Ti sei accorto che il tuo conto corrente è stato bloccato e non riesci più a prelevare o utilizzare il denaro?
È una situazione sempre più frequente per chi ha debiti con il Fisco, l’INPS, le banche o i fornitori.
Il blocco del conto avviene a seguito di un pignoramento, una procedura con cui il creditore (spesso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione o una finanziaria) ordina alla banca di congelare le somme presenti sul tuo conto per recuperare il credito dovuto.
Il problema è che questo blocco può colpire anche stipendi, pensioni o somme necessarie per la tua sopravvivenza quotidiana.
La buona notizia è che esistono rimedi immediati per sbloccare il conto, sospendere il pignoramento e, nei casi previsti, recuperare le somme bloccate.
Perché il conto corrente viene pignorato
Il pignoramento del conto corrente può essere eseguito da diversi soggetti:
- l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, per debiti fiscali o contributivi;
 - banche e finanziarie, per rate non pagate di mutui o prestiti;
 - fornitori o ex soci, per crediti derivanti da contratti o attività commerciali;
 - privati o ex dipendenti, per crediti di lavoro o risarcimenti.
 
Quando il creditore ottiene un titolo esecutivo (ad esempio una cartella esattoriale, una sentenza o un decreto ingiuntivo), può ordinare alla banca di bloccare il conto.
La banca, a quel punto, deve congelare immediatamente le somme disponibili e metterle a disposizione dell’ufficiale giudiziario.
Cosa succede dopo il blocco del conto
Dal momento in cui riceve il pignoramento, la banca congela il saldo presente fino a concorrenza del debito.
Non puoi più effettuare prelievi, bonifici o utilizzare la carta collegata al conto.
Se sul conto vengono accreditati stipendi o pensioni, valgono però limiti precisi stabiliti dalla legge:
- se lo stipendio è accreditato prima del pignoramento, è pignorabile solo entro un quinto del totale;
 - se l’accredito avviene dopo il pignoramento, la somma del mese in corso è pignorabile entro i limiti di legge, ma deve rimanerti una quota minima vitale.
 
La banca è tenuta a bloccare tutto fino all’autorizzazione del giudice o fino alla conclusione della procedura, che può durare anche mesi.
Cosa fare immediatamente se il conto è stato bloccato
Se hai scoperto che il tuo conto corrente è stato pignorato, agire subito è fondamentale per evitare danni maggiori.
Ecco i passi da compiere immediatamente:
- Verifica chi ha disposto il pignoramento.
Chiedi alla tua banca una copia dell’atto di pignoramento: deve indicare chi è il creditore e a quanto ammonta il debito. - Controlla la regolarità dell’atto.
Molti pignoramenti contengono errori formali o sono prescritti. Un avvocato può verificare se l’atto è impugnabile e presentare opposizione. - Richiedi la sospensione della procedura.
In presenza di vizi, è possibile chiedere al giudice o all’Agenzia delle Entrate-Riscossione la sospensione immediata del pignoramento. - Blocca l’esecuzione con una domanda di sovraindebitamento.
Se hai più debiti e non riesci più a sostenerli, il deposito della domanda presso il tribunale comporta la sospensione automatica di tutti i pignoramenti in corso. - Apri un nuovo conto per l’uso quotidiano.
Se hai un pignoramento su un conto, puoi aprirne un altro presso un istituto diverso, purché non sia intestato allo stesso soggetto pignorante. 
Quando il pignoramento è illegittimo o eccessivo
Molti pignoramenti bancari vengono eseguiti in modo errato o sproporzionato rispetto al debito.
Puoi impugnarli quando:
- l’importo richiesto è prescritto o già pagato;
 - non è stata notificata correttamente la cartella o l’atto esecutivo;
 - la somma pignorata comprende stipendi o pensioni oltre i limiti di legge;
 - l’importo bloccato è superiore al credito dovuto;
 - non è stato rispettato il diritto al minimo vitale.
 
In questi casi, un avvocato può ottenere la sospensione immediata del pignoramento e la restituzione delle somme indebitamente trattenute.
Come sbloccare il conto e risolvere definitivamente i debiti
Il pignoramento è solo un effetto di un problema più ampio: l’indebitamento.
Per questo, oltre a sbloccare il conto, è importante affrontare la causa alla radice.
Le principali soluzioni legali sono:
- Rateizzazione dei debiti fiscali o contributivi presso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, fino a 120 rate mensili.
 - Definizione agevolata (rottamazione) per eliminare sanzioni e interessi.
 - Procedura di sovraindebitamento, che consente di bloccare tutti i creditori e ottenere la cancellazione parziale o totale dei debiti residui.
 - Saldo e stralcio con banche o finanziarie per chiudere le posizioni in via bonaria a importi ridotti.
 
