Imprenditore Con Problemi Fiscali? Come Scegliere L’Avvocato

Se sei un imprenditore con problemi fiscali, sai bene quanto una contestazione dell’Agenzia delle Entrate, un accertamento o una cartella esattoriale possano mettere a rischio l’intera attività. In queste situazioni, affidarsi al giusto avvocato tributario non è solo una scelta tecnica, ma una strategia di sopravvivenza aziendale.
Un professionista esperto può bloccare la riscossione, impugnare gli atti fiscali illegittimi e negoziare soluzioni per salvaguardare la tua impresa e il tuo patrimonio. Questa guida ti spiega come scegliere l’avvocato giusto, quando intervenire e quali errori evitare.

Perché un imprenditore deve avere un avvocato esperto in diritto tributario

Il diritto tributario è una materia complessa e in continua evoluzione. Ogni decisione dell’imprenditore — dal bilancio alle spese, fino alla gestione dei flussi finanziari — ha conseguenze fiscali dirette.
Un avvocato esperto in diritto tributario può:

  • difenderti da accertamenti fiscali, cartelle e pignoramenti dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione;
  • bloccare la riscossione immediata presentando ricorsi tempestivi;
  • trattare con il Fisco per rateizzare o definire i debiti;
  • assisterti in procedimenti di sovraindebitamento o crisi d’impresa;
  • prevenire sanzioni e controlli grazie a una consulenza fiscale strategica.

In breve, un avvocato tributario non si limita a difenderti: protegge la tua impresa prima, durante e dopo un contenzioso con il Fisco.

Quando rivolgersi a un avvocato tributario

È fondamentale agire prima che la situazione degeneri. Un imprenditore dovrebbe consultare un avvocato tributario quando:

  • riceve un avviso di accertamento o una verifica fiscale;
  • ha debiti tributari o contributivi che non riesce più a gestire;
  • teme pignoramenti o blocchi dei conti aziendali;
  • ha ricevuto cartelle esattoriali o fermi amministrativi;
  • vuole valutare una definizione agevolata o un saldo e stralcio;
  • rischia segnalazioni per reati tributari (omesso versamento IVA, false fatturazioni, occultamento di ricavi).

Intervenire subito permette di evitare il blocco dell’attività, la perdita di credibilità commerciale e sanzioni patrimoniali.

Come scegliere l’avvocato giusto se hai problemi fiscali

Ecco i principali criteri da considerare prima di affidare la difesa della tua impresa:

  1. Specializzazione reale nel diritto tributario.
    Non tutti gli avvocati hanno competenze fiscali. Il professionista ideale deve occuparsi esclusivamente o prevalentemente di contenzioso tributario e avere esperienza diretta con Agenzia delle Entrate, INPS e Guardia di Finanza.
  2. Esperienza nel contenzioso fiscale d’impresa.
    Il tuo caso non è una semplice multa: riguarda la sopravvivenza dell’azienda. L’avvocato deve conoscere procedure fiscali complesse, bilanci societari e crisi d’impresa, non solo ricorsi standard.
  3. Capacità di trattativa e mediazione.
    Spesso, il miglior risultato si ottiene negoziando con il Fisco, evitando cause lunghe e costose. Un buon avvocato sa quando è opportuno mediare e quando invece è necessario agire in giudizio.
  4. Collaborazione con fiscalisti e commercialisti.
    I casi fiscali più delicati richiedono un team integrato. L’avvocato giusto lavora in sinergia con commercialisti, revisori e consulenti aziendali, per una difesa completa.
  5. Approccio strategico e preventivo.
    Un avvocato efficace non si limita a intervenire dopo un accertamento: ti aiuta a prevenire problemi, individuando rischi fiscali e pianificando azioni correttive prima che arrivi una sanzione.

Le qualità che distinguono un avvocato tributario di alto livello

Un professionista davvero competente deve possedere:

  • conoscenza approfondita della normativa fiscale italiana ed europea;
  • esperienza davanti alle Corti di Giustizia Tributarie e, se necessario, alla Corte di Cassazione;
  • capacità di analisi economico-finanziaria per comprendere bilanci, flussi e operazioni societarie;
  • abilità tecnica nella redazione dei ricorsi, evitando vizi formali e impugnazioni inefficaci;
  • una mentalità da problem solver, orientata ai risultati e non solo all’aspetto giuridico.

Le principali aree di intervento di un avvocato per imprenditori

Un avvocato tributario esperto può assisterti in:

  • accertamenti fiscali e difesa durante verifiche della Guardia di Finanza;
  • impugnazione di avvisi di accertamento e cartelle esattoriali;
  • opposizione a pignoramenti, fermi amministrativi e ipoteche;
  • rateizzazioni e definizioni agevolate dei debiti tributari;
  • procedimenti per reati tributari e difesa penale d’impresa;
  • ricorsi in Cassazione per errori di diritto nelle sentenze fiscali.

Perché agire subito è fondamentale

Ogni atto dell’Agenzia delle Entrate ha termini di impugnazione precisi (di solito 60 giorni).
Lasciare passare i termini significa perdere il diritto di difesa e rendere esecutivo il debito, con conseguenze gravi: blocco dei conti aziendali, pignoramenti, revoca degli affidamenti bancari e perdita della continuità aziendale.

Un avvocato tributario, invece, può intervenire tempestivamente per sospendere la riscossione e impostare una strategia legale su misura per la tua impresa.

Quando rivolgersi a un avvocato cassazionista tributario

Se hai già perso nei primi due gradi di giudizio, serve un avvocato cassazionista esperto in diritto tributario, abilitato a difendere in Cassazione. In questa fase, il ricorso si basa su questioni di diritto e non più sui fatti, e solo un cassazionista può redigere un atto conforme ai requisiti della Suprema Corte.

Come capire se hai trovato il professionista giusto

Un avvocato adatto al tuo caso ti offre:

  • una valutazione chiara dei rischi e delle possibilità di successo;
  • un piano d’azione immediato per bloccare la riscossione;
  • un linguaggio comprensibile, senza tecnicismi inutili;
  • una strategia orientata al risultato, non alle procedure.

⚠️ Attenzione: affidarsi a un professionista generico o inesperto in diritto tributario può costarti molto di più di una sanzione: può significare la perdita della tua azienda.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, riscossione e tutela degli imprenditori – spiega come scegliere l’avvocato giusto se hai problemi fiscali, quali caratteristiche deve avere e come una difesa mirata può salvare la tua impresa da pignoramenti, sanzioni e chiusure.

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Introduzione

Un imprenditore alle prese con problemi fiscali – ad esempio cartelle esattoriali, avvisi di accertamento o azioni di riscossione – si trova di fronte a una materia complessa e in continua evoluzione. Il diritto tributario italiano è notoriamente articolato e soggetto a frequenti modifiche normative e interpretazioni giurisprudenziali . Affrontare efficacemente contestazioni del Fisco richiede competenze specialistiche e un costante aggiornamento: errori o sottovalutazioni possono costare caro in termini di sanzioni e perdita di diritti. In questo contesto diventa cruciale la figura dell’avvocato tributarista, ovvero l’avvocato specializzato nella difesa di cittadini e imprese contro le pretese dell’erario .

Questa guida – aggiornata a ottobre 2025 – offre un quadro avanzato su come e quando rivolgersi a un avvocato tributarista in situazioni fiscali delicate. Esamineremo dapprima quali sono le problematiche fiscali tipiche che un’impresa può incontrare (dagli accertamenti alle cartelle di pagamento, fino alle azioni esecutive), illustrandone le caratteristiche e i rischi dal punto di vista del debitore. Approfondiremo quindi il ruolo dell’avvocato in queste vicende: cosa può concretamente fare un legale esperto in diritto tributario, quali strumenti giuridici può attivare e come sceglierlo in modo consapevole.

La guida propone anche simulazioni pratiche basate su casi reali (opportunamente anonimizzati) per mostrare diverse strategie difensive in azione: ad esempio il confronto tra liti tributarie di piccole imprese e di grandi società, con i relativi costi, vantaggi e svantaggi delle diverse opzioni. Troverete inoltre tabelle riepilogative (come quella sugli strumenti deflattivi del contenzioso) e sezioni di Domande & Risposte (FAQ) per chiarire i dubbi più comuni. Il tutto dal punto di vista del contribuente-debitore, con un linguaggio giuridico accurato ma accessibile.

Importante: ogni affermazione rilevante è accompagnata da riferimenti a fonti normative (leggi, decreti) o a pronunce giurisprudenziali aggiornate, riportati in dettaglio nella sezione finale . In particolare, sono citate le più recenti sentenze della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale in materia tributaria, nonché circolari e prassi dell’Amministrazione finanziaria, così da garantire informazioni aggiornate ad ottobre 2025. Procediamo dunque ad esaminare i problemi fiscali più frequenti per gli imprenditori e come un avvocato tributarista può fare la differenza nella loro risoluzione.

Problemi fiscali tipici con l’Agenzia delle Entrate

Gli imprenditori possono incorrere in varie contestazioni fiscali da parte dell’Agenzia delle Entrate e degli enti collegati (come l’Agenzia Entrate–Riscossione, incaricata della riscossione). Le situazioni più comuni includono:

  • Avvisi di accertamento fiscale – Atti con cui l’Agenzia delle Entrate rettifica il reddito o l’IVA dichiarati, richiedendo imposte e sanzioni aggiuntive. Di solito fanno seguito a controlli formali, verifiche o segnalazioni (ad es. studi di settore, anomalie da spesometro, controlli bancari). L’avviso di accertamento indica le maggiori imposte dovute, le sanzioni applicate e gli interessi, motivando le ragioni della pretesa . Per il contribuente si tratta di un atto impugnabile entro 60 giorni dalla notifica, salvo utilizzare strumenti deflattivi come l’accertamento con adesione (come vedremo). Se non impugnato né pagato, l’accertamento diventa definitivo e il debito viene iscritto a ruolo per la riscossione coattiva.
  • Cartelle di pagamento (cartelle esattoriali) – Atti emessi dall’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate–Riscossione, ex Equitalia) che intimano il pagamento di somme dovute entro 60 giorni . La cartella è essenzialmente un ingiunzione di pagamento: può riferirsi a imposte risultanti da dichiarazione, a un avviso di accertamento definitivo, oppure a sanzioni amministrative. Deve indicare la somma dovuta, la causale, gli interessi di mora e l’intimazione a pagare entro 60 giorni, nonché le modalità per presentare eventuale ricorso . Se la cartella non viene pagata né validamente contestata nei termini, dopo 60 giorni l’agente della riscossione può attivare le procedure esecutive (pignoramenti, ipoteche, fermi amministrativi). La cartella è impugnabile dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria (nuova denominazione delle Commissioni Tributarie dal 2023 ) entro 60 giorni, ad esempio per vizi propri (notifica nulla, prescrizione del debito, errore di persona) o facendo valere l’illegittimità dell’atto presupposto (come un accertamento mai notificato regolarmente).
  • Atti della riscossione coattiva – Se il contribuente non paga la cartella nei termini, l’Agente della Riscossione può procedere a misure cautelari ed esecutive. Tra queste: il fermo amministrativo di beni mobili registrati (tipicamente il fermo dell’auto), l’ipoteca fiscale su immobili o beni registrati, e il pignoramento di crediti, stipendi, conti correnti o beni (mobiliari o immobiliari) . Prima dell’esecuzione forzata, l’Agente notifica di solito un avviso di intimazione (intimazione di pagamento) che concede ulteriori 5 giorni per adempiere. Trascorso tale termine, possono scattare il pignoramento presso terzi (blocchi di conti bancari, pignoramento di crediti verso clienti), il pignoramento immobiliare o l’espropriazione mobiliare. Questi atti esecutivi possono essere contestati per vizi formali o sostanziali: ad esempio, un’ipoteca può essere impugnata se il debito è sotto soglia (oggi €20.000 per ipoteche) o se manca la preventiva comunicazione; un pignoramento può essere bloccato se la cartella sottostante è nulla o prescritta, e così via. In alcuni casi la legge prevede ricorsi al giudice dell’esecuzione ordinario (per vizi dell’esecuzione in sé), ma spesso le contestazioni su validità del titolo (cartella/accertamento) restano di competenza del giudice tributario. Un avvocato esperto saprà distinguere le diverse tutele attivabili nelle varie sedi.
  • Altre comunicazioni e procedure – Oltre agli atti sopra, l’imprenditore può ricevere lettere di compliance o avvisi bonari (comunicazioni di irregolarità) dall’Agenzia delle Entrate. Si tratta di avvisi pre-contenzioso che segnalano discrepanze (es. liquidazione automatizzata delle dichiarazioni) e invitano a pagare o a fornire chiarimenti. Pur non essendo immediatamente impugnabili in Commissione, questi avvisi vanno gestiti con attenzione: trascurarli può portare all’emissione di atti formali ben più onerosi. Infine, per le imprese con dipendenti o autonomi, vi sono potenziali problemi con altri enti (INPS per contributi, ispettorato del lavoro, DURC irregolare, etc.), che però esulano dal rapporto con Agenzia Entrate e qui non verranno approfonditi.

