Accertamento Fiscale A Pediatri Privati: Come Difendersi

Hai ricevuto un accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate per la tua attività di pediatra libero professionista o per il tuo studio privato? È una situazione sempre più frequente tra i medici e i professionisti sanitari, sottoposti a controlli fiscali mirati per verificare incongruenze tra i redditi dichiarati e i compensi effettivamente percepiti. L’Agenzia può contestare spese non documentate, ricavi non dichiarati o presunti incassi in contanti. Tuttavia, hai pieno diritto di difenderti, e in molti casi è possibile ridurre o annullare la pretesa tributaria, dimostrando la correttezza della tua posizione fiscale.

Perché i pediatri privati vengono sottoposti ad accertamento fiscale

Negli ultimi anni, l’Agenzia delle Entrate ha intensificato i controlli nei confronti dei liberi professionisti del settore medico, inclusi i pediatri, per verificare:

  • la corrispondenza tra i redditi dichiarati e i compensi percepiti dai pazienti;
  • la tracciabilità dei pagamenti (bonifici, POS, contanti);
  • la corretta emissione delle fatture o parcelle;
  • la coerenza tra i compensi dichiarati e i dati presenti nel Sistema Tessera Sanitaria (STS);
  • eventuali discrepanze tra spese e ricavi, in base agli studi di settore o agli indici ISA.

Questi controlli spesso partono da accertamenti induttivi o da analisi dei flussi telematici, ma non sempre sono fondati o rispecchiano la realtà operativa dello studio medico.

Cosa può contestare l’Agenzia delle Entrate a un pediatra privato

Le contestazioni più comuni riguardano:

  • ricavi non dichiarati, basati su presunzioni di incassi giornalieri superiori rispetto ai dati contabili;
  • omessa fatturazione di visite pediatriche, certificati o prestazioni occasionali;
  • spese professionali non deducibili (auto, arredi, spese di rappresentanza, corsi di aggiornamento, ecc.);
  • compensi in contanti non tracciati;
  • errori formali nelle dichiarazioni IVA, IRPEF o IRAP.

In molti casi, l’Agenzia delle Entrate utilizza presunzioni standardizzate o calcoli statistici non aderenti alla realtà di un’attività professionale sanitaria, dove i volumi di incasso possono variare in base a fattori territoriali o organizzativi.

Cosa fare subito se hai ricevuto un accertamento fiscale

  1. Leggi con attenzione l’avviso di accertamento: individua l’anno d’imposta oggetto di verifica, gli importi contestati e le motivazioni.
  2. Controlla la data di notifica: l’atto può essere nullo se notificato oltre i termini di decadenza (in genere 5 anni dalla dichiarazione).
  3. Raccogli tutta la documentazione fiscale: fatture, ricevute, estratti conto, registri, dichiarazioni IVA e certificazioni STS.
  4. Non rispondere senza assistenza: contatta subito un avvocato tributarista, che può analizzare la legittimità dell’accertamento e preparare una difesa tecnica.
  5. Valuta un accertamento con adesione: se la contestazione è parziale o fondata su errori lievi, è possibile chiudere la pratica con una riduzione significativa di sanzioni e interessi.

Le strategie difensive più efficaci per un pediatra

Un avvocato esperto in diritto tributario può adottare diverse strategie per tutelare la tua posizione:

  • Dimostrare la correttezza dei ricavi tramite la documentazione sanitaria (visite, referti, ricevute STS);
  • Contestare presunzioni errate sugli incassi giornalieri o sui volumi medi di lavoro;
  • Provare la tracciabilità dei pagamenti, anche in assenza di incassi elettronici;
  • Evidenziare spese professionali legittimamente deducibili, spesso ignorate dall’Agenzia;
  • Richiedere l’annullamento dell’accertamento per vizi di notifica o motivazione carente;
  • Accedere alla definizione agevolata o a una rateizzazione per evitare azioni esecutive.

Cosa succede se ignori l’accertamento

Ignorare un accertamento fiscale è sempre un errore. Dopo 60 giorni dalla notifica, l’atto diventa definitivo e l’importo richiesto diventa un debito esecutivo. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione potrà così procedere con:

  • iscrizione a ruolo e cartelle esattoriali;
  • pignoramento dei conti correnti o delle somme presso i pazienti o le ASL;
  • fermi amministrativi o ipoteche su beni personali;
  • segnalazioni ai fini fiscali e contributivi.

Agire subito con un avvocato è l’unico modo per fermare la procedura e presentare un ricorso tempestivo.

Quando rivolgersi a un avvocato esperto

È fondamentale rivolgersi a un avvocato se hai ricevuto un accertamento fiscale, una verifica o un PVC (Processo Verbale di Constatazione) da parte dell’Agenzia delle Entrate o della Guardia di Finanza. Un avvocato esperto in diritto tributario e contenzioso fiscale sanitario può:

  • analizzare la legittimità dell’accertamento;
  • preparare la difesa tecnica e depositare il ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria;
  • trattare con l’Agenzia per ridurre o annullare la pretesa;
  • sospendere le sanzioni e bloccare la riscossione immediata.

⚠️ Attenzione: rispondere da soli a un accertamento fiscale può peggiorare la situazione. Spesso bastano errori formali o risposte incomplete per rendere definitiva una pretesa ingiusta. Un avvocato può invece contestare la procedura, ridurre le sanzioni e ottenere l’annullamento parziale o totale dell’atto.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, contenzioso fiscale e tutela dei professionisti sanitari – spiega come difendersi in caso di accertamento fiscale ai pediatri privati, come verificare la legittimità dell’atto e come utilizzare gli strumenti previsti dalla legge per ridurre o annullare le somme richieste.

