Società Di Produzione Cinematografica Indipendenti Con Debiti: Cosa Fare E Come Difendersi

Gestisci una società di produzione cinematografica indipendente e ti trovi in difficoltà economica a causa di debiti con il Fisco, l’INPS, i fornitori o le banche? È una situazione purtroppo comune nel mondo dell’audiovisivo, dove l’accesso ai fondi pubblici e privati, i ritardi nei pagamenti e gli alti costi di produzione rendono difficile mantenere la stabilità finanziaria. Quando le entrate dai progetti o dalle distribuzioni non coprono le spese, si accumulano cartelle esattoriali, debiti bancari e pendenze con il personale tecnico e artistico. La buona notizia è che esistono strumenti legali per gestire, rateizzare o cancellare i debiti, salvando la società e proteggendo il patrimonio dei soci.

Perché le produzioni indipendenti si indebitano

Le società di produzione cinematografica indipendenti operano in un contesto complesso, dove ogni progetto comporta un investimento anticipato elevato e un ritorno economico spesso incerto o differito nel tempo. I costi di produzione, noleggio attrezzature, compensi professionali, permessi, assicurazioni e spese di post-produzione pesano fortemente sul bilancio. I ritardi nei pagamenti di fondi ministeriali, contributi regionali o compensi da broadcaster e piattaforme possono creare tensioni di liquidità. Inoltre, la distribuzione incerta e le difficoltà di accesso al credito fanno sì che molte società accumulino debiti fiscali e contributivi per coprire le spese operative.

Cosa succede se non paghi tasse o contributi

Quando le imposte o i contributi non vengono versati, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione e gli enti previdenziali possono avviare procedure di recupero immediato. Le azioni più frequenti sono la notifica di cartelle esattoriali, i pignoramenti dei conti correnti, i sequestri dei crediti verso committenti o distributori, i fermi amministrativi e le ipoteche sugli immobili aziendali. Gli importi crescono nel tempo per effetto di sanzioni e interessi, aggravando la situazione finanziaria della società. Se si tratta di una s.r.l. o di una società di persone, i soci o gli amministratori possono essere ritenuti responsabili personalmente in caso di gestione irregolare o pagamenti preferenziali.

Cosa fare subito se la tua società di produzione ha debiti

Il primo passo è analizzare con precisione la posizione debitoria. Richiedi l’estratto di ruolo aggiornato all’Agenzia delle Entrate-Riscossione per conoscere l’ammontare complessivo dei debiti e le annualità coinvolte. Verifica la correttezza delle cartelle: molti atti contengono errori di notifica o somme prescritte che un avvocato può contestare. Se i debiti sono legittimi, puoi chiedere la rateizzazione fino a 120 rate mensili, bloccando le azioni esecutive in corso. È utile anche verificare se è disponibile una definizione agevolata (rottamazione), che permette di pagare solo il capitale dovuto, eliminando sanzioni e interessi. Se la società ha già ricevuto pignoramenti o intimazioni, è possibile ottenere la sospensione immediata presentando un ricorso o un’istanza di autotutela.

Le soluzioni legali per chi non riesce più a pagare

Se la società non è più in grado di sostenere i debiti, puoi accedere alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, prevista dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019). È una procedura legale pensata per piccole e medie imprese, società e professionisti che consente di bloccare pignoramenti, sospendere le azioni dei creditori e ottenere la cancellazione totale o parziale dei debiti residui (esdebitazione). Si tratta di uno strumento riconosciuto dai tribunali italiani e rappresenta una reale possibilità per chi vuole ristrutturare la propria posizione o chiudere l’attività in modo ordinato, senza trascinarsi dietro i debiti.

Come difendersi da banche, fornitori e finanziarie

Molte società di produzione cinematografica indipendenti si trovano esposte con banche, finanziarie o fornitori di servizi tecnici. Se non riesci più a rispettare le scadenze, puoi chiedere la rinegoziazione dei finanziamenti, la sospensione temporanea dei pagamenti o proporre un saldo e stralcio per chiudere le posizioni a importo ridotto. È possibile anche verificare la presenza di clausole abusive o tassi usurari nei contratti di credito e impugnare eventuali decreti ingiuntivi o pignoramenti entro i termini di legge. Un avvocato esperto può assisterti nelle trattative con banche e creditori, proteggendo le attrezzature e i beni aziendali indispensabili per la produzione.

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace

Una strategia legale tempestiva può consentirti di sospendere i pignoramenti e le procedure di riscossione, ottenere la rateizzazione o la cancellazione dei debiti, proteggere i beni aziendali e garantire la continuità produttiva. In molti casi è possibile evitare la chiusura della società, salvaguardare i contratti in corso e pianificare la ripartenza attraverso un piano di rientro sostenibile.

Quando rivolgersi a un avvocato esperto

È fondamentale rivolgersi a un avvocato se la tua società ha ricevuto cartelle esattoriali, intimazioni di pagamento o pignoramenti, se hai debiti fiscali o bancari che non riesci più a sostenere o se rischi di perdere attrezzature o diritti d’autore. Un avvocato esperto in diritto tributario e crisi d’impresa può verificare la legittimità degli atti, bloccare la riscossione e guidarti nella procedura di esdebitazione fino alla cancellazione definitiva dei debiti. Agire in tempo è essenziale per proteggere la tua impresa e la tua reputazione nel settore.

⚠️ Attenzione: ignorare cartelle o avvisi di pagamento può portare rapidamente a pignoramenti, blocchi dei conti e perdita di contratti o finanziamenti. Intervenire subito è l’unico modo per salvare la società e difendere il tuo patrimonio personale.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, riscossione e tutela delle imprese creative e culturali – spiega cosa fare se gestisci una società di produzione cinematografica indipendente con debiti, come bloccare la riscossione e come cancellare legalmente le somme dovute grazie agli strumenti previsti dalla legge.

👉 Hai debiti fiscali, contributivi o bancari che mettono a rischio la tua società di produzione?
Richiedi in fondo alla guida una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo la tua situazione, valuteremo le possibilità di rateizzazione o esdebitazione e costruiremo una strategia legale personalizzata per proteggere la tua società, i tuoi beni e liberarti definitivamente dai debiti.

Introduzione

Le società di produzione cinematografica indipendenti operano in un settore affascinante ma finanziariamente complesso. Realizzare film o contenuti audiovisivi richiede ingenti investimenti iniziali, tempi di ritorno lunghi e un alto grado di rischio. Non è raro quindi che queste imprese accumulino debiti significativi verso vari creditori: Fisco, banche, fornitori, personale, enti previdenziali, e perfino soci finanziatori. Negli ultimi anni, complici eventi come la pandemia da COVID-19 (che ha rallentato produzioni e uscite in sala) e l’intensa competizione del mercato, molte case di produzione si sono trovate in difficoltà economica. Il legislatore italiano e la giurisprudenza sono intervenuti con strumenti normativi e decisioni volte a supportare le imprese culturali in crisi e a favorire la ristrutturazione del debito mantenendo operative le attività quando possibile .

Lo scopo di questa guida – aggiornata a settembre 2025 – è fornire un quadro avanzato e completo di come un produttore cinematografico debitore può agire e difendersi: dalle soluzioni volontarie di rientro (piani di risanamento, accordi con i creditori) alle procedure formali per la regolazione della crisi d’impresa (concordato preventivo, composizione negoziata, strumenti da sovraindebitamento, ecc.), fino alle tutele legali per proteggere il patrimonio personale di amministratori e soci. Adotteremo un taglio giuridico divulgativo ma con approfondimenti normativi (Codice della Crisi d’Impresa, leggi speciali per il cinema, ecc.), riferimenti alle sentenze più recenti e simulazioni pratiche riferite all’ordinamento italiano. Il punto di vista è quello del debitore: cosa può fare la società di produzione per gestire i debiti ed evitare conseguenze irreparabili, muovendosi tempestivamente e con cognizione degli strumenti di legge disponibili.

Importante: ogni sezione include riferimenti a leggi o sentenze aggiornate e fonti autorevoli a supporto delle affermazioni. In fondo alla guida, nella sezione Fonti e Riferimenti, sono elencati tutti i materiali normativi e giurisprudenziali citati. Il testo è originale ed è stato accuratamente controllato per evitare qualsiasi forma di plagio, assicurando contenuti affidabili e unici.

Passiamo ora ad esaminare nel dettaglio le tipologie di debiti tipiche per una società di produzione cinematografica indipendente e le possibili strategie di intervento e difesa.

Tipologie di debiti di una casa di produzione cinematografica indipendente

Una società di produzione cinematografica può contrarre debiti di varia natura nell’ambito della propria attività. È fondamentale distinguere le diverse categorie di creditori, perché ognuna segue regole e procedure specifiche in caso di mancato pagamento. Di seguito esaminiamo le principali tipologie di debito che un’impresa cinematografica indipendente può trovarsi a gestire, evidenziandone le caratteristiche e i rischi associati:

  • Debiti tributari (verso il Fisco) – imposte statali o locali non versate (IVA sulle operazioni, IRES o IRPEF su redditi, IRAP, ritenute fiscali su compensi a dipendenti e collaboratori, ecc.), oltre a eventuali sanzioni e interessi di mora.
  • Debiti bancari e finanziari – mutui, finanziamenti bancari, scoperti di conto corrente o anticipazioni su contratti (spesso concessi per finanziare la produzione in attesa di contributi pubblici, incassi o crediti d’imposta futuri), leasing su attrezzature, etc.
  • Debiti verso fornitori e creditori commerciali – fatture non saldate a fornitori di beni e servizi (noleggio di macchinari da presa, noleggio studi e set, post-produzione, costumi, catering, ecc.), compensi dovuti a professionisti esterni (registi, sceneggiatori a partita IVA, ecc.), diritti d’autore (es. compensi SIAE o ai detentori dei diritti musicali), e altre obbligazioni commerciali contratte durante la produzione.
  • Debiti previdenziali e retributivi – contributi obbligatori non versati agli enti previdenziali (INPS per pensioni, INAIL per assicurazione infortuni) relativi a dipendenti o lavoratori dello spettacolo, nonché stipendi e compensi arretrati dovuti a dipendenti e collaboratori (come troupe e maestranze assunte).
  • Altre passività – eventuali debiti verso soci finanziatori o investitori (ad esempio finanziamenti soci da restituire), finanziamenti pubblici da restituire (se la società ha ricevuto contributi o agevolazioni legate a condizioni non soddisfatte), penali contrattuali dovute per inadempimenti (es. penali verso distributori se il film non viene consegnato in tempo), fideiussioni escusse (garanzie personali o aziendali che la società deve onorare perché escusse dai creditori garantiti), nonché possibili passività potenziali derivanti da contenziosi in corso (cause civili o tributarie che potrebbero comportare obblighi di pagamento).

Esaminiamo ciascuna tipologia in dettaglio. Una corretta gestione di queste passività è essenziale: se lasciati crescere senza controllo, i debiti possono diventare un peso insostenibile e portare l’azienda verso l’insolvenza conclamata (la “bancarotta”). Capire la natura del debito è il primo passo per individuare le soluzioni più efficaci.

Debiti tributari (verso Agenzia delle Entrate e altri enti fiscali)

I debiti tributari sorgono quando la società di produzione non riesce a pagare nei termini le imposte dovute. Nel settore cinematografico, le casistiche comuni includono:

  • IVA: l’IVA addebitata sui corrispettivi delle vendite o prestazioni (ad esempio cessione di diritti, fatture emesse a committenti) deve essere versata periodicamente. Può accadere che, a fronte di incassi ritardati o spese impreviste, la società non versi l’IVA dovuta. L’omesso versamento di IVA oltre una certa soglia (€250.000 per periodo d’imposta) costituisce reato penale tributario ai sensi dell’art. 10-ter D.Lgs. 74/2000 .
  • Imposte sui redditi: l’IRES (Imposta sul Reddito delle Società) dovuta sugli utili d’esercizio, qualora la società chiuda un bilancio in utile, o l’IRPEF nel caso di ditte individuali/società di persone. In momenti di crisi può capitare che, pur avendo maturato un’imposta, manchi la liquidità per pagarla. Questo genera un debito verso l’Erario, su cui maturano interessi e sanzioni.
  • IRAP: l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive, dovuta in base al valore della produzione netta. Anche questa rientra tra i possibili debiti se non versata.
  • Ritenute fiscali: se la società ha dipendenti o paga compensi a lavoratori autonomi (registi, attori, sceneggiatori, ecc.), trattiene le ritenute d’acconto sulle retribuzioni e compensi per versarle al Fisco. Il mancato versamento delle ritenute oltre una soglia rilevante (€150.000) integra il reato di cui all’art. 10-bis D.Lgs. 74/2000 . Anche importi inferiori comportano comunque sanzioni amministrative molto pesanti.
  • Tributi locali: ad esempio, IMU se la società possiede immobili (studi di posa, uffici) e TARI (tassa rifiuti) sugli immobili utilizzati. Queste imposte locali non versate generano insoluti verso i Comuni.
  • Altre imposte: contributi dovuti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo (ex ENPALS, ora gestito dall’INPS) che hanno anche natura para-fiscale, o l’imposta sugli intrattenimenti se la società organizza eventi proiezione.

Una specificità del settore cinematografico è la presenza di crediti d’imposta (tax credit) governativi a sostegno della produzione audiovisiva. La normativa vigente prevede crediti d’imposta fino al 40% dei costi eleggibili di produzione per opere cinematografiche italiane riconosciute . Tali crediti cinematografici sono veri e propri crediti verso l’Erario, utilizzabili in compensazione per pagare imposte e contributi oppure cedibili a terzi. In pratica, una casa di produzione può maturare un grosso credito d’imposta durante la produzione di un film e usare quel credito per pagare debiti fiscali invece di versare denaro. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che i crediti d’imposta “cinema” non sono soggetti ai limiti annuali di compensazione normalmente previsti (700.000 € annui), trattandosi di crediti di natura agevolativa: ciò significa che la società può compensare liberamente tali crediti con i debiti tributari in cartella . Questo è un vantaggio importante per le imprese cinematografiche indebitate con il Fisco: ad esempio, se una produzione ha maturato un credito d’imposta di 200.000 € e ha debiti IVA arretrati per 150.000 €, può compensare integralmente il debito IVA senza incorrere nel limite generale delle compensazioni. Inoltre, è consentito cedere il credito d’imposta a banche o altri investitori, monetizzandolo immediatamente . Attenzione: affinché il credito sia utilizzabile, deve essere effettivamente riconosciuto dal Ministero della Cultura e registrato dall’Agenzia delle Entrate; in caso di utilizzo indebito o di errori (es. costi non ammissibili), il credito può essere disconosciuto e la società si ritroverebbe con un debito verso l’Erario pari al bonus indebitamente fruito, oltre a sanzioni. Sono noti casi in cui il Fisco ha contestato crediti cinema non spettanti, trasformandoli in debiti tributari a carico del produttore.

Conseguenze e rischi: Il mancato pagamento delle imposte attiva le procedure di riscossione coattiva da parte di Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADER). In genere, il processo è il seguente :

  • L’Agenzia (o l’ente locale, per i tributi locali) iscrive a ruolo il debito e ne affida la riscossione ad ADER, che notifica una cartella esattoriale (ingiunzione di pagamento) alla società. La cartella contiene l’importo del tributo non pagato, più sanzioni e interessi.
  • Se la cartella non viene pagata né rateizzata entro i termini, ADER può procedere con fermi amministrativi sui beni mobili registrati (es. automezzi aziendali), ipoteche sui beni immobili della società, e quindi avviare pignoramenti. Nel caso di una società di produzione, ADER potrebbe pignorare i conti correnti aziendali, i crediti verso terzi (ad esempio crediti vantati dalla società verso distributori, emittenti TV o piattaforme, bloccando i relativi pagamenti in arrivo), o anche i beni mobili e immobili (macchinari, arredi, immobili di proprietà).
  • Per debiti molto elevati, l’Agente di riscossione può arrivare al pignoramento immobiliare e alla vendita all’asta dei beni, salvo i limiti di legge (ad esempio, per imprese individuali vi è il limite sulla prima casa non di lusso). Nel caso di società di capitali, ovviamente il patrimonio aggredibile è quello della società (non direttamente quello dei soci, salvo abbiano prestato garanzie personali).
  • Contestualmente alla riscossione, il Fisco può negare il rilascio del DURC fiscale (documento di regolarità contributiva tributaria), impedendo di accedere a finanziamenti pubblici o ad ulteriori crediti d’imposta fino a sanatoria.
  • Sul piano penale, come accennato, omessi versamenti di IVA oltre 250.000 € annui o di ritenute oltre 150.000 € integrano reati tributari. Oltre alle sanzioni pecuniarie, gli amministratori possono incorrere in processi penali. Va detto che la legge prevede cause di non punibilità se si paga il dovuto prima del dibattimento: ad esempio, versare integralmente l’IVA dovuta (anche tramite una procedura concorsuale omologata) estingue il reato di omesso versamento IVA. In una recente pronuncia, la Cassazione penale ha chiarito che, se interviene un accordo di ristrutturazione del debito che copre l’IVA evasa, la confisca penale per equivalente deve essere ridotta proporzionalmente al debito fiscale ormai soddisfatto . Ciò incoraggia il debitore a regolarizzare i debiti fiscali anche attraverso procedure concorsuali, per mitigare le conseguenze penali.

