Accertamento Fiscale A Ginecologi: Come Difendersi

Hai ricevuto un accertamento fiscale dall’Agenzia delle Entrate per la tua attività di ginecologo libero professionista o titolare di studio medico privato? È una situazione che molti medici stanno affrontando: l’Agenzia intensifica i controlli fiscali sui professionisti sanitari, spesso basandosi su presunzioni, dati telematici o incongruenze formali tra i redditi dichiarati e quelli ritenuti “compatibili” con il volume di attività. Tuttavia, hai pieno diritto di difenderti e di contestare un accertamento ingiusto. In molti casi, infatti, è possibile ridurre o annullare la pretesa fiscale dimostrando la correttezza dei dati dichiarati.

Perché i ginecologi vengono sottoposti ad accertamento fiscale

I ginecologi rientrano tra le categorie professionali più monitorate dall’Agenzia delle Entrate, per diversi motivi:

  • il lavoro autonomo è spesso remunerato direttamente dai pazienti, anche in contanti;
  • vi è un elevato volume di prestazioni private, soggette a fatturazione singola;
  • l’Agenzia utilizza i dati del Sistema Tessera Sanitaria (STS) per confrontare gli importi comunicati con quelli dichiarati in sede fiscale;
  • vengono incrociate le informazioni con gli studi di settore e gli indici ISA, che stabiliscono parametri di redditività presunti.

Molti accertamenti si basano su presunzioni o automatismi statistici, che non sempre riflettono la realtà operativa dello studio medico.

Cosa può contestare l’Agenzia delle Entrate a un ginecologo

Le contestazioni più frequenti negli accertamenti fiscali ai ginecologi riguardano:

  • ricavi non dichiarati o incongruenze tra le prestazioni eseguite e quelle fatturate;
  • omessa fatturazione di visite o prestazioni occasionali (ecografie, controlli, consulenze);
  • spese professionali non deducibili, come arredi, apparecchiature, corsi di aggiornamento o spese promiscue;
  • differenze tra i dati STS e i redditi dichiarati;
  • mancata applicazione dell’IRAP, se lo studio impiega personale o collaboratori;
  • disallineamenti nei versamenti IVA o ritenute d’acconto.

In molti casi, tuttavia, queste contestazioni derivano da errori di lettura dei dati, da duplicazioni contabili o da interpretazioni errate delle spese deducibili.

Cosa fare subito se hai ricevuto un accertamento fiscale

  1. Analizza attentamente l’avviso di accertamento: leggi le motivazioni, l’anno d’imposta e gli importi contestati.
  2. Controlla la regolarità della notifica: un atto notificato fuori termine o in modo irregolare può essere dichiarato nullo.
  3. Raccogli la documentazione utile: fatture, estratti conto, ricevute STS, contratti di collaborazione, registri IVA e dichiarazioni dei redditi.
  4. Evita di rispondere da solo: contatta subito un avvocato tributarista per esaminare l’atto e predisporre la difesa.
  5. Valuta un accertamento con adesione: in alcuni casi, è possibile trattare con l’Agenzia e ridurre sanzioni e interessi fino a due terzi.

Le strategie di difesa più efficaci per i ginecologi

Un avvocato esperto in diritto tributario e contenzioso fiscale sanitario può utilizzare diverse strategie difensive, tra cui:

  • Dimostrare la correttezza dei ricavi tramite la documentazione contabile, i registri pazienti e i dati STS;
  • Contestare gli accertamenti basati su presunzioni o parametri standardizzati non applicabili al tuo caso;
  • Provare la tracciabilità dei pagamenti e la corretta fatturazione delle prestazioni;
  • Dimostrare la deducibilità delle spese professionali, se effettivamente inerenti all’attività medica;
  • Richiedere l’annullamento dell’atto per vizi di notifica, errori di calcolo o motivazione insufficiente;
  • Accedere alla definizione agevolata o a un piano di rateizzazione sostenibile.

Cosa succede se ignori l’accertamento

Ignorare un accertamento fiscale è un errore grave. Dopo 60 giorni dalla notifica, l’atto diventa definitivo, e il debito può essere affidato all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, con conseguenze come:

  • iscrizione a ruolo del debito e notifica di cartelle esattoriali;
  • pignoramento dei conti correnti o delle somme dovute dai pazienti o dalle ASL;
  • fermi amministrativi e ipoteche sui beni personali;
  • sospensione di rimborsi fiscali o crediti IVA.

Agire subito è l’unico modo per difendersi efficacemente e ridurre o annullare l’importo richiesto.

Quando rivolgersi a un avvocato esperto

Devi contattare un avvocato se hai ricevuto un accertamento fiscale, una verifica o un processo verbale di constatazione (PVC) da parte dell’Agenzia delle Entrate o della Guardia di Finanza. Un avvocato esperto in diritto tributario e crisi d’impresa sanitaria può:

  • analizzare la legittimità dell’accertamento;
  • impugnare l’atto dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria;
  • trattare con l’Agenzia per ridurre sanzioni e interessi;
  • sospendere la riscossione e bloccare eventuali pignoramenti.

⚠️ Attenzione: rispondere all’Agenzia senza una difesa legale può compromettere la tua posizione. Molti accertamenti si fondano su presunzioni errate o su errori di procedura: solo un avvocato esperto può individuare le irregolarità e ottenere una riduzione o cancellazione dell’importo richiesto.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, contenzioso fiscale e tutela dei professionisti sanitari – spiega come difendersi in caso di accertamento fiscale ai ginecologi, come contestare le presunzioni errate dell’Agenzia e come ridurre legalmente la pretesa tributaria.

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Introduzione

L’attività libera-professionale e intramoenia di un ginecologo rientra tra i redditi professionali (da lavoro autonomo o assimilati), soggetti a controlli fiscali anche severi. In caso di accertamento fiscale (analitico, induttivo o sintetico) l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza possono rettificare redditi e costi, applicare sanzioni e segnalare reati tributari . La guida che segue – aggiornata a settembre 2025 – illustra il quadro normativo italiano (IRPEF, IVA, IRAP, reati fiscali), le tipologie di controlli e accertamenti applicabili ai ginecologi, le possibili contestazioni, nonché le strategie difensive (amministrative e contenziose) dalla fase di contraddittorio fino al contenzioso. Lo stile è giuridico-divulgativo, rivolto a professionisti e contribuenti. Ci si concentra sulla situazione italiana, con esempi e tabelle riepilogative. Viene data particolare attenzione alle attività intramoenia (libero-professionali svolte da medici dipendenti SSN) e alla libera professione in studi privati (anche associati). Affrontiamo inoltre le implicazioni penali (reati tributari) e la fase di riscossione. Punto di vista: del medico/ginecologo contribuente.

