Scuole Superiori Private Con Debiti: Cosa Fare E Come Difendersi

Gestisci una scuola superiore privata o un istituto paritario e ti trovi in difficoltà economica per via di debiti con il Fisco, l’INPS, le banche o i fornitori? È una situazione che negli ultimi anni ha colpito molti istituti scolastici privati, soprattutto a causa del calo delle iscrizioni, dell’aumento dei costi di gestione e dei ritardi nei pagamenti da parte di enti o famiglie. Quando iniziano ad accumularsi cartelle esattoriali, contributi non versati o rate di mutuo insolute, la sopravvivenza dell’istituto può essere messa seriamente a rischio. La buona notizia è che esistono strumenti legali efficaci per gestire, rateizzare o cancellare i debiti, tutelando l’attività scolastica e il patrimonio personale del gestore.

Perché molte scuole superiori private si indebitano

Le cause dell’indebitamento nel settore dell’istruzione privata sono molteplici. I costi di gestione di un istituto sono elevati: stipendi del personale docente e amministrativo, affitti o mutui per gli edifici, manutenzioni, utenze, tasse locali, assicurazioni e spese didattiche. A ciò si aggiunge la difficoltà di incasso delle rette scolastiche, soprattutto in periodi di crisi economica, e la riduzione dei contributi pubblici per gli istituti paritari. Per mantenere aperta la scuola, molti gestori rinviano il pagamento delle imposte o dei contributi, ma col tempo le sanzioni e gli interessi fanno aumentare in modo significativo il debito complessivo.

Cosa succede se non paghi tasse o contributi

Quando il debito non viene saldato, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione e gli enti previdenziali possono avviare azioni di recupero forzato. Tra queste ci sono la notifica di cartelle esattoriali e intimazioni di pagamento, il pignoramento dei conti correnti o dei crediti dell’istituto, i fermi amministrativi sui veicoli, le ipoteche sugli immobili e persino il sequestro dei fondi provenienti dalle rette o dai contributi pubblici. Gli importi, inoltre, aumentano nel tempo per effetto di sanzioni e interessi. Se la scuola è gestita da una società di persone o da una ditta individuale, il gestore può rispondere con il proprio patrimonio personale per i debiti maturati dall’attività.

Cosa fare subito se la tua scuola ha debiti

Il primo passo è ottenere una panoramica chiara della situazione. Richiedi l’estratto di ruolo aggiornato all’Agenzia delle Entrate-Riscossione per conoscere l’esatto ammontare dei debiti e le annualità coinvolte. Poi verifica la validità delle cartelle: molte contengono errori di notifica, importi prescritti o somme non dovute che un avvocato può contestare. Se i debiti sono corretti, puoi chiedere la rateizzazione fino a 120 rate mensili, bloccando temporaneamente le azioni di riscossione. È anche importante verificare se è attiva una definizione agevolata (rottamazione), che consente di pagare solo il capitale eliminando sanzioni e interessi. Se hai già ricevuto pignoramenti o ipoteche, un ricorso o un’istanza di autotutela possono portare alla sospensione immediata delle azioni esecutive.

Le soluzioni legali per chi non riesce più a pagare

Se la situazione debitoria è troppo grave o non riesci più a sostenere i costi dell’istituto, puoi accedere alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, prevista dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019). Si tratta di uno strumento legale destinato a enti, associazioni e imprese di piccole dimensioni che consente di bloccare pignoramenti, sospendere le azioni dei creditori e ottenere la cancellazione parziale o totale dei debiti residui (esdebitazione). È una procedura riconosciuta dai tribunali italiani, che permette di salvare la scuola o di chiuderla in modo ordinato e senza lasciare pendenze fiscali o contributive.

Come difendersi da banche, fornitori e finanziarie

Molte scuole private hanno anche debiti con istituti di credito o fornitori per l’acquisto di materiale didattico, arredi o lavori di ristrutturazione. In questi casi è possibile chiedere la rinegoziazione o la sospensione dei finanziamenti, proporre un saldo e stralcio per chiudere la posizione a importo ridotto, verificare la presenza di clausole abusive o interessi usurari nei contratti e impugnare eventuali decreti ingiuntivi entro i termini di legge. Un avvocato esperto può rappresentarti nelle trattative con le banche e i fornitori, trovando accordi sostenibili per preservare l’attività e garantire la continuità didattica.

Cosa puoi ottenere con una difesa legale efficace

Con una strategia legale ben impostata puoi ottenere la sospensione immediata delle azioni di riscossione, la rateizzazione o la cancellazione dei debiti, la protezione dei beni personali e la continuità dell’attività scolastica. In molti casi è possibile evitare la chiusura dell’istituto e ripartire con un piano di rientro sostenibile, garantendo la serenità lavorativa del personale e la fiducia delle famiglie.

Quando rivolgersi a un avvocato esperto

Devi contattare un avvocato se la tua scuola ha ricevuto cartelle o pignoramenti, se i debiti con il Fisco, l’INPS o le banche sono diventati insostenibili o se rischi la chiusura forzata dell’attività. Un avvocato esperto in diritto tributario e crisi da sovraindebitamento può verificare la legittimità degli atti, bloccare le azioni esecutive e accompagnarti passo dopo passo fino alla cancellazione definitiva dei debiti. Agire in tempo è la chiave per salvare la scuola e tutelare il tuo patrimonio.

⚠️ Attenzione: ignorare cartelle o intimazioni di pagamento può portare rapidamente a pignoramenti, ipoteche e blocchi dei conti correnti. Intervenire tempestivamente è essenziale per proteggere la tua attività e i tuoi beni personali.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, riscossione e tutela delle istituzioni scolastiche private – spiega cosa fare se gestisci una scuola superiore privata con debiti, come bloccare la riscossione e come cancellare legalmente le somme dovute grazie agli strumenti previsti dalla legge.

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1. Quadro normativo di base e obblighi della scuola privata

Le scuole superiori private (incluse le scuole paritarie) sono enti educativi gestiti da soggetti privati, ma svolgono un servizio d’interesse pubblico ai sensi della legge n. 62/2000 sulla parità scolastica. Esse sono considerate a tutti gli effetti imprese dal punto di vista economico-finanziario: se erogano istruzione dietro pagamento di una retta (anche minima), devono infatti rispettare le regole contabili, tributarie e giuslavoristiche previste per qualunque attività commerciale . In altre parole, la gestione di un liceo o istituto privato implica la tenuta di bilanci e libri contabili, la presentazione di dichiarazioni fiscali (IVA, imposte sui redditi – ad es. IRES o IRPEF – e IRAP) e l’adempimento degli obblighi verso i dipendenti (contributi previdenziali, buste paga, ritenute fiscali) . La scuola deve pubblicare i propri bilanci annuali e mantenere standard organizzativi conformi a quelli richiesti alle scuole statali (Piano dell’offerta formativa, organi collegiali, idoneità dei locali, qualifiche del personale docente) . Il rispetto di questi requisiti è condizione per conservare il riconoscimento della parità scolastica.

Dal punto di vista finanziario, una scuola privata non gode di garanzie di salvataggio pubblico automatico: a differenza delle scuole statali, le paritarie non ricevono finanziamenti illimitati dallo Stato per coprire disavanzi di gestione. Possono semmai accedere a contributi pubblici indiretti o agevolazioni fiscali (ad esempio detrazioni per donazioni, crediti d’imposta per progetti didattici, eventuali fondi locali), ma tali aiuti sono limitati e subordinati alla disponibilità di bilancio pubblico . In sostanza, se un istituto privato entra in crisi finanziaria, non esiste un “fondo di salvataggio” statale che lo rilevi automaticamente: sarà necessario affrontare i debiti con soluzioni private o legali di ristrutturazione. Ciò garantisce sul piano normativo la separazione tra pubblico e privato: la scuola paritaria offre un servizio pubblico essenziale (diritto allo studio, art. 33 Cost.), ma lo fa con risorse proprie e a proprio rischio d’impresa.

Obblighi fiscali e contributivi

Come ogni altro soggetto economico, la scuola privata è tenuta al pagamento puntuale di imposte e contributi. Deve adempiere a obblighi come: presentare le dichiarazioni annuali IVA (se le rette non sono esenti) e delle imposte sui redditi; versare le ritenute IRPEF operate sugli stipendi del personale; liquidare l’IRAP regionale dovuta per l’attività; versare i contributi previdenziali e assistenziali all’INPS e all’INAIL per i propri dipendenti e collaboratori . Inoltre, se possiede immobili destinati all’attività scolastica, può essere soggetta alle imposte locali (IMU, TASI) salvo agevolazioni specifiche. Va evidenziato che l’esenzione IMU per gli enti non commerciali (prevista dall’art. 7, c.1, lett. i, D.Lgs. 504/1992) non si applica alla scuola paritaria che richieda rette non meramente “simboliche”: la Corte di Cassazione ha chiarito che se la retta copre più di una frazione minima del costo del servizio, l’attività scolastica privata si considera commerciale e l’IMU è dovuta . In una recente ordinanza del 2024, la Cassazione ha negato l’esenzione IMU a un istituto paritario gestito da un ente religioso proprio perché le rette richieste agli studenti non erano puramente simboliche .

La scuola, in qualità di datore di lavoro, è anche soggetta alle norme del lavoro: deve applicare i contratti collettivi di settore ai docenti e al personale tecnico-amministrativo, versare i contributi previdenziali obbligatori (trattenuti in busta paga a titolo di contributo dei lavoratori e aggiungendo i contributi a proprio carico), versare il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) al termine del rapporto e garantire un ambiente di lavoro conforme alle norme di sicurezza. L’eventuale inadempimento di questi obblighi (ad esempio il mancato pagamento di ritenute fiscali o contributi previdenziali) espone la scuola a sanzioni amministrative e, in taluni casi, anche a conseguenze penali a carico degli amministratori: l’omesso versamento di IVA oltre la soglia penalmente rilevante (oggi €250.000 annui) o delle ritenute certificate oltre €150.000 annui costituisce reato tributario (artt. 10-bis e 10-ter D.Lgs. 74/2000). Analogamente, l’omesso versamento dei contributi previdenziali dei dipendenti oltre un minimo (attualmente circa €10.000 annui) comporta sanzioni che in passato erano penali e oggi sono prevalentemente amministrative (dopo le riforme in materia) . È evidente dunque che la dirigenza di una scuola deve prestare massima attenzione al versamento di imposte e contributi nei termini, per evitare sia l’accumularsi di debiti erariali onerosi (gravati da interessi e sanzioni) sia di incorrere in responsabilità personali.

Autonomia patrimoniale e responsabilità giuridica

La maggior parte delle scuole superiori private in Italia opera tramite enti dotati di propria soggettività giuridica, ad esempio società di capitali (S.r.l., S.p.A.), cooperative sociali, fondazioni o associazioni riconosciute. In questi casi vige il principio della separazione patrimoniale: i debiti contratti dalla scuola sono a carico esclusivamente dell’ente gestore, e non dei titolari o amministratori, salvo eccezioni previste dalla legge. I soci di una S.r.l. o S.p.A. rischiano al massimo il capitale investito e non rispondono normalmente con il patrimonio personale delle obbligazioni sociali. Tuttavia, è importante notare che questa autonomia patrimoniale trova deroghe in situazioni patologiche: ad esempio, se la scuola è gestita da un’associazione non riconosciuta, ai sensi dell’art. 38 cod. civ. coloro che hanno agito in nome e per conto dell’ente (amministratori) possono essere chiamati a rispondere personalmente delle obbligazioni qualora il fondo comune dell’associazione risulti insufficiente a soddisfare i creditori .

Inoltre, in caso di insolvenza conclamata dell’ente gestore, i creditori possono promuovere una procedura concorsuale (fallimento in termini generali, oggi liquidazione giudiziale nel nuovo Codice della crisi) se ne ricorrono i presupposti soggettivi e oggettivi. Le società di capitali o di persone che esercitano attività commerciale rientrano tra i soggetti “fallibili” ai sensi della legge (art. 1 L.F. e art. 49 Cod. Crisi): ciò significa che anche una scuola privata, se organizzata in forma di impresa commerciale e di dimensioni non microscopiche, può essere assoggettata a fallimento su istanza dei creditori . Viceversa, se la scuola è gestita da un ente non commerciale puro (ad esempio un’associazione senza scopo di lucro che per statuto non distribuisce utili e svolge solo attività istituzionale), potrebbe non essere soggetta alle procedure fallimentari ordinarie; in tal caso però si applicano le procedure di sovraindebitamento previste per i debitori “non fallibili” (come vedremo, concordato minore o liquidazione controllata) .

Va segnalato inoltre che alcuni enti possono essere soggetti a liquidazione coatta amministrativa invece che a fallimento, in particolare se rientrano in categorie specifiche (ad esempio cooperative iscritte in albi speciali). Tuttavia, nel contesto scolastico la liquidazione coatta si applica raramente, essendo più comune per banche, imprese assicuratrici o cooperative finanziarie. La regola generale è che una scuola paritaria in forma di impresa risponde delle proprie obbligazioni con il proprio patrimonio e, se insolvente, sarà sottoponibile a procedure concorsuali come qualsiasi altra impresa di pari natura .

Infine, dal punto di vista autorizzativo, è importante notare che il riconoscimento della parità scolastica non viene automaticamente revocato in caso di difficoltà economiche o debiti. Non esiste una norma che faccia decadere la parità per il solo fatto di avere debiti. Tuttavia, gravi crisi finanziarie possono tradursi in disservizi tali da mettere in discussione i requisiti di qualità: ad esempio, il mancato pagamento protratto degli stipendi può portare al licenziamento del personale o all’interruzione delle attività didattiche, compromettendo l’offerta formativa. In scenari estremi come questo, il Ministero potrebbe intervenire sospendendo o revocando il riconoscimento della parità, per tutela degli studenti . Si tratta di ipotesi limite – ad esempio in caso di “crollo organizzativo” dell’istituto – ma costituiscono un ulteriore incentivo a risolvere per tempo la crisi economica onde evitare di perdere, oltre alla solvibilità, anche l’autorizzazione a rilasciare titoli di studio con valore legale.

2. Tipologie di debito e relative conseguenze

Una scuola privata può contrarre debiti di varia natura. Dal punto di vista giuridico, è utile distinguere le passività in base alla tipologia di creditore e al regime normativo applicabile, poiché ciascuna categoria di debito comporta rischi e strumenti di tutela leggermente diversi. Le principali classi di debiti che tipicamente gravano su un istituto scolastico privato sono:

