Gestisci un’impresa di pulizia industriale o servizi di sanificazione e ti trovi in difficoltà economica a causa di debiti con il Fisco, l’INPS, i fornitori o le banche? È una situazione che coinvolge molte aziende del settore, messe in crisi dai ritardi nei pagamenti, dall’aumento dei costi del personale e dei materiali e dalla pressione fiscale. Quando si accumulano cartelle esattoriali, contributi arretrati o finanziamenti non pagati, il rischio di blocchi, pignoramenti o perdita di appalti diventa reale. La buona notizia è che la legge offre strumenti concreti per rateizzare, ridurre o cancellare i debiti, proteggendo la tua impresa e il tuo patrimonio personale.
Perché molte imprese di pulizia si indebitano
Le imprese che operano nella pulizia industriale devono affrontare costi fissi elevati: stipendi del personale, contributi previdenziali, assicurazioni, spese per attrezzature e prodotti, carburante e manutenzione dei mezzi. Gli appalti pubblici e privati, inoltre, prevedono spesso pagamenti ritardati, mentre le tasse e gli oneri contributivi devono essere saldati subito. A questo si aggiungono i rincari energetici e l’aumento dei materiali di consumo. Molte aziende, per mantenere i contratti attivi e i posti di lavoro, rinviano i versamenti fiscali o contraggono nuovi debiti bancari, accumulando interessi e sanzioni che rendono la situazione sempre più pesante.
Cosa succede se non paghi tasse o contributi
Quando le imposte o i contributi non vengono pagati, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione e l’INPS possono attivare rapidamente le procedure di recupero. Tra queste: la notifica di cartelle esattoriali, i pignoramenti dei conti correnti aziendali, i fermi amministrativi sui veicoli, le ipoteche sugli immobili e i sequestri dei crediti verso clienti o appaltatori. Gli importi aumentano nel tempo a causa di interessi e sanzioni, rendendo i debiti sempre più difficili da gestire. Se la tua è una ditta individuale o una società di persone, rispondi personalmente dei debiti, mettendo a rischio anche i beni familiari.
Cosa fare subito se la tua impresa ha debiti
Il primo passo è ottenere un quadro preciso della situazione. Richiedi all’Agenzia delle Entrate-Riscossione l’estratto di ruolo aggiornato per conoscere l’ammontare complessivo, gli anni di riferimento e i creditori coinvolti. Poi verifica la legittimità delle cartelle: molti atti contengono errori di notifica, importi prescritti o somme non dovute che un avvocato può contestare. Se i debiti sono corretti, puoi chiedere la rateizzazione fino a 120 rate mensili, sospendendo nel frattempo le azioni di riscossione. È anche utile verificare se è disponibile una definizione agevolata (rottamazione), che consente di pagare solo il capitale, eliminando sanzioni e interessi. Se hai già ricevuto pignoramenti o ipoteche, puoi ottenere la sospensione immediata presentando un ricorso o un’istanza di autotutela.
Le soluzioni legali per chi non riesce più a pagare
Se la situazione debitoria è troppo pesante o non riesci più a sostenere i costi dell’attività, puoi accedere alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, prevista dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019). È una procedura legale rivolta a piccole imprese, cooperative e lavoratori autonomi che consente di bloccare pignoramenti, sospendere le azioni dei creditori e ottenere la cancellazione totale o parziale dei debiti residui (esdebitazione). È uno strumento riconosciuto dai tribunali italiani e rappresenta una via concreta per salvare la tua impresa o chiuderla in modo ordinato, senza lasciare pendenze fiscali o bancarie.
Come difendersi da banche, finanziarie e fornitori
Molte imprese di pulizia industriale si trovano anche indebitate con banche o fornitori di prodotti chimici, macchinari o mezzi di trasporto. In questi casi puoi chiedere la rinegoziazione dei contratti di finanziamento, la sospensione temporanea dei pagamenti o proporre un saldo e stralcio per chiudere i debiti a un importo ridotto. È inoltre possibile contestare clausole abusive o tassi usurari nei contratti e impugnare decreti ingiuntivi o pignoramenti entro i termini previsti dalla legge. Un avvocato esperto può assisterti nelle trattative con banche e creditori, proteggendo i beni aziendali indispensabili per la continuità dei servizi.
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
Una difesa legale tempestiva e ben pianificata può permetterti di sospendere pignoramenti e riscossioni, ottenere la rateizzazione o cancellazione dei debiti, proteggere la sede, i mezzi e le attrezzature aziendali, e continuare a lavorare senza la pressione dei creditori. In molti casi è possibile ristrutturare i debiti, mantenere i contratti di appalto e rilanciare l’attività su basi economiche più sostenibili.
Quando rivolgersi a un avvocato esperto
Devi contattare un avvocato se hai ricevuto cartelle o intimazioni di pagamento, se i debiti fiscali o bancari sono diventati insostenibili o se rischi il blocco dei conti aziendali o dei mezzi di lavoro. Un avvocato esperto in diritto tributario e crisi d’impresa può bloccare la riscossione, impugnare gli atti illegittimi e guidarti nella procedura di esdebitazione fino alla cancellazione definitiva dei debiti. Agire in tempo è essenziale per salvare la tua impresa e tutelare il tuo patrimonio personale.
⚠️ Attenzione: ignorare cartelle o avvisi di pagamento può portare rapidamente a pignoramenti, sequestri e blocchi dei conti. Intervenire subito è l’unico modo per salvare la tua attività e difendere il tuo futuro professionale.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, riscossione e tutela delle imprese di servizi e pulizia – spiega cosa fare se gestisci un’impresa di pulizia industriale con debiti, come bloccare la riscossione e come cancellare legalmente le somme dovute grazie agli strumenti previsti dalla legge.
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Introduzione
Un’impresa di pulizia industriale in crisi finanziaria si trova in una situazione complessa e delicata. Può avere debiti verso l’Erario (IVA, imposte sui redditi, ritenute), verso gli enti previdenziali (INPS, INAIL), verso fornitori di materiali e servizi, e verso istituti di credito (finanziamenti, leasing, affidamenti). A seconda della forma giuridica (ditta individuale, società di persone o di capitali), i soci o l’imprenditore possono essere esposti personalmente per questi debiti . Questo profilo giuridico richiede una strategia mirata per affrontare e possibilmente riequilibrare la situazione debitoria.
