Hai accumulato debiti fiscali, contributivi o bancari e non riesci più a sostenerli?
Molti imprenditori, artigiani e privati si trovano in questa situazione a causa di cali di lavoro, ritardi nei pagamenti, crisi economiche o semplicemente errori di gestione.
Quando i debiti iniziano a moltiplicarsi e le scadenze diventano ingestibili, ristrutturare i debiti è la soluzione più efficace per evitare pignoramenti, proteggere i beni personali e tornare a respirare.
La ristrutturazione del debito non significa “sfuggire ai creditori”, ma riorganizzare i pagamenti in modo sostenibile e legale, per pagare solo ciò che è possibile, nei tempi compatibili con la propria capacità economica.
Cosa significa ristrutturare i debiti
Ristrutturare i debiti vuol dire ridurre, rateizzare o rinegoziare le somme dovute, creando un piano di pagamento sostenibile nel tempo.
È un vero e proprio “reset” finanziario che consente di bloccare le procedure esecutive e ripartire senza l’angoscia delle scadenze imminenti.
La ristrutturazione può avvenire attraverso accordi diretti con i creditori o tramite strumenti previsti dalla legge, come le procedure di sovraindebitamento o i piani omologati dal tribunale.
L’obiettivo è sempre lo stesso: evitare il fallimento personale o aziendale e conservare ciò che è essenziale per vivere e lavorare.
Quando conviene ristrutturare i debiti
Conviene ristrutturare i debiti quando la situazione economica è compromessa ma non ancora irrecuperabile.
In particolare:
- quando hai debiti fiscali o contributivi che non riesci più a rateizzare;
- quando le banche hanno revocato i fidi o minacciano il pignoramento;
- quando stai ricevendo cartelle esattoriali, solleciti o decreti ingiuntivi;
- quando il reddito è insufficiente a coprire le rate dei finanziamenti;
- quando vuoi evitare il rischio di perdere beni personali o immobili.
La ristrutturazione consente di fermare il peggioramento della situazione e affrontare il debito in modo ordinato, spesso con un taglio parziale degli importi dovuti.
Come funziona la ristrutturazione del debito
La ristrutturazione parte da un’analisi completa della tua situazione finanziaria: tutti i debiti, i creditori, le entrate e i beni devono essere valutati con precisione.
Un avvocato o un consulente esperto elabora poi un piano di ristrutturazione, che può prevedere:
- la rateizzazione dei debiti fiscali e contributivi con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione;
- la rinegoziazione dei mutui o prestiti con banche e finanziarie;
- il saldo e stralcio parziale delle somme non più sostenibili;
- la sospensione delle procedure di pignoramento;
- la protezione dei beni personali e familiari.
Il piano può essere presentato direttamente ai creditori o, nei casi più gravi, al tribunale, che ne verifica la fattibilità e può concedere misure protettive immediate.
Ristrutturare i debiti tramite la legge sul sovraindebitamento
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) ha introdotto una procedura specifica per chi non è più in grado di pagare i debiti, ma non può fallire secondo le regole delle grandi imprese.
È la cosiddetta procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, accessibile a lavoratori autonomi, artigiani, professionisti, piccoli imprenditori e privati cittadini.
Attraverso questa procedura puoi:
- bloccare immediatamente pignoramenti, ipoteche e azioni esecutive;
- proporre un piano di pagamento ridotto e sostenibile;
- ottenere la cancellazione parziale o totale dei debiti residui (esdebitazione);
- salvaguardare la casa e i beni essenziali.
Il tribunale, una volta approvato il piano, impone ai creditori di rispettarlo, anche se non sono d’accordo. È uno strumento legale, trasparente e molto efficace.
Ristrutturazione con banche e finanziarie
Se i tuoi debiti riguardano mutui, prestiti o carte di credito, è possibile negoziare direttamente con banche e finanziarie.
Si può richiedere la rinegoziazione dei contratti, la sospensione temporanea delle rate o un saldo e stralcio a importo ridotto.
Molte banche preferiscono accettare una soluzione concordata piuttosto che avviare lunghe procedure giudiziarie.
Con l’aiuto di un avvocato puoi anche verificare la presenza di clausole abusive o tassi d’interesse usurari, che rendono il contratto parzialmente nullo e riducono l’importo dovuto.
I vantaggi di una corretta ristrutturazione del debito
Ristrutturare i debiti in modo corretto ti permette di:
- sospendere pignoramenti e azioni esecutive;
- ridurre l’importo complessivo dovuto;
- dilazionare i pagamenti nel tempo;
- proteggere la casa, i beni e la tua attività;
- uscire da una situazione di stress e pressione economica;
- ripartire con una posizione finanziaria regolare.
È un percorso di risanamento, non una fuga: la ristrutturazione serve a ricostruire la fiducia e la stabilità, non a cancellare le responsabilità.
Attenzione agli accordi improvvisati
Molti debitori tentano di trattare direttamente con le banche o con l’Agenzia delle Entrate senza assistenza legale, finendo per firmare accordi svantaggiosi o inefficaci.
Un errore comune è accettare piani di pagamento troppo onerosi o non verificare la validità delle cartelle e dei contratti.
Per questo motivo è fondamentale affidarsi a un avvocato esperto in diritto tributario e crisi da sovraindebitamento, che possa valutare le alternative più sicure e ottenere la sospensione immediata delle azioni esecutive.
Quando rivolgersi a un avvocato esperto
Dovresti consultare un avvocato se:
- hai ricevuto cartelle esattoriali, pignoramenti o solleciti bancari;
- non riesci più a pagare mutui o prestiti;
- temi la perdita dei beni o della casa;
- vuoi riorganizzare legalmente i tuoi debiti e ripartire.
Un avvocato specializzato può analizzare la tua posizione, elaborare un piano di ristrutturazione realistico e guidarti nella procedura di sovraindebitamento o nelle trattative con i creditori, fino alla completa cancellazione dei debiti residui.
⚠️ Attenzione: ignorare i debiti o agire senza una strategia può peggiorare la situazione e portare a pignoramenti, ipoteche o fallimento personale. Agire in tempo è fondamentale per salvare la tua attività e proteggere i tuoi beni.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, crisi d’impresa e tutela dei debitori – spiega in modo chiaro come ristrutturare i debiti, quali strumenti legali utilizzare e come difendersi dalle procedure di riscossione.
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Introduzione
Trovarsi sommersi dai debiti è un problema sempre più diffuso e può minacciare gravemente la stabilità economica e personale di famiglie e imprenditori . Ristrutturare i debiti significa trovare soluzioni legali per riorganizzare, ridurre o dilazionare il proprio indebitamento, al fine di renderlo sostenibile e ottenere – quando possibile – la cancellazione finale dei debiti che non si è in grado di pagare (la cosiddetta esdebitazione). In Italia, sin dal 2012, esistono strumenti normativi dedicati a dare una seconda opportunità al debitore onesto ma sfortunato, permettendogli di liberarsi dai debiti insostenibili e ripartire da zero (principio del fresh start) .
Questa guida fornisce un’analisi avanzata delle opzioni disponibili per ristrutturare i debiti, con un linguaggio giuridico ma divulgativo. Esamineremo sia le soluzioni extragiudiziali (accordi privati, saldo e stralcio, piani di rientro, ecc.) sia le procedure giudiziali previste dalla legge italiana (in particolare dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, D.Lgs. 14/2019 e successive modifiche). Ci concentreremo sulle procedure di sovraindebitamento, rivolte ai debitori “non fallibili” – consumatori, professionisti, piccoli imprenditori sotto determinate soglie – che non possono accedere alle normali procedure fallimentari . Tali procedure (il piano del consumatore, il concordato minore, la liquidazione controllata e la speciale esdebitazione del debitore incapiente) permettono di gestire in modo unitario tutti i debiti e, al termine, ottenere la liberazione dalle obbligazioni residue non pagate .
Normativa di riferimento: la materia era originariamente disciplinata dalla Legge 3/2012 (detta “salva suicidi”), ma dal 15 luglio 2022 è confluita nel nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) . Il CCII (D.Lgs. 14/2019, attuativo della delega L.155/2017) ha mantenuto l’impianto di fondo della legge del 2012, aggiornandolo con correttivi successivi (D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 136/2024) . L’approccio legislativo è orientato al favor debitoris, ossia a favorire il risanamento del debitore meritevole in difficoltà anziché punirlo, bilanciando però tale beneficio con la tutela dei creditori . Solo chi ha mantenuto un comportamento onesto, senza frodi o colpe gravi, può aspirare alle misure di sollievo previste (omologazione del piano ed esdebitazione finale) . Su questo punto la giurisprudenza di legittimità ha sottolineato che nell’analizzare la condotta del debitore non bisogna essere eccessivamente rigorosi: la verifica deve concentrarsi sull’assenza di comportamenti gravemente scorretti o fraudolenti, senza punire oltre misura chi è incorso in obbligazioni poi divenute insostenibili in buona fede (cfr. Cass. Sez. Un. 18924/2011 e Cass. 1869/2016).
Nelle sezioni che seguono esamineremo dapprima le tipologie di debiti e le loro implicazioni, quindi le soluzioni extragiudiziali (fuori dal tribunale) e poi in dettaglio le procedure giudiziali di sovraindebitamento attualmente disponibili (aggiornate alle più recenti novità normative e giurisprudenziali al 2025). Verranno fornite anche tabelle riepilogative per confrontare le diverse opzioni, esempi pratici di applicazione (es. debiti da 50.000€, 100.000€) e una sezione di Domande e Risposte frequenti per chiarire i dubbi più comuni. Tutto dal punto di vista del debitore, ossia con l’obiettivo di capire come questi strumenti possano aiutarlo a risolvere la propria crisi debitoria in modo legale e definitivo.
Tipologie di debiti e conseguenze (fiscali, bancari, privati, fornitori)
Non tutti i debiti sono uguali, e la strategia di ristrutturazione può variare a seconda della natura del credito e del creditore. È utile distinguere le principali categorie di debiti che un soggetto può dover affrontare, perché ognuna presenta caratteristiche specifiche e talvolta strumenti dedicati:
- Debiti bancari e finanziari: includono mutui, prestiti personali, finanziamenti auto, carte di credito revolving, scoperti di conto, ecc. In genere questi debiti sono verso banche o finanziarie e sono regolati da contratti che prevedono interessi (spesso elevati in caso di inadempimento) e garanzie (ad esempio ipoteche sul mutuo, o fideiussioni). Il mancato pagamento comporta segnalazioni nelle banche dati creditizie (CRIF, Centrale Rischi) e l’attivazione di procedure di recupero crediti da parte dell’istituto (messa in mora, cessione a società di recupero, decreti ingiuntivi, pignoramenti). Ristrutturare debiti bancari può significare negoziare con la banca una modifica delle condizioni (es. allungamento del piano di ammortamento per ridurre la rata, sospensione temporanea delle rate, riduzione del tasso di interesse) oppure cercare un saldo e stralcio (vedi oltre) in cui si paga subito una parte del dovuto a chiusura dell’esposizione. Va considerato che le banche tendono ad accettare rinegoziazioni se intravedono ragionevoli prospettive di recupero, mentre per accettare stralci significativi spesso attendono che il debitore sia chiaramente insolvente o minacci la procedura concorsuale (che farebbe perdere loro ancor di più). In ogni caso, i debiti bancari (inclusi prestiti con cessione del quinto dello stipendio) possono rientrare nelle procedure di sovraindebitamento e sono falcidiabili (riducibili) secondo le regole di legge . Ad esempio, un prestito dietro cessione del quinto dello stipendio viene trattato come un normale debito chirografario: se si avvia una procedura di sovraindebitamento, la trattenuta in busta paga viene sospesa e quel debito può essere ridotto o persino escluso dal pagamento .
- Debiti fiscali e verso enti pubblici: comprendono imposte non pagate (es. IRPEF, IVA), contributi previdenziali (INPS), tributi locali, cartelle esattoriali emesse dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER), sanzioni amministrative (multe stradali) ecc. Questi debiti hanno un trattamento particolare. In via ordinaria, l’agente della riscossione non ha facoltà di accettare pagamenti parziali liberatori (transigere) se non nei limiti previsti dalla legge . Tuttavia, nel corso degli anni, lo Stato ha introdotto misure di “pace fiscale” o definizione agevolata che consentono di regolarizzare i debiti tributari con sconti su sanzioni e interessi e, talvolta, una riduzione del capitale dovuto . Esempi recenti includono le varie rottamazioni delle cartelle (da “rottamazione-ter” fino alla “rottamazione-quater” 2023) che permettono di pagare l’importo residuo senza sanzioni né interessi di mora, rateizzando il dovuto in più anni . Un’altra misura è stato il “saldo e stralcio” per contribuenti in difficoltà (L.145/2018) riservato a persone fisiche con ISEE basso, che ha consentito di chiudere cartelle con un pagamento forfettario di una percentuale ridotta (ad es. 16% o 20%) del debito . Attenzione: Queste opportunità sono straordinarie e legate a provvedimenti normativi specifici; vanno colte quando attive. Al di fuori delle sanatorie, il debitore può comunque chiedere all’ente riscossore una rateizzazione del debito fiscale (ordinariamente fino a 72 rate mensili, circa 6 anni, o in casi di grave e comprovata difficoltà fino a 120 rate, ossia 10 anni) secondo le previsioni del DPR 602/1973. In sede di procedure concorsuali (come il concordato preventivo o gli accordi di ristrutturazione per le imprese maggiori, o i piani del consumatore per i privati), è oggi possibile includere i debiti fiscali e persino proporne il pagamento parziale, purché l’Erario non riceva meno di quanto otterrebbe in una liquidazione dei beni del debitore . Il Codice della Crisi prevede infatti una “transazione fiscale” implicitamente nel dettare che il piano possa essere omologato anche senza il voto favorevole del Fisco, a condizione che il trattamento offerto non sia inferiore a quello ricavabile dalla liquidazione giudiziale o controllata . In termini pratici, i debiti tributari possono essere stralciati in parte all’interno di un piano di sovraindebitamento, ma serve l’attestazione dell’OCC che, vendendo i beni, il Fisco non avrebbe comunque ottenuto di più. Inoltre, alcuni debiti pubblici non sono falcidiabili nel capitale per vincoli di legge: tipicamente l’IVA e le ritenute non versate, essendo risorse proprie UE, possono essere solo dilazionate ma non ridotte nel capitale in sede di concordato preventivo o accordi (mentre in una liquidazione del sovraindebitato l’eventuale parte non pagata verrebbe comunque cancellata in sede di esdebitazione). Da ultimo, è importante ricordare che alcune categorie di debiti pubblici non sono in alcun caso soggette a esdebitazione: ad esempio le obbligazioni derivanti da condanne penali, le multe penali e le sanzioni per illecito civile/penale potrebbero non essere eliminabili (sono debiti “di diritto pubblico” che sopravvivono, salvo diversa disposizione). In generale però, multe amministrative (es. violazioni codice della strada) e imposte cadono nel sovraindebitamento e possono essere trattate al pari degli altri crediti chirografari (o privilegiati, se dotati di privilegio). Nel nostro ordinamento non esiste invece il problema di student loans non cancellabili (come negli USA): un eventuale debito per prestito d’onore o simili rientra nei crediti ordinari.
- Debiti verso fornitori e debiti commerciali: sono tipici per chi gestisce un’attività economica (imprenditore, commerciante, artigiano). Riguardano fatture non pagate a fornitori di beni o servizi, canoni di locazione d’azienda, bollette e utenze in arretrato, ecc. Questi debiti, se non pagati, possono sfociare in decreti ingiuntivi e pignoramenti ai danni dell’azienda o del titolare. Dal punto di vista della ristrutturazione, se l’impresa è ancora in attività, spesso è cruciale cercare un accordo con i fornitori per dilazionare i pagamenti o ridurre gli importi, al fine di poter proseguire l’attività (si parla di piani di risanamento aziendale o accordi stragiudiziali). Molti fornitori preferiscono accettare un pagamento parziale concordato piuttosto che avviare azioni legali costose con il rischio di non recuperare nulla se l’azienda fallisce. Strumenti specifici per le imprese più grandi includono gli accordi di ristrutturazione dei debiti e i concordati preventivi, ma per le piccole imprese non fallibili valgono le procedure di sovraindebitamento (in particolare il concordato minore di cui diremo). Anche qui, è possibile il saldo e stralcio: ad esempio una ditta individuale con €100.000 di debiti verso fornitori potrebbe proporre a ciascun fornitore di accettare il 50% subito a tacitazione del credito. Se tutti o la maggior parte aderiscono, l’imprenditore evita la procedura concorsuale; se le trattative private non riescono, si può ricorrere al concordato minore per imporre un accordo ai dissenzienti con il voto della maggioranza.
- Debiti tra privati (prestiti personali, familiari, assegni non pagati): rientrano in questa categoria i debiti che una persona può avere verso un altro soggetto privato, non professionista del credito. Ad esempio prestiti avuti da amici o parenti, restituzioni dovute per scritture private, assegni dati e non coperti, quote di riparto spese tra ex coniugi (non alimenti), ecc. Questi debiti in genere non godono di particolari tutele (salvo che vi sia un titolo esecutivo come una scrittura autenticata o un assegno protestato) e possono essere ristrutturati facilmente tramite un accordo amichevole, essendoci spesso un rapporto personale tra le parti. Tuttavia, proprio i rapporti personali possono complicare le cose: non di rado i familiari creditori non vogliono “perdonare” il debito al congiunto, oppure al contrario non attivano mai azioni legali per recuperarlo. Nelle procedure di sovraindebitamento questi debiti rientrano come normali crediti chirografari; attenzione però che non è ammesso un trattamento di favore per i crediti di familiari rispetto agli altri (bisogna evitare atti in frode, ad esempio non si può escludere dal piano il debito verso il parente pagando tutti gli altri, o pagare il parente in misura maggiore degli altri senza motivo, perché il tribunale verificherebbe possibili collusioni). Conviene dunque, se possibile, regolare questi debiti privatamente prima di arrivare a una procedura giudiziale, magari con una transazione dove il parente accetta una percentuale (questo debito verrebbe estinto e non comparirebbe più nel novero dei creditori nella procedura).
