Hai acceso uno o più finanziamenti e ora non riesci più a sostenere le rate?
Molte persone si trovano nella tua stessa situazione: ritardi nei pagamenti, solleciti, telefonate di recupero crediti e lettere di avvocati che chiedono il saldo immediato.
Quando il debito cresce per via di interessi, more e penali, sembra impossibile uscirne.
La verità è che anche con una finanziaria si può trattare, riducendo in modo legale e strategico l’importo dovuto.
In questa guida scoprirai come negoziare come un avvocato professionista, per chiudere il debito in modo vantaggioso e definitivo.
Perché si accumulano debiti con le finanziarie
I motivi più comuni sono la perdita del lavoro, un calo di reddito, spese impreviste o l’apertura di troppi finanziamenti contemporaneamente.
Quando non riesci più a sostenere tutte le rate, i ritardi si sommano e il debito aumenta rapidamente a causa di interessi di mora e spese di recupero.
La finanziaria, dopo alcuni solleciti, può cedere il credito a una società di recupero o affidarlo a uno studio legale che avvia le procedure di pignoramento.
Agire subito è fondamentale per evitare conseguenze più gravi e avere margine di trattativa.
Cosa succede quando smetti di pagare un finanziamento
Dopo 2 o 3 rate non pagate, la finanziaria ti segnala come cattivo pagatore nelle banche dati creditizie (CRIF, Experian, CTC).
Riceverai solleciti, lettere di messa in mora e, in alcuni casi, un decreto ingiuntivo.
Trascorsi i termini, la finanziaria può avviare il pignoramento dei conti o dello stipendio.
Tuttavia, prima di arrivare a questo punto, hai la possibilità di negoziare.
Le società di credito sanno che chi è in difficoltà non potrà pagare tutto: per questo accettano spesso accordi di saldo e stralcio, chiusure anticipate o piani di rientro a condizioni più leggere.
Come ragiona una finanziaria durante una trattativa
Una finanziaria valuta sempre due elementi: la possibilità di recuperare il credito e la convenienza economica dell’accordo.
Se capisce che non potrà ottenere il pagamento integrale, preferisce incassare una parte subito piuttosto che affrontare anni di procedure e costi legali.
Per questo, la chiave è presentarsi come un debitore consapevole e preparato, non come una persona spaventata o confusa.
Dimostrare di conoscere i propri diritti e le alternative legali — come la prescrizione, il sovraindebitamento o il pignoramento limitato — mette la finanziaria nella posizione di voler trattare.
Come trattare con una finanziaria come un avvocato
- Conosci l’importo reale del debito.
Prima di parlare con la finanziaria, richiedi il conteggio aggiornato comprensivo di capitale, interessi e spese. Molte volte ci sono errori di calcolo o somme non dovute. - Analizza la validità del contratto.
Un avvocato controlla sempre se nel contratto sono presenti clausole abusive o tassi usurari. Se ci sono, il credito può essere ridotto o contestato. - Proponi una soluzione concreta e scritta.
Offri una cifra sostenibile, motivandola con la tua reale situazione economica. Le proposte scritte e documentate vengono prese più sul serio delle semplici telefonate. - Chiedi la liberatoria dopo il pagamento.
È il documento che certifica la chiusura definitiva del debito. Senza liberatoria, la finanziaria potrebbe riattivare la pratica o rivendere il credito. - Non cedere alle pressioni psicologiche.
Molti operatori fanno leva sulla paura. Mantieni un tono fermo e professionale: hai diritto a una trattativa equa e a non essere minacciato.
Quando è possibile ottenere uno “stralcio” del debito
Lo stralcio è una forma di chiusura agevolata: si paga una parte dell’importo dovuto e il resto viene cancellato.
Le finanziarie lo accettano quando il debitore è realmente in difficoltà, non ha beni facilmente pignorabili e il credito è ormai datato o ceduto a società di recupero.
In questi casi puoi chiudere anche pagando il 30-50% del debito originario, ottenendo la liberatoria e la fine definitiva di ogni pretesa.
Rinegoziare o sospendere le rate
Se non sei ancora in grave ritardo, puoi chiedere alla finanziaria una rinegoziazione del piano di ammortamento.
Ciò significa modificare la durata o l’importo delle rate per renderle sostenibili.
In alternativa, alcune finanziarie consentono una sospensione temporanea dei pagamenti per motivi di difficoltà economica certificata.
Sono soluzioni utili per evitare la segnalazione come cattivo pagatore e mantenere la tua credibilità creditizia.
Come capire se il debito è prescritto o irregolare
Non tutti i debiti sono validi per sempre.
Un debito finanziario può prescriversi in 10 anni, o anche prima se non ci sono stati solleciti formali.
Inoltre, molti contratti contengono interessi e spese non conformi alla legge, che possono essere contestati.
Un avvocato esperto può analizzare gli estratti conto, calcolare eventuali usure o anatocismi e chiedere la riduzione dell’importo complessivo.
I vantaggi di una trattativa gestita in modo professionale
Trattare con una finanziaria come un avvocato ti permette di:
- ridurre sensibilmente l’importo dovuto;
- evitare pignoramenti e azioni legali;
- ottenere la chiusura definitiva del debito;
- migliorare nel tempo la tua posizione nelle banche dati creditizie;
- proteggere i tuoi beni personali e la tua serenità economica.
Una negoziazione ben gestita può trasformare un debito impossibile in una soluzione equa e definitiva, tutelando i tuoi diritti.
Attenzione alle società di recupero crediti aggressive
Quando la finanziaria cede il credito a una società di recupero, quest’ultima spesso adotta metodi insistenti e poco trasparenti.
Ricorda che non possono minacciarti, recarsi a casa o contattare parenti e colleghi.
Hai diritto a ricevere solo comunicazioni formali e a trattare in modo civile e documentato.
Mai pagare senza aver ricevuto una proposta scritta e una liberatoria firmata.
Quando rivolgersi a un avvocato esperto
Dovresti contattare un avvocato se hai ricevuto solleciti o decreti ingiuntivi, se la società di recupero ti chiede cifre sproporzionate, se vuoi trattare uno stralcio in modo sicuro o se il credito è stato ceduto e non sai più a chi pagare.
Un legale esperto potrà verificare la validità del contratto, negoziare in modo professionale con la finanziaria, bloccare eventuali azioni esecutive e ottenere la chiusura definitiva della posizione.
⚠️ Attenzione: ignorare i solleciti o firmare accordi senza assistenza può aggravare la situazione e rendere il debito più difficile da chiudere. Agisci subito per evitare errori e difendere i tuoi diritti.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto bancario, credito al consumo e tutela dei debitori – spiega come ridurre i debiti con una finanziaria, come trattare in modo strategico e come chiudere legalmente le posizioni aperte in modo vantaggioso.
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Analizzeremo la tua situazione, valuteremo le possibili riduzioni o stralci e costruiremo una strategia legale personalizzata per chiudere i debiti, ottenere la liberatoria e tornare finalmente sereno.
Introduzione
Affrontare debiti con banche o finanziarie può sembrare un compito schiacciante, ma con le giuste conoscenze giuridiche è possibile negoziare soluzioni efficaci come farebbe un legale esperto. Questa guida avanzata – aggiornata a settembre 2025 – fornisce gli strumenti normativi e strategici per ridurre i debiti con finanziarie e banche adottando il punto di vista del debitore. Useremo un linguaggio tecnico-giuridico ma comprensibile, con esempi pratici, tabelle riepilogative e sezioni domande e risposte per chiarire i dubbi più comuni. L’obiettivo è aiutare privati e piccoli imprenditori ad orientarsi tra le varie tipologie di debito (prestiti bancari, cessioni del quinto, carte di credito revolving, microcredito, ecc.) e le possibili soluzioni – stragiudiziali o legali – per ridurre o ristrutturare l’esposizione debitoria in Italia.
Nel prosieguo, esamineremo prima le principali categorie di debiti finanziari dei privati, quindi le conseguenze del mancato pagamento (dalla segnalazione nelle banche dati creditizie alle azioni esecutive) e i diritti di tutela del debitore. Verranno poi illustrate le strategie stragiudiziali (come il saldo e stralcio) e le procedure legali di sovraindebitamento introdotte dalla normativa italiana (Legge 3/2012 e nuovo Codice della Crisi). Approfondiremo inoltre norme specifiche a difesa del debitore – ad esempio in tema di interessi usurari e limiti di pignorabilità di stipendi e pensioni – fornendo riferimenti a leggi e sentenze recenti per un orientamento autorevole. Infine, tramite casi pratici, domande frequenti e tabelle di sintesi, offriremo un quadro operativo su come negoziare con i creditori in maniera consapevole, “come un avvocato”, massimizzando le chances di ridurre il debito e ripristinare la propria stabilità finanziaria.
Tipologie di debiti finanziari dei privati
Non tutti i debiti sono uguali: a seconda della tipologia di finanziamento, cambiano le condizioni contrattuali, i tassi di interesse, le garanzie e le conseguenze in caso di insolvenza. Conoscere le caratteristiche del proprio debito è il primo passo per capire come negoziarne la riduzione. Di seguito esaminiamo le forme più comuni di debito per privati in Italia (escludendo le esposizioni prettamente aziendali o fallimentari):
- Prestiti bancari personali – Finanziamenti erogati da banche sotto forma di prestito personale non finalizzato, mutuo ipotecario (per acquisto casa) o prestito finalizzato (es. credito auto). Tipicamente prevedono rate mensili fisse comprensive di quota capitale e interessi. I tassi possono essere fissi o variabili; spesso vi sono spese iniziali, commissioni e polizze assicurative facoltative o obbligatorie. In caso di mancato pagamento, dopo poche rate scadute la banca può risolvere il contratto e chiedere il rimborso immediato del capitale residuo più interessi di mora, per poi eventualmente agire in via giudiziale. I prestiti personali non garantiti rientrano tra i crediti chirografari (senza garanzie reali), mentre i mutui ipotecari sono garantiti da ipoteca sull’immobile finanziato (il che dà diritto di espropriazione più rapida in caso di insolvenza).
- Prestiti da società finanziarie – Molti finanziamenti ai consumatori sono erogati da società finanziarie (non banche) specializzate nel credito al consumo (es.: Agos, Findomestic, Compass, etc.). Possono assumere la forma di prestiti personali, cessioni del quinto, carte di credito revolving o altre linee di credito. Di solito i tassi di interesse sono più elevati di quelli bancari, in quanto trattasi di credito al dettaglio e spesso non garantito. Le finanziarie seguono le regole del Testo Unico Bancario e delle normative sul credito ai consumatori, con obbligo di trasparenza contrattuale e rispetto dei tassi antiusura.
- Cessione del quinto dello stipendio o della pensione – È un prestito garantito da una trattenuta diretta su stipendio o pensione, fino a un quinto dell’importo netto mensile (20%). È riservato a lavoratori dipendenti (pubblici o privati) e pensionati, e prevede per legge la contestuale sottoscrizione di una polizza assicurativa a copertura del rischio vita e/o impiego. La cessione del quinto ha durata massima 10 anni e tassi spesso superiori ai prestiti ordinari (per via dei costi assicurativi e commissioni), ma la modalità di rimborso diretto la rende molto sicura per il creditore. In caso di licenziamento del dipendente, l’assicurazione interviene rimborsando il debito residuo (fino a concorrenza del TFR maturato); se ciò non basta, la finanziaria può rivalersi sul debitore per eventuali somme scoperte. Al pensionamento del debitore, la quota cedibile si ricalcola secondo la normativa vigente (sulle pensioni il quinto si applica solo sull’importo eccedente la soglia minima impignorabile, v. oltre). La cessione del quinto è disciplinata dal DPR 180/1950 e dal TUB; il datore di lavoro (o ente pensionistico) è obbligato a effettuare le trattenute e versarle al finanziatore. Importante: la Corte di Cassazione ha chiarito che è illegittimo addebitare al lavoratore cedente i costi amministrativi sostenuti dal datore di lavoro per gestire la cessione in busta paga, trattandosi di un diritto esercitato ex lege e non di un favore dell’azienda .
- Carte di credito “revolving” – Si tratta di carte di credito con un plafond (fido) accordato, che il titolare può utilizzare per acquisti o prelievi; a differenza delle carte a saldo (che addebitano l’intera spesa nel mese successivo), la carta revolving permette di restituire l’importo a rate mensili. Ogni mese il debito residuo genera interessi passivi molto elevati (TAN e TAEG spesso tra il 15% e il 25% annuo), e ogni pagamento ricarica parzialmente il fido disponibile. Questo meccanismo può portare il debitore a pagare interessi composti, soprattutto se versa importi minimi: il rischio è di entrare in un circolo di debito difficile da estinguere. In caso di insolvenza (mancato pagamento delle rate minime), l’emittente della carta può revocare l’utilizzo e richiedere il saldo integrale del dovuto. Le carte revolving rientrano nel credito ai consumatori e soggiacciono ai tassi antiusura fissati trimestralmente dal MEF (i tassi soglia per questa categoria sono tra i più alti, data la rischiosità: ad es. nel terzo trimestre 2025 circa 24% TAEG) . Bisogna prestare attenzione al costo effettivo globale (TAEG) indicato nel contratto: se non è indicato correttamente o se certe commissioni non sono state trasparenti, il debitore potrebbe eccepire violazioni della normativa sulla trasparenza bancaria.
- Microcredito – Il microcredito è un finanziamento di piccolo importo (fino a ~40.000 €, spesso attorno a 10-25 mila euro) rivolto a soggetti che hanno difficoltà di accesso al credito tradizionale (piccoli imprenditori, start-up, disoccupati che vogliono avviare un’attività, ecc.). In Italia esistono iniziative di microcredito anche con garanzia pubblica o tassi agevolati, talvolta gestite tramite enti no-profit o cooperative. Quando invece si parla di microcredito al consumo, spesso i tassi possono essere molto elevati (talvolta al limite della soglia d’usura) a fronte dell’assenza di garanzie. Il microcredito per imprenditoria è supportato dal Fondo di Garanzia per PMI e prevede servizi ausiliari di assistenza; se si hanno difficoltà a rimborsare, la possibilità di rinegoziazione dipende dal regolamento del singolo progetto di microcredito. In generale, vale quanto per gli altri prestiti: se il microcredito è considerato credito al consumo, il debitore ha gli stessi diritti (ad esempio, diritto all’estinzione anticipata con riduzione dei costi, v. oltre). Importante è verificare se ci sono garanti o coobbligati: spesso nel microcredito sociale possono essere richieste forme di garanzia personale.