La prima cosa da fare è analizzare il debito complessivo e le sue componenti, per individuare priorità e possibilità reali di ristrutturazione. Ad esempio, i debiti tributari e previdenziali spesso producono cartelle esattoriali ed iscrizioni ipotecarie, rendendo urgente una soluzione o piani di rateizzazione. I debiti bancari (mutui, affidamenti) possono invece essere rinegoziati con la banca o ricompresi in piani specifici, mentre i debiti verso fornitori potrebbero essere oggetto di negoziazioni private (dilazioni, sconti, pagamenti parziali). L’obiettivo è trovare un accordo sostenibile con i creditori o, se necessario, attivare procedure concorsuali che permettano all’impresa di continuare l’attività (cedendo parte del debito) piuttosto che trovarsi costretta alla chiusura coatta. La guida che segue illustra i principali strumenti a disposizione dell’imprenditore-debitore, con un taglio avanzato (per avvocati e imprenditori) ma divulgativo, corredato da esempi concreti, tabelle comparative e domande/risposte pratiche. Tutte le fonti normative e giurisprudenziali utilizzate sono riportate in fondo.
1. Tipologia dei debiti e adempimenti dell’impresa
Un’impresa di pulizie industriali può accumulare diversi tipi di debiti, ciascuno con caratteristiche proprie:
- Debiti tributari – includono IVA, IRPEF/IRAP o IRES, ritenute e contributi dovuti sui salari (ritenute IRPEF, addizionali), IVA su fatture non versata, tributi locali come IMU sui capannoni. L’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate–Riscossione possono iscrivere ipoteche fiscali o iscrivere cartelle esattoriali: è quindi essenziale verificare se esistano rateizzazioni in corso o accordi già avviati (ad es. rottamazione ter o cartelle sanate) e considerare la transazione fiscale come soluzione in accordo con le novità normative (vedi oltre).
- Debiti previdenziali – contributi INPS e INAIL su salari dipendenti e collaboratori. Queste somme spesso si sommano rapidamente, poiché in Italia il minino contributivo rende dovute quote anche se il fatturato è basso. L’INPS non concede stralci, ma solo dilazioni standard (fino a 120 mensilità). In caso di crisi, anche l’INPS può aderire a trattative (si veda la transazione fiscale di composizione negoziata) ma di norma richiede il saldo o rateazioni regolari. Gli importi arretrati possono dare luogo a fermi amministrativi sui veicoli aziendali o sequestri conservativi.
- Debiti verso fornitori – addebiti per materiali (es. detersivi, attrezzature) e servizi (es. subappalti, affitti, utenze). Questi creditori sono generalmente “chirografari” (senza garanzia) e possono avviare azioni esecutive (pignoramenti beni, conti correnti) se non pagati. Spesso nelle pulizie industriali le forniture sono elevate, e i fornitori sono disposti a rinegoziare termini di pagamento o sconti per evitare la perdita totale della clientela. È buona norma contattarli subito, mostrar loro un piano realistico di rientro e coinvolgerli in eventuali trattative di ristrutturazione.
- Debiti bancari e finanziari – mutui su capannoni o mezzi, leasing (es. furgoni e macchine industriali), affidamenti in conto corrente. Le banche, nel codice della crisi, sono considerate stakeholder essenziali (ad esempio, l’accesso alla composizione negoziata non può da solo giustificare revoca di fidi ). Tuttavia, poiché i prestiti hanno garanzie reali (ipoteche, pegni), è indispensabile negoziare con gli istituti di credito: estendere i piani di ammortamento, chiedere un periodo di grace, oppure inserire il debito bancario in una procedura formale (ad es. concordato preventivo) che preveda eventualmente tagli o ristrutturazioni. In ogni caso, l’impresa di pulizie – specie se piccola – potrebbe aver concesso garanzie personali (fideiussioni) o ipotecarie: in tal caso l’imprenditore o i soci rischiano direttamente il proprio patrimonio se l’azienda non paga.
Ogni categoria di debito richiede un approccio specifico. Nel contesto italiano, esistono strumenti sia stragiudiziali che giudiziali per affrontare le crisi d’impresa. L’imprenditore di un’impresa di pulizie in difficoltà deve, per prima cosa, valutare la reale entità dei debiti, la liquidità disponibile e i flussi futuri, per decidere se tentare una soluzione negoziale e preventiva o se, al contrario, prepararsi a procedure concorsuali ordinarie. Un’analisi preventiva (“due diligence” economico-finanziaria) è spesso affidata a un professionista esperto di crisi d’impresa.
2. Strumenti stragiudiziali di risanamento della crisi
Quando i debiti iniziano a pesare, il primo passo è tentare soluzioni stragiudiziali (extragiudiziali), cioè private o parzialmente assistite dal tribunale ma non formalmente concorsuali. Questi strumenti mirano a ristrutturare l’esposizione debitoria evitando immediatamente la liquidazione dell’azienda. I principali sono:
- Composizione negoziata della crisi – Introdotta con la legge 147/2021 e ora disciplinata dal Codice della crisi (art. 12‑25 CCII), è una procedura volontaria, gestita dall’imprenditore con l’aiuto di un esperto indipendente. Durante la fase di trattativa, il tribunale può concedere al debitore misure protettive: in pratica un blocco temporaneo delle azioni esecutive (pignoramenti, sequestri, aste) contro l’impresa . Tali misure (definite “tempestive e necessarie”) agiscono come uno scudo protettivo sul patrimonio aziendale , impedendo che i creditori isolati aggrediscano i beni (ad es. bloccando aste o cancellando pignoramenti in corso). Le misure protettive operano fino a quando il tribunale non decide, a un’udienza (entro 30 giorni), se confermarle o revocarle . Il regime è analogo a uno “star delinking” concorsuale: i creditori non possono iniziare nuove azioni esecutive (neanche sequestri conservativi o ipoteche) per tutta la durata delle misure , né possono proseguire quelle in corso. In pratica, per il periodo concordato l’impresa ottiene respiro per negoziare accordi di ristrutturazione con i creditori. Importante: il tribunale non gestisce la trattativa, ma ha il compito di vigilare sull’esperto e sulla necessità delle misure protettive. Per attivare la composizione negoziata, l’imprenditore presenta istanza e il Tribunale delle imprese nomina (o recepisce) l’esperto. Se la trattativa va a buon fine, si traduce in accordi privati (p.es. dilazioni, concessioni di nuovi finanziamenti, tagli concordati). Se fallisce, l’azienda può ricorrere ad un concordato semplificato liquidatorio (v. avanti).