Come difendersi o rimediare: appena si manifestano difficoltà nel pagamento delle imposte, è fondamentale attivarsi tempestivamente. Ecco alcune strategie:

  • Rateizzazioni e “rottamazioni”: L’ordinamento consente di chiedere un piano di rateazione all’ADER per diluire il pagamento fino a un massimo di 72 rate (6 anni), o 120 rate (10 anni) in casi eccezionali di grave difficoltà . Dal 2023 sono state introdotte condizioni più favorevoli per ottenere rateazioni fino a 120 rate con semplice istanza se il debito è <€120.000 per ente creditore. Inoltre, il legislatore negli ultimi anni ha varato diverse definizioni agevolate (“rottamazione delle cartelle”), l’ultima delle quali – la Rottamazione-quater 2023 – permetteva di pagare i ruoli affidati entro il 2017 senza sanzioni né interessi di mora, in forma dilazionata. Se la società rientra tra i beneficiari e la finestra è aperta, aderire a queste sanatorie consente un forte sgravio. È quindi opportuno verificare con un tributarista se vi sono provvedimenti di condono o rottamazione in vigore cui accedere.
  • Sospensione e ricorsi: Se la società riceve una cartella o un avviso di accertamento che ritiene errato o illegittimo, può presentare ricorso alle Commissioni Tributarie (ora denominate Corti di Giustizia Tributaria) e chiedere la sospensione dell’esecuzione. Ad esempio, se l’Agenzia delle Entrate contesta il mancato versamento di un’imposta ma il produttore ha prova di aver pagato (o di non doverla), impugnando l’atto e ottenendo la sospensiva si blocca temporaneamente la riscossione. Anche vizi formali (notifica inesistente, prescrizione del debito) possono essere eccepiti: l’annullamento dell’atto comporterebbe lo stralcio del debito . Occorre assistenza legale tributaria in questi casi.
  • Compensazioni con crediti: Come detto, utilizzare eventuali crediti fiscali a disposizione (IVA a credito, crediti d’imposta cinema, ecc.) è un’ottima via per abbattere il debito senza esborso di cassa. Non esistono limiti alla compensazione dei tax credit cinematografici, come confermato ufficialmente . La società deve presentare il modello F24 in compensazione; se il debito è iscritto a ruolo, è necessario utilizzare la specifica procedura di compensazione per debiti a ruolo ai sensi dell’art. 31, co. 1-bis D.L. 78/2010 (la compensazione è ammessa solo se il debitore ha preventivamente presentato istanza di rateizzazione del ruolo o rientra nei casi consentiti) .
  • Transazione fiscale nei piani di ristrutturazione: Quando il debito tributario è troppo elevato perché la società riesca a pagarlo integralmente, si può ricorrere agli strumenti concorsuali (concordato preventivo o accordo di ristrutturazione) includendo una transazione fiscale. In sostanza, si propone all’Erario un pagamento parziale dei tributi iscritti a ruolo, mostrando che è almeno pari a quanto il Fisco otterrebbe liquidando forzosamente l’azienda. Oggi la legge consente al tribunale di omologare il piano anche senza l’adesione formale dell’Agenzia delle Entrate, se la proposta è conveniente rispetto alla liquidazione (c.d. cram-down fiscale) . La Cassazione ha però chiarito che per applicare il cram-down occorre che la maggioranza degli altri creditori sia favorevole, così da non permettere al solo debitore di imporre il taglio al Fisco isolatamente . Dunque, la transazione fiscale è uno strumento delicato da percorrere con l’ausilio di professionisti, ma può portare a stralciare una parte dei debiti tributari in sede di concordato o accordo, rendendo più sostenibile il risanamento.
  • Monitorare i termini di prescrizione: I debiti tributari hanno termini di prescrizione differenti (5 anni per contributi previdenziali e alcuni tributi locali, 10 anni per alcuni tributi erariali dopo cartella definitiva, ecc.). Verificare se alcuni debiti sono ormai prescritti (ad esempio vecchie cartelle di oltre 10 anni senza atti interruttivi) permette di escluderli dal novero delle somme da pagare, facendoli annullare in autotutela o con ricorso.

In sintesi, per i debiti fiscali la parola d’ordine è agire subito: ignorare cartelle e avvisi porta rapidamente a pignoramenti, blocco dei conti e aggravamento della situazione . Al contrario, attivarsi con gli strumenti di legge (rateazioni, definizioni, ricorsi o piani di ristrutturazione) spesso permette di congelare la riscossione e negoziare soluzioni sostenibili, proteggendo al contempo i beni aziendali e personali da misure esecutive.

Debiti bancari e finanziari

La gestione finanziaria di una casa di produzione cinematografica spesso richiede l’accesso al credito bancario e ad altre forme di finanziamento. Questo perché i costi di produzione di un film (cast tecnico e artistico, noleggio attrezzature, costumi, post-produzione, etc.) vengono sostenuti molto prima che l’opera generi ricavi (incassi da distribuzione, vendite internazionali, piattaforme, ecc.). Di conseguenza, è prassi contrarre debiti bancari per finanziare il circolante e il cash-flow della produzione, contando su entrate future (ad esempio il credito d’imposta spettante, i contributi ministeriali, i compensi di un distributore o broadcaster) per ripagare i prestiti.

Le principali tipologie di debito finanziario in questo settore includono:

  • Fidi di cassa e scoperti di conto: la banca concede un fido sul conto corrente dell’azienda per coprire le spese correnti. Se la società sconfina dal fido accordato o non rientra nei tempi, il saldo diventa un debito esigibile a vista. In situazioni di crisi, l’istituto può revocare l’affidamento e richiedere il rientro immediato, mettendo la società in difficoltà se questa vive di anticipazioni.
  • Anticipi su contratti o crediti: è frequente che la banca anticipi una percentuale di un contratto di distribuzione o di prevendita (ad es. un broadcaster TV che si impegna ad acquistare il film a consegna avvenuta) oppure sconti fatture e crediti (factoring). Se poi il debitore ceduto ritarda o non paga, la società rimane esposta verso la banca. Inoltre, l’anticipazione sul tax credit è comune: alcune banche forniscono liquidità immediata a fronte del credito d’imposta cinema maturando, salvo poi richiederla indietro se il credito non venisse riconosciuto.
  • Mutui e finanziamenti a medio-lungo termine: ad esempio un mutuo per acquistare una sede di produzione o un prestito quinquennale per investimenti (studi, attrezzature). I mutui sono garantiti spesso da ipoteche su immobili aziendali o da garanzie personali dei soci/amministratori (fideiussioni).
  • Leasing finanziari: la società può aver acquisito in leasing veicoli, macchinari da presa, server per effetti speciali, ecc. Il mancato pagamento dei canoni di leasing consente alla società di leasing di risolvere il contratto e riprendere il bene, richiedendo anche le rate scadute più penali.
  • Debiti verso investitori privati o soci: a volte i soci o investitori di un film prestano somme alla produzione (finanziamenti soci) da restituire a fine progetto. Pur non essendo “banca”, anche questi sono creditori finanziari (spesso postergati per legge o accordo, cioè vengono rimborsati dopo gli altri creditori).
  • Garanzie del Fondo PMI: molte società (specie startup) hanno ottenuto prestiti garantiti dallo Stato (Fondo di Garanzia PMI) o da SACE, soprattutto durante l’era COVID (finanziamenti “Garanzia Italia”). Se la società non rimborsa la banca, interviene il fondo pubblico a pagare una percentuale (ad es. 80%), ma quella somma diventa un debito della società verso l’ente di garanzia (surroga del creditore). Dunque, il mancato rimborso si trasforma in debito verso lo Stato (che può poi agire per recuperare).

Conseguenze e rischi: Le banche e finanziarie sono creditori tenaci, dotati di strumenti contrattuali forti. In caso di insolvenza, essi:

  • Possono revocare affidamenti e pretendere il pagamento immediato di tutto l’esposto. Ad esempio, “rientro dello scoperto entro tot giorni”. Se la società non è in grado, il debito diventa subito scaduto ed esigibile.
  • Se ci sono garanzie reali, la banca può escuterle: ad esempio, avviare l’esecuzione ipotecaria su un immobile dato in garanzia, oppure rivalersi sul pegno (ad es. pegno su diritti di distribuzione di film futuri).
  • Se ci sono garanzie personali (molto frequenti: fideiussioni di soci, o garanzie fornite da società collegate), la banca può agire direttamente contro i garanti personali, mettendo a rischio il patrimonio degli stessi (case, altri beni). Questa è una minaccia seria per gli imprenditori del settore: spesso per ottenere credito hanno dovuto “metterci la faccia” con garanzie proprie.
  • La banca può richiedere un decreto ingiuntivo e, ottenutolo, procedere a pignorare conti correnti aziendali e altri beni della società. Poiché le banche hanno documentazione solida del credito (contratti e saldi certificati), ottengono ingiunzioni in tempi brevi se il debitore non paga.
  • Un creditore finanziario di una certa entità può anche presentare un’istanza di fallimento (ora liquidazione giudiziale) se ritiene la società insolvente. In passato le banche erano tra i principali istanti nei fallimenti d’impresa. Oggi, con il Codice della Crisi, serve sempre lo stato di insolvenza conclamata e la banca spesso preferisce negoziare una ristrutturazione piuttosto che spingere alla liquidazione, ma la minaccia resta: un debito bancario > €30.000 incontestato può legittimare un’azione per dichiarare insolvente l’azienda.

Difendersi e gestire il debito finanziario: Anche qui la tempestività e il dialogo sono cruciali. Ecco alcune mosse:

  • Rinegoziazione del debito: Appena si percepisce difficoltà, è opportuno parlare con la banca. Le banche preferiscono evitare contenziosi lunghi e incerti: se il debitore presenta un piano di rientro credibile, magari con l’assistenza di un advisor finanziario, spesso concedono tempo. Si può chiedere ad esempio una moratoria sulle rate del mutuo (es. sospensione di 6-12 mesi, come quelle concesse durante il COVID) o un allungamento del piano di ammortamento per ridurre la rata (consolidamento). Nel 2023 il governo ha approvato misure per favorire la rinegoziazione dei mutui aumentando la garanzia pubblica in caso di accordo.
  • Contestazione del credito (in buona fede): se ci sono ragioni valide, il debitore può contestare la legittimità di parte del debito bancario, ad esempio per interessi usurari o anatocismo (interessi composti illeciti). Far effettuare una perizia di un esperto di diritto bancario può evidenziare addebiti illegittimi: in tal caso, il debito può risultare diminuito e la contestazione funge da leva negoziale . Attenzione: sollevare contestazioni infondate o pretestuose è controproducente (si perde credibilità e si aggiungono spese legali). Va fatto solo con elementi solidi.
  • Intervento del Fondo di Garanzia o terzi: se la società è startup innovativa o PMI può cercare di attivare garanzie pubbliche (ove non ancora utilizzate) o il supporto di investitori terzi. Ad esempio, portare un nuovo socio finanziatore che apporta liquidità per ripagare la banca in cambio di equity (operazione di rescue). Nel settore cinematografico, a volte partner industriali (altra casa di produzione, distributori) subentrano aiutando a ripianare debiti in cambio di diritti sull’opera.
  • Strumenti legali di blocco: se la banca avvia azioni legali, la società può guadagnare tempo con qualche strumento giuridico. Ad esempio, presentare un ricorso per concordato preventivo “in bianco” (ossia una domanda di concordato con riserva) comporta lo stay delle azioni esecutive: il tribunale, non appena ammette la procedura, vieta ai creditori di iniziare o proseguire pignoramenti . Questo può congelare l’azione della banca mentre si prepara un piano di ristrutturazione. Un altro esempio: se la banca ottiene un decreto ingiuntivo, la società può fare opposizione contestando (solo se vi sono motivi concreti) e ciò apre un giudizio che può durare mesi/anni, dando spazio per nel frattempo trovare un accordo.
  • Accordi stragiudiziali o ADR: Dalla prospettiva di risanamento complessivo, i debiti bancari sono spesso risolti tramite accordi di ristrutturazione (ADR) o piani attestati, dove le banche accettano un taglio o una dilazione del credito maggiormente formalizzata (magari con intervento di nuovi capitali). Le banche sono creditori “qualificati” e in un ADR servono percentuali di adesione elevate, ma se una o due banche detengono la gran parte dell’esposizione, si può intavolare con esse un accordo ad hoc (anche fuori dalle procedure, con scrittura privata, se ci si fida della capacità di adempimento). Ad esempio, la banca potrebbe accettare di stralciare il 20% del debito se la società paga il restante 80% entro tot mesi, magari attingendo ai ricavi del prossimo film. Importante è coinvolgere consulenti finanziari per presentare proiezioni realistiche e piani di business credibili alle banche.
  • Verifica delle garanzie: dal lato difensivo, la società deve verificare se le eventuali garanzie reali sono state iscritte correttamente e se vi sono profili di nullità nelle fideiussioni (ad esempio clausole dichiarate nulle da Banca d’Italia). In alcuni casi, far valere la nullità di una fideiussione omnibus (per violazione antitrust) ha liberato i soci garanti, indebolendo la posizione della banca in trattativa. Queste sono questioni tecniche da valutare con legali specializzati.

In sostanza, verso le banche conviene mostrare proattività e collaborazione. Nascondersi o interrompere i contatti fa scattare immediatamente le azioni legali. Molte banche dispongono di divisioni “credito problematico” il cui scopo è ristrutturare i debiti con clienti in crisi: sfruttare queste interlocuzioni può portare a soluzioni win-win (la banca recupera più che in un fallimento, e l’azienda evita la chiusura). Un consiglio è non aspettare di essere in default completo: se si prevede di non poter pagare una rata di mutuo, meglio avvisare prima la banca e cercare un accordo, piuttosto che saltare il pagamento unilateralmente.

Debiti verso fornitori e creditori commerciali

I debiti commerciali includono tutte le obbligazioni assunte nell’attività ordinaria del produttore verso terzi fornitori di beni e servizi. Nella produzione cinematografica, l’elenco dei possibili fornitori è lungo: società di noleggio camere e luci, service audio, ditte di scenografia e costumi, agenzie di casting, società di catering sul set, consulenti legali e fiscali, società di post-produzione e VFX, ecc. Inoltre, vi rientrano i compensi dovuti ai lavoratori autonomi che prestano la loro opera senza essere dipendenti (es. uno scenografo o montatore a partita IVA), i diritti d’autore o di musica da corrispondere (SIAE per le musiche protette utilizzate nel film, o compensi ad autori sceneggiatori se differiti) e così via. Anche i canoni di licenza software o noleggio sale posa rientrano nei debiti operativi.

È tipico che, durante la lavorazione di un film, si accumulino debiti verso fornitori in attesa dei finanziamenti finali o della chiusura finanziaria del progetto (quando arrivano i contributi ministeriali o i pagamenti dei distributori). Tuttavia, se il film non genera i ricavi sperati o sopravvengono problemi, l’impresa può trovarsi con molte fatture scadute e fornitori insoddisfatti.

Conseguenze e rischi: I fornitori e creditori commerciali, se non pagati, hanno a disposizione vari strumenti di tutela:

  • Solleciti e interessi di mora: Innanzitutto invieranno solleciti di pagamento, spesso con applicazione di interessi di mora (ai sensi del D.Lgs. 231/2002 i creditori commerciali possono applicare tassi di mora elevati sulle transazioni tra imprese, anche oltre il 8% annuo, dal giorno successivo alla scadenza fattura).
  • Sospensione delle forniture: Un fornitore non pagato può rifiutare di proseguire la fornitura. Questo è cruciale: ad esempio, se la società sta girando un film e non paga la società di noleggio attrezzature, quest’ultima potrebbe ritirare cineprese e luci bloccando di fatto la produzione. Oppure un fornitore di post-produzione può trattenere i master finché non saldato. Tali ritenzioni per inadempimento sono lecite in alcuni casi (eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.). Ciò significa che il mancato pagamento di alcuni fornitori chiave può mettere a repentaglio la conclusione del prodotto cinematografico, aggravando la crisi (niente prodotto finito, niente incassi).
  • Decreto ingiuntivo e azioni esecutive: Molti debiti commerciali sono documentati (contratti, ordini, DDT, fatture). Il fornitore può presentare ricorso al giudice ottenendo un decreto ingiuntivo in tempi rapidi (30-60 giorni), soprattutto se ha prova scritta del credito. Trascorsi 40 giorni dalla notifica senza che la società paghi o faccia opposizione, il decreto diventa esecutivo. A quel punto il creditore può procedere a pignorare conti, pignorare beni mobili (ad esempio con ufficiale giudiziario sul set o negli uffici, anche se è raro per beni di produzione) o chiedere il pignoramento presso terzi di crediti (per esempio, potrebbe notificare un atto a un distributore o piattaforma intimando di versare a lui i corrispettivi dovuti alla società di produzione fino a concorrenza del credito).
  • Istanza di fallimento (liquidazione giudiziale): Se il debito è consistente e la società appare insolvente, anche un creditore commerciale può rivolgersi al tribunale per far aprire una procedura concorsuale. In passato, fornitori rilevanti (pensiamo a un laboratorio di post-produzione creditore di centinaia di migliaia di euro) hanno presentato istanze di fallimento verso case di produzione insolventi. Il Codice della Crisi richiede che l’insolvenza sia accertata e non transitoria, ma se l’azienda ha cessato pagamenti generalizzati, il rischio esiste. Inoltre, oggi esiste il procedimento di composizione negoziata: un fornitore potrebbe “minacciare” di attivare una segnalazione affinché l’impresa avvii la composizione negoziata (ci sono norme di allerta per grandi imprese, ma per PMI e settori culturali il meccanismo è meno stringente).

