Hai ricevuto un accertamento fiscale come oculista o gestisci uno studio di oftalmologia sotto controllo dell’Agenzia delle Entrate?
Negli ultimi anni, l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza hanno intensificato i controlli nel settore sanitario, con particolare attenzione agli studi medici privati, tra cui quelli di oftalmologia. Gli accertamenti mirano a verificare la corretta dichiarazione dei compensi, la gestione dell’IVA, la fatturazione elettronica e la tracciabilità dei pagamenti.
Molti oculisti si trovano così a fronteggiare accertamenti IVA, IRPEF o IRES, spesso basati su presunzioni, errori contabili o discrepanze nei flussi finanziari.
Con una difesa legale e fiscale mirata, è possibile contestare le irregolarità, dimostrare la correttezza delle dichiarazioni e ridurre in modo significativo le sanzioni, evitando conseguenze patrimoniali e danni alla reputazione professionale.
Perché gli studi oculistici sono soggetti ad accertamento fiscale
Le principali cause che portano a controlli e accertamenti nel settore medico e, in particolare, oculistico sono:
- Differenze tra i compensi dichiarati e le movimentazioni sui conti correnti professionali
- Pagamenti in contanti non correttamente registrati o tracciati
- Fatture elettroniche mancanti o errate
- Incongruenze tra i dati dichiarati e le prestazioni comunicate al Sistema Tessera Sanitaria (STS)
- Errori di imputazione tra spese mediche, personali e professionali
- Presunzioni di redditi non dichiarati basate su spese e beni di lusso (auto, immobili, strumenti diagnostici)
Cosa fare se hai ricevuto un accertamento fiscale come oculista
Un accertamento fiscale non va mai sottovalutato: ogni atto notificato ha termini precisi – di norma 60 giorni dalla notifica – per essere impugnato o contestato.
Agire tempestivamente consente di evitare la riscossione forzata (cartelle, pignoramenti, ipoteche).
Ecco i passi fondamentali da seguire:
- Analizza attentamente l’avviso ricevuto: verifica i rilievi contestati, le annualità coinvolte e la tipologia di imposte (IVA, IRPEF, IRES).
- Verifica la legittimità della procedura: controlla che l’accertamento sia stato notificato correttamente e motivato in modo completo.
- Analizza la documentazione fiscale: molti accertamenti si basano su errori nei dati trasmessi o su presunzioni non supportate da prove concrete.
- Predisponi una memoria difensiva: entro 60 giorni puoi fornire spiegazioni e documenti per confutare le contestazioni.
- Richiedi la mediazione tributaria o la conciliazione: per importi inferiori a 50.000 euro, puoi evitare il contenzioso riducendo sanzioni e interessi.
- Impugna l’accertamento infondato: se le contestazioni sono illegittime, puoi presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria.
Come difendersi efficacemente da un accertamento fiscale
Un avvocato tributarista esperto nella difesa dei professionisti sanitari può valutare la correttezza della procedura e impostare una strategia difensiva personalizzata, basata su dati concreti e sulla normativa vigente.
Le azioni più efficaci comprendono:
- Contestare l’uso di presunzioni fiscali prive di riscontro documentale
- Dimostrare la correttezza dei compensi dichiarati e la coerenza dei dati STS
- Giustificare le movimentazioni bancarie o le spese personali non pertinenti all’attività
- Richiedere la sospensione delle azioni di riscossione immediate
- Negoziare piani di rateizzazione o definizioni agevolate con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione
- Tutelare la reputazione dello studio e la privacy dei pazienti durante la verifica fiscale
Il ruolo dell’avvocato nella difesa degli oculisti
Un avvocato specializzato può:
- Analizzare la legittimità dell’accertamento e la fondatezza delle contestazioni
- Predisporre ricorsi, memorie difensive e istanze di sospensione
- Rappresentare il professionista nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate o in giudizio
- Negoziare accordi di definizione o piani di rientro
- Proteggere i beni professionali, i conti correnti e gli strumenti diagnostici da pignoramenti
- Salvaguardare la reputazione professionale e la continuità dello studio medico
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
- L’annullamento totale o parziale dell’accertamento fiscale
- La riduzione di imposte, sanzioni e interessi
- La sospensione immediata delle azioni di riscossione
- La rateizzazione o la definizione agevolata del debito
- La tutela del patrimonio professionale e personale
- Il mantenimento della solidità economica e della credibilità professionale
⚠️ Attenzione: ignorare un accertamento fiscale può portare rapidamente a cartelle esattoriali, pignoramenti e blocchi dei conti, compromettendo l’attività e la reputazione dello studio. Molti accertamenti, però, si basano su presunzioni errate o dati incompleti e possono essere annullati o ridotti con una difesa tempestiva e competente.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, difesa fiscale dei professionisti e contenzioso tributario – spiega come affrontare un accertamento fiscale per oculisti, come bloccare la riscossione e come tutelare la tua stabilità economica e professionale.
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Introduzione
L’accertamento sintetico (spesso noto come “redditometro”) è uno strumento d’ufficio per ricostruire i redditi di un contribuente sulla base delle spese sostenute. Anche gli oculisti (professionisti in regime ordinario) possono esservi soggetti: l’Agenzia delle Entrate confronta le spese addebitate nel periodo d’imposta con i redditi dichiarati e, se rileva uno scostamento significativo, presume un reddito aggiuntivo. L’art. 38 del D.P.R. 600/1973 prevede infatti che – in presenza di determinate condizioni – il fisco possa accertare “sinteticamente” il reddito complessivo, ovvero inferire un maggior reddito (futuro «evaso») sulla base dei beni posseduti e delle spese sostenute . In pratica, se il tenore di vita (auto, immobili, investimenti, spese di mantenimento e altri consumi) del contribuente non è coerente con il reddito dichiarato, l’amministrazione fiscale può rettificare i redditi. Secondo orientamento costante della giurisprudenza tributaria, l’Agenzia è legittimata ad accertare il reddito con questo metodo senza ulteriori prove oltre agli indici di capacità contributiva, con la conseguenza che spetta al contribuente dimostrare il non esistenza o la minore entità del reddito presunto . In sostanza, la presunzione è «relativa»: il fisco accerta basandosi sui consumi, e il contribuente deve fornire prova contraria (ad es. redditi esenti, già tassati o risparmiati) per spezzare la presunzione dell’evasione .
