Hai un’attività di riparazioni nautiche e stai affrontando debiti con il Fisco, l’INPS o i fornitori?
Il settore nautico, tra stagionalità, costi elevati di materiali e calo dei lavori, è tra i più esposti al rischio di indebitamento. Quando le spese aumentano e i pagamenti dei clienti ritardano, anche attività solide possono trovarsi con cartelle esattoriali, debiti bancari o contributivi non versati.
La buona notizia è che esistono soluzioni legali per bloccare la riscossione, rateizzare o cancellare i debiti e difendere la tua officina nautica da pignoramenti o chiusure forzate.
Perché un riparatore nautico può finire in difficoltà economica
Le cause più comuni sono:
- Ritardi nei pagamenti da parte dei clienti o dei cantieri.
 - Costi di magazzino, attrezzature e manutenzioni sempre più alti.
 - Tasse e contributi che si accumulano nei periodi di minore attività.
 - Errori di gestione amministrativa o mancati incassi di commesse stagionali.
 - Debiti bancari o leasing per macchinari e capannoni.
 
In queste situazioni, i debiti fiscali o finanziari rischiano di crescere rapidamente, generando sanzioni, interessi e procedure esecutive. Ma intervenendo in tempo è possibile difendersi.
Cosa succede se non paghi tasse o contributi
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADER) e l’INPS possono attivare:
- Cartelle esattoriali e intimazioni di pagamento.
 - Pignoramenti dei conti correnti, dei veicoli o dei beni aziendali.
 - Iscrizioni ipotecarie su immobili e capannoni.
 - Fermi amministrativi su mezzi e imbarcazioni d’officina.
 - Blocchi dei crediti commerciali, se lavori per enti o società.
Se l’attività è intestata come ditta individuale o artigiano, rispondi personalmente con i tuoi beni. 
Cosa fare subito se hai debiti fiscali o contributivi
- Richiedi l’estratto di ruolo aggiornato all’Agenzia delle Entrate-Riscossione per conoscere esattamente gli importi dovuti e gli atti pendenti.
 - Verifica la legittimità delle cartelle e degli avvisi: molti contengono errori di calcolo o di notifica e possono essere annullati.
 - Chiedi una rateizzazione: puoi ottenere fino a 120 rate mensili, sospendendo temporaneamente le azioni di riscossione.
 - Valuta la definizione agevolata (rottamazione): se attiva, consente di pagare solo le imposte dovute cancellando sanzioni e interessi.
 - Evita di accumulare nuove passività: blocca subito spese non essenziali e pianifica la liquidità con il tuo consulente.
 
Le soluzioni legali per chi non riesce più a pagare
Quando i debiti diventano insostenibili, puoi accedere agli strumenti previsti dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), che consentono anche agli artigiani e ai titolari di piccole attività come le officine nautiche di ristrutturare o cancellare i debiti in tribunale.
Le principali procedure sono:
- Concordato minore: se hai redditi o beni, puoi proporre un piano di pagamento parziale ai creditori (inclusi Fisco e INPS), con sospensione immediata delle azioni esecutive.
 - Liquidazione controllata: se l’attività è in perdita o già chiusa, i beni vengono messi a disposizione dei creditori; a fine procedura, il giudice concede l’esdebitazione, cioè la cancellazione dei debiti residui.
 - Esdebitazione del debitore incapiente: se non hai beni né redditi, puoi ottenere la cancellazione totale dei debiti dimostrando buona fede e collaborazione.
 
Come funziona la procedura di esdebitazione
- Con l’assistenza di un avvocato tributarista e di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC), si presenta domanda al tribunale.
 - Il giudice può disporre misure protettive immediate, sospendendo pignoramenti, fermi e ipoteche.
 - Dopo la verifica del piano, viene emesso il decreto di esdebitazione, che cancella in modo definitivo i debiti residui.
 
Come difendersi da banche e fornitori
- Se hai finanziamenti o leasing in corso, puoi chiedere la rinegoziazione o sospensione temporanea delle rate.
 - Se il debito è stato ceduto a una società di recupero, puoi trattare un saldo e stralcio pagando solo una parte.
 - In caso di decreti ingiuntivi o pignoramenti, puoi presentare opposizione legale entro i termini e chiedere la sospensione dell’esecuzione.
 
Cosa puoi ottenere con una difesa tempestiva
- La sospensione immediata delle azioni di riscossione e dei pignoramenti.
 - La rateizzazione o cancellazione totale dei debiti residui.
 - La protezione dei beni personali e aziendali essenziali.
 - La possibilità di ripartire legalmente e salvare la tua attività.
 
Quando rivolgersi a un avvocato esperto
Contatta subito un avvocato tributarista o esperto in crisi da sovraindebitamento se:
- Hai ricevuto cartelle, intimazioni o pignoramenti.
 - I tuoi debiti con Fisco, INPS o fornitori stanno bloccando l’attività.
 - Vuoi rateizzare o cancellare i debiti residui.
 - Hai già chiuso l’attività ma restano debiti personali.
 
Un avvocato specializzato può bloccare le azioni esecutive, verificare la legittimità degli atti e costruire una strategia per ridurre o cancellare i debiti in modo legale.
⚠️ Attenzione: ignorare i debiti può portare alla perdita dei beni, alla chiusura dell’attività e a gravi problemi patrimoniali personali. Agire tempestivamente è fondamentale per proteggere la tua officina nautica e il tuo futuro professionale.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, crisi d’impresa e difesa dei lavoratori autonomi – spiega cosa fare se sei un riparatore nautico con debiti, come bloccare la riscossione e come cancellare legalmente le somme dovute con gli strumenti previsti dalla legge.
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Analizzeremo la tua situazione, verificheremo la legittimità degli atti e costruiremo una strategia personalizzata per proteggere la tua attività, i tuoi beni e liberarti dai debiti in modo legale e sicuro.
Introduzione
I riparatori nautici – ossia le imprese e gli artigiani specializzati nella manutenzione e riparazione di imbarcazioni da diporto o professionali – costituiscono un settore importante ma spesso vulnerabile a crisi finanziarie. La stagionalità del lavoro, gli elevati costi di attrezzature e manodopera, i ritardi di pagamento da parte della clientela e gli imprevisti (come i cali del turismo nautico o eventi straordinari tipo pandemie) possono spingere queste attività in situazioni di sovraindebitamento. Di fronte a debiti crescenti verso fornitori privati, istituti di credito, fisco ed enti previdenziali, il riparatore nautico debitore deve conoscere cosa fare e come difendersi usando gli strumenti offerti dall’ordinamento. Questa guida fornisce un quadro avanzato ma dal taglio pratico delle soluzioni giuridiche disponibili in Italia (allineate alla normativa vigente a settembre 2025), arricchito da riferimenti normativi e giurisprudenziali aggiornati, simulazioni pratiche, tabelle riepilogative e una sezione di domande & risposte. L’obiettivo è esaminare, dal punto di vista del debitore riparatore nautico, i percorsi per gestire e risolvere i debiti, nonché le strategie difensive per proteggere l’azienda e il patrimonio personale.
Cosa leggerai in questa guida: dapprima inquadriamo la normativa italiana sulle crisi d’impresa e del sovraindebitamento, con particolare riguardo ai riparatori nautici e alle soglie dimensionali che determinano se un’attività è soggetta a fallimento (liquidazione giudiziale) oppure alle procedure di sovraindebitamento. Seguirà l’analisi degli strumenti di prevenzione e composizione della crisi, come l’allerta precoce e la composizione negoziata, per poi approfondire le procedure di regolazione del debito disponibili: dai piani e accordi di ristrutturazione e il concordato preventivo (per imprese più grandi) ai piani del consumatore, concordati minori e liquidazione controllata (per debitori minori e persone fisiche). Verranno illustrati anche gli strumenti speciali come la transazione fiscale per i debiti tributari, nonché le tutele contro le azioni esecutive dei creditori (il cosiddetto “scudo protettivo”). Non mancheranno riferimenti alle più recenti sentenze (Corte di Cassazione e Corte Costituzionale) che chiariscono aspetti cruciali – ad esempio i requisiti di meritevolezza per l’accesso alle procedure di sovraindebitamento o la possibilità di ottenere il beneficio dell’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui) anche per chi non ha nulla da offrire ai creditori . Infine, saranno proposte simulazioni pratiche tarate sul contesto di un’impresa di riparazioni nautiche in difficoltà, e una sezione FAQ con le risposte alle domande più comuni (ad esempio: “Posso evitare il fallimento se non pago i fornitori?”, “Quali debiti posso ridurre o cancellare?”, “Che succede se la banca pignora i macchinari?”).
Importante premessa sul linguaggio: la guida utilizza un linguaggio giuridico accurato (con riferimenti a articoli di legge, sigle normative come CCII – Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza – e termini tecnici quali liquidazione giudiziale o concordato minore). Tuttavia, lo stile rimane divulgativo, spiegando i concetti in modo chiaro e accompagnandoli con esempi, in modo da risultare utile sia al professionista del diritto sia al titolare dell’azienda nautica o al privato cittadino indebitato. Le fonti normative principali e le sentenze citate sono elencate in fondo alla guida per ulteriori approfondimenti. L’aggiornamento delle informazioni è garantito alle ultime riforme del 2024-2025 (ad esempio, il terzo decreto correttivo al CCII del settembre 2024 e la giurisprudenza di Cassazione del 2025).
Passiamo ora ad esaminare nel dettaglio cosa fare quando un riparatore nautico accumula debiti e come difendersi efficacemente, sfruttando al meglio le opportunità offerte dalla legge italiana vigente.
Soglie di fallibilità e sovraindebitamento: inquadramento normativo
Un punto di partenza fondamentale è capire a quale categoria appartiene il riparatore nautico indebitato dal punto di vista delle procedure concorsuali. In Italia vige infatti una distinzione netta tra debitori assoggettabili a fallimento (oggi liquidazione giudiziale) e debitori “non fallibili” che ricadono nella disciplina del sovraindebitamento. La differenza è cruciale: determina quali strumenti legali sono accessibili e quali autorità saranno competenti. Per fallibilità si intende la condizione in cui un’impresa può essere dichiarata fallita (oggi, posta in liquidazione giudiziale) dal Tribunale . La legge italiana da sempre esenta le imprese di dimensioni minori dall’essere trascinate in procedure fallimentari ordinarie, riservando loro percorsi alternativi e semplificati. Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) – introdotto col D.lgs. 14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022 – ha confermato questi criteri di distinzione, fissando precise soglie dimensionali oltre le quali un imprenditore (anche artigiano) è considerato soggetto a liquidazione giudiziale, mentre al di sotto rimane un debitore minore da gestire con le procedure di sovraindebitamento .
Chi è soggetto a fallimento? In sintesi, solo gli imprenditori commerciali non piccoli in stato d’insolvenza possono essere assoggettati a liquidazione giudiziale (la “nuova” parola per fallimento) . Restano quindi esclusi per legge:
- i privati consumatori che non esercitano impresa;
 - i professionisti (es. avvocati, medici, artigiani senza autonoma organizzazione d’impresa);
 - gli enti non commerciali e gli enti pubblici;
 - gli imprenditori agricoli, storicamente esclusi dal fallimento;
 - e, appunto, gli imprenditori “minori” ossia le imprese commerciali sotto certe soglie di attivo, ricavi e debiti .
 
Un tipico riparatore nautico individuale o come piccola società artigiana rientra sovente tra i piccoli imprenditori: ad esempio, un cantiere di riparazioni con pochi dipendenti e fatturato modesto è verosimilmente non fallibile. Il CCII, all’art. 2, comma 1, lett. d), definisce l’impresa minore proprio in base a parametri quantitativi di modesta entità . Le soglie attualmente vigenti (rimaste identiche a quelle storiche della vecchia legge fallimentare) sono:
- Attivo patrimoniale annuo (totale dello stato patrimoniale) non superiore a €300.000 negli ultimi tre esercizi;
 - Ricavi lordi annuali non superiori a €200.000 negli ultimi tre esercizi;
 - Debiti totali (anche non scaduti) non superiori a €500.000 .
 
