Hai un’attività di termotecnica o impiantistica e ti trovi in difficoltà economica per via di debiti con il Fisco, l’INPS o le banche? È una situazione che molti professionisti del settore stanno affrontando. L’aumento dei costi dei materiali, i ritardi nei pagamenti dei clienti e l’instabilità del mercato edilizio mettono a dura prova anche le imprese più solide. Quando si iniziano ad accumulare cartelle esattoriali, interessi e sanzioni, la situazione può rapidamente sfuggire di mano, con il rischio di pignoramenti, blocchi dei conti correnti e perdita di credibilità con fornitori e clienti. La buona notizia è che esistono strumenti legali concreti per gestire, rateizzare o cancellare i debiti, proteggendo la tua attività e il tuo patrimonio personale.
Perché molti termotecnici si indebitano
Le cause più frequenti dell’indebitamento nel settore termotecnico sono diverse. Tra le principali, i ritardi nei pagamenti da parte di privati, condomìni o enti pubblici, che costringono spesso le imprese a finanziare i lavori di tasca propria. A ciò si aggiungono gli aumenti costanti dei costi di materiali, carburante e componenti, la necessità di anticipare l’IVA e le imposte anche quando i clienti non hanno ancora pagato, i finanziamenti contratti per attrezzature e mezzi aziendali, e i contributi INPS non versati nei periodi di minore attività. In molti casi il professionista finisce per posticipare i versamenti, accumulando cartelle e interessi che nel tempo diventano insostenibili.
Cosa succede se non paghi tasse o contributi
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione e l’INPS possono attivare rapidamente procedure di recupero. Si parte dalle cartelle esattoriali e dalle intimazioni di pagamento, per arrivare ai pignoramenti dei conti correnti o dei compensi, ai fermi amministrativi sui mezzi aziendali, alle ipoteche sugli immobili e ai sequestri dei crediti verso clienti o fornitori. Tutto questo mentre sanzioni e interessi continuano a far crescere l’importo dovuto. Se operi come ditta individuale o libero professionista, rispondi con il tuo patrimonio personale per i debiti dell’attività: per questo è fondamentale agire subito, prima che la situazione degeneri.
Cosa fare subito se hai debiti come termotecnico
Il primo passo è richiedere l’estratto di ruolo aggiornato all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, per sapere esattamente quanto devi e a chi. In secondo luogo, è importante verificare la validità delle cartelle: molte contengono errori di notifica, somme prescritte o importi non dovuti che possono essere impugnati da un avvocato. Se il debito è corretto, puoi chiedere la rateizzazione fino a 120 rate mensili, sospendendo le azioni esecutive. È utile anche verificare se è attiva una definizione agevolata (rottamazione), che consente di pagare solo il capitale, eliminando sanzioni e interessi. Infine, se hai già in corso pignoramenti o ipoteche, puoi ottenere la sospensione immediata con un ricorso o un’istanza di autotutela.
Le soluzioni legali per chi non riesce più a pagare
Quando il debito diventa troppo alto o non sostenibile, puoi accedere alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, prevista dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019). È uno strumento legale pensato per lavoratori autonomi, artigiani e professionisti che consente di bloccare pignoramenti e azioni dei creditori, proporre un piano di rientro sostenibile e ottenere la cancellazione parziale o totale dei debiti residui (esdebitazione). È una procedura riconosciuta dai tribunali italiani, utile per chi vuole salvare la propria attività o chiuderla in modo ordinato, senza trascinarsi dietro i debiti.
Come difendersi da banche, finanziarie e fornitori
Molti termotecnici hanno debiti anche con banche o società di leasing per l’acquisto di attrezzature e veicoli. In questi casi è possibile chiedere la rinegoziazione o la sospensione temporanea dei pagamenti, proporre un saldo e stralcio per chiudere la posizione a importo ridotto, verificare la presenza di interessi usurari o clausole abusive nei contratti o impugnare decreti ingiuntivi e pignoramenti entro i termini di legge. Un avvocato esperto può assisterti nella trattativa con i creditori, aiutandoti a trovare soluzioni vantaggiose e legali per evitare il collasso dell’attività.
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
Con una strategia legale ben pianificata puoi ottenere risultati concreti: sospendere pignoramenti e azioni esecutive, ottenere la rateizzazione o la cancellazione dei debiti fiscali e contributivi, proteggere i beni personali e la casa di abitazione, ristrutturare l’attività o chiuderla in modo regolare con esdebitazione e ripartire da zero senza la pressione dei creditori. Intervenire in tempo è la chiave per salvare il tuo lavoro e la tua serenità economica.
Quando rivolgersi a un avvocato esperto
Devi rivolgerti a un avvocato se hai ricevuto cartelle o pignoramenti, se hai debiti fiscali o bancari che non riesci più a gestire, se rischi la chiusura dell’attività o la perdita dei tuoi beni, oppure se vuoi rateizzare, definire o cancellare legalmente i tuoi debiti. Un avvocato esperto in diritto tributario e crisi d’impresa può bloccare la riscossione, impugnare atti illegittimi e guidarti passo dopo passo nella procedura di esdebitazione fino alla cancellazione definitiva dei debiti.
⚠️ Attenzione: ignorare le cartelle o le intimazioni di pagamento può portare rapidamente a pignoramenti, ipoteche e blocchi dell’attività. Agire subito è l’unico modo per salvare la tua impresa e difendere il tuo patrimonio personale.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, riscossione e tutela dei professionisti artigiani – spiega cosa fare se sei un termotecnico con debiti, come bloccare la riscossione e come cancellare legalmente le somme dovute attraverso gli strumenti previsti dalla legge.
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Introduzione
I termotecnici, come molti piccoli imprenditori e artigiani, possono trovarsi ad affrontare situazioni di sovraindebitamento a causa di debiti fiscali, contributivi, verso fornitori, banche o altri creditori. Con sovraindebitamento si intende lo stato di crisi o insolvenza di un debitore “civile” (consumatore, professionista o imprenditore minore) che non ha accesso alle normali procedure concorsuali come il fallimento . In Italia la normativa offre strumenti avanzati – aggiornati al Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) – per consentire a queste categorie di debitori di gestire e ridurre i debiti in modo legale e trasparente, evitando sanzioni e aggressioni ingiustificate del patrimonio. Questa guida, aggiornata a settembre 2025, esamina in dettaglio tali strumenti (piani del consumatore, concordati minori, liquidazione controllata, esdebitazione, ecc.), le ultime novità normative e giurisprudenziali, e fornisce consigli pratici su cosa fare e come difendersi dal punto di vista del debitore. L’obiettivo è offrire un quadro completo, con linguaggio giuridico ma divulgativo, adatto sia ai professionisti legali sia ai privati imprenditori che vogliono capire come affrontare una crisi da debiti. Verranno incluse tabelle riepilogative dei vari strumenti, domande e risposte comuni e alcune simulazioni pratiche di casi italiani tipici, il tutto corredato da riferimenti normativi e sentenze aggiornate dalle fonti istituzionali più autorevoli.
Tipologie di debiti comuni per un termotecnico
Un termotecnico (installatore/manutentore di impianti termici e idraulici) può accumulare diverse tipologie di debiti nell’esercizio della sua attività. Le principali categorie sono: debiti fiscali (verso l’Erario), debiti previdenziali (verso enti come INPS o casse professionali), debiti verso fornitori e altri creditori commerciali, debiti bancari o finanziari, nonché debiti personali (prestiti privati, carte di credito, ecc.). Ciascuna categoria ha caratteristiche proprie in termini di cause, rischi di azioni esecutive e strumenti difensivi. Di seguito esaminiamo ciascuna tipologia e come il termotecnico-debitore può tutelarsi.
Debiti fiscali (Erario)
I debiti fiscali includono imposte non versate come IVA, IRPEF (o IRES/IRAP se opera tramite società), ritenute sui dipendenti o altre tasse. Questi debiti sono spesso oggetto di cartelle esattoriali emesse dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER). I rischi principali sono:
- Sanzioni e interessi: il debito fiscale cresce nel tempo per effetto di sanzioni amministrative e interessi di mora.
- Iscrizione a ruolo e cartelle: l’AdER iscrive il debito a ruolo e notifica la cartella esattoriale, che è un titolo esecutivo. Se il termotecnico non paga né impugna la cartella entro i termini, si aprono le porte all’esecuzione forzata.
- Ipoteca e fermo: per debiti oltre determinate soglie (generalmente > €20.000), AdER può iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore o fermo amministrativo sui veicoli, come misura cautelare.
- Pignoramenti: AdER può procedere al pignoramento di conti correnti, stipendio/pensione (nei limiti di legge), altri beni mobili registrati e immobili. Tuttavia, la legge pone alcune tutele speciali per il debitore. Ad esempio, se l’unico immobile di proprietà è la prima casa dove risiede il debitore (non di lusso), AdER non può pignorare l’abitazione salvo che il debito fiscale superi €120.000 . In pratica, la prima casa del termotecnico è impignorabile da parte del Fisco se è l’unica e il debito non eccede tale soglia . (Attenzione: questa protezione vale solo verso AdER, non per creditori privati ).
Come difendersi dai debiti fiscali? Il termotecnico ha a disposizione vari strumenti leciti:
- Rateizzazione ordinaria: prima che inizi l’esecuzione, è possibile chiedere all’AdER un piano di rateazione fino a 72 rate (6 anni) o, in caso di grave difficoltà, fino a 120 rate (10 anni). Se la rateazione è concessa e si pagano le rate, AdER sospende le azioni esecutive. La rateazione è un diritto per debiti entro certe soglie e previa dimostrazione della temporanea difficoltà finanziaria.
- Definizioni agevolate (“rottamazione” delle cartelle): il legislatore periodicamente ha introdotto sanatorie fiscali. Ad esempio, la “rottamazione-quater” 2023 ha permesso di pagare le cartelle fino al 2017 senza sanzioni né interessi di mora, in un massimo di 18 rate . Verificare se vi sono misure simili attive (nel 2025 potrebbero essercene di nuove) può ridurre significativamente l’importo dovuto. In passato ci sono stati anche “saldo e stralcio” per contribuenti in difficoltà economica, con pagamento solo parziale del dovuto. Queste procedure straordinarie richiedono domanda entro termini fissati dalla legge.
- Impugnazione o autotutela: qualora il debito non sia dovuto (es. perché già pagato, o perché decaduto/prescritto, o calcolato erroneamente), il debitore può presentare ricorso tributario contro l’atto entro 60 giorni (per avvisi di accertamento/cartelle) oppure istanza di autotutela all’ente creditore. Contestare tempestivamente un carico fiscale può sospendere l’obbligo di pagamento se si ottiene la sospensiva dal giudice tributario.
- Sovraindebitamento – piano o accordo: se l’importo è troppo elevato per essere pagato integralmente, il termotecnico può includere i debiti fiscali in una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento. Nel piano del consumatore o concordato minore (a seconda dei casi, v. oltre) è possibile proporre il pagamento parziale delle cartelle. La legge impone però che il trattamento dell’Erario non sia deteriore rispetto a quello che avrebbe in una liquidazione fallimentare . In concreto, ciò significa che si può stralciare una parte dei debiti fiscali solo se il debitore è incapiente al punto che, vendendo i suoi beni, il Fisco otterrebbe comunque quel medesimo (o minore) importo . Ad esempio, se il termotecnico deve €50.000 di IVA ma i suoi beni frutterebbero solo €10.000, può proporre di pagare €10.000 dilazionati e chiedere lo stralcio del resto. Oggi la legge consente al giudice di omologare il piano anche senza il voto favorevole dell’Agente della Riscossione (cram-down fiscale), a patto che la somma offerta sia pari o superiore a quella ricavabile liquidando i beni . Questo importante potere, introdotto dal 2021 e confermato con il correttivo 2024, tutela il debitore onesto da eventuali irragionevoli dinieghi del Fisco: se la proposta è equa, il piano si può approvare ugualmente . Nell’ambito di un accordo o piano omologato, inoltre, vengono sospese le procedure esecutive del Fisco (es. fermi amministrativi, pignoramenti) e, a esecuzione completata, il debito fiscale residuo viene cancellato (fatte salve le eccezioni di legge, ad esempio le sanzioni penali – v. oltre). Si noti infine che multe penali e somme per reati tributari (es. ammende) non possono essere falcidiate né cancellate: restano a carico del debitore anche dopo la procedura .
Debiti previdenziali (INPS e casse)
Un termotecnico può maturare debiti previdenziali in diversi modi: contributi INPS come artigiano o commerciante, contributi previdenziali per i dipendenti (Fondo pensioni lavoratori dipendenti, contributi INAIL), oppure contributi dovuti a casse professionali (se iscritto a collegi tecnici, ecc.). Questi debiti hanno natura pubblicistica simile a quella fiscale e sono spesso riscossi sempre da Agenzia Entrate-Riscossione (mediante cartelle) oppure tramite avvisi di addebito INPS (titoli esecutivi immediatamente esecutivi emessi dall’INPS stessa).
Conseguenze e rischi: Il mancato versamento dei contributi espone a sanzioni civili (interessi e sanzioni per omesso versamento, spesso a tassi elevati) e, in caso di dipendenti, può avere anche rilievo penale (omesso versamento di ritenute previdenziali, se supera certe soglie). L’INPS o AdER possono attivare procedure esecutive analoghe a quelle descritte per il Fisco: pignoramento di conti, beni mobili e immobili, ecc. In generale, valgono anche per l’INPS le stesse tutele del debitore previste per l’Agente della Riscossione: ad esempio, la prima casa non può essere pignorata da AdER per contributi se rispetta le condizioni viste (unico immobile, debito < €120.000, ecc.) . L’INPS può iscrivere ipoteca sugli immobili per crediti contributivi rilevanti e procedere al pignoramento dei beni aziendali o personali.
Difese e soluzioni:
- Dilazione dei contributi: L’INPS consente piani di rateazione del debito contributivo (di solito fino a 24 rate mensili, estensibili in casi eccezionali). È importante attivarsi prima che il debito venga affidato all’esattore o prima che scadano gli avvisi bonari.
- Verifica e opposizione: Spesso i debiti INPS possono essere dovuti a errata classificazione o a omissioni sanabili. Se il termotecnico ritiene di non dovere quanto richiesto, può proporre ricorso amministrativo in INPS o, se si tratta di un avviso di addebito, fare opposizione giudiziale (ricorso al Tribunale in funzione di giudice del lavoro) entro 40 giorni dall’atto. L’opposizione, se accolta, annulla o riduce il debito.
- Definizioni agevolate: Le cartelle esattoriali da INPS rientrano nelle eventuali rottamazioni (ad esempio la rottamazione-quater 2023 includeva anche i contributi affidati all’esattore). Inoltre, il Decreto “Stralcio” 2023 (art. 1 commi 222-230 L.197/2022) ha previsto la cancellazione automatica dei ruoli fino a €1.000 anteriori al 2015, inclusi quelli per contributi minori – un beneficio di cui molti artigiani hanno fruito.
- Procedure concorsuali minori: I debiti previdenziali possono essere inclusi in piani del consumatore o concordati minori. Il trattamento segue regole simili a quelle fiscali: contributi con privilegio (es. contributi INPS dovuti hanno privilegio generale sui mobili) devono essere soddisfatti almeno in misura non inferiore a quanto otterrebbero dalla liquidazione . È possibile proporre la dilazione o il parziale stralcio di contributi e sanzioni all’interno del piano. Anche qui è ammesso il cram-down: il giudice può omologare il piano/concordato minore anche senza l’adesione formale di INPS, purché il trattamento offerto sia conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria . Ad esempio, se i beni del debitore coprono il 30% dei contributi dovuti, un piano che offre il 30% dilazionato potrà essere approvato anche se l’INPS non vota a favore, perché non c’è un pregiudizio. Al termine della procedura, il debito contributivo residuo è cancellato (salvo che per eventuali sanzioni penali).
In sintesi, il termotecnico con debiti INPS deve: monitorare gli avvisi, attivarsi subito con richieste di rateazione, valutare se contestare addebiti non dovuti, e considerare un procedimento di sovraindebitamento se l’ammontare è tale da non poter essere pagato interamente senza compromettere il sostentamento proprio e della famiglia.
Debiti verso fornitori e altri creditori privati
Nell’attività quotidiana, è facile accumulare debiti commerciali: fatture di fornitori di materiali termoidraulici, bollette non pagate, affitti del locale, parcelle di collaboratori, ecc. Questi creditori, essendo soggetti privati, non hanno poteri di esecuzione immediata come il Fisco, ma possono ricorrere all’autorità giudiziaria per ottenere quanto dovuto.
Azioni tipiche dei fornitori: In caso di mancato pagamento di fatture entro le scadenze pattuite, il fornitore può sollecitare il pagamento e, se non ottiene risultati, rivolgersi a un avvocato. Lo strumento più utilizzato è il decreto ingiuntivo: un ordine di pagamento emesso dal giudice in tempi rapidi (senza contraddittorio iniziale) sulla base di prove scritte del credito (es. fatture firmate, DDT, contratti). Il decreto ingiuntivo viene notificato al debitore; se questi non fa opposizione entro 40 giorni, diventa esecutivo e il creditore può procedere con pignoramenti di beni, conti, ecc. Anche i fornitori dunque possono portare il termotecnico all’esecuzione forzata, ma con qualche passo intermedio in più rispetto al Fisco.