Le misure protettive «sospendono i pignoramenti e le esecuzioni in corso» (asta rinviata, beni non assegnati) e impediscono nuove azioni esecutive o ipoteche .
- Piano attestato di risanamento – Non è una procedura giuridica, ma uno strumento privato: l’imprenditore (o società) redige autonomamente un piano di ristrutturazione del debito, poi lo presenta ai creditori e lo fa attestare da un professionista indipendente. Dal 2022 l’art. 56 CCII ha codificato questa figura . Il piano attestato è rivolto a imprenditori in stato di crisi o di insolvenza . Non serve un intervento del tribunale: né deposito in giudizio, né omologazione. Di conseguenza, non scatta alcuno scudo legale contro i creditori: in assenza di provvedimenti del Tribunale, ciascun creditore resta libero di espropriare i propri crediti secondo le regole ordinarie. In concreto, affinché il piano abbia speranze di successo, il debitore deve negoziare un accordo di “moratoria” oppure un parziale pagamento con i principali creditori nel frattempo. Il piano attestato è un atto discrezionale e volontario: non richiede soglie minime di adesione (tutti i creditori possono anche non firmare) . Il suo vantaggio giuridico principale è che gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del piano (con attestazione di fattibilità) sono esenti da revocatoria fallimentare . In caso di fallimento successivo, gli atti fatti per realizzare il piano (pagamenti, garanzie concesse, ecc.) non potranno essere revocati salvo dolo, e l’imprenditore non commetterà reato di bancarotta relativamente alle condotte poste in essere sulla base del piano . Tuttavia, il piano attestato non blocca pignoramenti: un’azienda può subirne anche durante l’attuazione del piano .
Domanda: Il piano attestato blocca le esecuzioni forzate?
Risposta: No. Diversamente dal concordato, il piano attestato non crea un divieto legale per i creditori. In sostanza, serve un accordo privato di moratoria con ciascun creditore per evitare i pignoramenti . Se qualche creditore non concede moratoria, l’impresa potrà eventualmente ricorrere al tribunale (istituendo una composizione negoziata) per ottenere le misure protettive.
- Transazione fiscale – In via sperimentale e oggi codificata (art. 23 CCII), la transazione fiscale è un accordo tra debitore e Agenzia delle Entrate (o INPS/Agenzia Entrate-Riscossione) che consente di dilazionare o anche ridurre il debito tributario nell’ambito di una ristrutturazione concordata. Prima del decreto correttivo 136/2024, la transazione fiscale era prevista solo in concordato o in accordi omologati. Dal 2024 è invece ammessa anche in sede di composizione negoziata : l’imprenditore può proporre alle Agenzie un piano di pagamento parziale o dilazionato, corredato da una relazione di un esperto indipendente che attesti la convenienza dell’accordo rispetto alla liquidazione giudiziale . Un requisito particolare è la relazione di un revisore legale (o di un revisore iscritto), che attesti la completezza e veridicità dei dati aziendali nel documento proposto. L’accordo è sottoposto al giudice che ne autorizza l’esecuzione . La novità consente di includere nel risanamento anche i debiti IVA, Irpef e INPS, evitando la liquidazione giudiziale solo se l’offerta è accettata dall’Agenzia fiscale. Per i debiti INPS/INAIL l’impianto è simile (anche se la transazione è meno comune). In pratica, se si avvia una composizione negoziata è possibile negoziare anche il fisco, cosa prima possibile solo in un concordato con opportuna relazione tecnica.
Domanda: È possibile ridurre debiti fiscali o contributivi?
Risposta: Sì, ma con limiti. In composizione negoziata si può formulare una transazione fiscale (Dlgs. 136/2024, art.23 c.2-bis), accordandosi con l’Agenzia delle Entrate e Riscossione su riduzione o rateizzazione . Nell’accordo vanno allegate relazioni tecniche di un esperto e di un revisore. L’accordo dev’essere approvato dal giudice e decade in caso di liquidazione giudiziale o insolvenza. In pratica il fisco può accettare la soluzione solo se è conveniente rispetto al fallimento. Si noti però che l’Agenzia di norma rifiuta sconti extragiudiziali, mentre può concedere allungamenti di termini (ad esempio con le vecchie sanatorie o con piano ordinario INPS fino a 120 rate). Per le imprese di pulizie con un debito erariale elevato, l’uso della transazione fiscale in composizione negoziata può quindi portare una riduzione del carico fiscale, purché l’esperto dimostri (e il giudice confermi) che la soluzione evita di ridurre sensibilmente le entrate statali.
- Accordi di ristrutturazione dei debiti (omologati) – Si tratta di accordi negoziati con i creditori (ex art. 182-bis L.F., ora artt. 57-64 CCII) che diventano vincolanti se approvati da almeno il 60% dei creditori (in valore) ed omologati dal tribunale. A differenza del piano attestato puro, questo strumento consente di estendere l’accordo anche ai creditori dissententi e di bloccare le esecuzioni forzate dal deposito dell’istanza fino all’omologazione (art. 168-bis L.F.). È quindi più formale e complesso del piano attestato, ma garantisce certezza giuridica. Per esempio, in un accordo omologato l’impresa può proporre anche perdite fiscali concordate (per via di transazione fiscale) e ottenere un “cram-down” parziale sui dissenting. Tuttavia richiede un quorum elevato (60%) e una procedura giudiziale complessa. Spesso è scelta quando il debito è grande e i creditori principali (banche) sono disponibili a partecipare.
- Altri strumenti privati – L’imprenditore dovrebbe altresì verificare se vi sono soluzioni alternative extraconcorsuali, come lo smobilizzo di crediti (factoring, cessione del credito IVA) o la cessione di immobili o attività non strategiche per ripianare parzialmente i debiti. A volte si ricorre anche a un conferimento di azienda a un partner finanziario (operazione di M&A) oppure all’accesso a nuove linee di credito per capitalizzare l’impresa. Queste soluzioni, puramente commerciali, non sono disciplinate dal Codice della crisi, ma possono essere efficaci per riequilibrare i conti senza dover aprire un procedimento legale.