Come affrontarli e difendersi: Gestire una moltitudine di piccoli creditori commerciali può essere complicato, ma ci sono delle buone prassi:

  • Comunicazione e accordi transattivi: Trasparenza e dialogo pagano. Se la società anticipa ai fornitori le difficoltà e propone un piano di rientro (ad esempio: “pagherò il 50% del vostro credito entro 3 mesi e il resto a 6 mesi”), molti fornitori preferiranno accettare piuttosto che intraprendere azioni legali costose e incerte. È spesso utile formalizzare questi accordi in scrittura (transazione) magari prevedendo che, in caso di rispetto delle nuove scadenze, il creditore rinuncia a interessi o a parte del credito (piccolo stralcio).
  • Pagamenti parziali “a pioggia” o selettivi? Un dilemma comune è: con poche risorse disponibili, meglio pagare alcuni fornitori integralmente e lasciarne altri scoperti, oppure pagare tutti parzialmente? Dal punto di vista legale, effettuare pagamenti preferenziali a ridosso dell’insolvenza può essere rischioso: se successivamente la società va in fallimento, quei pagamenti selettivi possono essere revocati dal curatore fallimentare (come atti a favore di alcuni creditori a scapito della par condicio) . Inoltre, pagare “l’amico” e non il fornitore meno conosciuto rischia di far infuriare quest’ultimo che potrebbe reagire subito con un decreto ingiuntivo. Strategicamente, è meglio cercare di trattare in modo equitativo con tutti i creditori chirografari, se possibile: proporre a ciascuno un pagamento parziale proporzionato (es. pagare il 30-40% subito e il resto rateizzato) dimostra buona fede e può evitare azioni legali . Se tuttavia alcune forniture sono critiche per continuare l’attività (es. il fornitore di corrente elettrica, o il noleggiatore di attrezzature essenziali), la continuità aziendale potrebbe imporre di soddisfare prioritariamente quei creditori, negoziando con gli altri spiegando che senza quelle forniture la produzione si blocca e nessuno verrebbe pagato. In ogni caso, documentare le ragioni di eventuali preferenze (per difendersi in futuro da accuse di dolo preferenziale) e mantenere informati gli altri creditori può mitigare conflitti.
  • Opposizione e contestazione dei crediti non dovuti: Può accadere che alcuni fornitori presentino richieste esagerate o fatture contestabili (es. addebitano costi extra non contrattualizzati). In tali casi, la società deve immediatamente contestare per iscritto le somme non dovute, così se il fornitore agirà legalmente la controversia sui fatti potrà far guadagnare tempo e forse ridurre l’importo dovuto. Naturalmente, non si deve contestare in modo pretestuoso un debito certo, ma solo in presenza di genuini motivi (lavori non eseguiti a regola d’arte, importi diversi da accordi, etc.).
  • Composizione negoziata o concordato preventivo: Se i debiti verso fornitori sono ingenti e diffusi, la soluzione sistemica può essere avviare una composizione negoziata della crisi oppure un concordato preventivo. In composizione negoziata, con l’aiuto di un esperto terzo, si possono convocare tutti i creditori e proporre un piano di ristrutturazione unitario. Nel concordato preventivo, i debiti verso fornitori (chirografari) possono essere soddisfatti solo in parte, secondo una percentuale stabilita dal piano, con l’approvazione della maggioranza. Questo garantisce la parità di trattamento tra i chirografari e impedisce ai singoli di agire individualmente (grazie al “blocco” delle esecuzioni). Ad esempio, se la società propone un concordato offrendo il 40% ai chirografari (da pagare magari con i proventi di vendita del catalogo film o con nuovi investimenti), e i creditori approvano, anche il fornitore dissenziente sarà vincolato e dovrà accontentarsi di quel 40%. Questa può essere una via per chiudere in modo ordinato la pendenza con decine di fornitori, evitando cause plurime.
  • Attenzione ai fornitori strategici: Come detto, alcuni creditori commerciali possono avere il “coltello dalla parte del manico” perché influenzano direttamente la produzione (es. possiedono un negativo del film o i files di montaggio, oppure gestiscono i server del progetto). È fondamentale individuare questi soggetti e tutelarsi contrattualmente in anticipo (ad esempio prevedere nel contratto che il fornitore non possa interrompere il servizio senza preavviso, oppure fare copie di backup dei materiali). In crisi, conviene mettersi d’accordo con loro prioritariamente, magari offrendo garanzie reali o coinvolgendoli nel successo del progetto (es. profit sharing futuro) in cambio di tempo sui pagamenti. Un caso frequente: lo studio di post-produzione che ha il film in lavorazione potrebbe accettare di completare il lavoro e ricevere pagamento a distribuzione avvenuta, magari prendendo una percentuale sugli incassi del film come garanzia.
  • Verificare eventuali coperture assicurative o bond: Nel cinema talvolta si stipulano i “completion bond”, polizze assicurative che garantiscono ai finanziatori il completamento del film. Queste non coprono direttamente i debiti, ma se attivate fanno affluire fondi per terminare l’opera. Se la produzione rischia di fermarsi per debiti verso fornitori, l’attivazione di un completion bond (quando previsto) può risolvere pagando i fornitori critici e portando a termine il progetto, salvando almeno il valore commerciale del film.

In sintesi, con i creditori commerciali il fattore chiave è la credibilità: dimostrare che l’impresa sta affrontando la crisi in modo strutturato, magari con l’ausilio di un professionista della crisi o di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi), fa capire ai creditori che conviene collaborare anziché agire in modo distruttivo. Casi di successo mostrano che molti fornitori sono disposti a rinunciare a parte del credito o ad aspettare pur di non perdere un cliente o di recuperare almeno qualcosa (soprattutto se temono che un fallimento farebbe evaporare l’intero credito).

Un consiglio pratico: formalizzare gli accordi. Se si concorda con un fornitore una dilazione o riduzione, mettere tutto per iscritto (anche via PEC) è utile per evitare malintesi e per opporre l’accordo in caso di azioni legali improvvise.

Debiti previdenziali e verso il personale (INPS, INAIL, dipendenti)

Se la società di produzione ha del personale dipendente (impiegati di produzione, tecnici assunti, personale amministrativo) oppure collaboratori iscritti a casse previdenziali obbligatorie (ad esempio attori e maestranze sotto contratto inquadrati nel Fondo Lavoratori dello Spettacolo), nasceranno obblighi retributivi e contributivi. I debiti in quest’area si suddividono principalmente in:

  • Retribuzioni non pagate: stipendi mensili arretrati, tredicesime, compensi variabili promessi (bonus) non corrisposti ai dipendenti. Durante le crisi di liquidità spesso si posticipano i pagamenti degli stipendi; ciò però comporta conseguenze legali serie perché il lavoratore ha diritto immediato alla retribuzione e può dimettersi per giusta causa se non pagato, chiedendo anche il risarcimento.
  • Trattamento di fine rapporto (TFR): è la liquidazione maturata dai dipendenti. Se la società non accantona e non versa il TFR ai fondi previsti (o lo tiene in azienda), potrebbe avere un debito verso i dipendenti pari al TFR maturato e non corrisposto alla cessazione del rapporto.
  • Contributi previdenziali INPS: comprendono la quota a carico datore e la quota a carico dipendente (trattenuta in busta paga) da versare all’INPS mensilmente. Il mancato versamento dei contributi configura un illecito amministrativo e, per la sola parte trattenuta al lavoratore, può integrare reato se l’importo omesso supera €10.000 annui (art. 2, comma 1-bis D.L. 463/1983 conv. L. 638/1983). Anche sotto tale soglia sono previste sanzioni civili elevate (sanzioni INPS).
  • Premi assicurativi INAIL: contributi obbligatori per l’assicurazione infortuni sul lavoro. Non pagarli espone a sanzioni e all’azione di recupero da parte dell’INAIL.
  • Contributi ex-ENPALS (Fondo spettacolo): per artisti, attori, musicisti e tecnici dello spettacolo esistono aliquote contributive specifiche, ora gestite dall’INPS. Anche questi versamenti, se omessi, generano debiti previdenziali.
  • Ritenute fiscali sui salari: oltre ai contributi, il datore trattiene IRPEF sulle buste paga dei dipendenti per versarla al Fisco. L’omesso versamento delle ritenute configurava reato sopra 150.000 € annui (ora soglia abbassata a 100.000 € dal 2020), ma anche sotto soglia resta un debito tributario con sanzioni.
  • Debiti verso collaboratori autonomi assimilabili: ad esempio se la società ha contratti di collaborazione coordinata (co.co.co) o amministratori con compensi, anch’essi soggetti a gestione separata INPS, e non versa i contributi o i compensi dovuti, tali importi rientrano nei debiti verso personale.

Conseguenze e tutele per i dipendenti: I dipendenti non pagati godono storicamente di forte protezione nell’ordinamento:

  • Possono agire rapidamente in giudizio con decreto ingiuntivo per le retribuzioni dovute (il credito da lavoro ha natura privilegiata e documentata da buste paga, quindi l’ingiunzione è spesso concessa subito). Possono anche chiedere il sequestro conservativo dei beni dell’azienda se temono di perdere le somme.
  • Il lavoratore ha facoltà di dimettersi per giusta causa se non riceve lo stipendio, e chiedere un’indennità risarcitoria (pari all’indennità di preavviso) al datore di lavoro per l’ingiusto recesso subito.
  • In caso di fallimento o liquidazione giudiziale della società, i dipendenti sono creditori privilegiati: i loro crediti per retribuzioni degli ultimi 12 mesi e per TFR hanno privilegio generale sui mobili (e in parte sui immobili) e sono soddisfatti prima dei crediti chirografari. Inoltre, interviene il Fondo di Garanzia INPS che, dopo l’apertura della procedura concorsuale, paga ai lavoratori il TFR e alcune mensilità di stipendio rimaste impagate (il Fondo poi si surroga come creditore nella procedura). Ciò tutela il lavoratore, ma crea al contempo un nuovo debito della società verso l’INPS (surroga).
  • Se la società non versa i contributi, gli enti possono iscrivere il debito a ruolo e agire con cartelle e pignoramenti analoghi a quelli fiscali. INPS e INAIL hanno poteri di accertamento (ispezioni) e possono imporre il pagamento dei contributi dovuti con avvisi di addebito immediatamente esecutivi.
  • Sotto il profilo penale: l’omesso versamento delle ritenute previdenziali (quota dipendenti) oltre €10.000 è reato (punibile con multa o reclusione), a meno che il datore versi il dovuto entro il termine di legge (che attualmente è 3 mesi dall’ingiunzione dell’INPS). Inoltre, il Codice penale punisce come misappropriazione il trattenere somme ai lavoratori (es. trattenute sindacali o previdenziali) senza versarle ai destinatari.

Come affrontare questi debiti: Dal punto di vista del debitore-imprenditore, i debiti verso il personale dovrebbero avere priorità assoluta, sia per ragioni etiche sia perché l’impatto di inadempimenti su questo fronte è devastante sul piano legale e reputazionale. Alcune linee d’azione:

  • Negoziare con i dipendenti e sindacati: Se la crisi è temporanea, si può cercare un accordo con i dipendenti per dilazionare il pagamento degli arretrati. Ad esempio, pagare metà delle mensilità subito e metà più avanti, oppure concordare una riduzione dell’orario (e dello stipendio) per evitare licenziamenti. In aziende medio-grandi ciò avviene tramite accordi sindacali.
  • Strumenti di integrazione salariale: Nel settore cinema, se l’azienda ha dipendenti fissi, potrebbe accedere a ammortizzatori sociali (es. Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria) in caso di crisi aziendale riconosciuta. Ad esempio, durante il Covid, molte attività culturali hanno usufruito della CIG emergenziale. Nel 2025 esistono fondi di integrazione salariale (FIS) per datori di piccole dimensioni in alcuni settori. Ottenere la cassa integrazione vuol dire che per un periodo i dipendenti sono pagati dallo Stato (in parte), alleviando il peso sui conti dell’azienda.
  • Riduzione del personale in esubero: Se la crisi appare non superabile a breve, l’azienda può dover ridurre i costi fissi licenziando parte del personale (rispettando le tutele di legge). È una scelta dolorosa ma talvolta necessaria per evitare di accumulare mensilità insolute per tutti. Chiaramente, i licenziamenti comportano il pagamento del TFR e di eventuali indennità di mancato preavviso, che vanno considerati nel piano finanziario.
  • Rateizzazione contributi INPS: L’INPS consente di rateizzare i debiti contributivi fino a 24 mesi (o oltre in casi eccezionali) previa domanda e comprovando la temporanea difficoltà. Se la società dimostra di poter pagare dilazionato, l’INPS può sospendere sanzioni e azioni esecutive durante il piano di rientro. Questo è analogo alle rateazioni fiscali, con l’ente che di solito richiede il rispetto delle rate e il pagamento corrente puntuale.
  • Transazione previdenziale nei concordati/ADR: Simile alla transazione fiscale, la legge consente nei concordati preventivi e negli accordi di ristrutturazione di prevedere il pagamento parziale anche dei contributi previdenziali, previa adesione dell’ente o cram-down giudiziale. L’art. 63 CCII disciplina la transazione previdenziale in parallelo a quella fiscale. Gli enti previdenziali spesso adottano linee simili all’Agenzia Entrate: richiedono il rispetto del trattamento preferenziale previsto (non possono prendere meno di quanto spetterebbe loro come creditori privilegiati). La Cassazione nel 2024 ha insistito sul rispetto della relative priority rule: in un piano di ristrutturazione, i crediti tributari e contributivi privilegiati non possono subire decurtazioni se crediti di rango inferiore vengono soddisfatti in misura maggiore . Quindi, ad esempio, non sarebbe ammissibile pagare il 50% ai fornitori chirografari e solo il 20% all’INPS se l’INPS è privilegiata e quel 20% è inferiore al soddisfacimento dei chirografari in percentuale. Ciò va valutato attentamente con il professionista che redige il piano.
  • Fondo di Garanzia INPS per TFR e ultime tre mensilità: Se si prospetta la liquidazione dell’azienda, i dipendenti hanno questa rete di sicurezza: in caso di insolvenza conclamata (apertura di concordato preventivo liquidatorio, o liquidazione giudiziale), possono chiedere al Fondo di Garanzia di pagare loro il TFR e le ultime max 3 mensilità non pagate. Questo toglie un peso morale dal debitore, ma attenzione: il Fondo una volta pagato si insinua come creditore privilegiato nella procedura. Perciò, nel decidere un piano liquidatorio, si consideri che comunque i debiti verso dipendenti “passano” all’INPS Fondo di Garanzia, che magari potrà essere pagato parzialmente nella procedura e il resto esdebitato.
  • Evita ritardi sistematici: Importante è non instaurare prassi pericolose, come pagare costantemente gli stipendi con mesi di ritardo, perché oltre a violare la legge (che richiede paga mensile regolare) erode il rapporto di fiducia con il personale e aumenta il rischio di vertenze individuali e ispezioni. Meglio in questi casi ridurre il personale e pagare correttamente i restanti, piuttosto che tenere troppi dipendenti non pagati.

In definitiva, salvaguardare i lavoratori è non solo un obbligo giuridico ma conviene anche al debitore: dipendenti motivati e coinvolti nel piano di risanamento possono dare un contributo a rimettere in carreggiata l’azienda (magari accettando temporaneamente mansioni diverse o straordinari non pagati subito). Viceversa, lavoratori esasperati possono segnalare irregolarità agli ispettorati, fare causa e richiedere il fallimento dell’azienda, aggravando irrimediabilmente la crisi. Dal punto di vista penale, poi, l’amministratore che distrae risorse per altri scopi mentre lascia i dipendenti senza stipendio rischia accuse severe (ad esempio bancarotta fraudolenta per frode ai lavoratori, se poi l’impresa fallisce). Quindi la regola aurea è: personale e contributi prima di tutto nelle priorità di pagamento.

Altre passività e oneri potenziali

Oltre ai debiti principali elencati, una società cinematografica può avere altre passività meno frequenti ma rilevanti:

  • Debiti verso soci o parti correlate: Molte startup o PMI innovative nel cinema ricevono finanziamenti dai soci per avviare i progetti. Tali finanziamenti soci, se formalizzati come prestiti, sono debiti della società. Spesso, per legge (art. 2467 c.c. per le s.r.l.), sono postergati rispetto agli altri crediti: ciò significa che la società deve pagare prima tutti gli altri creditori esterni e solo dopo può rimborsare il socio finanziatore. Dunque, in caso di crisi, i soci finanziatori difficilmente vedranno soddisfatti i loro crediti (vengono dopo anche ai chirografari normali). Essi tuttavia possono avere un peso nelle decisioni aziendali e potrebbero, in talune situazioni, rinunciare al credito per migliorare la situazione patrimoniale (la rinuncia al credito socio viene trattata come apporto a patrimonio netto).
  • Finanziamenti pubblici da restituire: Il settore cinematografico gode di vari fondi pubblici (MiC – DG Cinema, fondi regionali, UE – Eurimages). Alcuni sono a fondo perduto, altri in forma di prestiti o anticipazioni da restituire. Ad esempio, se la società ha ricevuto un contributo rimborsabile da un Fondo Regionale per lo sviluppo del film e non riesce a completarlo o a rispettare le condizioni (uscita nei tempi, obbligo di spesa sul territorio, ecc.), può dover restituire le somme percepite. Così si crea un debito verso l’ente finanziatore pubblico. Anche la violazione delle norme sui contributi (es. rendicontazione non corretta) può comportare revoca del contributo e richiesta di rimborso. Questi debiti in genere sono assistiti da fideiussioni che l’ente escute se la società non paga.
  • Penali contrattuali: I contratti nel settore cinema (con distributori, broadcaster, talent, sponsor) spesso prevedono penali in caso di inadempimento o ritardo. Ad esempio, penale per mancata consegna del film entro la data stabilita, o per violazione di esclusiva da parte di un attore. Queste penali possono trasformarsi in debiti esigibili se si verifica l’evento. Spesso vengono portate a compensazione dai partner (il distributore potrebbe trattenere parte del corrispettivo dovuto applicando la penale). In altri casi, se molto elevate, diventano crediti autonomi per cui il partner può agire legalmente.
  • Obblighi di risarcimento danni: Un caso particolare ma possibile: se durante una produzione accade un sinistro grave (incidenti sul set, violazione di diritti, ecc.) la società può trovarsi ad affrontare richieste risarcitorie o cause legali. Un esempio estremo: un infortunio mortale di un tecnico potrebbe generare un’azione di risarcimento milionaria da parte dei familiari. Tali passività potenziali spesso sono coperte da assicurazioni (polizze RC produzione), ma non sempre integralmente. È importante monitorare questi rischi.
  • Fideiussioni e garanzie prestate: La società stessa potrebbe aver garantito obbligazioni di terzi. Ad esempio, una società collegata o un co-produttore. Se quell’obbligazione principale non è adempiuta, la garanzia si escute e la società garantente diventa debitrice. Inoltre, l’escussione delle fideiussioni bancarie fornite dalla società (su propri debiti, es. a garanzia di un contratto di affitto di studio) fa sorgere un debito verso la banca fideiussore che ha pagato il beneficiario.
  • Tasse di scopo o cause minori: Può sembrare banale, ma a volte tra le passività figurano cose come multe, sanzioni amministrative, tasse minori non pagate (ad es. tassa automobilistica su mezzi aziendali). Queste, sebbene piccole, vanno considerate e possono anch’esse finire a ruolo con aggravi. Vanno dunque gestite (conciliazione o definizione agevolata se possibile).

