Hai ricevuto una comunicazione in cui la tua banca o finanziaria ti informa che il tuo credito è stato ceduto a una società di recupero crediti o a un fondo d’investimento? Si tratta di una situazione sempre più frequente, ma che può generare errori, abusi e richieste illegittime.
Quando il credito viene ceduto, il nuovo titolare (cessionario) subentra nei diritti della banca, ma non può pretendere più di quanto era effettivamente dovuto, e deve rispettare precise regole di trasparenza, notifica e documentazione.
Con l’assistenza di un avvocato esperto in diritto bancario e della riscossione, puoi verificare la legittimità della cessione, bloccare richieste irregolari e difenderti da eventuali azioni di recupero forzato.
Cos’è la cessione del credito bancario
La cessione del credito è un’operazione con cui una banca o un intermediario trasferisce a un’altra società (spesso una società di recupero o un fondo speculativo) il diritto di riscuotere un debito non pagato.
È regolata dagli articoli 1260 e seguenti del Codice Civile e può riguardare:
- mutui e finanziamenti in sofferenza;
- prestiti personali o carte revolving;
- conti correnti scoperti;
- leasing o crediti aziendali.
La banca cedente incassa una somma ridotta, e la società cessionaria tenta poi di recuperare l’intero importo dal debitore, spesso con modalità aggressive o poco trasparenti.
Cosa succede quando il credito viene ceduto
Quando il tuo debito viene ceduto, il nuovo titolare deve:
- informarti formalmente per iscritto della cessione (notifica o raccomandata);
- indicare il nome del nuovo creditore, la data della cessione e l’importo residuo;
- dimostrare di essere effettivamente titolare del credito e fornire copia dei documenti originari (contratti, piani di ammortamento, estratti conto).
Se questi passaggi non vengono rispettati, la richiesta di pagamento può essere illegittima o inefficace, e puoi opporvi con l’assistenza di un avvocato.
Quando la cessione del credito è illegittima
La cessione può essere contestata e annullata se:
- non hai ricevuto alcuna comunicazione formale o la notifica è irregolare;
- la società di recupero non prova la titolarità effettiva del credito;
- l’importo richiesto è maggiore del dovuto o include interessi e spese non autorizzati;
- il contratto originario presenta vizi o clausole nulle (anatocismo, usura, interessi illegittimi);
- il credito è prescritto (in genere dopo 10 anni, ma anche meno per alcune tipologie).
Molti fondi e società di recupero agiscono senza avere documentazione completa, sfruttando la paura del debitore: ma senza prova certa della cessione e dell’importo dovuto, nessun pagamento è dovuto.
Cosa fare subito se ti hanno ceduto il credito
- Non pagare subito e non firmare nulla. Prima di tutto, verifica la legittimità della richiesta.
- Richiedi la documentazione completa. Hai diritto di ricevere copia del contratto originario, del piano di ammortamento e dell’atto di cessione.
- Controlla la notifica. Verifica se la comunicazione è arrivata tramite canali legittimi (raccomandata o PEC).
- Contatta un avvocato. Un legale esperto può analizzare l’atto di cessione, calcolare l’effettivo debito e individuare vizi procedurali o prescrizioni.
- Blocca le azioni illegittime. Se ricevi solleciti aggressivi o atti esecutivi, l’avvocato può presentare un’opposizione giudiziale e sospendere immediatamente la riscossione.
Le strategie legali più efficaci per difendersi
- Verifica della cessione: controllare se è stata regolarmente notificata e registrata.
- Richiesta di prova documentale: il cessionario deve dimostrare di essere effettivamente creditore e di avere titolo per agire.
- Contestazione degli importi richiesti: calcolare interessi, anatocismo e spese aggiuntive non dovute.
- Verifica della prescrizione: molti crediti ceduti sono già prescritti e quindi non più esigibili.
- Opposizione a decreto ingiuntivo o pignoramento: se la società agisce in giudizio, l’avvocato può bloccare l’esecuzione.
- Trattativa per riduzione del debito (saldo e stralcio): in molti casi si può chiudere la posizione pagando solo una parte, con un accordo legale scritto.
Perché rivolgersi a un avvocato specializzato
Un avvocato esperto in diritto bancario e recupero crediti può:
- verificare se la cessione è valida e se la società è legittimata a richiedere il pagamento;
- calcolare l’importo effettivamente dovuto;
- bloccare solleciti, minacce o atti esecutivi illegittimi;
- proporre ricorsi o opposizioni davanti al giudice;
- trattare accordi di saldo e stralcio o piani di rientro sostenibili.
Un intervento tempestivo consente spesso di ridurre drasticamente il debito o azzerarlo del tutto, evitando danni patrimoniali e segnalazioni negative.
Cosa succede se non ti difendi
Ignorare una cessione del credito può portare a:
- decreti ingiuntivi e pignoramenti da parte della società cessionaria;
- fermi amministrativi e ipoteche;
- segnalazioni nelle banche dati creditizie (CRIF, Experian, CAI);
- azioni giudiziarie per somme non dovute.
Difenderti subito è l’unico modo per evitare queste conseguenze e contestare la legittimità del credito prima che diventi esecutivo.
Quando rivolgersi a un avvocato
Devi contattare un avvocato se:
- hai ricevuto una comunicazione di cessione del credito bancario;
- una società di recupero ti chiede di pagare un vecchio debito;
- vuoi sapere se il credito è prescritto o già pagato;
- hai ricevuto un atto giudiziario o un decreto ingiuntivo.
Un avvocato specializzato può:
- verificare la validità della cessione;
- impugnare gli atti illegittimi;
- bloccare le azioni di recupero forzato;
- negoziare la riduzione o cancellazione del debito;
- tutelarti in giudizio contro società di recupero crediti e fondi speculativi.
⚠️ Attenzione: non tutte le richieste delle società di recupero sono legittime. Se non dimostrano di essere titolari del credito o se la cessione è viziata, non devi pagare nulla. Agisci subito con l’assistenza di un avvocato esperto per contestare l’atto, bloccare le azioni esecutive e difendere i tuoi diritti.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto bancario, recupero crediti e difesa contro le cessioni illegittime – spiega cos’è la cessione del credito bancario, quando è irregolare e come difendersi efficacemente con l’assistenza di un avvocato specializzato.
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Introduzione
La cessione di un credito bancario – ad esempio un mutuo, un finanziamento o uno scoperto di conto non rimborsato – è un evento sempre più frequente nel mercato creditizio italiano. In pratica, la banca o finanziaria originaria (cedente) vende il suo credito a un altro soggetto (cessionario), che diventa il nuovo creditore del debitore. Questo accade soprattutto con crediti deteriorati o in sofferenza (i cosiddetti Non Performing Loans o NPL), che gli istituti finanziari cedono a società specializzate, fondi di investimento o società veicolo (SPV) per ripulire i bilanci e recuperare liquidità . Dal punto di vista del debitore ceduto, ricevere una comunicazione che il proprio debito è stato ceduto può generare preoccupazione e incertezza: “Devo ancora pagare? A chi? Possono davvero agire contro di me?” .
In realtà, la cessione del credito non priva il debitore dei suoi diritti di difesa; anzi, l’ordinamento prevede regole precise a tutela del debitore ceduto e strumenti per contestare eventuali pretese indebite del nuovo creditore. L’obiettivo di questa guida è fornire un quadro aggiornato a ottobre 2025 – con riferimenti normativi e giurisprudenziali recenti – delle azioni immediate e delle strategie difensive che un debitore può intraprendere non appena viene a conoscenza della cessione del proprio credito bancario. Ci rivolgeremo sia a professionisti legali che vogliano un approfondimento avanzato, sia a privati e imprenditori interessati a comprendere con linguaggio chiaro (ma corretto giuridicamente) come tutelarsi.
Esamineremo innanzitutto cos’è e come funziona la cessione di un credito secondo la normativa italiana, quali effetti produce sul rapporto obbligatorio e quali obblighi informativi esistono a carico dei creditori. Seguiranno le azioni da compiere immediatamente dal debitore (richieste di documenti, verifiche, ecc.), quindi le possibili difese legali nelle varie fasi (dall’opposizione a un decreto ingiuntivo fino all’eventuale esecuzione forzata), senza tralasciare eccezioni particolari (ad esempio la presenza di clausole arbitrali, vizi contrattuali, prescrizione del credito). Verranno illustrati anche strumenti stragiudiziali come la negoziazione di un saldo e stralcio o, nei casi estremi, le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento.
Per facilitare la comprensione, includeremo esempi pratici, una sezione di Domande e Risposte frequenti (FAQ) e tabelle riepilogative che confrontano situazioni tipiche e riassumono le principali difese a disposizione. Tutto il discorso sarà dal punto di vista del debitore, ossia di chi si trova improvvisamente di fronte a un nuovo creditore che pretende pagamento. L’auspicio è che, al termine della guida, il lettore abbia gli strumenti per muoversi con consapevolezza: sapere cosa fare subito per difendersi, a chi rivolgersi, quali diritti far valere e come impostare una strategia efficace, evitando passi falsi dettati da paura o disinformazione.
(N.B.: Verranno indicati riferimenti a leggi italiane – es. artt. 1260 e segg. c.c., Testo Unico Bancario – e a pronunce giurisprudenziali aggiornate. Tutte le fonti utilizzate sono riportate in fondo alla guida, nella sezione “Fonti”.)
Cos’è la cessione del credito bancario e come funziona
La cessione del credito è il contratto con cui un creditore trasferisce a un altro soggetto il suo diritto di credito verso il debitore (artt. 1260 e segg. cod. civ.). Si tratta di una forma di modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio dal lato attivo , che non richiede il consenso del debitore ceduto. In altre parole, la banca può cedere il credito senza bisogno dell’approvazione del debitore, il quale resta estraneo all’accordo di cessione . Il debitore dovrà tuttavia essere informato del cambio di creditore affinché sappia a chi pagare d’ora in poi . La cessione può avvenire a titolo oneroso (vendita del credito in cambio di un corrispettivo) oppure anche gratuito, ed è valida per qualsiasi credito purché non abbia carattere strettamente personale o vi sia un divieto pattuito (salvo casi particolari previsti dall’art. 1260 c.c., comma 2).
Nel settore bancario, la cessione dei crediti è molto utilizzata, specie per gestire portafogli di crediti deteriorati. Le banche, in luogo di gestire internamente il recupero delle posizioni in sofferenza, spesso cedono in blocco decine di crediti a terzi (fondi, società di recupero, special purpose vehicle per cartolarizzazioni) . Ciò consente all’istituto cedente di liberarsi dal rischio di insolvenza incassando subito una somma (di norma inferiore al valore nominale del credito ceduto) e al cessionario di tentare il recupero traendone un profitto se riesce a riscuotere più di quanto pagato. In Italia esistono discipline speciali per queste operazioni:
- Art. 58 del Testo Unico Bancario (TUB) – D.lgs. 385/1993: regola la cessione in blocco di crediti bancari. Consente alle banche e intermediari finanziari di cedere portafogli di crediti identificati per categorie omogenee, senza bisogno di notificare singolarmente ogni debitore. È sufficiente pubblicare un avviso di cessione sulla Gazzetta Ufficiale e darne comunicazione alla Banca d’Italia, perché la cessione sia efficace verso i debitori ceduti . Questo sistema semplifica la trasferibilità di masse di NPL in un’unica transazione. I singoli debitori potrebbero non essere avvisati individualmente al momento, ma la pubblicazione in G.U. rende comunque opponibile la cessione (su questo punto torneremo, perché la Gazzetta serve per l’opponibilità ma non prova automaticamente che uno specifico credito fosse incluso, come vedremo).
- Legge n. 130/1999 sulla cartolarizzazione dei crediti: disciplina le società veicolo per la cartolarizzazione (special purpose vehicle, SPV). In tali operazioni la banca cede i crediti a una SPV la quale finanzia l’acquisto emettendo titoli sul mercato. La legge 130/99 consente di pubblicare l’elenco dei crediti ceduti in Gazzetta Ufficiale per soddisfare l’obbligo di notifica ai debitori, in modo analogo all’art. 58 TUB. Spesso l’SPV nomina un servicer (banca o intermediario autorizzato) che amministra e recupera i crediti per conto della società veicolo.
- Cessione individuale del credito (ex art. 1260 c.c. classico): la banca può anche cedere il singolo credito a un altro soggetto tramite un contratto ad hoc (ad esempio a una società di recupero crediti o a un’altra banca). In tal caso si applicano le regole civilistiche generali: la cessione ha effetto verso il debitore quando gli viene notificata o quando egli la accetta con atto di data certa (art. 1264 c.c.) . Dunque qui serve la notifica individuale al debitore ceduto (tipicamente mediante lettera raccomandata o PEC inviata dal cedente o dal cessionario).
Chi può essere cessionario (acquirente) di crediti bancari? Non solo le banche: frequentemente entrano in gioco intermediari finanziari ex art. 106 TUB (società iscritte in un apposito albo che possono acquistare e gestire crediti) e veicoli di cartolarizzazione. Anche fondi di investimento (es. fondi speculativi esteri) acquistano NPL italiani, spesso utilizzando proprio società veicolo e servicer locali per gestirli. Secondo la normativa UE di recente introduzione (Direttiva 2021/2167, cosiddetta NPL Directive), recepita in Italia col D.Lgs. 116/2024, l’attività di acquisto di crediti deteriorati non è riservata esclusivamente a operatori bancari (è stato “aperto” il mercato a nuovi investitori), ma con l’obbligo per gli acquirenti di nominare un gestore italiano sottoposto a vigilanza . Approfondiremo più avanti queste novità normative, che mirano a garantire comunque standard di correttezza e trasparenza verso i debitori anche se il nuovo creditore è, ad esempio, un fondo estero.
Un’altra distinzione importante è tra cessione del credito e affidamento in gestione a una società di recupero. Talvolta infatti la banca può solo affidare il recupero a un’agenzia esterna specializzata, senza cedere la titolarità del credito. In quel caso la società di recupero crediti non è la proprietaria del credito, ma agisce per conto della banca creditrice originaria, in virtù di un mandato o procura . Il debitore in tal caso resta obbligato verso la banca (che rimane titolare) e un eventuale pagamento all’agenzia incaricata è comunque girato alla banca. Nella cessione, invece, cambia proprio il titolare del diritto: il debitore diventa obbligato verso un nuovo soggetto e dovrà pagare direttamente quest’ultimo (o il suo incaricato). Approfondiremo nel prossimo paragrafo le differenze di tutela per il debitore nelle due situazioni. In sintesi:
- Se il credito è solo affidato in gestione (servicing), il creditore formale rimane la banca, e la società di recupero agisce come intermediaria (deve esibire il mandato se richiesto) . Ogni trattativa o contestazione va rivolta comunque al creditore originario, tramite l’agenzia.
- Se il credito è ceduto, il creditore diventa il cessionario. Il debitore dovrà rapportarsi con questo nuovo soggetto; tuttavia, le eccezioni e difese che poteva opporre alla banca restano valide anche verso il cessionario , come disposto dall’art. 1264 c.c. (principio della circolazione del credito “con i suoi annessi”). In pratica il debitore non perde alcun diritto di contestazione a causa della cessione.
Riassumendo, la cessione di un credito bancario è lecita e frequente, non richiede il consenso del debitore e comporta la sostituzione del creditore originario con un nuovo creditore. Il rapporto fondamentale (importo dovuto, cause di nullità o invalidità, diritti del debitore) resta immutato nella sostanza, salvo il cambiamento del soggetto a favore del quale deve essere eseguita la prestazione dovuta. Vediamo ora più in dettaglio cosa cambia e cosa no per il debitore a seguito della cessione.
Effetti della cessione sul rapporto con il debitore
Dal punto di vista del debitore ceduto, la cessione produce essenzialmente un effetto: il creditore cambia identità, mentre l’obbligazione rimane la stessa. Ciò significa che non possono essergli imposti dal cessionario obblighi maggiori o condizioni più gravose di quelle previste nel contratto originario (principio della immutabilità del contenuto del rapporto obbligatorio al mutare del creditore). Vediamo in concreto gli effetti:
- Continuità del contratto: Il contratto di finanziamento originale (mutuo, prestito, ecc.) prosegue alle stesse condizioni. Tassi di interesse, scadenze, garanzie, penali, clausole contrattuali restano valide e vincolanti come prima. Il cessionario subentra infatti solo nella posizione creditoria derivante da quel contratto, senza poterne unilateralmente modificare i termini. Ad esempio, se avevate un tasso fisso del 3%, il nuovo creditore non può aumentarlo arbitrariamente; se era pattuita una certa modalità di calcolo degli interessi, rimane tale. Anche eventuali piani di rientro o moratorie accordati formalmente col cedente continuano a spiegare effetto nei confronti del cessionario (che ne è vincolato, essendo subentrato nel medesimo rapporto obbligatorio). Qualora però l’accordo col cedente fosse stato solo informale o in corso di negoziazione, la cessione potrebbe interromperne l’efficacia: il nuovo creditore potrebbe non sentirsi vincolato da una proposta non ancora contrattualizzata. Conviene in tal caso riprendere le trattative con il cessionario, segnalando l’esistenza delle intese precedenti.
- Debitore tenuto a pagare il nuovo creditore: Una volta che la cessione diviene efficace verso il debitore (ossia una volta ricevuta la notifica o comunque avuta notizia ufficiale), questi dovrà effettuare la prestazione dovuta in favore del cessionario e non più verso il cedente . Un pagamento eseguito alla banca originaria dopo la notifica della cessione non libera il debitore (perché sta pagando al soggetto sbagliato); il debitore dovrà eventualmente ripagare il cessionario. Viceversa, se il debitore paga per errore al cedente senza sapere della cessione, la legge lo tutela: l’art. 1264 c.c. stabilisce che la cessione non è opponibile al debitore che abbia eseguito in buona fede il pagamento al creditore originario prima di aver avuto notizia della cessione. In tal caso il pagamento resta liberatorio, e sarà semmai il cessionario a rivalersi sul cedente (che ha incassato indebitamente). È quindi fondamentale il momento in cui il debitore viene a conoscenza della cessione: prima di tale notizia, egli è giustificato a pagare il vecchio creditore; dopo, deve pagare solo il nuovo.
