto (per quanto viziato) diverrebbe definitivo. Ma impugnando correttamente, un difetto di motivazione comprime illegittimamente il diritto di difesa del contribuente e comporta la nullità dell’avviso . Questo, per l’ente impositore, significa dover eventualmente riprendere da capo l’accertamento (se ancora in tempo) o perdere gettito; per il contribuente significa non dover pagare nulla in base a quell’atto.

D: Se l’avviso viene annullato per difetto di motivazione, l’Amministrazione può riprovarci emettendo un nuovo avviso corretto?
R: Dipende dai tempi. L’annullamento non preclude in assoluto la possibilità di riemissione, a patto che l’ente sia ancora entro i termini di decadenza per accertare. Ad esempio, se un avviso per il 2020 notificato nel 2024 viene annullato nel 2025, l’ufficio avrebbe fino al 31/12/2025 per notificare un nuovo avviso motivato a dovere (essendo il 2025 il quinto anno successivo al 2020, salvo sospensioni). Se lo fa, quel nuovo avviso sarà valido (sempre impugnabile, ma non per il precedente giudicato, trattandosi di atto diverso). Se invece i termini sono scaduti, l’ufficio non può più procedere: il difetto di motivazione avrà reso definitiva l’impossibilità di riscuotere quel tributo. Da notare: la riemissione è vietata se c’è giudicato sostanziale sul merito (ma nel nostro caso il giudice ha annullato per vizio formale, quindi in teoria l’accertamento del tributo non è stato esaminato nel merito). In pratica, spesso l’annullamento arriva quando i termini sono ormai trascorsi, specialmente se la causa dura vari anni – il che mette al sicuro il contribuente da un secondo tentativo. Se invece l’amministrazione è ancora in termini e “impara la lezione”, può reiterare l’accertamento motivando meglio (cosa che avviene di rado, ma non impossibile).

D: Ho ricevuto un avviso di accertamento che ritengo nullo per difetto di motivazione, ma sono trascorsi i 60 giorni senza presentare ricorso. Posso far valere lo stesso il vizio?
R: Purtroppo, no. Trascorso il termine per impugnare, l’avviso diventa definitivo e non può essere più contestato nei suoi vizi propri. Il difetto di motivazione, pur essendo un vizio “grave” (nullità), in ambito tributario dev’essere eccepito entro i termini di decadenza processuale. Non esiste un rimedio ordinario per far valere la nullità oltre i 60 giorni. L’unica ipotesi sarebbe se il contribuente non ha mai ricevuto l’atto (notifica nulla): in quel caso l’atto non è divenuto definitivo e può emergere in sede di impugnazione della cartella, ma si tratta di vizio di notifica, non di motivazione. Quindi, se hai lasciato passare il termine, l’atto anche se motivato male è ormai “consolidato” e dovrai pagare (salvo poter tentare un ricorso per revocazione o un annullamento in autotutela, ma parliamo di casi eccezionali e di difficile successo). Questa è la ragione per cui è fondamentale attivarsi tempestivamente: i 60 giorni non vanno fatti scadere confidando di poter sollevare la nullità in qualsiasi momento – non è così. In sintesi: la nullità dell’avviso va fatta valere nei termini di legge davanti al giudice tributario competente.

D: Nel ricorso devo chiedere espressamente la “nullità” dell’avviso o basta dire che è illegittimo per difetto di motivazione?
R: Dal punto di vista pratico, è sufficiente eccepire la violazione dell’obbligo di motivazione, indicando le norme relative (art.7 L.212/2000, art.42 DPR 600/73 se pertinente, ecc.) e descrivendo in cosa consiste la carenza. Puoi concludere chiedendo l’annullamento dell’atto impugnato. In ambito tributario, i termini nullità/annullabilità spesso si usano in modo intercambiabile. Non preoccuparti troppo della formula: l’importante è che il giudice colga che stai deducendo un vizio di motivazione. Ad esempio: “Si eccepisce la nullità dell’avviso ex art.7 L.212/2000 per motivazione inesistente/insufficiente, in quanto l’atto non espone… etc.”. Il giudice, se concorda, annullerà l’atto. Anche definire il vizio come di “nullità” è corretto secondo molte sentenze , ma anche se lo chiamassi “illegittimità” il risultato non cambia: è un motivo di ricorso che comporta l’annullamento dell’atto.

