Sei un interior designer con debiti fiscali o sotto accertamento dell’Agenzia delle Entrate?
L’interior design è un settore creativo e competitivo, ma anche soggetto a forti oscillazioni di mercato e a costi di gestione elevati. La riduzione delle commesse, i ritardi nei pagamenti dei clienti e gli obblighi fiscali e contributivi possono mettere in difficoltà anche i professionisti più affermati.
Molti interior designer oggi si trovano a dover affrontare debiti con il Fisco, l’INPS o i fornitori, spesso aggravati da cartelle esattoriali, pignoramenti e accertamenti fiscali complessi.
Con una difesa legale e fiscale mirata, è possibile bloccare la riscossione, rateizzare i debiti e contestare accertamenti infondati, tutelando la tua attività, i tuoi beni e la tua reputazione professionale.
Quando un interior designer entra in difficoltà fiscale o finanziaria
Le cause più comuni che portano un interior designer o uno studio di progettazione ad accumulare debiti o subire accertamenti fiscali sono:
- Cartelle esattoriali o intimazioni di pagamento per IVA, IRPEF o contributi previdenziali non versati
- Accertamenti fiscali per presunte irregolarità nei compensi o nella contabilità
- Pignoramenti o ipoteche su conti correnti, beni o immobili personali e professionali
- Sanzioni e interessi che fanno lievitare rapidamente l’importo del debito
- Ritardi nei pagamenti da parte di clienti o committenti privati e aziendali
- Errori amministrativi o contabili nella gestione della partita IVA o nelle dichiarazioni dei redditi
Cosa fare se hai debiti o sei sotto accertamento fiscale come interior designer
Agisci subito: ogni atto (cartella, intimazione o accertamento) ha scadenze precise – solitamente 60 giorni dalla notifica – per essere impugnato o rateizzato.
Ecco i passi fondamentali da seguire:
- Verifica la legittimità degli atti ricevuti: molti accertamenti fiscali contengono errori di notifica, calcoli errati o motivazioni generiche che possono renderli nulli.
- Controlla l’importo effettivo del debito: le somme richieste spesso includono sanzioni e interessi eccessivi, riducibili attraverso la definizione agevolata.
- Richiedi la rateizzazione: puoi ottenere fino a 120 rate mensili, sospendendo temporaneamente le azioni di riscossione.
- Valuta la definizione agevolata (rottamazione): se disponibile, consente di pagare solo il capitale dovuto, cancellando sanzioni e interessi.
- Impugna gli accertamenti infondati: con un ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria puoi bloccare la riscossione e difendere la tua attività professionale.
Come difendersi legalmente e fiscalmente
Un avvocato tributarista esperto nella difesa dei professionisti e delle attività creative può analizzare la tua posizione e costruire una strategia difensiva su misura, tutelando il tuo patrimonio e la continuità lavorativa.
Le azioni più efficaci comprendono:
- Contestare vizi di notifica, prescrizione o errori di calcolo negli accertamenti e nelle cartelle
- Chiedere la sospensione immediata di pignoramenti, fermi o ipoteche sui beni personali e professionali
- Presentare ricorso contro accertamenti IVA o IRPEF basati su presunzioni o stime errate
- Negoziare piani di rateizzazione o transazioni fiscali con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione
- Proteggere conti correnti, strumenti di lavoro e beni personali da azioni esecutive
- Migliorare la gestione contabile e fiscale per prevenire nuovi debiti in futuro
Il ruolo dell’avvocato nella difesa degli interior designer
Un avvocato specializzato può:
- Analizzare la legittimità di cartelle, accertamenti e intimazioni di pagamento
- Predisporre ricorsi e istanze di sospensione per bloccare la riscossione
- Negoziare rateizzazioni e definizioni agevolate
- Difendere il professionista nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate
- Proteggere i beni, i conti e gli strumenti di lavoro da pignoramenti o sequestri
- Tutelare la continuità operativa e la reputazione dello studio
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
- La sospensione immediata delle procedure di riscossione
- L’annullamento totale o parziale dei debiti illegittimi o prescritti
- La rateizzazione o definizione agevolata delle somme dovute
- La tutela del patrimonio personale e professionale
- Il risanamento fiscale e la stabilità economica dell’attività
⚠️ Attenzione: ignorare cartelle o accertamenti fiscali può portare a pignoramenti, blocchi dei conti correnti e ipoteche, con conseguenze gravi sulla tua attività e sulla tua vita privata.
Molte situazioni, però, possono essere risolte o ridotte se affrontate tempestivamente con una difesa legale e fiscale competente.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, crisi d’impresa e difesa fiscale dei professionisti – spiega cosa fare se la tua attività di interior designer ha debiti o è sotto accertamento, come bloccare la riscossione e come ristabilire la solidità economica e professionale.
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Analizzeremo la tua situazione, verificheremo la legittimità degli atti e costruiremo una strategia difensiva personalizzata per proteggere la tua attività, i tuoi beni e la tua serenità professionale.
Introduzione
Quali sono i debiti più comuni per un interior designer?
– Debiti con il Fisco: IVA sulle fatture emesse e imposte sul reddito (IRPEF o IRES) non versate; contributi previdenziali non pagati (INPS gestione artigiani/commercianti o casse professionali se iscritto all’albo).
– Cartelle esattoriali dell’Agenzia Entrate-Riscossione, gonfiate da sanzioni e interessi di mora, relative a imposte, multe o contributi non pagati.
– Finanziamenti bancari o prestiti non rimborsati (es. mutuo per lo studio, fido di conto corrente scoperto).
– Fatture di fornitori e collaboratori rimaste insolute (ad esempio artigiani, mobilieri, forniture di materiali d’arredo).
– Canoni d’affitto o leasing dello studio professionale non pagati.
– Debiti personali contratti per sostenere l’attività (carte di credito, prestiti al consumo) e ora divenuti onerosi.
Cosa rischia un interior designer che non interviene in tempo?
– Pignoramento dei conti correnti personali o aziendali da parte dei creditori, con conseguente blocco dei pagamenti e degli incassi.
– Paralisi dell’attività per mancanza di liquidità e revoca dei fidi bancari; impossibilità di portare avanti i progetti in corso.
– Segnalazioni negative nelle banche dati (Centrale Rischi), con perdita di affidabilità creditizia e difficoltà ad ottenere nuovi finanziamenti.
– Aggressione al patrimonio personale, inclusa la casa di abitazione se non adeguatamente tutelata (i creditori privati possono pignorarla, e il Fisco può farlo se non è l’unica casa e il debito supera certi importi ). Anche l’auto e gli arredi non indispensabili possono essere soggetti a esecuzione forzata.
– Impossibilità di operare regolarmente, ad esempio di emettere fatture o ricevere pagamenti se il conto è bloccato, con ulteriore aggravamento della crisi.
Quali strumenti legali puoi usare per difenderti?
– Rateizzazione delle cartelle esattoriali o adesione a definizioni agevolate (“rottamazione”) se previste dalla legge, per diluire o ridurre il debito fiscale. Ad esempio, la rottamazione-quater 2023 consente di pagare le cartelle senza sanzioni in 18 rate fino al 2027 .
– Procedure di sovraindebitamento, se operi come libero professionista non soggetto a fallimento. La legge consente di ristrutturare tutti i debiti in un unico piano sotto il controllo del tribunale, con eventuale esdebitazione finale (cancellazione dei debiti residui).
– Piano del consumatore, se i debiti sono prevalentemente personali (non legati all’attività) e vuoi tutelare il tuo tenore di vita familiare: prevede un piano di pagamenti proposto dal debitore e omologato dal tribunale senza bisogno del voto dei creditori.
– Accordo con i creditori (concordato minore), per trattare con tutti i creditori proponendo un piano concordatario omologato dal tribunale. Richiede l’adesione di una parte dei creditori, ma consente soluzioni flessibili (es. pagamenti parziali).
– Saldo e stralcio stragiudiziale, ovvero accordi transattivi individuali per chiudere posizioni debitorie pagando un importo ridotto in unica soluzione, se il creditore è disponibile (spesso praticato con banche o finanziarie su prestiti non garantiti).
– Verifica tecnica delle cartelle esattoriali e dei contratti finanziari, per individuare vizi da far valere in opposizione: ad esempio cartelle pazze o prescrizioni maturate, interessi usurari o anatocistici nei mutui, clausole invalide. Annullare sanzioni illegittime o eccepire la prescrizione può ridurre significativamente l’esposizione.
Cosa puoi ottenere con la strategia giusta?
– Il blocco immediato di pignoramenti, fermi amministrativi e altre azioni esecutive, avvalendoti di misure protettive previste dalla legge (ad esempio, presentando un’istanza di composizione della crisi che sospende le esecuzioni in corso).
– La riduzione dell’importo dovuto mediante stralcio di parte dei debiti (sia in via di accordo stragiudiziale, sia all’interno di un piano omologato dal giudice). Ad esempio, un piano può prevedere il pagamento parziale dei debiti chirografari e l’esdebitazione del restante.
– La protezione dell’attività professionale e degli strumenti di lavoro, evitando che beni essenziali come computer, attrezzature o automezzi strumentali vengano pignorati (la legge rende impignorabili gli strumenti indispensabili al lavoro del debitore, entro certi limiti).
– Il recupero dell’equilibrio economico e della serenità lavorativa, riorganizzando le uscite debitorie in modo sostenibile e liberandoti dall’assillo di creditori e solleciti continui.
– La difesa del patrimonio personale, mettendo al riparo la casa di abitazione (ad esempio attraverso un piano che eviti la vendita forzata, o sfruttando la regola per cui l’Agente della Riscossione non può pignorare l’unico immobile in cui risiedi ) e conservando quanto necessario al sostentamento tuo e della famiglia.
Essere un interior designer con debiti non è una condanna: la legge ti offre strumenti di tutela concreti. L’importante è agire subito, prima che i creditori blocchino l’attività o aggrediscano i tuoi beni .
Questa guida ti spiega nel dettaglio cosa puoi fare se sei un interior designer in difficoltà economica, quali sono le soluzioni legali per uscire dai debiti e come proteggere la tua attività e il tuo patrimonio personale. Esamineremo sia gli strumenti stragiudiziali (accordi bonari, piani di rientro, ecc.) sia quelli giudiziali (procedure di sovraindebitamento, ecc.), alla luce della normativa italiana aggiornata a settembre 2025. Il tutto dal punto di vista del debitore, con un linguaggio giuridico ma accessibile, e con riferimenti a leggi e sentenze recentissime.
Introduzione
In Italia il debitore – sia esso un privato cittadino, un professionista o un piccolo imprenditore – che si trova in difficoltà può affrontare la crisi con misure stragiudiziali (negoziazioni dirette, mediazione civile, composizione negoziata in Camera di Commercio) oppure con procedure giudiziali (accordi omologati, concordati, liquidazioni e relativi meccanismi di esdebitazione) . Il quadro normativo di riferimento è il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019), più volte modificato da interventi recenti (da ultimo il D.Lgs. 136/2024, terzo “correttivo” al Codice, in vigore dal 1º marzo 2025 ). Questo Codice ha riordinato e integrato le norme previgenti, tra cui la legge 3/2012 (cosiddetta “salva-suicidi”) che per prima ha introdotto le procedure di sovraindebitamento per i non fallibili.
