Accertamento Dell’Agenzia Delle Entrate A Italiano Residente In Australia: Cosa Fare E Come Difendersi

Hai ricevuto un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate pur vivendo e lavorando stabilmente in Australia? È una situazione che si verifica spesso tra gli italiani che si sono trasferiti all’estero ma mantengono legami con l’Italia, come immobili, conti correnti o attività economiche. In questi casi, il Fisco può sostenere che tu sia ancora residente fiscale in Italia e chiederti il pagamento di imposte e sanzioni.

La buona notizia è che hai diritto di difenderti. Le leggi internazionali e la convenzione fiscale tra Italia e Australia ti tutelano, purché tu agisca tempestivamente e con il supporto di un avvocato esperto in diritto tributario internazionale. Questa guida spiega cosa fare, come contestare un accertamento e quali prove servono per dimostrare la tua effettiva residenza fiscale in Australia.

Perché l’Agenzia delle Entrate può inviarti un accertamento

Secondo la normativa italiana, sei considerato fiscalmente residente in Italia se per più di 183 giorni all’anno risulti iscritto all’anagrafe della popolazione residente, oppure se hai in Italia il domicilio o il centro principale dei tuoi interessi economici e familiari. Anche chi vive da anni all’estero può essere considerato residente fiscale italiano se mantiene beni, conti o rapporti economici importanti in Italia.

Molti cittadini italiani emigrati in Australia ricevono accertamenti perché non hanno aggiornato l’iscrizione all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) o perché continuano a possedere una casa o conti in Italia. In questi casi, l’Agenzia può presumere che tu non abbia effettivamente trasferito il tuo centro di interessi e che, quindi, tu sia ancora fiscalmente residente in Italia.

La Convenzione Italia–Australia contro la doppia imposizione

Tra Italia e Australia è in vigore una Convenzione per evitare la doppia imposizione fiscale, ratificata con Legge n. 663/1982. Questa Convenzione stabilisce in quale Paese devono essere pagate le imposte, evitando che lo stesso reddito venga tassato due volte.

In sintesi, se la tua residenza fiscale effettiva è in Australia, i redditi prodotti lì devono essere tassati solo in Australia. I redditi prodotti in Italia – come pensioni, affitti o dividendi – possono essere tassati anche in Italia, ma con la possibilità di scomputare le imposte già versate in Australia. Dimostrare la residenza effettiva nel Paese di destinazione è quindi il punto chiave per evitare una doppia tassazione e ottenere l’annullamento dell’accertamento.

Come avviene la notifica dell’accertamento

L’Agenzia delle Entrate può notificare un avviso di accertamento a un cittadino residente in Australia tramite raccomandata internazionale, PEC (se hai un indirizzo di posta certificata italiano) o attraverso le autorità consolari italiane. Tuttavia, la notifica è valida solo se avviene nel rispetto delle regole previste dalle convenzioni internazionali. Se la notifica non è stata eseguita correttamente o è arrivata fuori tempo, può essere impugnata e l’intero atto può essere dichiarato nullo.

Cosa fare subito se ricevi un accertamento fiscale in Australia

Appena ricevi un accertamento, non ignorarlo e non attendere troppo. Hai 60 giorni di tempo per reagire e impostare la difesa. Ecco i passi fondamentali.

Verifica la data e la modalità della notifica: se non è conforme alle norme internazionali, l’atto può essere contestato. Richiedi una copia completa dell’accertamento per capire a quali redditi si riferisce e per quali annualità. Controlla la tua iscrizione AIRE: se risulti regolarmente iscritto negli anni oggetto di accertamento, è una prova forte della tua residenza estera. Raccogli documenti che dimostrano la tua vita in Australia, come contratto di lavoro, residenza, bollette, dichiarazioni dei redditi, iscrizione sanitaria o scolastica dei figli. Infine, contatta un avvocato esperto in diritto tributario internazionale: solo un professionista può verificare la legittimità dell’atto, applicare la Convenzione Italia–Australia e predisporre un ricorso efficace.

Come difendersi da un accertamento illegittimo

Un accertamento fiscale può essere impugnato per diversi motivi. La notifica potrebbe essere irregolare o avvenuta fuori dai termini, oppure l’Agenzia potrebbe aver commesso un errore sulla residenza fiscale, non tenendo conto della tua effettiva presenza in Australia. Altri casi frequenti riguardano la mancata applicazione della Convenzione bilaterale, la doppia tassazione di redditi già dichiarati in Australia o l’assenza di prove concrete da parte del Fisco italiano.

In questi casi, l’avvocato può presentare ricorso al giudice tributario italiano o un’istanza di autotutela direttamente all’Agenzia delle Entrate, chiedendo la sospensione della riscossione e l’annullamento dell’accertamento.

Come dimostrare la residenza fiscale effettiva in Australia

La residenza effettiva non si dimostra solo con l’iscrizione all’AIRE, ma attraverso prove concrete della tua vita all’estero. Gli elementi più importanti sono il contratto di lavoro o l’attività professionale in Australia, la casa di abitazione principale, la famiglia residente nel Paese, le tasse pagate all’Australian Taxation Office, l’assenza di rapporti economici rilevanti in Italia e la documentazione bancaria e fiscale australiana. Più prove riesci a fornire, più sarà solida la tua posizione difensiva.

Come evitare la doppia tassazione tra Italia e Australia

La Convenzione tra i due Paesi ti protegge dalla doppia imposizione. Se il Fisco italiano ti contesta redditi già tassati in Australia, puoi presentare la documentazione fiscale locale – come i “Tax Returns” e i certificati rilasciati dall’Australian Taxation Office – per dimostrare di aver già versato le imposte. Puoi anche chiedere il riconoscimento del credito d’imposta in Italia, in modo da evitare di pagare due volte sullo stesso reddito. L’assistenza di un avvocato esperto è essenziale per coordinare le prove con le autorità fiscali di entrambi i Paesi.