L’introduzione del cosiddetto “nuovo redditometro” (D.Lgs. 108/2024 e provvedimenti attuativi) ha modificato i parametri di tale accertamento: oltre allo scostamento del 20% tra reddito accertato e dichiarato, è richiesto un secondo requisito di carattere assoluto, ossia che il reddito complessivo accertabile superi almeno dieci volte l’assegno sociale annuo (circa 6.947,33 € nel 2024), ovvero circa 70.000 € . Ciò significa che ai fini redditometrici l’Agenzia mira essenzialmente alle medie e grandi evasioni, concedendo di fatto una franchigia sui redditi più bassi: ad esempio, un oculista con reddito dichiarato di 30.000 € e scostamento sintetico del 30% (accertato 39.000 €) non rientrerebbe nei nuovi parametri perché i 39.000 € accertati restano al di sotto della soglia delle 70.000 € . Tuttavia, questo nuovo vincolo non elimina la possibilità stessa di esercitare accertamenti sintetici, che sono rimasti confermati dall’amministrazione come valido strumento di controllo . Inoltre, la riforma ha aggiustato gli oneri e i requisiti probatori nel diritto del fisco e del contribuente, ampliando le prove contrarie ammissibili per il contribuente senza però stabilire modalità specifiche per dimostrare l’impiego delle risorse . In sintesi, il legislatore ha confermato lo scostamento minimo del 20% e il nuovo limite di reddito minimo (≃70.000 €), orientando i controlli verso i redditi medi-alti, ma ha anche precisato e ampliato le circostanze in cui il contribuente può opporre prova contraria .
Normativa di riferimento
- D.P.R. 600/1973, art. 38, commi 4-7: norma base sull’accertamento sintetico (reddiometro). In particolare il comma 4 consente di presumere il reddito sulla base di elementi certi (beni, servizi, spese), mentre il comma 5 riguarda gli incrementi patrimoniali .
- D.Lgs. 108/2024, art. 5: riforma dell’accertamento sintetico, introdotta in attuazione della Legge delega 111/2023. Modifica l’art. 38 cit., confermando lo scostamento del 20% e aggiungendo la condizione della soglia assoluta di reddito (10× assegno sociale) .
- Decreti Ministeriali “redditometro” 10.9.1992 e 19.11.1992: contengono gli indici di capacità contributiva (beni e servizi di riferimento) utilizzati storicamente nell’accertamento redditometrico.
- Circolari Agenzia delle Entrate 24/E/2013 e 6/E/2015: istruzioni su accertamento sintetico e redditi imputati con il redditometro (ricostruzione induttiva sulla base delle spese).
- D.Lgs. 546/1992, art. 7 (riforma 2022): regola il processo tributario e l’onere della prova. L’art. 7 comma 5-bis (introdotto da L. 130/2022) stabilisce che il giudice deve valutare le prove “in coerenza con la normativa tributaria sostanziale”, venendo confermato che ciò non muta l’onere probatorio previsto in materia redditometrica .
- D.Lgs. 74/2000, artt. 4-5: reati fiscali di “dichiarazione infedele” e “omessa dichiarazione” (falsità in dichiarazioni fiscali). Tali fattispecie sono sanzionate se la rettifica supera determinate soglie economiche (art. 4: evasione >50.000 € imposta e >10% dei ricavi o 2.000.000 €, art. 5: omessa dichiarazione se evasione >30.000 €) .
- Codice Civile e Codice di Procedura Civile, art. 2697 c.c. e art. 360 c.p.c.: criteri generali sulla ripartizione dell’onere della prova (anche richiamati dalla giurisprudenza in materia fiscale, ad es. ).
- Sentenze della Cassazione: numerosi precedenti chiariscono applicazione e limiti dell’accertamento sintetico. In particolare, vanno citati alcuni orientamenti aggiornati e rilevanti per la difesa del contribuente: Cass. n. 20166/2020, Cass. ord. n. 9478/2021, Cass. ord. n. 238/2024, Cass. ord. n. 2746/2024, oltre a varie pronunce del 2022-2024 .
Tutte le disposizioni sopra elencate e le sentenze citate saranno richiamate nei paragrafi successivi per illustrare aspetti operativi e strategie difensive.
Che cos’è l’accertamento sintetico (redditometro)
L’accertamento sintetico è un metodo induttivo di accertamento IRPEF. Diversamente dal normale accertamento analitico (che ricostruisce il reddito da dichiarazioni omesse o registri), l’accertamento sintetico ricalcola il reddito sulla base della “capacità contributiva” del contribuente. Storicamente, con il vecchio redditometro (DM 1992 e DM 2005), tale capacità era dedotta dal possesso di certi beni o dalla spesa per certi servizi e consumi. Oggi, ai sensi dell’art. 38, comma 4 del DPR 600/73, il Fisco guarda all’insieme delle spese sostenute (consumo familiare, spese per mantenimento di beni, investimenti patrimoniali, ecc.) e le traduce in un “reddito presunto” . Se questo reddito presunto eccede sensibilmente il reddito dichiarato, scatta l’accertamento induttivo: fino agli anni più recenti, la norma richiedeva che il reddito ricostruito superasse del 20% quello dichiarato , e oggi è previsto altresì che ecceda almeno di dieci volte l’assegno sociale annuo (introdotto dal D.Lgs. 108/2024) .
Come funziona in concreto: l’Agenzia delle Entrate raccoglie dati sulle spese del contribuente (anche tramite controlli formali o banche dati) e calcola un reddito aggiuntivo: ad es. basandosi su consumi alimentari, utenze, viaggi, acquisti auto, case, arredi di pregio, costi scolastici, spese sanitarie, ecc. La selezione dei dati e la parametrizzazione avviene secondo i protocolli statistici (antichi) o i parametri aggiornati dall’Amministrazione. Se il totale delle spese supera il reddito dichiarato in misura sufficiente, l’ufficio ritiene presumibilmente che il contribuente abbia guadagnato di più di quanto dichiarato.