- Notifica della cessione: Come anticipato, affinché la cessione sia efficace verso il debitore, questi deve esserne informato (tramite notifica o accettazione con data certa). Approfondiremo nel prossimo paragrafo gli obblighi di comunicazione della cessione. In breve, se la cessione avviene ai sensi dell’art. 58 TUB (cessione in blocco), la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale tiene luogo della notifica individuale, ma è buona prassi che il cessionario (o il cedente) inviino comunque una lettera al debitore per annunciargli il cambio di titolarità e fornire i nuovi riferimenti di pagamento. Dal 2024 questa prassi è divenuta obbligo normativo stringente (con standard fissati da Banca d’Italia) per garantire maggiore trasparenza: vedremo nel prossimo paragrafo i dettagli di tale comunicazione al debitore ceduto .
- Accessori e garanzie: Ai sensi dell’art. 1263 c.c., insieme al credito principale si trasferiscono automaticamente al cessionario tutti i diritti accessori. Ciò include eventuali interessi maturati e futuri, garanzie reali (ad esempio ipoteche, pegni) e garanzie personali (fideiussioni) che assistevano il credito in capo al cedente. Dunque, se il debito era garantito da ipoteca su un immobile, l’ipoteca continua a sussistere a favore del nuovo creditore senza necessità di nuovo atto (può essere annotata la cessione nei registri immobiliari, ma la legge la fa subentrare automaticamente). Analogamente un fideiussore rimane obbligato verso il cessionario nei limiti dell’obbligazione di garanzia originaria. Attenzione: il garante (fideiussore) non può opporsi dicendo di non aver acconsentito alla cessione – la legge non prevede il consenso del garante, analogamente al debitore principale. Tuttavia, anch’egli potrà far valere verso il cessionario tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore originario (ad esempio, se la fideiussione era nulla perché anticoncorrenziale o ultra vires, tale nullità resta opponibile al nuovo creditore).
- Eccezioni opponibili al nuovo creditore: Questo è un punto cruciale di tutela: il debitore ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni (di fatto o di diritto) che avrebbe potuto opporre al cedente (art. 1264, comma 2, c.c.) . Ciò comprende sia le eccezioni relative alla validità del contratto originario (nullità, annullabilità, usura, clausole invalide, errori di calcolo, ecc.) sia le eccezioni estintive o modificative sopravvenute (pagamenti già effettuati, compensazione con crediti verso la banca cedente, remissione del debito, ecc.), purché sorte prima che il debitore abbia avuto notizia della cessione. Ad esempio, se il mutuo originario era nullo per un vizio di forma, il debitore può far valere tale nullità anche contro il cessionario; se aveva un credito verso la banca (es. un controcredito da saldo di conto corrente) già scaduto prima della cessione, può dichiarare di compensarlo con il debito ceduto, opponendolo al nuovo creditore . Non sono invece opponibili al cessionario le eventuali eccezioni personali che il debitore avesse solo verso il cedente e estranee al credito (ad es. un diritto di ritenzione su un bene del cedente, o un credito non scaduto al momento della notifica della cessione, che non può essere compensato successivamente). In sostanza, il debitore mantiene nei confronti del nuovo creditore tutto il corredo difensivo che aveva verso il precedente. Questo principio – sancito dall’art. 1264 c.c. e confermato dalla Cassazione – è fondamentale: la cessione non può pregiudicare la posizione del debitore nelle sue possibilità di difesa, né sottrargli benefici contrattuali.
- Clausole compromissorie (arbitrato): Un caso particolare di applicazione del principio suddetto riguarda le clausole arbitrali. Se il contratto originario conteneva una clausola compromissoria (impegno a devolvere ad arbitri le controversie nascenti dal contratto), la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che tale clausola non si trasferisce automaticamente al cessionario del solo credito . In altre parole, il cessionario che subentra nel credito non può invocare lui stesso la clausola arbitrale per portare il debitore davanti agli arbitri (perché la clausola arbitrale è considerata un patto autonomo e personale tra i contraenti originari). Tuttavia – e qui rileva la tutela del debitore – il debitore ceduto può comunque opporre al cessionario l’esistenza della clausola arbitrale . Ciò significa che, se il cessionario promuove un’azione giudiziaria ordinaria (ad es. chiedendo un decreto ingiuntivo in tribunale), il debitore può eccepire che la controversia andava risolta in arbitrato e chiedere che la causa ordinaria sia bloccata . La Cassazione spiega che altrimenti “il debitore ceduto si vedrebbe privato del diritto di far decidere ad arbitri le controversie sul credito in forza di un accordo tra cedente e cessionario al quale egli è rimasto estraneo” . In pratica: il cessionario non può obbligare il debitore all’arbitrato (non avendovi egli aderito originariamente), ma il debitore può costringere il cessionario a rispettare la clausola arbitrale se gli è più favorevole. Di conseguenza, spesso il cessionario, sapendo di non poter utilizzare la clausola, sceglie di agire in tribunale; ma il debitore, se lo ritiene opportuno, può far valere l’arbitrato come eccezione dilatoria, facendo dichiarare improcedibile la causa ordinaria e ottenendo la revoca di eventuali decreti ingiuntivi già emessi . Questa situazione particolare verrà ripresa più avanti tra le strategie difensive avanzate.
- Credito fondiario e altri privilegi: Se il credito ceduto godeva di particolari diritti o privilegi legali (ad es. nel caso di mutuo fondiario ai sensi dell’art. 41 TUB, che attribuisce alla banca credito fondiario alcuni vantaggi procedurali nelle esecuzioni immobiliari), occorre considerare come si atteggiano dopo la cessione. In generale, il privilegio o diritto reale di garanzia segue il credito (come visto per l’ipoteca). Nel caso del credito fondiario, la dottrina prevalente ritiene che i privilegi processuali (ad esempio la possibilità di iniziare l’esecuzione immobiliare anche in pendenza di altre procedure concorsuali) rimangano collegati alla natura del credito e quindi spettino anche al cessionario, purché quest’ultimo sia soggetto autorizzato ad operare (c’è un dibattito se un non-banca possa godere di tutte le prerogative del credito fondiario; le pronunce tendono a valorizzare il fatto oggettivo che il credito è fondiario ab origine, quindi il privilegio di procedura dovrebbe conservarsi, ma è materia complessa oltre lo scopo di questa guida). In ogni caso, per il debitore ciò significa che la cessione non elimina eventuali situazioni di favore per il creditore insite nel tipo di credito originario.
In sintesi, cosa non cambia per il debitore: l’ammontare dovuto (salvo fisiologici interessi maturandi), le condizioni contrattuali, le garanzie date, e soprattutto le possibili ragioni di contestazione del debito. Cosa cambia: l’identità del soggetto a cui deve pagare e con cui deve comunicare per ogni questione relativa al debito. Inoltre, può cambiare l’“atteggiamento” nella gestione del credito: spesso le banche sono più istituzionali e lente nelle azioni legali, mentre i nuovi creditori (specialmente fondi o società di recupero) possono essere più aggressivi nel pressing o, all’opposto, più disponibili a una transazione a saldo e stralcio perché hanno acquistato a prezzo ridotto (trasformeranno l’eventuale sconto in utile, purché incassino in tempi rapidi) . Il debitore si trova quindi a dover ridefinire la relazione: non più con la banca con cui magari aveva un rapporto da anni, ma con un soggetto diverso, di cui deve verificare la legittimazione e comprendere le intenzioni (esattoriali o conciliative).
Nei prossimi paragrafi vedremo come il debitore deve muoversi nell’immediato dopo aver appreso della cessione: quali comunicazioni aspettarsi, quali documenti richiedere e come prepararsi per tutelare al meglio i propri interessi di fronte al nuovo creditore.
Comunicazione della cessione al debitore e obblighi di trasparenza
Una questione centrale è come e quando il debitore viene informato che il suo credito è stato ceduto e chi è il nuovo titolare. Come accennato, il codice civile (art. 1264 c.c.) richiede la notifica o l’accettazione affinché la cessione sia opponibile al debitore. Nel contesto bancario, le cessioni di interi portafogli ai sensi dell’art. 58 TUB si perfezionano verso i debitori con l’annuncio sulla Gazzetta Ufficiale, senza avvisi individuali. Ciò in passato ha spesso lasciato i debitori nell’ombra: molti scoprivano di avere un nuovo creditore solo quando ricevevano una lettera di sollecito dalla società cessionaria o addirittura un atto di citazione o decreto ingiuntivo. Dal 2024, però, la situazione è cambiata in meglio per i debitori, grazie al recepimento della normativa europea.
Con il D.Lgs. 30 luglio 2024 n.116 (di attuazione della Direttiva UE 2021/2167 sui crediti deteriorati), l’Italia ha introdotto nel Testo Unico Bancario disposizioni che impongono ai cessionari di crediti e ai loro servicer precisi obblighi informativi verso i debitori ceduti. In particolare, è stato inserito un nuovo Capo (Sezione VII-ter) nelle Disposizioni di Trasparenza di Banca d’Italia dedicato proprio all’“acquisto e gestione dei crediti in sofferenza” . Cosa prevedono queste regole?
- Il debitore ceduto deve ricevere una comunicazione scritta dal nuovo titolare/gestore del credito, contenente le informazioni principali sulla sua posizione e i riferimenti del nuovo creditore. Questa comunicazione di presa in carico va fornita in ogni caso prima dell’avvio di azioni di recupero del credito successive alla cessione . Ciò significa che il cessionario (o più spesso il suo servicer) deve inviare una lettera informativa al debitore appena conclusa la cessione, prima di procedere con diffide, decreti ingiuntivi, pignoramenti o altre iniziative esecutive. In passato spesso ci si limitava alla pubblicazione in Gazzetta o a notificare la cessione contestualmente all’atto di citazione in giudizio; ora non è più ammesso saltare l’avviso preventivo.
- Il contenuto della comunicazione al debitore è standardizzato: deve indicare i dati del cessionario, i dati dell’eventuale gestore (servicer) che agirà per suo conto, e l’importo del credito vantato aggiornato alla data della cessione . Deve inoltre fornire un punto di contatto (recapito) a cui il debitore può rivolgersi per qualsiasi evenienza o richiesta di chiarimenti . In pratica, il debitore riceverà (idealmente subito dopo la cessione) una sorta di lettera di benvenuto dal nuovo creditore, che gli spiega: “Abbiamo acquisito il suo credito dalla Banca X, l’importo a nostro favore è attualmente Y euro, la gestione del credito è affidata alla Società Z, per informazioni ecco i contatti, da ora dovrà pagare a noi”. Questo mette il debitore in condizione di sapere esattamente chi è il referente e come comunicare.
- Tali obblighi informativi si applicano a tutte le cessioni di crediti, senza eccezioni di forma: quindi anche se la cessione è effettuata in blocco ex art. 58 TUB o nell’ambito di una cartolarizzazione L.130/99, la comunicazione individuale al debitore va comunque inviata . Si supera così la distinzione che c’era in precedenza, dove in caso di cartolarizzazioni/cessioni in blocco spesso il debitore non riceveva nulla se non su richiesta. Adesso la norma impone che oltre alle formalità pubblicitarie (G.U., registro imprese) vi sia anche un’informativa personalizzata. Attenzione: questa informativa non sostituisce le formalità di opponibilità previste dal codice civile o da leggi speciali. Infatti la normativa dice espressamente che tali disposizioni si applicano “ferme restando” le altre norme in materia di efficacia della cessione verso il debitore . Ciò significa, ad esempio, che per una cessione in blocco la pubblicazione in G.U. rimane fondamentale per l’opponibilità, ma in aggiunta il debitore deve essere informato con la lettera standard. L’eventuale omissione della comunicazione standard non rende inefficace la cessione in sé (che resta valida se è stata pubblicata come richiesto), ma costituisce una violazione regolamentare e potrebbe avere conseguenze sul piano sanzionatorio per il cessionario/servicer e sull’eventuale giudizio di correttezza verso il debitore.
- Obblighi di correttezza e rispetto della dignità del debitore: Le nuove disposizioni, recependo la Direttiva europea, impongono a chi gestisce crediti acquisiti di rispettare codici di condotta stringenti. In particolare, il gestore di crediti (cioè chi materialmente interagisce col debitore, spesso una società di recupero) deve operare secondo principi di correttezza, diligenza e trasparenza, fornendo informazioni chiare e non ingannevoli, garantendo la riservatezza dei dati personali, e senza ricorrere a molestie, coercizioni o indebite pressioni nelle comunicazioni con i debitori . Banca d’Italia raccomanda espressamente che la gestione del recupero avvenga nel rispetto delle norme a tutela dei debitori ceduti . Questi principi erano in parte già ricavabili da norme generali (Codice del Consumo in tema di pratiche aggressive, Provvedimenti del Garante Privacy sul recupero crediti, ecc.), ma ora sono codificati come obblighi di vigilanza. Dunque, ad esempio, telefonate martellanti o minacciose al debitore, rivelare a terzi (colleghi, familiari) informazioni sul debito per fare pressione, simulare atti legali inesistenti, ecc., sono pratiche espressamente vietate e il debitore che le subisca può segnalarle alle Autorità (AGCM o Banca d’Italia) oltre a farle valere in giudizio come condotte contrarie a correttezza.
- Obbligo di nominare un gestore locale: come anticipato, la riforma richiede che se l’acquirente del credito non è esso stesso un operatore vigilato abilitato a gestire crediti (ad es. un fondo d’investimento estero), deve incaricare con contratto scritto un soggetto autorizzato in Italia – che può essere una banca, un intermediario finanziario ex art. 106 TUB, o un “gestore di crediti deteriorati” appositamente autorizzato secondo le nuove norme . Questo meccanismo di vigilanza indiretta garantisce che anche se il titolare economico del credito è fuori dal perimetro bancario, la sua gestione verso il debitore sia svolta da un ente sottoposto a controlli (in modo analogo a come nelle cartolarizzazioni la figura del servicer vigilato è centrale) . Per il debitore, ciò significa che in ogni caso dovrebbe avere a che fare con interlocutori professionali regolamentati. Ad esempio, se un fondo con sede all’estero compra un pacchetto di NPL, dovrà nominare un servicer italiano: sarà quest’ultimo a inviare le comunicazioni, a gestire incassi, e anche eventualmente a comparire in giudizio. Non è lecito (d’ora in poi) che una società estera non autorizzata contatti direttamente il debitore pretendendo pagamenti senza aver un referente autorizzato: sarebbe una violazione. In pratica, se ricevete richieste da un soggetto estero, verificate subito se agisce tramite un servicer italiano; in mancanza, siete legittimati a dubitare e chiedere chiarimenti, e potete segnalare il fatto a Banca d’Italia.
- Chiarezza sulla posizione debitoria: La comunicazione al debitore deve riportare l’importo del credito ceduto. Questo punto merita attenzione: spesso, nei passaggi di consegne, gli importi possono variare per via di interessi e spese maturati. Il debitore ha diritto di sapere l’ammontare aggiornato e la composizione del debito al momento della cessione. Inoltre, la normativa prevede che il debitore ceduto possa in qualsiasi momento richiedere tali informazioni aggiornate e il cessionario/servicer deve fornirle. Ciò rientra in un più ampio flusso informativo che la Direttiva NPL ha introdotto: maggiore tracciabilità della vita del credito, dai venditori agli acquirenti, e diritto all’informazione per il debitore. Ad esempio, anche i contratti di cessione stessi non dovrebbero più essere circondati da totale segretezza: se il debitore li richiede in giudizio per verificare la propria posizione, il cessionario è tenuto a produrli. Come vedremo, la giurisprudenza già prima aveva affermato che il cessionario deve provare la cessione producendo il contratto (in caso di contestazione) ; adesso c’è un generale obbligo di trasparenza che rafforza questo principio.
In conclusione, a seguito delle riforme del 2024-2025, il debitore ceduto può aspettarsi un comportamento più trasparente e regolato da parte del nuovo creditore: riceverà una notifica dedicata con i dati del cessionario e del servicer prima di subire richieste coercitive, e potrà contare su regole che impongono al nuovo creditore di agire con correttezza e senza vessazioni. Queste innovazioni vanno nella direzione di bilanciare la necessità delle banche di liberarsi dei crediti problematici con la tutela del debitore che, benché inadempiente, ha diritto a essere trattato secondo legge e a poter reagire informato.
È importante sottolineare che se per ipotesi il debitore non ricevesse alcuna comunicazione post-cessione e si vedesse recapitare direttamente un atto di precetto o un decreto ingiuntivo dal nuovo soggetto, potrebbe eccepire tale mancanza come elemento di scorrettezza. In sé la validità della cessione non è inficiata (se le formalità legali minime, come la pubblicazione in G.U. per cessioni in blocco, sono state adempiute), ma il giudice potrebbe valutarla ai fini delle spese o della concessione di termini al debitore. In ogni caso, il debitore dovrebbe attivarsi subito appena viene a conoscenza della cessione, anche informalmente, per ottenere ufficialmente le informazioni dovute. Nel prossimo paragrafo vedremo proprio le azioni immediate che il debitore dovrebbe intraprendere una volta saputo (o anche solo sospettato) che il suo credito è passato di mano.
Prima reazione del debitore: verifiche e raccolta documenti
Cosa fare subito se si scopre (o si riceve comunicazione) che la propria banca ha ceduto il credito? La prima fase è di raccolta di informazioni e di prove, evitando mosse impulsive. Ecco i passi iniziali consigliati:
1. Leggere attentamente la comunicazione di cessione (se ricevuta) – Quando arriva la lettera dal nuovo creditore o dal servicer, leggetela con attenzione. Dovrebbe indicare il nome del nuovo creditore (es. XYZ SPV S.r.l.), l’eventuale nome del servicer incaricato (es. ABC Credit Management S.p.A.), un riferimento (numero di pratica o simile) e l’ammontare del debito trasferito. Controllate che i vostri dati anagrafici siano corretti e che il credito menzionato corrisponda effettivamente a quello che avevate con la banca (tipo di contratto, numero rapporto, ecc.). Se la lettera contiene già richieste di pagamento o scadenze, prendete nota ma non effettuate pagamenti immediati senza prima aver verificato tutto (vedi punto successivo). Conservate busta e lettera originali, che potrebbero servire come prova di notifica e del contenuto.
2. Verificare la legittimazione del nuovo interlocutore – Prima di riconoscere e trattare con un nuovo soggetto che vi chiede dei soldi, è un vostro pieno diritto chiedere prova che costui sia effettivamente il nuovo creditore. In altre parole: chiedete la prova della cessione. Se avete ricevuto una semplice comunicazione su carta intestata del cessionario, potete inviare una risposta (meglio per iscritto, raccomandata A/R o PEC) dicendo: “In relazione alla Vostra comunicazione del… relativa alla cessione del credito XYZ, con la presente vi invito a trasmettermi copia dell’atto di cessione o di documenti idonei a dimostrare la cessione del mio specifico credito, ai sensi degli artt. 1264 c.c. e 119 TUB, prima di effettuare alcun pagamento”. Questo approccio è prudente per due motivi: a) evita di pagare soggetti che potrebbero non essere legittimati (pensiamo a possibili truffe: qualcuno potrebbe fingersi cessionario); b)** costringe sin da subito il cessionario a scoprire le carte sulla documentazione, il che sarà utile poi in ottica difensiva (molti acquirenti di crediti producono inizialmente solo moduli standard, ma non sempre dispongono dei contratti originali: far emergere eventuali lacune documentali sin dall’inizio è strategico).