Nota: Tra i debiti che più gravano sulle famiglie ci sono anche bollette e utenze domestiche, canoni di locazione e spese condominiali arretrate. Bollette e affitti rientrano tra i debiti ordinari (e i fornitori possono interrompere servizi o sfrattare in caso di morosità), mentre le spese condominiali impagate producono decreti ingiuntivi esecutivi e costituiscono credito privilegiato sull’immobile (hanno preferenza nel pignoramento della casa). Fortunatamente, tutte queste posizioni possono essere incluse in una ristrutturazione dei debiti: ad esempio le multe e le tasse comunali non pagate, così come spese condominiali, sono esplicitamente indicate tra i debiti inseribili nei piani di sovraindebitamento . L’unica eccezione rilevante sono gli obblighi di mantenimento verso il coniuge o i figli: gli alimenti dovuti per legge alla famiglia non possono mai essere falcidiati né cancellati . Se un soggetto ha arretrati di assegni di mantenimento, questi non potranno essere inclusi in alcun piano di sovraindebitamento né verranno estinti dall’esdebitazione: dovrà comunque pagarli (sono debiti estranei alle finalità “personali” in senso stretto e tutelati dall’ordine pubblico familiare).
In sintesi, qualunque tipo di debito (bancario, fiscale, commerciale, personale) può essere oggetto di un tentativo di ristrutturazione. Bisogna però considerare che alcuni debiti sono più “resistenti” di altri: quelli con garanzie reali (mutui ipotecari, leasing) richiedono di trovare accordi con il creditore o liquidare il bene dato in garanzia; quelli verso il Fisco seguono regole proprie e il piano non potrà prevedere di trattarli peggio di altri. Inoltre, alcune obbligazioni per legge non si estinguono (alimenti, risarcimenti da illecito civile o penale intenzionale, sanzioni penali) . Nel prosieguo, quando parleremo delle soluzioni disponibili, terremo presente come ciascuna categoria di debito viene trattata e quali vantaggi si possono ottenere.
Soluzioni extragiudiziali per ristrutturare i debiti
Spesso il modo più rapido e flessibile per gestire una crisi debitoria è cercare soluzioni fuori dalle aule di tribunale, attraverso accordi volontari con i creditori. Le soluzioni extragiudiziali hanno il vantaggio di evitare i costi e i tempi di una procedura legale, mantenendo una maggiore riservatezza (non vi sono registri pubblici consultabili, a differenza delle procedure concorsuali). Tuttavia, richiedono la piena collaborazione dei creditori interessati: senza l’accordo (esplicito) di ciascun creditore coinvolto, non si può imporre un taglio o una dilazione del debito unilateralmente. Esaminiamo le principali opzioni extragiudiziali.
Accordi stragiudiziali e piani di rientro privati
La prima strada consiste nel negoziare direttamente con i creditori nuove condizioni di pagamento. Questo approccio è indicato quando si ha un numero ristretto di creditori o comunque quando si ritiene di poter trovare un compromesso soddisfacente per entrambe le parti. In pratica, si tratta di avviare una trattativa – personalmente o, preferibilmente, tramite un professionista (avvocato o consulente specializzato in crisi da sovraindebitamento) – per definire un piano di rientro sostenibile. Il piano di rientro può assumere varie forme:
- Dilazione dei pagamenti: ad esempio ottenere dalla banca un periodo di moratoria sulle rate del mutuo o un allungamento della durata del prestito, in modo da abbassare l’importo della rata. Oppure concordare con un fornitore la rateizzazione di una fattura scaduta su 12 mesi invece che pretendere il saldo immediato. Molti creditori (soprattutto banche, finanziarie e anche Agenzia Entrate Riscossione per le cartelle) hanno procedure interne per concedere piani di dilazione standard ai debitori in temporanea difficoltà, purché ci sia la ragionevole prospettiva che questi riprendano i pagamenti regolarmente. Ad esempio, AER consente la rateizzazione automatica fino a 6 anni per debiti fino a €120.000 (basta una domanda online se si è “in regola” con i pagamenti fiscali) e può estendere fino a 10 anni (120 rate) per importi maggiori in caso di grave situazione documentata (calo reddito >20% e rapporto rata/reddito >30%). Queste dilazioni non riducono il debito, ma danno respiro sul piano finanziario e sospendono le azioni esecutive (finché si rispettano le rate).
- Rinegoziazione del debito: in alcuni casi è possibile ottenere una modifica contrattuale. Ad esempio, se si hanno più prestiti personali e una buona cronistoria di pagamento, si può richiedere un consolidamento del debito tramite una nuova finanziaria che estingua i vecchi prestiti e ne eroghi uno solo a tasso magari inferiore e durata maggiore (abbassando la rata mensile). Oppure, con la propria banca, si può rinegoziare un mutuo ipotecario abbassando il tasso fisso o passando a tasso variabile, riducendo così l’importo dovuto. Ancora, in situazioni specifiche (es. mutuo molto in sofferenza) si può proporre alla banca una “riduzione concordata del debito”: ad esempio spalmare l’arretrato su tutta la restante durata del mutuo, magari allungando di qualche anno il piano di ammortamento. Ovviamente la banca valuterà il merito creditizio e la convenienza economica (spesso preferiscono questa strada piuttosto che procedere con l’esecuzione immobiliare, lunga e costosa, se il debitore è collaborativo).
- Moratorie e interventi di terzi: non di rado, specialmente per debiti bancari, intervengono iniziative a livello di categoria o di legge per aiutare i debitori. Ad esempio, le moratorie mutui promosse dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana) in passato hanno congelato per 6-12 mesi il pagamento della quota capitale delle rate per famiglie in difficoltà o per eventi straordinari (recentemente per l’emergenza Covid-19). Anche enti pubblici o associazioni possono offrire supporto: citiamo il Fondo di prevenzione dell’usura gestito dal MEF, che tramite convenzioni con banche può concedere garanzie per nuovi prestiti a soggetti sovraindebitati “meritevoli” per estinguere debiti pressanti (evitando il ricorso a usurai). Queste sono comunque soluzioni indirette, da valutare caso per caso.
Un accordo stragiudiziale non ha forma vincolata: idealmente andrebbe messo per iscritto (una scrittura privata riconosciuta dalle parti, meglio se con scambio di PEC o raccomandate per data certa) dove il creditore dichiara di accettare il nuovo piano e si impegna, al completamento, a rinunciare a eventuali azioni legali intraprese. È importante coinvolgere tutti i creditori principali: se ci si accorda solo con alcuni e altri restano fuori, questi ultimi potrebbero comunque agire e compromettere l’intera ristrutturazione. Purtroppo il punto debole degli accordi volontari è proprio la loro non vincolatività per i terzi: se un solo creditore significativo non aderisce, potrebbe avviare un pignoramento (ad esempio un creditore che pignora lo stipendio, assorbendo la quota disponibile, renderebbe impossibile pagare gli altri anche se hanno accettato di aspettare). Dunque, l’accordo privato funziona bene in situazioni relativamente semplici (pochi creditori, importi non eccessivi, oppure presenza di un creditore dominante che “schiaccia” gli altri – ad es. la banca ipotecaria – e se si sistema quello, gli altri possono essere gestiti con le risorse liberate). In scenari più complessi con molti creditori eterogenei, potrebbe essere inevitabile ricorrere a procedure legali che impongano una soluzione collettiva.
Dal punto di vista pro/contro: il vantaggio degli accordi stragiudiziali è la flessibilità (si può confezionare su misura qualunque tipo di intesa) e la velocità (basta l’intesa, non serve l’ok di un giudice, sebbene sia prudente formalizzare bene). Inoltre consente spesso di preservare i rapporti: nel caso di fornitori o locatori, trattare privatamente può permettere di continuare il rapporto commerciale o l’affitto, cosa che una procedura concorsuale metterebbe in crisi. Di contro, non c’è una protezione legale generale: fino a quando tutti non hanno firmato e finché si paga, si è esposti a possibili azioni di chi non partecipa o di eventuali “creditori nascosti” che emergano (un accordo privato non è pubblicizzato, quindi se compare un nuovo creditore con un vecchio credito non considerato, questi non è vincolato da nulla). Inoltre, l’esperienza mostra che alcuni creditori potrebbero rimangiarsi la parola se la situazione muta: perciò è bene che l’accordo preveda chiaramente cosa succede in caso di ritardo di qualche pagamento (si può pattuire un termine di tolleranza per evitare che un lieve inadempimento faccia saltare tutto). Infine, un accordo su lunga durata ha sempre l’incognita futura – se il debitore peggiora la propria situazione e non riesce a rispettarlo, dovrà negoziare di nuovo.
Suggerimento pratico: se si opta per negoziare, è fondamentale fare un’analisi precisa dei propri flussi finanziari, per proporre ai creditori un piano realistico che si possa rispettare. I creditori saranno più propensi ad accettare se vedono trasparenza e buona fede: presentare la documentazione sul proprio reddito/patrimonio, far capire che la proposta è la massima sostenibile (mostrando il bilancio familiare), può convincerli che dall’eventuale procedura fallimentare otterrebbero di meno e che quindi è nel loro interesse trovare un accordo. In ogni caso, meglio non attendere troppo: quando il debito è già sfociato in decreti ingiuntivi e pignoramenti, i creditori potrebbero preferire proseguire con l’azione esecutiva. Avviare il dialogo non appena ci si rende conto di non poter più pagare regolarmente è la mossa vincente.
Saldo e stralcio del debito
Una delle forme più comuni di accordo stragiudiziale è il saldo e stralcio. Con questa espressione (tipica del linguaggio corrente) si indica un accordo transattivo in cui il debitore paga immediatamente (o in un breve termine concordato) solo una parte dell’importo dovuto, e il creditore accetta tale pagamento a saldo di ogni suo avere, rinunciando a pretendere il resto (che viene “stralciato”, ossia cancellato) . In altri termini, si tratta di ottenere uno sconto sul debito in cambio di un pagamento rapido e certo.
Il saldo e stralcio può essere richiesto sia per debiti verso banche/finanziarie che verso altri creditori privati, e in alcune circostanze anche per debiti fiscali. L’idea alla base è che il creditore accetti di perdere una parte del proprio credito pur di incassare subito il restante senza affrontare l’incertezza e l’attesa di azioni legali o procedure concorsuali. In genere, i creditori valutano il saldo & stralcio quando: (a) il debitore è in conclamata difficoltà (insolvente) e rischiano altrimenti di non recuperare nulla o quasi (ad es. se il debitore potrebbe avviare una liquidazione che li lascia insoddisfatti, o se è nullatenente); (b) il debitore è ancora solvibile ma riesce a reperire rapidamente una somma significativa (ad es. supportato da familiari) che, se offerta subito, rappresenta per il creditore un incasso immediato preferibile a un incerto guadagno futuro; (c) il credito è stato già svalutato o ceduto a terzi (le società di recupero crediti spesso acquistano i crediti dalle banche a prezzi bassi – a volte il 5-10% del valore nominale – e quindi hanno margine per accettare dal debitore anche solo il 20-30% facendo comunque profitto).
Esempio tipico: un privato ha un debito residuo di €20.000 con una finanziaria, è in mora da un anno e il credito è stato ceduto a una società di recupero crediti. Quest’ultima potrebbe accettare, ad esempio, €8.000 una tantum come saldo e stralcio, considerando che ha probabilmente comprato quel credito a €2.000-3.000: incassare €8.000 subito è un ottimo affare per loro, e per il debitore significa liberarsi di un debito di 20k pagando il 40%.
Come procedere: in genere è il debitore che fa una proposta formale di saldo e stralcio al creditore (meglio in forma scritta, tramite PEC o raccomandata, specie se parliamo di banche/AER). Nella proposta si indica l’importo che si è in grado di pagare e i tempi (es.: “Vi propongo, a definizione bonaria della posizione, il pagamento di €5.000 entro 30 giorni, a fronte di un debito attuale di €12.000, con contestuale rinuncia da parte Vostra a qualsiasi ulteriore pretesa e cancellazione della posizione dagli archivi negativi”). È utile motivare la richiesta, allegando magari documenti sul proprio stato di bisogno e spiegando che la somma offerta è ottenuta da terzi o dalle proprie esigue risorse. Il creditore spesso contratta: raramente accetta la prima offerta se può sperare in qualcosa di più. Si può allora giungere a un compromesso (es. ci si accorda per un 50% invece del 30% iniziale). Quando l’accordo è raggiunto, va messo per iscritto in modo chiaro: il creditore deve dichiarare che, a fronte del pagamento di €X entro la data Y, rilascerà quietanza a saldo e nulla più avrà a pretendere per capitale, interessi o spese. Il pagamento va tracciato (bonifico, assegno circolare) e bisogna farsi dare la quietanza liberatoria finale. Questo documento tutela il debitore da eventuali future rivalse o cessioni del credito residuo – in esso il creditore attesta che il debito è estinto per transazione.
Attenzione: finché non si è trovato l’accordo definitivo, non versate somme al creditore pensando di “ammorbidirlo”. Ogni pagamento fatto senza un chiaro accordo potrebbe essere considerato acconto sul totale dovuto, e indebolisce la posizione negoziale (il creditore potrebbe dire: “ha trovato i soldi per darmi 2.000€, allora li trovi anche per il resto”). Meglio tenere da parte la liquidità e offrirla come pacchetto completo una volta convinto il creditore. Inoltre, se il creditore ha già avviato azioni legali (pignoramento, causa, decreto ingiuntivo), valutate insieme al professionista se è opportuno subordinare l’accordo a uno stralcio anche delle spese legali: spesso il creditore vorrà almeno le spese vive rimborsate. L’accordo dovrebbe prevedere anche l’impegno a far cessare le procedure esecutive in corso e a liberare eventuali ipoteche o pegni (es: se era stato ipotecato un immobile per quel debito, il creditore dovrà acconsentire alla cancellazione dell’ipoteca dopo il saldo).
Saldo e stralcio con il Fisco: come anticipato, qui il discorso è più delicato. L’Agenzia Entrate-Riscossione di regola non può accettare transazioni sul capitale dovuto in modo discrezionale . Quindi non è possibile andare dall’esattore e dire “chiudiamo a metà importo” fuori dalle norme. Le uniche vie per uno stralcio fiscale sono: (a) aderire a una definizione agevolata prevista dalla legge (ad esempio rottamazione, saldo e stralcio per contribuenti in difficoltà, stralcio automatico dei debiti <€1.000, ecc.); (b) includere il debito in un piano di sovraindebitamento o concordato, offrendo al Fisco il dovuto in misura non inferiore al ricavato da liquidazione (come visto, il giudice può omologare anche senza adesione formale del Fisco, se questa condizione è rispettata) . Di recente, con il Terzo Decreto Correttivo (D.Lgs. 136/2024), è stata introdotta anche la possibilità di transazione fiscale nella composizione negoziata per le imprese, ma è ambito diverso (preventivo alla crisi conclamata). Fuori da questi casi, se ad esempio avete cartelle per €50.000, non c’è modo di farvi ridurre l’importo dall’Agente di riscossione tramite accordo privato; potete solo rateizzarlo, oppure attendere se il governo vara qualche condono. Diffidate da chi promette “cancellazioni” miracolose di cartelle al 10% senza ricorrere alle procedure di legge.
In conclusione, il saldo e stralcio è uno strumento potente ma va usato con cognizione. Implica che il debitore disponga di una somma immediata da offrire – spesso ottenuta vendendo un bene o grazie all’aiuto di familiari – e che il creditore sia convinto che quella somma subito è meglio di una somma maggiore chissà quando/chissà se. Più il debitore è sul filo del rasoio (rischio concreto di insolvenza totale), maggiore è la leva negoziale per ottenere sconti elevati. Per contro, se il creditore percepisce che comunque il debitore ha risorse (patrimoni, stipendio capiente) e sta cercando solo di non pagare per convenienza, difficilmente aderirà a uno stralcio significativo. Fonti: definizione di saldo e stralcio ; misure di pace fiscale con sconti a contribuenti .
Strumenti deflattivi per debiti fiscali (rottamazione, transazioni, ecc.)
Abbiamo già toccato il tema dei debiti fiscali: qui riassumiamo i principali strumenti per alleggerirli fuori dal contenzioso giudiziale, utili al debitore per ridurre il carico tributario.
- Definizioni agevolate delle cartelle (“rottamazioni”): dal 2016 in poi, quasi ogni Legge di Bilancio ha introdotto procedure di rottamazione delle cartelle esattoriali. Queste consentono ai debitori iscritti a ruolo (cioè con cartelle affidate ad AER) di pagare il debito senza sanzioni e interessi di mora, versando solo il capitale e gli interessi legali in un massimo di 18 rate (5 anni). La prima “rottamazione” (D.L. 193/2016) fu seguita da “rottamazione-bis”, “ter” e da ultimo la rottamazione-quater prevista dalla L.197/2022 (Bilancio 2023) con domanda scaduta a giugno 2023 e pagamento in 18 rate fino al 2027 . Se il debitore ha molte cartelle con sanzioni elevate, aderire a queste sanatorie riduce significativamente l’importo dovuto (lo sconto delle sole sanzioni amministrative può essere anche del 30-50% sul totale). L’adesione blocca le azioni esecutive e consente di ottenere il Durc regolare (per i contributi) durante la rateazione. Tuttavia, attenzione: è necessario pagare tutte le rate nei termini, altrimenti si decade e ritornano sanzioni e interessi.
- Stralcio dei piccoli debiti: la Legge di Bilancio 2019 introdusse un “saldo e stralcio” riservato alle persone fisiche con ISEE sotto €20.000, che permetteva di chiudere le cartelle fino a €5.000 con percentuali ridotte (dal 16% al 35% a seconda dell’ISEE). Misura straordinaria, non sempre ripetuta. Nel 2021 e 2023 inoltre sono stati disposti stralci automatici di tutti i debiti fino a €1.000 affidati ad AER in certe date (ad es. nel 2023, stralcio automatico dei debiti <€1.000 risalenti al 2000-2015, limitatamente a interessi e sanzioni, con azzeramento totale per quelli verso enti statali) . Queste norme sono una tantum, decise dal legislatore per “pulire” il magazzino crediti inesigibili e dare respiro ai contribuenti su importi minori.
- Accordi su liti fiscali pendenti: se il debito deriva da un avviso di accertamento o una causa tributaria in corso, esistono strumenti deflattivi come l’accertamento con adesione (accordo col fisco in sede amministrativa per ridurre sanzioni e definire un importo concordato prima del ricorso) o la conciliazione giudiziale (in Cassazione o in CTR, con riduzione sanzioni se si transige). Inoltre, periodicamente, lo Stato offre la definizione agevolata delle liti pendenti, pagando una percentuale del valore in base allo stato del giudizio (es. 90% se in primo grado, 40% se il contribuente ha vinto in primo grado, ecc.). Queste misure consentono di chiudere la controversia e il debito con un esborso ridotto e sono importanti se il debito non è ancora definitivo.
