Hai un’attività di rigattiere o commercio di oggetti usati e ti trovi in difficoltà per debiti fiscali o accertamenti dell’Agenzia delle Entrate?
Il settore del riuso e del recupero è tra i più esposti ai controlli fiscali, a causa delle difficoltà nel tracciare gli acquisti, documentare le vendite e gestire la contabilità.
Molti rigattieri accumulano debiti verso il Fisco, l’INPS o i fornitori per colpa di periodi di crisi, cali di mercato o errori di gestione, trovandosi poi a dover affrontare cartelle esattoriali, pignoramenti o accertamenti IVA.
Con una difesa legale e tributaria efficace, è possibile bloccare la riscossione, ottenere una rateizzazione e tutelare il proprio patrimonio, evitando la chiusura forzata dell’attività.
Quando un rigattiere rischia per debiti o accertamenti fiscali
Le cause più comuni di problemi fiscali nel settore dell’usato sono:
- Cartelle esattoriali o intimazioni di pagamento per IVA, IRPEF o contributi non versati;
- Accertamenti fiscali per redditi presunti, incongruenze contabili o mancanza di documentazione d’acquisto;
- Pignoramenti o ipoteche sui conti correnti o sui beni aziendali;
- Sanzioni e interessi che fanno crescere rapidamente il debito;
- Ritardi nei pagamenti o errori nella gestione della contabilità semplificata;
- Contestazioni IVA per operazioni con soggetti privi di partita IVA o non regolarmente registrati.
Cosa fare se hai debiti o sei sotto accertamento fiscale
- Non aspettare: ogni atto fiscale (cartella, accertamento, intimazione) ha un termine preciso, di solito 60 giorni, per essere impugnato o rateizzato.
- Controlla la regolarità degli atti: molti provvedimenti contengono vizi di notifica o di calcolo che consentono di chiederne l’annullamento.
- Verifica l’importo effettivo del debito: spesso la cifra comprende sanzioni e interessi che possono essere ridotti o esclusi.
- Richiedi una rateizzazione: puoi ottenere fino a 120 rate mensili, sospendendo le azioni esecutive in corso.
- Valuta la definizione agevolata: la cosiddetta “rottamazione” consente di pagare solo l’imposta dovuta, cancellando sanzioni e interessi.
- Impugna gli accertamenti infondati: se il Fisco ha commesso errori, puoi presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per bloccare la riscossione e ottenere la revisione del debito.
Come difendersi legalmente e fiscalmente
Un avvocato tributarista esperto nella difesa delle piccole imprese e degli artigiani può esaminare gli atti e individuare la strategia più efficace per proteggere la tua attività.
Le azioni più utili comprendono:
- contestare errori di calcolo, notifiche irregolari o vizi di motivazione negli accertamenti;
- richiedere la sospensione immediata delle procedure di riscossione (pignoramenti, fermi, ipoteche);
- presentare ricorso contro accertamenti IVA o IRPEF basati su presunzioni non documentate;
- negoziare piani di pagamento rateizzati o transazioni fiscali con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione;
- tutelare beni, magazzino e conti aziendali da azioni esecutive;
- ristrutturare la contabilità e la gestione fiscale per evitare nuovi problemi.
Il ruolo dell’avvocato nella difesa del rigattiere
- Analizza la legittimità di accertamenti e cartelle esattoriali;
- Presenta ricorsi e istanze di sospensione contro la riscossione;
- Negozia rateizzazioni e definizioni agevolate;
- Protegge i beni aziendali e personali da pignoramenti;
- Difende il contribuente nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate e nel contenzioso tributario;
- Tutela la continuità dell’attività e la reputazione commerciale.
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
- La sospensione immediata delle azioni di riscossione;
- L’annullamento totale o parziale dei debiti illegittimi;
- La rateizzazione o definizione agevolata delle somme dovute;
- La protezione dei beni e dell’attività commerciale;
- Il ripristino della stabilità fiscale ed economica della tua impresa.
⚠️ Attenzione: ignorare cartelle o accertamenti fiscali può portare a pignoramenti, blocchi dei conti o sequestro dei beni aziendali, mettendo in ginocchio l’attività.
Molte situazioni, però, possono essere risolte o ridotte, se affrontate tempestivamente con il supporto di un avvocato tributarista esperto in difesa delle microimprese e attività artigianali.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e difesa delle piccole imprese e attività commerciali – spiega cosa fare se sei un rigattiere con debiti o sotto accertamento fiscale, come bloccare la riscossione e come salvaguardare la tua attività.
