Hai ricevuto un avviso di accertamento fiscale come consulente o professionista dell’affiliate marketing?
Negli ultimi anni, con la crescita delle attività digitali e del lavoro online, l’Agenzia delle Entrate ha intensificato i controlli sui redditi derivanti da affiliazioni, sponsorizzazioni e vendite online, spesso accusando i professionisti del settore di omessa dichiarazione dei compensi percepiti o di errata qualificazione del reddito.
Molti consulenti, influencer e marketer digitali vengono colpiti da accertamenti fiscali basati su dati incrociati provenienti da piattaforme estere, da bonifici internazionali o da flussi di pagamento provenienti da network di affiliazione.
La buona notizia è che puoi difenderti legalmente, dimostrando la correttezza della tua posizione o regolarizzando eventuali errori senza incorrere in sanzioni eccessive.
In questa guida vedremo come funziona la tassazione per chi lavora nell’affiliate marketing, perché scatta l’accertamento e quali strategie utilizzare per difenderti in modo efficace.
Come viene inquadrata fiscalmente l’attività di affiliate marketing
L’affiliate marketing consiste nel promuovere prodotti o servizi online attraverso link affiliati e ricevere una commissione per ogni vendita, iscrizione o azione generata.
Fiscalmente, i redditi derivanti da questa attività possono essere classificati come:
- redditi di lavoro autonomo, se l’attività è svolta in modo abituale e professionale;
 - redditi d’impresa, se è organizzata con struttura autonoma (dipendenti, mezzi, capitali);
 - redditi diversi, se è svolta in modo occasionale e senza abitualità.
 
La corretta qualificazione è fondamentale, perché determina gli obblighi fiscali, contributivi e contabili.
Molti accertamenti dell’Agenzia derivano proprio da una qualificazione errata del reddito o dalla mancata apertura di partita IVA.
Perché scatta l’accertamento fiscale
L’Agenzia delle Entrate può avviare un accertamento per diversi motivi, tra cui:
- mancata dichiarazione dei redditi derivanti da piattaforme di affiliazione (come Amazon, ClickBank, Awin, TradeDoubler, ecc.);
 - pagamenti ricevuti da società estere (in dollari o euro) non dichiarati in Italia;
 - presunzione di attività abituale, anche se il contribuente ha operato come privato o senza partita IVA;
 - utilizzo di conti PayPal, Stripe o Revolut non comunicati all’Agenzia delle Entrate;
 - scostamento tra redditi dichiarati e flussi finanziari in entrata sui conti correnti.
 
Molte di queste contestazioni si basano su segnalazioni automatiche derivanti dallo scambio di informazioni tra banche, piattaforme di pagamento e amministrazioni fiscali di altri Paesi (in base ai protocolli CRS e FATCA).
Le sanzioni previste
Se l’Agenzia accerta che i compensi da affiliate marketing non sono stati dichiarati, può applicare:
- sanzioni dal 90% al 180% dell’imposta evasa per infedele dichiarazione;
 - sanzioni dal 120% al 240% in caso di omessa dichiarazione;
 - interessi di mora e sanzioni accessorie;
 - nei casi più gravi, anche responsabilità penale per dichiarazione infedele o occultamento di redditi (art. 4 D.Lgs. 74/2000).
 
Tuttavia, in molti casi è possibile evitare le sanzioni più pesanti accedendo a strumenti di regolarizzazione o dimostrando la buona fede e la natura non abituale dei redditi.
Cosa controlla l’Agenzia delle Entrate
Durante la verifica, il Fisco analizza:
- i movimenti bancari, i conti PayPal e le carte di pagamento virtuali;
 - i contratti o i report dei network di affiliazione;
 - le dichiarazioni fiscali degli ultimi cinque anni;
 - l’attività promozionale sui social e sui siti web collegati all’affiliato;
 - eventuali fatture o documenti emessi (o mancanti).
 
L’obiettivo dell’Agenzia è ricostruire il volume d’affari reale e verificare se il contribuente ha adempiuto agli obblighi fiscali in Italia.
Come difendersi da un accertamento fiscale
Se hai ricevuto un avviso di accertamento o una richiesta di chiarimenti, è importante non ignorarla e agire con metodo.
Ecco cosa fare immediatamente:
- Leggi attentamente la contestazione.
Verifica a quali annualità si riferisce, quali somme sono state accertate e da quali fonti provengono i dati. - Raccogli tutta la documentazione.
Contratti con le piattaforme di affiliazione, estratti conto, ricevute di pagamento, fatture e report delle commissioni maturate. - Analizza la tua posizione fiscale.
Valuta se i redditi sono stati effettivamente dichiarati o se è possibile dimostrare che si trattava di un’attività occasionale. - Contatta un avvocato o un consulente esperto in diritto tributario digitale.
Un professionista potrà verificare la legittimità dell’accertamento, presentare osservazioni all’Agenzia o ricorso entro i termini di legge (60 giorni dalla notifica). 
Le principali strategie difensive
Le strategie di difesa più efficaci dipendono dalla tipologia di redditi e dal tipo di accertamento ricevuto. Le più comuni sono:
- dimostrare la natura occasionale dell’attività, se i compensi non erano abituali o ricorrenti;
 - provare la doppia imposizione fiscale, se i redditi sono già stati tassati all’estero;
 - documentare l’avvenuta dichiarazione dei compensi in altre categorie reddituali;
 - contestare errori dell’Agenzia, come attribuzioni errate di redditi o periodi di imposta prescritti;
 - valutare la regolarizzazione spontanea tramite ravvedimento operoso, se l’irregolarità è limitata.
 
Una difesa mirata e ben documentata può portare alla riduzione delle sanzioni o all’annullamento completo dell’accertamento.
Come prevenire future contestazioni
Per evitare futuri problemi con il Fisco, è importante:
- aprire la partita IVA se l’attività di affiliazione è abituale;
 - emettere regolarmente fatture e conservare i report delle piattaforme;
 - dichiarare correttamente i compensi ricevuti dall’estero nel quadro RW e nel modello Redditi;
 - utilizzare conti dedicati all’attività per distinguere i flussi professionali da quelli personali;
 - farsi assistere da un consulente fiscale specializzato nel settore digitale.
 
Una gestione trasparente e ordinata è la migliore difesa preventiva contro gli accertamenti futuri.
Quando rivolgersi a un avvocato esperto
Devi contattare un avvocato se:
- hai ricevuto un avviso di accertamento o una lettera di compliance;
 - l’Agenzia ti contesta redditi esteri o non dichiarati;
 - vuoi regolarizzare la tua posizione fiscale in modo sicuro;
 - temi conseguenze penali per omessa o infedele dichiarazione.
 