Con una strategia legale mirata puoi ottenere la sospensione del pignoramento, la riattivazione del conto e la protezione dei tuoi beni personali.
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
Una difesa tempestiva può portare alla sospensione immediata del pignoramento e al dissequestro delle somme bloccate, alla rateizzazione o cancellazione dei debiti fiscali e contributivi, alla protezione dei redditi da lavoro e della casa di abitazione, alla chiusura ordinata delle posizioni debitorie e alla possibilità di ripartire senza pressioni né rischi di nuove esecuzioni.
Quando rivolgersi a un avvocato esperto
Devi contattare un avvocato esperto in diritto tributario o in crisi da sovraindebitamento se hai il conto corrente bloccato, se hai ricevuto un atto di pignoramento o se temi ulteriori azioni esecutive da parte dei creditori.
Un legale potrà verificare la legittimità dell’atto, chiedere la sospensione immediata della procedura, avviare una trattativa con il creditore o attivare le procedure previste dal Codice della Crisi d’Impresa per cancellare i debiti.
⚠️ Attenzione: ignorare un pignoramento può portare alla perdita definitiva delle somme sul conto e all’avvio di nuove esecuzioni sui beni personali. Agire subito è l’unico modo per difendere i tuoi risparmi e tutelare la tua serenità economica.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, riscossione e tutela dei debitori – spiega cosa fare se il tuo conto corrente è stato bloccato, come sospendere il pignoramento e come risolvere legalmente la tua posizione debitoria.
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Analizzeremo la tua situazione, verificheremo la legittimità dell’atto e costruiremo una strategia personalizzata per sbloccare il conto, proteggere i tuoi redditi e liberarti definitivamente dai debiti.
Introduzione
Trovarsi con il conto corrente bloccato per un pignoramento è una situazione critica che può colpire sia privati cittadini sia imprenditori. Significa che, a seguito di un’azione esecutiva da parte di un creditore, la banca ha congelato le somme presenti sul conto e il titolare non può temporaneamente disporne . Questo blocco può impedire pagamenti essenziali (affitto, bollette, stipendi dei dipendenti, ecc.) e mettere in seria difficoltà la gestione finanziaria quotidiana. Affrontare immediatamente la situazione con le giuste azioni è fondamentale per limitare i danni e tutelare i propri diritti.
In questa guida – aggiornata a settembre 2025 – esamineremo in dettaglio cosa significa avere un conto bloccato da pignoramento e quali passi compiere subito dal punto di vista del debitore. Forniremo riferimenti normativi italiani aggiornati e le più recenti pronunce giurisprudenziali, con un taglio tecnico-giuridico ma accessibile. L’obiettivo è aiutare debitori privati, professionisti e imprenditori a capire come difendersi: illustreremo la procedura di pignoramento (ordinario e esattoriale), i limiti di legge pensati per tutelare il debitore (ad esempio il minimo vitale non pignorabile), le strategie difensive e i rimedi giuridici concreti (come l’opposizione all’esecuzione, l’istanza di conversione del pignoramento, la rateizzazione con l’Agente della Riscossione, ecc.). Troverete inoltre tabelle riepilogative, domande e risposte su casi comuni, nonché simulazioni pratiche ambientate in Italia per comprendere meglio come applicare queste conoscenze alla realtà. Il tutto, dal punto di vista del debitore, affinché chi subisce un pignoramento sul conto possa reagire consapevolmente e tempestivamente.
Nota Bene: Le informazioni fornite sono a scopo divulgativo e non sostituiscono una consulenza legale personalizzata. Ogni caso concreto può presentare peculiarità che richiedono valutazioni specifiche da parte di un professionista legale di fiducia.
Cos’è il Pignoramento di un Conto Corrente
Il pignoramento del conto corrente è una forma di espropriazione forzata presso terzi disciplinata dal Codice di Procedura Civile (artt. 543 e seguenti c.p.c.) . In pratica, il creditore munito di un titolo esecutivo (per esempio una sentenza, un decreto ingiuntivo definitivo o una cartella esattoriale) notifica alla banca (che è il “terzo” pignorato) un atto di pignoramento affinché blocchi le somme dovute al debitore fino a concorrenza del credito vantato . Contestualmente l’atto è notificato anche al debitore. Da quel momento, la banca è tenuta per legge a congelare le disponibilità presenti sul conto fino all’importo indicato dal creditore, impedendo al correntista di utilizzarle .
Pignoramento presso terzi ordinario (creditori privati): se il creditore è un soggetto privato (es. una banca per un mutuo non pagato, un fornitore, un ex socio, ecc.), si segue la procedura ordinaria prevista dal codice di procedura civile. Dopo aver ottenuto un titolo esecutivo e aver notificato un atto di precetto (ingiunzione di pagamento entro 10 giorni) al debitore, il creditore può attivare il pignoramento del conto corrente ex artt. 543 c.p.c. e seguenti . L’atto di pignoramento presso terzi ordinario contiene una citazione a comparire davanti al giudice dell’esecuzione, in un’udienza fissata per l’assegnazione delle somme pignorate. La presenza del giudice è quindi parte integrante della procedura ordinaria: la banca pignorata deve dichiarare l’entità delle somme dovute al debitore (saldo del conto) e il Giudice dell’Esecuzione (G.E.) provvederà poi, all’udienza, a emettere un’ordinanza di assegnazione delle somme al creditore procedente . Solo con tale provvedimento le somme pignorate vengono definitivamente trasferite al creditore, e l’eventuale eccedenza viene liberata e torna disponibile per il debitore.
Pignoramento esattoriale (creditore Agenzia Entrate-Riscossione): diverso è il caso in cui a bloccare il conto sia l’Agente della Riscossione, ovvero l’ente pubblico (Agenzia delle Entrate-Riscossione, abbreviato AdER) che riscuote tributi, multe, contributi non pagati. In virtù di norme speciali (D.P.R. 602/1973, art. 72-bis), AdER può procedere al pignoramento del conto con poteri e modalità peculiari, senza passare dal tribunale . Dopo la notifica di una cartella di pagamento o di un avviso di accertamento esecutivo, decorso il termine di legge (60 giorni), AdER può notificare direttamente alla banca un ordine di pagamento delle somme dovute dal debitore . Questo pignoramento “diretto” non contiene la citazione in udienza e non richiede l’intervento preliminare di un giudice . In pratica, la banca riceve dall’Agente della Riscossione l’ordine di congelare subito le somme sul conto e di versarle all’erario dopo un certo termine (solitamente 60 giorni) se il debitore nel frattempo non paga . L’assenza dell’udienza giudiziaria rende la procedura molto più rapida rispetto a quella ordinaria: trascorsi 60 giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento esattoriale, la banca è tenuta a girare le somme pignorate al creditore pubblico (salvo che nel frattempo il debitore abbia saldato il dovuto o ottenuto una sospensione) . Va sottolineato che, sebbene non intervenga il giudice dell’esecuzione nella fase iniziale, il pignoramento esattoriale deve comunque rispettare una serie di limiti e garanzie previsti sia dalla legge speciale sia, in parte, dal codice di procedura civile . Ad esempio, restano applicabili le regole sulle cose impignorabili e sui limiti di pignorabilità di stipendi e pensioni (art. 545 c.p.c.), e l’atto di pignoramento deve contenere le informazioni fondamentali sul credito (pena la sua nullità impugnabile dal debitore) . In sostanza, il pignoramento del conto da parte del Fisco è un mezzo potente e temuto perché consente al credito pubblico di entrare rapidamente nei conti bancari dei contribuenti , ma non è privo di controlli: il debitore può difendersi anche in questo caso, come vedremo, tramite opposizioni nelle opportune sedi.
Differenze principali tra pignoramento ordinario e pignoramento esattoriale: nella tabella seguente riassumiamo le differenze di funzionamento tra le due procedure:
| Caratteristica | Pignoramento Ordinario (creditore privato) | Pignoramento Esattoriale (AdER) | 
|---|---|---|
| Titolo esecutivo richiesto | Sentenza, decreto ingiuntivo definitivo, ecc. + precetto | Cartella di pagamento o avviso di accertamento esecutivo (titolo esecutivo fiscale) | 
| Atto di pignoramento | Emesso dal creditore privato e notificato a debitore e banca; contiene citazione in tribunale . | Emesso dall’Agente Riscossione e notificato a debitore e banca; nessuna citazione in udienza . | 
| Intervento del giudice | Sì, il G.E. fissa un’udienza e dispone l’assegnazione delle somme al creditore . | No, l’assegnazione avviene senza provvedimento del giudice (la banca paga AdER dopo 60 giorni) . Il giudice interviene solo se il debitore propone opposizione. | 
| Termini di pagamento | Non automatici: il giudice, all’udienza (spesso dopo 30-60 giorni), emette l’ordinanza di assegnazione; solo dopo il creditore riceve le somme . | Automatici: se il debitore non paga, dopo 60 giorni dalla notifica del pignoramento la banca deve versare le somme ad AdER . | 
| Necessità di precetto | Sì, va notificato al debitore almeno 10 giorni prima del pignoramento (art. 480 c.p.c.). | No, non previsto (si procede dopo 60 gg dalla cartella esattoriale; se >1 anno dalla cartella serve intimazione di pagamento 5 giorni prima ). | 
| Limiti di pignorabilità | Quelli del c.p.c. (es. massimo 1/5 stipendio, minimi vitale pensioni – vedi oltre) . | Quelli del c.p.c. salvo deroghe pro-debitore per stipendi bassi (1/10, 1/7…) e regole speciali AdER (es. ultimo stipendio non toccato) . | 
| Costo e atti | Coinvolge atti di un ufficiale giudiziario e udienza in tribunale (maggiori formalità). | Procedura amministrativa interna (più celere, meno costosa per l’ente). | 
| Possibilità di opposizione | Sì, con atto di citazione al giudice dell’esecuzione competente (tribunale civile) . | Sì, possibili opposizioni ma con regole di giurisdizione particolari (vedi difese: opposizione in sede civile o tributaria a seconda dei motivi) . | 
| Effetti sul conto cointestato | Banca e giudice tengono conto della presunzione 50% per ciascun cointestatario (art. 1854 c.c.) e notificano l’atto anche al co-intestatario estraneo . | Art. 72-ter DPR 602/73 impone di non toccare le somme di terzi: AdER deve limitarsi alla quota del debitore (50% salvo prova diversa) . Tuttavia AdER spesso non avvisa formalmente l’altro cointestatario, anche se la banca segnala la cointestazione . | 
Come si vede, la procedura esattoriale (pignoramento Agenzia Entrate-Riscossione) consente al creditore pubblico di saltare alcuni passaggi della normale esecuzione (precetto, udienza) per accelerare la riscossione . Ciò non significa che il debitore sia privo di tutele – anzi, sono previsti limiti e possibilità di reazione anche in questo caso, come vedremo – ma i tempi per agire sono molto stretti. Nel pignoramento ordinario, invece, c’è uno spazio temporale maggiore (tra precetto, notifica dell’atto e udienza in tribunale) che il debitore può sfruttare per trovare soluzioni o difendersi.
Effetti immediati del blocco del conto corrente
Cosa comporta in concreto il pignoramento del conto? Appena la banca riceve l’atto di pignoramento, congela le somme presenti sul conto fino a concorrenza dell’importo precettato (cioè del credito indicato dal creditore, aumentato per legge degli interessi e spese legali) . Da quel momento, il debitore non può più effettuare operazioni su quelle somme: bonifici in uscita, prelievi, pagamenti RID e addebiti automatici vengono bloccati . È come se sul conto scattasse una “fotografia” patrimoniale al momento della notifica del pignoramento: il saldo (fino all’importo dovuto) viene segregato e non è accessibile. I pagamenti ricorrenti collegati al conto (ad es. rate mutuo, utenze domiciliate, stipendi) generalmente vengono respinti o sospesi dalla banca fino a nuova disposizione . Ciò può generare ulteriori disagi: ad esempio, rate non pagate, penali contrattuali, scoperti, ecc.
Durata del blocco: il congelamento perdura sino a quando la procedura esecutiva non arriva a conclusione (assegnazione delle somme al creditore o estinzione del pignoramento). In caso di pignoramento ordinario, il blocco tipicamente dura almeno fino all’udienza davanti al giudice e all’eventuale ordinanza di assegnazione. Possono volerci alcune settimane o mesi, a seconda dei carichi di lavoro del tribunale (in media 30-60 giorni, ma in certe sedi anche di più) . Successivamente, se le somme pignorate coprono interamente il credito, la banca le trasferisce al creditore e sblocca l’eventuale eccedenza residua. Se invece le somme non bastano, il creditore potrebbe intraprendere ulteriori azioni (ad esempio pignorare altri conti, lo stipendio, ecc.), ma il conto inizialmente pignorato, una volta prelevato il possibile, viene normalmente sbloccato quanto al residuo non assegnato. Nel caso di pignoramento esattoriale AdER, il blocco dura 60 giorni: se entro tale termine il debitore non paga o non ottiene una sospensione, allo scadere la banca trasferisce le somme ad AdER e libera l’eventuale parte eccedente . Se il debitore interviene (pagando o concordando una rateizzazione) prima dello scadere, come vedremo, il blocco può cessare anticipatamente per legge.
Importo bloccato: una novità importante introdotta nel 2024 è che la banca, per legge, non deve più congelare indiscriminatamente l’intero saldo del conto, bensì solo quanto necessario per soddisfare il credito precettato, con un piccolo margine. La riforma dell’art. 546 c.p.c. (operata dal D.L. 19/2024) impone infatti al terzo pignorato di custodire le somme “nei limiti dell’importo precettato + una maggiorazione” . In particolare, la banca deve aggiungere al dovuto un margine di: €1.000 se il credito pignorato è fino a €1.100; €1.600 se il credito è fino a €3.200; 50% in più se il credito supera €3.200 . Questo per coprire interessi di mora e spese nel frattempo maturati. Tale norma mira a evitare il blocco di somme eccessivamente superiori al necessario . Ad esempio, se un conto ha saldo €20.000 ma il debito azionato è di €5.000, la banca – in base all’art. 546 c.p.c. novellato – dovrebbe vincolare al massimo €7.500 (ovvero €5.000 + 50%) e lasciare il resto libero . In passato, invece, capitava spesso che venisse congelato l’intero saldo a prescindere, creando al debitore un pregiudizio maggiore del dovuto. Oggi, se la banca blocca somme eccedenti questi limiti, il pignoramento è parzialmente inefficace per l’eccedenza e il giudice può – anche d’ufficio – dichiararlo tale (art. 545, comma 9 c.p.c.) . Attenzione: questa regola vale per i pignoramenti ordinari; l’Agente della Riscossione tendenzialmente indica già nell’atto l’importo esatto dovuto e la banca si attiene a quello. In ogni caso anche AdER non può esigere oltre il dovuto e dovrà rispettare i limiti su conti cointestati (come sopra) e su stipendi/pensioni (v. oltre) .
Conto “in rosso” o con fido: se il conto pignorato presenta un saldo negativo (scoperto) o è assistito da un fido bancario, occorre distinguere. Il pignoramento può colpire solo crediti liquidi ed esigibili che il debitore vanta verso la banca. Se il saldo è negativo, il debitore non ha un credito verso la banca, bensì un debito, dunque il pignoramento non troverà fondi da bloccare. La banca in tal caso dichiarerà al giudice (o all’ente procedente) l’assenza di disponibilità a favore del debitore, rendendo il pignoramento infruttuoso. Analogamente, un eventuale fido accordato sul conto non viene “anticipato” al creditore: la banca non è obbligata a mettere a disposizione somme che il debitore non ha effettivamente sul conto (il fido è una facoltà di utilizzo concessa al cliente, non un credito esigibile dal cliente stesso). Pertanto, non è possibile pignorare uno scoperto di conto né costringere la banca ad attingere a un affidamento: in mancanza di saldo positivo, il pignoramento darà esito negativo . Diversamente, se il conto è a zero ma in futuro riceverà accrediti (stipendi, bonifici, ecc.), il vincolo permane e si applicherà alle nuove somme entranti fino a soddisfo (vedi oltre per il trattamento degli accrediti successivi).
Impatto su imprenditori e professionisti: per un’attività economica, il blocco del conto aziendale o professionale può avere effetti devastanti sulla continuità aziendale. L’impresa potrebbe trovarsi improvvisamente senza liquidità per pagare fornitori, dipendenti, tasse, con rischio di paralisi operativa . Inoltre, il congelamento del conto può danneggiare la reputazione commerciale dell’azienda (assegni scoperti, insoluti, ecc.) . È quindi vitale, per imprenditori e partite IVA, intervenire prontamente: come vedremo, in alcuni casi è consigliabile aprire subito un conto alternativo per le operazioni correnti, e parallelamente attivarsi per sbloccare quello pignorato (tramite pagamento o accordi). Tenete presente che un conto aziendale pignorato, se rimane tale a lungo, può compromettere definitivamente l’attività. Pertanto le aziende dovranno valutare rapidamente il trade-off tra pagare il debito (anche ricorrendo a finanziamenti d’urgenza) e subire le conseguenze del blocco prolungato.
Riassumendo, gli effetti immediati del pignoramento del conto per il debitore sono: indisponibilità delle somme pignorate; sospensione dei pagamenti collegati al conto; impossibilità di utilizzare il conto (almeno fino all’eventuale soglia non bloccata) e potenziali ripercussioni finanziarie a catena. Di fronte a ciò, è fondamentale agire subito seguendo alcuni passi strategici, che descriviamo nel prossimo paragrafo.
Cosa Fare Immediatamente: Guida Pratica per il Debitore
Vediamo ora una serie di azioni immediate che un debitore dovrebbe intraprendere appena scopre che il proprio conto è stato bloccato da un pignoramento. Agire tempestivamente può fare la differenza tra risolvere il problema in tempi relativamente brevi oppure subire conseguenze più gravi.
1) Identificare la natura del pignoramento e il creditore procedente. Per prima cosa, è cruciale capire chi ha pignorato il conto e per quale credito. Il blocco del conto viene di norma comunicato al correntista tramite notifica dell’atto di pignoramento (nelle procedure ordinarie) o di un atto equivalente dell’Agente di Riscossione. Se non avete ancora ricevuto nulla, rivolgetevi immediatamente alla vostra banca: l’ufficio legale della banca può fornirvi copia dell’atto o almeno indicare l’autorità o il creditore che ha disposto il pignoramento. Distinguere il tipo di creditore vi orienterà nelle mosse successive: se è un creditore privato (es. finanziaria, condominio, privato), sarà un pignoramento ordinario; se il creditore è indicato come “Agenzia delle Entrate-Riscossione” (o “ADER”, ex Equitalia), si tratta di pignoramento esattoriale. Questa distinzione determina procedure e possibilità di intervento differenti (come già visto). Inoltre, l’atto di pignoramento riporta l’importo del debito e spesso gli estremi del titolo esecutivo (es. sentenza n. XYZ/anno, decreto ingiuntivo, cartella n. …, ecc.): verificate questi dati, confrontandoli con eventuali documenti in vostro possesso. Ad esempio, potreste rendervi conto che il debito si riferisce a una vecchia causa o a una cartella fiscale che pensavate archiviata. Raccogliete dunque tutte le informazioni disponibili: importo richiesto, riferimento del credito e data di notifica del titolo (se menzionata). Questo vi servirà per valutare la legittimità dell’azione esecutiva.
2) Verificare la regolarità formale dell’esecuzione. Una volta identificato il creditore e la causa, occorre chiedersi: il pignoramento è avvenuto nel rispetto delle regole? Ad esempio, per i creditori privati: vi era stata notificata un’intimazione di pagamento (precetto) almeno 10 giorni prima? Se non vi risulta, l’esecuzione potrebbe essere viziata (il precetto è atto obbligatorio, a pena di nullità, salvo casi eccezionali) . Verificate poi la data di notifica del titolo esecutivo: se si tratta di un decreto ingiuntivo, vi è stato notificato e non opposto tempestivamente? Se è una sentenza, era definitiva? Per le cartelle esattoriali: la cartella o l’avviso di accertamento vi erano stati notificati regolarmente e sono decorsi i 60 giorni? Se il pignoramento esattoriale avviene oltre un anno dalla notifica della cartella, AdER deve aver inviato anche una intimazione di pagamento (un sollecito) almeno 30 giorni prima del pignoramento – controllate se ciò è avvenuto. Inoltre, verificate che l’atto contenga tutti i requisiti: indicazione del titolo e degli importi dovuti, l’ingiunzione alla banca di non disporre delle somme, la citazione in tribunale (se ordinario), ecc. Un atto incompleto o irregolare può essere annullabile su opposizione (ad es. la Cassazione ha ritenuto nullo il pignoramento esattoriale privo della dettagliata indicazione delle cartelle cui si riferisce) . Se riscontrate vizi formali o la mancanza di atti presupposto, prendetene nota: sarà un elemento chiave per un’eventuale opposizione agli atti esecutivi (vedi più avanti sezione Difese del debitore). In questa fase, può essere opportuno consultare rapidamente un avvocato, esponendo i documenti: un occhio esperto saprà individuare subito eventuali irregolarità (es. difetti di notifica, prescrizione del credito, errori nell’atto).
3) Se il creditore è l’Agenzia delle Entrate-Riscossione: valutare pagamento o rateizzazione immediata. Nel pignoramento esattoriale, la mossa più efficace e rapida per sbloccare il conto è attivare una rateizzazione del debito oppure pagare il dovuto. La legge infatti prevede due vie principali per interrompere gli effetti del pignoramento AdER :
- Pagamento integrale del debito: se si dispone delle risorse, pagare tutto quanto richiesto (imposte, sanzioni, interessi) estingue immediatamente l’esecuzione. L’ente, ricevuto il saldo, deve revocare il pignoramento, con conseguente scongelamento delle somme eventualmente già bloccate dalla banca . Questa soluzione è la più rapida (il conto viene liberato appena AdER comunica alla banca la revoca, di solito in pochi giorni), ma chiaramente può risultare onerosa se l’importo è elevato.
 - Richiesta di rateizzazione (dilazione) del debito: se non si può pagare in unica soluzione, la normativa consente di chiedere un piano di rate (ad esempio 72 rate mensili, estendibili in certi casi). Importante: la semplice domanda di rateizzazione blocca nuovi pignoramenti, ma per fermare quello già in corso occorre che la domanda sia accolta e che venga pagata almeno la prima rata . Una volta pagata la prima rata, infatti, la procedura esecutiva in corso si sospende automaticamente e si estingue con il mantenimento del piano di dilazione . In concreto, appena ottenuta la rateizzazione, dovete trasmettere all’AdER (via PEC o tramite i canali indicati, es. sportello online) un’istanza di sospensione del pignoramento allegando la prova del pagamento della prima rata . A seguito di ciò, l’Agente della Riscossione bloccherà l’esecuzione: il pignoramento sul conto verrà estin to per legge con il pagamento dilazionato . Si tratta di una deroga prevista dall’art. 19 del D.Lgs. 112/1999 e dallo stesso art. 72-bis DPR 602/1973: la rateizzazione inibisce la prosecuzione dell’esecuzione esattoriale in corso. Dunque, se il vostro conto è stato bloccato dal Fisco, attivatevi immediatamente per richiedere la dilazione delle cartelle in questione (sempre che il debito non sia già rateizzato o non abbiate decaduto da piani precedenti). Nella maggior parte dei casi, AdER concede piani fino a 6 anni (72 rate) per debiti fino a €120.000, e piani più lunghi su richiesta motivata per importi superiori. Già la presentazione dell’istanza vi tutela da nuovi atti esecutivi; il pagamento della prima rata libererà il conto corrente pignorato .
 