La giurisprudenza (Cassazione) ha ribadito che questo metodo presuntivo è da considerare una presunzione semplice: ciò implica che il Fisco non deve dimostrare altro oltre ai fatti certi (i beni e le spese), ma il contribuente può opporre “prove contrarie” per far valere che quelle somme non derivano da reddito imponibile (ad es. provate da redditi non tassabili, da spese finanziate con risparmi già tassati, da donazioni, ecc.) . In parole semplici, l’accertamento si basa sul possesso/disponibilità di certi beni e sulle spese sostenute: se questi elementi fattuali sono certi e quantificati, l’ufficio può contestare un maggior reddito. Spetterà poi al contribuente dimostrare che le risorse utilizzate non provengono da reddito non dichiarato, ma da fonti lecite (ad es. eredità, risparmi pregressi, somme già tassate). La Corte di Cassazione ha sottolineato che il giudice tributario, una volta accertata l’effettiva esistenza degli indici di capacità contributiva segnalati, può solo valutare la prova contraria offerta dal contribuente (mai esclusa) e non può annullare a priori il valore induttivo di quei fatti certi .
Da notare: esistono in realtà due filoni di accertamenti sintetici. Il cosiddetto redditometro (con i DM 1992) identifica precisamente alcuni indicatori standard di spesa, mentre l’accertamento sintetico puro (o “alternativo”) consente all’ufficio di utilizzare qualsiasi spesa rilevante per un contribuente (anche non contemplata nelle tabelle ministeriali) . Per la sostanza difensiva, questa differenza è poco rilevante: in entrambi i casi, l’ufficio ipotizza redditi aggiuntivi presunti dai consumi complessivi, lasciando al contribuente l’onere di dimostrare la propria innocenza rispetto a quelle presunzioni.
Redditometro vs. indici ISA
Negli ultimi anni si è parlato anche di Indici Sintetici di Affidabilità (ISA), introdotti nel 2017 come strumento di compliance (premiando i contribuenti con “bonus” in base a determinati indicatori di coerenza fiscale). I medici (codice attività negli ISA) hanno specifici indici. Tuttavia, gli ISA non sostituiscono né limitano l’accertamento sintetico. Un oculista con un buon indice ISA può comunque subire un accertamento redditometrico se le spese documentate non corrispondono ai redditi dichiarati. Viceversa, un accertamento redditometrico può contestare differenze anche a chi è in perfetta regola con gli ISA. Sono strumenti distinti: gli ISA agiscono ex ante come incentivo; l’accertamento sintetico è un controllo ex post indipendente dagli ISA.
Parametri di applicazione e limiti
Secondo il testo vigente (D.P.R. 600/1973, art. 38, come modificato dal D.Lgs. 108/2024), due condizioni devono sussistere perché il redditometro venga applicato:
- Scostamento percentuale: il reddito “accertato” sinteticamente deve eccedere di almeno il 20% il reddito dichiarato dal contribuente (il cosiddetto “indice di scostamento” del 20%).
- Soglia assoluta: il reddito complessivo accertabile deve superare almeno di dieci volte l’importo dell’assegno sociale annuo (circa 70.000 € nel 2024).
In pratica, se un oculista dichiara 40.000 € di reddito, per attivare il redditometro l’Agenzia deve calcolare un reddito accertato di almeno 48.000 € (20% in più) e, in ogni caso, il valore dell’accertato deve essere almeno di circa 70.000 €. L’obiettivo dichiarato della seconda condizione è focalizzare il controllo sui redditi medi e alti, concedendo “franchigia” ai redditi medio-bassi . Ad esempio, come spiegato in dottrina, se un oculista dichiara 30.000 € ma dalle spese si desume un reddito di 39.000 €, l’accertamento non scatta perché 39.000 € non raggiungono la soglia di 70.000 € . Tale limite mira a evitare che accertamenti redditometrici colpiscano contributori con capacità di spesa comunque moderate, indirizzando l’azione solo verso potenziali grandi evasori.
Questa doppia soglia (percentuale + assoluta) è recente: fino al 2024 bastava solo lo scostamento del 20%. La norma (D.Lgs. 108/2024) infatti introduce il criterio aggiuntivo della soglia assoluta . A regime, il valore dell’assegno sociale verrà aggiornato ogni biennio, adeguando così la soglia economica. In sede applicativa è importante verificare che l’avviso di accertamento cita correttamente la nuova regola e fornisca il dettaglio del reddito complessivo da cui è stato calcolato l’indicatore. Se l’Agenzia aveva iniziato un procedimento prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 108/2024 (ossia prima del 6 agosto 2024), continuerà a basarsi sulla vecchia soglia (20% senza limiti) fino alla chiusura di quel procedimento. Dopo tale data, tutti i nuovi accertamenti sinteticati devono rispettare le nuove soglie.
Spese di investimento: una precisazione tecnica riguarda le spese per incrementi patrimoniali (comma 5 art. 38). Se l’oggetto dell’accertamento sono acquisti che aumentano il patrimonio (ad es. apparecchiature mediche, immobili, investimenti finanziari), questi rientrano nel comma 5 anziché nel comma 4. Anche in questo caso si forma un reddito presunto (come “incremento patrimoniale” dell’anno). L’ufficio calcola il reddito presunto moltiplicando il valore del bene o servizio per coefficienti stabiliti da decreti ministeriali. Il contribuente può provare l’origine di quelle risorse: ad es. documentando che l’acquisto è avvenuto mediante finanziamento o leasing o con denaro già tassato. Il meccanismo di difesa resta simile: il fisco indica un reddito aggiuntivo e il contribuente deve giustificare come ha finanziato l’acquisto .
Procedure di accertamento e difesa in sede amministrativa
L’attività del Fisco con l’accertamento sintetico può articolarsi in più fasi:
- Lettera di invito: spesso l’Agenzia inizia con un invito al contribuente a fornire chiarimenti o documentazione prima di emettere un avviso di accertamento. Ad esempio, l’Agenzia delle Entrate ha iniziato nel 2024 a inviare lettere di invito relative a spese eccessive, richiedendo, per esempio, conto di acquisti di criptovalute o auto non giustificati dal reddito dichiarato . L’invito costituisce una chance per produrre prove e spiegazioni volontarie. In questa sede il contribuente (oculista) dovrebbe raccogliere subito tutte le prove contabili utili (contratti, fatture, estratti conto, ricevute di finanziamenti, donazioni, documenti di vendita, ecc.) e presentarle all’ufficio; è consigliato farsi seguire da un commercialista o avvocato tributarista.