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Introduzione

Gli accertamenti tributari rivolti ai medici convenzionati (comprese le pediatri di libera scelta) sono in netta crescita . L’Agenzia delle Entrate incrocia sempre più dati (certificazioni uniche, flussi dei compensi SSN, movimenti bancari) per individuare eventuali redditi non dichiarati . Un avviso di accertamento può colpire, ad esempio, compensi percepiti come medico convenzionato ma non dichiarati, o spese e tenore di vita incongruenti con il reddito ufficiale . Dal punto di vista del contribuente (in questo caso il pediatra libero professionista o convenzionato), ricevere un controllo fiscale di questo tipo genera preoccupazione: si rischiano recuperi di imposte, sanzioni elevate e, nei casi più gravi, contenziosi tributari e perfino rilievi di natura penale .

Questa guida (aggiornata a settembre 2025) offre un’informazione completa e di livello avanzato sui controlli fiscali sintetici/induttivi e analitici che possono riguardare i pediatri privati in Italia, illustrando il quadro normativo vigente, le recenti riforme, la giurisprudenza più attuale e le strategie difensive possibili in ogni fase della procedura (contraddittorio, ricorso in Commissione Tributaria, strumenti deflativi). Il linguaggio è giuridico ma divulgativo, con tabelle riepilogative, domande e risposte (FAQ) e qualche esempio pratico per chiarire i punti essenziali. Sarà posto l’accento sui meccanismi di accertamento sintetico (ad es. redditometro basato su spese o capacità contributiva) e su quelli analitici/induttivi (rilevazione di compensi nascosti tramite dati contabili o extracontabili), nonché sulle possibilità del contribuente di difendersi effettivamente, anche in sede di giudizio tributario (Commissioni Tributarie). Inoltre si analizzeranno gli strumenti deflativi del contenzioso (accertamento con adesione, conciliazione giudiziale) utili per chiudere la vertenza in anticipo con vantaggi (ad es. sanzioni ridotte) per il contribuente.

Profilo fiscale del pediatra privato

Un pediatra libero professionista (anche se convenzionato con il SSN) è tipicamente un soggetto IRPEF che esercita attività di arti e professioni. Normalmente emette fatture o parcelle, tiene scritture contabili semplificate (conserva ricevute, estratti conto e registri IVA se tenuto a IVA) e si assoggetta a imposte dirette (principalmente IRPEF, più eventualmente IRPEF regionale e comunale) e a eventuale contributo previdenziale (Cassa Colf, Gestione Separata INPS, Enpam, ecc.). L’opzione regime forfettario può essere applicabile se i compensi annui rientrano nei limiti di legge (attualmente €85.000), con una tassazione sostitutiva (flat tax) al 15% o 5% per i primi anni . Se invece il pediatra ha compensi elevati, aderirà al regime ordinario IRPEF (con aliquote progressive) e dovrà anche versare l’IRAP sui compensi, salvo esenzione se ricorre (art. 2-bis, comma 1 D.Lgs. 446/1997). Deve inoltre gestire la fatturazione elettronica (ove dovuta), tenere contabilitá IVA se non nel forfettario, e seguire le regole per le detrazioni/deduzioni delle spese professionali (art. 54, TUIR; detrazione dei costi per professionisti).

Medici convenzionati – come i pediatri di libera scelta – ricevono compensi dall’ASL/SSN, comunicati dall’amministrazione sanitaria. Questi compensi (quota capitaria, visite, guardia medica, intramoenia, ecc.) sono redditi di lavoro autonomo (non assimilati a redditi da lavoro dipendente) . Dal punto di vista fiscale il pediatra convenzionato gode di un trattamento simile a quello del professionista autonomo: deve dichiarare tutti i compensi percepiti (compresa la parte convenzionata) e i rimborsi spese, pur essendo collaboratore del SSN (non un dipendente pubblico) . L’Agenzia delle Entrate confronta spesso i flussi informativi (certificazioni uniche, dati C.U. SSN, fatture emesse) per individuare eventuali discrepanze .

Obblighi dichiarativi: il pediatra deve presentare dichiarazioni annuali dei redditi (modello Redditi PF o 730), eventualmente del modello IVA, e rispettare gli obblighi accessori (comunicazione dati fatture, esterometro, spesometro ove previsti dalle normative transitue, IRAP, ecc.). Particolare attenzione va riservata ai documenti probatori: è fondamentale conservare tutte le ricevute di spesa inerenti all’attività (acquisti di materiali, utenze, affitti di studio), nonché le attestazioni dei redditi percepiti (certificazioni C.U. dall’ASL, eventuali contratti di intramoenia) e gli estratti conto bancari che comprovano le entrate. La prova documentale è centrale nel difendere l’estraneità a ogni maggior reddito contestato.

Tipologie di accertamento fiscale

L’Amministrazione finanziaria può procedere con diverse tipologie di accertamenti fiscali induttivi o analitici. In linea generale, possiamo distinguere: (a) accertamenti analitici (o mirati), basati su verifica puntuale di singole voci contabili; (b) accertamenti induttivi (o presuntivi), basati su presunzioni e parametri extracontabili; e (c) accertamenti sintetici, in cui il reddito complessivo viene ricostruito globalmente da fattori-indice (spese sostenute, beni posseduti, standard di risparmio familiare). Per i pediatri privati i casi più frequenti riguardano proprio le verifiche sui compensi non dichiarati (analitiche) e le ricostruzioni redditometriche (sintetiche/induttive basate sul tenore di vita).

Accertamenti analitici: verifica puntuale della contabilità

L’accertamento analitico tradizionale si attiva quando l’Ufficio riscontra incongruenze o omissioni contabili. Ad esempio, nel caso dei pediatri convenzionati, l’Agenzia può rilevare dati discordanti tra i compensi comunicati dall’ASL (flussi CU) e quelli indicati nella dichiarazione dei redditi . Analogamente, se un pediatra effettua visite intramoenia presso altre strutture convenzionate, tali compensi aggiuntivi dovrebbero essere dichiarati come redditi professionali: la verifica confronta le fatture emesse con i pagamenti effettivi sui conti. Situazioni tipiche di accertamento analitico comprendono:
Omissione di compensi: il pediatra non ha inserito in dichiarazione alcune parcelle emesse; l’Ufficio recupera la base imponibile.
Errori di dichiarazione: difformità tra le cifre inviate dall’ASL e quelle dichiarate, spesso dovute a errori di digitazione; il contribuente deve dimostrare l’errore materiale.
Rimborsi spese confuse come redditi: somme incassate come rimborso di spese documentate possono essere erroneamente trattate come ricavi professionali.
Spese non giustificate: l’Agenzia segnala spese aziendali o mediche non adeguatamente documentate, da stornare dal reddito.

