Hai ricevuto un avviso di accertamento fiscale dall’Agenzia delle Entrate pur vivendo nel Regno Unito?
È una situazione sempre più comune per gli italiani trasferiti a Londra o in altre città britanniche, che vengono raggiunti da comunicazioni del Fisco italiano anche anni dopo il trasferimento.
L’Agenzia delle Entrate può infatti ritenere che il tuo trasferimento all’estero sia solo “formale” e contestare la residenza fiscale in Italia, chiedendoti il pagamento di imposte su tutti i redditi, compresi quelli prodotti nel Regno Unito.
La buona notizia è che puoi difenderti legalmente, facendo valere la tua residenza effettiva all’estero e le tutele previste dalla Convenzione tra Italia e Regno Unito contro la doppia imposizione.
In questa guida analizziamo come funziona l’accertamento, quali prove servono per difendersi e come evitare la doppia tassazione sui redditi esteri.
Perché l’Agenzia delle Entrate può accertare un residente nel Regno Unito
Secondo la legge italiana (articolo 2 del TUIR), una persona è considerata fiscalmente residente in Italia se, per più di 183 giorni all’anno:
- è iscritta all’anagrafe della popolazione residente;
- ha in Italia il domicilio o il centro principale dei propri interessi economici e familiari;
- oppure mantiene rapporti patrimoniali significativi con il Paese.
Se non hai aggiornato la tua iscrizione all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) o se mantieni casa, conti correnti o attività in Italia, l’Agenzia può ritenerti ancora residente fiscale italiano e pretendere di tassare anche i redditi percepiti nel Regno Unito.
La Convenzione Italia–Regno Unito contro la doppia imposizione
L’Italia e il Regno Unito hanno sottoscritto una Convenzione per evitare la doppia imposizione fiscale, firmata a Londra il 21 ottobre 1988 e ratificata con Legge n. 329/1990.
La Convenzione stabilisce regole chiare per determinare dove devono essere tassati i redditi, evitando che vengano tassati due volte.
In base all’accordo:
- se la tua residenza fiscale effettiva è nel Regno Unito, i redditi percepiti lì sono tassabili solo nel Regno Unito;
- i redditi di fonte italiana (ad esempio affitti o dividendi) possono essere tassati anche in Italia, ma con il diritto a scomputare le imposte già pagate in UK;
- la residenza fiscale viene determinata in base alla sede dell’abitazione principale, al luogo di lavoro, alla famiglia e al centro dei tuoi interessi vitali.
La Convenzione resta valida anche dopo la Brexit, poiché non è legata ai trattati europei ma a un accordo bilaterale tra Stati sovrani.
Come viene notificato l’accertamento nel Regno Unito
L’Agenzia delle Entrate può notificare un accertamento a un cittadino italiano residente nel Regno Unito tramite:
- raccomandata internazionale con ricevuta di ritorno;
- PEC (posta elettronica certificata), se possiedi un indirizzo attivo in Italia;
- autorità consolari italiane, secondo le modalità previste dagli accordi internazionali.
La notifica è valida solo se rispetta le regole di diritto internazionale. Se l’atto è stato inviato in modo irregolare, a un indirizzo errato o senza conferma di consegna, può essere impugnato e annullato.
Verificare la correttezza della notifica è il primo passo per costruire una difesa efficace.
Cosa fare subito se ricevi un accertamento fiscale nel Regno Unito
Appena ricevi l’atto, non ignorarlo: hai 60 giorni dalla notifica per presentare ricorso o istanza di annullamento.
Ecco i passaggi fondamentali da compiere:
- Controlla la modalità e la data della notifica.
Se non è conforme alle norme internazionali, l’atto può essere impugnato per vizio formale. - Richiedi una copia completa dell’accertamento.
Serve per comprendere l’origine dei redditi contestati, gli anni d’imposta e le prove utilizzate dal Fisco. - Verifica la tua iscrizione all’AIRE.
Se eri regolarmente iscritto negli anni oggetto di accertamento, è una prova decisiva della tua residenza estera. - Raccogli prove della tua residenza effettiva nel Regno Unito.
Contratto di lavoro, residenza anagrafica, dichiarazioni fiscali presentate a HMRC (Her Majesty’s Revenue and Customs), conti bancari, utenze domestiche e documentazione familiare. - Contatta un avvocato esperto in diritto tributario internazionale.
Solo un professionista può verificare la legittimità dell’accertamento, applicare la Convenzione Italia–Regno Unito e predisporre la difesa entro i termini.
Come difendersi da un accertamento illegittimo
Un accertamento può essere impugnato sia per vizi di forma che per errori sostanziali.
I motivi più frequenti di illegittimità sono:
- notifica irregolare o effettuata fuori termine;
- errata qualificazione della residenza fiscale;
- mancata applicazione della Convenzione bilaterale;
- doppia tassazione dei redditi già dichiarati nel Regno Unito;
- errori nella valutazione dei flussi finanziari provenienti dall’estero.
In questi casi, l’avvocato può presentare ricorso al giudice tributario italiano o un’istanza di autotutela all’Agenzia delle Entrate per ottenere la sospensione immediata della riscossione e l’annullamento dell’accertamento.
Come dimostrare la residenza fiscale effettiva nel Regno Unito
Per difendersi efficacemente, è fondamentale dimostrare che il centro degli interessi vitali (familiari, economici e sociali) si trova nel Regno Unito.
Le prove più rilevanti sono:
- iscrizione AIRE aggiornata;
- certificato di residenza fiscale rilasciato da HMRC;
- contratto di lavoro o attività autonoma svolta in UK;
- pagamento delle imposte britanniche (Income Tax, National Insurance, Corporation Tax);
- residenza abituale e famiglia nel Regno Unito;
- assenza di attività o immobili rilevanti in Italia.
Una documentazione coerente e completa è la chiave per ottenere l’annullamento dell’accertamento o la riduzione della pretesa fiscale.
Come evitare la doppia tassazione
Se il Fisco italiano ti contesta redditi già tassati nel Regno Unito, puoi far valere la Convenzione bilaterale chiedendo:
- l’applicazione del credito d’imposta per le imposte già versate in UK;
- l’eliminazione della doppia imposizione per i redditi prodotti e tassati all’estero;
- la revisione o cancellazione dell’accertamento, presentando la documentazione fiscale rilasciata da HMRC.