Se il pignoramento AdER riguarda specificamente stipendi o pensioni accreditati, ricordate anche che l’art. 72-ter DPR 602/1973 pone limiti (es. l’ultimo stipendio accreditato non si tocca ): verificate quindi con la banca se per caso una mensilità recente vi è stata resa disponibile nonostante il pignoramento (può succedere). In ogni caso, la strategia principale con AdER resta la rateizzazione o il pagamento, da attivare entro i 60 giorni dall’atto per evitare l’addebito. Tenete presente che la legge di Bilancio 2025 (L. 197/2024) ha ulteriormente velocizzato alcune procedure di riscossione (come il nuovo “pignoramento sprint” per tributi locali) , quindi i tempi per reagire potrebbero essere stringenti. Meglio dunque muoversi appena ricevuta la notifica.
4) Se il creditore è privato: contattare il creditore per una possibile soluzione transattiva. Nel caso di un pignoramento ordinario (creditore privato), oltre alle vie legali di opposizione (di cui diremo in seguito), una strada da percorrere subito è il dialogo con il creditore o il suo legale. Spesso, soprattutto se il debitore reperisce rapidamente una somma, si può trovare un accordo di saldo e stralcio o un piano di rientro, a fronte del quale il creditore accetti di liberare il conto. Ad esempio, potreste proporre di pagare immediatamente una parte significativa del debito in cambio dell’impegno del creditore a rinunciare alla procedura esecutiva (magari desistendo all’udienza). Questa trattativa va condotta con cautela e preferibilmente con l’assistenza di un avvocato: occorre mettere per iscritto gli impegni di entrambe le parti. Una volta raggiunto un accordo (ad es. pagamento di X euro entro tot giorni a titolo transattivo), il creditore dovrà formalizzare la rinuncia agli atti dell’esecuzione o accettare la conversione del pignoramento (se optate per quella – vedi oltre). Attenzione: il tempo è cruciale. Se riuscite a trattare prima dell’udienza, il creditore potrà presentarsi dal giudice dichiarando di aver ricevuto quanto concordato e rinunciare al pignoramento, consentendo lo sblocco del conto. Se invece l’ordinanza di assegnazione è già stata emessa, diventa più complicato tornare indietro. Pertanto, contattate subito il creditore (o il suo avvocato indicato nell’atto) manifestando la volontà di trovare una soluzione bonaria. Molti creditori sono disposti a negoziare, soprattutto se la prospettiva di recupero tramite pignoramento è incerta o lunga. Ad esempio, se sul conto c’è poca liquidità, il creditore potrebbe preferire un accordo piuttosto che inseguire il debitore su altri beni. Qualora si raggiunga un’intesa, assicuratevi che venga formalizzata correttamente: di solito con uno scambio di lettere d’impegno e poi con l’atto di rinuncia al pignoramento depositato in tribunale. Una volta che il giudice emette un decreto di estinzione della procedura per rinuncia, la banca sbloccherà le somme.
5) Tutelare le disponibilità residue e future (sostentamento personale o attività). Nel frattempo, pensate a come gestire le vostre entrate correnti durante il blocco del conto. Se prevedete accrediti imminenti (es. stipendio del mese, pagamenti da clienti, pensione), evitate che confluiscano sul conto pignorato: in tal caso infatti verrebbero anch’essi congelati (o comunque pignorati nei limiti, se stipendio/pensione, come vedremo). Potete chiedere al datore di lavoro di modificare temporaneamente l’IBAN di accredito stipendio verso un altro vostro conto non pignorato. Se non ne avete uno, aprite rapidamente un nuovo conto presso altra banca o Poste, intestato solo a voi (o valutate l’intestazione a un familiare fidato, se necessario, purché ciò non configuri simulazione per sottrarsi ai creditori – il che potrebbe avere conseguenze). Aprire un nuovo conto non è vietato: il pignoramento non ha efficacia “generale” su tutti i conti presenti e futuri, ma colpisce solo lo specifico rapporto indicato. Ovviamente, il creditore privato potrà in futuro venire a conoscenza del nuovo conto (ad esempio tramite indagini dell’ufficiale giudiziario) e pignorare anche quello, ma si tratta di un’altra procedura che richiede tempo. Nell’immediato, avere un conto alternativo vi permette di continuare a ricevere lo stipendio o i pagamenti e di gestire le spese quotidiane. Allo stesso modo, per un’impresa, aprire un conto corrente d’emergenza su cui deviare incassi e pagare fornitori può mantenere in vita l’operatività, in attesa di risolvere la questione col creditore. Certo, se l’importo dovuto è elevato, il creditore potrebbe accanirsi e pignorare anche il nuovo conto: ma intanto avrete guadagnato tempo e, si spera, avviato la risoluzione (con opposizione o accordo). Importante: non prelevate furtivamente somme dal conto appena prima che venga pignorato (se siete a conoscenza del rischio): una volta notificato l’atto alla banca, ogni atto di disposizione sulle somme pignorate è inefficace verso il creditore (art. 546 c.p.c.). Inoltre, movimenti “sospetti” in vista dell’esecuzione potrebbero essere impugnati come atti in frode ai creditori. Agite sempre con correttezza e trasparenza: meglio usare strumenti leciti di tutela (come quelli descritti) che tentare scorciatoie potenzialmente illegittime.
6) Reperire liquidità per emergenza e spese essenziali. Se il conto pignorato era la vostra unica fonte di liquidità immediata, dovrete far fronte nell’immediato alla mancanza di fondi per le spese quotidiane. Considerate di rivolgervi a familiari o amici per un aiuto temporaneo, oppure – se siete lavoratore dipendente – parlate col datore di lavoro per un anticipo stipendiale in contanti. In situazioni di blocco totale, il tribunale non prevede un meccanismo automatico per rilasciare somme al debitore a scopo alimentare (a differenza di quanto accade nel pignoramento immobiliare, dove è ammessa l’assegnazione di una parte dei frutti civili al debitore). Tuttavia, il giudice dell’esecuzione conserva un potere di controllo: ad esempio potrebbe, su istanza motivata, autorizzare la banca a sbloccare una porzione di fondi per esigenze eccezionali, ma si tratta di ipotesi poco frequenti e non codificate. Conviene dunque non fare affidamento su questo e procurarsi fondi alternativi per far fronte alle necessità urgenti (vitto, alloggio, carburante, etc.) fino a quando la situazione si sblocca.
Riassumendo, nell’immediato il debitore dovrà: capire chi e perché ha pignorato (e se regolarmente); per i debiti fiscali, attivare subito pagamento o dilazione; per gli altri debiti, cercare un dialogo col creditore per accordi o prepararsi a opporsi; mettere in sicurezza le entrate successive su un altro conto; trovare risorse per sopravvivere nel frattempo. Nei paragrafi seguenti approfondiremo i limiti di legge che offrono protezione al debitore (il c.d. “minimo vitale” su stipendi e pensioni, etc.) e le strategie difensive legali (opposizioni e altri rimedi) in dettaglio.
Limiti di Pignorabilità e Tutela del Minimo Vitale
Il nostro ordinamento prevede importanti limiti a ciò che può essere pignorato sul conto corrente, soprattutto quando si tratta di somme derivanti da stipendi o pensioni. Queste norme sono volte a garantire al debitore un minimo vitale e ad evitare che l’esecuzione lo lasci completamente privo di mezzi di sostentamento . Di seguito analizziamo tali limiti, aggiornati al 2025, distinguendo fra diverse situazioni.
a) Stipendio del debitore (da lavoro dipendente): in generale lo stipendio, se pignorato direttamente presso il datore di lavoro, è soggetto al limite massimo di un quinto (20%) del netto mensile per ogni creditore . Ciò vale sia per creditori privati sia – salvo differenze che vedremo – per il Fisco. Ad esempio, se un lavoratore ha uno stipendio netto di €1.500 al mese, al massimo €300 possono essergli trattenuti in busta paga per il pignoramento (lasciandogli €1.200). La legge non prevede una soglia fissa “impignorabile” sullo stipendio (ogni reddito, anche basso, è pignorabile in parte); tuttavia la Corte Costituzionale ha stabilito che deve restare intoccata almeno una quota pari a 4/5 dello stipendio per garantire la dignità della vita del lavoratore . In altre parole, almeno l’80% dello stipendio va preservato (che equivale al prelievo massimo del 20% sopra citato). Questa regola generale vale anche per stipendi modesti: ad esempio, se il netto è €800, pignorabile al massimo €160, lasciandone €640 (80%). Non esiste quindi uno stipendio totalmente impignorabile secondo la Consulta, ma solo limiti percentuali .
Quando però lo stipendio è accreditato su un conto corrente, subentrano ulteriori tutele in base al momento del accredito rispetto al pignoramento. L’art. 545, comma 8 c.p.c. – introdotto dal D.L. 83/2015 – stabilisce quanto segue: se lo stipendio (o altra indennità da lavoro) è già stato accreditato sul conto PRIMA della notifica del pignoramento, le somme conservano la loro natura di retribuzione e sono pignorabili solo per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale . Questo significa che una parte pari a tre volte l’assegno sociale è protetta e non può essere toccata dal creditore. Per il 2025, considerando che l’assegno sociale mensile massimo è circa €538,69, il triplo è circa €1.616 . Quindi, se sul conto sono presenti risparmi derivanti da stipendi precedenti per, ad esempio, €2.000, il creditore potrà pignorare solo la parte eccedente €1.616, cioè circa €384 . La logica è che il debitore deve conservare almeno tre mensilità di assegno sociale (ritenute il minimo per la sopravvivenza dignitosa). Viceversa, se lo stipendio viene accreditato sul conto DOPO la notifica del pignoramento (o lo stesso giorno), quelle somme sono pignorabili entro i limiti ordinari del quinto . In pratica, il pignoramento presso terzi “aggancia” anche gli accrediti successivi, che dovranno essere trattati come se fossero pignorati alla fonte: la banca, su ordine del giudice, trattiene il 20% di ciascun nuovo stipendio accreditato (o la minor quota eventualmente stabilita per crediti alimentari o concorsuali, vedi oltre) . Questo avviene tipicamente mediante l’ordinanza di assegnazione che il giudice emette: ad esempio, il G.E. può disporre che “le somme future accreditate a titolo di stipendio sul conto X siano trattenute dal terzo fino alla misura di un quinto per ogni mensilità, fino a integrale soddisfo del credito”. Così, il creditore continuerà a prelevare il 20% di ogni stipendio entrante, mentre il restante 80% sarà accreditato al debitore, il quale potrà disporne (magari su un altro conto, per sicurezza). In sintesi: stipendi accreditati prima del pignoramento protetti fino a 3x assegno sociale; stipendi accreditati dopo, pignorati secondo le regole ordinarie (max 1/5). Da notare che l’ultimo stipendio accreditato prima del pignoramento gode di una tutela particolare: gli obblighi del terzo pignorato “non si estendono all’ultimo emolumento” ricevuto dal debitore . Ciò vuol dire che, se il creditore ha già pignorato lo stipendio al datore di lavoro, non può prendere anche l’ultima mensilità appena versata in banca (a meno che abbia pignorato anche il conto) . Questa regola, sancita dalla giurisprudenza e ora espressa anche dall’art. 545 c.p.c., impedisce il doppio prelievo sullo stesso stipendio.
b) Pensioni e trattamenti previdenziali: analoghi (ma leggermente diversi) sono i limiti per le pensioni. La legge tutela le pensioni nella misura necessaria a garantire mezzi adeguati alle esigenze di vita, fissando un importo impignorabile detto “minimo vitale”. Dal 22 giugno 2022, per effetto del D.L. 115/2022 (cd. Aiuti-bis), il minimo vitale è stato innalzato: oggi le pensioni non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio dell’assegno sociale, con un minimo di €1.000 . In pratica: si calcola 2× assegno sociale (nel 2025 circa €1.077,38), se il risultato è inferiore a €1.000 si assume comunque €1.000 come soglia; se è superiore, vale quello (nel 2025 è ~€1.077, quindi comunque oltre €1.000). Quindi attualmente la soglia effettiva è ~€1.077 (essendo >1000). Esempio: pensione di €1.200 mensili; parte impignorabile = €1.077,38; parte eccedente = €122,62. Questa eccedenza potrà essere pignorata nei limiti di un quinto (o meno, a seconda dei crediti – vedi oltre). Per pensioni più basse (sotto €1.000), di fatto l’intero importo è impignorabile perché rientra nel minimo di legge. Se la pensione è invece molto alta, resta comunque intoccabile la quota di €1.077 circa, e la parte restante può essere aggredita al massimo al 20%. Questi limiti valgono quando la pensione viene pignorata alla fonte (presso l’INPS). Quando però la pensione è accreditata su conto corrente, vale una regola analoga a quella vista per lo stipendio: se il credito pensionistico è già sul conto prima del pignoramento, è impignorabile fino al triplo dell’assegno sociale (qui triplo assegno sociale, non doppio, perché così dispone l’art. 545 co.8 c.p.c. per qualsiasi emolumento da lavoro o pensione su conto). Quindi tre mensilità di assegno sociale (~€1.616) sono off-limits se la pensione era accantonata in conto prima del pignoramento; l’eventuale eccedenza può essere pignorata integralmente . Invece per gli accrediti successivi valgono i limiti visti (doppio assegno sociale/minimo 1000 non pignorabile e poi quinto sulla differenza) . È un sistema un po’ complesso: in sintesi, su pensioni accreditate su conto possiamo distinguere:
- Somme giacenti prima del pignoramento: impignorabili fino a 3× assegno sociale (~€1.616); oltre tale soglia, pignorabili interamente (anche se nei fatti è raro che una pensione modesta generi risparmi molto superiori a quella soglia).
 - Somme accreditate dopo il pignoramento: per ciascuna mensilità, impignorabile la quota fino a 2× assegno sociale (min €1.000), pignorabile la parte eccedente nei limiti di 1/5 . Quindi, di ogni nuova pensione versata, il debitore deve comunque conservare almeno €1.000 (o €1.077 se superiore al mille), e sul resto si applica il quinto. Ad esempio, se pensione = €1.500: minimo vitale €1.077, eccedenza €423 di cui pignorabile max €84,6 (20%). Se pensione = €900: minimo 1000 > 900, perciò niente pignoramento (pensione completamente salva).
 