Rischi specifici:
- Pignoramento beni aziendali: macchinari, attrezzature e veicoli aziendali possono essere pignorati da un creditore munito di titolo (decreto ingiuntivo esecutivo o sentenza). Ciò può paralizzare l’attività lavorativa. La legge tutela parzialmente gli strumenti di lavoro indispensabili: ai sensi dell’art. 515 c.p.c., gli “strumenti, oggetti e libri indispensabili per l’esercizio della professione, arte o mestiere del debitore” sono relativamente impignorabili – significa che possono essere pignorati solo se il creditore non trova altri beni e con specifica autorizzazione, e nei limiti di 1/5 del loro valore. In pratica, gli attrezzi essenziali del termotecnico (es. utensili, attrezzatura di officina) di regola non vengono sottratti, a meno che siano molti e di grande valore (in tal caso se ne potrebbe pignorare una parte) . Questa tutela garantisce di non privare l’artigiano dei mezzi per continuare a lavorare.
- Pignoramento del conto corrente: un fornitore munito di titolo può pignorare il conto corrente aziendale o personale del debitore, bloccando le liquidità. Ciò può avvenire rapidamente dopo il titolo esecutivo e mettere in seria difficoltà il termotecnico (impossibilità di pagare altri fornitori, dipendenti, ecc.).
- Pignoramento immobiliare: a differenza del Fisco, un creditore privato può pignorare anche la prima casa del debitore (se di proprietà), in quanto la protezione dell’abitazione principale vale solo verso AdER . Tuttavia, nella pratica molti fornitori evitano il pignoramento immobiliare se il debito è relativamente modesto, data la lentezza e i costi dell’esecuzione sulle case (a meno che l’immobile sia di valore elevato e il debito consistente).
- Segnalazioni e reputazione: un imprenditore inadempiente rischia anche il danno commerciale di essere segnalato come cattivo pagatore nelle banche dati delle imprese o di vedersi revocare forniture a credito. La reputazione nel mercato può degradare rapidamente.
Difese del debitore commerciale:
- Negoziazione e piani di rientro: Spesso il fornitore preferisce evitare le vie legali se vede la volontà di pagare. Il termotecnico può proporre un piano di rientro stragiudiziale, ad esempio rateizzare il debito su 6-12 mesi, magari offrendo anche un parziale saldo e stralcio (es. pagare subito il 50% e il resto a rate). È fondamentale mettere per iscritto l’accordo ed eseguirlo puntualmente. Un fornitore consapevole delle difficoltà del cliente potrebbe accettare una riduzione del credito in cambio di un pagamento immediato e certo (il cosiddetto saldo e stralcio). Ad esempio, saldare €5.000 a fronte di un debito di €8.000, se fatto subito, potrebbe convenire al fornitore piuttosto che inseguire un cliente insolvente con spese legali.
- Opposizione a decreto ingiuntivo: Se il termotecnico contesta il credito (perché la fornitura era difettosa, la fattura non dovuta, ecc.), può fare opposizione al decreto ingiuntivo entro 40 giorni dalla notifica. L’opposizione apre un giudizio ordinario in cui il debitore può far valere le sue ragioni. Durante la causa esecutiva, se il giudice non sospende l’efficacia del decreto, il creditore potrebbe comunque procedere a pignoramenti (salvo poi restituire il maltolto in caso di vittoria del debitore). Dunque l’opposizione è utile se ci sono fondate ragioni giuridiche o probatorie per ridurre/annullare il debito.
- Concordato minore o liquidazione: Qualora i debiti verso fornitori siano ingenti e multipli, la strada giudiziale del concordato minore può risolvere globalmente la crisi. In un concordato minore (procedura concorsuale per imprenditori minori) il termotecnico può proporre un accordo omnicomprensivo a tutti i creditori chirografari (fornitori, banche non garantite, ecc.), ad esempio pagando il 30% in 4 anni. Se la maggioranza (50% dei crediti) approva, l’accordo viene omologato e diventa vincolante per tutti . I fornitori quindi dovranno accontentarsi di quella percentuale e non potranno agire oltre. Si ottiene una sorta di pace legale con tutti i creditori, evitando l’aggressione disordinata al patrimonio. Alternativamente, se l’attività non è più salvabile, il debitore può aprire una liquidazione controllata: i beni saranno liquidati sotto controllo giudiziale e il ricavato ripartito ai fornitori etc., ma con la cancellazione dei debiti residui a fine procedura (utile per il debitore onesto ma sfortunato).
- Eccezione di inadempimento: In alcuni casi, il termotecnico può difendersi sostenendo di non aver pagato perché il fornitore è inadempiente a sua volta. Ad esempio, se un fornitore ha consegnato merce difettosa causando danni, il debitore può chiedere la compensazione del debito col risarcimento o sospendere il pagamento (exceptio inadimpleti contractus). Bisogna però stare attenti a sollevare queste eccezioni in buona fede e con fondamento, per non aggravare la posizione debitoria con ulteriori spese legali.
In generale, per i debiti commerciali è cruciale comunicare con i creditori: mostrare le difficoltà e proporre soluzioni prima che la situazione degeneri in atti giudiziari. Molti fornitori preferiscono mantenere un rapporto e recuperare almeno in parte il credito, piuttosto che spendere tempo e denaro in cause dall’esito incerto. Dal lato opposto, ignorare i solleciti e sparire aumenta la probabilità che il creditore agisca aggressivamente.
Debiti bancari e finanziari
I debiti verso banche o finanziarie possono derivare da mutui (ad es. per acquisto di capannone o abitazione), da finanziamenti per attrezzature, scoperti di conto corrente, leasing, oppure da garanzie prestate a favore di terzi. Questi crediti spesso sono assistiti da contratti con clausole specifiche (decadenza dal beneficio del termine in caso di insolvenza, garanzie reali o fideiussioni, interessi di mora elevati, ecc.) e le banche hanno procedure standardizzate di recupero crediti.
Conseguenze del mancato pagamento:
- Revoca fidi e decadenza dal termine: Se il termotecnico ha un fido di cassa o un mutuo e ritarda i pagamenti, la banca può revocare le linee di credito e chiedere il rientro immediato di tutte le somme (c.d. decadenza dal beneficio del termine). Questo può trasformare un ritardo modesto in un debito immediatamente esigibile molto grande.
- Segnalazione in Centrale Rischi: Dopo 90 giorni di sofferenza, la banca segnala l’esposizione “a sofferenza” nella Centrale dei Rischi della Banca d’Italia (o nelle banche dati private come CRIF per crediti minori). Ciò compromette la reputazione creditizia del termotecnico, impedendogli di ottenere nuovo credito e spesso noto anche ai fornitori (che possono accedere a informazioni sulla solvibilità).
- Escussione di garanzie: Se il debito è garantito da pegno o ipoteca, la banca può attivare l’esecuzione direttamente sul bene dato in garanzia (espropriazione immobiliare per un mutuo ipotecario in sofferenza). Se vi sono fideiussori (es. un familiare garante), la banca agirà anche contro di loro, notificando un precetto e potenzialmente pignorando i loro beni.
- Decreto ingiuntivo: In mancanza di garanzie reali (ad esempio per un prestito chirografario), la banca può ottenere un decreto ingiuntivo basandosi sull’estratto conto certificato. Spesso i contratti bancari prevedono clausole che rendono più agevole la prova del credito (l’estratto conto “vale come riconoscimento del debito” se non contestato entro termini). Una volta esecutivo il decreto, possono seguire pignoramenti come per qualsiasi creditore.
- Pignoramento immobiliare: Se il termotecnico ha un mutuo ipotecario e smette di pagare, la banca (creditore ipotecario) può avviare la procedura esecutiva immobiliare. Come già notato, la legge non tutela la prima casa dai creditori privati: dunque la banca può far pignorare e vendere all’asta l’abitazione anche se è prima casa (purtroppo molte procedure esecutive immobiliari riguardano proprio mutui in sofferenza su prime case). Nei mutui fondiari la banca ha procedure accelerate (può intervenire direttamente nell’esecuzione senza decreto ingiuntivo, grazie al titolo esecutivo contenuto nel contratto).
- Interessi moratori e anatocismo: Sul debito scaduto maturano interessi di mora spesso elevati (p.es. tasso base + 2-3 punti). Attenzione: se tali interessi superano la soglia di usura, sono illegali. In giudizio il debitore potrebbe far valere l’usurarietà degli interessi moratori per contestare una parte del credito bancario. Inoltre, verificare la presenza di anatocismo (interessi su interessi) può essere utile: se la banca ha capitalizzato interessi trimestralmente in passato senza giusta causa contrattuale, si può chiedere lo storno di tali somme.
Strategie di difesa e uscita dai debiti bancari:
- Rinegoziazione o Moratoria: In caso di difficoltà transitoria, è consigliabile parlare con la banca il prima possibile. Spesso gli istituti (specialmente dopo normative come le moratorie Covid) offrono piani di rinegoziazione: ad esempio sospensione delle rate per 6-12 mesi, allungamento della durata del mutuo per ridurre la rata, consolidamento di più esposizioni in un unico prestito più sostenibile. La banca preferisce trovare un accordo piuttosto che procedere con un’esecuzione costosa e lunga, purché abbia fiducia nella volontà del debitore di adempiere. Nel 2023-2024, molte banche hanno aderito a moratorie volontarie per PMI in crisi energetica, concedendo respiro alle imprese.
- Garanzie del Fondo PMI: Per chi ha i requisiti, valutare l’accesso al Fondo di Garanzia per le PMI: questo strumento pubblico garantisce nuove linee di credito bancario (fino all’80% dell’importo) per consolidare debiti esistenti. Ad esempio, il termotecnico potrebbe ottenere un prestito garantito dallo Stato per ripagare scoperte costose, trasformandole in un mutuo a tasso agevolato. Tuttavia, ciò richiede ancora sufficiente merito creditizio e prospettive di continuità.
- Opposizione e contestazioni contrattuali: Se la banca agisce legalmente, il debitore può opporsi facendo valere eventuali irregolarità: tassi usurari, calcolo errato degli interessi, clausole nulle (alcune fideiussioni omnibus bancarie antecedenti 2018, ad esempio, sono state dichiarate nulle dalla Cassazione perché redatte su schemi anticoncorrenziali). Una fideiussione nulla significa che il garante non deve pagare. Anche l’addebito di spese non trasparenti, la mancata risposta a reclami o errori nei saldi possono costituire eccezioni per ridurre il dovuto. È opportuno farsi assistere da un consulente tecnico (commercialista o consulente finanziario) per ricalcolare il rapporto di conto corrente o mutuo e individuare eventuali addebiti illegittimi.
- Sovraindebitamento: I debiti verso banche possono essere anch’essi affrontati con le procedure di composizione della crisi. Nel concordato minore, ad esempio, il termotecnico può proporre di soddisfare parzialmente anche i crediti bancari. Se un credito è ipotecario, dovrà prevedere di pagare almeno il valore dell’immobile dato in garanzia (o cedere l’immobile stesso ai creditori). Eventualmente, il piano può prevedere che il debitore mantenga l’immobile e riprenda a pagare il mutuo alle scadenze contrattuali, mettendosi in regola con le rate scadute (questo è possibile se il valore dell’immobile copre il debito residuo, così altri creditori non subiscono danno) . Se invece l’immobile vale meno del debito, la parte eccedente del credito ipotecario viene trattata come chirografo (non garantito) e può essere falcidiata. Ad esempio, debito mutuo €200k, casa valore €150k: il piano può prevedere che €150k saranno pagati integralmente (magari vendendo l’immobile o rifinanziando) mentre i restanti €50k diventano chirografari e vengono pagati al, poniamo, 20%, quindi €10k, dopodiché saldo e stralcio definitivo . Questa operazione – degradare la parte di credito ipotecario non coperta da garanzia – è perfettamente lecita (la Cassazione l’ha confermato nel 2025 ). Nel piano del consumatore, se il debito bancario è personale (ad es. credito al consumo), si può proporre una falcidia senza consenso della banca, con omologa del giudice . In liquidazione controllata, infine, il liquidatore venderà i beni (es. casa) e soddisferà in primis la banca ipotecaria; se resta un’insufficienza, dopo la liquidazione la banca non potrà più pretendere nulla dal debitore esdebitato.
- Soluzioni immobiliari alternative: Per evitare l’asta giudiziaria (spesso infruttuosa), il debitore può tentare di vendere privatamente l’immobile ipotecato a un prezzo di mercato più alto di quello d’asta, con accordo della banca. Ad esempio, concordare con la banca che consenta la vendita a €150k e rinunci a qualsiasi ulteriore pretesa sul mutuo residuo (accordo saldo e stralcio immobiliare). Ciò richiede la cooperazione della banca, ma molte banche aderisono se il debitore trova un acquirente: in questo modo la banca incassa subito il ricavato e libera il debitore dal residuo. Anche questa è una forma di composizione stragiudiziale da valutare, magari con l’assistenza di un legale per formalizzare la liberatoria.
Debiti personali e familiari
Oltre ai debiti legati strettamente all’attività, un termotecnico può avere debiti personali: prestiti al consumo (es. per auto, arredamento), utilizzo di carte di credito revolving, scoperti personali, debiti verso familiari o soci che hanno prestato denaro, canoni di locazione abitativa arretrati, oppure multe e sanzioni amministrative (es. violazioni del Codice della Strada). Anche eventuali obblighi di mantenimento verso l’ex coniuge o i figli rientrano nelle sue uscite, e il mancato pagamento genera arretrati (che però, attenzione, non sono “cancellabili” dalle procedure concorsuali, come vedremo).
Questi debiti “non professionali” seguono regole eterogenee a seconda del tipo:
- Prestiti e carte di credito: se non pagati, finanziarie e società di recupero possono ricorrere al decreto ingiuntivo. Spesso però prima tentano il recupero stragiudiziale (telefono, lettere). Bisogna fare attenzione a non promettere importi non sostenibili: meglio proporre un piccolo piano sostenibile che promettere di saldare tutto subito e poi non riuscirci. Anche qui vale la possibilità di saldo e stralcio: molte finanziarie accettano di chiudere la posizione con il pagamento di una percentuale (magari il 50%) in unica soluzione, specie se il credito è ormai classificato a sofferenza.
- Multe e tributi locali: sono equiparati ai debiti fiscali, spesso riscosse via cartella da AdER. Dunque le difese sono le stesse (rate, ricorsi se illegittime, definizioni agevolate se previste da comuni). Le multe stradali notificate sono difficilmente annullabili salvo vizi di notifica o errori, ma a volte i comuni offrono sconti per chiudere le vecchie pendenze (es. annullamento interessi di mora).
- Canoni di locazione: il proprietario di casa può intimare sfratto e decreto ingiuntivo per affitti non pagati. Il debitore può opporsi se contesta il dovuto (es. vizi dell’immobile), altrimenti il proprietario otterrà uno sfratto esecutivo e un titolo per riscuotere i canoni arretrati. In un contesto di sovraindebitamento, i canoni scaduti possono essere inseriti in un piano/concordato e parzialmente falcidiati (diventano crediti chirografari del locatore, salvo eventuale privilegio per i canoni dell’ultimo biennio su mobili presenti nell’immobile).
- Debiti verso familiari o soci: spesso sono non formalizzati (prestiti verbali). Legalmente, il familiare creditore potrebbe agire giudizialmente provando il prestito (magari con testimonianze o movimenti bancari). Più frequentemente attenderà. Se il debitore intende includerli in una procedura concorsuale, dovrà comunque elencarli per trasparenza, anche se spesso in questi casi il familiare può scegliere di rinunciare al credito per facilitare la soluzione (accettando di non concorrere).
- Obblighi di mantenimento: le somme dovute per mantenimento a familiari (alimenti, assegno di divorzio) non possono mai essere falcidiate né cancellate da alcuna procedura . Hanno carattere privilegiato e personale. Se il termotecnico non versa l’assegno mensile, l’ex coniuge può agire con esecuzione (pignorare stipendio, ecc.) e anche sporgere denuncia penale (reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare). Nemmeno la liquidazione o l’esdebitazione estingue questi debiti: rimarrà comunque tenuto a pagarli integralmente . Pertanto, i debiti da mantenimento vanno sempre considerati “fuori concorso” e prioritarî.