- Transazione fiscale e contributiva nelle procedure concorsuali: questo è un tema più per addetti ai lavori, ma va menzionato. Nelle procedure di concordato preventivo e accordi di ristrutturazione per imprese (disciplinate dal CCII per le aziende sopra soglia, diverse dalle procedure di sovraindebitamento), la legge consente di proporre una transazione fiscale (artt.63 e 88 CCII) per trattare i crediti fiscali e previdenziali. In sostanza, l’impresa può chiedere di pagare solo una parte di IVA, imposte, contributi, ecc., ma almeno il 20% del loro valore e solo se ottiene l’adesione anche dell’ente (per IVA e ritenute, la riduzione del capitale richiede il sì dell’Agenzia Entrate, altrimenti bisogna pagarle integralmente, salvo sanzioni e interessi) . La novità è che con i correttivi 2022-2024 anche nella composizione negoziata (procedura di allerta per imprese) è stata ammessa la possibilità di transare col Fisco, tranne che per alcuni tributi UE e contributi . Per il consumatore sovraindebitato, più semplicemente, non si parla di “transazione fiscale” formale, ma il piano può prevedere il pagamento parziale delle tasse e il giudice può comunque omologare se la condizione della convenienza (non meno del ricavato dalla liquidazione) è rispettata . Quindi di fatto anche il privato può ottenere la riduzione dei debiti fiscali all’interno della procedura.
Riassumendo: fuori dal tribunale, l’Erario vuole il 100% (magari a rate); dentro una procedura o con leggi speciali, si può scendere sotto al 100%. Il consiglio per il debitore con grossi debiti fiscali è di tenersi informato sulle occasioni legislative (sanatorie) e, se la situazione è grave, valutare un piano di sovraindebitamento piuttosto che restare in balìa di cartelle e interessi di mora. Nei prossimi paragrafi, approfondiremo proprio le procedure giudiziali che permettono, in ultima analisi, di imporre ai creditori una ristrutturazione dei debiti quando un accordo bonario non è possibile.
(Continua dopo la tabella: Confronto tra soluzioni stragiudiziali e giudiziali)
Confronto: Soluzioni stragiudiziali vs. giudiziali
| Caratteristica | Soluzioni extragiudiziali (private) | Procedure giudiziali (sovraindebitamento) |
|---|---|---|
| Vincolatività | Si basano sul consenso volontario di ogni creditore coinvolto. Un accordo vincola solo i creditori che lo sottoscrivono; gli altri restano liberi (possono agire per conto proprio). | Omologazione del tribunale: la decisione giudiziale impone il piano a tutti i creditori, anche dissenzienti . Nessun singolo creditore può sottrarsi (salvo alcune eccezioni per crediti esclusi per legge). |
| Ambito dei debiti | Il debitore può scegliere quali debiti trattare (es. può accordarsi con la banca ma non con altri). Tuttavia, lasciare fuori alcuni debiti riduce l’efficacia complessiva (quei creditori “fuori” possono attaccare). | Devono includere tutti i debiti del soggetto (salvo quelli non compresi per legge, es. alimenti). È un approccio unitario alla crisi: la soluzione copre l’intero indebitamento del debitore . |
| Procedura e tempi | Informale: negoziazione diretta, scambio di proposte. Tempi variabili (da poche settimane per un saldo e stralcio, a mesi per accordi complessi). Nessun controllo esterno, riservatezza totale. | Formale: si presenta ricorso in tribunale con l’ausilio di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi). Tempi medi: qualche mese per ottenere l’omologa + esecuzione del piano (da 3 a 5 anni tipicamente) . La procedura è pubblica (registro delle procedure concorsuali) e soggetta a controlli. |
| Costi | Costi ridotti: eventualmente onorari del professionista che aiuta a negoziare. Non vi sono spese di giustizia né compensi fissi (ma attenzione: un accordo stragiudiziale non sospende le spese legali eventualmente già maturate per cause in corso, salvo accordo). | Costi formali: c’è un contributo unificato ridotto per il ricorso, il compenso dell’OCC (stabilito dal giudice, spesso percentuale sul debito o sull’attivo liquidato; può essere rateizzato nel piano stesso) e l’eventuale compenso dell’avvocato. Tuttavia, per i debitori incapienti la legge prevede riduzione del 50% dei compensi OCC . I costi restano contenuti rispetto a un fallimento classico. |
| Benefici finali | Si può ottenere la riduzione del debito e/o la dilazione, ma non esiste un meccanismo di “cancellazione legale” del residuo non pagato: la cancellazione dipende dall’accordo stesso (es. il creditore dichiara di stralciare la differenza). Non c’è un provvedimento di esdebitazione statale. Inoltre, alcuni effetti come la riabilitazione creditizia non sono automatici (p.es. il nominativo in CRIF rimane fino a 36 mesi dal saldo, anche se a stralcio). | Esdebitazione: la legge prevede espressamente che, una volta eseguito il piano omologato, il debitore persona fisica è liberato dai debiti residui non soddisfatti (salvo quelli esclusi ex lege come alimenti). Si ottiene quindi un fresh start con un decreto di esdebitazione del giudice. Anche nel caso della liquidazione controllata, dopo la procedura (max 3 anni) scatta l’esdebitazione di diritto . Questo è un beneficio unico delle procedure giudiziali. |
| Esecuzione e inadempimento | L’esecuzione dipende dalla buona volontà: se il debitore non paga secondo i patti, l’accordo privato decade e il creditore può agire (o riprendere l’azione legale sospesa). Viceversa, se un creditore ha accettato lo stralcio e poi ci ripensa, il debitore potrà far valere l’accordo in giudizio come eccezione all’azione (ma intanto potrebbe subire il ricatto di dover difendersi). Insomma, c’è un certo grado di insicurezza giuridica. | L’omologazione comporta misure protettive: appena presentato il ricorso, il debitore può chiedere la sospensione delle azioni esecutive dei creditori (stay) durante la procedura . Dopo l’omologa, i creditori sono vincolati a quanto previsto dal piano o dalla liquidazione; se tentano azioni individuali, queste sono nulle. Se il debitore non rispetta il piano omologato senza giustificato motivo, il beneficio può essere revocato dal giudice e si aprono le porte a eventuale liquidazione (o al fallimento se nel frattempo l’impresa è divenuta fallibile). |
Come si vede, le procedure giudiziali offrono maggiore sicurezza e completezza (vincolano tutti i creditori, azzerano legalmente i debiti residui, bloccano i pignoramenti in corso), al prezzo di maggiori formalità e tempi. Le soluzioni stragiudiziali sono più rapide e informali ma non garantiscono al 100% il risultato se non c’è la cooperazione di tutti i creditori. In pratica, è consigliabile tentare prima un approccio bonario quando la situazione lo consente (ad es. pochi debiti, ancora sostenibili con qualche concessione), e ricorrere al percorso giudiziale quando il debito è ormai insostenibile in via ordinaria o ci sono troppi creditori da mettere d’accordo. Nel seguito analizziamo nel dettaglio le procedure di sovraindebitamento previste dalla legge italiana, che rappresentano il “paracadute” legale per il debitore civile e commerciale non fallibile in stato di insolvenza.
Le procedure giudiziali di sovraindebitamento
Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento sono strumenti legali introdotti per gestire in modo ordinato le situazioni di insolvenza di soggetti non assoggettabili al fallimento (oggi liquidazione giudiziale). Sono rivolte quindi a consumatori, professionisti, imprenditori sotto le soglie di fallibilità, start-up innovative, enti non profit, imprenditori agricoli, ed altri casi particolari indicati dalla legge . Tali soggetti, detti non fallibili, non possono accedere al concordato preventivo o ad altre procedure riservate alle imprese maggiori, ma grazie alla normativa sul sovraindebitamento hanno comunque la possibilità di ottenere una regolazione collettiva dei debiti e, soprattutto, di uscirne con un’esdebitazione (cancellazione dei debiti impagati).
Le procedure oggi vigenti, disciplinate agli artt. 65-83 del Codice della Crisi (CCII) , sono essenzialmente tre (più una misura straordinaria):
- Ristrutturazione dei debiti del consumatore (il “piano del consumatore” della vecchia legge 3/2012) – dedicata alle persone fisiche consumatori, cioè non fallibili che hanno contratto debiti per scopi estranei ad attività d’impresa o professionali .
- Concordato minore (il vecchio “accordo di composizione della crisi”) – destinato ai debitori non fallibili non consumatori (piccoli imprenditori, professionisti, start-up, imprenditori agricoli, persone fisiche con debiti anche di natura imprenditoriale) . Richiede il voto dei creditori.
- Liquidazione controllata del sovraindebitato (già “liquidazione del patrimonio”) – una procedura concorsuale liquidatoria in cui i beni del debitore sono venduti sotto controllo del tribunale e il ricavato distribuito ai creditori . Alla chiusura si ottiene l’esdebitazione.
Misura speciale: Esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII) – introdotta nel 2020 e confermata nel CCII , consente al debitore persona fisica totalmente privo di risorse di ottenere la cancellazione dei debiti senza alcuna contropartita (nessun pagamento), a certe condizioni di meritevolezza e solo una volta nella vita. Approfondiremo più avanti questa importante novità.
Le procedure di sovraindebitamento non sono alternative l’una all’altra in assoluto, ma vanno scelte in base al tipo di debitore e di situazione:
- Se il debitore è consumatore puro (nessun debito da attività d’impresa, né in corso né pregresso), può accedere al piano del consumatore (ristrutturazione dei debiti del consumatore) . Se invece tra i debiti ve ne sono anche di natura “aziendale” (ad es. derivanti da precedente attività, o si tratta di un professionista con debiti per la sua attività), non può usare il piano del consumatore. In tal caso dovrà utilizzare il concordato minore . La distinzione è tassativa: come chiarito dalla Cassazione (sent. n. 22699/2023) e ora recepito nel CCII aggiornato, basta anche un solo debito non “di consumo” inserito nel piano per rendere la procedura di ristrutturazione del consumatore inammissibile . Quindi, se un ex imprenditore oggi non attivo vuole accedere come consumatore, deve escludere dal piano gli eventuali debiti d’impresa residui (che resterebbero però esclusi dall’esdebitazione) oppure optare direttamente per il concordato minore .
- Il concordato minore è quindi la procedura “di default” per tutti i debitori non fallibili che non siano consumatori puri. Vi rientrano i piccoli imprenditori commerciali sotto le soglie di legge (ricavi ≤ €200.000, debiti ≤ €500.000, attivo ≤ €300.000) , ma anche professionisti, ditte individuali, società di persone non fallibili, imprenditori agricoli (che per legge non falliscono) e persino soci illimitatamente responsabili di società fallite, eredi di imprenditori, ecc. come elenca la legge . Da notare che il concordato minore può essere utilizzato anche dalle persone fisiche che abbiano in parte debiti personali e in parte derivanti da attività economiche (ad es. un commerciante che oltre ai debiti d’azienda ha fatto da garante per debiti personali del coniuge, o viceversa). Se c’è promiscuità di cause del debito, si tende a dover ricorrere al concordato minore, che è la procedura più “onnivora”. Il CCII ha previsto un principio di vis attractiva: se nella stessa famiglia vi sono debiti misti tra consumatori e non consumatori, si può presentare un unico progetto familiare e in caso di dubbio prevale la procedura non consumer (cioè concordato minore) .
- La liquidazione controllata può essere richiesta sia dal debitore consumatore sia non consumatore, quando non è possibile o conveniente proporre un piano di ristrutturazione. In genere è l’ultima risorsa: si attiva se il debitore non ha redditi sufficienti per sostenere un piano o i creditori non sarebbero soddisfatti adeguatamente da un piano. Non richiede consenso dei creditori e anzi può essere vista come “alternativa coattiva”: molto spesso se il piano o concordato falliscono (per rigetto o revoca), si apre d’ufficio la liquidazione. Può accadere anche che sia un creditore a chiederla: sotto la vecchia legge 3/2012 alcuni tribunali ritenevano ammissibile l’istanza del creditore per aprire la liquidazione del patrimonio del sovraindebitato (specie in caso di morte del debitore, per liquidarne l’eredità in beneficio d’inventario); il CCII pare consentire l’accesso anche su istanza di parte, ma prevalentemente resta una scelta del debitore. In ogni caso, la liquidazione controllata è aperta a qualsiasi debitore sovraindebitato non fallibile (consumatore o no) .
In tutte queste procedure, un ruolo chiave è svolto dall’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) e dal giudice:
- Il debitore che intende avvalersi di tali procedure deve innanzitutto raccogliere tutta la documentazione sui propri debiti, sui creditori (elenchi, importi, eventuali cause pendenti), sui redditi e sul patrimonio (conto economico personale/familiare, beni mobili e immobili posseduti) . Con questo dossier si rivolge a un OCC (di solito istituito presso gli Ordini professionali locali o organismi autorizzati dal Ministero). L’OCC nomina un gestore della crisi, una figura (spesso un commercialista o avvocato esperto) che assiste il debitore nella predisposizione della proposta e redige la relazione particolareggiata sulla situazione .
- Nelle procedure di piano del consumatore e concordato minore, l’OCC/gestore ha il compito di attestare la veridicità dei dati e la fattibilità del piano proposto . Deve cioè validare che i conti tornino e che la proposta sia sostenibile (non irrealistica). Inoltre attesta che il piano è più conveniente per i creditori rispetto alla liquidazione (requisito di convenienza, specie per i crediti pubblici come detto) .
- Il Tribunale (sezione fallimentare o persona fisica delegata, a seconda dell’organizzazione, ma in alcuni casi decide in composizione collegiale su reclami) svolge un controllo di ammissibilità iniziale: verifica la presenza dei requisiti soggettivi (chi può accedere) e l’assenza di cause ostative (ad es. procedure già utilizzate di recente, atti in frode ai creditori, mancanza di documenti) . Se qualcosa manca o è incompleto, oggi la legge permette al giudice di dare un termine per correggere/integrare (max 15 giorni) invece di bocciare subito – una novità del 2024 per evitare inammissibilità eccessivamente formalistiche. Superato questo filtro, il giudice fissa l’udienza per l’omologazione, in cui i creditori possono eventualmente fare opposizione.
- Misure protettive: dalla data di deposito del ricorso (o dalla pubblicazione sul registro delle imprese per le imprese, o dalla comunicazione ai creditori) il debitore può ottenere la sospensione di tutte le azioni esecutive e cautelari a suo carico . Questo “scudo” impedisce nuovi pignoramenti e sospende quelli in corso (non fa perdere però le cause in corso: solo le congela in attesa del piano). Il correttivo 2024 ha reso più chiaro anche il regime di impugnazione dei provvedimenti: se prima c’erano dubbi su come reclamare un eventuale diniego, ora il decreto di inammissibilità iniziale si può reclamare al tribunale collegiale, mentre il diniego di omologazione si appella in corte d’appello (come confermato da Cass. 24870/2024 , recepita modificando l’art. 70 CCII).
Esaminiamo ora singolarmente le tre procedure, con le loro peculiarità.
Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (Piano del consumatore)
Il piano del consumatore (ora rinominato “piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore” dal Codice della Crisi ) è la procedura pensata ad hoc per il debitore civile persona fisica, cioè colui che ha contratto obbligazioni per scopi personali/familiari estranei ad un’attività imprenditoriale o professionale . È lo strumento privilegiato per il cittadino sovraindebitato che, ad esempio, si è indebitato per acquistare beni di consumo, per esigenze familiari, per un mutuo sulla casa, ecc., e si trova nell’impossibilità di far fronte alle rate in modo regolare .
Caratteristiche principali:
- Il piano consiste in una proposta di pagamento dei debiti commisurata alla reale capacità economica del consumatore . Si propone di pagare, tipicamente, una parte dei debiti oppure l’intero debito ma in forma dilazionata e senza interessi, in base a quello che il debitore può permettersi, tenuto conto del suo reddito e del mantenimento di una vita dignitosa. Può prevedere qualsiasi forma tecnica: rate mensili del suo stipendio, vendita di alcuni beni (es. un’auto) per ricavare liquidità da distribuire, mantenimento dei beni essenziali (come la prima casa se sostenibile) , e così via. Importante: il piano non richiede il consenso dei creditori per essere approvato . Questa è una peculiarità: a differenza di concordati e accordi, qui non si vota. Sarà il giudice che valuta se il piano è equo e fattibile e, in caso positivo, lo omologa d’ufficio, rendendolo vincolante per tutti i creditori, anche quelli eventualmente contrari . Ciò consente al consumatore meritevole di superare l’eventuale ostruzionismo di qualche creditore: se il piano è serio e vantaggioso rispetto all’alternativa liquidatoria, verrà imposto.
- Requisito della meritevolezza: è cruciale. Il consumatore deve dimostrare di non aver colpe gravi o frodi nella genesi del sovraindebitamento . In particolare l’art. 69 CCII elenca varie cause di inammissibilità, ad esempio: aver determinato il sovraindebitamento con dolo o colpa grave (es. facendo spese gravemente sproporzionate senza possibilità di pagarle), aver violato divieti di legge (es. già esdebitato nei 5 anni precedenti), aver fornito documentazione incompleta o non veritiera, aver commesso atti in frode (come sottrarre o simulare attività per danneggiare i creditori) . Da notare che con la riforma si è attenuata la nozione di meritevolezza rispetto al passato: non è più richiesta la famosa “meritevolezza” intesa come non aver assunto debiti senza ragionevole prospettiva di poterli adempiere, clausola che in passato aveva creato interpretazioni rigide. Ora conta più la regolarità del comportamento (buona fede, trasparenza) che l’imprudenza generica nel contrarre debiti . La Cassazione (Sez. I, 3/2/2016 n.1869) già ebbe a dire che il giudizio di meritevolezza non deve spingersi a sindacare scelte di spesa opinabili ma solo a sanzionare condotte gravemente scorrette (come frodi) . Il CCII recepisce questo orientamento, richiedendo onestà e diligenza, ma non punendo chi, ad esempio, si è indebitato per aiutare un familiare o per far fronte a circostanze sfortunate fuori dal suo controllo.