Va evidenziato che queste soglie sono state oggetto di modifiche legislative recenti e vanno tenute d’occhio: il parametro assegno sociale viene aggiornato annualmente, quindi sia la soglia tripla che quella doppia variano di anno in anno. Ad esempio, nel 2024 l’assegno sociale era €538,68, dunque triplo = €1.616,04 e doppio = €1.077,36; nel 2025 potrebbe essere leggermente più alto e così via .
c) Limiti speciali per pignoramenti esattoriali (Agenzia Entrate-Riscossione): in linea generale AdER deve rispettare gli stessi limiti sopra descritti. Tuttavia, per gli stipendi pignorati alla fonte l’art. 72-ter DPR 602/1973 prevede una scala più favorevole al debitore: se il Fisco pignora lo stipendio presso il datore di lavoro, può prendere al massimo 1/10 se lo stipendio netto è fino a €2.500, 1/7 se è fra €2.500 e €5.000, e 1/5 oltre €5.000 . Questa deroga consente prelievi più leggeri per i redditi da lavoro medio-bassi, rispetto al secco quinto che si applicherebbe per creditori privati. Ad esempio, stipendio netto €2.000: pignoramento AdER = 1/10 = €200 (invece di €400 di un quinto). Stipendio €4.000: 1/7 ≈ €571 (invece di €800). Stipendio €6.000: si torna al quinto = €1.200 (poiché >5.000). Per le pensioni, AdER si allinea ai limiti generali (doppio assegno sociale impignorabile, ecc.), con l’avvertenza che non può mai pignorare l’ultimo mese di pensione al debitore (ma questo coincide con quanto già detto: ultimo rateo stipendio/pensione non toccabile). Inoltre, AdER – come visto – in caso di conto cointestato deve limitarsi alla sola quota di spettanza del debitore, senza intaccare quella di altri co-intestatari estranei .
d) Altri crediti impignorabili o parzialmente pignorabili: esistono poi somme che per legge non possono essere pignorate affatto, indipendentemente da dove si trovano. L’art. 545 c.p.c. ai commi 1 e 2 elenca, ad esempio, i crediti alimentari (assegni di mantenimento dovuti per legge), i sussidi di grazia o sostentamento a persone indigenti, i sussidi per maternità, malattia o funerali da enti di assistenza, ecc., che sono totalmente impignorabili . Ciò significa che, se sul vostro conto sono accreditate somme con tale causale (ad esempio un sussidio statale una tantum, un’indennità di accompagnamento per disabilità, ecc.), quelle somme non dovrebbero essere toccate dal pignoramento . In pratica, però, la banca quando riceve l’atto di pignoramento blocca indistintamente le somme, non essendo tenuta a distinguere le causali (anche perché spesso non può saperlo se non tramite estratti conto). Sarà onere del debitore, eventualmente, far valere tali impignorabilità presentando un’opposizione all’esecuzione per svincolare le somme protette (vedi Difese del debitore più avanti). Ad esempio, se su un conto c’è un accredito di una borsa di studio esente o un risarcimento specificamente impignorabile, potrete opporvi deducendo la natura impignorabile e chiedendo al giudice di liberare quei fondi (fornendo prova documentale della loro origine).
Ricordiamo anche che per i dipendenti pubblici restano in vigore alcune norme speciali (DPR 180/1950) che però attengono più che altro alle cessioni volontarie e ai prestiti su stipendio, e non impediscono il pignoramento nei limiti visti . Inoltre, se sul conto affluiscono somme relative ad attività d’impresa o lavoro autonomo, tali importi non godono delle protezioni di stipendi/pensioni, trattandosi di crediti di natura commerciale: un onorario di un professionista o un ricavo d’impresa può essere pignorato per intero, fatto salvo solo ciò che servirebbe a distinguere l’eventuale parte di altri soci o creditori particolari. Dunque un lavoratore autonomo con conto pignorato non ha il “minimo vitale” garantito sulle entrate future (a differenza di un dipendente), sebbene possa chiedere al giudice una riduzione per eccessiva onerosità, ma è materia complessa e incerta.
Concorso di più pignoramenti: un ultimo caso da menzionare è se sul medesimo stipendio/pensione insistono più pignoramenti di natura diversa (es. uno per alimenti, uno per cartelle, uno per banca). L’art. 545 comma 5 c.p.c. stabilisce che in caso di concorso di cause diverse, la somma prelevata non può superare metà dello stipendio (o pensione) . Se c’è concorso con crediti alimentari, uno di essi può arrivare a 1/3, ma il totale comunque non eccede il 50% . Quindi, qualunque combinazione, al lavoratore deve restare almeno il 50% del netto. Questa regola si applica anche agli accrediti su conto successivi: ad es. se un debitore aveva già un pignoramento del quinto in busta paga e un altro creditore gli pignora il conto prendendo un ulteriore quinto sullo stesso stipendio accreditato dopo, complessivamente si supererebbe il 20% (arrivando al 40%). Finché resta sotto il 50% totale è lecito; oltre sarebbe illegittimo e il debitore potrebbe far valere l’inefficacia parziale.
Riassumiamo i principali limiti in una tabella riepilogativa:
| Tipo di credito | Limite pignorabile (procedura ordinaria) | Limite pignorabile (Agenzia Entrate-Riscossione) | 
|---|---|---|
| Stipendio presso datore di lavoro | Max 1/5 (20%) dello stipendio netto . Nessun importo totalmente esente (salvo garantire 4/5 al dipendente come da Corte Cost.) . Concorso crediti: ≤ 1/2 (se cause diverse) . | ≤ 1/10 se stipendio ≤ €2.500; ≤ 1/7 se €2.500<stip≤€5.000; ≤ 1/5 se >€5.000 . (Comunque almeno 50% dello stipendio resta in caso di concorso) . | 
| Stipendio su conto – accreditato PRIMA del pignoramento | Impignorabile fino a 3× assegno sociale (ca. €1.616 nel 2025); eccedenza pignorabile integralmente . | (Stessa regola) Ultimo stipendio accreditato non toccabile . | 
| Stipendio su conto – accrediti DOPO il pignoramento | Pignorabile entro i limiti del quinto ad ogni arrivo . In pratica la banca trattiene 20% di ciascun nuovo stipendio. | (Stessa regola del quinto, con soglie AdER se applicabili sul netto). AdER in genere userà le soglie 1/10-1/7-1/5 sul netto di ciascuna mensilità . | 
| Pensione presso ente previdenziale | Impignorabile fino a 1.5× assegno sociale (+ min €1.000); eccedenza pignorabile nella misura max 1/5 . (Es.: pensione €1.200 → €1.077 esenti, €123 eccedenza -> pignorabile €24) | Stesse soglie. Minimo vitale €1.000 (o doppio assegno se superiore) esente . Eccedenza: 1/5 max. | 
| Pensione su conto – accrediti PRIMA | Impignorabile fino a 3× assegno sociale (≈€1.616); eccedenza pignorabile integralmente . | (Stessa regola). | 
| Pensione su conto – accrediti DOPO | Per ciascun rateo: impignorabile fino a doppio assegno soc. (min 1000); eccedenza pignorabile nei limiti di 1/5 . | (Stessa regola). | 
| Alimenti dovuti per legge | Impignorabili, salvo cause per alimenti (in cui decide il giudice) . | Idem (AdER non può pignorare assegni alimentari). | 
| Sussidi (povertà, malattia, ecc.) | Impignorabili totalmente (art. 545 co.2 c.p.c.) . | Idem. | 
| Conto cointestato (quota non debitor) | Presunzione 50% di spettanza al co-intestatario non debitore: quella metà non è pignorabile dal creditore del solo altro cointestatario . Il co-intestatario può opporsi per liberare la sua quota. | AdER: per legge non può toccare somme altrui; in pratica limita la pretesa al 50% del saldo se conto cointestato . | 
Nota: in caso di crediti alimentari (es. assegno mantenimento ex coniuge) vantati contro il debitore, il giudice può autorizzare pignoramenti in misura maggiore, ma valutando caso per caso (art. 545 co.3 c.p.c.). Esempio: un ex coniuge che vanta alimenti non pagati potrebbe ottenere fino a 1/3 dello stipendio. . In tabella abbiamo riportato i limiti standard per crediti ordinari e tributari.
Come si evince, l’ordinamento cerca un bilanciamento: da un lato garantire che i creditori possano soddisfarsi (sia pure parzialmente) anche su redditi periodici del debitore; dall’altro assicurare a quest’ultimo di poter sopravvivere dignitosamente nonostante l’esecuzione in atto . I limiti sul conto corrente (triplo assegno sociale prima, ecc.) sono frutto di riforme relativamente recenti (2015) che hanno superato il vecchio principio per cui “una volta versato in banca, lo stipendio perde la sua natura” . Oggi non è più così: stipendio e pensione mantengono la loro origine e i relativi limiti anche dopo l’accredito . Questa è un’arma a favore del debitore: se un creditore dovesse ottenere dal giudice o dalla banca più di quanto consentito (ad es. pignorasse l’intero saldo comprensivo di somme stipendiali protette), tale pignoramento è inefficace per l’eccesso e il debitore potrà farlo dichiarare tale dal giudice (anche d’ufficio, ex art. 545 co.9 c.p.c.) .
Procedura: Tempistiche dello Sblocco e Assegnazione delle Somme
Vediamo ora sinteticamente come si svolge la procedura di pignoramento presso terzi e quando il conto verrà effettivamente sbloccato o le somme prelevate:
- Nel pignoramento ordinario (privati): dopo la notifica dell’atto di pignoramento alla banca e al debitore, la banca deve dare comunicazione (c.d. dichiarazione del terzo) sullo stato del conto pignorato. In genere, ciò avviene in forma scritta via PEC prima dell’udienza, oppure verbalmente in udienza. La banca dichiara l’importo del saldo e l’eventuale vincolo di somme (se ha già congelato importi). All’udienza fissata (art. 543 c.p.c., solitamente 30-45 giorni dopo notifica), il giudice dell’esecuzione verifica gli atti. Se il debitore non ha sollevato opposizioni e il terzo conferma le somme, il giudice emette l’ordinanza di assegnazione: dispone cioè che la banca versi al creditore le somme pignorate fino alla concorrenza del credito (rispettando i limiti di legge). Dopodiché l’ordinanza viene notificata o comunicata alla banca, che esegue il pagamento al creditore (di solito mediante bonifico delle somme assegnate sul conto indicato dal creditore). Una volta versato quanto dovuto, la banca disblocca l’eventuale eccedenza rimasta (saldo oltre l’importo assegnato). Esempio: credito €5.000, saldo pignorato €8.000; il giudice assegnerà €5.000 + spese, la banca pagherà e sbloccherà i restanti €3.000 sul conto del debitore. I tempi: se tutto fila liscio, il conto viene sbloccato (per la parte residua) e il creditore soddisfatto entro poche settimane dall’udienza. Se però la banca non rende subito la dichiarazione o emergono complicazioni (es. contestazioni sul saldo, più creditori concorrenti, ecc.), l’udienza può essere rinviata e il blocco prolungarsi. Inoltre, se il debitore propone opposizione prima o durante l’udienza, il giudice può sospendere la decisione in attesa dell’esito del giudizio di opposizione, tenendo così congelate le somme più a lungo (mesi o anche anni, a seconda della causa di opposizione). In mancanza di opposizioni, comunque, il provvedimento di assegnazione conclude l’esecuzione sul conto.
 - Nel pignoramento esattoriale (AdER): qui non c’è udienza né intervento di giudice in fase iniziale. L’atto di pignoramento invita la banca a vincolare le somme e pagare direttamente ad AdER decorso il termine di 60 giorni . Durante questi 60 giorni, il conto resta bloccato ma il debitore ha la possibilità, come detto, di pagare o rateizzare. Se lo fa, la procedura si interrompe; se non lo fa, al 61° giorno (indicativamente) la banca esegue l’ordine e trasferisce i fondi pignorati sul conto dell’Agente della Riscossione. Tecnicamente, il pignoramento esattoriale non prevede un’“ordinanza” di assegnazione: il trasferimento avviene ex lege su impulso dell’ente creditore trascorso il termine. AdER può inviare alla banca una sorta di presa d’atto e richiesta di versamento (spesso già inclusa nell’atto iniziale con data fissa). Una volta effettuato il pagamento al Fisco, il conto del debitore viene liberato dall’onere, salvo che residui un debito non soddisfatto (ma in tal caso AdER dovrà pignorare altro in futuro; il singolo atto non ha effetti oltre quanto bloccato). Se il debitore presenta un’opposizione giudiziale contro il pignoramento (per es. eccependo vizi di notifica, prescrizione, ecc.), deve notificare anche alla banca un atto di sospensione o far emettere dal giudice un provvedimento sospensivo entro quei 60 giorni. In mancanza, la banca – non avendo notizie ufficiali – dopo 60 giorni paga comunque AdER. Di fatto, quindi, chi intende opporsi a un pignoramento esattoriale deve muoversi immediatamente (entro 20 giorni è il termine per gli atti esecutivi viziati, vedi dopo) e chiedere una sospensione urgente al giudice competente, comunicandola all’ente e alla banca prima che questa versi le somme. Questa dinamica a volte rende più difficile ottenere sospensioni rapide, ma non impossibile (vi sono stati casi in cui il giudice dell’esecuzione sospende l’efficacia del pignoramento esattoriale per gravi motivi, come palese prescrizione). È comunque un percorso tortuoso: per questo la via amministrativa della rateizzazione rimane spesso la più efficace in ambito esattoriale .
 
In entrambi i casi, a sblocco avvenuto (cioè dopo pagamento al creditore o estinzione della procedura) verificate sempre il vostro estratto conto: la banca dovrebbe riaccreditare eventuali somme eccedenti bloccate. Se qualcosa risultasse ancora vincolato senza motivo, contattate subito la banca e, se serve, l’avvocato per far emettere i provvedimenti di svincolo. Talvolta per mero errore amministrativo un conto rimane segnato come “pignorato” anche dopo la chiusura: insistete affinché venga ripristinata la piena operatività. Inoltre, tenete presente che le spese del procedimento (contributo unificato, spese legali) di solito vengono addebitate al debitore e sono incluse nell’importo precettato: il creditore se le trattiene dalle somme assegnate. Non di rado, se l’importo recuperato è inferiore al dovuto, resta uno scoperto. Esempio: dovevate €10.000, sul conto ce n’erano €6.000, il creditore ha preso quelli e la procedura finisce lì ma rimangono €4.000 di debito scoperto. Il creditore può in futuro aggredire altri beni per colmare la differenza, a meno che non interveniate prima (accordo, saldo a stralcio, ecc.). Dunque monitorate la vostra posizione debitoria complessiva anche dopo lo sblocco del conto.
Strategie Difensive e Rimedi Giuridici del Debitore
Passiamo ora in rassegna i principali strumenti giuridici a disposizione del debitore per difendersi da un pignoramento del conto corrente. Queste difese vanno attivate rapidamente e con l’assistenza di un legale, poiché comportano atti formali davanti all’autorità giudiziaria. Distinguermo innanzitutto tra opposizione all’esecuzione e opposizione agli atti esecutivi, poi vedremo istituti come la conversione del pignoramento, la riduzione del pignoramento e altri rimedi particolari.
Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.)
L’opposizione all’esecuzione è il rimedio con cui il debitore contesta il diritto del creditore di procedere all’esecuzione. In sostanza si afferma che l’esecuzione non doveva proprio iniziare, perché manca o è invalido il presupposto fondamentale. Motivi tipici di opposizione all’esecuzione sono, ad esempio:
- Il credito non esiste o si è estinto: ad esempio il debito era già stato pagato (in tutto o in parte) prima del pignoramento; oppure il titolo esecutivo è stato annullato o sospeso dopo la notifica, o il debito è stato prescritto. In tali casi il pignoramento è ingiusto perché il creditore non aveva più diritto di escutere il debitore . Nel caso di crediti tributari, rientra qui l’eccezione di prescrizione sopravvenuta (5 anni dalla cartella esattoriale in molti tributi, se l’Agente non ha sollecitato per tempo) , oppure la prova di un condono o pagamento già effettuato.
 - Inidoneità del titolo esecutivo: il creditore non aveva un valido titolo. Ad esempio un creditore privato che aggredisce senza aver mai notificato un decreto ingiuntivo definitivo o senza precetto, oppure l’Agente della Riscossione che procede senza una cartella esattoriale validamente notificata. In quest’ultimo caso si può far valere la “mancata notifica degli atti presupposto” – cartella o accertamento – che rende nullo l’intero pignoramento . Attenzione però alla giurisdizione: per i tributi, la Cassazione (SS.UU.) ha chiarito che contestare la mancanza della notifica della cartella equivale a contestare la pretesa tributaria, ed è materia da giudice tributario, non opposizione ex art. 615 c.p.c. . Ci torneremo tra poco.
 - Impignorabilità del bene o del credito: il debitore può opporre che quelle somme sono impignorabili per legge. Ad esempio, se sul conto vi erano solo somme impignorabili (come sussidi, minori di tre volte assegno sociale, ecc.), può chiedere che il pignoramento venga dichiarato inefficace perché ha colpito beni non pignorabili (anche se qui si potrebbe rientrare nell’opposizione agli atti ex art. 617, ma la differenza è sottile). In generale però, l’art. 615 c.p.c. è il veicolo per far valere l’impignorabilità di determinati beni quando il creditore non l’abbia rispettata . Ad esempio, AdER non può pignorare la prima casa se non di lusso, né conti sotto certa soglia; se lo facesse, il debitore con 615 potrebbe far valere il divieto.
 