Cosa succede se ignori l’accertamento

Ignorare un accertamento è molto pericoloso. Trascorsi 60 giorni dalla notifica senza risposta, l’atto diventa definitivo e l’Agenzia delle Entrate può iscrivere il debito a ruolo, affidarlo all’Agenzia delle Entrate-Riscossione e avviare pignoramenti su conti o beni posseduti in Italia. Anche se vivi in Australia, eventuali proprietà o crediti in Italia possono essere aggrediti. Agire subito è quindi essenziale per bloccare la procedura.

I vantaggi di una difesa legale tempestiva

Un intervento rapido consente di sospendere la riscossione, contestare la residenza fiscale in Italia, evitare la doppia tassazione, proteggere i beni e, nei casi fondati, ottenere l’annullamento completo dell’accertamento. Una difesa legale ben impostata può anche risolvere la controversia in via preventiva, senza arrivare in giudizio.

Attenzione alle soluzioni improvvisate

Diffida di chi promette cancellazioni automatiche o chiusure “facili” dei debiti. Solo un avvocato qualificato in materia tributaria internazionale può analizzare la tua posizione, verificare la correttezza dell’accertamento e impostare la difesa più efficace nel rispetto delle leggi italiane e delle convenzioni internazionali.

Quando rivolgersi a un avvocato esperto

Contatta un avvocato se hai ricevuto un accertamento pur risiedendo in Australia, se vuoi dimostrare la tua residenza fiscale estera, se l’Agenzia ti contesta redditi già tassati in Australia o se temi il pignoramento di beni in Italia. Un legale esperto potrà seguire la pratica in ogni fase, dalla verifica della notifica alla presentazione del ricorso, fino all’eventuale annullamento dell’atto.

⚠️ Attenzione: un accertamento non contestato nei termini diventa definitivo e può portare a sanzioni o pignoramenti. Agisci subito per difendere i tuoi diritti e proteggere il tuo patrimonio in Italia.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, fiscale internazionale e tutela dei residenti all’estero – spiega in modo chiaro come reagire a un accertamento dall’Italia, come difendersi legalmente e come evitare la doppia tassazione grazie alla Convenzione tra Italia e Australia.

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Introduzione

La fiscalità italiana si basa sul principio del worldwide income: i residenti fiscali in Italia sono tassati su tutti i redditi ovunque prodotti, mentre i non residenti sono tassati solo sui redditi di fonte italiana . Per un contribuente italiano trasferito in Australia, la questione centrale è dunque stabilire se l’Agenzia delle Entrate lo consideri ancora residente fiscale in Italia (soggetto alla tassazione mondiale) o effettivamente non residente (tassato solo su redditi italiani). Il D.P.R. 917/1986 (TUIR) stabilisce i criteri per determinare la residenza fiscale: fino al 2023 essi erano l’iscrizione anagrafica in Italia (>183 giorni/anno), il domicilio civilistico (sede principale degli affari/interessi) e la residenza effettiva (>183 giorni) . Con la riforma del 2024 (D.Lgs. 209/2023) l’art. 2 TUIR è stato riscritto: l’iscrizione all’AIRE diventa una presunzione relativa di residenza all’estero (superabile con prova contraria) e sono stati introdotti tre criteri alternativi di residenza fiscale: (i) domicilio civile (inteso come luogo prevalente delle relazioni personali e familiari), (ii) presenza fisica nel territorio italiano per la maggior parte dell’anno (>183 giorni), (iii) centro degli interessi vitali . In pratica, la Cassazione conferma che per gli anni fino al 2023 resta fondamentale l’elemento economico-patrimoniale (affari, lavoro, investimenti) per stabilire il domicilio fiscale; dal 2024 è previsto maggiore rilievo ai legami familiari, ma in ogni caso ogni anno va valutato complessivamente (cfr. Tabella 1) . Per le persone giuridiche valgono analoghi criteri alternativi (sede legale, direzione effettiva, sede di gestione principale) . Inoltre, l’Italia ha una Convenzione contro le doppie imposizioni con l’Australia (ratificata nel 1989) che risolve eventuali controversie di doppia residenza secondo regole tie-breaker basate sul Modello OCSE .

Residenza fiscale e accertamento: come valuta l’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate imposta i controlli fiscali sui residenti all’estero in base agli elementi concreti. Trasferire la residenza anagrafica in Australia (iscrizione AIRE) è necessario ma non sufficiente per evitare accertamenti: è infatti un indice formale di espatrio che però può essere smentito da indizi di permanenza in Italia . La giurisprudenza (Cassazione) ribadisce che, in caso di contestazione, l’Amministrazione deve esibire «elementi concreti, gravi, precisi e concordanti» che facciano pensare al mantenimento in Italia del centro degli interessi del contribuente . Una volta prodotti tali elementi indiziari (ad es. la presenza della famiglia in Italia, la proprietà di immobili o la direzione di affari qui), l’onere spetta al contribuente di confutare il sospetto: occorre quindi raccogliere prove documentali e fattuali della vita effettivamente spesa in Australia (certificato di iscrizione AIRE, contratti di locazione o mutuo australi, bollette e spese di casa, iscrizione in piani pensionistici esteri, carte di credito estere, buste paga, ecc.) . Ad esempio, la Corte Suprema ha chiarito che certificati o formalità (passaporto, patente straniera, AIRE) da soli non bastano: si deve dimostrare che il contribuente ha «trasferito il proprio domicilio all’estero e cessato gli interessi economici in Italia» . In particolare, l’art. 2 co.2-bis TUIR (in vigore fino al 2023) prevedeva una presunzione di residenza italiana per chi si trasferiva in Stati a fiscalità privilegiata (cd. black-list), ma la Cassazione n. 11733/2024 ha precisato che anche questa è una presunzione relativa : in presenza di una convenzione bilaterale (ad es. con l’Australia), il contribuente può invocare i criteri internazionali (tie-breaker) per dimostrare l’effettiva residenza estera . Dunque, se l’Agenzia dovesse accertare che il contribuente è rimasto residente in Italia, dovrà provare il contrario; viceversa, una volta prodotte prove di espatrio, l’onere inverte e l’Amministrazione dovrà rinunciare all’accertamento o dirimere la questione tramite le regole convenzionali .