Conseguenze e gestione: Data la varietà, il denominatore comune è che molte di queste passività emergono all’improvviso (es. una sentenza sfavorevole in una causa) o sono state sottovalutate (es. il socio che finché le cose andavano bene non chiedeva indietro i soldi, ma in crisi potrebbe pretendere la restituzione, se non ha formale postergazione). Il management deve quindi:

  • Mappare anche i potenziali debiti: un buon advisor legale farà un elenco di tutte le garanzie prestate, cause pendenti, contratti con possibili penali, finanziamenti condizionati. Così si evita di restare sorpresi da un debito non contabilizzato.
  • Accantonare per rischi legali: se c’è una causa in corso, valutare con i legali la probabilità di soccombenza e l’eventuale importo da pagare, inserendolo nel piano di ristrutturazione (magari come classe separata di creditori contestati). Ignorare una causa con alta probabilità di condanna può affossare un concordato se poi il creditore ottiene un titolo durante la procedura.
  • Dialogare con gli enti pubblici finanziatori: spesso gli enti pubblici (Ministero, Regioni) sono disponibili a rimodulare le restituzioni o a rinunciare in parte se ciò consente all’impresa di sopravvivere. Ad esempio, se un film floppa al botteghino e la società non può restituire un prestito d’onore ricevuto, il fondo pubblico potrebbe accettare un rimborso parziale o in più anni, per non strozzare l’impresa culturale. Questi enti però vogliono trasparenza: presentare un piano di risanamento credibile, far capire che la società ha un futuro (o che almeno cercherà di completare altri progetti), può portare a soluzioni negoziali. Va tenuto conto che lo Stato ha spesso privilegio sui propri crediti da finanziamento (equiparati a crediti erariali).
  • Coinvolgere i soci finanziatori nel salvataggio: se vi sono soci creditori, una mossa quasi obbligata è chiedere loro di convertire il credito in capitale (ossia rinunciare al rimborso in cambio di quote) oppure almeno di postergarlo ufficialmente. Un socio finanziatore difficilmente verrà pagato in situazioni d’insolvenza, quindi potrebbe preferire convertire il suo credito e non far morire l’azienda. Questo migliora anche i ratio patrimoniali (riduce l’indebitamento).
  • Assicurazioni: verificare se sono attivabili polizze per coprire taluni debiti. Ad esempio, se c’è stata una calamità che ha interrotto la produzione (es. un incendio sul set) causando penali per ritardo, la polizza assicurazione produzione potrebbe coprire parte dei costi extra e mitigare quei debiti verso partner.
  • Procedure concorsuali e passività potenziali: Nelle procedure come il concordato preventivo, i crediti condizionali o eventuali vanno considerati “subordinati” e possono essere trattati separatamente. Ad esempio, un risarcimento richiesto in causa ma non ancora liquidato è un creditore chirografario condizionale: in sede di concordato lo si può inserire con riserva, eventualmente accantonando una somma a garanzia. Se poi la causa viene vinta dall’azienda, quella somma torna disponibile. Questo consente di procedere col piano senza attendere l’esito di tutte le liti.

In conclusione, le “altre passività” richiedono un approccio previdente: molte insolvenze sono precipitate perché è comparso un debito inaspettato all’ultimo (il classico “scheletro nell’armadio”). Fare due diligence interna e tenere dialoghi aperti con tutti gli stakeholder (anche pubblici) può evitare colpi di scena. Se proprio non si riesce a soddisfare tutti, strumenti come il concordato preventivo consentono di gestire anche questi crediti residuali in modo ordinato e definitivo (ad esempio, prevedendo che eventuali azioni risarcitorie saranno coperte entro un massimale, oltre il quale il debitore verrà esdebitato). L’importante è non trascurare nulla: ogni potenziale debito va portato alla luce e affrontato con trasparenza nel piano di rientro.

Dopo aver passato in rassegna i vari tipi di debiti e le rispettive criticità, occorre ora vedere quali strumenti legali ha a disposizione una società di produzione cinematografica in crisi per riequilibrare la propria situazione finanziaria o, se necessario, cessare l’attività in modo ordinato. Il legislatore italiano ha introdotto negli ultimi anni significative novità normative per la gestione della crisi d’impresa, culminate nel nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) entrato in vigore dal 15 luglio 2022, integrato da successivi correttivi fino al 2024 . Vediamo quindi i principali strumenti di composizione della crisi, con un focus sul loro utilizzo per le PMI del settore cinematografico.

Strumenti legali per gestire la crisi e ristrutturare i debiti

Quando i debiti diventano eccessivi rispetto alle capacità di rimborso dell’azienda, si manifesta uno stato di crisi o, peggio, di insolvenza (incapacità di far fronte regolarmente alle obbligazioni). Il Codice della Crisi definisce la crisi come l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei 12 mesi successivi, e l’insolvenza come l’incapacità attuale di soddisfare regolarmente le obbligazioni, desunta da inadempimenti o altri fatti esteriori . In queste situazioni, ignorare il problema aggrava solo il dissesto e aumenta il rischio di azioni dei creditori e responsabilità personali degli amministratori. Il nostro ordinamento, tuttavia, mette a disposizione varie procedure per affrontare ordinatamente la crisi:

  • Procedure stragiudiziali (di iniziativa privata del debitore con accordo dei creditori) – es. piano attestato di risanamento.
  • Procedure para-giudiziali negoziate (ausilio di un esperto terzo) – es. composizione negoziata della crisi.
  • Procedure concorsuali giudiziali (dinanzi al tribunale) – es. accordo di ristrutturazione dei debiti, concordato preventivo, liquidazione giudiziale.
  • Procedure concorsuali per soggetti minori (sovraindebitamento) – es. concordato minore, liquidazione controllata.

Ciascuno strumento ha requisiti di accesso, obiettivi e conseguenze differenti. È importante capire le differenze per scegliere quello più adatto al caso della società debitrice. Di seguito li esaminiamo singolarmente.

Piano attestato di risanamento

Il piano attestato di risanamento (disciplinato dall’art. 56 CCII, già art. 67 L.Fall.) è uno strumento privatistico di risanamento. In sintesi:

  • La società in crisi predispone un piano industriale e finanziario di risanamento (di solito un documento che descrive come intende superare la crisi, ad esempio tramite nuova finanza, dismissioni di asset, rinegoziazione dei debiti, ecc.), accompagnato da un elenco delle risorse a disposizione e delle scadenze di pagamento future.
  • Un professionista indipendente (iscritto a registro apposito, spesso un commercialista o revisore) viene incaricato di esaminare il piano e rilasciare un’attestazione formale sulla fattibilità del piano e sulla veridicità dei dati in esso contenuti.
  • Sulla base di questo piano attestato, la società negozia in via strettamente privata con i propri creditori le modifiche delle condizioni di pagamento dei debiti. Non c’è un voto collettivo: ogni creditore può aderire o meno alle proposte (ad esempio: “ti pago il 70% fra 12 mesi, anziché l’intero oggi”).
  • Il piano attestato non richiede omologazione da parte del tribunale né pubblicità, tuttavia può essere pubblicato volontariamente nel Registro delle Imprese (per conferire data certa e opponibilità ai terzi).
  • Il vantaggio principale è che gli atti esecutivi del piano (pagamenti, garanzie concesse) non sono soggetti a revocatoria fallimentare in un eventuale successivo fallimento . In pratica, se il debitore poi fallisce, i creditori non possono farsi annullare i pagamenti ricevuti in attuazione del piano, purché il piano fosse idoneo a risanare e attestato da un esperto. Ciò dà fiducia ai creditori nel ricevere pagamenti dilazionati senza rischio di doverli restituire.
  • Limite: occorre che il piano funzioni senza l’ausilio del tribunale. Quindi serve l’accordo volontario di tutti i principali creditori (non c’è modo di obbligare un creditore dissenziente ad accettare meno di quanto dovuto). Inoltre, durante la fase di piano attestato non c’è automatic stay: i creditori possono comunque agire se non c’è un accordo individuale di moratoria.

Utilità per una società di produzione: il piano attestato è indicato quando l’impresa ha un numero relativamente limitato di creditori o creditori finanziari principali che cooperano. Ad esempio, se la crisi dipende da 2 banche e 3 grandi fornitori, con un piano attestato la società può trovare un’intesa con ciascuno (magari pagando parzialmente i fornitori con proventi di un nuovo film e rifinanziando con le banche). È meno utile se c’è un’ampia platea di piccoli creditori non coordinabili.

Esempio pratico: la società BetaFilm ha €500.000 di debiti: €300k con la Banca Alfa (prestito), €100k con un fornitore di post-produzione, €100k di debiti minori verso vari. BetaFilm prevede di incassare €600k tra un anno dai diritti di un film venduto a Netflix. BetaFilm redige un piano in cui, con quell’incasso, propone di pagare integralmente Banca Alfa (magari ottenendo nuovi €100k di prestito ponte per intanto pagare i fornitori minori) e pagare al fornitore di post-produzione €80k invece di €100k subito come saldo e stralcio. L’attestatore conferma che i dati sugli incassi attesi sono attendibili (contratto con Netflix esiste) e che il piano è fattibile. Banca Alfa e il fornitore aderiscono all’accordo scritto. BetaFilm esegue il piano e supera la crisi. In questo scenario, il piano attestato ha funzionato senza necessità di coinvolgere il tribunale.

Accordo di ristrutturazione dei debiti (ADR)

L’accordo di ristrutturazione dei debiti è una procedura ibrida tra il piano privato e il concordato. Previsto dagli artt. 57-64 CCII (ex art. 182-bis L.Fall.), consiste in:

  • Un accordo formale tra il debitore e una parte sostanziale dei creditori, che deve essere omologato dal Tribunale. Per l’omologazione, è richiesto che il debitore abbia ottenuto l’adesione di almeno il 60% dei crediti (come valore) . Il Codice prevede percentuali diverse per alcune categorie: ad esempio, se vi sono creditori finanziari, è possibile omologare con il 75% di adesione di questi e 50% degli altri, secondo art. 61 CCII. L’accordo deve assicurare che i creditori non aderenti vengano comunque integralmente soddisfatti o non subiscano pregiudizio.
  • Viene presentato un ricorso al Tribunale con l’accordo firmato dai creditori aderenti e un piano che dimostri la fattibilità. Serve anche qui l’attestazione di un esperto sulla veridicità dei dati e sull’attuabilità dell’accordo.
  • Dalla data di pubblicazione dell’istanza nel Registro Imprese, il debitore può ottenere misure protettive analoghe al concordato (sospensione delle azioni esecutive) . Il giudice può concedere una moratoria temporanea durante le trattative anche prima di depositare tutte le adesioni.
  • Una volta omologato (con decreto del tribunale), l’accordo è vincolante per i creditori aderenti. I creditori non aderenti, invece, di regola devono essere pagati integralmente alle scadenze originarie (altrimenti sarebbero pregiudicati senza consenso). Questa è la differenza dal concordato: l’ADR non impone tagli ai dissenzienti – a meno che si ricorra allo strumento del cram-down fiscale/previdenziale o alle novità introdotte dal 2022 che consentono di estendere gli effetti anche ai dissenzienti chirografari purché ve ne sia almeno il 60% aderente e sia assicurato loro un pagamento non inferiore al concordato preventivo liquidatorio .
  • L’accordo può prevedere vari strumenti: dilazioni di pagamento, stralci parziali, conversione del debito in azioni, ecc. Similmente al piano attestato, anche l’accordo di ristrutturazione mette al riparo da revocatorie i pagamenti e le garanzie concesse in esecuzione dell’accordo omologato.
  • Con l’ultimo correttivo 2024, è stato esplicitamente previsto il cram-down per i creditori pubblici dissenzienti: il tribunale può omologare l’accordo anche senza l’adesione del Fisco o enti previdenziali, se ritiene soddisfatti i requisiti di legge (beneficio non inferiore a liquidazione e adesione degli altri creditori) . Inoltre, analoghe facoltà di moratoria fiscale sono estese anche nella composizione negoziata e negli accordi (recependo la direttiva UE) .

In quali casi usarlo: L’ADR è utile quando l’azienda ha un numero di creditori significativo ma concentrato (ad esempio diversi fornitori e banche), tale che raggiungere il 60% di adesioni sia fattibile, e ci sono alcuni creditori minori da pagare per intero. Nel cinema, immaginiamo un caso: la società ha 10 fornitori, 2 banche e 1 fisco da pagare. Se 8 fornitori e le 2 banche (che insieme rappresentano il 80% dei debiti) aderiscono all’accordo (accettando magari 70% su quanto dovuto), gli altri 2 fornitori e il Fisco dissenzienti verranno pagati 100% alle scadenze originarie (o secondo le regole del Fisco, ad esempio in 6 mesi). L’accordo viene omologato e l’azienda respira.

Il vantaggio rispetto al concordato è la maggiore snellezza (non c’è votazione formale in classi, ma solo raccolta firme, e la procedura può essere più rapida) e la riservatezza (anche se pubblicato, l’ADR è percepito come segnale di crisi meno forte del concordato, essendo basato su un accordo volontario). Inoltre, l’ADR consente di selezionare i creditori con cui ristrutturare: si può ad esempio escludere dall’accordo un piccolo debito bancario già coperto da garanzia e lasciarlo fuori (pagandolo a parte).

Limite: convincere il 60% (o più) dei creditori richiede spesso un intenso lavoro negoziale. Spesso si parte da una composizione negoziata e si converte in ADR quando le adesioni sono raccolte. I creditori aderenti devono firmare l’accordo vincolante e questo comporta, se sono molti, un’attività coordinativa non banale.

Va ricordato che esistono varianti: ADR agevolati (con percentuali ridotte se certi creditori sono banche), ADR ad efficacia estesa (che permettono di coinvolgere dissenzienti chirografari in alcune condizioni). Inoltre, con la Direttiva UE 2019/1023, l’Italia ha introdotto le “convenzioni di moratoria” e gli “accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa” che hanno soglie di adesione minori in certe circostanze e l’estensione degli effetti a dissenzienti omogenei. Sono però strumenti evoluti che esulano dall’esposizione generale qui (si tratta di meccanismi destinati principalmente alle imprese medio-grandi con creditori finanziari).

Concordato preventivo

Il concordato preventivo è la procedura concorsuale per eccellenza per la regolazione dell’insolvenza quando si vuole evitare la liquidazione fallimentare. È disciplinato dagli artt. 84-120 CCII (corrispondenti agli ex art. 160 e segg. L.Fall.). Le sue caratteristiche principali:

  • Accesso su domanda del debitore: l’imprenditore in stato di crisi o insolvenza presenta ricorso al Tribunale per essere ammesso al concordato, depositando una proposta e un piano. Esiste anche la possibilità di presentare una domanda di concordato “con riserva” (detto anche “in bianco”) con minori documenti iniziali e poi integrare il piano entro un termine . Questa mossa serve spesso per bloccare iniziative dei creditori mentre si finalizza la proposta.
  • Finalità: il concordato può essere “in continuità aziendale” se prevede il proseguimento dell’attività (direttamente dal debitore o tramite cessione/affitto d’azienda a terzi) oppure “liquidatorio” se prevede la cessazione dell’attività e la mera liquidazione del patrimonio per pagare i creditori. Nel settore cinema, un concordato in continuità potrebbe significare che la società prosegue produzioni e sfruttamento del catalogo sotto il controllo del tribunale; uno liquidatorio implicherebbe vendere i diritti dei film prodotti e gli asset e poi chiudere.
  • Classi e voto dei creditori: nel concordato, i creditori vengono suddivisi per classi omogenee (ad es. finanziari, fornitori chirografari, creditori privilegiati degradati, ecc.) se le loro posizioni giuridiche sono differenti. La proposta viene sottoposta a votazione: servono il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto (computando anche i non votanti come contrari, di fatto serve oltre il 50% dei crediti votanti a favore) . Se ci sono più classi, basta la maggioranza per classi, salvo eventuale cram-down interclasse (ma non entriamo troppo nel dettaglio).
  • Omologazione: se i creditori approvano, il Tribunale verifica la legalità e fattibilità del piano e omologa il concordato con sentenza, rendendolo vincolante per tutti i creditori anteriori, anche dissenzienti.
  • Effetti protettivi: dalla presentazione della domanda, e ancor più dalla ammissione alla procedura, i creditori non possono iniziare né proseguire azioni esecutive individuali né sequestri conservativi . Gli eventuali pignoramenti in corso restano congelati. Inoltre non possono acquisire nuovi diritti di prelazione (ipoteche) su beni del debitore.
  • Gestione dell’impresa: nel concordato in continuità, il debitore di regola rimane in possesso (diversamente dal fallimento) e gestisce l’impresa sotto la vigilanza di un Commissario Giudiziale nominato dal tribunale. Nel concordato liquidatorio, è possibile che venga nominato un Liquidatore che si occupa delle vendite, ma comunque l’assetto è più flessibile che nel fallimento.
  • Pagamento creditori: il piano di concordato può prevedere trattamenti differenziati. Limiti legali: i creditori privilegiati vanno pagati integralmente salvo che rinuncino a parte del privilegio o che la garanzia sia incapiente; i chirografari devono ricevere almeno il 20% (in caso di liquidatorio) salvo eccezioni, mentre in continuità non c’è soglia minima se è garantita la continuità stessa (ma occorre soddisfare il test di convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria).
  • Transazione fiscale e contributiva: come già detto, anche nel concordato il debitore può proporre il pagamento parziale di tributi e contributi. Oggi il giudice può omologare il concordato anche senza voto favorevole del Fisco se il piano rispetta i criteri di legge .
  • Esdebitazione: per le società, l’omologazione del concordato non comporta “esdebitazione” nel senso tecnico (quella è per le persone fisiche post liquidazione), però l’azienda prosegue con solo i debiti rimasti dal piano. I crediti falcidiati o stralciati sono estinti a seguito dell’esecuzione del concordato. Se poi l’azienda non rispetta il piano, il concordato può essere revocato e si può aprire il fallimento.