Se non arriva alcuna lettera ma siete venuti a saperlo da altre fonti (es. dalla banca stessa o da notizie di stampa su una cartolarizzazione), potete scrivere sia al cedente (banca) sia al presunto cessionario chiedendo conferma ufficiale dell’avvenuta cessione del vostro credito e dettagli sul nuovo titolare. Non limitatevi al passaparola: serve un riscontro documentale. In ogni caso, non riconoscete formalmente debiti né firmate documenti del nuovo soggetto prima di avere questa prova. Chiedere copia dell’atto di cessione (per estratto, se è un portafoglio) è lecito: il contratto di cessione non è coperto da segreto nei vostri confronti, e in giudizio il cessionario dovrà comunque produrlo se contestato .
Nota: se si tratta di cessione in blocco, è probabile che la risposta sarà: “abbiamo pubblicato l’avviso in Gazzetta Ufficiale n. XX del [data]” allegando magari copia di quell’estratto e indicandovi un link all’elenco dei crediti ceduti. Spesso i contratti di cessione di NPL sono molto voluminosi e i cessionari riluttano a fornirli integralmente al singolo debitore, ma potrebbero fornire la pagina dell’allegato dove compare il vostro nominativo o numero di posizione. L’importante è ottenere un elemento che leghi specificamente il vostro debito alla cessione, non solo l’avviso generico. Come vedremo, in giudizio la pubblicazione sulla G.U. da sola non basta: va dimostrato che quel credito X era incluso nella massa . È quindi più che legittimo pretenderne conferma per iscritto immediatamente.
3. Richiedere copia dei documenti bancari (art. 119 TUB) – Un passo fondamentale è recuperare tutto il dossier relativo al vostro rapporto originario con la banca. L’art. 119, 4° comma, TUB vi dà il diritto di ottenere, a vostre spese di mero duplicato, copia della documentazione relativa alle operazioni degli ultimi 10 anni. Dovete quindi inviare subito (meglio per iscritto, raccomandata A/R o PEC) una richiesta alla banca cedente – e per conoscenza anche al nuovo creditore – in cui, indicando il vostro nome, il numero di contratto o conto e quant’altro, chiedete: “ai sensi dell’art. 119 TUB, la copia della seguente documentazione relativa al rapporto [tipo di rapporto, es. mutuo n. …]: contratto e condizioni generali sottoscritte, eventuali atti aggiuntivi, piano di ammortamento originario, prospetto cronologico delle rate pagate e non pagate, estratto conto scalare (se conto corrente), dettaglio degli interessi e spese addebitati, situazione del debito residuo al momento della cessione”. La banca, per legge, deve rispondere entro 90 giorni fornendo quanto richiesto (potrebbe addebitarvi solo i costi di produzione, ad esempio qualche decina di euro per copie cartacee o CD). Questo vi metterà in possesso dei documenti chiave: il contratto originale (per verificare clausole e tassi), gli estratti conto o prospetti delle rate (per verificare come si è formato il debito e se ci sono anomalie), l’eventuale atto di cessione se la banca lo allega (alcune banche, specialmente pubbliche, potrebbero allegare copia dell’avviso di cessione o indicare gli estremi).
Perché chiedere alla banca e non al cessionario? Intanto la banca era la vostra controparte contrattuale e conserva gli archivi almeno per dieci anni dalla fine del rapporto . Inoltre, la banca ha un dovere legale esplicito (art. 119 TUB) di consegnarvi quei documenti, mentre il cessionario, se non è banca, formalmente non ricade sotto l’art. 119 (anche se per trasparenza dovrebbe collaborare). Dunque attivate subito la banca. In parallelo potete chiedere al cessionario un estratto conto aggiornato del debito ceduto: ossia un documento che indichi il saldo del debito alla data della cessione, con distinzione tra capitale, interessi, spese, e l’eventuale tasso di mora che stanno applicando da lì in poi. Questo è utile perché talvolta subentrando nel credito, il cessionario può ricapitalizzare interessi o applicare un tasso di mora diverso: verificate che stiano rispettando il contratto (spoiler: devono, non possono inventarsi nuovi interessi, ma meglio controllare). Se emergono discrepanze, le contesterete.
È possibile che la banca cedente risponda negativamente alla richiesta ex art. 119 sostenendo che il rapporto è cessato da oltre 10 anni o che comunque, essendo stato ceduto, loro non sono più tenuti. In realtà l’obbligo dell’art. 119 persiste sino a 10 anni dalla fine del rapporto; ad esempio, se il conto è stato chiuso o il mutuo risolto nel 2018, la banca deve conservare documenti fino al 2028 e consegnarli se richiesti . Se però il rapporto è molto antico (oltre i 10 anni), la banca può eccepire di aver legittimamente eliminato gli archivi; in tal caso, purtroppo, non ci sono sanzioni cogenti (Cassazione ha confermato il limite decennale come invalicabile). Tuttavia, se la banca non ottempera e invece ha i dati, potete segnalare la cosa all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) o a Banca d’Italia – spesso le banche tendono a collaborare per evitare contenziosi su questo punto, magari chiedendo più tempo.
4. Non riconoscere il debito, né firmare accordi, senza avere tutte le informazioni – Nella fase iniziale è bene mantenere un profilo basso: non inviate dichiarazioni frettolose in cui ammettete il debito o vi impegnate a pagare. Anche se siete consapevoli di dovere dei soldi, è opportuno vedere prima “le carte” per capire se l’importo preteso è corretto e se ci sono motivi per ridurlo o contestarlo. Spesso i nuovi creditori, contestualmente alla comunicazione, provano a far firmare al debitore un nuovo piano di rientro o una ricognizione di debito. Attenzione: firmare una ricognizione di debito (magari per ottenere una dilazione) può “sanare” retroattivamente eventuali vizi del vecchio contratto e interrompe la prescrizione consolidando il credito. Prima di sottoscrivere qualsiasi accordo, consultate un legale di fiducia e fatevi spiegare le implicazioni. Un piano di rientro potrebbe contenere clausole sfavorevoli (tipo la rinuncia a eccezioni o l’accettazione di more elevate). Non significa che non dobbiate mai accordarvi – anzi, spesso un buon accordo è la soluzione ideale – ma fatelo consapevolmente e al momento giusto**, non al buio.
Allo stesso modo, non ignorate le comunicazioni. Alcune persone, spaventate, smettono di aprire le lettere o rispondere alle telefonate. Questo è un errore grave: ci si potrebbe ritrovare con un decreto ingiuntivo non opposto perché magari buttato via credendo fosse “pubblicità” o perché non si è ritirata una raccomandata in giacenza. Se iniziate a ricevere atti legali, affrontateli subito: più avanti vedremo nel dettaglio l’opposizione al decreto ingiuntivo. Il punto è che ogni comunicazione ufficiale va gestita, magari con l’aiuto di un professionista, ma non va ignorata, altrimenti si perde il diritto di difesa nei termini stabiliti .
5. Consultare un esperto per un check-up del caso – Se l’importo in gioco è rilevante o la situazione complessa, è senz’altro utile rivolgersi tempestivamente a un avvocato specializzato in diritto bancario o a un professionista esperto in controversie bancarie. Questi potrà esaminare il contratto e gli estratti conto per individuare eventuali elementi di contestazione tecnica: tassi usurari, anatocismo, commissioni non dovute, vizi formali nei documenti di finanziamento, ecc. Inoltre, valuterà se la cessione è stata condotta correttamente e se il cessionario ha titolo per agire. Spesso, conoscendo le strategie di difesa utilizzate in questi casi, un legale può consigliarvi se è meglio impostare da subito un approccio combattivo (lasciar che il nuovo creditore vi citi e poi opporsi con varie eccezioni) oppure trattare un saldo e stralcio. Anche in quest’ultimo caso, l’assistenza di un legale può far ottenere sconti maggiori**: le società sanno che chi tratta da solo ha meno armi, mentre l’avvocato può minacciare opposizioni, eccezioni di nullità, ecc. e quindi portare il creditore a concedere ribassi significativi . Considerate che i cessionari di NPL spesso hanno ampi margini, potendo talora accontentarsi anche del 20-30% del valore nominale purché in un’unica soluzione rapida (ciò dipende dal prezzo di acquisto: se han pagato il 10%, incassarne 30% per loro è già triplicare l’investimento).
6. Controllare le segnalazioni in Centrale Rischi e CRIF – Questo è un aspetto spesso trascurato ma importante per chi ha posizioni in sofferenza: la cessione del credito comporta anche un aggiornamento delle segnalazioni nelle banche dati creditizie. Ad esempio, se il credito era classificato a sofferenza presso la Centrale Rischi Banca d’Italia, la banca cedente estinguerà la sua segnalazione e potrebbe apparire una segnalazione del cessionario (se soggetto segnalante) oppure una dicitura “crediti ceduti e non più in essere presso il segnalante”. Nel SIC privato (CRIF, Experian, etc.) potrebbe comparire il nuovo nominativo accanto al vecchio. È bene procurarsi una visura della propria posizione per vedere come risulta: se, ad esempio, dopo la cessione la banca ha segnalato “saldo a zero per cessione” e il nuovo creditore non segnala perché non tenuto, potreste trovarvi – dal punto di vista creditizio – senza più quell’esposizione registrata (il che è paradossale: il debito c’è ma non visibile). Ogni anomalia in queste segnalazioni andrà eventualmente contestata: ad esempio, se risultasse ancora aperto presso la banca un debito già ceduto, o se il nuovo creditore segnalasse importi esagerati. In caso di saldo e stralcio, poi, sarà cruciale ottenere la correzione delle banche dati a “saldo pagato definito”. Ma questo è un passo successivo; all’inizio, fate la fotografia della situazione creditizia.
Questi passi iniziali – chiedere prova della cessione, raccogliere i documenti, non fare ammissioni affrettate, monitorare le proprie posizioni – permettono al debitore di prepararsi al meglio per la fase successiva: decidere come difendersi attivamente. In base a ciò che emergerà (ad es. se scoprite interessi usurari nel contratto, o se il cessionario non è in grado di esibire il contratto di cessione), potrete tarare la vostra strategia: accordo o battaglia legale. Nei capitoli seguenti esamineremo le azioni difensive giudiziarie tipiche, in particolare l’opposizione al decreto ingiuntivo e all’esecuzione forzata, e le eccezioni specifiche che il debitore può sollevare per tutelarsi.
Opposizione al decreto ingiuntivo: come contestare le richieste di pagamento in giudizio
Una delle situazioni più comuni in cui può trovarsi un debitore ceduto è ricevere, da parte del nuovo creditore, un decreto ingiuntivo (ingiunzione di pagamento). Il decreto ingiuntivo è un provvedimento emesso dal giudice, su ricorso del creditore, che intima al debitore di pagare una certa somma entro 40 giorni, pena l’esecuzione forzata (artt. 633 e segg. c.p.c.). Spesso i cessionari di crediti, specie se supportati da documentazione bancaria, ricorrono a questo strumento per ottenere rapidamente un titolo esecutivo contro il debitore. È fondamentale sapere che il decreto ingiuntivo non è definitivo: il debitore ha appunto 40 giorni dalla notifica per proporre opposizione e aprire un giudizio ordinario di cognizione in cui far valere le proprie ragioni (art. 645 c.p.c.). Se non si propone opposizione entro i 40 giorni, il decreto diviene esecutivo in via definitiva (passa in giudicato) e il creditore potrà procedere con pignoramenti senza ulteriori avvisi.
Vediamo quindi come affrontare un decreto ingiuntivo notificato dal cessionario:
Fase 0: verifica della notifica e del contenuto – Quando vi viene notificato un decreto ingiuntivo (di solito tramite Ufficiale Giudiziario o PEC se avete domicilio digitale), annotate la data di notifica (da cui decorrono i 40 giorni) e controllate cosa vi è stato consegnato. Dovrebbe esserci il decreto del giudice, il ricorso del creditore con gli allegati (contratto, estratti conto, documenti di cessione, ecc.) e la relata di notifica. È importante anche notare se il giudice ha concesso la provvisoria esecuzione ex art. 642 c.p.c. (in casi particolari, il decreto può essere esecutivo immediatamente, ad esempio se il credito risulta da cambiale o riconoscimento di debito autentico, oppure se il giudice lo ha concesso per “fondato timore di perdita garanzia”). In tal caso, il creditore potrebbe iniziare il pignoramento subito, anche durante i 40 giorni; vedremo più avanti come chiedere sospensione. Nella maggior parte dei crediti bancari, però, il decreto è non immediatamente esecutivo, dunque avete 40 giorni di tempo per opporvi e nel frattempo non possono pignorarvi.
Preparazione dell’opposizione – L’opposizione a decreto ingiuntivo si propone con atto di citazione davanti al medesimo tribunale che ha emesso il decreto (si tratta di una citazione in giudizio del creditore ingiungente, invertendo i ruoli, con cui il debitore diventa attore). È obbligatorio farsi assistere da un avvocato (salvo rarissimi casi di decreti di valore sotto 1.100 euro che andrebbero davanti al giudice di pace – ipotesi praticamente inesistente nei crediti bancari). Occorre dunque recarsi subito da un legale portando copia integrale del decreto e dei documenti allegati. L’avvocato stenderà l’atto di citazione in opposizione, indicando i motivi per cui si ritiene che il decreto sia ingiusto o errato e chiedendo al giudice dell’opposizione di revocarlo in tutto o in parte. L’atto va notificato al creditore (ossia al suo avvocato costituito) entro i 40 giorni. Da quel momento si instaura un normale processo civile di primo grado, nel quale il giudice ascolterà entrambe le parti, ammetterà eventualmente prove, ecc., e alla fine deciderà se confermare il decreto (e quindi il credito) oppure revocarlo, totale o parzialmente.
Motivi di opposizione tipici nel caso di crediti ceduti – Nell’atto di opposizione il debitore-opponente deve elencare tutte le eccezioni e contestazioni che intende sollevare. Vediamo quelle più frequenti ed efficaci in relazione a un credito bancario ceduto:
- Difetto di prova della cessione e legittimazione attiva: È spesso la prima eccezione da valutare. Il cessionario, per ottenere il decreto ingiuntivo, dovrebbe aver allegato al ricorso la prova di essere diventato titolare del credito. Purtroppo, non di rado i decreti ingiuntivi vengono emessi dai giudici sulla base di documenti incompleti: ad esempio, la società cessionaria allega solo la copia dell’estratto pubblicato in Gazzetta Ufficiale o una dichiarazione unilaterale di avvenuta cessione, senza produrre il contratto integrale e l’elenco nominativo dei crediti ceduti. Oppure allega un “estratto notarile” con omissis, dove magari compare il numero della pratica ma non il nome del debitore. In sede di opposizione, il debitore deve contestare chiaramente la titolarità del credito in capo al cessionario, sostenendo che la documentazione prodotta in sede monitoria è insufficiente a provare che il credito di cui si chiede ingiunzione fosse effettivamente compreso tra quelli ceduti e che la cessione sia valida. Questo costringerà il cessionario, nella fase di opposizione (ora in posizione di convenuto opposto), a fornire le prove complete. E qui la legge e la giurisprudenza sono dalla parte del debitore: la Cassazione ha più volte ribadito che, in caso di contestazione, spetta al cessionario fornire la prova sia dell’esistenza e validità del contratto di cessione, sia del fatto che quello specifico credito ne facesse parte . Non basta l’avviso di cessione in Gazzetta Ufficiale come prova in giudizio , perché la pubblicazione serve all’opponibilità ma “una cosa è l’avviso di cessione – necessario ai fini dell’efficacia – un’altra è la prova dell’esistenza di un contratto di cessione e del suo contenuto” . Dunque il debitore può esigere che in giudizio venga esibito il contratto di cessione vero e proprio, con l’allegato elenco crediti o con elementi che colleghino univocamente il suo debito alla cessione. Se il cessionario non produce tali prove, il giudice deve ritenere non provata la titolarità e quindi revocare il decreto ingiuntivo per difetto di legittimazione attiva. Questo è accaduto in vari procedimenti: ad esempio, Cassazione 2019 n.22151 ha confermato un rigetto di ingiunzione perché dall’avviso in G.U. troppo generico non era possibile ricondurre con certezza il singolo rapporto ceduto e non erano stati prodotti documenti contrattuali integrativi . Ugualmente Cassazione 2022 n.22754 (ord.) ha ribadito che la pubblicazione ex art.58 TUB non dimostra di per sé la titolarità del credito azionato . Anche tribunali di merito recenti, come il Trib. di Udine nel 2025, hanno bloccato esecuzioni perché il cessionario aveva prodotto solo avvisi G.U. con “omissis” e moduli generici, ritenuti inidonei a provare la catena di tre cessioni succedutesi . Dunque, un’opposizione basata sulla carenza di prova della cessione è molto solida se effettivamente la controparte non ha allegato in monitorio il contratto o un estratto con il vostro nome. In opposizione, chiederete al giudice di ordinare l’esibizione ex art. 210 c.p.c. del contratto di cessione completo, qualora il cessionario non lo depositi spontaneamente.
- Nota pratica: Spesso nei decreti ingiuntivi gli avvocati dei cessionari depositano un certificato notarile o una dichiarazione della banca cedente che “conferma la cessione” del credito XY alla data Z. Oppure un file PDF di 200 pagine con l’elenco delle posizioni cedute (magari anonimate per privacy). L’opponente deve scrutinare questi documenti cercando eventuali falle: es. il vostro nominativo non compare o compare con dati errati; la dichiarazione è “postuma” (magari fatta dopo l’inizio della causa ingiuntiva, il che solleva dubbi); ci sono omissis sugli elementi essenziali (prezzo di cessione oscurato: alcuni giudici hanno ritenuto che l’assenza dell’indicazione del prezzo metta in dubbio la validità stessa del contratto, essendo il prezzo elemento essenziale per la causa della vendita ). Segnalate puntualmente queste incongruenze nell’atto di opposizione. Ad esempio: “il documento X prodotto non reca alcuna sottoscrizione né indicazione del nostro credito, limitandosi ad affermare che c’è stata una cessione in blocco; non è allegato l’elenco dei crediti ceduti né vi è prova del prezzo corrisposto, elemento essenziale ai fini della verifica causale; pertanto la cessione è rimasta indimostrata”.