Strumenti di controllo dell’Agenzia in caso di residente all’estero

L’Agenzia delle Entrate dispone di vari strumenti di indagine per i contribuenti all’estero. Innanzitutto, può incrociare dati amministrativi e tecnici: anagrafiche (AIRE o anagrafe italiana), segnalazioni da organismi terzi (INPS, Comuni, banche, consolati), registrazioni di volo o accessi, utenze e spese sanitarie in Italia . Verifica inoltre direttamente i movimenti sui conti esteri tramite lo scambio automatico di informazioni finanziarie (Common Reporting Standard – CRS): banche australiane trasmettono dati su depositi e investimenti dei clienti italiani all’AFIP italiana, che può così individuare conti non dichiarati . Strumenti specifici includono il redditometro (accertamento sintetico basato sulla capacità di spesa) , i controlli sugli indici di capacità contributiva (art. 38 DPR 600/1973), le lettere di invito e pre‐contenzioso (c.d. “questionari di compliance”) . In pratica, se l’AE rileva spese o investimenti sproporzionati rispetto al reddito dichiarato, invia inviti a chiarire (ad es. “risulti AIRE ma possiedi conti in Italia; invitiamo a fornire documenti che attestino la tua residenza fiscale estera” ). Se il contribuente non risponde o non convince, si arriva all’avviso di accertamento formale. Attenzione: l’Agenzia può anche applicare presunzioni legali severe per i residenti in paradisi fiscali: ad esempio l’art.12 D.L. 78/2009 prevede il raddoppio dei termini di accertamento (da 5 a 10 anni) e sanzioni aggravate per attività finanziarie all’estero non indicate nel quadro RW (si parte da sanzioni dal 3–6% fino al 15–30% del valore occultato) . In sostanza, chi trasferisce la residenza in un “Paese black-list” è considerato un “sorvegliato speciale” e dovrà giustificare dettagliatamente ogni spostamento di capitali.

Notifica degli atti tributari a soggetti AIRE

Un aspetto cruciale è la validità delle notifiche: il contribuente italiano residente in Australia è presumibilmente iscritto all’AIRE e risulta quindi tassativamente domiciliato all’indirizzo estero comunicato. La Cassazione (ordinanza 30/11/2023, n. 33469) ha stabilito che ogni atto tributario deve essere notificato prima all’indirizzo estero AIRE mediante raccomandata con avviso di ricevimento . Se la notifica via postale all’estero fallisce, l’Agenzia delle Entrate ha l’onere di provare di aver avviato ulteriori ricerche diligenti (ad es. tramite uffici consolari) per reperire il contribuente . Solo se anche queste ricerche esauriscono esito negativo si potrà procedere con la notifica in Italia (ad esempio con il deposito in Comune) . Se tali accertamenti formali vengono ignorati, l’intero avviso è nullo. In pratica, quindi, se un cittadino italiano residente in Australia riceve un avviso di accertamento notificato a un vecchio domicilio italiano (o addirittura in multa), si può impugnare immediatamente la notifica stessa, facendo valere il mancato rispetto delle norme di notifica internazionale .

Redditometro e accertamento sintetico

Con le modifiche del 2024, l’art.38 DPR 600/1973 (accertamento sintetico o “redditometro”) è tornato operativo in forma rafforzata: l’Agenzia può stimare il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese sostenute (acquisti, investimenti, capacità contributiva) e verificare discrepanze con il reddito dichiarato . Questo strumento ora considera anche nuovi indicatori (ad es. carte di credito estere, criptovalute, ecc.) . Per un italiano residente in Australia, in teoria il redditometro dovrebbe basarsi sulle spese sostenute nel mondo, ma in pratica l’accertamento riguarda soprattutto attività italiane: se il fisco scopre, tramite CRS o liste di controllo, investimenti o acquisti non coperti da reddito dichiarato, può richiedere spiegazioni o procedere a rettifiche. Ad esempio, se venissero accertati redditi esteri non dichiarati (come interessi o affitti dall’Australia), l’Agenzia potrebbe chiedere il ravvedimento e applicare sanzioni elevate. Tuttavia, il contribuente può difendersi dimostrando la legittimità delle spese (prove di acquisti, trasferimenti di denaro, rendite estere già tassate all’estero, ecc.) e la mancanza di reddito nascosto . Se il contribuente è correttamente non residente, infatti, il Redditometro italiano non dovrebbe proprio essere applicabile sui redditi australiani (essi non rientrano nel reddito imponibile italiano) .

Esterovestizione e società estere

Il fenomeno dell’esterovestizione consiste nello spostare fittiziamente la residenza fiscale (di una persona fisica o giuridica) all’estero per evadere il fisco italiano . Per le società, l’art.73 TUIR stabilisce che se per la maggior parte dell’anno una società italiana ha in Italia sede legale, direzione effettiva o oggetto principale, è considerata residente in Italia . Da gennaio 2024 è stato aggiunto anche il criterio della gestione operativa principale (se gran parte dell’attività ordinaria si svolge in Italia). La Cassazione ha chiarito che basta uno solo di questi criteri perché la società italiana rimanga fiscalmente italiana; ad es. una S.r.l. formalmente con sede legale in UK ma amministrata di fatto dall’Italia sarà considerata residente in Italia . L’art.73, c.5-bis TUIR prevede una presunzione relativa per le società fittiziosamente estere (holding passive controllate da italiani), ma l’onere di disinnescare questa presunzione grava sull’impresa stessa .