D: Quali sono le sentenze più importanti da citare a sostegno di una nullità per difetto di motivazione?
R: Ce ne sono molte; tra le più recenti e autorevoli possiamo indicare: – Cass. civ. Sez. V, ord. 21875 del 29/07/2025: ribadisce obbligo motivazione negli accertamenti (nel caso TARI) e soprattutto il divieto di integrazione postuma . Conferma che l’avviso dev’essere motivato ab origine, pena nullità. – Cass. civ. Sez. V, ord. 7662 del 22/03/2025: afferma che un avviso con riferimento a generici “controlli d’ufficio” senza dettagli è nullo per difetto di motivazione . Ottima da citare se il tuo caso è simile (motivazione generica). – Cass. civ. Sez. V, ord. 26336 del 09/10/2024: (fiscalità locale, IMU) sottolinea che la motivazione per relationem è valida se l’atto richiamato è noto al contribuente; se non lo è, vizio. E richiama anch’essa il divieto di motivazione postuma (in continuità con Cass. 10903/2018 etc.). – Cass. civ. Sez. V, ord. 13620 del 17/05/2023: fondamentale per il caso di motivazione contraddittoria: “l’avviso non può essere sorretto da motivazione contraddittoria, poiché così non consente al contribuente di avere certezza delle ragioni”; se motivi inconciliabili → nullità . – Cass. Sez. Lavoro, sent. 1095 del 18/01/2022: in ambito INPS, sancisce nullità avviso di addebito se mancano dettagli di calcolo e motivazione su sgravio, e ribadisce che il giudice non può supplire a carenze probatorie dell’ente . – Altre: Cass. 30039/2018 (motivazione per relationem senza allegato parere tecnico → nullità) ; Cass. 25347/2020 (doganale, ribadisce obbligo motivazione anche in quel campo); Cass. 8077/2020 (motivazione apparente = nullità in ambito tributario, massima). – Naturalmente anche il nuovo testo normativo è un riferimento: art.7 L.212/2000 come modificato (D.Lgs.219/23) che codifica questi principi .

Citarne un paio mirate al caso tuo è sufficiente. Le sentenze servono a mostrare al giudice che non è una tua interpretazione fantasiosa, ma un orientamento consolidato.

D: Se impugno per difetto di motivazione, posso comunque contestare anche il merito (cioè la fondatezza delle imposte)?
R: Sì. È opportuno, in via subordinata, inserire nel ricorso anche motivi di merito (ad esempio: “il maggior reddito non esiste”, “la pretesa fiscale è infondata per X ragioni”). Questo perché, se per caso il giudice non ti dà ragione sul difetto di motivazione, potrai almeno far valere le tue ragioni di merito. Spesso, i ricorsi ben fatti contengono più censure: prima i vizi formali (notifica, motivazione, ecc.), poi i vizi sostanziali. Il giudice, se accoglie il vizio formale, di solito assorbe gli altri (non li esamina nemmeno). Ma se invece avesse un orientamento restrittivo sul vizio formale, potrebbe passare a valutare il merito. Dunque, per cautela, conviene sempre contestare anche la fondatezza della pretesa tributaria, ove ci siano argomentazioni. Ad esempio: “In ogni caso, l’operazione contestata era esente da IVA per… ecc.”. Non c’è contraddizione: stai dicendo “signori giudici, anzitutto l’atto è nullo perché motivato male; se per ipotesi ritenete che sia motivato abbastanza, allora valutate che comunque è sbagliato nel merito”. Questa è normale strategia processuale.

D: L’ufficio mi ha inviato, dopo il ricorso, una copia di un documento che prima non avevo: questo salva l’avviso?
R: No. La comunicazione tardiva di un documento (ad esempio, ti allegano in appello il PVC che non ti avevano dato) non sana il vizio originario. La Cassazione parla chiaro: “i fatti e mezzi di prova posti a fondamento dell’atto non possono essere modificati o integrati successivamente” . Se te lo danno dopo, vuol dire che al momento della notifica tu ne eri privo, dunque la violazione del tuo diritto di difesa c’è stata. Il giudice valuterà quell’atto per dire “ah, ecco cosa dovevano allegare e non hanno allegato”, quindi confermerà l’illegittimità dell’avviso. La sanatoria potrebbe avvenire solo se la legge la prevedesse (in passato si discuteva se l’integrazione in sede contenziosa valesse come “motivo aggiunto”: la risposta è no, non è ammessa). Quindi tu o il tuo legale dovrete insistere che la produzione postuma non vale: “la legittimità dell’atto va valutata con riferimento al momento in cui fu emesso e notificato”.