Un avvocato esperto in diritto tributario e fiscalità digitale può assisterti in tutte le fasi del procedimento, dal contraddittorio con l’Agenzia alla presentazione del ricorso davanti al giudice tributario.
⚠️ Attenzione: non ignorare gli avvisi o le lettere di compliance dell’Agenzia delle Entrate. Se non presenti opposizione o chiarimenti nei tempi previsti, l’accertamento diventa definitivo e può portare a sanzioni elevate e blocchi sui conti.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, fiscalità digitale e contenzioso fiscale – spiega in modo chiaro cosa fare se ricevi un accertamento come consulente di affiliate marketing, come difenderti dal Fisco e come regolarizzare la tua attività online in modo legale e sicuro.
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Introduzione
L’affiliate marketing è un’attività professionale in forte crescita: consiste nel promuovere prodotti o servizi di terzi tramite link affiliati, ricevendo commissioni sulle vendite generate. Dal punto di vista fiscale, però, i compensi da affiliate marketing sono redditi imponibili come qualsiasi altro reddito da lavoro autonomo o d’impresa. L’amministrazione finanziaria considera infatti che “i compensi ottenuti da un’attività svolta professionalmente, ovunque prodotti, concorrono a formare il reddito imponibile”: ciò vale anche se provengono da piattaforme estere (ClickBank, Amazon, Google AdSense, ecc.) . In pratica, tutte le entrate – anche estere – devono essere dichiarate in Italia e assoggettate a imposte secondo le regole nazionali (IRPEF, IVA, ecc.) . Chi esercita regolarmente affiliate marketing deve quindi aprire partita IVA (anche in regime forfettario, se applicabile) e osservare gli obblighi contabili e di fatturazione previsti. Scarsezza di adempimenti e mancata dichiarazione espongono a pericoli di accertamenti fiscali, spesso molto severi. Questa guida dettagliata, aggiornata a settembre 2025 e incentrata sul punto di vista del contribuente, illustra le norme di riferimento, i rischi tipici e le strategie difensive da adottare – dall’istruttoria amministrativa fino al contenzioso tributario – con tabelle riepilogative, domande/risposte e modelli pratici (risposta a PVC, memoria difensiva, ricorso).
1. Quadro normativo e fiscale dell’affiliate marketing
Il reddito prodotto da affiliate marketing rientra generalmente nella categoria del reddito di lavoro autonomo o d’impresa. Ai sensi dell’art. 53 del TUIR (D.P.R. 917/1986) sono considerati redditi di lavoro autonomo quelli derivanti da “esercizio per professione abituale (anche se non esclusiva) di arti o professioni”. Il contribuente che opera abitualmente con partita IVA produce quindi redditi di lavoro autonomo, salvo che la sua attività assuma carattere tipicamente imprenditoriale (organizzazione e capitali) rientrando nel reddito d’impresa (art.55 ss. TUIR) . Viceversa, operazioni saltuarie e sporadiche rientrano tra i redditi diversi (art.67 TUIR lett. l), detassati con ritenuta del 20% se occasionali . Tuttavia, in base alla normativa vigente, superare 5.000€ di compensi annui con lo stesso committente fa presumere la continuità dell’attività e impone l’apertura della partita IVA (con iscrizione obbligatoria alla Gestione Separata INPS) . In ogni caso, l’attività di affiliate marketing è in genere considerata imprenditoriale o professionale continuativa piuttosto che occasionale .
Regime fiscale: l’affiliato apre normalmente partita IVA come professionista/impresa individuale. In regime ordinario, le commissioni incassate sono tassate con aliquote IRPEF progressive; in regime forfettario si applica l’imposta sostitutiva (dal 5% al 15%) calcolata con coefficienti di redditività (ad esempio il 78% per attività di servizi di marketing o consulenza) . Chi rientra nel forfettario è esonerato da IVA e da studi di settore, ma paga contributi INPS (Gestione Separata) calcolati sul reddito (aliquote ~26‑27% nel 2025) . Chi invece utilizza il regime ordinario deve applicare l’IVA sulle prestazioni: in Italia le consulenze pubblicitarie/di marketing sono soggette al 22% (pagamento IVA in fattura) . Tuttavia, se si fattura a clienti esteri valgono le regole del reverse charge o della non imponibilità IVA: per clienti UE con partita IVA si emette fattura senza IVA (indicando l’inversione contabile), per clienti extra-UE la fattura è fuori campo IVA (operazione non soggetta) . In ogni caso, le cessioni di servizi all’estero devono essere segnalate (evidenziate) mediante elenchi Intrastat (per operazioni comunitarie B2B) o comunicazione delle fatture estere (c.d. esterometro) .
Obblighi contabili e documentali: il professionista o imprenditore in regime ordinario è tenuto all’emissione di fattura elettronica (obbligatoria tranne che per i forfettari), alla registrazione nei registri IVA e in contabilità semplificata, all’iscrizione INPS/INAIL se dovuto. Deve conservare i contratti di affiliazione, i report delle piattaforme (PayPal, Stripe, Amazon, ecc.) e gli estratti conto bancari digitali collegati all’attività. In particolare, per pagamenti percepiti in moneta estera o su conti esteri occorre tener traccia del cambio e delle eventuali commissioni bancarie. Il mancato rispetto di tali obblighi (omessa fatturazione, false registrazioni, carenza di documenti) può scatenare un accertamento formale o addirittura presuntivo da parte del Fisco . Ad esempio, l’omessa emissione di fattura per un compenso estero o l’errato adempimento dell’esterometro possono essere oggetto di contestazione fiscale. Inoltre chi agisce come affiliato deve rispettare la normativa sulla pubblicità (Codice del Consumo, delibere AGCM) evitando forme di pubblicità occulta o ingannevole, altrimenti rischia sanzioni extra-fiscali.
2. Criticità tipiche e segnali di controllo
L’attività di affiliate marketing presenta alcune criticità comuni che spesso vengono poste sotto osservazione dal Fisco. In particolare, dai recenti casi emerge che le contestazioni più frequenti riguardano: – Omessa dichiarazione di ricavi esteri: molti consulenti affiliate ricevono incassi su piattaforme o conti esteri (Amazon, ClickBank, PayPal). Se questi compensi non sono inclusi in dichiarazione (Quadro RL/RT) oppure non assoggettati a IVA (ove necessaria), l’Agenzia contesta imposte non versate . A volte i compensi digitali vengono erroneamente qualificati come “prestazioni occasionali” per eludere l’IVA o i contributi previdenziali, il che è contestabile se vi è abitualità . – Errata qualificazione dell’attività: farsi inquadrare come “lavoro autonomo occasionale” o senza P.IVA quando in realtà l’attività è continuativa e organizzata può innescare accertamenti. Ad esempio, vendite ripetute su eBay (senza P.IVA) sono state considerate dall’Agenzia come redditi d’impresa . Recentissima Cassazione (sent. n. 7552/2025) ha stabilito che “l’abitualità e la continuità delle vendite online sono requisiti sufficienti per configurare un’attività d’impresa”, indipendentemente dall’organizzazione formale . Ciò vale analogamente anche per l’affiliate marketing: se le campagne promozionali generano ricavi costanti, si configura senza dubbio un’attività abituale (professionale o imprenditoriale) . – Congruità rispetto a indici di settore: gli ISA (Indici Sintetici di Affidabilità) – un’evoluzione dei vecchi parametri – stabiliscono un reddito medio di categoria. Se il reddito dichiarato risulta molto inferiore alla media di settore/parametro per attività di marketing (codice ATECO 73.11.x o simili), l’Agenzia può far partire un accertamento induttivo . In pratica, un reddito notevolmente più basso di quello tipico nella categoria di riferimento fa scattare un allarme (ad esempio, ricavi troppo esigui rispetto al fatturato di altri consulenti digital). – Contrasto con spese sostenute: l’amministrazione fiscale utilizza i meccanismi di redditometro (accertamento sintetico) e di capacità contributiva per ricostruire il reddito del contribuente. Se un affiliato sostiene ingenti spese (ricariche PayPal, acquisti di beni o servizi non giustificati) senza aver dichiarato redditi sufficienti, può subire un accertamento sintetico ai sensi dell’art.38 DPR 600/1973. Dal 2025 tali accertamenti richiedono due soglie contemporanee: il reddito ricostruito deve superare di almeno il 20% quello dichiarato e deve eccedere una soglia minima (attualmente circa €70.000, dieci volte l’assegno sociale) . Ciò implica che i redditometraggi colpiscono soprattutto evasioni di medio-alto livello . – Incongruenze su conti bancari: l’Agenzia incrocia i dati delle dichiarazioni con i movimenti bancari (dichiarazione dati finanziari, artt.32-bis DPR 600/73). Se i versamenti ricevuti (anche via piattaforme online) risultano maggiori di quanto dichiarato, scatta l’accertamento bancario. Esempio tipico: pagamenti periodici accreditati su un conto estero (o PayPal) che non combaciano con i ricavi dichiarati. In tal caso, il contribuente potrebbe dover dimostrare che tali flussi sono già stati adeguatamente conteggiati come fatturato o provengono da fonti lecite. Qualora ciò non avvenga, i valori bancari vengono presunti redditi imponibili . – Tracciatura fiscale delle piattaforme digitali: con la direttiva europea DAC7 (recepita da tempo in Italia), piattaforme come Amazon, Airbnb, ma anche sistemi di pagamento come PayPal o Stripe, comunicano periodicamente all’Agenzia delle Entrate le provvigioni pagate agli utenti. Ciò significa che anche se un contribuente omette di dichiarare certi importi, l’Amministrazione ne sarà comunque a conoscenza dall’estero. Fanno parte di questo scambio automatico anche i dati da Google AdSense, Facebook/Meta (per gli introiti pubblicitari), ecc. I controlli fiscali odierni incrociano cioè non solo banche dati nazionali, ma anche segnalazioni internazionali sulle transazioni digitali.
In sintesi, i punti critici da verificare in un’eventuale verifica fiscale sono: corretta fatturazione dei compensi (inclusa l’IVA dovuta o il reverse charge), dichiarazione completa di tutte le entrate (nazionali ed estere), inerenza fiscale delle spese sostenute, e congruenza del reddito dichiarato con i parametri di settore e i movimenti bancari. Una pulizia preventiva della contabilità, con registrazioni chiare di ogni entrata/uscita, contratti con sponsor e report delle piattaforme digitali, è fondamentale per evitare contestazioni.
3. Metodi di accertamento fiscale
L’Amministrazione finanziaria dispone di vari strumenti di indagine per verificare la correttezza delle dichiarazioni. Quelli principali sono:
- Accertamento analitico (or ‘accrediti bancari’): previsto dall’art.32-bis del DPR 600/1973. Consiste nella rilevazione di somme addebitate o accreditate sui conti correnti del contribuente. In pratica, la Guardia di Finanza o l’Agenzia acquisiscono gli estratti conto bancari (anche esteri) e confrontano i movimenti con quanto dichiarato. L’importo non giustificato con fatture viene assunto come reddito sottratto a tassazione. In applicazione di questo accertamento, l’onere della prova si inverte: il Fisco deve individuare i movimenti sospetti, mentre il contribuente deve dimostrare l’origine di tali somme (ad esempio, attestando di aver già tassato quelle somme o che derivino da prestiti/contributi) .
 - Accertamento induttivo – parametri/ISA: dal 2018 il sistema degli indici di settore (ISA) ha sostituito i vecchi parametri e gli studi di settore. Con questo metodo l’Agenzia può rettificare il reddito sulla base degli indicatori economici del settore: se l’affiliazione non presenta costi in linea con il fatturato, o risulta assai sotto la media della categoria (ad esempio «fatturato ben al di sotto dei parametri di settore»), il contribuente viene invitato a spiegare la discrepanza . In assenza di giustificazioni convincenti, l’ufficio può ritenere infedele la dichiarazione e procedere all’accertamento induttivo (errata classificazione dei costi, deduzioni non ammesse, ecc.).
 - Accertamento sintetico (redditometro): disciplinato dall’art.38 del DPR 600/1973, consente all’amministrazione di ricostruire il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese presumibilmente sostenute durante l’anno. Recentemente riformato (D.Lgs. 108/2024), prevede ora due requisiti cumulativi: il reddito accertato deve eccedere di almeno il 20% quello dichiarato e, inoltre, superare dieci volte l’assegno sociale annuo (circa €70.000 attualmente) . Solo i contribuenti con elevati livelli di spesa e redditi dichiarati molto bassi possono essere destinatari di questo accertamento. Nel nostro ambito, il redditometro scatta soprattutto se l’affiliato sostiene consumi rilevanti (viaggi, beni di lusso, ecc.) o finanziamenti bancari netti incompatibili col reddito dichiarato.
 - Altri metodi induttivi: l’art. 32 del TUIR permette un accertamento sintetico-artificioso in presenza di anomalie oggettive; in passato esistevano anche gli studi di settore (ora sostituiti dagli ISA). Sono tutti presunzioni relative che l’Agenzia usa per colmare incongruenze e indagare spese non documentate. Ad esempio, la mancata coerenza tra dichiarato e reddito calcolato sulla base di un certo tenore di vita (spese per consumi, patrimonio familiare) può essere motivo di ripresa d’imposta.
 - Verifiche e accessi ispettivi: oltre agli accertamenti “a tavolino”, l’Agenzia delle Entrate o la Guardia di Finanza possono effettuare verifiche ispettive in loco o inviare questionari (art.32 DPR 600/73). Durante l’accesso i verificatori controllano libri contabili, estratti conto e documenti, potendo anche redigere un verbale di constatazione (PVC) se rilevano irregolarità. I fiscali incrociano i dati di IVA/IRPEF con le banche dati (spesometro, esterometro, movimenti finanziari) e con segnalazioni automatiche (DAC7). Segnali di controllo tipici includono fatturato dichiarato sottostimato, utilizzo intensivo di rimborsi IVA, ammontare di spese o bonifici incongrui, assenza di fatture per acquisti, ecc. Se vengono contestati redditi non dichiarati, il contribuente potrà far valere diritti procedurali nel contraddittorio, nel PVC e nell’avviso di accertamento.
 