Per le persone fisiche, come visto, la “residenza” in paradisi fiscali non fa automaticamente scattare l’abuso del diritto, ma apre alle verifiche: la Cassazione n.35284/2023 ha infatti riconosciuto che anche chi emigra in paesi a bassa tassazione può invocare i criteri convenzionali (tie-breaker) delle convenzioni internazionali, superando la presunzione interna italiana . Tuttavia, trasferimenti all’estero senza un vero cambiamento di vita (es. mantenendo casa, famiglia o lavoro in Italia) costituiscono esterovestizione e determinano l’accertamento del domicilio fiscale nel nostro Paese . In caso di contestazione, la Cassazione ribadisce che «l’onere di provare la sussistenza dei requisiti di collegamento [all’estero] spetta al contribuente una volta sorto il dubbio»: occorre quindi dimostrare che la direzione effettiva dell’attività estera è genuina e non fittizia . Se invece sussiste l’esterovestizione, il Fisco può procedere a un accertamento sui redditi (anche imponendo pene più severe) e può contestare, per la società “esterovestita”, l’omessa dichiarazione in Italia dei redditi prodotti (art. 5 D.Lgs. 74/2000) .

Quadro RW, IVIE/IVAFE e monitoraggio fiscale

I contribuenti italiani fiscalmente residenti devono riportare nel “Quadro RW” della dichiarazione dei redditi gli investimenti e le attività estere di natura finanziaria e patrimoniale (conti correnti, titoli, partecipazioni, immobili esteri, beni preziosi, criptovalute, ecc.) . L’omessa o infedele compilazione del quadro RW comporta gravi conseguenze: sanzioni pari al 3–15% del valore non dichiarato (o 6–30% se i beni sono in Paesi black-list) , con raddoppio dei termini decennali di accertamento in caso di attività occultate nei paradisi fiscali . Inoltre, il possesso di determinati beni all’estero può generare imposte patrimoniali italiane (IVIE per immobili, IVAFE per attività finanziarie) da versare ogni anno. Un contribuente italiano residente in Australia può temere queste sanzioni solo se l’Agenzia lo considera ancora residente in Italia: in quel caso i redditi e patrimoni australiani dovrebbero essere stati dichiarati in Italia e monitorati. Viceversa, un italiano riconosciuto non residente non è tenuto né a compilare il RW né a pagare IVIE/IVAFE per i beni detenuti fuori dall’Italia . Come sintetizza la Tabella 2, solo il residente italiano è obbligato a questi adempimenti di monitoraggio estero. In altre parole, un vero non residente “genuino” non è punibile con sanzioni RW (l’Agenzia non può multarlo su beni all’estero non dichiarati, se non a seguito di un eventuale cambio di residenza fiscale) .

Collaborazione volontaria (Voluntary Disclosure)

Per evitare accertamenti devastanti, esiste anche la possibilità di regolarizzarsi preventivamente mediante la collaborazione volontaria (voluntary disclosure). Introdotta con la Legge 186/2014, questa procedura straordinaria consente ai contribuenti di autodichiarare al Fisco le attività finanziarie estere non dichiarate, in cambio di significativi benefici: sanzioni ridotte e estinzione dei reati tributari correlati . Nella pratica, il contribuente presenta all’Agenzia una dettagliata relazione sulle violazioni (conti o redditi omessi) e versa tutte le imposte dovute, calcolando autonomamente imposte, interessi e sanzioni secondo le regole dell’adempimento collaborativo . La prima “voluntary disclosure” 2015 ha permesso di far emergere circa 60 miliardi di euro non dichiarati e ha portato all’Erario quasi 5 miliardi di euro . Una seconda finestra (2017) ha ampliato i benefici e consentito anche la regolarizzazione di contanti e valori detenuti in Italia . Ad oggi (settembre 2025) non è in corso un nuovo scudo permanente, ma si discute di una “Voluntary 3.0” per alcuni beni digitali . Dal punto di vista del contribuente in Australia, la voluntary disclosure resta un’opzione per sanare posizioni pregresse: aderendo (se ancora possibile) si eviterebbero sanzioni piene, accertamenti retroattivi a 10 anni e rischi penali, ottenendo al contrario un trattamento favorevole . Tuttavia, prima di aderire è necessario valutare l’intera situazione e gli adempimenti (rilavorazione delle dichiarazioni, ravvedimento operoso, ecc.) con un professionista.

Cooperazione fiscale internazionale (CRS, AEOI)

Negli ultimi anni l’Italia si è collegata al sistema mondiale di scambio automatico di informazioni fiscali. Dal 2017 le banche straniere segnalano all’Agenzia dei dati sui conti correnti intestati a residenti italiani (FATCA e CRS OCSE), e viceversa l’Agenzia condivide dati sulle posizioni italiane con le autorità dei Paesi partner, compresa l’Australia. Pertanto, i conti bancari, le rendite e le operazioni finanziarie dell’italiano in Australia non restano nascoste: l’Agenzia delle Entrate ottiene automaticamente informazioni sui saldi e sui redditi derivanti da tali attività. Inoltre, da gennaio 2023 sono attive anche le direttive DAC7/DAC8 che obbligano piattaforme digitali e intermediari (es. servizi di streaming, affitti brevi, criptovalute ecc.) a segnalare le transazioni dei propri utenti alle autorità fiscali nazionali. In pratica, quindi, ogni flusso di reddito estero rilevante può emergere dallo scambio AEOI (Automatic Exchange of Information) e alimentare una verifica fiscale.