Di seguito una tabella riepilogativa delle principali caratteristiche di queste tipologie di debito:
Tabella 1: Confronto tra tipi di finanziamento per privati (tassi indicativi, garanzie e rischi in caso di insolvenza).
| Tipo di debito | Importo tipico | Tasso annuo | Durata | Garanzie | Conseguenze insolvenza |
|---|---|---|---|---|---|
| Prestito personale (banca/finanziaria) | 5.000€ – 30.000€ (fino ~70.000€) | 6% – 12% TAN (TAEG 8%–15%) | 1–10 anni | Firma singola, eventuale garante | Decreto ingiuntivo dopo ~2–3 rate manc.;<br>pignoramento beni se insolvenza persistente. |
| Mutuo ipotecario (casa) | 50.000€ – 300.000€+ | 2% – 5% TAN (variabile o fisso) | 10–30 anni | Ipoteca su immobile | Risoluzione contratto dopo ~6–8 rate manc.;<br>esecuzione immobiliare (asta casa). |
| Cessione del quinto (stipendio/pensione) | 5.000€ – 50.000€ | 4% – 8% TAN (+polizza: TAEG 8%–18%) | 2–10 anni | Trattenuta in busta paga; polizza obbl. | Insolvenza rara (pagamento automatico);<br>in caso di perdita lavoro interviene assicurazione (con eventuale azione di rivalsa su TFR o debitore per scoperto). |
| Carta di credito revolving | Fido 1.000€ – 5.000€ | 15% – 25% TAN (TAEG alto) | Indeterminata (revolving) | Nessuna specifica (credito chirografario) | Blocco carta dopo 1–2 rate manc.;<br>richiesta saldo immediato; se insolvenza, recupero crediti e possibile decreto ingiuntivo. |
| Microcredito imprese/sociale | 5.000€ – 25.000€ | 0% – 8% se agevolato;<br>15%+ se commerciale | 2–7 anni | Spesso garanzia pubblica o fondi dedicati (no garanzie reali) | Possibile maggiore flessibilità se progetto assistito;<br>altrimenti simile a prestito personale (azione legale per recupero). |
Nota: I valori di tasso sono indicativi e soggetti ai tassi di mercato e alle soglie antiusura trimestrali . In caso di interessi usurari pattuiti, la legge prevede la nullità degli interessi stessi (si veda più avanti). I tempi di messa in mora e di azione legale variano da creditore a creditore; molte banche tendono a dichiarare la decadenza dal beneficio del termine dopo sei o più rate non pagate nei prestiti, mentre per carte revolving o prestiti piccoli alcune finanziarie agiscono anche dopo soli 2–3 mancati pagamenti.
Conseguenze del mancato pagamento e diritti del debitore
Quando il debitore inizia a non pagare le rate, si attiva una sequenza di eventi che vanno dal sollecito informale fino alle azioni legali di recupero. Conoscerne le tempistiche e modalità permette di gestire meglio la situazione e, soprattutto, di far valere i propri diritti. Vediamo quali sono le tipiche conseguenze di un’inadempienza e quali tutele ha il debitore per limitare i danni:
Segnalazioni nelle banche dati creditizie
La prima conseguenza, già dopo una rata saltata, è spesso la segnalazione come cattivo pagatore nelle banche dati creditizie private (es. CRIF EURISC) e/o nella Centrale dei Rischi di Banca d’Italia. Queste segnalazioni pregiudicano la possibilità di ottenere nuovo credito. In genere:
- CRIF (EURISC): registra ritardi di >1 o 2 rate. Il cattivo pagamento rimane visibile per 36 mesi dalla regolarizzazione (se il debito è poi saldato) o per 36 mesi dalla ultima modifica (in caso di sofferenza non sanata) . Se il debito rimane insoluto e non più aggiornato, la segnalazione è conservata per un massimo di 36 mesi dalla data prevista di fine rapporto o dalla scadenza contrattuale. Il debitore dev’essere preavvisato almeno 15 giorni prima dell’invio della prima segnalazione negativa (obbligo di preavviso di segnalazione).
- Centrale Rischi Banca d’Italia: riguarda esposizioni verso banche/finanziarie superiori a €30.000 (soglia di censimento per sofferenze anche più bassa, €250) – include mutui, affidamenti di conto, ecc. Se un credito viene classificato come “sofferenza” (grave insolvenza), la notazione è immediata e può essere cancellata solo quando il debito è estinto o completamente stralciato. Anche qui c’è obbligo di preavviso al debitore prima della classificazione a sofferenza. Le sofferenze pregresse sono visibili anche dopo il pagamento per un periodo (fino a 36 mesi dal saldo).
La segnalazione in CRIF costituisce un forte incentivo a regolarizzare, poiché rende quasi impossibile ottenere nuovi prestiti o finanziamenti (anche un semplice smartphone a rate) finché permane. Tuttavia, una volta che la situazione debitoria è grave, può avere senso sacrificare temporaneamente la propria “reputazione creditizia” per negoziare con i creditori, anziché indebitarsi ulteriormente per evitare la segnalazione. È importante sapere che la segnalazione non è una “punizione” arbitraria ma un obbligo di legge per gli enti finanziari, a tutela del sistema creditizio. Il debitore ha però diritto di rettifica in caso di errore e può inviare istanza di accesso per conoscere i propri dati segnalati.
Mora, interessi di ritardo e composizione del debito
Dal primo giorno dopo la scadenza di una rata non pagata, scattano gli interessi moratori (interessi di mora) previsti dal contratto. Questi interessi compensano il maggior rischio del creditore per il ritardo. Spesso il tasso di mora è fissato qualche punto percentuale sopra il tasso nominale del prestito (ad esempio, se TAN 8%, mora 11% annuo). Legalmente, gli interessi di mora concorrono anch’essi alla verifica dell’usurarietà: se il tasso di mora pattuito supera il tasso soglia antiusura vigente, la clausola di interesse è nulla e nessun interesse è dovuto (né moratorio né corrispettivo) . La Cassazione ha infatti confermato che l’art. 1815 c.c., comma 2 (come modificato dalla L.108/1996) sanziona con la gratuità del mutuo qualsiasi patto usurario, anche se relativo alla sola mora .
Attenzione: per il calcolo dell’usura non si sommano tasso corrispettivo e tasso di mora, ma ciascuno va confrontato con la soglia specifica . Esiste un’unica soglia d’usura per categoria di operazione (comprensiva di una maggiorazione forfettaria che copre la fisiologica mora) . Ad esempio, se la soglia per i prestiti personali è 10% e il mutuo prevede TAN 8% e mora +4%, la mora al 12% sforerebbe la soglia e quindi sarebbe usuraria; di conseguenza, il giudice potrebbe dichiarare nullo l’intero patto d’interessi, trasformando il debito in senza interessi (il debitore dovrà restituire solo il capitale) . È importante quindi che il debitore in difficoltà controlli i tassi contrattuali: qualora siano sopra soglia (originariamente o anche solo come mora), c’è spazio per contestazioni legali e per pressione negoziale sul creditore.
Oltre agli interessi, il mancato pagamento comporta spesso penali o spese di sollecito (esempio: € sollecito scritto, costo legale per diffida, ecc.), purché previste in contratto e nel limite della ragionevolezza. Il totale del debito reclamato dal creditore dopo qualche mese di insolvenza includerà: rate scadute + rate a scadere (se decaduto dal beneficio del termine) + interessi di mora su ciascuna dal giorno di scadenza + eventuali penali contrattuali + spese di recupero. È fondamentale chiedere sempre un rendiconto dettagliato. Il debitore ha diritto ad ottenere dalla finanziaria il calcolo dell’importo dovuto (capitale residuo, interessi maturati, spese) e a verificare che non contenga addebiti illegittimi. Ad esempio, se l’istituto applicasse anatocismo (ulteriori interessi su interessi scaduti) violando il divieto di capitalizzazione non concordata, tali addebiti non sarebbero dovuti. Dal 2016 la legge consente la capitalizzazione degli interessi nei rapporti bancari solo con particolari condizioni (art. 120 TUB come modificato dal d.lgs. 18/2016), comunque non è lecito applicare interessi composti su base infrannuale a danno del consumatore senza accordi chiari . Dunque, in fase di trattativa, il debitore (o il suo consulente) dovrebbe scrutinare il contratto e l’estratto conto per individuare possibili vizi: tassi ultralegali, costi occulti, calcolo interessi non trasparente, eccezioni di nullità che possano essere sollevate a sua difesa.
Recupero crediti stragiudiziale e tutela del debitore
Dopo poche rate non pagate (solitamente 2 o 3), la pratica viene spesso affidata a società di recupero crediti. Iniziano così frequenti telefonate, SMS, email e lettere di sollecito rivolte al debitore . Lo scopo è indurlo a pagare almeno le rate arretrate o a trovare un accordo di rientro. Questa fase è definita recupero crediti stragiudiziale (ossia senza tribunale). È un momento molto delicato: il debitore è spesso sotto stress psicologico per le insistenti pressioni dei recuperatori, che talvolta possono risultare aggressive. È importante conoscere i propri diritti in questa fase:
- Il recupero crediti deve rispettare la privacy e la dignità del debitore. Il Garante Privacy ha emanato un Vademecum che proibisce prassi illecite come rivelare a terzi (colleghi, familiari non coobbligati) la posizione debitoria, o affiggere avvisi esposti al pubblico, oppure effettuare telefonate preregistrate senza assicurarsi di parlare col debitore . Ad esempio, è illecito che l’operatore contatti il datore di lavoro o un parente dicendo “Tizio non paga i debiti”: ciò può integrare violazione di privacy e diffamazione. Se succede, il debitore può presentare reclamo al Garante o denunciare ai Carabinieri.
- I contatti telefonici devono avvenire in orari congrui e con modalità non persecutorie. Linee guida di settore (UNIREC) suggeriscono di non chiamare prima delle 8:00 né dopo le 21:00, né durante festività, e di non fare più di una telefonata al giorno sullo stesso recapito. Minacce di azioni drastiche (“Arriviamo subito a casa a prendere i mobili”, “Farai la galera”) sono completamente fuori legge: nessuno può arrogarsi poteri che spettano solo all’autorità giudiziaria. Tali abusi possono configurare reati di molestia o estorsione tentata se vi sono intimidazioni gravi.
- Il debitore non è obbligato a rispondere immediatamente alle richieste del recupero crediti. È consigliabile mantenere la calma e comunicare preferibilmente per iscritto (PEC, raccomandata) per lasciare traccia. Si può chiedere di ricevere tutte le comunicazioni via email o posta e di concordare eventuali telefonate su appuntamento. Il debitore può anche nominare formalmente un avvocato o un’associazione di consumatori che lo rappresenti: in tal caso, la società di recupero deve rivolgersi al legale e non più direttamente alla persona (art. 135-decies Codice Privacy e art. 27-ter Cod. Cons. sulla comunicazione commerciale aggressiva).
- Verifica della legittimità del creditore: spesso i crediti deteriorati vengono ceduti a società di recupero o fondi (cessione del credito ex art. 1260 c.c.). Il debitore ha diritto di esserne informato; la cessione diventa efficace verso di lui solo con notifica o accettazione (art. 1264 c.c.) . Quindi, se arriva una richiesta di pagamento da parte di un soggetto diverso dall’originario creditore, bisogna accertare che vi sia stata effettiva cessione notificata. In assenza, il debitore potrebbe legittimamente rifiutare il pagamento al nuovo soggetto finché non ha prova della cessione. Comunque, quasi sempre la notifica avviene (anche per posta semplice) e, una volta ricevuta, il debitore deve pagare al nuovo creditore, ma conserva le stesse eccezioni che aveva verso il vecchio (ad es. se poteva contestare interessi usurari, può farlo anche col cessionario).
Suggerimento pratico: nella fase di recupero stragiudiziale, può essere utile proporre pagamenti sostenibili a breve termine per guadagnare tempo ed evitare l’aggravarsi della posizione. Tuttavia, attenzione a non riconoscere formalmente più del dovuto. Ogni pagamento o accordo scritto interrompe i termini di prescrizione (art. 2944 c.c.) e legittima il credito per altri 10 anni da capo . Se il debitore sospetta che il debito sia prossimo alla prescrizione (vedi oltre), dovrebbe valutare con un legale come muoversi prima di firmare piani di rientro che equivalgono a una rinuncia all’eccezione di prescrizione.
Azioni legali del creditore: decreto ingiuntivo e pignoramento
Se il recupero bonario fallisce o il debitore non ha beni aggredibili immediatamente, il creditore potrà passare alle vie legali. L’iter tipico per un credito derivante da un finanziamento consiste in:
- Decadenza dal beneficio del termine (DBT) – La finanziaria invia una comunicazione formale (raccomandata/PEC) dove, constatato il persistere del mancato pagamento (di solito 2 o più rate insolute), dichiara risolto il contratto e richiede il pagamento immediato di tutto il residuo. Questa comunicazione spesso preannuncia l’intenzione di procedere per vie legali in caso di ulteriore inadempimento. In molti contratti la DBT scatta automaticamente dopo un certo numero di rate non pagate (indicazione contrattuale ex art. 40 TUB), e comunque l’art. 1186 c.c. consente al creditore di chiedere tutto il debito subito se il debitore diminuisce le garanzie o diventa insolvente.
- Decreto ingiuntivo – Trascorsi magari 15–30 giorni dalla lettera di DBT senza esito, la banca/finanziaria può rivolgersi al tribunale per ottenere un decreto ingiuntivo (D.I.). Si tratta di un provvedimento sommario con cui il giudice, valutati i documenti contrattuali e di conteggio del credito, ordina al debitore di pagare quanto dovuto (capitale, interessi, spese legali) entro 40 giorni . Il D.I. è provvisoriamente esecutivo se il credito è fondato su contratto bancario e estratto conto certificato conforme (art. 50 TUB), oppure se il giudice lo concede in casi di urgenza o pericoli nel ritardo. In pratica, spesso la finanziaria chiede l’esecutorietà immediata del decreto per procedere subito al pignoramento senza aspettare 40 giorni.