D: Come influisce il nuovo “Codice della giustizia tributaria” su questi ricorsi?
R: Il nuovo codice (D.Lgs. 119/2022 e successive modifiche) non cambia i motivi di ricorso, ma alcune procedure: ad esempio, come detto, ha eliminato la mediazione e fissato termini di costituzione ridotti a 30 giorni dal ricorso. Inoltre ha introdotto la figura del Giudice Monocratico per le liti fino a €3.000 (ora innalzato a €5.000): in quei casi, un giudice unico deciderà in primo grado. Ma i principi sul difetto di motivazione restano gli stessi. Anzi, ora li troviamo scritti nella legge (art.7 Statuto modificato). Quindi dal punto di vista sostanziale la difesa non cambia. Una potenziale novità è che sono state inasprite le sanzioni per lite temeraria e aggravio spese se una parte rifiuta una conciliazione vantaggiosa: ma nel difetto di motivazione, di solito il contribuente ha ragione, quindi non c’è rischio di soccombenza temeraria. Anche la conciliazione giudiziale è teoricamente possibile: l’ufficio potrebbe proporti di annullare parzialmente l’atto. Però se la motivazione è nulla, onestamente la conciliazione tipica è l’annullamento totale: tanto vale andare a sentenza, che di norma ti dà ragione totalmente. Quindi il nuovo processo non incide se non per formalità (tutti atti via PEC/telematica, etc.).

D: Se l’avviso nullo era stato intanto “ruolato” e sono arrivate cartelle o fermi amministrativi, cosa succede dopo l’annullamento?
R: In linea di principio, l’annullamento dell’avviso travolge anche tutti gli atti consequenziali. Se avevi ricevuto una cartella per quel tributo (perché magari era un avviso non pagato diventato definitivo per l’Agente della Riscossione), la cartella diventa illegittima perché cade il presupposto. Sta a te eventualmente comunicarlo all’Agente della Riscossione e all’ente, esibendo la sentenza passata in giudicato, per ottenere lo sgravio della cartella e la cessazione di misure esecutive (pignoramenti, fermi). Di solito, se la sentenza arriva prima che la riscossione sia iniziata seriamente, l’ente stesso comunica all’Agente di non procedere o di annullare il ruolo. Se invece c’è già un pignoramento in corso, puoi far valere la sentenza in sede di opposizione all’esecuzione per farlo cadere. Inoltre hai diritto al rimborso di quanto eventualmente versato in pendenza di giudizio (ad esempio se avevi pagato un terzo per non incorrere in sanzioni o avevi avuto un prelievo). Il rimborso va chiesto all’ente impositore presentando istanza dopo la sentenza definitiva. In sintesi, l’annullamento ripristina la situazione come se l’avviso non fosse mai esistito, neutralizzando gli atti esecutivi collegati (in gergo, la nullità dell’accertamento si propaga alla cartella: Cass. 26660/2023 ha proprio detto che la nullità della notifica dell’accertamento si propaga alla cartella , analogamente nullità dell’accertamento per motivazione si propaga alla cartella).

D: E se la motivazione è chiara ma la pretesa ingiusta, posso far leva comunque su motivazione?
R: No, in tal caso devi combattere sul merito. Il difetto di motivazione non va “inventato” se non c’è. Concentrati sull’ingiustizia sostanziale. Il giudice non annulla un atto ben motivato solo perché magari lo ritieni esoso: occorre trovare un vizio (motivazione, notifica, competenza) oppure contrastare nel merito la ricostruzione dell’ufficio. La motivazione è un aspetto formale, se l’ufficio ha fatto bene i “compiti” sul piano della spiegazione, allora la tua difesa deve spostarsi sul merito fiscale (ad esempio dimostrare che quei movimenti bancari erano prestiti e non ricavi tassabili, etc.). Questa guida mette l’accento sul difetto motivazionale come arma, ma se non ricorre nel tuo caso, non fissarti: piuttosto concentrati su altre strategie (per esempio, se l’avviso è motivato ma la firma è di un funzionario non delegato correttamente, potresti eccepire quell’aspetto; oppure contestare che l’accertamento è infondato, chiedere CTU, ecc.). Ogni caso va valutato nella sua interezza.