Strategie difensive in caso di accertamento

Se l’Agenzia delle Entrate avvia un procedimento di accertamento fiscale contro un contribuente italiano in Australia, le possibili azioni difensive includono: (1) Verificare la validità della notifica: accertarsi che l’avviso sia stato correttamente notificato all’indirizzo estero AIRE ; se manca la prova di tale notifica, richiedere l’annullamento per nullità. (2) Rispondere tempestivamente a lettere di invito (questionari o compliance): preparare e inviare documenti che dimostrino la propria residenza all’estero (contratti di lavoro o affitto in Australia, presenze nel Paese, certificati, dichiarazioni fiscali australiane) entro i termini richiesti . (3) Controllo del contraddittorio preventivo: in molti casi l’Amministrazione deve attivare un contraddittorio formale prima di inviare l’avviso (ex art. 12-bis D.Lgs. 218/1997); il contribuente deve quindi partecipare fornendo chiarimenti o chiedendo di valutare eventualmente la propria posizione come non residente . (4) Dimostrare i documenti di registrazione in AIRE e ogni adempimento fiscale fatto in Italia (es. eventuali modelli Redditi già presentati, IVA, Iva, IRAP), per evitare di essere accusati di omissioni gravi. (5) Avvalersi di convenzioni internazionali: se il reddito è già stato tassato in Australia, far valere i crediti d’imposta previsti dalla convenzione bilaterale per non subire una doppia imposizione economica . (6) Impugnare l’avviso in contenzioso: se il contraddittorio non risolve la questione, è possibile impugnare l’avviso presso la Commissione Tributaria entro 60 giorni dalla notifica. In giudizio, si potrà eccepire la nullità dell’atto (per vizio di notifica o carenza dell’accertamento) o contestarne il merito (residenza, calcolo delle imposte, ecc.), sempre coadiuvati da prove documentali. È importante agire con un legale esperto in fiscalità internazionale: ogni elemento di prova (contratti, estratti conto, registrazioni, dichiarazioni estere, ecc.) va raccolto in forma rigorosa per sostenere la difesa.

Domande frequenti (FAQ)

  • D: Se sono iscritto all’AIRE in Australia, significa che non sarò più residente in Italia?
    R: L’iscrizione all’AIRE costituisce oggi una presunzione relativa di residenza all’estero . Ciò significa che, in assenza di prove del contrario, sei considerato non residente. Tuttavia, se l’Agenzia delle Entrate raccoglie indizi contrari (es. centro interessi vitale in Italia), può contestare la tua residenza. In caso di contestazione, il contribuente dovrà dimostrare con documenti la effettiva vita all’estero (cancella le utenze italiane, stipula contratti e pagamenti in Australia, ecc.) .
  • D: Cosa succede se ricevo un avviso di accertamento mentre vivo in Australia?
    R: In primis, verifica che l’avviso sia stato notificato regolarmente all’indirizzo estero (AIRE) . Se la notifica è invalida puoi chiederne l’annullamento. Se invece l’avviso è valido, partecipa subito al contraddittorio (se previsto) e prepara la difesa documentale. Il tuo obiettivo sarà dimostrare di non essere fiscalmente residente in Italia, fornendo ogni prova del tuo “distacco” (certificati AIRE, bollette/utenze australiane, iscrizioni a scuole o pensioni in Australia, ecc.) . In seguito, potrai impugnare l’avviso in sede giudiziaria, eccependo i vizi formali o di merito (residenza, redditi, calcolo d’imposta).
  • D: Devo compilare il quadro RW dall’Australia?
    R: Solo se sei considerato residente fiscale in Italia . In pratica, un italiano veramente residente all’estero non ha obbligo di compilare il RW né di pagare IVIE/IVAFE per i beni detenuti all’estero . Se però l’Agenzia ti considera ancora residente in Italia, dovresti dichiarare nel quadro RW i tuoi conti e investimenti in Australia, altrimenti potresti incorrere in sanzioni severe .
  • D: Il redditometro può colpirmi se spendo in Australia?
    R: No, il redditometro italiano opera sul presupposto di determinare il reddito imponibile italiano del contribuente residente. Se sei fiscalmente non residente, in linea di massima i tuoi redditi e spese australiani non sono rilevanti per l’IRPEF italiana . Tuttavia, se vieni “ritenuto” residente in Italia, allora il Fisco potrà ricostruire retroattivamente il tuo reddito mondiale basandosi sulle spese di cui ha evidenza (inclusi spostamenti di fondi verso l’estero) . In ogni caso, se ricevi un accertamento da redditometro, è fondamentale fornire prove di regolarità (es. redditi effettivamente dichiarati e tassati all’estero) .
  • D: Che cos’è l’esterovestizione e quando può essere contestata?
    R: L’esterovestizione è la situazione in cui un soggetto (persona fisica o società) trasferisce la residenza all’estero solo per sottrarsi al fisco italiano . Viene contestata quando l’Amministrazione ritiene che il “trasferimento” sia puramente formale e che la gestione effettiva resti in Italia. Ad es., una società con sede legale all’estero ma diretta dall’Italia sarà considerata italiana . Analogamente, un contribuente che dice di vivere in Australia ma mantiene qui la famiglia, la casa e l’attività lavorativa può essere ricondotto alla residenza italiana. In caso di contestazione di esterovestizione, l’Agenzia può richiedere il versamento di imposte e sanzioni come se fossi rimasto italiano . La difesa consisterà nel dimostrare l’effettiva vita all’estero con elementi sostanziali (le prove di cui sopra).
  • D: Cosa posso fare con la voluntary disclosure?
    R: Se hai attività estere non dichiarate (conti bancari, titoli, criptovalute, ecc.), la voluntary disclosure ti permette di “fare pace” con il Fisco: offri di rivelarle spontaneamente, versi imposte e sanzioni ridotte e ottieni l’estinzione dei reati tributari connessi . Con questa procedura (introdotta dalla L.186/2014) hai l’opportunità di regolarizzare la tua posizione evitando le sanzioni piene e le indagini penali che scattano in caso di accertamento. Attualmente in Italia non è aperto un nuovo termine fisso, ma è possibile aderire alle forme ancora aperte di collaborazione (ad es. ravvedimento operoso integrale) entro i termini di decadenza. Bisogna valutare caso per caso con un professionista.
  • D: Quali redditi esteri devo dichiarare in Italia se mi considerano ancora residente?
    R: Se l’Italia ti considera residente fiscale, dovresti dichiarare (e hai l’obbligo di pagare tasse su) tutti i tuoi redditi ovunque prodotti . In tal caso dovresti includere in dichiarazione tutti i redditi australiani (stipendi, rendite, dividendi, plusvalenze, ecc.) e pagare l’IRPEF italiana corrispondente, ma avendo diritto al credito per le tasse già pagate in Australia (per evitare la doppia imposizione) . Se invece sei correttamente non residente, nulla di ciò si applica: pagherai le imposte solo sui redditi di fonte italiana (ad es. un affitto di casa in Italia) e non su quelli australiani . In ogni caso, in contenzioso puoi far valere la Convenzione Italia-Australia che evita di pagare doppie tasse: di solito ciò significa chiedere a credito in Italia le tasse pagate in Australia su quegli stessi redditi .