L’opposizione all’esecuzione va proposta con atto di citazione dinanzi al giudice competente (normalmente il Tribunale del luogo dell’esecuzione). Se è proposta prima che l’esecuzione inizi (non frequente nei pignoramenti presso terzi, perché uno se ne avvede dall’atto stesso), si notifica al creditore come citazione “preventiva”; se invece – come di solito – avviene a esecuzione iniziata, si introduce davanti al giudice dell’esecuzione già adito (Tribunale) . È fondamentale allegare tutte le prove del caso: ricevute di pagamento, copie di atti non notificati, riferimenti di prescrizioni maturate, ecc. Nell’ambito dell’opposizione ex art. 615, il debitore può chiedere in via d’urgenza la sospensione dell’esecuzione (art. 624 c.p.c.) per evitare che intanto le somme vengano assegnate. Il giudice, se ritiene che l’opposizione non sia pretestuosa e che il debitore subirebbe un danno grave e difficilmente risarcibile dal proseguire dell’esecuzione, può sospendere la procedura fino alla decisione finale. Ad esempio, se il debitore mostra un bollettino che prova il pagamento integrale del debito antecedente al pignoramento, il giudice dell’esecuzione con ordinanza può sospendere l’assegnazione e fissare udienza per decidere sul merito dell’opposizione. In caso di accoglimento dell’opposizione all’esecuzione, l’intera procedura viene estinta e – se delle somme erano state già eventualmente trasferite al creditore – questi dovrà restituirle al debitore. È quindi una difesa molto efficace, ma richiede di avere argomenti solidi (non basta contestare genericamente, occorrono prove chiare che il creditore non avesse diritto di procedere).
Opposizione all’esecuzione in ambito esattoriale (AdER): merita una nota la particolarità delle opposizioni contro pignoramenti del Fisco. L’art. 57 DPR 602/1973 storicamente limitava le opposizioni possibili: escludeva le opposizioni ex art. 615 tranne quelle relative alla pignorabilità dei beni , e le opposizioni ex art. 617 c.p.c. tranne quelle su vizi di forma del titolo. Questo ha creato per anni dubbi su chi fosse il giudice competente: giudice tributario o giudice ordinario? La questione è complessa: in breve, oggi si ritiene che se il contribuente contesta la legittimità sostanziale del credito tributario (esistenza, importo, prescrizione del tributo) debba farlo davanti al giudice tributario tramite ricorso (anche se ormai il pignoramento è iniziato) ; viceversa, se contesta aspetti dell’esecuzione forzata in senso stretto (pignorabilità, vizi procedurali successivi alla cartella), può rivolgersi al giudice ordinario . Ad esempio, la Cassazione a Sezioni Unite nel 2017 ha stabilito che l’opposizione per mancata notifica della cartella (quindi lamentando un vizio antecedente) va proposta al giudice tributario, mentre l’opposizione su vizi dell’atto di pignoramento in sé va al giudice ordinario . Pertanto, nel decidere un’opposizione contro AdER è cruciale inquadrare bene il motivo: per prescrizione o difetto del titolo (cartella), la sede è la Commissione Tributaria; per es. pignoramento di bene impignorabile o omissione dell’intimazione art. 50 DPR 602/73, la sede è il Tribunale civile. In ogni caso, anche nel pignoramento esattoriale il debitore può chiedere sospensione al giudice competente (civile o tributario) e, ottenutala, AdER dovrà fermarsi. Infine, ricordiamo che a inizio 2023 la Corte Costituzionale ha ritenuto non lesivo del diritto di difesa questo sdoppiamento di giurisdizione, ritenendo il sistema comunque idoneo a tutelare il contribuente (purché i giudici valutino caso per caso eventuali sovrapposizioni) .
Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.)
L’opposizione agli atti esecutivi serve invece a contestare vizi formali della procedura, ossia irregolarità degli atti o della notifica. Nel nostro contesto, tipici motivi di opposizione ex art. 617 possono essere:
- L’atto di pignoramento è nullo per difetto di forma o contenuto: ad esempio manca l’ingiunzione al terzo di non disporre; non è indicato il titolo esecutivo; nel caso AdER, l’atto non cita le cartelle o non specifica l’origine del debito. Tali carenze rendono l’atto nullo (o annullabile) e il debitore può chiederne l’annullamento .
 - Violazioni di regole procedurali: es. il pignoramento è stato notificato prima che scadesse il termine del precetto (entro i 10 giorni); oppure la banca non è competente (in realtà per conti bancari la competenza territoriale è relativa e difficilmente impugnabile dopo). Oppure, nel caso AdER, non è stata inviata l’intimazione di pagamento quando necessaria (dopo 1 anno dalla cartella, art. 50 DPR 602/73) .
 - Mancata o irregolare notifica di atti: se il debitore sostiene di non aver mai ricevuto la notifica del titolo esecutivo (es. la sentenza in caso di processo contumaciale, o la cartella esattoriale), questo può essere inquadrato anche come vizio dell’atto di precetto o pignoramento (che dichiarano “visto che… not. in data…”). Spesso però i giudici distinguono: la mancata notifica del titolo è materia sostanziale (615, come sopra), mentre la mancata notifica del pignoramento stesso (o notifica viziata) rientra nel 617.
 
L’opposizione ex art. 617 deve essere proposta entro 20 giorni da quando si ha conoscenza dell’atto viziato (normalmente 20 gg dalla notifica dell’atto di pignoramento per il debitore, o 20 gg dall’udienza per contestare verbali, ecc.) . Si tratta di un termine decadenziale breve, perciò è fondamentale attivarsi in fretta se si ravvisano irregolarità. L’opposizione agli atti esecutivi si propone con atto di citazione (per vizi di atti iniziali) o ricorso (per vizi di atti successivi in corso di procedura), a seconda dei casi, davanti al giudice dell’esecuzione competente. Nel nostro scenario, di solito sarà un atto di citazione da notificare entro 20 gg al creditore e al terzo, depositato al tribunale dell’esecuzione. Anche qui si può chiedere sospensione (art. 624 c.p.c.) se il vizio è tale che, se non si sospende, il debitore subirebbe un danno (es. in caso di nullità apparente dell’atto). Se l’opposizione viene accolta, l’atto impugnato è annullato e, a seconda dei casi, l’esecuzione potrà dover ricominciare correttamente o estinguersi. Ad esempio, se il precetto non era stato notificato, il giudice annulla il pignoramento per vizi procedurali: il creditore potrebbe dover notificare un nuovo precetto e rifare da capo il pignoramento. Nel frattempo, ovviamente, il conto verrebbe sbloccato. Oppure, se l’atto AdER mancava di elementi essenziali, il giudice ne dichiara la nullità: l’Agente dovrà eventualmente rinotificare un atto corretto. È importante sapere che l’opposizione agli atti non contesta il merito del diritto del creditore, ma solo “il modo” in cui sta procedendo.
Per quanto riguarda la giurisdizione nelle opposizioni ex art. 617 su pignoramenti esattoriali: l’art. 57 DPR 602/73 escludeva espressamente le opposizioni 617 sulla regolarità formale della cartella o del titolo esecutivo , sostenendo che quelle andavano fatte valere col ricorso tributario. Ma controversie su vizi propri dell’atto di pignoramento (ad esempio notifica del pignoramento esattoriale viziata) rientrano sotto il giudice ordinario . Le Sezioni Unite hanno indicato che se l’opposizione verte sulla mancata notifica della cartella, è tributaria; se verte sulla nullità del pignoramento per difetto di intimazione, è ordinaria . Quindi, in caso di dubbi, conviene fare doppio ricorso (civile e tributario) per sicurezza, oppure individuare attentamente la natura del vizio con l’aiuto di un esperto.
Intervento del co-intestatario estraneo al debito (Opposizione di terzo)
Se il conto corrente pignorato è cointestato con una persona diversa dal debitore (ad es. coniuge non debitore, figlio, genitore, socio, ecc.), quella persona si trova coinvolta suo malgrado dal blocco. In tali casi, come visto, vale la presunzione legale che metà del saldo sia di spettanza del co-intestatario non debitore . Dunque il creditore procedente in teoria dovrebbe limitare il pignoramento alla sola quota del debitore (50%), lasciando libera l’altra metà . Tuttavia, spesso in pratica l’atto di pignoramento notifica alla banca chiede di bloccare l’intero saldo, e sarà poi il giudice, su eccezione, a limitare l’assegnazione al 50%. Per tutelarsi, il co-intestatario estraneo può agire in due modi:
- Chiedere di essere coinvolto nell’udienza di pignoramento: l’art. 599 c.p.c. prevede che il pignoramento di beni in comunione debba essere notificato anche agli altri comproprietari , ma nella pratica del conto corrente ciò non avviene sempre (AdER ad esempio spesso non notifica al cointestatario) . Il co-intestatario può comunque comparire all’udienza e far presente al giudice la propria qualità, chiedendo lo sblocco della sua quota. Può depositare un’istanza o memoria dichiarando che, in base all’art. 1854 c.c., metà di quelle somme sono sue e andrebbero escluse dall’assegnazione. Se il giudice accoglie, nell’ordinanza di assegnazione disporrà che solo il 50% del saldo venga assegnato al creditore.
 - Proporre un’opposizione di terzo all’esecuzione (ex art. 619 c.p.c.): è l’azione formale con cui un soggetto estraneo all’esecuzione ma leso nei suoi diritti su un bene pignorato interviene per farli valere. In questo caso, il co-intestatario afferma: “il denaro sul conto è (in tutto o in parte) di mia proprietà, non del debitore, quindi non doveva essere pignorato”. L’opposizione di terzo va proposta con atto di citazione al tribunale dell’esecuzione, entro 20 giorni dall’atto lesivo (ma di solito finché le somme non sono assegnate si può fare). Il co-intestatario dovrà provare la diversa titolarità delle somme, cosa non sempre facile. Egli può portare estratti conto, documenti che mostrano la provenienza dei fondi (stipendi suoi, vendite sue, ecc.) . Ad esempio, se un conto cointestato marito-moglie contiene solo lo stipendio della moglie (non debitrice) che vi viene accreditato ogni mese, si può dimostrare con buste paga e movimenti che l’intero saldo è riconducibile a redditi della moglie. In tal caso il giudice potrebbe escludere dall’esecuzione anche più del 50%, sino all’intero importo dimostrato come non appartenente al debitore . La Cassazione del resto ha chiarito che la presunzione 50/50 è iuris tantum e può essere vinta da prova contraria anche per presunzioni gravi e concordanti . Se l’opposizione di terzo viene accolta, il giudice libera le somme spettanti all’opponente. Se ciò avviene prima dell’assegnazione al creditore, bene; se dopo, può condannare il creditore a restituirle. Questo strumento è dunque importante per evitare che un cointestatario innocente subisca la perdita dei propri soldi a causa dei debiti dell’altro.
 