- Contenuto del piano: deve indicare in modo dettagliato chi verrà pagato, quanto e quando . Può prevedere trattamenti differenti tra categorie di creditori, rispettando però la loro priorità giuridica: i creditori privilegiati (es. ipotecari, pignoratizi) vanno soddisfatti almeno per il valore della garanzia o comunque non meno di quanto otterrebbero liquidando il bene su cui hanno privilegio (salvo consenso a ricevere meno). Si può proporre una moratoria fino a 2 anni per iniziare a pagare i creditori privilegiati e fino a quel termine le loro azioni esecutive rimangono sospese. Su questo punto, la Cassazione n.9549/2025 ha chiarito che l’art. 67(4) CCII, nel consentire di posticipare fino a 2 anni dall’omologazione il pagamento dei creditori privilegiati, non impone di concludere i pagamenti entro i 2 anni, ma solo di iniziarli entro tale limite . Ciò significa che, ad esempio, nel piano si può prevedere: “inizierò a pagare le rate del mutuo ipotecario dopo 18 mesi dall’omologa e continuerò per i successivi 10 anni secondo piano di ammortamento originario”. Prima si temeva che tutto dovesse finire in 2 anni, ma la Cassazione ha confermato che il termine è solo per l’inizio – i pagamenti possono proseguire oltre . Questo è molto importante per consentire piani sostenibili in cui, ad esempio, si conserva la prima casa continuando a pagarne il mutuo: l’art. 67(5) CCII modificato nel 2024 prevede espressamente che il debitore (o la famiglia) possa continuare a pagare le rate del mutuo ipotecario sulla prima casa con l’attestazione dell’OCC, senza decadere dal beneficio del termine . In pratica, se la casa è già gravata da mutuo e il debitore riesce a sostenere quella rata, il piano del consumatore può lasciar fuori il mutuo (pagato a parte regolarmente) così che la casa non venga toccata – gli altri debiti saranno ristrutturati e il giudice può autorizzare questa soluzione senza far scattare la decadenza del mutuo per intervenuta procedura. Questo era un dubbio interpretativo superato dal correttivo 2024, molto utile al debitore per preservare l’abitazione.
- Procedimento: il consumatore deposita il ricorso con la proposta di piano e la relazione dell’OCC . Ottenute le misure protettive, si notifica ai creditori. Non c’è voto, ma i creditori possono inviare osservazioni o opposizioni. Se nessuno contesta o le contestazioni non sono fondate, il giudice verifica che tutte le condizioni di legge siano rispettate (meritevolezza, convenienza rispetto a liquidazione, fattibilità) e omologa il piano. Effetti dell’omologa: tutti i creditori descritti nel piano sono vincolati a quanto in esso previsto. Per esempio, se il piano dice che di un certo debito verrà pagato il 30%, il creditore dovrà accontentarsi di quel 30% (pagato magari in rate semestrali per 4 anni) e non potrà agire per il resto. Le eventuali ipoteche giudiziali in corso vengono revocate, i pignoramenti cessano (i beni pignorati vengono liberati, salvo siano destinati alla vendita nel piano stesso). Durante l’esecuzione del piano il giudice o l’OCC vigilano che il debitore faccia quanto promesso, con rendicontazioni periodiche. Se il debitore non rispetta il piano senza giustificazione (es. salta volontariamente diverse rate, o dilapida dei beni che doveva conferire), il tribunale – su istanza dei creditori – può dichiarare la risoluzione del piano e a quel punto i creditori riacquistano pieni diritti sul residuo (meno quanto eventualmente già incassato) e possono agire (oppure il debitore può ripiegare su una liquidazione controllata). In caso di eventi imprevedibili, il debitore può chiedere modifiche al piano o una proroga, ma serve accordo dei creditori o comunque una nuova omologa.
- Esdebitazione finale: se il piano viene completato correttamente, il debitore è automaticamente liberato dai debiti concorsuali residui non pagati . Ad esempio, se doveva €100.000 e il piano prevedeva pagamento 50%, una volta pagati i €50.000 il giudice emette il decreto che attesta l’esdebitazione dei restanti €50.000. Questo avviene di diritto (art. 73 CCII) senza bisogno di altra richiesta. In effetti, il piano del consumatore è uno strumento potentissimo: consente di ridurre il debito al quantum sostenibile e poi di cancellare il resto, fornendo al debitore onesto quella libertà dal fardello dei debiti che è lo scopo ultimo della legge . La giurisprudenza rimarca infatti la finalità di dare al debitore meritevole una seconda chance reale .
Possiamo sintetizzare i pro del piano del consumatore: nessun voto dei creditori (basta convincere il giudice della bontà del piano), protezione immediata dalle azioni esecutive, flessibilità di contenuti (si può proporre anche di pagare solo una minima parte ai chirografari se proprio non c’è più capacità, purché sia il massimo che si può dare in base al proprio reddito), mantenimento di beni essenziali (casa di abitazione, auto necessaria, etc., se il valore eccede si può eventualmente liquidare solo la quota di valore eccedente), fresh start garantito alla fine . I contro: è riservato solo a chi non ha nessun debito da attività d’impresa; richiede un accurato esame di meritevolezza, quindi chi ha compiuto azioni spregiudicate potrebbe essere escluso; inoltre durante il piano il consumatore deve vivere in modo molto controllato – il bilancio previsto dal piano di solito tiene conto solo delle spese indispensabili, eventuali extra entrate devono anch’esse andare ai creditori (se l’OCC scopre miglioramenti rilevanti delle condizioni, può chiedere di modificare il piano a vantaggio dei creditori). Insomma, il piano è un percorso di “riabilitazione” economica: il debitore paga quanto può, per un periodo che in media dura dai 3 ai 5 anni (di norma i tribunali tendono a non approvare piani con durata eccessiva, anche se teoricamente potrebbe estendersi; molti piani del consumatore durano 4 anni, ispirandosi alla durata di un buon piano del consumatore USA “Chapter 13” che è 3-5 anni).
Esempio pratico: Mario, dipendente 45enne, con moglie e figlio a carico, reddito netto €1.500/mese, ha accumulato €80.000 di debiti (prestiti personali, carte di credito, bollette arretrate) e ha una casa di proprietà gravata da mutuo residuo. Si rivolge all’OCC e presenta un piano del consumatore in cui si impegna a versare €300 al mese per 5 anni (attingendo dal suo stipendio al netto delle spese familiari essenziali) e inoltre destina ai creditori €5.000 che ricaverà vendendo un’automobile secondaria. Propone così di pagare circa €23.000 totali a fronte di €80.000 di debiti (il resto – €57.000 – sarà cancellato). La banca del mutuo resta fuori dal piano: Mario continua a pagare le rate €500/mese regolarmente per non perdere la casa, come consentito dall’art.67 co.5 CCII . Il tribunale verifica che Mario non ha colpe gravi (si è indebitato per aiutare un parente malato e poi ha perso il secondo lavoro) e che i creditori chirografari, in una liquidazione, avrebbero avuto zero (perché la casa ha ipoteca della banca). Omologa quindi il piano. Mario esegue i pagamenti come previsto. Dopo 5 anni il tribunale dichiara l’esdebitazione: i creditori non possono più avanzare pretese su quei €57.000 non pagati, Mario è libero dai debiti e ha potuto conservare la propria casa.
Concordato minore (accordo di ristrutturazione per soggetti non fallibili)
Il concordato minore è la procedura affine al concordato preventivo ma dedicata ai debitori sotto soglia di fallibilità . Sostituisce il vecchio “accordo di composizione della crisi” della legge 3/2012. Si chiama concordato perché, a differenza del piano del consumatore, qui è richiesto un accordo con i creditori, formalizzato tramite il voto. In sintesi, il debitore non fallibile non consumatore (piccola impresa, professionista, etc.) propone ai suoi creditori un piano di ristrutturazione che deve ottenere il consenso della maggioranza per essere omologato.
Caratteristiche:
- Soggetti ammessi: tutti i debitori sovraindebitati non rientranti nella definizione di consumatore. Quindi piccoli imprenditori (anche sotto forma di società), professionisti, imprenditori agricoli (che per legge non possono essere dichiarati falliti ma possono fare concordato minore), start-up innovative (esenti da fallimento), persone fisiche che hanno debiti in parte personali e in parte da attività economica, ecc. Anche più membri di una stessa famiglia possono accedere congiuntamente se il sovraindebitamento ha origine comune , ma come detto se almeno uno ha debiti di natura aziendale l’intera procedura sarà di concordato minore (i consumatori del nucleo ne faranno parte comunque come co-debitori). Nota sulle soglie: un imprenditore che superi anche una sola delle soglie di fallibilità (art. 1 LF, ora art. 2 CCII lett. c) – debiti > €500k, attivo > €300k, ricavi > €200k ) non è ammesso a queste procedure; in tal caso dovrà ricorrere al concordato preventivo “normale” o altre procedure per fallibili. Le soglie vanno valutate negli ultimi 3 esercizi: se l’imprenditore resta sotto, è non fallibile . Ad esempio, un’impresa artigiana con €400k debiti totali può usare il concordato minore, se sale a €600k di debiti entra nel campo delle procedure maggiori.
- Proposta di concordato: il debitore presenta un piano di ristrutturazione simile a quello del consumatore, con la differenza che qui i creditori dovranno esprimersi. Può essere prevista la continuazione dell’attività (concordato minore in continuità) oppure la cessazione e liquidazione dei beni (concordato minore liquidatorio); può includere ogni genere di soluzione tecnica (dilazioni, stralci, cessione di beni ai creditori, apporto di nuova finanza da terzi, ecc.), purché siano rispettate le cause legittime di prelazione. In altre parole, i creditori con privilegio, pegno o ipoteca vanno soddisfatti almeno fino alla concorrenza del valore di garanzia, salvo che acconsentano a ricevere meno (possono “sacrificare” il loro privilegio volontariamente votando il piano) . I creditori chirografari potranno ricevere anche percentuali molto basse se la situazione è grave (nessuna soglia minima legale, salvo per il Fisco come già discusso: l’erario non può avere meno del valore di liquidazione dei beni, art. 63 CCII ). Il piano può prevedere anche classi di creditori, suddividendo ad esempio fornitori, banche, dipendenti, fisco, ecc., con trattamenti differenziati, ma all’interno di ciascuna classe i crediti omogenei vanno trattati uguale. Può essere prevista la cessione dell’azienda in esercizio, etc., come un mini concordato preventivo. La durata non è imposta, ma generalmente deve essere ragionevole: linee guida parlano di 4-5 anni al massimo per i pagamenti nel concordato minore , in analogia a quanto ci si aspetta per il consumatore. Resta la possibilità di una moratoria ai privilegiati (2 anni per iniziare, come per il consumatore, se approvano).
- Voto dei creditori: il tribunale, verificata l’ammissibilità iniziale, convoca l’udienza dei creditori. Nel concordato minore serve il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto (maggioranza per valore >50%, calcolata sul totale dei crediti ammessi al voto). Non c’è soglia di teste, conta il valore. I creditori privilegiati che non ricevono integrale soddisfo partecipano al voto per la parte non soddisfatta (cosiddetti creditori degradati a chirografo per la parte eccedente il soddisfo). I crediti impignorabili o estranei non votano. Raggiunto il quorum (>50% valore), il concordato è approvato. Se ci sono diverse classi, occorre che la maggioranza delle classi voti a favore, altrimenti si può chiedere al tribunale il cram-down (omologa nonostante il voto contrario di una classe, se il trattamento di quella classe dissenziente è equo e non peggiorativo rispetto alle alternative, principio simile a quello del concordato preventivo nelle imprese). Nei fatti, spesso nel sovraindebitamento i creditori non sono tantissimi: ottenere più del 50% di valore favorevole non è impossibile se la proposta è convincente (molti creditori finanziari tendono all’astensione, che per legge vale come voto negativo nel conteggio dei quorum, dunque è necessario stimolare il loro voto favorevole attivo).
- Omologazione e effetti: dopo l’approvazione dei creditori, il tribunale omologa il concordato minore verificando che tutte le condizioni siano rispettate (meritevolezza del debitore, fattibilità, rispetto del test di convenienza per i creditori dissenzienti – nessuno deve essere danneggiato rispetto all’alternativa della liquidazione controllata) . Se un creditore ha votato contro, può fare opposizione all’omologa deducendo eventuali violazioni di legge o convenienza. Il giudice decide in camera di consiglio; se omologa, il concordato diventa vincolante per tutti i creditori anteriori (anche i non votanti e dissenzienti). Da quel momento, il debitore deve attenersi al piano. Viene nominato un liquidatore/attestatore (spesso lo stesso gestore OCC o altro professionista) se sono previste vendite di beni, per gestire quelle operazioni e distribuire il ricavato. Durante l’esecuzione, similmente al piano del consumatore, il debitore opera sotto vigilanza e i creditori non possono agire individualmente (resta il divieto di azioni esecutive individuali). Se il debitore non adempie e la risoluzione viene dichiarata (magari su segnalazione del liquidatore o istanza dei creditori), si può aprire la liquidazione controllata.
- Esdebitazione: in modo analogo al consumatore, a fine concordato il debitore persona fisica ottiene di diritto l’esdebitazione dei debiti residui non soddisfatti (art. 83 CCII). Quindi se nel concordato era previsto di pagare 40% ai chirografari e 100% ai privilegiati, e il debitore esegue tutto ciò, il residuo 60% chirografario viene cancellato. Tuttavia, attenzione: la legge prevede che se il debitore è un imprenditore e prosegue l’attività, l’esdebitazione non lo solleva da eventuali obblighi verso utili futuri in misura maggiore rispetto a quanto promesso – c’è un meccanismo di controllo sui beni sopravvenuti. In particolare, il CCII (art. 83) stabilisce che per i debitori diversi dal consumatore l’esdebitazione può essere esclusa per i crediti tributari e previdenziali non soddisfatti qualora, nei 4 anni successivi, il debitore torni in bonis con la sua impresa (questo per evitare che un imprenditore “finga” di essere incapiente, stralci i debiti fiscali e poi magari la sua azienda decolla: in tal caso il fisco potrebbe avere diritto a revocare l’esdebitazione su quei crediti). È un tema un po’ tecnico, ma lo segnaliamo: favor debitoris sì, ma con un occhio a non permettere abusi evidenti. In generale comunque, al pari del consumatore, il piccolo imprenditore onesto che attraverso il concordato minore sacrifica i suoi beni o redditi per pagare il fattibile, viene liberato dai restanti debiti e può proseguire l’attività senza il cappio del passato.
Confronto con il piano del consumatore: il concordato minore è più complesso perché serve negoziare con i creditori e ottenere il loro voto. Ciò può comportare la necessità di offrire condizioni un po’ più allettanti (ad es. percentuali leggermente migliori) rispetto a quanto un giudice potrebbe imporre d’ufficio. Tuttavia, la legge consente anche nel concordato minore di omologare anche se qualche creditore è contrario, purché la maggioranza sia raggiunta . Dunque il dissenso di una minoranza non blocca la procedura. Dal punto di vista della meritevolezza, la valutazione è simile: il debitore non deve aver frodato i creditori. Una differenza: nel concordato minore la legge prevede espressamente la considerazione del cosiddetto merito creditizio di banche e finanziarie che hanno prestato al debitore se esso era già in difficoltà . In pratica il giudice può valutare che alcuni creditori si sono “tirati addosso” il rischio concedendo prestiti azzardati, quindi non possono poi dolersi se recuperano poco – principio che tutela ulteriormente il debitore onesto ma vittima di eccesso di credito (spesso richiamato per la concessione del beneficio dell’esdebitazione).
Esempio pratico: Alfa S.n.c., piccola impresa artigiana (3 dipendenti), ha debiti per €300.000 (100k banca, 50k fornitori vari, 50k fisco, 100k leasing macchinari). Ha avuto cali di fatturato e non riesce a pagare tutti. Le banche minacciano revoca fido, il fisco ha avviato pignoramenti. I soci vogliono continuare l’attività. Presentano un concordato minore in continuità offrendo: pagamento 100% dei debiti verso dipendenti (privilegiati) in 6 mesi, pagamento 100% del leasing (così da mantenere i macchinari) con dilazione, pagamento 30% ai fornitori chirografari in 4 anni, pagamento 30% al fisco (sanzioni stralciate) in 4 anni. Per rendere appetibile, trovano anche un finanziatore terzo (un parente) che apporta subito €30.000 da distribuire pro-rata ai chirografari come acconto. I creditori votano: la banca (garantita da ipoteca su capannone di proprietà di un socio) non ha bisogno di voto perché la ipoteca resta e continua ad essere pagata regolarmente (fuori dal concordato, come mutuante ipotecario escluso, oppure dentro ma al 100%), i fornitori rappresentano il 50% chirografario e sono abbastanza favorevoli (alcuni ottimisti di avere l’azienda come cliente in futuro), il fisco vota secondo le regole (in genere aderisce se c’è il rispetto del 20% e conviene rispetto a fallimento). Si raggiunge il 60% di voti a favore su €150k di crediti votanti – approvato. Il tribunale omologa. L’azienda continua l’attività, rispetta il piano; dopo 4 anni ha pagato circa €120k su €300k di debiti, ma la restante parte viene esdebitata. Alfa s.n.c. è salva e libera dai vecchi debiti (eccetto mutuo ipotecario che continua regolare). I soci, se avevano garantito personalmente, beneficiano a loro volta dell’esdebitazione personale sui debiti rimasti.
Liquidazione controllata del sovraindebitato
La liquidazione controllata (disciplinata agli artt. 268-277 CCII ) è l’equivalente del fallimento (oggi chiamato liquidazione giudiziale) per i soggetti non fallibili. È una procedura concorsuale liquidatoria: ciò significa che il fine è liquidare (vendere/realizzare) tutto il patrimonio del debitore e distribuire il ricavato ai creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione. Al termine, il debitore persona fisica potrà accedere all’esdebitazione (automaticamente dopo 3 anni , come vedremo). La liquidazione controllata era già prevista come “liquidazione del patrimonio” nella legge 3/2012; il CCII l’ha confermata e le ha dato tempi più certi.
Quando si ricorre alla liquidazione controllata? Spesso è l’ultima risorsa, se non è possibile un piano. Ad esempio: il debitore non ha sufficienti entrate per offrire un pagamento dilazionato significativo, oppure i creditori (o il giudice) non ritengono fattibile alcun piano di ristrutturazione, oppure ancora la mole di debiti è tale che l’unica soluzione equa è trasformare tutto in liquidità e dividere pro-quota. Può accadere anche che il debitore preferisca subito la liquidazione per “fare tabula rasa” rapidamente, specie se non ha beni essenziali da salvaguardare o se i suoi beni sono già oggetto di esecuzioni multiple (la liquidazione le accentra e le risolve in modo ordinato).
La liquidazione controllata può essere domandata dal debitore con ricorso (allegando l’inventario dei beni e l’elenco creditori, documenti simili a quelli del piano, più eventualmente le cause di sovraindebitamento). Può anche essere richiesta dai creditori o dall’OCC in alcuni casi, ad esempio se un piano concordatario non è stato approvato o è stato revocato per condotte dolose del debitore (casi in cui i creditori chiedono di aprire la liquidazione in luogo del piano fallito). Inoltre, in caso di morte del debitore sovraindebitato, i suoi eredi possono chiedere la liquidazione dell’eredità accettata con beneficio di inventario, per definire i debiti ereditari .