Difesa nella fase amministrativa: per contrastare un avviso di accertamento analitico, il pediatra deve produrre tutta la documentazione fiscale rilevante: ricevute e fatture giustificative, estratti conto, note spese, contratti di prestazione, certificazioni C.U., etc. Ad esempio, se l’Agenzia contesta compensi intramoenia non dichiarati, il pediatra potrà fornire le certificazioni uniche rilasciate dall’ASL o dalle strutture convenzionate a supporto dei compensi già dichiarati . In alternativa, potrà dimostrare che parte delle somme sono state ricevute come rimborso spese (con relative ricevute) e non costituiscono reddito imponibile . È utile verificare se vi sono errori materiali nei dati trasmessi dagli enti: talvolta i sistemi telematici commettono inesattezze (assegnazione errata dei codici fiscali, duplicati, ecc.) e il contribuente può segnalare tali incongruenze. Infine, nella contestazione formale dell’atto è opportuno sottolineare eventuali vizi di motivazione o carenze dell’atto impositivo (ad es. mancanza di dettagli sulle operazioni contestate). In questa sede amministrativa è possibile anche avvalersi di un consulente fiscale esperto che confronti i dati contestati con la contabilità effettiva, per preparare la difesa da esporre in eventuale contraddittorio.

Difesa in contenzioso: qualora l’amministrazione confermi l’accertamento e il pediatra presenti ricorso, il giudice tributario valuterà la fondatezza delle prove documentali. Il contribuente dovrà dimostrare puntualmente la natura e l’ammontare delle proprie entrate e costi; ad esempio, potrà presentare le fatture originali, le registrazioni contabili e gli estratti conto corrispondenti alle somme contestate. In Cassazione si è più volte affermato che un avviso motivato con dati e ragionamenti fondati su presunzioni spetta sul contribuente provare la regolarità delle operazioni o l’inesistenza del maggior reddito . Ciò significa che, in caso di accertamento analitico, il pediatra deve fornire elementi oggettivi a supporto delle proprie affermazioni (ad esempio, scritture contabili regolari da cui risultino i costi dedotti e i ricavi dichiarati).

Accertamenti induttivi (extracontabili e analitico-induttivi)

Quando la contabilità del contribuente è carente o inattendibile, l’Ufficio può ricorrere a presunzioni (accertamenti induttivi). Tali metodologie si basano su indizi gravi, precisi e concordanti (art. 2729 c.c. e art. 39 DPR 600/73) per presumerere l’esistenza di reddito occulto. Si distinguono essenzialmente due forme:

  • Accertamento induttivo puro (extracontabile): attivato se la contabilità è assente o totalmente inattendibile (art. 39 co.2 DPR 600/73 per l’IRPEF; art. 55 DPR 633/72 per l’IVA) . In questi casi l’Amministrazione può ricostruire “a tavolino” tutti i ricavi e costi del pediatra usando qualsiasi elemento (acquisti di forniture, contratti esterni, consumi, parametri settoriali). Per esempio, se un pediatra non tenesse alcun registro e dichiarasse ricavi irrisori nonostante disporre di beni di valore, l’ufficio potrebbe applicare coefficiente di redditività di settore per stimare il reddito. In sede di difesa, il contribuente ha il diritto di contestare ogni singolo presupposto (costi fittizi, omissioni) e di fornire una contabilità alternativa di supporto; la Corte di Cassazione ha riconosciuto che anche in tale contesto il contribuente può opporre una prova presuntiva contraria (ad es. un’aliquota forfettaria di costi) .
  • Accertamento analitico-induttivo: quando la contabilità è in parte regolare, l’ufficio può rettificare i singoli componenti di reddito sospetti, senza abbandonare del tutto i registri. Tipico è il caso in cui si riscontrano incongruenze parziali (ad es. vendite o parcelle non riscontrate bancariamente). Il Codice Tributario (art. 39, co.1, lett. d) autorizza queste rettifiche, spostando sull’Amministrazione l’onere di provare l’inattendibilità dei dati contabili selezionati . In sede giudiziale la novità principale è che, come stabilito da Cass. 15 luglio 2025 n. 19574, il contribuente imprenditore può sempre opporre una percentuale forfettaria di costi di produzione da detrarre dal maggior reddito presunto . Ciò significa che, anche senza fatture giustificative, il pediatra può chiedere al giudice di riconoscere un incidenza minima di costi (secondo percentuali di settore o storiche) e ridurre così l’imponibile induttivo .

Elementi indiziari tipici: Per i pediatri, segnali di antieconomicità possono essere ad es. versamenti in contante sul conto bancario non giustificati da fatture emesse, acquisto di beni personali di pregio (auto o case) che superano ampiamente il reddito dichiarato, versamenti da parte di terzi (soci o familiari), acquisti all’estero di valore elevato, o spese di mantenimento personale sproporzionate. Anche il mantenimento di perdita fiscale prolungata (come nel caso di un’attività sempre “in rosso”) può suscitare sospetti di ricavi non dichiarati . Se l’ufficio avvia un accertamento basato su questi indizi, l’onere probatorio si inverte: l’Agenzia deve solo provare gli indici (spese, beni, anomalie contabili), mentre il contribuente deve dimostrare l’inesistenza o la diversa natura del reddito presunto .