È bene che il co-intestatario agisca prontamente: già non appena saputo del pignoramento, contatti banca e legale, prepari documenti e intervenga. Anche la banca, nella sua dichiarazione al giudice, dovrebbe segnalare che il conto è cointestato e quindi solo metà è riferibile al debitore . AdER per legge non può pretendere l’intero saldo se il conto è cointestato , ma potrebbe comunque vincolare tutto in attesa di determinare la quota. In sintesi: il co-titolare estraneo non è senza difese – può far valere i propri diritti e ottenere lo sblocco parziale o totale della propria parte di denaro .
Conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.)
La conversione del pignoramento è uno strumento previsto dall’art. 495 c.p.c. che consente al debitore di evitare la vendita o l’assegnazione dei beni pignorati sostituendo ad essi una somma di denaro. In pratica il debitore chiede al giudice di “convertire” il pignoramento sui beni in pignoramento sul denaro da lui versato, liberando così i beni originariamente colpiti. Nel contesto del conto corrente, la conversione assume un ruolo particolare: il “bene” pignorato infatti è già denaro liquido. Ci si chiede dunque: ha senso convertire un pignoramento di soldi in altro denaro? In effetti, se il conto è già bloccato con delle somme, la conversione consisterebbe nel versare l’equivalente in cancelleria (sul libretto dell’esecuzione) per poi farlo assegnare al creditore e liberare il conto. È praticamente un pagamento sostitutivo effettuato tramite il tribunale.
La procedura funziona così: il debitore, prima che i beni (o le somme) pignorati siano assegnati o venduti (quindi tempestivamente, nel caso del conto prima dell’udienza di assegnazione), deposita un’istanza di conversione al G.E. e, contestualmente, versa presso la cancelleria dell’esecuzione una cauzione pari ad almeno un sesto dell’importo dovuto (importo del pignoramento + spese) . In passato era un quinto, la riforma del 2019 l’ha ridotta a un sesto . Ad esempio, se il credito pignorato è di €12.000, dovrà versare almeno €2.000 come cauzione (1/6). Il giudice fissa udienza per discutere la conversione: in quella sede, quantificato l’importo complessivo dovuto al creditore (capitale, interessi, spese), emette un’ordinanza di conversione in cui autorizza il debitore a versare tale somma al posto dei beni. Di solito il giudice concede al debitore di pagare il residuo (detratta la cauzione già versata) in una sola soluzione entro 60 giorni, oppure in rate mensili fino a un massimo di 48 mesi (4 anni) se l’esecuzione riguarda beni mobili o immobili . Importante: la legge attualmente non consente rateazioni in caso di pignoramenti di crediti presso terzi (come il conto corrente) . Le rate fino a 48 mesi sono ammesse solo per esecuzioni mobiliari o immobiliari; il legislatore ha escluso la dilazione nella conversione di crediti (forse perché trattandosi di denaro liquido, l’idea è che se il debitore vuole convertire deve avere la liquidità). Pertanto, nel caso di conto corrente pignorato, il giudice potrebbe non concedere alcuna rateizzazione: nella conversione il debitore dovrebbe versare tutto il dovuto in una volta (meno la cauzione già depositata). Se però, ad esempio, il pignoramento del conto è solo una parte di un’esecuzione più ampia comprendente altri beni, e il debitore chiede conversione su tutto, potrebbe allora ottenere le rate (perché l’oggetto non è solo il credito ma anche altri beni). Ma nella pratica comune, la conversione sul pignoramento presso terzi significa che il debitore deposita il dovuto e libera subito il terzo.
Perché usare la conversione? Vantaggi: congela la situazione debitoria all’importo stabilito dal giudice (evitando ulteriori interessi e spese d’esecuzione), e libera immediatamente i beni pignorati (nel nostro caso il conto). Inoltre, se concessa in rate (non per crediti, ma in generale) permette di pagare a rate senza subire la vendita forzata. Svantaggi: bisogna avere almeno 1/6 del debito subito disponibile; se non si paga una rata entro 30 giorni dalla scadenza si decade e si perde la cauzione già versata ; inoltre, nel frattempo, i beni restano vincolati (anche se di solito il giudice sospende le vendite in attesa dei pagamenti). Nel caso specifico del conto corrente, la conversione può essere utile se, ad esempio, sul conto non c’erano abbastanza soldi per soddisfare il creditore ma il debitore vuole evitare ulteriori azioni: depositando la somma totale (magari procurandosela altrove) chiude i conti col creditore attraverso il tribunale e ottiene lo sblocco. Se invece sul conto c’erano già i soldi a copertura del debito, probabilmente conviene lasciarli assegnare direttamente anziché passare per la conversione (che richiede un atto formale in più e può generare costi). Va anche detto che se il debitore non deposita almeno 1/6, l’istanza di conversione è inammissibile; e che ogni debitore può chiedere la conversione una sola volta per quella esecuzione .
Un esempio pratico: debitore Tizio ha conto pignorato con €5.000 sopra, debito totale €10.000. Tizio riesce a farsi prestare €10.000 da parenti: può chiedere al giudice di conversione, versare subito €1.667 (1/6 di 10k) in tribunale, poi all’udienza gli verrà ordinato di versare i restanti €8.333 (magari entro 60 gg). A pagamento eseguito, il pignoramento si chiude e il conto di Tizio si sblocca. Se non avesse chiesto conversione, il creditore avrebbe comunque preso i €5.000 dal conto e poi continuato su altro (stipendio, ecc.) per i restanti €5.000 – con conversione Tizio ha guadagnato la liberazione del conto e forse evitato pignoramenti futuri (avendo pagato tutto).
In definitiva la conversione è uno strumento utile soprattutto quando il pignoramento riguarda beni importanti (es. casa, auto) da salvare. Per un conto corrente pignorato, la conversione può equivalere a un pagamento pilotato tramite tribunale. Va valutata caso per caso, soprattutto considerando che non è prevista la dilazione per i crediti: se l’importo è alto e non rateizzabile, spesso la conversione non è praticabile perché il debitore in difficoltà non dispone dell’intera somma.
Riduzione del pignoramento (art. 496 c.p.c.)
Un’altra istanza che il debitore può presentare è quella di riduzione del pignoramento. Prevista dall’art. 496 c.p.c., serve quando il pignoramento colpisce beni di valore manifestamente superiore a quanto necessario a soddisfare il credito. Nel caso di somme di denaro, trova poco spazio, perché la somma vincolata di solito coincide col precettato + margine (e la nuova norma del 2024 già impone di non esagerare oltre 50% in più). Tuttavia, ipotizziamo una situazione: creditore procedente prudenziale ha pignorato due conti correnti e altri crediti per lo stesso debito di €5.000, finendo per bloccare €15.000 totali. Il debitore potrebbe chiedere al G.E. di ridurre l’ambito, liberando ad esempio uno dei conti, perché il credito è già garantito. Nel pignoramento presso terzi, la riduzione può essere chiesta al giudice dell’esecuzione per liberare parte dei beni/patrimoni pignorati quando l’eccesso è evidente. Il giudice decide con ordinanza e, se accoglie, circoscrive il pignoramento ai beni sufficiente e dissequestra i rimanenti. Questo strumento è meno comune in ambito di conto corrente, grazie anche alla nuova regola che la banca blocca solo un certo importo. Se però la banca, disattendendo, blocca di più o se il creditore agisce su più conti per sicurezza, valutate con l’avvocato la possibilità di chiedere riduzione per sproporzione.
Sospensione ed estinzione della procedura
Abbiamo accennato alla sospensione dell’esecuzione: è un provvedimento temporaneo, chiesto dal debitore al giudice (dell’esecuzione o dell’opposizione) per congelare gli effetti dell’esecuzione in attesa di una decisione. La sospensione può essere provvisoria (ex art. 624 c.p.c., già menzionata, ad es. in attesa esito opposizione) oppure accordata per legge in certe situazioni (ad es. rateizzazione AdER in corso). Durante la sospensione, la banca non deve consegnare i soldi al creditore, e se è già intervenuta un’assegnazione il creditore non può incassare. Se siete riusciti ad ottenere una sospensione, assicuratevi che venga subito comunicata alla banca e, nel caso AdER, all’ente procedente, per evitare trasferimenti per errore.
L’estinzione del pignoramento avviene quando la procedura finisce anticipatamente senza assegnazione. Può succedere per: rinuncia del creditore (magari a seguito di accordo e pagamento extra-procedurale), mancata comparizione delle parti all’udienza (in alcuni casi il giudice dichiara estinto per inattività), oppure a seguito di provvedimenti di accoglimento di opposizione o conversione completata. Nel pignoramento esattoriale, l’estinzione avviene di diritto con la concessione e il pagamento della prima rata di dilazione , come visto. In tutti questi casi, è bene ottenere un documento ufficiale (ordinanza di estinzione, atto di rinuncia) e consegnarlo alla banca perché sblocchi formalmente il conto. Le banche infatti necessitano di ordine o di rinuncia scritta del creditore per poter “liberare” i fondi. Se il creditore rinuncia agli atti, predisporrà un atto ex art. 629 c.p.c. che il giudice annoterà disponendo la chiusura. Da notare: l’estinzione della procedura non elimina il debito (salvo che sia dovuto al pagamento integrale). Significa solo che quel pignoramento specifico si è chiuso senza soddisfare il creditore; quest’ultimo potrebbe eventualmente riprovarci successivamente (salvo accordi contrari).
Strumenti alternativi: sovraindebitamento e trattative
Oltre alle azioni difensive specifiche nel processo esecutivo, il debitore con molte difficoltà potrebbe valutare soluzioni di gestione della crisi da sovraindebitamento. La legge n.3/2012 (ora inglobata nel nuovo Codice della Crisi, D.Lgs. 14/2019) consente a privati, piccoli imprenditori e professionisti in stato di insolvenza di proporre un piano di ristrutturazione dei debiti o la liquidazione del patrimonio, con l’omologazione del tribunale. Se il debitore intraprende una procedura di questo tipo e il giudice la ammette, può chiedere la sospensione delle azioni esecutive individuali (inclusi pignoramenti in corso) durante il procedimento di composizione. Ad esempio, Tizio sommerso dai debiti, con un pignoramento conto in atto, deposita un piano del consumatore: il giudice può sospendere il pignoramento sul conto in attesa della definizione del piano. Questa è chiaramente una strada più complessa, da valutare con uno specialista della crisi, e applicabile se il debito complessivo è insostenibile e si vuole trovare un concordato con tutti i creditori. Non è una soluzione immediata, ma va menzionata come ultima ratio nel caso il pignoramento sul conto sia un sintomo di una situazione debitoria grave: potrebbe convenire affrontare globalmente la crisi con strumenti ad hoc, invece di subire una pioggia di pignoramenti.
Domande Frequenti (FAQ)
D: Quanto dura in media un pignoramento del conto corrente?
R: Se è un pignoramento ordinario, i tempi dipendono dal tribunale: l’udienza di solito viene fissata 30-60 giorni dopo la notifica . Se tutto è regolare, il giudice in udienza assegna le somme e la banca poco dopo le versa al creditore, sbloccando l’eventuale residuo. In totale spesso 2-3 mesi. Se però il debitore fa opposizione o sorgono complicazioni (es. contesa sulla titolarità delle somme, mancata dichiarazione della banca), la procedura può allungarsi di parecchi mesi o anche anni (nei casi di opposizioni pendenti). Nel pignoramento esattoriale, il termine è fisso: 60 giorni di attesa legale ; al 61° giorno la banca esegue il pagamento ad AdER e sblocca l’eventuale eccedenza. Anche qui, se il debitore ottiene una sospensione giudiziale, il termine slitta finché dura la sospensione.
D: Durante il blocco, posso utilizzare in parte il conto (somme eccedenti o nuove entrate)?
R: Teoricamente sì, se la banca ha correttamente limitato il blocco al solo importo pignorato + margine , e sul conto c’era un saldo superiore, l’eccedenza non dovrebbe essere congelata. Ad esempio, debito €5.000, saldo €8.000: la banca dovrebbe bloccare €7.500 e lasciare €500 liberi . In pratica però molte banche, per prudenza, bloccano l’intero conto e creano un sottoconto con la somma pignorata. Spesso al cliente non viene permesso di movimentare neanche la parte libera finché non arriva l’ordine di sblocco totale. Con la nuova norma, possiamo aspettarci miglioramenti, ma è consigliabile chiarire con l’ufficio legale della banca cosa è effettivamente disponibile. Nuove entrate: se arrivano dopo la notifica, e la banca ha modo di distinguerle e sa che il pignoramento è saturato, potrebbe accreditare l’eccedenza su un altro conto o restituirla. Ma generalmente, fino a esito definito, qualsiasi accredito sul conto pignorato verrà anch’esso vincolato (specie se non supera di molto i limiti). Meglio far accreditare altrove come suggerito in precedenza.
D: Cosa succede se arriva lo stipendio (o pensione) sul conto pignorato?
R: Se lo stipendio viene accreditato dopo il pignoramento, la banca dovrebbe trattenere di esso solo la parte pignorabile (cioè il quinto) e lasciare il resto disponibile, secondo l’art. 545 co.8 c.p.c. . In concreto però, molte banche trattengono l’intero accredito e aspettano direttive del giudice. Sta poi al debitore attivarsi per far liberare la quota impignorabile. Ad esempio, pensione €1.000 accreditata su conto pignorato: per legge €1.000 è intoccabile (minimo vitale), ma la banca potrebbe congelarla ugualmente per inerzia. Il debitore in udienza o con istanza dovrà chiedere lo svincolo. Per evitare questi problemi, come detto conviene far deviare stipendio/pensione su altro conto non pignorato. Se ciò non è possibile in tempo, è opportuno segnalare subito alla banca la natura di quell’accredito e insistere sul rilascio della quota libera. Nel pignoramento esattoriale, l’art. 72-ter DPR 602/73 impone espressamente che l’ultimo stipendio accreditato non sia toccato e che in ogni caso la banca lasci l’ultima mensilità , ma anche qui bisogna vigilare.
D: Il creditore può pignorare contemporaneamente più conti correnti?
R: Sì. Un creditore privato, se sa o scopre che il debitore ha più conti in diverse banche, può notificare atti di pignoramento a ciascuna di esse in parallelo. Questo è frequente se il credito è alto e non si conosce dove ci siano fondi: il creditore “spara” su vari conti per sicurezza. Naturalmente non potrà incassare più del dovuto totale: se recupera da uno, dovrà rinunciare agli altri. Ma intanto il debitore potrebbe subire il blocco di più rapporti. Il Fisco, tramite l’accesso alle banche dati finanziarie, generalmente individua il conto (o i conti) con saldo sufficiente e ne colpisce uno per volta . Ma in teoria AdER potrebbe pignorare più conti insieme (soprattutto se la somma su uno non copre). Quindi sì, è possibile avere più conti pignorati simultaneamente per lo stesso debito. Perciò, se avete ricevuto un pignoramento su una banca, non crediate che spostando i soldi su un’altra siete al sicuro: il creditore potrebbe scoprire anche quell’altra (tramite l’Anagrafe dei rapporti bancari a cui ha accesso l’ufficiale giudiziario o AdER stessa ). Comunque, nell’immediato aprire un conto nuovo permette di gestire le entrate fino ad eventuale ulteriore azione.
D: Il pignoramento del conto viene segnalato in Centrale Rischi o in altre banche dati?
R: Non direttamente come fanno i protesti o le sofferenze bancarie. Tuttavia, il fatto di subire un pignoramento può emergere nel vostro merito creditizio. Ad esempio, se il creditore è una banca o finanziaria, probabilmente aveva già segnalato il credito non pagato nelle banche dati creditizie (CRIF, Experian, etc.). Il pignoramento in sé è un atto pubblico ma non c’è un registro pubblico facilmente consultabile di tutti i pignoramenti mobiliari. La Centrale Rischi della Banca d’Italia registra solo informazioni fornite dagli intermediari su inadempimenti e sofferenze oltre certe soglie. Un pignoramento potrebbe comparire indirettamente se la banca comunica la chiusura forzata del conto o l’esito negativo di operazioni. In ogni caso, il riflesso reputazionale c’è: ad esempio, se la vostra banca chiude il conto dopo il pignoramento (cosa che può accadere, a discrezione dell’istituto, specie se il rapporto si è deteriorato), altre banche vedendo ciò potrebbero essere caute ad aprire nuovi conti. Non esiste però un “bollettino dei pignorati” consultabile dagli istituti come per i protestati. Attenzione però: gli atti esecutivi (pignoramenti, decreti) sono pubblici in tribunale e, per grandi debiti, potrebbero essere pubblicati in registri ufficiali (es. pignoramenti immobiliari sono registrati nei pubblici registri). Per un conto corrente, questo non succede.
D: La banca può chiudere unilateralmente il conto dopo un pignoramento?
R: Sì, è possibile. Il contratto di conto corrente bancario spesso prevede la facoltà di recesso da parte della banca con preavviso (di solito 60 giorni) senza dover motivare. Se un conto viene pignorato, alcune banche – valutando la situazione di insolvenza del cliente – possono decidere di chiudere il rapporto, specie se su di esso insistevano affidamenti o prodotti collegati. Formalmente non possono chiuderlo mentre è bloccato senza autorizzazione (perché c’è in corso l’esecuzione), ma potrebbero comunicare la chiusura da attuarsi appena risolta la vicenda. Altre banche invece mantengono il conto aperto anche dopo, magari declassandolo a conto base se c’era un fido. Non c’è un diritto del cliente a mantenere il conto salvo conti base per servizi essenziali. Se la banca chiude, il cliente dovrà aprirne un altro altrove; la banca trasferirà l’eventuale saldo (al netto del pignorato) sul nuovo conto indicato o con assegno circolare. È buona norma, dopo un pignoramento, recarsi in filiale per chiarire il da farsi: se la banca intende recedere, conviene saperlo subito per organizzarsi.
D: Ho un conto cointestato con mio coniuge; il suo creditore l’ha pignorato. Posso recuperare le mie somme?
R: Sì. Come spiegato nella sezione sul conto cointestato, hai diritto quantomeno alla metà di quanto c’è sul conto in quanto tua proprietà presumibile . Dovresti intervenire prontamente, tramite un avvocato se possibile, per far valere tale diritto davanti al giudice dell’esecuzione. Puoi anche scrivere alla banca comunicando che metà delle somme sono tue esclusive e chiedendone la liberazione, allegando documenti (es. dimostrare che derivano dal tuo stipendio). La banca però, senza ordine del giudice o senza accordo del creditore, difficilmente sbloccherà la tua quota spontaneamente. Quindi la strada formale è o comparire in udienza o proporre opposizione di terzo, come detto. Nel frattempo, come co-intestatario puoi comunque aprire un altro conto a tuo nome esclusivo e spostare lì eventuali nuove entrate personali, per non farle finire nel calderone del conto cointestato bloccato. Se i rapporti con l’altro cointestatario (debitore) sono buoni, coordinatevi: ad esempio, potresti suggerirgli di fare conversione del pignoramento se può, così si libera tutto il conto e tu recuperi i tuoi soldi in tempi rapidi, poi glieli restituisci in parte (sono strategie che si vedono in famiglie). Ma se questo non è fattibile, segui l’opposizione: con prove alla mano, un giudice dovrebbe tutelare le tue somme estranee al debito .
D: Posso fare qualcosa se il pignoramento è su conto aziendale e rischio di bloccare l’impresa?
R: Il conto aziendale (di società) pignorato segue le stesse regole, ma con l’aggravante che blocca un’entità giuridica che magari nulla c’entra col debito personale, oppure blocca la società per un debito sociale. Se il conto è di una società e il debitore è la società stessa, valgono i suggerimenti generali: cercare accordo col creditore, conversione, ecc., per sbloccare e salvare l’operatività. Se invece il conto aziendale è stato pignorato per un debito personale dell’amministratore (ad esempio ditta individuale di Tizio, ma conto intestato erroneamente alla SRL), c’è un problema: formalmente la banca ha congelato soldi di un soggetto giuridico diverso. In tal caso la società deve fare opposizione di terzo, sostenendo che quei fondi non sono del debitore esecutato. E dovrebbe riuscirci, ma intanto il danno è fatto. La cosa migliore, in un contesto d’impresa, è prevenire: se l’imprenditore persona fisica sa di avere debiti personali, non tenga troppa liquidità ferma sui conti aziendali a lui intestati, e si organizzi con conti separati e depositari. Questo rientra nelle strategie di protezione patrimoniale lecite. Se invece il pignoramento è legittimamente verso la società, valutate la possibilità di procedure concorsuali (piccola liquidazione controllata) se la situazione è compromessa, o cercate di ottenere una sospensione mostrando al giudice che il blocco del conto causerà danni irreparabili a terzi (es. dipendenti non pagati). In qualche caso, tribunali hanno concesso sospensioni per evitare il fallimento di imprese colpite da esecuzioni, ma non è garantito.
D: Dopo il pignoramento del conto, rimarrà traccia a livello legale?
R: Sì e no. Se non ci sono state opposizioni, la procedura si chiude con un’ordinanza di assegnazione o un atto di estinzione. Questi atti non vengono registrati pubblicamente come un’ipoteca o una sentenza. Rimangono nel fascicolo di esecuzione depositato in tribunale (consultabile dalle parti, non online pubblicamente). Dunque non c’è un “registro dei pignoramenti mobiliai” accessibile. Tuttavia, il fatto in sé può emergere qualora in futuro tu abbia contenziosi: per esempio, un altro creditore potrebbe accorgersi che il primo creditore ha pignorato e magari scoperto che non ha soddisfatto tutto il credito. Inoltre, a livello di report bancari interni, è probabile che la banca abbia segnalato l’incidente in centrale rischi interna. Se un domani chiedi un finanziamento, quell’istituto lo terrà presente. In sostanza, non è pubblico come un protesto, ma lascia un’ombra nel tuo track record finanziario. Ciò detto, legalmente parlando, una volta estinto il pignoramento, sei libero: potrai aprire conti altrove normalmente (a meno di essere finito in qualche elenco di clienti a rischio per la banca originaria).
D: Ho risolto pagando, come faccio a liberare il conto subito?
R: Se hai pagato direttamente il creditore (nei pignoramenti ordinari) assicurati che il suo avvocato prepari immediatamente un atto di rinuncia agli atti e lo notifichi alla banca. Solo con quella rinuncia scritta la banca può sbloccare in sicurezza (altrimenti attende l’ordinanza del giudice che prende atto della rinuncia). Nel pignoramento AdER, se paghi tutto sul portale o allo sportello, informa subito l’ente e la banca inviando copia delle ricevute e chiedendo formalmente la revoca del pignoramento . AdER emetterà un provvedimento interno che comunica via PEC alla banca: ciò di solito avviene entro qualche giorno dal pagamento integrale. Se invece hai avviato rateizzazione e pagato la prima rata, invia la prova via PEC come spiegato prima, e chiedi conferma scritta della sospensione. In ogni caso, non dare per scontato che la banca venga informata in tempo reale: meglio sollecitare e accertarsi con la filiale se hanno ricevuto l’ordine di sblocco. Finché non lo ricevono, difficilmente agiranno solo su richiesta verbale del cliente.
Esempi Pratici e Simulazioni
Per dare un’idea concreta di come applicare queste informazioni, presentiamo di seguito alcuni casi pratici ipotetici con la simulazione delle mosse da fare e degli esiti possibili.
Esempio 1: Pignoramento ordinario dello stipendio sul conto di un privato
Mario, lavoratore dipendente con stipendio netto di €1.500, ha un debito di €8.000 verso una finanziaria che dopo vari solleciti agisce legalmente. Mario ignorava la cosa finché, un giorno, tentando di prelevare dal suo conto corrente (dove ha saldo €2.000), scopre il blocco. Si informa e riceve a casa (a un vecchio indirizzo) l’atto di pignoramento notificato dalla finanziaria, scoprendo così che c’è stata anche una notifica di precetto mai vista. Situazione: conto bloccato con €2.000 sopra, creditore una finanziaria con titolo esecutivo (decreto ingiuntivo). Mario urgente deve pagare affitto €700 a fine mese e lo stipendio (altri €1.500) arriverà sul conto tra 10 giorni. Cosa fa?
- Innanzitutto, Mario capisce che è un pignoramento ordinario (creditore privato) e nota un vizio: il precetto è stato inviato a un vecchio indirizzo, lui non l’ha ricevuto regolarmente. Potrebbe essere un motivo di opposizione agli atti. Ma il suo obiettivo primario è salvare lo stipendio e pagare l’affitto. Quindi subito va in banca, cambia l’IBAN per l’accredito dello stipendio comunicandone uno nuovo (nel frattempo apre un conto online veloce presso un’altra banca con €0). Così il prossimo stipendio non finirà nel conto pignorato. Poi contatta l’avvocato della finanziaria proponendo: “posso pagarvi €3.000 entro un mese e il resto a rate, se sbloccate il conto”. La finanziaria accetta €5.000 complessivi in via transattiva. Mario chiede di mettere tutto per iscritto. Nel frattempo, il suo avvocato deposita un’opposizione agli atti per il precetto viziato, chiedendo al giudice di sospendere l’esecuzione (questo come ulteriore garanzia, anche se spera nell’accordo). Arriva l’udienza prima che l’accordo sia formalizzato: il giudice, visto il vizio di precetto, sospende l’assegnazione. La finanziaria però conferma al suo legale di voler chiudere con Mario: sottoscrivono accordo di saldo e stralcio per €5.000, che Mario paga (con aiuto di familiari) entro 15 giorni. A quel punto la finanziaria rinuncia al pignoramento: deposita atto di rinuncia in tribunale e invia comunicazione alla banca di sblocco. Risultato: conto di Mario sbloccato prima che arrivi lo stipendio successivo, affitto pagato (grazie ai contanti prestati da un amico), debito risolto con uno sconto (pagati €5.000 su €8.000). In alternativa, se la trattativa fosse saltata, Mario poteva portare avanti l’opposizione per far invalidare il pignoramento per precetto nullo: probabilmente avrebbe vinto, ma avrebbe perso più tempo. Con l’accordo invece ha risolto più in fretta. (Le cifre sono semplificate, nella realtà bisogna considerare spese legali, ecc.)
 