- Accertamento d’ufficio: se dopo l’istruttoria l’ufficio ravvisa una discrepanza ancora sospetta, emetterà un avviso di accertamento formale. Tale atto contiene il calcolo sintetico del reddito, le spese considerate, le fonti normative invocate e le imposte/tributi e sanzioni richiesti. In caso di silenzio del contribuente o insufficiente collaborazionе, l’avviso può esser formulato in via definitiva.
- Contraddittorio e autotutela: una volta notificato l’avviso, il contribuente ha di norma 60 giorni di tempo per presentare deduzioni o ricorso. È utile, subito dopo ricevimento, inviare una richiesta di documenti all’ufficio (motivata sull’accertamento) e preparare una memoria difensiva completa. In alcuni casi l’amministrazione può accogliere istanze di autotutela o di riliquidazione, specialmente se emergono errori materiali. Si può anche proporre la definizione agevolata dell’accertamento (fino al 30% di sconto di sanzioni) se conviene e se il rapporto con il fisco è ben impostato.
- Accertamento con adesione: se preventivamente possibile, il contribuente può valutare di trattare con l’ufficio per un accertamento con adesione nei termini di legge, che permette di concordare imposte/sanzioni accettando il reddito presunto, evitando così il contenzioso. Tuttavia, in caso di discordanze importanti e certe difese, spesso si preferisce il ricorso tributario.
Strategie difensive amministrative: In ogni fase amministrativa la parola chiave è la documentazione. Il contribuente deve produrre prove contabili e spiegazioni coerenti per dimostrare l’origine delle sue risorse o giustificare le spese contestate. Per esempio, un oculista che contestualmente ha comprato uno strumento ottico caro può dimostrare che l’ha finanziato tramite leasing in 10 anni, ovvero che lo ha ottenuto a credito; questo giustifica l’aumento del patrimonio senza che per forza derivi da un reddito “nascosto”. Allo stesso modo, se ha ricevuto donazioni o eredità, deve esibirne atto notarile o documentazione bancaria. Anche bonifici di risparmio precedente o proventi già tassati (cedole, interessi, rimborsi assicurativi, premi TFM, ecc.) devono essere provati con attestati. In pratica, ogni spesa deve essere controbilanciata da prove di come è stata sostenuta. In assenza di prova, l’ufficio continuerà a presumerla finanziata con reddito non dichiarato.
È fondamentale sapere che l’onere della prova spetta al contribuente nel senso pratico: Cassazione ha confermato che il contribuente deve dimostrare “circostanze sintomatiche” che il reddito aggiuntivo non derivi da reddito imponibile . Per esempio, la Cassazione ha chiarito che il contribuente è “onerato della prova in merito a circostanze che evidenzino come le ulteriori entrate siano state utilizzate per le spese contestate” (ad es. esibendo estratti conto bancari che documentano movimenti coerenti con le spese). Ciò non significa che debba “provare l’uso” in senso formale (non esiste un modello prestampato di prova contraria), ma comunque deve fornire elementi concreti (documentazione di pagamenti, certificazioni di redditi esterni, ecc.) che il giudice tributario possa valutare . Se si limita ad affermazioni generiche, senza evidenze, il giudice potrebbe rigettare la contestazione come è avvenuto in alcune sentenze .
In sintesi, la difesa in sede amministrativa richiede precisione e preavviso: conviene munirsi di tutta la contabilità familiare e finanziaria, presentarla strutturata, e rispondere nei termini. Bisogna evitare di trascurare questo momento, perché le prove raccolte poi potranno essere determinanti nel contenzioso.
Difesa in sede contenziosa (tribunale tributario)
Se l’avviso di accertamento sintetico non viene risolto bonariamente o definito, il contribuente (l’oculista) può impugnarlo davanti alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) territorialmente competente entro 60 giorni dalla notifica. In questa sede, la strategia difensiva segue principi simili: presentare le prove contrarie raccolte e contestare l’impostazione dell’ufficio. Le questioni chiave nel giudizio tributario induttivo sono:
- Reversibilità dell’onere della prova: pur con le nuove regole processuali (D.Lgs. 156/2015 e L. 130/2022), la Cassazione ha stabilito che in materia redditometrica il giudice deve comunque valutare le prove “in coerenza con la normativa tributaria sostanziale” e quindi non cambia il meccanismo tradizionale di onere: rimane al contribuente il compito di confutare la presunzione redditometrica . In pratica, come affermato dall’ordinanza Cass. n. 2746/2024, il contribuente resta obbligato a fornire prova sul fatto che le somme a suo avviso “non imponibili” siano state utilizzate per le spese sostenute .
- Prova delle risorse: bisogna dimostrare con documenti bancari, contratti, atto notarili, ecc. che le spese contestate sono state sostenute con risorse lecite e già soggette a imposta (o esenti) e non con incassi occultati. Ad esempio, Cassazione ha confermato che non basta provare di aver ricevuto un certo importo (donazione, vendita, rimborso): bisogna anche mostrare in modo almeno indiziario che quell’entrata è stata effettivamente destinata alle spese fissate come indici di capacità contributiva . Se l’oculista afferma di aver speso denaro ricevuto in dono, il giudice vorrà vedere l’atto di donazione e idealmente riscontri sul conto corrente che i fondi siano transitati e utilizzati.
- Correlazione spese-reddito: la difesa può anche consistere nel contestare la concreta base dell’accertamento. Ad esempio, in Cass. n. 20166/2020 la Corte ha affermato che, per applicare il redditometro, basta la disponibilità di somme nell’anno di imposta (anche se ricevute a fine anno) senza che sia richiesto il nesso temporale tra incasso e spesa . Ciò ha aiutato i contribuenti che avevano soldo tardivo (ad esempio da vendite poste a dicembre) a giustificare spese fatte nell’anno. In ogni caso, il contribuente può sostenere che certi acquisti non sono tra quelli che la normativa redditometrica considera rilevanti (ad es. spese professionali non vitali, spese voluttuarie occasionali).