In sintesi, l’Amministrazione può procedere mediante indagini contabili (bancarie), parametri di categoria (ISA), redditometro o mediante visite ispettive. La difesa del contribuente inizia già in queste fasi: tenere traccia di ogni documento utile (contratti, fatture, elenchi di incassi digitali) è cruciale per poter confutare presunzioni e ricostruzioni coatte.
4. Il contraddittorio endoprocedimentale
Una recente importante novità riguarda il contraddittorio preventivo (o endo-procedimentale). Dal 18 gennaio 2024 il D.Lgs. 219/2023 (che ha modificato l’art.12 dello Statuto del contribuente) ha generalizzato l’obbligo di contraddittorio per l’Agenzia delle Entrate prima di emettere qualsiasi atto di accertamento. In sostanza, prima di notificare l’avviso definitivo l’ufficio deve inviare al contribuente uno “schema di atto” (bozza di accertamento) e concedere almeno 60 giorni per presentare osservazioni e documenti . L’atto finale deve motivare le ragioni del rigetto delle osservazioni ricevute. Se il contraddittorio non viene fatto (e rientrava nell’ambito di applicazione), l’avviso è annullabile. L’eccezione riguarda ancora alcune categorie automate (es. esiti controllo formale, cartelle esattoriali, esiti liquidazioni); ma per i comuni avvisi di accertamento da verifica o questionario il dialogo preventivo è obbligatorio.
È utile notare che, prima di questa riforma, la Cassazione aveva interpretato l’art.12(7) dello Statuto (L.212/2000) in modo restrittivo. La Cass. SU n. 24823/2015 stabilì che il contraddittorio preventivo era dovuto solo in caso di atti derivanti da accesso, ispezione o verifica in loco del contribuente, mentre non era obbligatorio per gli accertamenti “a tavolino” basati su controlli documentali . Ciò ha generato controversie (anche con CTR che rigettavano i ricorsi per “mancato contraddittorio”), fino a quando la legge del 2024 ha cambiato di segno la disciplina rendendolo obbligatorio in via generale. Dunque, per le annualità controllate dal 2024 in avanti l’Amministrazione deve quasi sempre instaurare il contraddittorio (altrimenti l’atto è nullo), anche senza accesso fisico.
Consigli pratici sul contraddittorio
- Invito a comparire/questionario (art.32 DPR 600/73): se ricevete un invito a comparire o un questionario dell’Agenzia, è essenziale rispondere nei termini (di solito 30 giorni) e fornire i documenti richiesti. Ignorare un invito può aggravare la situazione. Preparate una risposta scritta chiara, magari coadiuvati da un fiscalista, indicando fatture, contratti e spiegazioni sulle voci contestate .
 - Accesso/Visita della Guardia di Finanza: nel caso di un controllo in azienda o domicilio, partecipate all’accesso senza ostacolare i verificatori. È possibile controfirmare il PVC o annotare rilievi scritti. Annotate ogni obiezione con calma e richiedete copie dei documenti sequestrati o dei verbali. In seguito, nel contraddittorio formale, potrete riprendere tali osservazioni .
 - Contraddittorio ex art.12: se siete stati convocati per un colloquio col Fisco prima dell’avviso, presentate le vostre controdeduzioni per iscritto nei termini. Sottolineate gli aspetti favorevoli (ad. es. fatture già in possesso dell’ufficio) e fornite prove a confutazione degli indizi mossi. Il contraddittorio è lo spazio per “evitare o migliorare l’avviso di accertamento”, quindi va sfruttato al massimo . Anche se vi sembra infondato, è preferibile collaborare moderando l’impatto delle contestazioni.
 