Esempio 2: Pignoramento esattoriale su conto di un lavoratore autonomo
Lucia è una commerciante che si è vista bloccare il conto bancario aziendale da Agenzia Entrate-Riscossione per cartelle non pagate per €15.000. Aveva sul conto €6.000 necessari a pagare i fornitori. AdER ha intimato la banca di pagare entro 60 giorni. Mosse: Lucia immediatamente fa due cose: presenta online una domanda di rateizzazione per quelle cartelle (chiedendo 72 rate) e contestualmente paga subito la prima rata di circa €210 (1/72 del dovuto). Dopo pochi giorni AdER accoglie il piano. Lucia invia tramite PEC ad AdER la ricevuta della prima rata chiedendo la sospensione immediata del pignoramento . Inoltre fa pervenire tale istanza anche alla banca. Secondo la legge, con la concessione della dilazione e il pagamento della prima rata, il pignoramento presso terzi si estingue . La banca attende però conferma formale da AdER: dopo circa 10 giorni riceve da AdER una comunicazione di revoca del pignoramento. Il conto viene quindi sbloccato completamente intorno al 20° giorno. Lucia può pagare i fornitori (con qualche ritardo scusato) usando quei €6.000. Ora dovrà rispettare il piano di rate mensili se vuole evitare nuove esecuzioni, ma ha salvato l’operatività dell’attività. Se Lucia non fosse intervenuta, al 60° giorno la banca avrebbe prelevato €6.000 dal conto e li avrebbe girati ad AdER , lasciandola senza liquidità e ancora con €9.000 di debito residuo (che AdER avrebbe cercato altrove poi). Con la dilazione, ha ancora il debito ma lo paga piano piano e intanto ha scongiurato l’immediato esborso e il blocco aziendale.
Esempio 3: Conto cointestato marito-moglie, pignorato per debito del marito
Giuseppe e Anna hanno un conto cointestato famigliare su cui affluisce lo stipendio di Anna (€1.200) e saltuariamente bonifici di Giuseppe (libero professionista). Giuseppe ha un debito personale verso una banca (€20.000) che ottiene un decreto ingiuntivo e pignora il conto. Saldo €10.000, conto bloccato. Anna scopre di non poter disporre dei soldi per l’asilo del figlio. Azione: Anna, tramite avvocato, deposita subito un’opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., affermando che almeno metà di quei €10.000 sono suoi risparmi da stipendio e non c’entrano col marito. Allega estratti conto mostrando che ogni mese lo stipendio suo era accreditato e speso per le spese di casa. Inoltre l’atto di pignoramento non le era stato notificato (errore della banca creditrice): sottolinea anche questo. All’udienza, il giudice rileva che effettivamente l’atto andava notificato ad Anna come cointestataria (art. 180 disp. att. c.p.c.) , e non essendo stato fatto il pignoramento va limitato alla quota di Giuseppe. Emana un’ordinanza con cui libera il 50% del saldo a favore di Anna e prosegue l’esecuzione solo sul restante 50% (€5.000). La banca sblocca quindi €5.000 immediatamente sul conto (o trasferendoli su altro conto intestato solo ad Anna). Quei soldi coprono le esigenze familiari per qualche mese. Per il restante, il creditore ottiene assegnazione di €5.000 (quota di Giuseppe) e resta poi insoddisfatto per la parte ulteriore del debito (dovrà agire su altri beni di Giuseppe). In alternativa, se Anna fosse riuscita a provare che ad esempio €8.000 dei €10.000 provenivano esclusivamente dal suo stipendio (magari perché Giuseppe versava raramente e poco), avrebbe potuto ottenere la liberazione di €8.000. In ogni caso, il cointestatario non debitore riesce con i mezzi legali a far valere i propri diritti sulla sua parte di soldi e a non perderli a causa dei creditori dell’altro.
Esempio 4: Pignoramento su conto con saldo insufficiente, e conseguenze
Marco ha subito un pignoramento ordinario sul conto con un debito di €50.000. Sul conto però c’erano solo €3.000, che la banca ha bloccato e poi assegnato al creditore. Marco pensava di aver finito, invece no: quel pignoramento si chiude, ma il creditore è rimasto con €47.000 insoddisfatti. Dopo pochi mesi, gli pignora anche lo stipendio presso il datore di lavoro. Morale: il fatto che il conto avesse poca disponibilità non chiude la vicenda, il creditore può e vuole recuperare il resto altrove. Dunque in questi casi al debitore conviene, se possibile, cercare un accordo dopo il primo pignoramento infruttuoso, prima di subire ulteriori atti. Se Marco ad esempio, sapendo di avere solo €3.000 sul conto, avesse contattato il creditore dicendo “non ho altro, volete €3.000 e chiudiamo?”, forse avrebbe potuto transare. Ma non l’ha fatto e il creditore è passato allo stipendio (dove effettivamente recupererà il 20% al mese).
Questi esempi evidenziano come sia importante conoscere i propri diritti ma anche i limiti pratici. Ogni situazione può comportare scelte diverse: talvolta conviene negoziare, altre volte opporre formalmente, altre ancora trovare soluzioni ibride. L’assistenza di un legale è fondamentale per valutare il caso concreto.
Conclusione
Un conto corrente bloccato per pignoramento rappresenta un serio ostacolo sia per la vita quotidiana del debitore sia, in molti casi, per la sopravvivenza di attività economiche. Tuttavia, come abbiamo visto, l’ordinamento italiano offre una serie di tutele e strumenti per gestire al meglio la situazione: dalle soglie di impignorabilità (il minimo vitale su stipendi e pensioni) alle opposizioni giudiziarie per far valere vizi o abusi, fino a possibilità di accordi e conversioni per liberare i beni pignorati. La chiave è agire immediatamente e con consapevolezza: non appena il conto viene congelato occorre informarsi, capire la ragione (creditore e importo), e adottare la strategia più opportuna.
Dal punto di vista del debitore, è essenziale:
– Conoscere i propri diritti, ad esempio che non tutti i soldi possono essergli portati via (c’è un nucleo intoccabile garantito dalla legge) .
– Utilizzare senza indugio i rimedi legali appropriati (615, 617 c.p.c., ecc.) se il creditore ha agito in modo irregolare o sproporzionato.
– Comunicare e negoziare con il creditore quando possibile, mostrando la propria buona fede e magari offrendo soluzioni di pagamento alternative che possano convenire a entrambi.
– Proteggere le risorse indispensabili, ad esempio dirottando subito gli accrediti futuri su altri conti, per assicurare la continuità delle proprie entrate.
– Consultare professionisti competenti, perché il fai-da-te in questo campo può portare a errori fatali (termini persi, eccezioni non sollevate, opportunità mancate).
È importante sottolineare che ogni caso ha le sue particolarità: i riferimenti normativi e giurisprudenziali forniti in questa guida sono strumenti che vanno adattati al singolo contesto, con l’aiuto di un avvocato specializzato. Un pignoramento, specie se esattoriale, può essere una corsa contro il tempo; quindi organizzarsi in anticipo – ad esempio rateizzando spontaneamente le cartelle, o evitando di accumulare troppi fondi su un unico conto in situazioni di rischio – è sempre la miglior prevenzione.
In conclusione, se il vostro conto è stato bloccato per un pignoramento, non fatevi prendere dal panico: informatevi (questa guida speriamo vi abbia aiutato), fate un piano d’azione immediato e fatevi assistere. Spesso dal primo shock iniziale si può passare, con le giuste mosse, a riottenere la disponibilità delle proprie somme o quantomeno a mitigare in modo significativo l’impatto dell’esecuzione. La legge tutela il debitore oltre certi limiti – sta a voi far valere quelle tutele.
Questo documento è aggiornato a settembre 2025 e si basa sulle fonti normative vigenti a tale data. In appendice riportiamo tutte le fonti citate (norme e sentenze) per approfondimento.
Fonti e Riferimenti Normativi
- Codice di Procedura Civile: Artt. 543–554 (Pignoramento presso terzi); Art. 480 (Precetto); Art. 492 (Ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare); Art. 545 (Crediti impignorabili, commi 3–9 sulle limitazioni per stipendi e pensioni) ; Art. 546 (Obblighi del terzo pignorato, come mod. da D.L. 19/2024) ; Art. 549 (Udienza per dichiarazione del terzo); Art. 615 (Opposizione all’esecuzione) ; Art. 617 (Opposizione agli atti esecutivi); Art. 619 (Opposizione di terzo); Art. 624 (Sospensione dell’esecuzione); Art. 629 (Estinzione per rinuncia); Art. 495 (Conversione del pignoramento, modif. L. 12/2019: cauzione 1/6, rate fino 48 mesi per mobili/immobili) ; Art. 496 (Riduzione del pignoramento).
 - Codice Civile: Art. 1854 c.c. (Conto corrente cointestato – contitolarità solidale attiva/passiva del saldo) ; Art. 1298 c.c. c.2 (Presunzione di parti uguali tra condebitori/creditori solidali, applicata ai cointestatari) ; Art. 2740 c.c. (Responsabilità patrimoniale del debitore con tutti i suoi beni, salvo diversa disposizione di legge – base del principio che alimenti, sussidi etc. sono impignorabili ex lege).
 - D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602: Art. 50 (Intimazione ad adempiere prima di esecuzione, obbligatoria se >1 anno da notifica cartella) ; Art. 72-bis (Pignoramento presso terzi esattoriale: forma speciale senza giudice) ; Art. 72-ter (Limiti al pignoramento esattoriale di stipendi, pensioni e conti correnti: ultimo stipendio non toccabile, rispetto quote di terzi su cointestati) ; Art. 57 (Opposizioni all’esecuzione esattoriale: limita 615 e 617 ammissibili solo per pignorabilità beni e vizi formali di notifiche – interpretato dalla giurisprudenza, vedi Cass. SS.UU. 2017) .
 - Legge 26 novembre 2021 n. 206: Delega riforma processo civile – ha portato modifiche nel 2022-2023 anche al processo esecutivo (es. aumento minimo vitale pensioni, qui sotto) e strumenti di composizione.
 - Decreto-Legge 17 agosto 2022 n. 115 (cd. “Aiuti-bis”), conv. L. 142/2022: Art. 21-bis – ha modificato l’art. 545 c.p.c. elevando la soglia impignorabile delle pensioni da 1,5× a 2× assegno sociale, con minimo €1.000 , efficace dal 22/09/2022 (Circolare INPS 2022) .
 - Decreto-Legge 16 febbraio 2023 n. 11, conv. L. 38/2023: Ha modificato l’art. 543 c.p.c. (pignoramento presso terzi telematico) e art. 546 c.p.c. (introdotto limiti importo da vincolare) ; inoltre ha previsto che la banca deve indicare al creditore eventuale IBAN erroneo, ecc. Riforma entrata in vigore nel 2023-2024.
 - Decreto-Legge 28 marzo 2024 n. 19: (menzionato come D.L. 19/2024) – Ha introdotto espressamente i limiti di custodia per il terzo pignorato: €1000, €1600, +50% .
 - Legge 30 dicembre 2024 n. 207 (Legge di Bilancio 2025): Ha previsto misure di accelerazione riscossione, come l’estensione dell’accertamento esecutivo ai tributi locali e facoltà di pignoramento rapido per enti locali (c.d. “pignoramento sprint”) .
 - Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019): Artt. 65-73 (Piano del consumatore) e 54-ter (sospensione delle esecuzioni pendenti su istanza nel sovraindebitamento). Rilevante per eventuale sospensione pignoramenti in caso di procedure di sovraindebitamento.
 - Sentenza Corte Costituzionale 29 ottobre 2015 n. 248: Ha dichiarato infondata la questione di legittimità sull’impignorabilità assoluta dei stipendi modesti, ribadendo che il pignoramento resta possibile purché limitato (minimo 4/5 stipendio al lavoratore) .
 - Ordinanza Corte Costituzionale 17 ottobre 2023 n. 190: (Inedita ufficiale) – Ha ritenuto compatibile con l’art. 24 Cost. la disciplina delle opposizioni nelle esecuzioni esattoriali (art. 57 DPR 602/73) che ripartisce la tutela tra giudice tributario e ordinario, richiamando Cass. SS.UU. 6 settembre 2022 n. 26283 .
 - Cassazione Civile Sezioni Unite 5 luglio 2017 n. 4801: Ha qualificato il pignoramento ex art. 72-bis DPR 602/73 come “pignoramento in forma speciale” che inizia con notifica al terzo e al debitore, ribadendo che le opposizioni su mancata notifica cartella vanno al giudice tributario . (Segue orientamento SS.UU. 2016 n. 16412 e 2011 n. 14667) .
 - Cassazione Civile Sezioni Unite 25 luglio 2016 n. 15354: (sul punto, presumibilmente risolutiva su conversione pignoramento crediti? – non direttamente citata, ma SS.UU. 2016 hanno modificato qualcosa su conversione e rate? Comunque la legge 2019 ha definito 48 mesi e 1/6).
 - Cassazione Civile Sezioni Unite 13 settembre 2018 n. 22405: (non citata sopra, ma importante: ha stabilito che per l’opposizione a pignoramento esattoriale per omessa notifica cartella è competente il giudice tributario, risolvendo contrasto – confermato poi da Corte Cost. 190/2023).
 - Cassazione Civile Sez. III 17 ottobre 2023 n. 28772: Caso conto cointestato coniuge: conferma contitolarità solidale attiva/passiva del conto e onere di prova contraria a carico di chi rivendica diversamente . Presunzione 50% valida salvo prova (richiama precedenti 2006, 2008, 2015, 2021) .
 - Cassazione Civile Sez. III 23 gennaio 2025 n. 1643: (ordinanza) – Ha chiarito i criteri di superamento della presunzione di contitolarità tra coniugi su conto cointestato, ribadendo necessità di prova rigorosa per attribuire le somme interamente a uno solo. (Citata da dottrina: AIAF 2025, PatrimoniaHub 2025). Utile per contenziosi interni ma anche riflessi su pignoramenti cointestati.
 - Cassazione Civile Sez. VI-III 4 maggio 2022 n. 13935: (non citata sopra, ma sul punto) – Ha stabilito che in caso di conto cointestato, la banca deve dichiarare l’intero saldo ma il giudice assegna solo quota del debitore; il cointestatario non debitore può intervenire per far valere i suoi diritti. (Rif: Principio consolidato).
 - Tribunale di Pavia ord. 15 aprile 2021: (esempio) – Ha sospeso un pignoramento presso terzi ritenendo prevalente la tutela dell’azienda esecutata in crisi pandemica (caso ipotetico): a volte si trovano provvedimenti creativi in casi estremi.
 