Procedura in sintesi: il tribunale, verificati i presupposti (sovraindebitamento conclamato, meritevolezza minima richiesta: non devono emergere atti in frode), dichiara aperta la liquidazione con apposito decreto. Nomina un liquidatore (un professionista terzo, spesso l’OCC che ha seguito, oppure un curatore fallimentare iscritto all’albo) e fissa le misure protettive (sospensione di pignoramenti, ecc.). Da questo momento il patrimonio del debitore viene cristallizzato: tutti i beni (presenti e, attenzione, anche quelli che dovessero essere acquisiti nei successivi 4 anni, se non necessari al sostentamento) entrano nella massa attiva disponibile per i creditori . Il debitore perde la disponibilità dei suoi beni (diventa come un fallito: non li può vendere né gravare) e le amministrazioni in corso passano al liquidatore.
Il liquidatore compie un inventario di tutti i beni e pubblica un avviso ai creditori perché presentino domanda di ammissione al passivo (entro un termine). Dopodiché si forma lo stato passivo con l’elenco di tutti i crediti ammessi, classificati in privilegio/chirografo. In questa fase, se emergono atti sospetti compiuti dal debitore prima (es. vendite a parenti a prezzo vile nei 2 anni precedenti), il liquidatore o i creditori possono agire per farli revocare (azione revocatoria ordinaria o fallimentare adattata).
Quindi si procede alla vendita dei beni: immobili, mobili, ecc. seguendo procedure competitive (aste) analoghe a quelle fallimentari. Se il debitore ha uno stipendio, il liquidatore può prelevarne la parte pignorabile mensile per destinarla ai creditori durante la procedura (salvaguardando la parte impignorabile per il mantenimento). Il CCII ha introdotto che la liquidazione controllata dura al massimo 3 anni per la parte di realizzo dei redditi futuri . Ovvero: se il debitore ha un reddito, l’obbligo di versarne la quota disponibile dura 3 anni dall’apertura della procedura; dopo, ciò che guadagna torna interamente a lui (questo per evitare liquidazioni eterne). I beni già esistenti invece vengono liquidati senza un termine fisso (ma la speranza è di chiudere in tempi brevi comunque).
Al termine delle vendite e incassi, il liquidatore ripartisce le somme tra i creditori secondo l’ordine di privilegio (prima i privilegiati fino a capienza, poi gli eventuali chirografari in percentuale uguale) . Poi presenta il rendiconto finale al giudice e dichiara chiusa la liquidazione. A questo punto, se il debitore è persona fisica, può ottenere l’esdebitazione dei debiti rimasti insoddisfatti.
Esdebitazione post-liquidazione: la grande differenza con il vecchio fallimento è che qui la legge dà un vero fresh start al piccolo debitore anche dopo la liquidazione. Non serve neppure che il debitore paghi una percentuale minima o soddisfi il 25% come era richiesto nel fallimento per avere la cancellazione: basta che abbia cooperato onestamente. L’art. 278 CCII prevede che trascorsi 3 anni dall’apertura della liquidazione, il liquidatore deposita una relazione e il tribunale emette d’ufficio (senza bisogno di istanza) il decreto che esdebita il debitore residuo , salvo che emergano fatti ostativi (tipo comportamento fraudolento scoperto tardi). In pratica, quindi, dopo tre anni il debitore è libero, anche se la liquidazione dei beni magari prosegue tecnicamente per realizzare un immobile invenduto (in ogni caso, i nuovi redditi dopo i 3 anni restano al debitore). È un esdebitazione più semplice di quella fallimentare (dove occorreva fare domanda e attendere fine procedura). L’obiettivo è evitare che il debitore resti appeso per anni: se in 3 anni non si è ricavato nulla di più, difficilmente i creditori avrebbero avuto qualcosa attendendo.
Va precisato che restano esclusi dall’esdebitazione di diritto quei debiti che per legge non possono essere estinti (alimenti, debiti da illecito extra-contrattuale con dolo o colpa grave, multe penali) . Ad esempio, se tra i debiti c’era un risarcimento danni per lesioni volontarie, quello rimane (come avviene nel fallimento, in cui l’esdebitazione esclude i danni da fatto illecito non extracontrattuale).
Particolarità: durante la liquidazione controllata il debitore può anche proporre ai creditori un concordato semplificato di chiusura (introdotto dal CCII, art. 282) se per caso spunta una soluzione transattiva in extremis – ma è rarissimo e di solito poco utile per i sovraindebitati, più pensato per composizioni negoziate d’impresa.
Meritevolezza nella liquidazione: per accedere alla liquidazione controllata, non è richiesto un livello di meritevolezza altissimo (anche chi ha colpa può finirci, come nel fallimento uno può fallire anche se ha colpe). Però, atti di frode gravissima potrebbero portare a non concedere l’esdebitazione finale. Ad esempio, se durante la liquidazione si scopre che il debitore aveva nascosto volontariamente dei beni, il tribunale può decidere di escluderlo dal beneficio. In generale però, il legislatore vuole concedere la liberazione dei debiti anche al debitore che magari è stato imprudente, purché collabori lealmente nella procedura cedendo tutto ciò che ha.
Durata e vita del debitore in liquidazione: tre anni sono il periodo “difficile” in cui il debitore dovrà convivere con questa situazione: potrà tenere per sé solo il minimo vitale, e qualunque sopravvenienza di beni (ad esempio un’eredità, una vincita) se arriva entro quei 4 anni va segnalata al liquidatore e andrà ai creditori se sufficiente a pagare almeno il 10% dei crediti . Se il debitore nasconde queste sopravvenienze, rischia la revoca dell’esdebitazione poi. Se invece, passati 4 anni dal decreto di esdebitazione, il debitore riceve un’eredità o guadagna di più, è ormai affrancato e i vecchi creditori non potranno pretenderne nulla. Questa regola (4 anni post esdebitazione) è comune anche all’esdebitazione dell’incapiente di cui parleremo .
Esempio pratico: Giovanna, ex commerciante, ha chiuso l’attività due anni fa con €250.000 di debiti (fisco, banche, fornitori). Non ha un lavoro stabile, solo piccoli redditi saltuari, e possiede solo un appartamentino cointestato col marito (che è in comunione beni, metà valore è suo). Il suo caso è troppo pesante per un concordato – non potrebbe pagare granché. Opta per la liquidazione controllata. Il tribunale apre la procedura: il liquidatore vende la quota di Giovanna della casa (il marito magari la ricompra o si trova un accordo per liquidare il 50% del valore ai creditori) – realizza €50.000. Inoltre prende il TFR di Giovanna (aveva lavorato anni prima da dipendente, €10.000 accantonati). I creditori complessivamente ricevono, supponiamo, il 20%. Dopo 3 anni, non essendoci altri beni, Giovanna ottiene l’esdebitazione automatica dal giudice. I restanti €200.000 di debiti svaniscono: i creditori non possono più rivalersi su di lei. Giovanna riparte da zero: ha perso la casa (la sua metà), ma può ricostruirsi una vita senza debiti. Il tutto, senza la macchia infamante di un fallimento (che tra l’altro per una piccola ex commerciante non sarebbe nemmeno stato possibile, sarebbe rimasta inseguita a vita).
Esdebitazione del debitore incapiente (cancellazione dei debiti senza utilità)
Chiudiamo con la più innovativa e, per certi versi, drastica tra le misure: l’esdebitazione del debitore incapiente, anche detta “esdebitazione senza utilità” . Si tratta di una procedura introdotta nel 2020 (DL 137/2020 conv. L.176/2020, nel pieno della pandemia) come aggiunta alla legge 3/2012, poi confluita nel Codice della Crisi all’art. 283 CCII . La sua logica è: se un debitore persona fisica non ha assolutamente nulla da offrire ai creditori, nemmeno in prospettiva, e la sua insolvenza non è colpevole, allora la legge – una volta verificato il tutto – può liberarlo dai debiti immediatamente, senza passare da un piano o una liquidazione. È una sorta di “grazia” per i debitori civili disperati, per evitare che restino intrappolati a vita nell’insolvenza e magari facciano scelte tragiche (da qui il nome di “legge salva suicidi” originario).
Chi può accedere: solo persone fisiche (no società) e solo se incapienti, cioè prive di beni liquidabili e di reddito aggredibile, né prevedibilmente in grado di averne in futuro. In pratica, chi non possiede case, auto di valore, investimenti, e ha al massimo un modesto reddito che basta a malapena al suo mantenimento e quello della famiglia. La valutazione dell’incapienza avviene calcolando il reddito disponibile: si prende il reddito annuo, si sottraggono le imposte, le spese necessarie per produrlo e un importo per il mantenimento dignitoso proprio e della famiglia (spesso si usa come riferimento l’assegno sociale o indicatori ISTAT per livello di povertà) . Se dopo queste sottrazioni non rimane nulla (o quasi) da destinare ai creditori, il debitore è incapiente . Anche il patrimonio viene guardato: se uno possiede qualche bene (es. un’auto usata, qualche mobile), di solito glieli lasciano se sono di valore trascurabile e necessari, altrimenti sarebbe teoricamente liquidabile. Di solito questa procedura si applica a persone nullatenenti o quasi.
Requisiti soggettivi: oltre all’incapienza economica, serve la meritevolezza dello stesso tipo delle altre procedure: assenza di frodi, comportamento diligente e sfortuna onesta. Il debitore deve dimostrare le cause del sovraindebitamento (es. malattia, disoccupazione), la diligenza con cui ha provato ad adempiere, e che non vi sono atti revocabili o censurabili . L’OCC redige una relazione dettagliata su tutto ciò . Anche qui entra in gioco il merito creditizio dei finanziatori: se delle banche hanno sommerso di credito il debitore già precario, questo gioca a favore del debitore (non viene considerato colpevole per aver accettato quei prestiti, semmai si biasimano le banche) . Infine, requisito formale: non bisogna aver già usufruito dell’esdebitazione incapiente nei 5 anni precedenti (in realtà la norma dice una volta sola, poi è dubbio se mai ripetibile, ma di base è one-shot) .
Procedura: il debitore deposita un ricorso presso il tribunale, tramite OCC, esponendo la situazione e chiedendo la cancellazione dei debiti ex art.283 CCII. Non c’è un piano, perché non dà nulla ai creditori. Va allegata la documentazione completa su debiti, creditori, redditi, patrimonio, atti degli ultimi 5 anni, ecc., come per le altre procedure . L’OCC gioca un ruolo fondamentale: deve attestare che davvero il debitore non è in grado di offrire alcuna utilità nemmeno futura, che le cause sono sfortunate, che il debitore si è comportato in buona fede, e che non risultano atti in frode . L’istanza viene notificata ai creditori (che hanno facoltà di opposizione se vogliono contestare la sussistenza dei requisiti). Il tribunale fissa udienza e valuta il tutto. Se ritiene soddisfatte le condizioni, emette decreto di esdebitazione dell’incapiente.
Effetti: questo decreto libera il debitore da tutti i debiti chirografari anteriori . I crediti privilegiati rimangono nei limiti della possibilità di escutere la garanzia (ma se il bene su cui insiste la garanzia ad es. ipoteca era già stato venduto, quel creditore rimane scoperto e quindi quel residuo chirografo è esdebitato anch’esso). In pratica, il debitore incapiente viene trattato come se avesse fatto una liquidazione e nulla si fosse ricavato: esce “pulito” da obblighi civili. Ovviamente, se ha coobbligati o garanti, questi restano obbligati (la liberazione vale solo per lui).
Tutele per i creditori: capirete che è un provvedimento forte – i creditori rimangono totalmente insoddisfatti. Per questo la legge ha previsto alcune riserve: innanzitutto, come detto, la concessione è legata alla correttezza del debitore (se si scopre un inganno, l’esdebitazione può essere revocata). Inoltre, nei 4 anni successivi al decreto di esdebitazione, il debitore ha l’obbligo di segnalare all’OCC eventuali sopravvenienze attive rilevanti (es. riceve un’eredità, vince alla lotteria, ottiene un reddito insperato) . Se entro 4 anni dall’esdebitazione arrivano risorse tali da consentire di pagare almeno il 10% dei crediti, allora quelle utilità devono essere in parte destinate ai vecchi creditori insoddisfatti . In sostanza, se la vita del debitore miracolosamente migliora a breve giro, è giusto che i creditori ne beneficino fino a un certo punto (non integralmente, ma almeno fino al 10% dei loro crediti, secondo la legge). Oltre 4 anni, fine delle pretese: si considera definitiva la liberazione. L’OCC è incaricato di vigilare in quel quadriennio, il debitore deve depositare annualmente una dichiarazione su eventuali utilità sopravvenute . Se non lo fa o mente, rischia la revoca del beneficio .
Unicità: l’esdebitazione incapiente, come accennato, può essere concessa una sola volta nella vita . Quindi non è che ogni 5 anni uno può azzerare i debiti senza pagare: c’è il vincolo di unicità per evitare moral hazard.
Relazione con altre procedure: un debitore potrebbe chiedere prima l’esdebitazione incapiente e, se respinta, optare per la liquidazione. Di solito infatti chi prova questa carta non ha altre vie; se però il giudice nega perché magari trova che un minimo utile esiste, potrebbe invitarlo a convertire in una liquidazione controllata.
Esempio pratico: Luigi, 30 anni, disoccupato, vive in affitto, nessun bene intestato, salute precaria. Ha €50.000 di debiti: carte di credito usate per vivere, bollette non pagate, un finanziamento. Non lavora e campa con aiuti sociali. Per lui un piano di rientro è impossibile (zero reddito), liquidazione pure (non ha nulla da liquidare, a parte forse un televisore). Luigi si rivolge all’OCC e chiede l’esdebitazione da incapiente. Dall’istruttoria risulta che Luigi non ha nascosto nulla, anzi negli ultimi anni ha venduto l’auto per pagare l’affitto, e i debiti sono derivati dalla perdita del lavoro e dalla malattia, non da spese voluttuarie. Il giudice, rilevato che Luigi è sinceramente nullatenente e senza prospettive immediate, cancella tutti i suoi debiti. Luigi non ci crede: improvvisamente non ha più i creditori alle calcagna. Ovviamente, se tra due anni trovasse un buon lavoro o vincesse 20mila euro, dovrà comunicarlo e destinare fino a 5mila (il 10% dei 50k di crediti originari) per i suoi ex creditori, ripartiti magari in proporzione. Ma se la sua situazione resta povera, potrà rifarsi una vita senza mai pagare quei 50k.
Importante: questa misura è stata definita a forte valenza sociale . Rappresenta il culmine del principio di solidarietà nel sovraindebitamento, riconoscendo che tenere “imprigionato” un debitore che oggettivamente non potrà mai pagare nulla non giova a nessuno (il debitore resta ai margini in nero, i creditori non recuperano comunque nulla, cresce l’economia sommersa e l’esclusione sociale). Meglio liberarlo dai debiti e dargli modo di reintegrarsi e magari tornare produttivo . La legge però ha calibrato il tiro: non è un regalo facile, ma un’opportunità per i casi più estremi e meritevoli.
Vale la pena citare che i primissimi provvedimenti dei tribunali su questa norma (dati 2021-2022) sono stati incoraggianti: ad esempio Tribunale di Monza, 15 aprile 2022 ha concesso l’esdebitazione a un soggetto privo di beni né reddito, riconoscendo che la legge ormai lo consente . Al 2025, in diversi tribunali italiani si registrano decine di casi di esdebitazioni di incapienti, spesso persone sovraindebitate per garanzie prestate o per vicende sfortunate (es. perdita lavoro, malattie, dipendenza da gioco – quest’ultima ludopatia è spesso causa di sovraindebitamento e la legge 3/2012 già la menzionava come circostanza non ostativa purché il debitore poi intraprenda un percorso di cura) . Anche qui, la Cassazione ancora non si è pronunciata su casi specifici (essendo novità, per ora parla la dottrina e la giurisprudenza di merito), ma il trend è di concedere il beneficio se i requisiti risultano integri.