5. Strumenti di definizione agevolata
Se l’accertamento prosegue, il contribuente può considerare alcuni strumenti di definizione bonaria o autorganizzazione:
- Ravvedimento operoso: se ci si accorge di omissioni o errori prima del contatto col Fisco, è sempre consigliabile correggere spontaneamente la dichiarazione integrativa e versare le imposte dovute con le sanzioni ridotte. Questo permette di risparmiare fino alla metà delle sanzioni e attenuare la sanzione penale, soprattutto in caso di piccoli importi .
 - Accertamento con adesione (art.6 DLgs. 218/1997): dopo la notifica dell’avviso di accertamento, entro 60 giorni si può chiedere un accertamento con adesione. Tramite questo procedimento si concorda con l’Agenzia un nuovo calcolo dell’imponibile, pagando le imposte dovute maggiorate di sanzioni ridotte. Attualmente le sanzioni in adesione sono abbattute a circa un terzo di quelle ordinarie: “con l’accertamento con adesione, c’è un abbattimento delle sanzioni a un terzo” . L’adesione consente inoltre di discutere il merito degli accertamenti (ad es. l’inerenza di certe spese) e definire il contenzioso senza giudizio. Dopo la firma dell’atto di adesione, la decisione diventa definitiva (impossibilità di ricorso) .
 - Acquiescenza: è la forma più semplice di definizione. Consiste nell’accettazione tacita dell’avviso senza fare opposizione, pagando le somme richieste con sanzioni ulteriormente ridotte (anche questa riduzione è circa pari a 1/3) . L’acquiescenza è possibile solo sul totale dell’avviso e comporta la rinuncia a contestarne il merito.
 - Autotutela: il contribuente può segnalare all’Agenzia eventuali errori formali (ad es. errori di calcolo) tramite istanza di autotutela, chiedendo l’annullamento parziale dell’avviso. Tuttavia, l’autotutela dell’ufficio è rara sui punti di merito (come l’esistenza o meno di ricavi), essendo più efficace in presenza di vizi evidenti di forma o di violazione di legge chiaramente comprovata.
 - Definizione agevolata delle liti: di tanto in tanto leggi straordinarie offrono sanatorie o riduzioni straordinarie (esempio: sconto delle sanzioni al 5%-33% o stralcio delle liti pendenti sotto certe cifre). Vanno valutate caso per caso in base alle proprie controversie in corso.
 
Le definizioni agevolate e l’adesione possono interrompere i termini per il ricorso e offrire uno “sconto” sulle sanzioni, ma vanno considerate solo dopo un’attenta valutazione con il professionista di fiducia.
6. Difesa in sede contenziosa
Se l’avviso di accertamento diventa definitivo (scaduto il termine per l’adesione o bocciate le osservazioni), il contribuente può impugnare l’atto davanti alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP). Il ricorso tributario deve essere notificato entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso . Nel ricorso si esporranno i motivi di illegittimità o infondatezza dell’atto, chiedendone l’annullamento totale o parziale. Le possibilità di azione includono:
- Nullità e vizi procedurali: ad esempio, omissione del contraddittorio obbligatorio (per atti dal 2024 in poi), mancata motivazione dell’avviso, errata competenza territoriale, difetti di notifica, o violazione del diritto di difesa. Occorre segnalare se l’atto non riporta correttamente i dati essenziali o i criteri di determinazione (si pensi all’obbligo di indicare dettagliatamente gli elementi probatori e i calcoli secondo art. 36-bis DPR 600/73). Se esistono errori procedurali gravi, la CTP può annullare l’avviso. (Nota: per gli accertamenti a tavolino antecedenti la riforma del 2024, le Corti avevano stabilito l’assenza di obbligo contraddittorio; ma dopo l’entrata in vigore del contraddittorio generalizzato, tale tesi perde efficacia.)
 - Contestazione dei presupposti: si può dedurre che, data la natura dell’attività (affiliazione) e i dati prodotti, non sussistono i presupposti per l’imposizione aggiuntiva. Ad esempio, può essere sostenuto che non sussiste il requisito dell’abitualità (se davvero occasionale) oppure che le piattaforme estere hanno già effettuato ritenute o regolato fiscalmente i compensi. In caso di accertamento redditometrico, si può eccepire che il contribuente possiede giustificativi di spesa tali da abbattere il reddito ricostruito.
 - Motivi di merito: qualora l’Agenzia abbia utilizzato parametri o redditometro, occorre provare che tali indici non sono congruenti con il caso concreto. Ad esempio, mostrare contratti e fatture che giustificano le spese effettuate, o documentare l’effettiva organizzazione dell’attività (ufficio, collaboratori, clienti continuativi). Se l’accertamento bancaria ha attribuito ricavi non dichiarati, bisogna dimostrare con documenti di non doverli dichiarare (ad es. erano pagamenti già contabilizzati). Se l’accertamento ha chiarito erroneamente la natura di un bene o di un rapporto, bisogna contestare la ricostruzione dei fatti.
 - Onere della prova: nel giudizio tributario, come già in sede amministrativa, l’onere di provare gli elementi di fatto e di diritto spetta al contribuente una volta esistenti elementi presuntivi a carico. In pratica, l’Agenzia deve mostrare indizi concreti (es. ampio numero di operazioni non giustificate) e poi il contribuente deve confutarli con una ricostruzione probatoria alternativa .
 