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Introduzione
Il rigattiere (rivenditore di oggetti usati) è tipicamente un imprenditore individuale di piccole dimensioni. Pertanto rientra tra i soggetti non fallibili: pur dovendo rispondere dei debiti con il proprio patrimonio, può usufruire degli strumenti speciali del sovraindebitamento previsti dalla legge. La legge definisce il sovraindebitamento come «situazione di perdurante squilibrio economico fra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile per farvi fronte» . In pratica, quando il rigattiere non riesce più a pagare regolarmente i propri debiti (fiscali, bancari, commerciali, ecc.), scattano norme dedicate ai piccoli imprenditori in crisi . Per esempio, un’impresa individuale sotto determinate soglie di ricavi e patrimonio (attivo ≤ 300.000 €, ricavi ≤ 200.000 €) è esonerata dalle procedure fallimentari ordinarie e può chiedere il concordato preventivo semplificato (“concordato minore”) o la liquidazione controllata da sovraindebitato . Grazie a questi strumenti – introdotti dalla Legge n. 3/2012 e dal nuovo Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019 e s.m.i.) – un piccolo imprenditore come il rigattiere meritevole può ristrutturare i debiti o liquidare gradualmente il patrimonio, ottenendo infine l’esdebitazione (cancellazione) dei residui non pagati . L’obiettivo è infatti il “secondo scaglione”: liberare il debitore sano ma travolto dai debiti, tutelando nel contempo i creditori con un piano di rientro equo.
I debiti tipici di un rigattiere
Il rigattiere può accumulare diversi tipi di debiti: – Tributi e contributi: debiti verso l’Erario (IVA, imposte dirette come IRPEF, addizionali, IMU) e versamenti previdenziali (INPS). Questi crediti pubblici sono gestiti dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) attraverso cartelle esattoriali, fermi amministrativi, ipoteche e pignoramenti . – Finanziamenti bancari: prestiti personali o contratti di credito, scoperti di conto, leasing su veicoli, mutui ipotecari su immobili dati a garanzia. Questi debiti hanno spesso garanzie (ipoteche) e – in caso di default – le banche possono escutere le garanzie e segnalare l’irregolarità ai sistemi di informazioni creditizie. – Crediti commerciali: debiti verso fornitori per merce acquistata, saldi di conti commerciali aperti, affitto di locali e attrezzature non pagato, bollette e utenze arretrate. In genere questi crediti sono chirografari (senza garanzie reali) e comportano azioni legali civili in caso di inadempienza. – Altri debiti: debiti verso terzi (finanziamenti da soci/parenti, debiti verso clienti anticipati, multe e sanzioni non pagate).
La lista fornita da Monardo (Studio Cartelle Esattoriali) evidenzia come tra i debiti frequenti di un negozio al dettaglio (paragonabile a un rigattiere) figurino IVA, imposte non versate, contributi INPS, affitto arretrato, bollette e prestiti bancari . È essenziale identificarli con precisione fin da subito, distinguendo i creditori privilegiati (Fisco, INPS, creditori muniti di garanzia reale) dagli altri.
Primo passo: valutare la crisi e organizzare la contabilità
Davanti ai debiti è fondamentale agire prontamente e non fuggire dalla realtà. Il primo passo è fare un inventario accurato: raccogliere estratti conto, bilanci, dichiarazioni fiscali, notifiche di cartelle o ingiunzioni e verificare l’ammontare complessivo dei debiti e le scadenze. Bisogna anche calcolare i redditi e le entrate correnti reali: questo serve a capire quale quota del debito si può realisticamente offrire ai creditori. L’imprenditore deve inoltre ordinare la propria contabilità e redditi (per esempio con controllo sui flussi di cassa): spesso il passaggio a regime forfettario o la regolarizzazione di fatture mancanti consente di migliorare la trasparenza della posizione fiscale.
Dopo la ricognizione, va stabilita una scala di priorità. In genere, i debiti più urgenti sono quelli con garanzie reali (mutui o fidi bancari con ipoteca), quelli con procedura esecutiva già avviata (cartelle già affidate all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, pignoramenti in atto) e l’affitto in scadenza. I debiti con l’Erario (imposte) e INPS richiedono solitamente attenzione prioritaria perché comportano pignoramenti automatici (ad es. c/c bancario, stipendio) e ipoteche fiscali. Anche l’affitto e le utenze potrebbero portare a sfratti o distacco delle utenze se non si interviene.