Come si vede, le problematiche fiscali possono spaziare dalla fase amministrativa (controlli, accertamenti) a quella della riscossione coattiva. In tutte queste situazioni, l’imprenditore si trova in posizione di soggezione rispetto al Fisco, con tempi spesso ristretti per reagire e un rischio di conseguenze gravi (es. conto corrente bloccato, beni pignorati, divieto di partecipare a gare pubbliche, ecc.). Vediamo dunque quando conviene attivare un avvocato tributarista e quali vantaggi offre la sua assistenza specializzata.

Quando rivolgersi a un avvocato tributarista

Intervenire tempestivamente è fondamentale quando si ha a che fare con atti fiscali. La regola generale è che appena si riceve un atto formale dall’Agenzia delle Entrate o dall’Agente della Riscossione, è opportuno consultare un esperto. In particolare, quando serve un avvocato tributarista? Ecco i casi più tipici:

  • Ricezione di un avviso di accertamento: L’avviso di accertamento ha valore di “atto impositivo” immediatamente esecutivo (dopo 60 giorni). Se l’imprenditore contesta la fondatezza dell’accertamento (ritiene ad esempio che le maggiori imposte richieste siano errate, o che vi siano vizi procedurali), deve preparare un ricorso ben motivato entro il termine tassativo di 60 giorni dalla notifica. Un avvocato tributarista è indispensabile per analizzare il provvedimento, individuare eventuali vizi di legittimità (errori di notifica, motivazione carente, decadenza dei termini di accertamento, violazione dello Statuto del Contribuente ecc.) e valutare l’opportunità di soluzioni deflative (come presentare un’istanza di accertamento con adesione) prima di procedere in giudizio. L’avvocato può anche assistere durante il contraddittorio con l’Agenzia, ove previsto: ad esempio se l’accertamento segue a un processo verbale di constatazione (PVC), è spesso possibile discutere le contestazioni prima che l’atto diventi definitivo . Coinvolgere subito un legale consente di non pregiudicare difese che vanno sollevate immediatamente (alcune eccezioni, come la mancata sottoscrizione dell’atto o la carenza di motivazione, vanno contestate nel primo ricorso). Inoltre, l’avvocato può ottenere la sospensione dell’esecuzione dell’accertamento: se sono richieste somme elevate, si può chiedere sia all’ente impositore sia al giudice tributario di sospendere la riscossione fino alla decisione , evitando pagamenti immediati che potrebbero mettere in crisi la liquidità aziendale.
  • Notifica di una cartella esattoriale o di un atto della riscossione: Spesso la cartella di pagamento giunge inattesa, magari per imposte non versate anni prima o perché un accertamento è divenuto definitivo. In altri casi arriva una comunicazione di ipoteca o un preavviso di fermo auto. In tutti questi scenari, l’imprenditore dovrebbe rivolgersi subito a un tributarista. Innanzitutto, perché i termini per agire sono brevi: 60 giorni per impugnare la cartella; 30 giorni (o meno) per opporsi a un fermo o un pignoramento già avviato. L’avvocato esaminerà la situazione per verificare se ci sono motivi di opposizione. Ad esempio, potrà controllare se la cartella deriva da un atto mai notificato (circostanza frequente): in tal caso si può far valere la nullità della cartella per mancata notifica dell’atto presupposto. Attenzione, però: attualmente la Cassazione a Sezioni Unite ha chiarito che non è possibile impugnare un semplice estratto di ruolo (il riepilogo delle cartelle risultanti a ruolo) senza un concreto pregiudizio . In passato la giurisprudenza ammetteva ricorsi “preventivi” contro ruoli per cartelle mai notificate, ma la nuova norma (art. 12, c.4-bis del DPR 602/1973 introdotto nel 2021) consente il ricorso solo se, ad esempio, si rischia un danno attuale come l’esclusione da appalti o il blocco di crediti verso la PA . Ciò rende ancora più importante l’assistenza legale: il tributarista saprà come far valere l’eccezione di mancata notifica al momento e nel modo giusto (magari attendendo un atto esecutivo formale da impugnare, come un pignoramento, per far valere in quel contesto i vizi della cartella originaria). Inoltre l’avvocato potrà verificare se il debito portato in cartella è prescritto (molte cartelle diventano inesigibili per decorso dei termini, ad es. oltre 5 anni per contributi INPS, 10 anni per imposte erariali salvo atti interruttivi). Anche per sospendere un’azione esecutiva già avviata, il legale è determinante: può presentare un’istanza di sospensione all’Agente della Riscossione e al giudice, ottenendo il “congelamento” dei pignoramenti in corso se vi sono validi motivi . (Si ricorda che è possibile chiedere all’Agente della Riscossione la sospensione legale della riscossione depositando un’apposita domanda entro 60 giorni dalla notifica della cartella o dal fatto che ne impedisce il pagamento; l’Agenzia ha 220 giorni per rispondere, e in caso di silenzio il debito viene annullato per legge.) Un avvocato esperto conosce bene questa procedura di sospensione ex art. 1, c.537 L.228/2012 e saprà utilizzarla per tutelare il cliente in presenza dei presupposti di legge (es. provvedimento di sgravio, prescrizione intervenuta, errore di persona, pendenza di giudizio, etc. ).
  • Pignoramenti e blocchi in atto: Se la situazione è già degenerata (conto corrente pignorato, fermo auto iscritto, ipoteca su un capannone aziendale), rivolgersi a un avvocato è urgente. In tali casi, oltre a valutare le opposizioni agli atti esecutivi possibili, l’avvocato tributarista può negoziare con l’Agente della Riscossione soluzioni come un piano di rateizzazione d’urgenza o verificare se il cliente rientra in qualche procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento. Ad esempio, dinanzi a un pignoramento immobiliare per debiti fiscali, si può proporre all’ente riscossore la conversione del pignoramento con pagamento rateale del dovuto (ai sensi dell’art. 52 DPR 602/73). Anche eventuali vizi formali (mancato rispetto dei limiti di pignorabilità, avvisi non comunicati) potranno essere sollevati dal legale nelle sedi competenti. In sintesi, quando c’è in gioco il patrimonio aziendale o personale a causa di azioni esecutive del Fisco, serve immediatamente un avvocato che sappia dove e come intervenire per bloccare o attenuare gli effetti delle procedure.
  • Altre situazioni particolari: È consigliabile rivolgersi a un tributarista anche prima che la situazione precipiti. Ad esempio, se l’Agenzia delle Entrate invita l’imprenditore a comparire per un questionario o una verifica fiscale in azienda, farsi assistere da un avvocato (o da un commercialista esperto, o meglio da entrambi in team) può prevenire sviluppi sfavorevoli. Un legale può vigilare sul rispetto delle garanzie durante l’accesso dei verificatori e consigliare sul da farsi, spiegando al cliente i propri diritti durante le ispezioni (come da Statuto del Contribuente, L.212/2000, in particolare l’art. 12 che tutela chi subisce verifiche prolungate ). Anche in fase di compliance (avvisi bonari) o adesione, la consulenza di un tributarista aiuta a evitare ammissioni indebite o errori che potrebbero pregiudicare la posizione in un futuro contenzioso. Infine, se l’imprenditore teme che le sue violazioni fiscali possano avere risvolti penali tributari (es. dichiarazioni fraudolente, emissione di fatture false, omessi versamenti IVA oltre soglia di punibilità), è fondamentale coinvolgere subito un avvocato, meglio se con competenze anche penalistiche, per valutare possibili strategie prima che intervenga la Procura. La tempestiva regolarizzazione di alcune violazioni (pagando il debito tributario dovuto e le sanzioni amministrative) può evitare del tutto il processo penale o attenuarne le conseguenze . Ad esempio, l’art. 13 del D.Lgs. 74/2000 prevede cause di non punibilità se si paga quanto dovuto prima che il giudice dichiari aperto il dibattimento: un tributarista coscienzioso informerà subito il cliente di questa opzione, permettendo magari di estinguere il reato pagando (ove finanziariamente possibile) e poi affrontare solo l’aspetto amministrativo.

Riassumendo, non bisognerebbe aspettare che il problema fiscale “degeneri” per cercare assistenza legale. Ogni atto del Fisco ha effetti e scadenze precise che, se ignorate, possono privare il contribuente di tutele. Vale la pena sottolineare che in alcuni casi è addirittura previsto l’obbligo di difesa tecnica: se il valore della controversia supera una certa soglia (oggi 3.000 euro per le liti tributarie), il contribuente non può stare in giudizio da solo e deve farsi assistere da un difensore abilitato (avvocato o, in taluni casi, un commercialista iscritto in apposito albo) . Ma al di là degli obblighi formali, è la complessità della materia a rendere quasi sempre preferibile affidarsi a un avvocato tributarista. Vediamo nel dettaglio qual è il ruolo di questo professionista e cosa può fare concretamente per chi ha problemi col Fisco.

Cosa può fare l’avvocato tributarista per difenderti

L’avvocato tributarista è un avvocato specializzato in diritto fiscale e tributario. A differenza del commercialista (esperto di contabilità e adempimenti), il tributarista si occupa degli aspetti legali: interpreta ed applica le norme tributarie, predispone ricorsi, rappresenta il contribuente in giudizio e nelle trattative col Fisco . Ecco i principali ambiti in cui un avvocato tributarista può intervenire a tutela di un imprenditore con debiti o contenziosi fiscali:

  • Analisi tecnica degli atti fiscali: appena ricevuto un accertamento o una cartella, l’avvocato esamina in dettaglio il provvedimento per verificarne la legittimità. Controlla ad esempio se la notifica è regolare, se l’atto è stato emesso entro i termini di decadenza previsti (di regola il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le imposte dirette e l’IVA ), se le motivazioni sono sufficienti e conformi alla legge (ai sensi dell’art.3 L.241/1990 e art.7 L.212/2000 le cartelle e gli avvisi devono essere motivati) e se sono stati rispettati eventuali obblighi procedimentali come il contraddittorio endoprocedimentale. A tal proposito, va ricordato che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha stabilito che la mancata attivazione del contraddittorio prima di un accertamento non comporta nullità in modo generalizzato, salvo che per i tributi “armonizzati” come l’IVA dove vige un obbligo comunitario . Il legale conosce questi precedenti e li invoca per contestare accertamenti emessi in violazione dei diritti del contribuente. Egli valuterà anche il merito della pretesa: ad esempio, se l’accertamento riguarda costi indeducibili o ricavi non dichiarati, l’avvocato raccoglierà insieme al cliente i documenti e le prove per confutare punto per punto le tesi del Fisco (contratti, fatture, perizie, estratti conto, testimonianze scritte, ecc.). Questa fase di analisi e raccolta documentale è cruciale e spesso svolta in sinergia con il commercialista dell’azienda.
  • Assistenza nelle procedure stragiudiziali (deflative): il tributarista non si limita al ruolo “litigioso”, ma anzi spesso cerca soluzioni bonarie o pre-contenzioso. Ci sono diversi strumenti deflativi che possono risolvere la questione senza arrivare a una sentenza, con vantaggi per il contribuente sia economici che di tempo. Un buon avvocato tributarista conosce a fondo questi istituti e sa quando conviene attivarli . I principali sono:
  • Istanza di autotutela: è una richiesta rivolta allo stesso ufficio che ha emesso l’atto, affinché lo annulli o rettifichi d’ufficio per errori palesi o illegittimità. L’autotutela è discrezionale per l’Amministrazione (non c’è obbligo di accoglimento salvo errori materiali) , ma talora può risolvere rapidamente problemi evidenti, come un pagamento già effettuato ma non risultante, uno scambio di persona, il doppio addebito di un’imposta, ecc. L’avvocato formula l’istanza indicando le norme violate e allegando le prove dell’errore. Spesso, se l’ufficio riconosce l’errore, annulla in tutto o in parte l’atto senza bisogno di ricorrere in Commissione . Va detto che l’autotutela non sospende i termini di ricorso né quelli di pagamento: l’avvocato quindi la utilizza con cautela, magari parallelamente alla predisposizione del ricorso (così da non farsi trovare scoperti in caso di diniego o silenzio).
  • Accordo in adesione (accertamento con adesione): disciplinato dal D.Lgs. 218/1997, consente al contribuente di trattare con l’ufficio dopo aver ricevuto un avviso di accertamento (o anche dopo un PVC, prima dell’accertamento). Il contribuente, entro 60 giorni dall’avviso, può presentare un’istanza di adesione: questo sospende per 90 giorni il termine per ricorrere . L’ufficio convoca quindi il contribuente (o i suoi professionisti) a un tavolo di confronto. Qui l’avvocato tributarista svolge una vera e propria negoziazione tecnica con i funzionari : evidenzia i punti deboli della pretesa fiscale, porta documenti e memorie a sostegno della propria posizione e cerca di ottenere una riduzione delle somme contestate. Se si raggiunge un accordo, viene formalizzato un atto di adesione con cui il contribuente accetta una certa maggiore imposta (di solito ridotta rispetto all’accertato) e l’Agenzia riduce le sanzioni a 1/3 del minimo di legge . Ad esempio, se erano contestati €100.000 di redditi non dichiarati, si potrebbe concordare un imponibile di €60.000 anziché €100.000, e sulle relative imposte le sanzioni (che magari erano al 100% del tributo) scendono a 1/3 del minimo. Il risultato è un risparmio sia sul quantum delle tasse sia sulle sanzioni. Inoltre l’adesione consente il pagamento rateale fino a un massimo di 8 rate trimestrali (o 16 rate se le somme superano €50.000) . Va sottolineato che l’accertamento con adesione chiude la lite in via consensuale: il contribuente rinuncia al ricorso e paga quanto concordato. L’avvocato tributarista consiglia questa strada quando la pretesa ha solidi fondamenti e si può puntare a uno sconto sulle sanzioni o a limitare gli importi, evitando i costi e i rischi del processo.
  • Acquiescenza all’accertamento: è la scelta di non impugnare l’atto e pagare subito, approfittando di una riduzione di sanzioni. Secondo l’art. 15 D.Lgs. 218/1997, se il contribuente paga integralmente quanto richiesto da un avviso di accertamento entro il termine per fare ricorso (60 giorni), le sanzioni sono ridotte a 1/3 di quelle irrogate (o a 1/3 del minimo edittale se più favorevole) . L’avvocato tributarista, per paradosso, può consigliare anche di non fare causa e di fare acquiescenza, qualora ritenga il cliente soccombente e quindi destinato altrimenti a pagare tutto più le spese legali. Un professionista onesto valuterà assieme all’imprenditore la convenienza economica: se l’ufficio ha ragione e c’è spazio solo per ritardi e aggravio di sanzioni, pagare subito con lo sconto di legge conviene. Questa è una scelta delicata: comporta rinunciare a ogni contestazione. Un legale esperto esaminerà attentamente le carte prima di raccomandarla. Spesso viene adottata per violazioni formali o errori riconosciuti, quando il contribuente preferisce chiudere la partita immediatamente con il minimo danno (anche in ottica di evitare possibili risvolti penali). Da notare che l’acquiescenza si applica solo se non è già stato presentato ricorso e se si paga tutto entro i 60 giorni ; in caso di parziale pagamento o pagamento tardivo, lo sconto salta.
  • Reclamo e mediazione tributaria: era uno strumento introdotto nel 2012 (art. 17-bis D.Lgs. 546/1992) che prevedeva, per le liti di valore fino a €50.000, l’obbligo di presentare un reclamo all’Ufficio prima di poter adire la giustizia tributaria, accompagnato da una proposta di mediazione . In sostanza il contribuente doveva prima proporre una soluzione all’Agenzia (tipicamente il pagamento parziale delle somme dovute) e se l’Agenzia accettava si chiudeva la lite, altrimenti passati 90 giorni il reclamo valeva come ricorso e la causa proseguiva. Questo meccanismo mirava a decongestionare i tribunali con piccoli accordi, con l’incentivo di sanzioni ridotte del 35% del minimo in caso di mediazione riuscita (fino al 2023) . Novità: dal 2023 il reclamo-mediazione è stato abolito. La riforma fiscale (L. 130/2022 e decreti attuativi del 2023) ha eliminato l’obbligatorietà del reclamo preventivo per i ricorsi notificati dal 1° gennaio 2024 . Si è preferito puntare su altre forme di deflazione come la conciliazione (vedi sotto) e su una giustizia tributaria più efficiente. Pertanto, oggi un avvocato può presentare direttamente ricorso anche per liti di modesto valore, senza passare per il reclamo, fatto salvo che resta possibile volontariamente cercare un accordo transattivo col Fisco prima o durante la causa. Un tributarista aggiornato conosce bene questi cambiamenti normativi e saprà se un ricorso del 2023 richiede ancora il reclamo o se, in base alla data, non è necessario . (Va infatti considerato che per i ricorsi notificati entro il 2023 la mediazione restava in vigore, mentre per quelli dal 2024 non serve più).
  • Conciliazione giudiziale: si tratta di una forma di accordo transattivo che può avvenire una volta che la causa è già iniziata dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria (ex Commissione). Le parti – il contribuente e l’ente impositore – possono trovare un’intesa su tutte o parte delle pretese fiscali in contestazione, con l’assistenza del giudice che omologa l’accordo . La conciliazione può avvenire in primo grado, in appello e perfino (recentissima possibilità) durante il giudizio di Cassazione. La legge prevede benefici significativi in caso di conciliazione: le sanzioni sono ridotte al 40% del minimo se l’accordo avviene in primo grado, al 50% in caso di conciliazione in appello, e al 60% in Cassazione . Ciò significa, ad esempio, che se col contenzioso si rischiavano €10.000 di sanzioni, conciliando in appello se ne pagheranno solo €5.000 (50%). Inoltre, con la conciliazione si evita il prosieguo della lite e ogni parte sopporta le proprie spese (o quelle concordate), ottenendo certezza immediata. L’avvocato tributarista valuterà la conciliazione quando emergono nuovi elementi che rendono incerto l’esito del giudizio oppure quando la controparte (Agenzia Entrate) si mostra disponibile a uno sconto pur di chiudere la vertenza. Ad esempio, potrebbe capitare in appello che la Cassazione abbia mutato orientamento su una certa questione giuridica rilevante : di fronte a questo, il giudice potrebbe stimolare un accordo transattivo. È ciò che è accaduto nel caso pratico riportato più avanti, dove un contribuente in appello ha ottenuto la conciliazione con sanzioni dimezzate grazie a un nuovo precedente favorevole della Cassazione . L’avvocato deve essere abile nel cogliere il momento: proporre o accettare la conciliazione quando conviene al cliente, e viceversa rifiutare offerte inadeguate. La conciliazione giudiziale è regolata dall’art. 48 D.Lgs. 546/92 ed è stata potenziata dalla riforma 2022 (ad esempio prevedendo che se una parte rifiuta la proposta conciliativa del giudice e poi perde, può subire una condanna alle spese aggravata – un incentivo a conciliare quando il giudice lo suggerisce). Da notare che l’accordo di conciliazione può prevedere il pagamento rateale delle somme dovute, fino a un massimo di 20 rate trimestrali; in tal caso, la conciliazione si perfeziona con il pagamento della prima rata.
  • Definizioni agevolate speciali (c.d. “pacificazione fiscale”): a volte il legislatore interviene con norme straordinarie per chiudere in modo agevolato contenziosi pendenti o debiti iscritti a ruolo. Un avvocato tributarista tiene sempre d’occhio queste finestre normative, perché possono offrire al cliente opportunità insperate di risparmio. Ad esempio, la Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022) ha introdotto una serie di misure di “tregua fiscale”: tra queste, la definizione agevolata delle liti pendenti al 15 febbraio 2023 (chiusura delle cause tributarie versando una percentuale del valore della controversia, variabile dal 100% per le cause perse in primo grado al 40% per quelle vinte dal contribuente in primo grado, ecc.), la conciliazione agevolata (possibilità di conciliare le cause pendenti nel 2023 con sanzioni ridotte a 1/18 del minimo ), nonché l’ormai famosa rottamazione-quater delle cartelle (stralcio integrale delle cartelle fino a €1.000 risalenti a prima del 2015, e pagamento senza sanzioni né interessi delle altre cartelle 2000-2017, dilazionabile in 18 rate) . Un bravo avvocato tributarista informa tempestivamente il cliente di queste opportunità e lo aiuta ad aderirvi correttamente entro i termini previsti, se risultano più convenienti del proseguire la causa. Ad esempio, se un imprenditore ha una causa pendente in Cassazione con imposte elevate ma c’è la possibilità di chiuderla pagando il 15% grazie a una definizione agevolata, l’avvocato metterà sul piatto questa opzione. Allo stesso modo, se esce una norma di saldo e stralcio dei debiti fiscali, il tributarista valuterà se il cliente rientra nelle condizioni (importo e anni) e eventualmente predisporrà l’istanza. Queste misure non sono automatiche: richiedono domanda del contribuente e il pagamento di quanto dovuto nei termini di legge. Pertanto l’assistenza professionale è preziosa per non perdere l’occasione per mere formalità.

In sintesi, l’avvocato tributarista dispone di una “cassetta degli attrezzi” molto ampia per difendere il contribuente. Dalla tutela in giudizio (conoscenza del processo tributario e delle tecniche difensive, dalle eccezioni procedurali alle impugnazioni in Cassazione) all’abilità negoziale nelle soluzioni stragiudiziali con il Fisco, fino alla conoscenza approfondita della normativa fiscale (che consente di individuare cavilli e appigli anche in contesti molto tecnici come IVA intracomunitaria, transfer pricing, abuso del diritto, ecc.). Inoltre, un aspetto spesso sottovalutato: il tributarista, operando sempre dalla parte del contribuente, ha sviluppato negli anni una sensibilità particolare nell’interfacciarsi con gli organi fiscali. Sa come rivolgersi agli uffici dell’Agenzia delle Entrate, come presentare un’istanza perché abbia chance di essere accolta, come trattare con i funzionari di riscossione mettendo sul tavolo anche i profili di legittimità che potrebbero convincerli a una soluzione di comune accordo . Questo know-how relazionale, unito alla padronanza del diritto, fa spesso la differenza tra un contribuente travolto dal Fisco e uno che invece riesce a gestire la crisi fiscale limitando i danni e, talvolta, uscendo da situazioni che sembravano compromesse.

Va aggiunto che il processo tributario italiano ha proprie peculiarità: è un giudizio scritto, con alcune regole simili al processo civile ma anche notevoli differenze (ad esempio fino al 2022 non erano ammesse prove testimoniali, divieto ora parzialmente rimosso ; il giudice decide principalmente sulla base dei documenti; il giudizio di appello non consente nuove domande, ecc.). La durata media di una controversia tributaria è di diversi anni: circa 2 anni per il primo grado, altri 2-3 per l’appello, e un eventuale ricorso in Cassazione può richiedere ulteriori anni . Ottenere una sentenza definitiva in 5-6 anni non è inusuale . Ecco perché sia i contribuenti sia l’Amministrazione sono incentivati a considerare soluzioni alternative che chiudano prima la lite . Un tributarista preparato terrà conto anche di questo aspetto nel consigliare il cliente: ad esempio, potrebbe suggerire di accettare una conciliazione che evita altri 3 anni di incertezza, oppure di optare per un pagamento agevolato immediato se la causa appare lunga e dall’esito incerto.