Tutti e tre i limiti devono essere rispettati insieme: basta aver superato anche uno solo di essi (anche in un solo anno su tre) perché l’impresa perda lo status di minore e diventi fallibile . Viceversa, se l’imprenditore resta sotto tutti i tre valori, può opporre la non fallibilità. Spetta al debitore stesso dimostrare di rientrare nei limiti, ad esempio depositando bilanci e contabilità: la legge infatti pone a suo carico l’onere di provare di non aver mai superato le soglie, ove un creditore chieda il fallimento . Per fare un esempio, se un laboratorio nautico ha avuto ricavi di €150.000, €210.000 e €180.000 negli ultimi tre anni, avendo superato il limite in uno degli esercizi (€210.000 > €200.000), non è più impresa minore e può essere dichiarata insolvente dal Tribunale . Al contrario, un’officina nautica individuale con attivo ~€100.000, ricavi ~€180.000 e debiti ~€400.000 per tre anni consecutivi resta sempre sotto soglia e, pur se insolvente, non potrà subire una liquidazione giudiziale – dovrà semmai rivolgersi alle procedure di sovraindebitamento (come il concordato minore o la liquidazione controllata) .
Soglia minima di debito scaduto (€30.000): Oltre alle dimensioni aziendali, la legge prevede un ulteriore “filtro” oggettivo per aprire un fallimento (liquidazione giudiziale). Nessuna procedura concorsuale maggiore può essere aperta se il totale dei debiti scaduti e non pagati è inferiore a €30.000 . Questa clausola – introdotta per evitare fallimenti per importi irrisori – significa che il Tribunale, prima di dichiarare l’insolvenza, verifica in sede di istruttoria che il debitore abbia almeno €30.000 di obbligazioni già esigibili e rimaste inadempiute . Il calcolo considera il cumulo dei debiti scaduti verso tutti i creditori (non serve che un singolo creditore vanti €30k: p.es. 5 creditori da €10k ciascuno fanno €50k totale, soglia superata) . Se invece il totale delle pendenze scadute è €20.000, il fallimento va dichiarato improcedibile per difetto di questa condizione . Attenzione: la soglia è riferita ai debiti scaduti, non all’indebitamento complessivo. Un’impresa potrebbe avere €100.000 di debiti totali ma solo €25.000 già scaduti: in tal caso, pur essendo magari insolvente, il Tribunale non potrebbe aprire la procedura perché i debiti esigibili non raggiungono 30k . La giurisprudenza ha precisato anche come conteggiare questa soglia in situazioni particolari: ad esempio, se il debitore ha ottenuto una rateizzazione di un debito fiscale appena prima dell’udienza prefallimentare, ciò non toglie che l’importo originario (ancora a rischio in caso di mancato pagamento delle rate) conti come debito scaduto ai fini dei €30.000 . La Cassazione n. 4201/2025 ha infatti confermato che un piano di rateazione fiscale non “esterna” il debito dal calcolo: finché l’Agente della Riscossione conserva il diritto di escutere l’intero importo in caso di inadempimento, il debito tributario va considerato nella sua misura intera ai fini della soglia di fallibilità . In altre parole, dilazioni o accordi interinali non possono essere usati strumentalmente per far figurare i debiti scaduti sotto il limite ed evitare la procedura concorsuale . Se al momento dell’istruttoria il totale scaduto supera €30k, il tribunale può procedere anche se il debitore ha presentato una domanda di rateazione in extremis .
Tabella 1: Soglie di “fallibilità” (CCII art. 2 e art. 49) per imprese commerciali
| Parametro | Limite di legge | Rilevanza ai fini della procedura | 
|---|---|---|
| Attivo patrimoniale annuo | ≤ €300.000 | Impresa minore se rispettato (ultimi 3 anni) . Superare anche solo in 1 anno implica fallibilità. | 
| Ricavi lordi annuali | ≤ €200.000 | Impresa minore se rispettato (ultimi 3 anni) . Basta un esercizio sopra soglia per perdere lo status. | 
| Debiti totali (anche non scaduti) | ≤ €500.000 | Impresa minore se rispettato . Oltre €500k di esposizione debitoria => impresa fallibile. | 
| Debiti scaduti e non pagati | ≥ €30.000 (minimo) | Condizione per aprire la liquidazione giudiziale: se i debiti esigibili < €30k, nessun fallimento . La soglia si calcola sommando tutti i debiti scaduti; rateizzazioni non eliminano il debito dal conteggio . | 
Come evidenziato, un riparatore nautico con volumi modesti quasi certamente rientrerà tra i soggetti non fallibili (impresa minore sotto soglia, oppure professionista/artigiano non imprenditore commerciale). Ciò significa che, anche se versa in grave crisi o insolvenza, non potrà subire d’ufficio un fallimento; i suoi creditori potranno sì agire individualmente (ingiunzioni, pignoramenti), ma non chiedere la nomina di un curatore fallimentare . Tuttavia, l’assenza di fallibilità non lascia il debitore senza tutele: sono previste speciali procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (oggi disciplinate dal CCII, Titolo IV) a cui questi soggetti possono accedere volontariamente per trovare una soluzione organizzata ai debiti . D’altro canto, se il riparatore nautico è invece una società di dimensioni significative (es. un cantiere industriale con fatturato sopra mezzo milione e forti esposizioni), essa sarà fallibile e dunque soggetta alle procedure concorsuali ordinarie in caso di insolvenza (concordato preventivo, liquidazione giudiziale, ecc.).
⚖️ Nota: la disciplina italiana è stata recentemente armonizzata e modernizzata. Dal 2022 non si parla più formalmente di “fallimento” o “fallito” – termini considerati stigmatizzanti – ma di liquidazione giudiziale e debitore assoggettato. Ugualmente, per i piccoli debitori non fallibili si parla di concordato minore, liquidazione controllata, ecc., in luogo dei vecchi termini piano del consumatore, accordo del debitore, liquidazione del patrimonio (erano quelli della Legge 3/2012, oggi abrogata e assorbita nel Codice) . In questa guida talora useremo il termine ancora comune “fallimento” per immediatezza, ma sempre riferendoci alla liquidazione giudiziale ex CCII.
Riassumendo il quadro normativo: un riparatore nautico indebitato deve anzitutto capire se può essere dichiarato insolvente su istanza dei creditori (sopra soglia → rischio di liquidazione giudiziale) oppure se rientra tra i sovraindebitati “non fallibili” (sotto soglia o non imprenditore commerciale → niente fallimento d’ufficio, ma possibilità di procedure volontarie). Nel seguito, esamineremo entrambe le situazioni e gli strumenti disponibili in ciascuna. In ogni caso, l’ordinamento attuale – grazie al nuovo CCII – offre un ventaglio di soluzioni graduato in base alla gravità della crisi, privilegiando dove possibile il risanamento dell’impresa rispetto alla liquidazione, in linea con una moderna “rescue culture” aziendale . Prima di arrivare alle procedure formali, vediamo quindi gli strumenti di allerta precoce e composizione stragiudiziale della crisi, che un imprenditore nautico dovrebbe attivare non appena percepisce i primi scricchiolii finanziari.
Prevenire il collasso: allerta, assetti adeguati e composizione negoziata
La riforma introdotta col Codice della Crisi ha posto forte enfasi sulla prevenzione e gestione anticipata delle difficoltà d’impresa . Ai sensi dell’art. 2086 c.c., ogni imprenditore commerciale ha oggi il dovere di istituire assetti organizzativi amministrativi e contabili adeguati a rilevare tempestivamente gli indizi di crisi e adottare senza indugio le misure necessarie. Questo principio generale, pensato per evitare che si arrivi al dissesto irreversibile, è particolarmente rilevante anche per le piccole imprese artigiane (come molti riparatori nautici): monitorare la propria situazione economico-finanziaria – ad esempio tenendo d’occhio flussi di cassa, scadenze fiscali, ritardi nei pagamenti dei clienti, ecc. – consente di cogliere segnali di squilibrio e muoversi prima che sia troppo tardi. Ignorare i sintomi di crisi (fatture insolute che si accumulano, fidi bancari revocati, ecc.) può portare a reazioni a catena: fornitori che sospendono le consegne, aggravio di interessi di mora e sanzioni, azioni legali multiple. Invece, affrontare la crisi attivamente e tempestivamente spesso permette di trovare soluzioni concordate con i creditori, evitando sia la chiusura dell’attività sia il ricorso alle vie giudiziali più traumatiche.
Un importante strumento introdotto dalla riforma è la composizione negoziata della crisi (CNC). Si tratta di una procedura volontaria e stragiudiziale, attivabile solo dall’imprenditore (non dai creditori) , pensata proprio per intervenire nelle fasi iniziali della difficoltà. Lo scopo è di offrire al debitore in probabile crisi o insolvenza reversibile un percorso per negoziare accordi con i creditori sotto la guida di un esperto indipendente, prima che la situazione precipiti. In pratica, l’imprenditore nautico che prevede di non riuscire più a sostenere regolarmente i propri debiti può presentare istanza di composizione negoziata tramite la piattaforma telematica dedicata (gestita dalle Camere di Commercio). Verrà nominato un esperto (tipicamente un commercialista o altro professionista qualificato iscritto negli elenchi OCC) il cui compito è esaminare la situazione aziendale e facilitare le trattative con i creditori, in un contesto riservato e privo di formalità giudiziarie . Durante la composizione negoziata, l’imprenditore mantiene la gestione dell’impresa (non c’è spossessamento né un commissario) e gode di ampia autonomia negoziale: può proporre le soluzioni più varie (dilazioni di pagamento, riduzioni parziali, ingresso di nuovi soci finanziatori, cessioni di cespiti non strategici, ecc.) per ristrutturare il debito e recuperare equilibrio . Questo avviene al riparo da pressioni esecutive grazie alle cosiddette misure protettive: il debitore può richiedere al Tribunale un decreto che blocca temporaneamente le azioni esecutive individuali dei creditori durante le trattative (tipicamente per una durata iniziale da 30 a 120 giorni, prorogabile) . Ciò significa sospensione di pignoramenti, sequestri conservativi e acquisizione di nuove garanzie ipotecarie, per evitare che nel frattempo il patrimonio venga aggredito compromettendo le chance di risanamento . Questo “scudo” serve a preservare la par condicio e l’integrità dell’azienda mentre si cerca un accordo . È importante notare che le misure protettive non scattano automaticamente ma vanno richieste e concesse con decreto del giudice, che verifica l’utilità delle trattative e può limitarne l’estensione (ad esempio indicando specifici creditori o azioni escluse dal blocco) . Inoltre, lo sblocco è condizionato alla buona fede del debitore: se questi abusasse della protezione senza impegnarsi seriamente nel piano di risanamento, l’esperto o il tribunale possono revocare le misure e far cessare la procedura .
Per un riparatore nautico indebitato, la composizione negoziata può rivelarsi un salvagente prezioso. Ad esempio, consideriamo NauticaService S.r.l., piccola impresa con 10 dipendenti che nel 2024 accumula €200.000 di debiti (rate di mutuo su capannone, fatture arretrate di fornitori di vernici e pezzi di ricambio, contributi INPS e IVA non versati). In primavera 2025 l’amministratore si accorge che, senza interventi, entro pochi mesi la liquidità finirà e alcuni creditori minacciano azioni legali. Invece di aspettare passivamente il default, decide di attivare la composizione negoziata. Il segnale chiave è che l’impresa è ancora potenzialmente sana (ha ordini per l’estate e maestranze qualificate, solo appesantita da debiti pregressi): quindi esistono “ragionevoli prospettive di risanamento”. Presentata istanza tramite la Camera di Commercio, viene nominato un esperto. NauticaService ottiene subito dal tribunale un decreto di apertura con misure protettive: per 3 mesi nessun creditore potrà iniziare o proseguire pignoramenti sui beni sociali, né potrà iscrivere ipoteca sugli immobili aziendali (uno dei fornitori aveva minacciato di attivare una procedura monitoria, ora congelata) . In questo periodo, con l’assistenza dell’esperto, l’impresa elabora un piano di risanamento: propone alla banca una moratoria di 12 mesi sul mutuo, ai fornitori un pagamento dilazionato del 60% dei crediti in 18 mesi (stralciando il 40%), al Fisco di rateizzare IVA e ritenute in 5 anni (approfittando anche di una nuova definizione agevolata introdotta dal governo), e ai dipendenti chiede la cassa integrazione per i mesi invernali di fermo. L’esperto convoca riunioni con i vari creditori, mostrando proiezioni finanziarie attestanti che queste misure renderebbero l’azienda di nuovo solvibile. Grazie allo scudo protettivo e alla regia neutrale dell’esperto, i creditori sono più disponibili: sanno che se non trattano, potrebbero trovarsi tra un anno con un cliente fallito e recuperi inferiori. Entro la fine dei tre mesi, NauticaService raggiunge accordi con la maggior parte dei creditori. In relazione ai debiti fiscali e contributivi, va segnalata un’importante novità normativa del 2024: oggi è possibile concludere una transazione fiscale anche all’interno della composizione negoziata . Infatti, il D.lgs. 136/2024 (terzo correttivo CCII) ha inserito l’art. 23 comma 2-bis, che consente all’imprenditore in composizione negoziata di presentare all’Erario una proposta di accordo su debiti tributari e contributivi, con pagamento parziale o dilazionato . Prima di questa riforma, durante la CNC si potevano certo trattare informalmente le posizioni fiscali, ma per tagliare ufficialmente imposte e sanzioni era necessario poi un concordato preventivo o accordo omologato. Dal 28 settembre 2024, invece, anche nella sede “negoziale” extragiudiziale l’Agenzia delle Entrate e l’INPS possono aderire a un piano di rientro o stralcio dei loro crediti . Nel nostro esempio, NauticaService propone all’Agenzia delle Entrate-Riscossione di ridurre del 30% le cartelle esattoriali (circa €50.000 su €160.000 di debito fiscale complessivo), pagando il restante 70% in 4 anni: grazie alle nuove disposizioni, l’Agenzia può valutare l’adesione nell’ambito della CNC stessa, senza pretendere che l’azienda avvii un concordato preventivo. Dopo istruttoria interna, l’AdER accetta la transazione (valutando che in caso di fallimento prenderebbe forse meno del 30%). A questo punto, con la banca, i fornitori e il fisco tutti d’accordo sul piano di risanamento, la composizione negoziata si conclude positivamente: NauticaService riesce a evitare procedure concorsuali, proseguendo l’attività e ristrutturando il proprio debito su basi sostenibili.
Dall’esempio emerge l’essenza della composizione negoziata: tempestività, volontarietà, negoziazione protetta e conservazione dell’impresa. Il debitore rimane protagonista del salvataggio, supportato dall’esperto e temporaneamente al riparo dai creditori, con l’obiettivo di trovare una soluzione win-win che eviti la distruzione di valore che un fallimento comporterebbe . Per contro, se l’impresa è già troppo compromessa (assenza di prospettive di continuità) o se i creditori chiave rifiutano di accordarsi, la composizione negoziata può concludersi senza successo: in tal caso, l’esperto redige una relazione finale negativa. Ma anche in questo scenario esiste un ulteriore strumento, residuale ma utile: il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 25-sexies CCII). Introdotto nel 2021 e confermato nel CCII, consente al debitore che ha tentato la composizione negoziata senza esito positivo di proporre comunque al tribunale un piano di liquidazione dei propri beni da omologare senza voto dei creditori. È una procedura eccezionale: si può accedere al concordato semplificato entro 60 giorni dalla relazione finale dell’esperto , presentando un piano che prevede la vendita dei beni e la ripartizione del ricavato tra i creditori (non è ammessa la continuità aziendale) . Il vantaggio è che non serve il consenso dei creditori – i quali però possono contestare il piano in udienza – e il tribunale può omologare il concordato se ritiene che il piano offra il miglior soddisfacimento possibile dei crediti in alternativa al fallimento. In pratica, è un modo per evitare la liquidazione giudiziale classica anche quando le trattative private sono fallite, procedendo comunque a liquidare l’azienda ma sotto il controllo del debitore e con tempi più rapidi. Per un riparatore nautico sarebbe l’ultima spiaggia: ad esempio, se NauticaService avesse trovato l’opposizione irriducibile di un grande fornitore o dell’Erario, potrebbe optare per il concordato semplificato, liquidando tutto (magari vendendo l’attrezzatura e le scorte in un unico lotto) e chiudendo la vicenda con un’esdebitazione, invece di subire un fallimento con tempi e costi maggiori. Occorre però sottolineare che il concordato semplificato è liquidatorio puro – l’impresa cessa – ed è pensato per evitare gli abusi: il debitore deve aver davvero provato la CNC e non essere riuscito a trovare soluzioni. In caso contrario, non è percorribile.
In conclusione, un riparatore nautico in difficoltà dovrebbe considerare la composizione negoziata come un primo strumento di elezione per affrontare i debiti. Essa incarna il principio per cui “prevenire è meglio che curare”: anticipare la crisi, coinvolgere subito i creditori in un dialogo protetto e cercare un accordo volontario è spesso la strategia migliore per salvare l’attività. Molto spesso, infatti, fornitori e banche preferiscono recuperare qualcosa con un piano concordato e mantenere il cliente in vita (che continuerà a generare business), piuttosto che spingerlo alla chiusura e dover sopportare perdite maggiori. Nel caso in cui, però, la situazione sia ormai insostenibile o si debba necessariamente passare per un procedimento giudiziale, entrano in gioco gli strumenti di regolazione della crisi previsti dal Codice. Questi strumenti differiscono a seconda che il debitore sia fallibile (procedure concorsuali ordinarie) oppure non fallibile (procedure di sovraindebitamento). Analizzeremo ora tali strumenti, partendo dalle procedure concorsuali classiche per imprese maggiori e poi focalizzandoci sulle soluzioni per i debitori minori – il tutto sempre con l’occhio a come “difendersi” e tutelare i propri interessi durante il percorso.
Strumenti per le imprese fallibili: piani di risanamento, accordi e concordato preventivo
Se un riparatore nautico opera in forma di impresa strutturata e supera le soglie di fallibilità, oppure comunque si tratta di un’attività destinata alle procedure concorsuali ordinarie, occorre considerare gli strumenti previsti per le crisi d’impresa maggiori. Il CCII ne offre una gamma articolata, volta a gestire sia situazioni di possibile risanamento sia casi di insolvenza conclamata. In ordine di “gravità” crescente, i principali sono: i piani attestati di risanamento, gli accordi di ristrutturazione dei debiti e il concordato preventivo (in continuità o liquidatorio), fino ad arrivare – extrema ratio – alla liquidazione giudiziale (il vecchio fallimento). Esaminiamoli singolarmente dal punto di vista del debitore.
- Piano attestato di risanamento (art. 56 CCII): è uno strumento totalmente privatistico, consistente in un piano finanziario e industriale predisposto dall’imprenditore per riportare in equilibrio la propria impresa, sul quale un professionista indipendente (attestatore) redige una relazione che ne attesta la fattibilità e la veridicità dei dati. Il piano attestato non richiede alcun intervento del tribunale né l’adesione formale di percentuali di creditori: è in sostanza un accordo stragiudiziale che il debitore raggiunge individualmente con alcuni o tutti i creditori, basandosi sulla fiducia generata dall’attestazione indipendente. Ciò che la legge concede, a fronte di un piano attestato depositato presso il Registro delle Imprese, è una protezione in sede fallimentare: gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del piano attestato non potranno essere soggetti a revocatoria fallimentare (art. 56 co.3 CCII, ex art. 67 L.F.) . In pratica, il vantaggio sta nel fatto che i creditori (ad esempio banche) saranno più disponibili a ristrutturare i crediti – ad esempio allungando le scadenze o rinunciando a parte degli interessi – sapendo che quanto concordato e incassato non verrà poi messo in discussione se la società dovesse comunque fallire in seguito. Un piano attestato è adatto quando l’impresa ha pochi creditori chiave disposti a collaborare (tipicamente, istituti di credito) e necessita di una riorganizzazione che può avvenire senza il coinvolgimento di tutti i creditori. Per un riparatore nautico di dimensioni medie, potrebbe significare ad esempio ottenere dalle banche una moratoria e nuova finanza per superare una fase di crisi, presentando un piano di rilancio (nuovi contratti di manutenzione navale in vista, ristrutturazione interna per ridurre costi) avvalorato dall’attestatore. Il limite è che i creditori non coinvolti nel piano restano liberi di agire e il piano stesso non vincola forzatamente nessuno: la sua riuscita dipende interamente dal consenso volontario e dalla capacità dell’imprenditore di eseguirlo.
 - Accordi di ristrutturazione dei debiti (artt. 57-64 CCII): sono accordi formalizzati tra l’imprenditore e una parte consistente dei creditori, con l’omologazione del Tribunale. Si collocano a metà strada tra il piano attestato (tutto privato) e il concordato (tutto giudiziale). Il debitore elabora un accordo che deve essere approvato da creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti (la legge prevede soglie diverse per alcune varianti, ma 60% è la regola generale) . Una volta raggiunte le adesioni necessarie, l’accordo è sottoposto al Tribunale che – verificati requisiti di fattibilità e convenienza, con ausilio di un attestatore – lo omologa, rendendolo vincolante per le parti aderenti e impedendo azioni individuali in violazione di esso. Gli accordi di ristrutturazione presentano vantaggi: consentono di coinvolgere anche creditori pubblici in transazioni fiscali (art. 63 CCII) e offrono al debitore la possibilità di chiedere misure protettive già durante le trattative (dopo il deposito della domanda di omologa) per bloccare temporaneamente le azioni esecutive . Tuttavia, a differenza del concordato, gli accordi riguardano solo chi li ha sottoscritti: un creditore dissenziente non è crammed-down (salvo eccezioni come gli accordi ad efficacia estesa per banche e obbligazionisti in alcune condizioni). Quindi servono quando c’è già un’intesa di massima con la maggior parte dei creditori, ma qualche minoranza resta fuori. Ad esempio, un cantiere nautico indebitato potrebbe usare un accordo ex art.57 se ha il consenso delle banche (diciamo 70% del debito) a una ristrutturazione che include la riduzione dei tassi e l’allungamento dei piani di rientro, mentre piccoli fornitori (il restante 30%) vengono pagati per intero a scadenza naturale e quindi non partecipano all’accordo formalmente. L’omologa proteggerebbe l’accordo con le banche e garantirebbe che eventuali azioni esecutive promosse da creditori estranei non facciano saltare tutto (in genere, il debitore chiede e ottiene dal giudice una stay fino all’omologa) . Il CCII ha introdotto anche varianti come l’accordo di ristrutturazione agevolato (con soglia ridotta al 30% di consensi, ma senza effetti sui dissenzienti) e l’accordo ad efficacia estesa (dove se il 75% di un certo ceto di creditori finanziari aderisce, l’accordo si estende anche al 25% mancante). Queste opzioni sono tecnicismi pensati soprattutto per gestire debiti finanziari complessi: un piccolo riparatore nautico raramente ne avrà bisogno, ma vanno citate per completezza. In ogni caso, l’accordo di ristrutturazione può includere la transazione fiscale e contributiva (art.63 CCII) ossia la falcidia di IVA, imposte e contributi, previo parere dell’Agenzia Entrate e INPS. La normativa aggiornata nel 2024 ha semplificato il meccanismo: oggi l’AdE deve valutare la proposta entro 90 giorni e può anche subire un cram-down dal tribunale se i creditori complessivamente sono favorevoli e l’erario otterrebbe dal piano almeno quanto riceverebbe in caso di liquidazione . Ad esempio, se l’accordo prevede di pagare il 40% di un debito IVA e l’attestazione mostra che in caso di fallimento l’Erario prenderebbe solo il 10%, il giudice può omologare l’accordo anche senza adesione formale dell’Agenzia, ritenendo soddisfatto il criterio di convenienza per il Fisco (questo è il cosiddetto cram-down fiscale, introdotto dal DL 137/2020 e confermato nel CCII, art. 63 co.3 lett.d). Per il debitore, ciò significa possibilità di ridurre il carico fiscale nel contesto dell’accordo, senza essere bloccato da un eventuale diniego dell’AdER, a patto di offrire almeno il valore di realizzo in liquidazione . Si pensi a un riparatore nautico che debba falcidiare anche IVA e ritenute: prima del 2020 era impossibile, ora si può fare purché la proposta sia seria e l’attestatore certifichi che creditori privilegiati (erario incluso) ricevono >= all’alternativa liquidatoria .
 - Concordato preventivo (artt.84-120 CCII): è la procedura concorsuale per eccellenza (antecedente all’eventuale fallimento) a disposizione dell’imprenditore insolvente o in crisi. A differenza degli strumenti sopra, coinvolge tutti i creditori ed è supervisionata strettamente dal tribunale sin dall’inizio. Il concordato preventivo può essere presentato in varie forme, principalmente concordato in continuità aziendale (quando prevede la prosecuzione, diretta o indiretta, dell’attività d’impresa) oppure concordato liquidatorio (quando prevede la cessazione dell’attività e la liquidazione dei beni ai creditori). Dal punto di vista del debitore riparatore nautico, il concordato preventivo è un’arma a doppio taglio: da un lato offre la protezione massima (appena depositata la domanda, scatta un automatic stay su tutti i creditori, e durante la procedura le azioni esecutive sono sospese) e consente di ristrutturare in modo anche molto incisivo i debiti con efficacia erga omnes (l’omologazione vincola anche i creditori dissenzienti); dall’altro, è una procedura complessa, costosa e che pone l’impresa sotto controllo (viene nominato un commissario giudiziale, limitando gli atti di gestione straordinaria del debitore). Per questi motivi, in genere si ricorre al concordato quando le soluzioni più snelle (come accordi e piani) sono impraticabili o insufficienti, oppure quando serve necessariamente coinvolgere tutti i creditori in un’unica soluzione. Un’ipotesi tipica: il riparatore nautico ha troppi creditori eterogenei per sperare in un accordo extragiudiziale, oppure alcuni creditori minoritari fanno muro. Allora propone un concordato preventivo offrendo ad esempio: pagamento integrale dei debiti privilegiati (se vuole continuare l’attività, i beni aziendali servono integri) e pagamento parziale dei debiti chirografari (ad es. 30%) nell’arco di 5 anni, mantenendo aperto il cantiere e generando utili futuri per pagare il piano (concordato in continuità). I creditori saranno divisi in classi omogenee (banche, fornitori chirografari, ecc.) e voteranno la proposta. Serve la maggioranza dei crediti ammessi al voto (>50%) per ottenere l’approvazione . Se approvato e omologato, il piano diventa vincolante per tutti: anche chi ha votato no o non si è presentato dovrà accettare le falcidie e dilazioni proposte. Durante il concordato, l’impresa opera sotto vigilanza: ogni atto di straordinaria amministrazione richiede autorizzazione del giudice delegato, ma in cambio nessun creditore può aggredire i beni (c’è un blocco generale delle azioni esecutive). Dal lato “difensivo”, il concordato offre al debitore uno scudo immediato: ad esempio, se un istituto di credito minaccia il pignoramento del capannone o un fornitore ha già ottenuto un decreto ingiuntivo esecutivo, il deposito della domanda di concordato (anche in bianco, con riserva di presentare la proposta entro termini) congela queste azioni. È quindi un potente strumento per guadagnare tempo e riorganizzare il debito sotto tutela giudiziaria. Di contro, va predisposto con estrema cura per evitare la revoca: se il tribunale ritiene che manchi la fattibilità o che il debitore abbia commesso atti in frode ai creditori (es. distrazioni di beni prima del concordato), può infatti non ammettere la procedura o revocarla. Inoltre, il CCII ha introdotto soglie di soddisfazione per i concordati liquidatori: per ottenere l’omologa in un concordato che liquida i beni senza continuità, occorre garantire almeno il 20% di pagamento ai chirografari (salvo concordato semplificato già discusso) . Ciò per evitare concordati “tombali” dove i creditori chirografari prendono briciole: se non si raggiunge il 20%, il tribunale non può omologare (dovrebbe dichiarare la liquidazione giudiziale). Nel concordato in continuità invece non c’è una percentuale minima di legge, ma il piano dev’essere conveniente rispetto alla liquidazione (principio del best interest of creditors). Per esempio, se la stima in caso di fallimento è che i chirografari prenderebbero 5%, un concordato in continuità che gliene offre 10% può essere omologato anche se 10 è basso in assoluto (ma è pur sempre doppio di 5). Nel concordato minore (che vedremo in seguito per i debitori non fallibili) vige un principio analogo: non c’è soglia fissa, ma i creditori devono ricevere almeno quanto riceverebbero dalla liquidazione controllata .
 