Strategie difensive induttive: Nel contraddittorio e nel ricorso, il pediatra deve contestare la fondatezza degli indizi. Può produrre documenti che dimostrino ad esempio: (a) l’impiego di risparmi personali o redditi esenti (altri redditi del nucleo familiare, eredità, donazioni non imponibili, ecc.) per il finanziamento delle spese ; (b) un’ammontare di spesa inferiore a quanto assunto dall’ufficio (per esempio, dimostrando pagamenti rateali e non in un’unica soluzione, oppure ridimensionando il valore attribuito agli asset) ; (c) l’utilizzo di ricavi di anni precedenti accumulati nel tempo (la spesa è coperta da riserve pregresse) . In sede contenziosa il pediatra può anche chiedere una perizia di parte sul valore di mercato dei suoi beni o sulla congruità dei prezzi degli acquisti contestati. È importante ricordare che la Cassazione ha ribadito come basi probatorie analoghe (ad es. perizie di parte) debbano essere valutate dal giudice, se pur con cautela; in generale, le dichiarazioni testimoniali (di soci o familiari) hanno valore di semplici indizi .

Nel caso di accertamenti induttivi, se il contraddittorio non è stato correttamente svolto (ad es. mancanza di accesso del contribuente o mancato invito), occorre valutarne la rilevanza. Per le imposte indirette esiste un obbligo più stringente di contraddittorio preventivo, mentre per le dirette (IRPEF) la Cassazione attuale ritiene che l’assenza di invito non invalidi automaticamente l’atto . Tuttavia, la Corte Costituzionale (sent. n. 10/2023) ha di recente messo in luce l’urgenza di estendere il contraddittorio preventivo anche agli accertamenti diretti: pertanto conviene sempre eccepire la carenza del contraddittorio perché potrebbe produrre benefici (o l’annullamento) in caso di futura evoluzione giurisprudenziale .

Accertamenti sintetici (redditometro e tenore di vita)

L’accertamento sintetico (noto anche come “redditometro”) è disciplinato dall’art. 38 del DPR 600/1973, come modificato dal D.Lgs. 108/2024 . In pratica l’Agenzia delle Entrate ricostruisce il reddito complessivo di un contribuente basandosi su parametri che riflettono il tenore di vita e la capacità di spesa (auto possedute, immobili, consumi di vario genere, ecc.). Con il nuovo redditometro 2025 sono previste due condizioni contemporanee affinché l’accertamento possa essere effettuato: il reddito accertato deve eccedere di almeno il 20% quello dichiarato e superare la soglia di dieci volte l’assegno sociale annuo (circa 70.000 € oggi) . In assenza di questi requisiti (ad esempio redditi medio-bassi o scostamenti modesti), l’ufficio non può procedere con il redditometro. L’intento della norma è di focalizzare il redditometro sui casi di medio-alta eversione fiscale, dando una franchigia ai redditi più bassi .

L’accertamento sintetico può essere fondato su due filoni: (i) la analisi delle spese sostenute nel periodo (tutte le spese personali e familiari di qualsiasi genere); (ii) la capacità contributiva ricavata da indici statistici di consumi-medi di gruppi di contribuenti simili . Ad esempio, si tiene conto di possesso di auto di lusso, imbarcazioni, immobili, spese per viaggi, corsi, oltre al numero di familiari a carico. Tutte le spese vengono considerate come indice di reddito presunto: se il contribuente dichiara 50.000 € ma affronta spese che ci si aspetterebbe da chi guadagni 100.000 €, il redditometro ne ricostruisce un reddito superiore . Una volta stimato questo reddito presunto, la norma richiede la doppia soglia sopracitata.

Difesa nel redditometro: la legge stessa prevede che il contribuente possa sempre fornire prove contrarie. In particolare, è possibile dimostrare che le spese attribuite sono state finanziate con redditi diversi da quelli dichiarati nel periodo (come ad esempio redditi esenti o non imponibili, oppure entrate di altre persone) . Oppure si può contestare la congruità delle spese: ad es. mostrano che l’importo rilevato dall’ufficio è superiore alla spesa reale sostenuta . In alternativa, il pediatra può dimostrare che la quota di risparmi utilizzata per consumi e investimenti si è formata in periodi precedenti (come accumuli di anni in cui l’attività andava bene). Tali elementi sono espressamente previsti dal D.Lgs. 108/2024 nell’art. 38 mod. (vedi punti a), b), c) di ).

Durante il contraddittorio l’Agenzia ha l’obbligo di invitare il contribuente a comparire per fornire i dati e gli elementi a difesa, e successivamente deve avviare la procedura di accertamento con adesione . Ciò significa che il redditometro non può essere applicato d’ufficio senza dare al contribuente la possibilità di spiegare immediatamente le proprie posizioni . Il pediatra, quindi, deve fare buon uso di questo confronto diretto: è il momento ideale per portare documentazione ancor più dettagliata (es. estratti conto, contratti di mutuo che spiegano i versamenti, fatture per lavori o acquisti, ecc.).

Strategie difensive in contraddittorio e ricorso

In fase amministrativa, subito dopo la notifica dell’avviso di accertamento, il contribuente può innanzitutto chiedere il contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate (ex art. 12-bis DPR 600/1973 e art. 17 D.Lgs. 218/1997), specie se l’atto è basato su elementi induttivi (tenore di vita, presunzioni finanziarie). Occorre rispondere all’Ufficio entro i termini indicati, fornendo osservazioni scritte e documenti giustificativi. È fondamentale presentarsi in contraddittorio con un’organizzazione documentale: per esempio, se l’ufficio contesta spese elevata per viaggi o famiglia, il contribuente deve avere pronta documentazione (ricevute, contratti, pagamenti) che dimostri l’effettivo valore sostenuto. In questa fase conviene far emergere ogni elemento utile a far cadere le presunzioni: dimostrare la natura di esenzione di certi fondi, contestare gli importi rilevati, evidenziare passività (debiti) che riducono la capacità di risparmio, ecc. Una risposta ben motivata può spesso indurre l’Ufficio a ridimensionare o abbandonare alcune contestazioni.