Importante: non ignorare le comunicazioni. Se arrivano un avviso di mora, una cartella esattoriale o una ingiunzione di pagamento, questo è un segnale d’allarme. Spesso la legge offre strumenti una tantum per reagire (rateizzazioni agevolate, conciliazioni fiscali, rottamazioni). Cedere alla rassegnazione è un errore grave: come sottolinea la guida Monardo, «non devi aspettare troppo: i debiti crescono, gli interessi si accumulano e i margini si riducono» .
Infine, è consigliato rivolgersi a un professionista (commercialista o avvocato specializzato in crisi d’impresa) appena possibile. Un esperto può aiutare a calcolare la fattibilità di un piano di rientro, a interloquire con i creditori e a scegliere la strada più opportuna. Anche le camere di commercio hanno sportelli di supporto (servizio creditizia) che orientano verso le misure normative disponibili.
Strumenti stragiudiziali di soluzione
Prima di ricorrere al tribunale, il rigattiere può tentare soluzioni negoziali e procedimenti stragiudiziali:
– Rateizzazioni con Fisco e INPS: sia l’Agenzia delle Entrate-Riscossione che l’INPS consentono di dilazionare i pagamenti. La riforma del 2024 (D.Lgs. 110/2024) ha reso più favorevole la rateizzazione tributaria: ora si può ottenere fino a 84 rate (7 anni) in via ordinaria (anziché 72), progredendo poi a 96 rate dal 2027 e fino a 108 rate dal 2029 . Inoltre, i piani sotto 120.000 € di debito non richiedono documentazione: basta l’istanza e l’autocertificazione di difficoltà per ottenere la dilazione ordinaria . Per chi dimostra grave difficoltà economica, è possibile la rateizzazione straordinaria fino a 120 rate (10 anni) anche per debiti superiori, dietro documentazione (es. situazioni reddituali). È dunque opportuno valutare immediatamente la presentazione di un’istanza di dilazione per diluire gli arretrati verso il Fisco o l’INPS, evitando procedure esecutive.
– Transazione fiscale e contributiva: questo strumento (introdotto dal Codice della Crisi, art.88 CCII) permette di concordare con l’Agenzia delle Entrate (e con l’INPS) il pagamento parziale o dilazionato dei debiti tributari e previdenziali . In pratica, all’interno di una procedura di composizione (accordo o concordato) il debitore può proporre di versare solo una quota dei debiti fiscali, chiedendo allo stesso tempo la riduzione di sanzioni e interessi. L’art. 88 CCII (poi integrato dalla L.178/2020 e dal D.Lgs. 136/2024) consente anche l’omologazione forzata (“cram-down fiscale”) del piano senza il consenso esplicito di Agenzia e INPS, se il tribunale ritiene valide le proposte . Ad esempio, la riforma 2021 ha introdotto la norma per concordati che prevedano il pagamento di soli tributi e contributi pari almeno al valore di realizzo in liquidazione . Quindi, il rigattiere in crisi può includere l’opzione di una transazione fiscale nel piano di rientro che sottoporrà ai creditori.
– Concili ordinari: a volte è utile negoziare direttamente con i creditori privati (banche, fornitori, proprietari dei locali). Ciò significa contattarli tempestivamente, illustrando le difficoltà e proponendo piani di dilazione o dilazioni interinali dei pagamenti. In molti casi banche e fornitori preferiscono un accordo piuttosto che lanciare procedure giudiziarie costose. L’accordo può prevedere, ad esempio, la dilazione dei pagamenti residui senza interessi, oppure l’accettazione di rate inferiori immediate con saldo successivo. Un ulteriore strumento legale disponibile è il ravvedimento operoso per sanare omessi versamenti IVA o contributi, ma questo vale solo entro certi termini di scadenza.
– Definizioni agevolate e “rottamazioni”: se il debito è di modesta entità e si rientra nei limiti previsti (ad es. debiti per contributi previdenziali entro certe soglie di età o fatturato), si può aderire alle misure di “pace fiscale” (“saldo e stralcio” o “rottamazioni” di cartelle). Tali misure speciali riducono sanzioni e interessi e consentono di estinguere il debito residuo in un numero di rate prefissato. Ad esempio, la “rottamazione-quater” 2023/24 ha permesso il versamento in 5 anni (18 rate semestrali) del tributo agevolato di cartelle fino al 2017 . Queste opzioni vanno valutate con attenzione, perché generalmente richiedono di versare una parte del debito (ma al netto di sanzioni e interessi) per intero.