Ogni strumento ha requisiti di ammissibilità, effetti e costi specifici: è fondamentale inquadrarli correttamente e pianificare una strategia, dal punto di vista del debitore, che punti prima al risanamento dell’esposizione debitoria e – se il salvataggio non è possibile – alla liberazione dai debiti residui mediante esdebitazione . In altre parole, l’obiettivo finale, soprattutto per il debitore onesto ma sfortunato, è ottenere una “fresh start”, ossia ripartire da zero senza il fardello dei debiti pregressi.
1. Valutare la propria situazione debitoria
Il primo passo per un interior designer indebitato è valutare con obiettività la propria situazione finanziaria. Occorre ricostruire il profilo debitorio in tutti i suoi elementi: quanti e quali creditori sono presenti (banche, fornitori, fisco, locatore, finanziarie, ecc.); la natura dei debiti (ad esempio se sono garantiti da ipoteca o privilegio, oppure chirografari senza garanzie; se derivano da mutui, da carte di credito, da forniture non pagate, da stipendi di dipendenti, ecc.); l’ammontare complessivo dovuto e l’eventuale presenza di rateizzazioni o piani di ammortamento in corso . Bisogna anche verificare se vi sono già procedure esecutive pendenti (decreti ingiuntivi notificati, pignoramenti avviati, fermi amministrativi su veicoli, iscrizioni di ipoteca da parte del Fisco) e quali garanzie sono state eventualmente concesse ai creditori (ipoteche su immobili di proprietà, pegni su beni mobili, fideiussioni fornite da familiari, ecc.) .
Parallelamente, va analizzato il patrimonio disponibile del debitore e il suo reddito attuale. Un interior designer potrebbe avere beni mobili (conto in banca, attrezzature, auto) e immobili (lo studio di proprietà o una casa) e fonti di reddito da lavoro autonomo (fatturato annuale) o altri redditi (ad es. stipendio del coniuge, rendite). Occorre stilare un vero e proprio bilancio personale per capire la capacità concreta di rimborsare i debiti: qual è il flusso di cassa mensile libero e quali beni alienabili si potrebbero destinare ai creditori.
In base allo stato patrimoniale e reddituale, si valuta se il debitore si trova in condizione di sovraindebitamento oppure solo a rischio di insolvenza futura. Per legge, il “sovraindebitamento” è definito come lo stato di crisi o insolvenza del debitore che non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni . In termini semplici, si ha sovraindebitamento quando il debitore non riesce più a pagare i debiti alle scadenze concordate, a causa di uno squilibrio persistente tra ciò che deve pagare e le sue risorse liquidabili. Un interior designer privo di liquidità, con rate arretrate e creditori insoddisfatti, rientra tipicamente in questa definizione.
In ogni caso, la legge impone al debitore precisi doveri di lealtà e tempestività. È fondamentale non nascondere la testa sotto la sabbia: il debitore deve agire con buona fede e trasparenza, dichiarando onestamente tutti i propri debiti e attivandosi tempestivamente per la loro ristrutturazione . L’ordinamento incoraggia una emersione sollecita della crisi, per evitare che il ritardo aggravi la posizione dei creditori e dello stesso debitore. Chi tarda ad affrontare la situazione rischia infatti che le misure utili non siano più accessibili (ad esempio, decadendo da eventuali piani di rateizzo o facendosi pignorare beni essenziali che avrebbero potuto essere protetti). Inoltre, comportamenti scorretti o reticenti (come l’omissione di alcuni debiti, la distrazione di beni a favore di parenti, la falsificazione di documenti) precludono l’accesso ai benefici dell’esdebitazione e possono integrare reati. Dunque, prima regola: mappare i debiti e non mentire, per poi scegliere la soluzione più adatta.
2. Misure stragiudiziali per gestire i debiti
Prima di ricorrere al tribunale, un interior designer indebitato dovrebbe valutare le soluzioni negoziali extragiudiziali disponibili . In molti casi è possibile trovare un accordo con i creditori senza attivare subito una procedura concorsuale formale. Ecco le principali opzioni stragiudiziali:
- Rinegoziazione diretta e piani di rientro: Il debitore può contattare ciascun creditore per concordare un piano di pagamento personalizzato, ad esempio una dilazione extra o uno sconto sul dovuto . Molti fornitori preferiscono ottenere almeno una parte del credito in via bonaria piuttosto che affrontare lunghe cause. Allo stesso modo, le banche possono essere disponibili a ristrutturare un mutuo o un fido in sofferenza (es. concedendo una moratoria temporanea o un allungamento del piano di ammortamento) purché il debitore presenti un piano credibile. È importante formalizzare per iscritto ogni accordo e rispettarlo rigorosamente. Queste intese non hanno efficacia verso i creditori dissenzienti (non essendo omologate da un giudice), ma spesso costituiscono un primo passo efficace per evitare azioni legali: ad esempio, concordare un piano di rientro con la banca può impedire che questa proceda a pignorare l’immobile per il mutuo scaduto . Prima di sottoscrivere accordi con banche o finanziarie, è opportuno far verificare da un esperto che non vi siano interessi usurari o anatocistici: in presenza di tassi ultra-soglia o di interessi composti illegittimi, il debito potrebbe essere ridotto per via giudiziaria (Legge 108/1996 anti-usura, art. 1815 c.c., ecc.) .
- Mediazione civile e conciliazione: Se la trattativa diretta non dà esito, si può proporre una mediazione ai sensi del D.Lgs. 28/2010, coinvolgendo un organismo di mediazione accreditato . La mediazione è un procedimento volontario (in certi casi obbligatorio prima del giudizio) in cui un mediatore imparziale aiuta le parti a trovare un accordo. Ad esempio, per una cartella esattoriale contestata o per un contratto di fornitura non onorato, una mediazione rapida può evitare anni di causa. Se l’accordo viene raggiunto e omologato dal giudice, esso diventa titolo esecutivo e vincolante. La mediazione ha costi contenuti e velocità, ma richiede cooperazione dai creditori: non sempre banche o Agenzia delle Entrate Riscossione vi partecipano con apertura mentale, specie se il debitore non offre somme significative. Resta comunque uno strumento utile in caso di controversie specifiche (es. contestare alcune voci indebite) da risolvere rapidamente .
- Accordi stragiudiziali assistiti da esperti (composizione negoziata): Dal 2021 è attiva la Composizione negoziata della crisi, introdotta per le imprese in difficoltà (D.L. 118/2021, ora art. 12 e seguenti del Codice della Crisi) . È un percorso volontario in cui l’imprenditore commerciale o agricolo, anche di piccole dimensioni, può chiedere alla Camera di Commercio la nomina di un esperto indipendente (gestore della crisi) che lo aiuti a negoziare con tutti i creditori . Se l’interior designer esercita l’attività in forma di impresa (ad es. come ditta individuale iscritta in Camera di Commercio) e presenta i requisiti dimensionali da “imprenditore minore”, può accedere a questo strumento. La procedura si svolge tramite una piattaforma telematica nazionale e, su richiesta, offre misure protettive: dall’accettazione dell’incarico e relativa pubblicazione nel Registro delle Imprese, nessun creditore può iniziare o proseguire azioni esecutive né acquisire nuove garanzie sui beni del debitore . Ciò crea una sorta di “tregua” durante le trattative. L’esperto analizza la situazione e propone possibili soluzioni (ristrutturazione del debito, cessione di asset, nuovo finanziamento). Se si trova un accordo con i creditori, il debitore può chiedere al tribunale di omologarlo, rendendolo vincolante anche per eventuali dissenzienti. La composizione negoziata è pensata per salvare l’attività, evitando il fallimento e trovando un’intesa sostenibile. Tuttavia, va ribadito: è riservata ai soggetti imprenditori. Un interior designer che svolge l’attività in forma puramente professionale (senza iscrizione come impresa) potrebbe non rientrare formalmente tra i destinatari, anche se talvolta la distinzione tra professionista e impresa è sfumata. In pratica, se la tua attività di interior design ha caratteristiche aziendali (dipendenti, sede, attrezzature rilevanti) potrebbe essere opportuno consultare l’OCC camerale per valutare questa strada.
- Transazione fiscale e contributiva: Nell’ambito sia delle trattative stragiudiziali, sia di procedure giudiziali (di cui diremo tra poco), è spesso fondamentale trovare un accordo specifico con l’Erario e gli enti previdenziali. Il Decreto “Crisi e Rilancio” 2025 ha ulteriormente ampliato gli spazi di manovra col Fisco, consentendo la transazione fiscale agevolata anche per debiti sotto 100.000 € e la rateizzazione fino a 144 mesi (12 anni) dei debiti tributari e contributivi all’interno di un piano . Ciò significa che, sedendosi al tavolo con Agenzia Entrate e INPS, si può proporre un pagamento dilazionato molto lungo e/o un parziale stralcio di interessi e sanzioni. Tali accordi richiedono però l’assenso formale degli enti e spesso la congruità dell’offerta dev’essere attestata da un professionista (che certifichi che il trattamento proposto è migliorativo rispetto a quanto il Fisco otterrebbe da un’eventuale liquidazione). È bene farsi assistere da un tributarista in queste negoziazioni. Ricordiamo che il Constitutional Court già nel 2019 ha aperto alla possibilità di falcidia dell’IVA e di altri tributi nelle procedure di sovraindebitamento (Sent. Corte Cost. n.245/2019), superando il precedente divieto assoluto: oggi, dunque, anche l’IVA può essere inclusa in un accordo con pagamento parziale , purché l’erario riceva almeno quanto otterrebbe in caso di liquidazione forzata.
- Atti a tutela del patrimonio: In via preventiva, se la situazione lo consente, un debitore può valutare strumenti di protezione patrimoniale come il fondo patrimoniale o il trust. Tuttavia, questi mezzi non possono essere usati in frode ai creditori: ad esempio, costituire un fondo patrimoniale sulla casa quando i debiti sono già sorti è facilmente revocabile dai creditori (atto in frode). Inoltre il fondo patrimoniale non protegge dai debiti estranei ai bisogni familiari (e i debiti d’impresa o professionali non sono considerati per bisogni familiari). In sostanza, queste mosse devono essere fatte in tempi non sospetti e con finalità genuine. In ogni caso, vanno maneggiate con estrema cautela e con assistenza legale, perché un utilizzo improprio può comportare conseguenze civili (revocatoria) e penali (bancarotta fraudolenta se si è in procedura concorsuale).
Se gli strumenti stragiudiziali non bastano o non sono attuabili, occorre passare alle soluzioni giudiziali offerte dalla legge. Un interior designer individuale, in genere, non è soggetto a fallimento (in quanto professionista o imprenditore sotto soglia) e quindi può accedere alle speciali procedure per sovraindebitati. Vediamo di che si tratta.