Conclusioni

La motivazione dell’avviso di accertamento è la chiave di volta attorno a cui ruota l’equilibrio tra potere impositivo e diritto di difesa del contribuente. Dalla nostra analisi risulta che: – L’ordinamento italiano impone all’Amministrazione finanziaria (Agenzia Entrate, enti locali, enti previdenziali, Dogane) di motivare compiutamente gli atti impositivi, pena la loro invalidità . – Negli ultimi anni, sia il legislatore (riforma 2023) sia la Corte di Cassazione hanno rafforzato la tutela del contribuente su questo fronte: motivazione “autosufficiente” ex ante, completa di fatti, prove, ragioni; divieto di motivazione postuma; nullità/annullabilità in caso di carenza che incide sul diritto di difesa . – Dal punto di vista pratico, il contribuente-debitore deve essere vigile: quando riceve un avviso, verificare subito la presenza e l’adeguatezza della motivazione. Se questa risulta insufficiente, occorre attivare il contenzioso entro i termini per far valere il vizio e ottenere l’annullamento dell’atto. – La giurisprudenza tributaria è ormai univoca nell’offrire ragione al contribuente in presenza di difetti motivazionali evidenti: l’Erario non può “giocare in segreto” o “tenere le carte coperte”; deve scoprire le sue ragioni fin da subito, altrimenti l’atto è destinato a cadere . – Questa tutela si estende a tutti i tributi e contributi: che sia un accertamento fiscale, un avviso TARI o IMU, un avviso di addebito INPS o un accertamento doganale, il contribuente ha il diritto di capire cosa gli viene chiesto e su quali basi. Se questo diritto non è rispettato, esistono efficaci rimedi giurisdizionali per ottenere giustizia. – Il punto di vista adottato, quello del debitore, ci insegna che conoscere le regole del gioco (norme e sentenze) è fondamentale. Un contribuente informato dei propri diritti può far valere vizi formali che talvolta vengono trascurati ma che possono salvare da pretese anche ingenti. Ovviamente, non tutti gli accertamenti saranno annullabili per motivi formali – negli anni l’Amministrazione ha migliorato la qualità degli atti proprio grazie a queste pronunce – ma gli errori capitano, e quando capitano è giusto sfruttarli a proprio favore. – Infine, ricordiamo che l’obiettivo non è “farla franca” a prescindere, ma ottenere un giudizio equo: se il Fisco non motiva, impedisce un confronto paritario. Far annullare l’atto per difetto di motivazione spesso comporta anche, indirettamente, che l’eventuale ulteriore accertamento (se riproposto) sarà più corretto e dialogante.

In conclusione, la nullità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione è un istituto di garanzia cruciale nel diritto tributario italiano. Questa guida, attraverso normative aggiornate a ottobre 2025, giurisprudenza recente e casi pratici, ha evidenziato quando tale nullità ricorre e come il contribuente può difendersi. Il consiglio per ogni contribuente (o professionista che lo assiste) è di esaminare sempre con attenzione chirurgica la motivazione di ogni atto ricevuto: la chiarezza e completezza delle motivazioni non sono solo un dovere dell’Amministrazione, ma rappresentano spesso la linea di confine tra un’imposizione legittima e una da annullare. Sapere individuare quella linea e agire di conseguenza è parte integrante di una difesa tributaria efficace e consapevole dei propri diritti.