1. Quadro normativo di riferimento

In Italia i redditi di un ginecologo (es. compensi da visite specialistiche, esami, interventi) rientrano nei redditi professionali di persone fisiche, soggetti alle imposte dirette (IRPEF) e, se esercitati in forma d’impresa o studio organizzato, all’IRAP. Le attività mediche (anche intramoenia) sono soggette ad IVA secondo le regole ordinarie, con alcune esenzioni per prestazioni sanitarie rimborsate dal SSN. In generale vale il principio costituzionale di capacità contributiva: ciascun medico deve dichiarare tutti i redditi prodotti, al netto dei costi deducibili (art. 53 Cost., art. 1 TUIR). La contabilità (se tenuta) è il punto di partenza; la legge tributaria (il T.U. 600/73 e 917/86, TUIR) consente all’amministrazione di verificare e rettificare eventuali voci errate. In tale contesto si applica lo Statuto del contribuente (L. 212/2000): esso garantisce procedure trasparenti e contraddittorio obbligatorio prima di avviare l’accertamento formale, oltre a termine e motivazione adeguati .

Dal punto di vista procedurale, l’accertamento fiscale (artt. 38‑41 DPR 600/1973) è inquadrato nel processo tributario (D.Lgs. 546/1992) che prevede il ricorso in Commissione Tributaria Regionale entro 60 giorni dall’atto impugnato. Importante per il contribuente è il contraddittorio preventivo: prima di emettere l’avviso di accertamento l’Agenzia deve convocare il ginecologo per ascoltarne le giustificazioni sulle voci sospette . Solo in mancanza di spiegazioni idonee si procede con l’atto impositivo.

1.1 Redditi e oneri fiscali dei ginecologi

  • IRPEF: I compensi percepiti come libero-professionista (con partita IVA) sono redditi di lavoro autonomo ai fini IRPEF. Per i medici dipendenti che fanno intramoenia, invece, tali compensi sono assimilati a redditi da lavoro dipendente (art. 50, comma 1, lett. e) TUIR) : il datore di lavoro (ASL/ospedale) accorda una tariffa per paziente e trattiene le quote spettanti al medico (al lordo dell’IRPEF) e all’Azienda (costi strutturali e quota IRAP). Il compenso netta liquidato in busta paga al medico viene tassato come lavoro dipendente . In pratica, il ginecologo intramoenia non emette fatture né trattiene i pagamenti dei pazienti: tutto transita per l’Azienda che li riversa a lui in busta paga .
  • IRAP: Le attività professionali sono teoricamente soggette all’Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP, L. 446/1997 art. 2). Tuttavia, la giurisprudenza prevalente e le circolari dell’Agenzia affermano che la maggior parte degli studi medici è priva di una “organizzazione” autonoma (non avrebbe senso che, senza il medico, clienti e operatori proseguano l’attività). In tali casi l’IRAP non è dovuta . In particolare, i compensi intramoenia non creano un’organizzazione propria: l’Azienda sanitaria è soggetto IRAP – non il medico . La Cassazione (ord. n. 9655/2025) ha ribadito che l’IRAP sulle prestazioni intramoenia grava sull’ente sanitario, non sul dipendente medico .
  • IVA: Le prestazioni sanitarie rese dal ginecologo in forma privata possono essere esenti IVA se rientrano nell’elenco legale (es. visite, esami strumentali, prestazioni chirurgiche riconosciute “sanitarie”), altrimenti s’imposta al 22%. In ogni caso vanno emesse fatture o ricevute fiscali ai pazienti a ogni prestazione.

Quindi, sul piano normativo il ginecologo deve tenere conto di IRPEF (o assimilati se intramoenia), IRAP se rilevante, e IVA per prestazioni extraintramoenia non esenti. L’omissione di redditi (in nero) nei documenti fiscali espone a accertamenti e sanzioni.

2. Tipologie di accertamento fiscale

La legge tributaria prevede diversi metodi di accertamento del reddito imponibile (art. 39 DPR 600/1973). Sinteticamente si distinguono:
Accertamento analitico-contabile: metodo ordinario basato su registrazioni e documenti del contribuente. Si rettificano singoli elementi di reddito sulla base di riscontri oggettivi (fatture, bonifici) senza travolgere la contabilità . È il caso tipico in cui, ad esempio, l’Agenzia ricostruisce compensi omessi partendo da dati certi (es. un pagamento evidenziato da terzi come la ASL) .
Accertamento analitico-induttivo: metodo “ibrido” previsto dall’art. 39, co.1, lett. d), DPR 600/73. Si applica quando la contabilità è formalmente tenuta ma risultano indizi di irregolarità (omissioni o falsificazioni di singole voci). L’ufficio fiscale parte dai dati contabili a disposizione ma li integra con presunzioni semplici per colmare le lacune . In pratica si sospetta che alcuni dati non riflettano la realtà: ad esempio, si individuano margini di ricarico anomali, passività fittizie o incoerenze con dati di terzi (es. un fornitore). L’accertamento analitico-induttivo utilizza presunzioni “relativamente lievi” (non richiede requisiti formali di gravità o precisione) per stimare i ricavi o costi mancanti, ma resta in parte ancorato alla contabilità reale . In sostanza, alcuni numeri vengono ritenuti inattendibili e sostituiti o integrati. Per esempio, se la contabilità mostra 100.000€ di ricavi ma un’analisi settoriale suggerisce almeno 130.000€, l’ufficio può rettificare la contabilità integrando i ricavi di 30.000€ (ricavi “in nero”). Non tutto il reddito viene determinato ex novo. La Corte costituzionale e la Cassazione hanno chiarito che l’analitico-induttivo è ammissibile solo per irregolarità parziali e richiede sempre, in caso di ricavi presunti, il riconoscimento forfettario di costi d’impresa coerenti .