Un riparatore nautico strutturato (diciamo una S.p.A. che gestisce un ampio cantiere navale) potrebbe optare per un concordato preventivo in continuità se crede di poter risanare l’impresa ma necessita di tagliare parte del debito: ad esempio, propone ai creditori chirografari uno stralcio del 50% sul dovuto, da pagare in 4 anni con i ricavi previsti da nuove commesse, mantenendo l’attività operativa. Se i creditori approvano e il giudice omologa, l’azienda continua a funzionare pulita da metà dei debiti, e quelli vengono definitivamente cancellati a fine concordato (l’omologa ha efficacia esdebitativa: libera il debitore dalle obbligazioni pre-concordato, salvo quelle ristrutturate secondo il piano). Se invece l’azienda è decotta e non si può proseguire, l’imprenditore può proporre un concordato liquidatorio offrendo ai creditori la vendita ordinata degli asset e la distribuzione del ricavato (magari con l’aggiunta di risorse esterne per raggiungere il minimo 20%). Questo scenario è meno ambito dal debitore perché comporta comunque la fine dell’impresa, ma può essere usato per evitare il fallimento “classico” e avere comunque un controllo sulla procedura (es. scegliendo un liquidatore di fiducia, mantenendo la possibilità di chiedere l’esdebitazione a fine procedura, ecc.). Per onestà, va detto che per piccoli imprenditori il concordato preventivo è raramente conveniente: i costi sono alti (bisogna pagare attestatore, commissario, spese di giustizia) e le rigidità molte. Spesso conviene di più percorrere la via del concordato minore (se non fallibile) o di un accordo semplificato. Ma in imprese di medie dimensioni, il concordato preventivo rimane uno strumento valido di difesa e ristrutturazione, poiché nessun creditore singolo può sabotarlo se la maggioranza è d’accordo, e perché offre la forza della legge nel crammed-down.
- Liquidazione giudiziale (fallimento): questo è l’epilogo da evitare, se possibile, per il debitore. La liquidazione giudiziale (artt.121 e ss. CCII) viene aperta dal Tribunale su istanza di uno o più creditori (o del PM, o su propria richiesta) quando l’imprenditore fallibile si trova in stato di insolvenza irreversibile. Nel caso di un riparatore nautico, si concretizza ad esempio se i fornitori non pagati chiedono il fallimento e l’azienda non contesta né propone soluzioni alternative valide. Una volta dichiarata con sentenza, la liquidazione giudiziale comporta la spossessamento dei beni dell’imprenditore, la nomina di un curatore che gestisce il patrimonio, e l’avvio di un iter di accertamento del passivo e liquidazione dell’attivo. Dal punto di vista del debitore, le sue possibilità di “difendersi” in questa fase sono limitate: può presentare opposizione/reclamo contro la sentenza se ritiene mancate le condizioni (ad esempio, non era insolvente, o era sotto soglia e il tribunale ha erroneamente dichiarato il fallimento), oppure può collaborare col curatore per massimizzare il realizzo e sperare di ottenere l’esdebitazione finale. Ma sostanzialmente, perde il controllo sulla propria impresa e sui propri beni, con tutte le conseguenze negative (cessazione attività, dipendenti licenziati, contratti sciolti se non esercizio provvisorio, ecc.). Per questo l’intera logica del CCII è evitare la liquidazione giudiziale ove possibile, privilegiando soluzioni alternative. Solo se nessun concordato o accordo è fattibile e l’insolvenza è conclamata si arriva a questo esito. Per il nostro soggetto, la difesa sta soprattutto nel prevenire: contestare eventualmente la pretesa di un creditore (se il debito è controverso), dimostrare di essere sotto soglia di non fallibilità , o attivare in tempo una procedura minore per bloccare il fallimento. Ad esempio, un piccolo riparatore nautico potrebbe, di fronte a un’istanza di fallimento di un creditore, chiedere la conversione in liquidazione controllata (procedura di sovraindebitamento), cosa che la legge consente se ne ha i requisiti – il tribunale preferirà aprire la procedura minore volontaria piuttosto che la liquidazione giudiziale. In generale, la collaborazione attiva del debitore durante la liquidazione giudiziale è essenziale per ottenere benefici come la esdebitazione a fine procedura (la liberazione dai debiti residui), concessa di regola al fallito persona fisica che sia stato diligente e non abbia commesso irregolarità . Approfondiremo questo aspetto nel paragrafo sull’esdebitazione.
 