Fonti e riferimenti normativi e giurisprudenziali

  • Costituzione italiana: art. 24 (diritto di difesa); art. 97 (imparzialità e buon andamento della P.A.) – principi ispiratori dell’obbligo di motivazione .
  • Legge 7 agosto 1990, n.241: art. 3 – Obbligo generale di motivazione degli atti amministrativi (presupposti di fatto e ragioni giuridiche) .
  • Legge 27 luglio 2000, n.212 (Statuto dei diritti del contribuente):
  • art. 7, comma 1 (testo ante 2023) – Obbligo di motivazione degli atti fiscali a pena di nullità, con indicazione di presupposti di fatto e ragioni giuridiche; obbligo di allegazione atti richiamati non conosciuti .
  • art. 7, comma 1-bis (introdotto da D.Lgs. 219/2023, in vigore dal 18/1/2024) – Dettaglio dei requisiti della motivazione (fatti, prove, ragioni giuridiche) e divieto di integrazione postuma (fatti e mezzi di prova non modificabili né integrabili se non con nuovo atto) . Prevede annullabilità dell’atto in caso di difetto .
  • D.P.R. 29 settembre 1973, n.600: art. 42 – Avviso di accertamento imposte dirette: requisiti di legittimità tra cui la motivazione; nullità se manca la sottoscrizione (Cass. SU 22810/2015) e, secondo giurisprudenza, se manca motivazione (in virtù dell’art.7 Statuto) .
  • D.P.R. 26 ottobre 1972, n.633: art. 56 – Avvisi di accertamento IVA: obbligo di motivazione analogo a imposte dirette; nullità/annullabilità se difetta (art.7 Statuto).
  • D.P.R. 26 aprile 1986, n.131 (Testo Unico Registro): art. 52, co.2-bis – Motivazione avvisi rettifica registro: se per relationem, atto richiamato da allegare, pena nullità .
  • D.Lgs. 31 ottobre 1990, n.346 (T.U. Successioni): art. 35 – Obbligo notifica avviso di rettifica motivato per successioni/donazioni (in collegamento con Statuto) .
  • Legge 27 dicembre 2006, n.296 (Finanziaria 2007): art.1, co.161-162 – Accertamenti tributi locali: obbligo motivazione in relazione a presupposti di fatto e ragioni giuridiche; da interpretare in coerenza con art.7 Statuto (Cass. 21875/2025 conferma recepimento del principio nei tributi locali) .
  • D.L. 30 settembre 2005, n.203 conv. L.248/2005: art. 11, co.1-quater e quinquies – (Introdusse mediazione tributaria poi abrogata) – storico, non più vigente dal 2023.
  • D.Lgs. 24 settembre 2015, n.156: (riforma processo tributario 2016) – art.17-bis D.Lgs.546/92 – Reclamo/mediazione obbligatoria liti ≤ €50.000 [abrogato per ricorsi dal 2024] .
  • D.Lgs. 31 agosto 2022, n.119 (Codice giustizia tributaria): vari articoli, tra cui eliminazione reclamo/mediazione dal 2023/24 .
  • D.Lgs. 8 novembre 2023, n.219: (attuazione riforma fiscale 2022) – ha modificato art.7 L.212/2000 (vedi sopra comma 1-bis) .
  • D.Lgs. 8 novembre 2023, n.220: (attuazione riforma processo tributario) – ha coordinato l’abrogazione di art.17-bis mediazione dal 4/1/2024 .
  • D.L. 6 luglio 2011, n.98 conv. L.111/2011: art.29 – Accertamento esecutivo (Agenzia Entrate): prevede titolo esecutivo decorsi 60gg, ma necessita motivazione regolare come ogni atto.
  • D.L. 13 agosto 2011, n.138 conv. L.148/2011: art.7, co.2 – Accertamenti esecutivi enti locali (facoltà ai comuni, dal 2020 obbligo generalizzato con L.160/2019). Richiede anche questi motivati.
  • D.L. 31 maggio 2010, n.78 conv. L.122/2010: art.30 – Introduzione Avviso di addebito INPS come titolo esecutivo (sostitutivo cartella). Previste indicazioni contenuto (intimazione a pagare, importi dettagliati, ecc.).
  • D.Lgs. 26 febbraio 1999, n.46: art.24 – Divieto per l’INPS di iscrivere a ruolo contributi da accertamenti fiscali non definitivi (decadenza biennale una volta definitivo). Cass. 4032/2016 sez.Lav. e segg. su questo principio .
  • Codice doganale dell’Unione (Reg. UE n.952/2013): art.22 par.6 – obbligo di motivazione delle decisioni doganali e indicazione modalità di ricorso (rilevante per avvisi di rettifica dazi).

Giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione) – selezione:

  • Cass., Sez. Trib., ord. 21875/2025 (deposito 29/07/2025): Motivazione accertamenti TARI – Principio del divieto di integrazione postuma ribadito; avviso deve essere motivato ab origine in modo sufficiente, altrimenti è nullo . Conferma obbligo motivazione a pena di nullità già sancito da art.7 Statuto, richiamato anche per tributi locali (L.296/2006) .
  • Cass., Sez. Trib., ord. 7662/2025 (pubbl. 22/03/2025): Nullità per motivazione generica/vaga. Caso avviso TARI con riferimento a “controlli d’ufficio” senza dettagli – la Suprema Corte annulla l’avviso, affermando che motivazione deve contenere tutti gli elementi di fatto e diritto fin dall’inizio; no motivazione criptica . Sancisce giudizio “ex ante” sulla sufficienza motivazione, senza possibilità di integrazioni successive .
  • Cass., Sez. Trib., ord. 15994/2025 (pubbl. 15/06/2025): Motivazione per relationem – onere della prova invertito (IMU). Conferma sufficienza dell’avviso IMU che richiama delibera comunale con valori aree edificabili, atto pubblico e noto; in tal caso motivazione ok e onere su contribuente di provare valore inferiore . Importante per delineare quando il rinvio a atto generale (delibera) è legittimo.
  • Cass., Sez. Trib., ord. 26336/2024 (deposito 09/10/2024): Tributi locali – motivazione per relationem e divieto integrazione. In linea con Cass. 21875/2025, riguarda accertamento IMU: ribadito che delibere generali possono essere richiamate (se note/pubbliche), ma se motivazione è carente su altri aspetti di fatto, non si può integrare post notifica. Principio generale esteso a fiscalità locale (richiamato da Cass. 21875/25) .
  • Cass., Sez. Trib., ord. 17573/2024 (deposito 26/06/2024): Riguarda onere probatorio e motivazione: ha ribadito l’inammissibilità della motivazione postuma in giudizio, richiamando precedenti (Cass. 10903/2018). Precisato che se ufficio vuole aggiungere motivi deve emettere nuovo atto (con riferimento all’allora futuro art.7 co.1-bis) .
  • Cass., Sez. Trib., ord. 13620/2023 (deposito 17/05/2023): Nullità per motivazione contraddittoria. Caso di plurime ragioni inconciliabili negli avvisi (fatture inesistenti vs. costi non deliberati): Corte cassa la CTR e afferma che avviso con motivazione contraddittoria non consente difesa, è nullo . Principio: motivi eterogenei e autonomi che si escludono a vicenda → vizio di nullità per violazione art.7 Statuto e principi art.97 Cost .
  • Cass., Sez. Lav., sent. 1095/2022 (pubbl. 18/01/2022): Avviso addebito INPS nullo per difetto di contenuto/motivazione. Cassazione lavoro respinge INPS e conferma annullamento avviso che non specificava dettagli calcolo e ometteva motivazione sullo sgravio; evidenzia che giudice di merito non può cercare d’ufficio elementi non forniti dall’ente . Onere su INPS di esibire tutti gli elementi, altrimenti atto invalido .
  • Cass., Sez. Lav., sent. 4032/2016: (richiamata in dottrina e giurisprudenza successiva) – Principio: INPS deve attendere definizione giudizio tributario prima di riscuotere contributi basati su accertamento fiscale impugnato; avviso emesso ante definizione è illegittimo/nullo . Ha fatto scuola, seguito da Cass. 29907/2019 e altre.
  • Cass., Sez. Trib., ord. 30039/2018 (deposito 21/11/2018): Nullità per omessa allegazione atto richiamato. Caso IVA 4% immobile di lusso – avviso rinviava a parere tecnico non allegato: Cass. accoglie ricorso contribuente, riconoscendo leso diritto difesa per mancata conoscenza atto essenziale . Massima: obbligo allegazione se motivazione per relationem (con richiamo a art.7 Statuto e art.52 DPR 131).
  • Cass., Sez. Trib., sent. 28161/2011: (storica) – ha definito “motivazione apparente” quella che non esplicita elementi valutativi, equiparandola a difetto di motivazione con nullità dell’atto. Spesso citata come caposaldo su motivazione non meramente formale ma sostanziale.