- Risarcimenti per danni: se il termotecnico ha subito condanne a risarcire danni (ad es. per un incidente stradale, o per inadempimenti gravi contrattuali), quei crediti risarcitorî possono essere di notevole importo. In generale, tali debiti sono anch’essi soggetti alle procedure di sovraindebitamento, a meno che derivino da dolo del debitore. La legge infatti esclude dalla cancellazione i debiti da illecito extracontrattuale dovuti a dolo o colpa gravissima . Ad esempio, una condanna per lesioni volontarie con obbligo di risarcire la vittima non verrà cancellata nemmeno dall’esdebitazione: il debitore resterà obbligato verso la vittima. Se però il fatto è stato colposo (es. incidente stradale per colpa), il debito è includibile e cancellabile. Questo distinguo, confermato dalla giurisprudenza, mira a evitare che chi ha causato intenzionalmente un danno grave possa liberarsi dell’obbligo verso la vittima.
Strumenti di difesa: Per i debiti personali valgono molte delle considerazioni già fatte: tentare accordi transattivi con finanziarie (magari con l’aiuto di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) anche in via informale), concentrare i debiti in un unico prestito se possibile (ad esempio tramite consolidamento: un nuovo finanziamento per chiudere vari piccoli debiti, a rata unica mensile più bassa), chiedere aiuto ai familiari (ma attenzione a non creare posizioni preferenziali che potrebbero essere revocate se poi si accede a procedure concorsuali), e naturalmente valutare l’accesso a una delle procedure di sovraindebitamento se il totale dei debiti (professionali + personali) supera la capacità di rimborso.
Va sottolineato infatti che le procedure di composizione della crisi sono pensate proprio per affrontare globalmente la situazione debitoria del soggetto, comprendendo tutte le tipologie di debito (salvo poche eccezioni di legge). Nel caso di un piccolo imprenditore come il termotecnico, la normativa consente di inserire sia i debiti di natura professionale sia quelli personali all’interno di un unico piano di ristrutturazione o di una liquidazione. Sarà poi il giudice a distinguere il trattamento (ad esempio i debiti con privilegio come quelli fiscali vanno trattati diversamente dai chirografari come finanziarie o fornitori), ma l’obiettivo è risolvere l’indebitamento a 360 gradi.
Esempio pratico: Mario è un termotecnico con una ditta individuale. A causa di vari fattori (clienti morosi, crisi economica) accumula €30.000 di debiti IVA e IRPEF, €10.000 di contributi INPS, €20.000 di fornitori, €15.000 di mutuo residuo su casa (ipotecario) e €5.000 di carte di credito, per un totale di €80.000. La sua attività produce reddito netto di circa €1.500 al mese, insufficiente per pagare tutto. Senza le procedure concorsuali, Mario subirebbe probabilmente: pignoramento del furgone e dei macchinari da parte di fornitori, pignoramento dello stipendio (o reddito) fino a 1/5 dai vari creditori, un’ipoteca Equitalia sulla casa e rischio di esecuzione immobiliare dalla banca. Con un’unica procedura di sovraindebitamento, invece, Mario può: proporre ai creditori un piano di ristrutturazione (ad esempio, pagando €400 al mese per 5 anni da dividere tra tutti, e vendendo un magazzino non essenziale per ricavare altri €10.000), ottenendo così un pagamento parziale di circa il 40% a ciascun creditore. Se il piano è credibile e approvato/omologato, Mario eviterebbe il fallimento della sua attività, terrebbe la casa (continuando a pagare il mutuo regolarmente) , e dopo 5 anni sarebbe libero dai debiti residui. Se invece la situazione fosse disperata (nessuna capacità di pagamento), Mario potrebbe optare per la liquidazione controllata: il liquidatore venderebbe il magazzino e altri beni non indispensabili, distribuirebbe quei pochi soldi ai creditori (che incasserebbero ad es. il 10% ciascuno) e poi Mario otterrebbe l’esdebitazione su tutto il restante 90% inespresso. In entrambi i casi, dopo alcuni anni Mario tornerebbe ad essere economicamente “pulito” e potrebbe proseguire la sua vita personale e professionale senza l’assillo di debiti impagabili. Questo è il “fresh start” che la legge oggi vuole garantire al debitore onesto ma sfortunato .*
Strumenti extragiudiziali per gestire i debiti
Prima di rivolgersi a soluzioni giudiziali, è sempre consigliabile tentare vie stragiudiziali (ovvero fuori dal tribunale) per sistemare i debiti. Queste includono:
- Accordi bonari con i creditori: come visto, molti creditori (specialmente privati) sono disposti a trattare. È utile redigere un piano di rientro scritto, indicando importi e date di pagamento, magari facendo firmare al creditore una quietanza “a saldo e stralcio” per evitare pretese ulteriori dopo il pagamento concordato. Attenzione a non impegnarsi in piani impossibili: meglio promettere meno ma rispettare, che molto e poi fallire di nuovo.
- Consolidamento dei debiti: se il termotecnico ha ancora una discreta affidabilità creditizia (ad es. non è stato segnalato cattivo pagatore) può cercare di consolidare i debiti accendendo un unico prestito (magari ipotecario) e pagando tutti i creditori minori. Così resta con un solo debito rateizzato. Questa mossa però è rara quando già si è in sofferenza conclamata, perché le banche tendono a negare nuovo credito. Spesso si ricorre all’aiuto di familiari che contraggono essi un prestito da girare al debitore per chiudere le pendenze (attenzione: se poi si accede a una procedura concorsuale, i debiti verso familiari sono trattati alla pari degli altri chirografari, non vengono privilegiati).
- Composizione negoziata della crisi d’impresa: Introdotta dal D.L. 118/2021 (conv. L.147/2021) e ora parte del Codice della Crisi, la composizione negoziata è un procedimento volontario e riservato destinato agli imprenditori (anche piccoli) in situazione di crisi, che consente di nominare un Esperto indipendente per facilitare le trattative con i creditori. Il termotecnico imprenditore individuale o titolare di società può avviare la composizione negoziata tramite la piattaforma telematica nazionale, se ritiene ragionevolmente perseguibile il risanamento . L’Esperto analizza la situazione e convoca i principali creditori per trovare accordi di ristrutturazione (ad esempio allungamento dei pagamenti, rinuncia a interessi, accordi stragiudiziali). Durante il negoziato, l’imprenditore può chiedere misure protettive al tribunale per bloccare azioni esecutive . Se l’esito è positivo, si formalizzano gli accordi individuali o un contratto collettivo. Se è negativo, l’imprenditore può accedere ad una procedura concorsuale semplificata (concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio ). La composizione negoziata è uno strumento relativamente nuovo e più utilizzato da aziende strutturate, ma è aperto anche alle PMI artigiane: può essere utile se vi sono molti creditori e una possibilità concreta di evitare la liquidazione, ad esempio con nuovi investitori o risanando l’attività.
- Piani attestati di risanamento: sono accordi privati con i creditori, accompagnati da un’attestazione di un professionista sulla fattibilità del piano (art. 56 CCII) . A differenza delle procedure concorsuali, il piano attestato non coinvolge il tribunale né offre protezione automatica: è in sostanza un accordo contrattuale che, se sottoscritto da tutti o dai principali creditori, consente di ristrutturare il debito. Viene poi pubblicato nel Registro delle Imprese per conferirgli data certa e valore legale erga omnes . Per un piccolo imprenditore, questa via è piuttosto complessa e costosa (richiede un attestatore indipendente e il consenso integrale dei creditori interessati). È più adatta a medie imprese.
- Assistenza di OCC o professionisti: Anche senza attivare subito una procedura formale, un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) – presente presso molte Camere di Commercio e Ordini professionali – può aiutare a valutare la situazione debitoria e a mediare con i creditori. Gli OCC offrono consulenza e possono preparare piani informali o pre-concorsuali. Il loro coinvolgimento, anche extragiudiziale, spesso conferisce maggiore credibilità alle proposte del debitore (perché il creditore sa che l’OCC ha esaminato i conti).
Esempio: un OCC potrebbe aiutare il termotecnico a redigere un prospetto di riparto da presentare ai creditori, mostrando che – ad esempio – pagando il 40% ora questi ottengono più di quanto prenderebbero se costringessero il debitore al fallimento (dove magari non otterrebbero nulla). Questo può convincere i creditori a concordare una soluzione bonaria.
In sintesi, le soluzioni extragiudiziali richiedono capacità di negoziazione, trasparenza e spesso qualche risorsa immediata (anche minima) da offrire come buona fede. Hanno il vantaggio di evitare i costi, i tempi e la pubblicità delle procedure giudiziarie. Di contro, se il numero dei creditori è elevato o qualcuno si mostra inflessibile, potrebbe non bastare l’accordo con alcuni: basta un creditore aggressivo per far saltare il banco. In tal caso, conoscere le procedure giudiziali diventa fondamentale.
Procedure giudiziali di composizione della crisi da debiti (sovraindebitamento)
Quando i debiti sono insostenibili e gli accordi privati non risolvono la situazione, la legge italiana – in particolare il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza – mette a disposizione del debitore sovraindebitato tre procedure principali per regolare la crisi, più un istituto innovativo di esdebitazione immediata:
- Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex piano del consumatore), riservato alle persone fisiche consumatrici (debiti contratti per scopi estranei all’attività imprenditoriale).
- Concordato minore (ex accordo di composizione dei debiti), per i debitori non consumatori (piccoli imprenditori, professionisti, start-up, ecc.).
- Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex liquidazione del patrimonio), procedura liquidatoria giudiziale applicabile a qualsiasi debitore sovraindebitato.
- Esdebitazione del debitore incapiente (detta anche “esdebitazione senza utilità”), che consente al debitore persona fisica privo di beni di ottenere la cancellazione dei debiti senza pagamento.
Questi strumenti, disciplinati dagli artt. 65-83 CCII per le procedure concordatarie e 268-277 CCII per la liquidazione (con esdebitazione agli artt. 278-283), rappresentano l’evoluzione della vecchia Legge 3/2012 (c.d. legge “salva suicidi”) . Il Codice della Crisi, entrato in vigore definitivamente nel luglio 2022, ha ampliato l’accesso, abbassato le maggioranze di voto e introdotto l’esdebitazione dell’incapiente, recependo la Direttiva UE 2019/1023 sul “fresh start”. Di seguito, analizziamo ciascuna procedura in dettaglio, dal punto di vista del debitore, evidenziando requisiti, vantaggi, svantaggi e ultime pronunce giurisprudenziali.
Piano del consumatore (piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore)
Il piano del consumatore – oggi denominato “piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore” nel Codice (artt. 67-73 CCII) – è una procedura concorsuale semplificata riservata esclusivamente ai debitori consumatori, ossia persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale. In pratica rientrano in questa categoria i privati cittadini, i lavoratori dipendenti, i pensionati, gli ex imprenditori per i debiti rimasti personali, ecc. . Un termotecnico potrà qualificarsi come consumatore solo se i suoi debiti derivano principalmente da esigenze personali e non dall’attività d’impresa. Ad esempio, se Tizio, termotecnico, ha chiuso la partita IVA e gli rimangono debiti per un mutuo personale e una carta di credito (ma ha saldato fornitori e Fisco), potrebbe accedere al piano del consumatore. Viceversa, se i debiti originano in larga parte dall’attività (fornitori, IVA, ecc.), Tizio è considerato imprenditore minore e dovrà usare il concordato minore . La Cassazione ha chiarito che la presenza di debiti anche solo parzialmente d’impresa può precludere la procedura da consumatore, imponendo quella da imprenditore minore (Trib. Milano 2023 ha seguito Cass. 22699/2023 su “debiti promiscui”) .
Caratteristiche del piano del consumatore:
- Proposta di pagamento senza voto dei creditori: Il consumatore, con l’ausilio dell’OCC, elabora un piano che prevede come saranno pagati i debiti. Può offrire il pagamento parziale dei crediti, la dilazione in più anni, o qualunque forma compatibile con le sue possibilità (ad es. alienazione di un bene, cessione di parte dello stipendio, ecc.). Importante, i creditori non votano sul piano . Essi possono solo presentare eventuali opposizioni contestando la convenienza o l’ammissibilità, ma la decisione finale spetta al giudice . Questo è un tratto distintivo: il giudice omologa il piano se ritiene che il debitore sia meritevole e che il piano sia fattibile e più conveniente per i creditori rispetto alla liquidazione . In altri termini, nessun creditore ha diritto di veto, nemmeno le banche o il Fisco . La Cassazione con ord. n.9549/2025 ha ribadito proprio che l’omologa del piano del consumatore non dipende dal consenso dei creditori (neppure privilegiati) e che il giudice può approvare anche in presenza di falcidia di crediti privilegiati, purché sia rispettato l’ordine delle prelazioni .
- Meritevolezza e verifica del comportamento: Il piano del consumatore richiede espressamente che il debitore versi in situazione di sovraindebitamento senza aver commesso colpa grave, frode o mala fede nell’assumere i debiti . Questo concetto di “meritevolezza” è cruciale. Il giudice deve valutare la condotta del consumatore: ad esempio se ha fatto spese sproporzionate sapendo di non poterle sostenere, o ha continuato a fare nuovo debito per pagare il vecchio (c.d. abuso del credito), potrebbe giudicarlo non meritevole e rigettare l’omologa . La riforma ha comunque attenuato il rigore: è stato introdotto il principio del merito creditizio del finanziatore . Significa che se la banca ha concesso prestiti imprudentemente a un soggetto già indebitato, ciò pesa a suo sfavore e non preclude l’esdebitazione del consumatore. In pratica, la legge “punisce” i finanziatori imprudenti . La Cassazione (es. Cass. 22890/2023) ha confermato che la meritevolezza va valutata alla luce del nuovo criterio, considerando anche le responsabilità del creditore nel sovraindebitamento . Pertanto, il focus è sul dolo o colpa grave del debitore: se un evento sfortunato (malattia, perdita lavoro) ha causato i debiti, non c’è colpa; se invece il debitore ha sperperato denaro o contratto debiti a cuor leggero, potrà essere considerato non meritevole.
- Intervento dell’OCC e documentazione: Il consumatore deposita la proposta di piano in tribunale tramite un Organismo di Composizione della Crisi. L’OCC redige una Relazione particolareggiata in cui descrive la situazione del debitore, le cause dell’indebitamento e attesta la fattibilità del piano . Nella relazione l’OCC si sofferma anche sul comportamento del debitore (se ha assunto debiti proporzionati alle sue capacità, se ha collaborato, ecc.). Questa relazione è fondamentale: se l’OCC conclude che il debitore ha agito in mala fede, la proposta difficilmente sarà omologata.
- Protezione dalle azioni esecutive: Appena depositato il ricorso per omologazione del piano, il debitore può chiedere al tribunale misure protettive, cioè la sospensione di eventuali procedure esecutive in corso (pignoramenti, aste) . Tipicamente, se la casa del consumatore è già all’asta, il giudice sospende la vendita in attesa di decidere sul piano, così da dare una chance di salvarla. Una volta ammesso il piano e fino all’omologa, per legge i creditori non possono iniziare o proseguire esecuzioni (salvo casi particolari).
- Trattamento dei crediti: Nel piano, il debitore deve rispettare la par condicio e le cause di prelazione. In pratica: i crediti con garanzie reali (es. mutuo ipotecario) possono essere ristrutturati (ridotti o dilazionati) ma il creditore garantito va soddisfatto almeno fino a concorrenza del valore del bene su cui insiste la garanzia . La parte di credito eccedente quel valore diventa chirografaria (come spiegato prima) e può essere falcidiata. I crediti privilegiati (es. tributi, contributi privilegiati) possono subire una decurtazione solo nei limiti in cui il valore dei beni su cui hanno privilegio sia insufficiente (anche qui, se l’attivo disponibile paga il 20%, il piano può offrire 20%). I crediti chirografari (non garantiti) sono quelli più soggetti a stralcio: spesso vengono pagati in piccola percentuale (anche pochi centesimi per euro di debito). Non c’è una soglia minima di soddisfacimento per i chirografi: la giurisprudenza ha chiarito che non serve offrire ad esempio il 10% minimo, basta dare tutto il realmente fattibile, anche fosse il 2% . L’importante è che il piano sia conveniente rispetto alla liquidazione – ciò significa che se il debitore può pagare solo il 2%, ma in una liquidazione i creditori prenderebbero 0% perché i beni non coprono neanche le spese, allora il 2% è considerato “più vantaggioso di zero” e quindi ammissibile.
- Esecuzione del piano e effetti finali: Dopo l’omologazione, il piano viene eseguito dal debitore sotto la sorveglianza dell’OCC o di un professionista nominato (a seconda dei tribunali, talvolta viene nominato un commissionario per raccogliere i pagamenti e distribuirli). Il debitore deve attenersi al piano (versare le rate concordate, eventualmente vendere i beni indicati, ecc.). Durante l’esecuzione, i creditori non possono agire individualmente né iscrivere nuove ipoteche: il piano produce una sorta di blindatura del patrimonio. Se il debitore adempie regolarmente e porta a termine il piano, ottiene la cancellazione di tutti i debiti residui inclusi nel piano (ossia la esdebitazione). Questo è l’effetto liberatorio finale: anche se ha pagato solo una parte, i creditori non possono più reclamare il resto. L’esdebitazione avviene con decreto del tribunale a conclusione del piano, ma spesso è implicita nell’omologa stessa (che prevede la clemenza finale una volta attuato il piano). Va ricordato che restano esclusi dall’esdebitazione eventuali crediti impignorabili o non falcidiabili (es. gli alimenti non pagati al coniuge, come detto). Quelli continueranno eventualmente a gravare.