- Contestazione dell’importo ingiunto (interessi, anatocismo, usura): L’opposizione è l’occasione per ridiscutere nel merito la pretesa creditoria. Il debitore può (e deve, pena decadenza) sin dall’atto di opposizione contestare la quantificazione del debito ingiunto. Ciò può includere varie sottovoci:
- Interessi calcolati erroneamente: ad esempio interessi moratori computati su base composta o duplicando anatocisticamente interessi già scaduti. Se dal piano di ammortamento o dagli estratti conto emergono addebiti di interessi non conformi alla legge (es. capitalizzazione trimestrale sugli sconfinamenti di conto ante 2000, commissioni di massimo scoperto non dovute, ecc.), vanno eccepiti. Il giudice, su richiesta, può nominare un CTU contabile per rideterminare il saldo effettivo depurando gli addebiti illegittimi. Caso tipico: su conti correnti o mutui aperti molti anni fa, era frequente l’anatocismo trimestrale; se non è già stato oggetto di ricalcolo, il debitore può chiedere in opposizione che si espunga tale parte.
- Interessi usurari**: se il tasso di interesse applicato (sommando eventualmente moratori e spese) ha superato i tassi soglia d’usura fissati dalla legge 108/1996, il debitore può eccepire la nullità di tali patti di interesse. La conseguenza, secondo la giurisprudenza, è che nessun interesse è dovuto (si applica la sanzione della gratuità del mutuo ex art. 1815 co.2 c.c.). Questo è un punto tecnico: occorre confrontare i tassi pattuiti (in contratto) con il tasso soglia vigente al momento della stipula per gli interessi corrispettivi, e con quello vigente al momento di eventuali morosità per gli interessi di mora. Se risulta superato, l’opponente deve dedurlo e provarlo (producendo i decreti Ministeriali dei tassi soglia). Va detto che la questione dell’usura è complessa e oggetto di diverse interpretazioni (es.: computabilità degli interessi di mora ai fini dell’usura; c.d. teoria del “tasso effettivo globale” etc.), ma almeno come eccezione difensiva può portare quantomeno a una riduzione degli interessi dovuti se il giudice rileva e ridetermina. Ad esempio, molti mutui hanno tassi di mora del 2-3% mensili che portano TAEG ben oltre soglia: ciò può essere contestato.
- Prescrizione parziale del credito: se il credito è composto di più rate o più obbligazioni (es. saldo conto con diverse rimesse nel tempo, o rate di mutuo impagate negli anni), è possibile che parte di esso sia caduto in prescrizione. Approfondiremo meglio la prescrizione più avanti, ma in questa sede va sottolineato che l’opposizione a DI è il momento per sollevare l’eccezione di prescrizione (che è eccezione in senso stretto: se il debitore non la solleva, il giudice non la considera d’ufficio). Dunque, se per esempio il decreto ingiuntivo include rate scadute da oltre 10 anni, o interessi maturati oltre 5 anni prima, si dovrà eccepire che per quelle porzioni il diritto è prescritto e il creditore non poteva più pretenderle . Un esempio: mutuo con rate non pagate dal 2012, decreto ingiuntivo nel 2025. Secondo la Cassazione, il termine per richiedere le singole rate scadute potrebbe essere decennale dall’ultima rata se c’è stato il decadimento del beneficio del termine, oppure decennale rata per rata (la giurisprudenza prevalente considera l’obbligazione unitaria e quindi prescrizione da ultima scadenza , ma altri argomenti sostengono la prescrizione per singola rata ex art. 2948 n.4 c.c.). In ogni caso, almeno gli interessi corrispettivi e moratori maturati oltre 5 anni prima sono prescritti autonomamente . Quindi si può chiedere che vengano espunti dal calcolo. Attenzione: anche atti interruttivi vanno considerati. Se la banca originaria aveva inviato solleciti scritti, atti di costituzione in mora o altro, essi interrompono la prescrizione, facendola decorrere da capo. Bisogna procurarsi la cronologia (anche tramite quella richiesta ex art.119 TUB potreste ottenere copia di lettere di messa in mora inviate in passato).
- Compensazioni o pagamenti non imputati: nell’opposizione potete anche dedurre di aver già pagato in parte il credito, o che dovevano essere imputate somme che invece non risultano. Ad esempio, se avevate un conto corrente sul quale la banca ha incamerato accrediti anche dopo la decadenza, o se avevate polizze assicurative legate al mutuo (polizza a garanzia del rimborso che ha liquidato un indennizzo). Un caso: se la banca cedente ha escusso una fideiussione o un’assicurazione e incassato qualcosa, il debito residuo andrebbe ridotto di conseguenza. Verificate se ci sono state escussioni parallele (il fideiussore ha pagato? l’assicurazione sul credito – come le polizze CPI – ha versato qualcosa?). Qualora il cessionario pretendesse l’intero come se nulla fosse stato dedotto, potete opporre tali circostanze.
- Invalidità originaria del contratto di credito: se emergono gravi vizi genetici (es. il mediatore creditizio non è stato indicato, violazione di norme di trasparenza bancaria, mancanza di forma scritta quando richiesta), potete formulare eccezioni di nullità/annullabilità del contratto originario. Ad esempio: in alcuni casi di leasing o finanziamenti, se manca la forma scritta, il contratto è nullo; oppure, se il tasso di interesse non era chiaramente indicato come TAEG, talune sanzioni normative prevedono l’applicazione del tasso sostitutivo BOT. Queste difese vanno studiate attentamente: una nullità radicale del contratto implicherebbe la restituzione delle somme capitali e interessi secondo i principi dell’indebito, scenario complicato ma teoricamente sollevabile. In genere, comunque, il giudice dell’opposizione tende a concentrarsi sul dare o avere più concreto (quanto deve il debitore, epurato da vizi).
- Vizi formali del decreto ingiuntivo stesso: raramente fruttuosi, ma se ad esempio il decreto è stato richiesto da un soggetto palesemente privo di legittimazione (ad es. il servicer in proprio senza indicare la rappresentanza del creditore) potete eccepire la nullità del ricorso e quindi del decreto. Oppure, se la notifica è stata eseguita in maniera scorretta (es. a un domicilio vecchio senza ricerche dovute), potete eccepire la nullità della notifica e proporre l’opposizione tardiva (art. 650 c.p.c.) se i 40 giorni erano decorsi. Però se siete comunque venuti a conoscenza e fate opposizione nei termini, questi aspetti perdono rilevanza. Comunque, verificate che il ricorso ingiuntivo contenesse la narrazione corretta della cessione (es. se il ricorso non menzionava affatto la cessione e il giudice ha ingiunto come se fosse ancora la banca creditrice – è raro, ma sarebbe un vizio). Qualche volta i giudici di merito hanno ritenuto che l’ingiunzione ottenuta dal cessionario senza prova scritta idonea della cessione (richiesta dall’art. 634 c.p.c. per i crediti bancari) fosse nulla: ad esempio, se mancava completamente la notifica di cessione antecedente, il decreto sarebbe stato emesso “inaudita parte” ma senza i presupposti. Comunque, questo si riconduce al difetto di prova, già discusso.
- Sospensione dell’esecuzione provvisoria: Se il decreto è già provvisoriamente esecutivo o se il cessionario, decorso il termine, inizia comunque un’esecuzione (può iniziare solo se aveva provvisoria esecutorietà concessa, se no deve attendere 40 giorni), l’opponente può chiedere al giudice dell’opposizione di sospendere la provvisoria esecuzione del decreto (art. 649 c.p.c.). Questo viene valutato con un’udienza ad hoc e il giudice concede la sospensione se reputa che ci siano gravi motivi, cioè che l’opposizione non sia pretestuosa e che senza sospensione il debitore subirebbe un danno ingiusto (es. pignoramento di casa). Nel contesto dei crediti ceduti, la presenza di contestazioni serie sulla titolarità del credito o su possibili vizi (come clausole usurarie) può convincere il giudice a sospendere l’efficacia del decreto fino alla fine della causa. Ad esempio, se dimostrate subito che il cessionario non ha prodotto il contratto di cessione e che vi è incertezza sulla titolarità, questo è tipicamente un “grave motivo” per sospendere.
In conclusione su questa fase: l’opposizione al decreto ingiuntivo è un processo a tutti gli effetti dove il debitore può far valere tutte le sue difese. Se ben condotta, può portare a risultati molto positivi per il debitore ceduto: – Vittoria totale: se si dimostra che il cessionario non aveva titolo (cessione non provata o credito estinto/prescritto), il decreto viene revocato e nulla è dovuto. – Vittoria parziale: il giudice può ridurre l’importo (es. togliendo interessi illegali o periodo prescritti) e revocare il decreto per l’eccedenza. In tal caso emetterà una sentenza che accerta quanto dovuto realmente (magari molto meno). – Transazione in corso di causa: spesso, vedendo un’opposizione ben motivata, il cessionario potrebbe offrirsi di trovare un accordo (ad es. il debitore paga una parte e ritirano la causa). Ciò può essere opportuno se il debitore vuole chiudere il contenzioso a cifre sostenibili. Naturalmente, ogni transazione va formalizzata e comporterà la rinuncia all’opposizione (quindi il decreto diventa definitivo solo per la quota concordata, poi si considera soddisfatto).
Viceversa, se l’opposizione viene rigettata e il decreto confermato, il debitore dovrà pagare l’importo ingiunto (eventualmente maggiorato di spese legali dell’opposizione) e non avrà ulteriori occasioni per contestare nel merito (salvo appello per eventuali errori di diritto). Per questo è essenziale sollevare tutte le eccezioni sin dall’inizio: alcune (come la prescrizione) non sono più proponibili in appello se dimenticate in primo grado.
Costi e rischi: Fare opposizione comporta spese (contributo unificato, parcella legale). Se si perde, il debitore oltre al debito dovrà pagare le spese legali del creditore. Tuttavia, di fronte a importi ingenti, non opporsi significa subire il decreto per intero. È una valutazione da fare con lucidità e magari con un parere legale preventivo sulla fondatezza delle eccezioni: se, ad esempio, l’unica contestazione è “non ho soldi, vorrei pagare di meno” senza basi giuridiche, l’opposizione sarebbe temeraria. Se invece ci sono serie questioni (mancata prova della cessione, parti di debito prescritte, ecc.), l’opposizione è lo strumento per farle valere.
Opposizione tardiva (art. 650 c.p.c.): e se scoprite il decreto ingiuntivo quando è troppo tardi (ad esempio perché inviato a un vecchio indirizzo e ve ne accorgete mesi dopo dal precetto)? In tal caso la legge consente, se provate di non aver avuto tempestiva conoscenza del decreto per irregolarità della notifica o caso fortuito/forza maggiore, di proporre opposizione tardiva entro 40 giorni dalla scoperta. È un rimedio di emergenza, con limiti stretti. Ad esempio, se la notifica è nulla (non a voi ma a un omonimo, oppure a indirizzo sbagliato) ed è stata fatta per compiuta giacenza senza che abbiate mai saputo, potete chiedere al giudice di rimettervi nei termini. Non è facile, ma è l’ultima spiaggia per riaprire i termini se davvero siete stati inconsapevoli. Ovviamente, se l’irreperibilità era dipesa da una vostra colpa (es. cambiato domicilio senza aggiornare la residenza) sarà più difficile ottenere solidarietà. Ma se la notifica era viziata, il decreto non sarebbe nemmeno esecutivo finché non sanata, dunque su questo un legale potrà orientarvi (talora si può far valere direttamente la nullità della notifica nell’esecuzione per farla cessare, come opposizione agli atti esecutivi di cui diremo).
In sintesi, davanti a un decreto ingiuntivo del cessionario, il debitore non è inerme: ha la possibilità di far valere tutte le sue difese e di mettere alla prova la solidità della controparte in un giudizio vero e proprio. Spesso, debitori scoraggiati non si oppongono e lasciano passare i termini, regalando al cessionario una vittoria facile. Invece, con un’opposizione ben fondata, si possono ottenere annullamenti o riduzioni importanti del debito ingiunto, o quantomeno guadagnare tempo per negoziare un accordo più favorevole.
Difese nell’esecuzione forzata (opposizione all’esecuzione)
Può accadere che il nuovo creditore sia già munito di un titolo esecutivo senza dover passare dal decreto ingiuntivo, e proceda direttamente al recupero coattivo. Ad esempio, se il credito derivava da un mutuo fondiario in cui la banca ha facoltà di esecuzione immediata, oppure se il decreto ingiuntivo è stato ottenuto e non opposto (diventando definitivo), o ancora se il cessionario eredita un titolo giudiziale già esistente (es. una sentenza contro il debitore). In questi casi il debitore si troverà di fronte a un atto di precetto (l’intimazione a pagare entro 10 giorni sotto pena di esecuzione) e poi eventualmente a un pignoramento (mobiliare, immobiliare o presso terzi). Anche in questa fase avanzata esistono strumenti di difesa: le opposizioni esecutive.
Le opposizioni esecutive sono di due tipi: – Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.): si contesta il diritto del creditore di procedere a esecuzione perché, ad esempio, il credito non esiste (o si è estinto) o il titolo non è valido nei confronti di quel creditore o di quel debitore. – Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.): si contestano vizi formali degli atti della procedura (es. il precetto è nullo, il pignoramento notificato in modo irregolare, errori nella forma).
Nel contesto di un credito ceduto, le situazioni tipiche sono: – Cessionario che notifica un precetto basato su decreto ingiuntivo non opposto o su altro titolo esecutivo (sentenza, cambiale). – Cessionario che avvia direttamente un pignoramento immobiliare sulla base di mutuo fondiario in sofferenza (il contratto di mutuo fondiario è di per sé titolo esecutivo ai sensi dell’art. 41 TUB).
In entrambi i casi, la difesa principale per il debitore sarà l’opposizione all’esecuzione ex art.615 c.p.c.. Essa va proposta: – Prima che la procedura esecutiva sia iniziata (cioè dopo il precetto ma prima del pignoramento) con atto di citazione al giudice competente (Tribunale), chiedendo di accertare che il creditore non ha diritto a eseguire. – Dopo che l’esecuzione è iniziata (dopo notifica dell’atto di pignoramento) con ricorso al giudice dell’esecuzione, se si tratta di motivi sorti dopo l’inizio (nel nostro caso, solitamente i motivi “preesistenti” c’erano già, quindi sarebbe da farsi prima; ma se scoprite tardi potete farla anche dopo, pur con alcune preclusioni procedurali maggiori).
Motivi di opposizione all’esecuzione rilevanti per crediti ceduti:
- Mancata legittimazione del procedente (cessione non provata): È lo stesso concetto dell’opposizione a DI, traslato in sede esecutiva. Ad esempio, supponiamo che Alfa SPV notifichi un precetto di pagamento di 100.000 € allegando come titolo un mutuo fondiario stipulato dal debitore con Banca Beta. Il debitore può proporre opposizione all’esecuzione sostenendo che Alfa SPV non ha titolo esecutivo valido in quanto non ha dimostrato di essere cessionaria di quel mutuo. Anche se il mutuo è un titolo esecutivo, esso originariamente era a favore di Banca Beta; perché Alfa SPV possa eseguirlo, deve provare la cessione. Se Alfa allega solo la Gazzetta Ufficiale di cessione in blocco, vale lo stesso discorso: la G.U. rende efficace la cessione, ma in caso di contestazione il giudice dell’esecuzione può sospendere l’esecuzione e richiedere la prova rigorosa della cessione . Tribunale di Udine (2025) ha appunto sospeso un’esecuzione immobiliare su istanza dei debitori ceduti che lamentavano mancanza di documenti essenziali sulla catena di cessioni e incongruenze nei pochi documenti prodotti, fra cui “l’inidoneità degli avvisi pubblicati in Gazzetta Ufficiale” a dimostrare la titolarità . Il principio è lo stesso: il cessionario deve provare la sua legittimazione attiva. Se non ci riesce tempestivamente, l’esecuzione può essere arrestata. Quindi nell’opposizione scriverete che il creditore procedente non ha diritto a eseguire perché il credito non gli appartiene validamente (ex art. 1264 c.c. andava notificata la cessione, ciò non è avvenuto, e i documenti di cessione sono carenti, ecc.). In udienza potrete chiedere la sospensione immediata dell’esecuzione (ex art. 624 c.p.c.), specie se nel frattempo è già partito un pignoramento (ad esempio la vendita di un immobile all’asta – in tal caso la sospensione è urgentissima per bloccare la vendita).
- Estinzione sopravvenuta o fatti impeditivi: Potreste opporre che dopo la formazione del titolo sono accaduti fatti che estinguono il debito: ad es. prescrizione del titolo stesso, prescrizione sopravvenuta del credito. Attenzione, se il titolo è giudiziale (decreto ingiuntivo definitivo, sentenza passata in giudicato), quel titolo si prescrive in 10 anni. Se il creditore cessionario dorme e tenta pignoramento dopo 12 anni dal decreto, il debitore può opporre che il titolo è decaduto. Oppure se in precedenza la banca aveva rinunciato al credito o fatto una transazione (bisogna provarlo).
Un esempio particolare: ordine di riempimento in bianco delle cambiali. A volte i crediti (leasing, ecc.) venivano garantiti da cambiali firmate in bianco poi riempite dal cessionario. Se non è rispettata la convenzione di riempimento, potete opporre l’irregolarità.
- Clausola arbitrale ancora invocabile: Se, come nel caso visto, il cessionario salta il giudizio ordinario e procede su un titolo (magari un D.I. non opposto perché il debitore ignorava di poter eccepire l’arbitrato), il debitore potrebbe ancora giocarsi la carta arbitrale in sede esecutiva? Ci sono pronunce contrastanti, ma la Cassazione ha affermato che se il debitore non ha opposto il DI e quindi non ha fatto valere la clausola compromissoria, poi non può in sede esecutiva far valere questioni di merito che poteva sollevare nel merito del titolo. Quindi, è fondamentale attivarsi prima. Tuttavia, se paradossalmente un cessionario tentasse un’esecuzione senza passare dal giudice statale, quando c’era arbitrato, teoricamente il debitore potrebbe opporsi dicendo: il titolo non c’è perché doveva passare dall’arbitro. Ma siccome di norma un titolo serve sempre (cambiale, atto notarile, ecc.), l’arbitrato incide a monte, non in fase esecutiva.