Simulazioni pratiche

Caso 1 – Persona fisica: Mario è un ingegnere italiano che si è trasferito a Sydney nel 2019 e si è regolarmente iscritto all’AIRE. Nel 2025 riceve dall’Agenzia delle Entrate una lettera di compliance: gli viene contestato di avere in Italia una casa ereditata e rendite (bollette, IMU) a suo nome, chiedendogli spiegazioni sulla sua residenza fiscale per gli anni precedenti. Grazie alle indicazioni del suo consulente, Mario risponde inviando documenti comprovanti la permanenza in Australia: contratti di lavoro, ricevute di affitto in AU, certificato AIRE, bollette consumate qui, estratti conto bancari australiani con movimenti. In parallelo, mostra di non avere più legami economici in Italia (ha venduto l’auto, ha cancellato le utenze). Alla fine, l’ufficio archivia la verifica perché Mario ha fornito prove «gravi e precise» del suo spostamento all’estero . Se invece non avesse risposto, l’Agenzia avrebbe potuto proseguire con accertamento e richiedere tasse retroattive su tutti i suoi redditi australiani.

Caso 2 – Imprenditore e società: Lucia, titolare di una SRL con sede a Melbourne, ha trasferito la residenza in Australia nel 2022. Formalmente l’azienda ha sede legale in Australia, ma Lucia continua a seguire le decisioni strategiche dall’Italia e ad avere un conto corrente italiano. L’Agenzia contesta l’esterovestizione della SRL e la ricollega fiscalmente all’Italia. In tal caso, Lucia rischia che la società sia considerata residente italiana (ex art.73 TUIR) . Per difendersi, Lucia dovrebbe dimostrare che la direzione effettiva è in Australia (ad esempio documentando riunioni direzionali ad Melbourne, personale locale, book amministrativo estero) e che la parte italiana della gestione è irrilevante. Se non ci riuscisse, verrebbe emesso un avviso tributario in capo alla società come se fosse rimasta italiana. In parallelo, Lucia dovrebbe far valere il fatto di essere AIRE e residente in Australia (e l’applicazione del trattato bilaterale) per ridurre i carichi fiscali alle sole componenti realmente italiane (es. l’IVA e le ritenute italiane). Nel caso estremo di una soc. ‘esterovestita’, il Fisco potrebbe contestare l’omessa dichiarazione dei redditi (art.5 D.Lgs.74/2000) , ma Lucia ha comunque la possibilità di regolarizzare tramite una voluntary disclosure societaria o di impugnare l’accertamento arguendo l’applicazione del trattato e i fatti internazionali.

Tabelle riepilogative

Tabella 1: Criteri di collegamento per la residenza fiscale (prima e dopo la riforma 2024) .

CriterioFino al 2023 (art.2 previgente)Dal 2024 (art.2 novellato)
Residenza anagrafica (AIRE)Iscrizione anagrafica >183 giorni ⇒ presunzione assoluta di residenza italianaPresunzione relativa: iscrizione >183 gg offre presunzione, ma è superabile con prove contrarie
Domicilio civilisticoSede principale di affari/interessi (centro economico) – prevalenza di legami economiciLuogo dove si sviluppano principalmente le relazioni personali e familiari (più peso ai legami affettivi)
Dimora abitualePresenza fisica >183 gg in Italia ⇒ indicatore forte di residenza fiscale stabileRimane criterio base: dimora abituale >183 gg nel territorio (fattore indicativo di permanenza)
Presenza fisica (>183 gg)Non previstoNuovo criterio indipendente: presenza materiale per >183 gg all’anno indica residenza fiscale

Tabella 2: Obblighi fiscali – Confronto tra residente fiscale italiano e non residente (es. cittadino AIRE in Australia) .