- Opposizione a decreto ingiuntivo – Il debitore, entro 40 giorni dalla notifica, può fare opposizione al D.I. davanti allo stesso tribunale, instaurando un giudizio ordinario dove potrà contestare il credito (ad es. eccependo errori di calcolo, applicazione di interessi usurari, prescrizione, nullità contrattuali, ecc.). L’opposizione può chiedere la sospensione dell’efficacia esecutiva del decreto. Se si hanno fondati motivi di contestazione, è essenziale fare opposizione nei termini con l’assistenza di un avvocato, altrimenti il decreto diverrà definitivo e il debitore decade dalle possibili eccezioni. Da notare che portare avanti un’opposizione comporta tempi e costi (CTU tecniche per ricalcolo interessi, spese legali) da valutare rispetto all’entità del debito; spesso però l’opposizione ben fondata porta a negoziare transazioni più vantaggiose.
- Titolo esecutivo e precetto – Decorso il termine (o concessa esecutorietà immediata), il D.I. diventa titolo esecutivo. Il creditore a quel punto notifica al debitore un atto di precetto, ossia un intimazione di pagare entro massimo 10 giorni, pena l’esecuzione forzata. Nel precetto sono elencate le somme dovute aggiornate (capitale, interessi fino a quella data, spese legali, contributo unificato, etc.). Spesso insieme al precetto viene notificato anche l’atto di pignoramento o comunque quest’ultimo segue a breve.
- Pignoramento dei beni – È l’atto con cui si dà inizio all’esecuzione forzata sui beni del debitore. Può essere:
- Pignoramento mobiliare presso il debitore: l’ufficiale giudiziario si reca all’indirizzo del debitore e vincola i beni mobili di valore (arredi, elettronica, auto se presente), che potranno essere poi venduti all’asta. In realtà questa forma è poco efficace: l’ufficiale può pignorare beni solo se di valore e non indispensabili. Oggetti come letto, tavolo da pranzo, frigorifero, stufa, abiti, utensili di casa non sono pignorabili (art. 514 c.p.c. elenco beni indispensabili). Anche l’automobile, se è strumentale al lavoro (ad es. un rappresentante che la usa per attività) potrebbe essere parzialmente protetta, ma in generale l’auto è pignorabile se di valore sufficiente. Nel recupero crediti da finanziamenti al consumo, il pignoramento mobiliare domiciliare è raro, sia perché i beni usati hanno scarso realizzo, sia perché logisticamente complesso. Più frequente è semmai il pignoramento dell’automobile tramite fermo amministrativo e successiva vendita, ma spesso il valore dell’usato non copre i costi di procedura.
- Pignoramento presso terzi (conto, stipendio, pensione): soluzione tipica e più efficace. Il creditore individua terzi debitori del debitore, in primis il datore di lavoro (o ente pensionistico) e le banche dove il debitore ha conto corrente. Notificando l’atto di pignoramento presso terzi, intima al terzo di non pagare più il debitore ma di versare le somme pignorate al creditore. Si può pignorare lo stipendio o la pensione direttamente all’origine, nonché somme depositate sul conto corrente del debitore. Approfondiamo a parte i limiti di pignorabilità di stipendi/pensioni (v. sezione successiva). Una volta notificato, il pignoramento blocca ad es. il conto (fino a concorrenza importo dovuto) oppure vincola il datore di lavoro a trattenere la quota pignorata. Il giudice dell’esecuzione, nell’udienza di assegnazione, assegna formalmente le somme al creditore (stabilendo la quota mensile sullo stipendio, ad esempio), dopodiché il datore o la banca è tenuto a dar corso ai pagamenti periodici fino a soddisfo del credito.
- Pignoramento immobiliare: se il debitore possiede un immobile (casa, terreno) di valore, il creditore può pignorarla e procedere all’espropriazione immobiliare. Ciò avviene spesso se il debito è cospicuo (es. decine di migliaia di euro) e se l’immobile non è già ipotecato da altri con priorità. Nota bene: se l’immobile è prima casa del debitore, a differenza che per le cartelle esattoriali (dove la legge pone limiti al pignoramento della prima casa da parte del Fisco), un creditore privato può pignorare anche la prima casa del debitore. Non esiste un divieto generale per le banche/finanziarie: l’unico caso di impignorabilità era previsto per la prima casa oggetto di mutuo prima casa e solo da parte della banca finanziatrice in alcuni casi di moratoria (DL 59/2016, cosiddetto “patto marciano”), ma nell’ordinaria procedura esecutiva civile non c’è esenzione. Ovviamente pignorare e vendere una casa richiede costi e tempi (spesso 1-3 anni per arrivare all’asta), per cui molti creditori rinunciano se l’importo da recuperare è modesto o se la casa ha ipoteche di grado superiore. Ma per debiti significativi, la minaccia di perdere la casa è un potente fattore per spingere a trovare un accordo.
Effetti sul debitore: subire un pignoramento significa vedersi sottrarre coattivamente beni o redditi. Tuttavia esistono limiti di legge a tutela di una soglia minima di sopravvivenza e di alcuni beni essenziali, come vedremo subito. Inoltre, se il pignoramento si rivela infruttuoso (ad es. il debitore non lavora, non ha beni intestati), il creditore può vedersi costretto a sospendere o chiudere la procedura (magari riprovando dopo qualche tempo). Un debitore nullatenente è sostanzialmente inesigibile: questo il creditore lo sa, e paradossalmente può essere un punto di forza per negoziare (si pensi al saldo e stralcio: un creditore accetta meno solo se teme di non prendere nulla altrimenti ). Attenzione però: il fatto di non avere nulla oggi non garantisce di non averne domani. Un decreto ingiuntivo ha efficacia per 10 anni e il creditore può rinnovarlo ed estenderlo, quindi il “nullatenente” rischia di vedersi aggredire future disponibilità (eredità, nuovo lavoro, TFR) se il debito resta in piedi. Per questo, è spesso preferibile trovare una soluzione definitiva (transazione a stralcio o procedura di esdebitazione) piuttosto che convivere a tempo indeterminato con una spada di Damocle.
Limiti di pignorabilità di stipendi, pensioni e altri beni
La legge prevede importanti limiti quantitativi al pignoramento di stipendi e pensioni, per garantire al debitore mezzi di sostentamento. Questi limiti sono cruciali nelle strategie di negoziazione: un debitore informato può calcolare quanto effettivamente il creditore riuscirebbe a prendere forzosamente e usare questa informazione nel trattare un accordo.
Pignoramento dello stipendio presso datore di lavoro: per crediti ordinari (banche, finanziarie, privati) è pignorabile fino a 1/5 (20%) dello stipendio netto mensile (art. 545 c.p.c. commi 3 e 4). Ciò significa che il lavoratore conserva almeno l’80% dello stipendio. Se vi sono più pignoramenti concorrenti sullo stesso stipendio, per crediti di natura diversa (es. uno per prestito bancario, uno per assegni alimentari), possono sommarsi fino al massimo di 2/5 (40%) dello stipendio . Se invece i crediti sono tutti della stessa natura (es. due finanziarie diverse), comunque il totale trattenuto non eccede 1/5, che viene ripartito proporzionalmente tra i creditori parzialmente soddisfatti . Importante: mentre per le pensioni esiste una soglia minima impignorabile, per lo stipendio non c’è un “minimo vitale” garantito per legge (il minimo vitale si applica solo sulle pensioni). Ciò significa che anche chi ha uno stipendio basso, ad es. 800€, potrebbe vedersi sottrarre il 20% (160€) lasciandolo con 640€, seppur in situazioni estreme di redditi molto bassi i giudici dell’esecuzione tendono ad usare prudenza. Da notare che questi limiti riguardano il pignoramento presso il datore di lavoro; se invece il creditore pignora il conto corrente dove è già accreditato lo stipendio, la legge (art. 545 c.p.c. comma 8) tutela l’ultimo accredito solo per una somma pari al triplo dell’assegno sociale (~€1500) se avvenuto prima del pignoramento, mentre le somme giacenti eccedenti tale importo possono essere pignorate integralmente. Dunque per i lavoratori è sempre preferibile subire il prelievo alla fonte (1/5) piuttosto che farsi pignorare il conto a fine mese dove il residuo può essere maggiore.
Pignoramento della pensione: dal 2022 vige una tutela più forte: è impignorabile qualunque importo pensionistico fino a 1.000 € mensili (soglia aggiornata periodicamente, pari a 2 volte l’assegno sociale) . In pratica, se una pensione è di €800, non si può toccare; se è di €1.200, la parte fino a €1.000 è salva, e solo i restanti €200 sono aggredibili nella misura massima di 1/5 . Ad esempio, pensione €1.800: quota pignorabile = (1.800–1.000) * 20% = €160/mese . Queste regole garantiscono sempre al pensionato il minimo vitale di €1.000 . Va aggiunto che per i crediti alimentari (assegni di mantenimento) o debiti fiscali, esistono regole particolari: il Fisco (Agenzia Entrate Riscossione) applica aliquote progressive più basse (10% oltre 1.000€ fino 2.500€, 14% oltre 2.500€ fino 5.000€, 20% oltre 5.000€) , ma queste percentuali ridotte valgono solo per i debiti tributari; i creditori privati rimangono col tetto fisso del 20% della parte eccedente €1000 . In caso di più pignoramenti sulla pensione, valgono analoghi criteri di cumulo come per lo stipendio.
Pignoramento del conto corrente: se il debitore è una persona fisica, come detto, se sul conto affluiscono stipendio o pensione, c’è la regola di salvaguardia dell’ultima mensilità entro il triplo dell’assegno sociale. In pratica, su un conto personale senza stipendio la somma è pignorabile al 100%; su un conto dove arriva la pensione, quanto eccede 3 volte assegno sociale (circa €1.500) è pignorabile . Esempio: conto con €5.000 di cui €1.200 appena accreditati di pensione: resteranno intoccati €1.200 (fino a €1.500 sarebbero intoccabili) e pignorabili gli altri €3.800.
Beni impignorabili assoluti: la legge elenca beni che non possono mai essere pignorati, tra cui: vestiti, biancheria, letti, elettrodomestici di base (frigo, lavatrice, fornelli), tavoli e sedie necessari al convivio, utensili e attrezzi di lavoro del debitore artigiano (nei limiti del necessario per il sostentamento), animali da affezione o da servizio del debitore . Anche i beni di valore modesto (di valore inferiore alle spese di vendita) sono impignorabili di fatto. Ad es., la TV o il computer di casa, se non hanno particolare pregio, l’ufficiale giudiziario può lasciarli ritenendoli non profittevoli. Queste norme servono ad evitare abusi e a non privare il debitore e la sua famiglia dei mezzi basilari.
Riassumiamo i principali limiti e soglie di pignorabilità nella tabella seguente:
Tabella 2: Limiti legali al pignoramento di redditi e beni del debitore (procedura esecutiva civile).
| Categoria | Limiti di impignorabilità |
|---|---|
| Stipendio (dipendente) | Pignorabile max 1/5 dello stipendio netto (20%) per crediti ordinari.<br>No soglia minima (anche stipendi bassi subiscono 1/5).<br>Se coesistono pignoramenti per crediti diversi (es. bancari e alimentari) possibile cumulo fino a 2/5 (40%) . |
| Pensione | Impignorabile fino a €1.000 al mese (soglia minima vitale, 2x assegno sociale) .<br>Oltre €1.000, la parte eccedente pignorabile max 1/5.<br>Esempio: pensione €1.500 -> pignorabile 1/5 di €500 = €100. |
| Stipendi/Pensioni per debiti fiscali (Agenzia Entrate) | Aliquote ridotte per fasce:<br>- 10% della parte eccedente €1.000 se reddito ≤ €2.500 ;<br>- 14% (1/7) se €2.500–5.000 ;<br>- 20% (1/5) se > €5.000. (Non cumulabile oltre 50% con altri pignoramenti fiscali). |
| Conto corrente persona fisica | Se su conto è accreditato lo stipendio/pensione:<br>- importi accreditati prima del pignoramento: impignorabili fino a quantità pari all’ultimo stipendio o pensione mensile (se <€1000) ovvero al triplo dell’assegno sociale (se stipendio/pens. >€1000) ;<br>- importi accreditati dopo la notifica: si applicano le regole ordinarie (1/5 stipendio, ecc.) man mano che affluiscono. |
| Beni mobili essenziali | Impignorabili oggetti di arredamento di base (letti, tavolo, frigorifero, stufa, lavatrice), abiti, effetti personali, ricordi di famiglia, animali da compagnia, strumenti di lavoro indispensabili del debitore (nei limiti) . |
| Prima casa (debiti con privati) | Pignorabile anche se unica casa e vi risiede il debitore (nessuna esenzione per creditori privati). Eccezione: se il creditore è Agenzia Entrate Riscossione, non può pignorare la prima casa del debitore con alcune condizioni (immobile non lusso, residenza anagrafica, solo una proprietà) per debiti tributari sotto €120.000 – vedi D.L. 69/2013). |
Come si vede, per un debitore lavoratore dipendente o pensionato, un creditore chirografario potrà al massimo attaccare una quota del reddito mensile. Spesso ciò significa recuperare il credito in molti anni di trattenute. Esempio pratico: debito di €20.000, stipendio netto €1.500: pignoramento di €300/mese (1/5) → occorrerebbero oltre 6 anni (oltre 72 mesi) per recuperare interamente il capitale (più interessi legali nel frattempo). Questa prospettiva di recupero parziale e dilazionato può incentivare il creditore ad accettare accordi transattivi a saldo e stralcio per somme inferiori e in soluzione rapida (l’importante è fargli capire che la via giudiziale sarà lunga e incerta). Viceversa, se il debitore ha un immobile di valore libero da ipoteche, il potere contrattuale del creditore è più forte (può soddisfarsi vendendo la casa). Nel prossimo capitolo analizzeremo proprio le soluzioni negoziali per ridurre il debito, tenendo conto di queste leve.