Se la difesa amministrativa non sortisce effetto, in Commissione Tributaria Provinciale il contribuente ha una seconda chance. Qui il difensore (avvocato tributarista) presenta ricorso spiegando i motivi di impugnazione (vizi di legittimità o di merito) e portando ulteriori prove. Ad esempio si possono contestare formalmente profili come la nullità dell’atto (mancata notifica, superamento dei termini, difetto di sottoscrizione), oppure mancanza di motivazione specifica. Dal punto di vista sostanziale, occorre sviluppare le eccezioni già emerse: impugnare gli elementi presuntivi (argomentando con giurisprudenza), portare testimonianze o perizie di parte se necessario, e sfruttare le recenti pronunce. La sentenza della Cassazione n. 19574/2025 offre un argomento robusto da utilizzare: il pediatra può chiedere che il giudice riconosca una quota forfettaria di costi di esercizio anche senza pezze giustificative, riducendo così il reddito imponibile presunto . Analogamente, si può richiamare la giurisprudenza che riconosce la deduzione dei costi di produzione anche nelle procedure induttive (Cass. 19574/2025 o precedenti concordanti). Se l’ufficio ha calcolato il reddito dallo scostamento tra spese e dichiarato, il contribuente potrà proporre parametri settoriali alternativi o produrre dimostrazioni documentali di spese effettivamente sostenute.

Nel giudizio tributario è anche essenziale valersi delle narrazioni giurisprudenziali aggiornate. Ad esempio, la Cassazione ha stabilito che, in presenza di accertamenti induttivi, l’Amministrazione deve utilizzare coefficienti di ricarico coerenti con il caso concreto: errori macroscopici possono essere impugnati dal contribuente (Cass. 10350/2003 e successive). Inoltre, recentemente la Cassazione ha sottolineato che nelle ipotesi di accertamento analitico-induttivo l’onere di provare i costi deducibili spetta all’Erario, salvo integrare la presunzione con prove certe . Si tratta di sviluppi giurisprudenziali che il contribuente può invocare nel ricorso, per ottenere una rivalutazione degli oneri deducibili o addirittura l’annullamento dell’accertamento se non adeguatamente motivato.

Strumenti deflattivi del contenzioso

Per chi vuole evitare un lungo contenzioso, la legge italiana offre strumenti deflattivi che permettono di chiudere la vertenza prima o durante il giudizio a condizioni favorevoli:

  • Accertamento con adesione (D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 218): il contribuente può concordare con l’Amministrazione un valore del reddito e delle imposte dovute (pagamento e saldo delle eventuali imposte e contributi), ottenendo in cambio una consistente riduzione delle sanzioni (tipicamente scontate di un terzo) e degli interessi. L’adesione avviene tipicamente dopo il contraddittorio, ma anche in fase di giudizio (art. 6 e 7 D.Lgs. 218/97). Per i pediatri sottoposti ad accertamento, l’adesione è utile quando sussistono dubbi sulla fondatezza delle contestazioni ma il contribuente preferisce evitare il rischio di una sentenza sfavorevole. È bene però valutare attentamente l’entità della riduzione delle pretese dell’Erario (soprattutto delle sanzioni), poiché non si potrà più opporsi dopo l’accordo.
  • Conciliazione giudiziale tributaria (art. 48-bis D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546): durante il processo tributario (in primo o secondo grado) le parti possono proporre la definizione consensuale parziale o totale della lite. La Commissione Tributaria può invitare le parti a tentare la conciliazione . In caso di esito positivo, si sottoscrive un verbale con l’accordo sulle somme da pagare. La conciliazione consente al contribuente di ottenere importanti sconti sulle sanzioni: ad esempio, se la conciliazione avviene in primo grado si riducono al 40% le sanzioni non previdenziali (60% di riduzione ), mentre in secondo grado la riduzione è al 50% . Inoltre, l’accordo chiude la controversia (“cessata materia del contendere”), evitando ulteriori incertezze. La conciliazione è particolarmente vantaggiosa quando il contenzioso è già avviato e si vuole minimizzare il danno. Attenzione però: la proposta deve bilanciare le pretese, offrendo un ristoro minimo all’Erario ma non eccessivo per il contribuente.
  • Mediazione tributaria: si ricorda che l’istituto del reclamo-mediazione (art. 17-bis D.Lgs. 546/92) è stato definitivamente abrogato dal D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 220, a decorrere dal 4 gennaio 2024 . Pertanto, a partire dal 2024 il contribuente non è più tenuto a esperire alcuna mediazione amministrativa preventiva prima di ricorrere al giudice tributario. In precedenza la mediazione (spesso inefficace) era un ostacolo obbligatorio per le controversie di valore contenuto; oggi non esiste più.
  • Ravvedimento operoso: qualora l’avviso di accertamento sia relativo a violazioni formali (omissioni di versamento, di dichiarazione, etc.), il contribuente può sanare autonomamente l’irregolarità con il ravvedimento operoso (art. 13, D.Lgs. 472/1997), pagando le imposte dovute con sanzioni e interessi ridotti, purché il versamento venga effettuato prima che scada il termine di proposizione del ricorso tributario (60 giorni dall’atto). Il ravvedimento non annulla l’accertamento, ma ne attenua le conseguenze economiche. Questa soluzione è percorribile se si tratta di dimenticanze amministrative (mancato versamento di acconto, omissione di compilazione di qualche rigo, ecc.), mentre non si applica se l’accertamento ipotizza vera evasione (in quel caso la soluzione sarebbe l’adesione).