Obbligo fiscaleResidente in ItaliaNon residente (es. in Australia)
Dichiarazione IRPEFDeve dichiarare tutti i redditi ovunque prodotti (principio mondiale)Dichiarazione solo se ha redditi italiani non tassati alla fonte (es. affitti italiani)
Quadro RW (monitoraggio estero)Sì – deve segnalare investimenti/attività estere (conti, immobili, partecipazioni, criptovalute, ecc.)No – non deve compilare RW (i patrimoni esteri sono fuori dal campo d’imposta italiano)
IVIE/IVAFE (patrimoniali)Sì – imposte annuali su immobili e attività finanziarie estereNo – non si applicano a non residenti
Ritenute su redditi italianiI residenti versano IRPEF direttamente; possono subire ritenute sugli altri redditi (spesso come acconto)Sì – tassazione a fonte in Italia (es. ritenuta 26% su dividendi, ecc.)
Credito imposte estere (art.165 TUIR)Sì – evita doppia tassazione, deduce le tasse pagate all’estero sul reddito dichiarato in ItaliaNo – non rilevante perché il reddito estero non rientra nel reddito imponibile italiano

Conclusioni

In sintesi, un italiano residente in Australia deve fare attenzione se l’Agenzia delle Entrate avvia un accertamento: deve innanzitutto verificare di essere stato notificato regolarmente (all’indirizzo estero) e poi attivarsi per dimostrare con documenti concreti la propria residenza australiana. Occorre conoscere i nuovi criteri di residenza fiscale (riforma 2024), gli strumenti di controllo internazionale (CRS/DAC7) e le particolari regole italiane (Redditometro, esterovestizione, quadro RW). Se l’accertamento viene notificato, conviene reagire subito, magari usufruendo del contraddittorio preventivo e, se del caso, ricorrere alle procedure di voluntary disclosure per ridurre le sanzioni. Le sentenze recenti della Cassazione e le modifiche normative offrono però tutele importanti: chi dimostra oggettivamente di aver trasferito vita e interessi all’estero può opporsi con successo all’accertamento , mentre l’Agenzia deve seguire procedure rigorose per notificare e motivare i propri rilievi.

Fonti

  • Normativa: D.P.R. 600/1973 (art.38 accertamento sintetico, art.60 notifica estero); D.P.R. 917/1986 (TUIR) (art.2 residenza persone fisiche, art.73 residenza società); D.Lgs. 209/2023 (riforma residenza fiscale dal 2024); L. 186/2014, D.L. 193/2016, L. 225/2016 (disciplinare voluntary disclosure); L. 213/2023 (riforma anagrafiche e sanzioni); Convenzione Italia-Australia 1985 (doppia imposizione).
  • Prassi Agenzia Entrate: Circolari e guide sulla residenza fiscale all’estero, collaborazione volontaria e monitoraggio fiscale.
  • Giurisprudenza nazionale: Cass. ord. 30/11/2023 n. 33469 (notifica AIRE), Cass. sent. 5/10/2023 n. 28072 (residenza e centro interessi), Cass. ord. 2/5/2024 n. 11733 (presunzione black-list), Cass. sent. 21/12/2018 n. 35284 (tie-break per paradisi fiscali), Cass. sent. 21/12/2018 n. 33234 (esterovestizione societaria), Cass. sent. 9/6/2022 n. 34723 (esterovestizione non abuso del diritto), Cass. ord. n. 11733/2024 (su art.2 co.2-bis TUIR) . Corte Cost. sent. n. 366/2007 (notifica AIRE e art.142 c.p.c.).

Hai ricevuto un’intimazione o un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate anche se vivi stabilmente in Australia? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai ricevuto un’intimazione o un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate anche se vivi stabilmente in Australia?
Ti stai chiedendo perché l’Italia ti chieda ancora di pagare imposte o sanzioni, pur essendoti trasferito dall’altra parte del mondo?
👉 Non preoccuparti: la legge ti tutela, e se sei fiscalmente residente in Australia hai il diritto di contestare o annullare l’accertamento, dimostrando la tua effettiva residenza estera e i redditi già tassati localmente.

In questa guida scoprirai quando l’Agenzia può agire anche verso chi vive all’estero, come difenderti in modo legale ed efficace, e quali strumenti utilizzare per bloccare la pretesa fiscale italiana.


⚖️ Cos’è un avviso di accertamento e perché può arrivarti anche in Australia

L’avviso di accertamento è un atto con cui l’Agenzia delle Entrate contesta imposte non dichiarate o non versate.
Anche se vivi in Australia, potresti riceverlo se:

  • risulti ancora residente fiscale in Italia, o
  • hai redditi o proprietà in Italia, o
  • non hai dimostrato correttamente il tuo trasferimento di residenza fiscale.

📌 Tuttavia, se vivi stabilmente in Australia, lavori lì, sei iscritto all’AIRE e paghi regolarmente le tasse al ATO (Australian Taxation Office), l’accertamento può essere illegittimo e contestabile.


🌍 La regola della residenza fiscale: quando sei (davvero) considerato residente in Italia

In base all’art. 2 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), sei considerato residente fiscale in Italia se, per più di 183 giorni all’anno:

  • hai residenza anagrafica in Italia;
  • hai domicilio (cioè il centro dei tuoi interessi economici o personali) in Italia;
  • oppure non ti sei iscritto all’AIRE pur avendo lasciato il Paese.

👉 Se sei iscritto all’AIRE e puoi dimostrare che la tua residenza effettiva è in Australia, non puoi essere tassato in Italia sui redditi prodotti all’estero.


🇮🇹🤝🇦🇺 La Convenzione contro la doppia imposizione Italia–Australia

Italia e Australia hanno firmato una Convenzione bilaterale per evitare la doppia imposizione fiscale (ratificata con Legge n. 663 del 1982).
Questa norma tutela i cittadini che vivono e lavorano in Australia, impedendo che lo stesso reddito venga tassato due volte.