Strategie stragiudiziali per ridurre il debito
Non sempre è necessario (né conveniente) arrivare allo scontro giudiziario. Ci sono varie strategie stragiudiziali, ovvero percorribili al di fuori del tribunale, che possono consentire di ridurre l’importo del debito oppure almeno di renderne sostenibile il pagamento. Un debitore preparato, “che tratta come un avvocato”, valuterà pro e contro di ciascuna opzione. Ecco le principali:
Rinegoziazione del piano di rimborso (riduzione rata)
La prima strada da tentare, appena ci si accorge che le rate sono divenute insostenibili, è chiedere alla banca/finanziaria una rinegoziazione del prestito. Ciò può implicare: allungare la durata residua (riducendo così l’importo di ciascuna rata) e/o abbassare il tasso di interesse, oppure ottenere una temporanea moratoria sulle rate. Dal 2019 in poi, molte banche hanno aderito a protocolli ABI per concedere sospensioni delle rate ai clienti in difficoltà (es. moratorie COVID per mutui). Anche la legge consente, in alcuni casi, di sospendere le rate del mutuo prima casa per 18 mesi attingendo al Fondo di solidarietà mutui prima casa (cd. Fondo Gasparrini) – questo però vale solo per mutui ipotecari prima casa e certi eventi (perdita lavoro, ecc.), non per prestiti personali.
Negoziare spontaneamente un allungamento del piano può aiutare a evitare insolvenze. Tuttavia, bisogna considerare che estendendo la durata aumentano gli interessi complessivi pagati (le finanziarie raramente riducono il tasso nominale, si limitano a spostare in avanti le scadenze). Inoltre, se la situazione è di sovraindebitamento conclamato (più debiti e reddito insufficiente), probabilmente la rinegoziazione non verrà accordata: nessuna banca allungherebbe i termini se già vede che il cliente è insolvente cronico . In sintesi, la rinegoziazione può funzionare prima di accumulare arretrati, come misura preventiva di buon senso, ma non riduce il debito in sé – al più riduce la rata mensile.
Un caso particolare di rinegoziazione è il consolidamento debiti: ottenere un nuovo finanziamento che estingua tutti quelli in corso, accorpando tutto in un’unica rata più bassa. Alcune finanziarie lo propongono ai clienti in difficoltà (magari aggiungendo ulteriore liquidità). Sulla carta sembra la soluzione ideale (“una rata più bassa al mese”); purtroppo spesso si rivela controproducente . Infatti, consolidare comporta che il nuovo prestito copra il capitale residuo di tutti i debiti pregressi più spese e commissioni varie; risultato: il debito totale aumenta e la rata unica, sebbene più bassa della somma delle precedenti, dura per molti più anni . Chi era a metà di pagare i vari finanziamenti, col consolidamento si ritrova magari altri 7–10 anni di rate fisse. Molti sovraindebitati che optano per il consolidamento finiscono per aggravare la propria esposizione e pochi anni dopo ricadono in default . Conclusione: valutare il consolidamento solo se: (a) non si è ancora in stato di insolvenza grave; (b) il nuovo tasso è conveniente; (c) si escludono nuovi indebimenti durante il piano. In caso contrario, è una toppa che rischia di allargare il buco.
Saldo e stralcio: accordo a saldo ridotto
Il saldo e stralcio è l’accordo transattivo per cui il debitore paga una parte del debito e il creditore accetta di rinunciare al resto, rilasciando quietanza liberatoria a saldo finale. Ad esempio, su €10.000 dovuti, si paga €5.000 in un’unica soluzione e il debito si considera estinto. È la modalità preferita dai debitori per “tagliare” il debito, ma va compresa la posizione del creditore: quando e perché dovrebbe accettare uno stralcio?.
In generale, una finanziaria accetta di stralciare (abbuonare) parte del credito solo se è convinta che il debitore non sia in grado di pagare l’intero importo e che, con l’accordo immediato, recupererà almeno una somma ragionevole senza affrontare cause lunghe e infruttuose . Se invece il debitore ha redditi/patrimoni aggredibili, il creditore preferirà agire legalmente per cercare il recupero integrale. Pertanto, il saldo e stralcio è una carta realisticamente percorribile in situazioni di grave difficoltà del debitore, spesso quando il credito è già in sofferenza da tempo e magari è stato ceduto a una società di recupero che l’ha comprato a prezzo scontato. Queste società sono spesso più disponibili a trattare a ribasso (perché comunque hanno pagato il credito magari 5-20% del valore e su quello marginano).
Come proporre un saldo e stralcio efficace: Bisogna in primo luogo smettere di pagare le rate. Finché il debitore paga, anche se a fatica, nessun creditore concede sconti . Accumulato un certo arretrato (di solito molti mesi), si può contattare il creditore o più spesso il recuperatore incaricato, e rappresentare chiaramente la propria insolvenza: ad esempio, il debitore non ha lavoro stabile, non ha immobili, magari altri creditori pendenti, ecc. In altre parole, far capire al creditore che rischia di non vedere mai nulla, se non accetta la proposta. A questo punto si offre una somma immediata a saldo – qui sta il nodo: servono liquidità pronte. Spesso i debitori sovraindebitati non hanno risparmi, perciò devono rivolgersi a parenti/amici per raccogliere un gruzzolo. Se non si è in grado di versare subito una somma significativa, difficilmente il creditore accetterà lo stralcio: quasi sempre viene richiesto pagamento in un’unica soluzione (o poche rate ravvicinate) . Non è credibile dire “non posso pagare 200€/mese ma ti do 10.000€ subito” – difatti chi è in difficoltà raramente dispone di tali cifre. A volte, però, con l’aiuto di familiari o vendendo un bene (un’auto, ecc.) si può arrivare a un’offerta ragionevole.
Entità dello sconto ottenibile: Dipende molto dalla anzianità e qualità del credito. Più è vecchio e incerto, maggiore sarà lo sconto. Ad esempio, per carte revolving non garantite in sofferenza da anni, le società di recupero accettano anche saldo al 20-30% del dovuto. Viceversa, per mutui garantiti da ipoteca difficilmente la banca fa sconti rilevanti (a meno che l’immobile non valga meno del debito residuo e il pignoramento sarebbe lungo: in quei casi di solito si cerca di vendere privatamente l’immobile e confluire il ricavato in un saldo e stralcio del mutuo, con banca che rinuncia alla differenza – simile al short sale). Nel caso di prestiti personali con garante, attenzione: il creditore potrebbe preferire escutere il fideiussore piuttosto che transare al ribasso con il debitore principale. Quindi una proposta di stralcio ha chances se include una liberatoria anche per il garante e magari provenienza da quest’ultimo (che spesso è più solvibile del debitore stesso).
Forma dell’accordo: sempre scritta. È fondamentale ottenere una lettera di accettazione da parte del creditore in cui si dichiara che, a fronte del pagamento di €X entro data Y, il creditore accetta la somma a saldo stragiudiziale e rinuncia ad ogni ulteriore pretesa, con impegno a rilasciare quietanza e a cancellare eventuali ipoteche/pignoramenti. Solo così il debitore è tutelato che pagando non avranno luogo successivi recuperi sul residuo stralciato. Inoltre, con la quietanza a saldo potrà far aggiornare la propria posizione nelle centrali rischi come “pagato a saldo stralcio” (nota: rimane comunque una traccia che il debito non è stato pagato integralmente, il che per alcuni anni potrebbe influire negativamente sul merito creditizio).
Limiti del saldo e stralcio: Come evidenziato, non è una soluzione per tutti i casi. Se il debitore non ha risorse per offrire un saldo concreto, o se il creditore ha buone garanzie, lo stralcio non sarà accettato. Inoltre non risolve situazioni multi-debito a meno che si ottengano accordi con ciascun creditore. Può capitare che uno o due creditori aderiscano e altri no. Ciò può comunque alleggerire la posizione, ma resta il problema di quelli non transatti. In pratica, il saldo e stralcio funziona bene quando il debitore ha pochi creditori (es. 1-3) e riesce a reperire fondi per chiudere con ognuno separatamente. Se i creditori sono 10, fare 10 transazioni è molto complicato (a quel punto conviene valutare la procedura di composizione della crisi in tribunale, v. oltre).
Verifica e contestazione di clausole contrattuali illegittime
Un approccio da avvocato consiste nell’analizzare a fondo i contratti di finanziamento alla ricerca di irregolarità che possano dare leva negoziale. Alcuni esempi frequenti:
- Tassi usurari: come già detto, se risulta che anche solo per effetto di interessi di mora o commissioni il TAEG effettivo superava la soglia usura al momento della stipula, il debitore può eccepire la nullità degli interessi. Ciò significa che deve restituire solo il capitale ricevuto, senza interessi . Questa eccezione, se fondata su perizia, è un asso importante: spesso le finanziarie preferiscono transare anziché rischiare in giudizio di veder azzerati tutti gli interessi. Sentenze recenti: Cassazione 6 giugno 2025 n.15114 ha ribadito che il TAEG è l’indice di riferimento per valutare l’usura originaria, includendo tutti i costi collegati . Inoltre la Cass. 28 settembre 2023 n.27545 (ord.) ha innovato ritenendo contrario a buona fede esigere interessi diventati usurari sopravvenuti in corso di rapporto: quindi il creditore dovrebbe rinunciare alla parte eccedente soglia se i tassi di mercato sono scesi . Questa pronuncia, pur non annullando la clausola, dà un ulteriore appiglio al debitore per rifiutare il pagamento di interessi sproporzionati sopravvenuti.
- Costo totale del credito non chiaro (violazione trasparenza): se nel contratto di credito al consumo mancano informazioni obbligatorie (come il TAEG, il dettaglio di costi, piano di ammortamento), la sanzione prevista dall’art. 125-bis TUB è la riduzione del tasso applicato al tasso minimo BOT (praticamente quasi zero) . Inoltre, dalla sentenza “Lexitor” della Corte di Giustizia UE (2019) è disceso che in caso di estinzione anticipata di un prestito, tutti i costi (anche up-front) vanno rimborsati pro rata al consumatore. L’Italia ha recepito tale principio modificando l’art. 125-sexies TUB con il D.Lgs. 185/2021. Dunque se il debitore in passato ha estinto o rinnovato un prestito (es. cessione del quinto) e non ha ottenuto il rimborso di commissioni non maturate, oggi può richiederlo entro 10 anni dall’estinzione . Ci sono state molte cause in materia: la Cassazione n.17160 del 25 giugno 2025 ha confermato la nullità di clausole che escludevano il rimborso dei costi in caso di rimborso anticipato . Quindi, un debitore che stia rifinanziando un debito potrebbe ottenere qualche liquidità di ritorno facendo valere il diritto al rimborso commissioni sul vecchio prestito.
- Clausole nulle per contrarietà a norme imperative: qui rientrano vari casi. Ad esempio, fideiussioni redatte secondo schemi contrari alla normativa antitrust: la Banca d’Italia nel 2005 sanzionò alcune clausole standard ABI e la Cassazione (SS.UU. n.41994/2021) ha poi chiarito che le fideiussioni stipulate in quel modello vanno dichiarate nulle perché frutto di intesa restrittiva. Se il debitore ha un garante e quella fideiussione è nulla, il creditore perde leva (potrà agire solo sul debitore, non sul garante). Ancora: in cessione del quinto, la Cassazione (sent. 702/2014) ha ritenuto nulla la clausola che addebitava al ceduto (lavoratore) i costi amministrativi che il datore sostiene, perché la legge 180/50 pone quei costi a carico del datore stesso. Questo orientamento è stato confermato come visto da Cass. 22362/2024 . Quindi se una finanziaria deduce tali costi dal netto erogato o li richiede al debitore, tale pretesa è illegittima.
- Anatocismo e ammortamento “alla francese”: molti debitori hanno contestato che l’ammortamento classico (rate costanti con interesse calcolato sul capitale residuo) comporti interessi composti impliciti. Alcune cause hanno lamentato la mancata indicazione esplicita del regime composto. Su questo punto però la Cassazione a Sezioni Unite è intervenuta di recente (sent. n. 19597/2020 e poi SS.UU. n.15188/2021) chiarendo che il piano “francese” non implica anatocismo illecito di per sé e che la trasparenza è rispettata se sono indicati TAN e importi rata. Ancor più recente, Cass. SS.UU. 29 maggio 2024 n.15130 ha escluso che la mancata indicazione dell’ammortamento alla francese comporti nullità per indeterminatezza o violazione di trasparenza . Quindi questa strada di contestazione attualmente non è fruttuosa (le sezioni unite l’hanno chiusa). Mora su mora: diverso è se il contratto prevedesse interessi di mora su ogni rata scaduta comprensiva di interessi corrispettivi (interessi su interessi): in teoria quello è anatocismo vietato, ma spesso i contratti specificano che la mora si applica sull’importo scaduto comprensivo di quota interessi – la giurisprudenza non univoca, ma alcuni tribunali hanno ritenuto che la mora su rata comprensiva di interessi non violi il divieto, costituendo semplicemente la perdita del beneficio del termine sugli interessi maturati (un tecnicismo). In pratica, su questo punto occorre una consulenza tecnica mirata caso per caso.
In sintesi, il debitore-avvocato passa al setaccio ogni aspetto del rapporto di credito: se trova anche un singolo punto debole (usura, clausola nulla, vizio formale), lo utilizzerà come argomento per convincere la controparte a scendere a patti. Ad esempio, una lettera dell’avvocato in cui si prospetta una causa per nullità di interessi (magari allegando un calcolo peritale) spesso porta la finanziaria al tavolo delle trattative con tutt’altro atteggiamento rispetto al classico debitore che supplica dilazioni.
Interventi di terzi: garante, coobbligato, terzo acquirente del credito
Se un famigliare o socio ha fatto da garante (fideiussore) o da coobbligato in solido, la strategia cambia perché il creditore, vedendo più persone obbligate, agirà verso chi è più solvibile. In tal caso spesso conviene al garante stesso prendere l’iniziativa per chiudere la questione (magari trattando uno stralcio a fronte del pagamento in unica soluzione). C’è anche la possibilità di coinvolgere un terzo che acquista il debito per liberare il debitore: ad esempio un parente facoltoso rileva il credito dalla finanziaria (spesso a prezzi di saldo se negoziato bene) e poi stralcia internamente il debito al congiunto. Questa è un’operazione possibile ma servono competenze e risorse: si configura come una cessione del credito ex art. 1260 c.c. In pratica, si propone al creditore: “invece di incassare a fatica da Tizio, cedo io Caio che sono terzo e ti do subito X euro per l’intero credito, così tu esci”. Alcuni fondi e investitori fanno business comprando pacchetti di crediti deteriorati; a livello familiare può essere una soluzione estrema, ma in qualche caso sensata se qualcuno vicino al debitore ha liquidità per chiudere a saldo e magari preferisce accollarsi lui il credito (magari per non far fallire un’azienda di famiglia). Tuttavia, va detto che per i debiti consumer di solito conviene più semplicemente trattare un saldo e stralcio diretto piuttosto che orchestrare una cessione.