Giurisprudenza di merito e prassi (esempi):

  • Corte Giust. Trib. II grado Trento, sent. n.55/2021: (caso Casa Girelli, poi Cass. 13620/23) – aveva negato nullità per motivazione contraddittoria. Cassazione 2023 ha cassato tale sentenza, affermando il contrario .
  • CTR Lombardia, sent. 1949/2020: annulla avviso AE per motivazione carente su ricostruzione analitico-induttiva (non chiariti criteri).
  • CTR Puglia, sent. 314/2022: su tributi locali: riconosce nullità avviso IMU perché non indicava i presupposti (valore aree) né allegava delibera, creando incertezza.
  • Tribunale di Lecce, sent. 519/2018 (Lavoro): annulla avviso INPS emesso in pendenza di lite tributaria su cartella, ribadendo Cass. 4032/16.
  • Tribunale di Cassino, ord. 7/3/2019: dichiara illegittimo avviso INPS emesso durante contenzioso tributario e lo annulla immediatamente .
  • Agenzia Entrate – Circolare n.1/2018: (sulla motivazione degli atti) – invita uffici a motivare chiaramente e allegare PVC, in ottemperanza a Statuto e giurisprudenza.
  • Risoluzione MEF n.XX/2024: (ipotetica, se emanata dopo riforma) – potrebbe aver fornito indirizzi su applicazione nuovo art.7 Statuto (speculativo come fonte, ma plausibile).

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👉 Potresti avere in mano un atto nullo per difetto di motivazione, cioè privo delle ragioni giuridiche e dei calcoli che giustificano la pretesa fiscale.

In questa guida scoprirai cos’è la motivazione di un avviso di accertamento, quando la sua mancanza rende l’atto nullo e come difenderti subito con l’aiuto di un avvocato esperto in diritto tributario.


💥 Cos’è la Motivazione dell’Avviso di Accertamento

Ogni avviso di accertamento deve contenere, per legge, una motivazione chiara e completa, cioè l’indicazione:

  • delle ragioni di fatto (i fatti e i documenti su cui si basa l’accertamento);
  • delle ragioni di diritto (le norme applicate);
  • del calcolo delle imposte, sanzioni e interessi.

📌 Questo obbligo è previsto dall’art. 7 dello Statuto del Contribuente (L. 212/2000) e dagli artt. 42 del D.P.R. 600/1973 e 56 del D.P.R. 633/1972 per IVA e imposte dirette.

Se manca una motivazione adeguata, il contribuente non è in grado di comprendere le accuse e difendersi, e l’atto è nullo per violazione del diritto di difesa.


⚖️ Quando l’Avviso è Nullo per Difetto di Motivazione

Un avviso di accertamento è nullo quando:

  • non spiega in modo specifico le ragioni della pretesa;
  • riporta formule generiche o standard (“in base ai dati acquisiti”);
  • non allega i documenti richiamati (verbali, PVC, controlli incrociati, ecc.);
  • non indica come sono stati calcolati gli importi accertati;
  • non consente al contribuente di verificare e contestare i dati utilizzati.

📌 La Corte di Cassazione ha più volte confermato che un accertamento privo di motivazione è radicalmente nullo, perché viola l’art. 24 della Costituzione e il principio di trasparenza amministrativa.


💠 Tipologie di Difetto di Motivazione

Esistono diverse forme di carenza motivazionale:

🔹 Difetto di motivazione assoluta

Quando l’avviso non contiene alcuna spiegazione dei motivi dell’accertamento.
Esempio: l’atto si limita a dire che “sono emersi maggiori redditi” senza alcun dettaglio.

🔹 Motivazione per relationem illegittima

Quando l’Agenzia si limita a rinviare ad altri documenti (come un verbale della Guardia di Finanza) senza allegarli o senza dimostrare che il contribuente li conosceva.

🔹 Motivazione apparente

Quando l’avviso sembra motivato ma non spiega concretamente i fatti o i metodi di calcolo.
È una motivazione solo “di facciata”, quindi invalida.

📌 In tutti questi casi, l’atto è annullabile davanti al giudice tributario.


⚠️ Le Conseguenze di un Avviso Non Motivato

Se l’avviso di accertamento è privo di motivazione:

  • 💰 l’imposta richiesta è illegittima e non dovuta;
  • ⚖️ l’atto può essere annullato in via giudiziale;
  • 🏦 non può essere posto a base di cartelle o riscossioni;
  • 📈 eventuali atti successivi (ruoli, intimazioni, pignoramenti) diventano anch’essi nulli.

📌 La nullità per difetto di motivazione è assoluta e può essere fatta valere in qualsiasi grado di giudizio.