📌 In sintesi:

  • Se sei residente fiscale in Australia, paghi le tasse in Australia sui redditi prodotti lì.
  • L’Italia può tassare solo i redditi di fonte italiana (immobili, pensioni, conti, dividendi, ecc.).
  • In caso di conflitto, la residenza effettiva viene determinata sulla base di criteri oggettivi: casa principale, luogo di lavoro, centro degli interessi familiari.

👉 La Convenzione è un’arma legale fondamentale per difenderti da un accertamento errato o ingiustificato.


🧠 Perché l’Agenzia delle Entrate può sbagliarsi

Gli errori più frequenti che portano all’invio di un accertamento a italiani residenti in Australia sono:

  • mancata o tardiva iscrizione all’AIRE;
  • conti correnti, immobili o attività economiche in Italia;
  • invio di dichiarazioni incomplete o redditi parzialmente comunicati;
  • presunzione che il trasferimento sia “fittizio” o solo fiscale.

📌 Ma l’Agenzia deve provare concretamente che tu sei ancora residente in Italia — non basta un sospetto.


🧩 Tutte le strategie legali per difenderti

💠 1. Verifica la regolarità della notifica

L’accertamento deve essere notificato secondo le regole internazionali:

  • tramite raccomandata internazionale con ricevuta di ritorno;
  • o tramite autorità consolari o canali diplomatici.
    👉 Se la notifica non è avvenuta correttamente, l’atto è nullo e può essere annullato.

💠 2. Dimostra la tua residenza fiscale in Australia

Per difenderti devi provare di essere effettivamente residente in Australia:

  • certificato di iscrizione all’AIRE;
  • prova di residenza in Australia (contratto di affitto o proprietà);
  • busta paga, dichiarazioni al ATO, documenti di lavoro;
  • iscrizioni sanitarie, conti bancari e vita familiare in Australia.

📌 Queste prove servono a dimostrare che il tuo centro degli interessi non è più in Italia.


💠 3. Controlla i termini di decadenza dell’accertamento

Gli avvisi di accertamento devono essere notificati entro 5 o 7 anni dall’anno d’imposta oggetto di verifica.
Se arrivano dopo questo termine, puoi chiedere l’annullamento per decadenza.


💠 4. Presenta ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria (ex Commissione Tributaria)

Hai 60 giorni dalla notifica per impugnare l’atto davanti alla Corte Tributaria in Italia.
Un avvocato può chiedere:

  • la sospensione immediata del pagamento;
  • l’annullamento totale o parziale dell’accertamento;
  • il riconoscimento della tua residenza fiscale in Australia in base alla Convenzione bilaterale.

💠 5. Definizione agevolata o conciliazione

Se il debito è parzialmente corretto, puoi chiudere la lite pagando solo una parte (escludendo sanzioni e interessi) tramite adesione all’accertamento o definizione agevolata.
È utile per risolvere rapidamente la controversia.


💠 6. Procedura di sovraindebitamento (esdebitazione)

Se l’accertamento si aggiunge ad altri debiti fiscali o bancari, puoi accedere alla procedura di esdebitazione prevista dal D.Lgs. 14/2019.
Ti consente di:

  • bloccare pignoramenti e cartelle;
  • proporre un piano di rientro sostenibile;
  • ottenere la cancellazione totale dei debiti residui.

📋 Documenti utili per la difesa

  • Copia dell’avviso di accertamento ricevuto.
  • Ricevuta di notifica o comunicazione consolare.
  • Certificato AIRE.
  • Documenti che provano la residenza in Australia (affitto, lavoro, famiglia).
  • Dichiarazioni fiscali australiane (ATO).
  • Dichiarazioni italiane pregresse o documenti bancari.

⏱️ Tempi e risultati possibili

  • Analisi legale e verifica: 1–2 settimane.
  • Deposito del ricorso: entro 60 giorni dalla notifica.
  • Sospensione cautelare del pagamento: 1–3 mesi.
  • Decisione definitiva: 6–12 mesi medi.

🎯 Risultati concreti:

  • Sospensione immediata delle somme richieste.
  • Annullamento totale o parziale dell’accertamento.
  • Riconoscimento della residenza fiscale in Australia.
  • Evitare la doppia tassazione Italia–Australia.

⚖️ I vantaggi principali

✅ Difesa legale anche dall’estero, tramite procura.
✅ Possibilità di bloccare ogni azione di riscossione in Italia.
✅ Annullamento o riduzione dell’accertamento.
✅ Tutela dal rischio di doppia imposizione.
✅ Regolarizzazione completa della posizione fiscale.


🚫 Errori da evitare

  • Ignorare l’avviso di accertamento.
  • Pagare senza verificare la legittimità dell’atto.
  • Non dimostrare la tua residenza effettiva in Australia.
  • Rivolgerti a intermediari non abilitati o non avvocati.
  • Superare i 60 giorni per presentare ricorso.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza il contenuto dell’accertamento e verifica la legittimità formale.
📌 Controlla la correttezza della notifica e i termini di decadenza.
✍️ Redige e deposita il ricorso, chiedendo la sospensione immediata dell’atto.
⚖️ Ti rappresenta davanti alla Corte Tributaria e nei rapporti con l’Agenzia delle Entrate.
🔁 Ti assiste fino alla cancellazione definitiva del debito o alla definizione agevolata della controversia.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto tributario internazionale e sovraindebitamento.
✔️ Specializzato nella difesa di italiani residenti all’estero con accertamenti fiscali italiani.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Ricevere un accertamento dell’Agenzia delle Entrate in Australia non significa dover pagare automaticamente.
Con una difesa legale mirata puoi bloccare l’atto, evitare la doppia tassazione e dimostrare la tua residenza effettiva in Australia, ottenendo l’annullamento o la sospensione dell’accertamento.

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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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