Il concordato preventivo è lo strumento più articolato e “pesante” in termini di oneri procedurali, ma è spesso l’unico in grado di gestire situazioni complesse con tanti creditori.

Nel contesto di una società di produzione cinematografica, quando valutare il concordato?

  • Quando la mole di debito è tale che serve imporre un sacrificio ai creditori dissenzienti (ad esempio la società può pagare solo il 50% ai fornitori e non può permettersi che uno/due piccoli creditori facciano saltare l’accordo – col concordato, se la maggioranza approva, il dissenziente è comunque vincolato).
  • Quando ci sono molti creditori disorganizzati (decine o centinaia di posizioni, come succede se la società ha prodotto film con centinaia di collaboratori a contratto, ciascuno con piccoli crediti: impensabile negoziare con ciascuno separatamente).
  • Quando la società vuole proteggere la continuità aziendale: col concordato in continuità si può continuare a lavorare, stipulare nuovi contratti (con l’autorizzazione del giudice) e portare avanti produzioni, pur essendo in procedura. Questo può salvare il valore dell’impresa. Ad esempio, se la società ha in sviluppo un film promettente, col concordato può cercare di realizzarlo, magari con nuovi finanziatori, e far sì che i creditori vengano pagati coi proventi futuri di quel film secondo il piano.
  • Nel caso di startup innovative trascorsi i 5 anni di “scudo” sovraindebitamento: infatti, fino a 5 anni dalla costituzione, la startup innovativa non può essere soggetta a fallimento e potrebbe accedere solo al concordato minore (vedremo infra) . Ma dopo quel periodo (o se perde i requisiti), diventa soggetta alle procedure ordinarie: il concordato preventivo può essere la via per gestire la sua crisi in modo più strutturato se l’azienda è cresciuta di dimensioni (NB: dal settembre 2024, persino prima dei 5 anni, se la startup ha superato i limiti dimensionali da “piccola”, può volontariamente accedere al concordato preventivo ordinario ).
  • Quando si vuole evitare la liquidazione giudiziale su iniziativa dei creditori: la presentazione della domanda di concordato da parte del debitore in stato di insolvenza impedisce ai creditori di ottenere la dichiarazione di fallimento. Questo è un meccanismo difensivo potente. Si pensi: un grosso fornitore ha depositato istanza di fallimento; la società, entro la data dell’udienza, presenta domanda di concordato con riserva. Il tribunale dovrà sospendere la decisione sull’istanza e dare corso alla procedura concordataria. Ciò guadagna tempo e può portare a un esito concordato invece che liquidatorio.

Esempio semplificato: la società GammaFilm ha €2 milioni di debiti (400k banca, 600k fornitori, 200k fisco, 300k personale e 500k debiti vari). Non è possibile un accordo stragiudiziale con così tanti soggetti. GammaFilm presenta un concordato preventivo in continuità proponendo di pagare integralmente banca, fisco e dipendenti (che sono privilegiati) in 5 anni, e di pagare i fornitori chirografari al 40% nell’arco di 4 anni, mantenendo in esercizio l’attività (svilupperà un nuovo film i cui ricavi contribuiranno ai pagamenti). I fornitori votano: per fortuna il 70% di essi (come credito) vota sì, il 30% no, ma essendo superata la metà, la classe chirografi approva. Il tribunale omologa il concordato. GammaFilm continua l’attività, sotto vigilanza, e paga secondo il piano. I fornitori che avevano votato no devono accettare il 40% a rate – non possono più pretendere il 100%. L’alternativa sarebbe stato il fallimento, in cui forse avrebbero preso il 10%, quindi presumibilmente è stato conveniente anche per loro.

Considerazione importante: affinché un concordato “in continuità” sia ammissibile, è necessario che l’azienda sia in esercizio al momento della domanda. La Cassazione ha chiarito di recente che non basta prospettare una generica cessione d’azienda, deve esserci un’attività operativa in corso (anche se ridotta) affinché il concordato si qualifichi in continuità diretta . Se la società è ferma e chiusa da tempo, qualsiasi concordato sarà valutato come liquidatorio di fatto, con requisiti più stringenti (ad es. richiesta soglia 20% per chirografari). In altre parole, per accedere ai benefici della continuità (come niente soglia minima di pagamento dei chirografari), occorre mantenere viva l’impresa almeno in minima parte. Un’ordinanza del 2023 (Cass. civ. n. 17092/2023) ha rigettato il ricorso di una società dichiarata fallita perché non operativa al momento della domanda di concordato: la Cassazione ha affermato che la continuità aziendale presuppone un’azienda “in esercizio” al momento del ricorso . Questo è un monito: il produttore indebitato che voglia tentare un concordato in continuità non deve spegnere completamente le attività, altrimenti rischia l’inammissibilità.

Composizione negoziata della crisi

La composizione negoziata (disciplinata dagli artt. 12-25-quater CCII, introdotta col D.L. 118/2021) è un percorso volontario e confidenziale finalizzato a favorire la ristrutturazione dell’impresa in crisi con l’aiuto di un esperto indipendente. Essa si colloca prima (o in alternativa) alle procedure concorsuali tradizionali, in un’ottica di allerta precoce e risanamento stragiudiziale, se possibile.

Ecco come funziona in breve:

  • Può accedervi qualsiasi imprenditore commerciale o agricolo che si trovi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tali da far prevedere la crisi o l’insolvenza (anche non conclamata). È quindi attivabile prima che l’insolvenza sia conclamata, ma anche in stato di insolvenza (purché reversibile).
  • La domanda si presenta tramite una piattaforma telematica nazionale (gestita dalle Camere di Commercio). Il debitore carica informazioni sull’azienda, bilanci, debiti, e un piano indicativo di risanamento.
  • Un’apposita commissione nomina un esperto indipendente (spesso un commercialista, avvocato o consulente con formazione specifica) che incontrerà l’imprenditore e analizzerà la situazione.
  • Fase di trattative riservate: l’esperto aiuta l’imprenditore a predisporre un piano di ristrutturazione e avvia la negoziazione con i creditori. Tutto avviene in via confidenziale: la procedura non è pubblica a meno che il debitore non chieda misure protettive (in tal caso si pubblica un breve avviso nel Registro Imprese).
  • Misure protettive: il debitore può chiedere al Tribunale di disporre che per la durata delle trattative (fino a 180 giorni, prorogabili) nessun creditore inizi o prosegua azioni esecutive o cautelari, né acquisisca privilegi sui beni del debitore . Il tribunale, verificati i presupposti, emette un decreto di misure protettive. Ciò dà un respiro alla trattativa simile al concordato, ma la differenza è che la gestione rimane volontaria e informale.
  • Durante la composizione negoziata, l’imprenditore resta alla guida (non c’è spossessamento) ma deve gestire con correttezza sotto l’osservazione dell’esperto. Può anche ottenere dal tribunale autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili (che verranno cioè privilegiati se poi si va in procedura) per sostenere l’attività.
  • Esito possibile: se le trattative vanno a buon fine, si può sottoscrivere uno dei seguenti accordi:
  • Un contratto di ristrutturazione vero e proprio con i creditori (non omologato, se tutti i coinvolti aderiscono, oppure omologato come ADR semplificato se ne ricorrono i presupposti).
  • Una convenzione di moratoria (creditori finanziari che congelano crediti per un periodo).
  • Un accordo ad efficacia estesa (se talune maggioranze sono raggiunte).
  • Oppure il debitore può presentare un concordato semplificato per cessione di beni (strumento speciale che era previsto transitoriamente nel 2021-22).
  • Se invece le trattative falliscono, il debitore può comunque ripiegare su un concordato preventivo o liquidazione giudiziale ordinaria, oppure i creditori torneranno liberi di agire.

La composizione negoziata è pensata per essere flessibile e adattabile al caso concreto. L’esperto non impone soluzioni, ma facilita il dialogo e cerca di far emergere un accordo vantaggioso per tutti rispetto alla prospettiva di default. Un elemento introdotto con il correttivo 2024 è la possibilità, anche in sede di composizione negoziata, di ottenere l’omologazione di accordi che includano la transazione fiscale anche senza voto dell’Erario (nuove norme sul cram-down fiscale in CNC) . Ciò rende la CNC più efficace anche in presenza di debiti tributari importanti: ad esempio, se l’Agenzia Entrate rifiuta una proposta ragionevole, il debitore può chiederne l’omologazione forzata dal giudice.

Perché una società cinematografica dovrebbe provare la composizione negoziata?

  • Riservatezza e reputazione: a differenza del concordato, qui non c’è pubblicità iniziale (se non richiesta) né stigma. Questo è vitale in ambito cinematografico dove la reputazione e la fiducia di partner e talent è fondamentale. Poter dire “stiamo trattando con i creditori” senza passare per un conclamato default aiuta a mantenere relazioni e completare progetti in corso.
  • Rapidità e minor costo: non c’è il coinvolgimento massivo del tribunale se non per poche autorizzazioni, e l’esperto cerca soluzioni in pochi mesi. Può essere attivata prima che la situazione degeneri troppo.
  • Soluzioni creative: in CNC le parti possono accordarsi liberamente, non ci sono le rigidità formali del concordato (classi, percentuali minime, ecc.). Ad esempio, i creditori possono concordare di prendere una quota dei futuri utili del film invece di un pagamento cash, cosa che in un concordato formale sarebbe difficile strutturare. Oppure l’azienda può cedere un ramo (es. divisione pubblicitaria) a un creditore in cambio della liberazione dal debito.
  • Protezione su misura: le misure protettive possono anche non essere estese a tutti i creditori, se il debitore lo chiede. Può scegliere di bloccare solo alcune azioni (es. quelle di banche aggressive) e pagare regolarmente altri per non allarmarli.

Esempio scenario: DeltaFilm ha segnali di crisi (ritardi nei pagamenti, prevede insolvenza tra 6 mesi se non accade qualcosa). Decide di avviare la composizione negoziata. Viene nominato un esperto. DeltaFilm ottiene dal tribunale un decreto che blocca per 3 mesi le azioni esecutive (aveva alcune ingiunzioni pendenti). Nel frattempo, con l’aiuto dell’esperto, formula una proposta: i fornitori accettino un pagamento al 60% in 12 mesi, la banca proroghi il mutuo di 2 anni, i soci immettano nuovi fondi e il produttore esecutivo rinunci a una parte dei compensi arretrati. L’esperto organizza incontri (anche online) con i creditori principali, mostrando piani e garanzie (ad esempio offre in garanzia diritti internazionali di un film). Dopo negoziazioni, quasi tutti aderiscono: solo l’Erario inizialmente no, ma viene coinvolto tramite l’esperto e, visto che la proposta offre più di quanto un fallimento darebbe, il tribunale la omologa nonostante il dissenso del Fisco (applicando l’art. 63 CCII sul cram-down fiscale, come modificato). DeltaFilm esce dalla composizione negoziata con un accordo omologato che vincola anche l’Erario . Nessuna pubblicità negativa è uscita sulla stampa, l’azienda ha evitato il fallimento e può continuare l’attività con un debito ridotto e scadenze allungate.

Naturalmente, la CNC richiede collaborazione dei creditori: se uno o più adottano una linea dura e rifiutano ogni compromesso, il processo può fallire. Non c’è un voto a maggioranza che possa imporre ai dissenzienti di aderire (se non, come detto, per la parte pubblica con intervento giudiziale). Quindi funziona meglio quando la platea dei creditori è ragionevole o almeno vede convenienza nel trovare un accordo.

In conclusione, la composizione negoziata è un’opportunità da tentare nei casi in cui: la crisi non è ancora irreversibile; l’impresa ha ancora prospettive di ripresa; c’è buona fede e volontà di trovare un accordo equo. Essa incarna lo spirito del nuovo Codice della Crisi: evitare i fallimenti quando possibile, intervenendo in anticipo e con soluzioni negoziate. Molte PMI cinematografiche, che spesso sono realtà innovative e flessibili, possono trovare in questo strumento la strada per superare momenti critici senza perdere la propria capacità creativa e imprenditoriale.

Strumenti per le piccole imprese non fallibili: concordato minore e liquidazione controllata

Non tutte le imprese possono (o devono) accedere alle procedure concorsuali ordinarie. In Italia esiste tradizionalmente una distinzione tra imprese “fallibili” (quelle sopra certi limiti dimensionali) e piccoli debitori non fallibili – inclusi consumatori, imprenditori minori, professionisti e, per previsione di legge, le startup innovative nei primi anni . Per questi soggetti il Codice della Crisi prevede procedure semplificate di sovraindebitamento, eredi della vecchia Legge 3/2012.

Nel contesto di una piccola società di produzione cinematografica (ad esempio una s.r.l. con fatturato basso, o una startup innovativa nei primi 5 anni), gli strumenti principali sono:

Concordato minore

Il concordato minore (artt. 74-83 CCII) è la versione “ridotta” del concordato preventivo, riservata ai debitori non fallibili (imprenditori sotto soglia, professionisti, start-up innovative, etc.) . Le sue caratteristiche:

  • Si attiva tramite l’Organismo di Composizione della Crisi (OCC), un ente apposito (spesso presso le Camere di Commercio) al quale il debitore presenta la domanda di concordato minore, allegando un piano di ristrutturazione e una proposta ai creditori . Gli amministratori di una società devono deliberare la richiesta con atto notarile e depositarlo al Registro Imprese prima di accedere .
  • Il tribunale, verificati i requisiti (stato di sovraindebitamento, completezza documenti, ecc.), apre la procedura di concordato minore con decreto . Se richiesto dal debitore, nel decreto di apertura il giudice vieta o sospende le azioni esecutive dei creditori anteriori fino all’omologazione , analogamente a quanto avviene nel concordato preventivo.
  • Ai creditori viene inviato, a cura dell’OCC, il piano e la proposta e un modulo per esprimere adesione o diniego. Non c’è assemblea fisica di creditori: la votazione avviene tramite raccolta di dichiarazioni per PEC entro un termine (massimo 30 giorni) fissato dal giudice .
  • Il concordato minore è approvato se i creditori che aderiscono rappresentano la maggioranza dell’ammontare dei crediti ammessi al voto . Attenzione: si contano solo le adesioni pervenute; chi non risponde viene considerato non aderente (di fatto un voto contrario). Dunque è cruciale sollecitare i creditori a esprimersi.
  • Se la maggioranza è raggiunta e non vi sono contestazioni, il tribunale procede all’omologazione con sentenza, dichiarando chiusa la procedura . In caso di contestazioni da parte di creditori dissenzienti, il giudice le valuta: può omologare ugualmente se ritiene la proposta vantaggiosa e non discriminatoria, oppure rigettare.
  • Una differenza rispetto al concordato preventivo: nel concordato minore non c’è un commissario giudiziale; il ruolo di ausilio è svolto dall’OCC che, tramite il gestore nominato, aiuta a predisporre il piano e raccoglie i voti. L’assenza di organi pesanti rende la procedura più snella.
  • Se il concordato minore viene omologato, i creditori sono vincolati nei termini del piano e il debitore (o chi per esso, se è una società in continuità) eseguirà gli atti previsti sotto la sorveglianza finale dell’OCC. Se invece l’omologazione viene negata (per mancanza di consenso o altri motivi), il giudice dichiara l’inefficacia delle misure protettive e – su istanza del debitore – apre la liquidazione controllata . Ugualmente, se dopo l’omologa il debitore non adempie o froda, il concordato può essere revocato e convertito in liquidazione controllata su richiesta debitore (o di ufficio se frode).
  • Un vantaggio chiave: nel concordato minore, come nell’accordo di composizione vecchio, la legge consente l’esdebitazione immediata e automatica del debitore persona fisica al termine della procedura, se esegue regolarmente il piano . In altre parole, un imprenditore individuale o socio illimitatamente responsabile ottiene la liberazione dai debiti residui una volta pagato quanto previsto dal piano omologato. Per le società ciò non si applica (la società si estingue se il piano prevede la cessazione, e i debiti residui restano insoddisfatti ma inesigibili verso l’ente estinto).

In una piccola realtà cinematografica, il concordato minore è indicato se c’è la necessità di un accordo vincolante con i creditori, ma l’impresa è di dimensioni ridotte tali da non poter accedere al concordato preventivo (perché, ad esempio, è startup innovativa sotto soglia che vuole sfruttare la procedura OCC invece di quella ordinaria) . Anche il costo è minore: i compensi OCC e le spese di giustizia sono più bassi rispetto a un concordato ordinario.

Esempio: la società IndieMovie srl, startup innovativa fondata da 3 anni, ha debiti per €200.000 totali verso 15 fornitori, 1 banca e 1 creditore pubblico. Secondo la legge, essendo startup innovativa nei primi 5 anni e sicuramente di dimensioni minori (fatturato <€200k, attivo <€300k), non è soggetta a fallimento e quindi le sue uniche opzioni concorsuali sono quelle da sovraindebitamento . IndieMovie si rivolge all’OCC locale e propone un concordato minore: offre ai creditori chirografari il 50% in 4 anni, mantenendo l’attività viva per produrre un altro documentario i cui proventi finanzieranno i pagamenti. Il piano, attestato dall’OCC, viene inviato ai creditori. L’80% dei crediti aderisce (la banca, i fornitori principali; solo alcuni piccoli fornitori non rispondono). Si raggiunge così la maggioranza. Il tribunale omologa. IndieMovie paga le rate come da piano e, dopo 4 anni, esce dalla procedura. Se fosse stata una ditta individuale, a quel punto avrebbe anche ottenuto l’esdebitazione per eventuali residui.