- Rischio di revoca: Se il debitore non rispetta il piano senza giustificazione (es. omette molte rate, o sottrae beni), il tribunale – su istanza dei creditori – può revocare l’omologazione (art. 14 L.3/2012 e corrispondente art. 80 CCII). La revoca fa venir meno tutti i benefici: i creditori tornano liberi di agire per l’intero importo originario, come se il piano non ci fosse mai stato (tenendo conto però di quanto nel frattempo incassato). In pratica, è un fallimento del piano che riporta il debitore al punto di partenza (o peggio, perché nel frattempo potrebbe aver venduto beni e pagato solo alcuni creditori). La revoca è dunque evento grave, da evitare assolutamente. Se il debitore ha difficoltà durante l’esecuzione, è preferibile informare subito l’OCC e il giudice: la legge consente modifiche del piano in casi eccezionali, o sospensioni temporanee, purché si mantenga l’equilibrio iniziale. Ad esempio, se il debitore perde il lavoro, potrebbe chiedere di sospendere le rate per alcuni mesi. Serve comunque l’approvazione del giudice.
Vantaggi del piano del consumatore: consente di mantenere i beni essenziali (ad es. la casa, se il piano prevede di pagarne il mutuo arretrato) , di ridurre sensibilmente l’ammontare dei debiti, e di ottenere il risultato anche contro il volere di eventuali creditori ostili (grazie all’assenza di voto) . Inoltre, ha costi procedurali relativamente contenuti (le spese dell’OCC e di giustizia sono di solito inferiori a quelle di un fallimento) e non comporta limitazioni alla capacità di agire del debitore: il consumatore rimane in possesso del suo patrimonio (non c’è curatore), semplicemente deve rispettare il piano sotto controllo dell’OCC. Ciò lo rende molto flessibile.
Svantaggi e limiti: è riservato a chi non ha debiti d’impresa – per un termotecnico attivo questo è raramente il caso. Inoltre, richiede la rigorosa dimostrazione della meritevolezza, che a volte portava i giudici (in passato) a rigettare piani per comportamenti anche lievemente imprudenti. Infine, se il patrimonio è molto modesto, spesso i creditori contestano la convenienza (ma ricordiamo che se comunque otterrebbero zero, non hanno margine di lamentela se ricevono qualcosa). Il debitore, da parte sua, deve essere consapevole che dovrà “vivere in modo sorvegliato” per la durata del piano: ogni spesa importante andrà ponderata, non potrà fare altri debiti (se non autorizzati per necessità) e dovrà destinare tutto l’eventuale surplus ai pagamenti previsti. Tuttavia, questi sacrifici temporanei sono il prezzo di una liberazione definitiva dai debiti.
Concordato minore (per imprenditori minori e professionisti)
Il concordato minore è la procedura destinata ai debitori non fallibili che svolgono (o hanno svolto) attività d’impresa o professionale, quindi con debiti anche commerciali. Vi rientrano i piccoli imprenditori sotto soglia, gli imprenditori agricoli, i professionisti, le start-up innovative, gli enti non profit, ecc. . In pratica, la platea è quella dei soggetti sovraindebitati diversi dal consumatore puro. È l’equivalente dell’accordo di composizione della crisi della vecchia legge, ma con regole parzialmente nuove.
Requisiti soggettivi: Il debitore deve essere non fallibile, ossia rientrare nei limiti dimensionali dell’impresa minore (art. 2, c.1, lett. d CCII) – attivo ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000, debiti ≤ €500.000 negli ultimi 3 esercizi. Questo criterio è identico al passato e di solito copre artigiani e microimprese (es. ditte individuali artigiane, SNC familiari, SRL piccole) . Se l’impresa supera anche uno solo di questi parametri, diventa fallibile e dovrà semmai accedere al concordato preventivo ordinario, non a quello minore . È ammesso il concordato minore anche dopo la cessazione dell’attività, entro certi limiti: con il correttivo 2024 si è chiarito che anche un ex imprenditore individuale da tempo cessato può chiedere almeno la liquidazione controllata, e forse anche il concordato minore in casi particolari (se vi sono risorse da gestire e apporti esterni) . Restano invece escluse le società già cancellate (perché estinte) – in tal caso risponderanno eventualmente i soci per i debiti sociali .
Caratteristiche del concordato minore:
- Proposta e voto dei creditori: A differenza del piano del consumatore, qui i creditori votano sulla proposta. Il debitore, con l’OCC, predispone un piano di concordato che può prevedere la ristrutturazione dell’azienda, la continuità (se l’impresa è ancora attiva) o la liquidazione parziale dei beni, offrendo ai creditori il miglior trattamento possibile data la situazione. Il piano deve assicurare il pagamento almeno parziale di tutti i creditori, rispettando le cause di prelazione. La proposta viene sottoposta al voto: è richiesta l’adesione dei creditori che rappresentino almeno il 50% dei crediti ammessi al voto (soglia abbassata rispetto al 60% della vecchia legge ). Non occorre unanimità, basta la maggioranza semplice della metà. Se ci sono diverse classi di creditori, serve anche che la maggioranza delle classi approvi (secondo regole analoghe al concordato preventivo).
- Omologazione anche senza adesione del Fisco: Una delle novità più importanti (introdotta dal D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024) è la possibilità di cram-down sui creditori pubblici. Se la maggioranza complessiva dei crediti vota sì, il tribunale può omologare il concordato minore anche se, ad esempio, l’Erario o l’INPS hanno votato no . Ciò però solo se la proposta verso di loro è conveniente (cioè dà almeno quanto avrebbero ottenuto liquidando i beni) . Questa norma (art. 80 CCII) evita che un singolo grande creditore pubblico blocchi tutto. Si tratta di un forte incentivo alla riuscita delle composizioni, come notato dagli esperti .
- Ruolo dell’OCC e tribunale: Anche qui l’OCC ha un ruolo chiave: aiuta a formulare il piano e redige la relazione particolareggiata. Il tribunale, dopo il deposito, valuta l’ammissibilità e può concedere le misure protettive (sospendere pignoramenti, ecc.). Poi dispone eventualmente che l’OCC raccolga i consensi dei creditori (spesso il voto avviene per silenzio-assenso in mancanza di contestazioni). Se la maggioranza approva, il giudice fissa un’udienza per l’omologazione. In quella sede, eventuali creditori contrari possono sollevare obiezioni di convenienza (sostenere cioè che otterrebbero di più con la liquidazione). Il tribunale compie un giudizio di merito sulla convenienza relativa: se ritiene che il piano è più vantaggioso per i creditori dissenzienti di quanto sarebbe la liquidazione, rigetta le loro opposizioni e omologa comunque . Al contrario, se un creditore prova che riceverebbe di meno di quanto otterrebbe in alternativa, l’omologa può essere negata.
- Continuità aziendale: Il concordato minore consente, come il preventivo, la continuità dell’impresa. Ciò significa che il termotecnico può proseguire l’attività durante e dopo la procedura, se il piano lo prevede. Spesso il piano in continuità stabilisce che il debitore continuerà a pagare regolarmente certi fornitori strategici o mutui garantiti, mentre ristruttura il resto dei debiti. Ad esempio, il piano può prevedere che l’azienda prosegua per 5 anni producendo utili per pagare i creditori chirografari al 30%, mantenendo però i contratti essenziali (affitto, leasing macchinari) inalterati. È una soluzione vantaggiosa se l’impresa è ancora valida economicamente: i creditori accettano una decurtazione ma evitano la perdita totale che avrebbero dalla chiusura. Nel concordato minore in continuità, il debitore rimane gestore della propria impresa, sotto la supervisione di un commissario giudiziale (figura analoga a quella del concordato preventivo) o dell’OCC. Quindi non c’è spossessamento, solo un controllo sull’operato per tutelare i creditori.
- Eventuale liquidazione di beni: Il piano può anche combinare continuità e dismissioni. Ad esempio, vendere un immobile non strumentale e destinare il ricavato ai creditori, mentre si prosegue l’attività con gli altri beni. Oppure l’imprenditore può offrire la cessione di beni personali (non aziendali) – es. vende una seconda casa di proprietà familiare – per aumentare il dividendo ai creditori. Tali vendite avvengono tipicamente in modo controllato (con l’assistenza dell’OCC, magari con perizie per evitare prezzi iniqui).
- Trattamento dei crediti: Come in ogni concordato, si devono rispettare le cause legittime di prelazione. I creditori privilegiati vanno soddisfatti integralmente salvo che il patrimonio sia insufficiente – in tal caso la parte non coperta dal valore del bene su cui insistono viene degradată a chirografo (esattamente come nel piano del consumatore). I creditori chirografari ricevono quanto previsto dal piano in percentuale. I soci o garanti possono partecipare offrendo risorse esterne: per esempio, un socio potrebbe mettere nuovi fondi per pagare i creditori (ciò è incentivato, perché sono risorse aggiuntive non conteggiate nell’attivo, quindi migliorano il risultato per tutti).
- Esecuzione e esdebitazione: Una volta omologato, il concordato minore vincola tutti i creditori anteriori . Il debitore deve eseguire puntualmente gli obblighi (pagare le percentuali promesse nelle scadenze previste). Il mancato rispetto può portare alla risoluzione del concordato su istanza dei creditori e alla conseguente apertura di una liquidazione controllata (ex art. 83 CCII e prima art. 14-quater L.3/2012). Se invece tutto va a buon fine, il tribunale dichiara eseguito il concordato e il debitore persona fisica viene liberato dai debiti residui non soddisfatti (esdebitazione). Anche qui valgono le esclusioni: i debiti non falcidiabili come mantenimenti o risarcimenti da dolo restano, se presenti, ma di solito in un concordato minore il grosso dei debiti è commerciale/fiscale e quindi viene stralciato. Importante: l’esdebitazione nel concordato minore non richiede una domanda separata – è conseguenza naturale dell’avvenuto adempimento del piano .
Meritevolezza nel concordato minore: Formalmente la legge non richiede al debitore imprenditore di dimostrare la meritevolezza come condizione di accesso (chiede solo l’assenza di atti in frode ai creditori) . Tuttavia, la Cassazione ha affermato che anche nel concordato minore si deve valutare l’affidabilità e la buona fede del debitore, seppur con minor rigore morale rispetto al consumatore . In sostanza, se un imprenditore ha sistematicamente evaso il fisco o accumulato debiti in modo gravemente colposo, il tribunale potrebbe rifiutare l’omologazione per mancanza di buona fede (specie se ciò incide sulla fattibilità). Ad esempio, Cass. civ. 9087/2018 (sotto vigenza L.3/2012) negò l’omologa a un imprenditore che aveva continuato ad assumere debiti ben sapendo di essere insolvente, ravvisando abuso. Oggi, il Codice all’art. 77 CCII prevede espressamente come causa ostativa agli accordi la presenza di atti in frode (es. aver sottratto o simulato beni) . Inoltre, come già detto, se il debitore non è meritevole, potrà comunque accedere alla liquidazione (lo vediamo tra poco) ma non otterrà l’esdebitazione finale . Quindi ha un incentivo a comportarsi correttamente se vuole liberarsi dei debiti.
In sintesi, il concordato minore è per il piccolo imprenditore ciò che il piano è per il consumatore: una chance di trattare collettivamente coi creditori e ridurre il debito mantenendo magari viva l’impresa. Spesso viene utilizzato per evitare la spirale del fallimento che, per le micro-imprese, era sproporzionata. Ad esempio, molte procedure riguardano artigiani con 3-4 dipendenti che, invece di fallire, con un concordato minore pagano i debiti in parte e continuano l’attività, salvando anche i posti di lavoro. La possibilità di coinvolgere i creditori in un accordo razionale (e non in un’aggressione caotica) produce benefici per entrambe le parti: il debitore non viene spogliato di tutto e può riprendersi, i creditori recuperano in tempi certi e spesso di più rispetto a inseguire un debitore insolvente. Naturalmente, serve la collaborazione del 50% dei crediti: se i creditori sono molti e frammentati, è fattibile; se invece c’è un unico grande creditore (es. la banca ipotecaria con 70% dei crediti) che non vuole accordarsi, potrebbe bloccare la maggioranza – anche se, come detto, se l’unico dissenziente è il Fisco, il giudice può bypassarne il dissenso .
Costi e tempi: Il concordato minore richiede l’intervento di un OCC o professionista per predisporre la domanda, e il tribunale nomina quasi sempre un Commissario giudiziale. Ci sono quindi costi professionali (OCC, eventuale commissario) e bisogna pagarli. Spesso si attinge ai fondi messi a disposizione nel piano stesso (in prededuzione). I tempi vanno dai 6 mesi all’anno per arrivare all’omologa (dipende dai tribunali e dall’eventuale necessità di voto). L’esecuzione poi dura quanto previsto nel piano (mediamente 3-5 anni). Quindi il debitore può ragionevolmente essere fuori dai debiti in un orizzonte di circa 5 anni (meno se vende subito qualche bene e paga in un’unica soluzione, più se dilaziona molto).
Liquidazione controllata del sovraindebitato
La liquidazione controllata è la procedura concorsuale di carattere liquidatorio che consiste nella vendita di tutti i beni del debitore e nella ripartizione del ricavato ai creditori, sotto il controllo del tribunale. Corrisponde alla vecchia “liquidazione del patrimonio” della L.3/2012 e, per analogia, assomiglia al fallimento (oggi liquidazione giudiziale) previsto per le imprese maggiori. Tuttavia, la liquidazione controllata è su base volontaria (di solito richiesta dal debitore stesso) e ha finalità principalmente di esdebitazione più che punitive.
Chi può accedere: Qualunque debitore sovraindebitato non fallibile. Consumatori, imprenditori minori, professionisti, ecc., possono tutti chiedere la propria liquidazione . È possibile anche che la liquidazione sia richiesta da un creditore o disposta dal giudice come conversione: ad esempio se un concordato minore non viene approvato o va in revoca, il tribunale può aprire d’ufficio la liquidazione controllata per tutelare i creditori (art. 14-quaterdecies L.3/2012, ora in CCII). Quindi, la liquidazione può essere sia volontaria (il debitore che si “autofallisce” per liberarsi dai debiti) sia una sorta di liquidazione coatta su impulso esterno, anche se in pratica il caso tipico è il primo.
Come funziona: Il debitore presenta ricorso al tribunale per essere ammesso alla liquidazione, allegando l’elenco di tutti i beni, creditori, atti compiuti di recente, redditi, ecc. (documentazione analoga a quella richiesta per le altre procedure) . Viene nominato un Giudice delegato e un Liquidatore (figura simile al curatore fallimentare). Da quel momento:
- Tutti i beni di proprietà del debitore (al momento dell’apertura e quelli che sopravvengono entro un certo periodo) diventano oggetto della liquidazione. Il debitore ne perde la disponibilità, che passa al Liquidatore.
- Fanno eccezione i beni impignorabili per legge (es. abiti, mobili ed elettrodomestici di stretta necessità, strumenti di lavoro indispensabili in parte, alimenti, ecc. – art. 268 CCII richiama le norme sugli impignorabili). Inoltre, per tutelare la dignità, sono esclusi dall’attivo eventuali stipendi/pensioni per la parte minima vitale (una quota pari all’assegno sociale aumentato della metà circa).
- Si cristallizza la massa debitoria: i creditori anteriori non possono più iniziare né proseguire azioni esecutive individuali (sono sospese). Essi devono presentare domanda di insinuazione al passivo al Liquidatore entro il termine fissato (come nel fallimento). I creditori posteriori (nati dopo l’apertura) non partecipano e potranno eventualmente agire solo sui beni acquisiti dal debitore dopo la chiusura (il che di solito non avviene perché il debitore esce pulito).
- Il Liquidatore esamina le domande dei creditori, forma lo stato passivo (elenco dei crediti ammessi e dei rispettivi privilegi) , su cui il giudice delegato decide in caso di contestazioni. Questo stato passivo fissa definitivamente chi ha diritto a cosa.
- Il Liquidatore procede a vendere i beni: può trattarsi di immobili (mediante procedure d’asta simili a quelle esecutive), beni mobili registrati (auto, moto), attrezzature, crediti che il debitore vantava (li incasserà lui), ecc. Può anche sciogliere eventuali contatti in corso se opportuno. Se il debitore ha un’impresa avviata, in genere la liquidazione comporta la cessazione dell’attività (a meno che il Liquidatore riesca a vendere l’azienda in blocco a qualcuno che la prosegua – raro in contesti micro). Ad esempio, la ditta individuale del termotecnico cessa la sua attività, il Liquidatore vende il furgone, le rimanenze di magazzino, i macchinari, ecc. Il termotecnico perde tutti i suoi beni durante la liquidazione, ma in cambio ottiene (in fine) la liberazione dai debiti.