Tabella 2: Procedure concorsuali maggiori (per imprese fallibili)
| Procedura | Chi la attiva | Caratteristiche | Vantaggi per il debitore | Svantaggi | 
|---|---|---|---|---|
| Piano attestato di risanamento (art.56 CCII) | Debitore (accordo privato con creditori, piano asseverato da attestatore) | – Nessuna omologazione tribunale. <br>– Coinvolge volontariamente i creditori disponibili (tipicamente banche). <br>– Deposito presso Registro Imprese per esenzione da revocatorie . | – Mantenimento pieno della gestione al debitore. <br>– Flessibilità massima (soluzione su misura con ciascun creditore). <br>– Protezione da revocatoria: atti e pagamenti eseguiti in piano non revocabili . | – Vincola solo chi aderisce (creditori dissenzienti possono agire). <br>– Nessun “blocco” legale delle azioni esecutive (a meno di accordi individuali). <br>– Necessita fiducia dei creditori e qualità dell’attestazione. | 
| Accordo di ristrutturazione (art.57 CCII) | Debitore (accordo con almeno 60% crediti, poi omologa tribunale) | – Contratto sottoscritto con la maggioranza qualificata dei creditori . <br>– Omologato dal tribunale: vincola gli aderenti e attiva esenzioni (stop azioni esecutive su aderenti, poss. cram-down erario) . <br>– Varianti: “agevolato” (>=30% creditori, effetti limitati), “ad efficacia estesa” (coinvolge anche dissenzienti di certe classi se >=75% aderisce). | – Procedure più snelle del concordato, meno pubblicità negativa. <br>– Possibile stay temporaneo durante trattative post-deposito . <br>– Transazione fiscale possibile: taglio debiti fiscali/contributivi con AdE-INPS (cram-down se offerta ≥ liquidazione) . <br>– Debitore mantiene gestione (non c’è commissario). | – Necessario accordo preventivo con larga parte dei creditori (non utile se forte conflittualità). <br>– Creditori esclusi restano liberi (salvo misure protettive mirate). <br>– Richiede attestazione di fattibilità e rispetto best interest per omologa. <br>– Se salto di classi dissenzienti, può diventare complesso. | 
| Concordato preventivo (artt.84+) – Continuità | Debitore (proposta di piano ai creditori, con voto e omologa) | – Procedura concorsuale giudiziale in bonis. <br>– Può prevedere continuità (diretta: l’azienda prosegue in mano al debitore; indiretta: l’azienda è ceduta/affittata e continua con terzi). <br>– Classi di creditori formate per omogeneità; voto per maggioranza >50% crediti . <br>– Se approvato, omologato dal Tribunale; nomina di Commissario e Giudice Delegato fin dall’ammissione. | – Protezione automatica: sospende azioni esecutive e cautelari dal deposito domanda . <br>– Debitore rimane in possesso dei beni (nel concordato con continuità diretta) e gestisce sotto vigilanza (poteri di ordinaria amministrazione). <br>– Possibilità di soddisfare parzialmente i creditori chirografari senza loro consenso individuale (cram-down di minoranze dissenzienti). <br>– Può prevedere intervento di finanza esterna privilegiata (incentivi per nuovi investitori). <br>– Se eseguito correttamente, porta a esdebitazione residua per l’azienda (società estinta libera) e per l’imprenditore (se personale). | – Procedura costosa e complessa (oneri di Commissario, attestatore, legali). <br>– Necessita di un piano robusto e credibile per ottenere voto favorevole e omologa. <br>– Il Tribunale può imporre condizioni o rifiutare omologa se riscontra frodi o violazione norme (es. trattamento non equo classi). <br>– Gestione limitata: atti straordinari solo con autorizzazione del giudice. <br>– Impatto reputazionale: concordato è pubblico, può creare sfiducia in clienti/fornitori. | 
| Concordato preventivo – Liquidatorio | Debitore (come sopra, ma piano di liquidazione beni) | – Il piano prevede la vendita di tutti (o parte) dei beni aziendali per pagare i creditori, cessazione attività. <br>– Richiede per legge di garantire almeno 20% ai chirografari (salvo esenzioni) . <br>– Possibile apporto di risorse esterne per raggiungere soglia. | – Vantaggi procedurali analoghi al concordato in continuità (blocco azioni, niente istanze di fallimento concorrenti, ecc.). <br>– Permette di chiudere la vicenda in modo ordinato e con controllo del debitore (che sceglie modalità liquidazione, ad es. vendita unità produttiva in esercizio provvisorio). <br>– Se societario, la società poi si estingue; se persona fisica, può chiedere esdebitazione post-concordato. | – L’impresa viene comunque liquidata (perdita dell’attività). <br>– Soglia 20% può rendere inattuabile la proposta se il patrimonio non vale abbastanza (a differenza del fallimento dove non c’è soglia minima, qui se non puoi dare 20% devi optare per liquidazione giudiziale). <br>– Iter relativamente lungo: tempi di vendita e riparto sotto controllo tribunale. | 
| Liquidazione giudiziale (fallimento) | Creditori (istanza) o debitore stesso (autofallimento) | – Sentenza tribunale accerta insolvenza e apre procedura concorsuale liquidatoria. <br>– Nomina Curatore, spossessamento totale beni del debitore. <br>– Procedura pubblica: insinuazione di crediti, formazione stato passivo, liquidazione attivo tramite aste, distribuzione ai creditori secondo prelazioni. <br>– Durata variabile (spesso anni). | – Beneficio esdebitazione: per persona fisica onesta e cooperativa, dopo chiusura fallimento può ottenere la cancellazione dei debiti insoddisfatti (salvo eccezioni). <br>– Possibile chiusura rapida se patrimonio esiguo (chiusura ex art. 234 CCII per insufficienza attivo). <br>– Libera il debitore dall’assillo gestionale: subentra il Curatore a occuparsi di tutto (può essere un sollievo psicologico in alcuni casi). | – Perdita totale del controllo sul patrimonio e sull’azienda. <br>– Conseguenze negative su attività in corso (licenziamenti, rescissione contratti, ecc.). <br>– Effetti personali: per le società, possibile azioni di responsabilità contro amministratori; per l’imprenditore, restrizioni (interdizione dall’esercizio d’impresa fino a esdebitazione). <br>– Tempistiche e risultati incerti: spesso i creditori chirografari recuperano poco o nulla. <br>– Stigma e pubblicità negativa (registro fallimenti, ecc.). | 
Nota: Nel contesto di un riparatore nautico, le procedure “maggiori” sopra descritte saranno applicabili solo se l’attività rientra tra gli imprenditori assoggettabili a liquidazione giudiziale (vedi soglie Tab.1). Molti riparatori nautici, essendo piccoli artigiani o società di persone di dimensioni limitate, non raggiungono tali parametri e quindi non entreranno mai in concordato preventivo né fallimento, bensì utilizzeranno le procedure del sovraindebitamento trattate nel prossimo capitolo. La sezione seguente è dedicata proprio a queste procedure “minori”, incluse quelle per il consumatore persona fisica, potenzialmente rilevanti se – ad esempio – il titolare del cantiere nautico è indebitato anche a titolo personale.
Procedure da sovraindebitamento (per riparatori nautici non fallibili e privati)
Quando il debitore in crisi non è soggetto alle procedure concorsuali ordinarie (fallimento, concordato preventivo, ecc.), trova spazio la disciplina speciale del sovraindebitamento. Questa è stata originariamente introdotta con la Legge 3/2012 e oggi è organicamente ricompresa nel Codice della Crisi, Titolo IV. Vi rientrano, come visto, i consumatori, i professionisti, le imprese minori sotto soglia, gli imprenditori agricoli e ogni altro debitore non assoggettabile a liquidazione giudiziale . Lo scopo di tali procedure è duplice: comporre la crisi mediante piani di ristrutturazione o liquidazione adeguati alla piccola dimensione e, al termine, liberare il debitore dai debiti residui (il cosiddetto fresh start). Si tratta di procedure su base volontaria (sempre attivate dal debitore, mai dai creditori) e concepite in maniera meno formale e onerosa rispetto alle concorsuali maggiori, pur con la supervisione dell’autorità giudiziaria e l’ausilio obbligatorio di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) o di un professionista nominato dal giudice.
Con l’entrata in vigore del CCII, le vecchie tre procedure della L.3/2012 (accordo di composizione, piano del consumatore, liquidazione del patrimonio) sono state in parte modificate e rinominate. Oggi possiamo distinguere:
- Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (artt. 67-73 CCII) – il nuovo nome del piano del consumatore. È riservato alle persone fisiche consumatori, cioè che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale/professionale. Un esempio tipico: un meccanico nautico come privato cittadino ha accumulato debiti personali (carte di credito, bollette, prestiti) che non c’entrano con l’azienda. Se è consumatore, può proporre al tribunale un piano di ristrutturazione senza bisogno di approvazione dei creditori: decide tutto il giudice, valutando che la proposta sia fattibile e che il consumatore sia meritevole, ossia non abbia causato il proprio indebitamento con dolo o colpa grave . Il concetto di meritevolezza nel nuovo Codice è in realtà definito in negativo: il piano può essere omologato se il sovraindebitamento non è stato determinato da colpa grave, mala fede o frode . Si noti che questa formulazione – introdotta nel 2020 – ha superato il vecchio criterio più stringente della “meritevolezza” pura. La Cassazione, ord. 27 luglio 2023 n. 22890 ha chiarito che oggi il giudice non deve più sindacare le scelte di vita del consumatore in termini di meritevolezza “morale”, ma solo verificare l’assenza di condotte gravemente colpose o fraudolente alla base dei debiti . Inoltre, va considerato anche il comportamento degli intermediari finanziari: la Cassazione ha suggerito di valutare la meritevolezza del consumatore sovraindebitato anche alla luce del comportamento del finanziatore nel concedere credito (superando la teoria del “solo shock esogeno”) . Quindi, per un consumatore, ad esempio l’armatore dilettante che ha fatto troppi leasing per la barca e ora non riesce a pagarli, il piano di ristrutturazione consente di proporre di pagare in parte i debiti (secondo un budget familiare sostenibile) in un certo periodo, senza il voto dei creditori. Se il tribunale ritiene che il piano sia fattibile e i creditori ricevano almeno quanto riceverebbero dalla liquidazione del patrimonio, e che il debitore non abbia frodato i creditori (ad es. niente atti in frode, nessun nuovo debito volontariamente contratto sapendo di non poterlo pagare), potrà omologarlo. Da quel momento, il piano vincola tutti i creditori inclusi (anche se un finanziaria fosse contraria). Un aspetto innovativo: il CCII permette ora di trattare con falcidia anche i debiti privilegiati impignorabili come l’IVA e le ritenute nel piano del consumatore (prima era vietato falcidiare l’IVA, ora invece è ammesso purché nel piano il Fisco prenda almeno quanto in liquidazione controllata) . Quindi un consumatore può liberarsi anche di debiti fiscali con un piano ad hoc. Importante: il piano del consumatore non richiede il vaglio di “proponenti” né l’adesione dei creditori, ma se alcuni creditori (ad esempio banche) formulano contestazioni, il giudice deve valutarle e motivare perché eventualmente le supera. In sintesi, il piano del consumatore è la soluzione per le famiglie sovraindebitate: nel contesto dei riparatori nautici rileva solo se il debitore è persona fisica e i debiti da sanare sono estranei all’impresa. Se invece i debiti attengono all’attività imprenditoriale (fornitori, leasing di macchinari del cantiere, mutuo del capannone), il soggetto non è considerato “consumatore” e non può accedere a questo strumento.
 - Concordato minore (artt.74-83 CCII) – è la nuova denominazione della procedura destinata ai debitori non fallibili non consumatori. In pratica, sostituisce l’accordo di composizione della L.3/2012, ma con alcune differenze. Possono proporre il concordato minore: l’imprenditore minore sotto soglia, il professionista o autonomo, l’imprenditore agricolo, le start-up innovative, gli enti non commerciali, ecc. – insomma tutti i soggetti sovraindebitati escluso il consumatore . Anche i soci illimitatamente responsabili di società non fallibili possono ricorrervi per sistemare le loro esposizioni personali derivanti dall’attività . Il concordato minore è strutturato in modo analogo a un concordato preventivo semplificato: il debitore propone un piano di pagamento, anche parziale, dei debiti, e questo piano viene sottoposto al voto dei creditori (non tutti votano: sono esclusi ad esempio i privilegiati se vengono pagati integralmente). Serve la maggioranza semplice dei crediti votanti per approvare . Non c’è un requisito di percentuale minima di soddisfazione dei chirografari imposto dalla legge, ma il piano deve garantire ai creditori un’utilità non inferiore a quella realizzabile con la liquidazione controllata . Questo principio di convenienza sostituisce la vecchia soglia fissa: quindi anche un pagamento molto ridotto (es. 10% ai chirografari) può essere ammesso se in caso di liquidazione i creditori prenderebbero, ad esempio, 5% . Il concordato minore richiede il coinvolgimento di un OCC sin dalla fase di preparazione: un professionista nominato (gestore della crisi) aiuta a redigere la proposta e soprattutto predispone la relazione di fattibilità e veridicità a corredo del ricorso. La procedura si apre con decreto del tribunale, che può anche concedere misure protettive analoghe a quelle viste per il concordato preventivo (sospensione dei pignoramenti, ecc., dal decreto di apertura fino all’omologa definitiva) . Durante la procedura, il debitore conserva l’amministrazione dei beni, sotto vigilanza dell’OCC/gestore e del giudice. Non c’è un commissario né un curatore: il gestore della crisi funge da supervisore e ausiliario, verificando ad esempio che il debitore non compia atti pregiudizievoli. Se i creditori approvano e il tribunale omologa, il concordato minore diventa vincolante per tutti i creditori anteriori in esso inclusi. Ciò significa che i creditori che hanno votato no o erano non votanti (perché ad esempio non si sono presentati) sono comunque obbligati dal piano omologato. È quindi uno strumento potente per imporre una ristrutturazione dei debiti ai dissenzienti, sempre però a condizione che la maggioranza fosse d’accordo. Ad esempio, il nostro riparatore nautico individuale, sovraindebitato con €400.000 di debiti misti (banca, 10 fornitori, Fisco, INPS), può proporre in concordato minore di pagarne il 30% in 5 anni utilizzando i proventi dell’attività (che continua), e magari liquidando un bene non essenziale (vende un furgone inutilizzato per fare cassa). I creditori votano: se la maggioranza in valore è favorevole, il piano passa anche sui contrari. L’Erario e l’INPS in questo caso votano come gli altri chirografari per la parte non privilegiata dei loro crediti, e le loro quote privilegiate possono essere ristrutturate con transazione fiscale entro il concordato (il CCII all’art. 80 prevede che la proposta possa contemplare il trattamento dei crediti tributari secondo art. 63 e crediti previdenziali secondo art. 63-bis, cioè analogamente al concordato preventivo) . Dunque anche nel concordato minore il debitore può falcidiare IVA, imposte e contributi, con l’accordo dell’ente o anche in cram-down se il giudice lo ritiene conveniente rispetto alla liquidazione . Uno dei vantaggi principali del concordato minore per il debitore è che consente di evitare la liquidazione del patrimonio e mantenere la continuità aziendale su scala ridotta. Inoltre, una volta eseguito il piano, il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione di diritto per i debiti residui (analogamente a quanto avviene nel concordato preventivo) – su questo v. oltre. Da notare: il concordato minore non può essere utilizzato dal consumatore puro (per quello c’è il piano del consumatore), ma spesso la distinzione non è netta. Ci sono casi di debiti misti (in parte personali, in parte da attività): la regola è guardare alla prevalenza. Se i debiti maggioritari derivano dall’attività d’impresa/professionale, si fa concordato minore; se invece il grosso dei debiti è da consumo e l’attività è marginale, alcuni tribunali ammettono comunque il piano del consumatore (cfr. Trib. Treviso 2021, “via libera se debito professionale minoritario”). Quindi un riparatore nautico che avesse anche debiti familiari dovrà valutare con l’avvocato in quale categoria ricade.
 - Liquidazione controllata del sovraindebitato (artt.268-277 CCII) – è l’equivalente sovraindebitamento della liquidazione giudiziale, erede della liquidazione del patrimonio ex L.3/2012. Può accedervi qualsiasi debitore sovraindebitato (consumatore o non) che voglia (o debba) liquidare tutto il proprio patrimonio per chiudere la posizione debitoria. La liquidazione controllata si attiva su ricorso del debitore o anche dei creditori/PM (unico caso in cui i creditori hanno iniziativa nelle procedure da sovraindebitamento, art.268 co.2) se il debitore non usa altre procedure. La finalità è raccogliere e vendere tutte le attività del debitore – beni mobili, immobili, crediti – e distribuire il ricavato ai creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione. A differenza delle procedure viste sopra, qui il debitore perde l’amministrazione dei beni: viene nominato un Liquidatore (spesso un professionista indicato dall’OCC) che gestisce la liquidazione sotto il controllo del Giudice Delegato. Si crea una sorta di mini-fallimento: i creditori presentano domande di partecipazione (insinuazioni), si forma lo stato passivo e si procede a vendite competitive dei beni. I parametri però sono semplificati e adattati: ad es. la legge prevede che possano essere esclusi dall’inventario beni di valore esiguo rispetto ai costi di liquidazione, per snellire il tutto (principio di economicità). Inoltre, il trattamento dei redditi futuri del debitore è diverso rispetto al fallimento: qui il CCII ha previsto che la liquidazione controllata possa attrarre anche una parte dei redditi del debitore prodotti nei 4 anni successivi all’apertura (ad es. una percentuale dello stipendio) . Questa previsione, mutuata dall’art.14-undecies L.3/2012, è stata oggetto di dubbi di costituzionalità (perché potenzialmente allunga la procedura indefinitamente). La Corte Costituzionale, sent. 19 gennaio 2024 n. 6, ha però ritenuto non fondate le questioni, chiarendo che il legislatore ha voluto assimilare la liquidazione controllata a quella giudiziale, lasciando che la durata dell’acquisizione dei redditi sopravvenuti sia determinata caso per caso dal giudice, anche prendendo a riferimento proprio il termine di 4 anni come orizzonte congruo . In pratica, la Consulta non ha imposto un termine fisso, ma ha ritenuto legittimo il sistema purché il giudice valuti la durata opportuna, bilanciando l’esigenza di reinserimento del debitore (che non va eccessivamente gravato a lungo) e la tutela dei creditori . In concreto, molti tribunali già fissano 4 anni come durata standard della procedura di liquidazione controllata (specie per i consumatori), trascorsi i quali il debitore ottiene l’esdebitazione di diritto . Durante la liquidazione controllata, il debitore è tenuto a collaborare con il liquidatore, a non nascondere beni o redditi (pena esclusione dai benefici), e subisce limitazioni analoghe a quelle del fallito (ad esempio divieto di gestire l’impresa, se ne aveva una, durante la procedura). La liquidazione controllata è spesso l’ultima spiaggia, scelta quando il debitore non ha la capacità di proporre un piano sostenibile oppure quando i creditori non si fidano delle soluzioni parziali. Dal suo punto di vista, come difesa, può essere preferibile lui stesso chiedere la liquidazione controllata piuttosto che subire un assedio di esecuzioni: infatti, l’apertura della procedura sospende e impedisce nuovi pignoramenti individuali, convogliando tutto in un’unica sede ordinata . Ad esempio, se il titolare di un’officina nautica ha chiuso l’attività e possiede solo la casa familiare e un gommone, con debiti di €200k tra banche e fornitori, potrebbe volontariamente attivare la liquidazione controllata. Il liquidatore venderà il gommone e altri asset eventualmente aggredibili, e potrà attingere (se la legge lo consente) a una porzione del suo stipendio se nel frattempo si è ricollocato come dipendente, ma dopo pochi anni la procedura finirà e lui sarà liberato dai resti debiti. Mentre se non facesse nulla, rischierebbe pignoramenti sulla casa (anche se prima casa spesso non ipotecata, resta pignorabile per debiti non fiscali) e sullo stipendio, trascinando all’infinito la situazione. Importante: come per il fallimento, in liquidazione controllata anche i crediti muniti di garanzie reali (ipoteche, privilegi) vengono soddisfatti preferenzialmente con i beni oggetto di garanzia, e i crediti chirografari ricevono solo l’eventuale riparto residuo.
 - Esdebitazione del sovraindebitato e del debitore incapiente (artt.278-283 CCII): il fine ultimo delle procedure da sovraindebitamento è dare al debitore onesto una seconda chance liberandolo dai debiti che non è riuscito a pagare. Nel CCII, l’esdebitazione opera in maniera più ampia e automatica rispetto al passato. In particolare, per la persona fisica sovraindebitata (sia consumatore che piccolo imprenditore), l’art. 282 CCII stabilisce che a seguito della chiusura della liquidazione controllata i crediti rimasti insoddisfatti diventano inesigibili . Il beneficio opera di diritto (automaticamente) se sono trascorsi 3 anni dall’apertura della procedura o alla data di chiusura se anteriore , senza necessità di una specifica istanza, a condizione che il debitore abbia collaborato e soddisfi i requisiti di onestà e diligenza previsti (assenza di condanne per bancarotta fraudolenta o reati gravi connessi, nessuna frode o dissipazione patrimoniale, cooperazione con organi della procedura, e non aver già ottenuto esdebitazione nei precedenti 5 anni) . Questi paletti sono simili a quelli della vecchia L.F. per l’esdebitazione post-fallimentare e mirano a evitare abusi. Ma la novità di rilievo è che, nel sovraindebitamento, il debitore può essere esdebitato anche senza dover soddisfare una percentuale minima di crediti e persino se la liquidazione non ha dato alcun attivo ai creditori. Questo segna una differenza sostanziale col passato: oggi, il piccolo imprenditore o il consumatore sovraindebitato che si sottopone a liquidazione controllata e agisce in buona fede uscirà liberato dai debiti residui, pronto a reinserirsi nel circuito economico . Ci sono però debiti esclusi dall’esdebitazione per espressa previsione: in particolare, le obbligazioni alimentari (es. assegni di mantenimento dovuti per legge) e le sanzioni penali pecuniarie non vengono cancellate neppure con l’esdebitazione (art.279 CCII). Anche il risarcimento dei danni da fatto illecito con dolo potrebbe restare dovuto (analogamente a come era col fallimento, art. 279 co.3 CCII). Inoltre, l’esdebitazione non libera eventuali coobbligati o fideiussori: se Tizio era garante di un debito di Caio, il fatto che Caio si esdebiti non estingue l’obbligo di Tizio verso il creditore. Quindi, per esempio, se un coniuge aveva garantito i debiti dell’impresa familiare di riparazioni nautiche, l’esdebitazione del titolare non copre il coniuge garante.
 
