Artigiano Con Troppi Debiti: Cosa Fare E Come Difendersi

Hai un’attività artigianale e i debiti con il Fisco, l’INPS o i fornitori stanno diventando insostenibili?
È una situazione più comune di quanto pensi. Tra tasse, contributi, forniture e costi di gestione, molti artigiani finiscono per accumulare debiti che non riescono più a sostenere, soprattutto in periodi di crisi economica o calo del lavoro.
La buona notizia è che esistono soluzioni legali per bloccare pignoramenti, ridurre i debiti e, in alcuni casi, cancellarli completamente, permettendoti di salvare l’attività o ricominciare da zero in modo regolare.

Quando un artigiano entra in crisi debitoria
Le cause più frequenti sono:

  • Debiti fiscali non pagati (IVA, IRPEF, INPS, IRAP).
  • Mancati versamenti di contributi previdenziali.
  • Mutui o finanziamenti aziendali diventati insostenibili.
  • Fornitori non pagati o crediti non riscossi dai clienti.
  • Errori di gestione, calo della clientela o aumento dei costi.

In queste situazioni, l’artigiano rischia di perdere il controllo dei debiti, subendo pignoramenti, ipoteche, fermi amministrativi e blocchi dei conti correnti. Ma la legge oggi offre diverse vie per difendersi.

Cosa fare subito se sei un artigiano pieno di debiti

  1. Fai il punto sulla tua situazione economica: raccogli cartelle, avvisi, contratti, mutui e bilanci per capire chi sono i creditori e quanto devi davvero.
  2. Verifica i termini di prescrizione e la legittimità dei debiti: molte cartelle o intimazioni contengono vizi di notifica o sono prescritte. Un avvocato può aiutarti ad annullarle.
  3. Evita nuovi prestiti o garanzie personali: peggiorerebbero solo la situazione.
  4. Blocca i pignoramenti: agisci subito per ottenere la sospensione delle azioni di riscossione.
  5. Consulta un avvocato esperto in crisi da sovraindebitamento: è la figura più indicata per analizzare la tua posizione e individuare la procedura più efficace.

Le soluzioni legali per gli artigiani con troppi debiti
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) prevede strumenti specifici per artigiani, autonomi e ditte individuali che si trovano in una situazione di sovraindebitamento, cioè impossibilitati a far fronte ai debiti accumulati.

Ecco le principali procedure:

1. Concordato minore
È pensato per chi ha ancora un reddito o beni da mettere a disposizione.
Consente di proporre ai creditori, compreso il Fisco, un piano di pagamento parziale, con taglio del debito e rate sostenibili.
Il piano, se approvato, blocca automaticamente pignoramenti, ipoteche e fermi amministrativi.

2. Liquidazione controllata
È la procedura più adatta per chi non riesce più a continuare l’attività.
I beni vengono messi a disposizione dei creditori e, al termine, il giudice può concedere l’esdebitazione, cioè la cancellazione totale dei debiti residui.

3. Esdebitazione del debitore incapiente
Se non hai beni né redditi sufficienti, puoi chiedere al tribunale la cancellazione completa dei debiti, compresi quelli fiscali e contributivi, a condizione che tu sia meritevole e collaborativo.

4. Piano di rientro o rateizzazione
Se la situazione è ancora recuperabile, puoi chiedere una rateizzazione dei debiti fiscali e contributivi (fino a 120 rate), ottenendo la sospensione delle procedure di recupero.

Come funziona la procedura di esdebitazione

  • Con l’aiuto di un avvocato e di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC), si presenta la domanda al tribunale.
  • Il giudice valuta la tua situazione e, se meritevole, concede misure protettive immediate: sospensione dei pignoramenti, blocco degli interessi e delle ipoteche.
  • Dopo l’approvazione del piano o la liquidazione, viene emesso il decreto di esdebitazione, che cancella in modo definitivo i debiti residui.

Quali debiti possono essere cancellati

  • Debiti fiscali (IVA, IRPEF, IRAP, addizionali, cartelle esattoriali).
  • Debiti verso INPS e altri enti previdenziali.
  • Debiti bancari e finanziari.
  • Debiti verso fornitori e privati.
  • Sanzioni e interessi maturati.

Cosa resta escluso

  • Obblighi alimentari e di mantenimento.
  • Danni derivanti da reati.
  • Sanzioni penali.

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace

  • Stop immediato a pignoramenti, ipoteche e fermi amministrativi.
  • Riduzione o cancellazione totale dei debiti residui.
  • Rate sostenibili e piani di pagamento realistici.
  • Protezione dei beni personali e familiari.
  • Possibilità di salvare o ricominciare l’attività.

Quando rivolgersi a un avvocato esperto
Contatta subito un avvocato tributarista o esperto in diritto della crisi d’impresa se:

  • Hai ricevuto cartelle, intimazioni o pignoramenti.
  • I tuoi debiti superano i tuoi incassi e non riesci più a gestirli.
  • Hai chiuso o stai per chiudere l’attività.
  • Vuoi evitare la perdita dei beni personali o cercare la cancellazione dei debiti.

Un avvocato esperto può analizzare la tua posizione, fermare la riscossione e accompagnarti nel percorso di ristrutturazione o esdebitazione, fino alla completa liberazione dai debiti.

⚠️ Attenzione: ignorare i debiti o attendere troppo può aggravare la situazione. Ogni mese di ritardo comporta nuove sanzioni, interessi e rischi di pignoramento. Agire subito è la chiave per difenderti e ripartire.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, crisi d’impresa e sovraindebitamento – spiega cosa fare se sei un artigiano con troppi debiti, come bloccare la riscossione e come ottenere legalmente la cancellazione o la riduzione dei debiti per salvare la tua attività e il tuo futuro economico.

👉 Hai debiti fiscali o contributivi che non riesci più a gestire?
Richiedi in fondo alla guida una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo.
Analizzeremo la tua situazione, verificheremo se puoi accedere a una procedura di esdebitazione o a un piano di rientro, e costruiremo una strategia su misura per proteggere i tuoi beni e cancellare i debiti in modo legale.

Introduzione

Un piccolo imprenditore artigiano sommerso dai debiti si trova spesso di fronte a scelte difficili e angoscianti. Negli ultimi anni la disciplina italiana della crisi d’impresa e dell’insolvenza è stata profondamente rinnovata, soprattutto con l’introduzione del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) emanato con D.Lgs. 14/2019 (in vigore a pieno regime dal 15 luglio 2022 dopo vari rinvii) . Questo nuovo quadro normativo, arricchito dai successivi correttivi (D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 136/2024), ha sostituito la vecchia Legge Fallimentare del 1942, introducendo strumenti orientati alla prevenzione e al risanamento piuttosto che alla mera liquidazione . Ciò significa che oggi l’ordinamento incoraggia l’emersione tempestiva delle difficoltà finanziarie e la ricerca di soluzioni negoziali con i creditori, anziché punire l’imprenditore in crisi.

Per l’artigiano oberato dai debiti, queste novità normative rappresentano una “luce in fondo al tunnel” . L’obiettivo del legislatore e della giurisprudenza più recente è offrire una “seconda opportunità” ai debitori onesti (principio del favor debitoris), aiutandoli a ripartire da zero a determinate condizioni . In altre parole, non si vuole più che chi è sommerso dai debiti resti intrappolato a vita nelle proprie obbligazioni: se il debitore agisce con trasparenza e buona fede, la legge gli mette a disposizione procedure accessibili per ristrutturare i debiti, bloccare le azioni esecutive e perfino ottenere la cancellazione definitiva dei debiti residui (esdebitazione). Come recita un adagio latino, dum spiro, spero – finché respiro, spero –: oggi la speranza di liberarsi dai debiti è più concreta che mai, purché ci si attivi per tempo e con gli strumenti giusti.

In questa guida, aggiornata a settembre 2025, esamineremo in ottica avanzata cosa può fare un artigiano indebitato per difendersi e uscire dalla crisi debitoria. Analizzeremo:

  • Le tipologie di debiti che tipicamente gravano su un artigiano (debiti fiscali, debiti verso le banche, verso fornitori, contributi INPS, etc.) e le relative implicazioni (priorità di pagamento, interessi, conseguenze legali del mancato pagamento).
  • Gli strumenti di gestione della crisi e di sollievo dal debito previsti dalla normativa italiana vigente: dalle soluzioni stragiudiziali (piani di rientro e accordi bonari) agli strumenti concorsuali specifici per i piccoli debitori (come la composizione negoziata della crisi, le procedure di sovraindebitamento – piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata – introdotte dal CCII, senza dimenticare la nuova esdebitazione per il debitore incapiente) . Accenneremo anche alle procedure ordinarie (concordato preventivo, liquidazione giudiziale ex fallimento) per capire in quali casi un artigiano potrebbe esservi soggetto.
  • Come difendersi dalle azioni esecutive (pignoramenti, ipoteche, fermi amministrativi) promosse dai creditori, illustrando le tutele che scattano con l’avvio di una procedura di composizione della crisi e i limiti posti dalla legge al pignoramento di beni essenziali (ad esempio la prima casa).
  • Il tutto arricchito da domande e risposte frequenti (FAQ), tabelle riepilogative dei concetti chiave e alcune simulazioni pratiche di casi realistici, per mostrare dal punto di vista del debitore come applicare queste soluzioni nella realtà quotidiana.

Nota bene: La materia è complessa e richiede un approccio strategico e documentato. Le procedure vanno seguite con attenzione ai requisiti formali e sostanziali, perché errori od omissioni (ad esempio nel presentare la documentazione completa dei debiti) possono compromettere l’accesso ai benefici di legge. Tuttavia, come vedremo, un futuro senza debiti è possibile. Le norme attuali – supportate dalle pronunce dei tribunali – mirano a evitare che errori imprenditoriali o eventi sfortunati distruggano per sempre la vita economica di una persona. L’artigiano indebitato, se meritevole (cioè se ha agito onestamente e cooperativamente), può davvero aspirare a tornare “a riveder le stelle” dopo il periodo buio, ottenendo una soluzione sostenibile ai debiti e, nei casi previsti, la cancellazione di quanto non pagato .

Passiamo ora ad analizzare nel dettaglio i vari tipi di debito e, successivamente, gli strumenti di legge per gestirli dal punto di vista di un debitore artigiano.

Tipologie di debiti e rischi per l’artigiano

Una corretta strategia per uscire dai debiti parte dall’analisi della natura dei debiti accumulati. Un artigiano può avere esposizioni verso diverse categorie di creditori, ognuna con caratteristiche e vincoli specifici (priorità di pagamento, possibilità di negoziare, conseguenze se non si paga, ecc.) . Di seguito esaminiamo i principali tipi di debito che possono gravare su un artigiano italiano e le implicazioni di ciascuno.

Debiti fiscali (Erario e cartelle esattoriali)

I debiti fiscali includono imposte dovute allo Stato (IVA, IRPEF/IRES, IRAP, ritenute su stipendi, accise, ecc.), oltre a eventuali sanzioni e interessi di mora per ritardato o omesso versamento . Se l’artigiano non paga spontaneamente queste imposte alle scadenze previste, l’importo viene iscritto a ruolo e affidato all’Agenzia delle Entrate–Riscossione (ex Equitalia) per il recupero forzoso . L’Agente della Riscossione notifica quindi le cartelle esattoriali, che intimano il pagamento entro un termine (tipicamente 60 giorni). Se anche la cartella viene ignorata, si apre la strada alle azioni esecutive: il fisco potrà disporre fermi amministrativi sui veicoli (blocco dell’auto/moto), iscrivere ipoteca sugli immobili di proprietà e attivare pignoramenti di beni o crediti (ad es. blocco del conto corrente, pignoramento di parte degli incassi, ecc.) .

Una caratteristica cruciale dei debiti tributari è che molti di essi beneficiano di privilegi legali sui beni del debitore. In particolare, taluni crediti fiscali come l’IVA dovuta nell’ultimo anno o le ritenute non versate negli ultimi due anni godono di privilegio generale sui mobili (ex art. 2752 c.c.) e sugli immobili (ex art. 2777 c.c.) . Ciò significa che in caso di procedura concorsuale (fallimento, liquidazione controllata, ecc.), il fisco avrà diritto a essere pagato con precedenza rispetto ai creditori chirografari (senza garanzie) fino a concorrenza del valore dei beni oggetto di privilegio. Ad esempio, se un macchinario aziendale viene liquidato, il credito IVA privilegiato verrà soddisfatto prima dei debiti ordinari. Inoltre, l’IVA e le ritenute non versate sono considerate debiti particolarmente sensibili: in passato la legge ne vietava la falcidia (cioè la riduzione parziale) nei piani di concordato, divieto caduto solo di recente in seguito a interventi normativi e a pronunce anche della Corte Costituzionale . Oggi, grazie all’armonizzazione con la normativa UE, anche l’IVA può essere dilazionata o stralciata in sede di accordo o concordato, purché il piano garantisca ai crediti fiscali una soddisfazione non inferiore a quella ottenibile in caso di liquidazione forzata (principio sancito dalla Cassazione e recepito nel Codice della Crisi).

Le conseguenze del mancato pagamento di imposte possono essere drastiche. Sul piano amministrativo, come detto, scaduti i termini la riscossione diventa coattiva con ipoteche, pignoramenti e altre misure aggressive . Sul piano finanziario, il debito cresce a causa di interessi di mora e sanzioni: si pensi che per l’IVA o l’IRPEF omessa, oltre all’interesse legale, scattano sanzioni dal 30% in su, che nel tempo possono gonfiare l’esposizione. È importante notare però che nelle procedure concorsuali le sanzioni e gli interessi moratori sono trattati come crediti chirografari (senza privilegio) . Ciò significa che, in un eventuale piano di ristrutturazione dei debiti o concordato, queste somme accessorie possono spesso essere ridotte o cancellate per prime (ad esempio tramite una transazione fiscale), concentrando le risorse disponibili sul pagamento del capitale d’imposta. Infine, sul piano penale, l’ordinamento prevede reati tributari per i casi più gravi di omesso versamento: ad esempio il mancato versamento di IVA oltre €250.000 in un anno o di ritenute oltre €150.000 annui configura reato (artt. 10-ter e 10-bis D.Lgs. 74/2000) . Anche se recenti riforme hanno introdotto soglie di tolleranza (omessi versamenti sotto €10.000 annui sono depenalizzati come illecito amministrativo) , il messaggio è chiaro: non pagare le tasse è molto rischioso, e invocare a posteriori la “crisi” come scusa raramente evita le responsabilità . La strategia vincente per l’artigiano in difficoltà col fisco è attivarsi per tempo, utilizzando gli strumenti di rateazione, definizione agevolata delle cartelle (rottamazioni) o le procedure concorsuali di cui parleremo, invece di lasciar lievitare il debito e le conseguenze.

Esempio: un elettricista in regime di ditta individuale ha accumulato €50.000 di IVA e IRPEF non pagati. L’Agenzia Entrate Riscossione gli ha iscritto ipoteca sulla casa e minaccia di avviare il pignoramento. In questo caso, l’artigiano potrebbe chiedere una rateizzazione della cartella (fino a 72 o 120 rate in certi casi) oppure, se il debito complessivo lo rende insolvente, valutare una procedura di sovraindebitamento. Avviando la procedura davanti al tribunale o all’OCC, otterrà la sospensione dei pignoramenti e potrà proporre un piano che preveda il pagamento parziale del debito fiscale (ad esempio, pagando solo il 40% del capitale, con falcidia di interessi e sanzioni). Se il piano è credibile e offre al Fisco almeno quanto otterrebbe vendendo la casa, il tribunale potrà approvarlo anche senza il consenso esplicito dell’Erario (grazie al meccanismo del cram-down fiscale) . In tal modo il debito tributario verrebbe ridotto e l’artigiano eviterebbe di perdere l’abitazione.

Debiti verso enti previdenziali (INPS, INAIL)

Gli artigiani sono spesso tenuti al versamento di contributi previdenziali obbligatori: i contributi INPS (gestione artigiani e commercianti per sé stessi, contributi dovuti per i dipendenti assunti, ecc.) e i premi INAIL (assicurazione infortuni). I debiti previdenziali nascono dal mancato pagamento di tali contributi alle scadenze. Analogamente ai debiti fiscali, i crediti degli enti previdenziali sono affidati all’Agente della Riscossione e diventano cartelle esattoriali; beneficiano anch’essi di privilegio generale sui beni del debitore per gli ultimi dodici mesi di contributi dovuti (art. 2753 c.c. per i contributi obbligatori) e godono di uno statuto di favore nelle procedure concorsuali. In pratica, se un artigiano non versa i contributi propri o dei dipendenti, l’INPS potrà agire in via esecutiva e in caso di procedura fallimentare o liquidatoria i crediti contributivi verranno soddisfatti con precedenza subito dopo i crediti fiscali.

Le conseguenze del mancato pagamento sono simili a quelle fiscali: decorso il termine, l’ente può iscrivere ipoteca, disporre fermi amministrativi e promuovere pignoramenti (su conto corrente, beni mobili, immobili). Anche l’INPS applica sanzioni civili (aggiuntive ai contributi non pagati) e interessi. Da notare che, per favorire la regolarizzazione, sono previste forme di rateazione dei debiti contributivi e periodicamente il legislatore introduce condoni o saldo e stralcio su interessi e sanzioni previdenziali (si pensi al “condono contributivo” per artigiani e commercianti in alcune leggi di bilancio recenti).

Sul piano penale, l’omissione dolosa di versamenti di contributi previdenziali ha rilievo solo oltre una soglia: oggi non è reato l’omesso versamento di contributi fino a €10.000 annui (sanzionato solo amministrativamente), mentre rimane reato oltre tale importo (art. 2 comma 1-bis D.Lgs. 8/2016 che ha depenalizzato i mancati versamenti minori) . Ciò dà un margine di respiro per i piccoli debiti contributivi, ma non esime dal fatto che l’INPS potrà comunque agire per riscuotere.

In sintesi, debiti INPS/INAIL e debiti fiscali viaggiano insieme: entrambi sono debiti verso lo Stato e seguono procedure simili. Nelle soluzioni che vedremo (piani del consumatore, concordati minori, ecc.) anche i contributi possono essere oggetto di ristrutturazione o falcidia, alle stesse condizioni dei tributi (cioè garantendo il rispetto del loro privilegio). Un’importante differenza recente è che, mentre il Fisco può concludere accordi di transazione nella composizione negoziata (come vedremo), gli enti previdenziali ne sono rimasti formalmente esclusi dalla norma . Ciò non toglie però che in un concordato o accordo omologato dal giudice si possano includere anche i debiti contributivi con eventuali riduzioni.

Esempio: Un artigiano falegname con due dipendenti non è riuscito a pagare €15.000 di contributi INPS per i dipendenti e per sé, accumulando cartelle esattoriali. L’INPS (tramite Agenzia Riscossione) minaccia pignoramenti. L’artigiano, in difficoltà generale, potrebbe includere questo debito in un piano di concordato minore: ad esempio proponendo di pagare il 50% del dovuto dilazionato in 5 anni. Se il piano viene omologato, gli interessi e le sanzioni verrebbero stralciati e l’INPS riceverebbe la sua parte privilegiata come stabilito. Alternativamente, potrebbe chiedere una rateazione amministrativa all’INPS per evitare immediatamente il pignoramento: infatti, presentare domanda di rateizzazione blocca le azioni esecutive dell’Agente Riscossore (che attende l’esito della rateazione). In ogni caso, agire presto è determinante per evitare conseguenze come il blocco dei macchinari o del furgone aziendale per fermo amministrativo.

Debiti bancari e finanziari

Molti artigiani ricorrono a finanziamenti bancari o di società finanziarie per sostenere l’attività: scoperti di conto, prestiti per acquisto macchinari, mutui per il capannone o il negozio, leasing di veicoli e attrezzature, ecc. I debiti verso banche e intermediari finanziari sono in genere chirografari (senza garanzie reali) se si tratta di prestiti personali non garantiti, oppure ipotecari/pignoratizi se garantiti da ipoteca su immobili o pegno su beni. Spesso l’artigiano ha anche fornito garanzie personali (fideiussioni) su finanziamenti concessi magari alla sua società o ditta: ciò lo espone verso la banca anche con il patrimonio personale.