- Durata limitata: Una grande novità del Codice è che la liquidazione non può prolungarsi indefinitamente. L’art. 277 CCII stabilisce che, decorsi 3 anni dall’apertura (se iniziata su istanza del debitore), il giudice deve dichiarare chiusa la procedura anche se non tutti i beni sono stati venduti . Questo termine di durata massima serve a garantire il fresh start in tempi ragionevoli . Prima, sotto la L.3/2012, vi erano liquidazioni durate 5-6 anni; ora il legislatore vuole evitare code infinite. In pratica, il Liquidatore ha 3 anni per vendere cosa riesce; ciò che resta invenduto oltre i 3 anni viene restituito al debitore (salvo proroghe eccezionali concesse dal giudice, ad es. per completare una vendita in corso) . Questa norma è di grande impatto: costringe a svolgere la procedura con efficienza e consente al debitore di non restare appeso per troppo tempo.
- Riparto ai creditori: mano a mano che realizza attivo, il Liquidatore effettua riparti: paga prima le spese della procedura (compensi del liquidatore, OCC, ecc.), poi i creditori privilegiati (ipotecari, pignoratizi, privilegi speciali e generali) nell’ordine delle prelazioni, e infine, se avanza qualcosa, i chirografari in proporzione (di solito avanza poco o nulla). Alla fine, il giudice approva il conto finale e il piano di riparto finale.
- Esdebitazione finale: se il debitore è una persona fisica, dopo la chiusura della liquidazione può ottenere la cancellazione di tutti i debiti concorsuali rimasti insoddisfatti. Su questo punto la legge ha semplificato molto rispetto al passato: l’esdebitazione post-liquidazione ora avviene in modo quasi automatico. L’art. 282 CCII prevede che, chiusa la procedura, il tribunale verificati i presupposti concede l’esdebitazione con decreto . Non serve più un giudizio autonomo e discrezionale come con la L.3/2012. In più, il Codice dispone che la richiesta di esdebitazione sia già inclusa nella domanda di liquidazione iniziale (non c’è bisogno di un’istanza separata dopo) . Dunque il debitore, trascorsi 3 anni, esce dalla liquidazione ed esce esdebitato (libero dai debiti).
- Ostacoli all’esdebitazione: tuttavia, l’esdebitazione non è incondizionata. L’art. 280 CCII esclude la concessione del beneficio al debitore persona fisica che abbia commesso atti in frode o avuto colpa grave nella formazione dell’indebitamento . Questo significa che se durante la procedura emerge che il debitore ha distratto beni, nascosto attivo, o che la sua insolvenza è dovuta a frodi, il giudice nega l’esdebitazione. Oppure, se il debitore ha già beneficiato di un’esdebitazione nei 5 anni precedenti (o più di una volta in totale), può essere negata per “recidiva”. In altre parole, la non meritevolezza qui non preclude l’accesso alla liquidazione – chiunque può essere liquidato, anche un debitore poco onesto – ma impedisce di ottenere la cancellazione dei debiti residui . Il risultato sarebbe che, dopo aver liquidato tutti i beni, il debitore rimarrebbe ancora responsabile per gli eventuali debiti non pagati (uno scenario chiaramente pessimo). Questo funge da deterrente contro abusi: il debitore disonesto non ottiene il fresh start. Va detto però che i tribunali applicano con prudenza questa norma, poiché la finalità sociale dell’esdebitazione è favorire il reinserimento del debitore. Serve veramente un comportamento gravemente colpevole perché sia negata.
- Debiti esclusi: Anche in caso di esdebitazione concessa, ci sono debiti che rimangono comunque. Li abbiamo enunciati: obblighi di mantenimento, debiti per multe penali e per risarcimenti da dolo non sono cancellati . Inoltre l’esdebitazione non tocca eventuali fideiussori o coobbligati: se, ad esempio, la moglie del debitore aveva garantito un suo debito, la moglie resta obbligata (salvo che anche lei ottenga a sua volta un’esdebitazione in proprio). Infine, restano esclusi i debiti sorti dopo l’apertura della procedura (ma questi di solito non esistono o sono pochissimi).
Effetti per il debitore: Durante la liquidazione, il debitore è spossessato dei beni (pur potendo trattenere quelli impignorabili per vivere). Tuttavia, mantiene la capacità di agire giuridicamente per il resto (può ad esempio continuare un piccolo lavoro – ma dovrà consegnare al liquidatore la parte di reddito eccedente il minimo vitale, fino alla chiusura ). Non ci sono, in CCII, restrizioni personali come l’interdizione dai commerci previste nel vecchio fallimento: quindi il debitore può aprire una nuova attività o assumere cariche, a suo rischio, anche durante la procedura. Ovviamente, qualunque bene acquistasse durante la liquidazione cadrebbe immediatamente nell’attivo da liquidare, se acquistato entro i 3 anni . Trascorsi i 3 anni, esdebitato, può ricominciare da zero con i beni (e redditi) che riuscirà a procurarsi da quel momento in poi, senza doverli ai vecchi creditori.
Un esempio: Mario (il nostro termotecnico dell’esempio precedente) decide di optare per la liquidazione controllata perché non riesce a sostenere alcun piano. Apre la procedura nel 2025, consegna il suo furgone, i macchinari e chiude la ditta. Il liquidatore vende tutto ricavando €20.000, che distribuisce per pagare in parte il Fisco e gli altri creditori (che magari vantavano €80.000 complessivi). Dopo 3 anni, nel 2028, il tribunale chiude la procedura. Mario ha collaborato e non ha nascosto nulla: il giudice quindi gli concede l’esdebitazione, cancellando i circa €60.000 di debiti non pagati. Mario ha perso i beni, ma è finalmente libero dalle vecchie pendenze. Questo risultato – uscire pulito in ~3 anni – è quello che il legislatore ha voluto privilegiare, riducendo molto i tempi rispetto al passato (dove una persona fallita doveva attendere la chiusura del fallimento + fare domanda di esdebitazione + attendere il decreto, a volte 5-6 anni in totale).
Vantaggi: la liquidazione controllata è una procedura garantita: non richiede accordo con i creditori, parte per diritto del debitore (se in stato di insolvenza) . È l’ultima rete di salvataggio: anche se tutti rifiutano accordi, il debitore può chiedere la liquidazione e ottenere comunque la liberazione dai debiti (meritevolezza permettendo). Dà immediata protezione (stop ai pignoramenti) e, rispetto a un fallimento, è più clemente: durata massima 3 anni, niente pene accessorie personali, minori costi (in genere meno attivo e dunque meno formalità).
Svantaggi: comporta la perdita di tutti i beni (in primis l’abitazione, se di valore). Il debitore vede dissolto il frutto dei suoi sacrifici passati. Inoltre, se aveva un’attività, questa viene di fatto chiusa: i dipendenti licenziati, i clienti persi, ecc. Quindi è una soluzione di fine corsa, adatta a chi non può oggettivamente risollevarsi o a chi intende comunque cessare l’impresa. Per un artigiano orgoglioso del proprio lavoro, non è facile accettare la liquidazione, perché significa smantellare l’attività costruita magari in anni. Tuttavia, in certi casi è l’unica via per evitare di essere perseguitato a vita dai creditori.
Esdebitazione del debitore incapiente (fresh start senza beni)
L’esdebitazione del debitore incapiente è una procedura introdotta per la prima volta dal Codice della Crisi (art. 283 CCII) su impulso della normativa europea. Rappresenta una sorta di “grazia” per il debitore onesto ma completamente privo di beni e reddito: costui può ottenere la cancellazione di tutti i debiti senza dover pagare nulla, neppure parzialmente . È una misura eccezionale, subordinata a condizioni stringenti, pensata per evitare che persone totalmente indigenti restino eternamente schiave di debiti che mai potrebbero pagare.
Chi può chiederla: Solo persone fisiche sovraindebitate che: a) non possiedono alcun patrimonio liquidabile (o solo beni di valore trascurabile); b) non hanno capacità di offrire alcuna utilità ai creditori, nemmeno in futuro; c) sono meritevoli (nessun dolo o colpa grave nel sovraindebitamento). In pratica, il nullatenente onesto. Sono esclusi gli imprenditori individuali se dietro l’attività c’è un patrimonio, ma se l’impresa è cessata e non ha beni, l’ex imprenditore può aspirarvi. Bisogna inoltre non aver già usufruito in passato di un’esdebitazione di questo tipo.
Come funziona: Il debitore presenta domanda al tribunale (solitamente tramite un OCC) chiedendo l’esdebitazione immediata senza attivo. Deve allegare tutta la documentazione reddituale e patrimoniale, per provare la propria totale insolvenza. L’OCC redige una relazione attestando che non ci sono beni liquidabili e che la situazione economica è disperata. Il tribunale verifica le condizioni e, se ritiene, emette decreto di esdebitazione: con esso, cancella tutti i debiti del richiedente di natura concorsuale . Il provvedimento viene comunicato ai creditori, che hanno diritto di proporre opposizione (se, ad esempio, scoprono che il debitore aveva sottovalutato dei beni o contestano la meritevolezza). In assenza di opposizioni, o dopo il loro rigetto, l’esdebitazione diviene definitiva.
Obblighi del debitore esdebitato: Il beneficio è concesso con una condizione: per i successivi 4 anni dal decreto, se il debitore incapiente dovesse ottenere risorse rilevanti, dovrà destinarle ai vecchi creditori fino a un certo limite . In particolare, se entro 4 anni il debitore ha un aumento di reddito o entra in possesso di beni tali da permettere di pagare almeno il 10% dell’ammontare dei debiti (con un minimo di €10.000 indicato dalla prassi) , allora scatta l’obbligo di usarli per risarcire parzialmente i creditori, fino a concorrenza di quel 10% (o più, se le disponibilità lo consentono) . In pratica, il debitore è come sottoposto a una condizione risolutiva: se diventa ricco entro 4 anni, deve pagare qualcosa ai vecchi creditori. Se lo fa, mantiene l’esdebitazione; se non lo fa spontaneamente, l’OCC (che rimane nominato come controllore per quei 4 anni) può segnalarlo e il tribunale può revocare il beneficio . Se invece trascorrono i 4 anni senza che nulla di significativo accada, l’esdebitazione diventa definitiva e irrevocabile: anche se il quinto anno il debitore vince alla lotteria o eredita una casa, i vecchi creditori ormai non potranno più rivalersi .
Durante quei 4 anni di “probation”, il debitore deve collaborare attivamente: informare l’OCC di eventuali variazioni reddituali, presentare dichiarazioni annuali su eventuali beni acquisiti . L’OCC vigila e può chiedere chiarimenti. Il debitore non può rifiutare eventuali offerte di lavoro congrue che gli permetterebbero di pagare i creditori (se lo facesse in malafede, rischierebbe la revoca per comportamento sleale). Allo stesso tempo, però, la persona è libera dai debiti fin da subito: il decreto di esdebitazione sospende ogni obbligo verso i vecchi creditori, salvo appunto l’eventualità di dover pagare se avrà fortuna entro 4 anni . In altri termini, il debitore riparte pulito, con l’unico “peso” di dover condividere eventuali colpi di fortuna con chi in passato aveva perso soldi da lui.
Quali debiti copre? L’esdebitazione incapiente copre tutti i debiti concorrenti (cioè anteriori). Le stesse esclusioni generali si applicano: alimenti, mantenimento, danni da dolo, multe penali restano dovuti . I crediti privilegiati e chirografari vengono tutti falcidiati al 100% (salvo se scatta la condizione dei 4 anni, allora riceveranno al massimo quel 10%). Questo strumento quindi è potentissimo per il debitore ma penalizzante per i creditori, motivo per cui viene riservato a situazioni estreme.
Esempio: Luigi, ex artigiano termotecnico, ha chiuso l’attività ed è disoccupato, vive in affitto, senza alcun bene intestato. Ha però €50.000 di debiti residui (bollette, prestiti personali, un po’ di IVA). Luigi, 60enne con salute precaria, realisticamente non potrà mai rimborsarli. Può chiedere l’esdebitazione incapiente. Il tribunale verifica che effettivamente non ha nulla: accoglie la domanda e, nel 2025, emette decreto che cancella i suoi €50.000 di debiti. Luigi torna libero. Trova poi un lavoretto part-time: guadagna €800 al mese, che gli bastano solo per vivere modestamente – quindi niente utilità rilevanti per i creditori. Dopo 4 anni (2029) l’esdebitazione diviene definitiva. Luigi ha così avuto una seconda chance. Se invece Luigi entro i 4 anni ereditasse €20.000, dovrebbe destinarne, poniamo, €10.000 (il 20% dei debiti, cioè ben oltre il 10% minimo) ai vecchi creditori, suddivisi pro-quota, tramite l’OCC; dopodiché l’esdebitazione sarebbe confermata.
Meritevolezza richiesta: L’art. 283 CCII prevede che non possa accedere all’esdebitazione incapiente chi ha determinato la propria insolvenza con dolo o colpa grave . Quindi un debitore “furbo” che ha sperperato volontariamente non può ottenere questo beneficio. Per lui, al più, c’è la liquidazione (senza esdebitazione). Inoltre, questo è un beneficio unico: la legge dice espressamente che lo si può ottenere una sola volta nella vita. Se un debitore incapiente viene graziato e poi si riempie di nuovi debiti… non avrà una seconda grazia.
Differenze da liquidazione controllata: La liquidazione presuppone che ci sia qualcosa da liquidare, anche poco; qui no. Inoltre, la liquidazione dura 3 anni e nel frattempo i creditori ricevono quel poco che si realizza; qui i creditori ricevono subito nulla (o in 4 anni se appare qualcosa di importante). La logica è: non ha senso aprire una procedura costosa di liquidazione se non c’è nulla da liquidare. Tanto vale chiuderla subito, risparmiando anche su curatori ecc. (infatti l’OCC che segue i 4 anni viene pagato la metà del compenso usuale per alleggerire i costi ). Questo istituto è molto avanzato e in passato l’Italia non l’aveva. Ora consente, ad esempio, a persone uscite dal mercato del lavoro e indebitate (purtroppo spesso anziani con pensioni basse e debiti di vecchie attività) di non vivere con l’angoscia per sempre.
Considerazioni conclusive su meritevolezza e recidiva: Come accennato, l’art. 77 CCII e art. 280 CCII contengono clausole antifrode e antireiterazione valide per tutte le procedure . In particolare: un debitore persona fisica può beneficiare dell’esdebitazione solo una volta ogni 5 anni e al massimo due volte in totale nella vita . Ciò significa che non si può usare in modo seriale il sovraindebitamento per azzerare debiti ripetutamente. Dopo due esdebitazioni, la terza non è più concessa. E se ne hai avuta una, devi aspettare almeno 5 anni per rifarla. Questo per evitare abusi (moral hazard). Inoltre, se emergono atti in frode (es. vendite simulate a parenti poco prima di chiedere la procedura), la domanda è inammissibile o la procedura viene revocata . Quindi la trasparenza è obbligatoria: tutti i beni, anche minimi, vanno dichiarati; i movimenti sospetti entro gli ultimi 2 anni vengono vagliati (si possono revocare atti a titolo gratuito degli ultimi 2 anni, o pagamenti preferenziali degli ultimi 6 mesi, similmente al fallimento, art. 270 e 274 CCII) .