Una menzione speciale merita la figura introdotta dall’art. 283 CCII: l’esdebitazione del debitore incapiente. Questa è un’innovazione rivoluzionaria: consente alla persona fisica sovraindebitata che non ha alcun patrimonio liquidabile né capacità di offrire utilità ai creditori, di ottenere comunque una esdebitazione senza procedura, ovvero senza dover pagare nulla ai creditori . È riservata ai debitori meritevoli (no dolo o colpa grave nell’indebitamento, come sempre) e può essere richiesta una sola volta nella vita . In pratica, se un ex imprenditore artigiano è totalmente nullatenente e i suoi debiti derivano da sventure (fallimento dell’attività, malattia, etc.), può chiedere al giudice – tramite l’OCC – un decreto che dichiari inesigibili tutti i suoi debiti, liberandolo subito dal fardello. In cambio, la legge prevede una condizione risolutiva: se entro 4 anni dalla concessione dell’esdebitazione sopravvengono utilità rilevanti (es. una vincita, un’eredità, un forte aumento di reddito) che permetterebbero di pagare almeno il 10% di quanto dovuto, il debitore è obbligato a versare tale parte ai creditori . È come dire: “ti cancelliamo i debiti perché sei povero e onesto; ma se entro 4 anni diventi un po’ benestante, dovrai tenere fede morale a pagare almeno una quota”. Il beneficio dell’esdebitazione senza attivo è epocale perché riconosce il diritto a una liberazione dai debiti anche ai soggetti per cui neppure la liquidazione avrebbe senso (perché costerebbe più di quanto recupererebbe). Immaginiamo un ex titolare di ditta individuale nautica che ha chiuso per bancarotta: gli restano €300.000 di debiti, ma lui non possiede nulla (laboratorio affittato già restituito, attrezzi rivenduti, nessuna casa di proprietà, stipendio modesto come dipendente altrove). In passato avrebbe convissuto a vita con questi debiti non pagati, aggredibile su qualsiasi entrata futura. Oggi può chiedere l’esdebitazione da incapiente: se il giudice gliela concede (valutata l’assenza di frode e la sua condizione di totale incapienza attuale), quei €300.000 diventano non più esigibili per sempre . Solo se, poniamo, vince alla lotteria €50.000 entro 4 anni, dovrà destinarne almeno €5.000 (10%) ai vecchi creditori – e solo se l’utilità supera quel 10%, altrimenti no. Numerose pronunce nel 2023-2025 hanno iniziato ad applicare questa norma: ad esempio, il Tribunale di Torino, decreto 11 marzo 2025, ha concesso l’esdebitazione “a costo zero” a un debitore incapiente, ritenendo integrati i requisiti di legge (in quel caso non c’erano atti in malafede e la situazione di indigenza era comprovata). Al contrario, altri provvedimenti negano il beneficio se emergono elementi di colpa grave, come il Tribunale di Prato 2023 che ha escluso l’esdebitazione al sovraindebitato incapiente che aveva omesso di versare per anni l’IVA pur avendone la possibilità (omesso versamento di imposte dovute considerato indice di mala gestio): in tal caso il debitore deve almeno liquidare quel che può . Insomma, il sistema impone rigore morale ma concede, in assenza di colpa, un autentico perdono dei debiti per ripartire.
Ecco una tabella riepilogativa delle procedure da sovraindebitamento (post CCII) e delle loro caratteristiche salienti:
Tabella 3: Procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento (debitori non fallibili)
| Procedura | Destinatari | Modalità e requisiti | Esito per il debitore | 
|---|---|---|---|
| Piano di ristrutturazione del consumatore (artt.67-73 CCII) | Persona fisica consumatore (debiti non inerenti attività d’impresa/prof.) | – Proposta unilaterale del consumatore al tribunale, con ausilio OCC. <br>– Nessun voto dei creditori: decide il giudice su omologazione. <br>– Richiesto che il sovraindebitamento non derivi da dolo o colpa grave o frode del consumatore . <br>– Creditori privilegiati possono essere soddisfatti parzialmente purché >= ricavabile da liquidazione (criterio convenienza). <br>– Misure protettive possibili su istanza (blocco pignoramenti durante istruttoria). | – Taglio dei debiti senza necessità di consenso creditori: il giudice può omologare anche contro il volere delle finanziarie/banche, se il piano è fattibile e corretto. <br>– Mantenimento di beni essenziali: possibile prevedere che il consumatore trattenga beni/entrate necessarie al sostentamento (il piano deve comunque assicurare il miglior soddisfacimento possibile). <br>– Liberazione dai debiti residui a fine piano omologato: i crediti stralciati diventano inesigibili. | 
| Concordato minore (artt.74-83 CCII) | Debitori non fallibili non consumatori: es. imprenditori sotto soglia, professionisti, ditte artigiane, impr. agricoli, start-up, soci illimitatamente responsabili di impresa non fallibile . | – Ricorso del debitore con proposta di piano e classi di creditori (se utile). Piano redatto con OCC e attestazione. <br>– Voto dei creditori: approvazione se crediti favorevoli > 50% dei votanti . Nessuna maggioranza per classi, conta il totale (possibile omologazione anche senza voto se solo creditori privilegiati e vengono pagati per intero). <br>– Assenza soglia minima di pagamento per chirografari, ma piano deve garantire a ciascun creditore almeno quanto otterrebbe da liquidazione . <br>– Possibile trattazione di debiti fiscali e contributivi con transazione fiscale interna (AdE e INPS aderiscono con voto come chirografari per la parte falcidiata). <br>– Misure protettive attivabili dal deposito del ricorso (stop azioni esecutive durante procedura) . <br>– Gestione corrente resta al debitore, sotto vigilanza OCC; niente spossessamento, patrimonio vincolato salvo atti autorizzati dal giudice. | – Continuità aziendale preservata: il debitore può proseguire l’attività (se prevista dal piano) senza liquidare tutto, sotto controllo OCC. <br>– Riduzione del debito vincolante per tutti i creditori inclusi: con l’omologa, anche i dissenzienti sono obbligati al rispetto del piano (pagamento parziale, dilazioni, stralci). <br>– Nessuna soglia di legge da raggiungere: anche offerte modeste ai chirografari sono ammesse se giustificate dalla capienza effettiva. <br>– Esdebitazione: a completamento dell’esecuzione del piano, il debitore è liberato dai debiti residui non soddisfatti. Se il debitore è persona fisica, l’esdebitazione opera di diritto; se è un ente, l’ente esce pulito (e se si scioglie, niente azioni ulteriori verso garanti ex art. 280 CCII tranne malafede). | 
| Liquidazione controllata del sovraindebitato (artt.268-277 CCII) | Qualsiasi debitore sovraindebitato (consumatore o meno), incluso socio illimitatamente responsabile, erede di sovraindebitato, ecc. | – Ricorso volontario del debitore, oppure istanza di creditore/PM (purché il debitore non sia già soggetto a liquidazione giudiziale). <br>– Tribunale nomina Liquidatore e Giudice Delegato; il debitore è spossessato dei beni, che diventano parte della massa attiva. <br>– Il Liquidatore redige inventario e programma di liquidazione (possibile includere beni futuri sopravvenuti entro la durata stabilita, es. redditi 4 anni) . <br>– I creditori presentano domanda di partecipazione; il GD forma stato passivo. <br>– Liquidazione dei beni mediante vendita competitiva o altre soluzioni (anche affitto d’azienda se utile). <br>– Durata: variabile. La legge non fissa un termine massimo rigido, ma prassi vuole 4 anni come periodo di contribuzione dei redditi futuri, analogamente al vecchio art.14-undecies L.3/2012 (Corte Cost. 6/2024 ha confermato legittimità di acquisire redditi sopravvenuti max 4 anni) . <br>– Al termine, ripartizione ai creditori e chiusura procedura. | – Soluzione ordinata e definitiva: un’unica procedura estingue tutte le azioni individuali e definisce i diritti dei creditori. <br>– Il debitore coopera ma non è più inseguito singolarmente: cessa l’ansia da pignoramenti multipli. <br>– Possibilità di esdebitazione automatica: per persona fisica, chiusa la procedura i debiti residui sono cancellati ex lege (salvo debiti esclusi) . <br>– Meno onerosa e infamante del fallimento: il debitore non subisce le stesse preclusioni personali (es. non c’è interdizione temporanea salvo casi di frode), e può conservare redditi/minimi vitali fuori dalla massa attiva (deciso dal GD). <br>– Accessibile anche se i creditori non sono d’accordo (basta lo stato d’insolvenza o squilibrio). | 
| Esdebitazione del debitore incapiente (art.283 CCII) | Persona fisica sovraindebitata non soggetta a liquidaz. giudiziale (quindi fallimento escluso) che non è in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, né immediata né prospettica. | – Ricorso del debitore al tribunale, tramite OCC, chiedendo l’esdebitazione totale senza attivo. <br>– Requisiti: meritevolezza analoga (no colpa grave o frode nell’indebitarsi) e una tantum (non aver già beneficiato in passato) . <br>– Il debitore deve allegare e dimostrare la propria assoluta incapienza: nessun patrimonio liquidabile, nessun reddito agganciabile oltre il minimo vitale, e nessuna prospettiva concreta di miglioramento a breve. <br>– Il tribunale, sentiti i creditori (che possono comparire per opporsi) e verificati i presupposti, emette decreto di esdebitazione che libera il debitore da tutti i debiti indicati. <br>– Il decreto può imporre al debitore obblighi informativi periodici sulla propria condizione (ad es. comunicare se riceve sopravvenienze). <br>– Condizione post: se entro 4 anni il debitore ottiene utilità rilevanti tali da permettere di pagare almeno il 10% ai creditori, deve attivarle a loro favore (pena revoca esdebitazione) . | – Liberazione immediata dai debiti senza dover passare attraverso anni di liquidazione di beni (che non ha) o pagamenti che non può permettersi. <br>– Ritorno alla vita economica attiva pulito dai vecchi debiti, con chance di ripartire (concetto di fresh start puro). <br>– Mantenimento di eventuali beni/entrate minime di sussistenza senza intaccarli (se aveva redditi bassissimi, li tiene per sé, la legge non li tocca). <br>– Effetto psicologico e sociale positivo: evita che persone già impoverite siano perseguitate a vita da creditori, con benefici anche per la collettività (meno economia sommersa, più incentivo a produrre reddito se non va tutto ai creditori). | 
Come si vede, il punto di vista del debitore sovraindebitato nelle procedure sopra delineate è notevolmente migliorato rispetto al passato. L’ordinamento odierno concede opportunità di uscita dal tunnel dei debiti bilanciate con il rispetto dei diritti dei creditori. Per un riparatore nautico persona fisica, c’è la concreta prospettiva di tornare libero dai debiti entro pochi anni, a patto di giocare secondo le regole (onestà, trasparenza, impegno nel piano se ce n’è uno) . Dal lato dei creditori, il sistema cerca comunque di assicurare che prendano almeno quanto prenderebbero spremendo il debitore fino all’ultimo bene (principio di convenienza), e semmai alleggerisce i costi di procedura per massimizzare quel recupero.
È importante sottolineare che spesso, nella pratica, un debitore imprenditore minore come un artigiano nautico, impiega una combinazione di strumenti: ad esempio prova prima un piano o concordato minore (per salvare l’attività); se fallisce o se la situazione precipita comunque, ripiega su una liquidazione controllata; e in ogni caso mira all’esdebitazione finale per ripulire la propria posizione e magari ripartire con una nuova iniziativa economica. La legge consente questi passaggi, anche se ovviamente perdere un concordato minore (ad esempio per mancato raggiungimento della maggioranza) e poi dover liquidare è un percorso doloroso ma talvolta necessario.
Simulazione pratica (procedura di sovraindebitamento)
Per concretizzare, immaginiamo Mario, titolare 50enne di una ditta individuale di riparazioni nautiche in un porto turistico. Negli anni Mario ha accumulato €150.000 di debiti: €50k con banche (scoperto di conto e finanziamento per acquistare un carroponte), €30k con fornitori (vernici, ricambi, elettricista subappaltato per impianti), €20k di affitti arretrati del capannone, €25k di contributi e IVA non versati, €10k di bollo auto e utenze, €15k con un parente che gli aveva prestato soldi. La sua attività ha subito un tracollo dopo il 2020 (meno turismo nautico) e nel 2024 ha dovuto chiudere il cantiere. Ora lavora come meccanico dipendente in un’officina, stipendio €1.400/mese, e non possiede immobili (vive in affitto con la famiglia). I creditori hanno iniziato a muoversi: la banca ha chiesto decreto ingiuntivo, due fornitori hanno fatto atto di precetto, l’Agenzia Entrate Riscossione ha pignorato parte dello stipendio (pignoramento presso terzi in corso per €300 al mese). Mario, su consiglio di un avvocato, si rivolge all’OCC locale per valutare una procedura di sovraindebitamento. Dato che i suoi debiti provengono quasi tutti dalla sua attività artigiana (non è un “consumatore”), l’opzione è tra concordato minore o liquidazione controllata. Mario vorrebbe tanto evitare di dichiararsi liquidato e magari riaprire un domani una piccola attività, quindi prova la strada del concordato minore. Con l’aiuto dell’OCC elabora una proposta: offrire ai creditori il pagamento del 20% dei debiti chirografari (circa €30.000 su €150.000) in 4 anni, utilizzando €200 al mese del suo stipendio e contando su un piccolo aiuto (una tantum €5.000) di un amico, oltre al ricavato di vendita di alcuni attrezzi che gli erano rimasti (€3.000). I debiti privilegiati (contributi e IVA) propone di pagarli al 100% ma rateizzati in 5 anni senza interessi di mora (grazie alla transazione fiscale semplificata); l’affitto arretrato è chirografario e riceverà il 20%; il parente che ha prestato soldi accetta volontariamente di essere escluso (non vuole nulla indietro, era un regalo di fatto). L’OCC predispone relazione attestando che in liquidazione controllata i creditori avrebbero preso forse il 5% (perché Mario non ha immobili e un eventuale pignoramento dello stipendio, al netto delle spese, darebbe somme minime), mentre col concordato minore avrebbero il 20% garantito: quindi la proposta è conveniente. Mario deposita il ricorso in tribunale e chiede anche misure protettive per sospendere i pignoramenti in atto: il giudice apre la procedura di concordato minore e blocca subito il pignoramento stipendio dell’Agenzia Entrate (dandogli respiro economico) . Si indice l’adunanza dei creditori: in quella sede votano la banca, i fornitori, il proprietario del capannone (affitto), l’Agenzia Entrate e l’INPS per i loro crediti (divisi tra privilegiati e no). La banca (priva di garanzie reali) vota sì perché 20% in 4 anni è comunque più di zero visto che Mario ha chiuso bottega; i fornitori piccoli votano sì (uno neanche si presenta e viene contato come astensione, che non nuoce); il locatore tenta di opporsi ma il suo credito è piccolo; Agenzia Entrate e INPS tendenzialmente seguono la valutazione di convenienza: il piano gli paga 100% del privilegiato seppur a rate, e 20% del chirografario, contro un possibile 0% in caso di sua totale insolvenza – quindi non si oppongono. Si raggiunge così una larga maggioranza (70%) di voti favorevoli. Il tribunale omologa il concordato minore di Mario. Da quel momento, Mario deve rispettare il piano: versa mensilmente €200 all’OCC che li ripartisce ai creditori secondo il piano (in proporzione o secondo classi, come stabilito). I creditori, compresa l’AdER, non possono più pretendere nulla oltre quanto previsto e sospendono le azioni esecutive. Dopo 4 anni di pagamenti regolari, Mario ha adempiuto al concordato. I creditori chirografari hanno incassato il 20% dei loro crediti (meglio di niente), quelli privilegiati sono stati soddisfatti integralmente nel tempo, gli interessi moratori e sanzioni sono stati stralciati. Mario ottiene dal Tribunale il decreto di avvenuta esecuzione e chiusura del concordato minore. Da quel momento, è libero da ogni ulteriore obbligo verso i vecchi debiti: in altre parole, viene esdebitato dal residuo 80% non pagato. Il suo nominativo è pulito, può ripartire. Se vorrà aprire un nuovo laboratorio nautico tra qualche anno, potrà farlo senza quei macigni finanziari. Ha “salvato” la sua vita economica, pur avendo dovuto liquidare i beni superflui e stringere la cinghia per qualche anno nei pagamenti mensili.
Se invece Mario non fosse riuscito a convincere i creditori (poniamo che la banca e l’affittuario avessero votato contro e la maggioranza fosse mancata), il suo piano sarebbe stato respinto. A quel punto avrebbe potuto chiedere la conversione in liquidazione controllata della procedura: il tribunale, preso atto del fallimento del concordato minore, avrebbe nominato un liquidatore per vendere eventuali beni. Nel suo caso, essendoci poco da liquidare, la procedura si sarebbe chiusa rapidamente e, dopo 3 anni al massimo, Mario avrebbe comunque ottenuto l’esdebitazione (grazie alla buona fede mantenuta). I creditori però avrebbero recuperato forse il 3-5%. Questo scenario mostra come anche in caso di esito negativo di un concordato minore, il debitore sovraindebitato non sia perduto: rimane la via liquidatoria e il perdono finale dei debiti. Chiaramente, l’obiettivo preferibile è riuscire nella procedura di regolazione (piano o concordato) per evitare la liquidazione, ma sapere di avere l’àncora dell’esdebitazione limita il dramma.
Come difendersi dai creditori e gestire specifiche tipologie di debito
Dopo aver passato in rassegna gli strumenti formali di composizione della crisi, è utile tornare ad un piano più concreto di “difesa” quotidiana del debitore, affrontando alcune situazioni tipiche in cui può trovarsi un riparatore nautico indebitato. Essere proattivi nelle procedure concorsuali è fondamentale, ma prima e durante di esse il debitore deve anche sapersi districare tra azioni esecutive, trattative stragiudiziali e diritti dei creditori specializzati (come banche e fisco). Vediamo alcune domande chiave e consigli pratici:
Debiti verso fornitori e altri creditori privati