Domande frequenti

  • D. Cos’è un accertamento sintetico (redditometro)?
    R. È una forma di ricostruzione del reddito basata su indici di spesa e capacità contributiva familiare . L’Agenzia calcola un reddito presunto sulla base delle spese totali (acquisti, viaggi, beni personali, consumi) e di parametri statistici. Se questo reddito presunto eccede di almeno il 20% quello dichiarato e supera la soglia di 10 volte la pensione sociale annua, scatta l’accertamento sintetico . Dal contribuente è richiesto di dimostrare la legittimità delle spese (finanziate da risparmi o redditi non tassabili, secondo i criteri di ).
  • D. Come devo comportarmi appena ricevuto l’avviso di accertamento?
    R. Innanzitutto, agire tempestivamente. Entro 60 giorni dalla notifica va presentato il ricorso tributario (oppure istanza di adesione se si sceglie questa via). Nel frattempo è consigliabile partecipare al contraddittorio con l’Agenzia (se previsto), fornendo documentazione e spiegazioni. Va controllata la correttezza formale dell’atto (es. termini, notifiche) e preparato un fascicolo difensivo con tutti i documenti contabili pertinenti (fatture, estratti conto, certificazioni). Se possibile, affidarsi a un avvocato tributarista esperto di professionisti sanitari.
  • D. Quali sono le prove ammesse in giudizio per confutare l’accertamento?
    R. In sede di giudizio tributario le prove sono libere e tutti i documenti possono essere prodotti (atti, scritture, fatture, estratti conto, perizie). Le dichiarazioni di terzi (testimonianze di familiari o colleghi) hanno valore di semplici indizi , mentre gli elementi contabili ed extracontabili (contratti, perizie) sono più rilevanti. Fondamentale è l’onere inverso: l’ufficio deve giustificare l’accertamento (motivazione e dati) mentre il contribuente deve fornire prove contrarie specifiche (ad esempio, documentando il finanziamento delle spese con risparmi pregressi ).
  • D. Cosa succede se l’Agenzia non mi convoca al contraddittorio?
    R. Per le imposte dirette (IRPEF) l’omessa convocazione non comporta di per sé l’annullamento automatico dell’atto , secondo l’orientamento attuale della Cassazione. Tuttavia, la Corte Costituzionale (sent. n. 10/2023) e recenti pronunce suggeriscono l’importanza del contraddittorio come garanzia. Si consiglia sempre di eccepire la violazione del contraddittorio, perché in futuro potrebbe essere ritenuta illegittimità formale e comportare l’annullamento dell’atto o altri benefici in giudizio . D’altro canto, una mancata convocazione potrebbe essere sfruttata nel giudizio come argomento di violazione dei diritti del contribuente.
  • D. Che sanzioni rischia un pediatra in caso di accertamento?
    R. Le sanzioni variano a seconda del tipo di violazione: per infedele dichiarazione (art. 1, D.Lgs. 471/1997) la sanzione può arrivare dal 90% al 180% dell’imposta evasa (con riduzioni possibili tramite ravvedimento o conciliazione). Nel caso di compensi non dichiarati, spesso si applica la sanzione del 120% (omessa dichiarazione o infedele dichiarazione con piccoli pagamenti). Esiste anche la responsabilità contributiva (per i contributi previdenziali non versati), con sanzioni simili. Lo strumento deflativo dell’adesione permette di ridurre del 30% le sanzioni e di dilazionare il pagamento . In giudizio, la conciliazione può ridurle ulteriormente (60% in 1ª o 50% in 2ª istanza) .
  • D. Quando conviene richiedere l’accertamento con adesione?
    R. L’accertamento con adesione è un accordo stragiudiziale con l’Agenzia che consente di definire immediatamente la controversia con vantaggi economici (riduzione sanzioni, tassi). È consigliabile quando il contribuente riconosce almeno in parte la fondatezza delle contestazioni, o comunque preferisce chiudere la vertenza velocemente. Ad es. se l’accertamento riguarda voci di difficile confutazione e le sanzioni proposte sono comunque eccessive, l’adesione può ridurre il costo complessivo. Dal punto di vista procedurale, conviene aderire entro il termine per proporre ricorso o anche durante il giudizio (qualora la legge lo consenta), sempre con il parere di un esperto.
  • D. Che differenza c’è tra adesione e conciliazione?
    R. L’adesione (art. 7 D.Lgs. 218/1997) si svolge tra contribuente e Ufficio prima di andare in giudizio: il Fisco propone un accordo e, se accettato, si regolarizzano immediatamente imposte e sanzioni. La conciliazione giudiziale (art. 48-bis D.Lgs. 546/1992) avviene invece in sede giudiziaria, dopo la presentazione del ricorso. In conciliazione, il giudice invita le parti (o le parti stesse promuovono) a trovare un accordo. In caso di successo, si ottiene la cessazione del processo con riduzioni di sanzioni . Entrambi sono utili ma in momenti diversi del contenzioso. Adesione = stage amministrativo; conciliazione = stage giudiziario.

Tabelle riepilogative

Tipologia di accertamentoRiferimento normativoPresuppostiOnere probatorioStrategie difensive
Analitico-ordinarioArt. 39 DPR 600/73 (lett. b, c)Contabilità in parte regolare, voci di ricavo/costo sospetteUfficio dimostra l’errore o l’omissione; contribuente prova la veridicità delle scrittureProdurre fatture, ricevute, CU; dimostrare rimborsi spese ; segnalare errori di trasmissione
Induttivo puro (extracontabile)Art. 39 co.2 DPR 600/73; Art. 55 DPR 633/72Contabilità assente, falsificata o completamente inattendibile (dichiarazione nulla o falsa)Fisco può presupporre redditi e costi arbitrariamente; contribuente può offrire prova presuntiva contraria (costi forfettari)Controperizia di parte; evidenziare contabilità almeno parziale; proporre deduzioni forfetarie riconosciute (Cass. 19574/2025)
Analitico-induttivoArt. 39 co.1 lett. d) DPR 600/73Contabilità complessiva affidabile, ma alcuni valori sono contestatiUfficio prova gli indici di inattendibilità contabile; contribuente può opporre oneri presuntiDimostrare correttezza di date annotazioni; chiedere riconoscimento oneri/minimi forfetari ; fornire elementi alternativi (meriti); eccepire vizi formali
Sintetico (redditometro)Art. 38 DPR 600/73, co.4-6 (mod. D.Lgs. 108/2024)Reddito accertato ≥ dichiarato +20% e ≥ 10× assegno sociale annuoContribuente deve dimostrare spese finanziate da redditi diversi o risparmiContestare i calcoli: provare che spese/non corrispondono (esibire documenti, banche, etc.); eccepire violazioni di contraddittorio; fornire giustificativi alternativi (beni eredità, prestiti, ecc.)
Verifiche su compensi intramoeniaL. 662/1996 (art. 2 comma 36-decies e segg.) e DM 132/2015 (“MIR”)Confronto dati ASL/SSN vs dichiarato; sospetta omessa fatturazione intramoeniaFisco ha i dati dell’ASL; contributo deve giustificare eventuali omissioni o rimborsi speseProdurre CU dell’ASL, evidenziare rimborsi documentati, mostrare importo corretto dichiarato