  • Accertamento induttivo “puro” (d’ufficio): previsto dall’art. 39, co.2, DPR 600/73. È la forma più radicale: la contabilità è disconosciuta totalmente, perché ritenuta inesistente o gravemente inattendibile . Si scatta solo in casi eccezionali (es. omessa dichiarazione, scritture contabili distrutte, rifiuto di esibire documenti). In queste ipotesi l’ufficio ricostruisce il reddito partendo da zero, utilizzando qualsiasi fonte informativa (movimenti bancari, dati statistici, analisi settoriali) . Ad esempio, se un ginecologo non ha fatturato nulla pur avendo un’attività, il Fisco può stimare i ricavi sulla base di materiale extradiario (liste pazienti, acquisti di beni, tenore di vita). Il metodo induttivo d’ufficio dà mano libera all’Erario ma è comunque vincolato ai principi di ragionevolezza (la ricostruzione non deve essere sproporzionata). L’onere della prova del dolo fiscale resta comunque a carico dell’accusa quando si configuri un reato (ad es. omessa dichiarazione).
  • Accertamento sintetico (reddito presunto o redditometro): disciplinato dall’art. 38 DPR 600/73. Si basa sulla capacità di spesa del contribuente, anziché sui dati contabili. L’ufficio esamina le spese sostenute, i consumi e gli incrementi patrimoniali riferibili al nucleo familiare e li trasforma in un reddito complessivo presunto . È una presunzione legale relativa che assume che «tutto quanto è stato speso sia stato finanziato con redditi prodotti nello stesso periodo» . Il contribuente ha diritto di provare il contrario (es. dimostrando che le spese sono state sostenute con redditi esenti, eredità o risparmi antecedenti). L’accertamento sintetico può scattare solo se il reddito “ricostruito” eccede di almeno il 20% quello dichiarato e supera una soglia minima assoluta (attualmente pari a 10 volte l’assegno sociale, circa 69.700€ nel 2024) . Inoltre, è obbligatorio convocare il medico al contraddittorio interno per giustificare le spese prima di emettere l’avviso di accertamento . Se eseguito correttamente, il redditometro può essere un mezzo efficace per scoprire accise occultate (es. acquisto di auto di lusso o viaggi costosi in contrasto con il reddito dichiarato) .

Le differenze chiave tra le tipologie di accertamento sono riassunte nella seguente tabella:

Tipo di accertamentoNormativa di riferimentoCaratteristiche principali
Analitico-contabileArt. 39, c.1, lett. a‑c, DPR 600/73Basato su contabilità e documenti del contribuente; rettifica mirata di voci note; nessun uso di presunzioni extracontabili .
Analitico-induttivo (parziale)Art. 39, c.1, lett. d, DPR 600/73Contabilità formalmente regolare ma con anomalie; uso parziale di presunzioni semplici per integrare voci scoperte irregolari . Contabilità reale in parte mantenuta.
Induttivo puro (d’ufficio)Art. 39, c.2, DPR 600/73; art. 55 DPR 633/72 (IVA)Contabilità completamente inattendibile o assente; Erario ricostruisce reddito da zero con ogni mezzo extraconatibile . Metodo ampio e invasivo.
Sintetico (redditometro)Art. 38, DPR 600/73 (commi 4-7, c.6-introdotto D.Lgs.108/2024)Basato su spese e tenore di vita (indici di capacità contributiva); presunzione relativa di finanziamento delle spese con redditi. Applicabile solo se reddito ricostruito ≥120% di quello dichiarato e oltre soglia minima . Contraddittorio obbligatorio.

3. Specificità del ginecologo

Per il ginecologo, come per tutti i medici, è cruciale distinguere tra diverse forme di esercizio professionale, poiché variano la qualificazione fiscale dei compensi e le regole di accertamento:

  • Intramoenia (attività libero-professionale intramuraria): Il ginecologo intramoenia è un medico dipendente SSN che, fuori dall’orario di servizio, effettua prestazioni a pagamento per pazienti privati nel proprio reparto/ambulatorio ospedaliero. Queste prestazioni devono essere espressamente autorizzate (Legge 189/2012) e prenotate tramite la struttura pubblica. Dal punto di vista fiscale, i compensi intramoenia sono trattenuti e liquidati dall’Azienda sanitaria: il paziente paga l’Azienda, la quale trattiene le quote d’uso (strumenti, segreteria, quota IRAP) e versa al medico la parte concordata. Il compenso finale percepito dal medico (in busta paga) è tassato come reddito da lavoro dipendente . Di conseguenza, per il medico intramoenia non si parla di partita IVA né fatturazione autonoma.

Regime fiscale: L’art.50 TUIR assimila il compenso intramoenia alla retribuzione di lavoro dipendente. Questo significa che per il medico intramoenia valgono le imposte e le aliquote progressive IRPEF come qualsiasi dipendente . Anche la detraibilità delle spese sanitarie eccedenza limite IRPEF rimane quella ordinaria da reddito da lavoro dipendente. È nota una norma di favore (cosiddetta “intramoenia allargata”) che può prevedere, per i medici universitari o in specifiche situazioni, una tassazione agevolata ridotta al 75% su quote di reddito (es. primi 75% del compenso) . In ogni caso, i redditi intramoenia vanno dichiarati come assimilati. L’IRAP non grava sul medico: come chiarito dalla Cassazione, l’attività intramoenia è assimilata al rapporto di lavoro dipendente, quindi l’IRAP relativa è addebitabile all’ASL/ospedale e non può essere dedotta dal medico .

Accertamenti specifici: Poiché l’Agenzia riceve direttamente i dati di pagamento dei compensi (ad es. tramite Certificazioni Uniche inviate dalle ASL), eventuali compensi intramoenia omessi sono facilmente rilevabili. La norma stabilisce che tutti i compensi medici, indipendentemente dalla fonte, devono essere dichiarati come redditi (sia intramoenia sia libera professione) . Quindi l’ufficio incrocia le CU con la dichiarazione. Se emerge una discrepanza, di solito si invia al medico un invito a regolarizzare (“compliance” o avviso bonario) permettendo di correggere gli errori con sanzioni ridotte . In mancanza di regolarizzazione spontanea, verrà emesso un avviso di accertamento. L’Agenzia può anche incrociare il numero di prestazioni intramoenia effettuate (dai registri ASL) con i ricavi dichiarati: ad esempio, se il ginecologo ha eseguito 100 visite intramoenia ma ne ha fatturate solo 60, la discrepanza sarà segnalata . In sede di verifica può anche intervenire la Guardia di Finanza con accesso allo studio: i verificatori esaminano l’agenda degli appuntamenti, le cartelle cliniche e le fatture emesse. Se riscontrano prestazioni annotate ma non fatturate, redigono un verbale segnalando i compensi occultati .