Cosa rischia il debitore se non paga i fornitori? I fornitori (dal grossista di materiali all’elettricista subfornitore) sono in genere creditori chirografari (senza garanzie reali). Se non pagati, possono agire legalmente ottenendo prima un decreto ingiuntivo dal tribunale (ingiunzione di pagamento) e poi, trascorsi 40 giorni senza opposizione o pagamento, procedere con un pignoramento sui beni del debitore. Un riparatore nautico individuale rischia il pignoramento dei propri beni personali (es. automezzi, attrezzature, denaro su conti) perché non c’è separazione patrimoniale. Se invece è una società di capitale (s.r.l.), i fornitori possono pignorare i beni sociali (macchinari, crediti verso clienti, eventualmente l’imbarcazione in riparazione se è un bene del debitore) ma non aggredire direttamente i beni personali dei soci (a meno di garanzie prestate). In ogni caso, un pignoramento può paralizzare l’attività: si pensi al sequestro di un macchinario essenziale in officina. Come difendersi? Innanzitutto, se il debitore ha obiezioni sul credito (ad es. la fornitura era difettosa, la fattura contestata, ecc.), deve fare opposizione al decreto ingiuntivo entro 40 giorni, per evitare che diventi definitivo. L’opposizione apre un giudizio ordinario durante il quale può chiedere la sospensione dell’esecutività se ci sono seri motivi. Questo può prendere tempo prezioso. Nel frattempo, è opportuno negoziare: spesso i fornitori preferiscono un pagamento dilazionato concordato (magari garantito con titoli cambiari o un accordo scritto) piuttosto che imbarcarsi in costose esecuzioni dall’esito incerto. Quindi, non appena si prospetta l’insolvenza, il debitore dovrebbe contattare i fornitori chiave e proporre piani di rientro volontari (transazione stragiudiziale): ad esempio pagare il 50% subito (se reperibile) e il resto a rate, oppure offrire merci in compensazione. Se i fornitori sanno che l’alternativa è veder fallire il cliente e recuperare magari zero, spesso accettano un saldo e stralcio. L’importante è formalizzare bene l’accordo (con quietanza liberatoria del creditore una volta rispettato, in modo da estinguere l’obbligazione). Da notare: accordi stragiudiziali isolati potrebbero poi essere “ripresi” in un eventuale fallimento successivo come pagamenti preferenziali (revocatoria fallimentare) se fatti nell’ultimo anno e non a condizioni di mercato. Però nelle procedure da sovraindebitamento non è prevista una revocatoria così estesa come nel fallimento, quindi il rischio è minore.
E se un fornitore presenta istanza di fallimento? Come detto, se il riparatore nautico è non fallibile, l’istanza verrà rigettata (il tribunale magari convertirà in liquidazione controllata se richiesta). Se invece è fallibile e l’insolvenza c’è, il rischio è serio. In questa situazione, l’imprenditore deve reagire subito: può presentare egli stesso un ricorso per concordato preventivo o per composizione negoziata con misure protettive prima dell’udienza pre-fallimentare, così da bloccare la dichiarazione di fallimento. Infatti, per legge, se c’è una procedura concorsuale pendente (concordato, accordo omologando) il fallimento non può essere dichiarato. Questo è un tipico strumento difensivo: depositare un “concordato in bianco” (ricorso riservandosi di presentare il piano entro X giorni) per ottenere lo stay e poi giocarsi un salvataggio. Anche pagare (se possibile) il creditore istante prima dell’udienza può servire: se l’unico creditore procedente viene soddisfatto o rinuncia, il tribunale può archiviare (ma attenzione a eventuali altri creditori che si presentino). In generale, non ignorare mai un’istanza di fallimento: presentarsi all’udienza, fornire bilanci, dimostrare magari di essere sotto soglia o di aver già attivato OCC per sovraindebitamento, può convincere il giudice a non procedere immediatamente.
Debiti tra privati (es. verso un cantiere partner, un noleggiatore a cui deve rimborsi, ecc.) seguono dinamiche simili ai fornitori: decreto ingiuntivo e pignoramento. Una menzione va fatta ai canoni d’affitto: se il riparatore ha un capannone in locazione e non paga i canoni, il locatore può attivare uno sfratto per morosità (procedura in tribunale abbastanza veloce) per riottenere l’immobile, oltre a chiedere decreto ingiuntivo per i canoni arretrati. Difendersi qui significa possibilmente trovare un accordo col proprietario (magari lasciar libero l’immobile in cambio di uno stralcio del debito pregresso, evitando causa), oppure includere il locatore nei piani di rientro o nella procedura concorsuale. Nelle procedure concorsuali, i canoni scaduti sono debiti chirografari; i canoni correnti invece vanno pagati se si continua a usare l’immobile, altrimenti si riconsegna.
Debiti bancari e finanziari
Le banche e le società finanziarie (creditori per mutui, leasing, fidi, prestiti vari) hanno generalmente armi affilate: spesso i loro crediti sono assistiti da garanzie (reali come ipoteche, o personali come fideiussioni) e in più vantano tassi di interesse che, se non pagati, producono mora e anatocismo. Come affrontarli?
Inadempimento di mutui e leasing: se un riparatore nautico ha un mutuo ipotecario (es. sull’immobile sede del cantiere) e va in sofferenza, la banca può attivare la decadenza dal beneficio del termine e chiedere tutto il capitale residuo immediatamente, per poi procedere a esecuzione immobiliare (pignoramento e vendita della proprietà ipotecata). Qui difendersi è difficile se la garanzia c’è: la banca è creditore privilegiato e potrà soddisfarsi sull’immobile. Soluzioni possibili: rinegoziazione del mutuo (chiedere sospensione temporanea rate, allungamento piano ammortamento per abbassare la rata – varie leggi hanno incentivato tali accordi, specie in epoca Covid c’erano moratorie mutui); oppure, se la crisi è temporanea, cercare di vendere volontariamente l’immobile a valore di mercato (spesso più alto di quello che otterrebbe la banca all’asta) per estinguere il debito e magari recuperare qualcosa in più. Nelle procedure concorsuali, un creditore ipotecario può essere cram-down solo se gli si riconosce almeno il valore di mercato del bene su cui ha garanzia. Ad esempio, se la banca ha ipoteca su capannone che vale €100k, in concordato occorre prevedere che ottenga quell’equivalente (non si può tagliare il suo credito al di sotto, salvo consenso della banca stessa). Quindi, o si vende il capannone e si paga la banca, o la banca viene soddisfatta con nuova ipoteca/piano ecc. Nei piani di sovraindebitamento, è possibile “degradare” la parte di credito bancario non coperta dal valore del bene a chirografaria: es. debito mutuo €150k, capannone valore €100k – €100k si paga come privilegiato ipotecario, €50k può essere trattato come chirografo e magari falcidiato . Questo è un meccanismo importante che i piani possono usare (nel rispetto del best interest: la banca deve avere almeno quanto realizzerebbe vendendo l’immobile). Per il leasing di attrezzature o di una barca data in leasing al cantiere: se il debitore non paga i canoni, la società di leasing può risolvere il contratto e riprendere il bene (che ne è proprietaria) e poi agire per il saldo (differenza tra debito residuo e valore ricavato dal bene). Ci si difende cercando di rinegoziare il leasing (aumentare durata, rate finali) oppure, se già risolto, vigilare che la società ottenga il massimo dalla rivendita del bene così da ridurre l’esposizione residua (spesso conviene trovare un acquirente meglio di come farebbe la società, per ridurre la perdita da ripianare). Nelle procedure concorsuali, il leasing segue regole particolari: il debitore può optare se sciogliersi o continuare; di solito in concordato si scioglie e il lessor riprende il bene e insinua il credito residuo come chirografo (dedotto valore bene). Nel sovraindebitamento, analogamente, il giudice può autorizzare lo scioglimento del leasing con restituzione del bene e insinuazione del credito.
Fideiussioni e garanzie personali: se il riparatore ha firmato fideiussioni bancarie (ad esempio a garanzia di un prestito alla sua società, o a garanzia di un acquisto di fornitura), il creditore garantito in caso di insolvenza può agire contro il garante. Un classico: riparatore individuale coniugato, la moglie firma fideiussione su finanziamento; oppure, socio amministratore di s.r.l. spesso dà fideiussione personale. In caso di procedura concorsuale sulla società, il fideiussore non è protetto dallo stay (come accennato prima: le misure protettive non si estendono ai soci garanti) . Quindi la banca può escutere il fideiussore anche se il debitore principale è in concordato. Ciò significa che la famiglia del debitore rischia il patrimonio personale del garante. Non c’è un rimedio legale per bloccare l’azione contro il fideiussore (salvo il fideiussore stesso entri in procedura se è sovraindebitato pure lui). È però pratica comune negoziare con la banca un trattamento congiunto: ad esempio, in concordato minore il debitore principale offre il 30%, la banca in cambio “libera” il fideiussore dal restante debito se incassa bene il concordato. Conviene a volte alla banca accettare, altrimenti il fideiussore potrebbe anche lui andare in sovraindebitamento e la banca recuperare poco da entrambi. Quindi c’è un gioco di equilibri: difendersi qui vuol dire coinvolgere il garante nelle trattative e presentare proposte globali.
Opposizioni su interessi e anatocismo: un aspetto tecnico ma utile: i contratti bancari a volte contengono clausole invalide o applicano tassi usurari. Far verificare da un consulente se nel proprio mutuo o conto corrente vi sia stata usura (tasso effettivo oltre soglie) o anatocismo (interessi su interessi non consentiti in certi periodi) può fornire un’arma difensiva. Si può avviare una contestazione con CTU contro la banca, congelando di fatto la pretesa finché non si accerta il dovuto reale. La Cassazione ha affermato ad esempio che in presenza di usura pattizia, il debitore non deve gli interessi e ha diritto a restituire solo il capitale . Anche se sono battaglie tecniche e lunghe, a volte l’ombra di una causa del genere induce la banca a trattare più favorevolmente (ad es. a rinunciare a interessi di mora esosi). Un riparatore nautico con fidi di conto potrebbe verificare le condizioni: spesso l’anatocismo trimestrale degli interessi passivi (prima del 2000) era invalido e può ridurre il saldo debitore riconoscibile. Queste sono però linee di difesa giudiziarie che richiedono perizia e tempi, dunque da valutare caso per caso con legali esperti di diritto bancario.
In ogni caso, i debiti bancari rientrano a pieno titolo nelle procedure concorsuali e i piani li possono ristrutturare (tagliare interessi, allungare scadenze, proporre stralci sul chirografo). Le banche seguono logiche interne: se vedono che dal fallimento prenderebbero 20 e dal concordato 30, alla fine votano sì. Quindi anche per difendersi da una banca aggressiva, la miglior contromossa è spesso preparare un piano credibile (magari con l’ausilio di un professionista attestatore) e sottoporglielo, prima in via stragiudiziale e se rifiutano in sede di procedura.
Debiti verso il Fisco e gli enti previdenziali
Molti piccoli imprenditori nautici si trovano gravati da cartelle esattoriali per IVA, IRPEF, contributi INPS, TARI, ecc. Questi debiti tributari e contributivi hanno un regime peculiare: sono in parte privilegiati (es. IVA, ritenute non versate, contributi hanno privilegio generale sui mobili) e in parte chirografari (es. sanzioni, interessi, magari vecchie imposte senza privilegio). Inoltre, l’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate Riscossione, ex Equitalia) ha poteri esecutivi speciali: fermo amministrativo sui veicoli, ipoteca legale sugli immobili per ruoli sopra certe soglie, pignoramenti in via sommaria su stipendio o conto corrente. Come difendersi?
Rottamazioni e rateizzazioni: Il legislatore ha varato diverse misure di sollievo per i debiti fiscali. Ad esempio le “rottamazioni delle cartelle” (l’ultima, rottamazione-quater nel 2023) consentono di pagare l’importo delle imposte senza sanzioni né interessi di mora, in più rate. Se c’è una finestra normativa aperta, conviene aderire: riduce l’esposizione e congela le azioni esecutive finché si è in regola con i pagamenti. La rateizzazione ordinaria (fino 72 rate o straordinaria 120 rate per gravi condizioni) è un altro strumento: chiedendo la dilazione all’AdER prima che inizino pignoramenti si blocca il procedimento (l’Agente non può iscrivere fermi o ipoteche dopo la concessione di rate, salvo decadenza). Attenzione però: come visto, ai fini della soglia di €30k, la Cassazione considera comunque “scaduto” il debito anche se rateizzato . Però la rateizzazione toglie immediata esigibilità (non possono eseguire finché rispetti le rate). Dunque, prima mossa difensiva contro cartelle: fare domanda di rateizzazione entro 60 giorni dalla notifica della cartella. Questo evita che scadano i termini e partano fermi su auto o pignoramenti.
Verifica della legittimità delle cartelle: a volte le cartelle possono essere viziate (notifica errata, prescrizione maturata perché l’ente non ha agito in tempo, importi errati). Farle controllare da un professionista può portare a opposizioni (ricorso alle Commissioni Tributarie per tributi, o al giudice del lavoro per contributi) che sospendono la riscossione di quelle somme. Ad esempio, se l’Agenzia delle Entrate ha iscritto a ruolo un’IVA già prescritta (dopo 5 anni), il debitore può fare opposizione chiedendo l’annullamento. In attesa della decisione, può ottenere la sospensione del pagamento. Quindi, difesa attiva: non dare per scontato che tutte le cartelle siano dovute, specie se sono vecchie e magari mai arrivate per notifica viziata (ci sono casi frequenti di notifica a vecchio indirizzo o a casella PEC errata).
Misure cautelari del Fisco: se arriva un preavviso di fermo amministrativo per un automezzo essenziale (es. il furgone officina), entro 30 giorni occorre agire: o si paga/si rateizza, oppure si presenta istanza all’AdER di non iscrivere fermo in quanto bene strumentale (la legge lo consente se il veicolo è indispensabile per l’attività professionale). Spesso AdER accoglie l’istanza se opportunamente motivata, rimandando il fermo e cercando un accordo. Per le ipoteche su immobili, se il debito è sotto €20.000 AdER non può iscrivervi ipoteca; sopra, può farlo (dopo preavviso). Anche qui, se l’immobile è casa d’abitazione non di lusso e il debito sotto €120.000, c’è divieto di espropriazione (DL 69/2013) – però l’ipoteca può comunque essere messa. L’ipoteca è un grosso problema perché la banca la vede e può bloccare fidi. In questi casi, l’unica via è trattare con AdER la dilazione o il pagamento parziale per far scendere il debito sotto soglia e poi chiedere cancellazione.
Procedura concorsuale e transazione fiscale: come ampiamente spiegato, oggi un debitore può ristrutturare i debiti fiscali tramite transazione fiscale all’interno di concordati o accordi (e dal 2024 anche in composizione negoziata). Ciò significa proporre formalmente il pagamento parziale di imposte e contributi, includendo eventualmente anche IVA e ritenute, un tempo intoccabili . Il piano deve illustrare il perché – di solito perché il patrimonio non consente di più. L’Amministrazione finanziaria valuterà la convenienza rispetto alla liquidazione: se la proposta è migliorativa (come often), dovrebbe aderire. La prassi sta migliorando: normative recenti obbligano l’AdE a rispondere entro 90 giorni e motivare un eventuale diniego in base a linee guida, evitando arbitrii. Inoltre, il cram-down consente di superare un rifiuto immotivato se gli altri creditori approvano e c’è convenienza economica comprovata . In sostanza, per difendersi dal peso insostenibile di sanzioni e interessi fiscali, il debitore dovrebbe sfruttare la transazione: spesso si riesce a stralciare queste componenti (pagando solo imposta e forse una parte minima di sanzioni). Attenzione che nei sovraindebitamenti la legge impone che se l’imposta è considerata “capitale” privilegiato va comunque soddisfatto almeno in misura pari al realizzo in caso di liquidazione. Ma spesso in liquidazione privilegiata l’Erario non avrebbe integro, quindi accetta riduzioni.
Esempio di transazione fiscale: un riparatore con €100k di cartelle (di cui €60k IVA, €10k IRAP, €15k contributi e €15k sanzioni) propone in concordato di pagare €50k totali così suddivisi: 100% contributi (€15k), 50% IVA (€30k) e 0% sanzioni (€0), 0% IRAP (supponiamo sia chirografa). Totale €45k su €100k (45%). Se da stima in liquidazione risulterebbe che su €100k l’AdER avrebbe preso ad es. 30, la proposta di 45 è conveniente e il giudice può omologare anche se AdER dicesse no (nel nuovo assetto, è raro AdER dica no se c’è convenienza). Questo alleggerisce il debito fiscale notevolmente, difendendo il debitore dall’accumulo infinito di interessi.
Attenzione alle “cause ostative”: nella L.3/2012 c’era un concetto di “meritevolezza” rigido, ora mitigato come visto (niente colpa grave/frode). Per i debiti fiscali, l’omesso versamento di IVA era considerato dal passato una condotta grave spesso. Ma la nuova normativa e la Cassazione 2023 hanno mitigato: se la crisi che ha portato a non pagare l’IVA è esterna (es. il cliente non ha pagato, e così a valle l’imprenditore non aveva liquidità), non è per forza colpa grave. Una pronuncia (Cass. 24214/2021) diceva: non ogni omesso versamento d’IVA è malafede, valutare caso concreto. Quindi un debitore non deve temere di essere automaticamente bollato come immeritevole se deve IVA: potrà spiegare che l’ha fatto per pagare stipendi o altri costi vitali, e quindi non con frode. Difendersi qui significa raccogliere prove che i mancati pagamenti al fisco erano dovuti a necessità (per es. aveva pagato i fornitori per evitare chiusura, ecc.). Questo può convincere il giudice ad omologare il piano comunque.
Patrimonio personale e tutela dei beni familiari
Un aspetto trasversale: come proteggere i beni personali (casa, auto di famiglia, risparmi) dall’azione dei creditori dell’impresa. Purtroppo per l’impresa individuale non c’è separazione, quindi tutto risponde. Mezzi per tutelare ex ante il patrimonio familiare includerebbero il fondo patrimoniale o il trust: ad esempio, molti imprenditori mettono la casa in fondo patrimoniale per destinarla ai bisogni familiari, rendendo più difficile ai creditori dell’attività aggredirla (possono farlo solo per debiti contratti per bisogni familiari, concetto interpretato restrittivamente ma debiti d’impresa spesso sono considerati estranei e quindi potrebbero non attaccarla). Tuttavia, questa difesa ha efficacia limitata: se il debito era precedente all’istituzione del fondo o se il fondo è stato costituito in frode a creditori, essi possono chiederne la revoca. Quindi non è panacea. Un trust ben congegnato prima che i debiti sorgano può isolare alcuni beni, ma in situazioni di insolvenza imminente potrebbe anch’esso essere revocato come atto in frode. Dunque, la migliore difesa patrimoniale è la prevenzione: non accumulare esposizioni eccessive sulle proprie spalle personali, magari utilizzando forme societarie che limitino la responsabilità.
Se ormai i debiti ci sono, spostare ora i beni è pericolosissimo (revocatoria certa e possibile anche penale se lo scopo è sottrarre garanzie ai creditori). Invece, conviene valorizzare i beni per risolvere la crisi: ad esempio, vendere spontaneamente la seconda casa per pagare i creditori con uno stralcio. Offrire ai creditori un bene come datio in solutum (dare un oggetto in cambio dell’estinzione del debito) può far parte di un accordo. Un esempio: un riparatore possiede un piccolo terreno: concorda con un creditore che glielo trasferisce in cambio dell’azzeramento del debito. Questo è legittimo e può essere win-win.
Durante le procedure concorsuali, alcuni beni del debitore persona fisica sono impignorabili per legge: gli strumenti di lavoro indispensabili (fino a un certo valore), gli oggetti di uso domestico, ecc. Il debitore deve segnalare al liquidatore quali beni rientrano in tali categorie per tenerli fuori. Anche una autovettura modesta può essere considerata essenziale per il lavoro e quindi non venduta, su autorizzazione.