  • Debiti tributari e contributivi: comprendono le somme dovute all’Erario (Stato ed enti locali) e agli enti previdenziali. Rientrano qui le imposte non versate (IVA sulle rette se dovuta, imposte sui redditi, IRAP regionale, eventuale IMU/TASI sugli immobili) e i contributi previdenziali o premi assicurativi obbligatori non pagati (INPS, INAIL). Questi debiti, se non onorati spontaneamente, vengono iscritti a ruolo dall’Agenzia delle Entrate–Riscossione (AER, ex Equitalia) e danno luogo a cartelle esattoriali o avvisi di addebito . Alle somme originarie si sommano interessi di mora e sanzioni per ritardato pagamento, spesso rendendo il debito sensibilmente maggiore del tributo iniziale dovuto. I crediti tributari e contributivi godono di alcuni privilegi sui beni del debitore (hanno preferenza nel rimborso) e l’Agente della Riscossione dispone per legge di poteri speciali di esecuzione senza bisogno di passare dal tribunale: ad esempio, può iscrivere ipoteca sugli immobili della scuola se il debito supera determinate soglie (oggi ~€20.000 per ipotecare immobili ), oppure può disporre il fermo amministrativo di veicoli o attrezzature registrate se il debito supera €1.000 . Inoltre, l’AER può pignorare conti correnti e crediti verso terzi della scuola mediante procedura semplificata (intimazione di pagamento seguita da atto di pignoramento ex D.P.R. 602/1973) senza necessità di un decreto ingiuntivo del giudice. In sintesi, i debiti fiscali e previdenziali, se trascurati, possono rapidamente sfociare in azioni esecutive automatiche: si pensi all’ipoteca sulla sede scolastica per una cartella non pagata o al pignoramento dei fondi sul conto bancario dell’istituto . Un caso particolare è l’omesso pagamento delle ritenute previdenziali o fiscali: queste somme, essendo state trattenute ai lavoratori o agli utenti, sono considerate debiti verso lo Stato ancor più gravi; il loro mancato versamento può giustificare responsabilità personali degli amministratori (si veda oltre).
  • Debiti verso i dipendenti e collaboratori: riguardano stipendi, salari, tredicesime non corrisposti, trattamento di fine rapporto (TFR) maturato e non versato, oltre ad eventuali indennità e rimborsi dovuti al personale. Questa categoria di crediti gode di una tutela privilegiata nell’ordinamento: i lavoratori dipendenti, in caso di inadempimento, possono ottenere rapidamente un decreto ingiuntivo per le retribuzioni non pagate (trattandosi di crediti liquidi ed esigibili) e hanno un privilegio generale sui mobili del debitore nonché un privilegio speciale sugli immobili (ipoteca giudiziale) per le ultime mensilità di retribuzione. Inoltre, se la scuola versa in stato di insolvenza conclamato, i dipendenti possono accedere al Fondo di Garanzia INPS per ottenere il pagamento del TFR e delle ultime mensilità arretrate: tuttavia, l’intervento del Fondo richiede che vi sia stata l’apertura di una procedura concorsuale o quanto meno un accertamento giudiziale dell’insolvenza del datore di lavoro non fallibile . In pratica, se la scuola non è soggettabile a fallimento, il lavoratore deve dimostrare che il datore è insolvente (ad esempio tramite un pignoramento infruttuoso) per ottenere l’intervento del Fondo . Questo significa che per una scuola privata in crisi, il personale dipendente è spesso il creditore più sensibile: può attivarsi rapidamente in via giudiziaria e, se la situazione precipita, può anche provocare indirettamente l’apertura di una procedura concorsuale (presentando istanza di fallimento, nei casi ammessi, o sollecitando l’accertamento dell’insolvenza). Dal punto di vista pratico, il mancato pagamento degli stipendi mette a repentaglio immediato la continuità didattica: i docenti potrebbero interrompere le lezioni (sciopero per salari arretrati) e gli studenti abbandonare l’istituto. Pertanto, i debiti verso i lavoratori andrebbero sempre considerati prioritari sia per motivi legali (hanno rango privilegiato) sia per motivi gestionali.
  • Debiti bancari e finanziari: molte scuole private si finanziano attraverso mutui, finanziamenti o fidi bancari, ad esempio per acquistare o ristrutturare la sede, per acquistare attrezzature didattiche costose (laboratori, computer) o per sostenere spese correnti in attesa delle rette scolastiche. I debiti verso banche includono quindi mutui ipotecari, scoperti di conto corrente, anticipazioni su contributi o su rette, ecc. I contratti bancari prevedono scadenze tassative: il mancato pagamento di alcune rate di mutuo o il superamento dei fidi concessi può portare la banca a revocare gli affidamenti e a chiedere il rientro immediato di tutto il credito residuo. La banca di norma dispone di garanzie: spesso mutui e finanziamenti sono garantiti da ipoteca sugli immobili scolastici o da fideiussioni personali degli amministratori o soggetti terzi. In caso di insolvenza, la banca può procedere con il pignoramento immobiliare (se c’è un’ipoteca iscritta) o con il pignoramento dei conti e beni mobili, per soddisfarsi sul ricavato . A differenza del fisco, l’istituto di credito deve ottenere un titolo esecutivo giudiziale se il debitore non riconosce il debito (es. decreto ingiuntivo); tuttavia, spesso il debito bancario è certo e liquido e viene semplicemente azionato in via esecutiva in base al contratto. Le banche, se vedono l’ente in difficoltà, possono anche rifiutare di erogare ulteriori fondi (blocco dei fidi), aggravando la crisi di liquidità . D’altro canto, la banca ha interesse a massimizzare il recupero: spesso prima di avviare un’esecuzione forzata è disponibile a negoziare una rinegoziazione del debito (si veda oltre). Nel novero dei debiti finanziari rientrano anche i debiti verso altri finanziatori privati, come società di leasing (ad esempio per i veicoli scolastici o attrezzature prese in leasing), factoring, o obbligazionisti se la scuola ha emesso titoli di debito. Le conseguenze del default verso questi creditori sono analoghe a quelle bancarie: revoca dei contratti e azioni legali per il recupero.
  • Debiti verso fornitori e altri creditori commerciali: includono tutti i debiti derivanti da forniture di beni e servizi necessari alla gestione della scuola. Ad esempio: fatture non pagate a fornitori di libri e materiale didattico, al servizio di mensa e catering, alle ditte di pulizia o manutenzione, alle utility (luce, acqua, riscaldamento), al proprietario dell’immobile in caso di locazione (canoni arretrati), ecc. Questi crediti non godono di preferenze particolari (sono chirografari, salvo che il fornitore abbia ottenuto garanzie come fideiussioni o privilegio speciale su beni forniti) ma il fornitore ha la possibilità di reagire in modo relativamente rapido: può interrompere la fornitura (es. il catering può sospendere il servizio mensa se non pagato), può chiedere un decreto ingiuntivo per le fatture non pagate e successivamente pignorare i beni o i crediti della scuola . Ad esempio, un fornitore potrebbe pignorare i crediti della scuola verso terzi: nel caso di una scuola, i terzi debitori potrebbero essere ad esempio le famiglie (che devono ancora pagare le rette) o eventuali enti pubblici eroganti contributi. Un’altra leva di pressione tipica è la minaccia di iscrivere un’ipoteca giudiziale sulla proprietà della scuola dopo aver ottenuto una sentenza o decreto esecutivo. Le conseguenze pratiche di questi debiti includono il possibile deterioramento del servizio offerto (interruzione delle utenze o forniture) e il danneggiamento della reputazione dell’istituto, che può perdere la fiducia dei propri partner e delle famiglie degli studenti. Per questo, anche i debiti commerciali vanno monitorati attentamente: se possibile, è preferibile trovare accordi transattivi coi fornitori prima che si arrivi alle vie legali, così da evitare sia costi aggiuntivi (spese legali, interessi di mora) sia l’innesco di procedure esecutive.

In sintesi, tutte queste tipologie concorrono a definire lo stato di salute finanziaria della scuola. Un istituto può trovarsi in difficoltà per un singolo grosso debito (ad esempio un debito fiscale eccezionalmente elevato) o per la somma di tanti debiti minori in varie categorie. Dal punto di vista diagnostico, è fondamentale distinguere se la crisi è temporanea (un momentaneo squilibrio di liquidità, magari dovuto a ritardi nelle entrate o a una spesa straordinaria una tantum) oppure strutturale (un accumulo continuo di perdite e debiti negli anni) . Nel primo caso (crisi temporanea) le soluzioni tipiche sono di natura stragiudiziale: aggiustamenti di breve termine come dilazioni di pagamento, piani di rientro concordati con creditori, rifinanziamenti o ricapitalizzazioni ad opera dei soci. Nel secondo caso (crisi profonda e strutturale), può essere necessario ricorrere a strumenti più incisivi, spesso con l’ausilio dell’autorità giudiziaria: procedure di ristrutturazione del debito o insolvenza regolata, come concordati preventivi o procedure di sovraindebitamento . Nei paragrafi seguenti esamineremo gradualmente queste opzioni, partendo dalle soluzioni preventive e stragiudiziali (più leggere) fino a quelle concorsuali (più strutturate), sempre dal punto di vista del debitore (la scuola) che vuole difendersi e risanare la propria posizione. L’obiettivo è fornire una sorta di scala di intervento, dal meno invasivo al più radicale, per gestire i debiti di una scuola privata in difficoltà.

3. Gestione preventiva del debito fiscale e contributivo

Uno dei fronti più critici per una scuola indebitata è spesso quello fiscale e previdenziale. I debiti verso l’erario e gli enti previdenziali tendono a crescere rapidamente (a causa di sanzioni e interessi) e l’Agente della Riscossione ha poteri di intervento molto efficaci. Pertanto, appena la scuola si accorge di non poter pagare nei termini imposte o contributi, è fondamentale attivarsi con gli strumenti preventivi di dilazione e definizione agevolata offerti dalla legge. Questi strumenti permettono di congelare nell’immediato le azioni esecutive e di scaglionare l’esborso del debito su un periodo più lungo, spesso beneficiando di una riduzione degli oneri accessori.

Rateizzazione ordinaria delle cartelle esattoriali

Il rimedio principale per gestire un debito fiscale o contributivo è la rateizzazione prevista dall’art. 19 del D.P.R. 602/1973. La scuola debitrice può presentare all’Agenzia delle Entrate–Riscossione un’istanza di pagamento dilazionato per le somme iscritte a ruolo (cartelle esattoriali o avvisi di addebito INPS) . La normativa, soprattutto dopo le riforme entrate in vigore nel 2023-2024, consente piani di rateizzo molto flessibili. In sintesi: per debiti fino a €120.000 si può ottenere una dilazione automatica senza bisogno di documentare la difficoltà economica; per importi superiori serve invece una prova documentale dello stato di temporanea difficoltà (bilanci, indice di liquidità, etc.) .

  • Importi fino a 120.000 €: dal 1° gennaio 2025 la soglia per l’accesso “semplice” alla rateizzazione è stata elevata da 60.000 a 120 mila euro, in virtù della riforma della riscossione . Ciò significa che se la somma dei debiti iscritti a ruolo della scuola non supera 120k€, la dilazione è concessa pressoché in automatico su semplice richiesta. Inoltre, per le istanze presentate negli anni 2025 e 2026, la durata massima standard è stata aumentata a 84 rate mensili (7 anni) rispetto alle 72 rate previgenti . Si tratta di una misura transitoria di sollievo: fino al 2024 si poteva ottenere al massimo 72 rate senza documenti; nel biennio 2025-26 sono concesse fino a 84 rate; dal 2027 la norma prevede un ulteriore ampliamento (si parla di 96 rate automatiche) . La singola rata non può mai essere inferiore a circa €50. La presentazione dell’istanza di rateizzo blocca immediatamente eventuali procedure esecutive in corso: in base all’art. 19 cit., l’Agente della Riscossione sospende i pignoramenti e i fermi amministrativi non ancora definiti non appena riceve la richiesta, in attesa dell’esito . Dunque, se la scuola ha ricevuto una cartella o un’intimazione di pagamento, è spesso opportuno inoltrare subito la domanda di dilazione per guadagnare tempo ed evitare misure aggressive sui beni.
  • Importi superiori a 120.000 €: se il debito fiscale/contributivo complessivo eccede quella soglia, la rateizzazione “automatica” non è concessa. Occorre presentare un’istanza documentata, allegando i dati sulla situazione economica e finanziaria da cui risulti l’effettiva difficoltà a pagare in unica soluzione. In questo caso, l’Agenzia può concedere fino a 72 rate come piano ordinario, ma anche piani più lunghi in presenza di determinate condizioni. La legge infatti distingue la rateizzazione straordinaria (fino a 120 rate mensili, cioè 10 anni) che viene accordata se il debitore prova una situazione di grave e protratta difficoltà finanziaria (ad esempio indice di liquidità <1, indice di sostenibilità del debito <1, secondo i parametri ministeriali) . Per ottenere il piano decennale la scuola dovrà tipicamente allegare i bilanci d’esercizio e una relazione sulla crisi che dimostri che, con 10 anni di dilazione, riuscirà a rientrare. La concessione è discrezionale ma, se i requisiti sono soddisfatti, l’ente riscossore tende ad accettare poiché preferisce recuperare il credito su lungo termine piuttosto che rischiare di non recuperarlo affatto. Durante la pendenza del piano, la scuola dovrà pagare regolarmente ogni rata entro la fine del mese (sono ammesse tolleranze minime di qualche giorno). Decadenza: La decadenza dal beneficio della dilazione si verifica in caso di mancato pagamento di 5 rate anche non consecutive (regola in vigore dal 2022, più permissiva rispetto al passato in cui bastava saltare 1 rata). Prima della decadenza, il piano resta attivo e la scuola continua a essere al riparo da atti esecutivi sui beni.

È importante sottolineare che la rateizzazione non riduce l’importo dovuto in termini di capitale: il debitore pagherà l’intera somma iscritta a ruolo, maggiorata degli interessi legali di dilazione (attualmente il 2% annuo per i piani ordinari, elevato al 4% annuo per i nuovi piani più lunghi introdotti dal 2026 ). La convenienza sta però nell’evitare le sanzioni future e soprattutto nell’immediato scongiurare azioni esecutive: con la concessione del rateizzo, l’Agente della Riscossione non potrà iscrivere nuove ipoteche né procedere a pignoramenti, a meno che il debitore non decada dal piano. In pratica, la scuola “compra tempo” e si mette in regola col Fisco impegnandosi formalmente a pagare a rate.

Definizione agevolata (“rottamazione” delle cartelle)

Oltre alla dilazione ordinaria, la legislazione degli ultimi anni ha introdotto delle misure speciali temporanee di definizione agevolata dei carichi fiscali iscritti a ruolo – popolarmente dette rottamazioni delle cartelle. Si tratta di provvedimenti con cui lo Stato, per ragioni di politica fiscale, concede ai debitori la possibilità di estinguere i debiti tributari versando solo il tributo principale, con l’abbuono integrale di sanzioni e interessi di mora . In sostanza, aderendo a queste sanatorie il contribuente paga “il netto” delle imposte dovute (talvolta con una piccola maggiorazione di interessi legali), senza le penalità economiche applicate per il ritardo. Ciò comporta spesso un risparmio notevole, specie per debiti risalenti nel tempo il cui ammontare è raddoppiato o triplicato per le sanzioni.

Dal 2016 in poi vi sono state diverse edizioni di rottamazione: rottamazione-bis nel 2017, ter nel 2018 (DL 119/2018) e la più recente rottamazione-quater prevista dalla Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022). Attualmente (aggiornamento a settembre 2025) è in corso la definizione agevolata introdotta con la finanziaria 2023, che riguarda i debiti affidati all’Agente Riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 . Tale misura permette di pagare il dovuto in un massimo di 18 rate (5 anni), con interessi di dilazione al 2% annuo, e comporta lo stralcio di tutte le sanzioni e degli interessi di mora maturati . Le prime due rate (ognuna pari al 10% del dovuto) scadono il 31 ottobre e 30 novembre 2023, le restanti 16 rate sono distribuite dal 2024 al 2027 . La scadenza per aderire alla rottamazione-quater era inizialmente il 30 aprile 2023, ma successivi interventi (Decreto “Milleproroghe” e DL 51/2023) hanno riaperto i termini fino al 30 aprile 2025 per i ritardatari, tramite una procedura di riammissione . Pertanto, una scuola che avesse cartelle esattoriali rientranti nel periodo 2000-2022 e non avesse aderito inizialmente, ha avuto la possibilità di presentare entro aprile 2025 una domanda tardiva di definizione agevolata, ottenendo le medesime condizioni (pagamento del solo capitale tributario, zero sanzioni) . È importante evidenziare che l’adesione alla rottamazione sospende a sua volta le azioni di recupero coattivo: dall’atto di presentazione della domanda e per tutta la durata del piano di pagamento, l’Agente della Riscossione non può procedere con pignoramenti o altre misure esecutive su quei carichi. Se però il debitore decade dalla rottamazione (ad esempio non pagando una rata nei termini di legge), i benefici vengono meno e il debito residuo – comprensivo di sanzioni e interessi ripristinati – torna esigibile immediatamente.

Oltre alla definizione agevolata delle cartelle, il legislatore ha talvolta previsto il condono parziale dei debiti di modesta entità. Ad esempio, la Legge di Bilancio 2023 ha disposto l’annullamento automatico di tutti i debiti residui fino a 1.000 € relativi a carichi affidati all’Agente della Riscossione tra il 2000 e il 2015 . Questa misura (lo stralcio dei mini-debiti) è operativa dal 30 aprile 2023 e comporta che le cartelle di importo inferiore a mille euro vengano cancellate d’ufficio, limitatamente però alle sanzioni e agli interessi: la quota di capitale e le spese di notifica rimangono eventualmente a carico se il creditore è l’Erario (per i crediti locali invece l’intero importo sotto 1000€ è annullato) . In pratica, molte scuole si sono viste cancellare automaticamente piccole cartelle relative a multe, imposte locali o altri balzelli minori antecedenti al 2015, senza necessità di fare domanda.

Che fare dunque in presenza di debiti fiscali o previdenziali? Dal punto di vista del debitore-scuola, la strategia preventiva ottimale è: a) valutare subito la possibilità di una rateizzazione ordinaria delle somme, per bloccare i pignoramenti e diluire il debito; b) verificare se si può aderire a una rottamazione per abbattere sanzioni e interessi (tenendo conto delle finestre temporali previste dalla legge); c) in caso di contestazione sul merito del debito, presentare ricorso alle commissioni tributarie o istanza di autotutela se vi sono errori palesi negli avvisi. Da notare che la presentazione di un ricorso tributario contro una cartella o un avviso di addebito sospende la riscossione solo se si ottiene una sospensiva dal giudice o se l’agente sospende spontaneamente in autotutela . Spesso, comunque, contestare formalmente un atto può indurre l’Agente a non procedere immediatamente con l’esecuzione in attesa dell’esito. In ogni caso, è cruciale non ignorare i solleciti del Fisco: una cartella non pagata e non rateizzata sfocia inevitabilmente, dopo i 60 giorni, in azioni come il fermo amministrativo dei veicoli o l’ipoteca sugli immobili scolastici.