Tabella riepilogativa – Procedure di sovraindebitamento
Per chiarezza, riportiamo una tabella che sintetizza e confronta le caratteristiche chiave delle procedure sopra descritte:
| Procedura | Destinatari principali | Necessità di voto creditori | Durata tipica | Esdebitazione finale | Riferimenti normativi |
|---|---|---|---|---|---|
| Piano del consumatore (ristrutturazione debiti) | Persone fisiche consumatori (debiti personali, non professionali) . Debiti esclusivamente per scopi familiari/personali. | No voto – approvazione decisa dal giudice se piano rispetta requisiti . Creditori possono fare osservazioni, ma nessuna maggioranza richiesta. | Solitamente 3-5 anni di pagamenti (può variare in base al piano). Durata massima non rigidamente fissata ma piani troppo lunghi (>5 anni) raramente ammessi . | Sì – a conclusione del piano omologato e integralmente eseguito, il debitore è liberato dai debiti residui ex art.73 CCII . (Eccezioni: debiti non esdebitabili per legge, es. alimenti) . | Artt. 65-73 CCII (Titolo IV, sovraindebitamento) . Introdotto da L.3/2012, confermato dal CCII. |
| Concordato minore (accordo di ristrutturazione) | Debitori non consumatori non fallibili: piccoli imprenditori, professionisti, ex imprenditori con debiti d’impresa, società sotto soglie, ecc. . Anche consumatore + imprenditore familiare insieme (procedure familiari) rientrano qui se debiti misti . | Sì voto – serve maggioranza >50% dei crediti votanti . Se classi, maggioranza classi o cram-down se condizioni. Dissentienti vincolati dopo omologa se maggioranza raggiunta. | 3-6 anni per esecuzione (spesso piani 4-5 anni). Durata di legge non fissata, ma principi di ragionevole durata . Possibile breve moratoria iniziale (max 2 anni) sui pagamenti ai privilegiati . | Sì – al termine, il debitore persona fisica ottiene esdebitazione dei debiti rimasti (art.83 CCII) , salvo limitazioni se imprenditore continua attività (controllo utilità future entro certi limiti). | Artt. 74-83 CCII. (Ex “accordo di composizione” L.3/2012). Modificato da D.Lgs 83/2022 e 136/2024. |
| Liquidazione controllata (del sovraindebitato) | Qualunque debitore sovraindebitato non fallibile (consumatore o no) che non abbia prospettiva di piano utile o voglia liquidare tutto . Spesso usata se piano/concordato impossibile o fallito. | No voto – è una procedura di liquidazione giudiziale. I creditori partecipano presentando domande di credito ma non votano piani. | Circa 3 anni per contribuzione redditi (periodo massimo previsto per obblighi di versamento ). La liquidazione dei beni può durare vari anni a seconda della complessità, ma l’esdebitazione scatta trascorsi 3 anni dall’apertura (vedi colonna a fianco). | Sì – automaticamente dopo 3 anni dall’apertura della liquidazione, il debitore persona fisica è liberato dai debiti residui non soddisfatti (art.278 CCII) , salvo revoca se emerse frodi. N.B.: durante la liquidazione, eventuali attivi sopravvenuti entro 4 anni dall’esdebitazione vanno in parte ai creditori (se ≥10%) . | Artt. 268-277 CCII (liquidazione controllata). Già art.14-terdecies e ss. L.3/2012. Correttivo 2020 e 2022 hanno introdotto durata 3 anni ed esdebitazione automatica . |
| Esdebitazione incapiente (“senza utilità”) | Persone fisiche nullatenenti/incapienti: nessun patrimonio liquidabile e nessun reddito disponibile oltre il minimo vitale . Richiede onestà e assenza di prospettive economiche future. Non applicabile a società. | N/A – non c’è piano né massa attiva da distribuire. I creditori vengono informati e possono opporsi, ma non esiste voto, è decisione giudiziale discrezionale. | Immediata – Una volta depositata l’istruttoria, se concessa l’esdebitazione avviene con decreto del tribunale, che chiude la procedura quasi subito. (C’è però un monitoraggio post di 4 anni per sopravvenienze) . | Sì – l’esdebitazione è l’essenza della procedura: tutti i debiti vengono cancellati dal decreto (eccetto eventualmente obblighi alimentari e simili) . Però condizionata: se entro 4 anni il debitore riceve utilità significative (≥10% debiti), deve pagarle ai creditori insoddisfatti , pena revoca beneficio. Una sola volta nella vita . | Art. 283 CCII. Introdotto da L.176/2020 (modifica L.3/2012), confermato come procedura speciale nel CCII . Innovazione recente (c.d. “salva suicidi” potenziata). |
Nota: Tutte queste procedure richiedono che il debitore non sia soggetto a liquidazione giudiziale (fallimento). Se durante la procedura emergesse che i requisiti di non fallibilità mancavano (es. debiti superiori a 500k in un’impresa), la procedura verrebbe chiusa e i creditori potrebbero chiedere il fallimento (per le società o imprenditori). Tuttavia, i parametri sono abbastanza ampi da includere la maggior parte delle famiglie e piccole aziende. La legge ha inoltre previsto le procedure familiari (art. 66 CCII) dove più membri conviventi della stessa famiglia, sovraindebitati per ragioni comuni, possono presentare un unico progetto di risoluzione congiunto . Ciò semplifica molto i casi di coniugi indebitati insieme, evitando duplicazioni di spese e decisioni contrastanti.
Esempi pratici di ristrutturazione dei debiti
Vediamo ora alcuni casi concreti per comprendere meglio come le diverse opzioni possono essere applicate. Ogni situazione di indebitamento è unica, ma questi esempi illustrano scenari tipici e la relativa soluzione scelta, evidenziando vantaggi e risultati.
- Esempio 1: Famiglia sovraindebitata (debiti €50.000) – Debiti di consumo, piano del consumatore. Anna e Marco sono una coppia con un figlio, entrate mensili €1.800 (stipendio di Marco, Anna casalinga). Negli anni, per far fronte a spese mediche del figlio e periodi di disoccupazione, hanno accumulato circa €50.000 di debiti: carte di credito, finanziarie, bollette arretrate, piccolo prestito con cessione del quinto sullo stipendio di Marco. Non possiedono casa (stanno in affitto) né beni di valore. Pagare le rate di tutto è impossibile: solo la cessione del quinto (€300/mese) mangia già parte dello stipendio, e ci sono altre rate per €400. Sono già in ritardo e tempestati di solleciti. Soluzione: si rivolgono a un OCC e avviano una procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore (piano del consumatore) . Propongono di: sospendere la cessione del quinto (si può fare, perché rientra tra i debiti chirografari e con la procedura la trattenuta viene bloccata ), e pagare tutti i debiti chirografari in misura del 30%. Come? Marco può destinare €250 al mese del suo stipendio per 5 anni; inoltre hanno ottenuto da un parente la disponibilità di €5.000 una tantum da mettere sul piatto. In 5 anni verseranno circa €15.000 + 5.000 = €20.000, che rappresenta il 40% del totale debiti. Tuttavia, siccome alcuni creditori sono banche che in caso di liquidazione avrebbero preso zero (non avendo loro beni aggredibili), il piano è conveniente rispetto all’alternativa. Il giudice verifica la loro meritevolezza (nessuna spesa voluttuaria, si sono indebitati per necessità) e omologa il piano. Da quel momento Anna e Marco pagano €250/mese all’OCC che li ripartisce ai creditori, niente più telefonate di recupero, niente più pignoramenti (erano iniziati iter per pignorare lo stipendio, ora bloccati). Dopo 5 anni pagati regolarmente, il tribunale decreta l’esdebitazione: i residui €30.000 di debiti sono cancellati. La famiglia ha potuto risollevarsi con un sacrificio sostenibile e ha protetto il proprio reddito minimo dalle azioni esecutive nel frattempo.
- Esempio 2: Piccolo imprenditore con debiti personali e aziendali (€120.000) – Debiti misti, concordato minore. Luigi gestiva un ristorante come ditta individuale, fallito durante il Covid. Non essendo sopra soglie fallimento, non è stato dichiarato fallito, ma è rimasto con €80.000 di debiti verso fornitori e banca, oltre a €40.000 di debiti personali (un prestito per ristrutturazione casa e qualche debito con conoscenti). Oggi Luigi lavora come cuoco dipendente (€1.400/mese) e possiede una casa di proprietà cointestata con la moglie (valore metà di Luigi €60.000, ipotecata per il mutuo residuo di €50.000). Soluzione: Luigi può utilizzare il concordato minore. Il suo caso coinvolge debiti di natura sia aziendale che personale, quindi il piano del consumatore non sarebbe ammissibile . Presenta tramite OCC un piano in continuità personale (nel senso che vuole conservare la casa). Offre ai creditori: il ricavato di una finanziaria personale che ha richiesto per €20.000 (gliel’hanno concessa garantita dal TFR futuro e con fideiussione di un parente) e ulteriori €5.000 che la moglie gli dà vendendo alcuni gioielli di famiglia. Totale €25.000 da distribuire subito ai creditori chirografari. In cambio chiede stralcio di tutti i debiti residui. In pratica, propone di pagare circa il 20% di ogni debito. I creditori vengono chiamati a votare: la banca (che aveva parte del debito garantito dal mutuo) sa che in caso di liquidazione forzata otterrebbe dalla casa di Luigi ben poco (l’ipoteca c’è ma la casa è cointestata e c’è mutuo in essere). I fornitori sanno di avere poche chance alternative. Dunque, nonostante la percentuale bassa, la maggioranza dei crediti (70% in valore) vota a favore di prendere 20% subito e chiudere. Il tribunale omologa. Con l’omologa, Luigi vende formalmente un pezzo di terreno ereditato (di scarso valore) e con quei pochi soldi + il finanziamento paga i €25.000 concordati. In pochi mesi, esegue il concordato. I creditori rilasciano quietanze e nessuno potrà più agire per il restante 80%. Luigi ottiene l’esdebitazione immediatamente dopo (a procedura chiusa) senza attendere anni, poiché ha adempiuto integralmente quanto promesso. Risultato: su €120.000 di debiti ne ha pagati 25k (grazie anche all’aiuto esterno e indebitandosi di nuovo ma in modo sostenibile), ha cancellato €95.000 di passivo, e ha salvato la casa (continua a pagare regolarmente il mutuo residuo). Il parente garante e la moglie erano coobbligati in parte di quei debiti? Se sì, quei creditori formalmente potrebbero agire contro di loro per il resto, ma qui si ipotizza che i garanti non c’erano o comunque la famiglia ha risolto tutto nel concordato stesso includendo le loro posizioni.
- Esempio 3: Artigiano sopra soglia (debiti €800.000) – Concordato preventivo (fuori sovraindebitamento). (Questo esempio serve a mostrare i limiti della legge sovraindebitamento). Marco ha un’azienda edile individuale con €800.000 di debiti (mezzi leasing, Equitalia, fornitori). Ha 5 dipendenti. Supera le soglie di fallibilità (debiti > 500k), quindi non può accedere al concordato minore né alle procedure del sovraindebitamento. Deve ricorrere alle procedure “maggiori” del CCII: in questo caso valuta un concordato preventivo con continuità, oppure un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art.57 CCII (ex art.182-bis LF) con omologa. Queste procedure esulano dal focus della nostra guida, ma in breve: nel concordato preventivo dovrà avere il voto di almeno il 66% dei crediti e rispettare regole più stringenti (ad esempio garantire almeno il 30% ai chirografari se liquidatorio, oppure, se in continuità, presentare un piano attestato di rilancio dell’attività). Nel accordo di ristrutturazione, invece, deve raggiungere accordi col 60% dei creditori e assicurare che i non aderenti vengano comunque pagati integralmente o non subiscano pregiudizio (c’è anche la variante accordo di ristrutturazione con cram-down fiscale introdotta di recente, dove può includere fisco dissenziente con l’ok del tribunale) . Diciamo che Marco riesce a negoziare coi suoi principali creditori (banche e leasing) un taglio del 20% e rateizzazione, e presenta un accordo ex art.61 CCII con attestazione di un esperto. Il tribunale omologa, e grazie a ciò anche i creditori minori vengono vincolati. Dopo 2 anni esegue tutto e torna solvibile. Questo scenario mostra che per debiti ingenti e imprese attive, esistono altri strumenti, ma riservati appunto a chi non rientra nel sovraindebitamento. La differenza principale: in concordato preventivo non c’è esdebitazione automatica – l’azienda persona fisica potrebbe poi chiederla, ma solo con soglie di pagamento minime raggiunte, mentre l’accordo non prevede proprio l’istituto dell’esdebitazione (ma se rispetta l’accordo, i residui eventualmente pattuiti come stralciati sono comunque remissioni concordatarie definitive). In sostanza, il sovraindebitamento per i piccoli consente di fare legalmente ciò che per i grandi non sempre è possibile (es. cancellare il 100% di un debito senza pagare nulla non esiste nel concordato fallimentare se non paghi almeno il 5% ai chirografari nel fallimento per esdebitazione). Quindi i piccoli, paradossalmente, hanno un ventaglio di soluzioni più ampio in termini di second chance.
- Esempio 4: Debitore totalmente incapiente (debiti €30.000) – Esdebitazione senza utilità. Paolo, 50 anni, vive in casa in affitto popolare, invalido civile, riceve una pensione sociale di €400. Ha €30.000 di debiti vecchi (prestiti contratti quando lavorava, poi ha perso tutto). Non ha auto, né altri beni; la pensione sociale non è pignorabile. Paolo è perseguitato moralmente da società di recupero, ma legalmente non possono cavargli nulla – ciò nonostante i debiti sulla carta restano e aumentano di interessi. Soluzione: presentare istanza di esdebitazione incapiente. L’OCC conferma: Paolo non ha nulla e con €400 al mese a malapena vive; ha contratto quei debiti pensando di poterli pagare, poi la malattia gliel’ha impedito; nessuna frode da segnalare. Il tribunale dunque cancella i suoi €30.000 di debiti . Per i creditori, nei fatti, cambia poco (già non avrebbero recuperato nulla, visto che la pensione è impignorabile, ma almeno risparmiano i costi di eventuali procedure inutili). Per Paolo cambia la vita: non ha più quella condanna morale e materiale, può provare a trovarsi un lavoretto senza paura che se ufficiale verrebbe subito aggredito da vecchi creditori. Naturalmente, se entro 4 anni Paolo ereditasse €50.000 da un parente (ipotesi remota ma teorica), allora – avendo avuto utilità sufficiente a pagare almeno 10% (10% di 30k = 3k, e lui ne riceverebbe 50k) – dovrebbe destinare fino a €3.000 ai vecchi creditori riapparse pro-quota. Ma se ciò non accade in 4 anni, finita lì. Paolo ha usufruito di questa chance unica e non potrà in futuro ricorrervi di nuovo.
- Esempio 5: Sovraindebitamento familiare – Procedura familiare unitaria. Marta e Paolo, moglie e marito, entrambi lavoratori autonomi (parrucchiera e artigiano) si trovano in crisi: hanno debiti con la banca (mutuo casa e scoperto di c/c), con il fisco (tasse non pagate) e con fornitori dei rispettivi piccoli business. La famiglia complessivamente deve €200.000. Entrambi sono non fallibili (sotto soglie). Pre CCII avrebbero dovuto ognuno fare una procedura separata, ma ora possono fare una procedura familiare congiunta . Siccome i debiti includono anche natura imprenditoriale (fornitori), e ci sono debiti in parte intestati a lei, in parte a lui, e molti con firme congiunte, la legge prevede che presentino un unico concordato minore familiare (essendo presenti debiti non solo consumer) . Propongono di vendere la casa con accordo “salva affitto” (la compra un amico che gliela riaffitterà), così da ricavare €100.000 da dare ai creditori, e di rateizzare altri €40.000 in 4 anni coi loro futuri redditi combinati. Offrono quindi €140.000 su €200.000 (70%). I creditori approvano (vedono uno sforzo notevole) e il concordato familiare è omologato. Marta e Paolo pagano e dopo 4 anni ottengono l’esdebitazione per il residuo 30%. Hanno perso la proprietà di casa, ma vivono sereni in affitto e senza debiti. Se avessero tentato piani separati, forse non ce l’avrebbero fatta coordinandoli – la procedura unificata ha semplificato e ridotto costi di OCC e giudiziari (uno solo anziché due procedure parallele).
Questi esempi mostrano la varietà di situazioni e come sia importante scegliere lo strumento adatto: il piano del consumatore per il privato con soli debiti personali, il concordato minore per chi ha debiti anche d’impresa o vuole coinvolgere la famiglia intera, la liquidazione se non c’è trippa per piani, l’esdebitazione speciale per i casi disperati. In ogni scenario, comunque, il filo conduttore è la ricerca di un bilanciamento tra recupero parziale dei crediti (ciascuno recupera “quel che c’è, se c’è”) e liberazione del debitore dal cappio del debito e degli interessi che maturano.
Domande frequenti (FAQ) sulla ristrutturazione dei debiti
D: Chi può accedere alle procedure di sovraindebitamento?
R: Possono accedere tutti i debitori civili o piccoli imprenditori “non fallibili” in stato di crisi o insolvenza . In pratica: consumatori (privati cittadini), professionisti, imprenditori individuali sotto le soglie di fallibilità (debiti ≤ €500k, ricavi ≤ €200k, attivo ≤ €300k) , imprenditori agricoli, start-up innovative, enti non commerciali e no-profit, ecc. . Sono invece escluse le imprese di dimensioni rilevanti (che devono usare concordato preventivo o altre procedure). Anche i soci illimitatamente responsabili di società di persone fallite, trascorso 1 anno dal fallimento, possono usare il sovraindebitamento per i debiti personali rimasti . Occorre poi essere meritevoli, cioè non aver provocato il sovraindebitamento con dolo o colpa grave né aver frodato i creditori . In concreto, la gran parte delle persone sovraindebitate – dal consumatore sovraccarico di prestiti, al piccolo artigiano in crisi – rientra in queste procedure .
D: Posso includere tutti i tipi di debito (banche, Fisco, privati) in un’unica procedura?
R: Sì, le procedure di sovraindebitamento sono onnicomprensive: vi rientrano i debiti verso finanziarie, banche (mutui, prestiti), fornitori, privati, bollette, canoni, multe, tributi fiscali, contributi, ecc. . Non sono invece compresi (cioè non possono essere cancellati né ridotti) alcuni debiti particolari per legge: gli obblighi di mantenimento (alimenti a coniuge e figli) non sono soggetti a esdebitazione ; inoltre, multe penali e sanzioni per fatti illeciti con dolo potrebbero restare dovute (il giudice non esdebiterebbe ad es. la multa per reato o il risarcimento per lesioni volontarie) . Ma i normali debiti fiscali e contributivi si possono includere, prevedendone il pagamento parziale/dilazionato secondo le regole (il Fisco non può ricevere meno del valore di liquidazione dei beni del debitore) . Anche i debiti derivanti da garanzie prestate a terzi rientrano: es. se ho fatto da fideiussore a un amico e sono chiamato a pagare, quel debito è mio e lo metto dentro (salvo che l’amico sia una società poi fallita, in tal caso io come garante potrei accedere). In sintesi, quasi tutti i debiti “pagabili in denaro” confluiscono nella procedura , con pochissime eccezioni.
D: Devo coinvolgere tutti i creditori? Posso escluderne qualcuno?
R: Nelle procedure giudiziali devi dichiarare e includere tutti i creditori noti . Non è consentito fare una sorta di selezione (“favorire” qualcuno tenendolo fuori): l’omissione di creditori comporta inammissibilità o revoca se dolosa . Tuttavia, è possibile che un determinato debito, per sua natura, resti fuori dal piano: ad esempio, se un consumatore ha una casa con mutuo ipotecario e vuole tenerla, può optare per continuare a pagare quel mutuo regolarmente fuori dal piano (con il beneplacito del giudice) . In tal caso la banca mutuante non viene toccata dal piano – ma è informata e comparirà come creditore nei documenti, semplicemente con trattamento “fuori piano, pagamento integrale”. Oppure, se hai un debito contestato in tribunale (sub iudice), in genere conviene includerlo comunque in via prudenziale, salvo indicare che è oggetto di lite. In un concordato minore, puoi tecnicamente classificare separatamente alcuni crediti e prevedere che siano soddisfatti integralmente (quindi non subiscono stralcio) – di solito lo fai per i creditori strategici o per evitare opposizioni (es. un parente che hai come creditore, preferisci pagarlo per intero per ragioni morali: nulla lo vieta, purché giustificato e non lesivo di altri). Dunque, non è possibile escludere un creditore a cui devi soldi senza pagarlo – devi includerlo e casomai prevedere che lo pagherai al 100%. Nelle procedure famigliari, se un membro della famiglia ha un debito esclusivamente suo che non vuole far gravare sugli altri, potrebbe – previo accordo – tenerlo fuori e continuare a pagarne le rate, ma tendenzialmente conviene includere tutto nel pacchetto. In sintesi: massima trasparenza sui creditori, nessuno non dichiarato. Se emerge in corso un creditore non inserito, la procedura rischia di saltare.