Di seguito, riassumiamo in una tabella comparativa le caratteristiche salienti delle quattro vie concorsuali illustrate (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata, esdebitazione incapiente):
| Procedura | Chi può accedere | Caratteristiche principali | Durata stimata | Esito sui debiti |
|---|---|---|---|---|
| Piano del consumatore (ristrutturazione dei debiti) | Solo persone fisiche consumatori (debiti contratti per scopi personali, non legati ad attività d’impresa) | Proposta del debitore di pagamento parziale/rateale dei debiti, senza voto dei creditori (decide il giudice). Richiede meritevolezza del debitore. Possibile falcidia di debiti chirografari e anche di quelli privilegiati per la parte non coperta da garanzie . Il giudice omologa se il piano è fattibile e più vantaggioso della liquidazione per i creditori . | Omologazione in ~4-6 mesi; esecuzione del piano tipicamente in 3–5 anni (ma può arrivare a 7 anni o più in casi eccezionali). | Debiti residui cancellati al termine dell’esecuzione del piano omologato . Il debitore ottiene l’esdebitazione completa, salvo debiti esclusi per legge (alimenti, risarcimenti per dolo, multe penali) che restano comunque dovuti . |
| Concordato minore | Imprenditori minori, professionisti, enti non fallibili con debiti d’impresa (incl. ex imprenditori con debiti residui). Occorre essere sotto le soglie di fallibilità (attivo ≤ €300k, ricavi ≤ €200k, debiti ≤ €500k) . | Il debitore propone un accordo ai creditori, con pagamento parziale e/o in forma dilazionata. Votazione dei creditori: serve il 50% dei crediti favorevoli . Possibile continuità aziendale: l’impresa può proseguire sotto vigilanza OCC/commissario. Consentito il cram-down sui creditori pubblici: il giudice può omologare anche senza adesione di Fisco/INPS se la proposta verso di loro è equa . Richiesta assenza di frodi; la meritevolezza non è espressa ma incide (comportamento gravemente scorretto può far negare l’omologa) . | Omologa in ~6-12 mesi; il piano dura di solito 3–5 anni (ma la legge non impone un limite rigido alla durata dei pagamenti, si cerca di stare entro ~7 anni per ragionevolezza) . | Debiti residui cancellati dopo l’adempimento del piano omologato: il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione di quanto non è stato pagato (stesse esclusioni di legge) . Se però il debitore non esegue il piano, questo viene risolto e i crediti originari reviviscono (salvo acconti già incassati). |
| Liquidazione controllata del sovraindebitato | Qualsiasi debitore sovraindebitato (consumatore o imprenditore minore). Può accedervi anche il debitore “non meritevole” che non potrebbe fare un piano (ma in tal caso, niente esdebitazione finale) . | Procedura liquidatoria: tutti i beni del debitore vengono liquidati da un Liquidatore nominato dal tribunale, e il ricavato distribuito ai creditori secondo le prelazioni. Il debitore perde la disponibilità dei beni. Durata massima 3 anni dall’apertura , poi la procedura si chiude comunque. Durante la liquidazione, azioni esecutive individuali bloccate. Il debitore collabora e può svolgere attività lavorativa, ma l’eventuale surplus di reddito prodotto nei 3 anni viene in parte assorbito nella liquidazione a favore dei creditori. | Procedura rapida rispetto al fallimento: generalmente ~3 anni per chiudere (salvo proroghe motivate). – NB: se entro 3 anni alcuni beni non si riescono a vendere, il giudice dichiara chiusa lo stesso la liquidazione (i beni invenduti vengono di regola restituiti o rimangono inefficaci le pretese dei creditori su di essi). | Esdebitazione del debitore persona fisica a fine procedura (previa verifica). Se il debitore ha cooperato ed è stato onesto, il tribunale gli cancella tutti i debiti rimasti insoddisfatti . Se invece ha tenuto comportamenti gravemente scorretti o ha già beneficiato di esdebitazione <5 anni prima, l’esdebitazione è negata e i creditori potranno riprendere le azioni per la parte non soddisfatta (caso raro, indice di frode). Debiti non coperti dall’esdebitazione: alimenti, danni da dolo, multe penali (come sopra). |
| Esdebitazione del debitore incapiente (senza utilità) | Persone fisiche sovraindebitate che non hanno beni né redditi aggredibili da offrire ai creditori (o comunque risorse irrisorie). Richiede meritevolezza impeccabile e mai aver già ottenuto esdebitazione “incapiente” in passato (concessa una sola volta). | Il tribunale, su istanza del debitore, cancella immediatamente tutti i debiti senza aprire alcuna liquidazione . Si tratta di una “esdebitazione preventiva” concessa in casi disperati. Dopo il decreto, il debitore è libero dai debiti, ma rimane in una fase di probatorio di 4 anni: se entro 4 anni dal decreto il debitore ottiene sopravvenienze di reddito o patrimonio significative (che permetterebbero di pagare almeno il 10% dei vecchi debiti) ha l’obbligo di dichiararlo e utilizzarle per pagare i creditori, fino a concorrenza di quel 10% minimo . L’OCC lo vigila e raccoglie eventuali pagamenti. Se il debitore viola l’obbligo o aveva mentito, il beneficio può essere revocato. | Procedura di decisione molto breve (pochi mesi per ottenere il decreto di esdebitazione). Segue poi un periodo di 4 anni di monitoraggio sulle finanze del debitore . Trascorsi i 4 anni senza “colpi di fortuna” per il debitore, l’esdebitazione si consolida definitivamente. | Debiti subito cancellati dal decreto (tutti i crediti concorsuali sono inesigibili verso il debitore) . Se entro 4 anni il debitore diventa in grado di pagare almeno parte, deve versare le “utilità sopravvenute” ai creditori fino a coprire indicativamente il 10% dell’ammontare originario dei debiti (o oltre se può) . Dopo 4 anni senza miglioramenti, i creditori perdono definitivamente ogni diritto (anche se il debitore dovesse poi arricchirsi successivamente) . Restano in ogni caso esclusi i debiti non esdebitabili per legge (alimenti, etc.) . |
Come si nota, tutte le procedure puntano – se ben utilizzate – a liberare il debitore dai debiti entro un arco temporale ragionevole, bilanciando però i diritti dei creditori (che ricevono tutto il possibile dato il caso). La scelta dello strumento dipende dalla situazione concreta: se il debitore ha ancora una capacità di rimborso parziale e vuole evitare di perdere i beni, tenterà un piano o un concordato; se la situazione è irreversibile e l’attività non è più salvabile, opterà per la liquidazione (o, se proprio non ha nulla, per l’esdebitazione incapiente).
Ulteriori tutele per il debitore e strategie difensive
Dal punto di vista del debitore (termotecnico) è fondamentale conoscere, oltre agli strumenti di cui sopra, anche alcune tutele generali e accorgimenti difensivi che l’ordinamento gli offre, sia al di fuori sia all’interno delle procedure.
- Beni impignorabili: Abbiamo già menzionato che esistono beni che per legge il creditore non può pignorare. Ad esempio, gli strumenti indispensabili del mestiere sono protetti (art. 515 c.p.c.): nel caso del termotecnico, l’attrezzatura di lavoro essenziale non dovrebbe essere sottratta, salvo eccezioni, perché senza di essa il debitore non potrebbe produrre reddito . Anche i beni di uso quotidiano (vestiario, letti, elettrodomestici base) e i generi alimentari non sono pignorabili. Conoscere questi limiti serve per reagire qualora l’ufficiale giudiziario tenti di prendere beni non consentiti: il debitore può fare opposizione all’esecuzione o segnalare l’impignorabilità sul verbale di pignoramento.
- Limiti al pignoramento di stipendi e conti: Se il termotecnico ha uno stipendio (o pensione) oppure percepisce redditi da lavoro, la legge fissa limiti a quanto i creditori possono sottrarre:
- Lo stipendio o reddito da lavoro dipendente può essere pignorato solo fino a 1/5 dell’importo mensile netto (art. 545 c.p.c.), salvo concorso di più pignoramenti (in genere non oltre 50% sommando il tutto). Inoltre, esiste una soglia di impignorabilità assoluta pari alla misura massima dell’assegno sociale (circa €574 mensili nel 2025) : se uno stipendio è basso, quella parte non si tocca.
- La pensione è impignorabile per la parte equivalente all’assegno sociale + 1/2 (circa €861); sull’eccedenza si applica il solito limite del quinto.
- Conto corrente su cui viene accreditato lo stipendio/pensione: se viene pignorato a mese in corso, il giudice deve lasciare intatta la somma pari all’ultimo stipendio/pensione (per non azzerare le risorse vitali).
- Per crediti fiscali, esistono percentuali leggermente diverse: AdER può pignorare stipendio/pensione 1/10 se l’importo < €2.500, 1/7 tra €2.500 e €5.000, 1/5 oltre €5.000 (art. 72-ter DPR 602/73).
Queste norme fanno sì che il debitore conservi sempre un minimo vitale. Un termotecnico che, ad esempio, dopo la cessazione attività trovi un lavoro dipendente a €1.200/mese, anche se tempestato di creditori, ne vedrà al massimo €240 pignorati (1/5), conservandone €960. Ciò va tenuto presente perché spesso i debitori, per paura di vedersi azzerare lo stipendio, restano nell’economia informale. Invece, lavorare regolarmente e magari convogliare una parte del reddito in un piano del consumatore controllato dal giudice può essere più conveniente e dignitoso che vivere di espedienti. – Divieto di abuso e tutela del debitore onesto: La giurisprudenza, anche costituzionale, ha più volte affermato che la tutela del creditore non è illimitata e deve bilanciarsi con i diritti fondamentali del debitore . In particolare, vige il principio che il debitore meritevole (onesto ma incapiente) vada aiutato a ritornare solvibile. La Corte Costituzionale con sentenza n. 77/2018 e n. 83/2022 ha sottolineato che l’esdebitazione risponde a finalità sociali importanti e che “il diritto del creditore a soddisfarsi non è assoluto, potendo essere compresso in vista di obiettivi di recupero del debitore” . Ciò si riflette nelle norme odierne che abbiamo esaminato. Il debitore ha dunque diritto a una seconda chance, purché agisca senza frode. Anche la Corte di Giustizia UE, nel 2021, ha affermato che gli Stati devono garantire procedure di liberazione dai debiti inclusive e non discriminatorie (ha censurato normative che escludevano dall’esdebitazione certe categorie di debiti in modo eccessivo). – Controllo giudiziario degli interessi abusivi: Se un creditore (in particolare banche/finanziarie) ha applicato tassi usurari o clausole vessatorie, il debitore può farle valere per ridurre il debito. Cass. 9479/2023, ad esempio, ha ammesso l’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo bancario fondato su interessi usurari, proprio per evitare un pignoramento immobiliare sproporzionato . Quindi, non esitare a far controllare da un esperto i contratti di mutuo, fido o leasing per individuare possibili illegalità: anche in sede di sovraindebitamento, il giudice può disapplicare clausole nulle o ridurre il credito per usura. – Patrocinio a spese dello Stato: Un debitore in gravi difficoltà economiche potrebbe aver diritto all’assistenzale legale gratuita (gratuito patrocinio) nelle procedure. Finora era incerto se ciò valesse anche per il sovraindebitamento (non essendo espressamente menzionato nel Testo Unico Spese di Giustizia). La Corte Costituzionale, sentenza n. 121/2023, ha risolto la questione dichiarando incostituzionale la norma che lo negava: oggi il debitore sovraindebitato può chiedere il gratuito patrocinio anche se intende avviare una liquidazione controllata . Ciò copre le spese legali e dell’OCC in base ai limiti di reddito previsti. Questa pronuncia elimina un ostacolo: prima, molti esitavano ad accedere alle procedure per via dei costi professionali; ora, se indigenti, possono farlo con assistenza a carico dello Stato. Dunque un termotecnico nullatenente non deve temere di non poter pagare l’OCC o l’avvocato: può presentare domanda di ammissione al patrocinio. – Uso strategico delle procedure: Dal lato pratico, il debitore può usare le procedure concorsuali anche come leva negoziale. Ad esempio, se un creditore ipotecario (banca) è restio a una transazione, prospettargli un concordato minore in cui prenderebbe meno può spingerlo a trattare. Oppure, l’avvio stesso di un procedimento di sovraindebitamento spesso induce i creditori a concordare soluzioni transattive all’ultimo minuto, pur di evitare la falcidia giudiziale. È importante però che il debitore mostri determinazione e concretezza (depositando davvero la domanda in tribunale quando necessario). – Centralità dell’OCC: Gli Organismi di Composizione della Crisi sono gli alleati tecnici del debitore. Vanno interpellati per tempo. Ogni provincia ha OCC presso le Camere di Commercio o gli Ordini professionali . Questi organismi forniscono colloqui di orientamento gratuiti e poi, se incaricati, nominano un Gestore della crisi che guida il debitore passo passo . Il debitore non deve temere di “andare in tribunale”: l’OCC si occuperà di tutto l’iter burocratico e redigerà per lui la proposta. Tempestività è essenziale: prima di essere sommersi da decreti ingiuntivi e pignoramenti, meglio presentarsi all’OCC quando si capisce che la situazione sta precipitando. Ciò permette magari di salvare la casa prima che sia venduta all’asta (i giudici sono più propensi a sospendere un’esecuzione se vedono una procedura di sovraindebitamento ben avviata). – Evita atti di favore verso alcuni creditori: Quando un debitore è in crisi, è umano pensare “pago prima Tizio perché è amico/fornitore essenziale, e trascuro gli altri”. Ma attenzione: pagamenti preferenziali fatti poco prima di una procedura concorsuale possono essere revocati dal liquidatore se superano certe soglie (art. 270 CCII, revocatoria di atti a titolo oneroso entro 6 mesi da liquidazione) . Inoltre, privilegiare indebitamente alcuni creditori può essere valutato come atto in frode se fatto per pregiudicare la par condicio. Meglio dunque agire in trasparenza e, se possibile, trattare con tutti simultaneamente attraverso un piano. – Non aggravare il dissesto (divieto di nuove esposizioni): Dal momento in cui il termotecnico prende coscienza dell’insolvenza, dovrebbe evitare di contrarre nuovi debiti se sa già di non poterli onorare. Tali comportamenti possono costituire mala fede. Ad esempio, fare acquisti a credito o richiedere finanziamenti poco prima di chiedere il sovraindebitamento è molto rischioso: i creditori e il giudice lo vedrebbero come un abuso. Anzi, la legge prevede che i finanziamenti ottenuti in prossimità della procedura e non pagati possano comportare la valutazione di non meritevolezza. Quindi, meglio stringere la cinghia e non usare nuove linee di credito in extremis (a meno che servano a evitare danni peggiori e sia giustificabile). – Comunicare con i creditori: Una difesa spesso sottovalutata è la comunicazione. Ignorare gli avvisi e le raccomandate dei creditori è un errore: può far perdere opportunità (es: rottamazioni delle cartelle) e peggiora la percezione che il creditore ha di noi (portandolo a essere più aggressivo). Meglio rispondere, spiegare la propria situazione, magari con l’aiuto di un consulente o di una lettera dell’OCC. Questo non indebolisce giuridicamente la propria posizione (riconoscere un debito non peggiora niente se già esiste il titolo), anzi può aprire spiragli. Ad esempio, molti fornitori apprezzano quando il debitore li informa che sta predisponendo un piano con l’OCC: possono decidere di aspettare l’esito invece di procedere subito legalmente.
In definitiva, il quadro normativo attuale offre al debitore sovraindebitato molti strumenti di tutela, ma è fondamentale muoversi con consapevolezza e onestà. Il sistema premia il debitore che affronta il problema a viso aperto, coinvolgendo i creditori e le istituzioni competenti (OCC, tribunale), e scoraggia invece chi cerchi scorciatoie fraudolente. Un termotecnico con debiti non è solo in balìa degli eventi: ha diritti e possibilità di reagire. Certo, dovrà spesso accettare compromessi (pagare una parte, rinunciare a qualcosa, sottoporsi a controllo), ma in cambio potrà ottenere ciò che fino a pochi anni fa era impensabile: tornare libero dai debiti e ripartire pulito, senza l’ombra perenne dei creditori. Questa è la logica di fondo del moderno diritto fallimentare “di secondo livello” (sovraindebitamento): una composizione equa tra interessi dei creditori (che recuperano il possibile) e dignità del debitore (che non viene annientato per sempre dal debito).
Domande frequenti (FAQ)
D: Sono un termotecnico con un grosso debito fiscale. Cosa mi può fare concretamente il Fisco?
R: L’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER) può emettere cartelle esattoriali. Se non paghi o rateizzi entro 60 giorni, può iscrivere ipoteca su immobili (se debito > €20.000) e procedere a pignoramenti su conti correnti, stipendio/pensione, automezzi e anche sugli immobili. Tuttavia non può pignorare la prima casa (non di lusso) se è la tua unica proprietà e il debito è < €120.000 . AdER prima di pignorare un immobile deve inoltre iscrivere ipoteca da almeno 6 mesi. Può pignorare stipendi/pensioni nei limiti (max 1/5) e i conti correnti (lasciandoti però il minimo vitale). Quindi il Fisco è potente ma ha vincoli di legge. In più, se il debito è elevato e non risolvibile, puoi includerlo in un piano o concordato: in tal caso, se il giudice omologa, AdER dovrà accettare il pagamento parziale previsto e non potrà più agire oltre. Anche la rateizzazione è uno scudo: con una dilazione attiva, AdER non esegue pignoramenti. Infine, approfitta delle eventuali rottamazioni: ad esempio, la rottamazione 2023 ha permesso di annullare sanzioni e interessi . Verifica periodicamente se la legge di bilancio prevede nuovi condoni o stralci di interessi, perché possono alleggerire il tuo debito fiscale.
D: Ho debiti con fornitori e ho paura che mi pignorino gli strumenti di lavoro. Possono farlo?
R: In linea di massima, gli strumenti indispensabili per la tua attività (attrezzi, utensili, macchinari base) sono parzialmente protetti. Il Codice di procedura civile vieta di pignorare beni strumentali essenziali, a meno che il creditore non provi che il valore di quei beni supera di molto quello necessario per la tua attività e non ci siano altri beni aggredibili . Nella pratica, l’ufficiale giudiziario di solito evita di asportare i macchinari con cui ti guadagni da vivere, perché sa che potresti fare opposizione e perché il ricavato in asta di attrezzi usati sarebbe modesto. Più facile che pignori il furgone aziendale, considerato bene strumentale ma di valore (anche se teoricamente anch’esso serve per il lavoro). Anche qui però puoi fare istanza al giudice per sostituire il pignoramento del mezzo con un altro bene o dimostrare che senza furgone non puoi lavorare. In alternativa, se prevedi aggressioni, valuta un concordato minore: durante quella procedura i beni funzionali all’impresa vengono di regola lasciati al debitore per continuare l’attività . Quindi, se sei in concordato, i fornitori non possono pignorare i tuoi strumenti; dovranno attendere l’esito del concordato.