Oltre agli strumenti sopra menzionati, per debiti tributari di importo rilevante nell’ambito di procedure concorsuali vi è anche la transazione fiscale (art. 63 del Codice della crisi), che consente di includere il Fisco in un piano di pagamento falcidiato all’interno di un concordato preventivo o accordo di ristrutturazione omologato dal tribunale. Ne riparleremo più avanti, ma anticipiamo che oggi l’adesione del Fisco non è più indispensabile: il tribunale può omologare un concordato anche senza il voto favorevole dell’Erario, se ritiene la proposta più vantaggiosa rispetto alla liquidazione . Questo è un cambiamento importante introdotto col Codice della crisi d’impresa del 2019, che evita il veto erariale nei piani di ristrutturazione del debito.

4. Rinegoziazione del debito bancario e commerciale

Passando dal settore pubblico a quello privato, troviamo i debiti verso banche, finanziarie e fornitori. In questi casi non esistono leggi speciali di dilazione automatica paragonabili alle rateizzazioni tributarie: tutto dipende dalla negoziazione privata tra la scuola debitrice e i suoi creditori. È però spesso nell’interesse di entrambe le parti trovare un accordo, specie se la crisi è temporanea, per evitare le vie legali costose e dalla riuscita incerta.

Rapporti con banche e finanziatori

Quando una scuola privata ha difficoltà a rispettare le scadenze di un mutuo o di un finanziamento, la prima cosa da fare è comunicare tempestivamente con la banca per esporre la situazione e proporre una soluzione di rientro. Ignorare le sollecitazioni bancarie è la scelta peggiore, perché l’istituto di credito potrebbe classificare il credito come deteriorato e attivare subito l’ufficio legale. Meglio invece tentare una rinegoziazione: ad esempio, chiedere una moratoria di qualche mese sulle rate, oppure l’allungamento del piano di ammortamento (così da abbassare l’importo di ciascuna rata) , o ancora la concessione di un periodo di solo pagamento interessi (interest only) per un certo tempo. Le banche in Italia, aderendo a protocolli ABI, talvolta concedono moratorie generalizzate (lo si è visto in periodo Covid-19) oppure valutano caso per caso.

Nel negoziare, la scuola deve dimostrare credibilità e sostenibilità: è utile presentare un piccolo piano finanziario dal quale risulti che, con la modifica richiesta (es. estensione del mutuo a 20 anni), il bilancio annuale dell’istituto può tornare in equilibrio e le rate saranno onorate . La banca effettuerà proprie analisi (rating interno) e potrebbe chiedere garanzie aggiuntive in cambio della rinegoziazione. Ad esempio, se non l’aveva già, potrebbe domandare una garanzia personale agli amministratori o ai soci (fideiussione) o un pegno su eventuali titoli di proprietà della scuola. Oppure, se il mutuo è ipotecario, potrebbe richiedere un’ipoteca di grado superiore su altro immobile. È una prassi comune anche l’eventuale incremento del tasso di interesse in cambio dell’allungamento del piano: la banca cioè accetta di aspettare di più per rientrare, ma chiede un compenso maggiore per il rischio (tasso più alto). La scuola dovrà valutare la sostenibilità di tali condizioni.

Un aspetto importante è che spesso la banca, se vede collaborazione, preferisce evitare di giungere al contenzioso giudiziale. Una procedura esecutiva immobiliare per espropriare la sede scolastica, ad esempio, può richiedere anni e comporta spese e incertezze (oltre al possibile danno reputazionale per la banca stessa). Dunque, anche la banca ha convenienza a una soluzione concordata se ritiene che la scuola possa sopravvivere e pagare, seppur in ritardo. Nel nostro contesto, immaginiamo una scuola con mutuo residuo di €100.000 che non riesce a pagare la rata: potrebbe proporre di allungare il mutuo, riducendo la rata, e nel frattempo magari offrire un pagamento parziale immediato o un asset a garanzia. Documentare per iscritto ogni proposta è fondamentale, così come ricevere conferma scritta dalla banca di eventuali concessioni (ad esempio, se la banca accetta di sospendere le azioni esecutive in pendenza della trattativa, meglio formalizzarlo via PEC o raccomandata).

Se la rinegoziazione bonaria fallisce, restano due strade: da un lato, la scuola può valutare di reperire liquidità alternativa (ad esempio tramite un nuovo investitore o vendendo un bene non strategico) per pagare la banca e chiudere il debito; dall’altro lato, se questo non è possibile, la banca potrebbe procedere con il recupero giudiziale (pignoramenti, ecc.). In tal caso la scuola dovrà decidere se difendersi in giudizio contestando il credito (ma se il debito è certo, c’è poco da contestare) oppure se includere il debito bancario in un piano di ristrutturazione giudiziale. Come vedremo nelle sezioni successive, strumenti come l’accordo di ristrutturazione o il concordato preventivo consentono di gestire in modo collettivo i crediti bancari, eventualmente prevedendo stralci (riduzioni) o conversioni del debito. Va però detto che le banche tendono ad avere garanzie reali (ipoteche): in un concordato, i crediti garantiti da ipoteca sono di regola pagati almeno nel valore di stima della garanzia, salvo consenso del creditore a riduzioni maggiori. Questo significa che lo spazio di manovra per “tagliare” il debito bancario in sede concorsuale dipende dal valore del bene ipotecato: se l’immobile scolastico ha valore elevato, la banca può pretendere l’intero ricavato fino a soddisfazione del suo credito privilegiato.

Rapporti con fornitori e creditori commerciali

Per quanto riguarda i debiti verso fornitori di beni e servizi, la parola chiave è mediazione. I fornitori, specie quelli locali o storicamente legati alla scuola, hanno interesse a mantenerla in attività per continuare il rapporto commerciale. Tuttavia, anch’essi hanno proprie esigenze di incasso. È dunque opportuno che la scuola non aspetti di essere portata in tribunale, ma contatti proattivamente i principali fornitori non pagati per concordare un piano di rientro.

Gli strumenti negoziali possibili includono: – la concessione di piani di pagamento rateali (es. saldare le fatture arretrate in 6-12 mesi mediante rate mensili); – l’eventuale sconto per pagamento a breve (ad esempio il fornitore accetta di ridurre del 5-10% l’importo se riceve il saldo entro una certa data); – l’offerta di garanzie collaterali (come una fideiussione personale di un dirigente, o un pegno su qualcosa) per rassicurare il creditore sull’adempimento ; – la compensazione con future forniture (es. il fornitore continua a erogare il servizio e imputa una parte del valore a storno del debito pregresso).

È fondamentale formalizzare tali accordi per iscritto, anche in forma semplice di scrittura privata, indicando il nuovo piano di pagamento e prevedendo magari che, se la scuola rispetta le scadenze aggiornate, il fornitore rinuncia ad azioni legali. In certi casi, può essere utile coinvolgere un mediatore professionista o un organismo di mediazione civile, specie se i creditori sono molteplici: una mediazione plurima può portare a un accordo omnicomprensivo con omologa del giudice (una specie di accordo di ristrutturazione semplificato). Se i fornitori sono invece pochi e principali (ad es. la ditta di ristorazione scolastica e l’azienda di pulizie), conviene trattare singolarmente con ciascuno.

Un consiglio pratico: prioritizzare i fornitori strategici, cioè quelli la cui interruzione del servizio bloccherebbe la scuola (es. l’energia elettrica, i trasporti scolastici, la mensa). Con questi conviene trovare un modus vivendi (anche pagando prima una parte) per assicurarsi la continuità operativa dell’istituto. Fornitori meno critici (es. forniture di materiale non immediatamente necessario) possono attendere un po’ di più. In ogni caso, mantenere un dialogo aperto è essenziale: se un creditore commerciale si sente ignorato, sarà più incline a fare decreto ingiuntivo e pignoramenti; se invece vede buona fede e riceve magari pagamenti parziali regolari, sarà più paziente.

Va ricordato che l’eventuale decreto ingiuntivo ottenuto da un fornitore, se non opposto, diventa esecutivo in 40 giorni e può portare rapidamente a un pignoramento. Tuttavia, la scuola debitore può ancora opporsi al momento dell’esecuzione, chiedendo una conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.) versando una parte del dovuto e ottenendo di pagare il resto ratealmente (fino a 18 rate mensili) sotto controllo del giudice. Questa conversione del pignoramento è un istituto che in extremis può evitare la vendita forzata dei beni pignorati, ma presuppone che il debitore riesca a reperire nell’immediato almeno 1/5 dell’importo dovuto (cauzione minima) e le spese legali. È preferibile non arrivare a questo punto, ma sapere che la legge offre anche quest’ultima chance di dilazione giudiziale può essere utile.

Riassumendo, sul fronte dei crediti privati la strategia è: negoziare, negoziare, negoziare. Ogni euro pagato a un fornitore in via amichevole evita 2 euro di spese legali e interessi in futuro. E mantenere la reputazione di pagatore affidabile (seppur in ritardo) aiuta la scuola a superare la crisi senza perdere definitivamente i partner commerciali.

5. Procedure concorsuali e strumenti di risanamento giudiziale

Quando l’indebitamento raggiunge un livello tale da non poter più essere sostenuto con i mezzi ordinari, e la scuola si trova in stato di insolvenza (incapacità di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni, ex art. 2 Codice della crisi), diventa necessario ricorrere agli strumenti che l’ordinamento predispone per gestire le crisi d’impresa in modo organico. Si tratta delle cosiddette procedure concorsuali o di composizione della crisi, introdotte e riorganizzate dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 2022) . Queste procedure, che si svolgono sotto la supervisione o con l’intervento dell’autorità giudiziaria, hanno l’obiettivo di evitare la frammentazione delle azioni esecutive dei singoli creditori e di offrire al debitore un percorso per ristrutturare il debito o, se ciò non è possibile, liquidare il patrimonio in modo ordinato con una possibile esdebitazione finale (cancellazione dei debiti residui).

Nel caso di una scuola privata, l’accesso alle procedure concorsuali dipenderà dalla natura giuridica e dimensione dell’ente (fallibile o meno) come già accennato. In linea generale, però, possiamo schematizzare i principali strumenti di risanamento giudiziale oggi disponibili:

  • la composizione negoziata della crisi,
  • l’accordo di ristrutturazione dei debiti,
  • il concordato preventivo (in continuità aziendale o liquidatorio),
  • le procedure di sovraindebitamento (concordato minore o piano del consumatore) per soggetti non fallibili,
  • la liquidazione giudiziale (ex fallimento) o la liquidazione controllata (per non fallibili).

Vediamoli in dettaglio.

Composizione negoziata della crisi d’impresa

Introdotta dapprima in via emergenziale nel 2021 (D.L. 118/2021) e ora disciplinata nel Codice della crisi (artt. 12-25 D.Lgs. 14/2019), la composizione negoziata è uno strumento volontario e riservato che consente all’imprenditore in difficoltà di tentare una trattativa con i propri creditori con l’ausilio di un esperto indipendente. È un procedimento strumentale e protetto: la scuola (se qualificabile come imprenditore, incluse società e anche enti del terzo settore con attività d’impresa) può presentare istanza di nomina di un esperto presso la Camera di Commercio. L’esperto (spesso un commercialista o esperto di crisi) aiuterà a valutare la situazione e favorirà le trattative con i creditori principali. Durante la composizione negoziata, il debitore mantiene la gestione ordinaria dell’attività, ma può chiedere al tribunale misure protettive, ossia la sospensione delle azioni esecutive dei creditori per la durata delle trattative (inizialmente fino a 4 mesi, prorogabili di altri 4) . Ciò permette, ad esempio, di congelare pignoramenti o istanze di fallimento mentre si cerca un accordo.

La composizione negoziata è confidenziale: non viene aperta una procedura pubblica, e l’istituto può proseguire l’attività normalmente (nel caso di una scuola, può continuare a fare lezione, iscrivere studenti, ecc., senza dover annunciare nulla). Se le trattative hanno successo, possono sfociare in diversi esiti: ad esempio un accordo stragiudiziale con i creditori (fuori dalle procedure formali) o la sottoscrizione di uno degli strumenti concorsuali previsti (un accordo di ristrutturazione omologato, o un concordato semplificato). Se invece le trattative falliscono, il debitore può comunque passare a una procedura concorsuale tradizionale, ma quantomeno avrà guadagnato tempo e tentato soluzioni meno drastiche.

Per una scuola privata in crisi, la composizione negoziata è uno strumento interessante perché protegge la continuità didattica (nessuna pubblicità di insolvenza all’esterno) e consente di coinvolgere in modo ordinato anche creditori pubblici (è prevista la partecipazione dell’Erario e degli enti previdenziali al tavolo negoziale). È adatta in situazioni in cui c’è ancora prospettiva di risanamento ma serve tempo per ristrutturare il debito. Ad esempio, se la scuola prevede un aumento di iscrizioni o l’ingresso di un finanziatore ma ha bisogno di dilazionare i debiti attuali, l’esperto potrà proporre ai creditori di attendere e magari acconsentire a riduzioni parziali in cambio della continuità dell’attività (che nel lungo termine dà loro maggior soddisfazione rispetto alla liquidazione).

Da notare che con le modifiche del Codice della crisi è stato introdotto anche il cosiddetto concordato semplificato per la liquidazione (art. 25-sexies CCII): se la composizione negoziata fallisce e non ci sono soluzioni di concordato preventivo praticabili, il debitore in certi casi può chiedere al tribunale di omologare un piano di liquidazione dei beni senza passare per il voto dei creditori. È una procedura residuale, pensata per evitare il fallimento quando le trattative sono fallite ma c’è una proposta liquidatoria che può dare ai creditori più di quanto otterrebbero dal fallimento. Nel contesto di una scuola, potrebbe applicarsi se, ad esempio, dopo tentativi negoziali infruttuosi, la scuola volesse vendere l’immobile e altri asset per pagare parzialmente i creditori e poi chiudere: il concordato semplificato le consentirebbe di farlo con l’ok del giudice, anche senza l’accordo formale dei creditori (che però non possono ricevere meno di quanto avrebbero in fallimento).

In sintesi, la composizione negoziata è uno strumento di allerta temprata: allerta perché la crisi viene affrontata prima che degeneri in insolvenza irreversibile; temprata perché non impone dall’alto soluzioni, ma lascia alle parti la libertà di trovare l’intesa. Dal luglio 2022, con l’entrata in vigore del Codice, la composizione negoziata ha sostituito di fatto le vecchie “procedure di allerta” obbligatorie, introducendo un modello più flessibile e volontario.

Accordi di ristrutturazione dei debiti

L’accordo di ristrutturazione dei debiti è un istituto previsto dall’art. 57 e seguenti del Codice della crisi (già art. 182-bis L.F.), che consente al debitore di concordare un piano di rientro con i creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti e di ottenere l’omologazione di tale accordo da parte del tribunale . In pratica, è una trattativa privata che però viene confermata dal tribunale e resa vincolante per tutti i creditori aderenti e, in certi casi, anche per alcuni dissenzienti.

Come funziona? La scuola elabora un piano di ristrutturazione (ad esempio: pagamento dei debiti fiscali con abbattimento sanzioni, pagamento dei fornitori al 40% entro 2 anni, etc.) e lo propone ai creditori. Se riesce a ottenere l’adesione di una percentuale qualificata (almeno il 60% del totale dei crediti, calcolati per somma, non per teste), può depositare l’accordo firmato in tribunale chiedendone l’omologazione. Il tribunale, verificati il rispetto della legge e l’idoneità del piano ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei, omologa l’accordo rendendolo efficace. I creditori che non hanno aderito restano normalmente esclusi e possono proseguire le azioni (per questo, spesso l’accordo viene accompagnato da una contestuale richiesta di misure protettive per sospendere eventuali esecuzioni dei dissenzienti fino all’omologazione). Tuttavia, il Codice della crisi ha introdotto forme di estensione degli effetti anche ai dissenzienti in alcuni casi: ad esempio, se si raggiunge il 75% di consenso, l’accordo può essere esteso forzosamente anche ai creditori non aderenti della stessa categoria (c.d. accordo ad efficacia estesa); inoltre, è previsto che il tribunale possa omologare l’accordo anche in mancanza di adesione formale dell’Erario o degli enti previdenziali, purché siano stati comunque soddisfatti con una percentuale minima e non ricevano un trattamento deteriore rispetto agli altri (questo è il cram down fiscale di cui all’art. 63 CCII) .