– Fiducia alla comunità e misure straordinarie: in alcuni contesti è prevista assistenza aggiuntiva (es. commissari straordinari per crisi aziendali), ma per un rigattiere solitamente non applicabile. In ogni caso, non sottovalutare la comunicazione: apparire trasparenti con i creditori e chiedere più tempo spesso conduce a soluzioni negoziali più favorevoli rispetto a fughe o comportamenti distratti.
Procedure giudiziali di composizione della crisi
Se le soluzioni stragiudiziali non bastano, il rigattiere può accedere alle procedure previste dalla legge sul sovraindebitamento (Legge n. 3/2012, aggiornata dal D.Lgs. 14/2019 e s.m.i.) . Queste procedure coinvolgono il Tribunale e hanno lo scopo di ristrutturare o liquidare l’attivo del debitore, con tutela speciale per il creditore pubblico. In particolare:
- Accordo di composizione della crisi (OCC) – previsto dagli artt. 10-12 L.3/2012. È una procedura negoziale gestita da un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) iscritto a un registro ministeriale. L’OCC aiuta il rigattiere a redigere un piano di rientro dei debiti (rateizzazioni, riduzioni di debiti – falcidia – o conferimenti di garanzie) . Tutti i creditori (pubblici e privati) sono chiamati a votare sulla proposta. La legge richiede il consenso di almeno il 60% dei crediti (quota analoga al concordato fallimentare) perché il tribunale possa omologare il piano . Di norma il piano prevede il pagamento regolare dei crediti “impignorabili” (alimentari, professionisti) e può ritardare o ridurre anche crediti privilegiati (banche ipotecarie, fornitori dotati di pegno). In sostanza l’accordo OCC permette di congelare le azioni esecutive in corso e di rinegoziare gli importi dovuti: se il Tribunale omologa l’accordo, i creditori devono limitarsi a quanto stabilito nel piano e non possono più richiedere il pagamento integrale immediato.
- Piano del consumatore (art. 7-bis L.3/2012 / artt. 67-73 CCII) – è una procedura riservata ai privati non titolari di impresa o con impresa irrilevante, ma in pratica anche molti piccoli imprenditori si qualificano come “consumatori” (ad es. il rigattiere che non ha altro patrimonio). Questo piano non richiede il voto dei creditori: il debitore presenta direttamente al Tribunale un piano di ristrutturazione basato sulle proprie capacità reali di reddito e patrimonio. Serve l’ausilio di un OCC che certifichi i dati. Il giudice valuta la meritevolezza del debitore e la sostenibilità economica. Se omologato, il piano produce effetti analoghi a un concordato (moratoria esecutiva e crediti soddisfatti secondo il piano) e al termine il residuo dei debiti non pagati viene cancellato . Questo strumento, pur pensato per consumatori, è spesso usato da professionisti/imprenditori con pochi beni, perché molto flessibile (non serve garanzia né superare alcuna soglia di creditori) e conduce sempre all’esdebitazione finale se ben impostato. Nel piano del consumatore sono compresi anche i debiti fiscali e contributivi ancora esigibili .
- Concordato preventivo semplificato (concordato minore) – previsto dagli articoli 25-sexies del CCII integrati dalla L.3/2012 (ex art. 161-166 L.Fall). È una procedura giudiziale riservata alle piccole imprese (il rigattiere non lo è se sotto soglia): il debitore propone al Tribunale un piano di ristrutturazione e concordato ai creditori, su cui votano almeno il 60% dei crediti. Si differenzia dal concordato ordinario perché non prevede l’apertura della fase di verifica dei creditori e non mette a rischio la procedura fallimentare ordinaria (non c’è rischiom fail). Il piano concordatario può prevedere pagamenti parziali anche per i crediti privilegiati, rispettando però l’ordine di prelazione nella liquidazione (cioè ciascun creditore riceve almeno quanto avrebbe in liquidazione ). Se omologato, anch’esso sospende le esecuzioni e falcidia i debiti secondo il piano. Al termine, il residuo dei debiti non saldati viene esdebitato, liberando l’imprenditore. Spesso il concordato minore è usato in combinazione con la liquidazione controllata (piano “in bianco” e nomina di commissario).