Se la CTP conferma l’avviso (integralmente o parzialmente), sarà possibile appello in Commissione Tributaria Regionale (CTR) e successivamente ricorso in Cassazione. In Cassazione si possono sollevare questioni di diritto (interpretazione delle norme, vizio di motivazione, violazione di leggi fiscali). Ad esempio, la Corte di Cassazione potrebbe intervenire su errori di qualificazione giuridica (art.53 vs art.67 TUIR), sulla applicazione impropria della norma IVA, o sull’inadempimento del contraddittorio. È raro che Cassazione riesamini interamente dati fattuali, ma può censurare violazioni processuali o di motivazione.
Di recente, la giurisprudenza ha ribadito alcuni principi rilevanti per gli affiliati:
- Abitualità dell’attività online: come visto, Cass. 7552/2025 ha affermato che vendite continuative su eBay e similari sono reddito d’impresa a prescindere dall’organizzazione. Ciò implica che anche un affiliato che genera vendite da campagne ripetute ha i requisiti dell’impresa fiscale .
 - Esterovestizione e residenza fiscale: se un contribuente (o una società) afferma di avere la residenza fiscale all’estero per motivi fiscali, deve dimostrare il trasferimento effettivo della vita e della gestione. La Cassazione di recente (sent. 34723/2022) ha confermato che l’esterovestizione è un fenomeno di evasione e non di mero abuso del diritto: basta provare che almeno uno dei criteri di collegamento (sede di direzione, amministrazione effettiva, ecc.) ricade in Italia per ricondurre la residenza fiscale in Italia . Inoltre, Cass. 35284/2023 ha precisato che anche chi si trasferisce in un paradiso fiscale può invocare i criteri bilaterali (tie-breaker delle convenzioni contro doppia imposizione) per stabilire la residenza in un altro Stato . Tuttavia, se le prove di fatto (certificati di residenza, contratti, spese quotidiane) mostrano il centro degli interessi in Italia, un certificato estero da solo non basta . Questi aspetti emergono se un affiliato, ad esempio, apre una società all’estero per ricevere commissioni: la giurisprudenza considera cruciale il place of effective management (direzione effettiva) e può applicare le regole dell’Unione Europea sul “libero stabilimento”. In pratica, trasferirsi all’estero richiede un’organizzazione concreta: uffici, dipendenti locali, conti correnti esteri, famiglia stabile all’estero, ecc., altrimenti l’Agenzia contesterà l’esterovestizione .
 - Applicabilità delle regole anti-frode: la stessa Cassazione (sent. 3386/2024) ha chiarito che i criteri di collegamento di art.73 TUIR (residenza societaria) si applicano non solo per l’IRES, ma anche a imposte indirette come l’imposta di registro. Ciò significa che, in caso di operazioni immobiliari o altro affidate a società estere fittizie, occorre attenersi alle stesse regole anti-esterovestizione .
 