Le conseguenze dell’inadempimento verso banche sono immediate: basta saltare alcune rate di mutuo o leasing, o “sconfinare” il fido, perché la banca invii una comunicazione di decadenza dal beneficio del termine e segnalazione alla Centrale Rischi. Quest’ultima comporta che l’artigiano venga classificato come cattivo pagatore, rendendo difficile ottenere nuovo credito. Dopodiché la banca può attivare il recupero coatto: se c’è un’ipoteca, può avviare il pignoramento immobiliare sull’immobile dato in garanzia (ad esempio la casa o il laboratorio ipotecato a fronte di un mutuo); se il credito è chirografario, la banca può ottenere un decreto ingiuntivo e poi pignorare beni mobili, crediti o conti correnti del debitore. In caso di leasing, il contratto prevede la risoluzione per morosità e la società di leasing può riprendere il bene (ad es. l’auto o il macchinario dato in leasing) e chiedere le rate scadute e future come indennizzo, ottenendo anche in questo caso decreti ingiuntivi e pignoramenti.

Contrariamente ai debiti fiscali, i debiti bancari non godono di privilegi legali (salvo le garanzie contrattuali come ipoteche/pegni). Un mutuo ipotecario avrà diritto di prelazione sull’immobile ipotecato; un finanziamento chirografario sarà trattato come un credito comune. Ciò significa che in un’eventuale procedura concorsuale dell’artigiano, la banca ipotecaria dovrà essere soddisfatta con il ricavato dell’immobile (nei limiti del valore ipotecario), mentre la banca senza garanzie sarà soddisfatta pro-quota come gli altri crediti chirografari.

In termini di negoziazione, spesso le banche possono essere disponibili a piani di rientro extragiudiziali se intravedono la possibilità di recuperare il credito evitando le vie legali. Ad esempio, possono concedere una moratoria di qualche mese o una dilazione più lunga, magari aumentando il tasso, pur di facilitare il rientro. In situazioni più compromesse, si può tentare un saldo e stralcio (pagamento di una percentuale a chiusura del debito) soprattutto se il credito è già classificato come deteriorato a bilancio: le banche tendono a vendere i crediti inesigibili a società terze (Recovery Fund, ecc.), quindi talvolta preferiscono un incasso parziale immediato dal debitore. Tuttavia, queste trattative vanno condotte con cautela e preferibilmente con l’assistenza di un legale, perché qualsiasi promessa non formalizzata rischia di far perdere tempo prezioso. Se l’esposizione bancaria è insostenibile, ricorrere a una procedura concorsuale (ad esempio un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato dal tribunale, o un concordato minore) potrà vincolare anche la banca dissenziente a una soluzione di compromesso.

Esempio: Un tappezziere ha un mutuo ipotecario residuo di €80.000 sulla bottega e un prestito chirografario di €20.000. A causa di un calo di lavoro, è insolvente e ha arretrato 4 rate di mutuo. La banca lo ha segnalato in Centrale Rischi e minaccia di avviare l’esecuzione sull’immobile. Il tappezziere potrebbe tentare una composizione negoziata: con l’aiuto di un esperto, chiedere alla banca di rinegoziare il mutuo (allungando la durata per ridurre la rata) e al contempo proporre ai fornitori un pagamento parziale a saldo. Se la banca aderisce, bene; se no, l’artigiano potrebbe accedere a un concordato minore in tribunale: continuerebbe a pagare le rate di mutuo (per non perdere la bottega) e offrirebbe ai creditori chirografari (tra cui la banca per il prestito €20.000 e altri fornitori) un rimborso del 30% in 4 anni. Durante la procedura, la banca non potrebbe escutere l’ipoteca né i fornitori procedere con pignoramenti, grazie al blocco automatico delle azioni esecutive disposto dal giudice . Se il piano viene omologato, la banca ipotecaria riceverà regolarmente le sue rate (mantenendo la garanzia), mentre il prestito chirografario verrà soddisfatto al 30% con liberazione finale dal debito residuo.

Debiti verso fornitori e altri creditori non privilegiati

Un artigiano può accumulare debiti commerciali verso fornitori di materie prime, attrezzature, bollette di utenze, affitto del locale, consulenti, ecc. Questi debiti verso fornitori (così come eventuali debiti personali verso parenti, amici o altri finanziatori informali) sono generalmente chirografari, ossia non garantiti da privilegi o ipoteche. Ciò significa che, in caso di concorso con altri creditori, saranno soddisfatti solo dopo che i crediti privilegiati (erario, INPS, dipendenti, banche garantite) siano stati pagati.

Nella prassi, i fornitori insoddisfatti hanno vari strumenti: possono sospendere le forniture (mettendo in difficoltà l’attività), applicare interessi moratori e penali (ad esempio la legge sulla transazione commerciale D.Lgs. 231/2002 prevede interessi legali elevati per ritardi oltre 30 giorni nelle transazioni B2B), e infine adire le vie legali. Il percorso tipico è ottenere un decreto ingiuntivo (spesso facile da ottenere se c’è fattura scaduta non contestata) e, trascorsi 40 giorni senza pagamento né opposizione, iniziare il pignoramento. Il fornitore potrà pignorare il conto corrente aziendale o personale dell’artigiano, i beni mobili presenti in negozio/laboratorio (macchinari, merci – tramite ufficiale giudiziario) e persino gli immobili di proprietà (salvo i limiti che vedremo per la prima casa e salvo che altri creditori non abbiano già ipoteche). A differenza del fisco, il creditore privato non ha bisogno di attendere importi minimi: anche per poche migliaia di euro un fornitore determinato può aggredire legalmente il debitore, con aggravio di spese legali e interessi.

Dal punto di vista delle soluzioni, i debiti commerciali sono spesso quelli più facilmente negoziabili: un fornitore preferisce di solito ottenere il 50% del suo credito subito, piuttosto che aspettare anni con incertezza o affrontare spese legali. Dunque, l’artigiano può provare un accordo transattivo: ad esempio offrire un pagamento parziale immediato (saldo e stralcio) oppure un piano di rientro in più mesi, magari con garanzie (cambiali, assegni post-datati, etc.). È importante formalizzare ogni accordo per iscritto e rispettarlo, perché un mancato rispetto potrebbe rendere i creditori ancora meno pazienti. Se le trattative individuali non risolvono la situazione e c’è il rischio di azioni esecutive multiple, allora conviene valutare un percorso concorsuale unitario (come un concordato minore), dove con un unico piano si propone a tutti i chirografari una certa percentuale di soddisfazione. In tal modo, la maggioranza dei creditori potrà vincolare anche eventuali dissenzienti all’accordo (evitando che il più aggressivo pignori tutto a danno magari di altri creditori).

Esempio: Un fabbro ha €30.000 di debiti verso vari fornitori di ferro e vernici. Uno di questi (€5.000) ha già avviato un decreto ingiuntivo. Il fabbro, non avendo liquidità per saldare tutti, rischia che il primo creditore porti via il poco disponibile (es. pignorando €5.000 dal conto), lasciando gli altri a bocca asciutta e l’attività senza fondi. Una soluzione potrebbe essere tentare un accordo stragiudiziale plurilaterale: invitare tutti i fornitori a un tavolo e proporre di pagare, grazie anche a un piccolo finanziamento ottenuto dal consorzio fidi, il 40% a saldo a ciascuno. Se tutti accettano, l’artigiano riduce il debito a €12.000 e torna in bonis. Se anche uno solo rifiuta o agisce per conto proprio, l’artigiano potrebbe invece attivare una procedura di sovraindebitamento: presentando ricorso per un concordato minore, otterrebbe la sospensione dei pignoramenti in corso e, con l’omologazione, imporrebbe a tutti i chirografari la stessa percentuale stabilita dal giudice. In un concordato, ad esempio, il fabbro potrebbe offrire il 30% del debito chirografo pagabile in 4 anni, forse attingendo a risparmi personali o piccole dismissioni. Se la maggioranza (per valore) dei creditori approva la proposta, essa diviene vincolante per tutti .

Debiti verso dipendenti e collaboratori

Qualora l’artigiano abbia dipendenti o collaboratori (anche apprendisti, co.co.co, etc.), un ambito delicato è il pagamento di retribuzioni, TFR e contributi. Il debito verso i dipendenti per stipendi non pagati gode della massima tutela nell’ordinamento: i lavoratori dipendenti hanno privilegio generale mobiliare sui beni del datore per le ultime retribuzioni (fino a 6 mesi di stipendi) e sul TFR maturato (art. 2751-bis c.c.). Questo privilegio li pone in prima fila tra i chirografari: addirittura, per gli ultimi tre mesi di retribuzione e ferie non godute, il privilegio è superprivilegiato al pari dei crediti prededucibili nelle procedure concorsuali. Inoltre, in caso di insolvenza conclamata (fallimento o liquidazione), interviene il Fondo di Garanzia INPS a pagare ai lavoratori il TFR e le ultime mensilità dovute, surrogandosi poi nei loro diritti verso il datore .

Per l’artigiano debitore, dunque, un debito verso dipendenti non può essere ignorato: oltre al dovere morale, c’è il rischio concreto che i dipendenti agiscano subito per vie legali (possono richiedere ingiunzioni immediate per crediti di lavoro). Se l’artigiano ritarda i pagamenti, i dipendenti possono anche dimettersi per giusta causa e pretendere l’intero TFR. Sul piano penale, va ricordato che il mancato pagamento reiterato di stipendi può configurare il reato di omesso versamento di retribuzioni (art. 603-bis c.p., intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, in alcune circostanze gravi) o comunque implicare sanzioni amministrative da parte dell’Ispettorato del Lavoro.

Nelle procedure di composizione della crisi, i crediti dei lavoratori dipendenti sono trattati con riguardo: vanno soddisfatti integralmente nei limiti del privilegio. Ad esempio, in un piano di sovraindebitamento, l’artigiano dovrà prevedere il pagamento al 100% (magari dilazionato) degli ultimi stipendi e del TFR fino a concorrenza dell’importo garantito dal privilegio. Eventuali eccedenze (parte di TFR eccedente il massimale privilegiato) potranno essere trattate come chirografarie. Inoltre, se l’impresa chiude e si avvia una liquidazione controllata, i dipendenti avranno accesso al Fondo di Garanzia che anticiperà loro quanto dovuto, abbreviando i tempi di recupero.

Esempio: Un panettiere artigiano con 2 dipendenti ha saltato le ultime due mensilità (€3.000) e non ha accantonato €5.000 di TFR. I dipendenti, in difficoltà, minacciano azioni legali. Il panettiere potrebbe concordare con loro un pagamento dilazionato (es. metà subito e metà il mese prossimo) per evitare vertenze. Se però la crisi è tale che l’azienda deve chiudere, attivando una liquidazione controllata, i lavoratori possono presentare domanda al Fondo di Garanzia INPS: in pochi mesi l’INPS verserà loro TFR e ultimi stipendi . L’INPS poi subentrerà come creditore privilegiato nella procedura liquidatoria. Il panettiere, dal canto suo, otterrà l’esdebitazione a fine procedura e potrà ripartire senza quei debiti, mentre i lavoratori non ci avranno rimesso il loro dovuto.

Altre passività: locazioni, leasing, fideiussioni

Vale la pena accennare ad altri debiti che spesso affliggono l’artigiano in crisi:

  • Canoni di locazione del locale commerciale o laboratorio: il mancato pagamento di affitti commerciali può portare il locatore a promuovere uno sfratto per morosità (liberando l’immobile in pochi mesi) e un decreto ingiuntivo per i canoni arretrati. Anche questi crediti sono chirografari (salvo cauzioni versate che il locatore può trattenere). Nelle procedure concorsuali, i crediti da locazione maturati prima dell’apertura sono chirografari; i canoni in corso durante una procedura di concordato potrebbero essere considerati prededucibili (essenziali per proseguire l’attività). Un artigiano che intenda continuare l’attività nella stessa sede dovrà quindi mettersi in pari con il locatore o includere nel piano i canoni arretrati da soddisfare almeno parzialmente.
  • Contratti di leasing: come accennato, in caso di default l’ente lessor riprende il bene. Se il bene è essenziale, l’artigiano può valutarne la riacquisizione negoziando nuove condizioni. Nelle procedure, i leasing in corso possono essere sciolti o proseguiti: il CCII prevede la facoltà di sciogliersi dai contratti pendenti con autorizzazione del tribunale (indennizzando la controparte del danno) oppure di mantenerli se funzionali.
  • Fideiussioni personali: se l’artigiano ha garantito debiti altrui (es. ha fatto da garante per il mutuo del figlio, oppure la moglie ha garantito i debiti dell’artigiano), occorre ricordare che l’eventuale procedura concorsuale del debitore non estingue le garanzie dei terzi. Il creditore potrà rivalersi sul fideiussore non appena ottiene l’insolvenza del debitore principale. Ad esempio, se un fornitore ha una fideiussione del fratello dell’artigiano, potrà chiedere a quest’ultimo l’intero importo anche se l’artigiano attiva un concordato che prevede il pagamento al 30%. La liberazione dai debiti opera solo per il debitore che accede alla procedura . È quindi consigliabile che, ove possibile, più coobbligati facciano ricorso congiunto alla procedura (vedi “procedure familiari” più avanti) o si trovino soluzioni globali con i creditori. Ad ogni modo, il punto di vista del debitore artigiano deve tenere conto anche di queste responsabilità indirette, perché spesso la pressione familiare (es. coniugi garanti) è un fattore chiave.

Avendo passato in rassegna i vari tipi di debiti e i relativi pericoli, possiamo ora concentrarci sugli strumenti di legge per gestire e ridurre l’esposizione debitoria. Distingueremo tra approcci stragiudiziali (fuori dal tribunale) e procedure concorsuali vere e proprie, con un focus particolare sulle soluzioni previste per l’artigiano non fallibile (ossia il “debitore minore” ai sensi di legge) e sulle tutele che queste procedure offrono al debitore.

Conseguenze del sovraindebitamento: rischi e effetti del mancato intervento

Prima di entrare nelle soluzioni, è utile chiarire cosa accade se un artigiano non fa nulla e lascia accumulare i debiti. Lo sovraindebitamento – definito dalla legge come lo stato di persistente squilibrio tra obbligazioni assunte e patrimonio liquidabile, tale da rendere il debitore incapace di adempiere regolarmente ai propri impegni – tende ad aggravarsi nel tempo in modo esponenziale se ignorato. Ecco le principali conseguenze negative di una situazione debitoria fuori controllo:

  • Interessi, sanzioni e oneri moratori: Quasi tutti i debiti crescono con il tempo. I debiti fiscali maturano interessi di mora e sanzioni, i contributi previdenziali generano sanzioni civili, i fornitori applicano interessi commerciali o penali contrattuali, le banche calcolano interessi di mora (spesso elevati) e spese legali di recupero. Un debito iniziale di 100 può diventare 150 o 200 dopo qualche anno di inerzia. Questo rende ancora più difficile uscirne.
  • Segnalazioni e perdita di affidabilità: Come accennato, l’artigiano insolvente viene segnalato nelle banche dati creditizie (Centrale dei Rischi di Bankitalia, CRIF, etc.), perdendo la reputazione creditizia. Ciò impedisce di ottenere nuovi finanziamenti o anche semplicemente di dilazionare pagamenti con fornitori (che magari consultano report commerciali). Anche i clienti possono perdere fiducia se trapela la notizia di difficoltà finanziarie (ad es. protesti di assegni o cambiali).
  • Azioni esecutive individuali: I creditori più rapidi – tipicamente l’Erario tramite Agenzia Entrate Riscossione, o qualche fornitore determinato – avvieranno pignoramenti. Questi possono colpire indistintamente il patrimonio dell’artigiano:
  • Pignoramento immobiliare: Un creditore con un titolo esecutivo (decreto ingiuntivo definitivo, cartella non pagata, mutuo scaduto) può iscrivere pignoramento su un immobile di proprietà e chiederne la vendita all’asta. Occorre fare attenzione al fatto che la legge tutela in parte la prima casa per i crediti fiscali: l’Agenzia delle Entrate non può pignorare l’unica casa di residenza del debitore se il debito verso lo Stato è inferiore a €120.000 e l’immobile non è di lusso . Questo limite (introdotto dal 2013) impedisce espropriazioni esattoriali di modesta entità. Tuttavia, se il debito fiscale supera €120.000, o se vi sono più immobili, il fisco potrà procedere (dopo aver iscritto ipoteca da almeno 6 mesi) . Inoltre tale protezione non vale per i creditori privati: un fornitore o banca possono pignorare la prima casa anche per debiti inferiori (non esiste un divieto generale per loro). Quindi, il rischio di perdere la casa esiste e diventa concreto se i debiti rimangono insoluti. (Nota: se la casa è gravata da mutuo ipotecario e si continua a pagare le rate, la banca non procederà; ma altri creditori chirografari potrebbero comunque iscrivere ipoteca giudiziale e concorrere).
  • Pignoramento mobiliare: L’ufficiale giudiziario può recarsi presso l’azienda o l’abitazione e sequestrare beni mobili (macchinari, strumenti, arredi, merci in magazzino) da mettere all’asta. Benché alcuni beni strumentali indispensabili all’attività del debitore persona fisica siano parzialmente protetti (il Codice di Procedura Civile esenta gli strumenti di lavoro del debitore artigiano entro un certo valore, se necessari per il sostentamento), questa protezione è limitata. Ad esempio, le materie prime o i prodotti finiti non sono protetti. La perdita di beni strumentali può paralizzare definitivamente l’attività, creando un circolo vizioso.
  • Pignoramento presso terzi: È molto comune il blocco di conti correnti e il pignoramento di crediti verso terzi. L’Agenzia delle Entrate Riscossione può inviare direttamente una comunicazione alla banca che blocca immediatamente il conto corrente dell’artigiano (fino all’importo del debito) e gira le somme al fisco. Oppure un fornitore può pignorare i crediti che l’artigiano vanta verso i propri clienti (pignoramento presso terzi): il cliente dell’artigiano riceverà l’ordine dal giudice di pagare al creditore procedente invece che all’artigiano, compromettendo la liquidità futura. Queste forme di esecuzione presso terzi sono molto efficaci e rapide, e spesso colpiscono di sorpresa il debitore (che si vede il conto bloccato all’improvviso).
  • Molteplicità di procedimenti e spese legali: Quando i debiti sono numerosi, c’è il rischio di una aggressione disordinata: ogni creditore avvia la sua azione, magari su beni diversi. Questo porta a più procedure esecutive parallele, con costi di procedura e legali che alla fine gravano sul patrimonio del debitore. Paradossalmente, si rischia che il ricavato di vendite forzate vada in buona parte a coprire spese di giustizia e compensi legali, lasciando ai creditori solo le briciole e al debitore nulla.
  • Responsabilità personali e possibili interdizioni: Nel caso di debiti dell’attività artigiana svolta in forma di ditta individuale, non c’è distinzione tra patrimonio dell’azienda e personale: il creditore può rivalersi su tutti i beni dell’artigiano. Se invece l’artigiano opera tramite una società (es. SNC, SRL unipersonale), può esserci responsabilità limitata sul patrimonio sociale, ma spesso i piccoli imprenditori rilasciano garanzie personali ai creditori. In caso di fallimento (liquidazione giudiziale) di un imprenditore non piccolo, scattano inoltre alcune incapacità personali: ad esempio, durante la procedura il fallito non può assumere cariche societarie, e certi atti dispositivi richiedono l’autorizzazione del curatore. Anche se oggi lo stigma del fallimento è attenuato, restano comunque conseguenze legali (che in una liquidazione controllata per il piccolo debitore sono minori, come vedremo). In situazioni estreme, se vi sono atti in frode ai creditori, può scattare il reato di bancarotta fraudolenta (per chi è dichiarato fallito) o di insolvenza fraudolenta ex art. 641 c.p. (per chi non paga i debiti volontariamente e simula incapienza).