3. Strumenti giudiziari di risoluzione della crisi da debiti
La normativa italiana mette a disposizione diversi strumenti concorsuali per risolvere la crisi da sovraindebitamento, utilizzabili dal debitore non fallibile (consumatore, professionista o piccolo imprenditore) previa approvazione del tribunale. In via preliminare, precisiamo che se l’attività di interior design è esercitata in forma imprenditoriale di dimensioni rilevanti (ad es. attraverso una società che supera i limiti di fallibilità), potrebbero applicarsi le procedure ordinarie come il concordato preventivo o la liquidazione giudiziale (nuova denominazione del fallimento). Nella maggior parte dei casi, però, l’interior designer come persona fisica rientra nelle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento previste per i soggetti non fallibili. Tali procedure, introdotte dalla L.3/2012 ed ora confluite nel Codice della Crisi, sono principalmente tre – ristrutturazione dei debiti del consumatore, concordato minore e liquidazione controllata dei beni – cui si aggiunge l’innovativa misura dell’esdebitazione del debitore incapiente. Esaminiamole in dettaglio:
- Concordato preventivo (ordinario) – È la procedura prevista per gli imprenditori commerciali fallibili (società o ditte oltre soglia) in stato di crisi o insolvenza. Poiché un interior designer tipicamente non supera i limiti dimensionali di fallibilità (attivo patrimoniale > €300.000, ricavi > €200.000, debiti > €500.000 ), questa procedura di norma non lo riguarda direttamente. In sintesi, nel concordato preventivo l’imprenditore propone ai creditori un piano di ristrutturazione (con continuità aziendale o con cessione/liquidazione dei beni) corredato da una relazione giurata di un professionista attestatore . Il piano viene sottoposto al voto di tutti i creditori: servono maggioranze qualificate (almeno il 50% dei crediti per l’approvazione, con soglie ridotte al 30% in taluni casi di concordato “agevolato”) . Se le maggioranze sono raggiunte e il tribunale valuta il piano fattibile e conveniente, emette il decreto di omologazione: il concordato omologato vincola tutti i creditori chirografari e sospende le azioni esecutive individuali . In caso di mancata approvazione, si apre la liquidazione giudiziale (fallimento). Ribadiamo: salvo che l’interior designer abbia strutturato la propria attività in forma societaria di un certo rilievo, egli non passerà da un concordato preventivo, bensì dagli strumenti semplificati che ora descriviamo.
- Concordato minore – È la procedura concorsuale riservata ai debitori non fallibili, dunque il suo campo comprende micro-imprenditori, professionisti, artisti e start-up innovative in crisi . Un interior designer titolare di una piccola ditta individuale o studio professionale rientra in questa categoria. Il concordato minore ricalca in parte il modello del concordato preventivo, ma con importanti semplificazioni: il piano può prevedere la continuazione dell’attività professionale (se sostenibile) oppure la sua cessazione e liquidazione dell’azienda, magari con l’apporto di risorse esterne per migliorare il soddisfacimento dei creditori . La proposta va presentata al tribunale con l’ausilio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) e di solito richiede il voto favorevole dei creditori (nella misura di almeno il 60% dei crediti, secondo la disciplina previgente, anche se il Codice rinvia a modalità da definirsi caso per caso). L’omologazione richiede che il tribunale valuti la meritevolezza del debitore e la fattibilità del piano. Ad esempio, Cassazione 2024 ha chiarito che va esaminata attentamente la capacità del professionista di adempiere alle obbligazioni assunte nel concordato minore, verificandone la credibilità . Il vantaggio del concordato minore, rispetto al piano del consumatore, è che possono accedervi anche debitori con debiti d’impresa (non solo personali); di contro, richiede in genere l’accordo dei creditori oppure quantomeno che essi non si oppongano all’omologazione in misura determinante. Durante la procedura, analogamente al concordato preventivo, scattano tutele come il blocco delle azioni esecutive e la sospensione delle eventuali cause di scioglimento della società . Il debitore rimane in possesso dei beni ma eventuali atti gestionali straordinari possono richiedere autorizzazione del giudice o il controllo di un commissario nominato dal tribunale . In sostanza, il concordato minore è lo strumento per piccoli imprenditori e professionisti che vogliono chiudere la crisi pagando i creditori in parte, magari continuando la propria attività sotto la supervisione dell’OCC e del tribunale.
- Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore – Questo strumento, erede del “piano del consumatore” introdotto dalla L.3/2012, è riservato esclusivamente al debitore consumatore, cioè la persona fisica che ha contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale . Consente di ristrutturare i debiti personali proponendo un piano di pagamenti ai creditori, senza necessità di voto da parte loro. Un interior designer può accedervi solo se la sua debitoria è totalmente di natura personale/consumeristica (es. debiti per esigenze familiari, acquisto casa, spese correnti) e non ha debiti riferibili alla sua attività professionale. In caso di debiti misti (personali + d’impresa), la legge purtroppo impone un orientamento restrittivo: Cassazione 26 luglio 2023 n.22699 ha confermato che un ex imprenditore con debiti professionali residui non può avvalersi del piano del consumatore, dovendo ricorrere al concordato minore o alla liquidazione . (Va notato che parte della giurisprudenza di merito dissente e, in presenza di attività cessata, ammette comunque il piano, ma l’orientamento prevalente al momento è contrario ). Se il debitore è un consumatore puro, la procedura è molto vantaggiosa: con l’aiuto dell’OCC formula un piano dettagliato con cui si impegna a pagare, in un certo periodo di tempo, i suoi debiti – anche solo in parte – secondo le sue reali possibilità. Ad esempio, può offrire ai creditori chirografari una percentuale ridotta del credito, da pagarsi in alcuni anni, e prevedere il pagamento integrale (anche se dilazionato) dei soli crediti privilegiati se necessario per convenienza. Il tribunale, dopo aver verificato la correttezza della documentazione e la meritevolezza del debitore (ossia che non abbia colpe gravi o frodi alla base dei debiti), omologa il piano anche senza il consenso dei creditori, purché accerti che i creditori riceveranno tramite il piano non meno di quanto otterrebbero in una liquidazione forzata dei beni del debitore . In altre parole, il giudice fa un controllo di convenienza: se vendendo tutto il possibile i creditori avrebbero, poniamo, il 20%, il piano deve garantire almeno quel 20% complessivo (anche se in più anni). Non è richiesto il voto dei creditori, i quali però possono presentare opposizione/reclamo se ritengono che il piano sia per loro meno conveniente di una liquidazione . Il piano del consumatore può prevedere anche significative dilazioni di pagamento e perfino parziali falci dei crediti privilegiati (es. riduzione di ipoteche), cosa che nel concordato preventivo ordinario imporrebbe il voto del creditore garantito. La Corte di Cassazione ha chiarito che il limite di un anno previsto dalla vecchia legge come moratoria massima per iniziare a pagare i creditori privilegiati non significa che entro un anno tali crediti vadano integralmente soddisfatti . È lecito, in un piano del consumatore, iniziare a pagare i creditori ipotecari dopo un anno dall’omologazione e poi proseguire il rimborso gradualmente anche per molti anni, se ciò rende sostenibile il piano e purché il trattamento offerto sia almeno pari a quello che il creditore otterrebbe pignorando subito il bene . Ad esempio, si può prevedere che il mutuo ipotecario sulla casa venga ripagato, anziché immediatamente tramite vendita forzata, in 10–15 anni di rate sostenibili: il tribunale valuterà se questa dilazione è credibile e se il valore pagato alla fine al creditore ipotecario non sia inferiore a quanto avrebbe ricavato vendendo subito all’asta (tenendo conto di spese e deprezzamenti). In tal caso il piano può essere omologato nonostante la lunga dilazione. In ogni piano, naturalmente, il debitore deve destinare tutto il suo sforzo possibile al soddisfacimento dei creditori: dovrà quindi impegnare il reddito disponibile al netto delle necessità di sostentamento, e magari dismettere beni non essenziali. Una volta omologato, il piano diventa vincolante per tutti i creditori anteriori (anche per quelli dissenzienti) e il debitore è tenuto a eseguire le obbligazioni così ristrutturate. Attenzione: se il debitore non rispetta il piano senza giustificato motivo, o se durante l’esecuzione emergono circostanze che lo rendono impossibile da proseguire (ad es. nuove insolvenze), il tribunale – su istanza dei creditori – può revocare l’omologazione e dichiarare aperta la liquidazione controllata dei beni . Dunque il beneficio del piano si conserva solo a patto di un comportamento diligente post-omologa. Al termine dell’esecuzione (che può durare diversi anni), il debitore avrà diritto all’esdebitazione totale dei debiti residuali rimasti eventualmente impagati. Questa procedura è indicata per il debitore persona fisica che voglia evitare la liquidazione del proprio patrimonio e che disponga di un reddito regolare nel tempo tale da poter soddisfare i creditori in misura apprezzabile.
- Liquidazione controllata dei beni – Se il debitore non è in grado di proporre un concordato minore o un piano del consumatore fattibile (ad esempio perché i debiti superano di gran lunga le sue possibilità di rimborso o perché non vi è accordo coi creditori né prospettiva di sostenere un piano), la soluzione residuale è la liquidazione giudiziale del suo patrimonio, chiamata liquidazione controllata nella nuova normativa. Possono accedervi tutti i debitori sovraindebitati, sia consumatori che professionisti o ditte, su istanza volontaria o – in rari casi – dei creditori . La liquidazione controllata ricorda da vicino un fallimento semplificato: il tribunale, verificati i presupposti (insolvenza conclamata o inettitudine a formulare un piano), dichiara aperta la procedura di liquidazione e nomina un liquidatore giudiziale. Da quel momento il patrimonio del debitore (fatta salva la quota impignorabile di stipendio/pensione e i beni di prima necessità) viene consolidato nella procedura: i singoli creditori non possono più iniziare né proseguire pignoramenti individuali, ma devono presentare domanda di insinuazione al passivo. Il liquidatore raccoglie tutte le attività (denaro, beni mobili, immobili) del debitore, le vende secondo un programma approvato dal giudice e poi distribuisce il ricavato ai creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione . In tale distribuzione, si segue l’ordine stabilito dagli artt.2740 e segg. c.c. e dalla legge fallimentare: prima si pagano le spese di procedura e i crediti prededucibili (ad es. compensi del liquidatore, crediti sorti per la gestione della procedura stessa), poi i crediti con privilegio, pegno o ipoteca (entro i limiti di capienza dei beni su cui insistono), e infine – solo se rimane qualcosa – i crediti chirografari in proporzione . In pratica, in una liquidazione spesso i creditori chirografari non ricevono nulla o poco, mentre il Fisco e gli altri crediti privilegiati (con ipoteca su beni) ricevono fino a capienza del valore dei beni. La procedura di liquidazione controllata comporta per il debitore la cessazione di ogni attività d’impresa (se ancora attiva) e l’affidamento dei beni al liquidatore. Tuttavia, è meno afflittiva di un fallimento sotto altri profili: ad esempio, non vi sono le incapacità personali tipiche del fallito (non c’è interdizione dagli uffici o dagli ordini professionali) e i tempi possono essere più rapidi data la minor complessità . Durante la liquidazione, il debitore ha comunque l’obbligo di collaborare lealmente con gli organi della procedura, fornendo documenti e informazioni e astenendosi da qualsiasi atto in frode (come vendere beni di nascosto): comportamenti fraudolenti possono portare a sanzioni e persino a reati di bancarotta . Una volta liquidati i beni e ripartito il ricavato, la procedura si chiude e – se il debitore ha cooperato diligentemente – il tribunale può concedergli l’esdebitazione, cioè la liberazione dai debiti residui non soddisfatti . La liquidazione dunque “pulisce” il passato del debitore al prezzo di sacrificare il suo patrimonio attuale. È l’extrema ratio, ma garantisce comunque quello “spiraglio di luce” di un futuro senza debiti.