- Contestazione del procedimento: se l’avviso manca di motivazione specifica o non prova correttamente i parametri (per es. se il calcolo dello scostamento non è chiaro), può essere impugnato per violazione del dovere di motivazione. La Cassazione impone all’Agenzia una motivazione specifica: se l’avviso si limita a indagare la disponibilità di certi indici di spesa senza spiegare il coefficiente utilizzato per determinarli, potrebbe essere nullo per carenza di motivazione, come sottolineato dalla giurisprudenza (cfr. Cass. n. 2384/2025, Cass. n. 20166/2020). È quindi importante rilevare eventuali lacune logiche o giuridiche nell’atto impositivo e sollevare tali censure in ricorso.
Giurisprudenza recente sul punto
La giurisprudenza di merito e di legittimità ha sviluppato criteri di valutazione precisi. Ad esempio, la Corte di Cassazione (ordinanza n. 9478 del 9 aprile 2021) ha analizzato un caso redditometrico contro un contribuente che contestava un investimento di 22.000 € per trasporto. La Corte ha confermato che, sebbene il contribuente avesse prodotto documenti relativi a un mutuo (a giustificare parte delle spese), egli non aveva dimostrato adeguatamente “che le risorse dedotte (donazioni) fossero state effettivamente utilizzate per le altre spese” . In sostanza, ha ritenuto che la Corte territoriale aveva motivato correttamente: l’amministrazione aveva offerto soltanto “considerazioni generiche e prive di elementi di prova” sulle disponibilità del contribuente , e il contribuente non aveva prodotto prova concreta delle donazioni vantate. Ne consegue che il contribuente deve non solo dimostrare l’esistenza di redditi o entrate aggiuntive, ma anche l’utile impiego di tali risorse per le spese contestate, al fine di elidere la presunzione.
Un altro caso significativo è la Cass. n. 20166/2020 , in cui si discuteva se conteggiare nel reddito accertabile un incasso avvenuto a fine anno. La Corte ha concluso che ai fini redditometrici occorrono i beni o le somme disponibili nell’anno d’imposta, senza alcun vincolo temporale interno all’anno . Nel caso specifico, il contribuente oculista aveva venduto parte dell’azienda a dicembre e affermava che quei soldi non erano pertinenti alle spese dei mesi precedenti. La Corte ha stabilito che la norma non distingue il mese: quel denaro, pur incassato a fine anno, costituiva comunque disponibilità nell’anno 2005 e poteva legittimamente essere conteggiato nel reddito presunto . Tale principio favorisce il contribuente perché evita criteri soggettivi di “ripartizione temporale”.
Infine, la recente ordinanza Cass. n. 238 del 4 gennaio 2024 ha sottolineato l’obbligo del giudice di esaminare compiutamente ogni prova portata dal contribuente. In quell’occasione la Suprema Corte ha annullato una sentenza di appello perché la CTR non aveva affrontato i documenti depositati dal contribuente, limitandosi a dire che questi non erano sufficienti. La Cassazione ha ribadito che, una volta che il contribuente adempia all’onere di allegazione delle prove, il giudice deve esaminarle analiticamente e non liquidarle con giudizi sommari . In pratica, il controllo redditometrico inverso (ove il contribuente si difende), esige un contraddittorio pieno: tutte le prove di spese, entrate lecite o cause esenti devono essere valutate nel merito, come prescrive il principio di parità delle parti.
Pratiche di contabilità e controllo
Per prepararsi al contenzioso, l’oculista dovrebbe aver mantenuto ordinati i propri registri contabili e bancari. La giurisprudenza consente il deposito di molti tipi di documenti: estratti conto correnti (personali e aziendali), movimenti di carte di credito, note spese, documentazione degli studi professionali (se collaboratori ricevono denaro), registrazioni di incassi fatture, dichiarazioni dei redditi degli anni precedenti e delle spese sanitarie o scolastiche, polizze assicurative, accordi di leasing. Anche la contabilità familiare può servire: se è sposato o convivente, l’imposta può tener conto delle spese familiari e patrimoniali comuni. Non va dimenticato che il contribuente può citare testimoni o consulenti tecnici, anche se di norma il giudice si basa sulle prove scritte. Inoltre, i pagamenti effettuati con mezzi tracciabili (bonifici, assegni, carta) sono particolarmente preziosi per documentare il flusso di denaro.
Aspetti penali del redditometro
L’accertamento redditometrico può avere rilevanza penale se produce un consistente maggior reddito di imposta mai dichiarato. Dal punto di vista del debitore (contribuente), è cruciale comprendere quando e come l’accertamento induttivo sfocia nell’ipotesi di reato tributario (dichiarazione infedele, omessa dichiarazione, ecc.) e quali difese sono possibili.
Innanzitutto, l’art. 4 del D.Lgs. 74/2000 («dichiarazione infedele») punisce chi, per evadere imposte, dichiara in dichiarazione un ammontare di redditi inferiori al reale, quando l’evasione supera certi limiti: in particolare, se l’imposta evasa è >50.000 € per ciascuna imposta (IRPEF o IVA) e l’ammontare dei ricavi non dichiarati è superiore al 10% di quelli dichiarati o comunque >2.000.000 € . L’art. 5 del medesimo D.Lgs. introduce il reato di omessa dichiarazione (sempre finalità evasiva) con soglia di 30.000 €. Se da un accertamento sintetico emergono evasioni tali da superare questi limiti, il funzionario pubblico (Agenzia Entrate) è obbligato a inviare una denuncia alla Procura ai sensi dell’art. 331 c.p.p., anche senza prove al di là delle presunzioni . Ciò è stabilito per legge (es. art. 31 DPR 600/1973) e confermato da dottrina: infatti, come spiega un commento, «l’Agenzia, accertato sinteticamente un maggior reddito tale da comportare evasione > soglie di art.4-5, deve effettuare notizia di reato» . In pratica, il redditometro esegue un calcolo induttivo del reddito: se questo calcolo (alla luce delle imposte dovute) supera le soglie penali, può configurarsi il reato.