Per una scuola, l’accordo di ristrutturazione conviene se c’è un gruppo di creditori principali con cui è possibile intendersi, raggiungendo la soglia del 60-75%. Ad esempio, se l’80% del debito è verso una banca e l’Agenzia delle Entrate, e entrambi sono d’accordo su un piano, l’accordo può chiudere la partita. L’accordo ha il vantaggio di essere relativamente più snello del concordato: non coinvolge necessariamente tutti i creditori (ci si può accordare solo con alcuni, pagando integralmente gli altri fuori dall’accordo), e non richiede le formalità di voto in adunanza dei creditori come nel concordato . È, semplificando, un grande contratto transattivo con in più la benedizione del tribunale che lo rende “blindato” da contestazioni successive. Durante le trattative per l’accordo la scuola può chiedere al tribunale una protezione provvisoria (come nel concordato) per evitare che i creditori impazienti pregiudichino tutto pignorando beni chiave.

Uno svantaggio dell’accordo è che richiede comunque il consenso (seppur qualificato) dei creditori: se uno o due creditori importanti si oppongono tenacemente, può essere difficile raggiungere la percentuale richiesta. In tal caso, si dovrà ripiegare sul concordato preventivo, dove invece i creditori votano ma poi decide il tribunale anche contro il parere di una minoranza di dissenzienti. Per questo, l’accordo viene spesso preferito quando c’è già un’intesa di massima con la stragrande maggioranza dei creditori, mentre se i creditori sono tanti e molto disallineati conviene direttamente il concordato.

Va ricordato che esistono vari tipi di accordo di ristrutturazione nel Codice attuale: l’accordo agevolato (richiede il 30% di adesioni ma solo con alcuni creditori strategici, più complesso), l’accordo ad efficacia estesa (come detto, per estendere ai dissenzienti di una stessa categoria), e l’accordo misto nell’ambito di una composizione negoziata (dove l’accordo può essere omologato con adesioni inferiori se l’esperto attesta determinate cose). Sono tecnicismi avanzati: per scopo di questa guida, basterà sapere che l’accordo di ristrutturazione è uno strumento flessibile per chiudere i debiti in via concordata, riservato però a situazioni in cui il debitore ha già un appeal verso i creditori (ad esempio offre il pagamento di una buona parte del dovuto, oppure i creditori confidano nel suo risanamento).

Concordato preventivo

Il concordato preventivo è probabilmente lo strumento concorsuale più noto e utilizzato. Si tratta di una vera e propria procedura giudiziaria di regolazione della crisi, con cui il debitore propone ai creditori un piano di ristrutturazione dei debiti sotto il controllo del tribunale. A differenza degli accordi, il concordato coinvolge tutti i creditori e prevede un voto formale nelle classi di creditori, con maggioranze richieste per l’approvazione, ed eventuale omologazione forzata se certe condizioni sono soddisfatte .

Esistono due macro-tipologie di concordato: – il concordato in continuità aziendale, dove l’attività del debitore prosegue (direttamente o indirettamente) durante e dopo la procedura, e i creditori vengono soddisfatti col ricavato della gestione corrente oltre che con eventuali apporti; – il concordato liquidatorio, dove invece l’attività cessa e si liquidano i beni, distribuendone il ricavato ai creditori secondo l’accordo.

Una scuola privata cercherà, se possibile, di perseguire un concordato in continuità, poiché l’obiettivo sarebbe quello di continuare ad operare (mantenere aperta la scuola) liberandosi gradualmente dai debiti. Nel concordato in continuità la legge consente maggiore flessibilità e richiede che il piano preveda la sostenibilità economica dell’impresa nel futuro (ad esempio ristrutturando i costi, trovando nuovi fondi, ecc.). I creditori chirografari (senza garanzie) nel concordato in continuità possono essere pagati anche parzialmente senza soglie minime di legge, purché non meno di quanto otterrebbero liquidando l’azienda. Invece, nel concordato liquidatorio, il Codice della crisi oggi impone che ai creditori chirografari sia garantito almeno il 20% del loro credito , a meno che non si mettano a disposizione risorse esterne aggiuntive. Questa regola del 20% serve a evitare concordati liquidatori con soddisfacimenti irrisori.

Proceduralmente, per accedere al concordato la scuola deve presentare ricorso al tribunale competente, allegando la proposta e un piano dettagliato, nonché la relazione di un professionista indipendente che attesta la fattibilità del piano (il attestatore). All’ammissione, il tribunale nomina un commissario giudiziale che vigila sull’operato della scuola fino al voto dei creditori. Tutte le azioni esecutive individuali vengono sospese (automatic stay) non appena il tribunale ammette il concordato . I creditori vengono suddivisi in classi omogenee (es. classe Erario, classe banche, classe fornitori, classe lavoratori per il TFR, ecc.) e sono chiamati a votare la proposta in adunanza. Serve il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto (oltre il 50%) . Se l’esito è positivo (o anche se è negativo ma vi sono i presupposti per un’omologazione nonostante il voto contrario di Erario o INPS, come detto prima), il tribunale procede all’omologazione del concordato con sentenza. Da quel momento, il piano concordatario diventa vincolante per tutti i creditori anteriori, anche dissenzienti o non votanti.

Nel contesto di una scuola, un possibile concordato preventivo in continuità potrebbe prevedere ad esempio: la prosecuzione dell’attività scolastica sotto la stessa gestione, con impegno a destinare una percentuale delle rette future al pagamento dei debiti pregressi; il pagamento integrale dei debiti privilegiati (stipendi arretrati ai docenti, contributi, imposte garantite da privilegio) magari in un certo numero di mesi; il pagamento parziale dei debiti chirografari (fornitori, banche per la parte non coperta da garanzie) ad esempio al 40% in 5 anni; l’intervento di nuovi soci finanziatori che apportano capitale per migliorare l’equilibrio finanziario; e via dicendo. Un commissario giudiziale verificherà periodicamente che la scuola stia rispettando il piano durante l’esecuzione. Se tutto va bene, a fine piano i debiti residui vengono cancellati (esdebitazione) e la scuola prosegue la sua attività ripulita dai vecchi debiti . Questo è lo scenario auspicabile per salvare l’istituzione.

Qualora invece la situazione non consenta la continuazione (ad esempio perché mancano le iscrizioni o perché l’ente vuole cessare), si può optare per un concordato liquidatorio: in tal caso la scuola tipicamente interrompe le lezioni a fine anno scolastico, vende i suoi beni (immobili, arredi, marchio se valorizzabile, ecc.), e distribuisce il ricavato ai creditori secondo la proposta approvata. La differenza rispetto al fallimento puro è che nel concordato liquidatorio c’è una proposta del debitore su come distribuire e una gestione meno distruttiva (spesso il debitore stesso o un liquidatore concordatario nominato ad hoc curano la vendita, per massimizzare i valori). I creditori hanno la garanzia di ricevere non meno di quel 20% e comunque almeno quanto ricaverebbero in ipotesi di fallimento. Al termine della liquidazione concordataria, l’ente debitore viene cancellato e ottiene l’esdebitazione dei debiti non soddisfatti.

Un cenno meritano le spese: il concordato è una procedura complessa, comporta costi di giustizia (contributo unificato, spese di pubblicazione) e compensi per commissario, liquidatore ed eventuali legali. Pertanto, va intrapresa quando c’è una massa debitoria sufficientemente grande da giustificarla e prospettive di soddisfacimento. Per piccole situazioni, conviene guardare alle procedure minori di sovraindebitamento.

Strumenti di sovraindebitamento per soggetti non fallibili

Se la scuola privata non rientra tra i soggetti assoggettabili a fallimento/liquidazione giudiziale (ad esempio è un’associazione non commerciale, o è un imprenditore al di sotto delle soglie di fallibilità: attivo <€300k, ricavi <€200k, debiti <€500k ), allora in caso di insolvenza non potrà accedere al concordato preventivo né subire istanza di fallimento. Ciò non significa che debiti restino fuori da ogni disciplina: dal 2012 esiste in Italia la legge sul sovraindebitamento (L. 3/2012, ora integrata nel Codice della crisi) che offre procedure analoghe per i soggetti “non fallibili” . Con la riforma del 2022 le procedure di sovraindebitamento sono state ridenominate, ma sostanzialmente corrispondono a: – il piano di ristrutturazione del consumatore (ex “piano del consumatore”), riservato però alle persone fisiche consumatrici, quindi non si applica a un’attività imprenditoriale come la scuola; – il concordato minore, che è l’equivalente del concordato preventivo per i debitori minori (imprese sotto soglia, enti non profit commerciali, imprenditori cessati, etc.) ; – la liquidazione controllata del sovraindebitato, equivalente al fallimento ma per i non fallibili ; – l’esdebitazione del debitore incapiente, strumento speciale per le persone fisiche nullatenenti (non rilevante per un ente scolastico).

Nel contesto di una scuola privata non fallibile (ad es. un piccolo istituto gestito da una cooperativa con parametri sotto soglia), in caso di insolvenza la soluzione sarebbe probabilmente il concordato minore: la scuola presenterebbe al tribunale un piano simile a quello di un concordato preventivo, ma con regole procedurali semplificate (ad esempio, non c’è un voto formale dei creditori, è più simile a un accordo proposto che il giudice può omologare se non ci sono opposizioni rilevanti) . Il concordato minore richiede comunque di soddisfare in qualche misura i creditori e di non danneggiarli rispetto all’alternativa liquidatoria. Se il piano non è fattibile o i creditori si oppongono con successo, si può passare alla liquidazione controllata, dove un liquidatore nominato dal tribunale vende i beni dell’ente e ripartisce il ricavato. Anche qui, al termine vi sarà l’esdebitazione (cancellazione dei debiti insoddisfatti) se il debitore è meritevole . Da notare: l’esdebitazione post-liquidazione è prevista solo per le persone fisiche (quindi se la scuola era gestita da una ditta individuale o impresa familiare); se il debitore è un soggetto collettivo (associazione, società), con la liquidazione esso viene estinto e non si pone neppure il problema dei debiti residui.

In termini di tutela immediata, il concordato minore e la liquidazione controllata offrono le stesse protezioni del concordato preventivo: dalla data di ammissione, i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali, dovendo far valere le proprie ragioni nella procedura. Quindi, anche un ente non fallibile può ottenere uno stay giudiziale. Certamente, procedure di questo tipo per una scuola sono l’extrema ratio, perché spesso portano alla cessazione dell’attività (salvo nel concordato minore in continuità, ipotesi possibile ma non frequente).

Confronto e scelta dello strumento

Abbiamo visto un ventaglio di strumenti concorsuali. Come orientarsi? Dipende da molti fattori: tipo di crisi, composizione del ceto creditorio, volontà di continuare l’attività, forma giuridica della scuola, dimensioni del debito. La tabella seguente riepiloga in modo comparativo alcuni elementi chiave :

ProceduraDestinatariMaggioranze richiesteDebiti trattabiliAzioni esecutive dei creditori
Concordato preventivo (in continuità o liquidatorio)Imprese commerciali assoggettabili a fallimento (es. S.r.l., S.p.A., cooperative)Voto favorevole di >50% dei crediti votanti (con maggioranze speciali per classi)Tutti i debiti, con possibilità di falcidia di chirografari e stralcio parziale privilegiati (previo consenso)Sospese dal tribunale dalla data di ammissione fino all’omologa
Accordo di ristrutturazioneImprese di qualsiasi dimensione; anche enti non fallibili se creditori aderenti >60% creditiAdesione di ≥60% dei crediti (75% per efficacia estesa)Debiti verso creditori aderenti (dissenzienti vanno pagati per intero salvo efficacia estesa)Non automatico: possibili misure protettive temporanee su richiesta (fino a 4 mesi)
Composizione negoziataImprese in crisi (incl. PMI, start-up, anche scuole paritarie gestite da enti non profit)Nessuna votazione formale (si cerca consenso concordato; obbligo informativo al 90% creditori)Tutti i debiti potenzialmente, secondo flessibilità del piano negozialeSospese su richiesta del debitore per max 4 mesi (estensibili) durante le trattative
Concordato minore (ex sovraindebitamento)Debitori non fallibili (imprese sotto soglia, enti non commerciali)Non c’è voto; decide il tribunale se omologare valutando eventuali opposizioniTutti i debiti pregressi; limiti su debiti con garanzie reali su beni non pignorabili (es. prima casa)Sospese dopo l’ammissione fino all’omologa (come concordato ord.)
Liquidazione giudiziale (fallimento)Imprese commerciali fallibili in stato d’insolvenza– (procedura avviata d’ufficio su istanza di creditori o debitore)Tutti i debiti anteriori (salvo obblighi personali non eliminabili)Dichiarazione di apertura blocca tutte le azioni esecutive individuali (concursus creditorum)
Liquidazione controllata (sovraindebitamento)Debitori non fallibili insolventi– (istanza volontaria o di creditori, con nomina OCC)Tutti i debiti anteriori come sopraDalla data di apertura procedura, tutte le azioni esecutive sono sostituite dalla procedura collettiva

Come si nota, ogni strumento ha i suoi requisiti e vantaggi. In concreto, una scuola strutturata come società di capitali opterà per un concordato preventivo se vuole continuare, o subirebbe la liquidazione giudiziale se fallisce; una piccola scuola associazione userà il concordato minore per provare il risanamento o la liquidazione controllata se deve chiudere; se c’è margine di accordo userà l’accordo di ristrutturazione; se è ancora in tempo cercherà prima la composizione negoziata. Non è raro che si usino in sequenza: ad esempio, fase 1 composizione negoziata per tentare accordi; se fallisce, fase 2 deposito di un concordato preventivo “in estremis” per evitare pignoramenti e gestire la crisi in modo ordinato.

6. Difesa del debitore: opposizioni alle azioni esecutive e altre tutele

Fin qui abbiamo esaminato come prevenire o risolvere a monte la crisi debitoria. Vediamo ora brevemente come la scuola debitrice può difendersi in sede giudiziaria qualora uno o più creditori abbiano già avviato azioni esecutive o legali. Anche il migliore piano di rientro, infatti, rischia di saltare se nel frattempo un creditore pignora il conto corrente della scuola o si fa assegnare l’incasso delle rette. Dunque, la difesa passa da strumenti processuali come l’opposizione agli atti esecutivi, le sospensive e in generale le eccezioni formali e sostanziali che il debitore può sollevare per guadagnare tempo o annullare atti viziati.