- Esdebitazione del debitore incapiente – Una delle novità più rilevanti introdotte dalla riforma è la possibilità, per il debitore persona fisica totalmente incapiente, di ottenere la cancellazione dei debiti senza alcuna dazione ai creditori. L’incapiente è definito dalla legge come colui che «non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura» . In altri termini, il debitore privo di reddito e di beni liquidabili. Se tale soggetto è meritevole (ossia non ha colposamente aggravato la propria insolvenza né assunto i debiti con frode o mala fede) può chiedere al tribunale l’esdebitazione immediata di tutti i debiti ex art. 283 del Codice della Crisi. Si tratta di una procedura di ultima istanza, esperibile solo una volta nella vita, pensata per chi è socialmente ed economicamente ai margini. Il giudice valuta la sussistenza dei requisiti (incapienza reale e buona fede) e, se concede l’esdebitazione, dichiara inesigibili tutti i debiti del richiedente . Restano esclusi solo taluni debiti per loro natura non cancellabili, come le obbligazioni alimentari, le sanzioni penali e amministrative di carattere pecuniario, e i risarcimenti dovuti per fatti illeciti extra-contrattuali (es. danni da reato) . La legge prevede però un obbligo in capo al debitore esdebitato: se nei 4 anni successivi ottiene nuove utilità patrimoniali rilevanti (ad esempio un’inaspettata disponibilità di denaro, un’eredità, una vincita), dovrà informare i creditori tramite l’OCC e pagare loro almeno il 10% di quanto ricevuto, fino a concorrenza dei debiti cancellati . Questo meccanismo garantisce un minimo di giustizia compensativa verso i creditori, evitando che il debitore totalmente incapiente possa arricchirsi poco dopo sulle spalle altrui. L’esdebitazione dell’incapiente, prevista dall’art.283 CCII, non richiede l’apertura di una liquidazione: è un provvedimento straordinario e immediato di perdono dei debiti. In origine la legge lo prevedeva con durata di osservazione di 4 anni; dal 2025 si è introdotta una versione ancora più “snella” (art. 283-bis CCII, inserito dal D.Lgs. 13/2025) per consentire l’esdebitazione una tantum in tempi ancora più brevi ai meritevoli in situazioni disperate . Va sottolineato che questo strumento premia il debitore onesto ma sfortunato e non offre alcuno scudo a chi ha compiuto atti in frode o ha sperperato il proprio patrimonio in danno dei creditori (in tal caso, l’istanza verrebbe rigettata). Grazie a questa novità, anche il debitore civilmente “morto” può tornare economicamente vivo, avendo la chance di ricostruire la propria esistenza senza debiti.
Diritti e obblighi del debitore nelle procedure concorsuali
Affrontare una procedura di sovraindebitamento comporta per l’interior designer una serie di oneri di condotta, ma al contempo gli fornisce delle tutele rispetto alle iniziative dei creditori. Riassumiamo alcuni aspetti pratici importanti:
- Obbligo di collaborazione e trasparenza: Durante tutta la procedura (sia essa un concordato minore, un piano del consumatore o una liquidazione) il debitore deve mantenere un atteggiamento collaborativo. Ciò significa fornire tempestivamente all’OCC, al liquidatore e al tribunale tutti i documenti richiesti (estratti conto, libri contabili, elenco beni, dichiarazioni dei redditi, ecc.), segnalare ogni variazione della propria situazione e non occultare nulla. Il D.Lgs. 136/2024 ha persino rafforzato questi doveri, estendendo gli obblighi di buona fede anche ai terzi coinvolti (ad es. eventuali garanti) . Se il debitore mente o nasconde informazioni, rischia sanzioni processuali (come l’inammissibilità della procedura, la revoca dell’omologazione o la decadenza dai benefici). Inoltre, comportamenti fraudolenti possono configurare reati: ad esempio, distrarre beni durante una procedura liquidatoria può integrare bancarotta fraudolenta, e dichiarare il falso al giudice un reato di falso ideologico. In caso di omologazione di un piano o accordo, il debitore è tenuto ad eseguirlo in modo puntuale e secondo buona fede, astenendosi da atti che possano comprometterne il successo (come contrarre nuovi debiti non sostenibili, sperperare il reddito invece di pagare le rate concordate, ecc.) . Un grave inadempimento o una condotta dolosa post-omologa può portare alla revoca della procedura e al ripristino delle azioni esecutive individuali .
- Sospensione delle azioni esecutive: Uno dei maggiori sollievi per il debitore che accede a una procedura concorsuale è la sospensione (automatic stay) delle iniziative dei creditori. In generale, dal momento in cui viene presentata un’istanza di concordato o di omologazione di un piano presso il tribunale, i creditori non possono iniziare né proseguire pignoramenti sui beni del debitore. Ad esempio, depositando un piano del consumatore o un accordo di ristrutturazione, si ottiene l’annotazione al Registro Imprese (se dovuta) e da quel momento decorre il termine per eventuali opposizioni ma, intanto, nessun creditore può procedere oltre . Similmente, nell’istanza di composizione negoziata si possono chiedere misure protettive immediate . Questo “scudo” permette al debitore di tirare il fiato e impedisce che un singolo creditore distrugga il tavolo delle trattative con un’azione aggressiva (ad es. un’asta immobiliare imminente viene sospesa). Tuttavia, va ricordato che per i debiti fiscali la mera pendenza della procedura non blocca del tutto gli effetti delle cartelle: ad esempio, restano ferme eventuali ipoteche già iscritte dal Fisco sugli immobili prima dell’istanza (anche se l’esecuzione non prosegue). In ogni caso, l’interior designer in procedura concorsuale avrà la tranquillità che stipendio e conti non verranno pignorati nel frattempo, purché segua le regole.
- Impignorabilità di beni primari: Il debitore conserva i diritti sulle tutele previste dal codice di procedura civile. Ad esempio, lo stipendio o reddito da lavoro autonomo del professionista è pignorabile solo entro certi limiti: normalmente, i creditori privati possono pignorare al massimo un quinto (20%) del netto mensile, mentre il Fisco applica aliquote progressive (10% per stipendi fino €2.500, 14% tra €2.500 e €5.000, 20% oltre €5.000) . Le pensioni sono protette per un importo pari a circa 1,5 volte l’assegno sociale (circa €800 mensili sono impignorabili) . Inoltre, alcuni beni di uso quotidiano sono impignorabili (letto, frigorifero, cucina, abiti, ecc. ex art. 514 c.p.c.). La prima casa: se l’interior designer possiede una sola casa in cui risiede con la famiglia e non di lusso, Agenzia Entrate-Riscossione non può pignorarla né metterla all’asta ; potrà al più iscrivere ipoteca a garanzia, ma l’immobile non sarà espropriato. Invece, un creditore privato (banca, fornitore) potrebbe pignorare la casa anche se unica e residenziale, ottenendo dal tribunale la vendita forzata – benché in pratica ciò avvenga solo per crediti di importo elevato. È quindi essenziale, se la casa è minacciata da creditori ipotecari, inserirla in un piano per evitarne la vendita: ad es. attraverso il piano del consumatore si può sospendere la vendita all’asta in corso, pagando il dovuto in modo dilazionato e preservando l’immobile .
- Costi delle procedure: Avviare una procedura di sovraindebitamento comporta dei costi iniziali e successivi. Occorre versare un contributo unificato al tribunale (variabile a seconda del valore del passivo) e farsi assistere da professionisti (avvocato, OCC, commercialista) i cui onorari sono a carico del debitore. Fortunatamente, si tratta di costi molto inferiori a quelli di un fallimento ordinario. Ad esempio, per presentare un piano del consumatore o un concordato minore le spese vive possono limitarsi a poche centinaia di euro (spese di bolli, diritti) più l’onorario del professionista che aiuta a redigere la proposta . Inoltre, il legislatore ha previsto che in caso di procedure con scarsa soddisfazione dei creditori il giudice possa ridurre i compensi di liquidatori e OCC per non gravare eccessivamente . Novità 2025: è stato istituito il Fondo di solidarietà per l’esdebitazione degli incapienti, con dotazione iniziale di €500.000, finalizzato proprio a coprire le spese di procedura per i debitori senza risorse . In futuro, dunque, chi non può nemmeno permettersi il costo dell’OCC o del contributo unificato potrà fare istanza per attingere a questo Fondo ed evitare che i costi gli impediscano di accedere alla giustizia . In ogni caso, prima di avviare la procedura è bene chiedere un preventivo dettagliato al professionista che vi assiste e verificare eventuali esenzioni.
In sintesi, le procedure concorsuali offrono protezione e sbocchi positivi (come la sospensione dei pignoramenti e l’esdebitazione finale), ma richiedono al debitore onestà, disciplina e qualche sacrificio. Chi segue le regole potrà ottenere quello che è – di fatto – un perdono legale dei debiti, impensabile al di fuori di queste procedure.
5. Domande frequenti (FAQ)
- Domanda: Quali sono i soggetti che possono accedere alle procedure di sovraindebitamento?
Risposta: La legge (art. 65 del Codice della Crisi) individua diverse categorie di debitore sovraindebitato che possono avvalersi di piano del consumatore, concordato minore o liquidazione controllata . In particolare: (a) il consumatore, ossia la persona fisica che ha contratto debiti per scopi estranei ad attività d’impresa; (b) il professionista (come il nostro interior designer in quanto lavoratore autonomo), gli artisti e gli altri lavoratori autonomi; (c) l’imprenditore minore, cioè l’imprenditore commerciale che rispetta congiuntamente i requisiti di attivo ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000 e debiti ≤ €500.000 negli ultimi tre esercizi (sono le soglie sotto le quali non si è fallibili); (d) l’imprenditore agricolo di qualsiasi dimensione; (e) le start-up innovative. In pratica, quasi tutti i debitori “non fallibili” rientrano: il nostro interior designer rientra come professionista o come imprenditore minore (se ha una ditta sotto soglia). Sono invece esclusi solo coloro che hanno già ottenuto un’esdebitazione nei 5 anni precedenti o per due volte, o che abbiano causato la situazione con dolo o frode (mancanza di meritevolezza) . - Domanda: Che differenza c’è tra il concordato minore e il piano del consumatore?
Risposta: Il concordato minore è destinato a debitori che hanno anche debiti di natura professionale o d’impresa (es. debiti verso fornitori, debiti fiscali IVA da attività, ecc.), mentre il piano del consumatore è riservato a chi ha solo debiti personali/di consumo. Dal punto di vista procedurale, nel concordato minore i creditori sono coinvolti: la proposta viene comunicata a tutti e per essere omologata in genere richiede l’adesione (o almeno la mancata opposizione) di una certa percentuale di crediti. Nel piano del consumatore, invece, non c’è voto dei creditori: decide tutto il giudice in sede di omologazione, valutando convenienza e meritevolezza . Il piano quindi è “più facile” da ottenere per il debitore (non dipende dal consenso altrui) ma vi può accedere solo se non ha debiti business. Inoltre, nel concordato minore è possibile anche prevedere la continuità dell’attività: il debitore può restare alla guida del suo studio/azienda (se il piano lo consente) e proseguire l’attività pagando i creditori man mano. Nel piano del consumatore la continuazione dell’eventuale attività d’impresa non è oggetto del piano (che riguarda i debiti personali), anche se nulla vieta al consumatore di continuare a lavorare per produrre il reddito necessario ad adempiere il piano. Da ultimo, ricordiamo che nel piano del consumatore il tribunale può “imporre” ai creditori anche sconti su crediti privilegiati o ipotecari senza il loro assenso (cosa che nel concordato minore richiederebbe di solito il voto del creditore privilegiato). Questa è una differenza di rilievo: la Cassazione ha confermato che nel piano del consumatore si possono dilazionare per molti anni i crediti ipotecari senza automatica necessità di voto, purché il giudice verifichi che il trattamento offerto al creditore sia equo rispetto alla liquidazione . In sintesi: piano del consumatore = più sbilanciato a favore del debitore (niente voto creditori), ma accessibile solo per debiti personali; concordato minore = disponibile anche per debiti misti/professionali, ma con coinvolgimento dei creditori. - Domanda: Ho debiti personali e debiti derivati dalla mia ex attività di designer: posso scegliere se fare il piano del consumatore o il concordato minore?