In sintesi, rimanere inerti di fronte a troppi debiti è la scelta peggiore. L’artigiano rischia di subire passivamente la spoliazione del proprio patrimonio, pezzo per pezzo, senza una logica unitaria e senza riuscire a riemergere. Al contrario, come vedremo, esistono procedure che permettono di congelare le azioni esecutive (appena attivate formalmente bloccano i pignoramenti in corso ) e di arrivare a una soluzione ordinata e sostenibile, ad esempio dilazionando i pagamenti su più anni, riducendo gli importi dovuti e liberando il debitore dai saldi inesigibili.

Il punto di vista del debitore deve dunque essere proattivo: non aspettare di avere l’ufficiale giudiziario alla porta, ma utilizzare per tempo gli strumenti legali di tutela. Approfondiamo ora quali sono questi strumenti.

Strumenti di gestione della crisi debitoria dell’artigiano

Di fronte a una situazione di sovraindebitamento, un artigiano ha a disposizione una serie di strumenti giuridici per gestire e risolvere la crisi. Possiamo distinguerli in due categorie principali:

  1. Soluzioni stragiudiziali o di “prevenzione” – accordi e piani negoziati fuori dalle aule di tribunale, che mirano a ristrutturare i debiti con il consenso (totale o prevalente) dei creditori, eventualmente con l’ausilio di esperti e piattaforme dedicate.
  2. Procedure concorsuali giudiziali – procedure formali, avviate davanti all’autorità giudiziaria (tribunale), che producono effetti legali cogenti (come il blocco dei pignoramenti) e portano a un provvedimento omologato dal giudice. Tra queste distinguiamo le procedure maggiori (concordato preventivo, liquidazione giudiziale) riservate agli imprenditori assoggettabili a fallimento, e le procedure di sovraindebitamento destinate ai debitori “minori” non fallibili (tra cui rientrano la gran parte degli artigiani individuali) .

Di seguito esaminiamo i principali strumenti in ordine crescente di formalità, partendo dai meno invasivi.

Approcci stragiudiziali e allerta precoce

Prevenire è meglio che curare. Il nuovo Codice della Crisi insiste sull’obbligo di attivarsi tempestivamente quando emergono segnali di squilibrio. Per le imprese organizzate in forma societaria, l’art. 2086 c.c. impone di adottare assetti adeguati a rilevare la crisi e prendere misure idonee . Un artigiano individuale non ha un consiglio di amministrazione né organi di controllo, ma dovrebbe comunque “tenere d’occhio” alcuni indicatori: ad esempio, se sistematicamente non riesce a pagare i fornitori se non oltre i 90 giorni, se accumula debiti fiscali trimestrali, se usa costantemente fidi bancari al massimo, questi sono campanelli d’allarme. Aspettare aggrava il problema .

Dialogo con i creditori: Il primo approccio, informale ma spesso efficace, è cercare un dialogo franco con i creditori principali. Spiegare la situazione e chiedere una dilazione volontaria può portare a soluzioni rapide: ad esempio il fisco concede piani di rateazione fino a 6 anni (72 rate) o 10 anni (120 rate) a seconda dell’importo e condizioni, senza bisogno del giudice, purché si faccia domanda prima che il debito diventi ingestibile. Molti fornitori accettano pagamenti scaglionati se vedono buona fede. Anche le banche, come detto, possono rinegoziare i prestiti (magari con estensione delle durate) se intravedono possibilità di recupero. Queste mosse non richiedono procedure formali ma devono essere gestite con attenzione: conviene mettere per iscritto gli accordi (es. piani di rientro con date e importi, eventuali rinunce ad interessi) e rispettarli rigorosamente, per non perdere credibilità.

Piani di risanamento attestati (art. 56 CCII): Un gradino sopra la pura informalità, c’è lo strumento del piano attestato di risanamento. È un accordo privato che l’imprenditore conclude con i propri creditori, supportato da un piano economico-finanziario di rilancio dell’attività, sul quale un professionista indipendente (un revisore o commercialista) appone un’attestazione di fattibilità. Se questo piano viene poi pubblicato ufficialmente (registro imprese), i pagamenti e le operazioni in esso previsti godono di esenzioni da revocatoria fallimentare. Ad esempio, se un artigiano convince le banche a stralciargli il 30% dei debiti e rateizzare il resto su 5 anni, e fa attestare e pubblicare questo accordo, in futuro nessun curatore fallimentare potrà chiedere indietro quei pagamenti perché protetti dalla pubblicazione (art. 88 CCII, richiamante la disciplina ex art. 67 l.f.). Il piano attestato è un strumento usato più nelle PMI strutturate; per un piccolo artigiano può essere oneroso (serve un attestatore e accordi bilaterali con creditori che coprano tutti o quasi i debiti). Se però il numero di creditori è limitato (es. solo banche), può essere una via efficace e riservata.

In ogni caso, quando la situazione è già molto deteriorata e richiede il coinvolgimento di tutti i creditori per essere risolta, è il momento di passare a strumenti concorsuali veri e propri, che offrono protezioni legali (come il blocco delle azioni esecutive) e soluzioni vincolanti anche per i dissenzienti. Tra gli strumenti più innovativi per prevenire la degenerazione della crisi c’è la Composizione Negoziata della Crisi, vediamola.

Composizione negoziata della crisi d’impresa

La composizione negoziata della crisi è una procedura introdotta nel 2021 (D.L. 118/2021, poi confluita nel CCII agli artt. 17-25 septies) per offrire alle imprese in difficoltà un percorso assistito, volontario e confidenziale, di risanamento . Non è una procedura concorsuale tradizionale, bensì un negoziato guidato da un esperto indipendente nominato tramite una piattaforma telematica nazionale. Può accedervi qualsiasi imprenditore commerciale o agricolo, a prescindere da dimensioni o forma giuridica (quindi anche una piccola impresa artigiana, anche individuale) purché vi sia una prospettiva di risanamento. È uno strumento pensato per affrontare la crisi prima che diventi insolvenza conclamata.

Come funziona in breve: l’imprenditore (o l’artigiano) in stato di crisi presenta domanda di composizione negoziata tramite la piattaforma online dedicata. Viene nominato un Esperto indipendente, spesso un commercialista o avvocato con esperienza in ristrutturazioni, che analizza la situazione economico-finanziaria dell’impresa. L’esperto convoca l’imprenditore e i creditori principali e cerca di facilitare un accordo di ristrutturazione. La procedura è riservata: non comporta pubblicità, a meno che l’imprenditore stesso non chieda misure protettive. Infatti, è possibile richiedere al tribunale una misura protettiva che blocca temporaneamente le azioni esecutive dei creditori (tipicamente per un periodo iniziale di 4 mesi, prorogabile di altri 4) mentre si conduce la negoziazione . Durante la composizione negoziata, l’imprenditore rimane alla guida dell’azienda (non c’è curatore), ma deve gestire l’attività in buona fede sotto l’egida dell’esperto.

Possibili esiti: La composizione negoziata può concludersi in vari modi : – Con la firma di accordi stragiudiziali con singoli creditori (ad esempio nuove dilazioni, riduzione di alcuni debiti, cessione di asset per pagare creditori, ecc.). Questi accordi non richiedono omologazione del tribunale, ma possono essere “protetti” su istanza di parte (es. con l’intervento del tribunale per rendere vincolante un accordo con il Fisco). – Con la predisposizione di uno strumento concorsuale da omologare successivamente: ad esempio un accordo di ristrutturazione dei debiti (formalizzato ex art. 57 e segg. CCII) o un vero e proprio concordato preventivo. In tal caso la negoziazione funge da preludio alla procedura giudiziale. – In caso di esito negativo delle trattative e conclamata insolvenza, l’imprenditore può optare per la soluzione liquidatoria immediata presentando un concordato semplificato (concordato liquidatorio senza voto dei creditori, consentito solo come sbocco di una composizione negoziata fallita) , oppure avviare direttamente la liquidazione giudiziale (fallimento). L’esperto redige una relazione finale che può anche essere utilizzata dal tribunale in caso di successiva istanza di fallimento.

Vantaggi per l’artigiano debitore: La composizione negoziata è pensata come strumento flessibile e rapido. I suoi principali vantaggi sono: – Nessuna perdita di controllo immediata: il debitore rimane in sella, affiancato dall’esperto ma senza spossessamento dei beni. – Sospensione delle azioni esecutive: se richiesto, ottiene dal tribunale una protezione temporanea (divieto per i creditori di iniziare o proseguire pignoramenti) , creando uno spazio di respiro per negoziare. – Possibilità di accordi creativi: essendo stragiudiziale, le parti possono concordare soluzioni molto libere (dilazioni, stralci, conversione di debiti in capitale, conferimenti di nuovi fondi da soci, cessione di rami d’azienda). Non c’è bisogno di rispettare le rigide regole di parità tra creditori tipiche del concorso formale, purché ogni accordo sia accettato da chi ne è parte. – Premialità di legge: il CCII prevede alcuni incentivi all’imprenditore che ricorre alla composizione negoziata. Ad esempio, l’art. 25-bis CCII offre misure premiali fiscali e contributive (come la riduzione di sanzioni o la dilazione di alcuni debiti tributari) per chi segue le indicazioni dell’esperto . Inoltre, sono sospese temporaneamente le cause di scioglimento della società per perdite, e gli eventuali finanziamenti effettuati durante la composizione per sostenere l’attività possono essere esentati dalla postergazione (cioè rimborsabili preferenzialmente). – Transazione fiscale agevolata: Novità importante, introdotta dal correttivo D.Lgs. 136/2024, è la possibilità di concludere accordi con il Fisco nell’ambito della composizione negoziata. È stato inserito l’art. 23 comma 2-bis CCII che consente all’imprenditore, durante la composizione negoziata, di siglare un accordo con l’Agenzia delle Entrate per il pagamento parziale e dilazionato dei debiti tributari . Ci sono però limiti: ad esempio, dall’accordo sono esclusi i debiti previdenziali (INPS) e i tributi locali, che dovranno eventualmente essere trattati in altra sede . In ogni caso, questa novità incoraggia il debitore a includere il Fisco nel pacchetto della ristrutturazione già in fase negoziale. L’accordo fiscale concluso in composizione negoziata, se l’impresa poi passa a un concordato semplificato o ad altra procedura, continua a produrre effetti (salvo eventuale modifica del piano richiesto dal giudice).

In pratica, per un artigiano con troppi debiti ma ancora con un’attività potenzialmente salvabile, la composizione negoziata può essere un’ottima prima mossa. Richiede però di avere un piano credibile di risanamento: se la situazione è già compromessa al punto che non c’è nulla da fare se non liquidare, difficilmente l’esperto potrà trovare accordi. In tal caso, si risparmierà tempo passando direttamente a una procedura liquidatoria.

Esempio: Un’impresa artigiana (piccolo mobilificio) con 10 dipendenti accumula debiti: €200.000 verso fornitori, €100.000 di banche, €150.000 tra fisco e INPS. L’attività è ancora valida, ordini ce ne sono, ma il lockdown e rincari hanno creato un buco di liquidità. L’imprenditore avvia una composizione negoziata. Ottiene subito dal tribunale la sospensione dei pignoramenti (alcuni fornitori avevano già depositato decreti ingiuntivi). Con l’aiuto dell’esperto, propone ai creditori un piano: le banche prorogano i mutui di 5 anni; i fornitori accettano un taglio del 30% sul credito e il resto lo incassano in 24 mesi; l’Erario accetta (ai sensi dell’art. 23 co.2-bis CCII) un pagamento dilazionato del debito fiscale in 6 anni rinunciando a sanzioni . Questo accordo plurilaterale viene formalizzato in scritture private. Il tribunale, verificati gli atti, omologa l’accordo con i creditori pubblici e dichiara chiusa la composizione negoziata con successo. L’azienda prosegue l’attività, i debiti vengono ridotti e riordinati senza procedure concorsuali formali e, se tutte le parti rispettano i patti, l’artigiano evita il fallimento, salvando anche i posti di lavoro.

Se invece le trattative fossero fallite (ad esempio alcuni creditori non accettano), l’artigiano avrebbe potuto decidere di presentare un concordato semplificato al volo: in esso avrebbe proposto al tribunale di liquidare certi beni e distribuire il ricavato ai creditori senza passare per il voto assembleare. Questo strumento, però, è usato come extrema ratio e deve comunque assicurare ai creditori una soddisfazione non inferiore all’alternativa (fallimento).

Accordi di ristrutturazione dei debiti (omologati dal tribunale)

Salendo di livello di formalità, troviamo gli accordi di ristrutturazione dei debiti (ADR) disciplinati dal CCII (artt. 57-64). Si tratta di accordi volontari tra il debitore e una parte qualificata dei suoi creditori, che vengono però omologati dal tribunale e diventano vincolanti anche per alcuni creditori estranei. In sostanza, l’imprenditore deve trovare l’adesione di almeno il 60% dei creditori (per valore dei crediti) alla sua proposta di ristrutturazione. Se raggiunge questa maggioranza, può chiedere al tribunale l’omologazione dell’accordo: il tribunale verifica che l’accordo sia fattibile e non danneggi i creditori non aderenti, dopodiché lo rende efficace erga omnes. I creditori dissenzienti (che rappresentino max il 40% del debito) restano estranei: in linea di principio potrebbero proseguire le azioni esecutive, ma il debitore di solito chiede misure protettive anche in questo caso.

Gli accordi di ristrutturazione sono uno strumento tipico per aziende di media dimensione con molte banche: spesso si usa per formalizzare accordi di ristrutturazione del debito bancario, dove si hanno magari 5-6 banche e serve vincolare tutte a una stessa intesa (moratoria, conversione debiti in azioni, stralci). Per un piccolo artigiano con debiti diffusi, un ADR puro è meno comune, perché è più facile usare il concordato minore (vedi oltre) o il piano del consumatore. Tuttavia, va menzionato perché esistono varianti semplificate introdotte di recente, che potrebbero interessare i piccoli: – Accordo di ristrutturazione agevolato (art. 60-bis CCII): se il debitore riesce a farsi accordare dai creditori che rappresentano almeno il 30% dei crediti una certa proposta, può chiedere lo sconto del quorum al tribunale, dimostrando che i creditori non aderenti non avrebbero di meglio in caso di liquidazione. Il tribunale può omologare l’accordo anche senza il 60%, vincolando tutti i chirografari. In pratica è una sorta di cram-down sugli accordi: consente accordi con consenso ridotto in casi particolari. – Accordo ad efficacia estesa (art. 61 CCII): questo permette di estendere gli effetti di un ADR anche ai creditori finanziari dissenzienti, se aderiscono almeno il 75% delle banche. Serve ad evitare che una banca “holdout” (che rifiuta) faccia saltare tutto se la grande maggioranza è d’accordo. – Transazione fiscale negli accordi (art. 63 CCII): all’interno di un ADR, il debitore può includere una proposta di trattamento dei debiti fiscali e contributivi (ad esempio pagandoli parzialmente). Se l’Erario o l’INPS rifiutano, il tribunale può comunque omologare l’accordo, a condizione che la proposta sia conveniente e che lo Stato prenda almeno il 30% del dovuto . Questo è il cosiddetto cram-down fiscale, oggi esplicitamente previsto, sulla scia della giurisprudenza delle Sezioni Unite .

Per un artigiano non fallibile, però, c’è un ostacolo: in teoria gli accordi di ristrutturazione sono riservati agli imprenditori soggetti a liquidazione giudiziale (fallimento), mentre i debitori civili usano le procedure di sovraindebitamento. Un artigiano individuale sotto soglia (vedi definizione di “imprenditore minore” più avanti) in genere accederà al concordato minore più che a un ADR. Tuttavia, se l’artigiano ha la sfortuna di superare le soglie di fallibilità (ad esempio fatturato di poco oltre 200.000 € annui), potrebbe sfruttare un accordo di ristrutturazione come strumento più snello rispetto a un concordato preventivo.

In sintesi, gli accordi omologati sono un vestito su misura: efficaci se hai già convinto una buona parte dei creditori e vuoi rendere l’accordo stabile e opponibile a tutti. Se invece devi forzare la mano ai creditori perché non c’è consenso sufficiente, allora occorre usare una procedura di concordato, dove decide il giudice a certe condizioni.

Concordato preventivo (ordinario e “semplificato”)

Il concordato preventivo è la più classica procedura concorsuale di ristrutturazione, prevista ora dagli artt. 84 e seguenti CCII. È riservato agli imprenditori soggetti a fallimento (dunque, in linea di massima, imprese non piccole). Se un artigiano esercita attività d’impresa in forma individuale e supera anche uno solo dei parametri per essere “fallibile” (attivo annuo > €300.000, ricavi > €200.000, debiti > €500.000 ), potrebbe trovarsi a dover ricorrere al concordato preventivo in caso di insolvenza, perché non ammesso alle procedure minori. Il concordato preventivo può assumere varie forme: – Concordato in continuità: quando prevede la prosecuzione dell’attività (diretta o tramite affitto/cessione dell’azienda). Il debitore rimane generalmente in possesso dell’impresa sotto sorveglianza di un commissario giudiziale. Si punta a soddisfare i creditori col ricavato della gestione futura, oltre che eventuali apporti esterni. – Concordato liquidatorio: quando prevede la cessazione dell’attività e la liquidazione di tutto il patrimonio, distribuendo il ricavato ai creditori. In passato era poco incentivato (si preferiva dichiarare fallimento direttamente), oggi è ammesso ma richiede alcuni standard minimi: il piano deve garantire almeno il 20% di pagamento ai chirografari, incrementato da risorse esterne pari ad almeno il 10% dell’attivo (per evitare concordati “tombali” troppo penalizzanti per i creditori). – Concordato misto: spesso i piani sono misti (vendita di alcuni asset e continuazione su altri).

Il concordato prevede che il debitore presenti un piano e una proposta ai creditori, che questi vengano suddivisi eventualmente in classi omogenee e che la maggioranza dei creditori (per importo dei crediti, e per classi) approvi la proposta votando . Se c’è approvazione, il tribunale omologa il concordato rendendolo vincolante per tutti (anche per chi ha votato contro). Se il Fisco o altri creditori pubblici hanno votato contro ma la maggioranza è raggiunta, il tribunale può imporre comunque l’omologa grazie al meccanismo di cram-down (recepito nell’art. 112 CCII) , a condizione che la proposta fiscale sia conveniente per l’erario. Durante la procedura di concordato, il debitore è protetto dai creditori: dal momento in cui il tribunale ammette il concordato, nessuna azione esecutiva o cautelare può essere iniziata o proseguita contro di lui (divieto di pignoramenti, ecc.), e i contratti in corso non possono essere risolti per i debiti pregressi. È un potente effetto stay.

Per un piccolo artigiano, il concordato preventivo ordinario è raramente la prima scelta: è una procedura complessa, costosa (ci sono spese di giustizia, compensi del commissario, ecc.) e pensata per realtà più grandi. Tuttavia, se l’artigiano è fallibile e vuole evitare lo spettro del fallimento, può ricorrere al concordato preventivo. Ad esempio, un imprenditore artigiano proprietario di una srl artigiana con debiti di 1 milione potrebbe usare il concordato per cedere l’attività a un investitore e pagare i creditori parzialmente.