Pianificazione patrimoniale per rendersi meno aggredibile
Questa strategia esula un po’ dalla negoziazione attiva e sconfina in accorgimenti per proteggere il proprio patrimonio. Ovviamente non si devono compiere atti in frode ai creditori (come svendere tutti i beni agli amici per simulare nulla tenenza): tali atti possono essere revocati o far perdere benefici di legge (es. nelle procedure sovraindebitamento la presenza di atti in frode fa decadere dalle tutele). Però, ad esempio, un debitore può valutare di non tenere somme eccessive sul conto corrente per evitare pignoramenti facili, o di destinare la propria liquidità a beni impignorabili (es. contribuire al mantenimento della famiglia, investire in strumenti impignorabili come una polizza vita pura non riscattabile, ecc., nei limiti della legalità). Ancora, se un immobile è cointestato con il coniuge in regime di comunione o altro, va compreso come viene visto dai creditori (la comunione non protegge: i creditori personali di uno dei coniugi possono pignorare la sua quota di bene comune). Non si tratta qui di insegnare espedienti per sfuggire ai debiti, ma è lecito organizzare le proprie finanze per ridurre il rischio: ad esempio, chi teme di perdere la casa, prima che arrivino pignoramenti può cercare di rinegoziare il mutuo vendendo e affittando altrove (così trasforma la casa in liquidità con cui paga i creditori parzialmente). Ogni caso è unico e va studiato con esperti.
In conclusione, le vie stragiudiziali possono portare a risultati notevoli (riduzioni del debito anche del 50-80% in alcuni casi di saldo e stralcio), ma richiedono spesso un supporto professionale. Un avvocato esperto o un consulente debitorio conosce i trucchi del mestiere: sa ad esempio quando è il momento migliore per proporre lo stralcio (es. a fine anno molte società vogliono incassare per bilancio), come parlare con gli uffici legali dei creditori, come redigere gli accordi. Se il debito è significativo, affidarsi a un professionista può ripagare ampiamente il suo costo in termini di risparmio sul debito.
Nel prossimo capitolo vedremo invece cosa offre la legge in termini di procedure formali per ridurre o cancellare i debiti: si tratta di strumenti giudiziali che in alcune situazioni sono risolutivi, specie quando il sovraindebitamento è troppo grave per essere risolto con le sole trattative private.
Procedure legali di composizione delle crisi da sovraindebitamento
Quando i debiti superano di gran lunga le possibilità del debitore, le strategie fai-da-te potrebbero non bastare. Per evitare di rimanere “incatenato” a debiti impagabili tutta la vita, l’ordinamento italiano offre delle procedure legali per composizione della crisi da sovraindebitamento, dette anche procedure di esdebitazione. Queste procedure, inizialmente introdotte con la Legge 3/2012 (detta “legge salva-suicidi”), sono dal 2022 confluite e aggiornate nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019) . Si tratta di percorsi giudiziali che consentono, in sintesi, di pagare i creditori solo in parte, in base alle proprie reali possibilità, e ottenere la cancellazione definitiva del debito residuo . Sono soluzioni estreme ma efficaci, pensate per privati, consumatori, piccoli imprenditori e soggetti “non fallibili” che si trovino in sovraindebitamento (squilibrio finanziario irreversibile). Di seguito illustriamo le principali procedure oggi vigenti e le condizioni per accedervi.
Definizione di sovraindebitamento e ambito soggettivo
Per sovraindebitamento si intende “la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile per farvi fronte, con la conseguente impossibilità di adempiere regolarmente” . In parole povere: avere troppi debiti rispetto ai propri redditi e beni, al punto da non riuscire più a pagarli. Questa condizione può riguardare: – Privati consumatori, cioè persone fisiche al di fuori dell’attività d’impresa. – Imprenditori minori, non soggetti a fallimento (es. imprenditori commerciali sotto soglie di fallibilità, piccoli agricoli, start-up innovative non fallibili, ecc.). – Imprese cessate, ex imprenditori fallibili ma che hanno chiuso l’attività da oltre un anno (ora rientrano). – Enti non profit e simili, esclusi dalle procedure concorsuali ordinarie.
Sono esclusi dalla legge sul sovraindebitamento gli enti già assoggettabili a fallimento o procedure concorsuali classiche (società di capitali, grandi imprese, etc.). In pratica, la platea è quella individui e famiglie e piccole attività. La nuova normativa (Codice della crisi) ha peraltro unificato molte regole con quelle del fallimento, riducendo differenze. Chi aveva già attivato procedure sotto la vecchia legge 3/2012 continua con quelle , ma dal 15 luglio 2022 chi fa nuova richiesta lo fa ex novo codice.
Tipologie di procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento
Le procedure previste sono essenzialmente tre (più una quarta innovativa per il debitore incapiente). Ecco una panoramica:
- Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex “Piano del consumatore”) – Procedura riservata alle persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale (quindi consumatori puri, non imprenditori) . Consente di presentare al giudice un piano di rientro dei debiti basato sulle proprie disponibilità, senza necessità di approvazione dei creditori . Il giudice, valutata la fattibilità economica e la meritevolezza del debitore (ovvero che non abbia colpe gravi o frodi all’origine dei debiti), omologa il piano. Da quel momento, il debitore paga quanto previsto (spesso solo una parte del dovuto, rateizzato ad es. su 4–5 anni) e a fine piano ottiene l’esdebitazione ossia la cancellazione di tutti i debiti residui non pagati. Il piano può prevedere qualsiasi forma di soddisfacimento: anche la vendita di beni, oppure il mantenimento della casa con pagamento ai creditori del suo valore equivalente nel tempo, ecc. Durante l’esecuzione, i creditori non possono agire esecutivamente. È la procedura più “sbilanciata” a favore del debitore perché i creditori subiscono la proposta senza voto; per questo richiede elevati standard di buona fede da parte del debitore. Esempio: un consumatore sovraindebitato per aver perso lavoro propone di pagare ai creditori il 20% dei debiti in 4 anni utilizzando un nuovo stipendio, trattenendo il minimo per vivere – se il giudice valuta proporzionato e che il debitore non ha colpe gravi (tipo non ha sperperato con colpa grave), allora omologa anche se banche e finanziarie magari recuperano solo 20%. Novità: col nuovo codice si chiama “Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore” e segue regole analoghe ma con aggiornamenti (ad esempio la durata massima di adempimento è 3 anni salvo casi eccezionali, allineata alle altre procedure) .
- Concordato minore (ex “Accordo di composizione della crisi”) – Procedura aperta a tutti i debitori sovraindebitati (consumatori e piccoli imprenditori), tranne quelli che possono fare il piano del consumatore. Si basa su un accordo con i creditori: il debitore propone un piano di ristrutturazione con una certa percentuale e modalità di pagamento, e questo piano deve essere approvato dai creditori che rappresentino almeno il 50% dei crediti (prima era 60% con la legge 3/2012, ora abbassato a metà +1) . Una volta ottenuto l’accordo, il giudice omologa e il piano diventa vincolante per tutti i creditori, anche dissenzienti. Se non si raggiunge la maggioranza, la procedura può convertirsi in liquidazione. Questo concordato minore è simile, concettualmente, a un piccolo concordato preventivo ma per non fallibili. Richiede dunque una trattativa con i creditori, spesso con classi di creditori (chirografari vs privilegiati) e garantendo almeno i minimi di legge (ad esempio, i debiti fiscali IVA e ritenute vanno pagati integralmente, salvo transazione fiscale se ammessa) . Un vantaggio rispetto al piano è che può accedervi anche chi ha debiti professionali/imprenditoriali. Lo svantaggio è che i creditori hanno potere di veto (se la maggioranza non ci sta, salta). Utile quando uno o pochi grandi creditori sono disponibili a concordare una soluzione e magari solo qualche piccolo dissenziente viene “cram-down” (cioè forzato dall’omologa nonostante voto contrario).
- Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex “Liquidazione dei beni”) – È una sorta di “fallimento del privato”. Si attiva su richiesta del debitore o anche d’ufficio come conversione se falliscono le altre due procedure . In pratica il tribunale nomina un liquidatore che vende tutti i beni non necessari al sostentamento del debitore, ripartisce il ricavato tra i creditori secondo le regole delle prelazioni, e dopo un periodo (generalmente 3 anni con la riforma, prima poteva arrivare a 4) chiude la procedura e il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione di tutti i debiti insoddisfatti . È un’opzione da considerare per chi non ha margine di reddito per fare un piano e vuole semplicemente liberarsi dai debiti, sacrificando quel poco patrimonio che ha (se ne ha). Ad esempio, chi ha solo una casa può metterla in liquidazione, i creditori prendono quel che c’è (magari ipoteca prima prende tutto, ma resta insoluto verso altri) e poi il debitore viene liberato. Durante la liquidazione, similmente al fallimento, i creditori non possono agire individualmente. Al termine, se il debitore ha cooperato onestamente, può chiedere l’esdebitazione residua . Con la riforma c’è anche la riduzione a 3 anni del periodo utile di liquidazione (prima almeno 4) . Da notare che certe tipologie di debiti comunque non vengono esdebitati (es. debiti da risarcimenti per danni gravissimi, multe penali, e debiti alimentari) – restano fuori per legge.
- Esdebitazione del debitore incapiente – Questa è la vera novità introdotta dal Codice della crisi, art. 283 . Riguarda la persona fisica che non ha né reddito né patrimonio da offrire ai creditori (il cosiddetto nullatenente), ma che merita comunque di essere liberata dai debiti per ripartire. In via del tutto eccezionale, il tribunale può decretare l’esdebitazione immediata senza alcun pagamento ai creditori . I requisiti: il debitore deve essere meritevole (cioè l’insolvenza non deve dipendere da frode o colpa grave, e non deve aver già beneficiato di esdebitazione nei 5 anni precedenti) ; deve davvero non poter offrire nulla, neanche in futuro prevedibile; e la somma di debito esdebitato non dev’essere superiore a una certa soglia (non fissata precisamente ma la giurisprudenza sta ragionando su limiti, es. un eccesso potrebbe far dubitare). Se concesso, i creditori vengono avvisati ma non possono opporsi più di tanto, e il debitore è libero. Ci sono però dei caveat: nei 4 anni successivi all’esdebitazione, se il debitore incapiente acquista disponibilità rilevanti (per esempio eredità, vincite, incremento reddito) è tenuto a pagarle ai vecchi creditori fino a concorrenza del 50% di quanto ricevuto e comunque non oltre i debiti cancellati . Questo per equità: se poco dopo la cancellazione dei debiti uno vince alla lotteria, i creditori non resteranno del tutto a bocca asciutta. L’esdebitazione del nullatenente è in fondo un atto di clemenza civile: consente ai soggetti disperati (si pensi piccoli imprenditori falliti, famiglie travolte da malattie, ecc.) di non restare marchiati a vita dai debiti.
Procedura di accesso: Tutte le procedure di sovraindebitamento passano per l’assistenza di un organismo o professionista nominato dal tribunale, l’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) . Il debitore presenta una proposta o istanza, corredata di dettagliata documentazione su debiti, beni, redditi, e un progetto di come intende risolvere. L’OCC aiuta a formare il piano e funge da garante della correttezza (redige relazione sulla meritevolezza e attendibilità). Il tribunale poi fissa udienza e omologa se ci sono i presupposti (per piano e concordato, altrimenti per liquidazione nomina il liquidatore).
Effetti durante la procedura: Dal momento del deposito della domanda, il debitore può chiedere al giudice misure protettive – in pratica un blocco delle azioni esecutive dei creditori in corso (sospensione dei pignoramenti, aste, ecc.) . Questo “scudo” serve a congelare la situazione e impedire che un creditore ottenga più di altri mentre si cerca la soluzione collettiva. Una volta omologato il piano o accordo, tutti i pignoramenti pendenti decadono e i beni eventualmente pignorati vengono liberati (salvo poi destinare quanto dovuto ai creditori secondo il piano). Nota bene: il sovraindebitamento può anche salvare la prima casa: ad esempio nel piano del consumatore il giudice può autorizzare che il debitore mantenga la casa (se ha reddito per pagare almeno la parte ipotecaria) evitando la vendita forzata . Molte persone si rivolgono alla Legge 3/2012 proprio per questo, per bloccare aste immobiliari e proporre ai creditori ipotecari di incassare in modo più ordinato magari attraverso la ristrutturazione del mutuo.
Benefici finali: Il risultato comune a tutte le procedure, se completate con successo, è l’esdebitazione, cioè la cancellazione dei debiti residui non pagati . Questo consente al debitore di ripartire da zero, senza l’incubo di debiti pregressi. A volte l’esdebitazione è totale (il debitore era incapiente e non ha pagato quasi nulla, quindi gli viene tolto tutto il peso), altre volte parziale (ha pagato il 30%, il restante 70% viene annullato). In qualunque caso, è una seconda chance prevista dalla legge. Non a caso si parla di “fresh start”. Naturalmente, abusare di questa opportunità non è concesso: chi ha già avuta un’esdebitazione non può chiederne un’altra per almeno 8 anni (e con la riforma mi pare 5 anni) .