Tuttavia, è bene sottolineare che tale presunzione redditometrica di per sé non basta a fondare una condanna penale. Nella giurisprudenza penale la Cassazione ha più volte dichiarato che le presunzioni semplici non bastano a costituire prova del reato, soprattutto quando si tratta di indici statistici. In assenza di ulteriori elementi (ad esempio, conti segreti, false fatture, atti fraudolenti conclamati) non è possibile condannare solo sulla base di un reddito «ricostruito» induttivamente . In concreto, se un contribuente trae in giudizio tributario (o penale) un reddito superiore da un reddito oggettivo semplice, questi elementi presuntivi vanno invece usati come spunto di indagine: il Pubblico Ministero deve cercare prove reali di evasione (es. documentazione inesistente, accertamenti bancari anomali). Se queste prove non vengono raccolte (o vengono confutate come nel contenzioso tributario), il procedimento penale non può basarsi solo sulla presunzione redditometrica .
Regime delle soglie: dalla riforma “Semplificazioni fiscali” (Legge 197/2011 e successive) i limiti penalmente rilevanti sono stati innalzati: oggi, ad esempio, per l’infedele la soglia è 50.000 € di imposte evase (mentre precedentemente era 50.000 € di ricavi/compensi sottratti). Questo rende meno frequente la denuncia automatica; tuttavia, è sempre bene verificare: se l’accertamento redditometrico aggiunge un reddito di centinaia di migliaia, le soglie sono già superate. Nel caso in cui dall’accertamento risulti un reato, i contribuenti hanno diritto alla presunzione di innocenza e all’onere probatorio in capo alla pubblica accusa nel processo penale (principi costituzionali art. 27, secondo comma). Quindi, nelle eventuali indagini penali successive, il giudice deve essere convinto della colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, ovvero sulla base di prove concrete, non semplicemente statistiche. Qui la difesa potrà nuovamente contestare le imputazioni con gli stessi mezzi del contenzioso tributario: si ribadisce che le prove redditometriche devono intersecarsi con prove documentali reali. Inoltre, il legislatore (art. 43 co.3 del DPR 600/1973) ha espressamente stabilito che i maggiori ricavi accertati con gli studi di settore non devono essere segnalati come notizia di reato (quindi l’Agenzia non trasmette tali casi). Tuttavia, non esiste una norma equivalente per il redditometro: pertanto, se l’evasione supera soglie, l’Agenzia può – e deve – segnalare il caso alla magistratura .
In pratica, dal punto di vista del debitore occorre fare due riflessioni difensive: 1) prevenire: in sede amministrativa e tributaria combattere l’accertamento con la dovuta documentazione può evitare che l’evasione venga “accertata” in maniera penalmente rilevante; 2) in sede penale: se già si è superata la soglia, difendere potrebbe significare confutare tutte le basi probatorie dell’accertamento e far valere la mera natura presuntiva dell’atto tributario. Finché la pena non è stata contestata formalmente, è comunque buon consiglio inserire nelle memorie (e nei ricorsi) ogni elemento che scagioni il contribuente anche sul piano fiscale, poiché l’autorità giudiziaria penale potrebbe acquisire gli stessi atti. Se dovessero partire indagini, il professionista dovrà agire anche sul terreno penal-fiscale, argomentando come la ricostruzione redditometrica non possa da sola integrare gli estremi del reato (principio ribadito in Cass. n. 8456/2011, per es.).
Simulazioni pratiche (tabella esemplificativa)
Per agevolare la comprensione, nella Tabella 1 seguente sono riassunte alcune situazioni tipiche di un oculista sotto verifica redditometrica, con possibili risposte difensive:
| Situazione contestata | Spiegazione difensiva (prove) |
|---|---|
| Acquisto auto di lusso + spese viaggio | Fornire contratto leasing/finanziamento auto (pagamenti rateizzati) e spese viaggio fatturate come attività. |
| Immobile residenziale di pregio (al mare) | Dimostrare mutuo ipotecario attivato (e quindi entrata monetaria), eventuale donazione da famiglia, usage. |
| Spese familiari (es. vacanze all’estero) | Presentare prove di viaggi di gruppo familiari e dichiarare redditi del coniuge (se tassati separatamente). |
| Acquisto di attrezzatura medica (strumenti) | Mostrare documentazione di leasing o finanziamento o bonifici aziendali in favore di fornitori. |
| Investimenti in criptovalute | Produrre documentazione di provenienza (ad es. rimborsi assicurativi, gain mercato azioni) e dichiarazioni ISEE. |
| Regali costosi (attrezzature, gioielli) | Atto notarile di donazione o testamento, o pagamento effettuato con somme già tassate (rendite, vendita titoli). |
Tabella 2: Riepilogo delle principali soglie di rilevanza penale:
| Reato tributario | Requisiti di rilevanza (minimi) |
|---|---|
| Dichiarazione infedele (art.4) | Imposta evasa >€50.000 e maggior reddito >10% o >€2.000.000 |
| Omessa dichiarazione (art.5) | Imposta evasa >€30.000 (per singola imposta) |
| Emissione fatture false (art.8) | Tipologie di reato estranee al redditometro diretto (non pertinente qui) |
Le tabelle sono solo esemplificative. Ogni caso concreto richiede verifica puntuale.
Domande frequenti (FAQ)
D.1: Cos’è esattamente l’“accertamento redditometrico”?
R. L’accertamento redditometrico (o sintetico) è un controllo fiscale induttivo sul reddito di una persona fisica (come un oculista) basato sulla sua capacità di spesa. L’Agenzia delle Entrate collega i beni posseduti e le spese sostenute dal contribuente a un reddito presunto . Se questo reddito presunto risulta sensibilmente superiore a quello dichiarato (con scostamento >20% e oltre la soglia minima stabilita dalla legge), il fisco emette un avviso di accertamento chiedendo imposte integrative.
D.2: Quando posso ricevere un avviso redditometrico?
R. Soprattutto se hai sostenuto grandi spese non giustificate dal reddito dichiarato. Ad esempio, l’acquisto di auto di lusso, vacanze costose, abitazioni o immobili significativi, investimenti in attività finanziarie, trattamenti medici costosi, etc. Dal 2024, con l’entrata in vigore del nuovo redditometro, il contribuente target è soprattutto chi ha un reddito sinteticamente accertato superiore a circa 70.000 € . Riceverai prima una lettera di invito dell’Agenzia a chiarire certe spese; se la risposta non basta, segue l’avviso formale.