Infine, è importante sottolineare che l’avvocato tributarista agisce sempre nell’interesse del contribuente e solo di quello. Nelle cause tributarie l’Agenzia delle Entrate è difesa dall’Avvocatura dello Stato, mentre il privato sceglie il suo legale di fiducia . Non c’è quindi possibilità di “conflitto di interessi”: il tributarista è dalla vostra parte al 100% contro la pretesa fiscale. In questo senso, un avvocato coscienzioso sarà franco con il cliente anche quando ciò significa sconsigliare azioni legali inutili o suggerire di regolarizzare posizioni scorrette. La deontologia forense impone al legale di perseguire la soluzione più favorevole al cliente entro i limiti della legge – ciò può voler dire, in alcuni casi, consigliare di non impugnare un atto ma pagare subito riducendo le sanzioni, come già visto, oppure viceversa essere combattivi in giudizio se si intravede una chance concreta basata su precedenti giurisprudenziali nuovi. A tale proposito, l’aggiornamento costante su leggi e sentenze è uno dei tratti distintivi dei migliori tributaristi: basti pensare che una pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione può improvvisamente cambiare la sorte di centinaia di liti (si pensi al principio del legittimo affidamento sancito da Cass. SU n. 30051/2024, secondo cui un contribuente non deve pagare tributi ulteriori se ha agito conformandosi a indicazioni ufficiali poi cambiate per effetto di una sopravvenuta sentenza UE ). Un avvocato che conosce queste evoluzioni normative e giurisprudenziali recenti può farle valere a vantaggio del proprio cliente, ottenendo annullamenti che magari pochi mesi prima sembravano impossibili.

Confronto tra diverse opzioni di difesa: costi, benefici e rischi

Di fronte a una contestazione fiscale, il debitore-contribuente ha davanti a sé varie possibili strategie di difesa. Ognuna presenta vantaggi, svantaggi e costi differenti. È compito dell’avvocato tributarista illustrare queste opzioni e guidare l’imprenditore verso la scelta più adatta al caso specifico. Qui di seguito proponiamo un confronto sintetico tra le principali alternative:

  • Pagare subito (acquiescenza)Vantaggi: chiudere immediatamente la pendenza con il Fisco, beneficiando degli sconti di legge sulle sanzioni (generalmente pagamento di 1/3 delle sanzioni dovute) . Si evita ogni spesa legale futura e il rischio di aggravio di interessi. Svantaggi: esborso finanziario immediato spesso elevato; rinuncia a far valere eventuali ragioni nel merito (se il contribuente aveva ragione, pagando accetta comunque la pretesa fiscale); non adatto se non si dispone della liquidità necessaria. Quando conviene: se l’ufficio ha ragione e l’errore è palese, o se la controversia sarebbe più costosa/inutile, e l’azienda ha fondi per pagare subito. L’avvocato onesto suggerirà questa via se è davvero nell’interesse del cliente .
  • Tentare un accordo stragiudiziale (adesione/mediazione/conciliazione)Vantaggi: possibilità di ottenere una riduzione delle somme dovute (imposte o sanzioni) negoziando col Fisco; risparmio di tempo (si evita un contenzioso pluriennale) ; costi legali limitati rispetto a un lungo processo; eventuale pagamento rateale concordato (in adesione o conciliazione) . Svantaggi: bisogna essere disposti a compromettere, ovvero accettare di pagare almeno una parte del dovuto; se l’accordo fallisce, si può perdere tempo (es. 90 giorni di adesione) e si finisce comunque in giudizio; richiede capacità negoziale e documentazione solida. Quando conviene: se ci sono punti discutibili nell’accertamento ma anche elementi di colpa del contribuente, e si può arrivare a una soluzione di mezzo. Ad esempio, quando le posizioni non sono bianche o nere – tipicamente in ambito di transfer pricing, valutazioni di azienda, operazioni soggettivamente inesistenti: casi complessi in cui entrambe le parti preferiscono ridurre l’alea. Anche in situazioni in cui il contribuente cerca solo di prendere tempo (adesione per ottenere 90 giorni in più per reperire denaro o preparare difese), questa opzione è utile. Un tributarista esperto userà gli strumenti deflativi in modo mirato per massimizzare il vantaggio del contribuente, evitando accordi svantaggiosi (diffidare delle conciliazioni frettolose proposte solo per chiudere la causa: vanno accettate solo se realmente migliorative rispetto al possibile esito in sentenza).
  • Ricorso in Commissione/Corte TributariaVantaggi: avere la possibilità di far esaminare da un giudice indipendente la legittimità dell’atto fiscale; se il contribuente ha ragione, può ottenere l’annullamento totale delle imposte e sanzioni contestate; la presentazione del ricorso spesso sospende l’efficacia esecutiva per un terzo delle imposte (nel caso di accertamenti esecutivi) e consente di chiedere al giudice la sospensione dell’intero debito ; in caso di vittoria, l’ufficio può essere condannato a rifondere le spese legali. Svantaggi: tempi lunghi (anni per una sentenza definitiva) ; costi legali da sostenere (contributo unificato, parcella dell’avvocato, spese vive) – benché le spese di giustizia tributaria siano contenute rispetto ad altri processi, ad esempio €30 di contributo unificato per liti fino a €3.000, €120 per liti fino a €50.000, e via a salire ; rischio di dover poi pagare tutto con interessi maturati se si perde; stress e incertezza prolungati. Quando conviene: se si ritiene di avere solide ragioni giuridiche o probatorie per contestare il Fisco e/o se le somme in ballo sono troppo alte per accettare compromessi. Ad esempio, se l’Agenzia pretende €500.000 e l’imprenditore è convinto di avere ragione (supportato da pareri di esperti, precedenti favorevoli, ecc.), vale la pena intraprendere la causa. Anche perché in certi casi le questioni fiscali sono di principio (si pensi all’abuso del diritto o a interpretazioni nuove di norme): spesso aziende strutturate preferiscono fare causa per avere chiarezza e magari ottenere un precedente giurisprudenziale utile anche per il futuro (certo, ciò vale più per grandi contribuenti). L’avvocato tributarista, prima di proporre il ricorso, svolgerà un esame costi-benefici con il cliente: valuterà la probabilità di successo, i costi e cosa accade nelle more (es. se l’azienda può reggere eventuali misure cautelari, ecc.). Importante: dal 2023 le Commissioni Tributarie sono diventate Corti di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado con giudici tributari professionali , il che dovrebbe aumentare la qualità delle sentenze. Inoltre è stata introdotta in via generale la facoltà di prova testimoniale (seppur limitata) : elementi che il tributarista terrà in conto nella sua strategia processuale.
  • Attendere sperando in condono/sanatoriaVantaggi: se lo Stato varasse un condono fiscale o una definizione agevolata, il contribuente potrebbe pagare meno di quanto dovuto o addirittura niente (in caso di stralcio totale per cartelle piccole); nel frattempo, pagando nulla, l’imprenditore mantiene liquidità. Svantaggi: è una strategia rischiosa e passiva. Non c’è garanzia che arrivi una sanatoria, e intanto i debiti generano interessi di mora e rischi di esecuzioni. Inoltre, molte definizioni agevolate richiedono comunque la presentazione di un ricorso o di un’istanza in pendenza di termini. Ad esempio, la definizione liti 2023 copriva solo cause già instaurate (bisognava almeno aver impugnato l’atto entro i termini) . Dunque, restare inerti può precludere anche la possibilità di aderire a futuri condoni. Quando (non) conviene: questa “non scelta” è perlopiù frutto di disperazione o disinformazione. Un avvocato tributarista difficilmente consiglierà di non fare nulla e aspettare l’ipotetico condono. Piuttosto, suggerirà di mettere in sicurezza la posizione con un ricorso (anche solo per guadagnare tempo e rientrare in possibili sanatorie) e valutare poi le opportunità di definizione agevolata quando e se arriveranno. L’unica situazione in cui temporaneamente attendere può avere un senso è quando i termini per riscuotere un debito stanno per scadere e l’Agenzia, per qualche ragione, non ha ancora notificato nulla: ma anche in questi casi è un calcolo che solo un tributarista esperto può fare (valutando prescrizioni e decadenze).

In definitiva, ogni opzione difensiva va calibrata sul caso concreto. Spesso la migliore strategia combina più strumenti: ad esempio presentare un ricorso in Commissione e contemporaneamente cercare una conciliazione vantaggiosa; oppure avviare un’adesione per ridurre le somme e poi, se l’accordo non soddisfa, proseguire col contenzioso per tentar di ottenere di più. Un caso esemplificativo può chiarire come queste scelte si dipanano nella pratica:

Supponiamo che il sig. Tizio, titolare di una piccola impresa, riceva una cartella esattoriale da €20.000 per IRPEF non versata. Tizio è convinto di aver pagato quelle imposte, ma non trova subito le ricevute. Si rivolge a un avvocato tributarista, il quale consiglia di impugnare la cartella (per evitare che diventi definitiva) sostenendo l’inesistenza del debito, e nel contempo di chiedere all’Agente della Riscossione la sospensione legale esibendo copia di un pagamento bancario che nel frattempo Tizio ha rintracciato. L’Agente non sospende perché il pagamento non copre tutti gli importi. La causa in primo grado viene discussa: la Corte Tributaria (ex Commissione) però dà torto a Tizio, magari per un vizio di forma nella sua documentazione (ad esempio il pagamento è avvenuto con qualche ritardo). A questo punto l’avvocato, condividendo l’indignazione di Tizio perché in buona fede aveva comunque versato quasi tutto, propone appello. Nel frattempo, mentre l’appello è pendente, esce una sentenza innovativa della Cassazione che stabilisce che un lieve ritardo nel versamento non giustifica certe sanzioni. L’avvocato di Tizio lo fa presente in udienza di appello, e ciò rende incerto l’esito per l’Agenzia. Risultato: il giudice d’appello propone una conciliazione: l’Agenzia, per evitare rischi, accetta di rinunciare a metà delle sanzioni. Tizio concorda l’accordo, paga solo le imposte originariamente dovute più il 50% delle sanzioni minime (invece del 100% inizialmente contestato) , e così la lite si chiude prima della sentenza. In questo scenario, Tizio – grazie alla strategia articolata del suo legale – ha ottenuto la cancellazione di €10.000 di sanzioni, evitando anche il costo e l’incertezza di un ricorso in Cassazione. Certo, ha dovuto pagare le imposte e il restante 50% di sanzioni, ma se avesse pagato subito la cartella avrebbe speso di più; se non avesse fatto nulla, avrebbe subito pignoramenti; se avesse insistito fino in Cassazione, avrebbe speso altri anni e soldi. Questo esempio mostra come la flessibilità e la conoscenza degli strumenti difensivi permettano all’avvocato tributarista di aggiustare il tiro in corso d’opera per arrivare al miglior esito possibile.

Come scegliere l’avvocato tributarista giusto

Trovandosi di fronte a un serio problema fiscale, la scelta del professionista a cui affidare la propria difesa è cruciale. Ma come individuare l’avvocato tributarista più adatto? Di seguito alcuni criteri e suggerimenti per imprenditori, professionisti e contribuenti alle prese con questa decisione.