Sentenze e giurisprudenza recente: Dato che le procedure di sovraindebitamento sono relativamente giovani, molta giurisprudenza si è formata in questi anni. Segnaliamo alcune questioni: – La Cassazione SS.UU. 15/01/2020 n. 850 (e succ. 2021) ha risolto dubbi sulla possibilità di includere debiti fiscali: ora è chiaro che anche i debiti verso Erario ed enti fiscali rientrano nelle procedure, ma alcuni (IVA, ritenute) vanno comunque pagati per intero salvo nuova transazione fiscale (introdotta nel codice crisi). Ci sono stati sviluppi con il DL 137/2020 che ha reso temporaneamente possibili stralci IVA anche senza accordo AdER, ma la materia è tecnica. – Cass. 24/10/2024 n. 27562 ha affermato l’importanza del principio di buona fede anche in queste procedure: i creditori devono collaborare e non possono pretendere oltre il ragionevole se la proposta li soddisfa meglio della liquidazione forzata . – Cass. 34150/2024 ha chiarito che un piano del consumatore può prevedere dilazioni di pagamento anche oltre i 3 anni se funzionali e concordate , dando un po’ di flessibilità rispetto al termine ordinario. – Cass. 22914/2024 ha riguardato il trattamento di creditori privilegiati (es. banca con ipoteca, privilegio fondiario) e sembra aver fatto un passo indietro sulla possibilità di falcidiare certi interessi privilegiati; segnalata come allarme dagli operatori perché tutela fortemente le banche ipotecarie . – Giurisprudenza di merito: tanti tribunali hanno oramai omologato piani con stralci anche dell’80-90% dei debiti, con rateizzazioni compatibili col tenore di vita dignitoso del debitore. Sono pubblicate su siti come IlCaso.it, ad es. Trib. Avellino 2023 su piano del consumatore puro con casa non liquidata .
Durata e impegno richiesto: Fare una procedura di sovraindebitamento non è semplice né breve: occorre raccogliere tutta la documentazione, affrontare l’istruttoria dell’OCC, comparire in udienza. Il processo può durare diversi mesi prima dell’omologa e poi gli anni di esecuzione del piano. Il debitore deve mantenere un comportamento trasparente e diligente: comunicare ogni variazione di reddito, non creare nuovi debiti ingiustificati, collaborare con il gestore della crisi. Se sgarra (es. non paga le rate del piano senza giustificato motivo), il giudice può revocare l’omologa e allora tornano i lupi (i creditori riacquistano pieni diritti, salvo convertire in liquidazione).
In definitiva, le procedure di composizione della crisi sono la via maestra se i debiti sono insostenibili e non c’è altra soluzione. Sono paragonabili a “dichiarare bancarotta personale” ma con l’opportunità di liberarsene e ripartire. Molti debitori inizialmente esitano per ignoranza o perché hanno timore di coinvolgere il tribunale, ma spesso queste procedure offrono la pace che non avrebbero mai con decenni di pignoramenti. Ci sono associazioni e studi legali specializzati (ad es. quelli che si presentano col nome “Legge3” ecc.) che hanno accumulato esperienza e successi in tal senso .
Esempio pratico: Un caso reale (riportato su legge3.it) è quello di un debitore (Gianluca) con €112.000 di vari debiti accumulati, che in tribunale è riuscito ad ottenere la liquidazione del patrimonio e l’esdebitazione, liberandosi di tutti i €112.000 che non avrebbe mai potuto pagare . Vicende così, prima del 2012, in Italia non erano possibili: ci si portava dietro i debiti a vita o si rimaneva nell’economia sommersa. Oggi, con giudizio, anche un privato può aspirare a tornare “pulito” dai debiti come un imprenditore fallito ma risorto.
Domande frequenti (FAQ)
Di seguito una serie di domande comuni da parte di debitori in difficoltà, con risposte sintetiche che riassumono i punti salienti trattati:
D: Cosa succede se smetto di pagare le rate di un prestito o di una carta di credito?
R: Dopo qualche giorno di ritardo ti verranno addebitati interessi di mora e sarai contattato per solleciti. Se il ritardo supera i 30 giorni, verrai segnalato nelle banche dati dei cattivi pagatori (CRIF) . Dopo 2-3 rate non pagate, la finanziaria può revocare il finanziamento (decadenza dal termine) e chiedere tutto il dovuto in una volta. Se non paghi, incaricherà società di recupero crediti che tenteranno telefonate e lettere. Infine potrà agire per via giudiziaria con decreto ingiuntivo e pignorare stipendi, conti o beni di tua proprietà. Il tutto in un arco di alcuni mesi per l’ingiunzione e oltre un anno per eventuale pignoramento (i tempi variano). È un “calvario” che conviene interrompere cercando un accordo col creditore prima che si arrivi al pignoramento.
D: Dopo quanto tempo un debito si prescrive?
R: La maggior parte dei debiti da finanziamento (prestiti, carte, mutui) si prescrive in 10 anni ai sensi dell’art. 2946 c.c. . Il termine decorre dalla data in cui il creditore potrebbe chiedere tutto l’importo (spesso dalla scadenza dell’ultima rata o dalla decadenza dal termine). Attenzione però: ogni sollecito formale interrompe la prescrizione, facendola ripartire da zero (art. 2943 c.c.). Ad esempio, se non paghi una carta e dopo 4 anni il recupero crediti ti invia una raccomandata, i 10 anni ripartono da quella data. Inoltre, se il creditore ottiene un decreto ingiuntivo, quel titolo ha efficacia per 10 anni dal passaggio in giudicato (rinnovabili). In pratica, è difficile che un credito rimanga dormiente 10 anni; spesso il creditore o chi per esso farà un qualche atto interruttivo (ingiunzione, messa in mora) prima della scadenza. Diverso è per bollette, canoni, spese condominiali: molti di questi hanno prescrizioni brevi (5 anni, 2 anni per bollette recentemente). Ma per prestiti bancari/finanziari vale la decennale. Quindi non contare troppo sulla prescrizione, a meno che siano passati davvero tantissimi anni senza che ti abbiano mai più contattato.
D: Possono pignorarmi la casa in cui vivo?
R: Sì, se sei proprietario di un immobile, qualsiasi creditore (tranne l’Agente della Riscossione con i limiti della prima casa per debiti fiscali) può pignorarla e metterla all’asta, anche se è la tua abitazione principale. Non esiste nel codice di procedura civile una protezione assoluta per la “prima casa” nei confronti di creditori privati. Esistono protezioni solo in ambito fiscale (il Fisco non può pignorare la prima casa se è l’unico immobile, non di lusso, residenza del debitore) o in situazioni di mutui in corso (con il “Patto Marciano” la banca può prendersi casa senza asta, ma deve ridare l’eccedenza al debitore – comunque un pignoramento camuffato). Detto ciò, non tutti i creditori pignorano le case: se il debito è piccolo e c’è già un mutuo (ipoteca) sulla casa, il gioco potrebbe non valere la candela. Ma per debiti sopra 20-30 mila euro il rischio c’è. Procederanno prima su stipendi o conti (più facili); la casa di solito è il passo successivo se gli altri tentativi falliscono o se il debito è molto grosso.
D: Una finanziaria può pignorare il mio stipendio? In che misura?
R: Sì, può farlo tramite atto di pignoramento presso il datore di lavoro, dopo aver ottenuto un titolo esecutivo. La legge consente di pignorare al massimo un quinto (20%) dello stipendio netto . Quindi, se guadagni €1.500 netti al mese, possono trattenerti €300. Il restante 80% ti rimane. Se però avevi già un pignoramento in corso (es. alimenti o altro debito), potrà cumularsi fino a un massimo di 2/5. Sulla tredicesima si applica uguale (il quinto). Straordinari e bonus legati al lavoro rientrano anch’essi. Nota: sul conto corrente, l’accredito stipendio godrebbe della protezione solo dell’ultimo accredito (fino a 3x assegno sociale) se il pignoramento arriva dopo l’accredito , altrimenti se i soldi restano depositati mesi lì, rischiano di essere pignorati in misura maggiore. Quindi è “meglio” quando possibile subire il pignoramento alla fonte (datore) piuttosto che sul conto. In ogni caso, con 1/5 di stipendio, il creditore verrà soddisfatto a rate in base a quanto guadagni; se lo stipendio è basso, recupererà poco per volta.
D: Possono toccare la mia pensione o disoccupazione?
R: La pensione sì, ma con un vincolo: non possono intaccare l’importo che serve a garantirti il minimo vitale. Dal 2022, la soglia è €1.000 mensili . Quindi se prendi una pensione bassa (fino a 1000€), è totalmente impignorabile. Se prendi di più, la parte eccedente 1000€ è pignorabile nella misura solita del quinto. Esempio: pensione €1.400 -> eccedenza €400 -> quinto di 400 è €80 pignorabili al mese. Questo è un miglioramento rispetto al passato, pensato per proteggere i pensionati poveri . Quanto alla NASpI (indennità di disoccupazione), essendo assimilabile a un sostegno al reddito, dovrebbe godere di analoghe tutele; la giurisprudenza recente l’ha considerata impignorabile in quanto sostitutiva della retribuzione ma con destinazione alimentare (in passato c’era incertezza, ma ormai l’orientamento prevalente è impignorabilità). Anche pensioni di invalidità civile, sussidi sociali etc. non sono pignorabili perché considerati aiuti destinati al sostentamento minimo.
D: Cosa NON può fare una società di recupero crediti?
R: Non può minacciare azioni illegali (percosse, ritorsioni, denunce penali infondate), non può fingere di essere un pubblico ufficiale o l’ufficiale giudiziario se non lo è. Non può contattare i tuoi vicini, parenti o il datore di lavoro divulgando la tua situazione debitoria . Non può inviarti cartoline o messaggi palesi che rivelino che sei un debitore. Non può tempestarti di chiamate a tutte le ore (per legge non c’è un orario definito, ma il buon senso e le linee guida dicono orari di ufficio e mai la notte). Non può venirti a casa a sequestrare beni: solo un ufficiale giudiziario dopo regolare pignoramento può eventualmente farlo, non il funzionario del recupero crediti. In sostanza, la società di recupero privato ha gli stessi poteri che avresti tu nel chiedere a qualcuno di pagarti un debito: può sollecitare, proporre accordi, al limite annunciarti che consiglierà al creditore di procedere legalmente, ma non ha poteri autoritativi. Se i recuperatori travalicano, ricorda loro che stai registrando la chiamata e che segnalerai al Garante Privacy o all’Autorità Antitrust (che vigila sulle pratiche commerciali aggressive). Questo di solito li calma.
D: Ho diversi debiti con più finanziarie: è meglio pagarne qualcuno prima degli altri?
R: In linea di massima, se non puoi pagare tutti, conviene privilegiare i crediti che hanno garanzie più forti o conseguenze peggiori in caso di insoluto. Ad esempio, un mutuo ipotecario: se non paghi rischi la casa, quindi quello dovrebbe essere prioritario. Un prestito con garante: se non paghi tu, andranno a prendere i soldi al garante (tipicamente un familiare), quindi valuta se vuoi risparmiargli questo. I debiti con lo Stato (Agenzia Entrate, multe) possono portare a fermo auto, ipoteche legali: anche lì conviene tenerli sotto controllo, magari aderendo a rottamazioni se disponibili. Viceversa, un debito piccolo con una finanziaria senza garanzie potrebbe aspettare. Attenzione però: pagare uno a scapito di altri, se poi finisci in procedura di sovraindebitamento, potrebbe essere visto come atto preferenziale (favorire un creditore rispetto ad altri). Nell’ambito privato non c’è un divieto di pagare prima uno e non l’altro, ma in tribunale si guarda la correttezza: se hai dilapidato soldi per pagare un amico e lasciato a bocca asciutta tutti gli altri, può essere considerato indice di non meritevolezza. Quindi occorre equilibrio. Se la domanda è “ho €1000, ho 5 rate scadute diverse, chi pago?”, forse è meglio contattare tutti e cercare un accordo temporaneo (dare qualcosa a ciascuno) piuttosto che saldarne uno al 100% e zero agli altri. Dipende anche da come sono le posizioni: valuta chi ha già avviato azioni (non far infuriare chi magari ti ha già mandato un precetto). Ogni caso va ponderato, magari con l’aiuto di un consulente.
D: Mi conviene farmi aiutare da un avvocato o da un’associazione di consumatori?
R: Se il debito totale è ingente o la situazione molto intricata, sì, conviene. Un avvocato esperto in materia di debiti può individuare soluzioni che da solo potresti ignorare (es. contestazioni di usura, vizi contrattuali) e condurre la negoziazione in modo più efficace e “distaccato” emotivamente. Inoltre, il creditore prende più sul serio un tavolo aperto da un legale, perché capisce che sei disposto anche a far valere i tuoi diritti in giudizio se serve. Le associazioni di consumatori o società specializzate in consulenza debiti (ce ne sono ormai diverse) possono aiutare in fase stragiudiziale e anche nel preparare eventuali procedure di sovraindebitamento (molte associazioni sono esse stesse Organismi di Composizione della Crisi o collaborano con essi). Chiaramente hanno un costo, ma spesso proporzionato al beneficio (molti applicano tariffe forfettarie o a risultato, ad esempio una percentuale su quanto risparmiato). Fai attenzione a scegliere professionisti qualificati: purtroppo il campo “debiti” attira anche sedicenti consulenti non laureati o poco preparati. Verifica le credenziali, diffida da chi ti promette miracoli senza neanche studiare i documenti, o da chi ti suggerisce di fare atti illegali. Un bravo consulente invece ti spiegherà pro e contro di ogni opzione (ad esempio un legale coscienzioso ti dirà: “potremmo fare opposizione al decreto ingiuntivo, ma spenderesti X e otterresti forse Y, quindi magari meglio transare…”). In breve, se la questione è complessa, non essere orgoglioso: chiedere aiuto professionale è saggio.
D: Cosa significa esdebitazione? Ne ho diritto?
R: “Esdebitazione” significa cancellazione dei debiti residui. È un beneficio che il tribunale può concedere al termine di una procedura concorsuale (fallimento per l’imprenditore, o sovraindebitamento per il consumatore). In pratica, se hai affrontato la liquidazione dei tuoi beni o hai eseguito un piano del consumatore, puoi chiedere di essere esdebitato, cioè di liberarti da tutti i debiti che per forza di cose non sono stati soddisfatti interamente . Una volta ottenuta, i creditori non possono più pretendere nulla da te su quei rapporti. È come un perdono legale del debito. Non è un diritto automatico: devi meritarlo, ossia aver tenuto un comportamento corretto, non aver frodato i creditori, non aver accumulato i debiti con colpa grave (ad esempio giocando d’azzardo consapevolmente oltre ogni limite). La legge tuttavia è diventata col tempo più comprensiva: piccoli “errori” o ingenuità non precludono l’esdebitazione; occorre una condotta davvero maliziosa per essere esclusi (tipo aver nascosto beni ai creditori, o fatto altre procedure da poco tempo, ecc.) . Se sei un privato sopraffatto dai debiti, l’esdebitazione tramite le procedure di legge è probabilmente la strada più potente per rinascere finanziariamente. Informati presso un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) della tua zona: spesso sono presso gli ordini dei commercialisti o avvocati.