Accanto al concordato “normale”, il nuovo codice ha introdotto il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 25-sexies CCII). Questo strumento può essere utilizzato solo se l’imprenditore ha esperito senza successo la composizione negoziata della crisi. In tal caso, entro 60 giorni dall’archiviazione della composizione, può proporre al tribunale un concordato semplificato liquidatorio, in cui offre di liquidare i beni rimasti e ripartire il ricavato secondo le priorità di legge . La differenza enorme è che non c’è voto dei creditori: il piano è imposto dall’alto, i creditori possono solo fare opposizione in sede di omologazione se ritengono che non rispetti i loro diritti. Il tribunale valuta il piano e, se assicura un pagamento non inferiore a quello ricavabile dalla liquidazione giudiziale, lo omologa d’ufficio. Il concordato semplificato è quindi una scorciatoia per liquidare senza passare per il fallimento quando la negoziazione volontaria non ha portato a un risanamento. Per un artigiano, ciò potrebbe essere utile per chiudere l’attività in maniera ordinata: si evita il fallimento, si vendono i beni sotto il controllo del tribunale, e si ottiene comunque l’esdebitazione finale (nei limiti previsti). Tuttavia, fino ad oggi è stato usato raramente, anche perché richiede il passaggio preventivo dalla composizione negoziata .

In sintesi: il concordato preventivo è l’arma classica ma impegna notevoli risorse e tempo; il concordato semplificato è un’arma “d’emergenza” per evitare il fallimento post-composizione negoziata. Per la maggior parte degli artigiani sovraindebitati, comunque, il percorso privilegiato oggi è un altro: le procedure di sovraindebitamento dedicate ai debitori non fallibili. Le affronteremo ora nel dettaglio, poiché costituiscono il cuore della tutela per il piccolo imprenditore indebitato.

Procedure di sovraindebitamento per l’artigiano “non fallibile”

Le procedure da sovraindebitamento sono state introdotte originariamente con la Legge 3/2012 (nota come “legge salva-suicidi”) e oggi sono confluite nel Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019) con alcuni aggiornamenti. Sono concepite per tutti i debitori non soggetti a fallimento – quindi consumatori, professionisti, imprenditori minori, imprenditori agricoli, start-up innovative – che si trovano in stato di crisi o insolvenza e non possono accedere al concordato preventivo o al fallimento . Un artigiano individuale tipicamente rientra in questa categoria di debitore civile, a meno che la sua attività non superi certe soglie dimensionali. In concreto, è definito “imprenditore minore” ai sensi dell’art. 2, c.1, lett. d) CCII colui che negli ultimi tre esercizi (o dall’inizio attività, se inferiore) non ha superato congiuntamente: – €300.000 di attivo patrimoniale annuo ; – €200.000 di ricavi lordi annui ; – €500.000 di debiti totali, anche non scaduti .

Se l’artigiano rispetta tutti e tre questi limiti, è un debitore minore non fallibile. In caso di insolvenza, non potrà essere assoggettato a liquidazione giudiziale (ex fallimento) ma potrà ricorrere alle procedure di sovraindebitamento. Viceversa, se l’attività eccede queste soglie, l’artigiano è equiparato a un imprenditore ordinario e, se insolvente, potrà subire un fallimento o dovrà attivare un concordato preventivo. La grande maggioranza degli artigiani rientra nei limiti (si pensi ai tanti che fatturano meno di 200k annui): queste procedure sono quindi tarate su di loro.

Le procedure di sovraindebitamento oggi previste dal CCII sono quattro: 1. Ristrutturazione dei debiti del consumatore (artt. 67-73 CCII) – l’erede del “piano del consumatore” della legge 3/2012, riservata ai debitori persona fisica che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale . In pratica, è per il consumatore puro, non per l’artigiano in quanto tale (se i debiti sono in prevalenza professionali). Molti artigiani però hanno anche debiti personali (es. finanziamenti per la famiglia, carte di credito, ecc.), ma se la crisi è legata all’attività, difficilmente potranno qualificarsi come “consumatori”. Dunque questo strumento, per quanto importante, spesso non è applicabile all’artigiano se non ha una netta separazione tra debiti d’impresa e debiti personali. 2. Concordato minore (artt. 74-83 CCII) – l’evoluzione dell’“accordo di composizione” della legge 3/2012, destinato a imprenditori minori, professionisti, imprenditori agricoli e start-up in sovraindebitamento . È la procedura tipica per l’artigiano sovraindebitato: una sorta di “mini concordato” dove si propone ai creditori un accordo per pagare in tutto o in parte i debiti e superare la crisi, con eventuale prosecuzione dell’attività. 3. Liquidazione controllata del patrimonio (artt. 268-277 CCII) – successore della “liquidazione dei beni” ex L.3/2012, è la procedura liquidatoria per il debitore civile . In pratica, equivale a un fallimento ma in scala ridotta e su base volontaria o semivolontaria: il debitore mette a disposizione tutti i suoi beni, che vengono liquidati da un liquidatore nominato dal tribunale, e il ricavato viene distribuito ai creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione . Al termine, il debitore persona fisica può ottenere l’esdebitazione (liberazione dai debiti residui). 4. Esdebitazione del debitore incapiente (art. 278 CCII) – innovazione introdotta dal 2020 e rafforzata dal recepimento della direttiva UE, è la procedura di esdebitazione senza utilità. Consente alla persona fisica sovraindebitata che non ha alcun patrimonio o reddito pignorabile – definita appunto “incapiente” – di chiedere al tribunale la cancellazione di tutti i suoi debiti, senza dover liquidare nulla . È un beneficio concesso una sola volta nella vita al debitore “meritevole” che non è in grado di offrire ai creditori alcuna utilità né ora né in prospettiva futura . Se entro 4 anni dall’esdebitazione sopravvengono beni o redditi significativi (tali da permettere di soddisfare almeno il 10% dei creditori), il debitore è obbligato a pagarli ai creditori, altrimenti il beneficio rimane definitivo .

A queste si aggiunge la possibilità delle procedure familiari unitarie: membri della stessa famiglia conviventi o legati da causa comune di indebitamento possono presentare un unico piano o concordato . Ad esempio, marito e moglie artigiani coobbligati nei medesimi debiti possono fare un’unica procedura per risparmiare tempi e costi.

Vediamo più nel dettaglio come funzionano quelle più rilevanti per un artigiano, cioè il concordato minore e la liquidazione controllata, senza dimenticare l’opzione esdebitazione incapiente.

Ristrutturazione dei debiti del consumatore

(Accenno: anche se probabilmente non si applica all’artigiano per i debiti d’impresa, descriviamo brevemente lo strumento per completezza.)

Un consumatore sovraindebitato – cioè una persona fisica che ha debiti per esigenze personali, non legate ad attività economiche – può proporre un piano di ristrutturazione dei debiti con l’ausilio di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) . Questo piano prevede tempi e modalità di pagamento parziale dei debiti, adeguati alle effettive capacità del consumatore, eventualmente con stralcio di una parte. La particolarità è che non serve il consenso dei creditori: il piano viene sottoposto all’omologazione del tribunale, che valuta la fattibilità e soprattutto la meritevolezza del consumatore. Se il giudice ritiene che il consumatore abbia agito con correttezza e buona fede (ad esempio non ha fatto nuovi debiti in malafede, non ha volutamente frodato i creditori, ecc.) e che il piano offre ai creditori un trattamento migliore di quello liquidatorio, può omologarlo anche senza l’accordo dei creditori . I creditori possono fare opposizione, ma non c’è un voto deliberativo come nel concordato.

Requisiti: il consumatore non deve aver già ottenuto un’esdebitazione nei 5 anni precedenti, non deve aver fatto uso di questa procedura più di due volte in totale, e non deve aver causato il sovraindebitamento con dolo o colpa grave . Ad esempio, se un consumatore ha accumulato debiti perché giocava d’azzardo, il giudice potrebbe negare l’omologa ritenendolo non meritevole.

Questo strumento è molto potente per i privati (es. famiglie con troppi prestiti, carte, ecc.), ma raramente applicabile all’artigiano per i debiti di impresa. Tuttavia, se un artigiano cessa l’attività e rimane con debiti personali (ad esempio fideiussioni escusse, debiti di fornitori oramai diventati personali), potrebbe rientrare in questa figura di consumatore “post-attività”. In tal caso, non avendo più un’azienda da salvare, potrebbe proporre un piano di rientro ai creditori privati e al fisco, sapendo che decide il giudice in base alla sua onestà. Uno dei vantaggi di questo istituto è che consente anche di salvare alcuni beni essenziali: ad esempio il consumatore può proporre di mantenere la propria prima casa e pagarne il mutuo regolarmente, compensando i creditori chirografari con altre risorse (questo approccio è ammesso purché gli altri creditori non ricevano meno di quanto avrebbero dalla vendita dell’immobile gravato dal mutuo). La giurisprudenza ha spesso permesso di preservare la prima casa nel piano del consumatore, giudicando congruo che il debitore continui a pagare il mutuo e i creditori chirografari ricevano eventuale liquidità aggiuntiva, invece di vendere la casa a discapito di tutti (perché dalla vendita forzata di un immobile con mutuo spesso i chirografari non ricavano nulla) .

In conclusione, la procedura da consumatore è una via molto favorevole al debitore serio ma sfortunato. Per l’artigiano, funge da opzione se i debiti residui sono prettamente personali. Altrimenti, se i debiti riguardano l’attività, bisogna passare al concordato minore.

Concordato minore

Il concordato minore è la procedura principe per l’artigiano sovraindebitato ancora in possesso di un’attività (o anche se l’ha cessata, ma vuole evitare il semplice fallimento). In pratica, il concordato minore è simile a un concordato preventivo ma su scala ridotta e con regole più snelle, dedicato ai soggetti non fallibili . Vediamone i punti chiave:

  • Proposta e contenuto: Il debitore, con l’aiuto di un OCC (obbligatorio), elabora una proposta di concordato ai creditori. Nella proposta indica come intende soddisfare i crediti: ad esempio, pagando una certa percentuale ai chirografari, magari in parte con liquidazione di beni e in parte con utili futuri, garantendo il pagamento integrale di eventuali crediti privilegiati salvo accordo diverso, ecc. Il CCII incoraggia il concordato minore se consente la prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale : dunque se c’è la possibilità di salvare l’azienda artigiana, il piano può prevedere la continuazione (con relativi piani industriali e finanziari). Se invece l’attività non è proseguibile, è possibile proporre un concordato minore “liquidatorio”, ma in tal caso bisogna giustificarne l’utilità rispetto alla semplice liquidazione controllata.
  • Ruolo dell’OCC: L’Organismo di Composizione della Crisi nomina un gestore della crisi (spesso un professionista) che aiuta il debitore a predisporre il piano e verifica i presupposti . L’OCC svolge un ruolo simile a quello del commissario nel concordato preventivo, ma più vicino al debitore: è un terzo imparziale che assevera i dati e facilita la procedura.
  • Adesione dei creditori: A differenza del piano del consumatore, qui i creditori hanno voce in capitolo. Il concordato minore prevede infatti un voto dei creditori sulla proposta, senza formazione di classi (salvo che il debitore voglia suddividerli). La legge non fissa esplicitamente la maggioranza richiesta, rinviando alle regole generali: tipicamente serve la maggioranza dei crediti ammessi al voto (oltre il 50% in valore) perché il concordato sia approvato, calcolata eventualmente per classi se ce ne sono. I creditori privilegiati o con garanzie reali votano solo se la proposta prevede il loro pagamento non integrale (falcidia) o dilazionato oltre certi termini. Ad esempio, se l’artigiano chiede di pagare solo il 80% di un credito ipotecario, quel creditore voterà.
  • Omologazione: Se i creditori approvano la proposta (maggioranza raggiunta), il tribunale procede all’omologazione, verificando la regolarità della procedura, la fattibilità del piano e la meritevolezza del debitore. La meritevolezza è meno stringente che nel piano del consumatore, ma comunque non possono accedere al concordato minore coloro che hanno commesso atti in frode ai creditori (es. distrazione di beni) o che sono già stati esdebitati recentemente . In particolare, non si può essere ammessi se già ottenuta un’esdebitazione nei 5 anni precedenti o più di due volte complessive. Se un creditore pubblico (come l’Agenzia Entrate) ha votato contro principalmente per la parte di transazione fiscale, il tribunale può comunque omologare il concordato grazie al meccanismo di cram-down erariale (ex art. 48 CCII recepito da Cass. Sez. Un. 272/2019) : in sostanza, il giudice può scavalcare il diniego del Fisco se ritiene che la proposta fiscale è conveniente e rispetta i requisiti di legge.
  • Effetti: Con la pubblicazione del ricorso per concordato minore, il debitore ottiene la sospensione di tutte le azioni esecutive individuali (analoga all’automatic stay) e i creditori non possono acquisire titoli di prelazione se non concordati. Una volta omologato, il concordato minore diventa vincolante per tutti i creditori anteriori: i debiti restano solo nei limiti della soddisfazione prevista dal piano, e gli importi ulteriori sono inesigibili. Se il debitore adempie al piano, ottiene l’esdebitazione di diritto per la parte residua non pagata (salva qualche eccezione come obblighi alimentari, risarcimenti da dolo, etc., che peraltro il CCII non esclude espressamente dall’esdebitazione a differenza di altri ordinamenti ).
  • Vantaggi rispetto al fallimento: Il concordato minore consente all’artigiano di evitare lo stigma del fallimento e spesso di continuare l’attività. Ad esempio, può prevedere che l’artigiano continui a lavorare e versi ai creditori una parte degli utili per alcuni anni. Oppure può mantenere la titolarità dell’azienda vendendo solo alcuni beni non essenziali. Questo approccio “di continuità” è incoraggiato perché mantiene attiva la fonte di reddito, a beneficio anche dei creditori (che potranno essere pagati meglio con l’impresa in funzione piuttosto che con tutto liquidato). Inoltre, durante il concordato minore, l’artigiano non perde la gestione dei beni come in fallimento: agisce sotto controllo OCC, ma non c’è spossessamento completo (tranne per gli atti straordinari, che richiedono autorizzazione).
  • Esempio di concordato minore: Un elettricista ha debiti complessivi per €150.000 (fisco 50k, banca 30k, fornitori vari 70k). Patrimonio: un furgone e attrezzature modeste, niente immobili. Continua a lavorare con un utile annuo previsto di €20.000. Può proporre un concordato minore offrendo: ai crediti privilegiati (diciamo €20k di IVA) il pagamento integrale in 4 anni; ai chirografari il 40% (es. 40k su 100k) in 4 anni, pagato in rate semestrali attinte dall’utile d’impresa. L’attività prosegue, i creditori ricevono più di quanto otterrebbero da una chiusura (se liquidasse il furgone e poco altro, forse il fisco incasserebbe qualcosa e i chirografari zero). I creditori votano: se la maggioranza dei crediti è d’accordo, il piano passa. L’Agenzia Entrate potrebbe dire no, ma se l’offerta rispetta il loro privilegio, probabilmente starà nei limiti. Anche se votasse contro per le sanzioni stralciate, il giudice può omologare lo stesso perché il fisco prenderebbe il dovuto privilegio e in caso di fallimento probabilmente non avrebbe di meglio. Dopo 4 anni di pagamenti puntuali, l’elettricista ha pagato circa €60.000 e il tribunale lo libera dai restanti €90.000 di debiti: potrà così continuare la propria vita professionale senza il fardello passato.

In caso di mancata approvazione da parte dei creditori (ad esempio se non si raggiunge la maggioranza), il tribunale non omologa il concordato. Che succede allora? Il debitore può chiedere la conversione in liquidazione controllata oppure, se preferisce, può tentare di modificare l’offerta e ripresentarla (ma questo allunga i tempi e richiede l’accordo OCC). C’è anche la possibilità che, su ricorso dei creditori, venga comunque dichiarato il fallimento se il debitore era fallibile – ma se parliamo di un non fallibile, i creditori non possono chiederne la liquidazione giudiziale, dovranno accontentarsi della liquidazione controllata.

Liquidazione controllata dei beni

La liquidazione controllata è la procedura da utilizzare quando non è possibile (o conveniente) trovare un accordo di ristrutturazione e l’unica soluzione è liquidare il patrimonio del debitore in modo ordinato. Corrisponde grosso modo al “fallimento” per i soggetti non fallibili, con la differenza che spesso è lo stesso debitore a chiederla per liberarsi dei debiti in eccesso, oppure può essere richiesta dai creditori o dal PM in alcuni casi (ad esempio, se un sovraindebitato fa atti in frode o viola gli accordi).

Come funziona: Il debitore presenta l’istanza al tribunale competente (con l’assistenza OCC), depositando l’elenco dei creditori, inventario dei beni, redditi, ecc. Se ci sono i presupposti (sovraindebitamento conclamato), il tribunale apre la liquidazione controllata e nomina un liquidatore (figura analoga al curatore fallimentare) . Da quel momento: – Il patrimonio del debitore (tutti i beni di sua proprietà alla data di apertura, nonché quelli che acquisirà nei successivi 4 anni) diviene oggetto della procedura. Il debitore ne perde la disponibilità (non può venderli o gravarli). – Si forma lo stato passivo: i creditori devono presentare domanda di ammissione al passivo al liquidatore, che redige l’elenco dei crediti e dei rispettivi privilegi, poi reso esecutivo dal giudice . Ciò definisce chi ha diritto a cosa. – Il liquidatore predispone un programma di liquidazione e procede a vendere i beni (aste, trattative private autorizzate, ecc.), a riscuotere crediti, a sciogliere eventuali contratti pendenti (con autorizzazione), ecc., convertendo tutto in denaro. – Il ricavato viene distribuito ai creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione . Ciò significa che prima si pagano in prededuzione i costi della procedura (compenso OCC, liquidatore, spese), poi i crediti privilegiati (in base al grado: dipendenti, fisco, banche ipotecarie, ecc.), e infine, se resta qualcosa, i creditori chirografari pro-quota. Nella maggior parte dei casi di sovraindebitamento grave, i chirografari ricevono poco o nulla. – Durante la procedura, tutte le azioni esecutive individuali sono bloccate (i creditori devono far valere le proprie ragioni solo nello stato passivo). Inoltre, cessano di decorrere gli interessi sui debiti chirografari. – Se emergono atti sospetti fatti prima (vendite di beni a parenti, pagamenti preferenziali a qualcuno), il liquidatore può esercitare le azioni revocatorie per ripristinare l’equità tra creditori . Ad esempio, se l’artigiano un anno prima di chiedere liquidazione ha regalato l’auto al fratello, il liquidatore potrà far revocare l’atto per riportare l’auto nel patrimonio da vendere.

La liquidazione controllata prosegue tipicamente per alcuni anni (il codice auspica sia rapida, idealmente entro 3 anni, in linea con la direttiva insolvenza) . Il debitore ha alcuni obblighi: deve collaborare, fornire documenti, può essere interrogato dal giudice, non deve nascondere beni o mentire (sarebbe reato). Di contro, mantiene la capacità giuridica (non ci sono più le antiche pene personali del fallimento come l’interdizione dai pubblici uffici, salvo eccezioni). Alcuni beni potrebbero essere esclusi dalla liquidazione: in genere, gli strumenti indispensabili per l’attività professionale (in parte), i beni di stretta necessità per la vita, un minimo di stipendio se il debitore lavora dipendente (non tutto lo stipendio viene preso, ma solo la parte eccedente il necessario). Ad esempio, se l’artigiano ha un’auto utilitaria necessaria per recarsi al lavoro, il liquidatore potrebbe lasciargliela se il suo valore è modesto e serve a generare reddito.