Un avvocato esperto può gestire i rapporti tra l’Agenzia delle Entrate e l’autorità fiscale britannica per evitare pagamenti duplicati e far riconoscere le tasse già pagate nel Regno Unito.
Cosa succede se ignori l’accertamento
Ignorare un accertamento è un errore grave. Dopo 60 giorni dalla notifica, l’atto diventa definitivo e il debito viene iscritto a ruolo. L’Agenzia delle Entrate può così avviare pignoramenti, ipoteche o blocchi di conti correnti in Italia.
Anche se vivi nel Regno Unito, eventuali immobili o beni in Italia possono essere aggrediti. Agire tempestivamente è l’unico modo per difendere i tuoi diritti e il tuo patrimonio.
I vantaggi di una difesa tempestiva
Una difesa legale rapida e documentata ti permette di:
- sospendere la riscossione e bloccare le azioni esecutive;
- dimostrare la tua residenza effettiva nel Regno Unito;
- evitare la doppia imposizione dei redditi;
- ottenere l’annullamento o la riduzione dell’accertamento;
- tutelare la tua stabilità economica e familiare.
Una strategia difensiva ben pianificata può risolvere la controversia in via amministrativa, senza la necessità di un lungo contenzioso giudiziario.
Quando rivolgersi a un avvocato esperto
Devi contattare un avvocato se:
- hai ricevuto un accertamento pur risiedendo nel Regno Unito;
- vuoi far valere la tua residenza fiscale estera;
- l’Agenzia delle Entrate ti contesta redditi già tassati in UK;
- rischi azioni esecutive su beni o conti in Italia.
Un avvocato esperto in diritto tributario internazionale può analizzare l’atto, applicare la Convenzione Italia–Regno Unito e presentare ricorso al giudice tributario per ottenere la cancellazione o la riduzione del debito.
⚠️ Attenzione: un accertamento non impugnato nei termini diventa definitivo e può comportare sanzioni e interessi pesanti. Agisci subito per far valere i tuoi diritti e dimostrare la tua residenza effettiva nel Regno Unito.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, fiscale internazionale e tutela dei residenti all’estero – spiega in modo chiaro come reagire a un accertamento dall’Italia, come difenderti dal Fisco e come evitare la doppia tassazione grazie alla Convenzione tra Italia e Regno Unito.
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Introduzione
L’“italiano residente nel Regno Unito” si trova spesso in una zona grigia fiscale, dovendo districarsi tra le regole di residenza italiana, la convenzione Italia–UK contro le doppie imposizioni e la prassi dell’Agenzia delle Entrate (AE). La guida che segue spiega in dettaglio come determinare la residenza fiscale, quali redditi l’Italia può tassare, come applicare il trattato bilaterale, e infine come reagire a un eventuale avviso di accertamento. Sono forniti riferimenti normativi, giurisprudenziali e chiarimenti pratici (tabelle, esempi e Q&A) per avvocati, privati e imprenditori desiderosi di una comprensione approfondita. Tutto è aggiornato alla normativa e alla giurisprudenza più recenti (fino al 2025).
1. Residenza fiscale del contribuente italiano nel Regno Unito
1.1 Definizione di residenza fiscale in base al TUIR
Secondo l’articolo 2 del DPR 917/1986 (TUIR), una persona fisica è residente in Italia se per la maggior parte dell’anno (almeno 183 giorni) è iscritta all’anagrafe della popolazione residente in Italia oppure ha nel territorio italiano il proprio domicilio o residenza ai sensi del codice civile. Un cittadino italiano trasferitosi in UK che non si cancella dall’anagrafe italiana risulterà formalmente iscritto all’anagrafe italiana. Fino al 2023 questa iscrizione era considerata come presunzione assoluta di residenza fiscale in Italia: Cassazione ha ribadito che, in mancanza di iscrizione all’AIRE (anagrafe italiani residenti all’estero), il trasferimento all’estero non rileva ai fini fiscali . In pratica, se il contribuente continua a risultare residente anagraficamente in Italia per la maggior parte dell’anno, viene considerato residente fiscale italiano.
Nuovi criteri (dal 2024): Con il D.lgs. 209/2023 (attuazione della riforma fiscale) sono stati introdotti criteri più oggettivi e in linea con le convenzioni internazionali. Dal 1° gennaio 2024, infatti, la residenza anagrafica in Italia è solo una presunzione relativa, superabile da prova contraria, e si è aggiunto un criterio di presenza fisica in Italia per oltre 183 giorni nell’anno . Ciò significa che basta dimostrare con documenti (contratti di affitto, buste paga estere, certificati) di essere stati materialmente fuori dall’Italia oltre la metà dell’anno per rovesciare la presunzione formale. La presenza fisica >183 giorni in Italia (anche non continuativi) diventa un criterio alternativo e autonomo di collegamento : se un italiano residente UK trascorre fisicamente in Italia più di 183 giorni (anche frazionati, come esplicitato da una circolare dell’AE ), sarà considerato fiscalmente residente in Italia, indipendentemente dall’iscrizione all’anagrafe o dalla Convenzione. Viceversa, se rimane oltre la metà del periodo all’estero, la presunzione anagrafica si può superare.
Tabella 1: Principali criteri di residenza fiscale (art.2 TUIR) prima e dopo il 2024.
| Fino al 2023 | Dal 2024 in poi |
|---|---|
| Presunzione assoluta di residenza se iscritto all’AIRE | Presunzione relativa (si può vincere con prove) |
| Domicilio o residenza civili in Italia | Presenza fisica in Italia >183 giorni (criterio novità) |
| Incertamente richiesto almeno un collegamento fisico | È sufficiente il criterio oggettivo di permanenza |
1.2 Mancata iscrizione all’AIRE e Cassazione
In assenza di iscrizione all’AIRE, la giurisprudenza di legittimità ha storicamente ribadito che l’Agenzia può continuare a considerare il cittadino residente in Italia per effetto formale della iscrizione anagrafica. La Corte di Cassazione (ordinanza n. 1355/2022) ha chiarito che “la mancata iscrizione all’AIRE rende irrilevante il trasferimento all’estero ai fini fiscali” : fino alla cancellazione dall’anagrafe italiana, il contribuente rimane considerato fiscalmente residente in Italia, con conseguente tassazione di tutti i redditi mondiali e obbligo di dichiarazione. In concreto, l’italiano iscritto ancora in un comune italiano è presunto residente IRPEF italiano per legge .