D.3: Cosa devo fare se mi arriva una lettera di invito o un avviso?
R. In fase di lettera di invito: conviene rispondere con calma ma immediatezza, raccogliendo prove documentali (estratti conto, fatture, ricevute, accordi di finanziamento, atto di donazione, ecc.) che giustifichino le spese o indicano da dove provengono i fondi. Conviene farsi assistere da un professionista. Nel caso di avviso di accertamento (atto formale), bisogna valutare subito se proporre accertamento con adesione o impugnare. In ogni caso entro 60 giorni dalla notifica si può presentare ricorso: prima, si può anche cercare un’istanza in autotutela per far correggere eventuali errori evidenti dall’Agenzia. Ovunque, documentare ogni spesa è cruciale.
D.4: Quali prove posso usare per contestare un accertamento redditometrico?
R. Ogni documento che colleghi le spese a risorse lecite è utile. Per esempio: certificati bancari di trasferimenti ricevuti (donazioni, vendite beni), estratti conto che mostrano entrate corrispondenti alle spese (o la provenienza dei fondi), atti notarili (per donazioni/eredità), contratti di mutuo o leasing (per l’acquisto di auto o immobili), fatture o ricevute di spese professionali relative all’attività, buste paga o dichiarazioni di redditi di terzi (coniuge, convivente) se hanno contribuito. Anche contratti di affitto o vendite immobiliari sono prove: se hai venduto un immobile e usato quel denaro per spese, bisogna documentarlo. Insomma, si deve provare “da dove è arrivato” il denaro o il valore usato per le spese contestate .
D.5: L’accertamento redditometrico può contestare anche le spese fatte nel passato (anni precedenti)?
R. Sì, l’accertamento è riferito a uno o più periodi d’imposta. L’Agenzia può considerare le spese sostenute negli anni passati purché riferibili a quell’anno fiscale. Ad esempio, se nel 2022 fai un acquisto grande e denunciato nelle spese del 2022, può accertare il 2022 (conseguentemente potrà estendersi ai successivi fino alla scadenza della cartella di pagamento, 5 anni dal 31/12/anno di imposta). Con l’invito, l’ufficio può chiedere chiarimenti anche su anni più vecchi, se incrocia dati.
D.6: Quali sono i termini per impugnare?
R. Dal momento della notifica dell’avviso di accertamento, il contribuente ha 60 giorni per impugnare davanti alla Commissione Tributaria Provinciale. Se il termine scade, l’avviso diventa definitivo e irrevocabile (salvo ravvedimenti tramite accertamento con adesione, definizione agevolata, ecc.). È quindi fondamentale agire nei 2 mesi successivi alla notifica.
D.7: Posso fare mediazione o transazione?
R. Nel contesto tributario esiste l’accertamento con adesione: l’avvocato può contattare l’Agenzia per provare a concordare una soluzione (pagando imposte aggiuntive con sanzioni ridotte) invece di andare in tribunale. La mediazione classica (CPT) per controversie tributarie è permessa dal 2021, ma è raramente usata negli accertamenti redditometrici perché se non c’è accordo il contenzioso è preferibile. La soluzione dipende dai casi: a volte conviene un compromesso per evitare rischi (anche penali), altrimenti si ricorre.
D.8: Quali errori comuni devo evitare?
R. – Non rispondere: ignorare l’invito o l’avviso peggiora la situazione (si presumerà malafede).
– Risposte grossolane: affermare genericamente “ho redditi esenti” senza documenti non aiuta . Bisogna evidenziare circostanze precise.
– Pagamenti in nero: far affari o vendite senza traccia (ad esempio effettuare pagamenti in contanti senza ricevute) rende impossibile fornire prova.
– Mancata assistenza professionale: il redditometro è complesso; è consigliabile affidarsi a un commercialista tributarista o avvocato esperto.
– Sopravvalutare la procedura: a volte l’accertamento è legittimo. Meglio contestare con rigore giuridico/tecnico piuttosto che mettersi in contraddizione con l’Ufficio, cosa che di fatto conferma le ipotesi di spesa.
D.9: E se alla fine devo pagare? Posso rateizzare o definire l’accertamento?
R. Se il ricorso non ha successo e l’avviso diventa definitivo, il contribuente deve pagare le imposte, gli interessi e le sanzioni contestate. È però possibile chiedere la rottamazione o la definizione agevolata, se aperte: ad es. alcune leggi di bilancio offrono modalità straordinarie di dilazione o cancellazione parziale delle sanzioni. Negoziare con l’Agenzia (accertamento con adesione) può sempre ridurre le sanzioni (fino al 30%). Inoltre, il pagamento delle somme dovute in un certo numero di rate è spesso concesso dall’Agente della Riscossione, purché non ci siano procedure esecutive in corso.
D.10: Cosa succede se non pago o contesto in malafede?
R. Se si omette il pagamento e l’avviso è definitivo, l’Agente della Riscossione potrà iscrivere ipoteca o pignorare beni/carte fino a copertura del debito. Questo è ovviamente l’ultimo scenario da evitare. Inoltre, se si mente nella risposta all’avviso o si producono falsi documenti, si rischiano conseguenze penali più gravi (come falsità o truffa). La miglior difesa resta la trasparenza e l’onestà: produrre tutte le prove vere, presentarsi collaborativi e dimostrare, con fatti concreti, che l’accertamento non è fondato.
Conclusioni
In definitiva, l’accertamento sintetico rappresenta un rischio reale per l’oculista che non ha dichiarato tutti i propri redditi o ha tenuto uno stile di vita incongruente. Tuttavia, grazie alle nuove norme del 2024, i controlli redditometrici sono in teoria più limitati ai redditi medio-alti. La strategia difensiva deve essere mirata e documentata: in fase amministrativa, fornendo preventivamente ogni prova possibile; in sede contenziosa, impiegando la giurisprudenza e la normativa in difesa delle giuste eccezioni (ad es. i criteri stabiliti dalla Cassazione). È cruciale ricordare i principi di contraddittorio e di diritto alla difesa: l’Amministrazione deve esaminare ogni prova addotta, e il contribuente può sempre dimostrare che le spese sono state sostenute con risorse lecite o già tassate .