Ecco alcune situazioni tipiche e i relativi rimedi:

  • Opposizione a cartelle esattoriali o intimazioni di pagamento: se la scuola riceve una cartella di pagamento ritenuta errata (perché il debito era già stato pagato, o è prescritto, o vi è un vizio di notifica), può presentare un’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. davanti al giudice competente (di norma il tribunale ordinario per cartelle relative a contributi, o la commissione tributaria per carichi fiscali contestati nel merito). Alternativamente, può chiedere in autotutela all’ente impositore l’annullamento se l’errore è palese (ad es. doppia iscrizione). L’opposizione all’esecuzione sospende le procedure solo se il debitore ottiene dal giudice un provvedimento di sospensione motivato dal fumus boni iuris (probabilità di vittoria) e periculum (danno grave e irreparabile) . Quindi è opportuno corredare l’opposizione di una richiesta di sospensiva urgente, specie se sono già partite azioni come fermi o pignoramenti.
  • Opposizione all’esecuzione di un fornitore (decreto ingiuntivo): se un fornitore ottiene un decreto ingiuntivo e notifica un atto di pignoramento (ad esempio sul conto corrente della scuola), la scuola può depositare un ricorso in opposizione ex art. 615 c.p.c. (se contesta il diritto del creditore di procedere, ad es. perché il debito non è dovuto) oppure un’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (se contesta la regolarità formale dell’atto, ad es. vizi di notificazione). Anche qui, di prassi, occorre chiedere una sospensione dell’esecuzione altrimenti il pignoramento prosegue. Le opposizioni civili richiedono assistenza legale qualificata e la valutazione costi/benefici (non ha senso opporsi temerariamente solo per ritardare, perché si rischiano ulteriori spese se si perde). Tuttavia, se vi sono seri motivi – ad esempio il decreto ingiuntivo non era stato notificato correttamente, oppure la scuola ha dei crediti in compensazione con quel fornitore non considerati – vale la pena tentare l’opposizione per far rallentare la procedura e magari raggiungere un accordo transattivo nelle more del giudizio.
  • Vizi formali e prescrizioni: un ambito spesso fruttuoso per la difesa del debitore sta nell’individuare eventuali irregolarità formali negli atti dei creditori. Ad esempio, per i crediti fiscali è essenziale verificare se le cartelle sono state notificate nei termini di legge (in molti casi le cartelle relative a tributi di vari anni prescrivono in 5 anni se non notificate atti interruttivi ). Oppure controllare se prima di iscrivere ipoteca l’Agente ha inviato il preavviso di ipoteca (obbligatorio 30 giorni prima): la mancanza del preavviso rende nulla l’ipoteca e il giudice la può cancellare su ricorso del debitore. Altri esempi: il fermo amministrativo su veicoli richiede la previa notifica di una comunicazione e ha soglie minime (€1.000); il pignoramento presso terzi da parte del Fisco richiede l’intimazione preventiva di pagamento 5 giorni prima. Tali dettagli, se non rispettati, sono motivi di opposizione vittoriosa. Per questo si raccomanda di far esaminare tutti gli atti ricevuti da un professionista esperto, in cerca di vizii.
  • Conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.): l’abbiamo accennato prima: se un bene della scuola viene pignorato, la legge consente al debitore di evitare la vendita forzata depositando una somma pari al credito azionato (comprensivo di spese) o, su istanza, versandone una parte e offrendo un piano di rate per la parte restante (massimo 18 mesi) . Questa istanza va fatta al giudice dell’esecuzione prima che sia disposta la vendita. Ad esempio, se un fornitore pignora un’autovettura della scuola del valore di €10.000 per un credito di €8.000, la scuola potrebbe depositare subito €2.000 e chiedere di pagare i restanti €6.000 in 12 rate mensili: il giudice, sentito il creditore, può sospendere la vendita e concedere la conversione. Per la scuola questo significa trasformare l’esecuzione in un piano dilazionato imposto dal giudice – certo oneroso perché bisogna reperire subito un acconto consistente – ma almeno evita di perdere il bene magari a un’asta a valore dimezzato. La conversione è uno strumento di ultima linea, tuttavia conviene ricordarlo.
  • Confluenze con procedure concorsuali: se nel frattempo la scuola ha avviato una procedura di concordato preventivo o di composizione negoziata con misure protettive, è possibile far dichiarare improcedibile o sospendere qualsiasi azione esecutiva individuale. Ad esempio, se un creditore tenta un pignoramento ma la scuola è già ammessa al concordato, il pignoramento dev’essere arrestato e un eventuale ricavato non potrà essere distribuito al singolo, andando invece a confluire nella massa concordataria. Pertanto, uno scudo indiretto sta proprio nell’avvio tempestivo delle procedure di crisi: è uno dei motivi per cui non bisogna aspettare troppo, perché una volta scattate certe protezioni, i creditori devono fermarsi.

In aggiunta a quanto sopra, la difesa del debitore comprende anche accorgimenti patrimoniali preventivi. Ad esempio, una scuola che preveda azioni esecutive sui propri conti potrebbe aprire conti dedicati su cui tenere solo le somme strettamente necessarie (così un eventuale pignoramento troverà meno fondi). Oppure, se teme il pignoramento delle rette pagate dalle famiglie (credito verso terzi), potrebbe notificare alle famiglie di versare le rette su un conto vincolato o presso un trust (anche se questo, se fatto in frode ai creditori, può essere contestato). Insomma, ci sono misure lecite di minimizzazione del rischio, ma vanno valutate attentamente con avvocati e consulenti per non incorrere in atti impugnabili come frode ai creditori (es. spostare fondi per sottrarli dolosamente al creditore è revocabile e può integrare reato di sottrazione fraudolenta).

In tutti i casi, la massima trasparenza e correttezza aiutano: se la scuola mostra di voler pagare il dovuto – seppur con strumenti dilatori legali – i giudici tendono a concedere provvedimenti favorevoli (sospensioni, conversioni). Se invece risulta inattendibile o in malafede, sarà più difficile ottenere clemenza giudiziale.

7. Aspetti speciali per le scuole paritarie: esenzioni fiscali e vincoli normativi

Le scuole paritarie, pur essendo giuridicamente equiparate a soggetti privati d’impresa, beneficiano di alcuni regimi particolari in considerazione della loro funzione pubblico-sociale. È utile evidenziarne alcuni, perché possono influire sia sul fronte dei debiti (riducendoli) sia sul fronte delle responsabilità.

  • Agevolazioni ed esenzioni fiscali: la legislazione prevede che gli enti non commerciali che gestiscono scuole paritarie possano godere di certe esenzioni, a patto che soddisfino condizioni stringenti. Un esempio già citato è l’esenzione dall’IMU sugli immobili utilizzati per l’istruzione: teoricamente, l’art. 7 D.Lgs. 504/1992 esenta da IMU gli immobili di enti non commerciali destinati esclusivamente ad attività educative senza scopo di lucro. Ma la giurisprudenza ha chiarito che “senza scopo di lucro” significa, in questo contesto, con rette simboliche o gratuite . Dunque, se una scuola paritaria chiede contributi significativi alle famiglie, la sua attività è considerata commerciale e l’immobile scolastico paga l’IMU come qualunque struttura privata . Al contrario, se (caso raro) la paritaria sopravvive con rette puramente simboliche e donazioni, potrebbe rivendicare l’esenzione IMU. Questo aspetto è rilevante: in alcune controversie, scuole religiose hanno accumulato debiti IMU confidando nell’esenzione, ma la Cassazione ha poi dato ragione ai Comuni imponendo il pagamento . È dunque prudente per una scuola paritaria in crisi accantonare almeno le imposte locali, se non rientra con certezza nell’esenzione.

Altre agevolazioni includono: la non imponibilità IVA per talune prestazioni didattiche (ai sensi dell’art. 10 n.20 DPR 633/1972, i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’obbligo gestiti da enti accreditati possono essere esenti IVA). Molte scuole paritarie quindi non addebitano IVA sulle rette; ciò riduce il carico fiscale ma implica anche che non possano detrarre l’IVA sugli acquisti (un problema se hanno grossi investimenti). Ai fini delle imposte sul reddito, se la scuola è gestita da un ente non commerciale (es. un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, una ONLUS, ecc.), può dichiarare di svolgere attività istituzionale non commerciale e quindi non essere soggetta ad IRES sul risultato economico, sempre a patto di reinvestire gli eventuali utili nell’attività didattica. Tali enti devono comunque presentare appositi modelli fiscali (es. modello ENC) e rispettare i vincoli statutari di non lucro. In sostanza, una scuola paritaria gestita da ONLUS potrebbe non pagare tasse sui proventi delle rette (se reinvestiti) – questo aiuta a non generare debiti fiscali, ma non la esonera certo dal pagare IVA eventuale, IRAP se ha dipendenti, e contributi. Inoltre, il regime ONLUS è in transizione (verrà sostituito dagli Enti del Terzo Settore iscritti al RUNTS). Chi gestisce scuole tramite enti religiosi gode anche di alcune prerogative (ad es. il Cinque per mille o contributi statali indiretti), che però non sono automatici né soprattutto intesi a coprire inefficienze gestionali.

  • Vincoli su bilanci e organici: la legge 62/2000 impone alle scuole paritarie di avere bilanci pubblici e in pareggio nel medio periodo. Non è previsto un intervento dello Stato in caso di passivo, ma se un istituto accumula perdite ingenti rischia di non poter garantire i servizi essenziali. Formalmente, la perdita di esercizio di per sé non causa la revoca della parità, a meno che non si traduca in violazione dei requisiti (ad esempio docenti non pagati e quindi licenziati, numero di insegnanti sceso sotto il minimo, attività didattica compromessa). Il Ministero può effettuare ispezioni e, se rileva che la scuola non mantiene i livelli richiesti (per esempio non riesce più a garantire il calendario scolastico regolare per mancanza di fondi), può sospendere la parità. In pratica, casi di revoca della parità per motivi finanziari sono rari e avvengono dopo reiterati allarmi. Una sentenza amministrativa ha rilevato che va seguito un iter prima della revoca: avviso delle irregolarità, tempo per sanarle, e solo se non corrette scatta la revoca . Ad esempio, il TAR Lazio in alcune pronunce ha annullato revoche “immediate” perché la scuola non era stata prima diffidata. Dunque, una scuola indebitata ha margine di manovra per risanare prima di perdere la parità, purché informi il Ministero e adotti misure per non interrompere l’offerta formativa.
  • Responsabilità degli amministratori e gestori: su questo punto torneremo nel prossimo paragrafo in dettaglio. Basti qui notare che, essendo le scuole paritarie spesso gestite da enti collettivi, esistono profili di responsabilità specifici. Ad esempio, per gli enti ecclesiastici che gestiscono scuole: in caso di debiti, ne risponde l’ente con tutto il suo patrimonio destinato all’attività scolastica, e non lo Stato o la Chiesa in generale. I rappresentanti legali di tali enti potrebbero però essere chiamati in causa se commettessero atti di mala gestio (come in ogni amministrazione). Nel caso di cooperative sociali, gli amministratori rispondono verso la società e i soci secondo le norme societarie ordinarie (artt. 2476 e 2486 c.c. per le S.r.l. cooperative) e verso i creditori in caso di insolvenza per violazione dell’obbligo di conservazione del patrimonio sociale . In altre parole, il contesto scolastico non crea immunità: i doveri di corretta gestione sono uguali a quelli di qualsiasi manager d’azienda. Anzi, la delicatezza del servizio pubblico svolto fa sì che in alcune situazioni vi sia un sindacato più severo: ad esempio, distrarre fondi destinati a finalità educative per altri scopi potrebbe configurare reati specifici (come malversazione se fossero fondi pubblici, o appropriazione indebita se fondi di terzi).
  • Casi particolari di debito verso lo Stato: un aspetto peculiare riguarda eventuali contributi pubblici percepiti indebitamente. Alcune scuole paritarie ricevono contributi (ad esempio per sostegno disabili, o per progetti finanziati) e se non rendicontano correttamente o li utilizzano male, potrebbero doverli restituire. Questa sorta di “debito verso lo Stato” in genere è soggetto alle regole del diritto amministrativo: l’amministrazione può emettere un provvedimento di recupero somme. Se la scuola non paga, si tratta comunque di un credito erariale e finirà anch’esso in cartella esattoriale. Ma c’è di più: se il cattivo utilizzo configura un illecito erariale, i responsabili potrebbero essere citati dalla Corte dei Conti per danno erariale. Ciò esula dalla materia concorsuale, ma è un rischio aggiuntivo per chi gestisce male fondi pubblici. Fortunatamente, questi casi sono limitati e riguardano soprattutto contributi ingenti.

In conclusione, gli aspetti speciali delle paritarie non alterano sostanzialmente le regole sulla gestione del debito, ma forniscono alcune armi in più (agevolazioni fiscali) e impongono attenzioni ulteriori (mantenimento requisiti di parità). Una scuola paritaria in crisi dovrebbe, da un lato, sfruttare tutte le agevolazioni disponibili (esenzioni, crediti d’imposta, ecc.) per ridurre il carico, e dall’altro mantenere la regolarità amministrativa (pubblicare i bilanci anche se negativi, assicurare le ore di lezione, etc.) per non dare al Ministero motivo di revoca. Come sottolineato dalla Cassazione, il fatto di svolgere un’attività educativa non esenta dal rispetto delle regole economiche: se c’è uno scambio economico (rette) l’attività è commerciale, e va gestita con la diligenza e responsabilità richieste a qualunque imprenditore .

8. Domande e risposte (FAQ)

D: Una scuola paritaria privata può essere dichiarata fallita come un’azienda qualsiasi?
R: Sì, se la scuola è gestita in forma di impresa commerciale (ad es. una S.r.l. o una S.p.A.) e possiede dimensioni superiori alle soglie di non fallibilità previste dalla legge, i suoi creditori possono chiederne il fallimento (ora tecnicamente detto liquidazione giudiziale) in caso di insolvenza . In pratica, una scuola paritaria costituita come società di capitali è soggetta alle medesime norme concorsuali di qualsiasi società: il tribunale potrà dichiararne lo stato di insolvenza e aprire la liquidazione giudiziale su istanza di uno o più creditori insoddisfatti, oppure su istanza della stessa scuola (istanza di auto-fallimento) o del PM. Tuttavia, va sottolineato che oggi si tende a privilegiare strumenti alternativi al fallimento puro: il Codice della crisi offre opzioni come accordi di ristrutturazione e concordati preventivi che spesso vengono utilizzati per evitare la liquidazione distruttiva dei beni . Se invece la scuola è gestita da un ente non commerciale (es. un’associazione religiosa, una cooperativa sociale ONLUS) che svolge attività educativa, tecnicamente non è soggetta a fallimento ordinario; in tal caso, in presenza di insolvenza, si ricorre alle procedure di sovraindebitamento (come il concordato minore) oppure, in casi specifici, alla liquidazione coatta amministrativa se prevista dalla legge per quell’ente. Ad esempio, un’associazione culturale che gestisce una scuola e va in crisi potrebbe avviare un concordato minore invece che un fallimento . In ogni caso, al termine di qualunque procedura liquidatoria, se l’attivo non basta a pagare tutti, l’ente può ottenere l’esdebitazione per i debiti residui (art. 283 CCII) e cessare l’attività liberando i suoi rappresentanti da ulteriori pretese .

D: Qual è la differenza tra concordato preventivo e accordo di ristrutturazione dei debiti?
R: Entrambi sono strumenti per ristrutturare il debito, ma il concordato preventivo è una procedura concorsuale completa, condotta sotto la direzione del tribunale, mentre l’accordo di ristrutturazione è essenzialmente una trattativa privata con i creditori, omologata dal giudice. In particolare, nel concordato preventivo la scuola deposita un ricorso in tribunale e, dopo l’ammissione, gode di una protezione generale (tutti i creditori sono bloccati dal procedere). Viene nominato un commissario e si forma una procedura ufficiale con voto di tutti i creditori (o delle classi) su un piano formale . Servono maggioranze qualificate (oltre il 50% dei crediti votanti) e l’intervento del tribunale sia nella fase di ammissione che in quella di omologazione. È quindi uno strumento più strutturato e “rigido”, ma dà una tutela ampia (il cosiddetto automatic stay contro le azioni esecutive) e consente di imporre il piano anche ai dissenzienti, una volta approvato nelle forme di legge. L’accordo di ristrutturazione, invece, nasce come accordo stragiudiziale: la scuola negozia con i creditori (devono aderire almeno il 60% dei crediti) e solo dopo porta l’accordo in tribunale per l’omologazione . Non c’è voto formale di tutti i creditori: quelli che non aderiscono di solito restano fuori (devono essere pagati a parte per intero, oppure si cerca di estendere l’accordo con maggioranze dell’80% in alcuni casi) . In generale, l’accordo è più flessibile nei contenuti (si può modellare un po’ come si vuole, perché riguarda solo i creditori che firmano) ma meno “potente” nel vincolare i dissenzienti – a meno di casi di efficacia estesa. In sintesi: il concordato è giudiziale e protettivo (sospende tutto per decreto del tribunale), l’accordo è più negoziale e volontario. Entrambi, una volta omologati dal tribunale, sono vincolanti: nel concordato tutti i creditori sono obbligati a rispettare il piano omologato, nell’accordo almeno quelli aderenti e in parte anche i non aderenti se si rientra nei casi di cram-down fiscale o efficacia estesa . Dal punto di vista di una scuola, si potrebbe provare prima l’accordo se c’è intesa con i principali creditori, riservandosi il concordato come soluzione più formale se l’accordo non raggiunge le adesioni necessarie.

D: Che cosa succede al patrimonio della scuola e ai suoi beni durante un concordato o un fallimento?
R: Nel concordato preventivo in continuità, la scuola conserva l’amministrazione dei beni sotto la vigilanza del commissario: può continuare ad utilizzare i suoi immobili, attrezzature e conti per proseguire l’attività didattica, seppur con le limitazioni del piano (ad esempio non può vendere beni senza autorizzazione). I creditori, dal canto loro, ottengono il soddisfacimento parziale o dilazionato secondo quanto previsto nel piano concordatario omologato e ricevono le proprie quote a tempo debito. Al termine del concordato eseguito correttamente, i debiti residui vengono cancellati (esdebitazione ex art. 278 CCII) e la scuola prosegue la propria esistenza senza quei debiti . Nel concordato liquidatorio o nella liquidazione giudiziale (fallimento), invece, il patrimonio della scuola viene destinato alla vendita: un liquidatore giudiziale (o curatore) prende in mano la gestione, vende gli asset – ad esempio l’edificio scolastico, gli arredi, eventuali pullmini – e distribuisce il ricavato tra i creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione . La scuola ovviamente cessa l’attività (non potendo più disporre dei beni fondamentali). Nel fallimento propriamente detto, la dichiarazione di fallimento comporta la perdita immediata da parte degli amministratori di ogni potere sui beni: subentra il curatore che rappresenta la massa dei creditori. Se un concordato liquidatorio viene omologato, anche lì un liquidatore nominato esegue il piano di liquidazione. Una volta che tutti i beni sono stati convertiti in denaro e ripartiti, l’ente viene cancellato dal registro delle imprese (se società) o cessato. I creditori, dopo la chiusura, non possono più pretendere nulla oltre a quanto ricevuto, e il debitore persona fisica viene liberato dai debiti non soddisfatti (c.d. esdebitazione automatica per le procedure concorsuali) . Nel caso di una scuola gestita da società di capitali, ciò significa che la società viene estinta; se dietro c’erano soci persone fisiche, essi rimangono tali ma la società non c’è più. Se la scuola era gestita in forma individuale o SNC, i soci illimitatamente responsabili dovranno rispondere con i propri beni, ma anch’essi possono ottenere l’esdebitazione personale a fine procedura (art. 282 e 283 CCII). In ogni scenario liquidatorio, il destino degli studenti è purtroppo quello di dover trovare un altro istituto: quando una scuola chiude per fallimento o concordato liquidatorio, normalmente intervengono gli uffici scolastici regionali per ridistribuire gli iscritti in altre scuole (spesso statali) affinché completino l’anno scolastico.