  • Libera professione e convenzionati: Un ginecologo che esercita in forma autonoma (studio privato o ambulatorio convenzionato) emette fatture/ricevute di lavoro autonomo per le prestazioni. In tal caso i compensi concorrono ai redditi professionali IRPEF ordinari. Se organizza uno studio con dipendenti o collaboratori, può essere soggetto IRAP (aliquota ordinaria 3,9% più addizionali) come ogni impresa di servizi; se invece lavora in solitudine (come spesso accade), può configurarsi la “assenza di organizzazione” e l’IRAP resterebbe azzerata . Anche qui la Guardia di Finanza e l’Agenzia possono effettuare verifiche analoghe: controllare corrispettivi, incassi bancari o numeri di pazienti, e confrontarli con i redditi dichiarati. Ad esempio, un ginecologo in libero professionista che non emette fattura per visite private rischia contestazioni di omissione di ricavi identificate tramite controlli bancari (art. 32 DPR 600/73) o segnalazioni di pazienti.
  • Studi associati: Se i ginecologi si associano in uno studio professionale (a responsabilità illimitata o come associazione professionale), ciascun associato dichiara i propri compensi autonomamente (lo “studio associato” non ha personalità giuridica propria dal punto di vista fiscale). Nel caso di accertamenti, l’Amministrazione può indirizzare contestazioni sia allo studio (in funzione di organizzazione comune) sia ai singoli medici che avrebbero occultato ricavi. È opportuno che in uno studio associato ogni medico tenga una contabilità separata e coerente, per evitare trasferimenti indebiti di reddito tra soci.

In tutti i casi, omettere una parte anche minima dei compensi comporta rischi di accertamento . A livello pratico, l’Agenzia segue passi tipici: contraddittorio/confronto iniziale, possibile accertamento analitico o induttivo, notifica dell’atto, e quindi riscossione. Vediamo ora come e quando intervengono concretamente i controlli.

4. Strumenti di controllo e verifiche

Il Fisco oggi dispone di molte informazioni e strumenti per individuare redditi non dichiarati. Per un ginecologo, le più rilevanti sono:

  • Dati delle Certificazioni Uniche (CU): Le Aziende Sanitarie e altri sostituti d’imposta trasmettono ogni anno all’Anagrafe Tributaria le CU che riportano gli importi corrisposti a ciascun medico. L’Agenzia incrocia automaticamente questi dati con i redditi dichiarati. Se, per esempio, la CU indica 10.000€ di compenso intramoenia per il 2024 e nella dichiarazione IRPEF di quel medico mancano quei 10.000€, il sistema evidenzia un’anomalia. In genere il contribuente riceve una comunicazione dell’Amministrazione (invito a rettificare o semplice richiesta di chiarimenti) o un avviso bonario con notifica di regolarizzare i redditi mancanti con sanzioni ridotte . Ad esempio, dimenticare di dichiarare 5.000€ segnati in CU potrebbe portare a un avviso bonario con richiesta di pagamento delle imposte omesse più sanzione minima (10‑20%). Se non si corregge spontaneamente, si rischia in seguito sanzioni piene (fino al 30‑90% degli importi) nell’avviso formale.
  • Incrocio di dati sanitari: L’Agenzia può incrociare le prestazioni effettuate con i compensi dichiarati. Nei sistemi di intramoenia, ad esempio, le ASL conservano registri delle visite e interventi svolti da ciascun medico. Confrontando tali registri con quanto dichiarato dal medico, emergono velocemente discrepanze (es. 100 visite registrate vs 60 fatturate ). Analogamente, per medici di base e pediatri convenzionati, si possono incrociare i pazienti in carico o le prescrizioni mediche con le fatturazioni private. Questi controlli automatizzati permettono di scoprire “prestazioni non fatturate” sulla base di evidenze esterne .
  • Accessi e ispezioni della Guardia di Finanza: La GdF può accedere presso lo studio o gli ambulatori del ginecologo (previo ordine di servizio) per ispezionare documenti e contabilità. Durante le verifiche, gli ufficiali verificano le fatture emesse, i registri fiscali e gli estratti conto bancari del medico. Inoltre raccolgono elementi sulla reale attività: controllano agende degli appuntamenti, cartelle cliniche o registri informatici, per accertare quante prestazioni sono state effettivamente erogate. Se, per esempio, emergono prestazioni annotate ma non fatturate, i finanzieri redigono un Processo Verbale di Constatazione (PVC) in cui indicano i ricavi occultati . Il medico ha diritto di partecipare all’ispezione, fornendo subito copie di ricevute e note contabili che giustifichino le discrepanze; tuttavia ogni omissione comprovata verrà poi contestata ufficialmente.
  • Questionari e indagini bancarie: Anche senza un accesso diretto, l’Agenzia può usare altri strumenti investigativi. Può inviare questionari al medico o a terze parti (per esempio a una clinica privata o a un ente pagatore) chiedendo chiarimenti su determinati movimenti. Può convocare il contribuente con invito formale a un contraddittorio per fargli spiegare anomalie specifiche emerse dai dati acquisiti (es. spese insolitamente alte rispetto ai redditi dichiarati). In casi complessi, l’Agenzia può avviare indagini finanziarie (con autorizzazione del GIP): ottiene dai gestori bancari i movimenti sui conti correnti del ginecologo e, in alcuni casi, dei suoi familiari stretti. Qualsiasi versamento bancario non giustificato da redditi dichiarati può essere assunto come reddito occulto, ai sensi dell’art. 32 DPR 600/73 (salvo prova contraria del contribuente). In passato la Corte Costituzionale ha limitato la presunzione legale di attribuire ai medici i prelievi bancari, ma i versamenti privi di fonte lecita restano considerati ricavo presunto .