Sul piano penale, il contribuente deve sapere che una differenza redditometrica non comporta automaticamente una condanna: il reato tributario richiede la prova del dolo (es. occultamento deliberato). A ciò si aggiunga che in procedimenti tributari il giudice valuta sempre le prove in modo analitico . Se le prove contrarie (ad es. documentazione bancaria) dimostrano ragionevolmente che l’imposta è stata sostanzialmente già pagata o che i fondi provengono da fonte lecita, spesso i giudici tributari assolvono il contribuente dall’onere aggiuntivo .
In conclusione, un oculista sottoposto a redditometro deve agire con attenzione e tempestività: col supporto di un professionista, preparare una linea difensiva basata su prove materiali e argomentazioni legali. Un corretto contraddittorio, unito alla consapevolezza dei propri diritti (compresi quelli penali), è l’arma migliore per difendere la propria posizione e limitare sanzioni e rischi.
Hai ricevuto un accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate o della Guardia di Finanza per la tua attività di oculista o studio oftalmologico? Fatti Aiutare da Studio Monardo
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Ti contestano ricavi non dichiarati, spese non deducibili o incongruenze tra il numero di pazienti e i redditi dichiarati?
👉 Prima regola: non affrontare la verifica da solo.
I medici oculisti, come molte altre professioni sanitarie, sono sempre più soggetti a controlli fiscali mirati. L’Agenzia delle Entrate incrocia dati provenienti da POS, pagamenti elettronici, conti correnti, ticket sanitari e rapporti con strutture convenzionate.
Con una difesa tributaria tempestiva e documentata, puoi contestare le presunzioni dell’amministrazione, evitare sanzioni e proteggere la tua reputazione professionale.
⚖️ Perché gli oculisti sono spesso sottoposti ad accertamento fiscale
- Controlli incrociati sui pagamenti elettronici (POS e carte).
- Analisi del numero di visite registrate rispetto alle fatture emesse.
- Confronto dei redditi dichiarati con la media del settore medico.
- Verifiche sui compensi provenienti da cliniche private o convenzionate.
- Presunzione di ricavi non dichiarati per prestazioni pagate in contanti.
- Errori di gestione contabile o fiscale dello studio medico.
📌 Le contestazioni più comuni negli accertamenti agli oculisti
- Omissione di fatture o parcelle.
- Ricavi presunti calcolati in base al numero di pazienti o visite effettuate.
- Spese professionali ritenute non deducibili.
- Movimenti bancari non giustificati (versamenti o prelievi).
- Differenze tra redditi dichiarati e beni posseduti (auto, immobili, strumenti ottici).
- Utilizzo di conti correnti personali per operazioni professionali.
🔍 Cosa fare subito in caso di accertamento fiscale
- Non firmare o accettare nulla senza assistenza di un legale o fiscalista.
- Richiedi copia integrale del verbale di verifica o del PVC.
- Verifica i dati contestati e conserva prove e giustificativi (fatture, estratti conto, prenotazioni, referti).
- Analizza le presunzioni dell’Agenzia con un avvocato tributarista per individuare errori e difendersi.
- Predisponi memorie difensive nei termini previsti per evitare che l’accertamento diventi definitivo.
🧾 Strumenti di difesa contro l’accertamento fiscale
💠 Memorie difensive al PVC (Processo Verbale di Constatazione)
Entro 60 giorni puoi presentare osservazioni scritte per contestare i rilievi e fornire prove documentali.
💠 Contraddittorio preventivo
Hai diritto a un confronto con l’Agenzia delle Entrate prima che l’accertamento diventi definitivo.
💠 Accertamento con adesione
Permette di negoziare con l’Agenzia e chiudere la controversia con sanzioni ridotte.
💠 Ricorso tributario
Se l’accertamento è infondato o viziato, puoi impugnarlo davanti alla Corte di Giustizia Tributaria, ottenendone l’annullamento totale o parziale.
💠 Sospensione esecutiva
In caso di riscossione immediata, puoi chiedere la sospensione dei pagamenti e difendere i beni e i conti dello studio.
🛠️ Strategie di difesa per oculisti sotto accertamento
- Dimostrare la correttezza delle scritture contabili e dei registri fiscali.
- Giustificare movimenti bancari o prelievi con spese professionali o personali documentate.
- Contestare ricostruzioni di reddito arbitrarie basate su presunzioni o medie di settore.
- Difendere la deducibilità dei costi professionali realmente sostenuti (strumenti diagnostici, apparecchiature, affitti).
- Separare in modo chiaro conti personali e professionali per evitare confusione contabile.
- Utilizzare consulenti tecnici e periti fiscali per controbattere le stime dell’Agenzia.
⚖️ Perché agire subito è fondamentale
Un accertamento fiscale mal gestito può avere conseguenze gravi:
- Sanzioni fino al 240% delle imposte dovute.
- Blocco dei conti o iscrizione di ipoteche.
- Danni all’immagine professionale e rapporti con le cliniche convenzionate.
Agire tempestivamente consente di:
- Bloccare la procedura prima della fase esecutiva.
- Evitare sanzioni elevate e interessi aggiuntivi.
- Difendere la tua credibilità e il tuo studio professionale.
- Chiudere la controversia in modo rapido e riservato.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza il verbale di accertamento e la documentazione contabile e bancaria.
📌 Identifica vizi formali o sostanziali negli atti fiscali e nelle verifiche.
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⚖️ Ti rappresenta nel contraddittorio preventivo e davanti alla Corte di Giustizia Tributaria.
🔁 Offre consulenza continuativa su fiscalità medica, tutela patrimoniale e prevenzione di future contestazioni.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e difesa da accertamenti fiscali.
✔️ Professionista per la tutela di oculisti, medici e professionisti sanitari contro verifiche e contestazioni dell’Agenzia delle Entrate.
✔️ Gestore della crisi d’impresa iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Un accertamento fiscale a un oculista può essere gestito e risolto con successo, ma serve agire subito con una difesa competente e documentata.
Con il giusto supporto legale puoi contestare le presunzioni dell’Agenzia delle Entrate, ridurre o annullare le sanzioni e proteggere la tua attività e la tua reputazione professionale.
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