Risposta: In teoria la legge distingue nettamente: se hai anche un solo debito “d’impresa” non saresti un consumatore puro, quindi niente piano del consumatore . Tuttavia, in situazioni ibride (debiti promiscui), la prassi non è uniforme. La Cassazione 22699/2023 ha escluso il piano per l’ex imprenditore anche cessato , indicando come via il concordato minore o la liquidazione. Alcuni tribunali però (Corte d’Appello dell’Aquila 2023, Torino 2024) hanno aperto al piano in casi in cui l’attività è cessata e i debiti residui d’impresa sono modesti . Quindi, la scelta dipende anche dal foro competente: in sedi “rigorose” (es. Milano, Mantova) un piano con debiti misti verrà dichiarato inammissibile . Prudenzialmente, un ex imprenditore interior designer opterà per il concordato minore (più sicuro) o, se non ha alcuna prospettiva di pagamento, per la liquidazione controllata. Il consiglio è di farsi assistere da un OCC esperto che saprà indirizzare verso la procedura giusta e motivare eventualmente l’accesso al piano se ci sono margini. - Domanda: Cosa succede una volta depositata in tribunale la domanda di accordo o di piano?
Risposta: Succedono diverse cose in rapida sequenza: (1) Il ricorso (contenente la proposta di piano o accordo) viene comunicato ai creditori e, se previsto, pubblicato nel Registro delle Imprese . (2) Da quel momento scatta la protezione dalle azioni esecutive: i creditori non possono iniziare né proseguire pignoramenti o altre esecuzioni sul patrimonio del debitore per tutto il tempo necessario all’omologazione . Se qualche creditore avesse già in corso, ad esempio, un’esecuzione immobiliare, può essere chiesta la sospensione al giudice. (3) I creditori possono eventualmente presentare opposizioni o osservazioni: ad esempio, nel caso di un accordo di ristrutturazione, dopo la pubblicazione c’è un termine di 30 giorni per le opposizioni formali . Nel piano del consumatore, i creditori non votano ma possono contestare la convenienza. (4) Il tribunale fissa un’udienza per valutare il ricorso e le eventuali opposizioni. In caso di accordo con voto dei creditori, verifica il raggiungimento delle maggioranze richieste (es. attestazione delle adesioni ≥ 60%). (5) Se tutto è regolare, il tribunale emette il decreto di omologazione del piano/accordo. Da quel momento il piano diventa vincolante erga omnes. Se invece il giudice ritiene che manchino i presupposti (ad es. piano non conveniente, debitor non meritevole, maggioranze creditorie non raggiunte, ecc.), dichiara inammissibile o non omologabile la proposta: a quel punto il debitore potrà eventualmente ripiegare sulla liquidazione o proporre un nuovo piano riveduto (talora viene concesso un termine per depositare una nuova proposta). Dalla omologazione decorre l’esecuzione vera e propria secondo le tempistiche stabilite nel piano. - Domanda: Come vengono trattati i creditori privilegiati (es. banca con ipoteca) in queste procedure?
Risposta: I creditori con garanzie reali o privilegi godono di una tutela preferenziale. Nelle procedure di sovraindebitamento, il debitore può comunque prevedere dilazioni o riduzioni anche dei crediti garantiti, ma bisogna rispettare alcune condizioni. In un piano del consumatore, come detto, si può anche prevedere di non pagare integralmente un creditore ipotecario, purché il giudice verifichi che quel creditore non riceva meno di quanto otterrebbe pignorando il bene su cui ha garanzia . Ad esempio, se la banca ha ipoteca sulla casa per €100.000 e vendendo la casa ne ricaverebbe €80.000 al netto delle spese, un piano che offre €80.000 in modo dilazionato è ammissibile. Ma un piano che offrisse molto meno (€30.000) alla banca ipotecaria difficilmente sarebbe omologato, perché pregiudicherebbe ingiustamente la banca. Cassazione 4613/2023 ha chiarito che nel confronto si deve tener conto anche dei beni eventualmente già alienati dal debitore in frode: se, ad esempio, il debitore ha donato l’immobile ipotecato ai figli poco prima, la banca avrebbe comunque il potere di aggredirlo presso i donatari (azione revocatoria o diritto di seguito); omologare un accordo che preveda un pagamento ridotto toglierebbe alla banca anche quella possibilità, danneggiandola . Quindi il giudice deve considerare tutte le utilità potenziali. Nel concordato minore, normalmente il creditore privilegiato vota. Se il piano lo soddisfa in misura inferiore al 100%, la sua adesione è determinante. Tuttavia, se non aderisce, il piano può lo stesso essere omologato dal giudice a condizione che al privilegiato sia assicurato almeno il valore di realizzo del bene su cui insiste la garanzia (simile al piano consumatore). In pratica anche qui vale la regola: al creditore con pegno/ipoteca va garantito almeno il “fair value”, altrimenti la sua opposizione bloccherà l’omologa. In alcuni casi, per rendere il piano accettabile, il debitore può offrire al creditore garantito un trattamento speciale: ad es. la moratoria (posticipazione) del pagamento degli interessi e del capitale per un certo periodo. La legge consente una moratoria fino a 1 anno dall’omologa sui crediti privilegiati senza consenso del creditore (art. 8 co.4 L.3/2012, ora assorbito nel Codice) e la Cassazione, come visto, l’ha interpretata come moratoria iniziale (posso iniziare a pagare dopo max 12 mesi, ma poi dilazionare) . Inoltre, nel concordato minore se si intende falcidiare un credito ipotecario, spesso si prevede che quel creditore possa votare (anche se la legge non lo richiede espressamente per il piano del consumatore, inserirlo nel voto può essere una scelta strategica per evitare opposizioni). In sintesi, i creditori privilegiati vanno trattati con particolare riguardo: o pagamento integrale (magari dilazionato) o, se stralcio parziale, giustificazione rigorosa e almeno equivalenza col valore di garanzia. Diversamente, il tribunale non omologherà il piano/accordo in presenza di contestazioni del garantito . - Domanda: Quali debiti restano esclusi dall’esdebitazione?
Risposta: L’esdebitazione (sia quella “ordinaria” dopo liquidazione o fine piano, sia quella dell’incapiente) non copre tutti i tipi di debito. Restano comunque dovuti: le obbligazioni alimentari (assegni di mantenimento dovuti per legge a coniuge, figli o altri familiari); le pene pecuniarie e le multe/sanzioni amministrative di natura afflittiva (non si possono condonare tramite esdebitazione, per ragioni di ordine pubblico); i debiti per risarcimento danni da fatto illecito extracontrattuale (es. risarcimenti per responsabilità civile da reato) . Questi crediti infatti hanno una natura tale che il legislatore ne ha voluto garantire il pagamento anche in caso di “fresh start” del debitore. Inoltre, non formano oggetto di esdebitazione i debiti sorti dopo l’apertura della procedura (ma qui si parla di quelli nuovi, che nel nostro caso non rilevano, il debitore dovrà evitarli). È importante notare che l’esdebitazione copre solo il debitore che l’ha ottenuta: se per esempio c’è un coobbligato o fideiussore, il suo debito rimane intatto. Esempio: il padre dell’interior designer ha garantito un prestito, il figlio ottiene l’esdebitazione personale, ma la banca potrà rivalersi comunque sul garante per intero. Infine, ricordiamo che non si può ottenere un’altra esdebitazione prima di 5 anni da una precedente (o più di due in tutta la vita), per evitare abusi. - Domanda: I debiti fiscali e contributivi possono essere inclusi in un piano o accordo? Non è obbligatorio pagarli per intero?
Risposta: Possono essere inclusi eccome, e non è più obbligatorio pagarli al 100% se la situazione non lo consente. Storicamente c’erano dubbi sulla falcidia di IVA e ritenute (essendo tributi “imprescindibili” secondo normative UE). Ma la Corte Costituzionale nel 2019 ha dichiarato l’illegittimità del divieto di falcidia dell’IVA nelle procedure da sovraindebitamento, aprendo la strada al pagamento parziale anche di questi debiti . Oggi il Codice della Crisi prevede espressamente la “transazione fiscale” nell’ambito di piani e accordi (artt. 63 e 69 CCII): in pratica, se il Fisco aderisce, si possono ridurre sanzioni e interessi e anche parte del tributo, oppure dilazionare fino a 6 o 12 anni (come visto, persino 12 anni se necessario ). Ovviamente bisogna offrire all’Erario almeno ciò che prenderebbe pignorando i beni o in liquidazione (principio del miglior soddisfacimento). Attenzione: se il debito IVA è molto elevato e il piano ne prevede il pagamento parziale, occorre formalizzare la transazione con l’Erario: il tribunale non omologa senza il parere positivo dell’Agenzia Entrate. Per i contributi previdenziali (INPS, casse professionali), vale analogo discorso. In un accordo o concordato minore, si dovrà chiedere il parere dell’ente; in un piano del consumatore il giudice può omologare anche in mancanza di adesione formale dell’ente, purché il trattamento sia equo. In sintesi: sì, i debiti fiscali e contributivi rientrano a pieno titolo nelle procedure di composizione della crisi, e il debitore può negoziarne il pagamento parziale o dilazionato, salvo il limite di non offrire mai meno di quanto l’ente potrebbe riscuotere forzosamente sul patrimonio. Da ultimo, ricordiamo che parallelamente lo Stato attiva periodicamente misure di definizione agevolata (rottamazioni, stralcio micro-debiti): se un interior designer ha cartelle esattoriali entro certi importi, potrebbe sfruttare queste norme speciali (ad esempio lo stralcio automatico dei debiti fino a €1.000 affidati dal 2000–2015 previsto dalla L. 197/2022, che ha portato all’annullamento di molte vecchie mini-cartelle nel 2023). - Domanda: Quanto dura una procedura di sovraindebitamento?
Risposta: La durata varia a seconda dello strumento scelto e della complessità del caso. Orientativamente: una procedura di piano del consumatore o concordato minore richiede alcuni mesi (diciamo 6–12 mesi) per arrivare all’omologazione dal deposito dell’istanza, considerando i tempi di nomina OCC, udienza, eventuali opposizioni. Una volta omologato, però, l’esecuzione del piano può durare anni: tipicamente i piani prevedono pagamenti rateali distribuiti su 4–5 anni, talvolta 10 anni per mutui. Dunque la chiusura definitiva con esdebitazione avverrà dopo l’ultima rata pagata (salvo esdebitazione anticipata per incapienti). La liquidazione controllata, invece, ha tempi variabili: se il patrimonio è piccolo (es. solo un’auto e poco altro) può chiudersi in 1–2 anni; se ci sono immobili da vendere, i tempi salgono (una procedura con beni immobili all’asta potrebbe durare 3–4 anni o più, anche in base al mercato immobiliare). La legge punta a rendere queste liquidazioni più snelle del vecchio fallimento, ma almeno 2–3 anni vanno considerati. Per contro, la esdebitazione del debitore incapiente è la più breve: si può ottenere un decreto di esdebitazione anche in pochi mesi, giusto il tempo di istruire la pratica in tribunale. Teniamo conto che dal 2025 si mira a snellire ulteriormente (art.283-bis). In ogni caso, il debitore ottiene beneficio immediato (sospensione delle azioni) fin dal deposito dell’istanza, per cui l’importante è partire: la “luce in fondo al tunnel” c’è e ha una data, invece ignorando il problema i debiti restano indefinitamente. - Domanda: Posso continuare a svolgere la mia attività di interior designer mentre sono in procedura?