Esdebitazione post-liquidazione: L’obiettivo principale del debitore nell’affrontare la liquidazione controllata è ottenere l’esdebitazione, ossia la liberazione dai debiti residui. Secondo l’art. 282 CCII, il debitore persona fisica, una volta chiusa la liquidazione, può chiedere al tribunale di essere esdebitato per tutti i debiti concorsuali non soddisfatti. Il giudice concede l’esdebitazione se il debitore ha collaborato e non ha violato la legge (e non ci sono ragioni di indegnità). Non è necessario che i creditori abbiano ricevuto una soglia minima di pagamento, purché abbiano ricevuto qualcosa – la Cassazione nel 2024 ha infatti chiarito che non esiste una soglia minima rigida di soddisfacimento per concedere l’esdebitazione . Va valutato il comportamento complessivo del debitore e le circostanze: anche se i creditori hanno ricevuto una percentuale molto bassa (ad esempio 1% del dovuto), l’esdebitazione può essere concessa se era impossibile fare di più e il debitore è stato onesto . L’unico caso che preclude l’esdebitazione è se nessun creditore ha ricevuto alcunché (0%): in tal caso la legge presume un ostacolo oggettivo , a meno che intervenga la procedura dell’incapiente di cui diremo tra poco. Dunque, il messaggio della giurisprudenza recente (Cass. 27562/2024) è che anche un soddisfacimento “simbolico” (purché superiore a zero) non impedisce di avere la freschezza del fresh start .

Una volta ottenuta l’esdebitazione, i creditori chirografari non possono più avanzare pretese sul debitore liberato . I soli debiti esclusi per legge dall’esdebitazione sono quelli di natura personale come alimenti, obblighi di mantenimento, risarcimenti per danni da illecito extracontrattuale o multe penali (in analogia con la legge precedente), anche se il CCII non lo elenca espressamente, lasciando qualche dibattito. Importante: l’esdebitazione non copre gli eventuali coobbligati/garanti rimasti fuori (come detto, se un familiare aveva garantito, su di lui il creditore può rivalersi).

Per l’artigiano, la liquidazione controllata è spesso l’ultima spiaggia: si accetta di perdere i propri beni residui (es. casa, se non protetta, automezzi, risparmi) in cambio di cancellare i debiti e potersi rifare una vita. Non è certo piacevole, ma a differenza di un pignoramento disordinato offre benefici: si ottiene il colpo di spugna finale e si chiudono tutte le pendenze in un’unica procedura, invece di subire pignoramenti uno dopo l’altro potenzialmente senza mai azzerare il debito. Inoltre, come visto, ci sono protezioni per la dignità personale (spesso si riesce a trattenere qualcosa per il sostentamento durante la procedura, e in certe condizioni perfino la casa di abitazione può salvarsi, magari se è modesta e i creditori acconsentono a non forzarne la vendita).

Un punto da sottolineare: durante la liquidazione controllata – così come nel fallimento – le pendenze fiscali continuano a generare interessi legali? Fortunatamente no per i chirografari: l’art. 2749 c.c. prevede che dal momento dell’apertura della procedura concorsuale, gli interessi sui crediti chirografari restano sospesi. Quindi il debito fiscale per sanzioni e interessi viene cristallizzato. I soli interessi che continuano a maturare (ma solo fino al valore del bene) sono quelli sui crediti con garanzia reale, come mutui ipotecari, entro il limite del valore del bene ipotecato.

Esempio: Un ex-artigiano edile ha cessato l’attività con €500.000 di debiti (banche, fornitori, Fisco). Non ha più impresa, possiede solo un appartamento di proprietà. È disoccupato e senza redditi significativi. Non può proporre un concordato perché non ha flussi per un piano, quindi chiede la liquidazione controllata offrendo l’appartamento. Il tribunale apre la procedura, il liquidatore vende la casa per €200.000. Dopo pagate le spese e i privilegi (banche ipotecarie e un po’ di Fisco), ai chirografari va poco o nulla. Il debitore, perso l’immobile, dopo 3 anni chiede l’esdebitazione: il giudice la concede perché, pur essendo rimasta gran parte dei debiti insoddisfatta, il debitore ha cooperato lealmente e ha sacrificato tutto il suo attivo . I creditori non potranno più perseguirlo per il residuo €400.000 rimasto, che di fatto viene cancellato. L’ex-artigiano potrà dunque ripartire da zero, magari trovando un impiego, e senza lo spettro dei debiti passati – fresh start completo.

Esdebitazione del debitore incapiente

Questo istituto merita un approfondimento perché è una novità di grande civiltà nel nostro ordinamento . Si rivolge al caso più disperato: il debitore che non possiede nulla di valore né ha un reddito aggredibile, ma è sommerso dai debiti. Prima del 2020, un tale individuo era condannato a restare a vita con i debiti (i creditori formalmente potevano perseguitarlo per decenni, pur senza trovare soddisfazione). Ora, la legge riconosce che se non c’è niente da prendere, tenere aperta la posizione debitoria serve solo a soffocare il debitore senza beneficio per i creditori. Dunque, l’art. 278 CCII consente al debitore persona fisica, privo di beni pignorabili (a parte quelli di modico valore indispensabili per la vita quotidiana), di chiedere direttamente l’esdebitazione immediata, senza aprire una liquidazione .

Condizioni principali: – Il debitore dev’essere meritevole: non deve aver colpe gravi o frodi. Ad esempio, se è nullatenente perché ha dilapidato volontariamente patrimonio o occultato beni, non può essere considerato meritevole. Invece, se ha perso tutto per eventi sfortunati (crisi economica, malattia, etc.) e non ha mai tenuto condotte fraudolente, la meritevolezza è riconosciuta. – Non deve offrire nessuna utilità ai creditori nemmeno prospettica: significa che davvero non ha nulla e non si prevedono entrate future rilevanti. Se anche solo potesse pagare il 5%, dovrebbe piuttosto fare una liquidazione controllata; questa esdebitazione è riservata ai casi in cui il pagamento sarebbe 0%. – Può essere concessa una volta sola nella vita e non deve aver già ottenuto altri benefici di esdebitazione nei 5 anni precedenti.

Procedura: Si deposita ricorso al tribunale attestando l’assenza di patrimonio. Il tribunale sente l’OCC e i creditori (che possono far osservazioni, ad esempio contestando la sincerità del debitore). Se ritiene soddisfatti i requisiti, emette decreto di esdebitazione del debitore incapiente. Questo decreto: – Libera il debitore da tutti i debiti antecedenti (tranne quelli eventualmente esclusi ex lege come alimenti, danni da fatto illecito e obblighi di mantenimento, presumibilmente). – Impone però un obbligo: se nei 4 anni successivi il debitore dovesse avere sopravvenienze attive rilevanti (vincita alla lotteria, eredità, forte aumento di reddito, ecc.), dovrà darne comunicazione e versare ai vecchi creditori almeno il 10% di quanto loro ancora dovuto . Solo oltre quella soglia scatta il dovere di contribuire. Se invece rimane nullatenente o comunque non raggiunge miglioramenti significativi, trascorsi i 4 anni il beneficio diventa definitivo.

Questo istituto riconosce dunque che anche i poverissimi meritano di non essere perseguitati a vita . È un’ancora di salvezza estrema. Si pensi a chi, fideiussore per una società fallita, si trova con 1 milione di debiti ma nessun bene a parte magari lo stipendio da operaio minimo: prima avrebbe vissuto con pignoramento del quinto per decenni; ora può liberarsi subito (resterà comunque povero, ma almeno quel quinto potrà usarlo per ricostruirsi una vita).

Per un artigiano, l’esdebitazione incapiente è ad esempio ipotizzabile quando l’attività è finita, i beni venduti magari per sopravvivere, e rimangono solo debiti. Ad esempio, un artigiano che ha chiuso la ditta, venduto i macchinari per pagare spese mediche, e ha ancora €100k di cartelle e prestiti, però vive in affitto e ha un vecchio scooter: invece di fare una liquidazione (dove non c’è nulla da liquidare salvo lo scooter), può chiedere l’esdebitazione incapiente. Il tribunale, verificata l’assenza di distrazioni e l’onestà, gliela concede. Da quel momento, tutti i crediti pregressi sono inesigibili . Se tre anni dopo l’artigiano trova un lavoro migliore e vince un piccolo appalto guadagnando €20k, essendo questo sotto il 10% di €100k (sarebbe €10k la soglia), credo comunque dovrebbe segnalare ma se non supera il 10% non c’è obbligo di versamento; se invece eredita una casa da €50k, deve destinare almeno €10k (10% di 100k) ai vecchi creditori.

Importante: questa procedura non coinvolge i creditori in un voto, ma i creditori possono opporsi se scoprono che il debitore ha nascosto beni. La sua efficacia dipende molto dalla sincerità e trasparenza del debitore: ogni sotterfugio pregiudica il beneficio.

In conclusione, l’artigiano deve vedere questa panoramica come una scala: se può salvare la baracca, punterà a un concordato minore (tenersi in attività e pagare una parte); se proprio non può, andrà in liquidazione controllata (chiudere e pagare quel che si può, poi esdebitarsi); se non ha nulla, c’è l’esdebitazione incapiente come rete di ultima istanza. In tutti i casi, il denominatore comune è la meritevolezza e la collaborazione: la legge aiuta solo chi agisce in buona fede, non nasconde nulla e fa la propria parte fino in fondo . Questo è un principio etico fondamentale del sistema: la seconda chance esiste, ma va guadagnata con correttezza.

Transazione fiscale e contributiva nelle procedure di composizione della crisi

Un aspetto delicato delle soluzioni concorsuali per i sovraindebitati riguarda il trattamento dei debiti fiscali e previdenziali. Storicamente, questi debiti erano considerati “intoccabili” (soprattutto IVA e ritenute, considerate somme di terzi). Col tempo, peró, si è compreso che senza sacrificare almeno in parte anche il Fisco, molte crisi non sarebbero risolvibili. Oggi la normativa consente di includere Erario e enti previdenziali nei piani di ristrutturazione, attraverso lo strumento della transazione fiscale.

Nei concordati preventivi e concordati minori, il debitore può proporre a Stato e INPS il pagamento parziale dei loro crediti privilegiati e chirografari. La condizione è che ne ricevano almeno il valore che avrebbero in caso di liquidazione , e che la proposta sia approvata secondo le maggioranze. Se il Fisco/INPS rifiutano (votano no) ma la maggioranza complessiva dei creditori è favorevole, il tribunale può comunque omologare il concordato (cram-down erariale) . Questo principio, inizialmente affermato dalla Corte Costituzionale nel 2015 e dalle Sezioni Unite nel 2019, è ora legge (art. 112 CCII). Ad esempio, se l’artigiano propone di pagare il 50% di IVA e INPS e la Guardia di Finanza vota contro per principio, ma il piano offre al Fisco più di quanto otterrebbe altrimenti, il giudice può forzare l’approvazione. Ciò evita che un singolo creditore pubblico abbia potere di veto. Cassazioni recenti (ad es. Cass. Sez. Un. 8500/2021, Cass. 34865/2023) hanno confermato che le controversie sul diniego del Fisco vanno risolte in sede concorsuale e non tributaria, consolidando il fatto che è il giudice concorsuale ad avere l’ultima parola .

Negli accordi di ristrutturazione dei debiti, come visto, l’art. 63 CCII consente una transazione fiscale: se l’ente pubblico non aderisce, il giudice può comunque omologare se la proposta soddisfa certe condizioni (in genere almeno il 30% ai chirografari e convenienza per il Fisco) .

Nella composizione negoziata, dal 2024, è addirittura possibile per il debitore concludere un accordo direttamente con l’Agenzia delle Entrate per tagliare e dilazionare i tributi , il tutto con l’attestazione di un esperto e l’autorizzazione (formale) di un giudice ma senza un voto dei creditori. Ciò è innovativo e va nella direzione di coinvolgere il Fisco al tavolo delle trattative fin da subito. Purtroppo, gli enti previdenziali non sono inclusi in questa norma, per cui un taglio dei contributi è possibile solo all’interno di un concordato o accordo omologato, non in sede meramente negoziale .

Un’altra particolarità: la legge italiana (art. 88 comma 4-ter TUIR) prevede che le somme derivanti da riduzione dei debiti in concordati o accordi omologati non costituiscono reddito imponibile . Questo per evitare che un debitore che si vede stralciare, ad esempio, €50k di debiti debba pure pagarci l’IRPEF come se fossero un guadagno. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito nel 2024 che tale esenzione si applica a tutte le procedure previste dal CCII, inclusi i piani attestati pubblicati . Ciò è un aspetto favorevole: l’artigiano che ottiene il taglio dei debiti non dovrà pagare tasse sul “beneficio” ottenuto, evitando un paradosso fiscale.

Come difendersi dalle azioni esecutive dei creditori

Uno dei momenti più critici per un debitore è l’arrivo di un atto di pignoramento o altra esecuzione forzata. Dal punto di vista del debitore, difendersi significa utilizzare tutti gli strumenti legali per sospendere, evitare o attenuare queste azioni. Abbiamo già accennato che l’avvio di una procedura concorsuale (concordato, liquidazione, ecc.) comporta l’automatico blocco delle azioni esecutive individuali: questo è il “scudo” più efficace, ma richiede appunto di aver avviato per tempo la procedura. Vediamo dunque i rimedi in tre fasi: prima, durante e dopo l’esecuzione.

  • Prima del pignoramento: In questa fase l’obiettivo è evitare che i creditori passino alle vie di fatto. Gli strumenti sono la negoziazione e, se imminente, la richiesta di misure protettive. Ad esempio, se l’artigiano sta attivando una composizione negoziata o preparando un ricorso per concordato minore, può chiedere al tribunale una sospensione anticipata dei singoli pignoramenti in corso. La Cassazione ha chiarito che il giudice concorsuale può disporre il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive, ma che poi il giudice dell’esecuzione specifico formalmente sospende o dichiara estinta la procedura esecutiva, coordinandosi con quello concorsuale . In sostanza, appena il debitore deposita la domanda di concordato o sovraindebitamento, può allegare la ricevuta per far bloccare eventuali aste o atti esecutivi pendenti: il giudice dell’esecuzione deve prendere atto del divieto e sospendere il processo esecutivo . Questo è cruciale: se la casa è all’asta la settimana prossima, depositare la domanda di concordato qualche giorno prima obbliga a sospendere la vendita.
  • Durante il pignoramento (in corso di esecuzione individuale): Se un pignoramento è già partito e il debitore non ha (ancora) attivato procedure concorsuali, può comunque provare a difendersi in sede esecutiva. Ad esempio:
  • Presentare un’istanza di conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.), offrendo al giudice dell’esecuzione di pagare il dovuto a rate. Questa facoltà è concessa al debitore prima che sia disposta la vendita dei beni pignorati: il debitore chiede di sostituire ai beni una somma di denaro pari al debito più spese, anche versandola a rate (massimo 18 mensili). Se il giudice accoglie, il pignoramento viene sospeso subordinatamente al pagamento puntuale di quelle rate. È un modo per guadagnare tempo ed evitare la svendita all’asta, a patto di riuscire poi a trovare i fondi.
  • Opporsi per vizi formali o sostanziali mediante opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi se ci sono errori del creditore (ad esempio notifica viziata, pignoramento eccedente, prescrizione del titolo, ecc.). Questo spesso serve solo a ritardare, ma in alcuni casi blocca proprio l’azione se l’opposizione ha fondamento.
  • Ridurre l’impatto del pignoramento sul reddito: Se viene pignorato lo stipendio o la pensione, la legge prevede delle quote massime (in genere 1/5 del netto salvo concorso di cause; la pensione è impignorabile sotto il minimo vitale). Il debitore può segnalare al giudice se più creditori stanno pignorando contemporaneamente, per far rispettare i limiti (non più di metà dello stipendio in totale).
  • Contestare i crediti in sede concorsuale: Qualora il pignoramento evolva in un concorso formale (es. fallimento), il debitore potrà contestare i crediti ingiustificati in quella sede. Ma se rimane individuale, le contestazioni vanno fatte entro i termini dell’opposizione.
  • Dopo il pignoramento (a beni venduti o somme assegnate): Qui c’è poco da fare se non ricorrere contro eventuali irregolarità nelle assegnazioni. Se un bene è già stato venduto all’asta, è difficile riaverlo (salvo vizio radicale). Tuttavia, se entro breve il debitore accede a una procedura concorsuale, i crediti residui ancora da soddisfare confluiranno lì e potranno essere falcidiati. Ad esempio, se la casa viene venduta ma non copre tutto il debito, il residuo può essere soggetto a esdebitazione nel concordato o liquidazione.

Limiti legali al pignoramento di beni essenziali: Abbiamo già citato la grande protezione per la prima casa verso il fisco (impignorabilità sotto certe condizioni) . Vale la pena ribadire: se l’artigiano ha una sola casa di abitazione, dove risiede, non di lusso, e il debito con Agenzia Entrate Riscossione è < €120.000, quell’ente non può procedere a espropriarla . Può solo iscrivere ipoteca. Se però il debito supera €120.000 e il valore degli immobili è oltre €120.000, allora può pignorare, ma deve prima aver ipotecato e atteso 6 mesi . In più, se un creditore privato avvia comunque un’esecuzione sulla casa, l’Agenzia può inserirsi ma non prendere l’iniziativa se da sola non poteva . Questa norma salva molte abitazioni modeste. Attenzione: come detto, i creditori privati non hanno questo limite e potrebbero attaccare la prima casa anche per debiti minori, quindi l’artigiano non è del tutto al sicuro solo perché i debiti sono con fornitori.

Altri beni parzialmente tutelati: – Strumenti di lavoro: il Codice di procedura civile (art. 515) esenta dal pignoramento gli strumenti, oggetti e libri indispensabili al debitore per l’esercizio della professione, arte o mestiere, nei limiti di un valore determinato dal giudice, salvo che il pignoramento riguardi obbligazioni alimentari. Ciò significa che l’artigiano può salvare almeno una parte dell’attrezzatura di base per continuare a lavorare (es. all’idraulico non portano via l’intera cassetta degli attrezzi, magari lasciandogli l’essenziale). Questa è una tutela relativa, spesso applicata con parsimonia nelle prassi, ma esiste. – Beni di uso quotidiano e affettivo: Mobilio di casa, vestiti, elettrodomestici necessari, anelli nuziali, ecc. sono impignorabili per legge (nessuno verrà a portarti via il letto o il frigo). – Salari e pensioni: Come detto, pignorabili solo per un quinto (salvo concorsi). – Veicoli: non c’è un’esenzione per l’auto di per sé (infatti il fermo amministrativo blocca anche l’unico veicolo). Tuttavia, in sede di liquidazione concorsuale, il liquidatore spesso valuta se convenga lasciare al debitore l’auto se il ricavato da una vendita sarebbe esiguo e invece serve al debitore per lavorare. Ci può essere quindi un certo buon senso applicato.

Opporsi alle pretese infondate: Un artigiano deve anche sapere che ha diritto di opporsi a cartelle esattoriali errate o a richieste illegittime. Ad esempio, se un debito fiscale è prescritto, può fare ricorso alle commissioni tributarie (o ora alla Corte di Giustizia Tributaria) e bloccare la riscossione. Oppure se un fornitore chiede interessi usurari, può farli rideterminare dal giudice. Queste difese rientrano però nell’ambito ordinario delle controversie sui crediti, più che nelle procedure di crisi, ma sono comunque armi da non trascurare: pagare solo il giusto è il primo passo per non indebitarsi oltre.

In sintesi, la miglior difesa è l’attacco: usare gli strumenti concorsuali per congelare i creditori e poi trattare tutti insieme. Se però uno o pochi creditori stanno agendo, a volte conviene raggiungere un accordo mirato con loro (ad esempio pagare un creditore “pericoloso” per evitare che butti all’aria l’attività con un pignoramento aggressivo, e poi includere i restanti in un piano). È sempre una valutazione strategica: l’artigiano, magari assistito da un legale esperto, deve decidere come impiegare le scarse risorse per massimizzare la chance di salvezza.

Nel prosieguo, offriremo alcune domande frequenti che riassumono quanto detto e chiariscono dubbi concreti, e proporremo casi pratici per mostrare l’applicazione reale di queste procedure. Infine, chiuderemo con tabelle riassuntive e un elenco delle principali fonti normative e giurisprudenziali di riferimento aggiornate al 2025.