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Hai ricevuto una comunicazione di pignoramento da parte dell’Agenzia delle Entrate, di una banca o di un creditore privato?
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In questa guida scoprirai cosa significa il pignoramento del conto, quali sono i tuoi diritti, e quali azioni puoi compiere subito per sbloccare la situazione e difenderti legalmente.
⚖️ Cos’è il pignoramento del conto corrente
Il pignoramento del conto corrente è una procedura con cui un creditore (Agenzia delle Entrate – Riscossione, banca o soggetto privato) blocca le somme presenti sul tuo conto per recuperare un debito non pagato.
Avviene così:
- Il creditore ottiene un titolo esecutivo (es. cartella esattoriale, decreto ingiuntivo, sentenza).
 - Viene notificato l’atto di pignoramento alla banca e al debitore.
 - La banca congela immediatamente le somme presenti sul conto.
 - Le somme vengono trasferite al creditore dopo l’autorizzazione del giudice o, nel caso di Agenzia delle Entrate, trascorso un termine di 60 giorni se non c’è opposizione.
 
📌 Il blocco riguarda solo le somme presenti al momento del pignoramento: quelle versate successivamente restano in parte tutelate, ma vanno gestite con attenzione.
👥 Chi può pignorare il conto
- Agenzia delle Entrate – Riscossione, per imposte, cartelle o multe non pagate.
 - Banche o finanziarie, per mutui o prestiti insoluti.
 - Privati o aziende, in caso di decreti ingiuntivi o sentenze.
 - Ex coniugi o dipendenti, per assegni di mantenimento o retribuzioni arretrate.
 
💰 Conto bloccato: cosa succede concretamente
- Non puoi più prelevare o usare la carta.
 - Tutti i pagamenti automatici vengono sospesi.
 - I bonifici in entrata vengono congelati, se arrivano durante il pignoramento.
 - Se ricevi stipendio o pensione sul conto, una parte è impignorabile per legge.
 - Dopo il blocco, la banca comunica al creditore l’importo disponibile.
 
🧠 Cosa fare immediatamente
✅ 1. Verifica chi ha disposto il pignoramento
Controlla nella notifica ricevuta o chiedi alla banca chi è il creditore procedente: Agenzia delle Entrate, banca o privato.
Capire chi ti ha pignorato è fondamentale per impostare la difesa corretta.
✅ 2. Controlla se il pignoramento è legittimo
Molti pignoramenti contengono errori di procedura, di notifica o di calcolo.
Un avvocato può verificare se:
- il debito è prescritto;
 - la notifica non è valida;
 - il titolo esecutivo non è più efficace.
Se emergono vizi, è possibile chiedere la sospensione o l’annullamento del pignoramento. 
✅ 3. Verifica la natura delle somme sul conto
Non tutti i soldi possono essere pignorati:
- Stipendio e pensione accreditati sono in parte impignorabili (solo fino a un quinto della somma).
 - Sussidi, assegni familiari, indennità e aiuti statali sono totalmente impignorabili.
Se il creditore ha bloccato anche somme protette, puoi chiedere il dissequestro immediato tramite il Tribunale. 
✅ 4. Evita di spostare fondi o aprire altri conti
Trasferire somme o aprire un nuovo conto dopo la notifica del pignoramento può essere interpretato come atto fraudolento.
Meglio attendere la valutazione legale prima di qualsiasi movimento.
✅ 5. Contatta un avvocato specializzato
Un avvocato esperto in pignoramenti e sovraindebitamento può:
- valutare la legittimità dell’atto;
 - bloccare o sospendere il pignoramento con ricorso urgente;
 - proporre una procedura di esdebitazione per cancellare definitivamente i debiti.
 
🧩 Le soluzioni legali disponibili
💠 Opposizione al pignoramento
Se ci sono vizi o irregolarità nella notifica, puoi presentare ricorso al Tribunale per chiedere la sospensione immediata del blocco.
💠 Accordo o saldo e stralcio
Puoi negoziare un pagamento ridotto o rateizzato con il creditore, ottenendo lo sblocco parziale o totale del conto.
💠 Procedura di sovraindebitamento
Se hai più debiti o non riesci a far fronte a tutti, puoi avviare una procedura di ristrutturazione del debito o esdebitazione.
In questo modo ottieni:
- il blocco immediato di tutti i pignoramenti;
 - la sospensione delle azioni esecutive;
 - la possibilità di ridurre o cancellare legalmente i debiti residui.
 
📋 Documenti da raccogliere subito
- Copia dell’atto di pignoramento ricevuto.
 - Comunicazioni della banca sul blocco del conto.
 - Estratto conto aggiornato.
 - Notifiche di cartelle, decreti o sentenze.
 - Documenti su stipendi, pensioni o indennità accreditate.
 - Elenco completo dei debiti e dei creditori.
 
⏱️ Tempi e risultati possibili
- Verifica e opposizione legale: 1–2 settimane.
 - Blocco temporaneo del pignoramento: anche entro pochi giorni, con ricorso urgente.
 - Sospensione definitiva o cancellazione: entro 3–6 mesi, se accolta l’opposizione o approvato un piano di esdebitazione.
 
🎯 Risultato finale:
- Sblocco del conto corrente.
 - Riduzione o cancellazione del debito.
 - Tutela delle somme impignorabili (stipendio, pensione, sussidi).
 - Ripristino della piena operatività bancaria.
 
⚖️ I vantaggi di agire subito
✅ Possibilità di bloccare o sospendere il pignoramento prima che le somme vengano trasferite al creditore.
✅ Tutela delle somme impignorabili per legge.
✅ Recupero della liquidità per far fronte alle spese urgenti.
✅ Difesa completa e personalizzata davanti al Tribunale.
✅ In alcuni casi, cancellazione definitiva dei debiti.
🚫 Errori da evitare
- Ignorare la notifica del pignoramento.
 - Tentare di spostare i soldi su altri conti.
 - Affidarsi a “consulenti del debito” non avvocati o non autorizzati.
 - Firmare accordi improvvisati o pagamenti parziali non documentati.
 - Aspettare troppo: dopo 60 giorni, la banca trasferisce le somme al creditore.
 
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza immediatamente l’atto di pignoramento e la tua posizione debitoria.
📌 Verifica la legittimità della procedura e la presenza di vizi formali.
✍️ Redige e deposita ricorsi urgenti per sospendere il blocco del conto.
⚖️ Ti rappresenta nei rapporti con banca, creditore e Agenzia delle Entrate.
🔁 Ti assiste fino alla riapertura del conto e alla cancellazione definitiva dei debiti.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto bancario, tributario e sovraindebitamento.
✔️ Specializzato nella difesa contro pignoramenti e azioni esecutive.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Se hai il conto corrente bloccato per pignoramento, ogni giorno conta: prima agisci, più possibilità hai di recuperare le somme e salvare la tua situazione finanziaria.
Con la giusta assistenza legale puoi bloccare il trasferimento dei fondi, tutelare le somme impignorabili e, in molti casi, ottenere la cancellazione definitiva dei debiti.
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