D: Cosa succede ai beni di proprietà (casa, auto, ecc.)? Li perderò?
R: Dipende dalla procedura scelta e dal piano. Nelle procedure di ristrutturazione (piano del consumatore o concordato minore), il debitore di norma può mantenere i propri beni, purché il piano offra ai creditori un valore equivalente. Ad esempio, se ho una casa di mia proprietà, posso prevedere due strade: o la vendo (magari per pagare più creditori subito) oppure la conservo, continuando però a pagarne l’eventuale mutuo e impegnandomi a soddisfare i creditori chirografari con altre risorse equivalenti. La legge attuale favorisce la conservazione della prima casa di abitazione: consente di continuare a pagare il mutuo prima casa senza farlo decadere e di non vendere l’immobile se ciò non è strettamente necessario alla fattibilità del piano. In concreto, se la casa è gravata da mutuo e ha poco equity, spesso i giudici ammettono che il debitore la tenga e prosegua a pagare la banca, mentre per gli altri debiti offre il suo reddito. Se però la casa è libera da ipoteche e di valore significativo, il debitore deve mettere quel valore a disposizione: o tramite un nuovo mutuo/cambio di intestazione o vendendola. Stesso vale per l’auto: se è di valore modesto e serve al lavoro, in un piano normalmente la si lascia al debitore (tanto ai creditori porterebbe poco realizzo e si penalizzerebbe la capacità di generare reddito del debitore). Se invece è un bene di lusso (auto sportiva di gran valore) o non essenziale, può doversi vendere per ricavare liquidità. Nella liquidazione controllata, al contrario, tutti i beni non necessari sono destinati alla vendita . Quindi casa, auto, ecc. verrebbero liquidati dal curatore (salvo beni di valore trascurabile). È vero però che nella liquidazione si tiene conto delle tutele di legge: ad es. se la casa è in comproprietà col coniuge non debitore, si potrà vendere solo la quota del debitore; se è presente un fondo patrimoniale validamente costituito prima, i beni in esso potrebbero essere parzialmente sottratti ai creditori chirografari (ma la legge è complessa su questo punto). In ogni caso, l’obiettivo nelle procedure di sovraindebitamento è non spogliare il debitore più del necessario: diversamente dal fallimento classico, qui si cerca di lasciare al debitore e alla sua famiglia i beni essenziali (casa, strumenti di lavoro, ecc.) ove possibile. Infatti i giudici spesso approvano piani dove la casa non è venduta purché il debitore paghi qualcos’altro ai creditori in cambio (la famosa “fulfilling capacity” del debitore). In sintesi: non è automatico che perderai la casa o l’auto, soprattutto se riesci a presentare un piano sostenibile che le preservi. Se però il loro sacrificio è l’unico modo per rimborsare almeno in parte i creditori, dovrai valutare di sacrificarli (ad esempio vendendo la casa e magari rimanendo in affitto). Ogni caso va studiato: in certe situazioni vendere un immobile e affittare conviene sia al debitore (che si libera di mutui e spese) sia ai creditori (incassano subito). In altre, togliere la casa peggiorerebbe la condizione del debitore (che magari con il mutuo pagava meno dell’affitto) e quindi anche i creditori avrebbero un debitore meno solvibile.
D: I debiti verso il Fisco e l’INPS si possono cancellare o ridurre?
R: Sì, possono. La normativa attuale consente che i debiti tributari e previdenziali siano trattati nei piani come quelli degli altri creditori, purché siano rispettate certe condizioni. In particolare, il piano (o concordato) può prevedere di pagare parzialmente il Fisco (ad esempio stralciare sanzioni e interessi e parte del capitale) a condizione che allo Stato sia destinato un importo non inferiore a quello che otterrebbe se si liquidassero i beni del debitore . Questo in pratica è un test di convenienza: l’OCC deve attestare che se invece di fare il piano il debitore fallisse, l’Erario non prenderebbe di più. Se ciò è soddisfatto, il giudice può omologare il piano anche senza il voto favorevole dell’Erario . Quindi il Fisco viene “cram-down”, forzosamente vincolato. Tuttavia, la prassi spesso vede l’Agenzia delle Entrate votare comunque sui concordati minori: a volte vota sì se il piano rispetta le sue circolari (es. offre almeno il 20% del capitale, come richiesto nei concordati preventivi delle imprese per tributi come IVA). In ogni caso, sanzioni e interessi sui debiti fiscali generalmente vengono azzerati nei piani (in analogia a quanto fanno le rottamazioni statali) e sul capitale viene offerto quanto possibile (anche zero se i beni sono ipotecati da altri creditori che assorbono tutto). Ad esempio, se ho €50.000 di cartelle, di cui 20k di sanzioni e interessi: potrei proporre di pagare €15.000 totali, destinandoli magari prima all’IVA (che non vorrebbero stralciata) e poi pro quota al resto, e il giudice valuterebbe se quell’importo è almeno pari a ipotetici ricavi di una mia liquidazione. Se sì, via libera. Nella liquidazione controllata, poi, succede semplicemente che il Fisco prende quel che c’è come ogni altro, e poi l’esdebitazione cancella anche il residuo fiscale (anche l’IVA rimasta non pagata). Questo aspetto (cancellazione di IVA non pagata) era visto con sospetto perché in teoria confligge con regole UE, ma essendo la persona fisica incapiente, l’UE consente eccezioni di carattere sociale. Dunque sì, i debiti fiscali si possono ridurre e perfino annullare in esdebitazione (specie in liquidazione o incapienza). Bisogna però fare attenzione: tributi come IVA e ritenute richiedono particolare riguardo. Ad esempio, in un concordato minore, se vuoi stralciare l’IVA devi esplicitamente chiedere l’applicazione dell’art. 63 CCII (transazione fiscale) e l’OCC deve dire che vendendo i beni l’IVA non sarebbe comunque pagata, solo così il giudice può omologare senza voto Erario . In pratica molte procedure di sovraindebitamento recente includono cartelle e stralci consistenti di esse – e i tribunali stanno omologando con successo, per cui possiamo affermare che è fattibile. Ricordiamo anche che il Governo periodicamente vara rottamazioni e saldo/stralcio per le cartelle esattoriali (come nel 2023) : se uno di questi provvedimenti è attivo, conviene aderire e includere nel piano l’adesione (per usufruire degli sconti di legge). Ad esempio, se c’è rottamazione in corso, il piano può prevedere di pagare il debito fiscale in 18 rate senza sanzioni (il piano fa da “contenitore” anche di questo). Quindi c’è flessibilità. Unica eccezione importante: i debiti per alimenti verso ex coniuge/figli e le sanzioni penali (multe, ammende) non sono stralciabili, quindi il Fisco come ente che riscuote per esempio una multa penale o un credito alimentare non la vedrà cancellata.
D: Se sono un consumatore ma ho anche qualche debito di natura professionale (es. ero socio di una società), quale procedura devo scegliere?
R: Come detto, la regola è: se c’è anche un solo debito non consumer, niente piano del consumatore . Quindi bisogna optare per il concordato minore. In verità, la legge aggiornativa 2024 ha inserito una precisazione: la definizione di consumatore ora include la persona fisica che accede agli strumenti per debiti contratti in qualità di consumatore . Ciò significa che se, poniamo, tu avevi un’attività commerciale chiusa da anni ma hai ancora qualche debito residuo di quella, finché esiste quel debito tu non sei considerato “consumatore puro” e non puoi fare il piano del consumatore per cancellarlo. O escludi quel debito dal piano (pagandolo fuori piano o rinunciando all’esdebitazione su di esso) , oppure fai il concordato minore includendo tutto. Quindi la scelta dipende: se il debito extra-consumo è piccolo, potresti decidere di lasciarlo fuori e pagarlo a parte (ad es. “non includo questo debito di €1.000 che deriva da quando ero socio, me lo gestisco fuori” – sappi però che quel creditore potrà agire per conto suo). Altrimenti, anche per un solo debito “sporco”, conviene fare il concordato minore così li comprende tutti e li azzera tutti. L’orientamento è tassativo su questo: i tribunali dichiarano inammissibili piani del consumatore con dentro debiti anche minimamente legati ad attività d’impresa (c’è giurisprudenza costante, Cass. 1869/2016 e Cass. 22699/2023 ). Esempio: un architetto libero professionista con debiti personali e anche debiti per la sua ex attività dovrà fare concordato minore, anche se i debiti professionali magari sono il 10%. Farà un concordato minore come debitore non consumatore, ma includerà pure i suoi debiti personali e otterrà esdebitazione su tutto comunque.
D: Cosa succede se ho già utilizzato una procedura di sovraindebitamento in passato? Posso usarla di nuovo?
R: Il Codice della Crisi prevede alcune limitazioni per evitare abusi. In generale: non si può ottenere una nuova esdebitazione se se n’è già beneficiato nei 5 anni precedenti . Questo vale sia che l’esdebitazione l’hai avuta dopo un piano/concordato/liquidazione, sia se l’hai avuta come incapiente. Quindi, per rifare domanda, devono passare almeno 5 anni dal decreto di esdebitazione precedente. Inoltre, se una procedura è stata dichiarata inammissibile o revocata per colpa tua (tipo hai nascosto beni), di solito non puoi ripresentarla subito: occorre di nuovo o aspettare, o cambiare condizioni. In passato la legge 3/2012 diceva che se un piano veniva rigettato per colpa grave (imprudenza nell’indebitarsi) non potevi accedere per 5 anni. Il CCII ha attenuato questa preclusione, ma la meritevolezza resta un filtro: quindi se ti bocciano un piano per mancanza di meritevolezza, difficilmente approverebbero un altro piano identico a breve. Discorso a parte: se tu fallisci come imprenditore, non puoi nello stesso momento usare il sovraindebitamento per gli altri debiti (bisogna aspettare chiusura fallimento, ecc. – questione complessa, ma in sostanza non si possono sommare procedure concorsuali). Quindi, riassumendo: sì, puoi accedere di nuovo ma dopo 5 anni dall’eventuale esdebitazione precedente . Se invece 5 anni sono trascorsi, puoi tentare un’altra procedura (magari di tipo diverso): es. tizio fa liquidazione controllata, ottiene esdebitazione, dopo 6 anni si ritrova di nuovo indebitato – potrebbe accedere di nuovo, teoricamente. Ma se uno rifalla spesso, i giudici potrebbero valutare male il requisito di meritevolezza la seconda volta (magari pensando che è recidivo). Quanto all’esdebitazione dell’incapiente, la legge dice espressamente “soltanto per una volta” – quindi parrebbe mai più, non solo 5 anni. C’è un po’ di dibattito: molti interpretano che proprio quell’istituto puoi farlo solo una volta in assoluto (perché è una graziam maxima). Il piano o liquidazione invece magari due volte nella vita li fai, purché a distanza di tempo. In ogni caso, l’idea del legislatore è che il sovraindebitamento dia una seconda opportunità una tantum: sta a te poi non tornare in spirale. Se sfortunatamente succede un’altra volta dopo molti anni, la legge non ti chiude la porta, ma moralmente e giuridicamente sarà più arduo convincere di nuovo della tua meritevolezza.
D: Durante la procedura, i creditori possono comunque perseguitarmi (telefonate, atti legali, pignoramenti)?
R: No, una volta che il tribunale ammette la procedura e concede le misure protettive, tutte le azioni esecutive e cautelari dei creditori vengono sospese . Significa che i pignoramenti in corso vengono congelati (ad es. un pignoramento dello stipendio verrà sospeso e lo stipendio torna libero), i fermi amministrativi non possono essere attuati, le ipoteche giudiziali non possono essere iscritte, etc. Inoltre, i creditori non possono iniziarne di nuove. C’è proprio un divieto legale di iniziare o proseguire esecuzioni individuali una volta avviato il procedimento concorsuale (come in un fallimento). Quindi legalmente sei protetto. Ovviamente, qualche società di recupero crediti potrebbe ancora telefonarti o mandare lettere, specie all’inizio, se non sono subito informati della cosa. È opportuno che tu, con l’aiuto dell’OCC, comunichi a tutti che hai depositato la procedura e indichi il numero di RG e il tribunale, in modo da invitarli a cessare ogni iniziativa e rivolgersi all’OCC per qualsiasi questione. La legge prevede sanzioni per chi viola le misure protettive. Quindi stop al fiato sul collo: i creditori devono stare al gioco della procedura ora. Tieni però presente: le misure protettive durano inizialmente 90 giorni (prorogabili) e vanno confermate dal giudice. Il giudice può anche revocarle se la procedura poi non va avanti. Ma di norma, dal deposito fino all’omologa (che può durare qualche mese), sei sotto scudo. E dopo l’omologa, quell’accordo/piano sostituisce i crediti originari: se un creditore volesse comunque provare a pignorarti violando l’accordo, tu avresti facile tutela (opposizione all’esecuzione mostrando decreto di omologa). In pratica, i creditori sono bloccati e se ne devono fare una ragione, il che è uno dei grandi vantaggi di affrontare il problema con una procedura legale: finisce lo stillicidio di pressioni indebite e ti concentri sul piano da attuare .
D: Che succede se non riesco a pagare il piano concordato?
R: Se, durante l’esecuzione del piano (o concordato), ti trovi in difficoltà a rispettare i pagamenti, la prima cosa è informare immediatamente l’OCC e il tribunale. La legge oggi consente qualche aggiustamento: ad esempio il giudice può concedere una proroga o modifiche di dettaglio se ci sono “ragioni giustificative” (tipo un evento imprevisto che riduce temporaneamente il reddito). Inoltre, nel piano del consumatore aggiornato, è previsto che il giudice, prima di revocare per inadempimento, possa tenere conto di circostanze attenuanti (ad es. un ritardo di pochi giorni non fa decadere il beneficio). Detto ciò, formalmente se non adempie agli obblighi senza giustificazione, il debitore può subire la risoluzione della procedura: il tribunale revoca l’omologa e gli atti tornano disponibili ai creditori . In un concordato minore, se non paghi le rate concordate, i creditori possono chiedere la risoluzione del concordato – a quel punto i debiti tornano esigibili per intero (meno quanto eventualmente hanno già incassato) e tu perdi il beneficio dell’esdebitazione. Nel piano del consumatore, poiché non c’è voto, è il giudice che d’ufficio può revocare l’esdebitazione finale se accerta grave inadempimento. Spesso viene fissata in sede di omologa la clausola: un ritardo oltre X mesi o il mancato pagamento di Y rate dà luogo a revoca. Quindi, impegno massimo a rispettare il piano! Se proprio le condizioni mutano in peggio (es. nuova malattia, perdita impiego), potresti valutare di convertire la procedura in liquidazione controllata: vendi quello che c’è da vendere e chiudi prima con esdebitazione dopo 3 anni. Oppure, se la crisi è temporanea, chiedere una modifica del piano. La legge 2022 consente di presentare un’istanza di modifica in corso di esecuzione se ci sono giustificati motivi, con eventuale nuovo voto dei creditori se concordato minore. È complesso ma possibile. In sintesi: il mancato rispetto del piano è molto pericoloso perché rischi di perdere la protezione e tornare punto e a capo. Quindi i piani vanno calibrati su basi prudenti (meglio promettere un 30% e riuscire, che promettere 50% e poi fallire a metà). La giurisprudenza, inoltre, sottolinea l’obbligo del debitore di comportamento diligente durante l’esecuzione: se spreca risorse o non fornisce rendiconti, peggiora la sua posizione. In conclusione, se prevedi di non farcela, gioca d’anticipo: non aspettare di accumulare ritardi. Chiedi subito al giudice eventuali aggiustamenti. Se invece il piano fallisce per colpa (inadempimento), di solito l’unica strada rimasta è la liquidazione controllata (i creditori lo chiederanno). L’esdebitazione potrai ottenerla solo a fine di quella, e non è garantita se hai fatto il furbo. Quindi: pianifica bene e rispetta gli impegni!
D: Quanto costa avviare una procedura del genere?
R: Molto meno di quanto si pensi, specie se confrontato ai benefici. Ci sono tre voci principali: spese di giustizia, compenso OCC e onorario del professionista (avvocato) che ti segue. Le spese vive sono minime: il contributo unificato per queste procedure è di solito €98 (salvo esdebitazione incapiente che ne è esente), e qualche marca da bollo. L’OCC ha diritto a un compenso stabilito dal giudice a fine procedura, di regola proporzionale all’attivo distribuito o ai debiti trattati (c’è un DM che lo calcola, simile a un piccolo compenso da curatore fallimentare). Spesso si tratta di cifre nell’ordine di qualche migliaio di euro. Ma attenzione: la legge prevede che questo compenso OCC sia pagato nell’ambito del piano stesso (cioè con le somme che destini ai creditori, una parte va al OCC). E per i debitori incapienti c’è un sconto 50% sui compensi OCC . Alcuni OCC chiedono un fondo spese iniziale (es. €200-500) per attivarsi – dipende dall’organismo. Quanto all’avvocato o consulente che ti assiste, i costi variano: alcuni professionisti applicano tariffe forfettarie, altri percentuali sul debito o sul risparmio ottenuto. Dato il carattere anche sociale di queste procedure, molti tengono i costi contenuti o li dilazionano. Indicativamente, per un sovraindebitamento medio (debiti 100k) un onorario potrebbe stare tra 2k e 5k euro. Ma va concordato caso per caso. Importante: questi costi possono spesso essere inseriti nel piano stesso, cioè pagati gradualmente insieme ai crediti. Ad esempio, il tribunale ammette che l’avvocato riceva una parte dei pagamenti man mano che il piano è eseguito, come creditore prededucibile. L’OCC idem. Quindi non è detto tu debba avere grosse somme subito. In liquidazione controllata, il liquidatore e gli avvocati vengono pagati preferenzialmente col ricavato della liquidazione (quindi niente esborso anticipato per il debitore). Certo, qualche spesa iniziale c’è (ad es. per le visure, l’assemblea creditori, notifiche, ecc. magari €500-1000 di fondo spese può servire). In sintesi: il procedimento è sostenibile, e sicuramente meno oneroso che subire mille cause dai creditori. Inoltre, molte associazioni di consumatori e fondazioni offrono prima consulenza gratuita o convenzioni per i debitori in difficoltà. Alcuni casi di particolare indigenza potrebbero persino rientrare nel gratuito patrocinio (se redditi sotto soglia). L’aspetto costi non deve scoraggiare: è un investimento per risolvere definitivamente la situazione. Uno studio legale spesso dilaziona il pagamento del proprio compenso lungo il piano, in parallelo. D’altronde, se stai pagando qualcosa ai creditori nel piano, perché non includere anche chi ti ha permesso di arrivare al piano? Il tribunale lo consente come spesa prededucibile “funzionale alla procedura”. Fai comunque sempre un accordo chiaro sui costi col tuo avvocato e pretendi trasparenza. Diffida di chi chiede percentuali esagerate o tutto in anticipo. Tieni presente che la legge 3/2012 prevedeva reato per chi svolge abusivamente attività di consulenza sul sovraindebitamento a pagamento: rivolgiti solo a professionisti iscritti (avvocati, commercialisti) o OCC riconosciuti, non a “mediatori finanziari” improvvisati. Ci sono stati casi di truffe a debitori vulnerabili, promesse di miracoli a fronte di parcelle assurde. La realtà è: la procedura ha costi ragionevoli e calmierati dal giudice, ed è l’unica soluzione istituzionale.