Tabella: Confronto degli strumenti stragiudiziali
| Strumento | Coinvolgimento Tribunale | Coinvolgimento Creditori | Blocco Esecuzioni | Voto/Adesione necessaria | Trattamento debiti pubblici |
|---|---|---|---|---|---|
| Composizione negoziata | Istanza al Tribunale per protezioni; no procedura formale | Debitori e creditori volontari negoziano liberamente; esperto supervisore | Solo se richieste le misure protettive (tribunale le concede temporaneamente) | Nessun quorum: accordi privati con ognuno | Possibile transazione fiscale (art. 23 CCII) |
| Piano attestato di risanamento | Nessuna (strumento extragiudiziale) | Debito unilaterale del debitore; creditori “estranei” non sono vincolati | No: il piano non impedisce le azioni esecutive | Nessun voto: consenso volontario di ciascun creditore | Nessuna remissione: l’Erario richiede pagamento (rateato) |
| Accordi di ristrutturazione (omologati) | Richiede deposito giudiziale e udienza di omologa | Voto creditori: approvato se ≥60% per valore (oltre il 50% dei chirografari) | Sì: dal deposito istanza fino all’omologazione (omologo con art. 169 L.F.) | Sì: soglia 60% (art. 57 CCII) | Possibile transazione fiscale incluso nell’accordo (art. 23 CCII) |
| Accordi transattivi privati | No (semplici contratti con singoli creditori) | Base volontaria, senza efficacia erga omnes | No: resta libertà di esecuzione al creditore fuori accordo | Nessun vincolo su terzi | Debiti pubblici restandosi stralci solo se accordi speciali (es. rottamazioni) |
| Rateizzazioni ordinarie | No (interlocuzioni con fisco/INPS) | Non applicabile; decisione unilaterale dell’ente o accordi ad hoc | No (restano procedure fiscali tipiche) | – | Sì, fino a 72/120 rate secondo legge, senza riduzioni sul capitale |
Questa rassegna evidenzia che la composizione negoziata e i piani attestati sono modalità extra-giudiziali flessibili, ma con minori garanzie di «pace fiscale» rispetto al concordato. Il concordato (non mostrato in tabella) è invece una procedura pienamente giudiziaria che giuridicamente blocca (in parte) le esecuzioni e permette soluzioni più ampie sui debiti (compresi i pubblici tramite transazione fiscale in concordato).
3. Strumenti giudiziali: procedure concorsuali
Se la crisi è ormai conclamata (incapacità sistemica a pagare), o se gli accordi extragiudiziali falliscono, occorre valutare strumenti giudiziali:
- Concordato preventivo – È la procedura concorsuale tipica di ristrutturazione con continuità aziendale o liquidazione dell’attivo. L’imprenditore (o i soci) presenta un piano di rientro da sottoporre all’esame del Tribunale, che convoca assemblea dei creditori. Esistono due varianti principali: concordato in continuità (il piano prevede il proseguimento dell’attività produttiva) e concordato liquidatorio (si realizza un piano di liquidazione del patrimonio con riparto). Il piano deve essere approvato dalla maggioranza dei creditori in ciascuna categoria (in generale >50% per valore di ciascuna classe) e poi omologato dal giudice. Gli effetti sono potenti: una volta depositato il ricorso, tutte le azioni esecutive sui beni dell’impresa sono sospese per 90 giorni (art. 168-bis LF), e il Tribunale può estendere tale sospensione fino al termine delle deliberazioni assembleari. Inoltre, il concordato può contemplare la transazione fiscale (art. 182-bis L.F. nel vecchio testo, ora art. 23 CCII) che consente di stralciare parte dei debiti tributari con l’accordo dell’Agenzia delle Entrate, e analogamente per i contributivi con l’INPS (con qualche limite). Nel concordato la disciplina del processo è rigorosa, ma se l’azienda ha chance di restare sul mercato vale la pena, perché assicura effettivo blocco delle azioni dei creditori ed efficacia vincolante (anche su creditori dissenzienti, in caso di omologa con soglia 60% e intervento del giudice). Da notare: dopo la riforma CCII, è possibile depositare istanza di concordato “in bianco” (senza piano già pronto), impegnandosi a predisporre successivamente il piano, al fine di ottenere un primo blocco delle esecuzioni.
- Accordi di ristrutturazione dei debiti (omologati) – Vedi paragrafo precedente sulla loro natura formale con omologazione. Spesso utilizzati in alternativa al concordato da aziende più grandi, ad esempio per pagare in parte banche o bond. Richiedono comunque l’assenso del tribunale e non provocano “stigma” del fallimento.
- Liquidazione giudiziale (fallimento) – Se non esistono possibilità di risanamento, si può ricorrere al fallimento (oggi formalmente “liquidazione giudiziale”). Un creditore legittimato (di solito uno o più fornitori) può chiedere al Tribunale l’apertura della procedura (artt. 67 ss. CCII). In questa fase si nominano un curatore e, se del caso, un comitato dei creditori. L’impresa cessa l’attività (salvo diversa volontà del giudice) e si procede a vendere il patrimonio aziendale per ripagare i creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione. Per l’imprenditore significa perdita dell’azienda (tranne che non si trovi un accordo tardivo con i creditori) e, nei casi gravi, conseguenze penali o civili. Il fallimento espone l’azienda allo “stigma” concorsuale: per i creditori pubblici significa innanzitutto iscrizioni ipotecarie e pignoramenti sui beni aziendali, che diventeranno esecutivi quando il Tribunale autorizzerà la liquidazione. Tuttavia, il curatore deve onorare le istanze già aperte e coordinare le vendite. Se l’azienda era una SRL, la responsabilità per i debiti sociali resta limitata al patrimonio aziendale; se era una SNc/SaS, i soci sono già responsabili illimitatamente . In ogni caso, dal fallimento in poi è avviata la procedura di accertamento dello stato di insolvenza e l’eventuale azione di responsabilità e revocatoria fallimentare sui comportamenti pregressi.
Nel valutare concordato o fallimento, il debitore deve considerare che le scadenze procedurali (udienze, termini di deposito) sono rigorose. Inoltre, la stessa richiesta di concordato deve essere presentata non oltre 60 giorni dall’istanza di fallimento pendente (L.118/2021, art. 19), pena l’improcedibilità. In pratica, se un creditore ha già chiesto la liquidazione, l’imprenditore può ancora proporre un concordato (o deposito di piano) anche in contemporanea: il Tribunale riunisce le istanze e decide quale procedura prevale. Dal 2024 è chiarito che la semplice presentazione della composizione negoziata non blocca automaticamente il fallimento, a meno di ottenere misure protettive apposite . Perciò, se l’azienda teme una richiesta di fallimento imminente, conviene subito chiedere misure protettive in composizione negoziata o aprire un concordato, per evitare che il Tribunale dichiari l’insolvenza prima che il risanamento sia completo.