Esempio pratico: Un cittadino A, partito per Londra ma rimasto formalmente residente a Roma, potrebbe subire un accertamento sui suoi redditi da lavoro o investimenti esteri come se fossero stati prodotti in Italia, a meno che non dimostri concretamente il suo effettivo trasferimento. Cassazione 1355/2022 ha confermato che, in mancanza di AIRE, il trasferimento “di fatto” non rileva .
Nuovo orientamento dal 2024: La riforma ha attenuato questo approccio rigido: la Circolare AE 20/E/2024 sottolinea che dall’anno fiscale 2024 in poi la residenza anagrafica è solo una presunzione relativa . In pratica, se il contribuente dimostra con “elementi oggettivamente riscontrabili” di aver trascorso l’anno principalmente all’estero (contratti di lavoro estero, certificati di iscrizione locale, spese sostenute in UK, ecc.), può vincere la presunzione di residenza italiana . Tuttavia, l’iscrizione all’AIRE resta il primo passo obbligatorio: come vedremo, la mancata iscrizione complica la difesa, anche perché in alcuni casi ribalta l’onere della prova (ad es. trasferimento in paesi a “fiscalità privilegiata”).
1.3 Doppia residenza e Convenzione italo-inglese
Se il contribuente risulta residente in Italia secondo il TUIR e residente anche in base alla legislazione del Regno Unito, si configura una situazione di doppia residenza fiscale. In tal caso, entra in gioco la Convenzione contro le doppie imposizioni Italia-UK (stipulata il 5/11/1990, in vigore dal 1991). Secondo Cassazione (e dottrina), la convenzione è una norma speciale che prevale sulle norme interne . Le regole di residenza fiscale internazionali (art.4 della Convenzione, basato sul modello OCSE) si applicano dunque come lex specialis: esse fissano criteri progressivi (abitazione permanente, centro degli interessi vitali, dimora abituale, cittadinanza) per stabilire in quale Stato il contribuente è effettivamente residente .
In concreto, il contribuente deve dimostrare di trovarsi in condizione di doppia residenza (soddisfacendo i criteri di residenza sia per legge italiana sia per quella britannica) affinché il giudice tributario applichi l’art.4 convenzionale . Se ne prova l’esistenza, si procede a individuare il centro degli interessi vitali. Ad esempio, come sottolinea la prassi, il contribuente dovrebbe produrre – oltre al certificato di residenza UK – elementi quali la normativa fiscale locale, la dichiarazione dei redditi UK, prove di famiglia e immobili all’estero . In definitiva, se dalle tie-break rule convenzionali emerge che il contribuente risulta residente UK, allora l’Italia deve accettarne la residenza estera e considerarlo non residente ai fini IRPEF .
Aspetto fondamentale: la conversazione con le convenzioni è prioritaria. La Corte ha stabilito che un italiano formalmente ancora residente in Italia può invocare la convenzione se dimostra di avere stabilito effettivamente la residenza altrove. Per esempio, se Tizio si è trasferito con famiglia e lavoro in Regno Unito e, applicando i criteri convenzionali, ne risulta preponderante la residenza britannica, l’Italia è tenuta a riconoscergliela “nonostante la formalità mancante” . In altri termini, la convenzione come norma speciale (lex specialis) deroga alla lex generale (art.2 TUIR) . Tuttavia, per far valere questo principio spetta al contribuente provare il doppio status e ottenere l’applicazione dell’art.4 .
Q&A: Residenza e AIRE
- D: Ho traslocato in Inghilterra ma non mi sono iscritto all’AIRE. L’Agenzia mi può comunque considerare residente in Italia?
R: Sì, finché non ti cancelli ufficialmente dall’anagrafe italiana, esisterà una presunzione legale di residenza in Italia. La Cassazione ha confermato che, senza AIRE, il trasferimento di fatto all’estero non determina la perdita della residenza fiscale in Italia . Tuttavia, dal 2024 il regime si è allentato e puoi superare la presunzione con adeguate prove della tua vita all’estero (es. contratti esteri, certificati, ecc.) . Suggerimento: iscriviti tempestivamente all’AIRE nel Comune italiano di provenienza e fai valere la Convenzione, in modo da facilitare la difesa in caso di contestazioni. - D: Su quali fattori conta la tie-break rule della Convenzione Italia–UK?
R: I criteri si applicano nell’ordine: (i) abitazione permanente in uno dei due Stati; (ii) centro degli interessi vitali (personali ed economici); (iii) dimora abituale; (iv) cittadinanza . Ad esempio, se hai casa e famiglia in UK e passa lì la maggior parte dell’anno, il centro degli interessi vitali sarà presumibilmente nel Regno Unito e lì sarai considerato fiscalmente residente. In tal caso l’Italia non può tassarti sui redditi già tassati in UK .
2. Redditi tassabili e convenzione Italia–UK
2.1 Principio di tassazione in base alla residenza
- Residente in Italia: è soggetto a IRPEF sui redditi mondiali. Ad esempio, se l’italiano residente UK fosse (erroneamente) considerato residente in Italia, l’Agenzia potrebbe chiedere la tassazione anche sui redditi prodotti in UK, a meno che non si applichi la convenzione (irrobustendosi quindi un credito d’imposta per le imposte già pagate all’estero).
- Non residente fiscale in Italia: i redditi tassabili in Italia sono soltanto quelli di fonte italiana (principio di territorialità). In particolare, l’Italia può tassare:
- Redditi di lavoro dipendente svolto in Italia.
- Redditi di capitale da fonti italiane (es. interessi su titoli italiani).
- Redditi derivanti da immobili situati in Italia (affitti, plusvalenze da cessione di immobili italiani, ecc.).
- Altri redditi riferibili al territorio italiano (ad es. redditi d’impresa di stabile organizzazione in Italia, ecc.).
Se, invece, l’unico reddito è quello da lavoro svolto in UK da un residente UK (ad es. stipendio londinese), in base all’art.15 della convenzione l’imposta è dovuta solo nel Paese di residenza (UK) , salvi i casi speciali.
2.2 Convenzione e meccanismi per evitare la doppia imposizione
La Convenzione Italia–Regno Unito del 1990 elimina la doppia imposizione (art.24) tramite il metodo del credito d’imposta : l’Italia, imponendo il reddito mondiale di un residente italiano, “detrarrà” l’imposta già pagata in UK, fino a concorrenza dell’imposta italiana relativa a quei redditi . Viceversa, il Regno Unito concede deduzioni analoghe.