Inoltre, c’è un aspetto umano: se un debitore ha un solo immobile adibito ad abitazione principale, i creditori chirografari non potranno ipotecarlo e venderlo se è un bene di famiglia non di lusso, grazie al Codice di Procedura Civile (c.d. legge “salva casa” del 2019, art. 560 c.p.c. modif.). I creditori privilegiati (es. banca con ipoteca) invece sì. Però spesso, nelle procedure concorsuali minori, si tende a lasciare la casa di abitazione fuori se il suo valore è modesto e serve come tetto alla famiglia: il liquidatore può chiedere al giudice di non acquisirla se vendendola non darebbe esito significativo (magari perché è cointestata col coniuge, con mutuo residuo, ecc.). La Corte Cost. 6/2024 ha proprio sottolineato che la liquidazione controllata deve bilanciare l’esigenza di recupero crediti con quella di reinserire il debitore nella vita economica : non ha senso protrarre liquidazioni per pochi spicci, e nemmeno spogliare del tutto il debitore se poi deve ricominciare da zero in miseria. Quindi un giudice accorto non obbliga a vendere la casa se i creditori ne ricaverebbero vantaggi irrisori e il debitore resterebbe senza dimora. Chiaramente ciò dipende dai casi concreti e dal tipo di creditore: se c’è ipoteca è diverso.
Domande frequenti (FAQ)
D: Ho debiti per cui mi perseguiteranno tutta la vita?
R: No, l’ordinamento oggi prevede che nessuno debba restare per sempre schiacciato dai debiti. Tramite le procedure di sovraindebitamento o l’esdebitazione post-liquidazione giudiziale, un debitore persona fisica può ottenere la cancellazione dei debiti residui. Ad esempio, se hai liquidato tutto il tuo patrimonio ai creditori e comunque non hai coperto tutto, la legge ti libera dalla parte restante (salvo poche eccezioni) . Addirittura, se sei nullatenente e meritevole, puoi avere l’esdebitazione senza pagare nulla . Perciò, la “pena perpetua” del debitore a vita non esiste più: c’è sempre una via d’uscita legale dopo un periodo di sacrificio. I debiti di tipo fiscale e verso lo Stato possono anch’essi essere falcidiati o perdonati in procedure regolari (ad es. stralcio sanzioni, transazione fiscale, ecc.). Sono esclusi dalla liberazione solo alcuni debiti come mantenimenti familiari o multe penali.
D: Cosa succede se non pago le cartelle esattoriali?
R: L’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate Riscossione) potrà attivare le misure cautelari/esecutive: fermo amministrativo sui veicoli, ipoteca su immobili, pignoramenti di conti correnti o stipendi/pensioni, e, per debiti oltre €120.000 su casa non prima abitazione, anche espropriazione immobiliare. Tuttavia, prima di arrivare a ciò, hai la possibilità di rateizzare il debito fino a 6 o 10 anni (72 o 120 rate) – presentando istanza entro 60 gg dalla notifica della cartella eviti l’avvio delle misure . Se le misure sono già partite (es. preavviso di fermo auto), puoi ancora evitare l’esecuzione chiedendo la dilazione o aderendo a eventuali definizioni agevolate (rottamazione). Nelle procedure concorsuali, inoltre, puoi congelare tutte queste azioni: ad es. chiedendo misure protettive in un concordato o accordo, il giudice ordina all’AdER di non proseguire pignoramenti . E poi potrai proporre una transazione fiscale per pagare meno. Quindi, non pagare le cartelle espone a rischi seri sul patrimonio, ma esistono strumenti per difendersi: la dilazione amministrativa (molto usata), la rottamazione (se aperta), o le procedure concorsuali per trattare sul dovuto. Da non fare: ignorare le cartelle sperando di farla franca: prima o poi agiscono, e con interessi e sanzioni il debito cresce. Meglio affrontare subito, magari con l’aiuto di un professionista che valuti se c’è margine di riduzione (es. prescrizione di alcune voci, ecc.).
D: La mia casa è a rischio?
R: Dipende. Se la casa è di tua proprietà e hai debiti significativi, è teoricamente aggredibile dai creditori (specialmente da banche se ipotecata, o dal fisco per debiti oltre soglia). Tuttavia, prima casa: la legge vieta ad AdER di espropriare l’unica casa di abitazione del debitore se non di lusso e se ci vivi stabilmente. I creditori privati (banche, fornitori) possono invece procedere, salvo tu ricorra a procedure concorsuali. Nelle procedure di sovraindebitamento, la casa può spesso rimanere al debitore se vendendola i creditori non ne trarrebbero molto di più rispetto ad altre soluzioni. In un concordato preventivo o minore, potresti prevedere di tenere l’abitazione offrendo ai creditori liquidità alternativa (es. rate con parte di stipendio). Se finisci in liquidazione controllata, la casa entra tra i beni da liquidare, ma il giudice può escluderla se considerata non fruttuosamente liquidabile (o se c’è un coniuge comproprietario, ecc.). Quindi è a rischio, ma con margini di salvaguardia. Un consiglio: se la casa ha un mutuo ipotecario in corso, la banca avrà prelazione; potresti valutare di vendere tu stesso la casa a prezzo di mercato, pagare la banca e magari utilizzare eccedenze per altri debiti, piuttosto che lasciar arrivare all’asta (dove di solito si vende a prezzo più basso). Ogni caso è diverso: la casa è il bene più prezioso per molti debitori, i tribunali lo sanno e cercano soluzioni eque. Ma non credere a chi promette metodi miracolosi per “intestare a parenti” all’ultimo minuto: quelle mosse vengono quasi sempre revocate o dichiarate inefficaci se fatte quando i debiti sono già lì (sono atti in frode ai creditori). Meglio negoziare apertamente la questione casa nei piani (es. offrendo ai creditori una parte del suo valore in cambio di non venderla).
D: Posso continuare a gestire l’impresa durante la procedura?
R: Sì, in molte procedure sì. Nella composizione negoziata resti alla guida della tua azienda (l’esperto assiste ma non si sostituisce). Nel concordato preventivo in continuità rimani debitor in possession sotto vigilanza: puoi gestire la quotidianità, mentre per atti straordinari serve autorizzazione. Nel concordato minore idem: non c’è un curatore, tu amministri con la supervisione dell’OCC e del giudice. Solo se si va in liquidazione (fallimento o liquidazione controllata) perdi la gestione perché subentra un curatore/liquidatore. Quindi, se vuoi restare alla guida, devi percorrere le soluzioni di ristrutturazione non quelle meramente liquidatorie. Attenzione: “restare alla guida” comporta responsabilità – devi evitare atti di distrazione e seguire le indicazioni degli organi; se sgarri, il giudice può revocare la procedura e allora arrivi al fallimento con curatore. Ma in generale, la filosofia moderna delle procedure è di permettere all’imprenditore in crisi di continuare l’attività (continuity) perché così si massimizza il valore e c’è più chance di soddisfare i creditori e salvare l’impresa. Dunque un riparatore nautico che abbia commesse e voglia tenere aperto il cantiere cercherà un concordato con continuità o un concordato minore piuttosto che la chiusura. E potrà continuare a lavorare – anzi, dovrà, perché i piani si basano spesso su flussi generati dall’attività.
D: Se ho anche debiti personali (non legati all’impresa), li posso includere nella procedura?
R: Sì, in linea di massima sì. Le procedure di sovraindebitamento intendono risolvere l’intera esposizione del debitore. Se fai un concordato minore come piccolo imprenditore, devi indicare tutti i tuoi debiti, personali e aziendali. Se alcuni debiti sono consumistici (es. prestito per l’auto di famiglia), rientrano comunque nella massa. Viceversa, se sei un consumatore (chiudi l’attività e rimani persona privata), nel piano del consumatore includerai anche eventuali debiti residui che avevi verso fornitori o banche per l’impresa trascorsa. L’importante è dichiarare tutto e non favorire alcuni creditori occultando altri. Fai attenzione che certi debiti hanno privilegi particolari – es. se la tua moglie ha un credito di mantenimento da separazione, quello è privilegiato e non falcidiabile. Ma vanno comunque dichiarati e saranno trattati secondo legge. Quindi sì, c’è un approccio unitario: l’obiettivo è portarti a solvibilità complessiva. Ci sono casi in cui si usano due procedure diverse (se, ad es., hai in corso un fallimento per la società e tu come persona sovraindebitato fai un piano del consumatore per i tuoi debiti personali estranei all’attività). Ma se parliamo di una realtà unica, tipica del piccolo imprenditore, conviene una procedura unica che assorbe tutto. Ad esempio, se oltre ai debiti di impresa hai debiti di gioco – quelli derivano da causa personale ma li devi comunque elencare. Attenzione però: cause illecite o immorali (tipo debito di gioco illegale) potrebbero non essere esdebitabili per ordine pubblico. In generale però, debiti personali leciti (anche se per vacanza, per acquisto mobilio, etc.) si includono.
D: Quali debiti non possono essere cancellati neanche con l’esdebitazione?
R: Pochi e specifici: come già menzionato, obblighi di mantenimento familiare (alimenti, assegni ex coniuge) restano dovuti – non potresti far pagare allo Stato i tuoi alimenti. Poi, debiti da risarcimento di danni per fatti illeciti con dolo – ad esempio se sei condannato a risarcire per truffa o lesioni volontarie, quel debito (verso la vittima) non viene cancellato dall’esdebitazione (art. 279 CCII). Anche le multe penali (sanzioni pecuniarie da reati) e le sanzioni amministrative per condotte dolose normalmente non si esdebitano. Nel dubbio, il giudice può escludere dall’esdebitazione alcuni debiti di natura “punitiva”. Tutto il resto (prestiti, forniture, mutui, imposte, bollette, ecc.) è invece esdebitabile. Ad esempio, l’IVA un tempo non era falcidiabile ma ora è esdebitabile se hai fatto la procedura regolare. Occhio: se un debito è garantito da ipoteca su terzi (es. ipoteca su casa del genitore per un tuo debito), l’esdebitazione libera te ma non toglie ipoteca dal bene del terzo (quel bene risponde ancora). Quindi in quell’aspetto il debito resta “vivo” per il terzo garante. Esdebitazione infatti non tocca i coobbligati e fideiussori (art.280 CCII): loro restano obbligati. Quindi se hai coinvolto qualcun altro, quello dovrà a sua volta trovare soluzione (magari chiederà esdebitazione pure lui se è sovraindebitato). Ma per te, a parte le eccezioni dette, qualsiasi debito civile o commerciale o fiscale si chiude con l’esdebitazione.
D: Dopo l’esdebitazione, i creditori possono tornare a chiedermi i soldi se la mia situazione migliora?
R: In generale no, l’esdebitazione è definitiva e i crediti residui sono estinti (inesigibili). L’unico caso è se hai avuto l’esdebitazione “incapiente” senza pagare nulla: lì per 4 anni hai l’obbligo di segnalare eventuali sopravvenienze attive e se trovi risorse significative, devi pagarne fino al 10% ai creditori . Ma trascorsi i 4 anni, anche se poi diventi ricchissimo, quei vecchi debiti restano cancellati. E se invece hai fatto un concordato e pagato una parte, dopo l’omologa e l’adempimento sei libero a prescindere da come evolvi dopo. Quindi i creditori non possono riaprirti la partita solo perché “adesso hai i soldi”. C’è però da dire: se nascondevi beni o redditi e l’esdebitazione è stata ottenuta con dolo, potrebbe essere revocata dal tribunale su istanza del creditore che scopre l’inganno. Quindi assicurati di giocare pulito. Ma se in buona fede la tua situazione migliora dopo, quello è proprio lo scopo del fresh start: riparti pulito, e i creditori del passato non possono avanzare pretese su nuovi guadagni (salvo i 4 anni in caso di esdebitazione incapiente, come detto). Ad esempio, se oggi ti esdebitano e tra 6 anni vinci alla lotteria, i vecchi creditori non hanno alcun diritto su quella vincita (decorsi i 4 anni se applicabili, o subito se non era esdebitazione incapiente ma normale).
D: Le procedure concorsuali mi macchiano la reputazione?
R: È una preoccupazione diffusa. In passato si associava molto stigma al “fallimento” (anche il termine). Ora si parla di liquidazione giudiziale e per le procedure da sovraindebitamento i nomi sono meno infamanti. Ovviamente, una procedura viene pubblicata su registri e può emergere in visure per un certo tempo (ad es. l’iscrizione al Registro imprese di un concordato rimane finché la procedura è aperta). Ma va detto che oggi l’ottica è cambiata: un concordato o un accordo riuscito può anche essere visto come segno di reattività dell’imprenditore. E soprattutto, superata la procedura, la tua capacità di contrarre è pienamente ripristinata. Ad esempio, dopo l’esdebitazione puoi anche ottenere nuovi finanziamenti (in pratica, sei un soggetto “pulito” perché non hai debiti pregressi, anche se magari per un po’ di anni banche e fornitori potrebbero essere prudenti). La reputazione dipende molto dal contesto: se spieghi ai partner che hai fatto una ristrutturazione per mettere a posto i conti e ora sei risanato, potresti persino guadagnare stima per la trasparenza. Ovviamente, c’è sempre chi storce il naso sapendo di un precedente concorsuale. Ma meglio uno che affronta i problemi di petto e li risolve legalmente, che uno che sparisce lasciando debiti a terra. Tieni presente che se segui la legge, eviti anche grane penali: ad esempio, evitare distrazioni di beni e preferenze indebite ti mette al riparo dal reato di bancarotta fraudolenta. Quindi, la procedura in sé non è reato (anzi, è la via legale), mentre il non farla e scappare con i beni sarebbe potenzialmente criminale. Molte aziende famose sono passate per concordati e poi sono ripartite più forti. A livello di informazioni: il fallimento rimane annotato per 5 anni nei registri camerali dopo chiusura. Le procedure di sovraindebitamento credo abbiano simili tempi di annotazione, ma non pubblicità sui bollettini ufficiali se non su siti ministeriali. Quindi, la “macchia” si attenua nel tempo e di certo non è permanente.
D: Mi conviene aprire una società per proteggermi dai debiti?
R: Se la tua attività è ancora in piedi e sei ditta individuale, molti consigliano di aprire una S.r.l. Unipersonale per avere responsabilità limitata. Questo può proteggere il futuro (nuovi debiti della srl non ricadranno su di te, se gestisci correttamente). Ma i debiti pregressi restano a tuo carico personale: costituire la società oggi non li fa sparire. Anzi, potrebbe complicare se trasferisci beni dall’impresa individuale alla srl sotto valutati (i creditori personali potrebbero impugnare come atto in frode). Quindi, costituire società è utile come strategia per il dopo esdebitazione, per ricominciare, ma nella fase di crisi attuale non elimina il problema. Invece, se stai iniziando l’attività, scegliere forme societarie capitalizzate e tenere distinte le finanze personali è senz’altro buona pratica. Molti artigiani non lo fanno per costi e burocrazia, ma poi ne pagano le conseguenze con la casa e altro esposto. In conclusione: sì per il futuro, no come rimedio immediato al passato. Se hai già debiti, affrontali con le procedure, e poi nel risorgere usa la protezione societaria per non ricadere nel sovraindebitamento personale. Tieni presente che le banche a una nuova srl di un ex fallito magari chiederanno comunque garanzie personali, vanificando un po’ la responsabilità limitata. Ma col tempo, costruendo credibilità, potrai operare principalmente tramite entità giuridiche separate, proteggendo te e la tua famiglia.
Conclusioni
I riparatori nautici indebitati dispongono oggi di una serie di strumenti giuridici sofisticati per far fronte alle difficoltà finanziarie. La chiave è non isolarsi e non procrastinare: al primo segnale di squilibrio, è fondamentale analizzare la situazione con professionisti esperti (commercialisti, avvocati specializzati in crisi d’impresa) e scegliere il percorso più adatto. La normativa italiana, specie dopo la riforma del Codice della Crisi, offre soluzioni flessibili orientate alla composizione negoziale e al risanamento quando possibile, oppure alla liquidazione controllata con fresh start quando non vi sono alternative. Un riparatore nautico in crisi non è condannato fatalmente al fallimento: può attivare la composizione negoziata per salvare l’attività, può proporre un concordato minore per ristrutturare i debiti mantenendo aperto il cantiere, oppure – se deve cessare – può liquidare il patrimonio in modo ordinato ottenendo l’esdebitazione e quindi la possibilità di ricominciare senza debiti.
Dal punto di vista pratico, la difesa del debitore passa da un mix di strategie legali (procedure concorsuali, opposizioni mirate) e strategie negoziali (transare, trovare accordi vantaggiosi). Ogni tipo di debito ha le sue insidie e le sue contromisure: con le banche si ragiona in termini di garanzie e convenienza economica, col fisco si sfruttano le finestre normative e la transazione fiscale, con i fornitori si punta sul mantenere relazioni e prospettare comunque forniture future se aiutano a superare la crisi. In qualunque caso, trasparenza e buona fede del debitore sono essenziali: il sistema premia chi agisce lealmente (basti pensare che la cancellazione dei debiti è preclusa solo a chi ha frodato o nascosto asset ).
Un ultimo consiglio per il riparatore nautico debitore: non avere vergogna di chiedere aiuto. La crisi economica fa parte del ciclo vitale di molte imprese; in particolare il settore nautico ha vissuto negli ultimi anni oscillazioni tra boom e recessione. Le leggi sono state create proprio per gestire queste situazioni senza buttare a mare l’impresa e la dignità dell’imprenditore. Rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi o a un avvocato specializzato non significa sancire il fallimento, ma al contrario cercare attivamente una via di salvezza. Molte volte, le soluzioni arrivano e, superata la tempesta, si può tornare a navigare in acque tranquille, con l’esperienza resa più solida dalle difficoltà affrontate.
Sei un riparatore nautico, un artigiano della nautica o gestisci un piccolo cantiere e ti trovi sommerso dai debiti con fornitori, banche o Agenzia delle Entrate? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Sei un riparatore nautico, un artigiano della nautica o gestisci un piccolo cantiere e ti trovi sommerso dai debiti con fornitori, banche o Agenzia delle Entrate?
Hai accumulato cartelle esattoriali, contributi INPS arretrati o rate di finanziamenti che non riesci più a sostenere?
Temi pignoramenti, fermi amministrativi o il blocco della tua attività?
👉 Non tutto è perduto: oggi la legge ti consente di difenderti legalmente, bloccare le azioni dei creditori e — se rispetti i requisiti — ridurre o cancellare completamente i debiti residui.
In questa guida troverai spiegato in modo chiaro cosa puoi fare, quali errori evitare e come rimettere in sicurezza la tua impresa o la tua vita economica personale.
⚖️ Cosa succede se un riparatore nautico non riesce più a pagare
Quando un’impresa artigiana nel settore nautico (officina, rimessaggio, riparazioni o refitting) non riesce più a far fronte ai pagamenti, la situazione può rapidamente degenerare:
- Fornitori chiedono il pagamento immediato e interrompono le forniture.
 - Banche e finanziarie segnalano ritardi in CRIF o revocano fidi e leasing.
 - INPS e Agenzia delle Entrate emettono cartelle e avvisi di addebito.
 - Scattano fermi amministrativi, ipoteche e pignoramenti sui beni aziendali e personali.
 