4. Strategie difensive e protezione del patrimonio
Oltre a scegliere il giusto strumento di risanamento, l’imprenditore deve mettere in campo strategie difensive per proteggere l’azienda e, per quanto possibile, il patrimonio personale. Alcuni esempi:
- Bloccare gli atti esecutivi – Se arrivano pignoramenti immobiliari, mobiliari o presso terzi (su conti correnti), la composizione negoziata con misure protettive è lo strumento più rapido per sospenderli . Se per caso la procedura concorsuale non è fattibile, il debitore può chiedere al tribunale (anche in un procedimento ordinario di opposizione) una sospensione cautelare ex art. 169 c.p.c. se ricorrono i presupposti (pericolo di danno imminente e grave). In alternativa, il debitore può promuovere un’istanza di concordato in bianco o depositare istanza di fallimento volontario proprio per ottenere l’immediata sospensione delle esecuzioni (art. 168-bis L.F. vale anche in fallimento).
- Opposizione a istanze di fallimento – Se un creditore presenta ricorso per fallimento, il debitore (o il suo legale) può comparire in tribunale e sollevare eccezioni sulla situazione economica e patrimoniale. Per esempio, si può contestare l’inesistenza dello stato di insolvenza o presentare un piano di risanamento in corso. La recente prassi giurisprudenziale (es. Cass. 30109/2025) riconosce valore alla composizione negoziata come elemento che esclude il “periculum in mora” (il pericolo di dissesto imminente) necessario per applicare misure cautelari (quali il sequestro preventivo) . Se il debitore è già in trattativa negoziata, può quindi chiedere al giudice penale o civile che non si ritenga sussistente l’urgenza di sequestrare i beni, perché la procedura legale tutela gli interessi dei creditori. Questo ridefinisce il rapporto di potere: l’apertura di una composizione negoziata o di un concordato costringe i creditori ad attendere (e il tribunale a verificare) prima di imbrigliare definitivamente i beni.
- Conservazione del patrimonio – Già durante le trattative l’imprenditore deve attenersi al dovere di conservazione del patrimonio sociale (art. 20 CCII), evitando di compiere atti di amministrazione straordinaria che possano aggravare i debiti. Se la crisi si aggrava, scatta l’obbligo implicito di dichiarare lo stato di insolvenza e attivare un rimedio concorsuale (art. 6 CCII). Un ritardo ingiustificato (cosiddetto “fallimento omesso”) può esporre l’imprenditore (o gli amministratori) a responsabilità civili . Infatti, il curatore può esperire azione di responsabilità per danno da mala gestio: l’art. 378 CCII (modifica di art. 2486 c.c.) prevede criteri presuntivi di calcolo del danno, misurato come l’aggravamento del patrimonio netto fra il momento in cui si doveva avviare la gestione conservativa e il momento del fallimento . In parole semplici, se nell’arco di gestione non vengono salvaguardati i creditori, si presume il danno dato dal peggioramento delle risorse aziendali . Nel caso di una composizione fallita, amministratori o titolare possono quindi essere chiamati a rispondere se abbiano «tirato avanti» l’impresa senza risanarla, contraendo debiti consapevolmente insolubili o favorendo alcuni creditori a danno di altri . Inoltre, nascondere informazioni o dati finanziari veritieri all’esperto o ai creditori costituisce violazione degli obblighi di buona fede negoziale: civilmente può inficiare gli accordi stipulati e comportare la decadenza da benefici premiali, penalmente potrebbe costituire frode .
- Responsabilità personale – Nelle società di capitali (S.r.l., S.p.A.) l’autonomia patrimoniale è in linea di principio perfetta: i soci rispondono solo “in proporzione alle quote conferite” . Ciò significa che i creditori sociali, in caso di insolvenza, non possono aggredire i beni personali dei singoli soci . In una S.r.l., dunque, i rischi diretti per i soci sono limitati al capitale investito; attenzione però: se i soci hanno firmato come garanti (fideiussioni, ipoteche sulle proprie case) quell’autonomia viene meno e i loro beni diventano aggredibili. Nelle società di persone (Snc, Sas) invece l’autonomia patrimoniale è “imperfetta”: i soci sono illimitatamente responsabili con il proprio patrimonio personale per i debiti sociali . Nei rapporti esterni (verso creditori terzi), i soci sono direttamente obbligati a rispondere se il patrimonio sociale è insufficiente .
Di conseguenza, il ruolo dell’amministratore (nel caso di S.r.l. o S.p.A.) è cruciale. Il Codice della crisi impone agli amministratori il dovere di dotarsi di assetti organizzativi adeguati e di individuare tempestivamente la crisi (art. 3 CCII e art. 2086 c.c.) . Se non adempiono, possono essere ritenuti responsabili per la malagestione prima o durante la crisi. Anche ai sensi dell’art. 2476 c.c. l’amministratore è responsabile verso la società (e indirettamente verso i creditori) dei danni da inosservanza dei doveri di legge . In pratica, chiudere gli occhi su bollettini fiscali, non segnare tempestivamente le perdite, oppure operare spese pazze quando già profilava l’insolvenza, può comportare un’azione di responsabilità patrimoniale da parte del curatore fallimentare o dei creditori.
- Organizzazione patrimoniale preventiva – Se già sussistono evidenti difficoltà, un imprenditore di pulizie (specialmente se individuale o titolare di Snc) può valutare prima di tutto una separazione dei patrimoni, adottando meccanismi legali di tutela: affidare beni personali a trust o a società appositamente costituite, stipulare polizze vita come vincolo di destinazione (pignorabili solo oltre i limiti consentiti), trasferire la proprietà di abitazioni in nome dei figli, ecc. Tali strategie, fatte in buona fede e con adeguata consulenza, possono mettere al riparo il patrimonio personale dai creditori aziendali (attenzione però al rischio di revocatoria se fatte con dolo). In generale, mantenere autonomia patrimoniale e tessere separazioni fa parte di un’attenta pianificazione familiare d’impresa. (Va detto tuttavia che molti di questi stratagemmi sono scrutinati nei fallimenti: la legge fallimentare/CCII può dichiarare inefficaci le cessioni di beni compiute negli ultimi anni prima del fallimento se arrecarono pregiudizio ai creditori.)