Domande frequenti (FAQ) sull’uscita dai debiti per un artigiano

D: Un artigiano può essere dichiarato fallito?
R: Solo se supera certe dimensioni. La legge esclude dal fallimento (ora liquidazione giudiziale) l’imprenditore minore, ossia chi negli ultimi 3 anni ha avuto attivo ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000 e debiti ≤ €500.000 . La maggior parte degli artigiani individuali rientra in questi limiti e non può essere soggetta a fallimento. In caso di insolvenza, utilizzerà le procedure di sovraindebitamento (concordato minore, liquidazione controllata). Se invece l’artigiano ha un giro d’affari superiore a tali soglie, è equiparato a un imprenditore ordinario: in caso di insolvenza i creditori potrebbero chiederne la liquidazione giudiziale (fallimento) e lui stesso potrebbe prevenire ciò presentando un concordato preventivo.

D: Ho troppi debiti e temo di perdere la prima casa: è possibile difenderla?
R: Dipende dal tipo di debito e dai creditori. Per i debiti fiscali, esiste una forte tutela: l’Agenzia Entrate Riscossione non può pignorare la prima ed unica casa di abitazione del debitore (non di lusso) se il debito con lo Stato è inferiore a €120.000 . Anche oltre tale soglia, può agire solo a certe condizioni (ipoteca da 6 mesi, patrimonio totale > €120k, ecc.) . Quindi, per debiti con il Fisco sotto 120k la prima casa è salva. Invece i creditori privati (banche, fornitori) non hanno quel divieto: se ottengono un titolo, possono pignorarla (purtroppo la legge non ha esteso la protezione ai creditori diversi dal fisco). Tuttavia, se la casa ha un mutuo ipotecario in corso e il debitore continua a pagarlo regolarmente, la banca normalmente non procede e altri creditori difficilmente ricaveranno qualcosa pignorandola (perché l’ipoteca della banca prevale). In sede di piano di ristrutturazione, è spesso possibile salvare la casa, prevedendo di mantenere il pagamento del mutuo e offrendo ai chirografari altri beni o risorse . In molti casi i giudici approvano piani che evitano la vendita della prima casa, considerandolo coerente con l’obiettivo di conservare i beni essenziali. Dunque, la strategia migliore è attivare una procedura concorsuale (piano o concordato) e includere la tutela dell’abitazione nella proposta. In liquidazione controllata, invece, la casa potrebbe dover essere venduta salvo accordi con i creditori. Ricorda anche che costituire un fondo patrimoniale o donare la casa ai figli all’ultimo momento non mette al sicuro: sarebbero atti revocabili o inefficaci verso i creditori.

D: Quali debiti si possono includere in un piano di sovraindebitamento? Anche le tasse e l’INPS?
R: Si possono includere tutti i debiti, nessuno escluso, di qualunque natura (fiscale, previdenziale, bancario, commerciale, privato). Non esistono crediti “impignorabili” verso i quali non sia possibile proporre la ristrutturazione. Quello che cambia è il trattamento: – I debiti con privilegio (es. ipoteche, privilegi fiscali, stipendi, ecc.) di norma vanno soddisfatti per intero per la parte coperta da garanzia/prelazione, oppure nei limiti del valore del bene su cui insiste la garanzia . È possibile proporre di pagarli parzialmente (falcidiarli), ma in tal caso serve il consenso o il cram-down del giudice. Ad esempio, l’IVA può essere falcidiata in un concordato minore purché si paghi almeno quanto si sarebbe ricavato liquidando i beni su cui il fisco ha privilegio . – I debiti chirografari (senza garanzie) possono essere tranquillamente ridotti anche a una piccola percentuale, purché il piano dimostri che quella percentuale è il massimo ottenibile nella situazione data. – Tasse e contributi possono quindi essere inclusi e ridotti: questa è una differenza fondamentale rispetto al passato. La legge non esclude tributi dall’esdebitazione , e la Corte Costituzionale ha abolito il divieto di falcidia IVA già nel 2015. Ad oggi, in un piano del consumatore o concordato minore si può proporre di pagare parzialmente anche IVA e INPS, e il giudice può omologare anche contro il parere contrario dell’ente, se la proposta è equa . Quindi sì: Equitalia (AdER) e INPS entrano nel piano, pagando magari solo una parte del dovuto e stralciando il resto, cosa impensabile fino a qualche anno fa. – Fanno eccezione alcuni debiti di natura personale o da illecito: ad esempio le multe penali, le sanzioni amministrative pecuniarie per condotte fraudolente, le obbligazioni alimentari verso i figli. Questi in genere non si estinguono nemmeno con l’esdebitazione (analogamente a quanto avviene in altre giurisdizioni estere), anche se il CCII non li menziona espressamente: ci si aspetta l’interpretazione che restino fuori per ragioni di ordine pubblico (pagare le vittime di un reato, ad esempio, non può essere evitato con un concordato).

D: Quanto dura una procedura di sovraindebitamento?
R: Le durate variano a seconda dello strumento: – Una composizione negoziata dura orientativamente pochi mesi (3-6 mesi la fase di negoziazione, prorogabile di poco). È pensata per essere rapida. – Un piano del consumatore o concordato minore comprende una fase iniziale (pochi mesi per predisporre e depositare il piano, più eventuale voto dei creditori per il concordato) e poi l’esecuzione del piano stesso. L’esecuzione spesso prevede pagamenti rateali su anni. Tipicamente i piani hanno durate tra 3 e 5 anni, ma potrebbero essere più lunghi se la situazione lo richiede (non c’è un limite legale rigido, salvo che dilazioni eccessivamente lunghe sarebbero considerate inammissibili per mancanza di fattibilità). – La liquidazione controllata è di solito più breve: l’obbiettivo è vendere i beni e chiudere. Il Codice della Crisi, recependo la direttiva UE, tende a far sì che un debitore persona fisica possa ottenere l’esdebitazione entro 3 anni dall’apertura della liquidazione (mentre per imprenditori fallibili la regola è 3 anni dalla dichiarazione di insolvenza, o 5 anni in casi complessi). Quindi aspettati circa 2-3 anni per chiudere la liquidazione se il patrimonio è semplice. Se ci sono immobili da vendere all’asta, potrebbe volerci di più, ma la tendenza dei tribunali è accelerare. – L’esdebitazione dell’incapiente è la più veloce: tecnicamente, pochi mesi per ottenere il decreto, dopodiché c’è il periodo di osservazione di 4 anni (in cui se ti arriva qualcosa devi segnalarlo). Ma in pratica, per il debitore è un colpo di spugna quasi immediato, salvo quell’obbligo condizionato dei 4 anni.

Dalla presentazione della domanda alla pronuncia del giudice (omologa o apertura liquidazione) in genere passano pochi mesi (dipende dal carico del tribunale, ma spesso 4-6 mesi). Il grosso della durata sta poi nella fase di pagamento o liquidazione. Quindi, esempio: concordato minore depositato oggi, omologato tra 4 mesi, piano di pagamento 4 anni: totale 4 anni e 4 mesi per completare e ottenere esdebitazione. Liquidazione controllata: aperta oggi, venduti i beni in 18 mesi, chiusa in 24 mesi, esdebitazione concessa subito dopo: 2 anni circa. È comunque molto meno dei 10 anni che in passato servivano per riabilitazioni nel fallimento. L’ottica UE è “fresh start in 3 anni” per gli imprenditori onesti.

D: Cosa significa meritevolezza e come viene valutata?
R: La meritevolezza è un concetto chiave: indica che il debitore ha tenuto un comportamento onesto, trasparente e non gravemente colposo. In pratica, il giudice (o l’OCC) valuta: – Origine dei debiti: se il debitore ha assunto debiti in modo sproporzionato rispetto alle sue possibilità (iperindebitamento colposo). Ad esempio, Cassazione ha detto che contrarre debiti oltre misura magari per spese voluttuarie può essere considerato colpa grave tale da negare un piano del consumatore . Se però il sovraindebitamento è dovuto a cause esterne (crisi economica, cliente insolvente, malattia, etc.), il debitore è meritevole. – Comportamento verso i creditori: se ha tentato di nascondere beni, fare atti in frode (vendite fittizie, falsi peggioramenti del patrimonio), allora non è meritevole. Se invece ha collaborato, ha fornito tutte le informazioni, non ha fatto preferenze indebite, allora sì. – Utilizzo degli strumenti di crisi: la legge ora prevede che sia considerato anche il comportamento delle banche nel concedere credito. Hanno introdotto il concetto di merito creditizio: se la banca ha prestato soldi con leggerezza a un soggetto poco affidabile, parte della colpa ricade anche su di essa . Questo per bilanciare la valutazione: non è solo “hai fatto debiti quindi sei colpevole”, ma anche “perché ti hanno prestato così tanto?”. In tal senso, l’orientamento è meno punitivo verso il debitore rispetto al passato. – Precedenti: se il debitore ha già beneficiato di esdebitazione in tempi recenti, la meritevolezza è dubbia (difatti la legge vieta il bis entro 5 anni). – Eventuali condotte illecite: frodi, reati come bancarotta, false comunicazioni, ecc. portano all’indegnità.

Va detto che per il consumatore la meritevolezza è scrutinata attentamente (essendo un provvedimento unilaterale). Per il concordato minore, essendo i creditori coinvolti, c’è un po’ più di flessibilità: di base, se i creditori sono soddisfatti e non emergono frodi, il giudice tende ad omologare, salvo atti in frode. Ad esempio, se un artigiano ha pagato qualche creditore fuori sacco prima di presentare domanda (preferendolo), quell’atto potrebbe far saltare la meritevolezza perché ha leso la par condicio.

D: Se i creditori non sono d’accordo con il mio piano, posso fare qualcosa?
R: Dipende dallo strumento: – Nel piano del consumatore, i creditori non votano; possono solo presentare osservazioni. Quindi se non sono d’accordo, l’unica via è che convincano il giudice che il piano non li tutela abbastanza o che sei in malafede. Ma se il piano è equilibrato, il giudice può omologarlo anche con tutti i creditori contrari. Dunque il loro “disaccordo” non è decisivo, a meno che il giudice ritenga fondate le loro contestazioni. – Nel concordato minore, invece, serve la maggioranza (per importo) dei crediti. Se non la ottieni, il piano non passa. Tuttavia, attenzione: non tutti i creditori votano. I privilegiati soddisfatti integralmente non votano (si danno per favorevoli per legge). Solo chi subisce una falcidia o dilazione notevole vota. Quindi potresti avere la maggioranza perché i principali contrari magari erano privilegiati che non votano. Se proprio manca il voto, potresti modificare la proposta per accontentare di più i contrari e riprovare, oppure passare a liquidazione. – C’è una particolare eccezione: se tra i contrari c’è il Fisco o l’INPS, esiste il meccanismo di approvazione giudiziale coattiva (cram-down fiscale). In sostanza, se senza considerare il voto negativo del Fisco la maggioranza sarebbe raggiunta, e se la proposta al Fisco è nei parametri di legge, il tribunale può omologare ugualmente . Esempio: 70% di creditori favorevoli senza contare l’Agenzia Entrate, che è 40% del totale ed è contraria; formalmente sarebbe bocciato perché il no del Fisco fa scendere il sì al 42%. Ma se la proposta verso il Fisco rispetta certe condizioni, il giudice può dire “nonostante il no dell’Erario, omologo lo stesso” (lo prevede l’art. 12 comma 3-ter L.3/2012 e ora l’art. 80 CCII per il concordato minore). – Nei accordi di ristrutturazione omologati, come visto, esiste la variante agevolata dove bastano il 30% di consensi per chiedere l’omologa forzosa . Quindi anche lì puoi vincere qualche resistenza se la minoranza dissenziente è trattata equamente.

In ultima analisi, se non c’è verso di avere consenso, l’alternativa è la liquidazione controllata: lì i creditori non devono essere d’accordo, la procedure procede d’ufficio. Certo, è la soluzione più drastica.

D: Posso continuare la mia attività durante queste procedure o devo chiudere bottega?
R: Una delle finalità del CCII è proprio di favorire la continuazione dove possibile. Dunque: – In composizione negoziata, assolutamente sì: continui a gestire la tua impresa (anche perché l’obiettivo è risanarla), con l’esperto che consiglia. Anzi, puoi contrarre nuova finanza (prestiti) per la continuità, con privilegi di rimborso, se autorizzato. – Nel concordato minore in continuità, pure: l’artigiano può continuare a lavorare, ovviamente sotto le regole del piano. Ad esempio, se deve destinare parte degli utili ai creditori, dovrà farlo; se deve vendere un ramo d’azienda, lo farà, ma il resto prosegue. Ci sarà un OCC o un commissario che vigila ma non sostituisce il debitore. In un concordato minore liquidatorio invece l’attività cessa (o viene ceduta) – ma di solito se cessa conviene fare liquidazione invece del concordato, a meno di casi particolari. – Nella liquidazione controllata, pur essendo liquidatoria, la legge consente al liquidatore di autorizzare il debitore a continuare provvisoriamente l’esercizio di un’impresa se funzionale a una migliore liquidazione (es. completare dei lavori per vendere magazzino, o mantenere l’azienda aperta in attesa di cessione in blocco). Ma è una continuazione finalizzata alla vendita, non a lungo termine. – Importante: se il debitore è un’impresa registrata (es. una srl artigiana) e accede a concordato o accordi, non perde la titolarità, però certi atti di straordinaria amministrazione richiedono autorizzazione del giudice o del commissario. In procedure minori per persona fisica, spesso il debitore rimane libero di operare sotto vigilanza OCC. Quindi può fatturare, incassare, pagare le spese correnti. I creditori concorsuali però non può pagarli se non come da piano.

In sintesi, soprattutto con il concordato minore, l’artigiano ha la chance di proteggere l’attività e portarla avanti, liberandosi del peso dei debiti pregressi gradualmente. Molti artigiani che hanno avviato tali procedure poi sono riusciti a risollevarsi e proseguire la loro professione una volta ripuliti dai debiti.

D: Cosa devo fare concretamente per avviare una procedura di sovraindebitamento? A chi mi rivolgo?
R: Il primo passo è raccogliere tutta la documentazione sulla tua situazione finanziaria: elenco di tutti i debiti (importi, creditori, scadenze, eventuali atti giudiziari ricevuti), elenco dei tuoi beni (immobili, veicoli, conti bancari, polizze, ecc.), attestati di reddito (dichiarazioni dei redditi, bilanci se azienda, estratti conto). Con questo dossier, ti puoi rivolgere a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) oppure a un professionista esperto (avvocato o commercialista iscritto come gestore crisi) . Gli OCC spesso operano presso le Camere di Commercio o gli Ordini professionali: in ogni provincia ce n’è almeno uno iscritto in un registro del Ministero della Giustizia . Presenti un’istanza all’OCC competente (in genere nel luogo di residenza o sede dell’impresa). L’OCC nomina un gestore che studia il caso e ti aiuta a predisporre la domanda da depositare in tribunale . In alternativa, se ti rivolgi prima a un avvocato specializzato, sarà lui a farti da OCC (se ha i requisiti) o a coordinarsi con un OCC.

Una volta pronta la proposta con tutti i documenti, si deposita il ricorso in tribunale. Da lì in poi c’è l’iter giudiziale: il tribunale eventualmente emette i provvedimenti di protezione, nomina un giudice delegato e fissa l’udienza per omologare il piano. Tu dovrai comparire e confermare i dati. Se tutto va bene, si arriva all’omologazione e si parte con l’esecuzione del piano sotto supervisione OCC o liquidatore.

Importante: le procedure hanno costi accessibili, pensati per non scoraggiare chi è già in difficoltà. Gli OCC spesso chiedono un piccolo anticipo per le spese iniziali e poi i compensi dei gestori vengono calcolati secondo tariffari sul risultato, pagabili nell’ambito del piano. In caso di debitore nullatenente, la legge prevede addirittura l’esonero o il rinvio delle spese di giustizia . Non bisogna quindi temere costi proibitivi: affrontare la procedura è molto meno costoso (anche psicologicamente) che subire anni di pignoramenti.

D: Cosa succede ai miei garanti o coobbligati se io ottengo l’esdebitazione?
R: L’esdebitazione libera solo te in quanto debitore principale. I fideiussori o coobbligati solidali (es. un socio garante, un familiare firmatario di un prestito) restano obbligati per intero . Ad esempio, se tu e tua moglie avete firmato insieme un mutuo e tu fai concordato pagando il 30%, la banca potrà rivalersi su tua moglie per il restante 70%, a meno che anche lei non acceda a una procedura ed ottenga esdebitazione. È quindi opportuno, nei casi di indebitamento familiare, attivarsi insieme (le procedure familiari lo consentono presentando un’unica procedura congiunta) . Se ciò non avviene, il creditore può continuare contro i coobbligati. Una volta che ha riscosso da loro, però, quel credito nei tuoi confronti è comunque inesigibile (non possono poi rivalersi su di te, sei protetto dall’esdebitazione). La moglie che ha pagato la banca però subentra come tua creditrice di regresso – ma anche lei non potrà esigere, perché il tuo esdebitazione colpisce tutti i crediti antecedenti. Insomma, purtroppo i garanti spesso finiscono per pagare: l’unico rimedio è includerli nella strategia (o almeno informarli per tempo per trovare soluzioni).

D: Dopo l’esdebitazione, potrò ottenere crediti o finanziamenti? Rimarrò “segnato”?
R: Con l’esdebitazione, legalmente sei come “riabilitato”: i debiti sono cancellati e non risultano più in banche dati pubbliche come i registri fallimentari. Tuttavia, le banche dati creditizie private (CRIF, Cerved, etc.) potrebbero mantenere traccia della tua storia negativa per qualche anno. Ad esempio, se avevi sofferenze bancarie, quelle segnalazioni rimangono 36 mesi dopo la chiusura della posizione. Inoltre, le procedure concorsuali vengono pubblicate su registri consultabili: un istituto di credito scrupoloso potrebbe venirne a conoscenza. Detto ciò, conoscendo il mercato, appena sarai debit free potrai gradualmente ricostruirti il merito di credito, magari iniziando con piccole linee (un conto corrente, una carta prepagata, poi via via). Non c’è una preclusione legale a darti nuovi finanziamenti – a parte il buon senso: ovviamente dopo un’insolvenza sarà prudente non sovraindebitarsi di nuovo. Va detto che in Italia l’imprenditore ex fallito per 5 anni non poteva accedere ad alcune cariche; ora questa incapacità temporanea è stata tolta o ridotta. Quindi no, non sei “marchiato a vita”: l’idea del legislatore moderno è proprio che tu possa tornare a pieno titolo nell’economia legale, libero dai debiti passati. Molti, dopo l’esdebitazione, riferiscono di sentirsi sollevati e in grado di ripartire con più giudizio. Potrai aprire una nuova attività? Sì, non c’è divieto (salvo casi di frode conclamata). Ottenere fidi bancari magari sarà difficile nell’immediato, ma col tempo e con i risultati potrai riconquistare fiducia.

D: Quali sono le differenze principali tra il “piano del consumatore” e il “concordato minore”?
R: Entrambi sono procedure da sovraindebitamento, ma: – Il piano del consumatore riguarda chi non è imprenditore (debiti personali). Non richiede voto dei creditori, decide tutto il giudice valutando la tua meritevolezza e la convenienza del piano. È un procedimento unilaterale: tu proponi, il giudice omologa se ritiene. Adatto a chi ha pochi creditori ma molto rigidi (es. finanziarie) e vuole imporre una soluzione. – Il concordato minore riguarda l’imprenditore o professionista sovraindebitato. Richiede un consenso (maggioranza crediti) e quindi è più negoziale: devi convincere una parte dei creditori. Il giudice interviene se c’è quella base di accordo (o la crea coattivamente per alcuni come il fisco). È più adatto quando hai tanti creditori diversi e vuoi trovare un compromesso generale, continuando magari l’attività. – Meritevolezza: nel piano del consumatore è scrutinata attentamente (il giudice può rigettare se hai colpa grave), nel concordato minore conta di più l’assenza di frodi (se i creditori sono d’accordo, la colpa nel contrarre debiti pesa meno). – Ambito soggettivo: un artigiano con debiti professionali non può fare il piano consumatore (per definizione), dovrà fare concordato minore. Se però ha anche debiti personali mescolati, in teoria potrebbe provare a qualificarsi consumatore se l’attività è cessata. Ma in pratica, se i debiti derivano dall’attività, i giudici tendono a richiedere il concordato minore.