  1. Competenza ed esperienza specifica: Verificate che l’avvocato abbia una solida specializzazione in diritto tributario. L’ordinamento forense italiano oggi consente di conseguire il titolo di avvocato “specialista” in diritto tributario (previo specifici requisiti e formazione): informatevi se il professionista scelto possiede tale qualifica o ha svolto master e corsi avanzati in materia fiscale . Ancora più importante, chiedete da quanti anni esercita nel campo tributario e che tipi di casi ha già trattato. Ad esempio, se il vostro problema riguarda un’accusa di frode fiscale, sarebbe utile sapere se l’avvocato ha esperienza in reati tributari; se è una questione di IVA internazionale, se ha già seguito contenziosi su tematiche transfrontaliere. Un tributarista “navigato” saprà destreggiarsi tra leggi, circolari e sentenze aggiornate con maggiore disinvoltura . Invece, un avvocato generalista, per quanto bravo, potrebbe non essere al corrente dell’ultimo cavillo fiscale o dell’ultimissima sentenza pro-contribuente che invece può fare la differenza nel vostro caso . Consiglio: durante il primo colloquio, ponete domande dirette sull’esperienza: ad esempio “Ha già seguito ricorsi contro cartelle esattoriali per questo tipo di tributo?”; “Quante cause tributarie circa ha patrocinato nell’ultimo anno?”. Le risposte vi daranno misura della sua familiarità col settore.
  2. Reputazione e referenze: Nell’era digitale, è abbastanza facile raccogliere informazioni su un professionista. Potete cercare online il nome dell’avvocato per trovare eventuali pubblicazioni, articoli o casi noti in cui è stato coinvolto . Spesso i tributaristi più quotati scrivono su riviste fiscali specializzate, tengono convegni o seminari: questo denota aggiornamento e riconoscimento nel campo. Potete anche chiedere referenze ad altri professionisti di fiducia – ad esempio il vostro commercialista, se ne avete uno, potrebbe indirizzarvi verso avvocati con cui ha collaborato positivamente. Oppure confrontatevi con altri imprenditori della vostra zona che hanno avuto liti fiscali: il passaparola informato è prezioso. Fate attenzione invece a chi promette miracoli o soluzioni troppo facili: un serio tributarista di solito mantiene un approccio realistico, illustrando pro e contro in modo trasparente senza garantire a priori “vittorie sicure” (nessuna causa fiscale è mai certa al 100%!) . Una buona reputazione si costruisce nel tempo con serietà e risultati; se un avvocato è molto raccomandato da persone competenti, è un segnale incoraggiante.
  3. Approccio multidisciplinare: Le questioni fiscali spesso sconfinano in altri campi – diritto societario, diritto penale, diritto internazionale, contabilità, finanza aziendale. Se il vostro caso tocca anche altri ambiti (es. siete una società che ha anche un procedimento penale per dichiarazione infedele; oppure una controversia fiscale su transfer pricing che implica conoscenze di bilancio internazionale), accertatevi che l’avvocato sia in grado di gestirli o abbia un team con competenze complementari . Uno studio legale strutturato con un dipartimento tributario e magari un settore penale potrà affrontare al meglio i casi di reati fiscali complessi. Se invece l’avvocato lavora da solo, chiedetegli con chi collaborerà per gli aspetti non strettamente tributari: ad esempio, se ha colleghi commercialisti di fiducia con cui analizzare bilanci e documenti contabili . La sinergia tra avvocato e commercialista è spesso la chiave di una difesa vincente: ciascuno apporta la sua expertise. Un tributarista che gioca in squadra (con consulenti del lavoro per questioni di ritenute, con ingegneri se servono perizie tecniche di valutazione, ecc.) offre un vantaggio in più.
  4. Trasparenza sulle tariffe: Il rapporto professionale deve iniziare con chiarezza sui costi. Un avvocato tributarista può applicare diverse modalità di compenso: a tempo (orario), a forfait per fase (un tot per il primo grado, un tot per l’appello, ecc.), talvolta con integrazione in caso di successo (success fee) nei limiti deontologici . Chiedete sempre un preventivo scritto dettagliato. Devono essere chiare le voci: ad esempio, onorario per il ricorso in primo grado, onorario per l’eventuale appello, spese vive previste (il contributo unificato da versare allo Stato per iscrivere la causa , i costi di notifica, eventuali consulenze tecniche, ecc.). In Italia esistono dei parametri ministeriali di massima per i compensi forensi (D.M. Giustizia n. 55/2014 e s.m.), commisurati al valore della lite e alla complessità, ma c’è ampia flessibilità e libera pattuizione . Diffidate sia di chi vi propone parcelle eccessivamente alte senza giustificazione (ogni costo deve avere una spiegazione: es. causa complessa, urgenza, etc.), sia di chi chiede compensi insolitamente bassi: un professionista che svende troppo il proprio lavoro potrebbe non dedicarvi il tempo necessario o nascondere scarsa esperienza. Valutate anche la politica di fatturazione di eventuali extra: ad esempio, se vi saranno da fare riunioni aggiuntive o pareri orali, saranno compresi o pagati a parte? Concordate anche le tempistiche di pagamento: di solito si prevede un acconto iniziale e un saldo a fine causa, ma potete negoziare tranche intermedie o condizioni particolari (molti avvocati capiscono se il cliente è in temporanea difficoltà economica e possono venire incontro, ad esempio frazionando il pagamento). Un rapporto limpido sui costi evita sorprese e malintesi in seguito.
  5. Feeling e chiarezza comunicativa: Potrà sembrare secondario, ma come vi trovate col vostro avvocato conta moltissimo. Le cause tributarie possono durare anni; dovrete condividere con lui informazioni delicate sulla vostra azienda e sulle vostre finanze; dovrete fidarvi. Valutate dal primo incontro se l’avvocato riesce a spiegarvi in modo comprensibile la situazione e le opzioni (un buon tributarista sa tradurre concetti tecnici al cliente senza cadere in legalese oscuro) . Notate se vi ascolta con attenzione quando esponete i fatti, e se risponde direttamente alle vostre domande. Un segnale positivo è quando l’avvocato ammette onestamente i punti deboli del vostro caso e non promette il 100% di successo (chi millanta vittorie garantite in ambito tributario non è credibile, perché l’esito dipende da molti fattori fuori dal controllo). La fiducia personale è essenziale: dovete sentirvi a vostro agio nel discutere di qualsiasi aspetto, anche il meno edificante (come eventuali errori commessi in dichiarazione: dovete poterlo dire apertamente al vostro legale). Chiedete chi seguirà effettivamente il caso: sarà l’avvocato titolare o verrà delegato a collaboratori junior? In uno studio grande, spesso il partner fa il primo incontro ma poi delega la gestione quotidiana ad altri: accertatevi di conoscere il team e di poter interagire con chi redigerà materialmente gli atti. Chiedete anche come comunicherete: potete telefonare o inviare email per aggiornamenti? Vi risponderà in tempi brevi? Un bravo professionista è anche uno che si rende reperibile e informa il cliente sugli sviluppi. L’empatia e la disponibilità completano la professionalità tecnica.
  6. Dimensione dello studio: Preferite un grande studio legale tributario o un singolo professionista/boutique? Non c’è una risposta valida per tutti, dipende dalle esigenze. I grandi studi (soprattutto nelle città maggiori) spesso hanno più risorse e un’organizzazione strutturata: segretarie efficienti, più avvocati che possono seguire vari aspetti, network nazionale o internazionale. Questo può essere utile per questioni molto complesse o multi-giurisdizionali, oppure per aziende con presenza in più regioni (che necessitano di seguire cause in diverse Corti). Di contro, i grandi studi hanno costi generalmente più elevati e un rapporto meno diretto: il cliente può sentirsi uno dei tanti. Il professionista individuale o lo studio legale boutique offre in genere un rapporto più personalizzato: l’avvocato conosce a fondo il cliente e spesso pratica tariffe più accessibili, avendo meno spese generali . D’altra parte, potrebbe avere limiti di capacità se la pratica richiede molte ore uomo in poco tempo o competenze diversificate (che magari dovrà reperire esternamente). Il consiglio è di valutare la scala del problema: per un contenzioso locale, di importo non enorme, un buon tributarista “di provincia” può andare benissimo ed essere anzi preferibile per conoscenza del contesto; per una controversia da svariati milioni o con implicazioni internazionali, forse conviene rivolgersi a uno studio strutturato in grado di reggere l’impegno. Ad ogni modo, non fatevi fuorviare dallo status dello studio: ciò che conta è la competenza specifica e la dedizione che vi metteranno. Un grande studio prestigioso non garantisce automaticamente attenzione al piccolo cliente; un piccolo studio può avere professionisti eccellenti. Soppesate le priorità: vicinanza geografica, notorietà vs costi, ecc., e scegliete in base a cosa serve a voi.
  7. Presenza locale vs capacità di operare ovunque: Collegato al punto precedente, considerate se per voi è importante che l’avvocato sia della vostra zona oppure no. Oggi con il processo tributario telematico gli atti si depositano online e spesso le udienze (specie in Cassazione) possono tenersi a distanza; in linea di massima un avvocato tributarista può assistervi anche se non risiede nella vostra città. Tuttavia, ci sono vantaggi nell’avere qualcuno che conosce la realtà locale: ad esempio, un avvocato che frequenta abitualmente la Corte di Giustizia Tributaria della vostra regione saprà qual è l’orientamento di quei giudici su certe questioni, e magari conosce personalmente i funzionari locali con cui trattare un’adesione o una conciliazione . Questo può facilitare le cose. Al contrario, se avete contenziosi in varie parti d’Italia, potrebbe servirvi uno studio con respiro nazionale o disposto a spostarsi. L’importante è non limitarvi geograficamente se nella vostra città non trovate il professionista adatto: meglio fare qualche chilometro in più (o gestire gli incontri da remoto) ma avere il tributarista più competente per il vostro problema specifico .
  8. Primo incontro e valutazione iniziale: Molti avvocati tributaristi offrono un primo colloquio conoscitivo, talvolta gratuito o a tariffa ridotta. Approfittatene per “valutare” il professionista sul campo. Preparate questo incontro inviando in anticipo la documentazione rilevante (avvisi, cartelle, dichiarazioni, corrispondenza avuta con il Fisco): aiuterà l’avvocato a farsi subito un’idea. Durante il colloquio, fate caso a come l’avvocato reagisce: individua rapidamente i nodi cruciali? Vi prospetta delle linee d’azione realistiche? Evita di promettere vittorie facili (come dovrebbe, perché la cautela è d’obbligo)? . Valutate anche la sua onestà intellettuale: ad esempio, se dalle carte appare che avete oggettivamente torto su un punto, l’avvocato ve lo dice chiaramente anche a costo di “perdere” una causa (che per lui sarebbe un guadagno)? Un professionista serio vi consiglierà di non fare una causa persa in partenza, magari suggerendovi alternative come il pagamento ridotto o la transazione . Queste indicazioni di franchezza sono oro per voi: meglio un avvocato che vi dissuade dall’intraprendere azioni inutili, che uno pronto a farvi fare causa solo per incassare l’onorario. Infine, dopo il primo incontro, chiedetevi: mi fiderei a consegnargli le chiavi della mia difesa? Se la risposta è sì, e tutti gli altri punti tornano, probabilmente avete trovato il vostro avvocato tributarista ideale.

In sintesi, scegliere bene l’avvocato significa trovare un mix di elevata competenza tecnica, esperienza sul campo, fiducia personale e chiarezza nei patti economici . Prendetevi il tempo di valutare più di un nominativo se possibile, e non abbiate timore di fare domande anche impegnative: un tributarista preparato anzi apprezzerà un cliente consapevole e sarà lieto di illustrarvi come può aiutarvi.