Questi orientamenti dimostrano che l’Amministrazione è sempre molto attenta a eventuali artifici societari o anagrafiche che possano ridurre il carico fiscale. Nel contenzioso tributario è fondamentale argomentare su questi punti con riferimenti giurisprudenziali aggiornati, dimostrando la genuinità delle proprie scelte.
7. Tabelle riepilogative
Nelle tabelle seguenti si fornisce un riepilogo degli adempimenti fiscali e dei diritti del contribuente nelle varie fasi di controllo, nonché una guida su come fatturare e dichiarare i compensi all’estero.
Tabella 1 – Fasi del controllo e diritti del contribuente
| Fase del controllo | Attività dell’Amministrazione | Diritti e difese del contribuente | 
|---|---|---|
| 1. Comunicazioni e questionari | Invio di questionari (art.32 DPR 600/73) o richieste documentali anticipate. | Rispondere entro 30 giorni fornendo i documenti richiesti. | 
| 2. Accesso e verifica/PVC | Accesso ispettori (Entrate o Guardia di Finanza); verifica libri, conti. Redazione di PVC se rilevate irregolarità. | Presenziare all’accesso, controfirmare o contestare il PVC per iscritto; chiedere copia del verbale . | 
| 3. Contraddittorio preventivo | Notifica dello schema di accertamento (art.6-bis L.212/2000); 60 gg per osservazioni. | Presentare memorie e documenti entro i termini, eventualmente con assistenza legale . | 
| 4. Avviso di accertamento | Emissione atto motivato con maggiori imposte, sanzioni e interessi (art.36-bis DPR 600/73). | Impugnare l’avviso entro 60 gg in CTP; oppure richiedere definizione con adesione. | 
| Definizione agevolata | (facoltativa) Proposta di accertamento con adesione. | Presentare istanza di adesione entro 60 gg: accordarsi su imponibile e sanzioni ridotte a 1/3 . | 
Tabella 2 – Principali obblighi fiscali (fatturazione e IVA)
| Tipo di cliente / operazione | Fattura con IVA? | Adempimenti | 
|---|---|---|
| Cliente in Italia (B2B) | Sì, IVA 22% | Fatturazione nazionale con IVA al 22%. Registrare in liquidazione IVA (credito e debito). | 
| Cliente UE con P.IVA (B2B) | No (reverse charge) | Fattura senza IVA indicando “inversione contabile”. Comunicare in elenco Intrastat UE. | 
| Cliente UE senza P.IVA (B2C) | Sì, IVA italiana | Addebitare IVA 22% in fattura (o utilizzare l’OSS se si tratta di servizi digitali). | 
| Cliente extra-UE (non comunitario) | No, fuori campo IVA | Fattura fuori campo IVA (es. “operazione non soggetta”). Segnalare in esterometro / comunicazione delle operazioni transfrontaliere. | 
| Platform di advertising digital (Google, Meta, Amazon, etc.) | Dipende dal caso (di solito reverse charge) | Se si ricevono fatture da società estere (es. Google Ireland), applicare reverse charge in contabilità (art.17 DPR 633/72). Contabilizzare IVA a debito e credito. Se si emette a clienti esteri, seguire le regole sopra (reverse o fuori campo). | 
(Nota: per prestazioni digitali B2C verso consumatori UE può valere l’OSS dal 2021, ma di norma l’affiliato B2B emette senza IVA; se invece presta servizi digitali a privati UE può usare il regime OSS)).
Tabella 3 – Dichiarazione dei redditi e redditi esteri
| Aspetto | Obbligo fiscale | 
|---|---|
| Redditi professionali | Dichiarare nel modello Redditi (Quadro RL/RT) i compensi da affiliate marketing. | 
| Ritenute d’acconto | Se si emette fattura come lavoratore autonomo, applicare l’eventuale ritenuta (attualmente 20%) se richiesta dalla norma (solo su compensi a soggetti privati). | 
| Quadro RW (monitoraggio) | Dichiarare in Quadro RW i conti correnti, partecipazioni e attività finanziarie estere detenuti (es. conti PayPal o banca estera) se il valore supera complessivamente €15.000 all’anno . | 
| Imposta IVAFE (bollo) | Pagare IVAFE sui conti esteri con giacenza media > €5.000 (€.34,20 annui) . | 
| Redditi esteri (interessi, dividendi) | Inserire nella dichiarazione italiana qualsiasi reddito prodotto all’estero (es. interessi su conti esteri). Eventuali convenzioni di doppia imposizione possono dare credito d’imposta. | 
| Termini di decadenza | La legge fiscale prevede termini fino a 5 anni (dichiarazione presentata) o 7 anni (omessa dich.) per accertare redditi; questi raddoppiano per redditi da paesi black list, ma il Montenegro ad esempio è white list (valgono termini ordinari) . | 
8. Domande frequenti (FAQ)
- D: Ho svolto qualche vendita o azione di marketing all’estero, ma sono residente in Italia. Devo pagare tasse su quei compensi?
R: Sì. In base al principio della tassazione mondiale, ogni contribuente residente in Italia (persone fisiche o società) deve dichiarare tutti i redditi prodotti ovunque nel mondo . Ciò include commissioni incassate su piattaforme straniere (Amazon, Google, etc.) o direttamente da committenti esteri. Tali compensi vanno riportati nella dichiarazione dei redditi italiana e imputati come reddito professionale o d’impresa. In pratica, se un affiliato italiano riceve commissioni da un’azienda estera, ne deve comunque dichiarare l’ammontare e pagare IRPEF secondo scaglioni ordinari (o imposta sostitutiva se forfettario). Eventuali tassazioni già subite all’estero possono essere compensate col credito d’imposta per doppia imposizione, se applicabile. - D: Posso essere fiscalmente inquadrato come professionista occasionale se guadagno poco?
R: Il “lavoro autonomo occasionale” (art.67 TUIR) si applica solo a prestazioni sporadiche e non continuative effettuate senza partita IVA, senza avere vincoli di subordinazione e con compensi contenuti (max €5.000 l’anno per committente). Se l’attività di affiliate marketing è abituale e i compensi superano i €5.000 annui, il Fisco ritiene di norma obbligatoria la Partita IVA . Dichiarare come “occasionale” un’attività continuativa è rischioso perché l’Amministrazione potrebbe attribuire lo status di professionista o imprenditore continuativo. Se avete già superato la soglia o prevedete di farlo, è consigliabile aprire subito la partita IVA nel corretto codice ATECO (ad es. servizi pubblicitari/marketing digitale) . - D: Ho ricevuto compensi tramite PayPal o Stripe per campagne promozionali. Posso non emettere fattura?
R: No. Anche se il pagamento è avvenuto attraverso piattaforme elettroniche, il principio è che ogni compenso percepito deve essere documentato con fattura (o ricevuta/ricevuta fiscale se in regime forfettario con soggetti privati). Se avete un conto IVA, dovete emettere regolare fattura elettronica al cliente per l’importo incassato. Se invece foste in regime forfettario (e il cliente è un privato), potete emettere una fattura cartacea o informale senza IVA. L’Agenzia confronta infatti gli accrediti su PayPal/Stripe con le fatture emesse: compensi non fatturati sono facilmente presunti non dichiarati . - D: Cosa devo fare se l’Agenzia mi invita a comparire in contraddittorio?
R: L’invito a comparire è un primo passaggio del contraddittorio preventivo (art. 12 Statuto). Non va ignorato. È consigliato presentarsi o far pervenire una risposta scritta al funzionario, anche solo per chiedere tempo per raccogliere documenti. Durante l’incontro, fornire tutti i chiarimenti possibili e richiedere copia del verbale. In ogni caso, non precludetevi di presentare osservazioni più articolate per iscritto entro i 60 giorni successivi. Un confronto collaborativo può evitare un avviso formalizzato e favorire un’eventuale definizione senza contenzioso. - D: Come mi devo comportare in caso di accesso/visita della Guardia di Finanza?
R: Durante l’accesso gli uffici possono esaminare conti, computer, registri e chiedere documenti. Il vostro compito è fornire la collaborazione necessaria (mostrare fatture, contratto di affiliazione, report digitali, ecc.). Alla fine dell’accesso verrà redatto un PVC con gli eventuali rilievi riscontrati. Avete il diritto di contestare immediatamente le eventuali constatazioni nel verbale, oppure di aggiungere osservazioni scritte dopo aver chiesto un termine breve. Non firmate nulla prima di aver consultato un consulente se avete dubbi. Il PVC può comunque essere impugnato in seguito o utilizzato per rafforzare la difesa nel contenzioso. - D: Se ricevo un avviso di accertamento, qual è la differenza tra contraddittorio e adesione?
R: Il contraddittorio (endo-procedimentale) è il dialogo tra contribuente e ufficio prima della notifica dell’avviso, che consente di evitare errori e alleggerire il contesto. Serve a presentare osservazioni su rilievi preliminari. L’adesione è invece una proposta post-attiva: è un accordo per chiudere la controversia dopo l’avviso, pagando l’imposta dovuta (ridotta) e le sanzioni ridotte. In sintesi, il contraddittorio mira a prevenire o limare l’avviso, mentre l’adesione è il compromesso per definire la vicenda a seguito dell’avviso . - D: Come devo fatturare correttamente i compensi da piattaforme estere come Google AdSense o Amazon?
R: Se acquistate servizi da società estere (ad es. pubblicità Google o hosting su AWS), di solito vi arriva fattura da un’entità estera (es. Google Ireland) senza IVA. In contabilità, tale costo va gestito in reverse charge ai sensi dell’art.17 DPR 633/72: annotate l’IVA sia a debito sia a credito sulla stessa operazione (posizione IVA nulla). Se invece voi emettete fattura verso clienti esteri: per clienti UE con P.IVA indicate l’inversione contabile (nessuna IVA in fattura) ; per clienti extra-UE emettete fuori campo IVA (“operazione non soggetta”) e la comunicate con l’esterometro. Ricordate infine di dichiarare tutte le fatture attive e passive relative a operazioni estere (Intrastat e dintorni), perché la loro omissione è spesso oggetto di contestazione. - D: Quali sanzioni rischio in caso di accertamento?
R: Se vengono contestati redditi non dichiarati, si dovranno pagare le imposte aggiuntive (IRPEF e IVA omessa) con relativa sanzione per dichiarazione infedele. In generale, le sanzioni tributarie variano dal 90% al 180% della maggiore imposta (dichiarazione infedele) o dal 120% al 240% (omessa dichiarazione), secondo il periodo in cui ci si trova . Se si aderisce o acquiesce, le sanzioni vengono ridotte (attorno a 1/3 del minimo ordinario) . Oltre alle sanzioni amministrative, può scattare l’interesse legale o legale sanzionatorio e, in caso di rilevanti ammontari o dolo, anche profili penali di dichiarazione infedele o omessa (D.Lgs.74/2000). In ogni caso, collaborare subito regolarizzando gli errori (ravvedimento) consente di abbattere fortemente le sanzioni. 
9. Modelli e simulazioni pratiche
Di seguito si riportano schemi sintetici dei principali atti difensivi in fase amministrativa e giudiziaria.
Risposta a un questionario/PVC:
Spett.le Agenzia delle Entrate – Ufficio di [Località]
Via [..], [Città]
PEC: [indirizzo]
Oggetto: Risposta al verbale di constatazione / questionario – pratica n.
Io sottoscritto [Nome Cognome], C.F. [..], residente in [..], in qualità di titolare della P.IVA [..], con riferimento al verbale di constatazione redatto il [data] in seguito ad accesso presso il mio domicilio/studio, desidero fornire i seguenti chiarimenti e documenti giustificativi:
1) **Compensi dichiarati:** confermo che tutti i compensi percepiti nell’anno sono stati regolarmente inclusi nella dichiarazione dei redditi in sede di presentazione [modello Redditi PF 2024]. Allego copia delle fatture emesse verso i committenti [nazionali/estero] per tali compensi, nonché i report di pagamento da piattaforme digitali (PayPal, Amazon Affiliate) che evidenziano l’incasso delle stesse somme.
2) **Compensi esteri:** Per quanto riguarda i compensi percepiti da [es. Google AdSense/Amazon.com], segnalo che emettevo fattura **fuori campo IVA** in quanto si tratta di prestazioni rese verso soggetti extra-UE . Di seguito fornisco copia delle fatture e evidenze dei relativi pagamenti bancari esteri. Tali importi sono stati correttamente dichiarati come redditi da lavoro autonomo.
3) **Spese e deduzioni:** Tutte le spese professionali annotate (es. acquisto di laptop, corsi di formazione, canoni hosting) sono documentate da fatture, regolarmente conservate e dedotte nel dichiarativo. Allego copia dei giustificativi più rilevanti (fatture, scontrini, riassunti contabili).
4) **Domande specifiche del questionario:** – Alla Vostra domanda 3 si chiedeva la natura del contratto con il cliente [XYZ]. Si tratta di un rapporto continuativo di consulenza concordato via email; allego copia della corrispondenza e del bonifico finale. – Alla Vostra domanda 5 (movimenti bancari non documentati), precisiamo che gli accrediti da PayPal riportati coincidono con quelli compensi già dichiarati, come evidenziato nei report allegati (tutti incassi elencati nel 730/Redditi 2024).
Per ogni voce contestata, i documenti allegati dimostrano la correttezza delle scritture contabili e delle deduzioni. Restiamo a disposizione per ulteriori chiarimenti e confidiamo che questi elementi possano confutare i rilievi rilevati in sede di accertamento.
Distinti saluti,
[Luogo, data] [Firma del contribuente o del difensore]
Allegati: Elenco fatture emesse, estratti conto, report PayPal, contratti e corrispondenza…
N.B.: questo è solo uno schema indicativo. La risposta al PVC/questionario deve sempre essere personalizzata alle contestazioni specifiche, portando documenti chiari e evidenziando eventuali errori materiali dell’accertamento.
Ricorso in Commissione Tributaria Provinciale:
Alla Commissione Tributaria Provinciale di [Città]
Contro: Agenzia delle Entrate – Ufficio di [Località]
Ricorrente: [Nome Cognome], C.F. [..], residente in [..], P.IVA [..], elettivamente domiciliato in [..] presso il proprio difensore Avv. [Nome], come da procura in calce.
Oggetto: Ricorso avverso avviso di accertamento n. [..] del [data] – periodi d’imposta [202X–202Y].
Il ricorrente, premesso che con avviso di accertamento in epigrafe indicato è stata contestata una maggiore imposta IRPEF/IVA per euro [..], in relazione a presunti ricavi non dichiarati da affiliate marketing nel periodo [..], PROPONE RICORSO per ottenere l’annullamento totale (o parziale) dell’avviso, per i seguenti motivi:
1. **Vizi di motivazione e contraddittorio:** L’avviso non evidenzia chiaramente quali elementi obiettivi giustifichino la contestazione dei compensi. In particolare, non viene specificato in modo comprensibile il criterio di ricostruzione dell’imponibile (si fa riferimento genericamente a movimenti bancari), violando il principio di motivazione previsto dall’art.36-bis DPR 600/73. Inoltre, non risulta nel fascicolo alcuna notifica di “schema di atto” precedente (contraddittorio endo-procedimentale) come ora obbligatorio ex art.6-bis L.212/2000 . Ciò determina nullità dell’atto per violazione del diritto di difesa.
2. **Errata qualificazione dei ricavi:** In via subordinata, si eccepisce che i presunti compensi addotti a base di accertamento erano in realtà già in tutto o in parte dichiarati (come dimostrano le fatture allegate), e non rappresentano base imponibile aggiuntiva. Ad esempio, l’ammontare contestato come “ricavi in nero” coincide con un bonifico dal cliente [..] acquisito in bilancio e già dichiarato come prestazione occasionale (art.67 TUIR). L’Ufficio non ha considerato tale documentazione.
3. **Applicazione indebita dei parametri redditometrici:** Nel caso in esame l’Amministrazione si è limitata ad applicare indici di settore/parametri/ISA sulla base di medie generiche del settore “servizi pubblicità” , senza tener conto delle reali peculiarità dell’attività svolta dal ricorrente. I ricavi dichiarati sono comunque in linea con il numero di ore lavorate e la struttura operativa (singolo professionista senza dipendenti). L’accertamento induttivo in tal modo applicato risulta carente di motivazione specifica sul rapporto di causa-effetto tra indici astratti e fatturato effettivo.
4. **Quadro RW e monitoring fiscale:** Eventuali contestazioni relative a movimenti esteri risultano infondate, perché il ricorrente ha sempre adempiuto all’obbligo di monitoraggio fiscale (Quadro RW) per eventuali conti esteri detenuti, come risulta dalle dichiarazioni degli anni [..]. Non sussistono profili di evasione da questo capo.
Per tutti questi motivi, il ricorrente chiede che il giudice tributario adito voglia disporre l’annullamento integrale dell’avviso di accertamento impugnato. Ai sensi dell’art. 43 del DPR 602/73, dichiara di eleggere domicilio in [indirizzo del difensore].
[Luogo, data] [Firma del difensore]
Allegati: Copia avviso di accertamento; visura camerale; dichiarazioni dei redditi; fatture e documenti probatori; delega di procura.
Nota: Questo schema di ricorso evidenzia i capi di contestazione tipici. In pratica, occorre personalizzare i motivi di ricorso in base alle voci specifiche dell’avviso (omissione di redditi, indici applicati, sanzioni, ecc.) e corredarlo con la documentazione che giustifica le proprie ragioni.
10. Conclusione
L’affiliate marketing, pur portando interessanti opportunità di guadagno, si svolge in un contesto fiscale complesso e molto controllato. Il contribuente affiliato deve essere consapevole di tutte le responsabilità: corretta fatturazione (IVA e reverse-charge), puntuale dichiarazione di ogni compenso (anche estero), adempimenti RW/IVAFE per i conti esteri, e coerenza tra redditi e spese sostenute. Gli accertamenti fiscali (analitici, redditometrici, patrimoniali) possono colpire ogni disallineamento: ad esempio compensi percepiti non fatturati, movimenti bancari non dichiarati, uso di conti esteri senza monitoraggio. La chiave per difendersi è la preparazione: mantenere in ordine la documentazione contabile, rispondere prontamente agli inviti a contraddittorio, affidarsi a consulenti esperti fin dalle prime avvisaglie. Se l’Agenzia emette un avviso, il contribuente ha diversi strumenti di difesa: presentare osservazioni nel contraddittorio, valutare l’adesione agevolata, proporre ricorso tributario. I recenti interventi normativi (contraddittorio generalizzato, nuovo redditometro 2024) e giurisprudenziali (Cass. 7552/2025 sulle vendite online, sentenze sull’esterovestizione e sul place of management) devono essere conosciuti per costruire argomentazioni solide in giudizio.
In conclusione, l’imprenditore o professionista di affiliate marketing deve operare con trasparenza e razionalità fiscale: documentare ogni passaggio, rivedere periodicamente la propria posizione (anche con autocontrolli fiscali), e attivarsi subito in caso di dubbi (ravvedimento operoso). Se sorge un problema, è fondamentale agire tempestivamente con risposta motivata agli accertatori e, se necessario, con ricorso in commissione tributaria. Applicando queste strategie, si possono ridurre i rischi di sanzioni gravi e, in caso di controllo, difendersi efficacemente dalle contestazioni fiscali.
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Ti vengono contestati redditi non dichiarati, compensi da piattaforme estere o fatture non conformi?
👉 È una situazione molto frequente oggi tra marketer, consulenti e creator online, ma con la giusta difesa legale puoi bloccare l’accertamento, evitare la doppia tassazione e dimostrare la regolarità della tua attività digitale.
In questa guida scoprirai perché l’Agenzia delle Entrate sta controllando i consulenti di affiliate marketing, quali errori fiscali vengono contestati più spesso, e come difenderti legalmente da un accertamento ingiusto.
⚖️ Perché l’Agenzia delle Entrate controlla gli affiliati e i consulenti digitali
Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate ha avviato verifiche fiscali mirate su chi opera online e guadagna da:
- affiliate marketing (commissioni da network come Amazon, Awin, ClickBank, TradeDoubler, ecc.);
 - partnership con brand o piattaforme estere;
 - servizi di consulenza digitale, SEO, funnel, copywriting, coaching o traffico a pagamento;
 - vendita di infoprodotti o servizi online con pagamento da PayPal, Stripe o società estere.
 