- Vizi formali di notifiche: Questo rientra nell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. Se il precetto o il pignoramento vi sono stati notificati in modo irregolare (es. a persona sbagliata, o con mancanza delle indicazioni obbligatorie), avete solo 20 giorni dalla notifica o dal primo atto utile per proporre opposizione agli atti. Ad esempio: il precetto deve indicare, in caso di crediti ceduti in blocco, gli estremi di pubblicazione in G.U. dell’avviso di cessione; se manca questa indicazione, secondo alcuni tribunali il precetto è nullo perché il debitore non è messo in grado di sapere da dove salta fuori quel creditore (è un formalismo, ma potrebbe essere sfruttato come vizio ex art. 480 c.p.c.). Anche la notifica del titolo esecutivo al debitore ceduto è richiesta in certi casi: se il titolo è un contratto di mutuo fondiario, occorre che il debitore ne abbia copia esecutiva notificata. Spesso i cessionari notificarono le esecuzioni senza aver notificato prima il titolo. Questo è un vizio che alcuni giudici rilevano come irregolarità sanabile, però intanto l’opposizione può far perdere tempo e costringere il creditore a rimediare (nel frattempo può sospendersi la procedura).
- Assegno/cambiale protestati con vizi: Se il titolo esecutivo è un assegno o cambiale su cui si è basato il precetto, potete contestare firma falsa, mancanza di notifica del precetto al coobbligato, ecc. Raramente però in crediti bancari ceduti si passa tramite cambiali, a meno di piani di rientro cambiari.
Procedura dell’opposizione all’esecuzione: Se la fate prima del pignoramento, è un atto di citazione da notificare al cessionario, e potete contestualmente chiedere al giudice (presidente del tribunale) una sospensione urgente del precetto ex art. 700 c.p.c. oppure un provvedimento d’urgenza similare (non c’è un automatismo, ma si può fare ricorso cautelare in corso di opposizione). Se la fate dopo il pignoramento, è un ricorso da depositare al giudice dell’esecuzione chiedendo fissazione d’udienza; il G.E. può sospendere l’esecuzione se ci sono gravi motivi (art. 624 c.p.c.). Ad esempio, se la casa sta per andare all’asta, con un buon motivo (tipo: il procedente non ha titolo valido) il G.E. sospende la vendita in attesa dell’esito della causa di merito.
Esito dell’opposizione all’esecuzione: Se vincete, l’esecuzione viene dichiarata improcedibile o estinta. Questo vi salva i beni; il giudice di merito potrà anche revocare il precetto e le eventuali misure (pignoramenti) già fatte, con spese a carico del cessionario. Se perdete, l’esecuzione riprende; potete appellare la sentenza ma di solito senza sospendere (salvo chiedere sospensione in appello).
Esempio pratico: un cessionario inizia un pignoramento immobiliare senza avere in mano il contratto di cessione chiaro. Il debitore fa opposizione dicendo: “non è provato che Caio SPV sia titolare del mutuo ipotecario in virtù di una valida catena di cessioni; chiedo sospensione”. Il G.E., visto che effettivamente allegato c’era solo un estratto G.U. con dati generici, sospende la procedura e rimanda le parti in causa di merito. A quel punto il cessionario, per non rischiare di perdere anni in causa dall’esito incerto, potrebbe essere invogliato a negoziare un saldo e stralcio col debitore (ottenendo qualcosa subito e rinunciando all’asta). Questo evidenzia come anche in fase esecutiva avanzata, se il debitore alza barriere procedurali solide, può guadagnare potere contrattuale.
Opposizione agli atti esecutivi: Vale la pena di menzionare che se la notifica del precetto era nulla (es. consegnata a persona sbagliata in casa, o intestata male), si può impugnare entro 20 giorni quell’atto per farlo annullare. Stessa cosa per il pignoramento: ad esempio un pignoramento immobiliare deve contenere l’avvertimento ex art. 494 c.p.c. (sulla possibilità del debitore di chiedere la conversione, ecc.), se manca è un vizio. O se il pignoramento è stato notificato a un indirizzo errato. Questi vizi non riguardano il merito del debito, ma possono far ricominciare da capo la procedura, dando tempo al debitore.
Altre difese in esecuzione: – Conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.): non è un’opposizione, ma un’istanza che il debitore può fare per evitare la vendita del bene pignorato, offrendo al creditore di pagare a rate con garanzia. Potrebbe essere utile se si vuole guadagnare tempo e c’è capacità di pagare pian piano. Tuttavia serve depositare subito un quinto dell’importo pignorato in tribunale e presentare piano per il resto fino a max 36 mesi con fideiussione. Nei NPL raramente il debitore ha questa disponibilità, ma è un’opportunità di legge da ricordare. – Asserita nullità del titolo esecutivo per vizi radicali: Ad esempio, se il titolo è un mutuo fondiario, qualcuno ha tentato di dire “il mutuo è nullo perché il tasso è usurario, quindi il titolo cade”. Però un giudice dell’esecuzione non può revocare efficacia a un titolo esecutivo negoziale salvo macroscopica incertezza. Questi aspetti vanno portati semmai in un separato giudizio di merito di accertamento negativo. Ma durante l’esecuzione, invocare nullità contrattuali su un titolo di formazione stragiudiziale è difficile, perché il G.E. non può disapplicare un contratto. Quindi quell’argomento va fatto valere eventualmente come domanda riconvenzionale nell’opposizione a esecuzione (che però è ristretta di solito a questioni di legittimazione e pagamento). – Vicende del titolo: se per ipotesi dopo il precetto ottenete in appello la riforma della sentenza che era titolo, potete far cessare l’esecuzione per sopravvenuto venir meno del titolo. Ma questo è scenario più di scolastica.
In conclusione, anche in sede di esecuzione forzata il debitore ceduto ha delle frecce al suo arco, in particolare: – contestare la legittimazione del cessionario a procedere (se non ha provato bene la cessione); – contestare eventuali estinzioni o riduzioni del credito (prescrizione, pagamento parziale); – far valere vizi procedurali per guadagnare tempo o far ripetere atti.
È essenziale la tempestività: le opposizioni vanno fatte entro termini precisi (20 giorni per vizi atti, prima della vendita per questioni di merito note da subito, etc.). Se l’esecuzione è su un bene primario (prima casa, stipendio), non attendete di subire passivamente: anche solo la minaccia di un’opposizione può farvi guadagnare margini negoziali per trattare.
Spesso società cessionarie avviano pignoramenti immobiliari come leva per costringere al saldo e stralcio: se il debitore con il suo avvocato oppone e magari fa emergere qualche irregolarità, il creditore potrebbe preferire chiudere la vicenda con un accordo invece di spendere anni in tribunale con esito incerto. Dunque, pur essendo un momento già grave (vi stanno pignorando un bene), non è detta l’ultima parola: le tutele giurisdizionali esistono e vanno attivate con decisione.
Altre eccezioni e strategie difensive particolari
Oltre alle generali difese esaminate (mancata prova della cessione, prescrizione, contestazione importi), ci sono alcune strategie difensive più specifiche o di nicchia che il debitore ceduto (specie se assistito da un avvocato esperto) può utilizzare in base alla situazione. Ne illustriamo alcune:
Eccezione di clausola arbitrale – Ne abbiamo parlato diffusamente: se il contratto originario prevedeva l’arbitrato per le controversie, il debitore può opporre tale clausola al cessionario che agisca giudizialmente . In pratica, se il cessionario vi cita davanti al tribunale ordinario (ad es. chiedendo il pagamento), potete presentare un’eccezione preliminare di compromesso, dicendo: “tra me e la banca originaria vigeva clausola arbitrale, quindi il giudice statale non ha giurisdizione: chiediamo che la causa sia dichiarata improcedibile perché deve andare in arbitrato”. La Cassazione conferma che questa eccezione è fondata e che il giudice deve tenere ferma la clausola a favore del debitore . L’effetto pratico è di far cadere l’azione intrapresa dal cessionario: ad esempio, se era un decreto ingiuntivo, verrà revocato; se era una citazione, verrà dichiarata inammissibile. A quel punto il cessionario, per far valere il credito, dovrebbe attivare un arbitrato contro di voi (pagando costi spesso elevati, e magari trovandosi di fronte arbitri un po’ meno “perentori” di un tribunale nel concedere decreti ingiuntivi). In molti casi, l’arbitrato non verrà nemmeno iniziato per ragioni di costo/tempo, e il creditore preferirà negoziare con il debitore. Attenzione: se però era il debitore a voler evitare l’arbitrato (magari perché in arbitrato non ci sono appelli o per altri motivi), potrebbe scegliere di non sollevare l’eccezione. Ma in genere, per il debitore, l’arbitrato è un vantaggio in queste situazioni: era di solito predisposto dalla banca, quindi una sede neutra non lo danneggia, e soprattutto spezza l’iniziativa del cessionario. In conclusione, se c’è clausola compromissoria nel contratto ceduto, non dimenticate di farla valere per bloccare le vie ordinarie scelte dal cessionario .
Eccezione di inopponibilità della cessione (patto di non cessione) – Raramente, un contratto di finanziamento potrebbe contenere un divieto di cessione senza consenso del debitore (pactum de non cedendo). Ai sensi dell’art. 1260 c.c., questo patto non rende nulla la cessione, ma se il cessionario ne era a conoscenza al momento dell’acquisto, il debitore può opporlo per rifiutare il pagamento a lui. In pratica, se nel vostro contratto era scritto “il credito non è cedibile” e la società cessionaria era consapevole di tale clausola (ad es. perché nota nel mercato o indicata nelle condizioni generali), il debitore potrebbe eccepire che la cessione gli è inopponibile (art. 1260 comma 2 c.c.). Questo però nella pratica è molto raro: la maggior parte dei contratti bancari anzi prevedono espressamente la cedibilità (spesso trovi clausole tipo “la Banca può cedere il credito a terzi…”). Se invece c’è il patto contrario, il debitore in causa potrà sostenere che la cessione è inefficace nei suoi confronti: in teoria, ciò lo autorizzerebbe a continuare a pagare alla banca (se volesse pagare). Ma se ormai la banca si è defilata, sarà più realistico usarlo come argomento di trattativa (il cessionario magari farà causa alla banca per danni, ma non è problema del debitore). È un’arma spuntata in verità, perché il cessionario può dire di essere acquirente in buona fede e il patto avrebbe solo efficacia obbligatoria interna (il cedente potrebbe essere inadempiente verso di voi, ma la cessione resta valida salvo risarcimento). La dottrina e giurisprudenza non univoche su questi patti: c’è chi li considera opponibili se il cessionario era a conoscenza, altri no. Non contate troppo su questo, ma menzionatelo se c’è.
Nullità di clausole contrattuali del credito originario – Il debitore può spulciare il contratto originario alla ricerca di clausole nulle o illecite. Ad esempio: – Clausole di anatocismo inserite prima che fosse lecito (ante 2000) – oggi sarebbero nulle ab origine. – Clausole che prevedono costi occulti non validi (es. penali eccessive, commissioni non trasparenti). – Clausole contrarie a norme imperative (ad es. tassi di mora superiori al limite legale assoluto, interessi compound). – Clausole contrarie al Testo Unico Bancario o a delibere CICR su trasparenza: se, ad esempio, nel contratto di mutuo agrario non era indicato il Taeg come richiesto, l’art. 125 TUB vecchia formulazione prevedeva la nullità di commissioni o il ricalcolo tasso a BOT. – Clausole contrarie al Codice del Consumo (se il debitore è consumatore): eventualmente clausole vessatorie non approvate specificamente, oppure squilibrate. Anche la cessione stessa, se a un soggetto non regolamentato, qualcuno ha provato a dire fosse pratica commerciale scorretta, ma se avviene nel rispetto di legge no.
Far valere la nullità di una clausola può portare a rideterminare l’importo dovuto: es. se la clausola di interessi di mora è nulla (mettiamo per usura), tutti gli interessi di mora decadono; se la clausola di capitalizzazione trimestrale è nulla, il debito va ricalcolato senza anatocismo. Queste eccezioni vanno fatte valere nel giudizio di merito (opposizione a DI o a esecuzione) come eccezioni e domande riconvenzionali di accertamento della nullità e riduzione del dovuto. Ottenere una pronuncia di nullità contro il cessionario è possibile perché le nullità operano erga omnes e il cessionario ne subisce gli effetti. Ad esempio, se la clausola sugli interessi ultralegali era nulla per mancanza di specifica pattuizione scritta, il cessionario può chiedere solo interessi legali e non il 10% pattuito nulla. Vale il principio che il cessionario non può avere più diritti di quanti ne avesse il cedente: se il contratto era parzialmente nullo, lo è anche nei confronti del cessionario. Questo viene evidenziato in letteratura e giurisprudenza come uno scudo per il debitore: la cessione non “purifica” eventuali vizi originari. Dunque spulciare il contratto con occhio tecnico può far emergere difese.
Prescrizione maturata prima o indipendentemente dalla cessione – Abbiamo trattato la prescrizione come eccezione in opposizione. Vale la pena ribadire: la cessione in sé non interrompe la prescrizione, perché non è un atto di esercizio del diritto verso il debitore (salvo si consideri la pubblicazione in G.U. un atto idoneo a conoscenza del debitore, ma tendenzialmente no, serve notifica per l’efficacia ma non è formale atto interruttivo come la richiesta di pagamento). Quindi, se la banca cedente non aveva mai sollecitato né agito e sono passati 10 anni dall’ultima manifestazione di vita del rapporto, il debitore può eccepire prescrizione verso il nuovo creditore. Spesso i cessionari acquistano crediti ormai vicini alla prescrizione e magari se la fanno pure scadere se tardano ad agire. Bisogna controllare bene le date: ultimo pagamento, ultimo sollecito scritto noto, eventuali riconoscimenti. Una richiesta di estratto conto ex art. 119 TUB fatta dal debitore può costituire riconoscimento di debito? Argomento delicato: la Cassazione tende a escludere che una mera richiesta di documenti valga come riconoscimento (non c’è volontà di pagare, solo bisogno di sapere). Però qualche creditore potrebbe provarci a dire che interrompe. Comunque, in caso di dubbi, l’eccezione di prescrizione va sempre formulata: sarà onere del creditore dimostrare l’interruzione (esibendo raccomandate inviate, atti di messa in mora, ecc.). Se il cessionario agisce giudizialmente e nel giudizio il debitore eccepisce prescrizione, il cessionario per vincere deve provare che non è prescritta – altra difficoltà per loro se mancano documenti (magari la banca non ha passato i vecchi solleciti). Perciò, eccepite la prescrizione appena possibile: è spesso l’eccezione più semplice e devastante (un credito prescritto è morto e sepolto).
Difesa del fideiussore e del terzo datore d’ipoteca – Finora abbiamo parlato dal punto di vista del debitore principale, ma ricordiamo che anche garanti e terzi coinvolti possono difendersi. Se, ad esempio, la cessione concerne un credito garantito da fideiussione omnibus, anche il fideiussore può opporre al cessionario tutte le eccezioni (comprese quelle personali del garante) che poteva verso la banca. Un caso importante: molte fideiussioni bancarie standard (schema ABI) sono state dichiarate nulle perché anticoncorrenziali (provvedimento Banca d’Italia 2005, confermato da Cassazione nel 2019). Un fideiussore escusso dal cessionario potrebbe eccepire la nullità della fideiussione su quella base. Il cessionario non può dire “non sono banca, non mi riguarda”: se l’obbligazione di garanzia è nulla originariamente, lui non ne beneficia. Così come se c’era un limite di importo nella fideiussione. I garanti spesso hanno margini di difesa tecnici, e dovrebbero coordinarli con il debitore.
Se il bene ipotecato è di un terzo (es. un famigliare che ha ipotecato casa per garantire il mutuo del debitore), quel terzo non è debitore ma subisce l’esecuzione ipotecaria. Può fare opposizione all’esecuzione limitatamente a questioni tipo: la cessione non copre la sua ipoteca perché non annotata (non convincente, l’ipoteca segue il credito per legge, nessuna annotazione è condizione, benché per pubblicità a volte venga fatta). Oppure potrebbe pagare e surrogarsi. Insomma, i terzi coinvolti devono prestare attenzione alle stesse problematiche e magari intervenire nel giudizio di opposizione del debitore.
Difesa contro le società estere e aspetti transfrontalieri – Molte cessioni di NPL vedono come acquirenti società estere, spesso veicoli in Lussemburgo, Irlanda o altrove. Queste società il più delle volte nominano un servicer italiano, ma può capitare che inviino comunicazioni in proprio. Come difendersi? Innanzitutto, verificare la loro presenza legale in Italia: se non hanno una sede secondaria, devono comunque eleggere domicilio per atti legali. Nei processi, di solito si fanno rappresentare da procuratori institori (spesso il servicer ha procura). Come debitore, potete esigere che vi sia comunicato un domicilio in Italia per notifiche. Oggi la legge impone, come visto, la nomina di un gestore autorizzato ai sensi dell’art. 115 TUB (nuovo), quindi se un soggetto estero agisce senza servicer, sta violando la norma. Potreste segnalarlo a Banca d’Italia. Non è però detto che tale violazione infici la pretesa di pagamento in sé, ma potrebbe convincere un giudice ad avere un occhio più severo sulla posizione del creditore. Un argomento potrebbe essere: “questa società estera sta svolgendo di fatto attività finanziaria in Italia senza autorizzazione né servicer, quindi la sua domanda giudiziale è in violazione di norme imperative (forse nullità ex art. 1418 c.c.?)”. È un po’ estremo, però la capacità di stare in giudizio di un soggetto estero c’è (chiunque può citare), ma l’attività di recupero crediti professionalmente svolta senza requisiti potrebbe integrare un illecito amministrativo/penale (richiamando magari l’art. 134 TULPS se fanno esazione crediti in proprio senza licenza). Potete utilizzare questo come leva: far capire alla controparte che siete pronti a sollevare eccezioni di mancanza di autorizzazioni, segnalare al Prefetto se stanno svolgendo attività di recupero crediti (che in Italia richiede licenza ex art. 115 TULPS per la persona giuridica e iscrizione in elenco per gli esattori). La normativa nuova in parte supera questo: se nominano servicer regolare, sono a posto. Se non lo fanno, sono attaccabili.
Un’altra difesa è di tipo giurisdizionale: se per assurdo una società estera citasse il consumatore italiano dinnanzi a un giudice estero (poco probabile, ma se nel contratto originario c’era clausola di giurisdizione estera, che so, raro nelle banche italiane se trattasi di consumatore o PMI), si può far valere l’incompetenza per territorio o giurisdizione, appellandosi al Regolamento Bruxelles I bis che tutela il consumatore nel foro del suo Stato. Questo scenario comunque è limite: i fondi di solito agiscono in Italia.