D: I soci o gli amministratori rischiano di dover pagare i debiti della scuola di tasca propria?
R: In linea generale, se la scuola è gestita da una società di capitali (S.r.l., S.p.A.), vige la responsabilità limitata: i soci non rispondono personalmente dei debiti sociali, a meno che abbiano prestato garanzie personali (fideiussioni) o a meno di condotte illecite specifiche. Anche gli amministratori rispondono verso i creditori solo in casi particolari di mala gestio. Ad esempio, l’art. 2476 c.c. prevede che gli amministratori di S.r.l. rispondano direttamente verso i creditori sociali se, violando i doveri imposti dalla legge, hanno cagionato il mancato pagamento dei debiti sociali . Tipico caso: la prosecuzione sconsiderata dell’attività aggravando il dissesto dopo che la società aveva perso il capitale sociale (violazione dell’obbligo di cui all’art. 2486 c.c.); in tal caso, in sede di fallimento, il curatore può promuovere un’azione di responsabilità contro gli amministratori per recuperare dai loro patrimoni il danno arrecato ai creditori (misurato spesso come aumento del passivo o diminuzione dell’attivo nell’periodo di illegittima prosecuzione) . La Cassazione ha peraltro chiarito che questa responsabilità verso i creditori non è aquiliana generica, ma è una responsabilità specifica da gestione non conservativa successiva al verificarsi di una causa di scioglimento . In sostanza, se gli amministratori di una scuola (società) sapevano che l’ente era insolvente o doveva liquidare e hanno continuato ad accumulare debiti, possono essere chiamati a risponderne. Per i soci di società di persone (S.n.c., S.a.s.) o per il titolare di impresa individuale, la responsabilità è invece illimitata e diretta: ciò significa che, se la scuola non paga, i creditori possono rifarsi immediatamente sui beni personali dei soci illimitatamente responsabili, salvo poi questi chiedere l’esdebitazione a fine procedura concorsuale . Un’eccezione parziale riguarda i soci di S.r.l. in caso di liquidazione: se una S.r.l. viene cancellata dal registro imprese con debiti non pagati, i creditori sociali possono agire contro i soci ma solo nei limiti di quanto questi hanno riscosso in sede di liquidazione (art. 2495 c.c.). Tuttavia la giurisprudenza tributaria ha ampliato questo principio: la Cassazione ha stabilito che, in caso di società a ristretta base societaria estinta, i soci rispondono dei debiti tributari anche se dalla liquidazione non hanno ricevuto nulla, attraverso presunzioni di distribuzione dell’attivo in frode al Fisco . Ad esempio, l’ordinanza Cass. n. 20840/2023 ha ritenuto quattro ex-soci di S.r.l. responsabili verso l’Erario per imposte non pagate della società estinta, pur non risultando utili distribuiti, sulla base di presunzioni di ricavi sottratti al fisco . Ciò per dire che, specie sul fronte fiscale, non è garantito che la responsabilità rimanga confinata all’ente: il Fisco può perseguire soci e amministratori se ravvisa comportamenti irregolari (mancata liquidazione formale della società, occultamento di attivi, etc.). Infine, ricordiamo che in alcune procedure anche i soci persone fisiche illimitatamente responsabili possono essere esdebitati a fine concordato o fallimento: l’art. 285 CCII prevede l’estensione del beneficio ai soci falliti in proprio, se di buona fede .

D: In caso di concordato o accordo, i debiti della scuola rimangono a carico dei garanti personali (es. fideiussori)?
R: Quando una scuola entra in concordato preventivo o fa un accordo di ristrutturazione, l’obbligazione verso i creditori viene ristrutturata solo nei confronti dell’ente debitore. Se ci sono fideiussioni o garanzie personali prestate da terzi (es. un amministratore ha garantito personalmente un mutuo bancario della scuola), tali garanzie permangono per la parte di credito non soddisfatta nel concordato. Significa che, se la banca ottiene nel concordato solo il 70% di quanto le era dovuto, potrà escutere il fideiussore per il restante 30% (a meno che non abbia espressamente rinunciato in sede di accordo). Questo principio (beneficio della suddivisione del rischio) è previsto dall’art. 61 CCII e analoghe norme precedenti. Quindi i garanti esterni devono essere consapevoli che il loro impegno resta, salvo accordi liberatori. Discorso diverso invece per i soci illimitatamente responsabili (ad es. in una SNC): essi, se la procedura concorsuale si chiude con esdebitazione, vengono liberati anche personalmente per quei debiti, perché la loro responsabilità è parte del passivo concorsuale. Ma un terzo garante no, non è parte della procedura e quindi non gode dell’esdebitazione. In pratica, nel caso di molte scuole, i dirigenti o parroci che hanno firmato fideiussioni per affitti o mutui rimangono obbligati, e i creditori vi faranno ricorso se la procedura non paga interamente quei crediti.

D: La scuola può “ripartire da zero” dopo aver usato questi strumenti di crisi?
R: Se si tratta di un risanamento in continuità, l’auspicio è proprio di sì: l’obiettivo del legislatore è permettere al debitore onesto ma sfortunato di avere un fresh start. Ad esempio, una scuola che adempia con successo un concordato preventivo in continuità, al termine esce dalla procedura liberata dai debiti residui eccedenti quanto pagato in concordato (grazie all’esdebitazione concessa automaticamente a omologa eseguita) . Potrà dunque proseguire l’attività senza il fardello del passato, magari con una struttura societaria rinnovata e un equilibrio economico ritrovato. La Cassazione ha paragonato l’effetto esdebitativo del concordato omologato a quello della riabilitazione civile del fallito: dopo, si è come puri e non vi è macchia che impedisca di contrarre nuovi crediti o svolgere iniziative economiche . Ovviamente, questo non cancella eventuali danni reputazionali nel breve termine, ma giuridicamente la scuola (o chi ne ha preso la gestione) è di nuovo in bonis. Se invece la scuola passa per una liquidazione e cessa, la ripartenza potrebbe avvenire sotto altra forma: ad esempio, i soci potrebbero fondare una nuova entità scolastica, che riprende l’attività senza debiti perché quelli sono rimasti nella vecchia entità estinta. Da notare però che la legge oggi prevede controlli per impedire che i medesimi soggetti attuino abusi (tipo far fallire una società e aprirne un’altra identica azzerando i debiti ma continuando l’attività): esistono fattispecie di responsabilità per continuazione dell’attività di impresa fallita e, per gli appalti pubblici, ostacoli a chi ha precedenti fallimenti non soddisfatti. In ambito scolastico privato, comunque, è perfettamente possibile che una cooperativa subentri a un’altra fallita rilevando la gestione della scuola, purché operi nella legalità. Quindi, sì, con gli strumenti giusti la scuola (o chi la gestisce) può aspirare a un “anno zero” finanziario, con la lezione appresa di non ripetere gli errori.

D: Quali tipi di debiti non possono essere cancellati neppure con l’esdebitazione finale?
R: L’esdebitazione – ossia la liberazione dai debiti residui dopo la chiusura della procedura – non è assoluta per ogni tipo di credito. La legge individua alcune eccezioni. In particolare, non vengono mai cancellati: – i debiti per obblighi di mantenimento e alimentari verso persone (es. assegni di mantenimento a familiari, somme dovute per responsabilità civili verso terzi per danno alla persona); – le sanzioni penali pecuniarie e le multe, ammende e pene pecuniarie conseguenti a reato ; – le sanzioni amministrative che non siano accessorie a debiti estinti (in pratica, contravvenzioni autonome, come le multe stradali, tendono a non essere esdebitate, anche se su questo punto c’è dibattito giurisprudenziale) .

Nel caso di una scuola, queste fattispecie possono toccare marginalmente: ad esempio, se la scuola aveva preso una multa amministrativa autonoma (una sanzione dell’ASL, una multa stradale per un suo automezzo) quella potrebbe non essere cancellata; se vi fossero condanne penali a carico dell’ente (es. sanzioni 231/2001, se mai applicabili) anche quelle restano dovute. I debiti tributari, invece, seguono la regola generale: quelli inclusi e ristrutturati nella procedura vengono eliminati per la parte non pagata (è lo scopo del concordato). Attenzione però: l’esdebitazione non copre eventuali nuovi accertamenti emessi dopo la procedura per fatti anteriori. Ad esempio, se dopo la chiusura del concordato l’Agenzia Entrate scopre un’evasione IVA non nota prima e notifica un avviso, quel debito “nuovo” non è esdebitato . Quindi è cruciale, in sede di procedura, dichiarare tutti i debiti e i rischi di debito noti, così da includerli. Il cram-down fiscale attuato in concordato (taglio di sanzioni e interessi e talvolta quote di imposte) è definitivo una volta omologato e adempiuto il concordato. In sintesi: restano fuori solo debiti di natura personalissima o punitoria. Tutto ciò che è obbligazione commerciale, finanziaria, fiscale, contributiva, se trattato nella procedura, può essere soggetto a esdebitazione .

D: Se la scuola ha debiti verso l’erario, l’Agenzia delle Entrate o l’INPS possono rifiutarsi di aderire ai piani e bloccare tutto?
R: In passato, sì: prima della riforma, il Fisco e gli enti previdenziali avevano di fatto potere di veto nei concordati, perché serviva il loro voto favorevole per approvare piani che li coinvolgessero (specie se prevedevano stralci di imposta). Oggi, con il Codice della crisi, la situazione è cambiata: il tribunale può omologare il concordato o l’accordo di ristrutturazione anche senza il voto favorevole dell’Erario o degli enti previdenziali, a condizione che la proposta del debitore rispetti determinate soglie minime di soddisfacimento per tali crediti e che comunque al Fisco non venga offerto meno di quanto otterrebbe in caso di liquidazione . Questo meccanismo viene detto cram-down fiscale (forzatura del dissenso del Fisco). In concreto, l’art. 63 CCII consente al giudice di omologare il piano nonostante il voto negativo di Agenzia Entrate o INPS, se: – il loro trattamento non è inferiore a quello degli altri chirografari; – e se un professionista indipendente attesta che in ipotesi di liquidazione giudiziale riceverebbero un importo minore o uguale.

Quindi, per esempio, se la scuola propone di pagare il 30% al Fisco e ai fornitori, e l’attestatore dice che in caso di fallimento il Fisco prenderebbe 10%, il giudice può approvare il concordato anche se l’Agenzia vota contro. Questo toglie all’Erario il potere di far saltare i piani di risanamento, potere che spesso in passato impediva soluzioni concordate. Pertanto, oggi il Fisco può partecipare al voto ma non ha più un potere assoluto di veto . Lo stesso vale per l’INPS sui crediti contributivi. Naturalmente, se la proposta è troppo bassa (tipo offrire 5% al Fisco) il giudice potrebbe non avere base per cram-down se in liquidazione il Fisco avrebbe preso di più. Ma se la proposta è equa, non serve il consenso formale: il piano potrà essere omologato e obbligare comunque il Fisco. Nei accordi di ristrutturazione, permane invece la necessità di adesione (serve l’adesione dell’ente per conteggiarlo nel 60%), ma qui interviene un altro meccanismo: art. 61 CCII dice che se il Fisco non risponde entro 90 giorni alla proposta di accordo, si considera consenso tacito fino a un certo stralcio (massimo 30% di taglio e pagamento entro 120 giorni dall’omologa). Quindi c’è un meccanismo di silenzio-assenso in alcuni casi. Tutto ciò per dire che, oggi, lo Stato non è più un ostacolo insormontabile nelle procedure di composizione della crisi di una scuola: se la proposta è seria, può essere approvata anche senza l’ok esplicito dell’ente impositore.

D: Una scuola privata con troppi debiti rischia di perdere il riconoscimento della parità scolastica?
R: Tecnicamente la condizione di parità non è legata direttamente alla situazione debitoria, ma al mantenimento dei requisiti di qualità e regolarità previsti dalla legge . Finché la scuola rispetta il progetto educativo conforme all’ordinamento, ha personale abilitato sufficiente, locali idonei, ammette alunni con disabilità e pubblica i bilanci annuali, il riconoscimento rimane. Non c’è una norma che dica “se hai troppi debiti perdi la parità”. Tuttavia, nella realtà, una crisi finanziaria grave può far venire meno proprio quei requisiti: ad esempio, se l’istituto è costretto a licenziare molti docenti o non può più garantire i servizi minimi, la sua offerta formativa ne risente. Oppure, se i bilanci diventano totalmente inattendibili o non vengono più pubblicati, si viola l’art. 1 co.4 lett. f) L.62/2000 (obbligo di bilancio pubblico) . In tali casi il Ministero dell’Istruzione (oggi MIM) può avviare un procedimento di sospensione o revoca della parità. Di solito, come accennato, si procede con cautela: prima si potrebbe sospendere temporaneamente, dando tempo di correggere le mancanze. È successo però in passato che alcune scuole (specie cosiddetti “diplomifici”) siano state sanzionate per gravi irregolarità gestionali. Dunque, il debitore in crisi deve sforzarsi di tenere alta l’asticella della regolarità scolastica nonostante la crisi: continuare a fare lezione regolarmente, mantenere gli organi collegiali attivi, nominare eventualmente un responsabile provvisorio se il dirigente si dimette, pubblicare comunque il bilancio anche se negativo. Così facendo, il Ministero difficilmente interverrà in maniera afflittiva finché c’è un piano di recupero in corso . È bene avere un dialogo anche con l’Ufficio scolastico regionale, spiegando magari – se necessario – che la scuola sta affrontando una ristrutturazione ma intende garantire gli studenti. In definitiva, i debiti di per sé non fanno perdere la parità; la fanno perdere gli effetti collaterali se la situazione degenera. Una gestione trasparente e rispettosa delle norme scolastiche anche in tempo di crisi è la miglior difesa contro questo rischio.

Passiamo ora a considerare un esempio pratico che aiuti a capire come le varie strategie si combinano tra loro per salvare una scuola in difficoltà.

9. Tavole riepilogative

9.1 Strumenti di dilazione e sanatoria (debiti fiscali e contributivi)

StrumentoDebiti interessatiDurata/limitiEffetti principali
Rateizzazione ordinaria (art. 19 DPR 602/73)Cartelle esattoriali, avvisi di addebito INPS– Debito ≤ 120.000 €: fino a 84 rate mensili (istanze 2025-26; erano 72 fino al 2024, saranno 96 dal 2027)<br>– Debito > 120.000 €: fino a 72 rate con necessaria prova documentale<br>– Possibile estensione a 120 rate (10 anni) se crisi grave comprovata (rate straord.) <br>– Rata minima ~€50Sospende i pignoramenti e fermi amministrativi in corso (dalla domanda fino ad eventuale decadenza) .<br>Permette di pagare gradualmente il dovuto (capitale + interessi legali di dilazione ~2-4%).<br>Non riduce sanzioni o interessi già maturati (si paga il totale rateizzato).
Definizione agevolata (“rottamazione”)Carichi affidati ad AER entro certe date stabilite per legge (es. 30/6/2022 per rottamazione-quater)Rottamazione-quater 2023: pagamento in 18 rate su 5 anni (prime due nel 2023, ultime nel 2027) .<br>– Domanda entro 30/04/2025 (riapertura termini) .<br>– Rottamazione-ter (2018) e precedenti avevano durate diverse.Elimina sanzioni e interessi di mora: si paga solo l’imposta capitale e i diritti di riscossione .<br>Sospende le azioni esecutive dal momento della domanda e per tutta la durata del piano, salvo decadenza.<br>Consente un forte sconto sul totale dovuto (risparmio spesso >30% del debito).
Stralcio importi mini (L. 197/2022)Debiti residui ≤ €1.000 affidati tra 2000 e 2015 (verso enti creditori diversi dallo Stato)Annullamento automatico al 30/04/2023 disposto per legge .<br>– Nessuna domanda necessaria.<br>– Sospensione della riscossione di tali debiti fino alla data di annullamento .Cancella d’ufficio interessi e sanzioni sui carichi “mini” e in molti casi anche il capitale (per crediti di Comuni, ecc.) .<br>I debiti annullati cessano di esistere; i creditori non possono più pretenderli.<br>Somme già versate prima del 2023 restano acquisite (niente rimborso) .
Transazione fiscale (nell’ambito di concordato o accordo)Debiti tributari e contributivi inclusi in piani di concordato preventivo o accordo di ristrutturazione– Necessaria adesione di ADE/INPS al piano oppure cram-down giudiziale in sede di omologazione (voto Fisco non determinante) .<br>– Trattamento non inferiore a quello di altri chirografari e ≥ valore di liquidaz.Riduce quota di imposte, sanzioni e interessi secondo il piano (possibile anche <100% imposta se creditori chirografari prendono <100%).<br>Vincola il Fisco e gli enti previdenziali all’accordo omologato, anche se dissenzienti (nei limiti decisi dal giudice).<br>Fa parte di procedura concorsuale, non è strumento “autonomo” fruibile unilateralmente dal debitore.