Le tabelle precedenti forniscono una panoramica dei principali tipi di accertamento fiscale che possono riguardare un pediatra libero professionista in Italia, con i relativi riferimenti normativi, presupposti, oneri probatori e tipiche contromosse difensive.

Simulazioni pratiche

Caso 1: Pediatra convenzionato con SSN – Il dott. Bianchi ha dichiarato complessivamente 40.000 € di redditi nel 2023, ma l’Agenzia contesta 60.000 € di entrate sulla base dei certificati C.U. emessi dall’ASL e di ulteriori parcelle intramoenia. Contestualmente applica il redditometro, rilevando che Bianchi ha spese familiari annuali di 50.000 € (casa, auto, vacanze). L’accertamento sintetico disattende: reddito accertabile = 50k + 20% = 60.000 € (soglia minima superata). Bianchi può difendersi così:
– Fornendo certificazioni C.U. dell’ASL per dimostrare i compensi effettivamente percepiti sotto convenzione (che coincidono con i 40.000 € dichiarati) .
– Dimostrando che parte delle somme segnate dall’ASL sono in realtà rimborsi spese (ad es. rimborso per acquisti di farmaci o visite), presentando fatture e note spese giustificative .
– In merito al redditometro, producendo documentazione bancaria che mostri che i 50.000 € di spese familiari sono stati in parte finanziati da entrate esenti (ad esempio, un’eredità esente ricevuta nel 2022) o da redditi del coniuge non considerati. Se ciò non bastasse, si può contestare l’ammontare delle spese (dimostrando che una parte è stata rimborsata da terzi).

In sede di ricorso, il pediatra potrà richiedere la valutazione di una riduzione delle sanzioni in caso di accertamento analitico (accertamento con adesione) o proporre la conciliazione giudiziale per chiudere la controversia con sconto delle sanzioni e chiusura definitiva del contenzioso .

Caso 2: Pediatra con contabilità inattendibile – La dott.ssa Rossi è un pediatra che gestisce anche un ambulatorio privato. L’Agenzia ritiene che la sua contabilità contenga molte lacune (note spese mancanti, fatture omesse) e procede con un accertamento induttivo puro: stima i ricavi in base al volume degli acquisti di beni (applicando un coefficiente di ricarico di settore) e conclude che Rossi ha evaso 100.000 € di redditi. In contraddittorio, Rossi dovrà smontare questa ricostruzione: potrebbe produrre una contabilità alternativa (es. il registro dei corrispettivi, le fatture in bianco annotate tardivamente) e far periziare l’affidabilità dei coefficienti di settore scelti. In ricorso, potrà anche invocare la possibilità di opporre una quota forfettaria di costi (magari il 50% dei ricavi presunti, corrispondente al suo margine storico) per ridurre l’imponibile, richiamando Cass. 19574/2025 . Se l’Ufficio non è in grado di dimostrare in modo ragionevole l’inattendibilità della contabilità, l’accertamento potrebbe essere annullato dal giudice.

Hai ricevuto un accertamento fiscale dall’Agenzia delle Entrate come pediatra libero professionista o titolare di uno studio privato? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai ricevuto un accertamento fiscale dall’Agenzia delle Entrate come pediatra libero professionista o titolare di uno studio privato?
Ti vengono contestati redditi non dichiarati, compensi non registrati, spese non deducibili o incongruenze tra fatture e movimenti bancari?
👉 Non farti prendere dal panico: gli accertamenti fiscali ai medici sono sempre più frequenti, ma con una difesa legale tempestiva e ben strutturata è possibile bloccare le sanzioni, ridurre gli importi richiesti o annullare completamente l’accertamento.

In questa guida scoprirai come funziona un accertamento fiscale per i pediatri, quali errori evitare e le migliori strategie legali per difenderti e proteggere il tuo studio professionale.


🩺 Perché i pediatri privati vengono sottoposti ad accertamento fiscale

Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate ha intensificato i controlli sui professionisti sanitari, compresi i pediatri, utilizzando banche dati, tracciamenti elettronici e verifiche sui conti correnti.
Le cause più frequenti di accertamento sono:

  • Incongruenze tra il reddito dichiarato e il tenore di vita personale o familiare;
  • Disallineamenti tra fatture emesse e movimenti bancari;
  • Prestazioni sanitarie pagate in contanti e non registrate correttamente;
  • Compensi derivanti da consulenze o collaborazioni non dichiarati;
  • Errori nella detrazione di costi e spese non pertinenti all’attività;
  • Segnalazioni automatiche derivanti dallo “spesometro sanitario” o dal 730 dei pazienti.

📌 In molti casi si tratta di irregolarità formali o errori contabili, ma l’Agenzia tende a trattarle come evasione fiscale: ecco perché serve una difesa tecnica solida e tempestiva.


⚠️ Cosa rischia un pediatra in caso di accertamento fiscale

Un accertamento può avere conseguenze molto gravi se non affrontato correttamente. L’Agenzia delle Entrate può:

  • richiedere il pagamento di imposte non versate (IRPEF, IVA, INPS);
  • applicare sanzioni amministrative fino al 240% delle somme dovute;
  • disporre accertamenti bancari su conti personali e familiari;
  • emettere cartelle esattoriali e iscrivere ipoteche;
  • in casi gravi, attivare la Procura per reati tributari (art. 4 o 5 D.Lgs. 74/2000).