D: Ho sentito parlare della “legge salva suicidi” (Legge 3/2012). In cosa consiste?
R: È proprio la legge sul sovraindebitamento di cui parlavamo sopra. Venne chiamata così perché rivolta a persone disperate che a volte arrivano a gesti estremi per i debiti. In pratica consente – tramite il tribunale – di ridurre o cancellare i debiti che una persona non può pagare , attraverso un piano di ristrutturazione, un accordo con creditori o la liquidazione patrimoniale. Oggi quelle norme sono confluite nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (2022), ma la sostanza è simile. Se hai troppi debiti (anche verso banche, privati, Equitalia/fisco), puoi rivolgerti a un OCC e presentare una procedura. In massimo 3 anni paghi ciò che puoi (anche zero, nei casi di nullatenenza) e il resto viene annullato . La legge ha certi requisiti e non tutti i casi vanno a buon fine (serve appunto che tu non abbia truffato i creditori e che la tua sia una crisi “onesta”). Ma migliaia di persone l’hanno usata con successo: debiti cancellati fino a centinaia di migliaia di euro. Ad esempio, la normativa stessa parla di possibilità di ridurre o cancellare debiti fino a 50 mila euro e oltre (non c’è un tetto massimo in realtà, ci sono esdebitazioni con importi molto maggiori). È una procedura in tribunale, ma non serve la presenza fisica se non in udienza finale; la pratica la cura l’organismo nominato. Per molti è stata ed è la salvezza. Quindi, se sei proprio sommerso e non hai via d’uscita realistica, considera assolutamente questa opzione.
D: Ho un solo debito ma enorme (es. mutuo casa residuo 120.000€) e ho perso il lavoro. Non posso fare un piano perché non ho reddito, ma non voglio nemmeno perdere la casa. Che posso fare?
R: Una situazione così è difficile. Se non hai reddito per pagare il mutuo, la banca alla lunga agirà sull’immobile. Potresti provare a rinegoziare il mutuo con la banca (es. chiedendo sospensioni temporanee delle rate, o allungamento durata), oppure trovare un accordo di saldo e stralcio vendendo la casa: magari vendi l’immobile a terzi a un prezzo vicino al debito residuo e la banca accetta quella somma come saldo mutuo (se l’immobile vale meno del debito, devi convincerli a rinunciare a una parte). In alcuni casi c’è la soluzione del Fondo salva-casa (c.d. “Fondo Gasparrini” o iniziative di cooperative che riacquistano casa e ti la lasciano in affitto con possibilità di riscatto) – informati presso associazioni di consumatori se esistono progetti simili nella tua zona. Tramite sovraindebitamento, potresti presentare un piano del consumatore offrendo di pagare solo quello che puoi e magari prevedendo di mantenere la casa, ma se non hai reddito affatto il giudice difficilmente omologa un piano in cui vuoi tenerti la casa senza pagare i creditori: più probabile dovresti optare per la liquidazione, dove la casa verrebbe venduta. L’unica speranza di tenere la casa è se riesci a trovare un parente che ti aiuti a fare da “piano sostitutivo” (tipo lui paga una parte del debito per liberare ipoteca e tu gli cedi quota casa – soluzioni creative). Non esistono bacchette magiche purtroppo: se non hai reddito e il debito è garantito dall’immobile, la casa è a rischio. Prova a non scappare dal confronto con la banca: parlane, spiega la situazione, porta eventuali proposte concrete (es. “la vendo e vi do il ricavato”). A volte anche le banche preferiscono evitare aste giudiziarie lunghe e accettano vendite private.
D: Se muoio con dei debiti, i miei figli dovranno pagarli?
R: I debiti si trasmettono agli eredi solo se questi accettano l’eredità. Un figlio può rinunciare all’eredità (o accettarla con beneficio d’inventario) se il genitore lascia più debiti che beni. Quindi i tuoi figli non sono automaticamente obbligati a pagare coi loro soldi. Se però accettano l’eredità (esplicitamente o anche implicitamente, ad esempio usando i beni del defunto), allora rispondono dei debiti del defunto illimitatamente. Perciò, una persona indebitata dovrebbe informare i familiari della situazione e istruire magari a valutare bene cosa fare in caso di decesso. L’assicurazione sul debito (polizze rischio vita collegate a mutui/prestiti) può coprire in caso di morte e liberare gli eredi dal debito residuo – verificate se ci sono. Ci sono casi in cui i creditori attaccano gli eredi se questi non rinunciano in tempo. Il termine per rinunciare all’eredità è 10 anni (ma se si ingeriscono nei beni prima, quel termine di fatto decade). In sintesi: i debiti non si estinguono con la morte (tranne quelli personalissimi tipo sanzioni amministrative); passano agli eredi potenziali, che però possono proteggersi rinunciando o accettando solo nei limiti dell’attivo ereditario (beneficio d’inventario).
D: Ho un debito vecchio di 15 anni di una finanziaria. Non mi hanno mai più cercato, può essere ancora valido?
R: Probabilmente no, sarà prescritto se davvero per 15 anni non è accaduto nulla. Un credito di finanziamento verso privato, come detto, si prescrive in 10 anni se nessuno l’ha interrotto . Dopo così tanto tempo, è difficile che possano legalmente pretendere il pagamento. A volte però accade che certe società di recupero “ci provino” comunque, inviando richieste su crediti prescritti sperando che il debitore paghi senza fiatare. Non farlo: eccepisci la prescrizione scrivendo che, in mancanza di atti interruttivi documentati nei termini di legge, il debito è estinto ex art. 2946 c.c. e non intendi onorarlo. Se arrivano a fare causa su un credito prescritto (raro, ma qualcuno lo ha tentato), presentati e solleva l’eccezione: il giudice rigetterà la domanda perché il diritto si è estinto. Quindi, la cosa importante: non riconoscere mai per iscritto un debito che ritieni prescritto né effettuare pagamenti parziali “di buona volontà”, perché quello farebbe rivivere tutto (riconoscimento di debito = interruzione). Ci sono state situazioni borderline in cui magari una raccomandata di sollecito fu spedita ma il debitore non la ricevette o la ignorò; se il creditore prova di aver inviato una raccomandata interruttiva, la prescrizione si interrompeva comunque anche se tu non l’hai vista (fa fede l’invio al domicilio giusto). Quindi prima di cantar vittoria, fatti dare da loro evidenza di eventuali atti inviati: se non ne hanno, sei a posto. Puoi dormire tranquillo, a parte magari qualche telefonata molesta, ma quelle puoi ignorarle o ribattere con la prescrizione.
D: Se faccio un accordo a saldo e stralcio, poi risulterò ancora segnalato come cattivo pagatore?
R: Dipende dalle politiche delle centrali rischi, ma in genere un saldo a stralcio viene segnalato come posizione “chiusa per saldo parziale” o “accordo transattivo” che è comunque una segnalazione non positiva. Tuttavia, la notizia positiva è che il tuo debito risulterà estinto e non più aperto. In CRIF, i dati di sofferenze o stralci permangono per un certo tempo (24-36 mesi) dalla data di aggiornamento finale. Quindi, sì, per qualche anno una banca che controlla vedrà che avevi un debito X, che non l’hai pagato integralmente ma c’è stato un accordo. Dopo il periodo di conservazione, la segnalazione verrà cancellata automaticamente. In Centrale Rischi Banca d’Italia, se era segnalato a sofferenza, comparirà che è passato “a perdita” per la quota stralciata e poi la posizione viene chiusa. Il punteggio creditizio personale ne risente nel breve termine, ma col tempo – specialmente se poi hai comportamenti virtuosi con altri piccoli crediti – potrai riabilitarti. Ricorda: se invece lasci un debito insoluto senza accordo, la segnalazione potrebbe restare come sofferenza in Centrale Rischi finché il creditore la aggiorna (anche all’infinito) e in CRIF per 36 mesi dall’ultimo aggiornamento. Meglio quindi un brutto epilogo (stralcio) che un epilogo inesistente. Inoltre, con la quietanza a saldo stralcio in mano, potrai dimostrare a chiunque che legalmente il creditore ha rinunciato al resto e quindi non sei più esposto.
D: Ho una cessione del quinto in corso ma sono andato in difficoltà economica per altri motivi. Posso sospendere o ridurre la quota ceduta?
R: Purtroppo no, la cessione del quinto funziona con trattenuta obbligatoria e fissa. Né tu né il datore di lavoro potete decidere di non versare quella quota, a meno di cessazione del rapporto di lavoro. Se hai davvero gravi motivi, potresti tentare di contattare la finanziaria per rinegoziare la cessione (in passato si faceva il “rinnovo” della cessione: estingui quella in corso con un nuovo quinto più grande e periodo più lungo, ottenendo un po’ di liquidità in più subito – ma questo ti indebita ancora di più, attento). Le leggi attuali non prevedono sospensioni “moratorie” sulle cessioni del quinto. L’unico caso è in pensione: se la pensione si riduce rispetto allo stipendio precedente, la quota viene ricalcolata su 1/5 della pensione (che magari in valore assoluto è meno). Ma non è una scelta tua, è la regola. Quindi, la cessione continuerà ad essere prelevata. Semmai, se hai altri debiti, puoi provare a mitigare quelli. Considera che la cessione del quinto essendo garantita dall’azienda/INPS e da polizza, è un credito che difficilmente puoi stralciare o ridurre (a meno di aprire una procedura di sovraindebitamento includendola, ma è complicato perché quel credito per legge ha privilegio sul TFR ed è assistito da assicurazione, quindi loro vengono pagati di solito da lì). In sintesi, la cessione del quinto è rigida: o cerchi di ristrutturare gli altri debiti per alleggerirti, oppure come ultima ratio potresti valutare di dimetterti (se eri dipendente) – ma finiresti disoccupato con un debito da saldare sull’indennità e TFR. Non una gran soluzione. Forse è preferibile stringere i denti e finire di pagare la cessione.
D: Ho ricevuto un atto di precetto per un debito che non posso pagare interamente. Posso evitare il pignoramento pagando a rate al creditore?
R: Dopo il precetto hai formalmente 10 giorni per pagare tutto. Pagare a rate sarebbe ideale ma purtroppo non esiste un diritto a ottenerlo. Puoi però contattare l’avvocato del creditore e proporre un piano di rientro volontario (magari offrendo una prima quota subito). Se il creditore accetta e sospende la procedura, assicurati di mettere l’accordo per iscritto: ad esempio “verso subito €X e poi €Y al mese, in cambio di sospensione pignoramento, con patto che al saldo interromperanno l’esecuzione definitivamente”. Molti creditori sono disponibili se vedono buona fede e convenienza. Tuttavia, sappi che un accordo dopo il precetto non impedisce formalmente che intanto parta il pignoramento: finché non paghi tutto, il titolo c’è. Quindi dovrai fidarti un minimo. Chiedi almeno che facciano rinviare l’asta o congelino la pratica di pignoramento finché rispetti i pagamenti. Se invece il creditore non accetta o tu non hai proprio nulla da offrire, puoi solo attendere il pignoramento e poi magari opporti se ci sono irregolarità. Ricorda che persino dopo avviato il pignoramento, puoi sempre trovare un accordo: ad esempio, se ti pignorano lo stipendio ma poi ottieni denaro per chiudere, il creditore può accordarsi, farsi dare il saldo stralcio e rinunciare al pignoramento in corso. Finché il bene non è venduto o la procedura conclusa, una transazione è sempre possibile.
D: Se faccio una procedura di sovraindebitamento, i miei beni futuri saranno al sicuro?
R: Sì, una volta ottenuta l’esdebitazione, i debiti pregressi sono perdonati e tu riparti “pulito”. I beni che acquisterai dopo non potranno più essere attaccati da quei vecchi creditori (non esistendo più il debito). L’unica eccezione è per l’esdebitazione del debitore incapiente: lì per 4 anni dovrai contribuire se ricevi somme rilevanti , ma trascorso quel periodo, fine. Naturalmente, se contrarrai nuovi debiti dopo, quelli saranno normali debiti da pagare, non è che sei immune a vita. Inoltre, durante la procedura stessa, se ad esempio stai in un piano di 3 anni, devi mantenere l’impegno su quei 3 anni di reddito eccedente. Però terminata la procedura, i creditori passati non hanno più alcun diritto su di te. C’è un aspetto: la segnalazione a Banca d’Italia di solito indica che hai fatto una procedura concorsuale, quindi per qualche anno le banche lo vedranno e magari saranno caute a prestarti denaro. Ma legalmente, sei libero. Un suggerimento: cerca di non ricadere in eccessivo indebitamento dopo un’esdebitazione, perché la legge punisce i recidivi (non potresti ottenere di nuovo una procedura per molti anni e se dimostri di aver agito con leggerezza potresti essere dichiarato non meritevole di un’altra occasione).
D: Ho un piccolo business individuale e debiti sia personali che aziendali. Posso includerli tutti in un’unica procedura?
R: Sì, le procedure di sovraindebitamento coprono tutti i debiti del soggetto, di qualsiasi natura (privati, aziendali, fiscali) , tranne quelli esclusi per legge (multe penali, alimenti, etc.). Quindi se sei una ditta individuale, potrai presentare un concordato minore o liquidazione che comprende sia i debiti verso fornitori, banche per fidi e mutui aziendali, sia le tue carte di credito personali e persino le tasse non pagate. L’importante è che tu sia un soggetto ammesso (ditta sotto soglie fallimento o cessata). Questo è fondamentale: tante volte uno ha mischiato finanze personali e aziendali, e la legge 3/2012 prima e il Codice ora permettono di risolvere tutto insieme. Ad esempio, se avevi leasing o finanziamenti per la tua attività artigiana e contestualmente debiti di famiglia, fai un’unica procedura e porti dentro tutto. Chiaramente dovrai soddisfare eventuali privilegi (ad es. ipoteche su capannone, o stipendi dipendenti) secondo le regole – non è uno sconto uguale per tutti, i privilegiati prendono di più in percentuale. Ma alla fine avrai ripulito il tuo panorama debitorio completamente.
D: Cosa succede se non rispetto il piano del consumatore o l’accordo omologato?