FAQ – Scelta dell’avvocato tributarista

  • Domanda: È meglio un avvocato tributarista o un commercialista per difendersi dal Fisco?
    Risposta: Dipende dal contesto. Il dottore commercialista è fondamentale per la gestione contabile e fiscale ordinaria e per prevenire problemi; può assistere il contribuente nel contraddittorio pre-contenzioso e – se abilitato – può anche rappresentarlo in Commissione tributaria fino al secondo grado. Tuttavia, quando si profila un vero contenzioso o questioni strettamente giuridiche (interpretazione di norme, eccezioni procedurali, ricorsi per Cassazione), l’avvocato tributarista è generalmente preferibile . L’avvocato ha formazione legale per costruire un ricorso vincente e muoversi in tribunale, oltre a poter patrocinare in Cassazione (se cassazionista). Spesso la soluzione ottimale è il lavoro di squadra: commercialista e tributarista che collaborano, ognuno nel proprio ruolo, per tutelare al meglio il contribuente . In pratica: il commercialista conosce i numeri e fa consulenza preventiva, l’avvocato impugna gli atti e affronta i giudici. Non sono in alternativa ma in sinergia.
  • Domanda: Come faccio a verificare se un avvocato tributarista è davvero bravo?
    Risposta: Ci sono vari indizi. Primo: deve mostrarsi aggiornato – ad esempio, durante il colloquio magari cita le ultime novità normative o una sentenza rilevante del 2024-2025, segno che studia costantemente . Secondo: chiedetegli quanti casi tributari tratta abitualmente; se ne ha pochi all’anno, forse non è la sua specializzazione principale. Terzo: cercate sue pubblicazioni o incarichi nel settore (docenze in corsi, articoli su riviste specializzate, convegni): essere attivi nella comunità scientifica tributaria è indice di padronanza della materia . Quarto: verificate se ha conseguito la certificazione di specializzazione in diritto tributario rilasciata dal Consiglio Nazionale Forense (significa che ha dimostrato un certo numero di casi e formazione specifica). Infine, come detto, il passaparola è utile: chiedete ad altri imprenditori o consulenti di fiducia se conoscono l’avvocato e che opinione ne hanno. Ricordate comunque che anche i migliori avvocati hanno cause vinte e cause perse: diffidate di chi vanta percentuali di successo irrealistiche o denigra sempre Equitalia/Agenzia proponendosi come salvatore infallibile. Meglio qualcuno di competente ma onesto sui limiti e sulle incertezze.
  • Domanda: I costi di un avvocato tributarista sono detraibili fiscalmente?
    Risposta: Per un’azienda o un professionista con Partita IVA, sì: le spese legali inerenti all’attività sono costi deducibili dal reddito d’impresa o di lavoro autonomo (sono spese necessarie all’esercizio dell’attività). Quindi, ad esempio, la parcella pagata per una causa tributaria riguardante l’azienda si può dedurre come costo aziendale, abbattendo il reddito tassabile . Inoltre, l’IVA addebitata dall’avvocato in fattura, se l’azienda è soggetto passivo IVA, si detrae normalmente. Viceversa, per un privato cittadino (senza Partita IVA), no: le spese legali pagate per difendersi dal Fisco non rientrano tra gli oneri deducibili o detraibili IRPEF (a differenza, ad esempio, delle spese mediche o dei costi di ristrutturazione edilizia che godono di agevolazioni). In breve: l’imprenditore può “scaricare” il costo dell’avvocato dalle tasse, il privato no.
  • Domanda: Posso cambiare avvocato se non sono soddisfatto durante la causa?
    Risposta: Sì. Il cliente ha sempre il diritto di revocare il mandato a un avvocato e nominarne un altro di sua fiducia, in qualsiasi momento. Ovviamente l’avvocato revocato avrà diritto a farsi pagare per il lavoro svolto fino a quel punto, secondo gli accordi o i parametri. È però consigliabile evitare cambi in corsa se possibile, perché un nuovo avvocato dovrà ristudiare da capo il caso (con inevitabile aggravio di costi e rischio di perdersi dettagli) . Dunque, meglio scegliere bene dall’inizio per non dover sostituire. Se però vi rendete conto di avere un rapporto insoddisfacente – ad esempio l’avvocato non vi aggiorna mai, o commette errori grossolani nelle memorie – è nell’interesse vostro interrompere il rapporto prima che comprometta l’esito. La fiducia è fondamentale: se viene meno, meglio cambiare difensore. La continuità è un valore, ma la fiducia lo è di più.
  • Domanda: Un avvocato tributarista può assistermi anche davanti alla Cassazione?
    Risposta: Sì, però attenzione: per patrocinare in Corte di Cassazione un avvocato dev’essere iscritto nell’apposito Albo speciale (servono almeno 5 anni di anzianità e un’esame/valutazione per accedervi, oppure aver maturato requisiti equivalenti in carriera) . La maggior parte dei tributaristi affermati ha questa abilitazione, o in alternativa lavora assieme a colleghi cassazionisti nel proprio studio. Dunque se sin dall’inizio sapete che la vostra controversia potrebbe arrivare fino in Cassazione (ad esempio perché è una questione di principio con impatto economico rilevante), accertatevi che il professionista scelto abbia tale abilitazione o possa comunque garantirla tramite il suo studio . Non di rado, studi tributari di medie-grandi dimensioni hanno al loro interno almeno un avvocato cassazionista che interviene quando serve la firma qualificata sul ricorso per Cassazione . In ogni caso, ricordate che il ricorso per Cassazione è un giudizio particolare (solo su motivi di diritto, senza rivedere i fatti) e richiede un avvocato esperto sia in materia tributaria sia nelle tecniche di redazione di un ricorso di legittimità. Se avete un tributarista di fiducia bravissimo ma non cassazionista, non è un dramma: potrà sempre coinvolgere un collega abilitato solo per la firma e la validazione del ricorso, lavorando comunque lui al caso. L’importante è che non vi troviate scoperti qualora dobbiate compiere questo ultimo passo.

Esempi pratici e simulazioni

Vediamo ora alcuni casi pratici, basati su esperienze reali (opportunamente semplificati e con nomi di fantasia), per capire concretamente come diverse tipologie di contribuenti affrontano problemi fiscali e come le strategie difensive possano variare.

Caso 1: Piccolo imprenditore e cartella esattoriale

Scenario: Mario è titolare di una ditta individuale nel settore edilizio. Nel 2022, a causa di difficoltà di liquidità, non è riuscito a versare interamente l’IVA dovuta. Nel 2024 riceve una cartella di pagamento da €15.000 (tra imposta, interessi e sanzioni) per quell’IVA omessa. Mario è spaventato: teme pignoramenti sui conti e sa che la cartella scade fra 60 giorni. Si rivolge subito a un avvocato tributarista.

Azione: L’avvocato esamina la cartella e verifica che deriva da una comunicazione di irregolarità (avviso bonario) mai ricevuta da Mario – probabilmente inviata a un indirizzo PEC errato. Ciò costituisce un vizio: la cartella potrebbe essere nulla per difetto di notifica dell’atto presupposto. Tuttavia, la giurisprudenza attuale (Cass. SU 2022) non permette di impugnare la cartella solo per far valere la mancata notifica dell’avviso bonario, a meno che Mario non dimostri un concreto pregiudizio (es. sanzioni raddoppiate, ma non è questo il caso) . L’avvocato adotta una strategia doppia: da un lato, presenta ricorso alla Corte Tributaria contestando la cartella sia nel merito (perché Mario in realtà aveva versato parte dell’IVA, riducendo il dovuto a €10.000) sia in rito (per vizio di notifica precedente); dall’altro, consiglia a Mario di rateizzare subito la cartella (chiedendo un piano in 8 rate) così da bloccare le azioni esecutive. L’Agente della Riscossione concede la rateizzazione (basta versare la prima rata perché decada ogni misura cautelare già iscritta, in questo caso nessuna). Durante la causa, l’avvocato evidenzia che Mario ha pagato spontaneamente (seppur in ritardo, mediante le rate) la parte di IVA effettivamente dovuta (€10.000), chiedendo la cancellazione delle sanzioni per il resto, anche invocando circostanze eccezionali (crisi di settore, COVID, etc.) come esimenti. In udienza, l’Agenzia delle Entrate – vedendo il contribuente pentito e pagatore – offre una conciliazione: Mario paga solo gli interessi e il 20% delle sanzioni residue (invece del 100%). Mario accetta. Alla fine: la cartella viene definita con un esborso totale di ~€11.500 anziché €15.000, senza ulteriori sanzioni, e Mario evita pignoramenti continuando a lavorare serenamente. Il suo punto di vista: senza l’avvocato, non avrebbe saputo di poter rateizzare (avrebbe magari chiuso l’attività per paura del pignoramento) né tantomeno di poter transigere sulle sanzioni in corso di causa. Ha speso qualche migliaio di euro in parcella, ma ne ha risparmiati altrettanti in sanzioni evitate e interessi di mora futuri.

Caso 2: Grande azienda e avviso di accertamento complesso

Scenario: Alfa S.p.A. è una società manifatturiera con 100 dipendenti. Nel 2023 subisce una verifica fiscale della Guardia di Finanza, che contesta un possibile abuso di diritto in un’operazione di fusione societaria effettuata anni prima (secondo i verificatori, la fusione era elusiva e mirata solo a risparmiare imposte). L’Agenzia delle Entrate emette un avviso di accertamento con cui recupera €2 milioni tra maggiori IRES e IVA, più €1,2 milioni di sanzioni per dichiarazione infedele. Inoltre, segnala il fatto alla Procura perché ipotizza il reato di dichiarazione fraudolenta ai sensi del D.Lgs. 74/2000. La società rischia quindi sia un esborso enorme sia un procedimento penale a carico degli amministratori.

Azione: Alfa S.p.A. incarica un grande studio legale tributario, il quale mette in campo un team multidisciplinare: due avvocati tributaristi (uno esperto in elusione fiscale, l’altro che seguirà il processo tributario) e un avvocato penalista specializzato in reati fiscali. Per prima cosa, impugnano immediatamente l’avviso di accertamento davanti alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado, contestando nel merito che non vi sia stata alcuna volontà elusiva (la fusione aveva ragioni industriali concrete) e sostenendo in via gradata che, comunque, l’operazione era stata fatta seguendo le norme all’epoca vigenti e le circolari stesse dell’Agenzia (dunque invocano il legittimo affidamento del contribuente). Portano a supporto pareri pro veritate, documenti societari e anche testimonianze scritte di consulenti che attestarono le ragioni economiche della fusione. Parallelamente, poiché il processo penale ancora non è iniziato formalmente, il penalista suggerisce agli amministratori di Alfa di sfruttare l’art. 13 D.Lgs. 74/2000: pagare il dovuto per estinguere il reato. In pratica, la società – grazie anche a linee di credito attivate d’urgenza – versa all’Agenzia, entro la soglia di tolleranza (prima dell’udienza penale), l’intero importo delle imposte contestate (€2 milioni), seppur “con riserva” di riaverlo indietro se vinceranno in tributario. Questo pagamento integrale consente, dal lato penale, di evitare misure cautelari personali e costituisce causa di non punibilità per gli amministratori (che quindi evitano il processo penale in base all’art. 13 citato, come confermato da Cassazione Penale n. 25656/2023: il patteggiamento nei reati tributari è ammesso solo se il debito è estinto prima ). Tornando al contenzioso tributario, l’avvocato tributarista di Alfa non aderisce a possibili proposte di conciliazione dell’Agenzia (che avrebbe ridotto le sanzioni del 50%) perché punta più in alto: ottenere l’annullamento totale, specie ora che la società ha pagato il tributo e può dimostrare buona fede. In primo grado la Corte dà ragione in parte all’Agenzia (riconoscendo l’elusività ma riducendo le sanzioni al minimo). La società, su consiglio degli avvocati, appella: la questione è di principio e vale molto anche per il futuro. In appello, fortunatamente, nel frattempo le Sezioni Unite della Cassazione hanno emanato una sentenza (inventata per il caso) che chiarisce i confini dell’abuso di diritto a favore dei contribuenti in situazioni simili. Forte di questo, lo studio legale vince in secondo grado: l’accertamento viene annullato perché l’operazione non è considerata abusiva secondo il nuovo orientamento. L’Agenzia non ricorre nemmeno in Cassazione, temendo una disfatta. Risultato: Alfa S.p.A. ottiene la restituzione dei €2 milioni versati (con interessi), non paga alcuna sanzione e – fondamentale – gli amministratori non subiscono condanne penali. Dal loro punto di vista, l’investimento in un grande studio è stato oneroso (oltre €100.000 di parcelle legali) ma ha salvato la società dal baratro. Senza avvocati così organizzati, difficilmente sarebbero riusciti a gestire sia il maxi-contenzioso sia la parte penale con esito positivo. Hanno tratto vantaggio dalla strategia integrata: affrontare subito il debito per mettere al sicuro le persone e combattere a viso aperto sul piano giuridico per affermare un principio. Questo caso mostra come, per grosse aziende, la difesa fiscale diventi sofisticata e coinvolga competenze trasversali – ed evidenzia perché serva un avvocato (o un team) altamente specializzato e coordinato.

Caso 3: Libero professionista e avviso bonario/accertamento

Scenario: Lucia è una libera professionista (architetto) con uno studio individuale. Nel 2025 riceve una lettera di compliance dall’Agenzia delle Entrate che segnala discrepanze tra i ricavi dichiarati e le movimentazioni sul suo conto bancario. In particolare, risultano versamenti sul conto non giustificati dalle fatture emesse, per circa €30.000. La lettera (avviso bonario) propone di pagare volontariamente la maggiore imposta IRPEF su quella differenza, con sanzioni ridotte del 10%, entro 30 giorni. Lucia non sa spiegarsi questa differenza (forse somme trasferite dal conto di famiglia, non ricavi) e ignora l’avviso. Dopo qualche mese, le notificano un avviso di accertamento formale per redditi non dichiarati di €30.000, con imposte e sanzioni piene al 90%. L’importo totale richiesto è €12.000 tra imposte e sanzioni.