Nel caso di redditi di lavoro, come dimostrato dalla Cassazione 23/9/2024 n. 25424, se il lavoratore italiano residentE nel Regno Unito (con opzione tassazione UK) è già stato tassato in UK, non può subire ulteriore imposizione italiana sullo stesso reddito . La Corte ha chiarito che la nazionalità del datore di lavoro è irrilevante: l’importante è che il reddito sia stato tassato nello Stato di residenza del lavoratore. Se ciò è avvenuto, l’Italia deve esentare quel reddito da tassazione – come previsto dal combinato disposto degli articoli sulla convenzione . In pratica, nel caso concreto il lavoratore aveva versato le imposte in UK e subito trattenute in Italia; chiedendo il rimborso, ha ottenuto ragione fino in Cassazione perché la convenzione esclude la doppia imposizione .
Tabella 2: Esempi di tassazione di alcune categorie di reddito
| Tipologia di reddito | Residente UK (ex residente IT) | Residente IT (ex residente UK) | Convenzione Italia–UK |
|---|---|---|---|
| Lavoro dipendente svolto in UK | Tassato solo in UK (abituale res. UK) | Tassato solo in UK (art.15, esenzione IT) | Il datore italiano non può “ripescare” il reddito in Italia . A richiesta, Italia accredita il credito UK . |
| Lavoro dipendente svolto in Italia | Tassato in Italia, credito UK (se applica) | Tassato in Italia (residente UK esime se art.15) | Se esercita l’opzione UK, e rientra nei casi del paragrafo 2 art.15, può essere esente in Italia. |
| Dividendi da società UK | UK tassa (15%-0% se <10%) | IT tassato, detrazione imposta UK (art.24) | L’Italia detrae l’imposta UK pagata, entro il limite dell’imposta IT su tali dividendi . |
| Interessi da fonte UK | UK tassa (0% se debitori UK) | IT tassa, detrazione UK (art.24) | Idem come per i dividendi. |
| Affitto da immobile in Italia | IT tassa (26% ritenuta se non residente) | IT tassa (in dichiarazione) | L’implementazione segue la regola interna: fonte italiana → tassazione in Italia. |
| Plusvalenza da cessione immobile IT | IT tassa (aliquota ordinaria su plusvalenza) | IT tassa | Nessuna deroga convenzionale: tassata in Italia con imposta di registro e IRPEF come da legge. |
| Pensione (privata/pubblica) | UK tassa (sono nel raggio di art.18/19) | IT tassa, con credito UK | Art.17/18 convenzione: solitamente tassata nel Paese di residenza, con credito d’imposta nel Paese di origine. |
(Legenda: “IT” = Italia, “UK” = Regno Unito. Le aliquote sono indicative e riferite alla normativa interna.)
2.3 Altri tributi correlati (IVA, imposte indirette)
Nel caso il contribuente svolga attività economiche, valgono le regole separate per l’IVA: l’imposta sugli scambi internazionali non dipende dalla residenza. Se l’italiano residente UK ha un’impresa italiana (ad es. stabile organizzazione o attività commerciale in Italia), l’Agenzia può accertare IVA, imposte di registro o ipotecarie come per qualsiasi contribuente italiano. Per esempio, l’acquisto o la vendita di immobili in Italia è soggetto a imposta di registro e a imposte catastali di cui il trasferimento della residenza fiscale non modifica la competenza impositiva.
È importante capire che l’IVA su beni/servizi è legata al luogo dell’operazione: ad esempio, una prestazione resa in Italia da un residente UK rientra nell’ambito IVA italiano. Allo stesso modo, l’agenzia italiana può fare accertamenti sugli obblighi di registrazione IVA se l’italiano residente UK ha operazioni in Italia (anche a distanza). In generale, per attività d’impresa, conviene consultare un commercialista che valuti anche l’apertura di partita IVA italiana (se dovuta) o le possibili esenzioni.
Q&A: Redditi tassabili in Italia
- D: Vivo a Londra con residenza confermata AIRE. Ho affittato un immobile in Italia. Devo pagare imposte in Italia?
R: Sì. In qualità di non residente, sei tassato in Italia sui redditi di fonte italiana. Gli affitti da immobile italiano sono tassati in Italia (di solito al 26% con ritenuta alla fonte, o inseriti nella dichiarazione a cedolare secca) . In pratica, devi presentare la dichiarazione dei redditi in Italia e includere solo i redditi da immobili italiani. Non ti riguarda la global tax sui redditi UK. - D: Ho un conto corrente UK che genera interessi. Devo dichiararli in Italia?
R: Se sei residente fiscale UK (e non sei tassato in Italia sul mondo), l’Italia non tassa gli interessi UK. Se invece fossi considerato residente IRPEF italiano per qualche motivo, allora in teoria dovresti inserirli nella dichiarazione e ottenere un credito per le tasse già pagate in UK . In ogni caso, se hai trasferito la residenza in UK, la migliore difesa è dimostrare la tua residenza estera (vedi oltre) ed eventualmente applicare la convenzione. - D: Ricevo sussidi o pensioni dall’Italia pur vivendo in UK. Come si tassano?
R: Se percepisci una pensione italiana (pubblica o privata) mentre sei residente UK, la convenzione generalmente stabilisce (art.18/19) che la pensione pubblica è tassata solo in Italia, mentre quella privata è tassata nel paese di residenza (UK), con applicazione di credito in Italia. Inoltre l’Italia continuerà a trattenere l’INPS se dovuta. Bisogna verificare caso per caso. Una consultazione con esperto è consigliata.
3. Notifica e reazione all’avviso di accertamento
3.1 Come avvengono gli accertamenti dall’estero
L’Agenzia delle Entrate può notificare un accertamento anche a contribuenti non residenti. La notifica all’estero è disciplinata da regole speciali (tra cui gli accordi internazionali sulla reciproca assistenza). In pratica, se l’italiano residente UK non lascia contatti aggiornati in Italia, l’Agenzia può fare per via elettronica (PEC, raccomandata) all’ultimo indirizzo italiano noto, oppure inviare tramite Commissione europea o trattato bilaterale di assistenza amministrativa. Il contribuente deve controllare la casella PEC italiana (se attiva) e l’indirizzo di residenza in Anagrafe per eventuali comunicazioni.