Aspetti fiscali e di saldo stralcio – Non è esattamente una difesa legale, ma un’attenzione pratica: se ottenete un saldo e stralcio (il creditore vi abbuona una parte del debito e voi pagate il resto), sappiate che per il fisco italiano la quota di debito “scontata” potrebbe costituire un reddito diverso tassabile (come sopravvenienza attiva). Nel 2021-2022 c’è stata una modifica normativa (art. 6 comma 4 TUIR) che stabilisce che per i debitori in difficoltà (sovraindebitati) le rinunce di credito da parte dei creditori non generano reddito tassabile. Ma ci sono condizioni: ad esempio, nelle procedure di sovraindebitamento sicuramente esentasse; in un accordo stragiudiziale privato, l’Agenzia Entrate potrebbe pretendere la tassazione. Informatevi col vostro consulente fiscale. Magari, se la cifra abbuonata è grossa, conviene formalizzare l’accordo nell’ambito di una procedura ex legge 3/2012 (oggi Codice della crisi) così da godere dell’esenzione. Questo esula un po’, ma è bene accennarlo.
Procedura di sovraindebitamento (esdebitazione) – Se la posizione debitoria ceduta rientra in un quadro di generale insolvenza personale (più debiti, difficoltà economiche), il debitore può valutare di attivare una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento ai sensi del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019). Tramite il Piano del Consumatore o il Concordato Minore, o la Liquidazione controllata, il debitore non fallibile può ottenere di pagare solo una parte dei debiti e farsi esdebitare (cancellare) il residuo. In tali procedure, il giudice può omologare un piano nonostante il dissenso dei creditori, se equo. Questo strumento è l’ultima ratio, ma potentissimo: consente di azzerare legalmente i debiti residui una volta adempiuto il piano approvato. Quindi, se avete un debito ceduto molto grande che non riuscirete mai a pagare per intero, e magari altri debiti, valutate col vostro avvocato la fattibilità di un piano di sovraindebitamento. Spesso, i creditori cessionari preferiscono transare prima che il debitore intraprenda quella via, perché sanno che rischiano di incassare percentuali modeste nel piano. Quindi, anche la minaccia credibile di ricorrere al “fresh start” del sovraindebitamento può portare il cessionario a più miti consigli nella negoziazione.
Segnalazione di condotte illecite – Se le società di recupero o i servicer adottano comportamenti illegali (minacce esplicite, molestie gravi, falsi documenti spacciati per atti giudiziari, ecc.), non esitate a sporgere denuncia alle autorità competenti. Esiste il reato di molestia/disturbo (art. 660 c.p.) se ad esempio telefonano di notte di continuo, o di violenza privata se vi minacciano di rovinarvi la reputazione, ecc. Anche l’AGCM (Autorità Garante Concorrenza e Mercato) interviene in caso di pratiche commerciali aggressive: ad esempio, contattare i parenti o il datore di lavoro del debitore per far pressione è illecito e può portare a sanzioni. Il Garante Privacy pure può sanzionare l’uso improprio dei dati (es. divulgare a terzi il fatto che siete debitori viola la privacy). Nel 2022 ci sono state multe a società di recupero per questi abusi. Far capire al creditore che siete pronti a difendervi su ogni fronte (legale e regolatorio) vi mette in posizione di ottenere trattamenti più rispettosi.
Abbiamo ora passato in rassegna i principali strumenti di difesa del debitore ceduto. A questo punto, per fissare le idee, presentiamo alcuni casi pratici esemplificativi, seguiti da una sezione di FAQ (Domande frequenti) e da tabelle riassuntive. Questi esempi aiuteranno a comprendere come le strategie si applicano in concreto.
Esempi pratici di difesa del debitore ceduto
Di seguito alcuni scenari realistici che illustrano l’applicazione delle difese discusse:
Esempio 1: Mancata prova della cessione e revoca del decreto ingiuntivo
Tizio riceve un decreto ingiuntivo per €50.000 richiesto da Omega S.r.l., che dichiara di aver acquistato il suo debito da Banca Alfa. In allegato al decreto c’è solo la copia di un avviso di cessione pubblicato in Gazzetta Ufficiale, dove si legge che Omega ha comprato un blocco di crediti dalla banca, senza però dettagli sui nomi dei debitori. Tizio, assistito da un avvocato, propone opposizione eccependo che Omega non ha provato di aver effettivamente acquisito quel credito. Chiede quindi la revoca del decreto per difetto di legittimazione attiva . Nel corso del giudizio, Omega produce soltanto un estratto informale di un elenco di crediti con vari omissis e senza il prezzo di cessione. Il giudice, richiamando la giurisprudenza (Cass. 2019 n.22151), ritiene la prova insufficiente e revoca il decreto ingiuntivo, rigettando la domanda di Omega . Tizio quindi non deve pagare nulla e Omega viene condannata alle spese. (Se Omega avesse avuto il contratto di cessione completo, avrebbe potuto vincere; la prontezza di Tizio nel contestare ha però fatto emergere la lacuna probatoria).
Esempio 2: Eccezione di clausola arbitrale blocca l’azione del cessionario
Caio aveva stipulato un contratto di leasing con Alfa Leasing S.p.A. contenente una clausola compromissoria che devolve ad arbitrato ogni controversia. Dopo il mancato pagamento di diverse rate, Alfa Leasing cede il credito a Gamma LLC, società estera, che però (tramite un legale italiano) notifica a Caio un atto di citazione davanti al Tribunale ordinario per ottenere il pagamento dei canoni residui. Caio, tramite il suo avvocato, si costituisce in giudizio e solleva subito l’eccezione di arbitrato chiedendo l’incompetenza del tribunale adito . Il Tribunale, constatata la clausola e rilevato che il cessionario subentra nel credito ma non nel patto compromissorio solo se a svantaggio del debitore, accoglie l’eccezione: dichiara improcedibile la causa ordinaria, in quanto la controversia andrebbe trattata in sede arbitrale . In conseguenza, Gamma vede azzerato il proprio tentativo in tribunale. A quel punto potrebbe promuovere un arbitrato (anticipando le spese relative), ma Caio acquista un vantaggio: i tempi si allungano e intanto Gamma, per recuperare in fretta, offre a Caio un accordo transattivo (saldo e stralcio) pur di evitare l’arbitrato. Caio così chiude la vicenda pagando, ad esempio, la metà del dovuto, grazie alla leva della clausola arbitrale usata a suo favore.
Esempio 3: Saldo e stralcio vantaggioso dopo cessione del credito
Sempronio ha un mutuo in sofferenza di €200.000 con Banca Beta, garantito da ipoteca su un piccolo immobile commerciale. Beta cede il credito (valutato come NPL) a Delta SPV per circa €80.000 (è il prezzo che il fondo paga alla banca). Delta SPV, attraverso il suo servicer, offre a Sempronio di chiudere la posizione con un saldo e stralcio di €150.000. Sempronio si informa e sa che Delta ha comprato a sconto; con l’aiuto di un consulente, produce una perizia che evidenzia che, vendendo all’asta l’immobile ipotecato, Delta ricaverebbe forse €100.000 al netto delle spese, e impiegherebbe anni tra procedure ed eventuali opposizioni. Forte di ciò, Sempronio rilancia proponendo €100.000 immediati come stralcio. Dopo trattative, le parti si accordano per €120.000. Sempronio reperisce tale somma (anche grazie a familiari che investono per salvarlo), la versa, e Delta SPV rinuncia formalmente al resto del credito. Sempronio ottiene una liberatoria completa e la cancellazione dell’ipoteca. In definitiva, grazie alla cessione del credito, è riuscito a ottenere uno sconto del 40% sul debito originario (da €200k a €120k), con beneficio sia per sé sia per Delta che comunque incassa più di quanto l’aveva pagato .
Esempio 4: Opposizione all’esecuzione per difetto di titolo del cessionario
Banca Gamma notificò anni fa a Mevio un decreto ingiuntivo per €60.000 divenuto definitivo (Mevio non lo aveva opposto). Successivamente Banca Gamma cede il credito alla società Sigma S.r.l.. Sigma, forte del decreto, notifica un precetto a Mevio e avvia pignoramento di un appartamento di sua proprietà. Mevio, sorpreso dalla cosa (non aveva ricevuto comunicazione della cessione), decide di agire: attraverso un legale propone opposizione all’esecuzione eccependo che Sigma non ha provato di essere la legittima titolare di quel decreto ingiuntivo (ottenuto da Banca Gamma) – in particolare, che la cessione non gli è mai stata notificata regolarmente e che Sigma non ha depositato in procedura il contratto di cessione . Il Giudice dell’Esecuzione, vista la contestazione non pretestuosa, sospende l’esecuzione (ferma l’asta in corso) e rimette le parti davanti al tribunale in causa di merito. A questo punto Sigma, pur avendo magari la Gazzetta Ufficiale a suo favore, si rende conto che dovrà affrontare un lungo giudizio e che Mevio è combattivo. Sigma quindi propone un accordo: se Mevio paga subito €30.000, rinuncia a proseguire il pignoramento. Mevio, aiutato dai parenti, raccoglie la somma e chiude la partita, evitando di perdere all’asta la casa (che ne valeva 80.000). Sigma rinuncia alla restante parte di credito sapendo che avrebbe comunque perso tempo e speso in giudizio e forse non recuperato di più. Mevio così, grazie all’opposizione, salva l’immobile e dimezza l’esborso dovuto.
Esempio 5: Credito ceduto ormai prescritto, causa vinta dal debitore
Pinco aveva un vecchio scoperto di conto corrente di €10.000 con Banca Delta nel 2011. Non ha più avuto notizie né fatto pagamenti. Nel 2023 riceve una lettera di XYZ S.p.A. che intima il pagamento di €18.000 (capitale più interessi) affermando di aver comprato il credito da Banca Delta. Pinco verifica che in effetti non ha mai ricevuto richieste dal 2011: sono passati 12 anni, ben oltre il termine di prescrizione decennale. Tramite un avvocato risponde a XYZ contestando il diritto altrui di esigere il debito in quanto estinto per prescrizione già prima della cessione (infatti la prescrizione era maturata nel 2021, decorsi 10 anni senza atti interruttivi) . XYZ insiste e gli notifica nel 2024 un decreto ingiuntivo. Pinco fa opposizione in cui ribadisce l’eccezione di prescrizione, mostrando che nessuna raccomandata o atto interruttivo gli fu inviato in quel decennio. Il giudice, constatato che XYZ non può provare alcun atto interruttivo (la banca cedente non aveva inviato solleciti, e la cessione del 2023 è avvenuta a prescrizione già maturata), accoglie l’eccezione e rigetta la domanda ingiuntiva di XYZ, dichiarando il credito non più esigibile . Pinco ottiene così sentenza favorevole e non paga nulla, anzi XYZ è condannata alle spese processuali. Questo esempio sottolinea l’importanza di monitorare i tempi: un debitore informato sa riconoscere quando il credito è prescritto e può far valere tale fatto con successo.
Questi esempi mostrano situazioni differenti ma ricorrenti: imporre al cessionario di dimostrare i propri diritti, sfruttare le clausole contrattuali a proprio favore, negoziare transazioni convenienti sfruttando i punti deboli del creditore, e far valere la prescrizione quando c’è. Ogni caso concreto ovviamente presenta proprie peculiarità, ma l’approccio generale resta: attivarsi tempestivamente, conoscere i propri diritti e contestare con decisione eventuali irregolarità.
Passiamo ora a una serie di Domande frequenti (FAQ) che sintetizzano i dubbi comuni dei debitori in queste situazioni, fornendo risposte puntuali. Seguiranno infine alcune tabelle riepilogative per confrontare a colpo d’occhio i punti chiave trattati.
Domande frequenti (FAQ)
D: La banca può cedere il mio debito senza il mio consenso e senza avvisarmi?
R: Sì. In base al codice civile, un credito può essere ceduto senza il consenso del debitore , salvo che il contratto lo vieti (evenienza rara). Il debitore ceduto è estraneo all’accordo di cessione, che avviene tra banca e cessionario. Tuttavia, deve essere informato della cessione affinché sappia che dovrà pagare al nuovo soggetto . La legge richiede almeno la notifica o accettazione (art. 1264 c.c.) per rendere la cessione efficace verso di lui. In pratica, di norma la banca o il nuovo creditore inviano una comunicazione di avvenuta cessione. Con le nuove regole dal 2024 c’è l’obbligo di comunicare al debitore la cessione in modo chiaro prima di iniziare il recupero . Quindi può succedere che la notizia gli arrivi contestualmente a un sollecito o precetto. In sintesi: il debitore non può opporsi al fatto che il suo debito venga ceduto, ma ha diritto di esserne informato tempestivamente.
D: A chi devo pagare adesso? Devo continuare a pagare la banca finché non ricevo comunicazioni?
R: Una volta che la cessione diventa efficace (cioè una volta che ne siete venuti a conoscenza ufficialmente), dovrete pagare esclusivamente al nuovo creditore o a chi egli indicherà (ad esempio il servicer) . Pagamenti effettuati alla banca originaria dopo che siete stati avvisati della cessione non vi liberano dal debito (perché il creditore è cambiato). Al contrario, se ignoravate in buona fede che il credito fosse ceduto e avete pagato la banca, quel pagamento è valido e il nuovo creditore non potrà pretenderlo di nuovo (art. 1264 c.c.). In pratica: appena ricevete notifica della cessione, aggiornate le coordinate per il pagamento verso il cessionario. Se avevate RID o domiciliazioni, sospendetele con la banca e attendete istruzioni dal cessionario. Non inviate soldi al nuovo creditore finché non ricevete conferma scritta della cessione (vedi risposta successiva). In caso di dubbio, tenete temporaneamente le somme da parte su un conto, ma non pagate il vecchio creditore dopo la notifica perché rischiate di dover pagare due volte.
D: Come verifico che chi mi chiede i soldi sia davvero il nuovo creditore? Potrebbe essere una truffa.
R: Avete il diritto di chiedere evidenza della legittimazione di chi si presenta come nuovo creditore . La prima verifica è sulla comunicazione ricevuta: controllate che riporti riferimenti precisi (data cessione, richiamo a Gazzetta Ufficiale o autorizzazioni). Diffidate di e-mail generiche o telefonate senza riscontro scritto. Potete e dovete chiedere per iscritto: “Fornitemi copia (anche parziale) dell’atto di cessione o di documenti attestanti che il mio specifico credito è incluso”. Il cessionario serio vi risponderà allegando almeno l’estratto del contratto con il vostro nominativo o un’attestazione formale. Inoltre, potete contattare la banca originaria: spesso, anche se non più titolare, conferma su richiesta che “il suo debito verso di noi è stato ceduto a X in data Y”. Altro controllo: se il credito era segnalato in Centrale Rischi o CRIF a nome banca, dopo la cessione potrebbe risultare “Ceduto a…”. Potete infine verificare la società cessionaria: controllate su siti ufficiali (registro imprese, sito della società) che esista davvero, dove ha sede, ecc. In Italia molte cessioni in blocco vengono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale o sul Registro delle Imprese: potete cercare nome banca + “cessione crediti” per trovare l’avviso. Mai effettuare pagamenti finché non avete ottenuto riscontri chiari. In caso di dubbio concreto di truffa (lettere sospette, richieste anomale), rivolgetevi a un legale o direttamente alle Forze dell’Ordine con la documentazione.
D: Il nuovo creditore mi chiede più di quanto dovevo alla banca. Può farlo?
R: No, il cessionario non può aumentare arbitrariamente l’importo dovuto. Egli subentra nelle identiche posizioni della banca: ciò che poteva chiedere la banca può chiederlo lui, nulla di più. Tuttavia, è possibile che tra l’ultimo conteggio avuto dalla banca e quello attuale siano maturati interessi di mora o altre spese (es. spese legali di diffida, costi di recupero) secondo contratto. Quindi potreste vedere un importo maggiore per via del tempo trascorso e delle eventuali penalità contrattuali. È lecito purché previsto dal contratto originario (es: tasso di mora X% oltre la rata scaduta). Ciò che non era dovuto prima non diventa dovuto dopo: se vi addebitano costi ulteriori non pattuiti, come “spese di cessione” o commissioni esagerate di recupero, potete contestarle perché non risultano dal contratto . Chiedete sempre un dettaglio analitico: capitale residuo, interessi, spese. E verificate col contratto alla mano. Spesso, i cessionari includono le spese legali forfettarie (per aver incaricato legali di sollecitare) – se non c’è titolo esecutivo che le liquida, non siete tenuti a pagarle salvo accordo. In sintesi: pagherete il capitale residuo e gli interessi maturati secondo contratto fino a oggi, più eventuali spese vive documentate (es. imposta sostitutiva su decreto ingiuntivo se c’è). Tutto il resto è negoziabile.
D: Cosa succede alle garanzie (ipoteca, fideiussione) con la cessione?
R: Come regola generale, le garanzie seguono il credito (art. 1263 c.c.). L’ipoteca iscritta a favore della banca ora vale a favore del cessionario, senza bisogno di rinnovo (potrà comunque essere annotata la cessione nei registri immobiliari a tutela del cessionario, ma non è condizione di efficacia verso il debitore). Il bene ipotecato resta vincolato e il nuovo creditore può escutere l’ipoteca (es. pignorare l’immobile) proprio come avrebbe fatto la banca. Allo stesso modo, la fideiussione prestata da un terzo rimane valida a favore del cessionario. Il fideiussore non può liberarsi dicendo “io garantivo la banca, non questo fondo”: la legge non lo ammette. Quindi il garante sarà chiamato a pagare dal nuovo creditore come avrebbe potuto dalla banca. Attenzione, però: anche il fideiussore può opporre al cessionario le eccezioni che poteva opporre alla banca (ad esempio nullità della fideiussione per violazione antitrust, eccezione non imputabilità del debito se la banca ha aggravato la sua posizione, ecc.). Quanto alle garanzie reali di terzi (es. pegno di titoli dato da un terzo per garantire il debitore), stesso discorso: restano vincolate al creditore attuale. Un caso particolare: se vi era una polizza assicurativa a garanzia del credito (es. assicurazione vita a copertura del mutuo), solitamente la banca cedente cede anche quella polizza o i diritti di pegno su di essa al cessionario, il quale potrà beneficiarne in caso di sinistro. Nulla cambia quindi per il debitore: se scatta l’evento assicurato, ora sarà il cessionario a ricevere l’indennizzo, riducendo di conseguenza il debito.