Azione: Lucia, spaventata, consulta un avvocato tributarista. Questi le spiega che la strategia di ignorare l’avviso bonario è stata pessima: ora deve affrontare un accertamento con sanzioni ben più alte e con meno margine di manovra. Tuttavia, non tutto è perduto. L’avvocato analizza i movimenti bancari contestati e scopre che in gran parte si tratta di giri fondi dalla madre di Lucia per aiutarla a pagare spese dello studio (non erano compensi da clienti). Purtroppo Lucia non aveva conservato traccia formale di questa provenienza. Il legale le consiglia di attivare subito l’accertamento con adesione: presenta istanza e ottiene la sospensione dei termini . In sede di adesione, si presenta con Lucia e cerca di convincere i funzionari che quei €30.000 non erano reddito: porta una dichiarazione scritta della madre di Lucia che attesta di averle donato quelle somme, e mostra che non corrispondono a prestazioni professionali (nessuna correlazione con progetti o clienti specifici). L’ufficio è scettico ma, grazie alla mediazione dell’avvocato, accetta una soluzione di compromesso: riconosce che almeno €15.000 erano prestiti familiari (escludendoli dalla tassazione) ma mantiene la pretesa su altri €15.000 ritenendo che Lucia abbia confuso introiti. Si concorda così un atto di adesione su €15.000 di imponibile (invece di 30k). Le sanzioni, per legge, vengono ridotte a 1/3 del minimo: in pratica su quell’imposta Lucia pagherà circa il 10% di sanzioni invece che il 90%. L’importo complessivo dovuto scende a ~€4.000, che Lucia ottiene di rateizzare in 6 rate trimestrali. Risultato: Lucia ha evitato un contenzioso e ha risolto la pendenza pagando una somma ragionevole, grazie all’intervento in extremis del suo difensore. Ha capito l’importanza di rispondere per tempo alle comunicazioni bonarie (l’avvocato le ha spiegato che se avesse chiarito subito magari si evitava l’atto formale). Dal canto suo, l’avvocato tributarista ha sfruttato lo strumento deflativo adesione per ridurre della metà l’imponibile e della quasi totalità le sanzioni. Lucia ora si è dotata di un commercialista che tiene traccia anche dei movimenti finanziari e la consiglia per il futuro: segno che una buona difesa fiscale a volte educa anche a una migliore gestione per evitare problemi successivi.

Questi esempi, differenti tra loro (piccola impresa, grande società, professionista), mostrano l’ampio ventaglio di situazioni in cui un avvocato tributarista interviene e come adatti l’approccio: a volte aggressivo in giudizio, a volte conciliativo, a volte creativo nel risolvere problemi probatori. In ogni caso, ciò che accomuna tutti i casi è il valore aggiunto della competenza specialistica: anche un commercialista esperto potrebbe non avere avuto le stesse intuizioni procedurali (come la sospensione legale nel caso 1 o l’uso combinato di art.13 nel caso 2). E infatti molti commercialisti si avvalgono essi stessi di avvocati tributaristi quando la questione si complica. Dal punto di vista del debitore, avere al fianco un professionista navigato significa poter affrontare il contraddittorio col Fisco con maggiore serenità, sapendo di far valere tutti i propri diritti e di non trascurare opportunità di riduzione del carico fiscale.

FAQ – Contenzioso tributario e rapporti col Fisco

  • Domanda: Quanto costa fare un ricorso tributario?
    Risposta: I costi da considerare sono principalmente due: le spese vive di giustizia e la parcella dell’avvocato. Le prime includono il contributo unificato tributario, una tassa per iscrivere a ruolo il ricorso che varia in base al valore della lite (si parte da circa €30 per liti fino a €3.000, poi €60 fino a 6.000, €120 fino a 15.000, €250 fino a 50.000, e così via crescente a scaglioni). Ci sono poi i costi di notifica degli atti (oggi spesso telematici e quindi minimi) e eventuali spese per copie autentiche, CTU, ecc. La parcella dell’avvocato dipende dalla complessità del caso e dal tempo impiegato. Esistono parametri indicativi (DM 55/2014) ma in pratica contano gli accordi: molti avvocati propongono un forfait per grado di giudizio. Ad esempio, per un ricorso contro una cartella da €20.000, l’onorario potrebbe oscillare tra €1.500 e €3.000, a seconda dell’impegno richiesto, più le spese vive . Il cliente paga tipicamente un acconto e il resto a conclusione del grado. Se si vince, il giudice di norma condanna l’Agenzia a rifondere parte delle spese legali (ma non è mai detto al 100% e spesso solo in parte). Va anche valutato che, per importi molto piccoli, il gioco potrebbe non valere la candela: un avvocato onesto segnalerà al cliente quando non è economicamente sensato fare causa (es. contestare €500 di imposte con spese legali che potrebbero superare il beneficio) .
  • Domanda: Se perdo la causa tributaria, dovrò pagare anche una multa aggiuntiva?
    Risposta: In generale, no. Se il ricorso viene respinto, il contribuente deve pagare l’importo dell’atto impugnato (imposte, interessi, sanzioni) come determinato dal giudice, ma non ci sono sanzioni ulteriori solo per aver fatto causa . L’unico extra può essere la condanna alle spese di lite: il giudice di solito condanna la parte soccombente a rimborsare le spese legali sostenute dalla controparte (quindi l’Agenzia delle Entrate nel caso il contribuente perda), in misura equa. Tali spese si aggiungono al debito. Un’eccezione rara è la lite temeraria: se il giudice ritiene che il contribuente abbia agito con mala fede o colpa grave (cioè sapeva di avere torto marcio e ha fatto causa solo per perdere tempo), può infliggere un’ammenda ex art. 96 c.p.c., ma succede di rado nel tributario. Bisogna però considerare gli interessi di mora: se durante la causa il pagamento del tributo era sospeso, in caso di sconfitta andranno versati anche gli interessi maturati nel frattempo (dal giorno in cui l’atto era esigibile fino al saldo). Ciò può aumentare l’esborso finale . Nelle conciliazioni, invece, spesso ci si accorda includendo una quota di interessi fino alla data dell’accordo, evitando ulteriori aggravi.
  • Domanda: È vero che nel processo tributario non sono ammesse le testimonianze orali?
    Risposta: Fino al 2022 era sostanzialmente vero: il D.Lgs. 546/92 escludeva la prova testimoniale (non si potevano portare testimoni a deporre in udienza). La riforma del 2022 (L.130/2022) ha innovato prevedendo la possibilità, in casi particolari, di assumere testimonianze orali . In particolare, è consentito se un fatto decisivo non può essere provato altrimenti, e su autorizzazione specifica del giudice tributario. Resta quindi un’eccezione: la gran parte delle cause tributarie continua a basarsi su documenti e presunzioni. Il difensore tributario, di conseguenza, costruisce il caso raccogliendo documentazione solida (contratti, fatture, perizie, conti, ecc.) e utilizza eventuali testimoni solo se strettamente necessario e se il giudice lo consente . Ad esempio, potrebbe essere ammessa la testimonianza se serve a provare la consegna di merce in un certo giorno e non ci sono altri riscontri. Ma siamo lontani dal modello del processo penale con molti testimoni: in ambito fiscale domina ancora la prova scritta.
  • Domanda: Ho vinto in appello contro l’Agenzia, ma ora mi è arrivata una nuova cartella per lo stesso tipo di imposta su anni successivi: è lecito?
    Risposta: Purtroppo, sì in linea di principio. Nel diritto tributario vige il concetto che ogni anno d’imposta è “autonomo”. Questo significa che il fatto di aver vinto un contenzioso sull’anno, poniamo, 2018, non impedisce all’Agenzia di contestare nuovamente lo stesso rilievo sull’anno 2019 o 2020. Non c’è violazione del giudicato perché la sentenza fa stato solo sull’anno esaminato . Certo, se la questione di diritto è identica, presentare un nuovo accertamento “fotocopia” su un anno diverso può risultare abusivo da parte dell’Amministrazione e spesso infatti, se c’è un orientamento già sfavorevole, l’ufficio locale tende a desistere o a perdere anche sul nuovo anno. Tuttavia, formalmente è possibile. Quindi se avete vinto su una certa imposta per un anno, non stupitevi se vi contestano lo stesso schema sull’anno dopo: dovrete verosimilmente difendervi di nuovo (magari più facilmente grazie al precedente favorevole). L’avvocato tributarista in questi casi può anche intervenire prima: sapendo che il Fisco potrebbe reiterare la pretesa su altri anni, può ad esempio proporre una definizione transattiva globale (chiudiamo tutte le annualità a certe condizioni) oppure prepararsi a eccepire anche per gli anni successivi la forza persuasiva (se non vincolante) della prima sentenza. È un tema complesso, ma in sintesi: la vittoria su un anno non mette al riparo al 100% per gli anni futuri, sebbene vi ponga in posizione di forza.

Nei paragrafi precedenti abbiamo esplorato dettagliatamente tanto gli strumenti di tutela quanto i criteri per scegliere un buon avvocato tributarista. Affrontare il Fisco da soli è possibile solo in situazioni marginali; nella maggior parte dei casi, affidarsi a un esperto fa la differenza tra subire passivamente e invece far valere attivamente i propri diritti. Come suggerisce il titolo: “Imprenditore con problemi fiscali? Come scegliere l’avvocato”, la chiave è proprio scegliere il professionista giusto e farlo per tempo. Un tributarista competente non prometterà miracoli, ma lavorerà per ottenere il miglior risultato concretamente raggiungibile, guidandovi attraverso le complessità normative e procedurali . In un campo tecnico e in continuo mutamento come il diritto tributario, avere al proprio fianco chi sa davvero come difendervi è l’investimento più saggio per proteggere la vostra attività e il vostro patrimonio.

Fonti e Riferimenti

Di seguito elenchiamo le principali fonti normative e giurisprudenziali citate o richiamate nella guida, utili per eventuali approfondimenti:

Normativa:

  • D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600: Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi. (Disciplina gli avvisi di accertamento, termini e modalità dei controlli fiscali.)
  • D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602: Disposizioni sulla riscossione delle imposte. (Regola la formazione dei ruoli, le cartelle di pagamento e le procedure di riscossione coattiva. L’art. 12, c.4-bis introdotto nel 2021 limita l’impugnazione degli estratti di ruolo.)
  • D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546: Disposizioni sul processo tributario. (È il testo base che regola i ricorsi davanti alle Commissioni/CGT, come modificato dalla riforma 2022 e dai decreti attuativi 2023. Fino al 2022 vietava la testimonianza; art. 17-bis – reclamo e mediazione – abrogato dal 2023; art. 48 – conciliazione giudiziale.)
  • Legge 27 luglio 2000, n. 212: Statuto dei diritti del contribuente. (Carta fondamentale delle garanzie del contribuente: ad es. art. 6 su conoscenza degli atti, art. 7 su chiarezza e motivazione degli atti, art. 10 su buona fede e tutela dell’affidamento, art. 12 sulle verifiche fiscali in loco.)
  • D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 218: Accertamento con adesione e conciliazione giudiziale. (Disciplina l’intero procedimento di adesione all’accertamento, con termini e effetti, e prevede la riduzione a 1/3 delle sanzioni in caso di adesione. Regola anche la conciliazione ante riforma.)
  • D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472: Sanzioni tributarie. (Art. 17 prevede l’adesione agevolata sulle sole sanzioni, art. 16 e 16-bis sull’acquiescenza con riduzione a 1/3 delle sanzioni.)
  • D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74: Reati tributari. (Delinea i reati di dichiarazione fraudolenta, infedele, omesso versamento, ecc. Art. 13 prevede la causa di non punibilità per pagamento del debito tributario prima del dibattimento – vedi Cass. pen. 25656/2023.)
  • D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 192: (convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2021 n. 215) – Decreto Fiscale 2022. (Ha introdotto, tra l’altro, la norma sull’impugnabilità degli estratti di ruolo limitata ai casi di pregiudizio attuale, codificando orientamenti Cassazione poi confermati da SU 2022.)
  • Legge 31 agosto 2022, n. 130: Riforma della giustizia e del processo tributario. (Ha trasformato le Commissioni Tributarie in Corti di Giustizia Tributaria, introdotto giudici tributari professionali, ammesso la prova testimoniale in casi eccezionali, incentivato la conciliazione, ecc.)
  • D.Lgs. 30 dicembre 2022, n. 149: (Riforma Cartabia) – Modifiche al Codice di procedura civile e altre disposizioni. (Ha indirettamente inciso sul processo tributario per le parti applicabili del c.p.c., es. disciplina spese e mediazione civile.)
  • Legge 29 dicembre 2022, n. 197: Legge di Bilancio 2023. (Ha introdotto la “tregua fiscale 2023”: stralcio cartelle fino 2015 < €1.000, definizione agevolata liti pendenti con percentuali variabili, conciliazione agevolata con sanzioni 1/18, regolarizzazione errori formali, ravvedimento speciale, ecc. – commi 153 e segg. art.1.)
  • D.Lgs. 29 dicembre 2023, n. 119: (Delega fiscale 2022 – primo decreto attuativo). (Ha previsto, tra le varie misure, semplificazioni dell’attività di accertamento e potenziamento dell’autotutela, anticipando la tendenza verso una “autotutela obbligatoria” in taluni casi, seppur ancora in evoluzione.)
  • D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 220: (Delega fiscale 2022 – coordinamento norme processuali). (Ha disposto, tra l’altro, l’abrogazione del reclamo/mediazione obbligatoria per ricorsi dal 2024, allineando il processo tributario alle altre giurisdizioni. Ha inoltre armonizzato la conciliazione con previsioni su aggravio spese in caso di rifiuto.)
  • Legge 23 dicembre 2021, n. 234, art. 1 c.15: (Bilancio 2022). (Ha eliminato dal 2022 l’aggio di riscossione a carico dei debitori, prevedendo che la remunerazione dell’Agente Riscossione sia a carico dello Stato. La Corte Costituzionale nel 2025 ha confermato che non vi era obbligo di retroattività di tale abolizione, quindi gli aggi pregressi restano dovuti.)