In tutti questi casi, il risultato è l’emersione di redditi sottratti a tassazione. A seconda della gravità e della documentazione, l’Amministrazione procederà con i diversi tipi di accertamento visti sopra (analitico, induttivo, sintetico) . Ad esempio, se emerge chiaramente da documenti certi che il medico non ha dichiarato 10.000€ di intramoenia, l’ufficio farà un accertamento analitico puntuale aggiungendo quei 10.000€ al reddito imponibile . Se invece la contabilità è poco affidabile (molte omissioni), potrebbe essere usato un accertamento induttivo (anche puro) . Se non vi sono dati contabili (medico con dichiarazione omessa), si può ricorrere direttamente all’induttivo d’ufficio. Se emerge invece un tenore di vita incompatibile con i redditi dichiarati, potrebbe intervenire un redditometro basato sulle spese sostenute.

5. Sanzioni e reati tributari

Alla conclusione di un accertamento il ginecologo si trova di fronte a maggiori imposte, sanzioni e interessi. Le sanzioni amministrative sono di solito molto severe: in caso di omissione totale o di rettifica completa si applica la sanzione base pari al 90% della maggiore imposta (come da art. 13 D.Lgs. 471/1997). Sono previste riduzioni se il contribuente collabora o corregge spontaneamente (ravvedimento operoso). In più, prima di inviare l’avviso di accertamento il Fisco deve dar prova di avere motivato l’accertamento ed espletato il contraddittorio preventivo, pena l’illegittimità dell’atto (Statuto del contribuente, art. 1, L.212/2000).

Dal lato penale, la normativa tributaria (D.Lgs. 74/2000) disciplina specifici reati di evasione fiscale. Per un ginecologo che occultasse intenzionalmente compensi rilevano in particolare:

  • Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 2, D.Lgs. 74/2000): reato molto grave (fino a 6 anni) se si dichiarano crediti fittizi o si utilizzano artifici per evadere più del 50% d’imposta. È poco comune nel caso di semplice mancata fatturazione, perché presuppone un’evasione avanzata.
  • Dichiarazione infedele (art. 4, D.Lgs. 74/2000): si configura quando nella dichiarazione vengono indicati ricavi inferiori al vero (oppure costi fittizi) con l’intento di evadere, e superate le soglie penali. La legge richiede due condizioni combinate: imposta evasa >100.000€ e maggiori ricavi occultati >10% di quelli dichiarati (o comunque >2.000.000€) . Solo se entrambi i requisiti sono oltrepassati scatta il reato. Ad esempio, un ginecologo che dichiara 50.000€ all’anno ma ometta di dichiararne 1.000.000 in nero (e quindi evada centinaia di migliaia d’imposte) può incorrere nel penale . La pena prevista è la reclusione da 2 a 4 anni e 6 mesi (aggiornata dalla riforma 2019). Attenzione: per la sola violazione amministrativa bastava qualsiasi evasione; per il penale servono i suddetti limiti quantitativi.
  • Omessa dichiarazione (art. 5, D.Lgs. 74/2000): chi non presenta affatto la dichiarazione annuale (pur avendone l’obbligo) con fini evasivi rischia il reato. Qui la soglia è imposta evasa >50.000€ per anno . Nel caso di un medico, ciò implicherebbe un’evasione totale protratta nel tempo (per esempio un professionista che non dichiara nulla incassando compensi in nero). Se superata la soglia, scatta la reclusione da 2 a 5 anni.

Questi reati implicano dolo specifico: è necessario dimostrare la volontà del medico di occultare i redditi per evadere. Errori formali o interpretazioni errate (es. aver creduto esente un compenso) difficilmente superano la soglia penale se l’imposta evasa è esigua. In linea generale i reati fiscali per il medico consistono soprattutto nella dichiarazione infedele o omessa; altri reati del 74/2000 (fra cui omesso versamento IVA o versamento di ritenute non effettuato) sono più rari in questo contesto.

Un aspetto cruciale: anche se un accertamento fiscale venga chiuso con sanzioni, l’eventuale profilo penale è autonomo dal contenzioso tributario. Se la Guardia di Finanza ravvisa illeciti (es. 500.000€ di compensi in nero nei verbali), ha l’obbligo di segnalare il fatto alla Procura . Il processo penale si svolge indipendentemente dal giudizio tributario e può procedere anche se il contribuente paga le somme in causa. Tuttavia, esiste una causa di non punibilità (art. 13 D.Lgs. 74/2000): se il contribuente estingue integralmente i debiti tributari (imposte, sanzioni e interessi) tramite ravvedimento prima dell’apertura del dibattimento di primo grado, il reato non è punibile . Questa norma, rinforzata dalla riforma 2019, si applica anche ai reati di dichiarazione infedele o omessa (prima limitata al solo omesso versamento IVA). In pratica, un ginecologo indagato per infedele dichiarazione che saldi completamente le imposte dovute con le sanzioni amministrative prima dell’inizio del processo, può ottenere l’archiviazione del penale per “pagamento integrale” . La Cassazione ha confermato questo principio (Cass. pen. 26274/2023) . Anche se non si riesce a rientrare nella non punibilità (ad es. pagando troppo tardi), ogni pagamento spontaneo ammorbidisce le pene accessorie e può ridurre la pena detentiva in caso di condanna.

In sintesi, il ginecologo deve temere il penale solo se la sua evasione supera nettamente i limiti di legge e vi è dolo accertato. Viceversa, omissioni minori portano a sanzioni amministrative (accertamento e sanzione tributaria) ma non necessariamente a un processo penale. Tuttavia, in situazioni particolari i medici ospedalieri possono incorrere anche in reati comuni: ad esempio, chi svolge prestazioni extra-ospedaliere senza prenotazione SSN (venendo pagato in nero) potrebbe incorrere in peculato se il compenso spettante all’Azienda viene indebitamente sottratto . In un caso recente la Cassazione ha confermato che un medico ospedaliero che riceveva compensi extra-ospedalieri senza versare le quote all’ente ha commesso peculato . Queste casistiche penali “non tributarie” sono però distinte dall’evasione: in genere riguardano l’uso improprio di ruoli pubblici e di strutture sanitarie, e necessitano di circostanze specifiche.