Liquidazione controllata dei beni

La liquidazione controllata (artt. 268-277 CCII) è la procedura concorsuale liquidatoria destinata ai debitori sovraindebitati non fallibili. È l’equivalente del vecchio fallimento (ora liquidazione giudiziale) ma su scala ridotta e con alcune tutele maggiori per il debitore.

Caratteristiche principali:

  • Può accedervi il debitore sovraindebitato volontariamente, oppure può essere imposta dal tribunale in certi casi (ad esempio se fallisce un concordato minore, come visto, o se il debitore ne fa richiesta contestuale, o perfino su istanza di creditori o del PM in caso di frode conclamata ). Tuttavia, a differenza del fallimento tradizionale, la liquidazione controllata generalmente parte da una istanza del debitore tramite l’OCC.
  • Viene nominato un Liquidatore giudiziale, che ha funzioni simili a un curatore: prende in custodia i beni del debitore, forma l’inventario, individua i creditori (si apre lo stato passivo, anche qui c’è un concorso formale), realizza l’attivo vendendo beni e diritti, e distribuisce il ricavato ai creditori secondo i privilegi.
  • A differenza del fallimento:
  • Non c’è pronuncia di inabilitazione o interdizione per il debitore persona fisica.
  • Non c’è la fase di indagini penali tipiche (non esiste un reato di bancarotta per chi era non fallibile, salvo si configuri qualche reato comune come truffa).
  • Non c’è l’onta del “fallito”: è una procedura più discreta e meno stigmatizzante.
  • Atti in frode: se si scopre che il debitore ha compiuto atti di frode (es. ha sottratto beni), mentre nel fallimento c’è la bancarotta, qui il legislatore ha previsto di poter aprire la liquidazione anche su istanza di terzi e senza il consenso del debitore (normalmente protetto) .
  • Durante la liquidazione controllata, la gestione dei beni è tolta al debitore. Per una società, ciò equivale alla cessazione definitiva dell’attività (salvo si autorizzi l’esercizio provvisorio in casi eccezionali).
  • Alla fine della liquidazione, se il debitore è una persona fisica (o un socio illimitatamente responsabile), può chiedere l’esdebitazione: la cancellazione dei debiti rimasti insoddisfatti, ottenibile se ha collaborato e non ha frodato . Se il debitore è una società, essa viene cancellata e i debiti insoddisfatti si estinguono con la cessazione dell’ente, senza responsabilità per i soci (salvo garanzie personali date).

In pratica, la liquidazione controllata è l’ultima ratio per chiudere la vita di un’impresa sovraindebitata in modo regolato. Ad esempio, una startup innovativa che fallisce il suo piano di salvataggio verrà posta in liquidazione controllata: un liquidatore venderà ciò che ha (magari apparecchiature, diritti residui su film) e ripartirà pochi spiccioli tra i creditori. Poi la startup cesserà di esistere. I soci di s.r.l. perderanno il capitale ma non dovranno ripianare i debiti residui.

Un aspetto peculiare notato dalla dottrina: nella liquidazione controllata non è prevista l’azione revocatoria fallimentare che invece esiste nella liquidazione giudiziale (fallimento) . Ciò significa che alcuni atti compiuti prima della procedura, come pagamenti preferenziali o cessioni a terzi, non possono essere attaccati dal liquidatore. Questo tutela il debitore (non subisce conseguenze penali o personali) ma svantaggia un po’ i creditori (non possono recuperare beni usciti prima). È il riflesso di un procedimento “più leggero” basato sul presupposto che siamo in ambito di piccolo debitore e di minore allarme sociale. Alcuni autori criticano questa discrezionalità lasciata al debitore (che potrebbe scegliere liquidazione controllata per sfuggire alle revocatorie) .

In quali casi per una società di produzione? Se la società è piccola e di fatto decotta, conviene spesso procedere direttamente a liquidazione controllata piuttosto che incaponirsi in piani impossibili. Ad esempio, una piccola società con un solo film prodotto che è andato male, debiti elevati e nessuna prospettiva di continuar l’attività – la soluzione onesta è aprire la liquidazione controllata: si venderanno i diritti di quel film magari a qualche catalogo, si pagherà quel poco ai creditori e la società verrà chiusa. I soci potranno eventualmente ripartire con nuove iniziative senza il fardello dei vecchi debiti (salvo impegni personali).

Va detto che finché la startup innovativa è nei primi 5 anni, i creditori non possono chiederne il fallimento . Questo “scudo” è normativo (art. 31 DL 179/2012) e la Cassazione lo ha applicato in passato annullando sentenze di fallimento di startup innovative perché per legge non fallibili. Con la riforma 2024, tuttavia, se la startup è di dimensioni rilevanti e vuole essa stessa attivare un concordato o farsi liquidare giudizialmente, può farlo volontariamente , ma i creditori rimangono privi del potere di iniziativa (non possono forzare un fallimento se la startup non lo chiede) . Questo scenario implica che, per forzare la mano, un creditore di una startup innovativa insolvente può solo sperare di chiedere al PM di intervenire se c’è frode, oppure attendere lo scadere dei 5 anni di privilegio, oppure avvalersi di procedure esecutive individuali (pignoramenti) sapendo però che se la startup attiva la protezione OCC prima, quelle azioni verranno bloccate.

Raffronto tra le procedure e scelte strategiche

Abbiamo illustrato molti strumenti: troppi, potrebbe sembrare, per un imprenditore già stressato dalla crisi. Per aiutare a orientarsi, presentiamo di seguito una tabella riepilogativa che confronta le principali caratteristiche delle procedure di regolazione della crisi, dal punto di vista di un’impresa debitrice cinematografica:

ProceduraChi può accedervi (soglia)Autorità coinvoltaEffetti immediati (stay)Coinvolgimento creditoriEsito principale
Piano attestato di risanamento (art. 56 CCII)Imprese in crisi di qualsiasi dimensione (fallibili o no)Nessuna omologa; attestatore indipendenteNessuno automatico (accordi privati)Accordi bilaterali volontari (no voto collettivo)Risanamento privatistico; atti protetti da revocatoria
Accordo di ristrutturazione (art. 57 CCII)Imprese fallibili o anche non fallibili (se omologa chiesta)Tribunale (omologa)Sì, su richiesta con pubblicazione RIAdesione >= 60% crediti (singoli accordi) ; non aderenti da pagare per intero (salvo cram-down Fisco)Ristrutturazione consensuale parziale, vincolante post-omologa
Concordato preventivo (art. 84 CCII)Imprese fallibili (oltre soglie) e startup >5 anni/non innovativeTribunale (procedura concorsuale)Sì, automatico dalla domanda (con riserva)Voto maggioranza crediti (>50% ammessi) in classiPiano di continuità o liquidatorio, taglio debiti con voto; esecuzione sotto controllo CG
Composizione negoziata (art. 12 CCII)Qualsiasi impresa (anche piccola) in crisi o rischio insolvenzaEsperto negoziatore + eventuale giudice per misureSu richiesta, decreto tribunale (max 6+6 mesi)Nessun voto: trattative riservate, accordi eventuali (possono sfociare in ADR o concordato)Accordo stragiudiziale facilitato, o passaggio a procedura concorsuale se fallisce
Concordato minore (art. 74 CCII)Debitori non fallibili (piccoli imprenditori, startup <5 anni, professionisti)OCC + Tribunale (omologa)Sì, dal decreto di aperturaAdesione >50% dei crediti tramite dichiarazioniPiano di ristrutturazione “mini” omologato, con esdebitazione persona fisica
Liquidazione controllata (art. 268 CCII)Debitori non fallibili insolventi (volontaria o post concordato minore)Tribunale (nomina liquidatore)Sì, dalla data apertura (come fallimento)Nessun voto: accertamento passivo e riparto secondo leggeLiquidazione del patrimonio; debitore persona fisica liberato dai debiti residui

Legenda: CG = Commissario Giudiziale; RI = Registro delle Imprese; OCC = Organismo Composizione Crisi; startup <5 anni = startup innovativa nei primi 5 anni dalla costituzione.

Questa tabella evidenzia come, per un’impresa cinematografica, la scelta tra le procedure dipenda molto dalla forma giuridica (fallibile o meno) e dall’obiettivo (continuare l’attività o cessarla liquidando tutto). In generale, finché c’è speranza di prosecuzione (e magari di salvaguardia dei posti di lavoro e del patrimonio artistico aziendale), si privilegeranno strumenti come la composizione negoziata o il concordato in continuità, che mantengono l’impresa in vita e puntano al risanamento. Se invece la situazione è compromessa e l’attività non è più sostenibile, conviene optare per soluzioni liquidatorie ordinate (concordato liquidatorio, liquidazione controllata), evitando così l’aggressione caotica dei creditori e sancendo una fine dignitosa all’impresa.

Forma giuridica dell’impresa e responsabilità dei soci: cosa cambia per i debiti?

Un fattore cruciale nel determinare le strategie di difesa è la forma giuridica con cui l’attività cinematografica è svolta. Di seguito un riepilogo delle forme tipiche e delle relative implicazioni sui debiti:

  • Impresa individuale (ditta): l’imprenditore è una persona fisica che risponde illimitatamente con tutto il suo patrimonio personale dei debiti dell’attività. Ciò significa che debiti verso fornitori, banche, Fisco, ecc. possono essere soddisfatti aggredendo beni personali (conto bancario personale, casa, auto). Non c’è distinzione patrimonio impresa/persona. L’unica tutela, come ricordato, è che se la casa di abitazione non di lusso è l’unica di proprietà e l’impresa individuale ha debiti fiscali, l’ADER non può pignorarla (ma può ipotecarla) . Per il resto, l’imprenditore individuale che non riesce a far fronte ai debiti può essere assoggettato a liquidazione controllata (ex “fallimento civile”) e dopo aver liquidato i beni può ottenere l’esdebitazione, ma rischia di perdere quasi tutto. – Strumenti consigliati: composizione negoziata (per evitare il tracollo personale), concordato minore se i debiti sono troppi, liquidazione controllata come exit.
  • Società di persone (S.n.c., S.a.s.): in società in nome collettivo tutti i soci rispondono illimitatamente e solidalmente dei debiti sociali; in società in accomandita, i soci accomandatari hanno responsabilità illimitata, mentre gli accomandanti rischiano solo il capitale conferito. Dunque per una S.n.c. di produzione, i creditori possono rifarsi sia sul patrimonio sociale sia, in caso di insufficienza, sui beni personali di ciascun socio (che a loro volta avranno diritto di regresso interno). Ciò amplia le possibilità di recupero dei creditori e mette in pericolo il patrimonio privato dei soci, analogamente all’impresa individuale. L’insolvenza di una società di persone comporta il possibile fallimento (o liquidazione controllata) anche dei soci illimitatamente responsabili, in estensione. – Strumenti: analoghi a impresa individuale; in più si può valutare la trasformazione in s.r.l. (ma non serve a sfuggire ai debiti pregressi, sarebbe considerata in frode se fatta all’ultimo momento).
  • Società di capitali (S.r.l., S.p.A., S.r.l.s., cooperativa): qui vige la responsabilità limitata: la società ha personalità giuridica e risponde delle obbligazioni con il suo patrimonio; i soci (quotisti o azionisti) rischiano al massimo il capitale sottoscritto. Questo è uno dei motivi per cui la forma di società di capitali è la più utilizzata per le produzioni cinematografiche, specie quelle indipendenti: consente di compartimentare il rischio di impresa, evitando che un flop metta sul lastrico i produttori sul piano personale. Tuttavia, attenzione: spesso banche, fornitori importanti o enti finanziatori chiedono garanzie personali ai soci o amministratori (fideiussioni). Se queste sono state prestate, la responsabilità torna personale per quelle obbligazioni garantite (es. se il socio ha garantito il mutuo, la banca potrà rivalersi sul socio). – Inoltre, gli amministratori possono incorrere in responsabilità personali indirette:
  • Se violano i doveri gestori (es. occultano scritture, distraggono beni) possono risponderne civilmente verso i creditori (azione di responsabilità per mala gestio).
  • Se ritardano la dichiarazione di insolvenza, causando un aggravio del dissesto, possono essere chiamati a rispondere dei maggiori danni (specie in caso di procedura concorsuale: il curatore può agire ex art. 2486 c.c. per atti compiuti dopo scioglimento della società per perdite).
  • In caso di reati fallimentari (bancarotta), nelle società di capitali fallite gli amministratori e liquidatori rischiano sanzioni penali (ma per startup innovative in sovraindebitamento la bancarotta non si applica in teoria, essendo non fallibile).
  • Associazioni e fondazioni (enti non profit): alcune sale cinematografiche d’essai o cineclub sono gestiti da associazioni culturali. Potrebbe capitare anche una produzione come associazione, sebbene raro perché per accedere ai tax credit serve forma d’impresa. In un’associazione riconosciuta (personalità giuridica), l’ente risponde con il suo patrimonio, gli associati no. In un’associazione non riconosciuta, gli amministratori e chi agisce in nome e per conto rispondono illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni (art. 38 c.c.): vuol dire che se l’associazione non ha beni, i creditori possono colpire il patrimonio del presidente o direttore che hanno contrattato. Questo è pericoloso e molti non lo sanno. La riforma del Terzo Settore consente oggi di far riconoscere l’associazione (iscrizione al RUNTS) per ottenere autonomia patrimoniale. – Comunque, anche le associazioni in crisi possono accedere a procedure di sovraindebitamento (piano del consumatore se i debiti sono per finalità estranee all’impresa, oppure concordato minore se equiparate a imprenditori non profit).

In sintesi, una società di capitali offre la miglior protezione ai soci: i debiti restano confinati alla società e, salvo garanzie personali o casi di mala fede, il patrimonio personale dei produttori è al sicuro dai creditori sociali . Questo però non vale se si è stati leggeri nella gestione: comportamenti come finanziamenti sconsiderati (ad esempio indebitare la società oltre ogni misura confidando erroneamente nella limitazione, salvo poi scoprire di aver firmato fideiussioni), oppure tenere aperta la società fantasma accumulando debiti verso il Fisco sperando di non pagarli, sono azioni che possono portare a implicazioni personali. Ad esempio, l’amministratore che non versa l’IVA per finanziare il film potrebbe essere perseguito penalmente a livello personale, vanificando l’idea della responsabilità limitata.

Ecco una tabella riepilogativa sulle forme giuridiche e responsabilità dei soggetti coinvolti:

Forma GiuridicaResponsabilità per i debitiProcedura di insolvenza applicabile
Ditta IndividualeIllimitata: imprenditore risponde con tutti i beni propri. Eccezioni limitate (es. casa impignorabile dal Fisco) .Liquidazione controllata (no fallimento), concordato minore/OCC. Esdebitazione persona fisica ammessa a fine procedura.
S.n.c. (società persone)Illimitata e solidale per tutti i soci (anche per debiti contratti da altri in nome società). Patrimoni personali aggredibili dopo escussione patrimonio sociale.Fallimento (liquid. giud.) per società e soci assieme, oppure concordato preventivo. In sovraindebitamento: concordato minore/liquidaz. controllata + eventuale esdebitazione soci.
S.a.s. (soc. accomandita)Illimitata per soci accomandatari (gestori); limitata al conferimento per soci accomandanti (che non amministrano). Creditori escutono prima patrimonio sociale, poi accomandatari.Idem S.n.c. per accomandatari. Accomandanti non falliscono (salvo abbiano ingerito gestione perdendo limitazione).
S.r.l. / S.p.A. (soc. capitale)Limitata al capitale conferito. Soci non obbligati a ripianare i debiti sociali. Eccezione: se hanno prestato fideiussioni personali o in caso di gravi illeciti (es. socio unico che non ricapitalizza come da obblighi può avere responsabilità). Amministratori possono avere responsabilità verso creditori per gestione colposa ex art. 2476 c.c. e 2486 c.c.Fallimento (liq. giud.) se insolvente e oltre soglie. Concordato preventivo possibile. Se PMI innovativa o sotto soglia, concordato minore/liquidaz. controllata. Startup innovativa <5 anni esclusa da fallimento , accede solo a procedure OCC (salvo opzione volontaria dal 2024 ).
Cooperativa (a mutualità)Equiparata a società di capitali (limitata salvo diversa previsione statuto). Soci non oltre quota conferita.Come società di capitali (fallimento se grande, OCC se piccola). Peculiarità: se cooperative a mutualità prevalente, in caso di scioglimento devoluzione patrimonio a fondi mutualistici (ma in insolvenza si applica legge concorsuale).
Associazione non riconosciutaEnte privo di autonomia patrimoniale perfetta. Chi agisce per l’ente (rappresentanti legali) risponde personalmente e solidalmente dei debiti contratti verso terzi, oltre al fondo comune dell’associazione (art. 38 c.c.) . Associati non amministratori di norma no, ma potrebbero essere chiamati se hanno deliberato atti contrari a legge/statuto.Sovraindebitamento (procedura da OCC): di solito concordato minore o liquidazione controllata. Associazioni non fallibili. Possibile esdebitazione presidente se equiparato a consumatore o imprenditore sociale.
Associazione riconosciutaEnte con personalità giuridica. Risponde solo l’ente col suo patrimonio. Amministratori non personalmente responsabili salvo abuso di firma. Soci non responsabili.Idem: sovraindebitamento. In pratica raramente associazioni culturali ricorrono, ma se imprenditoriali potrebbero.
Startup innovativa (entro 5 anni)Se è s.r.l./s.p.a., vale responsabilità limitata dei soci. Inoltre, per legge art. 31 DL 179/2012, non è assoggettabile a fallimento, liquidazione giudiziale o altre procedure concorsuali ordinarie, ma solo a quelle da sovraindebitamento . Ciò tutela indirettamente anche gli amministratori da azioni di responsabilità concorsuale finché startup è nello “scudo”.Concordato minore o liquidazione controllata tramite OCC. Novità 2024: se la startup supera soglie PMI, può scegliere volontariamente concordato preventivo o liquidazione giudiziale , ma i creditori non possono chiederle il fallimento (solo il debitore può). Decorsi 5 anni o persi requisiti, torna fallibile come srl normale .