Al ricevimento di un avviso di rettifica o accertamento (IRPEF, IVA, imposte indirette ecc.), il contribuente ha l’onere di reagire rapidamente. La data di notifica fa partire i termini per impugnare (di norma 60 giorni). In caso di notifica all’estero, i termini si estendono a 180 giorni. È fondamentale non trascurare alcun avviso: in caso contrario, l’Agenzia può emettere cartelle esattoriali e attivare fermi amministrativi sul patrimonio italiano (beni o conti in Italia).
3.2 Prima difesa: documentazione e contraddittorio
Subito dopo l’avviso, è consigliabile ottenere accesso agli atti e valutare la possibilità di un contraddittorio con l’Agenzia (già introdotto dalla riforma tributaria) per chiarire la posizione. Il contribuente dovrebbe quindi preparare documenti probatori della propria residenza fiscale in UK, come:
- Certificato di residenza fiscale UK: rilasciato dall’HMRC (il fisco inglese), dimostra formalmente di essere residente fiscale nel Regno Unito. Come evidenziato da Cassazione, produrre questo certificato è fondamentale .
- Dichiarazioni dei redditi inglesi: mostra che hai dichiarato i redditi in UK e hai pagato le tasse lì.
- Documentazione di vita in UK: contratti di affitto o mutuo di casa nel Regno Unito, utenze inglesi a tuo nome, iscrizione AIRE, permesso di soggiorno/ELI nel Regno Unito (per i casi in cui serva), ecc. Questi elementi dimostrano il trasferimento di famiglia e centro degli interessi vitali.
- Certificato matrimonio/residenza secondaria: se applicabile, per dimostrare che la famiglia risiede nel Regno Unito.
L’obiettivo è dimostrare che la residenza effettiva è in Regno Unito e che si applica l’art.4 della convenzione . Il contribuente formalmente rimasto iscritto in Italia dovrebbe informare subito il difensore di invocare la convenzione e il tie-break. Serve insistere sull’assoluta priorità del trattato rispetto all’anagrafe e sul fatto che, a termini di convenzione, la residenza fiscale è UK. Se l’Agenzia insiste a considerarti residente in Italia (ad es. per via delle presunzioni legali), è il momento di preparare un ricorso.
3.3 Opposizione e contenzioso tributario
Se le spiegazioni e la contraddittorio con l’Agenzia non sortiscono effetto, occorre impugnare l’avviso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) entro il termine previsto (generalmente 60 gg o 180 gg, come detto). Nel ricorso bisogna articolare i motivi difensivi, tra i quali:
- Controdeduzione sulla residenza fiscale: si espone la prova della residenza UK e l’applicazione della convenzione. Si cita la giurisprudenza (ad es. Cass. 25424/2024) e i criteri dell’art.4 trattato per sostenere che il contribuente è fiscalmente residente nel Regno Unito.
- Contestazione di eventuali accertamenti redditometrici: se l’avviso è motivato con parametri forfettari o redditometro, si chiede di riesaminare il reddito presunto alla luce dei documenti reali (es. la prova che il reddito considerato estero non è imponibile in Italia ).
- Opposizione a sanzioni e interessi: se si sostiene la buona fede (es. ignoranza, informazioni ricevute da consulenti sul diritto alla convenzione), si può richiedere la loro limitazione.
- Eventuali vizi di notifica o termine decadenziale: se l’avviso è stato notificato in violazione di legge (ad es. scadenze di decadenza art.43 Dpr 600/73, o difetto di giurisdizione se l’accertamento è in realtà in carico al Regno Unito), vanno segnalati.
- Opposizione al quadri RW: se c’è contestazione di “spostamenti di capitali” o violazioni degli obblighi di monitoraggio fiscale, si argomenta sulla base della disciplina (ad es. DL 167/1990) e su eventuali scappatoie (come il Brexit e i flussi informativi).
Al termine del giudizio di primo grado (CTP), in caso di soccombenza è possibile appellarsi alla Commissione Tributaria Regionale (CTR), e poi in Cassazione, sempre con nuovi motivi. In Cassazione si insisterà sulla prevalenza della convenzione (art.75 DPR 600/73, art.169 TUIR richiamati dall’art.113 Cost. ) e sul fatto che gli stessi giudici hanno già riconosciuto tale principio.
Q&A: Cosa fare di concreto
- D: Ricevo un avviso di accertamento dall’Italia. In che lingua devo rispondere?
R: Normalmente gli atti tributari sono in italiano. Se vuoi un chiarimento, puoi richiedere la traduzione dei termini chiave (anche privatamente). Tuttavia, nella pratica si risponde quasi sempre in italiano (il ricorso e la documentazione devono essere presentati in italiano). Occorre quindi farsi assistere da un fiscalista o avvocato italiano. - D: Devo sempre fare ricorso? Posso sanare con ravvedimento?
R: Se l’accertamento riguarda posizioni effettivamente evase e con debiti seri, è difficile sanare con ravvedimento all’estero (non esiste un ravvedimento internazionale). Il ravvedimento vale solo per imposte non pagate o dichiarazioni tardive in Italia. Se l’Agenzia ti contesta la residenza in UK e l’omessa dichiarazione dei redditi esteri, devi difenderti in sede giurisdizionale. Tuttavia, se c’è proprio un errore sulla tua posizione e vuoi evitare il contenzioso, potresti valutare una “compliance volontaria”: dichiarare retroattivamente i redditi esteri e pagare le imposte, in cambio di sanzioni ridotte. Ma questo non è sempre conveniente: il tributario è la sede migliore per far valere la convenzione. - D: L’Agenzia sostiene che i miei conti esteri non dichiarati implicano accertamento dei redditi. Come mi difendo?
R: Gli obblighi di monitoraggio (quadro RW) e di dichiarazione in Unico degli investimenti esteri sono un tema a parte. Se l’Agenzia contesta l’omessa dichiarazione, il contribuente può contraddire fornendo la sua versione: per esempio, mostrando che i fondi depositati fuori non hanno prodotto reddito imponibile (meramente movimentazioni interni), oppure citando ammende ridotte. Tuttavia, se sono in gioco plusvalenze o interessi non dichiarati, la difesa si focalizza sull’applicazione della convenzione (se sei UK-residente, la fonte estera è tassata in UK) . Di norma, però, l’omessa dichiarazione RW prevede sanzioni specifiche proporzionali (art.5 DL 167/1990). In questo caso consigliamo un avvocato specializzato perché gli scenari possono essere complicati.