📌 L’obiettivo del Fisco è verificare se tali redditi sono stati regolarmente dichiarati e se le operazioni estere rispettano le regole IVA e redditi internazionali.
🧾 Gli errori fiscali più comuni nei controlli agli affiliate marketer
Ecco gli errori che portano più spesso all’accertamento:
❌ Mancata dichiarazione dei redditi percepiti da network esteri
Molti marketer ricevono pagamenti da società non italiane (es. Irlanda, USA, Malta, Cipro) e non li dichiarano credendo che siano già tassati alla fonte.
❌ Fatturazione errata o assente
Il consulente non emette fattura per i compensi ricevuti online o la emette senza rispettare le regole IVA per operazioni UE o extra-UE.
❌ Mancata iscrizione alla partita IVA
Se l’attività è abituale e non occasionale, è obbligatorio aprire la partita IVA. Operare senza può comportare accertamenti per evasione fiscale.
❌ Doppia tassazione sui redditi esteri
Chi lavora con piattaforme estere spesso subisce ritenute o trattenute all’origine, ma non chiede il credito d’imposta in Italia (art. 165 TUIR).
❌ Mancata compilazione del quadro RW
I compensi depositati su conti esteri, wallet o piattaforme di pagamento online vanno dichiarati per il monitoraggio fiscale.
💰 Le conseguenze dell’accertamento fiscale
Se l’Agenzia delle Entrate ritiene che i redditi non siano stati dichiarati o siano parzialmente occultati, può richiedere:
- il pagamento delle imposte arretrate (IRPEF o IRES, IVA, addizionali);
 - sanzioni dal 90% al 180% delle imposte non versate;
 - interessi di mora;
 - nei casi più gravi, denuncia penale per dichiarazione infedele o omessa (artt. 4 e 5 D.Lgs. 74/2000).
 