Domanda: Quale responsabilità ha l’amministratore in caso di crisi?
Risposta: L’amministratore di una S.r.l. risponde personalmente in caso di gestione dolosa o gravemente colposa: è tenuto ad attivarsi entro 90 giorni dalla crisi (art. 2086 c.c.) e a predisporre risanamento. Inadempienze gravi (non segnalare perdite, non convocare assemblee, ecc.) espongono a responsabilità civile (art. 2476 c.c.) . In base all’art. 378 CCII, se una società fallisce, il curatore presume il danno patrimoniale e può rivalersi sugli amministratori responsabili .
5. Domande frequenti (Q&A)
- D: La composizione negoziata della crisi serve anche per società di persone e piccole imprese?
R: Sì. Il Codice della crisi prevede che ogni imprenditore commerciale (incluse ditte individuali e società di persone) possa accedere alla composizione negoziata . Non vi sono soglie di fatturato: anche una piccola Snc di pulizie può presentare istanza per ottenere le misure protettive e trattare con i creditori . - D: Quando conviene avvalersi della composizione negoziata?
R: Si utilizza tipicamente in fase di pre-crisi o in allerta, quando l’impresa mostra squilibri economico-finanziari ma non è ancora collassata. Grazie alla rapida attivazione e alle misure protettive, è consigliata se l’imprenditore crede in un piano di risanamento fattibile e vuole salvare l’attività. Se invece l’impresa è già insolvente senza chance di salvataggio, può essere più appropriato iniziare un concordato preventivo (magari in continuità se c’è un potenziale acquirente) o prepararsi al fallimento. - D: Qual è l’effetto della composizione negoziata sulle azioni esecutive già in corso (pignoramenti)?
R: Se il tribunale concede le misure protettive, tutti i procedimenti esecutivi pendenti vengono immediatamente congelati . Questo significa che non si svolgeranno aste né assegnazioni dei beni pignorati durante la durata della misura . Anche pignoramenti già notificati possono essere sospesi o addirittura cancellati temporaneamente . I creditori non possono iniziare nuove azioni cautelari o esecutive (sequestro conservativo, iscrizione ipotecaria) finché dura la composizione . - D: Come ottenere il blocco dei pignoramenti?
R: Per difendersi da pignoramenti già in atto o imminenti, la strategia più efficace è chiedere le misure protettive nella composizione negoziata . L’istanza va depositata in Tribunale insieme alla nomina dell’esperto. Entro pochi giorni il registro delle imprese pubblica la domanda, producendo un “freeze” provvisorio . Il creditore che ha avviato l’esecuzione, una volta notificato dell’istanza, dovrà attendere un’udienza presso il Tribunale delle imprese: il giudice confermerà la sospensione se ritiene fondata la crisi e necessarie le misure . In alternativa, se non si vuole o non si può fare composizione, si può opporre al pignoramento chiedendo al giudice il blocco cautelare (ex art. 169 c.p.c.) dimostrando il periculum in mora: con la recente Cassazione 30109/2025, però, la stessa composizione negoziata diventa elemento che azzera il pericolo di dispersione (periculum) . - D: È vero che la Cassazione ha riconosciuto efficacia protettiva alla composizione negoziata anche fuori dall’ambito concorsuale?
R: Sì. La Cassazione (sezione penale) ha affermato che la procedura di composizione negoziata, se correttamente accompagnata dalla relazione dell’esperto e supportata da dati economici, può escludere il “periculum in mora” nelle controversie (ad es. nei sequestri preventivi finalizzati a confisca) . In pratica, la mera esistenza di una trattativa protetta è un indizio forte che i beni non saranno distratti, rafforzando la posizione del debitore-criminale. Ciò dimostra come la composizione negoziata funzioni anche da scudo legale sui beni, non solo da opportunità economica . - D: Posso stralciare tributi e contributi con il concordato? E con il piano attestato?
R: Nel concordato preventivo esiste la possibilità di stralciare parte dei debiti fiscali e previdenziali attraverso la transazione fiscale (art. 182-bis L.F. / art. 23 CCII) . In composizione negoziata ora tale stralcio è ammesso solo in via transattiva concordata con l’Agenzia (vedi sopra). Con il piano attestato puro, invece, non si stralciano i debiti pubblici: l’Agenzia delle Entrate tendenzialmente esige il pagamento integrale, che può però essere rateizzato (6 anni max, 10 in casi particolari) . Quindi se l’impresa ha un ingente debito IVA o INPS non sostenibile, il solo piano attestato non basta. È invece possibile includere questi debiti in un piano attestato con impegni di pagamento, ma senza aspettarsi flessibilità dallo Stato al di là delle normali dilazioni . - D: Tutti i creditori devono aderire al piano attestato o concordato?
R: Piano attestato: non occorre l’adesione di tutti. Si preparano intese (anche verbali) con i creditori coinvolti nel piano, ma chi non aderisce resta libero di chiedere il pagamento integrale dei suoi crediti alla scadenza originaria . Se pochi creditori esitano, si provvede a pagarli con le risorse del piano per evitare controversie. Se invece molti rifiutano, probabilmente il piano attestato non è adatto e conviene passare ad un concordato, che può imporre percentuali di soddisfacimento anche ai dissenzienti. Concordato: richiede che tutte le classi di creditori votino per accettazione del piano, con maggioranze previste per legge (in genere almeno il 50% dei presenti in ogni classe). Un creditore fuori dell’accordo non sarà vincolato dagli effetti del concordato, a meno che il giudice lo estenda (accordo ex art. 57 CCII). - D: Cosa succede se il piano o la composizione falliscono?
R: Se i creditori non si mettono d’accordo o il piano si rivela infattibile, l’impresa entra in insolvenza conclamata. A quel punto scatta l’obbligo di aprire una procedura formale: di norma il tribunale dichiara il fallimento o si passa al concordato preventivo (magari in liquidazione). Importante però: gli atti compiuti in buona fede nel tentativo di risanamento (pagamenti ai creditori, nuove garanzie concesse, ecc.) restano validi e non saranno revocati . I crediti pagati non dovranno essere restituiti e chi ha concesso finanziamenti non viene punito penalmente. Resta fermo che la fine dell’attività è probabile: fallimento o concordato obbligatorio chiuderanno l’impresa. Inoltre, il debitore può essere chiamato a rispondere se ha agito con colpa (procrastinando inutilmente la crisi) . - D: La composizione negoziata si può attivare se è già pendente un’istanza di fallimento?