D: Una banca mi ha fatto decreto ingiuntivo per il mutuo della casa. Possono davvero vendermi all’asta la prima casa?
R: Purtroppo sì, se il creditore è privato (come la banca) la legge non prevede l’impignorabilità della prima casa . La tutela della prima casa (divieto di pignoramento) vale solo verso AdER. La banca, avendo un’ipoteca, può attivare la esecuzione immobiliare se sei in sofferenza sul mutuo. Tuttavia, hai alcune carte: intanto, puoi cercare una soluzione prima che si arrivi all’asta. Ad esempio, proporre alla banca una vendita privata dell’immobile: trovi un acquirente che paga un prezzo magari superiore a quello d’asta, con cui saldi il debito (o gran parte). La banca spesso preferisce recuperare in modo rapido e certo anziché aspettare anni di aste. Puoi anche tentare un piano del consumatore se il debito è per scopi familiari: il giudice potrebbe omologare un piano dove tu vendi la casa a prezzo di mercato e paghi la banca (che magari accetta un piccolo sacrificio sul residuo) . Addirittura, in alcuni piani i giudici hanno sospeso l’asta per dare modo al debitore di vendere meglio o di ristrutturare il debito e tenere la casa. Quindi non subire passivamente: valuta procedure concorsuali prima che la casa sia aggiudicata a terzi. Se invece l’asta è già avanzata, ricorda che puoi fermarla pagando tutte le rate scadute e le spese (diritto di purga) prima del decreto di trasferimento. Inoltre, un’asta deserta dopo l’altra porta spesso la banca a più miti consigli: potresti negoziare un saldo e stralcio del mutuo residuo se la casa non attira compratori. Ogni caso è a sé, ma il filo conduttore è: agisci rapidamente e, se possibile, affidati a un OCC o a un legale esperto per salvare il salvabile. In estrema ratio, preparati a un nuovo alloggio: l’esecuzione immobiliare, una volta avviata, può essere arrestata definitivamente solo risolvendo il debito o con un concordato/minore/piano omologato che includa quel debito.
D: Cosa succede ai miei debiti se “fallisco” come piccolo imprenditore?
R: Se sei sotto le soglie di fallibilità, non verrai dichiarato fallito (liquidazione giudiziale) ma potrai accedere alle procedure di sovraindebitamento. Abbiamo visto che la procedura liquidatoria equivalente è la liquidazione controllata: in tal caso i tuoi beni verrebbero venduti e poi, come persona fisica, saresti esdebitato dai debiti residui . In pratica, dopo la chiusura della liquidazione (massimo 3 anni), non risponderesti più dei debiti pregressi. Questa è una differenza fondamentale rispetto al fallimento del vecchio ordinamento: un tempo il piccolo imprenditore non fallibile restava però eternaente esposto ai creditori (che potevano perseguirlo vita natural durante, salvo prescrizioni), perché non c’era un meccanismo di scarico dei debiti. Oggi invece, con la liquidazione controllata, anche il piccolo imprenditore ottiene ciò che il fallito otteneva con l’esdebitazione della legge fallimentare . Quindi “fallire” in senso lato (cioè entrare in liquidazione) ha un impatto negativo nell’immediato – perdi i beni, l’attività cessa – ma positivo nel lungo termine perché ti libera e puoi ricominciare senza pendenze. Se invece tu fossi sopra soglia (fallibile) e venissi dichiarato fallito (liquidazione giudiziale), allora dovresti attendere la chiusura del fallimento e poi chiedere l’esdebitazione ex art. 278 CCII. Anche lì, se hai collaborato e non commesso reati, il tribunale ti libererà dai debiti . La Cassazione ha recentemente confermato che l’esdebitazione del fallito non richiede aver soddisfatto una quota minima di debiti . Insomma, sia nel regime “minore” sia in quello “maggiore”, la legge ti permette di ripartire. L’importante è evitare le cause di inammissibilità (comportamenti fraudolenti, recidiva) che precluderebbero l’esdebitazione sia nel sovraindebitamento che nel fallimento .
D: Posso mantenere la mia abitazione e la mia auto se accedo a una di queste procedure?
R: Dipende. Nel piano del consumatore c’è una buona chance di salvare la casa: se il piano prevede di continuare a pagare il mutuo o di trovare un accordo con la banca, e se ciò non lede gli altri creditori, i tribunali tendono a tutelare l’abitazione principale . Molti piani vengono costruiti ad hoc per evitare la vendita della casa, ad esempio proponendo di mettere in regola le rate arretrate e proseguire i pagamenti. Nel concordato minore, se l’immobile è funzionale all’attività o non è necessario venderlo per pagare i creditori, puoi cercare di conservarlo (magari tenendo il mutuo in essere) . Tuttavia, se il valore immobiliare è l’unica risorsa per pagare i creditori e non ci sono altri fondi, è probabile che nel concordato i creditori chiedano la cessione o vendita dell’immobile per soddisfarsi. Nella liquidazione controllata, purtroppo, la casa di proprietà verrà quasi sicuramente liquidata dal liquidatore, a meno che abbia un valore trascurabile o sia interamente gravata da ipoteca (in quel caso potrebbe essere lasciata stare se non conviene venderla) . Quanto all’automobile: se è uno strumento indispensabile (es. il furgone per gli interventi), nel concordato si cerca di mantenerla, nella liquidazione dipende dal valore – se è modesta, il liquidatore potrebbe lasciarla al debitore perché il ricavato di vendita sarebbe inferiore all’utilità di lasciargliela per lavorare. Spesso i giudici, specie nelle liquidazioni, non vendono beni di scarso valore, preferendo che il debitore li tenga (perché altrimenti i creditori ci guadagnerebbero pochissimo e il debitore perderebbe mezzi importanti). Quindi, in conclusione: con un piano o concordato ben congegnato hai buone possibilità di tenere casa e mezzo di lavoro, mentre con la liquidazione rischi di perderli, salvo appunto il caso in cui venderli sia antieconomico. Valuta queste conseguenze quando scegli la procedura: se la casa è priva di mutuo ed è l’unico bene di rilievo, un concordato che la ceda potrebbe essere equivalente a una liquidazione tanto vale; se invece hai reddito sufficiente per sostenere il mutuo residuo, un piano può salvarti casa.
D: Ho sia debiti personali che debiti della mia ex attività: devo fare due procedure separate?
R: No, in un’unica procedura di sovraindebitamento puoi includere tutti i tuoi debiti, di qualsiasi natura . L’importante è scegliere la procedura giusta in base alla tua qualifica principale. Se sei un ex imprenditore (non fallibile) con debiti d’impresa, farai il concordato minore o la liquidazione controllata: dentro questa, metterai sia i debiti verso fornitori/Fisco, sia quelli personali (es. un prestito personale). Non c’è bisogno del piano del consumatore a parte per i debiti personali – anzi, non potresti, perché avendo debiti d’impresa non sei “consumatore” puro. Tutto viene trattato insieme nel concordato minore. Il tribunale e l’OCC faranno le dovute distinzioni: i debiti personali come una carta di credito verranno considerati chirografari; i debiti IVA verranno considerati privilegiati, ecc. Ma la procedura unica li copre tutti e alla fine otterrai l’esdebitazione su tutti (eccetto alimenti ecc.). Anche nel piano del consumatore in teoria puoi inserire debiti di varia natura, purché nessuno derivante da attività d’impresa. Quindi se avessi, ad esempio, debiti per bollette e mutuo e qualche finanziamento familiare, fai un piano unico per tutti. La logica del sovraindebitamento è dare una soluzione unitaria alla crisi del soggetto. Il caso particolare è se sei coobbligato con altri: esempio, un tuo debito bancario è garantito da tuo fratello. Tu lo inserisci nella tua procedura e ne vieni esdebitato: tuo fratello garante però ne risponde comunque (lui non è liberato dalla tua procedura). Viceversa, se anche tuo fratello è indebitato, potete fare una procedura familiare congiunta (introdotta dal Codice) . Se convivete e i debiti hanno origine comune, potete presentare un unico piano o concordato familiare. Questo è vantaggioso perché semplifica e riduce costi. Ad esempio, marito e moglie artigiani con debiti comuni possono fare un concordato minore unico, invece di due separati . Ciò risolve insieme la posizione familiare.
D: Quanto costa e quanto tempo ci vuole per ottenere l’esdebitazione?
R: I tempi e i costi variano a seconda della procedura e della complessità del caso. In generale: – Un piano del consumatore o concordato minore richiede qualche mese per preparare la documentazione con l’OCC; depositato il ricorso, il tribunale fissa udienza di omologa di solito entro 3-6 mesi. Dall’omologa al completamento del pagamento può passare qualche anno (il piano medio è 4-5 anni). Dunque l’esdebitazione finale arriva dopo l’esecuzione: se il piano dura 5 anni, l’esdebitazione è a 5 anni + qualche mese dal deposito iniziale. In totale potrebbe essere un percorso di circa 5-6 anni da inizio a fine. Ovviamente, se il piano prevede pagamento in unica soluzione (ad es. vendi un immobile e chiudi tutto in 6 mesi), l’esdebitazione arriva prima. La legge vuole comunque che il sollievo arrivi entro tempi ragionevoli (ad es. non vede di buon occhio piani decennali) . – Una liquidazione controllata dura formalmente 3 anni (massimo) . In molti tribunali riescono a chiuderla anche in 2 anni se ci sono pochi beni. L’esdebitazione può essere contestuale alla chiusura o data subito dopo (oggi è automatizzata, quindi spesso la sentenza di chiusura contiene già l’esdebitazione). Quindi direi 3 anni circa per essere esdebitati con la liquidazione (molto più rapido di tanti vecchi fallimenti). – L’esdebitazione incapiente è la più veloce sul fronte liberatorio: in 1-2 mesi dal deposito puoi ottenere il decreto che ti libera dai debiti . Dopodiché hai 4 anni di “osservazione”, ma in quei 4 anni sei tecnicamente libero dai debiti (solo, potresti dover pagare se hai miglioramenti). Passati i 4 anni, termina ogni condizione. Dunque in 4 anni totali la partita è chiusa definitivamente . – Quanto ai costi: bisogna distinguere le spese vive dai compensi professionali. Le spese di giustizia (contributo unificato) per queste procedure sono contenute (di solito €98). I compensi dell’OCC e dell’eventuale commissario o liquidatore sono stabiliti dal tribunale, spesso in percentuale sui beni o sul ritorno ai creditori. Ad esempio, l’OCC potrebbe prendere il 5% di quanto verrà distribuito. Se c’è poco attivo, il tribunale può liquidare un compenso minimo (nell’esdebitazione incapiente addirittura l’OCC prende solo la metà del minimo ordinario) . Esiste inoltre il gratuito patrocinio se hai reddito sotto ~€11.700 annui: in tal caso lo Stato copre sia l’avvocato sia, di recente chiarito, l’OCC e il liquidatore . Dunque un debitore nullatenente può accedere senza pagare. Se non hai i requisiti per il patrocinio gratuito, dovrai sostenere il costo dell’avvocato (ma alcuni OCC hanno sportelli dove i loro legali convenzionati assistono a tariffe calmierate). Diciamo che in media, per un piano o concordato semplice, i costi totali (OCC+avvocato) possono aggirarsi tra €2.000 e €6.000 spalmati sull’intera durata, a seconda del lavoro necessario. Spesso si possono pagare a rate durante la procedura. Sono cifre comunque molto inferiori al beneficio di vedersi cancellare magari decine di migliaia di debiti. Inoltre, le procedure concorsuali prevedono la voce prededuzione: significa che se nella massa attiva ci sono soldi (es. vendi un bene), prima si pagano le spese di procedura e poi i creditori. Quindi, ad esempio, se il liquidatore incassa €10.000 vendendo l’auto, potrebbe usarne €2.000 per pagare compensi dovuti e distribuire €8.000 ai creditori. In tal modo, il costo effettivo per il debitore si mangia una parte dell’attivo (che comunque era destinato ai creditori). In sostanza, non servono grosse somme immediate per avviare: molti OCC chiedono solo un piccolo fondo spese iniziale, dopodiché si fanno remunerare a risultati ottenuti. Questo per evitare di gravare ulteriormente su chi è già in difficoltà.
D: Se ottengo l’esdebitazione, devo restituire qualcosa in futuro ai creditori?
R: In genere no. L’esdebitazione “normale” (dopo piano, concordato o liquidazione) è definitiva: quel che è stato pagato è stato pagato, il resto è estinto. I creditori non possono più avanzare pretese in futuro . Anche se fra 10 anni diventi ricco, quei vecchi creditori non avranno diritti su di te (salvo che ti avessero messo garanzie su beni non liquidati: es., se hai tenuto la casa col mutuo, la banca ovviamente ha ancora ipoteca e dovrai continuare a pagarla, ma parliamo di crediti non cancellati dal piano per scelta tua). L’unico caso in cui c’è una “coda” è l’esdebitazione incapiente: lì, come detto, hai un periodo di 4 anni in cui se ti capitano soldi extra, devi destinarli fino a un certo limite ai vecchi creditori . Ma passati 4 anni, anche quell’obbligo potenziale cessa . Quindi, salvo quell’eccezione, l’esdebitazione ti dà una piena liberazione. Attenzione però: se dopo un’esdebitazione tu contrai nuovi debiti, quelli ovviamente non hanno nulla a che fare e dovrai pagarli. E se sfortunatamente dopo 6-7 anni finisci di nuovo insolvente, potresti chiedere un’altra procedura, ma solo se sono passati almeno 5 anni dalla precedente esdebitazione (e comunque max due volte in vita). In pratica il legislatore spera che una volta pulito, tu non torni a indebitarti e hai l’opportunità di rifarti una reputazione creditizia. A tal proposito, nota che la tua “storia” rimarrà visibile in alcuni registri (il Registro delle Procedure di Sovraindebitamento presso Ministero Giustizia e gli archivi della Camera di Commercio). Quindi le banche vedranno che sei passato da una procedura concorsuale, il che potrebbe rendere più difficile ottenere credito fresco per qualche tempo. Non c’è però un’interdizione formale: se trovi qualcuno disposto a prestarti dopo l’esdebitazione, puoi indebitarti di nuovo (ma fallo con giudizio!). In sintesi: dopo l’esdebitazione sei pulito. Non devi nulla ai vecchi creditori, salvo il dovere morale (se vuoi in futuro compensarli in qualche modo spontaneamente – ma giuridicamente non sei tenuto).
D: Quali debiti non possono essere eliminati con nessuna procedura?
R: Riassumendo le eccezioni più importanti: – Gli obblighi di mantenimento e alimentari verso coniuge, figli o altri familiari. Se hai arretrati nell’assegno di divorzio o negli alimenti, quei crediti rimangono in capo all’ex coniuge/figlio. Non li puoi tagliare né con piano né con liquidazione . Anzi, spesso per ammetterti a una procedura devi dimostrare di essere in regola col mantenimento corrente, altrimenti il giudice può considerare che stai pagando i creditori a scapito dei doveri familiari. Quindi quei debiti vanno sempre pagati integralmente, prima, durante e dopo. – I debiti per sanzioni penali o amministrative pecuniarie per reati. Ad esempio, multe inflitte in sede penale, ammende, o anche sanzioni amministrative per violazioni gravi (che abbiano natura punitiva) non si estinguono con l’esdebitazione . Lo Stato vuole che la punizione pecuniaria resti dovuta. Anche i risarcimenti civili derivanti da reato doloso rientrano in questa esclusione: se sei stato condannato a risarcire una vittima per un fatto commesso con dolo, quel debito non viene cancellato (art. 282 comma 3 CCII lo esclude espressamente). Di solito questi debiti non sono nemmeno ammissibili nelle procedure, a meno che il creditore non vi consenta. – Debiti sorti dopo l’apertura della procedura concorsuale: quelli ovviamente non sono toccati dall’esdebitazione perché l’esdebitazione riguarda i debiti pregressi. Ad esempio, se durante un concordato contrai un nuovo debito (magari non avresti dovuto, ma supponiamo un piccolo prestito per emergenza), quello è post concorsuale e resta tuo a fine procedura. – In alcune procedure passate, si escludevano tributi come l’IVA, ma ora IVA e altri tributi possono essere falcidiati se c’è incapienza (e col cram-down possono essere comunque trattati). Quindi non sono più esclusi in assoluto. Bisogna però garantire il rispetto delle prelazioni: non puoi dire “non pago IVA anche se ho beni per pagarla”, devi almeno offrire ciò che otterrebbe liquidando il bene. Ma se il bene è insufficiente, la parte eccedente dell’IVA viene perdonata (su questo la Consulta con sent. 245/2019 aveva aperto la via e la normativa nuova lo conferma). – Un dettaglio: le sanzioni amministrative (multe stradali, ad esempio) non sono equiparate a quelle penali ai fini dell’esdebitazione, quindi sono cancellabili. La L.3/2012 lo prevedeva espressamente e il CCII lo conferma includendole tra i debiti concorsuali . Dunque le multe del codice della strada, se inserite, vengono stralciate (in molte liquidazioni vengono di fatto azzerate perché chirografarie).