9.2 Confronto tra principali procedure concorsuali

ProceduraSoggetti ammessiVoto/MaggioranzeDebiti coinvoltiSorte delle azioni esecutive
Concordato preventivo (CP) – continuità o liquidatorioImprese fallibili (società commerciali sopra soglie)Voto favorevole >50% crediti ammessi al voto (maggioranza semplice calcolata sul valore) .<br>Classi separate e maggioranze per classe se previste.Tutti i debiti anteriori (tributari, contributivi, bancari, commerciali, ecc.).<br>Possibilità di trattamento differenziato per classi (falcidia dei privilegiati se c’è soddisfazione almeno pari al valore di realizzo).Sospese/stoppate dal tribunale con provvedimento di ammissione .<br>Divieto di iniziare o proseguire esecuzioni individuali e cautelari sul patrimonio fino a omologa (art. 54 CCII).
Accordo di ristrutturazione dei debiti (ARD)Imprese di qualsiasi tipo; anche enti non fallibili purché raggiungano accordo con quota creditori richiestaAdesione di ≥60% dei crediti totali (75% per estendere ai non aderenti).<br>Fisco/INPS: silenzio-assenso entro 90gg se stralcio ≤30% e pagamento ≤120gg (art. 61 CCII).Solo i debiti dei creditori aderenti sono ristrutturati.<br>I creditori estranei restano fuori dall’accordo e vanno soddisfatti integralmente (o segregati fuori dall’accordo).Non sospese di diritto. Possibile richiedere misure protettive al tribunale per max 4 mesi mentre si formalizza l’accordo .<br>Dopo omologazione, i creditori aderenti non possono agire salvo inadempimento; i non aderenti possono agire salvo se coperti da efficacia estesa.
Composizione negoziata (CN)Imprese in stato di crisi o pre-insolvenza (incluse PMI e enti non fallibili)Nessun voto formale: è un processo di negoziazione assistita dall’esperto.<br>È richiesto coinvolgimento dei creditori che rappresentino almeno il 90% dei crediti per eventuale omologa di accordi facilitati (art. 23 co.4 CCII).Tutti i debiti possono essere oggetto di trattativa e di accordi (anche solo parziali su alcune posizioni).<br>Piani molto flessibili: possono prevedere moratorie, nuove finanze, cessione asset, ecc.Misure protettive su domanda: il tribunale può sospendere per max 4 mesi (prorogabili 4) le azioni esecutive dei creditori mentre dura la trattativa .<br>In assenza di misure, i creditori potrebbero agire ma l’esperto sollecita la moratoria volontaria.
Concordato minore (ex “concordato dei sovraindebitati”)Debitori non fallibili (imprese sotto soglia, enti non commerciali, professionisti, consumatori se esercitano impresa minore)Non è previsto voto dei creditori.<br>Il tribunale convoca i creditori per eventuali osservazioni; decide se omologare valutando meritevolezza e convenienza del piano per i creditori (assenza di opposizioni fondate).Tutti i debiti anteriori all’apertura, con esclusione di garanzie su beni non pignorabili (es. prima casa del debitore persona fisica, se non ipotecata).<br>Possibile esdebitazione del garante persona fisica se coinvolto (art. 282 CCII).Sospese dopo l’apertura della procedura (dall’accettazione del ricorso da parte del giudice) analogamente al concordato preventivo .<br>Se vi erano pignoramenti in corso, sono sospesi e poi decadono con l’omologa.
Liquidazione giudiziale (ex fallimento)Imprese commerciali fallibili (società, ditte individuali sopra soglia) in stato di insolvenzaNessun voto: procedura concorsuale d’ufficio.<br>Creditori insinuati al passivo; eventuale comitato dei creditori consultivo, ma non c’è piano da approvare (solo piano di liquidazione del curatore autorizzato dal GD).Tutti i debiti contratti prima della dichiarazione di liquidazione.<br>Crediti privilegiati soddisfatti prioritariamente secondo graduatorie; chirografari proporzionalmente sul residuo.<br>Debiti non satisfatti -> inesigibili dopo chiusura (esdebitazione se soggetto fallito è persona fisica meritevole).Automaticamente concentrate nella procedura: dal momento della sentenza dichiarativa, ai sensi dell’art. 150 CCII, i creditori non possono iniziare né proseguire azioni esecutive individuali. I procedimenti in corso si spengono (salvo eccezioni per crediti estranei).
Liquidazione controllata (sovraindebitamento)Debitori non fallibili insolventi (persone fisiche consumatrici, piccoli imprenditori, enti non lucrativi)Nessun voto dei creditori.<br>Giudice nomina un liquidatore dell’OCC; creditori presentano domande di partecipazione al passivo; riparto approvato dal giudice.Tutti i debiti anteriori alla liquidazione, con stesse esclusioni dall’esdebitazione (alimenti, sanzioni penali, etc.).<br>Possibile esdebitazione del debitore persona fisica “incapiente” anche senza alcun pagamento (art. 283-284 CCII).Sospese dal provvedimento di apertura della liquidazione (art. 270 CCII).<br>Eventuali pignoramenti pendenti vengono assorbiti; i creditori possono far valere i diritti solo nello stato passivo della liquidazione.

(Nota: la tabella riassume la disciplina a settembre 2025; potrebbe essere semplificata rispetto a casistiche particolari.)

10. Simulazione pratica

Esempio: la “Scuola Paritaria Alfa” è un istituto privato che gestisce un liceo linguistico. A causa di un calo di iscrizioni e alcune spese straordinarie, Alfa ha accumulato i seguenti debiti: – Debito tributario: €60.000, derivante da omesso versamento IVA e relative sanzioni per un paio d’anni. – Debito contributivo: €30.000 verso l’INPS, per contributi arretrati dei dipendenti (comprensivi di sanzioni civili). – Debito bancario: mutuo residuo di €100.000 con ipoteca sulla sede (rate mensili €2.000 che Alfa fatica a pagare). – Debiti verso fornitori: €20.000 totali, sparsi tra la cooperativa della mensa, una libreria fornitrice di testi e la ditta di pulizie, tutti con fatture scadute da 4-5 mesi.

Le entrate annuali della scuola (rette e contributi) sono di circa €250.000, sufficienti per pagare le spese correnti ma non per rientrare dall’arretrato in blocco. Cosa può fare Alfa per uscire dalla crisi? Seguiamo passo passo una possibile strategia integrata, dal punto di vista del debitore:

  • Passo 1: Affrontare i debiti fiscali. La direzione di Alfa contatta immediatamente l’Agenzia delle Entrate–Riscossione per chiedere una rateizzazione unificata dei €90.000 dovuti tra IVA e INPS. Sfruttando la normativa 2023-2025, richiede il piano ordinario su 84 rate mensili (essendo il totale sotto 120k e nel periodo agevolato) . L’Agenzia accorda il piano: Alfa dovrà pagare circa €1.100 al mese per 7 anni, includendo interessi legali, ma intanto ottiene la sospensione immediata di ogni azione di recupero. Così, eventuali ipoteche o fermi che stavano per scattare vengono congelati. La scuola inizia a pagare la prima rata entro 30 giorni dall’accoglimento per evitare decadenze. Questo passo mette al sicuro la scuola da misure aggressive del Fisco (ad es. nessuna ipoteca sulla sede né pignoramento del conto corrente finché il piano è rispettato).
  • Passo 2: Rinegoziare il mutuo bancario. Alfa convoca un incontro con la banca creditrice (che tra l’altro ha anche il conto corrente della scuola). Spiega la situazione e propone di allungare il mutuo da 5 anni residui a 15-20 anni. Così la rata mensile scenderebbe da €2.000 a circa €800, sostenibile col bilancio corrente . La banca chiede dei numeri: Alfa presenta un piccolo business plan dal quale risulta che, con 100 studenti previsti ogni anno, l’entrata annua garantisce tranquillamente le nuove rate da €800. La banca valuta e, per cautela, chiede che l’amministratore della scuola fornisca una garanzia personale aggiuntiva (fideiussione) per il caso di nuovi default, e richiede un tasso di interesse leggermente più alto (dal 2% al 3,5%). Alfa accetta. Viene quindi firmato un atto di rinegoziazione del mutuo: durata estesa, rata ridotta, interesse un po’ più alto, fideiussione di un dirigente. In cambio, la banca rinuncia ad azioni esecutive (niente pignoramento immobiliare) e si dichiara disponibile a monitorare trimestralmente i conti della scuola (chiede di ricevere i bilanci e uno stato incassi ogni 3 mesi). Questo accordo, sebbene impegni di più il patrimonio del dirigente (per via della fideiussione), consente alla scuola di respirare e non temere di perdere l’immobile a breve.
  • Passo 3: Coinvolgere i fornitori in accordi transattivi. Alfa convoca singolarmente i tre fornitori principali a un tavolo informale. Spiega che intende pagare tutti, ma che ha bisogno di tempo. Propone quindi: ai fornitori A (mensa) e B (pulizie) di pagarli integralmente in 12 mesi, con rate mensili costanti accanto ai pagamenti correnti (cioè, oltre alle fatture future, pagherà un dodicesimo dell’arretrato ogni mese). Al fornitore C (libreria) propone un pagamento un po’ più breve, in 6 mesi, offrendo però un piccolo sconto del 5% sul totale a saldo e stralcio . Inoltre, per rassicurare tutti, Alfa consegna una fideiussione personale dell’amministratore per l’importo delle forniture arretrate, che potranno escutere in caso di inadempimento (questo vincolo spinge moralmente la scuola a rispettare i patti). I fornitori, valutato che in alternativa dovrebbero intraprendere cause e rischierebbero di perdere la commessa futura, accettano e sottoscrivono accordi scritti. Si stabilisce che: nessuno attiverà decreti ingiuntivi finché le rate dell’accordo sono pagate puntualmente; in cambio, la scuola continua ad usufruire dei servizi di mensa e pulizia regolarmente (evitando disservizi), e la libreria fornirà i libri per l’anno successivo solo previo pagamento anticipato (maggior prudenza). Grazie a ciò, Alfa evita sul nascere cause legali e pignoramenti da fornitori e preserva rapporti essenziali.
  • Passo 4: Un piano di insieme e la gestione della crisi. Mettendo insieme i tasselli: Alfa ora ha un esborso mensile di circa €1.100 (Fisco) + €800 (mutuo) + ~€1.700 (rate fornitori e forniture correnti) = €3.600 al mese circa. Con le rette degli studenti, stima di incassare ~€20.000 al mese nei 9 mesi dell’anno scolastico (180k/anno) più contributi vari, il che le consente di sostenere i pagamenti se rimane su quei numeri di iscritti. Però c’è il rischio imprevisti. Dunque Alfa decide di ufficializzare questo piano: convoca un meeting con i creditori principali (banca, alcuni fornitori, rappresentante Agenzia Entrate) e illustra un piano di risanamento pluriennale in cui formalizza gli impegni presi . Tutti concordano informalmente che seguiranno il piano e non intraprenderanno azioni disturbo, a patto che la scuola rispetti i pagamenti concordati. Per sicurezza però, il dirigente – consigliato dal legale – sceglie di attivare anche la procedura di composizione negoziata depositando istanza presso la Camera di Commercio . Viene nominato un esperto, il quale prende atto che la scuola ha già trovato accordi con gran parte dei creditori, e concorda che la soluzione è valida. Il legale della scuola chiede immediatamente al tribunale misure protettive: il giudice concede una moratoria di 4 mesi durante la quale nessun creditore (anche estraneo agli accordi) potrà iniziare esecuzioni . Questo serve da “ombrello” nel caso spunti un creditore imprevisto (es. una vecchia causa persa con qualcuno): nessuno potrà aggredire la scuola in quei mesi critici iniziali. Durante questo periodo, Alfa esegue scrupolosamente tutti i pagamenti pattuiti e l’esperto stila una relazione positiva di conclusione delle trattative. Decorso il quadrimestre, tutti i principali creditori hanno sottoscritto i piani di pagamento e la situazione appare sotto controllo. Il tribunale quindi archivia la composizione negoziata. La scuola prosegue la sua attività senza azioni esecutive in corso e con un calendario di rientro sostenibile.
  • Passo 5: Cosa sarebbe successo se gli accordi non avessero tenuto? Ipotizziamo che, malgrado gli sforzi, uno o più creditori avessero rifiutato le soluzioni proposte o che la scuola non fosse riuscita a rispettare i primi impegni. In tal caso, l’esito sarebbe stato l’avvio di una procedura concorsuale giudiziale. Nel caso di Alfa, la scelta più opportuna sarebbe stata un concordato preventivo in continuità aziendale: la scuola avrebbe presentato un ricorso di concordato, ottenuto lo stop immediato dei pignoramenti, e proposto un piano a 3-5 anni ai creditori . Ad esempio, avrebbe potuto offrire di pagare integralmente il Fisco in 5 anni (come da rateizzo), di pagare la banca al 100% ma dilazionata (come da mutuo allungato) e di pagare i fornitori al, diciamo, 50% in 2 anni. I creditori avrebbero votato; visto che Fisco e banca sarebbero stati trattati bene, probabilmente il quorum sarebbe stato raggiunto. A quel punto il tribunale avrebbe omologato il concordato e la scuola, sotto vigilanza di un commissario, avrebbe eseguito il piano negli anni successivi, liberandosi infine dei debiti residui non pagati (ottenendo l’esdebitazione per la parte eventualmente tagliata). Così, anche nello scenario sfavorevole, Alfa avrebbe potuto evitare il fallimento totale e salvare la continuità scolastica, seppur passando per una procedura più complessa.

Questo esempio mostra come una combinazione di strumenti – dilazioni, negoziazioni private e (se serve) intervento del tribunale – possa consentire a una scuola privata di superare una crisi di liquidità e salvaguardare sia il patrimonio che la funzione educativa. La chiave è agire per tempo, con trasparenza e con il supporto di professionisti, evitando di lasciare che i problemi degenerino fuori controllo.