👉 Tuttavia, nella maggior parte dei casi, le contestazioni si basano su presunzioni e ricostruzioni bancarie errate: con una difesa tempestiva puoi ridurre o annullare le somme richieste.
🧠 Cosa fare subito se ricevi un accertamento
✅ 1. Analizza il contenuto dell’avviso
Controlla:
- gli anni d’imposta contestati;
 - gli importi e le piattaforme citate (PayPal, Stripe, Amazon, ecc.);
 - le prove utilizzate dall’Agenzia (bonifici, report, accrediti);
 - la correttezza dei calcoli e delle sanzioni.
 
👉 Spesso l’Agenzia presume l’abitualità dell’attività basandosi solo su accrediti ricorrenti, senza considerare la natura effettiva dei compensi.
✅ 2. Recupera tutta la documentazione fiscale e contabile
Per difenderti, raccogli:
- estratti conto bancari e PayPal;
 - report delle piattaforme di affiliazione;
 - contratti o accordi di collaborazione;
 - fatture emesse o prove dei compensi già dichiarati;
 - eventuali imposte pagate all’estero (per richiedere il credito d’imposta).
 
📌 Questi documenti sono fondamentali per dimostrare che i redditi sono già stati tassati o regolarmente dichiarati.
✅ 3. Verifica la tua posizione IVA e reddituale
L’Agenzia può contestare l’assenza di partita IVA o l’errata classificazione dei redditi (es. “redditi diversi” invece di “lavoro autonomo”).
Un avvocato o consulente fiscale può valutare se:
- la tua attività era occasionale o abituale;
 - le prestazioni erano a titolo di consulenza digitale o collaborazione commerciale;
 - puoi regolarizzare la posizione senza sanzioni penali, tramite ravvedimento operoso o adesione all’accertamento.
 
✅ 4. Controlla la prescrizione e i termini dell’accertamento
L’Agenzia può notificare accertamenti entro:
- 5 anni dall’anno d’imposta (dichiarazione presentata);
 - 7 anni in caso di omessa dichiarazione.
👉 Se l’avviso arriva fuori termine, puoi chiedere l’annullamento per decadenza. 
✅ 5. Presenta ricorso o istanza di autotutela
Hai 60 giorni dalla notifica per impugnare l’avviso davanti alla Corte di Giustizia Tributaria (ex Commissione Tributaria).
Un avvocato tributarista può:
- contestare la mancanza di prove sulla percezione dei redditi;
 - chiedere la sospensione immediata del pagamento;
 - dimostrare la non imponibilità o la già avvenuta tassazione dei compensi.
 
📌 In alternativa, puoi chiedere l’annullamento in autotutela se l’Agenzia ha commesso errori materiali o ha ignorato imposte già versate.
⚖️ Strumenti legali di difesa
- Ricorso tributario alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni.
 - Memorie difensive da presentare entro 30 giorni se c’è un PVC (processo verbale di constatazione).
 - Adesione all’accertamento per ridurre le sanzioni in caso di accordo.
 - Autotutela per correggere errori evidenti o notifiche irregolari.
 
📋 Documenti fondamentali per la difesa
- Avviso di accertamento o PVC ricevuto.
 - Estratti conto PayPal, Stripe o bancari.
 - Report dettagliati dei network di affiliazione.
 - Contratti o email con le piattaforme.
 - Fatture emesse e dichiarazioni fiscali.
 - Prove di tasse già pagate all’estero (certificati di ritenuta).
 
⏱️ Tempi e risultati possibili
- Analisi iniziale: 1–2 settimane.
 - Presentazione del ricorso: entro 60 giorni.
 - Sospensione delle somme: in 1–3 mesi.
 - Decisione finale: 6–12 mesi medi.
 
🎯 Risultati concreti:
- Annullamento o riduzione dell’accertamento.
 - Cancellazione delle sanzioni per mancanza di dolo o buona fede.
 - Riconoscimento delle imposte già pagate all’estero.
 - Regolarizzazione della posizione fiscale senza procedimenti penali.
 
⚖️ I vantaggi di una difesa professionale
✅ Blocchi pignoramenti e riscossioni.
✅ Eviti la doppia tassazione dei redditi da piattaforme estere.
✅ Dimostri la correttezza fiscale della tua attività online.
✅ Ottieni la riduzione o cancellazione delle sanzioni.
✅ Regolarizzi la tua posizione e proteggi la tua reputazione professionale.
🚫 Errori da evitare
- Ignorare la notifica dell’accertamento.
 - Pagare subito senza verificare la fondatezza dell’atto.
 - Non conservare le prove dei pagamenti o dei contratti.
 - Usare conti esteri o PayPal senza dichiararli nel quadro RW.
 - Superare i 60 giorni per proporre ricorso.
 
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📂 Analizza l’accertamento e verifica la legittimità delle contestazioni fiscali.
📌 Controlla l’applicazione della normativa sulle operazioni estere e sul credito d’imposta.
✍️ Predispone memorie difensive, istanze di autotutela e ricorsi tributari.
⚖️ Ti rappresenta nei rapporti con l’Agenzia delle Entrate e davanti alla Corte Tributaria.
🔁 Ti assiste fino alla cancellazione o definizione agevolata dell’accertamento.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto tributario internazionale e digitale.
✔️ Specializzato nella difesa di marketer, consulenti e professionisti online.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Ricevere un accertamento fiscale come consulente di affiliate marketing non significa essere colpevole di evasione.
Con una difesa legale tempestiva puoi dimostrare la legittimità della tua attività, evitare la doppia tassazione e bloccare le richieste dell’Agenzia delle Entrate.
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