3.4 Impugnazione in Commissione Tributaria
Nella pratica del contenzioso tributario, la verifica della residenza fiscale è spesso il fulcro della lite: se la CTP riconosce che il contribuente risiede effettivamente nel Regno Unito (magari ai sensi dell’art.4 convenzione), respingerà l’accertamento sui redditi esteri . Al contrario, se non accoglie tale tesi, confermerà la residenza italiana e il contribuente rimarrà tassabile su tutti i redditi.
Ecco alcuni consigli per il processo: – Presentare prove chiare di residenza UK come allegati al ricorso (certificati, testimonianze, bollette UK, ecc.).
– Citare dottrina e giurisprudenza, per esempio Cass. 25424/2024 e Cass. 1355/2022 , ma anche ordinanze e risposte AE (come l’interpello 208/2025 citato da Fisco e Tasse ) a supporto.
– Sottolineare che l’Italia deve conformarsi al trattato in base al principio lex specialis .
– Richiedere prova dell’Agenzia: l’onere della prova che il contribuente risiede in Italia grava sulla stessa Amministrazione (salvo casi black list ). Se l’Agenzia non dimostra fattori concreti di residenza italiana (es. redditi italiani di rilievo, famiglia in Italia, beni) o non entra nei dettagli dei periodi trascorsi in Italia, la valutazione può volgere a favore del contribuente.
Q&A: Commissione Tributaria
- D: Cosa succede se la Commissione Tributaria concorda con l’Agenzia?
R: Se il primo giudice dà torto al contribuente, questi può presentare appello alla Commissione Tributaria Regionale entro il termine previsto. In appello si riproporranno gli stessi argomenti, insistendo sui documenti mancanti presentati in primo grado. Se anche in secondo grado si perde, l’ultima istanza è la Corte di Cassazione, dove gli argomenti si fanno ancora più sostanziali (principio di prevalenza della convenzione, errori di diritto del giudice di merito). - D: Quali sono i tempi del contenzioso e cosa rischio?
R: Il giudizio tributario ha tempistiche variabili: in media la prima pronuncia può arrivare dopo 1–2 anni. Se il contribuente perde, l’Agenzia può chiedere l’esecuzione (pignoramenti, fermi, iscrizione ipoteche su beni italiani). Se il contribuente vince, l’avviso viene annullato e le eventuali somme pagate (con versamenti o ritenute) vengono restituite. Se viene riconosciuto il diritto al credito d’imposta estero, l’Agenzia può compensare l’eventuale rimborso con altri crediti o imposte dovute.
4. Strategie pratiche e simulazioni
Di seguito alcuni esempi pratici e ulteriori suggerimenti concreti, dal punto di vista di un debitore/difensore che affronta un controllo dall’Agenzia:
4.1 Caso “Lavoratore italiano a Londra dipendente di azienda italiana”
Scenario: Mario, cittadino italiano, è andato a lavorare a Londra da luglio 2023, dipendente da una ditta italiana che gli versa regolarmente lo stipendio. Mario paga tasse UK sui suoi redditi da luglio, ma al suo rientro in Italia (vacanze natalizie) viene informato che il datore d’imposta italiano gli ha applicato ritenute IRPEF su tutto il 2023. Riceve quindi un avviso di accertamento dell’AE per imposte non versate relative al secondo semestre 2023.
Soluzione difensiva: Mario dimostra di aver spostato regolarmente residenza in UK (cancella AIRE, affitta casa a Londra, apre conto UK, certificato HMRC). Produce il certificato di residenza UK e le buste paga britanniche. Invoca la convenzione: come nella Cassazione citata , il reddito di lavoro in realtà è tassato in UK e Mario è soggetto passivo UK dall’entrata in vigore dell’opzione. L’azienda italiana, pur essendo nazionale, non può far valere questa circostanza per tassare Mario in Italia. Sulla base dell’art.15 convenzione e della sentenza della Cassazione, Mario ottiene l’annullamento dell’avviso e il rimborso delle ritenute subite in Italia.
4.2 Caso “Redditi di capitale esteri e credito d’imposta”
Scenario: Maria, residente UK dal 2022 (iscritta AIRE, cvaster), detiene un conto deposito nel Regno Unito che nel 2024 ha prodotto 10.000 £ di interessi. Non vive in Italia da anni. L’Agenzia delle Entrate, ritenendo Maria ancora residente italiana (per un equivoco di inizio registrazione), le imputa un reddito di 10.000 £ in Italia.
Soluzione difensiva: Maria fornisce la documentazione che dimostra la sua residenza UK (contratto di lavoro, affitto, utenze), oltre alla certificazione fiscale degli interessi UK. Sottolinea che, secondo l’art.4 della convenzione, la sua residenza fiscale è nel Regno Unito, e quindi l’Italia può includere gli interessi solo nel caso residui considerata fiscale italiana (presunto erroneamente). Se il giudice ritenesse in via ipotetica che Maria fosse residente anche in Italia, allora varrebbe l’art.24 convenzione: l’Italia includerebbe tali 10.000 £ in un’ipotetica base imponibile IRPEF, ma detrarrebbe dall’imposta italiana dovuta quanto già versato in UK, fino a concorrenza . In definitiva, Maria non dovrebbe pagare nulla in più all’Italia.