Risposta: Assolutamente sì, anzi è auspicabile. Le procedure sono pensate per aiutare il debitore a risollevarsi proprio continuando a produrre reddito. Nel concordato minore, il piano spesso prevede la prosecuzione dell’attività professionale: il reddito generato dall’interior designer negli anni del concordato servirà in parte a pagare i creditori secondo il piano. Il tribunale generalmente autorizza la continuazione dell’attività, sotto la vigilanza dell’OCC e di eventuali organi nominati, perché è nell’interesse di tutti che il debitore guadagni (così paga di più ai creditori). Nel piano del consumatore, la continuazione dell’eventuale attività lavorativa del debitore avviene normalmente, senza necessità di autorizzazioni (il debitore rimane pienamente in possesso dei suoi beni durante l’esecuzione del piano). Certo, dovrà destinare al piano la parte concordata del reddito, ma potrà mantenere per sé le somme necessarie alle esigenze correnti di vita e di lavoro. Nella liquidazione controllata, se il debitore è un lavoratore autonomo, può continuare a lavorare ma i suoi incassi diventano in parte patrimonio della liquidazione: in pratica dovrà versare al liquidatore la parte di reddito eccedente quanto gli serve per mantenere sé e la famiglia. Molti tribunali, però, cercano di non “uccidere” la fonte di reddito: ad esempio, se l’interior designer in liquidazione ha uno studio avviato, è possibile che il liquidatore e il giudice gli lascino i beni strumentali minimi per proseguire l’attività, in modo che possa versare mensilmente qualcosa ai creditori. Ovviamente se la liquidazione implica la vendita di tutti i beni aziendali, diventa difficile proseguire: sarà un punto da valutare caso per caso. In definitiva, salvo situazioni estreme, il sistema consente al debitore di continuare a lavorare e anzi fa affidamento su questo affinché i creditori vengano soddisfatti più ampiamente. - Domanda: Che rischi corro se ho commesso irregolarità fiscali o gestionali in passato?
Risposta: Bisogna distinguere: se parliamo di reati tributari o societari (ad es. frode fiscale, false comunicazioni sociali), l’accesso alle procedure di sovraindebitamento non estingue affatto la responsabilità penale. Un interior designer che abbia omesso di versare IVA per importi oltre soglia (reato ex art. 10-ter D.Lgs 74/2000) o emesso fatture false, ne risponde comunque davanti al giudice penale, indipendentemente dal piano o concordato. Tuttavia, aver intrapreso un percorso di composizione dei debiti potrebbe essere valutato positivamente in sede penale come segno di ravvedimento operoso, ma non evita il processo. Quanto alle irregolarità gestionali (es. mancanza di scritture, uso promiscuo di conti personali/aziendali), queste possono creare problemi in sede di ammissione alle procedure: il giudice civile potrebbe dubitare della meritevolezza se il debitore ha tenuto contabilità caotica o comportamento sleale. In casi estremi, se emergono atti in frode ai creditori (come distrazione di beni a parenti negli ultimi anni), il tribunale può negare l’omologazione del piano o l’esdebitazione, e nei concordati i creditori possono opporsi per lo stesso motivo. Il nuovo Codice ha elencato espressamente alcune cause ostative, ad esempio l’aver compiuto atti in frode nei 5 anni precedenti è motivo di inammissibilità della liquidazione controllata . Quindi, se in passato hai fatto qualche “mossa” discutibile, è fondamentale confessarla all’OCC e valutare il da farsi: a volte porvi rimedio (es. far rientrare beni distratti) può recuperare la meritevolezza. In ogni caso, trasparenza totale con l’OCC e il giudice è l’unica strada; tentare di occultare verrà quasi certamente scoperto e porterebbe a conseguenze peggiori. - Domanda: Le procedure di sovraindebitamento risolvono definitivamente i miei problemi economici?
Risposta: Se ben utilizzate sì, rappresentano una soluzione definitiva al problema dei debiti. Al termine del percorso, se hai rispettato le regole, otterrai un provvedimento di esdebitazione che cancella tutti i debiti pregressi non pagati . In pratica, avrai la possibilità di ripartire da zero, riabilitato finanziariamente (fermo restando che dovrai comunque ricostruirti un buon merito creditizio col tempo). Tieni presente che l’esdebitazione sarà di pubblico dominio (le omologhe e i decreti di esdebitazione sono spesso pubblicati in registri ufficiali), ma ciò non è diverso da una procedura concorsuale classica. Dopo l’esdebitazione, dovrai anche osservare l’eventuale obbligo di segnalare ai vecchi creditori le nuove sopravvenienze (per 4 anni in caso di esdebitazione incapiente) e, se del caso, pagar loro la quota concordata (minimo 10%). Ma a parte queste eccezioni, i creditori non potranno più avanzare pretese nei tuoi confronti per quei debiti. È importante però sottolineare: la procedura ti “perdona” i debiti, non genera magicamente attivi. Se la tua attività imprenditoriale era in perdita, superata la crisi dovrai comunque rimodellare il business perché altrimenti rischi di indebitarti di nuovo. La legge (art. 277 CCII) impone anche che, se entro i 4 anni dall’esdebitazione incapiente il debitore torna ad avere un patrimonio adeguato, non possa accedere ad una nuova esdebitazione. Quindi è davvero un “ultimo giro di danza”: dopo, sta a te mantenere l’equilibrio economico. Molti ex debitori trovano che, una volta liberati dal peso dei debiti, riescono a gestire con maggiore oculatezza le finanze e a non ricadere negli errori passati.
6. Tabelle riepilogative
Di seguito proponiamo alcune tabelle riepilogative che confrontano le principali caratteristiche degli strumenti di composizione della crisi da debiti e le strategie di difesa rispetto alle diverse tipologie di crediti.
Tabella 1 – Procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (overview)
| Strumento | Destinatari (chi può usarlo) | Effetti principali | Riferimenti normativi |
|---|---|---|---|
| Composizione negoziata (OCC) | Imprenditori commerciali/agricoli (anche individuali) in squilibrio | Nomina di un esperto dalla CCIAA; trattative assistite; misure protettive automatiche (stop a nuove garanzie, sospensione dei fallimenti e dei pignoramenti su richiesta) . Scopo: accordo stragiudiziale con i creditori, eventualmente omologato. | D.L. 118/2021 conv. L.147/2021; CCII artt. 12-25 quinquies |
| Accordo di ristrutturazione (omologato) | Imprese in crisi (fallibili o meno) con debiti finanziari strutturati | Accordo privato con una parte significativa di creditori (≥60% dei crediti) omologato dal tribunale: vincola tutti i creditori inclusi (anche dissenzienti). Possibile includere una transazione fiscale con riduzione di tributi . Effetto: sospende azioni esecutive dopo la pubblicazione; consente continuità aziendale se prevista. | Art. 57 CCII (già art.182-bis L.Fall.); Linee guida CCIAA Torino |
| Concordato preventivo (ordinario) | Imprenditore commerciale fallibile in stato di crisi o insolvenza | Piano di risanamento o liquidatorio con voto dei creditori (maggioranza dei crediti >50% di regola) e omologazione tribunale. Effetti: blocco delle esecuzioni individuali; possibilità di continuare l’attività (concordato in continuità) o di cedere l’azienda; al termine, se eseguito, esdebitazione del debitore . Se non approvato, si apre la liquidazione giudiziale (fallimento). | Artt. 40-64, 84 CCII (D.Lgs.14/2019) e successive modifiche. |
| Concordato minore | Imprenditore minore, professionista, debitore non fallibile in crisi o insolvenza | Procedura concorsuale semplificata simile al concordato, su misura per piccoli debitori. Prevede un piano con eventuale continuazione dell’attività o liquidazione parziale . Richiede il coinvolgimento dei creditori (voto/adesione semplificata). Effetti: sospensione delle azioni esecutive; possibile esdebitazione a fine procedura. Vantaggio: include ogni tipo di debito (anche IVA, fornitori, ecc.), ma necessita meritevolezza del debitore e consenso dei creditori qualificati. | Artt. 65, 74-83 CCII (disciplina dedicata ai sovraindebitati non consumatori). |
| Piano del consumatore (ristrutturazione dei debiti del consumatore) | Persona fisica consumatore sovraindebitato (debiti contratti per esigenze estranee ad attività professionale/imprenditoriale) | Piano di pagamento unilaterale proposto dal debitore, senza voto dei creditori, omologato dal tribunale se fattibile, conveniente rispetto alla liquidazione e se il debitore è meritevole . Possibile falcidia e ristrutturazione di tutti i debiti (anche tributari e ipotecari) in qualsiasi forma, purché i creditori ottengano almeno quanto avrebbero dai beni liquidati . Effetti: una volta omologato, vincola tutti i creditori anteriori; il debitore esegue il piano e ottiene esdebitazione dei residui finali. | Artt. 67-73 CCII (già L.3/2012 artt. 6-14); definizione di consumatore in art. 2 CCII lett. e). |
| Liquidazione controllata dei beni | Qualunque debitore sovraindebitato (consumatore o no), anche privo di iniziativa (può essere richiesta dal creditore in taluni casi) | Procedura di liquidazione giudiziale del patrimonio: il tribunale nomina un liquidatore, si formano le masse attive e passive, e si vendono i beni del debitore per distribuirne il ricavato secondo le cause di prelazione . Effetti: spossessamento dei beni (non del necessario per vivere), sospensione di tutte le azioni esecutive individuali, cristallizzazione dei debiti. A fine liquidazione, il debitore persona fisica può chiedere l’esdebitazione dei debiti rimasti insoddisfatti . | Artt. 268-277 CCII (già L.3/2012 art.14-terdecies e segg.). |
| Esdebitazione del debitore incapiente | Persona fisica meritevole insolvibile, priva di beni e redditi (incapace di offrire utilità ai creditori) | Cancellazione totale dei debiti senza alcun pagamento (una tantum nella vita) . Concessa con decreto tribunale su valutazione di meritevolezza e incapienza effettiva. Effetti: i creditori non possono più esigere i crediti antecedenti. Se entro 4 anni dal decreto il debitore ottiene nuove risorse, deve pagarne almeno il 10% ai vecchi creditori . Strumento “di ultima istanza” per dare una seconda chance ai debitori onesti ma completamente incapaci. | Art. 283 CCII (introdotto da D.L. 137/2020, confermato e migliorato da D.Lgs. 136/2024 e D.Lgs. 13/2025). |
Tabella 2 – Debiti e strumenti di difesa: sintesi per tipologia di credito
| Tipologia di debito | Come intervenire (soluzioni e difese) |
|---|---|