D: La cessione del credito interrompe la prescrizione del debito?
R: No, la cessione in sé non è un atto di esercizio del diritto verso il debitore, dunque non costituisce atto interruttivo della prescrizione. La prescrizione di un credito è interrotta da atti quali la costituzione in mora (diffida) o il riconoscimento da parte del debitore, o l’azione giudiziaria. Il fatto che la banca ceda il credito a Tizio S.r.l. non interrompe automaticamente i termini. Quindi, se il credito prima della cessione era vicino alla prescrizione, resta tale; se addirittura quando vi hanno ceduto il debito era già prescritto, potete eccepirlo contro il cessionario e non sarà dovuto nulla. Ad esempio, un conto chiuso e mai sollecitato per oltre 10 anni, anche se viene venduto, è ormai prescritto. In pratica: i cessionari spesso acquistano crediti datati sperando di riscuoterli, ma se voi come debitori eccepite la prescrizione maturata, il giudice ve ne darà atto (ovviamente dovete provarla con date e mancanza di atti) . Anche gli interessi scaduti da oltre 5 anni sono prescritti (hanno prescrizione breve) . Dunque, se il cessionario vi presenta un conteggio con interessi antichi di più di 5 anni, potete contestare quella parte. Notate bene: se però il nuovo creditore vi notifica un atto (ingiunzione, precetto), quello è un atto interruttivo che fa decorrere una nuova prescrizione da capo. Quindi è importante valutare la tempistica e non lasciar cadere le iniziative, altrimenti la prescrizione si interrompe e perdete quel vantaggio.
D: Avevo un accordo di rientro scritto con la banca (o una sospensione delle rate). Il cessionario deve rispettarlo?
R: Se l’accordo con la banca era formalizzato e ancora in corso, sì: il cessionario subentra nel rapporto contrattuale così modificato. Ad esempio, se avevate firmato una ristrutturazione del debito con nuovi piani di pagamento, quella scrittura vincola anche il successore. Può succedere però che i cessionari non siano immediatamente al corrente di tali accordi (specie se la banca non li ha comunicati bene): in tal caso informate subito per iscritto il nuovo creditore dell’accordo esistente, allegando copia, chiedendo conferma che ne tengano conto. Problemi nascono se l’accordo era solo verbale o in corso di definizione: se non è un atto giuridicamente vincolante, il cessionario non è obbligato a confermarlo. Ma magari è disponibile a negoziarne uno simile. Diverso è il caso di moratorie di legge (tipo sospensione mutui COVID): quelle sono norme imperative temporanee che il cessionario deve rispettare ugualmente. In pratica, fate valere documenti di accordi pregressi: se il cessionario li ignora, siete dalla parte della ragione. Se il cessionario è in mala fede e li viola (es. avevate un piano e lui vi fa decreto ingiuntivo per l’intero), potete opporre l’accordo come eccezione dilatoria o come inadempimento del creditore stesso.
D: Posso negoziare uno sconto sul mio debito con il nuovo creditore?
R: Certamente. Anzi, è spesso più facile negoziare un saldo e stralcio col cessionario che con la banca originaria . Questo perché la banca di solito vuole mantenere l’integrità nominale del credito (ha vincoli contabili), mentre i fondi o le società hanno acquistato a sconto e puntano a massimizzare il recupero in tempi brevi. Se disponete di una somma immediata (o potete ottenerla da parenti, vendita di beni, ecc.), potete offrirne il pagamento a saldo, in cambio dell’abbandono di ogni ulteriore pretesa. L’entità dello sconto ottenibile dipende da vari fattori: quanto avete voi come potere di resistenza (cause pendenti?), quale prezzo ha pagato il cessionario (informazione non pubblica, ma a volte stimabile), e quali prospettive di recupero ha in assenza di accordo (se siete nullatenenti, magari accetta anche 10-20%; se avete beni ipotecati di valore, sarà più duro). In ogni caso, la trattativa è libera: nessuna legge obbliga il creditore a scontare, ma la convenienza reciproca può portare a un’intesa. È consigliabile far condurre la trattativa a un legale, soprattutto se ci sono aspetti tecnici di contestazione (il legale può brandire eccezioni legali come leva per ottenere ribassi maggiori ). Se raggiungete un accordo, mettetelo per iscritto a firma del creditore e fate in modo che preveda la liberatoria totale ad avvenuto pagamento (il creditore dichiara che nulla avrà più a pretendere e che si impegna a cancellare eventuali ipoteche/prese in carico). Pagate sempre con mezzi tracciabili e solo dopo aver ottenuto l’accordo scritto controfirmato. Con lo sconto ottenuto, attenti alla fiscalità (come detto, a volte la parte stralciata può essere considerata reddito tassabile, informatevi sul caso specifico).
D: Il recupero crediti mi sta tormentando con telefonate continue, minacce, contatti ai miei familiari. Possono farlo? Come mi difendo?
R: No, certe pratiche aggressive sono vietate dalla legge. Il fatto che abbiate un debito non autorizza i recuperatori a vessarvi o violare la vostra privacy. Linee guida Banca d’Italia 2025 impongono espressamente ai gestori di crediti di agire senza molestie, senza coercizione né condizionamento indebito . Ci sono norme anche nel Codice del Consumo che qualificano come illecite (e sanzionabili dall’Autorità) le condotte come: chiamare il debitore innumerevoli volte al giorno, usare linguaggio offensivo o minaccioso, far credere false conseguenze (ad es. “domani viene la Finanza a casa tua” senza base), rivelare a terzi (datore di lavoro, parenti) la situazione debitoria per metterlo in imbarazzo, simulare atti giudiziari. Se subite ciò, documentate: annotate orari e contenuti delle chiamate, conservate messaggi vocali o lettere. Reagite per iscritto al recuperatore diffidandolo dal proseguire con tali modalità e indicando quando e come preferite essere contattati (ad es. solo per email). Se le condotte moleste persistono, potete presentare un reclamo scritto al creditore e al servicer (se c’è), denunciando la violazione delle disposizioni di trasparenza e minacciando esposti a Banca d’Italia e AGCM. In parallelo, potete effettivamente segnalare tali abusi all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (che negli ultimi anni ha multato diverse società di recupero per pratiche aggressive). Anche il Garante Privacy può intervenire: ad esempio ha sanzionato società che telefonavano al lavoro del debitore comunicando a colleghi informazioni sul debito, il che viola la riservatezza. In casi estremi, certe condotte integrano reati (art. 612 c.p. minaccia; 660 c.p. molestia o disturbo; estorsione se chiedono denaro con intimidazioni gravi). Non esitate a rivolgervi alle Forze dell’Ordine se vi sentite realmente minacciati. Importante: mantenete la calma nelle interazioni. Meglio comunicare solo per iscritto (PEC, raccomandata) con i creditori, così avete traccia di tutto e riducete lo stress delle telefonate. Se chiamano, potete dire: “Vi prego di scrivermi via lettera o email, non intendo discutere al telefono” e riagganciare. Hanno l’obbligo di rispettare questa richiesta. In definitiva, conoscete i vostri diritti: anche da debitore, siete tutelato contro abusi. Un creditore serio di solito rispetta le regole; se non lo fa, fatelo notare e coinvolgete le autorità competenti.
D: Ho molti debiti, compreso questo ceduto, e non ce la faccio a pagarli. Posso liberarmene in qualche modo?
R: Sì, esiste la procedura di sovraindebitamento (oggi chiamata “Composizione negoziata per la soluzione della crisi da sovraindebitamento” nel Codice della Crisi) che consente, a privati e piccoli imprenditori non fallibili, di proporre un piano per estinguere i debiti secondo le proprie possibilità, con eventuale esdebitazione finale . Se lei rientra nei requisiti (situazione di perdurante squilibrio finanziario, debiti complessivi oltre le sue capacità di rimborso, ecc.), può rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) o a un professionista nominato dal tribunale. Verrà redatto un piano del consumatore o un accordo, offrendo ai creditori una certa percentuale e/o il ricavato di eventuali beni liquidati. Se il tribunale approva il piano, tutti i creditori ne sono vincolati, anche se votassero contro. Completato il pagamento secondo il piano, il giudice dichiara l’esdebitazione: lei viene liberato dai debiti residui non pagati. È una sorta di “fallimento personale” semplificato ma orientato a dare una seconda chance. Ovviamente comporta impegni (deve essere trasparente su tutto il suo patrimonio/reddito, e sottoporsi a controllo per la durata del piano). Ma in molti casi può portare a cancellare integralmente i debiti non soddisfatti . Ad esempio, se deve 100.000 € e il piano ne fa pagare 30.000 in 4 anni, dopo quei pagamenti i restanti 70.000 sono annullati. Valuti questa opzione con un legale specializzato: è una via giudiziaria, richiede tempi e procedure, ma se ha davvero troppi debiti impagabili, è spesso la soluzione più efficace per ripartire pulito.
D: È vero che se il mio debito è ceduto a un fondo estero, ho meno tutele o posso non pagare perché è “speculazione”?
R: No, non è vero. Dal punto di vista giuridico, la cessione del credito non muta la natura dell’obbligo: se lei deve dei soldi, li deve anche se a reclamarli è un fondo speculativo. Non esiste in Italia un principio per cui i debiti “venduti ai fondi” si riducono automaticamente o diventano non dovuti (magari!). Quindi eviti i cattivi consiglieri che suggeriscono di ignorare i creditori esteri ritenendoli non legittimi. Ciò detto, come abbiamo visto, i creditori esteri devono rispettare le leggi italiane tramite servicer autorizzati, e spesso sono disposti a transare a saldo pur di monetizzare subito. Ma se decide di non pagare affatto, quei creditori possono benissimo farsi valere in tribunale ed eseguire pignoramenti, esattamente come farebbe una banca. Non sottovaluti un fondo estero: dispongono di mezzi e acquistano debiti proprio per riscuoterli con profitto. Quindi l’atteggiamento giusto non è né spavaldo (“non ti pago perché sei Cayman & Co.”) né troppo timoroso. Tratti questi creditori al pari di quelli nazionali: chieda documentazione, contesti le voci non dovute, e se opportuno negozi un taglio del debito a fronte di pagamento rapido. Ma se il debito è legittimo e lei ha beni aggredibili, non faccia finta che non possano nulla: possono eccome, con un decreto europeo o attraverso sedi italiane. Quindi sì alla difesa dei suoi diritti, no all’idea che “fondo = non pago perché ha preso a poco”. L’ordinamento tutela anche chi compra crediti a poco, non c’è una legge che riduca il suo debito al prezzo di cessione (questa è semmai una leva morale da usare in trattativa, ma non un argomento giuridico in giudizio).
D: In conclusione, cosa devo fare appena scopro che il mio debito è stato ceduto?
R: Riassumiamo in breve i passi: 1. Mantenga la calma e raccolga tutte le informazioni (lettere ricevute, email, ecc.). 2. Verifichi la legittimità: chieda prova formale della cessione (non paghi finché non l’ha). 3. Richieda i documenti alla banca originaria (art.119 TUB) per controllare contratto e calcoli. 4. Non firmi né ammetta nulla subito: valuti con lucidità se contestare qualcosa. 5. Segni i termini: 40 giorni per opporsi a eventuale ingiunzione, 20 giorni per eventuali vizi di precetto, ecc., e non trascuri alcun atto. 6. Valuti le sue difese: prescrizione? vizi nel contratto? importi errati? – e le faccia valere tempestivamente. 7. Prenda in considerazione un accordo: se può pagare qualcosa, proponga una transazione a saldo ridotto. 8. Tutelisi da comportamenti scorretti: no telefonate infinite, tutto per iscritto e reclami se esagerano. 9. Se la somma è grande, coinvolga un esperto legale sin dall’inizio: costerà qualcosa, ma può farle risparmiare molto di più o evitare errori fatali. 10. Non perda mai di vista i suoi diritti: essere debitore non significa essere privo di tutele. Si informi (come sta facendo ora leggendo questa guida) e usi la conoscenza a suo vantaggio.
Tabelle riepilogative
Di seguito presentiamo due tabelle per ricapitolare alcuni punti chiave. La Tabella 1 confronta la situazione in cui il debito rimane in capo alla banca (ma viene affidato a società di recupero) con quella in cui è stato proprio ceduto a un nuovo creditore. La Tabella 2 elenca i principali strumenti di difesa del debitore ceduto, con descrizione sintetica e riferimenti normativi/giurisprudenziali.
Tabella 1 – Differenza tra affidamento a società di recupero e cessione del credito
| Aspetto | Affidamento a società di recupero | Cessione del credito |
|---|---|---|
| Chi è il creditore? | Resta quello originario (es. la banca o finanziaria). La società di recupero è solo un incaricato/mandatario. | Diventa un nuovo soggetto (cessionario), ad es. un fondo o una società veicolo (SPV). |
| A chi pago? | Formalmente al creditore originario, anche se materialmente verso la società incaricata (che poi gira le somme alla banca). | Direttamente al nuovo creditore, oppure al servicer da lui designato (le somme andranno comunque al cessionario). |
| Chi può iniziare cause o pignoramenti? | La società di recupero non ha titolo autonomo: può agire solo in nome e per conto della banca, con mandato. Serve infatti una procura speciale per chiedere decreti ingiuntivi o atti esecutivi per conto del creditore originario. | Il cessionario, essendo titolare del credito, può agire in proprio: può presentare ricorsi ingiuntivi e atti esecutivi direttamente come parte processuale, senza coinvolgere la banca. |
| Eccezioni opponibili dal debitore | Le contestazioni sul merito del debito vanno comunque rivolte al creditore originario (es: interessi non dovuti, ecc.). La società di recupero non decide su di esse, funge da intermediario. In giudizio, se la società agisce per la banca, il debitore oppone le eccezioni verso la banca (tramite il suo mandatari). | Il debitore può opporre al cessionario tutte le eccezioni che avrebbe opposto alla banca . Quindi nullità contrattuali, pagamenti già effettuati, prescrizione maturata, ecc. restano valide e vanno fatte valere contro il nuovo creditore. Non ci sono eccezioni aggiuntive solo perché il creditore è cambiato, salvo magari l’eccezione di mancata prova della cessione stessa. |
| Saldo e stralcio / sconti | Possibile, ma la società deve chiedere l’ok del creditore originario. Spesso la società ha poco margine di manovra se la banca non vuole sconti significativi. Si può ottenere dilazioni, ma gli sconti sono limitati perché la banca tende a volere l’intero (salvo casi di sofferenze già svalutate). | Spesso più facile ottenere sconti consistenti. Il cessionario ha acquistato a prezzo ridotto, quindi può chiudere guadagnando anche con un pagamento inferiore al nominale . L’obiettivo del cessionario è massimizzare l’utile: preferirà, ad esempio, prendere il 50% subito piuttosto che il 100% forse tra anni. Negoziare un saldo e stralcio è quindi frequente. |
| Procedura di cessione | Non avviene cessione, quindi il debitore non riceve alcuna notifica di cessione. Riceverà però comunicazione che la pratica è stata “affidata” alla società tal dei tali. Se paga a questa, è come se pagasse la banca (mandato all’incasso). | Avviene cessione formale, quindi serve notifica o comunicazione ufficiale al debitore. Dopo la notifica, i pagamenti fatti alla banca non liberano più il debitore. Deve pagare il cessionario. Di solito, in caso di cessioni in blocco, arriva una lettera e spesso anche un avviso pubblico (G.U. o registro imprese) . |
| Registro creditizio (CRIF, Centrale Rischi) | Il debito resta segnalato a nome del creditore originario (perché non c’è passaggio di titolarità). La società di recupero non appare, può al massimo comparire una nota “in gestione a…”. | La segnalazione verrà aggiornata: in Centrale Rischi Banca d’Italia, la banca segnalerà “credito ceduto” e se il cessionario è tenuto a segnalare (p.es. se è un intermediario finanziario vigilato) comparirà il suo nominativo. Nei SIC privati (CRIF) potrebbe apparire il nuovo creditore come “soggetto segnalante” o comunque la posizione passerà a “ceduta”. In ogni caso, una volta estinto il debito col cessionario, si potrà ottenere la cancellazione della segnalazione come saldato. |
Tabella 2 – Principali strumenti di difesa per il debitore ceduto
| Strumento di difesa | Descrizione | Riferimenti normativi/giurisprudenziali |
|---|---|---|
| Richiesta documenti alla banca (art. 119 TUB) | Il debitore ha diritto di ottenere dalla banca cedente copia di tutta la documentazione relativa al rapporto degli ultimi 10 anni. Ciò include contratto, estratti conto, piano di ammortamento, conteggi estintivi. Serve per verificare interessi, oneri e saldo effettivo. La banca deve fornire i documenti entro 90 giorni. Se rifiuta e i 10 anni non sono trascorsi, il debitore può agire via ABF o tribunale per ottenerli. | Art. 119, c.4, TUB (D.lgs. 385/93); Cass. Civ. Sez. I, 29/11/2022 n.35039 (conferma obbligo decennale conservazione documenti) . |
| Richiesta di prova della cessione | Prima di effettuare pagamenti, il debitore può (e deve) pretendere che il cessionario dimostri la titolarità del credito: ad es. tramite copia dell’avviso di cessione pubblicato in G.U. e dell’elenco dei crediti ceduti, oppure attestazione del cedente. Se il cessionario non fornisce prova credibile, il debitore può sospendere il pagamento invocando l’incertezza sul legittimo creditore. Ciò evita anche rischi di truffa. | Art. 1264 c.c. (efficacia della cessione verso il debitore solo se notificata o accettata); Trib. Udine ord. 3/7/2025 (onere al cessionario di provare esistenza e contenuto cessione specifica) ; Cass. Civ. Sez. III, 05/09/2019 n.22151 (necessaria prova chiara del credito nella cessione in blocco) . |