🧩 Le Strategie di Difesa Possibili

1️⃣ Eccepire la Nullità nel Ricorso

L’avvocato può eccepire nel ricorso che l’atto:

  • non è sufficientemente motivato;
  • non consente la piena comprensione dei fatti contestati;
  • viola l’art. 7 dello Statuto del Contribuente.

📌 La mancanza di motivazione è un vizio formale ma decisivo, che comporta l’annullamento dell’intero accertamento.


2️⃣ Verificare la Mancata Allegazione dei Documenti

Se l’Agenzia cita altri documenti (PVC, verbali, controlli), deve allegarli integralmente all’avviso.
📌 In caso contrario, il contribuente non può difendersi e l’atto è nullo per violazione del diritto di conoscenza.


3️⃣ Contestare la Motivazione Generica o Apparente

L’avvocato può dimostrare che la motivazione è solo formale o non collegata ai dati contabili reali.
📌 La Cassazione ha stabilito che un atto è nullo anche quando la motivazione è “incomprensibile o incongruente” rispetto alla pretesa.


4️⃣ Impugnare l’Avviso di Accertamento

Puoi presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni dalla notifica, chiedendo:

  • la sospensione immediata della riscossione;
  • la dichiarazione di nullità per difetto di motivazione;
  • la condanna dell’Agenzia alle spese.

📌 Il giudice può sospendere gli effetti dell’atto in 48 ore se la carenza motivazionale è evidente.


🧾 I Documenti da Consegnare all’Avvocato

  • Copia dell’avviso di accertamento;
  • Comunicazioni o verbali richiamati nell’atto;
  • Dichiarazioni fiscali, bilanci e registri IVA;
  • Eventuali comunicazioni con l’Agenzia o contraddittorio;
  • Documenti che provano la regolarità contabile e fiscale.

📌 Servono per dimostrare che l’accertamento non è motivato in modo sufficiente o coerente.


⏱️ Tempi della Procedura

  • Ricorso tributario: entro 60 giorni dalla notifica;
  • Sospensione cautelare: anche in 48 ore;
  • Udienza di merito: in 6–12 mesi circa;
  • Appello o Cassazione: per vizi formali o sostanziali.

📌 Durante la sospensione, l’Agenzia non può riscuotere né procedere a pignoramenti.


⚖️ I Vantaggi di una Difesa Legale Specializzata

✅ Annullamento dell’accertamento per vizio formale.
✅ Blocco immediato di cartelle e riscossioni.
✅ Tutela del diritto di difesa e trasparenza.
✅ Possibilità di ottenere anche il rimborso delle somme pagate.
✅ Assistenza completa in ogni grado di giudizio.


🚫 Errori da Evitare

❌ Ignorare l’avviso o pagare senza verificare la motivazione.
❌ Non richiedere copia dei documenti citati nell’atto.
❌ Confondere un avviso generico con un atto valido.
❌ Agire tardi o senza l’assistenza di un avvocato tributarista.

📌 Spesso bastano pochi errori dell’Agenzia per ottenere l’annullamento totale dell’accertamento.


🛡️ Come Può Aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza l’avviso e verifica la completezza della motivazione.
📌 Ti assiste nel ricorso contro l’atto e nella richiesta di sospensione immediata.
✍️ Redige difese basate su vizi formali e violazioni procedurali.
⚖️ Ti rappresenta davanti alla Corte di Giustizia Tributaria in ogni grado.
🔁 Ti segue fino all’annullamento definitivo e alla chiusura della controversia.


🎓 Le Qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato cassazionista esperto in diritto tributario e contenzioso fiscale.
✔️ Specializzato nella difesa contro avvisi di accertamento nulli o carenti di motivazione.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento, iscritto presso il Ministero della Giustizia.
✔️ Esperienza pluriennale nella tutela di imprese e privati contro l’Agenzia delle Entrate.


Conclusione

Un avviso di accertamento privo di motivazione è nullo per legge e può essere annullato con un ricorso tempestivo.
Con una difesa legale adeguata puoi bloccare la riscossione, far valere i tuoi diritti e ottenere la cancellazione dell’atto.

⏱️ Hai 60 giorni dalla notifica per agire: ogni giorno è cruciale.

📞 Contatta l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata:
la tua difesa contro l’avviso di accertamento può partire oggi stesso.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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