R: Sì. Recenti modifiche normative (Dlgs 136/2024) chiariscono che l’istanza di fallimento pendente non impedisce di avviare o proseguire la composizione negoziata . Analogamente, l’avvio della composizione negoziata non sospende automaticamente il procedimento di fallimento (a meno che non si ottengano espressamente misure protettive) . In pratica, le due procedure (stragiudiziale e concorsuale) possono procedere in parallelo o concorrenza; nel caso, il Tribunale delle imprese vaglierà quale percorso sia più opportuno, tenendo conto del possibile risanamento oppure dichiarando il fallimento. Il legislatore ha inteso dare flessibilità: l’imprenditore può negoziare anche con la spada di Damocle di un fallimento, nella speranza di evitarlo.
6. Esempi pratici di applicazione
Caso 1 (composizione negoziata con debiti misti): Una S.r.l. di pulizie con 10 dipendenti e fatturato annuo di 600.000 € ha accumulato 50.000 € di debiti INPS, 30.000 € di IVA, 70.000 € verso fornitori di materiali, e 100.000 € di finanziamenti bancari residui. Il titolare decide di attivare subito la composizione negoziata. Presenta al tribunale l’istanza con richiesta di misure protettive e nomina un esperto. In pochi giorni ottiene il congelamento temporaneo di aste e pignoramenti in corso . Grazie alla protezione, intraprende trattative con l’INPS (ottenendo rateizzazione biennale), con il fisco (proponendo un accordo di dilazione) e con la banca (rimodulando il piano di ammortamento in 84 mesi). Contemporaneamente, propone ai fornitori di pagare il 60% dei loro crediti in 12 mesi. L’esperto attesta la sostenibilità del piano e i principali creditori aderiscono alla trattativa. In questo modo l’azienda riduce l’esposizione a breve termine, guadagna un anno di respiro senza esecuzioni e approfitta delle misure premiali fiscali (es. riduzione interessi legali sui debiti transatti) . Se l’accordo venisse tuttavia respinto da troppe controparti, l’azienda potrebbe trasformare la procedura in un concordato semplificato di liquidazione (che, a partire da L. 147/2021, è proprio lo sbocco tipico di una composizione fallita).
Caso 2 (piano attestato in pre-insolvenza): Un imprenditore individuale nel settore delle pulizie si rende conto di avere un grave squilibrio economico (incassi in calo, costi fissi alti). È ancora tecnicamente solvente ma i debiti superano i ricavi. Con l’aiuto di un consulente redige un piano di risanamento, sottolineando nuovi contratti in pipeline e tagli ai costi. Convince un revisore iscritto a certificare i dati contabili. Il piano, attestato, viene presentato a banche e fornitori chiave. L’accordo finale prevede pagamenti scaglionati ai fornitori e copertura dei prestiti bancari con un nuovo piccolo finanziamento ponte (garantito da terzi). Da questo piano non scaturisce alcun atto giudiziario: l’imprenditore ottiene comunque un beneficio indiretto, perché grazie al piano viene escluso il rischio di revocatoria fallimentare su quegli atti eseguiti . In pratica, se entro qualche tempo l’azienda fallisse, le banche e i fornitori pagati attraverso il piano attestato non sarebbero tenuti a restituire gli importi incassati (salvo frode dimostrata) .
Caso 3 (fallimento evitato con concordato): La stessa impresa di pulizie industriali, dopo due anni di tentativi falliti di composizione, si trova insolvente. L’imprenditore propone un concordato preventivo in continuità, presentando un piano dove un investitore introduce risorse fresche per coprire i debiti erariali (grazie a transazione fiscale) e riduce di un terzo il monte debiti verso fornitori con la promessa di ricavi futuri. Poiché i creditori votano favorevolmente (banca al 75%, fornitori al 60%) e il tribunale omologa, l’attività continua. Grazie al concordato, i pignoramenti sulle attrezzature e l’immobile di proprietà sono cessati automaticamente (effetto dell’“automatic stay” concorsuale), e i fornitori che avevano accordato una sofferenza vengono riconosciuti come creditori chirografari ristretti al pagamento concordato. In questo scenario, senza il concordato sarebbe scattato il fallimento, con dispersione del patrimonio e azioni di responsabilità contro l’imprenditore.
Gestisci un’impresa di pulizia industriale e ti ritrovi con debiti verso banche, fornitori, dipendenti o Agenzia delle Entrate? Fatti Aiutare da Studio Monardo
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Hai cartelle esattoriali, mutui o leasing per macchinari, contributi INPS non versati o affitti arretrati, e temi pignoramenti, blocchi bancari o la chiusura dell’attività?
👉 Non farti travolgere: anche le imprese del settore dei servizi e della sanificazione possono difendersi legalmente, bloccare i creditori, ridurre o cancellare i debiti e ripartire in modo regolare e protetto, grazie alle procedure del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019).
In questa guida scoprirai perché molte imprese di pulizia industriale finiscono in difficoltà, quali strategie legali puoi adottare, e come salvare o chiudere la tua attività in modo ordinato e senza rischiare tutto ciò che hai costruito.
🧹 Perché le imprese di pulizia industriale si indebitano
Il settore della pulizia e della sanificazione industriale è competitivo e ad alta intensità di costi. Le principali cause di crisi economica sono:
- Ritardi nei pagamenti da parte di aziende, enti pubblici o condomìni;
- Aumento dei costi di carburante, energia e prodotti professionali;
- Margini ridotti nei contratti di appalto;
- Contributi e tasse elevati rispetto agli incassi;
- Mutui e leasing onerosi per attrezzature, veicoli o macchinari di pulizia;
- Errori fiscali, cartelle esattoriali o sanzioni contributive.
📌 Tutto questo può portare a debiti fiscali, bancari e commerciali, fino al rischio di pignoramenti e perdita dei contratti di appalto.
🧾 I debiti più comuni nelle imprese di pulizia industriale
✅ Debiti fiscali e contributivi
- IVA, IRPEF, INPS, INAIL, TARI, cartelle esattoriali e accertamenti.
✅ Debiti bancari e finanziari
- Mutui e leasing per macchinari, furgoni, idropulitrici, aspiratori e strumenti di lavoro.