| Opposizione a decreto ingiuntivo | Se il cessionario ottiene un D.I. contro il debitore, quest’ultimo ha 40 giorni dalla notifica per proporre opposizione e instaurare un giudizio ordinario. Nella citazione in opposizione può eccepire: mancanza di prova della cessione (legittimazione attiva), inesattezze nel calcolo (interessi non dovuti, usura), prescrizione del credito, nullità contrattuali, ecc. L’opposizione sospende l’efficacia esecutiva del decreto se il giudice lo dispone (art. 649 c.p.c.). In giudizio, il cessionario dovrà provare il proprio diritto; il debitore potrà ottenere la revoca totale o parziale del decreto. | Artt. 645 e 648 c.p.c. (opposizione a D.I. e provvisoria esecuzione); Cass. Civ. Sez. VI, 20/07/2022 n.22754 (GU cessione non basta a provare titolarità in giudizio) ; Cass. Civ. Sez. III, 13/09/2019 n.22151 (onere della prova in caso di contestazione del debitore) . |
| Opposizione all’esecuzione | Se il cessionario avvia pignoramento (ad es. su immobile ipotecato o su stipendio) fondandosi su un titolo esecutivo (decreto passato in giudicato, mutuo fondiario, ecc.), il debitore può fare opposizione ex art. 615 c.p.c. per contestare il diritto di procedere all’esecuzione. Motivi tipici: il cessionario non ha dimostrato la propria titolarità (mancano documenti di cessione) ; il titolo non gli è opponibile (clausola arbitrale non rispettata, patto di non cessione); il debito si è estinto (prescrizione sopravvenuta, pagamento già avvenuto). L’opposizione, se proposta prima che la vendita sia disposta, può portare alla sospensione dell’esecuzione (art. 624 c.p.c.) e, in caso di successo, alla chiusura della procedura. | Art. 615 c.p.c.; Trib. Udine 3/7/2025 (sospesa esecuzione mancando prova catena cessioni) ; Cass. Civ. Sez. III, 04/10/2021 n. 24339 (nel caso di contestazione il cessionario deve esibire il contratto di cessione in executivis – non citato sopra ma in linea con Cass. 2019/2022). |
| Eccezione di clausola arbitrale | Se il contratto originario conteneva clausola compromissoria (arbitrato), il debitore può eccepirla contro il cessionario che agisca davanti al giudice ordinario. Ciò rende improcedibile l’azione giudiziale e costringe (eventualmente) il creditore ad adire gli arbitri. Di fatto, il debitore può bloccare decreti ingiuntivi o cause ordinarie invocando la competenza arbitrale . Il cessionario non può opporsi a tale eccezione, perché il debitore mantiene il diritto di far decidere agli arbitri come pattuito con il cedente . | Art. 808 c.p.c. (autonomia della clausola compromissoria); Cass. Civ. ord. 28/12/2011 n.29621 e Cass. S.U. 17/12/1998 n.12626 (il cessionario non subentra nel patto compromissorio, ma il debitore ceduto può opporlo) ; Cass. Civ. ord. 12/06/2019 n.16127 (conferma principio: cessionario non può invocare arbitrato, debitore sì) . |
| Eccezione di prescrizione | Il debitore può eccepire che il credito (o parte di esso) è caduto in prescrizione per decorso del tempo. Ad es.: nessun atto per più di 10 anni = credito principale prescritto; rate di mutuo scadute da oltre 10 anni = prescritte; interessi maturati da oltre 5 anni = prescritti. La cessione non interrompe il termine. Se la prescrizione è maturata prima o anche dopo la cessione (senza atti interruttivi validi), l’eccezione comporta l’estinzione del diritto di credito. | Art. 2934 c.c. e segg. (prescrizione estintiva); Art. 2946 c.c. (prescrizione ordinaria 10 anni), Art. 2948 n.4 c.c. (prescrizione 5 anni per interessi e prestazioni periodiche). Cass. Civ. 10/02/2023 n.4232 (mutuo: rate non pagate non si prescrivono singolarmente a 5 anni, ma il diritto al rimborso decorre da scadenza ultima rata – 10 anni) ; Cass. Civ. 13/09/2021 n.24641 (conferma principio decennale per documenti bancari e prescrizione corrispondente); Cass. Civ. 17/01/2019 n.103/19 (interessi moratori su mutuo hanno prescrizione autonoma quinquennale) – ultima non citata sopra esplicitamente. |
| Nullità di clausole contrattuali (usura, anatocismo, ecc.) | Il debitore può far valere eventuali nullità o invalidità nel contratto originario di finanziamento: es. tassi di interesse usurari (nulli ex L.108/96), clausole anatocistiche non valide (specialmente se anteriori alla delibera CICR del 2000), clausole vessatorie non approvate (se consumatore), ecc. La nullità di una clausola determina che il debitore non deve quanto previsto da essa (es: se il tasso è usurario, non sono dovuti interessi oltre il tasso legale, o secondo alcuni nessun interesse). Queste eccezioni vanno sollevate in giudizio e giovano anche verso il cessionario, poiché le nullità sono opponibili erga omnes. | Art. 1815 c.c. co.2 (interessi usurari = nessun interesse dovuto); L. 108/1996 (usura); Art. 1283 c.c. (anatocismo vietato salvo condizioni); Delibera CICR 9/2/2000 (anatocismo bancario post 2000); Art. 33 Codice del Consumo (clausole vessatorie); Cass. Civ. 16/03/2018 n.6575 (cessionario soggiace alle medesime eccezioni di nullità opponibili al cedente, es. usura sopravvenuta, ecc.). |
| Saldo e stralcio / accordo transattivo | Non è una “difesa” giudiziaria, ma è uno strumento extragiudiziale di chiusura positiva per il debitore. Consiste nel negoziare con il cessionario il pagamento di una somma inferiore al dovuto, in unica soluzione (o poche rate), a completa definizione del debito. È spesso percorribile perché il cessionario ha acquistato a sconto e preferisce incassare subito una percentuale piuttosto che rischiare lungo. Bisogna formalizzare un accordo scritto in cui il creditore rinuncia al resto del credito e fornisce liberatoria. Dopo pagamento, il debito si estingue definitivamente (eventuali ipoteche vanno cancellate, segnalazioni CRIF aggiornate). | Art. 1236 c.c. (remissione del debito, applicabile di fatto al residuo stralciato); Art. 1965 c.c. (transazione). Linee guida Bankitalia 2025 sulla gestione NPL invitano i creditori a valutare soluzioni alternative per debitori in difficoltà, includendo “remissione parziale e consolidamento del debito” come possibili strumenti di ristrutturazione: un contesto che favorisce saldo e stralcio. Inoltre, Cass. Civ. 16/05/2017 n.11994: la quietanza a saldo rilasciata dal creditore vale come rinuncia al credito residuo (se così interpretata). |
| Procedura di sovraindebitamento (esdebitazione) | Se il debitore è una persona fisica sovraindebitata o un piccolo imprenditore non fallibile, può ricorrere alle procedure ex L.3/2012 (oggi integrate nel Codice della Crisi) per ristrutturare o cancellare i debiti. Ad esempio, il Piano del Consumatore consente di proporre al giudice un pagamento parziale dei debiti secondo le proprie possibilità; con l’omologazione, i creditori sono obbligati ad accettare. A completamento del piano, il debitore ottiene l’esdebitazione, cioè la liberazione dai debiti residui. Questo include i crediti ceduti. Il cessionario dovrà adeguarsi al piano approvato (es: accettare il 30% in 4 anni) e poi perdere il resto. È una difesa “sistemica” per chi ha debiti insostenibili multipli. | L. 3/2012 (disciplina sovraindebitamento) ora sostituita dal D.Lgs. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza), artt. 268-277 (Piano del consumatore), 278-281 (Concordato minore), 282-283 (Esdebitazione del sovraindebitato). Trib. Milano, 14/07/2020 (omologa piano consumatore con stralcio rilevante di debiti verso società cessionarie di NPL); Cass. Civ. 23/06/2021 n.17834 (esdebitazione possibile anche se i creditori votano contro, se il piano è meritevole). |
(Legenda: c.c. = codice civile; c.p.c. = codice di procedura civile; TUB = Testo Unico Bancario; CICR = Comitato Interministeriale Credito e Risparmio; CRIF = principale sistema di informazioni creditizie privato.)
Fonti
- Tribunale di Udine, ordinanza 3 luglio 2025 – Onere della prova della legittimazione attiva del cessionario nelle cartolarizzazioni, con nota di M.C. Clementi, Dirittodelrisparmio.it, 25 luglio 2025 . (Conferma che la pubblicazione in G.U. ex art.58 TUB non basta a provare la titolarità; occorre il contratto di cessione che includa il credito ceduto)
- Cassazione Civile, Sez. VI-3, 20 luglio 2022, n. 22754 – In tema di cessione in blocco ex art.58 TUB: “La pubblicazione dell’avviso di cessione sulla G.U. non è sufficiente a dimostrare la titolarità in capo al cessionario del credito azionato in giudizio.”
- Cassazione Civile, Sez. III, 5 settembre 2019, n. 22151 – Cessioni ex art.58 TUB e prova della titolarità del credito. Massima: in caso di contestazione del debitore, il cessionario deve provare di avere acquistato proprio quel credito, fornendo evidenza che dall’avviso in G.U. si risale con certezza al rapporto in questione, oppure esibendo i documenti contrattuali .
- Decreto Legislativo 30 luglio 2024 n. 116 – Recepimento Direttiva (UE) 2021/2167 (gestori ed acquirenti di crediti deteriorati). G.U. n.189 del 13-08-2024 . (Introduce artt. 114-quinquiesdecies e segg. TUB: obbligo comunicazione al debitore ceduto, requisiti per acquirenti e servicer, tutela debitori)
- Banca d’Italia – Disposizioni di vigilanza in materia di trasparenza (aggiorn. 2025) – Sez. VII-ter “Crediti deteriorati – Acquisto e gestione”. In particolare art. 4, comma 3: comunicazione standardizzata al debitore ceduto dopo la cessione, contenente importo dovuto, identità cessionario e gestore ; art. 5: obblighi di correttezza, diligenza, trasparenza e divieto di molestie nelle comunicazioni col debitore .
- Cassazione Civile, Sez. I, 29 novembre 2022, n. 35039 – Conservazione documentazione bancaria (art. 119 TUB). Conferma che l’obbligo di conservazione per 10 anni ex art. 119 TUB e art. 2220 c.c. è principio generale e limita il diritto del cliente ai soli ultimi dieci anni . (Implicazione: la banca cedente non può essere obbligata a fornire documenti oltre tale termine)
- Cassazione Civile, 10 febbraio 2023, n. 4232 – Prescrizione delle rate di mutuo. Principio: il debito da mutuo ha natura unitaria, la prescrizione del diritto alla restituzione decorre dall’ultima rata scaduta; le rate singole non cadono in prescrizione autonoma quinquennale . Tuttavia, gli interessi (corrispettivi o moratori) maturati su ciascuna rata seguono la prescrizione breve quinquennale .
- Cassazione Civile, 13 settembre 2021, n. 24641 – Richiesta ex art.119 TUB in giudizio. (Ribadisce che l’obbligo ex art.119 TUB è limitato al decennio; oltre, la banca non è tenuta a conservare né esibire documenti) .
- L. 3/2012 (come modif. dal D.Lgs.14/2019) – Procedura di composizione delle crisi da sovraindebitamento. (Consente al debitore civile di proporre un piano ai creditori con falcidia dei debiti e ottenere esdebitazione finale – soluzione utile se debiti esorbitanti) .
- Provvedimenti AGCM e Garante Privacy su recupero crediti – es. AGCM PS/11716 – Provv. 30/09/2020 (multa a società per telefonate minatorie, contatti a familiari e luogo di lavoro = pratica commerciale aggressiva); Garante Privacy Ordinanza 16/11/2016 [Doc. web n. 5805263] (recupero crediti: illecito comunicare a terzi l’altrui debito). (Ribadiscono il divieto di molestie e indebite pressioni) .
- Codice Civile e di Procedura Civile – articoli pertinenti: 1260-1267 c.c. (cessione del credito), 1264 c.c. (opponibilità cessione); 1274 c.c. (compensazione crediti ceduti noti al ceduto); 119 TUB; 58 TUB; 633-648 c.p.c. (decreto ingiuntivo); 615-624 c.p.c. (opposizioni esecuzione); 808, 810 c.p.c. (clausola compromissoria).
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In questa guida ti spiego cos’è la cessione del credito bancario, come funziona, e soprattutto cosa puoi fare subito per proteggerti con l’aiuto di un avvocato esperto in diritto bancario e del credito.
💥 Cos’è la Cessione del Credito Bancario
La cessione del credito bancario è l’operazione con cui una banca o finanziaria vende il tuo debito a un’altra società (di solito un fondo di investimento o una società di recupero crediti).
📌 Il nuovo soggetto subentra nei diritti del creditore originario (la banca), e può chiederti il pagamento del debito residuo.
Ma attenzione: non tutte le cessioni sono legittime, e molte contengono errori o violazioni della privacy e della trasparenza bancaria.
Le situazioni più comuni sono:
- prestiti personali o finanziamenti ceduti a società di recupero crediti;
- mutui o leasing ceduti a fondi speculativi (cartolarizzazioni);
- debiti su carte di credito o conti correnti scoperti;
- posizioni già segnalate in Centrale Rischi o CRIF.
⚖️ Quando la Cessione è Valida e Quando No
Una cessione del credito è valida solo se:
- è notificata correttamente al debitore (art. 1264 c.c.);
- indica chi è il nuovo creditore e a quanto ammonta il debito;
- è stata effettuata dalla banca realmente titolare del credito;
- rispetta le norme sulla cartolarizzazione (Legge 130/1999), se avvenuta tramite un fondo.
📌 Se mancano queste condizioni, puoi impugnare la cessione e chiedere la sospensione del recupero.
💠 Cessione “in blocco” e Cartolarizzazione
Molti crediti vengono ceduti “in blocco” a società di cartolarizzazione (SPV) senza informare singolarmente i debitori.
In questo caso:
- la cessione deve essere pubblicata in Gazzetta Ufficiale;
- il fondo non può agire in giudizio se non prova di aver effettivamente acquistato quel credito;
- la gestione del credito è spesso affidata a società terze (servicer) che agiscono per conto del fondo.
📌 In moltissimi casi, la mancanza di documentazione o la cessione incompleta rende nullo l’intero procedimento di recupero.
⚠️ Cosa Succede Dopo la Cessione del Credito
Quando il credito viene ceduto:
- ricevi una comunicazione di cessione (PEC, raccomandata o notifica giudiziaria);
- il nuovo creditore ti chiede di pagare a lui e non più alla banca;
- se non paghi, può avviare diffide, decreti ingiuntivi o pignoramenti.
📌 Ma prima di pagare o accordarti, è fondamentale verificare la legittimità della cessione e la correttezza dell’importo richiesto.
🧩 Le Strategie di Difesa Possibili
1️⃣ Verificare la Validità della Cessione
L’avvocato può controllare se:
- la cessione è stata notificata correttamente;
- il credito esiste ancora o è già prescritto;
- l’importo richiesto è corretto e documentato;
- la società che ti chiede i soldi ha realmente acquistato quel credito.
📌 Se manca la prova della cessione o della titolarità del credito, puoi bloccare qualsiasi azione di recupero.
2️⃣ Contestare Interessi, Spese o Anatocismo
Molti crediti bancari ceduti includono interessi illegittimi, anatocistici o usurari.
L’avvocato può richiedere una verifica contabile e far ridurre drasticamente l’importo dovuto.
📌 Se vengono rilevate irregolarità, puoi chiedere la nullità parziale o totale del contratto originario.
3️⃣ Opporsi a Decreti Ingiuntivi o Pignoramenti
Se la società cessionaria ha avviato una causa o un pignoramento:
- puoi presentare opposizione al decreto ingiuntivo entro 40 giorni;
- puoi chiedere la sospensione immediata del procedimento;
- puoi dimostrare vizi nella cessione o nel contratto di credito.
📌 In molti casi, i giudici annullano i decreti perché il cessionario non prova di essere il vero titolare del credito.
4️⃣ Avviare una Trattativa o Saldo e Stralcio
Spesso è possibile chiudere il debito con uno sconto importante (dal 50% all’80%) se la società cessionaria accetta un saldo e stralcio.
📌 L’avvocato può trattare direttamente con la società per ottenere una chiusura definitiva del debito e la cancellazione da CRIF e Centrale Rischi.
🧾 I Documenti da Consegnare Subito all’Avvocato
- Copia della comunicazione di cessione ricevuta;
- Contratti bancari o di finanziamento originari;
- Estratti conto e lettere della banca;
- Eventuali atti giudiziari o decreti ingiuntivi;
- Comunicazioni con la società di recupero o il fondo cessionario.
📌 Questi documenti permettono di verificare se la cessione è valida, se il credito è prescritto o se l’importo richiesto è illegittimo.
⏱️ Tempi e Azioni Immediate
- Verifica della cessione: 10–15 giorni;
- Opposizione a decreto ingiuntivo: entro 40 giorni;
- Ricorso per sospensione del pignoramento: in 48 ore nei casi urgenti;
- Trattativa di saldo e stralcio: 30–60 giorni circa.
📌 Agire subito è fondamentale: dopo certe scadenze il recupero diventa più difficile da bloccare.
⚖️ I Vantaggi di una Difesa Legale Specializzata
✅ Blocco immediato di azioni esecutive e diffide.
✅ Verifica della validità della cessione e dell’importo.
✅ Possibilità di annullare o ridurre drasticamente il debito.
✅ Chiusura definitiva con accordo di saldo e stralcio.
✅ Tutela del patrimonio personale e del profilo creditizio.
🚫 Errori da Evitare
❌ Pagare subito senza verificare la legittimità della cessione.
❌ Fidarsi di società di recupero aggressive o non autorizzate.
❌ Ignorare notifiche o decreti ingiuntivi.
❌ Agire tardi o senza assistenza legale.
📌 Una cessione del credito non significa che devi pagare tutto o subito: spesso ci sono vizi, prescrizioni o margini di trattativa.
🛡️ Come Può Aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza la legittimità della cessione e la documentazione bancaria.
📌 Ti assiste nelle opposizioni e nelle richieste di sospensione giudiziale.
✍️ Redige ricorsi e memorie per contestare la titolarità o l’importo del credito.
⚖️ Ti rappresenta in trattative di saldo e stralcio o davanti al Tribunale.
🔁 Ti segue fino alla chiusura definitiva del debito o all’annullamento del titolo.
🎓 Le Qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato cassazionista esperto in diritto bancario, finanziario e del credito.
✔️ Specializzato nella difesa contro società di recupero e fondi cessionari.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento, iscritto presso il Ministero della Giustizia.
✔️ Esperienza pluriennale nella tutela di privati, imprenditori e professionisti contro banche e finanziarie.
Conclusione
Se ti hanno ceduto il credito bancario, non firmare nulla e non pagare subito: prima verifica se la cessione è valida e se l’importo è corretto.
Con una strategia legale mirata puoi bloccare la società di recupero, ridurre il debito o chiuderlo in via definitiva a condizioni vantaggiose.
⏱️ Agisci subito: ogni giorno può fare la differenza tra pagare tutto o liberarti del debito.
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