4.3 Tabella riepilogativa delle opzioni difensive
| Criticità riscontrata dall’AE | Azione di difesa consigliata | Possibili esiti |
|---|---|---|
| Presunzione di residenza in Italia (non AIRE) | Produrre iscrizione AIRE, certificati di dimora UK, domicili e redditi inglesi; invocare convenzione bilaterale . | L’Agenzia potrebbe ritirare il vincolo di residenza italiana e limitarsi ai redditi italiani, o potrebbe contestare ugualmente (verrà devoluta alla CT). |
| Redditi di lavoro UK tassati in entrambi i paesi | Dimostrare opzione tassazione UK e presentare certificazione HMRC di tassazione; citare Cass. 25424/2024 . | Annullamento dell’imposta italiana in eccesso e rimborso delle ritenute già operate in Italia, riconoscendo validità del credito d’imposta . |
| Redditi di capitale e dividendi UK omessi | Presentare dichiarazione UK; chiedere credito d’imposta su imposte già pagate all’estero (art.24 convenzione) . | Richiesta di compensazione del debito IRPEF italiano con imposte UK, riduzione a zero del debito; possibile annullamento accertamento se prova doppia imposizione. |
| Immobili o attività in Italia non dichiarate | Dimostrare non residenza o contestare quantità reddito come costo; verificare corretta applicazione del quadro normativo italiano. | Se confermato residente all’estero, l’Italia dovrebbe limitarsi ad accertare solo redditi “fonte Italia” (es. affitti locali); altrimenti contenzioso. |
| Mancate dichiarazioni (Quadro RW, IVA, ecc.) | Valutare ravvedimento o adesione; in alternativa dimostrare che i movimenti non generano reddito tassabile (es. trasferimenti tra conti propri). | L’eventuale sanzione amministrativa può essere notevole (es. 3-15% del valore trasferito), quindi spesso si cerca accordi con l’Ufficio prima del contenzioso. |
| Sospetto di elusione (residenza fittizia) | Dimostrare la genuinità del trasferimento (prova famiglia, lavoro, integrazione all’estero); eventualmente chiedere interpello preventivo (sulle operazioni, non sulla residenza). | Se la prova è convincente e il giudice applica trattato, le imputazioni elusive vengono superate. Se no, si corre il rischio di sanzioni elevate come in movimenti “black list”. |
Raccomandazioni finali
- Attività preventiva: Chi si trasferisce in UK deve cancellarsi dall’AIRE e documentare subito il proprio trasferimento (casa, lavoro, famiglia). È utile richiedere ogni anno il certificato di residenza fiscale UK da allegare all’eventuale dichiarazione italiana per il credito d’imposta.
- Durante il periodo UK: Controllare di non superare i 183 giorni di permanenza in Italia (alla luce del nuovo criterio) per non ridiventare residente secondo l’art.2 TUIR.
- In caso di contestazione: Rivolgersi tempestivamente a un legale esperto in fiscalità internazionale. La difesa si gioca soprattutto sul piano probatorio: collezionare documenti credibili e puntuali può ribaltare l’esito del controllo.
Fonti normative e giurisprudenziali
- Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), art. 2 (residenza fiscale) .
- Legge 27 dicembre 2023, n. 228 (Legge di Bilancio 2024), art. 1 comma 91 let. a) e b) (modifiche a TUIR, art.2: criterio di presenza fisica e presunzione relativa).
- Decreto Legislativo 27 dicembre 2023, n. 209 (attuativo della delega fiscale), art. 1 (nuovi criteri di collegamento dell’art. 2 TUIR) .
- Convenzione tra la Repubblica Italiana e il Governo del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord per evitare le doppie imposizioni (5/11/1990, n. 329, in G.U. 15/11/1990) – art. 4 (tiebreaker residenza), art. 15 (lavoro dipendente) , art. 24 (eliminazione doppia imposizione) .
- Ordinanza Corte di Cassazione n. 1355/2022 (18 gennaio 2022) – sulla presunzione di residenza in Italia senza AIRE .
- Sentenza Corte di Cassazione n. 25424/2024 (23 settembre 2024) – lavoro dipendente all’estero, prevalenza della convenzione e ininfluenza della nazionalità del datore di lavoro .
- Cass. Civile, sez. trib., ord. n. 16634/2018 – su iscrizione AIRE e residenza fiscale (richiamata in dottrina ).
- Cass. Civile, sez. trib., ord. n. 25963/2022 (e seguenti) – orientamento sulla prevalenza della convenzione internazionale .
- Agenzia delle Entrate – Risposta a interpello n. 208/2025 (14/8/2025) – chiarimenti sul mantenimento del regime del risparmio amministrato dopo trasferimento residenza all’estero .
- Circolare AE 20/E/2024 – residenza fiscale, presunzioni e onere della prova (sul nuovo regime 2024) .
Hai ricevuto un’intimazione o un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate italiana, anche se vivi e lavori nel Regno Unito? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Hai ricevuto un’intimazione o un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate italiana, anche se vivi e lavori nel Regno Unito?
Ti stai chiedendo perché il Fisco italiano ti chieda di pagare imposte o sanzioni, nonostante tu sia residente fiscale britannico e paghi le tasse alla HMRC (Her Majesty’s Revenue & Customs)?
👉 Non sei il solo. Dopo la Brexit, l’Agenzia delle Entrate ha intensificato i controlli sugli italiani residenti nel Regno Unito, ma non sempre le richieste sono legittime.
Con una corretta difesa puoi bloccare o annullare l’accertamento, dimostrando la tua residenza fiscale effettiva nel Regno Unito.
In questa guida vedrai perché l’Agenzia può agire anche all’estero, come funziona la Convenzione Italia–Regno Unito contro la doppia imposizione, e quali passi intraprendere per difenderti.
⚖️ Perché l’Agenzia delle Entrate può inviarti un accertamento
L’Agenzia delle Entrate può notificare accertamenti anche a cittadini italiani residenti nel Regno Unito quando ritiene che:
- tu sia ancora fiscalmente residente in Italia;
- tu abbia redditi o beni imponibili in Italia (immobili, conti, partecipazioni, pensioni, dividendi);
- il tuo trasferimento all’estero sia solo formale o fittizio;
- tu non ti sia iscritto all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero).
📌 Tuttavia, se sei stabilmente residente nel Regno Unito, lavori e paghi regolarmente le imposte alla HMRC, l’Italia non può tassare i tuoi redditi di fonte britannica.
In questi casi l’accertamento è contestabile e annullabile.
🌍 Quando sei considerato fiscalmente residente in Italia
In base all’art. 2 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), una persona è residente fiscale in Italia se, per più di 183 giorni all’anno:
- risulta iscritta all’anagrafe della popolazione residente in Italia;
- ha il domicilio o il centro degli interessi personali o economici in Italia;
- oppure non è iscritta all’AIRE.
👉 Se invece sei iscritto all’AIRE e la tua vita (lavoro, abitazione, famiglia, conti, tasse) è nel Regno Unito, non puoi essere tassato in Italia sui redditi esteri.
🇮🇹🤝🇬🇧 La Convenzione Italia–Regno Unito contro la doppia imposizione
Italia e Regno Unito hanno stipulato una Convenzione bilaterale contro la doppia imposizione fiscale (ratificata con Legge n. 329 del 1990).
Questo accordo regola dove e come vengono tassati i redditi dei cittadini che si trasferiscono.