| Debiti fiscali (Erario) | – Rateizzazione amministrativa: fino a 72 rate (6 anni) automaticamente per importi fino €120.000, e fino a 120 rate (10 anni) con comprovata difficoltà . Presentare istanza ad Agenzia Entrate-Riscossione (o Agenzia Entrate se il debito non è ancora a ruolo). Durante la rateizzazione, le procedure esecutive sono sospese. <br> – Definizione agevolata (“rottamazione”): se prevista da norme ad hoc, consente di pagare il debito fiscale senza sanzioni e interessi di mora, anche in più rate. Verificare periodicamente le norme (es. rottamazione-quater 2023 con pagamento in 18 rate fino al 2027) . <br> – Transazione fiscale nelle procedure concorsuali: all’interno di un piano del consumatore o concordato, proporre il pagamento parziale del debito fiscale con l’assenso dell’Erario. Dal 2025 anche debiti < €100k possono essere transatti . Prevedere un pagamento dilazionato (fino 144 mesi con interesse legale) . Necessaria la convenienza rispetto alla liquidazione. <br> – Opposizione a cartella/accertamento: se vi sono motivi validi (vizi di notifica, prescrizione, errore di calcolo), presentare ricorso alle commissioni tributarie o al giudice competente entro i termini. Annullare o ridurre il carico fiscale può alleggerire molto la crisi. |
| Debiti previdenziali (INPS/Casse) | – Rateizzazione contributi: analoga alle imposte. INPS concede dilazioni sul dovuto contributivo (di solito 24 rate, estensibili in casi eccezionali) se l’azienda/professionista dimostra temporanea difficoltà. Se il debito è già in cartella, rientra nella rateizzazione con Agenzia Riscossione come per le imposte. <br> – Definizioni agevolate: spesso i condoni fiscali includono i contributi (es. rottamazione cartelle include contributi previdenziali a ruolo). <br> – Transazione nei piani/accordi: possibile proporre sconti su sanzioni e interessi e dilazioni lunghe anche per contributi, con il consenso dell’ente (INPS aderisce analogamente al Fisco, se convinta della miglior soddisfazione). <br> – Verifica prescrizione: i contributi hanno termini di prescrizione (5 anni in generale). Se l’INPS ha tardato, alcuni debiti potrebbero essere prescritti e contestabili. Va verificato caso per caso con un legale esperto in previdenza. |
| Debiti bancari e finanziari (mutui, prestiti, fidi) | – Piano di rientro o rinegoziazione: contattare la banca prima del default totale, presentare un piano realistico (es. pagamento degli arretrati spalmati su un certo periodo, riduzione temporanea della rata). Spesso le banche aderiscono a moratorie (es. sospensione rate mutui per 6-12 mesi in caso di comprovata difficoltà, anche previste da accordi ABI-MEF). <br> – Saldo e stralcio stragiudiziale: se il debito è già incagliato, proporre una cifra a saldo (spesso le finanziarie cedono crediti a recuperatori, che accettano stralci attorno al 40-50%). Formalizzare l’accordo transattivo per iscritto, facendosi rilasciare liberatoria una volta pagato l’importo concordato. <br> – Opposizione a decreti ingiuntivi/esecuzioni: verificare con un legale se il contratto di mutuo o finanziamento presenta clausole nulle (es. tassi usurari, interessi anatocistici, errori nel calcolo del TAEG). In sede di opposizione al decreto ingiuntivo o di incidentale nel procedimento esecutivo, tali eccezioni possono ridurre il credito della banca (ad esempio stornando tutti gli interessi usurari) . <br> – Procedura di sovraindebitamento: includere i debiti bancari nel piano concordatario: si possono ridurre interessi e quote capitale eccedenti il valore del bene in garanzia. Ad esempio, se la banca ha ipoteca su un immobile del valore di €50.000 a fronte di €80.000 di debito residuo, nel piano si può prevedere di pagare €50.000 (valore base) dilazionati e stralciare il resto. Il giudice omologherà se il pagamento offerto è pari al ricavabile in vendita . |
| Debiti verso fornitori e altri privati | – Trattative individuali: contattare ciascun fornitore, spiegare la situazione e proporre un piano di pagamento graduale o uno stralcio (pagamento parziale subito). Molti fornitori preferiscono “qualcosa subito” al rischio di niente mai, soprattutto se la relazione commerciale deve proseguire. <br> – Mediazione civile: per controversie su forniture (vizi merce, contestazioni su fatture) la mediazione può portare a un accordo transattivo con reciproche concessioni. <br> – Negoziazione assistita: strumento simile alla mediazione, in cui tramite avvocati si può sottoscrivere una convenzione di negoziazione che, se produce accordo, viene omologato e ha efficacia esecutiva. <br> – Difese processuali: se il fornitore agisce in giudizio (es. con decreto ingiuntivo), valutare con l’avvocato eventuali motivi di opposizione (merce non conforme, lavori non eseguiti a regola d’arte, prescrizione del credito commerciale – di solito 5 anni – ecc.). Una opposizione fondata può sfociare in una transazione in corso di causa. <br> – Procedura concorsuale: i debiti commerciali chirografari in genere nel sovraindebitamento vengono falcidiati in misura significativa, perché sono gli ultimi in ordine di pagamento. Un piano del consumatore ben congegnato può ad esempio prevedere di pagare ai fornitori solo il 20% dilazionato, se il restante 80% non sarebbe comunque pagabile. Con l’omologazione, ai fornitori conviene accettare quella percentuale piuttosto che nulla in caso di tuo fallimento personale. |
| Debiti da locazione e utenze | – Moratoria e dilazione: in caso di affitto di studio non pagato, parlare col locatore prima che intenti sfratto: proporre di rateizzare i canoni arretrati insieme ai correnti. Talvolta può essere utile offrire una garanzia in più (es. un garante) per rassicurarlo. Se il locatore ottiene sfratto e decreto ingiuntivo per i canoni, poi sarà un creditore come gli altri (chirografario) nella procedura. <br> – Utenze (luce, gas, telefono): chiedere piani di rientro alle utility, spesso concedono rate sui consumi arretrati. Attenzione perché i contratti prevedono la possibilità di sospendere la fornitura in caso di morosità: evitare di accumulare troppo arretrato per non ritrovarsi senza luce o internet nello studio. <br> – Inclusione nel piano/accordo: i debiti per affitti e bollette scadute possono essere inclusi nelle procedure di composizione. Di solito sono debiti chirografari e ricevono il medesimo trattamento (percentuale ridotta). Il locatore potrà opporsi solo se ritiene il piano poco conveniente rispetto a sfratto+causa (ma spesso non lo è, dati i tempi lunghi delle cause). Post omologazione, dovrai pagare regolarmente i nuovi canoni/bollette, altrimenti si decade dai benefici. |
7. Simulazioni pratiche (casi esemplari)
Per comprendere meglio come funzionano le soluzioni descritte, vediamo qualche scenario pratico ipotetico riguardante un interior designer indebitato, con le possibili strategie e gli esiti.
Esempio 1 – “Salvare la casa con un piano del consumatore”:
Maria è un’interior designer di 45 anni che ha cessato da poco la sua attività autonoma a causa di problemi di salute e della crisi economica. Ha accumulato debiti personali per circa €120.000: in particolare un mutuo residuo di €80.000 sulla casa di abitazione (le rate non vengono pagate da 6 mesi), €20.000 di debiti su carte di credito/linee di fido utilizzate per spese familiari e €20.000 tra bollette e spese varie arretrate. Inoltre, ha un debito fiscale di €15.000 per IVA non versata negli ultimi tempi di attività (già iscritto a ruolo in cartella) e qualche migliaio di euro verso un paio di fornitori (che però non l’hanno mai citata in giudizio finora). Maria non ha altri beni oltre alla prima casa, dove vive con il marito e i figli, e un’utilitaria. Il marito percepisce uno stipendio modesto. La casa di Maria è gravata dall’ipoteca della banca mutuante ed è attualmente soggetta a procedura esecutiva immobiliare avviata dalla banca (la casa è già andata all’asta una volta senza acquirenti). In questa situazione, Maria decide di rivolgersi all’OCC locale per tentare la carta del piano del consumatore. L’Organismo verifica preliminarmente che Maria possa qualificarsi come consumatore: anche se c’è quel debito IVA da attività, si tratta di un importo marginale e comunque ora Maria non esercita più la professione, dunque viene ritenuta ammissibile come consumatore meritevole (non ci sono frodi, l’indebitamento è dovuto a sfortune e spese mediche). Con l’aiuto dell’OCC, Maria elabora un piano in cui offre: la vendita volontaria dell’utilitaria (ricavando €5.000 da dare ai creditori in prededuzione delle spese) e la dilazione in 10 anni del resto. In particolare, si prevede che Maria, trovando un nuovo impiego part-time, possa pagare €500 al mese per 10 anni ai creditori, pari a €60.000 totali. Di questi, la gran parte andrà alla banca ipotecaria: il piano stima che la casa valga circa €70.000 sul mercato delle aste, per cui offrire €50.000 in 10 anni alla banca è ritenuto conveniente (si considera che evitando le spese di procedura e con un pagamento graduale, la banca tutto sommato recupera il valore). I restanti €10.000 pagati serviranno a coprire parzialmente le carte di credito e le bollette (circa il 25% di quei crediti); il debito IVA viene proposto di pagarlo per intero ma senza sanzioni e interessi (grazie alla transazione fiscale nell’ambito del piano). I fornitori chirografari riceveranno poco (10-20%), ma sono inattivi e non opporranno. L’effetto immediato è che, non appena il piano viene presentato in tribunale, l’avvocato di Maria chiede e ottiene dal giudice la sospensione dell’esecuzione immobiliare in corso sulla casa (dato che la vendita coatta darebbe forse meno del piano proposto) . La banca inizialmente è scettica, ma non può fare molto: nel piano del consumatore non vota, può solo far presente al giudice se ritiene la proposta non conveniente. In udienza, il tribunale omologa il piano, poiché verifica che – tenuto conto dei costi evitati e del tempo – la banca recupererà una somma non inferiore a quella ricavabile dall’asta forzata, e i creditori chirografari pur ricevendo poco comunque sono trattati meglio di un fallimento (dove probabilmente non avrebbero nulla). Maria quindi mantiene la casa, perché continuerà a pagarla secondo il piano. Inizia a versare €500 mensili come stabilito, sotto la supervisione dell’OCC (che raccoglie i fondi e li ripartisce secondo il piano). Con qualche sacrificio familiare, Maria riesce a rispettare tutte le scadenze. Dopo 10 anni, avrà versato i €60.000 previsti; i debiti residui (circa €70.000 originari non coperti) vengono cancellati dall’esdebitazione finale. Maria può finalmente dire di essere uscita dal tunnel: ha salvato la casa e non ha più pendenze pregresse. (Nota: se Maria, durante i 10 anni, avesse ereditato una grossa somma, i creditori avrebbero potuto chiedere di modificare il piano o revocare l’esdebitazione; ma ciò non è avvenuto).