6. Difesa del contribuente e contenzioso

Di fronte a un accertamento fiscale il ginecologo può attivare vari strumenti difensivi, sia in sede amministrativa sia in sede giudiziaria. Prima di tutto, è fondamentale partecipare al contraddittorio endoprocedimentale indetto dall’Agenzia (specie per il redditometro) per fornire subito documenti e spiegazioni che dimostrino la correttezza della dichiarazione (ad es. conti bancari, atti di donazione, spese finanziate da risparmi) . Se il controllo è già formalizzato con un avviso, il contribuente può presentare un’istanza di autotutela per chiedere la rettifica dell’atto nei punti palesemente errati o viziati (ad es. errori di calcolo o motivazione).

Accertamento con adesione: è una procedura amichevole (ancorché con scadenze precise) che consente al contribuente di definire l’accertamento con il Fisco, concordando le maggiori imposte e riducendo sanzioni e interessi (art. 6 D.Lgs. 218/1997). L’adesione è conveniente quando le basi di fatto (ad esempio, i ricavi occultati) sono difficili da contestare completamente; permette di negoziare con l’Ufficio.

Mediazione tributaria: per controversie tributarie è previsto un tentativo obbligatorio di conciliazione a livello locale prima di adire la Commissione Tributaria . Se l’accertamento prosegue fino al contenzioso, il ginecologo può impugnare l’avviso di accertamento entro 60 giorni (termine dalla notifica, D.Lgs. 546/92 art. 19 ). In Commissione Tributaria Provinciale avrà sede il giudizio. In giudizio è possibile chiedere prove (testimoni, perizie), eccepire vizi formali (difetti di motivazione, mancato contraddittorio) o contestare nel merito i calcoli del Fisco. Se si vince, l’atto viene annullato; se si perde in primo grado si può appellare in Commissione Regionale e, successivamente, Cassazione.

Importante: in fase di ricorso la riscossione coattiva va tenuta sott’occhio. Dopo 60 giorni dall’avviso di accertamento (dalla finestra del ricorso) l’avviso stesso è titolo esecutivo: senza necessità di cartella, l’Agenzia Riscossione (ex Equitalia) può già iscrivere ipoteche o pignorare beni e conti . Tuttavia, se si impugna l’avviso, la riscossione esecutiva resta sospesa per legge solo su due terzi dell’imposta accertata, mentre il restante terzo può essere riscosso provvisoriamente . In pratica, se si presenta ricorso è possibile che l’agente riscossore chieda di pagare subito il terzo non sospeso o apponi ipoteca su beni nonostante il contenzioso. Se si è certi della fondatezza del ricorso, può convenire chiedere al giudice tributario la sospensione integrale della riscossione per non dover anticipare quei pagamenti. Se si perde il ricorso, l’Agenzia Riscossione può emettere la cartella esattoriale definitiva e procedere al recupero coattivo tramite fermo amministrativo, vendita mobili, pignoramenti, ecc. Il medico può opporre in sede civile la cartella (similmente a un decreto ingiuntivo) entro 40 giorni, ma di solito vale la pena farlo solo se nel frattempo è stato vinto il contenzioso tributario.

In ogni fase è importante agire con documentazione chiara: conservare ricevute, estratti conto e ogni prova di spese o entrate lecite serve a contestare le presunzioni dell’Ufficio. Per esempio, nel redditometro si può dimostrare che una spesa elevata è coperta da donazioni o da risparmi antecedenti, sollevando l’onere della prova in senso favorevole. Le recenti sentenze della Corte Costituzionale e della Cassazione hanno rafforzato le tutele del contribuente: ad es., riconoscono che al medico vanno attribuiti per intero i costi presunti relativi ai ricavi induttivamente accertati . In contenzioso, l’onere della prova circa il dolo spetta all’accusa: per le contestazioni induttive il contribuente può sempre aggiungere le proprie argomentazioni (percentuali di margine settoriali, fatture di spesa) per ridurre il maggior reddito accertato.

7. Simulazioni pratiche

Esempio 1 – Accertamento sintetico: Il Dott. Bianchi, ginecologo di 45 anni, dichiara nel 2023 un reddito IRPEF complessivo di 50.000€. Nel corso del 2023 ha sostenuto spese personali significative: ha acquistato un’auto nuova da 40.000€ e trascorso viaggi per 10.000€. L’Agenzia, incrociando i dati dei suoi conti bancari (versamenti e spese), ricostruisce un reddito “sintetico” di 90.000€ (in base a spese/risparmi) e lo confronta col dichiarato. Poiché 90.000 è il 180% di 50.000 (>120%) e supera la soglia di 69.700€, scatta l’avviso di accertamento sintetico. Bianchi viene convocato al contraddittorio e mostra le prove: spesa auto pagata con risparmi ereditati (non tassati), viaggio pagato con fondi aziendali erogati dal marito. Non potendo provare che quelle spese non sono state finanziate da reddito prodotto, il contraddittorio fallisce. L’Agenzia notifica l’avviso: rettifica il reddito a 90.000€ e addebita IRPEF, sanzioni (al 90%) e interessi. Bianchi decide di impugnare il provvedimento: presenta ricorso affermando che gran parte delle spese era finanziato da donazioni parental o risparmi. In contenzioso potrà usare documenti di eredità e conti deposito per provare le sue affermazioni. Nel frattempo, visto l’alto importo contestato, può cercare di rateizzare la fattura o attendere l’esito della causa.

Esempio 2 – Intramoenia non dichiarata: La Dott.ssa Verdi, ginecologa ospedaliera, ha effettuato 200 visite intramoenia nel 2022, ottenendo un compenso lordo di 40.000€ (specificato nelle buste paga). Tuttavia, per un disguido amministrativo, nella sua dichiarazione IRPEF del 2023 non ha inserito tali 40.000€ tra i redditi assimilati. L’Agenzia vede la CU dell’ASL che attesta 40.000€ percepiti, contatta la dottoressa con un avviso bonario chiedendo di sanare (pagando IRPEF e sanzione ridotta del 10%). Non rispondendo entro 30 giorni, riceve un avviso di accertamento formale: il suo reddito sale da 50.000€ a 90.000€. L’avviso applica una sanzione del 30% (omessa dichiarazione). Verdi decide di regolarizzare subito (ravvedimento breve entro 30 giorni dall’avviso) versando le imposte su 40.000€ più sanzione ridotta (10%). Grazie al ravvedimento evita l’iscrizione a ruolo e il 90% pieno di sanzioni. Inoltre, pagando spontaneamente riduce sostanzialmente il rischio penale, dimostrando la mancanza di dolo.