📌 In sintesi:
- Se sei residente fiscale nel Regno Unito, paghi le imposte in UK sui redditi prodotti lì.
- L’Italia può tassare solo i redditi di fonte italiana (es. immobili, pensioni, dividendi, conti italiani).
- Se hai redditi tassati in entrambi i Paesi, puoi invocare la Convenzione per ottenere un credito d’imposta o l’esenzione in Italia.
👉 La Convenzione Italia–UK è la tua principale difesa legale contro la doppia tassazione e gli accertamenti errati del Fisco italiano.
🧠 Perché l’Agenzia delle Entrate può sbagliare
Gli errori più frequenti negli accertamenti verso italiani residenti nel Regno Unito sono:
- mancata iscrizione o aggiornamento all’AIRE;
- dati anagrafici o fiscali non aggiornati;
- presunzioni di residenza fittizia basate su legami familiari o immobili in Italia;
- scambio di informazioni parziale o errato tra HMRC e Agenzia delle Entrate (nonostante l’accordo post-Brexit);
- mancato riconoscimento della Convenzione contro la doppia imposizione.
📌 In tutti questi casi, l’Agenzia deve provare con documenti concreti che il tuo centro vitale (famiglia, lavoro, beni) sia ancora in Italia.
In mancanza di prove, la pretesa fiscale è illegittima.
🧩 Come difendersi da un accertamento fiscale italiano vivendo nel Regno Unito
💠 1. Verifica la notifica dell’accertamento in UK
L’Agenzia deve notificare l’atto correttamente all’estero, tramite:
- raccomandata internazionale con ricevuta di ritorno, oppure
- autorità consolari o canali diplomatici.
👉 Se la notifica è irregolare o non conforme al diritto internazionale, l’atto è nullo.
💠 2. Dimostra la tua residenza fiscale effettiva nel Regno Unito
Raccogli prove che attestino la tua stabile residenza e tassazione in UK, come:
- iscrizione all’AIRE;
- Certificato di residenza fiscale (Certificate of Tax Residence) rilasciato dalla HMRC;
- contratto di lavoro o dichiarazioni fiscali Self Assessment;
- bollette, contratto di locazione o mutuo UK;
- dichiarazioni di redditi e imposte versate nel Regno Unito.
📌 Questi documenti dimostrano che il tuo “centro vitale” è nel Regno Unito, non in Italia.
💠 3. Controlla i termini di prescrizione e decadenza
L’Agenzia delle Entrate può emettere accertamenti entro:
- 5 anni se la dichiarazione è stata presentata;
- 7 anni in caso di omessa dichiarazione.
👉 Se l’avviso arriva oltre questi termini, è decaduto e può essere annullato in Tribunale.
💠 4. Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria (ex Commissione Tributaria)
Hai 60 giorni dalla notifica per impugnare l’accertamento.
Un avvocato esperto in diritto tributario internazionale può:
- chiedere la sospensione immediata del pagamento;
- dimostrare la residenza fiscale effettiva nel Regno Unito;
- invocare la Convenzione Italia–UK per evitare la doppia tassazione.
📌 Il ricorso blocca la riscossione e consente di difenderti anche a distanza.
💠 5. Richiedi l’annullamento in autotutela o una definizione agevolata
Se l’accertamento è manifestamente errato (es. redditi già tassati in UK), puoi:
- chiedere all’Agenzia l’annullamento in autotutela allegando i documenti della HMRC;
- oppure, se l’importo è modesto, aderire a una definizione agevolata per chiudere la controversia con il pagamento ridotto e senza sanzioni.
📋 Documenti utili per la difesa
- Copia dell’avviso di accertamento o dell’intimazione ricevuta.
- Ricevuta di notifica (posta, PEC, canale consolare).
- Certificato AIRE aggiornato.
- Certificato di residenza fiscale UK (HMRC).
- Dichiarazioni Self Assessment e prove dei pagamenti delle imposte.
- Contratti di lavoro o documenti di proprietà/locazione in UK.
- Estratti conto bancari e documenti familiari.
⏱️ Tempi e risultati possibili
- Analisi e raccolta documenti: 1–2 settimane.
- Ricorso o autotutela: entro 60 giorni dalla notifica.
- Sospensione del pagamento: 1–3 mesi.
- Decisione del giudice: 6–12 mesi medi.
🎯 Risultati concreti:
- Blocco immediato delle somme richieste.
- Annullamento totale o parziale dell’accertamento.
- Riconoscimento della residenza fiscale nel Regno Unito.
- Eliminazione della doppia tassazione Italia–UK.
⚖️ I vantaggi di una difesa legale efficace
✅ Blocchi pignoramenti e azioni di riscossione in Italia.
✅ Dimostri la tua residenza fiscale effettiva nel Regno Unito.
✅ Eviti la doppia imposizione sui redditi esteri.
✅ Ottieni la riduzione o cancellazione del debito fiscale.
✅ Regolarizzi la tua posizione internazionale in modo definitivo.
🚫 Errori da evitare
- Ignorare la notifica dell’accertamento.
- Pagare subito senza verificare la fondatezza dell’atto.
- Non fornire documenti che attestino la residenza fiscale UK.
- Rivolgerti a consulenti non avvocati o senza competenze tributarie internazionali.
- Superare i 60 giorni per presentare ricorso.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza l’accertamento e la documentazione ricevuta.
📌 Verifica l’applicazione della Convenzione Italia–Regno Unito e la correttezza della notifica.
✍️ Redige il ricorso tributario o l’istanza di autotutela.
⚖️ Ti rappresenta davanti all’Agenzia delle Entrate e alla Corte Tributaria.
🔁 Ti assiste fino alla cancellazione o definizione agevolata del debito fiscale.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto tributario internazionale e sovraindebitamento.
✔️ Specializzato nella difesa di italiani residenti all’estero con accertamenti fiscali italiani.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Ricevere un accertamento fiscale dall’Italia mentre vivi nel Regno Unito non significa essere automaticamente colpevole.
Con una difesa legale adeguata, puoi dimostrare la tua residenza fiscale effettiva all’estero, impedire la doppia tassazione e ottenere l’annullamento dell’accertamento.
La Convenzione Italia–Regno Unito è dalla tua parte, ma è essenziale agire tempestivamente e con competenza.
📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata:
la tua difesa contro gli accertamenti fiscali italiani dall’estero comincia oggi, anche dal Regno Unito.