- Scoperti di conto e fidi bancari revocati.
✅ Debiti commerciali
- Fatture non pagate a fornitori di detergenti, carburante, attrezzature e manutenzione.
✅ Debiti verso dipendenti e collaboratori
- Stipendi arretrati, TFR e contributi non versati.
✅ Debiti personali o fideiussioni
- Garanzie personali dei soci o titolari su mutui e finanziamenti aziendali.
⚠️ Cosa rischia un’impresa indebitata
Se non agisci in tempo, i creditori possono:
- pignorare conti correnti, mezzi e attrezzature;
- bloccare i pagamenti e i rapporti con i clienti;
- revocare fidi bancari o leasing;
- iscrivere ipoteche sui beni aziendali o personali;
- interrompere contratti e appalti in corso.
👉 Ma oggi la legge ti consente di bloccare tutte le azioni dei creditori, ristrutturare i debiti e salvare la tua impresa, o chiuderla legalmente e senza fallire.
🧩 Le soluzioni legali per imprese di pulizia industriale con debiti
💠 1. Rinegoziazione dei debiti con banche e fornitori
Con l’assistenza di un avvocato puoi ottenere:
- riduzioni del debito complessivo (saldo e stralcio);
- rateizzazioni più lunghe e compatibili con i flussi di cassa;
- sospensione temporanea dei pagamenti per evitare azioni esecutive.
👉 È la soluzione più rapida per chi ha ancora contratti attivi e vuole continuare a lavorare regolarmente.
💠 2. Procedura di sovraindebitamento (D.Lgs. 14/2019 – Codice della Crisi)
È la soluzione legale più efficace per microimprese e ditte individuali.
Consente di:
- bloccare pignoramenti, cartelle e azioni dei creditori;
- presentare un piano di pagamento parziale e realistico;
- ottenere la cancellazione totale dei debiti residui (esdebitazione).
📌 Perfetta per piccole imprese o cooperative che operano con pochi mezzi e contratti locali.
💠 3. Concordato minore (per SRL o cooperative di servizi)
È una procedura giudiziale che consente di:
- bloccare tutte le azioni esecutive e fiscali;
- ridurre legalmente i debiti fiscali e bancari;
- continuare a operare salvando la cooperativa o la società.
📌 È ideale per imprese con più dipendenti o che gestiscono appalti pubblici e privati.
💠 4. Liquidazione controllata dei beni (ex fallimento personale)
Se la tua impresa non è più sostenibile, puoi chiudere legalmente e in modo protetto, mettendo a disposizione solo i beni non indispensabili (mezzi, magazzino, macchinari obsoleti).
Alla fine della procedura, il Tribunale cancella tutti i debiti residui, permettendoti di ricominciare da zero senza pendenze fiscali o bancarie.
💠 5. Verifica e contestazione delle cartelle esattoriali
Molti debiti fiscali e contributivi contengono errori o importi prescritti.
Un avvocato può:
- verificare la prescrizione (5 o 10 anni);
- eccepire vizi di notifica o errori nei calcoli;
- chiedere la sospensione o l’annullamento del debito.
🧽 Cosa fare subito
✅ 1. Raccogli tutta la documentazione contabile e fiscale
Prepara bilanci, cartelle, mutui, leasing, fatture e contratti di appalto.
✅ 2. Blocca subito i creditori con una procedura legale
Con il deposito in Tribunale di una procedura di sovraindebitamento o concordato, tutte le azioni di recupero vengono sospese per legge.
✅ 3. Evita nuovi prestiti o accordi “improvvisati”
Serve una strategia legale personalizzata, gestita da un avvocato esperto in diritto tributario e crisi d’impresa.
📋 Documenti utili per la difesa
- Documento d’identità e codice fiscale del titolare o amministratore.
- Visura camerale e bilanci aziendali.
- Dichiarazioni fiscali e posizione INPS/INAIL.
- Contratti di leasing, mutui e finanziamenti.
- Cartelle esattoriali e accertamenti fiscali.
- Elenco clienti, fornitori e dipendenti.
- Estratti conto bancari e documentazione contabile.
⏱️ Tempi e risultati possibili
- Analisi e strategia legale: 1–3 settimane.
- Deposito della procedura: 1–2 mesi.
- Blocco dei creditori: immediato con il deposito in Tribunale.
- Durata del piano di rientro: da 1 a 5 anni.
🎯 Risultati concreti:
- Stop a pignoramenti, cartelle e sequestri.
- Riduzione o cancellazione legale dei debiti.
- Tutela dei contratti e della continuità aziendale.
- Ripartenza economica e professionale serena.
⚖️ I vantaggi principali
✅ Blocco immediato di tutte le azioni dei creditori.
✅ Riduzione legale dei debiti fino all’80%.
✅ Tutela dei mezzi, del personale e dei contratti di appalto.
✅ Possibilità di mantenere attiva o chiudere in modo protetto l’impresa.
✅ Ripartenza economica pulita e sostenibile.
🚫 Errori da evitare
- Ignorare cartelle o notifiche dell’Agenzia delle Entrate.
- Accumulare nuovi debiti per coprire quelli vecchi.
- Pagare solo alcuni creditori peggiorando la situazione.
- Vendere attrezzature o mezzi senza tutela legale.
- Rimandare troppo: agire subito è essenziale.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza la situazione economica e debitoria della tua impresa di pulizia.
📌 Ti consiglia la soluzione più adatta: rinegoziazione, sovraindebitamento, concordato o liquidazione controllata.
✍️ Redige e deposita il piano legale per bloccare subito i creditori.
⚖️ Ti rappresenta nei rapporti con Agenzia delle Entrate, banche, leasing, fornitori e dipendenti.
🔁 Ti accompagna fino alla cancellazione totale dei debiti o alla ristrutturazione completa dell’attività.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto commerciale, tributario e crisi d’impresa.
✔️ Specializzato nella difesa di imprese di servizi e pulizie con debiti fiscali e bancari.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Essere un’impresa di pulizia industriale con debiti non significa essere destinati a chiudere.
Con una difesa legale tempestiva e mirata, puoi bloccare i creditori, ridurre drasticamente i debiti fiscali e finanziari, e continuare a lavorare in modo legale e sereno, oppure chiudere l’attività in modo ordinato e protetto.
Il Codice della Crisi d’Impresa tutela chi agisce in buona fede e vuole davvero ripartire.
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