Esempio 3 – Accertamento analitico-induttivo: Il Dott. Rossi, libero-professionista, presenta regolarmente la dichiarazione, ma la Guardia di Finanza ritiene non attendibili alcuni costi e compensi. Dalla verifica emerge che i ricavi annotati sono 100.000€, ma gli investigatori notano fatture sospette o mancanti documenti per costi ingiustificati. L’Agenzia procede con un analitico-induttivo: aumenta di 30.000€ i compensi sulla base di percentuali di ricarico settoriali e riduce del 50% i costi dichiarati. In ricorso Rossi dimostra che in effetti esistevano ulteriori costi deducibili (ad es. parte dell’affitto dello studio proporzionato ai ricavi supplementari) che l’ufficio non ha considerato. La Commissione Tributaria riconosce buona parte delle sue ragioni, riducendo la maggiore imposta contestata.

8. Domande frequenti

  • D: Qual è la differenza tra accertamento analitico e induttivo?
    R: L’accertamento analitico si basa interamente sulla contabilità del medico: si rettificano singole voci (ad es. ricavi non dichiarati presenti in fatture o conti) senza stravolgere i registri. L’accertamento induttivo permette invece al Fisco di ignorare le scritture contabili (in tutto o in parte) e di ricostruire il reddito con metodi presuntivi. La forma “pura” (art.39, co.2) prescinde totalmente dai libri se ritenuti inattendibili, mentre quella “analitico-induttiva” (art.39, co.1, lett.d) integra i dati contabili con presunzioni semplici .
  • D: Cosa succede se il ginecologo non risponde all’avviso di accertamento?
    R: Se non si risponde né si paga entro i 60 giorni, l’avviso vale come titolo esecutivo: l’Agenzia può iscrivere ipoteca o pignorare beni. È sempre consigliabile reagire entro i termini: anche solo pagare due terzi del dovuto può rendere inefficace il fermo o l’ipoteca giudiziaria (in sede di ricorso, infatti, si sospende l’esecuzione sui 2/3 dell’importo ). In più, va valutata un’eventuale opposizione giudiziale (ricorso alla Commissione Tributaria) per contestare formalmente l’atto.
  • D: Quali prove può usare il medico nel contraddittorio?
    R: Tutte quelle documentali che giustifichino i redditi e le spese: estratti conto bancari, contratti di lavoro, ricevute di donazioni o eredità, pagamenti con assegni, polizze assicurative, schede cliniche o rapporti di consulenza. Per il redditometro si può dimostrare che certe spese (auto, viaggi) sono state coperte da risparmi o redditi esenti. Nel caso intramoenia, si può mostrare la tariffa concordata con l’ospedale o i report dell’ASL sulle prestazioni effettuate per dimostrare la correttezza dei compensi.
  • D: Che rischio penale ho se non dichiaro in nero alcuni compensi intramoenia?
    R: Solo se l’ammontare dell’evasione supera le soglie previste per reato (v. sopra) si rischia il penale. Se i compensi omessi sono modesti (es. al di sotto di 50.000€ di imposta evasa), si resta nel campo amministrativo (sanzioni e interessi). La prova del dolo è essenziale: va dimostrato che il medico aveva piena consapevolezza di occultare redditi. Senza dolo deliberato o soglie elevate, si rischia solo l’atto tributario. Inoltre, saldare spontaneamente il dovuto riduce il rischio penale o può azzerarlo (art.13, D.Lgs. 74/2000) .
  • D: Come comportarsi nel contenzioso tributario?
    R: Innanzitutto, rispettare i termini per il ricorso (60 giorni dall’avviso) e prepararsi documenti e difese scritte (spesso con l’aiuto di un tributarista). In Commissione Tributaria il medico può richiedere prove testimoniali o perizie; può impugnare sia vizi formali (mancata motivazione, irregolarità di notifica) sia i calcoli di fatto (sulle singole voci di reddito). Se incerte delle sorti, può valutare il ricorso di adesione o mediazione. È bene considerare che il giudizio tributario può durare anni: spesso conviene trattare con l’Agenzia (ad es. rateizzare le maggiori imposte) per evitare l’esecuzione coattiva in attesa.

Hai ricevuto un accertamento fiscale come ginecologo libero professionista o titolare di uno studio privato? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai ricevuto un accertamento fiscale come ginecologo libero professionista o titolare di uno studio privato?
L’Agenzia delle Entrate ti contesta ricavi non dichiarati, incongruenze tra movimenti bancari e fatture, o spese ritenute non deducibili?
👉 Niente panico. Gli accertamenti fiscali ai professionisti sanitari, soprattutto ai ginecologi, sono in forte aumento, ma con una difesa legale mirata e tempestiva è possibile bloccare le sanzioni, ridurre gli importi richiesti o annullare l’accertamento.

In questa guida scoprirai come funziona un accertamento fiscale per i ginecologi, quali errori evitare, e le migliori strategie di difesa per tutelare il tuo studio e il tuo patrimonio personale.


🩺 Perché i ginecologi vengono sottoposti ad accertamento fiscale

Negli ultimi anni, l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza hanno intensificato i controlli sui medici privati e sulle strutture sanitarie, grazie a incroci automatici di dati e pagamenti elettronici.
Le cause più frequenti di accertamento per i ginecologi sono:

  • Differenze tra fatturato dichiarato e incassi POS o bonifici;
  • Prestazioni sanitarie non registrate o pagamenti in contanti;
  • Costi dedotti ritenuti non inerenti (auto, ristoranti, viaggi, telefonia, affitto);
  • Errori nella gestione dell’esenzione IVA per prestazioni mediche;
  • Compensi da collaborazioni con cliniche o laboratori non dichiarati correttamente;
  • Scostamento dagli indici di redditività (ISA o ex studi di settore).

📌 Anche piccole irregolarità o errori di registrazione possono generare un accertamento fiscale pesante, con sanzioni e interessi.