11. Fonti normative e giurisprudenziali principali

  • Costituzione della Repubblica Italiana, art. 33, comma 2: riconosce il diritto di enti e privati di istituire scuole ed istituti di educazione, e il principio della parità scolastica (scuole private equiparate alle scuole statali quanto al valore legale dei titoli di studio).
  • Legge 10 marzo 2000, n. 62 (“Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione”): definisce le scuole paritarie e ne fissa i requisiti (progetto educativo conforme agli ordinamenti, presenza di organi collegiali, pubblicità dei bilanci, personale docente adeguatamente qualificato, accoglienza di alunni con disabilità, ecc.) . Stabilisce che le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico ma senza oneri permanenti per lo Stato.
  • D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 19: disciplina la rateizzazione delle somme iscritte a ruolo (cartelle esattoriali) . Modificato dal D.L. 146/2021 e L. 197/2022, ha innalzato a 120.000 € la soglia per la dilazione automatica e previsto piani fino a 72-84-120 rate a seconda dei casi . L’art. 19 prevede anche che la presentazione della richiesta di rateizzo sospende le procedure di recupero coattivo .
  • Legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Finanziaria 2003), commi 8-10 art. 12 e successive leggi finanziarie e decreti: hanno introdotto e iterato la definizione agevolata dei carichi esattoriali (“rottamazione” delle cartelle). In particolare:
  • DL 119/2018 (conv. L. 136/2018) – rottamazione-ter,
  • DL 34/2019 – saldo e stralcio per contribuenti in difficoltà (ISEE < €20.000) ,
  • DL 146/2021 (conv. L. 215/2021) – rottamazione-quater rinviata poi alla L. 197/2022,
  • Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio 2023)rottamazione-quater (carichi 2000-2022) e stralcio debiti ≤ €1000 affidati 2000-2015 . Queste norme hanno previsto l’eliminazione di interessi e sanzioni e pagamento del solo capitale in forma dilazionata . La conversione del Decreto Milleproroghe 2023 (L. 14/2023) ha posticipato l’annullamento automatico dei mini-debiti al 30 aprile 2023 e aperto alla riammissione alla rottamazione-quater entro aprile 2025 .
  • D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII): riordina la materia concorsuale. Entrato in vigore definitivamente dal 15 luglio 2022 (come modificato dal D.Lgs. 147/2020 e D.L. 118/2021 conv. L. 147/2021). Rilevanti per questa guida:
  • Parte I, Titolo II: Procedure di allerta e composizione negoziata (artt. 12-25);
  • Titolo III: Accordi di ristrutturazione (artt. 57-64, incl. art. 63 CCII sul cram-down fiscale) ;
  • Titolo IV: Concordato preventivo (artt. 84-120, con regole su continuità e liquidazione);
  • Titolo V: Liquidazione giudiziale (artt. 121-270, ex fallimento);
  • Titolo VI: Sovraindebitamento (Procedure di regolazione della crisi per soggetti non fallibili: artt. 268-277 concordato minore, 278-281 ristrutturazione consumatore, 282-283 esdebitazione, 268 e 314 liquidazione controllata) .
  • Art. 48-49: definizione di imprenditore minore (non fallibile) con soglie attivo ≤ €300k, ricavi ≤ €200k, debiti ≤ €500k negli ultimi 3 esercizi .
  • Art. 54: misure protettive nel concordato e accordi (blocco azioni esecutive).
  • Art. 94: maggioranze concordato (maggioranza semplice del totale crediti ammessi al voto) .
  • Art. 109: cram down nel concordato (possibile omologazione nonostante dissenso di classi rilevanti se soddisfatte certe condizioni).
  • Art. 61: (nel concordato) disciplina il mantenimento delle garanzie per i coobbligati e fideiussori esterni.
  • Art. 283: esdebitazione del sovraindebitato e del fallito (cancella debiti residui salvo eccezioni) .
  • Art. 280: eccezioni all’esdebitazione (obblighi di mantenimento, alimenti, risarcimenti da illecito extracontrattuale per danni alla persona, multe e sanzioni penali) .
  • Art. 285: esdebitazione soci illimitatamente responsabili.
  • Art. 20: sospensione cause scioglimento per perdite in periodo emergenziale (norma transitoria Covid).
  • Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (vecchia legge sul sovraindebitamento): abrogata e assorbita nel CCII, storicamente rilevante per concetti di concordato dei consumatori, accordo di composizione e liquidazione del patrimonio. Oggi permane solo per procedimenti pendenti ma i principi sono confluiti nel Codice della crisi .
  • D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460: disciplina le ONLUS (organizzazioni non lucrative di utilità sociale) includendo possibili enti gestori di scuole paritarie senza scopo di lucro. Rilevante perché tali enti godevano di esenzioni d’imposta sul reddito e altre agevolazioni (abolite progressivamente col D.Lgs. 117/2017 – Codice Terzo Settore, non ancora pienamente a regime per le scuole).
  • Art. 38 Codice Civile: sugli enti non riconosciuti – responsabilità personale solidale di chi agisce in nome e per conto dell’associazione per le obbligazioni assunte, se il fondo comune è insufficiente .
  • Art. 2476 e 2486 Codice Civile: responsabilità degli amministratori di S.r.l. verso la società e, in caso di violazione obbligo di conservazione patrimonio post scioglimento, anche verso i creditori. La riforma attuata dall’art. 378 CCII ha aggiunto un comma all’art. 2486 c.c. introducendo criteri presuntivi di quantificazione del danno da illegittima continuazione (differenza tra patrimonio netto a due date, ovvero aumento indebitamento) .
  • Cass. civ. Sez. Unite 6 marzo 2023 n. 7096: (in materia di sovraindebitamento) ha definito i confini di assoggettabilità degli enti non commerciali alle procedure concorsuali, ribadendo che anche le associazioni che svolgono attività d’impresa rientrano tra i soggetti fallibili se superano le soglie, mentre quelle che non perseguono scopo di lucro e non esercitano attività commerciale restano nell’alveo del sovraindebitamento. (Massima non riportata integralmente per brevità.)
  • Cass. civ. Sez. V, 18 luglio 2023 n. 20840: in tema di società estinte e debiti tributari . Ha affermato che, in caso di estinzione di una S.r.l. a ristretta base con debiti fiscali non assolti, i soci succedono nei debiti verso l’Erario anche se non hanno riscosso nulla in sede di liquidazione, sulla base di presunzioni gravi e concordanti di distribuzione implicita di utilità . Riconosce la possibilità per il Fisco di pretendere il pagamento dai soci, superando il limite dell’art. 2495 c.c., quando vi siano elementi che facciano presumere che il patrimonio sociale sia stato di fatto ripartito (o occultato) invece di pagare le imposte.
  • Cass. civ. Sez. I, 27 agosto 2025 n. 23963: (ordinanza) – responsabilità degli amministratori di S.r.l. fallita. Ha ribadito il principio che l’amministratore deve agire con diligenza e nell’interesse della società; se persegue interessi extra-sociali in conflitto d’interessi e pregiudizievoli per la società, commette atto illecito e risponde dei danni . Nel caso di specie, un fallimento aveva agito contro l’ex amministratore per pagamenti preferenziali a società estere a lui riconducibili. Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso dell’amministratore, confermando la sua responsabilità. La sentenza richiama sia l’azione contrattuale ex art. 2476 c.c. che l’azione aquiliana verso i creditori ex art. 2394 c.c., evidenziando come la violazione del divieto di nuove operazioni dopo scioglimento comporti responsabilità verso i creditori senza necessità di provare specifico dolo o danno (danno presunto pari all’aggravamento del passivo) .
  • Cass. civ. Sez. V, 19 dicembre 2023 n. 35497: in tema di responsabilità ex art. 36 DPR 602/73 di amministratori e liquidatori per debiti tributari sociali . Ha accolto il ricorso di un ex amministratore, affermando che per esigere da amministratori/liquidatori il pagamento di imposte sociali non versate è necessario che l’Agenzia Entrate notifichi un atto di accertamento motivato della loro responsabilità, prima di emettere cartella a loro carico . Nella fattispecie Equitalia aveva emesso cartella senza previo atto accertativo ex art. 36 comma 5 DPR 602/73, violando il diritto di difesa del ricorrente: la Cassazione ha dunque annullato la cartella, chiarendo che la responsabilità personale di amministratori/liquidatori per debiti fiscali sociali deve essere accertata con provvedimento ad hoc impugnabile, non potendo essere direttamente iscritta a ruolo .
  • Cass. civ. Sez. V, 12 marzo 2024 n. 6501: (ordinanza) – sull’IMU dovuta da una scuola paritaria gestita da ente religioso . Ha negato l’esenzione IMU ad una scuola paritaria cattolica che applicava rette non simboliche, affermando che per usufruire dell’esenzione di cui all’art. 7, co.1 lett. i) D.Lgs. 504/92 l’attività didattica deve essere svolta a titolo gratuito o con corrispettivi simbolici tali da coprire solo una frazione del costo effettivo del servizio . Se le rette superano quella soglia simbolica (la Cassazione indica come riferimento il 50% del costo medio per studente ), l’attività è commerciale e l’ente non può godere dell’esonero IMU sull’immobile scolastico.
  • Cass. civ. Sez. I, 8 marzo 2023 n. 6893: ha stabilito che gli amministratori di S.r.l. sono responsabili verso i creditori sociali per gli atti di gestione non conservativi compiuti dopo il verificarsi di una causa di scioglimento ex art. 2484 c.c. . Si tratta della codificazione giurisprudenziale del dovere di gestione conservativa ex art. 2486 c.c.: la Cassazione ha sottolineato che la violazione del divieto di nuove operazioni comporta obbligo di risarcire il danno ai creditori, senza necessità di prova specifica del nesso causale o del dolo/colpa – basta la consapevolezza degli amministratori della situazione di scioglimento . Questo orientamento rafforza la posizione dei creditori sociali nelle azioni di responsabilità, e ammonisce gli amministratori di società (inclusi enti gestori di scuole) a non aggravare il dissesto una volta emersa la crisi.

Gestisci una scuola superiore privata, un istituto paritario o un centro di istruzione secondaria riconosciuto, ma ti trovi in difficoltà con debiti verso fornitori, banche, dipendenti o Agenzia delle Entrate? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Gestisci una scuola superiore privata, un istituto paritario o un centro di istruzione secondaria riconosciuto, ma ti trovi in difficoltà con debiti verso fornitori, banche, dipendenti o Agenzia delle Entrate?
Hai cartelle esattoriali, rate di mutui o leasing non pagate, stipendi arretrati o spese amministrative fuori controllo?
👉 Non tutto è perduto: la legge oggi ti consente di bloccare i creditori, ridurre drasticamente i debiti e salvare o chiudere in modo protetto la tua scuola, senza fallimento e senza compromettere il tuo futuro professionale.

In questa guida scoprirai perché tante scuole private finiscono in difficoltà economica, quali strumenti legali puoi utilizzare e come difenderti in modo efficace.


🎓 Perché le scuole superiori private si indebitano

Negli ultimi anni, gli istituti scolastici privati hanno dovuto affrontare una forte pressione economica:

  • Riduzione delle iscrizioni e concorrenza con istituti pubblici e digitali;
  • Aumenti dei costi per personale docente, affitti e utenze;
  • Contributi ministeriali o regionali incerti o in ritardo;
  • Spese per adeguamenti normativi e di sicurezza;
  • Errori fiscali o contabili che hanno generato cartelle e accertamenti.

📌 Queste difficoltà possono trasformarsi in un vortice di debiti fiscali, bancari e commerciali, con il rischio di pignoramenti, perdita dell’immobile o revoca dell’autorizzazione scolastica.


🧾 Tipologie di debiti più comuni nelle scuole private

Debiti fiscali e contributivi

  • IRPEF, IVA, INPS, INAIL, TARI, cartelle esattoriali e accertamenti fiscali.

Debiti bancari e finanziari

  • Mutui per immobili e leasing per attrezzature didattiche.
  • Fidi aziendali o prestiti accesi per sostenere spese di gestione.

Debiti commerciali

  • Fatture non pagate a fornitori, editori, società informatiche e manutentori.

Debiti verso dipendenti e collaboratori

  • Stipendi arretrati, TFR e contributi non versati.

Debiti personali o fideiussioni

  • Garanzie personali firmate dal legale rappresentante o dal direttore scolastico.

⚠️ Cosa rischia un istituto privato indebitato

Senza un intervento tempestivo, le conseguenze possono essere gravi:

  • pignoramenti di conti, immobili o arredi scolastici;
  • fermi e ipoteche su beni personali o della società;
  • revoca di contributi o convenzioni pubbliche;
  • sospensione dell’autorizzazione ministeriale;
  • azione giudiziaria dei dipendenti o fornitori.

👉 Tuttavia, la legge oggi tutela anche gli enti scolastici privati: puoi fermare i creditori, ristrutturare i debiti o chiudere legalmente l’attività senza perdere tutto.


🧩 Le principali soluzioni legali per scuole superiori private indebitate

💠 1. Rinegoziazione dei debiti con banche e fornitori

È possibile trattare con i creditori per ottenere:

  • riduzioni consistenti delle somme dovute (saldo e stralcio);
  • rateizzazioni più lunghe e sostenibili;
  • sospensioni temporanee dei pagamenti.

👉 È una soluzione immediata per chi vuole mantenere in vita la scuola e tutelare il personale docente e amministrativo.


💠 2. Procedura di sovraindebitamento (D.Lgs. 14/2019 – Codice della Crisi d’Impresa)

È la procedura riservata a enti e piccole imprese non fallibili.
Permette di:

  • bloccare pignoramenti e azioni dei creditori;
  • proporre un piano di rientro proporzionato alle reali possibilità economiche;
  • ottenere, alla fine, la cancellazione dei debiti residui (esdebitazione).

📌 È perfetta per istituti gestiti in forma di associazione, cooperativa o impresa individuale.


💠 3. Concordato minore (per SRL, società o enti paritari)

Se la scuola è costituita come società o ente riconosciuto, è possibile proporre un piano di ristrutturazione omologato dal Tribunale.
I vantaggi:

  • sospensione immediata di ogni azione esecutiva;
  • riduzione o cancellazione parziale dei debiti;
  • continuità operativa: puoi proseguire l’attività didattica in modo regolare.

💠 4. Liquidazione controllata dei beni (ex fallimento personale)

Se la scuola non è più sostenibile, puoi scegliere di liquidare i beni non essenziali (arredi, immobili, strumenti didattici) per soddisfare parzialmente i creditori.
Dopo la procedura, ottieni la cancellazione totale dei debiti residui e puoi ricominciare senza pendenze.


💠 5. Verifica di cartelle e accertamenti fiscali

Molti istituti hanno cartelle prescritte, errate o notificate irregolarmente.
Un avvocato può:

  • verificare la prescrizione (5 o 10 anni);
  • controllare errori di calcolo o duplicazioni;
  • richiedere la sospensione o l’annullamento parziale del debito.

🎒 Cosa fare subito

✅ 1. Raccogli tutti i documenti relativi ai debiti

Prepara cartelle, mutui, contratti di affitto, bilanci, fatture e spese del personale.

✅ 2. Blocca immediatamente i creditori

Con il deposito della procedura di sovraindebitamento o del concordato, tutti i creditori vengono sospesi per legge.

✅ 3. Evita accordi affrettati o proposte non sostenibili

Molti accordi “rapidi” peggiorano la situazione: serve una valutazione legale precisa per non compromettere l’ente.


📋 Documenti utili per la difesa

  • Documento d’identità e codice fiscale del legale rappresentante.
  • Statuto o atto costitutivo dell’ente/società.
  • Ultimi bilanci o contabilità semplificata.
  • Estratti conto bancari e contratti di mutuo o leasing.
  • Cartelle esattoriali e avvisi di accertamento.
  • Elenco fornitori, docenti, dipendenti e collaboratori.
  • Dichiarazioni fiscali e contributive.

⏱️ Tempi e risultati possibili

  • Analisi preliminare della situazione: 1–3 settimane.
  • Presentazione del piano o della procedura: 1–2 mesi.
  • Blocco dei creditori: immediato al deposito in Tribunale.
  • Durata del piano di rientro: da 1 a 5 anni.

🎯 Risultati concreti:

  • Stop a pignoramenti e cartelle.
  • Riduzione o cancellazione definitiva dei debiti.
  • Tutela dell’istituto, dei beni e del personale.
  • Ripartenza economica e legale.

⚖️ I vantaggi principali

✅ Blocco immediato di tutte le azioni di recupero.
✅ Riduzione del debito fino all’80%.
✅ Possibilità di mantenere aperta la scuola e salvare i posti di lavoro.
✅ Protezione dei beni personali dei dirigenti.
✅ Ripartenza serena e regolare dell’attività didattica.


🚫 Errori da evitare

  • Ignorare cartelle, decreti o notifiche fiscali.
  • Accumulare nuovi debiti o rateizzazioni non sostenibili.
  • Pagare solo alcuni creditori peggiorando la situazione complessiva.
  • Rivolgerti a “consulenti del debito” non abilitati.
  • Aspettare troppo tempo prima di agire.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza la situazione fiscale e finanziaria della scuola.
📌 Ti guida nella scelta della soluzione migliore (rinegoziazione, concordato o sovraindebitamento).
✍️ Redige e deposita il piano in Tribunale per ottenere la sospensione immediata dei creditori.
⚖️ Ti rappresenta nei rapporti con Agenzia delle Entrate, banche, fornitori e personale.
🔁 Ti assiste fino alla chiusura definitiva dei debiti e alla ripartenza legale dell’istituto.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto tributario, commerciale e crisi d’impresa.
✔️ Specializzato nella difesa di scuole private, enti formativi e associazioni educative con debiti.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Essere una scuola superiore privata con debiti non significa dover chiudere o fallire.
Con una difesa legale mirata, puoi bloccare i creditori, ridurre o cancellare i debiti fiscali e bancari e salvare l’attività educativa.
La legge oggi tutela chi agisce in buona fede e vuole ripartire con trasparenza e regolarità.

📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata:
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Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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