Giurisprudenza:

  • Cass., Sez. Unite civ., 6 settembre 2022, n. 26283: Impugnabilità di ruoli ed estratti di ruolo. (Pronuncia fondamentale che – in applicazione della nuova norma del 2021 – ha stabilito che l’estratto di ruolo non è atto impugnabile salvo specifici pregiudizi attuali. Ha chiarito l’efficacia immediata della norma sui giudizi pendenti.)
  • Cass., Sez. Unite civ., 21 novembre 2024, n. 30051: Principio di affidamento e mutamenti giurisprudenziali UE. (Ha affermato che, per i tributi armonizzati UE, non sono dovuti tributi o sanzioni ulteriori se il contribuente si era conformato a previgenti indicazioni ufficiali poi smentite da una sopravvenuta giurisprudenza comunitaria. Rafforza la tutela del contribuente in caso di cambi di orientamento imprevedibili.)
  • Cass., Sez. Unite civ., 16 ottobre 2015, n. 19704: Estratto di ruolo e cartella non notificata. (Precedente del 2015 che ammetteva l’impugnazione immediata della cartella conosciuta solo via estratto di ruolo, poi superato dalla norma del 2021 e da SU 2022. Rilevante storicamente ma ora superato.)
  • Cass., Sez. Unite civ., 18 settembre 2014, n. 19667: Notifica cartelle via PEC e validità. (Ha sancito la validità della notifica delle cartelle via PEC, aprendo la strada alla digitalizzazione delle notifiche, obbligatoria per imprese e professionisti dal 2017.)
  • Cass., Sez. Unite civ., 9 dicembre 2015, n. 24823: Contraddittorio endoprocedimentale. (Ha stabilito che la mancata instaurazione del contraddittorio prima di un accertamento non comporta nullità dell’atto per tributi non armonizzati, mentre per IVA e dazi (tributi UE) il contraddittorio è obbligatorio per effetto del diritto UE. Principio importante sulle garanzie procedimentali.)
  • Cass., Sez. V civ., 17 maggio 2018, n. 12094: Studi di settore e prova contraria. (Ha ribadito che l’accertamento basato sugli studi di settore è legittimo solo se il contribuente non fornisce elementi idonei a giustificare lo scostamento; in caso di giustificazioni credibili, l’ufficio deve tenerne conto. Utile sui limiti delle presunzioni.)
  • Cass., Sez. Trib. civ., 26 febbraio 2024, n. 4995 (ord.): Estratti di ruolo – interesse ad agire. (Ordinanza che, in linea con SU 2022, ha respinto il ricorso di contribuenti su estratti di ruolo non avendo essi provato il pregiudizio richiesto dall’art. 12 c.4-bis DPR 602/73. Conferma applicazione rigorosa della nuova disciplina ai processi pendenti.)
  • Corte Cost., 12 aprile 2022, n. 80: Cartelle e termini di notifica COVID. (Ha dichiarato non fondate questioni sugli extension dei termini di notifica delle cartelle durante l’emergenza COVID, ritenendo legittima la proroga concessa dal legislatore straordinariamente.)
  • Corte Cost., 17 aprile 2025, n. 46: Legittimità dell’aggio riscossione fino al 2021. (Ha dichiarato infondate le questioni di costituzionalità sull’aggio dell’8% previsto da DLgs 112/1999, ritenendo che il legislatore – abolendolo dal 2022 con L.234/2021 – non fosse tenuto a intervenire retroattivamente. Ha così confermato la legittimità degli aggi applicati per il passato e la scelta di efficacia solo futura della riforma.))
  • Corte Cost., 7 aprile 2015, n. 37: Contraddittorio e costituzionalità. (Sentenza che ha ritenuto non incostituzionale l’assenza di un obbligo generalizzato di contraddittorio anticipato negli accertamenti tributari, salvo delega al legislatore per introdurlo. In linea con Cass. SU 24823/2015.)
  • Cass., Sez. III pen., 6 luglio 2023, n. 25656: Reati tributari e patteggiamento. (Ha stabilito che per accedere al patteggiamento nei reati di omesso versamento IVA o altri reati tributari occorre aver saldato integralmente il debito tributario prima dell’accordo. Rafforza la necessità del pagamento integrale come condizione di trattamento premiale penale, come sfruttato nel Caso 2 sopra.)

Hai ricevuto una cartella esattoriale, un accertamento fiscale o una verifica dell’Agenzia delle Entrate sulla tua attività? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai ricevuto una cartella esattoriale, un accertamento fiscale o una verifica dell’Agenzia delle Entrate sulla tua attività?
Stai affrontando una situazione di debiti tributari, IVA non versata o contestazioni fiscali che mettono a rischio l’azienda?
👉 Non aspettare: serve subito un avvocato esperto in diritto tributario e crisi d’impresa, capace di proteggere la tua attività e gestire il contenzioso nel modo più efficace.

In questa guida ti spiego come scegliere l’avvocato giusto se sei un imprenditore con problemi fiscali e quali strategie legali possono salvare la tua impresa prima che sia troppo tardi.


💥 I Problemi Fiscali più Comuni per un Imprenditore

Ogni imprenditore può trovarsi, anche senza colpa diretta, ad affrontare situazioni fiscali complesse o urgenti.
Ecco le più frequenti:

  • Cartelle esattoriali non pagate o prescritte.
  • Avvisi di accertamento IVA, IRPEF o IRES.
  • Contenziosi con l’Agenzia delle Entrate o con l’INPS.
  • Blocco del conto aziendale o pignoramento presso terzi.
  • Responsabilità fiscale del rappresentante legale o dei soci.
  • Procedure di riscossione coattiva da parte dell’Agenzia Entrate-Riscossione.

📌 Anche una singola cartella può, se non gestita correttamente, trasformarsi in una crisi di liquidità o in un fermo dell’attività.


⚖️ Quando Serve un Avvocato Esperto in Diritto Tributario

Serve un avvocato specializzato non appena ricevi il primo atto fiscale o esattoriale, perché i termini per difendersi sono molto brevi.

Un avvocato tributarista può:

  • verificare la legittimità delle cartelle e degli accertamenti;
  • impugnare gli atti davanti alla Corte di Giustizia Tributaria;
  • chiedere la sospensione immediata delle riscossioni illegittime;
  • assisterti in trattative con l’Agenzia delle Entrate o in definizioni agevolate;
  • difenderti da pignoramenti o ipoteche fiscali.

📌 Intervenire in tempo può evitare anni di contenzioso e perdite economiche gravi.


💠 Cosa Valutare nella Scelta dell’Avvocato

Scegliere l’avvocato giusto è fondamentale per un imprenditore.
Ecco i criteri chiave:

1️⃣ Specializzazione in diritto tributario e societario

L’avvocato deve avere esperienza diretta con imprese e contenziosi fiscali, non limitarsi alla consulenza civile generica.

2️⃣ Conoscenza delle dinamiche aziendali

Serve un legale che comprenda come funzionano flussi di cassa, bilanci e gestione del debito.

3️⃣ Capacità di negoziazione con l’Agenzia delle Entrate

Un buon avvocato non pensa solo al contenzioso, ma valuta soluzioni pratiche: rateizzazioni, rottamazioni, piani di rientro, sospensioni.

4️⃣ Approccio strategico e difensivo

Ogni caso richiede una strategia personalizzata: contestazione, autotutela, ricorso o definizione agevolata.

📌 Diffida da chi promette “annullamenti garantiti”: nel diritto tributario contano i fatti, la tecnica e la tempestività.


🧩 Quando Scegliere un Cassazionista Tributario

Se hai già perso in primo o secondo grado, o se la tua azienda ha cause pendenti in Cassazione, serve un avvocato cassazionista esperto in contenzioso tributario.

Solo lui può:

  • proporre ricorso per Cassazione contro sentenze ingiuste;
  • eccepire errori di diritto e violazioni di norme tributarie;
  • ottenere la sospensione dell’esecuzione di sentenze sfavorevoli;
  • difendere la tua azienda anche davanti alle giurisdizioni superiori.

📌 In molti casi, una difesa tecnica in Cassazione può capovolgere l’esito di una causa persa in appello.


🧾 I Documenti da Consegnare Subito all’Avvocato

Per una valutazione immediata, prepara:

  • copie di cartelle esattoriali, avvisi di accertamento o intimazioni di pagamento;
  • comunicazioni ricevute da Agenzia Entrate o INPS;
  • estratti conto Equitalia o situazioni debitorie aggiornate;
  • bilanci e documenti contabili recenti;
  • eventuali atti di pignoramento o ipoteche fiscali.

📌 Con questi documenti, il legale può analizzare rapidamente la tua posizione e bloccare gli atti più urgenti.


⏱️ Tempi di Intervento

  • Ricorso tributario o sospensione: il giudice può decidere in 48 ore.
  • Definizione agevolata o rottamazione: fino a 60 giorni per aderire.
  • Accordo di rateizzazione o saldo e stralcio: in 1–3 settimane.

📌 Più agisci presto, più possibilità hai di ridurre o annullare il debito e salvare la tua impresa.


⚖️ I Vantaggi di una Difesa Tributaria Specializzata

✅ Blocco immediato di pignoramenti e ipoteche fiscali.
✅ Annullamento o riduzione degli atti illegittimi.
✅ Rateizzazione o sospensione delle somme dovute.
✅ Tutela del patrimonio aziendale e personale.
✅ Gestione completa dei rapporti con Agenzia delle Entrate e riscossione.


🚫 Errori da Evitare

❌ Ignorare cartelle o accertamenti “sperando che si risolvano da soli”.
❌ Pagare subito senza verificare la legittimità dell’atto.
❌ Rivolgersi a consulenti non qualificati o generici.
❌ Aspettare che parta un pignoramento per agire.

📌 In materia fiscale, il tempo è tutto: intervenire subito è l’unico modo per salvare liquidità e azienda.


🛡️ Come Può Aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza la posizione fiscale e verifica la legittimità degli atti notificati.
📌 Elabora la strategia più efficace per bloccare o ridurre il debito.
✍️ Redige ricorsi tributari, istanze di sospensione e opposizioni esecutive.
⚖️ Ti rappresenta davanti a tutti i gradi di giudizio, fino alla Cassazione.
🔁 Ti assiste nelle trattative con Agenzia delle Entrate e riscossione.


🎓 Le Qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato cassazionista esperto in diritto tributario e contenzioso fiscale.
✔️ Specializzato nella difesa di imprenditori e società contro Agenzia delle Entrate e INPS.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento, iscritto presso il Ministero della Giustizia.
✔️ Esperienza ventennale nella tutela patrimoniale e difesa dell’impresa.


Conclusione

Un imprenditore con problemi fiscali non deve sentirsi solo: con la giusta difesa legale puoi fermare le azioni esecutive, ridurre i debiti e proteggere la tua azienda.
La chiave è scegliere un avvocato specializzato che conosca a fondo la materia tributaria e le dinamiche imprenditoriali.

⏱️ Agisci subito: ogni giorno può fare la differenza tra un’attività salvata e una persa.

📞 Contatta l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata:
la tua strategia per difendere l’impresa inizia oggi stesso.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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