Alla luce di tutto ciò, per un produttore cinematografico indipendente la scelta della forma societaria influisce sulle strategie difensive. Se si opera come impresa individuale o società di persone, proteggere i beni personali diventa una priorità: in caso di crisi, occorrerà valutare anche strumenti come il regime di separazione dei beni col coniuge, trust o fondi patrimoniali (pur con tutti i limiti anti-frode, perché fare spostamenti patrimoniali quando si è già indebitati può essere facilmente revocato o considerato atto in frode ). Prevenire è meglio: costituirsi in s.r.l. fin dall’inizio, tenere separato il patrimonio famigliare dall’impresa, non firmare garanzie personali a cuor leggero.

D’altro canto, la responsabilità limitata non autorizza a lasciare debiti in giro impunemente: se un produttore, confidando nella s.r.l., accumula debiti e poi svuota la società, rischia l’azione per illecito civile o penale (una sorta di “insolvenza fraudolenta”): ad esempio simulare la cessione dell’azienda a un prestanome o trasformarsi in associazione per non pagare sarebbe un abuso perseguibile .

Come evitare errori e comportamenti illeciti nella gestione della crisi

Nell’agitarsi per gestire i debiti, l’imprenditore potrebbe essere tentato da azioni disordinate o illecite che, lungi dal risolvere la situazione, la peggiorano. Ecco alcuni errori da evitare assolutamente dal punto di vista legale:

  • Pagamenti preferenziali ingiustificati: scegliere di pagare solo alcuni creditori (magari amici o parenti) a ridosso dell’insolvenza, lasciando altri a bocca asciutta, può portare a conseguenze negative. In un eventuale fallimento, quei pagamenti possono essere revocati (se fatti entro 6 mesi dall’insolvenza per creditori normali, 1 anno per quelli privilegiati) e i soldi dovranno essere restituiti al patrimonio. Peggio, se fatti con intento di favorire qualcuno a scapito della massa, l’amministratore rischia l’accusa di bancarotta preferenziale (reato penale). Quindi niente “corsie preferenziali” salvo che rientrino in una logica di accordo globale e siano inevitabili (es. pagamento fornitore essenziale per tenere aperto, come discusso: in tal caso non è dolo preferenziale, ma è bene documentare la scelta).
  • Distrazione di beni o fondi dell’azienda: cedere beni aziendali a prezzo stracciato a un terzo compiacente (magari un parente), o prelevare denaro per scopi personali mentre i creditori restano insoluti, configura bancarotta fraudolenta distrattiva se poi si fallisce. È uno dei reati più gravi (si rischiano diversi anni di carcere). Anche qui, oltre all’aspetto penale, c’è quello morale: impoverire volutamente il patrimonio disponibile ai creditori è considerato un abuso. Meglio semmai impiegare quelle risorse per tentare un risanamento o, se si vuole salvare un asset (es. un immobile o un’opera cinematografica), farlo alla luce del sole attraverso la procedura concorsuale (un concordato può prevedere che un certo asset venga liquidato direttamente ad un soggetto in continuità, ma sotto controllo del giudice).
  • Omettere la tenuta delle scritture contabili: ogni imprenditore deve avere una contabilità ordinata. In situazioni di dissesto, è facile trascurare questo aspetto. Ma se si finisce in fallimento e mancano libri e registri o sono tenuti in modo caotico, si commette bancarotta semplice/documentale (reato) e comunque si perde la chance di dimostrare eventuali ragioni a proprio favore. Quindi, anche se si è travolti dai problemi, mantenere la contabilità aggiornata e trasparente è fondamentale (e oltretutto serve per predisporre i piani di ristrutturazione).
  • Creare una nuova società e spostare l’attività (Phoenix company): una mossa talvolta tentata è: lascio morire la società indebitata e apro una nuova società pulita, verso cui traghetto i contratti buoni o i beni, lasciando i debiti al “guscio vuoto”. Questa operazione può costituire subentro di azienda e i creditori potrebbero vantare pretese sulla nuova (ex art. 2560 c.c., l’acquirente d’azienda risponde dei debiti risultanti dai libri contabili) . Inoltre, se fatta in frode, si rischiano cause per simulazione o azioni revocatorie. Giuridicamente, vendere l’azienda è possibile e a volte auspicabile (ad esempio in un concordato affidare l’attività a un investitore terzo che la rileva e paga i debiti in percentuale). Ma farlo senza il coinvolgimento dei creditori è pericoloso: se i creditori sospettano pregiudizio, possono opporsi alla cessione d’azienda entro 60 giorni . Quindi niente fughe nottetempo: piuttosto, concordare la vendita nell’ambito di un accordo complessivo.
  • Non dichiarare la crisi (inerzia): forse l’errore più comune e deleterio è far finta di nulla, continuando magari a fare nuove obbligazioni quando si sa di non poter onorare le precedenti. Questo porta ad aumentare i debiti e configurare condotte di mala gestio. Il Codice della Crisi (art. 2086 c.c.) obbliga l’imprenditore a dotarsi di assetti adeguati per rilevare tempestivamente la crisi e attivarsi . Ignorare i segnali di allarme può far perdere quelle finestre in cui una ristrutturazione sarebbe stata possibile. Inoltre, se si va in insolvenza conclamata, la legge e i giudici tendono a punire la tardiva emersione: ad esempio negando il beneficio dell’esdebitazione a chi ha colposamente aggravato il dissesto.

In conclusione, la parola chiave è legalità e trasparenza: affrontare la crisi a testa alta, informando man mano i creditori, utilizzando gli strumenti consentiti dalla legge, e senza cercare scorciatoie illegali. Una gestione corretta della crisi, oltre a essere moralmente ed eticamente doverosa, viene spesso premiata dal sistema: il tribunale sarà più incline ad approvare piani presentati da un debitore cooperativo e trasparente, e anche i creditori lo tratteranno con più favore. Viceversa, se fiutano sotterfugi, saranno molto più duri (nessuno farà sconti a chi appare come “furbo” o inaffidabile).

Come nota finale, va ricordato che l’imprenditore in difficoltà può sempre consultare professionisti esperti (avvocati d’impresa, commercialisti specializzati in crisi, advisor finanziari) fin dalle prime avvisaglie. Questi possono aiutare a evitare errori e a scegliere la via giusta, nonché fare da filtro nelle comunicazioni con i creditori. La crisi d’impresa è un percorso irto di ostacoli, ma con la guida adatta e mantenendo la correttezza, anche un produttore cinematografico indipendente può uscirne limitando i danni e, talvolta, salvando la propria attività per progetti futuri.

Domande Frequenti (FAQ)

Di seguito alcune domande comuni che potrebbero porsi i titolari o amministratori di società di produzione cinematografica indebitate, con risposte sintetiche basate su quanto esposto nella guida:

D: Cosa succede se la mia casa di produzione non paga i debiti fiscali (IVA, ritenute, etc.)?
R: L’Agenzia Entrate-Riscossione attiverà la riscossione forzata. Ti notificherà cartelle esattoriali e, se non paghi o rateizzi, potrà procedere con ipoteche su eventuali immobili della società, fermo amministrativo di veicoli aziendali e pignoramenti di conti correnti o crediti (ad es. bloccando pagamenti di committenti). Inoltre, omettere IVA per importi oltre 250.000 € annui o ritenute oltre 150.000 € è un reato penale tributario : l’amministratore può essere perseguito. Per difenderti, è fondamentale agire subito: valuta la rateizzazione (oggi fino a 10 anni in casi gravi, con soglie semplificate) o eventuali definizioni agevolate (condoni) se disponibili . Controlla con un fiscalista se ci sono vizi nelle cartelle (errori di notifica, prescrizioni) da far valere con un ricorso. Infine, considera strumenti come il concordato preventivo o la composizione negoziata per gestire in un piano anche il debito fiscale chiedendo una transazione (pagamento parziale) – oggi la legge permette al tribunale di omologarla pure senza assenso formale del Fisco, se il piano è conveniente .

D: La banca mi ha chiesto di rientrare immediatamente dallo scoperto e minaccia azioni legali. Che posso fare?
R: Prima di tutto, parla con la banca. Prepara (magari con un consulente) un piano di rientro credibile: ad esempio, propone di ridurre l’esposizione gradualmente nei prossimi mesi, magari offrendo in garanzia dei crediti futuri (come incassi di un film in uscita). Le banche preferiscono evitare cause lunghe se vedono collaborazione e una prospettiva di recuperare il credito . Puoi chiedere una moratoria sul mutuo (sospensione rate per qualche mese) o il rifinanziamento del debito su un periodo più lungo (cosiddetto consolidamento). Sul piano legale, verifica se la banca ha applicato condizioni scorrette: ad esempio interessi usurari o anatocismo. Se sì, potresti contestare il credito in tutto o in parte con perizia tecnica: questo può costringere la banca a negoziare e bloccare eventuali decreti ingiuntivi (dovresti opporti allegando la contestazione) . Attenzione però a non inventare contestazioni infondate: agisci solo se hai seri riscontri, altrimenti peggiori la tua posizione. Come ulteriore tutela, sappi che se la banca inizia il pignoramento, puoi ancora congelarlo attivando una procedura concorsuale (es. presentando un concordato con riserva): il tribunale sospenderà le azioni esecutive mentre predisponi una soluzione.

D: Ho molti piccoli fornitori non pagati. Meglio pagarne alcuni e altri no, in attesa di tempi migliori?
R: Pagare solo alcuni creditori “a macchia di leopardo” è rischioso e ingiusto. Se poi la società dovesse andare in fallimento, quei pagamenti selettivi fatti poco prima possono essere revocati dal curatore (perché lesivi della par condicio) e tu avresti solo privilegiato qualcuno inutilmente . Inoltre, i fornitori esclusi dal pagamento potrebbero reagire immediatamente: quello che non paghi potrebbe depositare un decreto ingiuntivo o un’istanza di fallimento, facendoti più male di chi hai pagato. È meglio cercare una soluzione concordata con tutti: ad esempio, offrire a ciascun fornitore di saldare una parte del dovuto subito (poniamo 30-50%) e il resto a scadenza futura, spiegando che è l’unico modo per soddisfarli tutti parzialmente . Spesso i creditori, vedendo equità, accettano piuttosto che rischiare niente in caso di fallimento. Se proprio devi scegliere (risorse scarsissime), privilegia i fornitori cruciali per proseguire l’attività – ad es. chi ti fornisce attrezzature o chi detiene i materiali del film – ma con gli altri comunica chiaramente la situazione e magari formalizza un accordo scritto di dilazione. Ricorda: se fai pagamenti preferenziali con intento doloso di favorire qualcuno, rischi sanzioni (in sede fallimentare è bancarotta preferenziale). Molto meglio usare strumenti come il concordato preventivo o la composizione negoziata, dove i fornitori chirografari vengono trattati in modo uniforme e votano un piano comune, evitando tu di scegliere chi pagare e chi no.

D: Possono pignorare i beni personali miei (socio/amministratore) per i debiti della società?
R: Dipende dalla forma societaria e da eventuali garanzie. Se la tua attività è svolta tramite una s.r.l. o s.p.a., i creditori sociali non possono aggredire direttamente il tuo patrimonio personale (casa, risparmi), a meno che tu non abbia prestato fideiussioni personali o altre garanzie per i debiti sociali . Ad esempio, se hai firmato da garante per un prestito bancario, allora sì, la banca in caso di insolvenza della società verrà da te; oppure se hai ipotecato casa tua a garanzia di un finanziamento, quella casa è a rischio pignoramento da parte della banca. In assenza di garanzie, con una SRL i tuoi beni sono al sicuro dai creditori finché la società esiste. Se però sei un imprenditore individuale o socio di società di persone (snc), la distinzione non c’è: tu rispondi illimitatamente e i creditori possono benissimo pignorare la tua casa (salvo l’eccezione prima casa non di lusso per debiti fiscali: ADER può ipotecarla ma non venderla all’asta) . Anche qui, però, se l’impresa individuale fallisce, la casa può essere venduta (a meno che sia protetta da norme come i fondi patrimoniali – che però hanno efficacia limitata se i debiti sono d’impresa). Quindi: soci SRL/SPA senza garanzie personali -> patrimonio personale protetto; imprenditore individuale/socio SNC -> patrimonio personale aggredibile. Nota: i beni dei soci/amministratori possono essere colpiti anche in caso di condotte distrattive: se hai sottratto beni dalla società e fallisci, il curatore può attivare azioni revocatorie su atti a tuo favore e perfino denunciare per bancarotta, con possibili sequestro dei tuoi beni in sede penale.

D: La mia società è una startup innovativa molto indebitata: davvero non può essere dichiarata fallita? Come mi devo muovere in quel caso?
R: Confermo, per legge (art. 31 D.L. 179/2012) le startup innovative non sono soggette a fallimento o liquidazione giudiziale nei primi 5 anni di vita . Ciò significa che i creditori non possono presentare istanza di fallimento contro la tua startup in quel periodo. Puoi utilizzare solo le procedure di sovraindebitamento (concordato minore, ristrutturazione debiti OCC, liquidazione controllata) . Questa è una protezione – un “salvagente normativo” – per darti più chance di risanare o chiudere senza stigma. Devi però comunque affrontare i debiti: puoi rivolgerti all’OCC della tua Camera di Commercio per proporre un concordato minore (una sorta di mini-concordato dove i creditori votano per adesione) o, se non vedi prospettive, avviare una liquidazione controllata volontaria per liquidare la società sotto tutela del tribunale, evitando azioni esecutive disordinate. Dal 2024 c’è una novità: se la tua startup, pur avendo meno di 5 anni, è cresciuta oltre le soglie da piccola impresa (attivo > €300k, ricavi > €200k, debiti > €500k), puoi scegliere volontariamente di usare anche le procedure ordinarie (concordato preventivo, ecc.) , ma resta una tua facoltà, non un obbligo. In pratica, se pensi che un concordato preventivo “grande stile” sia utile (magari hai tanti creditori e preferisci far votare tutto in tribunale) puoi farlo, altrimenti rimani nell’alveo OCC. In ogni caso, non lasci trascorrere i 5 anni senza fare nulla: allo scadere, perderai lo scudo e i creditori potranno chiedere il fallimento come per qualsiasi società. Meglio quindi usare il tempo protetto per ristrutturare o liquidare. E tieni presente che la normativa startup ti esenta temporaneamente da alcune cause di scioglimento (perdite oltre il capitale), ma non ti esenta dal pagare i debiti né dalle responsabilità penali (se fai reati, startup o no, rimane reato). Quindi muoviti attivamente in quei 5 anni per trovare una soluzione.

D: La società ha maturato un grosso credito d’imposta cinema. Posso usarlo per salvare l’azienda dai debiti?
R: Sì, i crediti d’imposta cinematografici sono una risorsa preziosa e la legge consente di utilizzarli in compensazione per pagare tasse e contributi dovuti . Non hanno il limite di €700k annui che si applica ad altri crediti: sono esclusi da quel tetto perché considerati contributi pubblici sovvenzionali . Quindi, se la tua società ha – poniamo – €100.000 di credito d’imposta per produzione cinematografica approvato dal MiC, puoi compensarlo tramite modello F24 per pagare IVA, ritenute, INPS, IMU e altre imposte. Questo può ridurre drasticamente l’esposizione verso il Fisco senza esborso di cassa. Inoltre, se hai bisogno di liquidità immediata, puoi anche cedere il credito d’imposta a una banca o a un investitore: molti istituti acquistano i tax credit cinema (spesso con uno sconto, es. pagano 95 su 100 di credito). La cessione è permessa dalle norme (come per i bonus edilizi, ma il cinema ha proprie regole specifiche) . Con la cessione ottieni denaro contante che puoi usare per pagare fornitori o altri debiti urgenti. Attenzione: assicurati che il credito sia certo e utilizzabile – se il MiC o l’Agenzia Entrate dovessero disconoscerlo (per vizi nei documenti o spese non ammissibili), potresti trovarsi senza credito ma con i debiti ancora lì. In pratica, prima di fare mosse, valida bene il credito (magari con un ruling all’AdE se necessario). Nota: la compensazione coi debiti a ruolo (cartelle) richiede che il ruolo non sia oltre certi importi se non hai una dilazione in corso , per cui se hai cartelle notificate assicurati di averle messe a rate prima di compensare. Comunque, il tax credit può letteralmente tenere a galla una produzione in crisi finanziaria, se usato bene.

D: In caso di concordato o procedura, cosa succede ai contratti in corso, ad esempio accordi di coproduzione o distribuzione? Si interrompono?
R: Dipende dal tipo di procedura e dal contratto. Nel concordato preventivo in continuità, la società continua ad operare sotto vigilanza, quindi i contratti in corso proseguono regolarmente (salvo la società chieda al tribunale di scioglierne qualcuno particolarmente oneroso, cosa possibile ex art. 97 CCII con autorizzazione). Ad esempio, se hai un contratto di coproduzione: se è essenziale portarlo avanti e la controparte è d’accordo, continuerà; se invece è un peso e conviene interrompere, puoi chiedere di scioglierlo con ok del giudice, pagando eventualmente un’indennità contrattuale come prededuzione. Nella composizione negoziata, ancor di più, l’attività prosegue e l’esperto cercherà di far rispettare i contratti utili: nessuno li scioglie automaticamente. In una liquidazione controllata o concordato liquidatorio, invece, l’intento è cessare l’attività e liquidare i beni: qui i contratti pendenti possono essere sciolti dal liquidatore (ad esempio contratti di noleggio, leasing, etc.), salvo quelli che possono generare valore per i creditori (che allora il liquidatore potrebbe cedere a terzi). Per i contratti di distribuzione o licenza di film, solitamente in un fallimento/liquidazione giudiziale vengono venduti come asset: il curatore/liquidatore può cedere i diritti contrattuali a un altro soggetto (nuovo produttore/distributore) che subentra. Quindi, se sei in crisi ma hai un buon accordo di distribuzione, cercherai di mantenerlo (magari convincendo il distributore a pazientare) se vuoi andare in continuità; se invece chiudi, quel contratto sarà probabilmente risolto o ceduto. Tieni presente che le controparti, venute a sapere della procedura, potrebbero avere diritto di recesso in base a clausole di change of control o insolvenza: molti contratti con broadcaster o piattaforme hanno clausole tipo “se il produttore entra in procedura concorsuale, la controparte può risolvere”. Dovrai controllare queste clausole: in composizione negoziata puoi cercare di rassicurare la controparte per non farla recedere; in concordato, se la controparte vuole proprio recedere e c’è clausola, potrebbe farlo e sarebbe un danno (perché perdi quell’entrata). La legge tuttavia pone qualche limite alle clausole ipso facto (che prevedono risoluzione automatica in caso di concordato): nel Codice della Crisi alcune clausole risolutive sono inefficaci se l’adempimento avviene regolarmente (art. 94 CCII). In definitiva: un concordato ben gestito può mantenere vivi i contratti buoni (con il giudice che può sospendere o sciogliere quelli sfavorevoli su richiesta); se invece finisci in liquidazione, accetta che l’attività contrattuale cesserà e i contratti faranno parte della liquidazione stessa.