D: Ci sono conseguenze fiscali se mi tagliano i debiti? Devo pagare tasse sul debito cancellato?
R: No, niente tasse su quello. Normalmente, quando un creditore ti condona un debito, per il fisco è una sopravvenienza attiva (un guadagno) tassabile. Ma la legge fiscale (TUIR) esclude da tassazione le riduzioni di debito ottenute in concordati, accordi omologati o piani attestati . Quindi se nel tuo concordato ti abbuonano €50.000, non dovrai dichiararli come reddito imponibile. L’Agenzia Entrate ha confermato che l’esenzione vale anche per le procedure di sovraindebitamento e i piani di risanamento pubblicati . Questo per evitare il paradosso di liberarti dai debiti e poi creartene di nuovi con le imposte su quel “beneficio”. Fai solo attenzione: se invece ottieni uno stralcio fuori da procedure (tipo un accordo privato con una banca), quello potrebbe generare imponibile. Ma spesso in quei casi la banca stessa emette causali che riducono la tassazione. Comunque, dentro le procedure di cui parliamo, il taglio del debito è pulito dal punto di vista fiscale.

D: Se durante la procedura la mia situazione migliora (guadagno di più del previsto), cosa accade?
R: Dipende dalla procedura: – In un piano/concordato, se guadagni di più, in linea teorica dovresti destinare quella maggiore capacità ai creditori, almeno in parte. Spesso nei piani si inserisce una clausola di miglior fortuna: ad esempio, se il reddito annuo supera di X quanto stimato, il 50% dell’eccedenza va ai creditori per aumentare le percentuali. Se non c’è clausola, comunque i creditori potrebbero lamentarsi che il piano non rispetta più la par condicio. Diciamo che c’è un dovere di buona fede: se la tua condizione migliora sensibilmente, è bene offrire di più, anche per evitare possibili revoche dell’omologazione. La legge prevede la possibilità di modificare il piano omologato in caso di sopravvenienze non imputabili al debitore . Quindi lo stesso debitore può chiedere al giudice di aumentare i pagamenti se può, o i creditori possono chiedere revoca se scoprono che stai facendo il furbo guadagnando molto di più ma non paghi. – In liquidazione controllata, se durante i 4 anni successivi alla chiusura ottieni utilità >10% debiti, devi pagare i creditori in misura non inferiore al 10% (per non perdere l’esdebitazione) . Se il miglioramento avviene durante la procedura (es. trovi lavoro), il liquidatore ne terrà conto incamerando eventuale pignorabile. Se avviene dopo, rientri in quella regola dei 4 anni. – Nell’esdebitazione da incapiente, come detto, c’è quell’obbligo di segnalazione e versamento del 10% su sopravvenienze significative entro 4 anni .

Quindi, se la fortuna gira in positivo, la legge chiede di condividere un pezzetto di quella fortuna con chi era rimasto a bocca asciutta. È giusto, in fondo.

D: Dopo aver risolto i debiti, posso rinascere economicamente?
R: Sì. Questo è proprio lo scopo di tutta la normativa: dare al debitore onesto la possibilità di un fresh start. Una volta conclusa la procedura e ottenuta l’esdebitazione, sarai libero dai debiti precedenti. Potrai concentrarti sul presente e futuro senza inseguimenti dei creditori. Certo, dovrai imparare la lezione: difficile che qualcun altro in futuro ti conceda un’altra esdebitazione (massimo due volte in vita, ma nella pratica è raro averne più di una). Quindi conviene gestire in modo prudente le finanze per non ricadere. Molti ex sovraindebitati riferiscono di aver vissuto un “periodo buio” e poi, una volta usciti, di aver gestito meglio spese e crediti. Lo stigma sociale tende a diminuire: ormai tutti sanno che gli affari possono andare male per ragioni indipendenti dalla volontà. Anzi, dimostrare di aver utilizzato uno strumento di composizione per risolvere responsabilmente la situazione invece di scappare dai creditori, è visto in luce più positiva rispetto a un tempo. I tribunali e il legislatore sono dalla tua parte, se hai agito correttamente, per aiutarti a ritrovare la tranquillità . Dunque sì, si può rinascere: il 2025 potrebbe davvero essere “l’anno del tuo nuovo inizio” (per citare un avvocato in materia) .

Esempi pratici (casi simulati)

Vediamo ora tre scenari realistici di artigiani sovraindebitati e come potrebbero utilizzare gli strumenti legali per risolvere la loro situazione. Questi esempi illustrano in concreto l’applicazione delle procedure descritte.

Caso 1: Artigiano con debiti fiscali e bancari – Soluzione con composizione negoziata e concordato minore
Situazione: Mario è un idraulico (ditta individuale) con 5 dipendenti. Negli ultimi anni ha accumulato circa €250.000 di debiti: €80.000 di IVA e ritenute non versate, €50.000 di contributi INPS, €70.000 di scoperto bancario e leasing su un furgone, €50.000 di fornitori. Il fatturato annuo di Mario era sui €300.000 ma l’anno scorso è calato. Mario possiede un capannone (valore €150.000 su cui grava un’ipoteca della banca per il fido) e ha in leasing un furgone. I dipendenti sono in ansia per gli stipendi ma finora sono stati pagati (anche se con ritardo). Il fisco ha iniziato a mandare cartelle e ha messo fermo amministrativo a un vecchio mezzo; una banca minaccia revoca del fido. Mario teme di dover chiudere.
Soluzione proposta: Mario si rivolge a un OCC e avvia una composizione negoziata. Ottiene dal tribunale misure protettive, così l’Agenzia delle Entrate sospende i pignoramenti e la banca non revoca il fido durante i negoziati. Con l’aiuto dell’esperto, Mario elabora un piano di risanamento: decide di ridurre i costi (purtroppo licenzia 2 dipendenti con minori carichi, riduce l’affitto cambiando capannone) e trova un investitore interessato a entrare in società apportando €50.000 freschi. Al tavolo, propone: alla banca ipotecaria di rientrare del fido vendendo il vecchio capannone (liberando l’ipoteca); col ricavato (€150k) si pagano la banca (€50k fido), l’IVA arretrata per €40k (su €80k), l’INPS per €20k (su €50k), i fornitori al 30% (€15k su 50k). L’investitore mette €50k che servono a pagare gli oneri della procedura e a dare un piccolo acconto ai creditori chirografari subito. I creditori discutono: la banca è d’accordo (tanto riceve grazie al capannone), il Fisco con l’art. 23 co.2-bis accetta di stralciare sanzioni e interessi e prendere 40k su 80k , l’INPS è un po’ più rigida ma accetta pagamento dilazionato integrale del privilegio (€20k) e stralcio del resto. I fornitori, visto che l’alternativa è il fallimento con forse zero, accettano 30%. Si formalizza un accordo stragiudiziale firmato da tutti i maggiori creditori. A questo punto Mario conclude con successo la composizione negoziata evitando la crisi conclamata. Vende il capannone, paga i debiti secondo l’accordo, e con l’investitore trasforma la ditta in una SRL più capitalizzata. Dopo 1 anno, Mario ha un’attività ridimensionata ma sostenibile, e i debiti arretrati sono stati in gran parte risolti. Non c’è stato bisogno di procedure giudiziarie ulteriori, l’accordo privato ha retto. Se invece uno o più creditori chiave non avessero accettato, Mario era pronto a “scivolare” in un concordato minore: avrebbe depositato un piano con quei medesimi termini chiedendo al giudice di omologarlo anche contro il parere di eventuali dissenzienti (soprattutto il Fisco, confidando nel cram-down). In ogni caso, grazie alla mossa tempestiva, Mario ha evitato che il fisco gli ipotecasse anche la casa o che la banca portasse i libri in tribunale. L’azienda è salva e ristrutturata.

Caso 2: Piccolo imprenditore artigiano sommerso e senza prospettive – Soluzione con liquidazione controllata ed esdebitazione
Situazione: Carla era titolare di una tipografia artigiana. Ha dovuto cessare l’attività nel 2024 a causa del digitale e di alcune scelte sbagliate. Ora Carla lavora come grafica dipendente con stipendio modesto (€1.200/mese). Purtroppo si porta dietro debiti per €120.000: leasing macchinari (€30k) rimasto insoluto, fornitori (€20k), banca (€15k di scoperto), debiti fiscali vari (€40k, compresi €10k di IVA) e €15k di utenze e affitti arretrati. Carla non ha immobili (vive in affitto), possiede solo un’utilitaria e qualche arredo di casa. I creditori la stanno tartassando: uno ha già notificato atto di pignoramento del conto (che però ha saldo quasi zero), un altro minaccia di pignorarle stipendio. Carla, essendo non fallibile, vede come unica via il sovraindebitamento. Ma non ha redditi per offrire un piano e ha chiuso bottega, quindi concordato minore non fattibile (nessun business da continuare).
Soluzione: Carla, assistita da un legale, presenta domanda di liquidazione controllata del patrimonio al tribunale. Dichiara il suo stato di insolvenza e offre ai creditori tutto ciò che ha: l’auto (valore €3k), i mobili usati (€2k), e accetta il pignoramento di 1/5 del suo stipendio per la durata della procedura (1/5 di €1.200 è €240 al mese). Il tribunale apre la liquidazione, nominando un liquidatore. Vengono sospese tutte le azioni esecutive in corso (i creditori devono smettere i pignoramenti individuali). Il liquidatore vende l’auto per €3k e i mobili per poco. Carla continua a lavorare e versa €240/mese, diciamo per 3 anni (circa €8.600 in totale). Alla fine, il liquidatore ha raccolto mettiamo €15.000 tra beni venduti e quota di stipendio. Ripartisce: paga prima le spese (fortunatamente basse, diciamo €3k tra compensi e spese giustizia), poi i crediti privilegiati (qualche privilegio su IVA €5k, e poco altro su TFR di ex dipendenti se c’era, comunque la gran parte va al fisco). Totale ai creditori magari €10k su €120k di debiti. Chiaramente i creditori chirografari prendono spiccioli. Carla a questo punto chiede l’esdebitazione. Il tribunale valuta: Carla è stata meritevole (ha chiuso l’attività per evitare guai, ha consegnato tutto al liquidatore, ha anche “sacrificato” una parte di stipendio, non ha nascosto nulla, i debiti derivavano da crisi di settore). Nessun creditore si oppone, perché riconoscono che ha dato tutto il possibile. Inoltre, benché la soddisfazione dei creditori sia stata minima (~8%), la Cassazione ha di recente detto che non c’è soglia minima e anche pagare l’1% può bastare se è il massimo possibile . Carla ha pagato qualcosa e ha rispettato i costi e le regole, quindi il giudice le concede l’esdebitazione. Carla esce con i debiti azzerati. Certo, ha perso l’auto e 3 anni di sacrifici sullo stipendio, ma ora può finalmente depositare sul suo conto l’intero stipendio e magari risparmiare per il futuro, senza creditori appresso. È tornata economicamente libera. Se Carla in futuro dovesse migliorare la sua condizione (dopo la chiusura della procedura), per scrupolo per 4 anni terrà traccia di eventuali entrate extra, ma se restasse a reddito basso, nulla dovrà più. Avendo usato la liquidazione, Carla potrà tra qualche anno anche chiedere prestiti se necessario, mostrando di non avere più pendenze. Questo caso evidenzia come la liquidazione controllata, pur dolorosa, offra un percorso di uscita definito: Carla sapeva che dopo 3 anni avrebbe avuto la fedina economica pulita.

Caso 3: Debitore artigiano completamente incapiente – Soluzione con esdebitazione “a zero” (incapiente)
Situazione: Giovanni era un elettricista edile, ditta individuale. A seguito di vari problemi (una causa persa, salute precaria) ha chiuso la partita IVA nel 2023. Ha 60 anni, vive in affitto in un piccolo appartamento e ha solo una pensione minima di invalidità (€800 al mese). I suoi debiti però sono enormi: circa €200.000 tra vecchie cartelle esattoriali e debiti bancari (aveva garantito un mutuo del figlio, poi la casa è stata pignorata ma è rimasto un residuo). Giovanni non possiede alcun bene: niente auto (usa i mezzi pubblici), nessun immobile, nessun risparmio. Ogni tanto viene contattato da recuperi crediti che minacciano azioni, ma quando scoprono che è nullatenente lasciano perdere (tuttavia il debito rimane e gli interessi maturano). Giovanni è disperato perché sa che fino alla morte quei debiti resteranno a pendere (anche se nessuno gli pignora nulla perché non c’è nulla, ufficialmente è sempre indebitato).
Soluzione: Nel 2025 Giovanni viene a conoscenza della nuova possibilità di esdebitazione del debitore incapiente. Si rivolge all’OCC locale e presenta ricorso dichiarando la propria situazione: spiega di non aver alcun bene da liquidare e che la sua pensione è appena sufficiente a vivere dignitosamente. L’OCC verifica che Giovanni non ha compiuto atti in frode (ad esempio, non ha ceduto beni a parenti recentemente; in realtà aveva solo una vecchia auto che vendette anni fa per pagarsi le cure, documentato). Il tribunale convoca Giovanni e i creditori. I creditori non si oppongono, perché sanno che da lui non ricaverebbero comunque nulla e non hanno elementi di frode da eccepire. Il giudice valuta la meritevolezza: vede che Giovanni si è indebitato soprattutto per aver fatto da garante al figlio e per tasse non pagate quando aveva l’impresa (ma le entrate erano crollate, c’è una giustificazione). Non risultano sprechi o gioco d’azzardo, né atti dolosi. Dunque nel settembre 2025 il tribunale emette decreto che cancella tutti i debiti di Giovanni senza attivare alcuna liquidazione . Da quel momento, Giovanni è legalmente libero: i creditori non possono più pretendere nulla. La sua pensione non potrà mai essere pignorata per quei debiti (già prima non lo era per basso importo, ma ora proprio il debito non esiste più). Giovanni finalmente si toglie un enorme peso psicologico: pur restando economicamente modesto, sa che se un domani la pensione dovesse aumentare o ricevesse un piccolo lascito, potrà goderseli senza che vengano aggrediti per il passato. Lui ha comunque l’obbligo di comunicare miglioramenti per 4 anni: ad esempio, nel 2027 riceve un’eredità di €30.000 da un fratello. Questa somma è più del 10% dei suoi €200k debiti originari, quindi rientra nella clausola: Giovanni dovrà destinare almeno €20.000 (10% di 200k) ai suoi vecchi creditori, proporzionalmente ai loro crediti . Lo fa, consegnando i 20k all’OCC che li distribuisce: i creditori recuperano qualcosina inattesa. Giovanni però mantiene €10.000 per sé. Avendo rispettato questo obbligo, l’esdebitazione resta valida e definitiva. Se invece in 4 anni non avesse avuto alcuna entrata straordinaria, nulla avrebbe dovuto. In ogni caso, la sua situazione debitoria è risolta senza aver pagato nulla al momento dell’esdebitazione. Questo caso mostra come la legge ora tutela anche chi non ha nulla, evitando quella che era praticamente una “pena perpetua” per i nullatenenti onesti.

Tabelle riepilogative

Di seguito presentiamo alcune tabelle riassuntive per fissare i concetti chiave esaminati.

Tabella 1: Tipologie di debiti e caratteristiche principali

Tipo di debitoEsempi comuniPrivilegi o garanzieConseguenze se inadempimentoTrattamento nelle procedure
Debiti fiscaliIVA, imposte reddito, IRAP, cartellePrivilegio generale mobiliare e immobiliare per talune imposte (es. IVA recente) .Cartella esattoriale; possibili ipoteche, fermi auto, pignoramenti . Interesse e sanzioni elevate (chirografarie) . Reati tributari oltre soglie .Falciabili in piani/concordati se garantito almeno valore di liquidazione . Transazione fiscale possibile (anche in composizione negoziata dal 2024) . Sanzioni e interessi spesso stralciati . Erario partecipa come privilegiato e chirografo. Debiti fiscali esdebitabili a fine procedura (nessuna esclusione) .
Debiti previdenzialiContributi INPS, premi INAILPrivilegio generale (12 mesi) . Trattati alla pari dei fiscali.Cartella esattoriale; azioni Agenzia Riscossione analoghe al fisco (ipoteche, pignoramenti). Sanzioni civili per ritardato pagamento. Reato omesso versamento contributi > €10k annui .Trattamento analogo ai fiscali nei piani, salvo che nella composizione negoziata non è prevista la transazione (serve accordo in concordato). Crediti contributivi privilegiati da pagare salvo falcidia concordata. Esdebitabili a fine procedura (nessuna eccezione).
Debiti bancari/finanziariMutui, fidi di c/c, leasing, prestiti personali, carte di creditoGaranzie se presenti: ipoteca su immobili, pegno su beni, altrimenti chirografari.Decadenza dal termine, segnalazione a CRIF/Centrale rischi. Pignoramento beni o escussione garanzie. Leasing: risoluzione contratto e ritiro bene.Crediti con ipoteca/pegno: privilegiati, da soddisfare nel limite valore bene; possibilità di rinegoziazione tassi/dilazioni nel concordato. Chirografari: falciabili liberamente. Banche votano nei concordati; possibile accordo di ristrutturazione ad hoc. Coobbligati restano obbligati (garanti non liberati) .
Debiti verso fornitoriFatture non pagate per merci o servizi, canoni di locazione, parcelle professionisti, bollette utenze aziendaliGeneralmente chirografari (salvo riserva di proprietà su beni forniti, o locatore può vantare privilegio per ultimi canoni su cose pignorate).Decreto ingiuntivo rapido; pignoramenti mobiliari, conti, crediti verso clienti. Interessi moratori commerciali alti. Sospensione forniture essenziali (energia può distaccare, ecc.).Chirografari: tipicamente falciati nei piani (spesso ricevono percentuale inferiore). Fornitori votano (spesso piccoli importi diluiti). Possono essere inseriti in classe separata se strategici (es. fornitori essenziali pagati di più per continuare rapporto). Esdebitati se residui impagati dopo procedura.
Debiti verso dipendentiRetribuzioni arretrate, TFR non versato, indennità variePrivilegio generale di alto grado su ultimi 6 mesi retribuzioni e TFR . Superprivilegio su 3 mesi salari. Intervento Fondo di Garanzia INPS per TFR/salari in insolvenza .Vertenze in sede di lavoro; decreti ingiuntivi immediati. Sfratto per morosità (se dipendenti ottengono sequestro beni azienda). Possibile azione penale per omesso versamento stipendi reiterato. INPS paga i dipendenti in caso di procedura concorsuale e poi si surroga come creditore.Crediti dipendenti integralmente soddisfatti almeno entro limiti del privilegio (obbligatorio in piani). Di fatto, in ogni concordato/sovraindebitamento i lavoratori prendono 100% di quanto privilegiato e il Fondo INPS copre se l’azienda non riesce. Eventuali eccedenze (oltre privilegio) trattate come chirografe. Non esdebitabili? – In realtà sì, se il dipendente ha avuto accesso al Fondo, il debito verso INPS surrogatosi può essere esdebitato. (Obblighi alimentari verso ex coniuge o figli invece non si cancellano).
Altri debitiEs. multe, sanzioni amministrative, risarcimenti danni, debiti personali non attinenti all’attivitàMulte e ammende: privilegi speciali su somme dovute allo Stato? Risarcimenti: se da fatto illecito possono avere privilegi (es. danni per morte hanno privilegio generale).Multe: iscrizione a ruolo, azione esattoriale simil-fisco. Risarcimenti: azioni civili di esecuzione come un creditore qualsiasi, a meno che il debitore non abbia assicurazione.Multe e sanzioni pecuniarie per illecci non vengono esdebitate se di natura penale/amministrativa punitiva (non sono espressamente escluse, ma dottrina ritiene di sì). Possono essere incluse nei piani, ma l’omologa di solito le esclude dal perdono finale. Debiti da dolo (es. frodi) in teoria non esdebitabili (tradizionalmente). Gli altri debiti personali chirografari si falciano/esdebitano regolarmente (prestiti personali ecc.).