In conclusione, a parte i doveri verso la famiglia e le punizioni per illecito doloso, quasi tutti gli altri debiti possono essere spazzati via con l’esdebitazione. Questo comprende debiti bancari, fiscali, contributivi, contrattuali, da fatto illecito colposo, ecc. Naturalmente, i creditori privilegiati ricevono il valore dei beni su cui hanno garanzia, ma se rimane un’insufficienza, anche quella viene perdonata. Quindi il quadro è molto favorevole al debitore onesto in difficoltà: ciò che non può essere eliminato si limita in sostanza agli obblighi più “personali” (famiglia e pene per reati).
D: Dopo aver ottenuto l’esdebitazione, potrò accendere mutui o finanziamenti in futuro?
R: L’esdebitazione in sé non comporta interdizioni legali dal contrarre nuovi finanziamenti. Quindi, giuridicamente, sei libero di chiedere mutui e prestiti. Tuttavia, praticamente, gli istituti di credito valuteranno la tua storia. La procedura di sovraindebitamento viene registrata e molte banche dati la segnalano (il Registro Informatico dei Protesti e delle Procedure, ad es., conserva traccia per qualche anno). È probabile che per un certo periodo dopo l’esdebitazione le banche siano molto caute nel concederti credito, poiché risulti come soggetto che ha fatto default (anche se legale). Il merito creditizio si può però ricostruire col tempo: se riprendi un’attività con successo o ottieni un contratto stabile e tieni un buon comportamento finanziario (paghi bollette regolari, ecc.), dopo alcuni anni potresti tornare affidabile agli occhi dei finanziatori. Tieni presente che ad oggi l’accesso al credito è molto automatizzato: potresti risultare nelle banche dati CRIF come “chiuso con stralcio” o simili su vecchi crediti, e questo punteggio negativo rimane per alcuni anni (di solito 3 anni dopo aggiornamento a saldo). La presenza della procedura concorsuale nei pubblici registri è visibile per 5 anni (dopo viene cancellata). Quindi, realisticamente, nei 5 anni successivi all’esdebitazione ottenere un mutuo sarà difficile, a meno di avere garanti o ipoteche solide da offrire. Ci sono comunque banche che, in casi di esdebitazione già conclusa e situazione finanziaria attuale buona, valutano caso per caso. Insomma, l’“ombra” sul credito dura qualche anno, ma non è a vita. Molti ex sovraindebitati riferiscono di essere tornati bancabili dopo 5-6 anni di storico pulito. Il lato positivo: l’esdebitazione ti toglie i debiti, quindi il tuo reddito disponibile aumenta (non hai più rate/prelievi per vecchi debiti) e questo col tempo migliora il tuo profilo finanziario. Inoltre, sei incentivato tu stesso a fare attenzione per non sprecare la seconda opportunità: quindi, magari non farai subito altri debiti, ma se proprio ne avrai bisogno (es. per comprare un’auto), potresti cominciare con piccoli finanziamenti e restituirli puntualmente per ricostruire fiducia.
D: A chi posso rivolgermi per avviare queste procedure?
R: Puoi rivolgerti a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) sul tuo territorio. Ogni tribunale tiene un elenco di OCC abilitati. Tipicamente, puoi contattare quello istituito presso la tua Camera di Commercio o presso l’Ordine dei Dottori Commercialisti locale . Ad esempio, la Camera Arbitrale di Milano ha un OCC molto attivo e sul suo sito trovi modulistica e spiegazioni . Anche molti avvocati e commercialisti privati offrono assistenza sul sovraindebitamento: l’importante è che poi si appoggino a un OCC per la nomina formale del Gestore. In prima battuta, un bravo professionista può aiutarti a fare un check-up dei debiti e consigliarti quale procedura scegliere. Nota che le procedure sono giurisdizionali: vanno presentate al Tribunale (sezione fallimentare o apposita). Quindi, eviterei mediatori improvvisati o società di debiti non autorizzate: affidati a figure qualificate. Gli OCC spesso fanno consulenza iniziale gratuita, come detto, e ti indicheranno i documenti necessari (stato di famiglia, elenco immobili, elenco creditori con importi, ultime dichiarazioni dei redditi, ecc.) . Preparati a raccontare tutta la tua storia debitoria con sincerità: solo così l’OCC potrà aiutarti efficacemente. Ricorda che, per legge, solo gli OCC iscritti al Ministero Giustizia possono attestare e presentare piani e concordati minori. Quindi, se anche inizi con un consulente privato, assicurati che collabori con un OCC. In alternativa, il Tribunale stesso può nominare un OCC d’ufficio se presenti ricorso “fai-da-te”, ma è sconsigliabile agire senza assistenza tecnica.
D: Cosa succede se dopo aver avviato una procedura la mia situazione migliora (es. ricevo un’eredità)?
R: Dipende dallo stadio: – Se succede durante un piano/concordato in corso: in genere i benefici devono essere condivisi con i creditori. Se l’eredità o la vincita è notevole, i creditori potrebbero pretendere un maggior pagamento. Formalmente, una volta omologato il piano, il debitore è tenuto a pagare quanto stabilito, non di più. Però, se la variazione è significativa, alcuni creditori potrebbero proporre opposizione in sede di esecuzione chiedendo la revoca o modifica del piano per tenere conto della nuova capacità. Non c’è una norma specifica nel CCII su questo (diversamente dall’esdebitazione incapiente che invece lo prevede espressamente ). Però principi generali e buona fede suggeriscono che, se ad esempio stai pagando il 30% e poi hai un boom economico inaspettato, tu spontaneamente possa decidere di aumentare i rimborsi o saldare prima. Non sei obbligato legalmente (salvo clausole del piano stesso), ma farlo volontariamente ti mette al riparo da eventuali contestazioni di mala fede. Se non fai nulla, verosimilmente nulla accade fino a fine piano: i creditori non possono unilateralmente cambiare le condizioni. – Se succede prima dell’omologa: allora influisce sull’omologazione. Esempio: presenti un piano dicendo “non ho nulla, pago 10%”, poi eredità €100k – il giudice in udienza lo verrà a sapere (devi aggiornare la situazione) e potrebbe non omologare il piano alle vecchie condizioni, imponendo di offrire di più ai creditori. Quindi onestà: comunica subito, magari modificando il piano a offrire parte dell’eredità (così eviti rigetti). – Se succede durante la liquidazione controllata: i beni sopravvenuti entro i 3 anni dall’apertura cadono nella liquidazione. Quindi quell’eredità andrà al liquidatore che la userà per pagare i creditori . Se la sopravvenienza arriva dopo la chiusura (dopo i 3 anni), invece, è tutta tua perché i creditori sono stati esdebitati. – Se succede dopo la chiusura con esdebitazione: come detto, i creditori non hanno più alcun diritto. Goditi pure l’eredità serenamente, non devi nulla a nessuno. – Se succede nel periodo di 4 anni di un’esdebitazione incapiente: qui è codificato che devi destinarla in parte ai creditori . L’OCC vigila. Ad esempio, se erediti una casa e affittandola ricaveresti abbastanza per pagare metà debiti, devi versare quell’importo (massimo fino a concorrenza 100% ovviamente, non di più). Dopo i 4 anni, fine degli obblighi .
In sintesi, miglioramenti in corso di procedura normalmente vanno a beneficio dei creditori (principio di dover comunicare e farne partecipi per correttezza), mentre miglioramenti dopo la chiusura rimangono al debitore salvo il caso incapiente entro 4 anni. D’altronde, questo è equo: durante la procedura hai ancora l’obbligo di soddisfare i creditori il più possibile, dopo l’esdebitazione sei libero.
Come abbiamo visto, la legislazione attuale offre al termotecnico sovraindebitato vie di uscita concrete. Il punto di vista del debitore è oggi preso in considerazione molto più che in passato: non sei più solo l’esecutato passivo, ma un soggetto che può attivare processi di soluzione della crisi. La chiave è agire per tempo, con trasparenza e con l’ausilio di esperti. Seguendo questi principi, anche da una situazione debitoria grave si può emergere – con sacrifici, certo, ma evitando gli esiti peggiori (perdere tutto senza mai liberarsi del debito). L’ordinamento italiano, specie dopo il 2020-2022, si è allineato ai migliori standard europei nella tutela del debitore onesto. Le sentenze più recenti di Cassazione e Corte Costituzionale hanno rafforzato il messaggio: seconda chance, equilibrio tra creditore e debitore, e niente più stigma per l’insolvenza incolpevole . Ciò significa che un termotecnico in crisi non deve vergognarsi o nascondersi, ma può (anzi deve) affrontare legalmente il problema, ottenendo protezione e una prospettiva di ripartenza.
Sei un termotecnico, installatore o progettista di impianti termici e ti trovi in difficoltà economica, con debiti verso fornitori, banche, finanziarie o Agenzia delle Entrate? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Sei un termotecnico, installatore o progettista di impianti termici e ti trovi in difficoltà economica, con debiti verso fornitori, banche, finanziarie o Agenzia delle Entrate?
Hai cartelle esattoriali, contributi INPS arretrati, rate di mutui o leasing non pagate e temi pignoramenti o la perdita della tua attività professionale?
👉 Non tutto è perduto: oggi la legge ti offre strumenti concreti per difenderti, ridurre o cancellare i debiti, bloccare i creditori e ripartire legalmente, anche se lavori come libero professionista o titolare di una piccola impresa impiantistica.
In questa guida scoprirai come gestire la crisi finanziaria del termotecnico, quali sono le soluzioni legali disponibili e come proteggere il tuo reddito e i tuoi beni.
⚖️ Perché tanti termotecnici si trovano indebitati
Negli ultimi anni il settore impiantistico ha affrontato sfide importanti:
- ritardi nei pagamenti dei clienti e delle amministrazioni pubbliche;
- aumenti dei costi di materiali, trasporti e personale;
- anticipazioni finanziarie per lavori con bonus edilizi e Superbonus;
- errori di gestione fiscale o contributiva;
- mancati incassi per cessioni del credito bloccate o non pagate.
📌 Tutto questo ha portato molti professionisti del settore a non riuscire più a pagare le imposte, i fornitori o i prestiti, accumulando debiti fiscali, bancari e commerciali.
🧾 I debiti più frequenti dei termotecnici
✅ Debiti fiscali e contributivi
- IRPEF, IVA, INPS, INAIL, cartelle esattoriali, accertamenti fiscali, ritenute non versate.
✅ Debiti bancari e finanziari
- Mutui o prestiti per attrezzature e furgoni, leasing di strumenti di misura o automezzi, scoperti di conto.
✅ Debiti commerciali
- Fatture non pagate a fornitori di materiali, idraulici, elettrici e componentistica per impianti.
✅ Debiti personali o familiari
- Carte di credito, rate di prestiti personali o garanzie fideiussorie.
🧠 Cosa rischia un termotecnico indebitato
Se la situazione non viene gestita subito, i creditori possono avviare:
- pignoramenti di conti correnti, automezzi o crediti verso clienti;
- fermi amministrativi sui veicoli aziendali;
- ipoteche su immobili o beni personali;
- revoca di fidi e linee di credito bancarie;
- blocco dell’attività per mancanza di liquidità o reputazione finanziaria.
👉 Tuttavia, con una corretta strategia legale puoi fermare tutto e ricominciare pulito, evitando la chiusura forzata dell’attività.
🧩 Le principali soluzioni legali per difendersi dai debiti
💠 1. Rinegoziazione dei debiti con banche e fornitori
È possibile trattare direttamente con i creditori per ottenere:
- un saldo e stralcio (pagamento ridotto per chiudere tutto);
- una rateizzazione sostenibile dei debiti;
- la sospensione temporanea delle rate o dei pagamenti.
👉 È la soluzione più immediata per chi ha ancora commesse attive e vuole continuare a lavorare legalmente.
💠 2. Procedura di sovraindebitamento (D.Lgs. 14/2019 – Codice della Crisi d’Impresa)
È la procedura principale per liberi professionisti e piccoli imprenditori che non riescono più a pagare.
Permette di:
- bloccare immediatamente pignoramenti e azioni esecutive;
- proporre ai creditori un piano di rientro sostenibile o parziale;
- ottenere, al termine, la cancellazione totale del debito residuo (esdebitazione).
📌 È accessibile anche a chi ha chiuso la partita IVA o è in fase di cessazione dell’attività.
💠 3. Liquidazione controllata (ex fallimento personale)
Se l’attività è ormai ferma o non più recuperabile, puoi mettere a disposizione i beni non essenziali (strumenti, veicoli, risparmi) e ottenere, dopo la chiusura della procedura, la cancellazione completa dei debiti.
👉 È una soluzione “protetta” che evita il fallimento e consente di ripartire senza pendenze.
💠 4. Concordato minore (per ditte o SRL impiantistiche)
Se gestisci una ditta o una piccola impresa termotecnica, puoi presentare un piano di pagamento parziale o saldo e stralcio ai creditori, approvato dal Tribunale.
Con questo strumento puoi:
- salvare la tua azienda, i contratti e i dipendenti;
- bloccare le azioni dei creditori;
- ottenere la riduzione delle somme dovute.
💠 5. Verifica di cartelle e accertamenti fiscali
Molti debiti fiscali sono prescritti o calcolati in modo errato.
Un avvocato può controllare:
- la validità delle notifiche;
- eventuali duplicazioni o errori di calcolo;
- la prescrizione dei contributi INPS o imposte IVA/IRPEF;
- e richiedere l’annullamento o la sospensione delle cartelle.
🔧 Cosa fare subito
✅ 1. Raccogli tutti i documenti relativi ai debiti
Prepara un elenco completo di: cartelle, mutui, fatture, estratti conto e fornitori.
Solo una visione d’insieme consente di elaborare un piano di difesa efficace.
✅ 2. Non firmare accordi affrettati con i creditori
Molte banche o agenzie propongono piani “capestro” o insostenibili.
È fondamentale avere una strategia complessiva approvata dal Tribunale per evitare nuovi problemi.
✅ 3. Chiedi assistenza legale tempestiva
Un avvocato esperto in crisi da debiti può:
- bloccare immediatamente le azioni esecutive;
- avviare una procedura di sovraindebitamento;
- trattare accordi vantaggiosi con creditori e Agenzia delle Entrate.
📋 Documenti utili per la difesa
- Documento d’identità e codice fiscale.
- Visura camerale o certificato di chiusura della partita IVA.
- Estratti conto bancari e finanziari.
- Cartelle esattoriali e avvisi di accertamento.
- Contratti di fornitura o leasing.
- Elenco clienti e fornitori principali.
- Ultime dichiarazioni fiscali e contributive.
⏱️ Tempi e risultati
- Analisi iniziale: 1–2 settimane.
- Presentazione del piano o procedura: 1–3 mesi.
- Blocco dei creditori: immediato con il deposito in Tribunale.
- Durata del piano di rientro: da 1 a 5 anni.
🎯 Risultati possibili:
- Blocco immediato di pignoramenti e cartelle.
- Riduzione o cancellazione dei debiti residui.
- Protezione dei beni familiari e professionali.
- Ripartenza economica senza rischi.
⚖️ I vantaggi principali
✅ Stop a pignoramenti, cartelle e minacce dei creditori.
✅ Riduzione legale fino all’80% dei debiti.
✅ Tutela dei beni personali e degli strumenti di lavoro.
✅ Possibilità di mantenere o rilanciare l’attività termotecnica.
✅ Ripartenza economica e reputazionale.
🚫 Errori da evitare
- Ignorare le cartelle o le notifiche fiscali.
- Pagare solo alcuni creditori peggiorando la situazione generale.
- Affidarsi a consulenti non abilitati o mediatori “improvvisati”.
- Rimandare troppo: gli interessi e le sanzioni crescono rapidamente.
- Accumulare nuovi debiti sperando in un miglioramento spontaneo.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza la tua posizione economica e debitoria nel dettaglio.
📌 Identifica la procedura più adatta: rinegoziazione, concordato o sovraindebitamento.
✍️ Redige e deposita il piano di rientro o la richiesta di esdebitazione al Tribunale.
⚖️ Ti rappresenta nei rapporti con l’Agenzia delle Entrate, INPS, banche e fornitori.
🔁 Ti assiste fino alla cancellazione totale dei debiti e alla tua riabilitazione professionale.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e crisi d’impresa.
✔️ Specializzato nella difesa di professionisti tecnici e piccole imprese impiantistiche.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Essere un termotecnico con debiti non significa essere senza via d’uscita.
Con una difesa legale professionale, puoi bloccare i creditori, ridurre o cancellare le somme dovute e salvare la tua attività.
Il Codice della Crisi d’Impresa ti permette oggi di chiudere i debiti e ripartire legalmente, senza fallire.
📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata:
la tua nuova vita professionale senza debiti può iniziare oggi.