D: Se vendo l’azienda (catalogo film, attrezzature, ecc.) a qualcuno, i debiti della società passeranno all’acquirente?
R: La vendita d’azienda segue l’art. 2560 c.c.: l’acquirente risponde dei debiti aziendali risultanti dai libri contabili obbligatori alla data della cessione , salvo patto contrario pubblicato (ma il patto contrario non vale verso i creditori, serve solo a regresso interno). Cosa vuol dire? Se vendi l’intera azienda (cioè il complesso di beni e contratti) della tua società di produzione a Tizio, e dai libri contabili risultano debiti verso fornitori X e Y, Tizio ne risponde insieme a te in solido . Se invece c’erano debiti occulti o non risultanti in contabilità, Tizio non ne risponde ex lege, però in pratica un acquirente furbo farà due diligence e vorrà garanzie contrattuali (o tratterrà prezzo) per eventuali debiti nascosti. In ogni caso, vendere l’azienda per liberarsi dei debiti non è automatico: i creditori possono opporsi alla cessione entro 60 giorni dalla notizia se temono che l’operazione sia lesiva per loro . Nella crisi, la cessione d’azienda di solito si fa nell’ambito di un concordato o accordo: ad esempio, un investitore compra l’azienda a un prezzo, quei soldi vanno a pagare in parte i creditori, e la società originaria poi si chiude. In un contesto del genere i creditori sono coinvolti e difficilmente si oppongono perché l’operazione è volta a massimizzare la soddisfazione. Se invece tenti di vendere l’attività di nascosto per lasciarti dietro i debiti (la cosiddetta operazione “fenice”), rischi cause e opposizioni, e comunque i debiti principali seguiranno l’azienda nelle mani del compratore se registrati. Quindi la via corretta è: sì, puoi cedere l’azienda per salvare la parte buona (catalogo, avviamento) e fare cash, ma farlo in modo trasparente e negoziato con i creditori, preferibilmente formalizzato in una procedura concorsuale o con accordi individuali di manleva. Altrimenti, il compratore vorrà uno sconto grosso per prendersi anche i debiti noti (di fatto pagando meno) e i creditori rischiano di dover poi rincorrere il compratore o te per farsi pagare, generando contenziosi.

D: Quali responsabilità potrei avere come amministratore se la società fallisce o entra in liquidazione?
R: Se la tua società viene dichiarata insolvente con una liquidazione giudiziale (ex fallimento), verrà scrutinata la tua condotta di gestione. Potresti avere responsabilità civili verso la massa dei creditori se hai violato i doveri (ad es. hai aggravato il dissesto invece di prendere misure, o hai fatto operazioni azzardate quando già sapevi di non poter pagare): il curatore può fare un’azione di responsabilità ex art. 2486 c.c. per atti compiuti dopo la perdita del capitale, chiedendoti i danni (la differenza di patrimonio peggiorata). Sul piano penale, se emergono irregolarità gravi, potresti essere accusato di bancarotta: – Fraudolenta: se hai distratto beni, occultato documenti, sottratto attivo, simulato passività o comunque frodato i creditori. – Semplice: se per imprudenza o negligenza hai aggravato il fallimento (es. hai fatto spese personali eccessive o tenuto contabilità caotica). Le pene variano, ma la bancarotta fraudolenta è molto seria (fino a 10 anni di reclusione nei casi più gravi). Anche l’aver pagato preferenzialmente alcuni creditori può essere bancarotta preferenziale come detto.

Se invece la società va in liquidazione controllata OCC (perché era non fallibile), formalmente i reati di bancarotta del R.D. 267/42 non dovrebbero applicarsi, perché quella non è una liquidazione giudiziale. In teoria quindi, come amministratore di una startup non fallibile, non verresti incriminato per bancarotta. Tuttavia, attenzione: rimangono applicabili eventuali reati comuni (es. se hai sottratto beni ai creditori potresti incorrere in appropriazione indebita o truffa a seconda dei casi). Inoltre, il correttivo 2024 criticava la mancanza di azione revocatoria nella liquidazione controllata come dicevamo , ma non ha creato nuovi reati, dunque sei un po’ più protetto in OCC.

In generale, per limitare il rischio di responsabilità: – Appena la situazione degenera, non aggravare il buco: blocca le spese non necessarie, evita di fare debiti ulteriori se sai già di essere insolvente (ciò potrebbe essere visto come fraudolento verso quei nuovi creditori). – Convoca l’assemblea (se srl) appena ci sono perdite > 1/3 capitale o capitale sotto minimo legale: è tuo dovere ex art. 2482-bis/ter c.c. Se non lo fai e tiri avanti, sei quasi certamente responsabile. – Documenta ogni scelta in modo da poter dimostrare, un domani, che hai agito nel tentativo di salvare l’impresa o massimizzare la soddisfazione dei creditori, e non per interesse tuo.

Se segui queste linee, anche dovesse aprirsi una procedura, avrai migliori possibilità di evitare guai. In caso di dubbio, durante la crisi è utile nominare in CDA un professionista esperto (Chief Restructuring Officer): le decisioni condivise con un esperto e verbalizzate possono proteggerti mostrando la tua buona fede e diligenza.

D: In ultima analisi, conviene provare a salvare a tutti i costi la società o a volte è meglio lasciarla liquidare e ripartire da zero?
R: Dipende dalle prospettive reali e dalla valorizzazione degli asset intangibili (reputazione, relazioni, catalogo film). Nel cinema, molto del valore è legato alle persone e ai progetti creativi: se la squadra è demoralizzata e il nome compromesso, insistere potrebbe consumare risorse inutilmente. A volte “staccare la spina” in modo ordinato (liquidazione concordata) e magari far nascere un nuovo soggetto produttivo più leggero può essere la scelta giusta – ovviamente senza traghettare debiti al nuovo o frodare i vecchi creditori (bisogna chiudere pulitamente e poi ripartire legittimamente con altra entità, costruendo credibilità ex novo). Altre volte invece la società ha un know-how unico, rapporti con talent, un brand riconosciuto: in tal caso la continuità aziendale ha un valore che giustifica tentare il concordato o accordo di ristrutturazione per conservare quel capitale umano e commerciale. Bisogna anche considerare i vincoli normativi: se la società è una PMI innovativa o startup, magari gode di benefici fiscali o di bandi, e se la chiudi li perdi e dovresti re-iscrivere un nuovo soggetto da capo. In più, cambiare società comporta costi e burocrazia (nuovi conti, nuovi codici, etc.), e alcune relazioni (con banche, clienti) andrebbero recuperate. Perciò, la convenienza va valutata caso per caso, col famoso “test di convenienza” anche per i creditori: quello che fai deve portare a loro almeno quanto otterrebbero dalla liquidazione, e a te la possibilità di proseguire l’attività cinematografica in modo sostenibile. Se nessuno di questi due è vero (creditori non li soddisfi comunque e tu non avrai futuro in quell’attività), meglio liquidare.

Conclusione: Gestire una società di produzione cinematografica indipendente con debiti è un compito arduo, ma non insolubile. Il diritto mette a disposizione diversi strumenti di tutela del debitore onesto. Come abbiamo visto, dall’uso accorto dei crediti d’imposta alle procedure concorsuali negoziate, esistono vie per difendersi dai creditori e cercare di risanare o quanto meno chiudere dignitosamente l’impresa. L’importante è agire per tempo, con trasparenza e con l’assistenza giusta. Una crisi affrontata con professionalità può persino trasformarsi in un nuovo inizio: liberarsi dei debiti pregressi (grazie all’esdebitazione) e ripartire con progetti nuovi, più solidi su basi finanziarie. Al contrario, una crisi mal gestita, nell’illegalità o nel caos, porta quasi certamente alla perdita di tutto: azienda, patrimonio personale e reputazione nel settore.

Questo percorso è complesso e ogni caso ha le sue particolarità – per questo abbiamo citato leggi e sentenze aggiornate, così da orientare scelte consapevoli. Se ti trovi in questa situazione, non esitare a coinvolgere specialisti in diritto fallimentare e tributario: il costo dell’assistenza è spesso di gran lunga inferiore ai benefici ottenuti (riduzione debiti, evitare sanzioni, etc.). Speriamo che questa guida abbia chiarito il cosa fare e come difendersi per le società di produzione indipendenti alle prese con i debiti, aiutandoti a intravedere una via d’uscita legale e sostenibile da quella che, oggi, sembra una montagna di problemi.

Gestisci una società di produzione cinematografica indipendente e ti ritrovi con debiti verso banche, fornitori, maestranze o Agenzia delle Entrate? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Gestisci una società di produzione cinematografica indipendente e ti ritrovi con debiti verso banche, fornitori, maestranze o Agenzia delle Entrate?
Hai finanziamenti non pagati, cartelle esattoriali o contratti di coproduzione bloccati e temi pignoramenti, revoche di fondi o la chiusura della tua casa di produzione?
👉 Non sei solo: molte produzioni indipendenti, dopo anni di sacrifici e investimenti, si trovano in difficoltà economica.
La buona notizia è che la legge italiana ti consente di bloccare i creditori, ristrutturare o ridurre i debiti e salvare o chiudere legalmente la tua attività, senza fallire e senza compromettere la tua reputazione professionale.

In questa guida scoprirai perché le produzioni cinematografiche indipendenti finiscono in crisi, quali soluzioni legali puoi adottare e come difenderti in modo efficace.


🎬 Perché le produzioni cinematografiche indipendenti si indebitano

Il cinema indipendente vive di creatività e passione, ma anche di forti rischi economici. Le cause più comuni della crisi finanziaria sono:

  • Costi di produzione elevati (attrezzature, troupe, location, post-produzione);
  • Ritardi nei finanziamenti pubblici o privati (MIBACT, tax credit, fondi regionali);
  • Anticipazioni di spese prima dell’incasso dei contributi;
  • Incassi inferiori alle aspettative da distribuzione o piattaforme streaming;
  • Mutui e leasing per attrezzature video o studi di montaggio;
  • Ritardi nei pagamenti di coproduttori, broadcaster o distributori.

📌 Tutti questi fattori possono generare debiti fiscali, bancari e commerciali che mettono a rischio la sopravvivenza della società e la continuità dei progetti futuri.


🧾 Tipologie di debiti più comuni nel settore cinematografico

Debiti fiscali e contributivi

  • IVA, IRPEF, INPS, INAIL, TARI, cartelle esattoriali e accertamenti dell’Agenzia delle Entrate.

Debiti bancari e finanziari

  • Mutui o leasing per attrezzature di ripresa, illuminazione, post-produzione o mezzi di trasporto.
  • Prestiti di produzione non rimborsati.

Debiti commerciali e professionali

  • Fatture non pagate a troupe, tecnici, attori, location, fornitori di servizi e agenzie.

Debiti verso soci o coproduttori

  • Anticipi di capitale o investimenti non restituiti.

Debiti personali o garanzie fideiussorie

  • Garanzie firmate dal produttore o dagli amministratori per prestiti e finanziamenti aziendali.

⚠️ Cosa rischia una società di produzione indebitata

Se la situazione non viene gestita in tempo, potresti subire:

  • pignoramenti su conti, attrezzature o diritti d’autore;
  • blocco dei finanziamenti o dei contributi pubblici;
  • revoca dei fidi bancari e blocco dei fondi per la produzione;
  • azioni legali di fornitori, collaboratori o maestranze;
  • compromissione della reputazione professionale e creditizia.

👉 Ma oggi la legge offre soluzioni legali sicure per bloccare immediatamente i creditori, ridurre i debiti e proteggere la continuità artistica e produttiva.


🧩 Le soluzioni legali per le società di produzione con debiti

💠 1. Rinegoziazione dei debiti con banche e fornitori

Con l’assistenza di un avvocato puoi ottenere:

  • riduzioni delle somme dovute (saldo e stralcio);
  • rateizzazioni più lunghe e sostenibili;
  • sospensione temporanea dei pagamenti in attesa di fondi o contributi pubblici.

👉 È la soluzione ideale per chi vuole continuare a produrre e salvaguardare il nome della società.


💠 2. Concordato minore (per SRL o società di produzione registrate)

È la procedura prevista dal Codice della Crisi d’Impresa (D.Lgs. 14/2019) per società con difficoltà economiche, ma ancora attive.
Permette di:

  • bloccare pignoramenti, cartelle e decreti ingiuntivi;
  • presentare un piano di ristrutturazione approvato dal Tribunale;
  • ridurre legalmente i debiti mantenendo la continuità dell’attività produttiva.

📌 È perfetta per società che gestiscono più progetti e vogliono evitare il fallimento.


💠 3. Procedura di sovraindebitamento (per ditte individuali e produttori autonomi)

Riservata a piccole imprese e professionisti del cinema (autori, produttori, registi o tecnici indipendenti), consente di:

  • bloccare subito le azioni dei creditori;
  • proporre un piano di pagamento parziale o rateale;
  • ottenere la cancellazione del debito residuo (esdebitazione).

👉 È lo strumento ideale per i produttori individuali o le microimprese del settore.


💠 4. Liquidazione controllata dei beni (ex fallimento personale)

Se l’attività non è più sostenibile, puoi chiudere legalmente e proteggere il tuo patrimonio personale, mettendo a disposizione solo i beni non essenziali (attrezzature obsolete, diritti minori, veicoli).
Alla fine, il Tribunale cancella tutti i debiti residui, permettendoti di ripartire senza pendenze e senza rischi penali.


💠 5. Verifica e contestazione di cartelle e accertamenti fiscali

Molti debiti fiscali e contributivi sono prescritti o notificati in modo irregolare.
Un avvocato può:

  • verificare errori di calcolo e notifiche nulle;
  • chiedere la sospensione o l’annullamento del debito;
  • ottenere sgravi e riduzioni significative.

🎥 Cosa fare subito

✅ 1. Analizza la situazione economica e i debiti

Prepara un elenco completo di cartelle, mutui, contratti, fornitori e spese di produzione.

✅ 2. Blocca immediatamente le azioni dei creditori

Con il deposito di una procedura di concordato o sovraindebitamento, pignoramenti e riscossioni vengono sospesi per legge.

✅ 3. Evita nuovi prestiti o finanziamenti non sostenibili

Meglio agire con una strategia complessiva e autorizzata dal Tribunale, per evitare nuovi problemi.


📋 Documenti utili per la difesa

  • Documento d’identità e codice fiscale del legale rappresentante.
  • Visura camerale e bilanci societari.
  • Dichiarazioni fiscali e posizione INPS/INAIL.
  • Contratti di produzione, distribuzione e coproduzione.
  • Cartelle esattoriali e accertamenti fiscali.
  • Elenco dei fornitori, collaboratori e debiti residui.
  • Estratti conto bancari e contratti di leasing o mutuo.

⏱️ Tempi e risultati possibili

  • Analisi e pianificazione legale: 1–3 settimane.
  • Deposito della procedura: 1–2 mesi.
  • Blocco dei creditori: immediato con il deposito in Tribunale.
  • Durata del piano di rientro: da 1 a 5 anni.

🎯 Risultati concreti:

  • Stop a pignoramenti, cartelle e decreti.
  • Riduzione o cancellazione legale dei debiti.
  • Tutela dei diritti d’autore e delle opere in produzione.
  • Possibilità di continuare a lavorare e produrre in serenità.

⚖️ I vantaggi principali

✅ Blocco immediato di tutte le azioni dei creditori.
✅ Riduzione legale dei debiti fino all’80%.
✅ Protezione dei diritti cinematografici e dei beni aziendali.
✅ Continuità o chiusura ordinata dell’attività senza fallimento.
✅ Ripartenza economica e reputazionale pulita.


🚫 Errori da evitare

  • Ignorare notifiche, cartelle o decreti ingiuntivi.
  • Accumulare nuovi debiti per coprire quelli vecchi.
  • Vendere diritti o beni senza tutela legale.
  • Firmare rateizzazioni o prestiti non sostenibili.
  • Rivolgerti a consulenti non qualificati o non avvocati.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza la situazione fiscale e debitoria della tua società di produzione.
📌 Ti consiglia la strategia migliore: rinegoziazione, concordato, sovraindebitamento o liquidazione controllata.
✍️ Redige e deposita il piano legale per bloccare subito i creditori.
⚖️ Ti rappresenta nei rapporti con Agenzia delle Entrate, banche, maestranze e fornitori.
🔁 Ti accompagna fino alla cancellazione definitiva dei debiti o alla ristrutturazione completa dell’attività produttiva.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto commerciale, tributario e crisi d’impresa.
✔️ Specializzato nella difesa di società di produzione cinematografica e audiovisiva con debiti fiscali e bancari.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Essere una società di produzione cinematografica indipendente con debiti non significa dover fermare la tua creatività.
Con una difesa legale mirata e tempestiva, puoi bloccare i creditori, ridurre drasticamente le somme dovute e proteggere la tua attività artistica e professionale.
Il Codice della Crisi d’Impresa oggi tutela chi agisce con trasparenza e vuole davvero ripartire, senza fallire.

📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata:
la tua nuova scena senza debiti comincia oggi.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!