- Liquidazione controllata (Legge 3/2012, art. 14-bis/14-ter) – è una procedura simile a una liquidazione volontaria assistita, dedicata alle imprese non fallibili. Il debitore chiede che sia nominato un liquidatore giudiziario (professionista iscritto) che venda il patrimonio aziendale (beni materiali o crediti) per soddisfare i creditori . Il Tribunale omologa il piano di liquidazione se accerta l’assenza di dolo del debitore (assenza di mala gestio) e che l’ente è insolvente. Così facendo, il debitore evita le complesse fasi di fallimento tradizionale; il liquidatore distribuisce i ricavi secondo le priorità di legge. Anche qui, i crediti pubblici sono falcidiabili fino al valore realizzabile; se rimangono debiti insoddisfatti, il debitore può ottenere l’esdebitazione finale. In pratica la liquidazione controllata è l’equivalente “semplificato” del fallimento per i piccoli imprenditori .
- Liquidazione giudiziale (ex fallimento) – se il rigattiere non rispetta i parametri di “piccola impresa” (ad es. per avere dipendenti o fatturato elevato, o se è iscritto a certe categorie), in teoria potrebbe essere dichiarato fallito. Dopo l’introduzione del Codice della crisi, le soglie rimangono simili a prima (art.1 L.Fall), e oltre tali soglie restano in vigore le classiche procedure concorsuali. Tuttavia, la guida sottolinea che gli strumenti di sovraindebitamento escludono i grandi imprenditori: questi ultimi continuano a seguire le procedure ordinarie e, in mancanza, possono essere dichiarati falliti . Per un rigattiere “sotto soglia” ciò significa che generalmente non si arriva al vero fallimento (liquidazione giudiziale), ma si utilizzano gli strumenti semplificati sopra indicati.
Esdebitazione finale: comune a tutte le procedure, l’esdebitazione consiste nell’azzeramento dei debiti residui dopo l’esecuzione del piano approvato. In altre parole, i debiti che non risultano soddisfatti alla fine vengono cancellati dalla storia del debitore, ponendo fine al suo “stato di sovraindebitamento”. Per ottenere l’esdebitazione il debitore deve dimostrare innanzitutto lo stato di incapacità residua – ossia non ha più beni né redditi da destinare ai creditori (debitore “incapiente”) . Deve inoltre risultare meritevole: non deve aver frodato i creditori, occultato beni o agito colposamente nella crisi. La giurisprudenza recente è particolarmente favorevole al debitore meritevole: ad esempio, la Cassazione n. 27562/2024 ha chiarito che non occorre soddisfare una soglia minima di creditori per avere l’esdebitazione . In pratica, anche una piccola percentuale di soddisfacimento (non solo simbolica) non preclude il beneficio, a patto che il piano sia stato condotto con buona fede e coerenza . L’ordinanza Cass. n. 5678/2024 ha ribadito altresì che il giudice deve valutare caso per caso il merito della richiesta, esaminando la situazione economica effettiva del debitore . In sintesi, completata la procedura omologata (accordo o piano), il rigattiere può chiedere l’esdebitazione: ottenuta, vedrà cancellati gli ultimi debiti residui (clienti chirografari, ecc.), mentre restano esclusi i debiti per cause penali o per danni dolosi.
Rapporti con Agenzia delle Entrate–Riscossione (ADER)
I debiti tributari e contributivi sono gestiti dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADER). Essi possono essere rateizzati o rinegoziati ma, fino al completamento del piano di crisi, l’AdER può avviare azioni coattive (iscrizione di ipoteche, fermo amministrativo, pignoramenti di conto corrente o di beni mobili registrati). Ecco alcuni punti chiave:
– Rateizzazione: come detto, la cancellazione di una cartella non avviene se non si paga almeno le prime rate concordate. Dal 2025, la riforma della riscossione (D.Lgs. 110/2024) ha aumentato la durata massima ordinaria a 84 rate (con previsione di arrivare a 96 e 108 negli anni successivi) per le richieste effettuate dal 2025 in poi. Inoltre, la soglia per la richiesta semplificata senza documenti è stata elevata a 120.000 € per singola domanda . Ciò significa che per debiti fino a 120k si ottiene una dilazione fino a 84 mesi con semplice autocertificazione di difficoltà, senza certificazioni aggiuntive. Oltre tale soglia, è necessario presentare documentazione economica (es. bilancio) o accedere alla rateazione straordinaria (10 anni max) con prova di crisi reale.