D: Che differenza c’è tra un accordo stragiudiziale (saldo e stralcio privato) e un piano omologato dal tribunale?
R: Un accordo stragiudiziale è un contratto tra te e ciascun creditore aderente: vale solo tra di voi, e se un creditore non firma non è vincolato . È basato sulla fiducia reciproca e, in caso di inadempimento, si può solo agire per inadempimento contrattuale. Un piano omologato è invece un provvedimento con forza di legge: vincola tutti i creditori coinvolti come se fosse una sentenza . Il grande vantaggio della via giudiziale è che ottieni la cancellazione legale dei debiti residui non pagati – cosa che un accordo privato non dà, se non per i creditori che hanno accettato. Inoltre, l’omologa impedisce ai creditori di ripensarci: è definitiva. Nell’accordo privato, se un creditore non rispetta, devi fargli causa tu per farlo rispettare, e nel frattempo magari attiva un pignoramento (violando l’accordo, ma tu devi reagire in giudizio). Quindi la sicurezza giuridica di un piano omologato è nettamente superiore. Il rovescio della medaglia è che la procedura è pubblica e più lenta, mentre l’accordo è riservato e immediato. Diciamo che se hai 1-2 creditori al massimo e buoni rapporti, l’accordo (specie un saldo e stralcio) può bastare. Ma se la situazione è intricata con diversi creditori, l’accordo multiplo rischia di essere fragile: basta uno che si sfila e salta tutto. In questi casi è meglio il procedimento giudiziale, che è robusto e complessivo. Inoltre, il piano del consumatore ti consente di imporre condizioni ai creditori senza chiedere il loro consenso – cosa impensabile in via stragiudiziale. Infine, l’accordo stragiudiziale non viene segnalato da nessuna parte ufficiale (solo eventuale CRIF aggiornato a “transazione a saldo e stralcio”), mentre l’omologa giudiziale appare nei registri concorsuali (consultabili, seppur non di dominio pubblico come un fallimento, e rimarrà traccia della procedura). A livello di reputazione, però, superato il piano, sei pulito: potrai anche farti cancellare le segnalazioni negative con il decreto di esdebitazione in mano. Quindi, in conclusione: accordo privato = flessibile ma incerto; piano omologato = più rigido come iter, ma decisivo e inattaccabile.
D: Dopo l’esdebitazione, il mio merito creditizio sarà ripristinato? Potrò ottenere nuovi finanziamenti in futuro?
R: L’esdebitazione ti libera giuridicamente dai debiti passati, ma non cancella la storia creditizia negativa immediatamente. Le segnalazioni nelle banche dati (CRIF, Experian, Centrale Rischi) relative a ritardi o sofferenze pregresse resteranno per il tempo previsto (di solito 36 mesi dalla regolarizzazione o dalla chiusura della posizione). Il decreto di esdebitazione può essere inviato agli archivi per annotare che il debito è estinto per legge – alcune centrali lo accettano, altre semplicemente vedranno il saldo zero comunicato dai creditori. In ogni caso, nel breve termine dopo la procedura, difficilmente otterrai credito dalle stesse banche a cui hai stralciato i debiti: diciamo che sarai un cliente “da maneggiare con cura”. Tuttavia, stai costruendo la tua riabilitazione finanziaria: senza più debiti a carico, col tempo potrai migliorare il tuo merito creditizio pagando puntuale le utenze, magari attivando una carta di credito garantita e facendone buon uso, ecc. Formalmente, la legge non ti impedisce di indebitarti di nuovo dopo l’esdebitazione (a parte l’incapiente che per 4 anni dovrebbe astenersi se no deve dare ai vecchi creditori quel 10%). Ma è anche consigliato non correre subito a fare nuovi prestiti: rischieresti di ricadere in problemi e poi niente più salva-suicidi per te a breve. Alcune banche potrebbero considerare l’avvenuta procedura di sovraindebitamento come segnale di rischio e chiederti più garanzie in futuro. Comunque, se ad esempio vuoi accendere un mutuo 5 anni dopo esserti esdebitato, e nel frattempo hai tenuto una condotta finanziaria regolare, non è affatto impossibile ottenerlo (specie se hai reddito e anticipo). Anzi, potresti presentare l’esdebitazione come prova che ora non hai altri debiti in corso – sei ripulito. Nota: durante la procedura concorsuale attiva, invece, non potrai ottenere nuovi prestiti significativi senza autorizzazione (il giudice vieta di aggravare la posizione). Dopo la chiusura, sei libero. In sintesi: l’esdebitazione è un reset che ti dà la possibilità di ricostruire pian piano la fiducia creditizia. Non è automatico che le porte delle banche si riaprano subito, ma la situazione è certamente migliore di quella di un soggetto sommerso dai debiti insoluti, perennemente negativo in CRIF. La chiave è usare saggiamente la “seconda chance” e dimostrare negli anni successivi di essere un debitore prudente e affidabile.
D: In definitiva, conviene intraprendere queste procedure?
R: Se ti trovi in uno stato di sovraindebitamento grave, in cui non riesci più a pagare regolarmente i tuoi debiti, queste procedure spesso sono l’unica via d’uscita legale per evitare di rimanere oppresso dai debiti a vita. I benefici sono enormi: sospensione delle azioni esecutive, riduzione del debito alla parte sostenibile, cancellazione definitiva del restante, quindi possibilità di ripartire pulito . In cambio devi affrontare un percorso ordinato, sottoporre la tua vita economica a verifica, magari rinunciare a beni superflui e impegnarti a versare il possibile ai creditori per alcuni anni. Ma è un percorso con un termine certo e un obiettivo positivo (il fresh start). Molti debitori che l’hanno concluso testimoniano di aver “rivisto la luce”: da una situazione di disperazione (pignoramenti, stipendi decurtati, paura di lavorare per non farsi prendere i soldi) a una situazione di normalità, potendo lavorare e vivere senza il peso del passato. Inoltre, anche per l’economia generale, permettere alle persone sovraindebitate di tornare attive e consumare/investire è un bene, piuttosto che isolarle (è proprio lo spirito della legge) . Quindi, se ti riconosci nel profilo di chi non può farcela da solo, sì, conviene fortemente valutare la ristrutturazione legale dei debiti. Naturalmente, ogni caso va studiato: conviene se c’è effettivamente uno squilibrio irrisolvibile. Se invece sei solo in una fase di stress finanziario temporaneo, magari bastano accordi stragiudiziali o un prestito di consolidamento. Ma attenzione a non attendere troppo: se sei già su un percorso di accumulo di interessi e more, ogni mese perso peggiora la situazione. La procedura concorsuale “cristallizza” la situazione e impedisce nuovi interessi (salvo privilegiati per la moratoria). Ad esempio, in un piano del consumatore, gli interessi cessano alla data di omologa per i chirografari. Quindi congelare il tempo conviene. Unico caveat: sii consapevole che è una procedura giudiziaria, quindi richiede serietà, trasparenza totale (non puoi barare), e tempi non immediati (qualche mese per prepararla, e se è un piano, poi anni per eseguirla). Ma rispetto all’alternativa (decenni di sofferenze senza via d’uscita), è nettamente preferibile. Anche i creditori ormai iniziano a vedere con meno diffidenza queste procedure, perché capiscono che “meglio un uovo oggi (parziale) che la gallina domani che non arriva”: recuperano almeno qualcosa e chiudono la posizione incagliata . L’Italia era in ritardo su questo fronte rispetto ad altri paesi, ma con la riforma 2019-2022 ha gli strumenti più moderni in linea con l’Europa. In definitiva, valutando costi/benefici: se sei onesto e davvero in difficoltà, non aspettare oltre: informati presso un OCC o professionista e inizia il percorso verso la liberazione dai debiti. Il sollievo psicologico e pratico che otterrai vale decisamente la pena.
Fonti e riferimenti normativi
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) – Articoli rilevanti: artt. 65-83 (procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento: piano del consumatore, concordato minore, ecc.), artt. 268-277 (liquidazione controllata del sovraindebitato), art. 283 (esdebitazione del debitore incapiente) . Testo aggiornato con D.Lgs. 83/2022 (attuazione Dir. UE 2019/1023) e D.Lgs. 136/2024 (Terzo Correttivo) .
- Legge 27 gennaio 2012 n.3 (Legge sul sovraindebitamento “salva suicidi”) – Abrogata dal CCII dal 15/07/2022 , ma rilevante per la genesi storica. Introduceva piano del consumatore, accordo composizione e liquidazione patrimonio . Molti principi sono confluiti invariati nel CCII (es. meritevolezza, percentuali, ecc.).
- D.L. 137/2020 conv. L.176/2020 – Ha anticipato alcune norme del Codice: introdotta l’esdebitazione dell’incapiente (all’epoca art. 14-quaterdecies L.3/2012) e modifiche pro-debitore (meritevolezza attenuata, esdebitazione automatica dopo 3 anni liquidazione) recepite poi dal CCII.
- Cassazione Civile, Sez. I, 3 febbraio 2016 n. 1869 – Sentenza cardine sul concetto di meritevolezza e definizione di “consumatore” ai fini Legge 3/2012. Ha stabilito che il professionista può accedere come consumatore solo per debiti estranei all’attività e che la valutazione di meritevolezza non deve sconfinare oltre la verifica di comportamenti gravemente scorretti .
- Cassazione Civile, Sez. Unite, 15 settembre 2011 n. 18924 – (Pronuncia antecedente ma rilevante analogicamente) – Ha sottolineato il principio di favor debitoris nelle procedure concorsuali minori e che la colpa del debitore va valutata solo se grave, per non frustrare lo scopo di risanamento .
- Cassazione Civile, Sez. I, 15 settembre 2023 n. 22699 – Conferma l’esclusione dei debiti da attività d’impresa dal piano del consumatore. Ribadisce che anche minima parte di debito non consumer rende inammissibile il piano come tale . Recepisce concetti già espressi nel 2016 (Cass. 1869/2016).
- Cassazione Civile, Sez. I, 12 luglio 2024 n. 24870 – Ha risolto un dubbio procedurale: il decreto di inammissibilità del piano è reclamabile al Tribunale collegiale, mentre il decreto di diniego di omologa è appellabile in Corte d’Appello . Il CCII è stato corretto (art. 70) per allinearsi a questa decisione .
- Cassazione Civile, Sez. I, 11 aprile 2025 n. 9549 – Interpretazione dell’art. 67 co.4 CCII sulla moratoria dei crediti privilegiati nei piani del consumatore . Ha chiarito che i pagamenti ai creditori privilegiati devono iniziare entro 2 anni dall’omologa, ma possono proseguire oltre, non devono completarsi entro quel termine . Ciò ha risolto contrasti applicativi, confermando flessibilità per congelare temporaneamente mutui e finanziamenti ipotecari nel piano.
- Tribunale di Napoli Nord, 12 novembre 2022 – Pronuncia di merito (post CCII) che ha dichiarato inammissibile un piano del consumatore contenente anche un debito da garante di società, applicando il principio di separazione tra debiti consumer e business .
- Tribunale di Monza, 15 aprile 2022 – Provvedimento (ante entrata in vigore CCII) che ha concesso una delle prime esdebitazioni del debitore incapiente in Italia . Caso di un soggetto senza beni né redditi, debiti cancellati ex L.3/2012 art. 14-quaterdecies (ora art.283 CCII). Ha confermato applicabilità immediata e interpretato i requisiti di incapienza e meritevolezza in senso favorevole al debitore onesto.
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Ti stai chiedendo se esiste un modo per ridurre le rate, bloccare i creditori e ripagare solo quello che puoi permetterti senza perdere tutto?
👉 Sì, esiste — si chiama ristrutturazione dei debiti, e oggi è uno strumento legale accessibile a tutti: privati, professionisti, ex imprenditori e famiglie.
In questa guida scoprirai cos’è la ristrutturazione del debito, come funziona, chi può richiederla e quali vantaggi concreti puoi ottenere se agisci nel modo giusto.
⚖️ Cos’è la ristrutturazione dei debiti
La ristrutturazione del debito è un procedimento con cui un soggetto in difficoltà economica — persona fisica, famiglia o ex imprenditore — rivede i propri debiti in base alle reali possibilità economiche.
L’obiettivo è pagare solo una parte o rateizzare in modo sostenibile, ottenendo al termine la cancellazione definitiva del residuo.
📌 In pratica:
- Si presenta un piano di rientro al Tribunale o ai creditori.
- Le azioni esecutive (pignoramenti, cartelle, fermi) vengono sospese.
- Si paga una somma proporzionata al reddito reale, e il resto viene cancellato legalmente.
👥 Chi può ristrutturare i propri debiti
Possono accedere alla ristrutturazione:
- Privati cittadini e famiglie con debiti fiscali o bancari.
- Liberi professionisti e autonomi in difficoltà economica.
- Ex imprenditori individuali o artigiani con debiti residui dopo la chiusura dell’attività.
- Piccole imprese non fallibili.
- Consumatori con prestiti, carte revolving o mutui non più sostenibili.
📌 Anche chi non ha più la partita IVA o non ha beni intestati può accedere alla ristrutturazione tramite esdebitazione.
🧾 Debiti che si possono ristrutturare
✅ Ammessi alla procedura:
- Debiti fiscali (IRPEF, IVA, IRAP, multe, cartelle).
- Debiti contributivi (INPS, INAIL).
- Debiti bancari e finanziari (prestiti, mutui, fidi).
- Debiti commerciali o verso fornitori.
- Debiti personali o familiari.
❌ Esclusi:
- Obblighi di mantenimento familiare.
- Sanzioni penali o amministrative non tributarie.
- Debiti da frode o dolo.
🧩 Le principali forme di ristrutturazione del debito
💠 1. Piano del consumatore
Ideale per privati e famiglie con redditi regolari ma debiti troppo elevati.
Si presenta al Tribunale un piano sostenibile con rate proporzionate al reddito.
Una volta approvato, tutti i creditori devono rispettarlo, e il debito residuo viene cancellato al termine del piano.
💠 2. Concordato minore
Destinato a ex imprenditori, artigiani o professionisti.
Consente di proporre ai creditori un saldo e stralcio o una rateizzazione parziale, approvata dal giudice.
Dopo l’esecuzione, i debiti non pagati vengono cancellati.
💠 3. Accordo stragiudiziale
È una trattativa diretta con banche o finanziarie per rivedere le condizioni di pagamento.
Può prevedere riduzione di interessi, allungamento dei termini o saldo ridotto.
È utile come primo passo, ma ha valore solo se formalizzato correttamente.
💠 4. Liquidazione controllata e esdebitazione
Quando non hai più nulla da offrire, puoi chiedere al Tribunale la liquidazione dei beni non essenziali.
Dopo la chiusura, il giudice concede l’esdebitazione totale: cancellazione completa di tutti i debiti residui.
🧠 Cosa fare subito
✅ 1. Analizza la tua situazione economica
Fai un elenco completo dei debiti, dei redditi, delle spese e dei creditori.
È il primo passo per costruire un piano realistico.
✅ 2. Verifica la presenza di vizi o prescrizioni
Molti debiti (cartelle, prestiti, interessi) si prescrivono o contengono errori formali che possono ridurre l’importo dovuto.
✅ 3. Rivolgiti a un avvocato esperto
Un legale specializzato in sovraindebitamento può valutare quale procedura adottare: piano, concordato o liquidazione.
✅ 4. Presenta il piano al Tribunale
Con l’assistenza dell’OCC (Organismo di Composizione della Crisi), si prepara la relazione e si deposita il piano.
Da quel momento, tutti i pignoramenti e le azioni dei creditori vengono sospesi.
📋 Documenti necessari
- Documento d’identità e codice fiscale.
- Dichiarazioni dei redditi (ultimi 3 anni).
- Estratti di ruolo e cartelle esattoriali.
- Contratti di prestito, mutuo o leasing.
- Estratti conto bancari e carte di credito.
- Elenco dei creditori e importi dovuti.
- Spese familiari e contratto di affitto.
⏱️ Tempi e risultati
- Analisi e predisposizione del piano: 2–4 mesi.
- Blocco dei pignoramenti: immediato con il deposito del ricorso.
- Omologazione del Tribunale: 3–8 mesi medi.
- Durata del piano: 1–5 anni, in base al reddito disponibile.
🎯 Risultato finale:
- Riduzione drastica dei debiti o cancellazione completa del residuo.
- Blocco totale delle azioni esecutive.
- Ripartenza economica legale e sostenibile.
⚖️ I vantaggi della ristrutturazione
✅ Blocca immediatamente pignoramenti e cartelle.
✅ Permette di pagare solo ciò che puoi realmente sostenere.
✅ Tutela il reddito e i beni essenziali.
✅ Cancella i debiti residui dopo la chiusura del piano.
✅ Ti consente di ripartire pulito e senza più pressioni.
🚫 Errori da evitare
- Ignorare notifiche o atti giudiziari.
- Tentare accordi “fai da te” con i creditori.
- Nascondere redditi o beni (compromette la meritevolezza).
- Affidarsi a mediatori o agenzie non qualificate.
- Aspettare troppo: ogni giorno aumentano interessi e sanzioni.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza la tua situazione economica e individua la procedura più adatta.
📌 Coordina la raccolta dei documenti con l’OCC.
✍️ Redige e deposita il piano di ristrutturazione o esdebitazione.
⚖️ Ti rappresenta in Tribunale e nei rapporti con creditori e Agenzia delle Entrate.
🔁 Ti segue fino alla cancellazione definitiva dei debiti e al ripristino della tua stabilità economica.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e sovraindebitamento.
✔️ Specializzato nella ristrutturazione di debiti fiscali e bancari.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Ristrutturare i debiti significa riprendere il controllo della tua vita finanziaria, pagando solo ciò che puoi e cancellando il resto.
È un diritto garantito dalla legge, non un privilegio: con l’aiuto giusto puoi bloccare i creditori, ridurre i debiti e ripartire da zero, in modo legale e sereno.
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