Tabella 2: Confronto tra principali procedure per sovraindebitati (artigiani e consumatori)

ProceduraChi può accedereCome funzionaRuolo creditoriVantaggi per debitoreSvantaggi/limiti
Ristrutturazione debiti consumatore (piano del consumatore)Consumatori (persone fisiche non imprenditori o che hanno solo debiti di natura personale). Deve essere meritevole (no colpa grave, no frode) . Non più di una volta ogni 5 anni.Debitore, con OCC, propone piano di pagamento parziale sostenibile, indicando come pagherà i creditori (rate, %). OCC attesta fattibilità. Tribunale omologa se piano è fattibile e debitore meritevole . Nessuna nuova procedura esecutiva dal deposito.Nessun voto: i creditori non decidono, possono solo opporsi per questioni di merito. Il giudice può omologare anche con tutti contrari se ritiene il piano equo .– Debitore non perde beni (se piano li include, può tenerli pagando rate). Può anche salvare casa e beni essenziali prevedendo pagamento continuativo mutui . – Taglio significativo dei debiti chirografari possibile. – Stop immediato a pignoramenti dopo deposito ricorso. – Richiede minoranza di creditori passiva; utile se pochi creditori o poco collaborativi.– Riservato a chi non ha debiti d’impresa (artigiano attivo non ammesso). – Controllo di meritevolezza stringente: piani respinti se debitore colposo (es. indebitamento eccessivo volontario) . – Serve reddito stabile per offrire pagamento nel tempo; se piano non realizzabile, verrà respinto. – Creditori privilegiati vanno pagati interamente salvo eccezioni, il che può rendere il piano oneroso. – Se dopo omologa il debitore non rispetta il piano per colpa sua, il beneficio può essere revocato.
Concordato minore (accordo del debitore minore)Debitori non fallibili: imprenditori minori (sotto soglie), professionisti, agricoli, start-up . Richiede: assenza atti in frode, non aver già esdebitato ultimi 5 anni.Debitore propone un accordo ai creditori (piano di ristrutturazione) con eventuale prosecuzione attività. OCC nominato gestore. Si deposita ricorso con piano, elenco creditori, relazione OCC. Il tribunale valuta ammissibilità e convoca i creditori per votazione (anche non formale in alcuni casi). Se approvato da maggioranza (calcolata sui crediti ammessi), il tribunale omologa . Da deposito, sospensione azioni esecutive.Voto dei creditori: serve >50% crediti favorevoli (salvo diverse classi se create). Privilegiati votano solo se non soddisfatti per intero. Creditori possono presentare osservazioni e concorrere nel migliorare piano. Possibile omologa forzata se fisco/enti dissenzienti ma proposta conveniente (cram-down) .– Debitore può continuare l’attività (concordato in continuità) mantenendo l’azienda e pagando i creditori col ricavato futuro. – Pieno effetto esdebitatorio a fine piano (cancella residui). – Flessibilità: possibile includere accordi di ristrutturazione, classi di creditori, ecc. – Creditori chirografari possono essere falcidiati a % bassa se il piano lo giustifica, con il loro stesso consenso. – Tempi relativamente rapidi per ottenere protezione (dalla presentazione ricorso). – Meno costoso e formalistico di un concordato preventivo “grande”.– Richiede consenso dei creditori: se la maggioranza non è d’accordo, il piano fallisce. (Può dover concedere di più ai creditori per convincerli). – OCC e procedura giudiziale comportano costi (anche se prededucibili). – Debitore rimane soggetto a vigilanza: se deviasse dal piano potrebbe esserne revocata l’omologa su istanza creditori. – Necessario assicurare pagamento integrale (o su accordo) di privilegiati altrimenti votano contro. – Non adatto se il debitore non ha prospettive di pagare almeno un minimo (in tal caso meglio liquidazione).
Liquidazione controllata (ex liquidazione patrimonio)Qualsiasi debitore sovraindebitato (consumatore o imprenditore minore) insolvente, quando non voglia o non possa proporre un piano di ristrutturazione. Accessibile anche su istanza creditori o in conversione da concordato fallito.Si apre procedimento concorsuale liquidatorio: nominato Liquidatore che prende in mano il patrimonio del debitore. Il debitore è spossessato dei beni (salvo quelli impignorabili per legge) e collabora. Si formano stato passivo creditori, si liquidano i beni (vendite all’asta, ecc.), poi il liquidatore distribuisce il ricavato ai creditori in ordine di privilegio . Dopo liquidazione, debitore persona fisica può chiedere esdebitazione.Creditori presentano domande di insinuazione allo stato passivo. Possono nominare un comitato. Non c’è voto: la procedura li vincola automaticamente. Creditori possono proporre acquisto di beni, opporsi a stato passivo se crediti esclusi. Ma di fatto subiscono la liquidazione decisa dal liquidatore/giudice. Azioni individuali sospese e confluiscono nella liquidazione .– Debitore elimina tutti i debiti in un colpo, al termine ottiene esdebitazione (salvo eccezioni), anche se i creditori han preso poco . – Procedura “imposta” ai creditori: il debitore non deve contrattare con loro. – Consente di chiudere situazioni disperate senza bisogno di consenso. – Durata in genere contenuta (circa 2-3 anni, salvo patrimoni complessi). – Debitore protetto da pignoramenti e interessi durante la procedura. – Possibile conservare beni impignorabili ed escludere redditi minimi (debitor conserva dignità). – Automatico intervento Fondo di Garanzia INPS per dipendenti (se presenti).– Debitore perde il patrimonio: tutti i beni venduti, inclusa eventuale casa (prima casa non è protetta in liquidazione, a meno che il ricavato serva a pagare privilegiati e si convincano accordi per evitarlo). – Durante la procedura, limitata autonomia: es. stipendio oltre minima parte va al liquidatore. – Stigma simile al fallimento (anche se non giuridicamente tale): comparsa nei registri, nomina liquidatore, etc. – Se emergono condotte fraudolente del debitore, può essergli negata esdebitazione finale. – Coobbligati non sono liberati. – Possibili azioni revocatorie del liquidatore su atti fatti prima (rischio per chi ha ricevuto pagamenti o donazioni dal debitore). – Esdebitazione non automatica se pagato zero assoluto a tutti (giudice può negarla, anche se Cass. 2024 ha aperto a flessibilità) .
Esdebitazione del debitore incapientePersona fisica sovraindebitata priva di qualunque patrimonio o reddito utile per soddisfare i creditori (neanche parziale). Richiede meritevolezza (no frode, no colpa grave). Mai concessa prima o almeno non negli ultimi 5 anni.Procedimento semplificato innanzi al tribunale: verifica documentazione su debiti e attivo, parere OCC. Se confermata incapienza e onestà, il tribunale emette decreto di esdebitazione che cancella tutti i debiti senza aprire liquidazione . Il debitore assume obbligo di informare su eventuali utilità sopravvenute nei 4 anni seguenti .Creditori sono sentiti ma non hanno potere di veto: possono solo segnalare eventuali atti in frode o contestare la sussistenza dei requisiti. Di fatto subiscono la cancellazione dei loro crediti. Se entro 4 anni il debitore ottiene risorse significative (≥10% debiti), i creditori hanno diritto a ricevere pagamenti fino a quel 10% , altrimenti nulla.– Debitore ottiene immediata liberazione dai debiti senza dover pagare nulla (oltre alle future eventuali sopravvenienze). – Evita sia la fase di liquidazione sia qualsiasi pagamento corrente. – Può ricominciare da capo subito, mantenendo eventuali beni impignorabili (che comunque aveva solo quelli). – Grande sollievo psicologico: fine dello stato di debitore perseguitato quando oggettivamente non c’era rimedio. – Creditori non possono più disturbarlo né pignorare nulla in futuro (salvo come detto se appare ricchezza inattesa entro 4 anni, ma comunque limitato al 10%). – Procedura molto breve (pochi mesi per il decreto).– Accesso ristretto ai casi estremi: bisogna dimostrare di non avere davvero nulla da dare. Spesso necessita che prima si sia tentata una liquidazione e sia emerso che neppure i costi si coprono. – Concesso una sola volta. Se dopo 10 anni di nuova vita si ricade nei debiti, non si potrà più usare questo jolly. – Se nei 4 anni successivi il debitore nasconde di aver ricevuto utilità (violando l’obbligo di informare e pagare il 10%), il beneficio può essere revocato. – Non cancella eventuali debiti esclusi ex lege (multe penali, alimenti). – Possibile stigma sociale (“cancella debiti”) ma ormai previsto dalla legge, quindi normalizzato in ambito giuridico.

Tabella 3: Soglie di fallibilità e conseguenze per l’artigiano

ParametroSotto soglia (debitore non fallibile)Sopra soglia (debitore fallibile)
Attivo annuo ultimi 3 anni≤ €300.000> €300.000
Ricavi annui ultimi 3 anni≤ €200.000> €200.000
Debiti totali≤ €500.000> €500.000
Procedura in caso di insolvenzaProcedure da sovraindebitamento: concordato minore, liquidazione controllata, ecc. (No fallimento) .Liquidazione giudiziale (ex fallimento) o concordato preventivo ordinario.
Autorità competenteTribunale (sezione sovraindebitamento) ma con iter semplificato e OCC.Tribunale (sezione fallimentare) con curatore, giudice delegato, ecc.
Continuità dell’attivitàPossibile in concordato minore (meno formalità). Debitore può mantenere gestione con supervisione OCC.Possibile in concordato preventivo in continuità (più vigilanza, commissario). In fallimento, attività normalmente cessa salvo esercizio provvisorio autorizzato.
Blocco azioni esecutiveSì, da momento ammissione procedura (stesso effetto “automatic stay”) .Sì, da dichiarazione di fallimento o ammissione concordato (automatic stay).
Organi della proceduraOCC/gestore per piani; Liquidatore per liquidazione controllata (meno casi di comitato creditori).Curatore fallimentare; Commissario e Giudice Delegato per concordato; Comitato creditori spesso nominato.
Costi proceduraInferiori: compensi OCC calmierati per sovraindebitamento, spesso proporzionati al ricavato . Spese di giustizia ridotte o esentate se incapiente .Maggiori: curatore e organi pagati secondo tariffe fallimentari (in % su attivo e passivo). Procedure più lunghe -> più spese legali e generali.
Esdebitazione (liberazione debiti residui)Automatica dopo chiusura liquidazione controllata se pagato almeno 20% crediti chirografari (art. 282 co.1 CCII, richiamando art. 153 CCII, ma di solito piccoli debitori non raggiungono 20%).<br>– Su domanda in altri casi: fortemente facilitata dalla legge (presunzione favorevole) . <br>– Possibile esdebitazione incapiente anche senza liquidazione (una tantum).Automatica se in liquidazione giudiziale si paga ≥ 20% creditori chirografari (art. 153 CCII). <br>– Su domanda se pagato meno: concessa se debitore cooperativo e non ci sono irregolarità, ma un po’ più rigorosa la valutazione rispetto a sovraindebitati (storicamente esdebitazione fallito introdotta 2006, ora allineata al fresh start europeo). <br>– Incapiente puro fuori fallimento non previsto per fallibili (deve passare per fallimento e poi esdebitazione).
Conseguenze personaliNessuna interdizione dai diritti civili. Il debitore sovraindebitato conserva capacità di agire, salvo limitazioni sugli atti patrimoniali (in liquidazione controllata). Può mantenere titolarità di ditte individuali o cariche (salvo accordi diversi).Fallito: durante la procedura alcune incapacità (non può essere amministratore di società, non può espatriare senza autorizzazione, etc., art. 317 CCII). Dopo esdebitazione, riabilitato. <br>Concordato: nessuna interdizione formale, ma se imprenditore societario si applica art. 2086 c.c. e responsabilità se tardiva emersione.
Stigma e pubblicitàProcedure sovraindebitamento annotate in registri appositi ma meno noti; pubblicità nel Registro delle Imprese solo se imprenditore. Meno stigma sociale (legge 3/2012 chiamata “salva suicidi” aveva scopo umanitario).Fallimento tradizionalmente più stigmatizzante (ma oggi parola “fallito” eliminata). Pubblicità su registri, PEC a creditori, ecc. Concordato preventivo pubblicato in RI e su portale creditori – comunque noto nell’ambiente affari.
EsempioArtigiano individuale con debiti €400k -> Concordato minore o liquidazione controllata, niente fallimento.Artigiano grande (es. ditta con debiti €2 milioni) -> se insolvente, fallimento (liquidazione giudiziale) salvo proponga concordato preventivo.

Hai accumulato troppi debiti con fornitori, banche, finanziarie, INPS o Agenzia delle Entrate e non riesci più a pagarli? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai accumulato troppi debiti con fornitori, banche, finanziarie, INPS o Agenzia delle Entrate e non riesci più a pagarli?
Sei un artigiano che ha visto crollare i guadagni e ora teme pignoramenti, cartelle o la perdita dei propri beni?
👉 Non tutto è perduto: la legge italiana ti consente oggi di bloccare le azioni dei creditori, ridurre i debiti e, nei casi giusti, ottenere la cancellazione completa del debito residuo.

In questa guida troverai spiegato passo per passo cosa fare, quali errori evitare e come difenderti legalmente per ripartire davvero.


⚖️ Quando un artigiano è considerato “sovraindebitato”

Si parla di sovraindebitamento quando un artigiano o piccolo imprenditore:

  • Non riesce più a pagare regolarmente debiti, fornitori, tasse o rate bancarie.
  • Ha più creditori che avanzano richieste contemporanee.
  • È soggetto a pignoramenti, fermi o procedure esecutive.
  • Ha chiuso o sta per chiudere la propria attività per mancanza di liquidità.

In questi casi, è possibile accedere alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento previste dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), create proprio per artigiani e piccoli operatori economici non fallibili.


👥 Chi può richiedere aiuto

  • Artigiani e piccoli imprenditori individuali in difficoltà economica.
  • Ex titolari di ditta individuale con debiti fiscali, contributivi o bancari.
  • Soci di società di persone (SNC, SAS) con debiti personali.
  • Autonomi e professionisti con più finanziamenti o cartelle esattoriali.
  • Artigiani disoccupati o nullatenenti, che non riescono più a sostenere il carico fiscale e contributivo.

🧾 Debiti più comuni degli artigiani

Rientrano nella procedura e possono essere ridotti o cancellati:

  • Contributi INPS e INAIL non versati.
  • Cartelle esattoriali e avvisi fiscali (IRPEF, IVA, IRAP, addizionali).
  • Debiti bancari e finanziari (prestiti, fidi, leasing, mutui).
  • Fatture e fornitori non pagati.
  • Debiti verso clienti o collaboratori.

Esclusi:

  • Obblighi di mantenimento familiare.
  • Sanzioni penali o amministrative non tributarie.
  • Debiti da comportamenti fraudolenti o dolosi.

🧠 Cosa fare subito

✅ 1. Analizza la tua situazione

Fai un elenco completo dei debiti, dei creditori e delle procedure in corso (cartelle, decreti ingiuntivi, pignoramenti).
Raccogli i documenti fiscali e contabili più recenti.

✅ 2. Verifica prescrizioni e irregolarità

Molti debiti fiscali o bancari possono essere prescritti o annullabili per vizi formali.
Un controllo legale accurato può portare a riduzioni significative dell’importo dovuto.

✅ 3. Blocca subito le azioni dei creditori

Attraverso le misure protettive del Codice della Crisi, puoi ottenere un blocco immediato di pignoramenti, fermi e ipoteche già dal deposito del ricorso.

✅ 4. Valuta una procedura di esdebitazione

Se i debiti sono troppo elevati, puoi accedere a una procedura giudiziale di esdebitazione che consente di ridurre o cancellare i debiti residui in modo definitivo.


🧩 Le soluzioni concrete per artigiani con troppi debiti

💠 Concordato minore

È la soluzione più usata per artigiani e piccoli imprenditori.
Prevede un piano di pagamento sostenibile o un saldo e stralcio parziale, approvato dal Tribunale e vincolante per tutti i creditori.
Dopo l’esecuzione, il residuo viene cancellato.


💠 Liquidazione controllata

Se non puoi proporre un piano, puoi mettere a disposizione i tuoi beni non essenziali (es. risparmi, veicoli, quote).
Il ricavato va ai creditori e il debito residuo viene cancellato definitivamente con l’esdebitazione finale.


💠 Esdebitazione del debitore incapiente

Riservata a chi non ha più nulla da offrire.
Il giudice, riconosciuta la buona fede, cancella integralmente i debiti.
Concedibile una sola volta nella vita.


🏛️ Come funziona la procedura di difesa passo per passo

  1. Consulenza preliminare con un avvocato esperto in sovraindebitamento.
  2. Nomina dell’OCC (Organismo di Composizione della Crisi).
  3. Raccolta dei documenti fiscali, bancari e contributivi.
  4. Relazione OCC e predisposizione del piano o della proposta.
  5. Deposito del ricorso al Tribunale.
  6. Blocco immediato di pignoramenti, fermi e azioni esecutive.
  7. Udienza di omologazione davanti al giudice.
  8. Esecuzione del piano e successiva esdebitazione definitiva.

📋 Documenti necessari

  • Documento d’identità e codice fiscale.
  • Visura camerale o certificato di chiusura dell’attività.
  • Estratto di ruolo AER e cartelle INPS/INAIL.
  • Dichiarazioni dei redditi degli ultimi 3 anni.
  • Estratti conto bancari.
  • Contratti di prestito, mutuo o leasing.
  • Elenco completo di debiti e creditori.
  • Spese familiari, canone d’affitto e bollette.

⏱️ Tempi e risultati

  • Preparazione e deposito del piano: 2–4 mesi.
  • Blocco delle azioni dei creditori: immediato al deposito.
  • Omologazione del Tribunale: 3–8 mesi medi.
  • Durata complessiva: da 1 a 5 anni (a seconda del piano).

🎯 Risultato finale:

  • Cancellazione totale o parziale dei debiti fiscali, bancari e contributivi.
  • Stop a pignoramenti e fermi amministrativi.
  • Ripartenza economica libera e legale.

⚖️ I vantaggi principali

✅ Blocco immediato delle azioni esecutive.
✅ Riduzione o cancellazione dei debiti fiscali e contributivi.
✅ Tutela dei beni personali e familiari.
✅ Rata sostenibile o saldo ridotto.
✅ Nuova partenza economica senza debiti.


🚫 Errori da evitare

  • Ignorare le notifiche dell’Agenzia delle Entrate o dell’INPS.
  • Pagare solo alcuni creditori “a caso” peggiorando la situazione.
  • Nascondere beni o conti correnti.
  • Firmare accordi non verificati da un avvocato.
  • Affidarsi a “consulenti del debito” non qualificati.

🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza la tua posizione debitoria e individua la strategia migliore.
📌 Coordina la raccolta dei documenti con l’OCC.
✍️ Redige e deposita il piano di concordato o di liquidazione.
⚖️ Ti rappresenta in Tribunale e nei rapporti con Agenzia delle Entrate, INPS e banche.
🔁 Ti segue fino all’esdebitazione finale e alla riabilitazione economica.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e sovraindebitamento.
✔️ Specializzato nella difesa di artigiani e piccoli imprenditori in crisi.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Se sei un artigiano con troppi debiti, non aspettare che la situazione peggiori.
Con le giuste procedure puoi bloccare i pignoramenti, ridurre drasticamente le somme dovute e ottenere la cancellazione totale dei debiti residui.

📞 Contatta subito l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata:
la tua ripartenza senza debiti inizia oggi.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!