Esempio 2 – “Continuare l’attività con il concordato minore”:
Luca è un interior designer di 38 anni, titolare di una ditta individuale registrata come impresa artigiana. Negli ultimi anni ha accumulato debiti per €200.000: principalmente €120.000 verso la banca (di cui €100.000 per un mutuo chirografario acceso per ristrutturare lo showroom e €20.000 di scoperto su conto corrente), €50.000 di debiti verso fornitori di mobili e materiali, e circa €30.000 tra debiti con il Fisco e l’INPS (IVA e contributi arretrati). Luca però vuole proseguire l’attività, perché ha ancora un buon portafoglio clienti e progetti in corso; se riuscisse a liberarsi dei debiti pregressi, l’azienda sarebbe sana. Ha uno showroom in affitto (niente immobili di proprietà) e due dipendenti. In questa situazione, Luca sceglie di tentare la strada della composizione negoziata presso la Camera di Commercio, per poi approdare a un accordo di ristrutturazione/concordato minore. Presenta istanza all’OCC camerale e ottiene la nomina di un esperto. Con l’esperto, Luca analizza i conti: emergono inefficienze di gestione che vengono corrette (riduzione di alcune spese fisse, cessione di un automezzo inutilizzato per fare cassa). Nel frattempo, su richiesta di Luca, il tribunale concede misure protettive: viene iscritto l’avvio della composizione nel Registro Imprese e i creditori non possono iniziare o proseguire esecuzioni . Ciò significa che eventuali decreti ingiuntivi dei fornitori restano sulla carta e la banca non può agire sul conto con ulteriore pignoramento. Dopo qualche mese di trattative mediate dall’esperto, si raggiunge una bozza di accordo: la banca accetta di spalmare su 5 anni il rimborso del mutuo residuo, rinunciando a circa il 20% di interessi futuri (riduzione del tasso); i fornitori accettano un saldo e stralcio al 50% del loro credito pagabile anch’esso in 5 anni (perché sanno che alternativamente Luca potrebbe fallire e loro non incasserebbero quasi nulla); l’Erario concede di definire i €30.000 di debiti fiscali/previdenziali in 6 anni senza sanzioni (applicando di fatto una transazione fiscale agevolata). Messo tutto insieme, Luca si impegna a pagare circa €150.000 in 5 anni, con rate semestrali provenienti dai ricavi della sua attività futura. L’accordo viene sottoscritto da creditori rappresentanti oltre il 75% dell’ammontare totale. Luca, tramite l’avvocato e l’OCC, deposita quindi un ricorso per far omologare questo accordo come concordato minore (avendo natura concorsuale perché prevede stralci di debiti erariali). Il tribunale verifica che siano rispettate le formalità (adesioni, convenienza per i creditori dissenzienti) e omologa l’accordo. A questo punto esso diventa vincolante per tutti: anche i fornitori che magari non hanno firmato, si vedono tagliare il credito del 50% d’autorità. Luca quindi continua la sua attività senza ostacoli: nessuno può più pignorargli merce o incassi per quei vecchi debiti, purché lui rispetti l’accordo omologato. Egli paga puntualmente le rate semestrali; l’attività nel frattempo rifiorisce grazie anche alla ritrovata fiducia dei fornitori (vedendo un piano serio omologato dal giudice, tornano a concedergli piccole dilazioni sulle nuove forniture). Dopo 5 anni, Luca ha onorato gli importi concordati. Il tribunale dichiara chiusa la procedura e concede l’esdebitazione per la parte di debiti eventualmente non pagata (in questo caso circa €50.000 sono stati falcidiati e vengono cancellati) . Luca ha così salvato la sua impresa e ne esce con un carico debitorio azzerato, pronto per nuove sfide.
Esempio 3 – “Esdebitazione immediata per il debitore incapiente”:
Giovanni, 50 anni, ex designer d’interni, si trova in una situazione drammatica: la sua attività è fallita (in senso figurato, non essendo fallibile) dopo un contenzioso, ha perso lo studio in affitto e da due anni è disoccupato senza reddito. Vive ospite da amici. Ha circa €70.000 di debiti residui (prevalentemente carte di credito, un prestito personale e alcune cartelle per IRPEF non pagata). Non possiede alcun bene significativo: né casa, né auto (ha venduto l’auto per pagare delle cure mediche), né risparmi. Oggettivamente Giovanni non potrebbe offrire nulla ai suoi creditori, neanche in una liquidazione controllata (liquidare il niente dà niente). Inoltre la sua età e condizione rendono improbabile anche in prospettiva futura un miglioramento netto (salvo miracoli). Tuttavia, Giovanni è in buona fede: i debiti li ha contratti sperando in un progetto poi sfumato, non ha mai commesso frodi o speso in lusso. Per lui, l’avvocato propone di tentare direttamente l’esdebitazione del debitore incapiente ex art. 283 CCII. Giovanni deposita in tribunale un’istanza corredata dall’inventario negativo dei beni e da una relazione dell’OCC che attesta la totale incapienza (zero redditi e zero asset) e la meritevolezza (spiega le cause sfortunate dell’insolvenza, escludendo dolo o colpa grave). Il tribunale, sentiti i creditori (che possono solo contestare la sussistenza dei requisiti), accoglie l’istanza e emette decreto di esdebitazione immediata . Tutti i €70.000 di debiti di Giovanni diventano inesigibili. I creditori non potranno più perseguitarlo (ognuno dovrà dedurre fiscalmente la perdita a bilancio e chiudere la posizione). Giovanni ottiene la cosiddetta “esdebitazione a zero”, conservando solo le obbligazioni eventualmente non cancellabili (nel suo caso non ne aveva). Da adesso potrà cercare un nuovo lavoro senza la paura che gli pignorino tutto lo stipendio e, se le cose migliorano, ricominciare da capo. Dovrà ricordare che per i prossimi 4 anni se per caso ricevesse somme importanti (es. una grossa eredità o una vincita alla lotteria), l’OCC riaprirebbe il dossier per darle ai vecchi creditori almeno per il 10% . Ma Giovanni, consapevole, si impegna piuttosto a non contrarre nuovi debiti e a vivere entro i suoi mezzi. Questo caso estremo mostra come la legge offra una via d’uscita anche a chi è completamente al tracollo, evitando le cosiddette “insolvenze civili perpetue” che in passato affliggevano migliaia di persone.
Sei un interior designer, arredatore o progettista di spazi e stai affrontando debiti fiscali, contributivi o bancari? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Sei un interior designer, arredatore o progettista di spazi e stai affrontando debiti fiscali, contributivi o bancari?
Hai ricevuto cartelle esattoriali, intimazioni di pagamento o rischi pignoramenti, ipoteche o blocchi dei conti correnti da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, delle banche o dei fornitori?
👉 Prima regola: non aspettare che la situazione peggiori.
Nel settore del design e dell’arredamento, dove le entrate possono essere irregolari e i progetti richiedono investimenti anticipati, bastano pochi ritardi nei pagamenti o una stagione negativa per trovarsi sommersi dai debiti.
Con una difesa legale e fiscale mirata, puoi bloccare le azioni esecutive, rinegoziare i debiti e salvaguardare la tua attività, i tuoi clienti e la tua reputazione professionale.
⚖️ Le cause più comuni di indebitamento per un interior designer
- Ritardi nei pagamenti da parte di clienti o imprese appaltatrici.
- Anticipi di spese per progetti, forniture e collaboratori.
- Mancato versamento di tasse e contributi (IVA, INPS, IRPEF, IRAP).
- Cartelle esattoriali e interessi di mora accumulati nel tempo.
- Finanziamenti o leasing onerosi per software, attrezzature e showroom.
- Errori di pianificazione fiscale e contabile.
- Periodi di inattività o riduzione delle commesse.
📌 I rischi per un interior designer indebitato
- Cartelle esattoriali e pignoramenti su conti correnti, compensi o rimborsi.
- Ipoteca su immobili, showroom o uffici di proprietà.
- Fermi amministrativi su veicoli aziendali o strumentali.
- Revoca di linee di credito o microfinanziamenti.
- Blocco dei crediti IVA o dei rimborsi fiscali.
- Rischio di procedure esecutive personali (per ditte individuali o freelance).
- Danni reputazionali e perdita di collaborazioni o clienti.
🔍 Cosa fare subito
- Analizza la tua posizione debitoria, distinguendo tra debiti fiscali, contributivi e bancari.
- Controlla la legittimità di cartelle e atti notificati, molti presentano vizi formali o importi prescritti.
- Blocca pignoramenti e azioni esecutive attraverso ricorsi o istanze di sospensione.
- Richiedi rateizzazioni o definizioni agevolate (“rottamazioni”), se disponibili.
- Affidati a un avvocato tributarista esperto nella difesa dei professionisti, per impostare una strategia di risanamento personalizzata.
🧾 Strumenti per difendersi e risolvere i debiti
💠 Rateizzazione delle cartelle
Possibilità di pagare in 120 rate mensili, sospendendo pignoramenti e procedure esecutive in corso.
💠 Definizione agevolata o “rottamazione”
Quando disponibile, consente di pagare solo il capitale, cancellando sanzioni e interessi.
💠 Ricorso tributario o istanza di autotutela
Per annullare o sospendere atti fiscali errati, prescritti o illegittimi.
💠 Piano del consumatore o esdebitazione (per liberi professionisti)
Procedura di sovraindebitamento che permette di ridurre o cancellare debiti non più sostenibili, salvaguardando la continuità della propria attività.
💠 Composizione negoziata della crisi (D.Lgs. 14/2019)
Strumento previsto dal Codice della Crisi d’Impresa che consente di negoziare con Fisco, banche e fornitori, sospendendo le azioni dei creditori e mantenendo la continuità professionale.
🛠️ Strategie di difesa per un interior designer indebitato
- Analizzare ogni cartella e atto per individuare vizi, prescrizioni o importi errati.
- Contestare pignoramenti, ipoteche e fermi amministrativi illegittimi.
- Dimostrare la crisi temporanea di liquidità per ottenere rateizzazioni agevolate.
- Attivare accordi di rientro e saldo e stralcio con Fisco, banche e fornitori.
- Tutelare strumenti, software, arredi e beni professionali da azioni esecutive.
- Migliorare la gestione contabile e fiscale per evitare nuovi debiti futuri.
⚖️ Perché agire subito è fondamentale
Per un interior designer, la reputazione e la continuità dei progetti sono elementi essenziali.
Un pignoramento o un blocco dei conti può interrompere le attività, far perdere clienti e compromettere la fiducia nel proprio marchio.
Agire tempestivamente consente di:
- Bloccare cartelle e azioni di riscossione.
- Difendere i tuoi beni e il tuo lavoro creativo.
- Rinegoziare debiti e ridurre l’esposizione fiscale.
- Ritrovare equilibrio finanziario e serenità professionale.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza la tua posizione debitoria e la documentazione ricevuta.
📌 Verifica la legittimità di cartelle, ipoteche e pignoramenti.
✍️ Predispone piani di risanamento, istanze di autotutela e ricorsi tributari su misura per liberi professionisti e studi di design.
⚖️ Ti rappresenta davanti all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, alle banche e alla Corte di Giustizia Tributaria.
🔁 Offre consulenza continuativa su fiscalità professionale, tutela patrimoniale e gestione della crisi.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e gestione della crisi d’impresa e del professionista.
✔️ Professionista per la difesa di interior designer, architetti e arredatori contro debiti fiscali e bancari.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Un interior designer con debiti può risanare la propria situazione economica e tornare a lavorare con serenità, ma serve agire subito con una strategia legale e fiscale ben strutturata.
Con il giusto supporto puoi bloccare cartelle e pignoramenti, ridurre i debiti e proteggere la tua attività, i tuoi clienti e la tua reputazione professionale.
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