R: Se salti i pagamenti previsti dal piano/accordo senza giustificato motivo, i creditori o l’OCC possono chiedere la risoluzione della procedura. Significa che si torna al punto di partenza: i debiti risorgono per intero al netto di quanto hai eventualmente già pagato (che comunque andrà distribuito). A quel punto i creditori possono riprendere le azioni sospese. Ci sono magari piccoli margini: la legge consente talvolta di modificare il piano se subentrano cause di forza maggiore (es. malattia, nuovo shock finanziario) purché i creditori non risultino pregiudicati. Ma se proprio non paghi, decade il beneficio. Quindi intraprendere una procedura significa essere determinati a seguirla fino in fondo. Se pensi di non farcela, forse era meglio fare direttamente la liquidazione dei beni (dove non c’è da “pagare rate”, si vendono i beni e basta, poi tu sei libero). Un caso a sé: se hai ottenuto l’esdebitazione come incapiente senza pagare nulla, ovviamente non c’è un piano da rispettare, ma c’è l’obbligo per 4 anni di segnalare eventuali incrementi patrimoniali. Se violi quell’obbligo (cioè nascondi un guadagno inatteso), il beneficio può essere revocato dal giudice su istanza dei creditori. Insomma, è come una probation: si fidano di te ma devi rigare dritto per un certo periodo.
Conclusioni
Ridurre o estinguere i debiti trattando da “professionista” è possibile, ma richiede una conoscenza approfondita dei propri diritti e delle leve contrattuali. Abbiamo visto come, attraverso un mix di trattative mirate (es. saldo e stralcio), verifiche legali (usura, nullità, prescrizioni) e – quando necessario – il ricorso a procedure giudiziali di sovraindebitamento, anche la situazione debitoria più critica può trovare soluzione. Il debitore deve pensare e agire con la lucidità di un avvocato: raccogliere prove, scrivere comunicazioni formali, non farsi intimidire da chi esagera e soprattutto valutare ogni mossa sul medio-lungo termine (a volte è meglio una sconfitta parziale oggi – come vendere un bene per pagare – che una rovina completa domani).
Nel contesto italiano odierno, il legislatore e la giurisprudenza stanno fornendo sempre più strumenti di tutela per il debitore onesto ma sfortunato. Le sentenze recenti della Cassazione confermano principi di equilibrio e buona fede nell’esecuzione: ad esempio, non tollerano più che si pretendano interessi usurari sopravvenuti , o che si addebitino ai lavoratori costi indebiti sulle cessioni . Normative europee come la direttiva sul credito ai consumatori (recepita con art.125-sexies TUB) assicurano che il consumatore non paghi costi non goduti . L’accesso alla seconda possibilità tramite esdebitazione è ormai un diritto consolidato (pur con condizioni) . Tutto ciò significa che chi è indebitato oggi non è senza speranza: informandosi e facendosi assistere, può davvero uscire dal tunnel – sia attraverso un accordo bonario, sia davanti a un giudice se serve.
Il punto di vista del debitore è centrale in questa guida: capire come proteggersi e come arrivare al miglior risultato possibile. Questo non vuol dire furbizia o mancanza di etica (il debitore serio vuole pagare il giusto e il possibile, non scappare alle responsabilità), ma vuol dire equilibrare il rapporto di forza con banche e finanziarie spesso ben attrezzate legalmente. “Trattare come un avvocato” implica anche sapere quando cedere e quando insistere: ad esempio, accettare un consolidamento potrebbe essere una trappola , mentre insistere per un saldo e stralcio al 20% quando hai uno stipendio pignorabile forse è irrealistico – un avvocato valuterebbe costi/benefici e così deve fare il debitore.
Infine, occorre sottolineare l’importanza di non isolarsi. Molti debitori, presi da vergogna o panico, evitano di affrontare la situazione finché non è troppo tardi. Al contrario, muoversi per tempo, aprirsi con i familiari, consultare professionisti, può portare a scoprire soluzioni insospettabili. La legge, dal canto suo, offre dei “paracadute” ma bisogna avere il coraggio di azionarli. Ridurre i debiti è un percorso: in questa guida ne abbiamo tracciato la mappa completa, con le tappe e gli strumenti. Ora spetta al debitore mettere in pratica questi consigli, con perseveranza e – perché no – con l’ottimismo di chi sa di avere dalla sua parte sia la conoscenza che la legge.
Fonti e riferimenti normativi e giurisprudenziali
- Codice Civile, artt. 1815 c.2 (nullità interessi usurari) ; 2946 (prescrizione decennale ordinaria) ; 2943-2944 (interruzione prescrizione).
- Legge 108/1996 (antiusura) e tassi soglia trimestrali MEF (es. tassi soglia III trim. 2025 per credito revolving) .
- D.Lgs. 385/1993 (Testo Unico Bancario), art. 40 (decadenza dal termine mutui); art. 120 TUB (divieto anatocismo, del. CICR 2016) ; art. 125 bis (trasparenza credito consumatori); art. 125 sexies (rimborso anticipato costi) – come modif. da D.Lgs. 185/2021 attuativo caso Lexitor ; art. 50 (esecutorietà ingiunzione bancaria).
- Codice Procedura Civile, art. 480 (precetto 10 gg); 491 e 543 (pignoramento e pignoramento presso terzi); 514 (beni mobili impignorabili) ; 545 (limiti pignorabilità stipendi/pensioni, come modif. da DL 115/2022) ; 615 e 624 (opposizione a esecuzione e sospensione).
- DPR 180/1950 e Circ. MEF 63/2006 (Disciplina cessione del quinto stipendio/pensione).
- D.Lgs. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza), artt. 65-91 (Concordato minore), 67-73 (Piano ristrutturazione consumatore), 268-277 (Liquidazione controllata), 282-283 (Esdebitazione del sovraindebitato meritevole e incapiente) .
- Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sent. 24675/2017: niente usura sopravvenuta (massima in ).
- Corte di Cassazione, sent. 26286/2019: validità clausole salvaguardia antiusura nei contratti (cfr. Studio Moscarini ).
- Corte di Cassazione, ord. 27545/2023: interessi diventati usurari in corso di rapporto non sono esigibili per buona fede contrattuale .
- Corte di Cassazione, SS.UU., sent. 15130/2024: ammortamento “alla francese” – la mancata indicazione non causa nullità .
- Corte di Cassazione, sent. 22362/2024: cessione quinto – illegittimo addebitare al lavoratore i costi amministrativi al datore .
- Corte di Cassazione, sent. 17160/2025: attuazione Lexitor – nullità clausole che escludono rimborso costi in caso di estinzione anticipata .
- Corte di Cassazione, ord. 18838/2025: conferma niente usura sopravvenuta e liceità piano ammortamento francese (richiama SSUU 2024) .
- Corte di Cassazione, ord. 34150/2024: Piano del consumatore – ammissibile prevedere dilazioni di pagamento (fonte: Unijuris ).
- Corte di Cassazione, ord. 27562/2024: sovraindebitamento – principio di buona fede nella soddisfazione creditori (dirittodelrisparmio.it) .
- Corte di Cassazione, sent. 22914/2024: privilegio fondiario nelle procedure da sovraindebitamento (nota critica avv. Mandico ).
- Tribunale di Padova, ord. 13/5/2020: sospensione esecuzione immobiliare per interessi moratori usurari (cfr. DebitoBancario ).
- Tribunale di Trani, sent. 517/2024: omologazione ristrutturazione consumatore (menz. in massimario Cassazione ).
- Provvedimento Garante Privacy n. 563/2014 e Vademecum 2015 su recupero crediti – principi su corretto trattamento dati debitori (no comunicazioni a terzi, no messaggi in chiaro, ecc.).
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Le telefonate di recupero crediti e le lettere di sollecito ti stanno mettendo sotto pressione?
👉 Non serve farsi travolgere dalla paura: puoi trattare con la finanziaria in modo strategico e professionale, proprio come farebbe un avvocato esperto, e ottenere una riduzione sostanziale del debito o un accordo sostenibile.
In questa guida ti spiego come ragiona una finanziaria, quali errori evitare e come condurre una trattativa vincente, passo dopo passo.
⚖️ Capire come ragiona una finanziaria
Le finanziarie non vogliono portarti in tribunale, a meno che non sia l’unica strada.
Preferiscono recuperare una parte del credito, anche ridotta, piuttosto che perdere tutto.
Quando il debitore è in difficoltà e si presenta in modo serio, documentato e credibile, è molto più probabile che accettino un saldo e stralcio o una rinegoziazione.
📌 Ricorda:
- Le finanziarie acquistano i crediti a prezzo ridotto (spesso 10-30% del valore nominale).
- Hanno margine per trattare, ma solo se non sentono debolezza o improvvisazione da parte tua.
👥 Chi può trattare efficacemente
- Privati e famiglie con prestiti e carte revolving non pagate.
- Lavoratori o pensionati con rate arretrate e difficoltà temporanee.
- Ex imprenditori o autonomi con debiti residui da vecchie attività.
- Debitori segnalati in CRIF che vogliono chiudere le posizioni e ripulire la reputazione creditizia.
🧩 Le principali strategie di riduzione del debito
💠 1. Il Saldo e Stralcio (Accordo di chiusura parziale)
È la soluzione più usata e più efficace.
Paghi una percentuale del debito (tra il 20% e il 60%), in un’unica soluzione o in poche rate, e ottieni la liberatoria definitiva.
La finanziaria chiude il contratto e rinuncia al resto.
👉 Funziona meglio quando il debito è stato ceduto a una società di recupero crediti, che lo ha acquistato a prezzo scontato.
💠 2. Rinegoziazione o rimodulazione del piano
Se hai un reddito stabile ma rate troppo alte, puoi chiedere di allungare la durata o ridurre l’importo della rata, evitando l’insolvenza.
Meglio proporre un piano realistico e sostenibile, allegando documentazione reddituale.
💠 3. Verifica dei tassi e clausole del contratto
Molti contratti di finanziamento contengono errori, tassi usurari o interessi illegittimi.
Un avvocato controlla il contratto e, se trova irregolarità, le usa come leva per ottenere uno sconto o una chiusura favorevole.
💠 4. Procedura di sovraindebitamento (via giudiziale)
Se i debiti sono tanti e non puoi pagarli tutti, puoi chiedere al Tribunale di approvare un piano di esdebitazione.
In questo modo:
- Blocchi ogni azione esecutiva (pignoramenti, decreti, cartelle).
- Paghi solo una parte dei debiti.
- Ottieni la cancellazione legale del residuo.
🧠 Come trattare come un avvocato professionista
✅ 1. Raccogli tutte le prove e i documenti
- Contratto di finanziamento.
- Estratto conto del piano di ammortamento.
- Lettere di sollecito e comunicazioni ricevute.
- Importo residuo aggiornato.
Più sei preciso e documentato, più sembri affidabile.
✅ 2. Non mostrarti disperato
Le finanziarie riconoscono subito chi è in difficoltà e lo usano come leva.
Rimani calmo, cortese ma fermo.
Fai capire che vuoi chiudere, ma solo alle condizioni corrette.
✅ 3. Parla la loro lingua
Usa toni professionali e precisi, ad esempio:
“Vorrei valutare una proposta di definizione bonaria del debito, compatibile con la mia attuale situazione reddituale.”
Evita frasi come “non posso pagare nulla”: meglio “posso chiudere con un importo proporzionato alle mie reali possibilità economiche”.
✅ 4. Formula una proposta scritta, concreta e motivata
- Specifica l’importo che puoi offrire.
- Motiva la tua difficoltà (perdita di reddito, spese familiari, malattia, ecc.).
- Chiedi una liberatoria scritta in cambio del pagamento.
- Non accettare accordi verbali.
✅ 5. Non pagare senza una liberatoria
Ogni pagamento deve essere accompagnato da una dichiarazione scritta di chiusura definitiva.
Senza di essa, il debito potrebbe riemergere o essere venduto a un’altra società.
✅ 6. Valuta l’aiuto di un avvocato
Un avvocato esperto in debiti e saldo e stralcio può:
- Negoziare al tuo posto con tono tecnico e autorevole.
- Bloccare eventuali azioni legali in corso.
- Redigere accordi blindati e validi anche in Tribunale.
📋 Documenti utili per la trattativa
- Documento d’identità e codice fiscale.
- Contratto originario del finanziamento.
- Prospetto rate residue e interessi.
- Comunicazioni ricevute dalla finanziaria o dal recupero crediti.
- Eventuali decreti ingiuntivi o precetti.
- Prove del reddito (CUD, buste paga, dichiarazioni).
⏱️ Tempi e risultati
- Prima proposta di saldo e stralcio: entro 2–4 settimane.
- Accordo definitivo: 1–3 mesi medi.
- Chiusura posizione e liberatoria: immediata dopo il pagamento.
🎯 Risultato finale:
- Sconto dal 40% al 70% del debito complessivo.
- Stop a telefonate, solleciti e minacce di recupero.
- Liberatoria definitiva e riabilitazione creditizia.
⚖️ I vantaggi di trattare come un professionista
✅ Chiusura definitiva e documentata della posizione.
✅ Risparmio economico consistente.
✅ Stop a segnalazioni e azioni legali.
✅ Recupero della serenità finanziaria.
✅ Possibilità di accedere a nuova finanza in futuro.
🚫 Errori da evitare
- Parlare al telefono senza traccia scritta.
- Accettare “promesse verbali” di chiusura.
- Pagare senza una liberatoria firmata.
- Affidarsi a sedicenti “agenzie di debiti” non qualificate.
- Farsi prendere dall’urgenza: la fretta è il peggior nemico della trattativa.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza il contratto e individua margini di riduzione legali.
📌 Negozia con tono tecnico e professionale direttamente con la finanziaria o la società di recupero.
✍️ Redige e formalizza l’accordo di saldo e stralcio, garantendo la validità della liberatoria.
⚖️ Ti rappresenta contro eventuali azioni legali o decreti ingiuntivi.
🔁 Ti assiste fino alla chiusura definitiva e alla tua piena riabilitazione finanziaria.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto bancario, del credito e sovraindebitamento.
✔️ Specializzato in trattative con banche e finanziarie.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Ridurre i debiti con una finanziaria è possibile, ma serve metodo, calma e competenza.
Con la giusta strategia — e parlando come un professionista — puoi ottenere forti sconti, bloccare le azioni di recupero e chiudere il debito per sempre, in modo legale e documentato.
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