⚠️ Cosa rischia un ginecologo in caso di accertamento fiscale

Un accertamento può avere conseguenze economiche e reputazionali serie.
L’Agenzia delle Entrate può:

  • richiedere il pagamento di IRPEF, IVA, INPS o IRAP non versate;
  • applicare sanzioni amministrative fino al 240% delle somme dovute;
  • iscrivere ipoteche o fermi amministrativi sui beni personali;
  • attivare verifiche bancarie e patrimoniali;
  • trasmettere gli atti alla Procura se ritiene sussistenti ipotesi di reato tributario (artt. 2, 4 o 5 D.Lgs. 74/2000).

👉 Ma con un’azione difensiva mirata, è possibile dimostrare la regolarità fiscale e ottenere la revoca o la forte riduzione delle imposte e delle sanzioni.


🧩 Le strategie legali per difendersi da un accertamento fiscale

💠 1. Analizza subito il PVC (Processo Verbale di Constatazione)

Se hai ricevuto un verbale o un avviso di verifica, richiedi immediatamente copia integrale.
Un avvocato esperto può:

  • individuare errori procedurali o di notifica;
  • verificare se le prove raccolte sono sufficienti;
  • contestare presunzioni infondate (ad esempio, incassi considerati non dichiarati senza riscontro).

📌 Spesso gli accertamenti vengono annullati proprio per vizi formali o mancanza di prova concreta.


💠 2. Presenta una memoria difensiva entro 60 giorni (art. 12, L. 212/2000)

Hai 60 giorni di tempo dal verbale per presentare le tue osservazioni e chiarimenti.
In questa fase, il legale può:

  • fornire documenti e spiegazioni che giustificano i movimenti bancari;
  • dimostrare che i costi dedotti sono necessari per l’attività sanitaria;
  • correggere errori contabili o di interpretazione da parte dell’Agenzia.

📌 Una memoria difensiva ben motivata può bloccare l’accertamento prima della sua emissione definitiva.


💠 3. Avvia il contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate

Il contraddittorio preventivo è un diritto fondamentale del contribuente.
Durante l’incontro con l’Ufficio, l’avvocato può:

  • spiegare in modo tecnico le anomalie riscontrate;
  • proporre una revisione del calcolo delle imposte;
  • negoziare la riduzione delle sanzioni.

📌 Molti accertamenti si chiudono in questa fase, senza arrivare in giudizio.


💠 4. Richiedi l’accertamento con adesione (D.Lgs. 218/1997)

È uno strumento di risoluzione bonaria che permette di:

  • chiudere l’accertamento senza processo;
  • ridurre le sanzioni fino a un terzo;
  • rateizzare l’importo concordato.

📌 È utile se alcuni rilievi dell’Agenzia sono fondati, ma le somme richieste sono sproporzionate o errate.


💠 5. Impugna l’avviso di accertamento davanti al Giudice Tributario

Se l’accordo non è possibile, puoi presentare ricorso entro 60 giorni dalla notifica.
Il tuo avvocato potrà:

  • chiedere la sospensione immediata dell’atto;
  • contestare vizi procedurali, presunzioni arbitrarie o errate valutazioni dell’Ufficio;
  • far valere la correttezza della contabilità e delle dichiarazioni.

📌 Oltre il 40% degli accertamenti fiscali ai professionisti sanitari viene annullato o ridotto dai giudici tributari per errori formali o sostanziali.


💠 6. Sfrutta le definizioni agevolate o le rateizzazioni

In caso di debiti già iscritti a ruolo puoi:

  • aderire alla rottamazione delle cartelle o ad altre definizioni agevolate;
  • chiedere una rateizzazione del debito residuo;
  • presentare istanza di autotutela se l’accertamento è palesemente errato.

📌 Queste soluzioni consentono di ridurre gli importi dovuti e proteggere l’attività sanitaria.


📋 Documenti fondamentali per la difesa

  • Copia del PVC e dell’avviso di accertamento.
  • Dichiarazioni fiscali (IRPEF, IVA, INPS) degli ultimi 5 anni.
  • Estratti conto bancari e registri IVA.
  • Fatture emesse e ricevute fiscali dei pazienti.
  • Contratti di locazione, leasing e spese di studio.
  • Eventuali comunicazioni PEC o verbali con l’Agenzia delle Entrate.

⏱️ Tempi e fasi della difesa

  1. Analisi del verbale e della documentazione: 1–2 settimane.
  2. Presentazione della memoria difensiva: entro 60 giorni dal PVC.
  3. Ricorso tributario (se necessario): entro 60 giorni dall’avviso di accertamento.
  4. Decisione o accordo finale: in media 6–12 mesi.

🎯 Risultati concreti:

  • Riduzione o annullamento delle imposte accertate.
  • Cancellazione o riduzione delle sanzioni.
  • Blocco di ipoteche e cartelle esattoriali.
  • Tutela del patrimonio personale e della reputazione professionale.

⚖️ I vantaggi di una difesa legale specializzata

✅ Blocco immediato di pignoramenti e azioni di riscossione.
✅ Riduzione delle sanzioni e delle imposte accertate.
✅ Possibilità di chiudere la vertenza senza processo.
✅ Tutela della professione medica e dei conti professionali.
✅ Difesa esperta contro Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza.


🚫 Errori da evitare

  • Ignorare l’avviso o rispondere senza un legale specializzato.
  • Pagare subito per paura, senza verificare la legittimità dell’accertamento.
  • Presentare documenti parziali o contraddittori.
  • Lasciare scadere i termini per la difesa.
  • Sottovalutare l’impatto reputazionale di un contenzioso fiscale.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza il verbale, la documentazione contabile e le contestazioni dell’Agenzia.
📌 Ti consiglia la strategia migliore: memoria difensiva, adesione o ricorso tributario.
✍️ Redige gli atti per bloccare sanzioni, cartelle e procedure esecutive.
⚖️ Ti rappresenta nei rapporti con Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza e Giudice Tributario.
🔁 Ti accompagna fino alla chiusura definitiva dell’accertamento o alla rateizzazione sostenibile del debito.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e sanitario.
✔️ Specializzato nella difesa di medici, ginecologi e professionisti sanitari soggetti ad accertamenti fiscali.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Un accertamento fiscale ai ginecologi non è una condanna: con una difesa legale tempestiva e ben costruita, puoi dimostrare la correttezza della tua attività, ridurre o annullare le imposte e le sanzioni, e proteggere il tuo studio e il tuo patrimonio personale.
La legge tutela chi agisce in buona fede e si difende con competenza e trasparenza.

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La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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