📌 Anche se sei un piccolo artigiano o hai cessato l’attività, resti personalmente responsabile dei debiti, perché la ditta individuale o l’impresa artigiana non ha autonomia patrimoniale rispetto al titolare.
👥 Chi può richiedere tutela legale
- Riparatori nautici individuali (con o senza dipendenti).
 - Artigiani o tecnici del settore nautico (elettrauto, meccanici, verniciatori, falegnami, tappezzieri nautici).
 - Ex titolari di cantieri o officine nautiche con debiti fiscali, contributivi o bancari.
 - Autonomi e professionisti della nautica con prestiti, leasing o mutui non più sostenibili.
 - Soci o garanti di società artigiane fallite o cessate.
 
🧾 Tipologie di debiti più frequenti nel settore nautico
✅ Debiti ammessi alla riduzione o cancellazione:
- Debiti fiscali (IVA, IRPEF, IRAP, accertamenti, cartelle).
 - Debiti contributivi (INPS, INAIL, Casse artigiane).
 - Debiti bancari e finanziari (prestiti, leasing, scoperti).
 - Debiti commerciali verso fornitori, subappaltatori e clienti.
 - Canoni, utenze e spese di affitto o magazzino.
 
❌ Debiti non cancellabili:
- Obblighi di mantenimento familiare.
 - Sanzioni penali e amministrative non tributarie.
 - Debiti derivanti da condotte fraudolente o dolose.
 
🧠 Cosa fare subito
✅ 1. Analizza la tua situazione complessiva
Fai un elenco di tutti i debiti (Fisco, INPS, banche, fornitori, leasing, mutui) e raccogli i relativi documenti.
Capire chi ti chiede cosa è il primo passo per costruire una strategia.
✅ 2. Verifica prescrizioni e irregolarità
Molte cartelle o avvisi di addebito contengono vizi di notifica o errori di calcolo.
Un controllo legale può portare a riduzioni significative o all’annullamento di alcune posizioni.
✅ 3. Blocca subito le azioni dei creditori
Con la presentazione di una procedura di sovraindebitamento puoi ottenere misure protettive immediate: stop a pignoramenti, ipoteche e fermi amministrativi.
✅ 4. Valuta la procedura più adatta
A seconda del tuo stato (in attività o ex artigiano), puoi accedere a diverse procedure di ristrutturazione o cancellazione dei debiti.
🧩 Le principali procedure per i riparatori nautici
💠 Concordato minore
Ideale per chi ha ancora un’attività in corso o beni da gestire.
Consente di proporre ai creditori un piano di pagamento sostenibile o un saldo e stralcio parziale, approvato dal Tribunale.
Alla fine del piano, il debito residuo viene cancellato.
💠 Liquidazione controllata
Per chi ha cessato l’attività o non può più continuare.
Si mettono a disposizione i beni non essenziali (attrezzature, veicoli, risparmi) per soddisfare in parte i creditori, e il resto viene cancellato con l’esdebitazione finale.
💠 Esdebitazione del debitore incapiente
Riservata a chi non ha più nulla da offrire: niente beni, niente redditi, solo debiti.
Il giudice, se riconosce la buona fede, cancella integralmente tutti i debiti.
Può essere concessa una sola volta nella vita.
🏛️ Come funziona la procedura passo dopo passo
- Consulenza preliminare con un avvocato esperto in crisi d’impresa e sovraindebitamento.
 - Nomina dell’OCC (Organismo di Composizione della Crisi).
 - Raccolta dei documenti fiscali, bancari e contabili.
 - Relazione OCC e predisposizione del piano o della proposta.
 - Deposito del ricorso in Tribunale.
 - Blocco immediato delle azioni esecutive.
 - Udienza di omologazione e approvazione del piano.
 - Esecuzione e cancellazione definitiva dei debiti residui.
 
📋 Documenti richiesti
- Documento d’identità e codice fiscale.
 - Visura camerale o certificato di chiusura attività.
 - Dichiarazioni dei redditi (ultimi 3 anni).
 - Cartelle e avvisi di addebito INPS/INAIL.
 - Estratti conto bancari e finanziari.
 - Elenco completo dei debiti e creditori.
 - Bilancio o contabilità semplificata (se ancora in attività).
 - Spese familiari e contratti di locazione.
 
⏱️ Tempi e risultati
- Analisi e predisposizione del piano: 2–4 mesi.
 - Blocco delle azioni esecutive: immediato con il deposito.
 - Omologazione del Tribunale: 3–8 mesi medi.
 - Durata complessiva del piano: 1–5 anni, secondo la sostenibilità.
 
🎯 Risultato finale:
- Cancellazione totale o parziale dei debiti fiscali, contributivi e bancari.
 - Stop a pignoramenti e blocchi.
 - Ripartenza economica e professionale pulita.
 
⚖️ I vantaggi principali
✅ Blocco immediato dei pignoramenti e delle azioni giudiziarie.
✅ Riduzione o cancellazione definitiva dei debiti residui.
✅ Tutela del patrimonio familiare e aziendale.
✅ Rata unica sostenibile o saldo ridotto.
✅ Ritorno all’attività con serenità e nuova reputazione.
🚫 Errori da evitare
- Ignorare cartelle, solleciti o avvisi di addebito.
 - Pagare un creditore “a caso” peggiorando la situazione.
 - Tentare accordi verbali o non scritti con fornitori o banche.
 - Nascondere beni o conti correnti.
 - Rivolgersi a “consulenti del debito” non avvocati o non autorizzati.
 
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza la tua posizione fiscale, contributiva e bancaria.
📌 Valuta la strategia legale più adatta (piano, concordato o liquidazione).
✍️ Redige e deposita il ricorso con l’OCC competente.
⚖️ Ti rappresenta in Tribunale e nei rapporti con Agenzia delle Entrate, INPS, banche e fornitori.
🔁 Ti segue fino alla cancellazione definitiva dei debiti e alla ripartenza della tua attività nautica.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e crisi d’impresa.
✔️ Specializzato nella difesa di artigiani e operatori del settore nautico.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Se sei un riparatore nautico con troppi debiti, non aspettare che la situazione peggiori.
Con la giusta assistenza legale puoi bloccare i creditori, ridurre drasticamente i debiti e tornare a lavorare serenamente, anche dopo una crisi.
📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata:
la tua nuova rotta senza debiti comincia qui.