👉 Tuttavia, la maggior parte degli accertamenti può essere annullata o ridotta con una difesa tempestiva e una corretta ricostruzione dei redditi.


🧩 Le strategie legali per difendersi da un accertamento fiscale

💠 1. Richiedi e analizza il PVC (Processo Verbale di Constatazione)

Se la Guardia di Finanza o l’Agenzia delle Entrate ha effettuato controlli, il primo passo è ottenere copia integrale del verbale.
Un avvocato esperto può verificare:

  • errori di procedura o violazioni dei termini;
  • elementi probatori insufficienti o presunzioni infondate;
  • incongruenze nei calcoli o nella ricostruzione dei redditi.

📌 Anche un vizio formale (es. notifica irregolare) può rendere nullo l’intero accertamento.


💠 2. Presenta una memoria difensiva entro 60 giorni (art. 12, L. 212/2000)

Hai 60 giorni dal ricevimento del PVC per inviare osservazioni e chiarimenti.
In questa fase l’avvocato può:

  • fornire documenti integrativi e prove delle prestazioni effettivamente fatturate;
  • dimostrare la legittimità delle spese dedotte (strumenti, affitto studio, aggiornamento professionale);
  • correggere interpretazioni errate dell’Agenzia.

📌 Una memoria difensiva ben articolata può fermare l’accertamento prima che venga emesso l’avviso definitivo.


💠 3. Avvia un contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate

Prima dell’emissione dell’avviso di accertamento, l’Ufficio deve consentire un confronto diretto.
Durante il contraddittorio è possibile:

  • spiegare le incongruenze o le anomalie contabili;
  • negoziare una riduzione delle sanzioni;
  • evitare l’iscrizione immediata a ruolo.

📌 Il contraddittorio è obbligatorio per la validità di molti accertamenti e, se ben gestito, può risolvere la controversia in via amministrativa.


💠 4. Richiedi l’accertamento con adesione (D.Lgs. 218/1997)

È una procedura di accordo bonario che permette di:

  • chiudere la controversia senza ricorso al giudice;
  • pagare solo una parte delle imposte e ridurre le sanzioni a un terzo;
  • rateizzare il debito in base alla situazione economica.

📌 È la soluzione più conveniente quando i rilievi sono parzialmente fondati ma le somme richieste sono sproporzionate.


💠 5. Impugna l’avviso di accertamento davanti al Giudice Tributario

Se l’accordo non è possibile, puoi presentare ricorso entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento.
L’avvocato potrà:

  • contestare vizi di forma o di notifica;
  • dimostrare l’erroneità dei calcoli o l’infondatezza delle presunzioni;
  • chiedere la sospensione immediata delle somme richieste.

📌 Oltre il 40% degli accertamenti viene annullato o ridotto dai giudici tributari per errori procedurali o prove insufficienti.


💠 6. Utilizza gli strumenti deflattivi e le agevolazioni fiscali

In alternativa al contenzioso puoi:

  • aderire a rottamazioni o definizioni agevolate;
  • presentare un’istanza di autotutela se l’accertamento è manifestamente infondato;
  • richiedere la rateizzazione del debito residuo.

📌 In molti casi è possibile chiudere la posizione fiscale senza ricorso giudiziario, con notevole risparmio di tempo e sanzioni.


🧾 Documenti utili per la difesa

  • Copia del PVC e dell’avviso di accertamento;
  • Dichiarazioni fiscali (IRPEF, IVA, INPS) degli ultimi 5 anni;
  • Estratti conto bancari e POS;
  • Agenda delle visite, cartelle cliniche, documenti contabili;
  • Fatture e ricevute fiscali;
  • Contratti con collaboratori o società sanitarie.

⏱️ Tempi e fasi della difesa

  1. Analisi dell’accertamento e documentazione: 1–2 settimane.
  2. Predisposizione della memoria difensiva o adesione: entro 60 giorni.
  3. Ricorso tributario (se necessario): entro 60 giorni dalla notifica.
  4. Decisione o accordo finale: in media 6–12 mesi.

🎯 Risultati concreti:

  • Riduzione o annullamento delle imposte accertate.
  • Cancellazione o riduzione delle sanzioni.
  • Blocco delle procedure esecutive.
  • Tutela della reputazione professionale e del patrimonio personale.

⚖️ I vantaggi di una difesa legale specializzata

✅ Blocco immediato di cartelle e riscossioni.
✅ Possibilità di chiudere l’accertamento senza processo.
✅ Riduzione legale di sanzioni e interessi.
✅ Tutela della tua attività sanitaria e dei conti professionali.
✅ Difesa esperta contro Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza.


🚫 Errori da evitare

  • Ignorare l’accertamento o rispondere senza consulenza legale.
  • Presentare documenti incompleti o contraddittori.
  • Pagare somme non dovute senza contraddittorio.
  • Lasciare scadere i termini per la difesa (60 giorni).
  • Sottovalutare l’impatto reputazionale di una contestazione fiscale.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza il verbale e la documentazione fiscale ricevuta.
📌 Ti consiglia la strategia più efficace: memoria difensiva, adesione o ricorso tributario.
✍️ Redige gli atti legali necessari per bloccare le sanzioni e le procedure esecutive.
⚖️ Ti rappresenta nei rapporti con l’Agenzia delle Entrate e in sede di giudizio tributario.
🔁 Ti assiste fino alla chiusura definitiva della controversia o alla rateizzazione sostenibile del debito.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e sanitario.
✔️ Specializzato nella difesa di medici e professionisti sanitari soggetti ad accertamenti fiscali e contributivi.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Un accertamento fiscale a un pediatra privato non è una condanna.
Con una difesa legale tempestiva e ben costruita, puoi dimostrare la correttezza del tuo operato, ridurre o annullare le sanzioni e proteggere il tuo studio e il tuo patrimonio personale.
La legge tutela chi agisce in buona fede e si difende con competenza e trasparenza.

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  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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