– Transazione fiscale (legge fall. art.182-ter / CCII art.88): se il rigattiere intraprende una procedura di crisi (concordato o accordo OCC), può includere la proposta di pagare solo una quota dei tributi dovuti. Questo istituto, riformato da varie leggi (tra cui la L.178/2020 e le leggi di bilancio successive), consente di ridurre al minimo i debiti tributari e contributivi nel piano concordatario . In pratica, il debitore presenta una richiesta di transazione all’Agenzia: se essa rifiuta o non risponde, il tribunale può omologarla comunque nell’ambito del concordato, a patto che il piano rispetti i criteri di equità (ad es. pagare almeno il valore di realizzo dei beni dati a garanzia) . Ad esempio, la legge di bilancio 2021 ha introdotto l’art. 182-ter L. Fall. (ora art. 88 CCII) che prevede un concordato con pagamento solo parziale dei tributi (non inferiore al valore liquidatorio) . Il D.Lgs. 136/2024 ha ulteriormente esteso la transazione ai piani attestati di risanamento (accordi di ristrutturazione) e ha fissato nuove regole per il “cram-down fiscale” anche nei concordati liquidatori . In concreto: se l’Agenzia non collabora, il tribunale può forzare la transazione nel piano omologato.
– Sospensione azioni esecutive: avviare formalmente una procedura (ad es. deposito proposta concordataria o richiesta di accordo OCC) interrompe le azioni esecutive verso i creditori chirografari. In particolare, durante l’accordo OCC o il concordato pendente tutte le esecuzioni individuali (pignoramenti, fermi) sono sospese fino alla decisione del Tribunale (art.6 L.3/2012). Inoltre, ai sensi dell’art.15 L.3/2012, il debitore può chiedere misure protettive urgenti (ad es. provvedimenti cautelari) per bloccare i fermi amministrativi, pignoramenti o ipoteche per un periodo limitato mentre si definisce la procedura. L’esempio della guida sottolinea che l’OCC “congela” le azioni, consentendo al debitore di lavorare senza subire esecuzioni immediate. Solo quando il Tribunale omologa l’accordo o rigetta il piano, gli atti esecutivi possono ripartire (se rifiuto) o continuare secondo il piano (se omologa).
– Rapporti prassi: fino all’omologa del piano, l’AdER in genere non revoca le azioni in corso, ma non può aggiungere interessi ulteriori sulle somme già iscritte. Se il debitore negozia un piano concordatario, in linea di principio non viene decisa la definitiva cancellazione delle ipoteche e fermi fino alla fine della procedura. Se però il piano viene approvato dal tribunale, i crediti erariali inseriti nel piano potranno essere soddisfatti secondo quanto stabilito (anche attraverso la transazione); eventuali residui verranno estinti con l’esdebitazione finale. In alternativa, se il debitore ottiene solo una rateazione ordinaria, dovrà continuare a versare regolarmente; in caso di inadempienza delle rate, scatta la decadenza dalla dilazione (recupero accelerato).
Rapporti con banche e finanziarie
Per i crediti bancari occorre agire con trasparenza. Al primo segnale di difficoltà, è consigliabile contattare la banca per chiedere una moratoria o rinegoziare i termini del finanziamento. Le banche spesso concedono allungamenti del mutuo o sconfinamenti temporanei se il debitore offre garanzie (ad es. prelazione sui beni) e dimostra impegni di rimborso. Se invece il debito è già segnalato come incagliato, la banca potrebbe attivare il pignoramento dei beni dati in garanzia (ad es. vendita dell’immobile ipotecato) o chiedere il pagamento anticipato delle cambiali e fideiussioni.
In uno scenario di crisi, il rigattiere può includere nel piano di composizione anche i creditori bancari. Ad esempio, un accordo OCC o un concordato possono prevedere la riduzione del debito residuo verso la banca (falcidia del capitale) oppure lo scorporo delle pene su interessi, a patto di corrispondere almeno quanto la banca avrebbe ottenuto con la vendita giudiziale dell’ipoteca . Ciò è possibile perché la legge (ex art. 7 L.3/2012) consente la falcidia dei crediti privilegiati (mutui, ipoteche) sino al valore realizzabile in liquidazione . In pratica, il piano potrebbe offrire alla banca una percentuale di rientro basata su quanto ritiene ottenibile dai beni ipotecati, liberando subito liquidità per il rigattiere. Se non si trova accordo, la banca può comunque rivalersi: pignoramento del conto o mobiliare, escussione delle garanzie. Il rigattiere in difficoltà non dovrebbe ignorare richieste di pagamento, perché un tentativo di estorsione bancario – ad esempio il pignoramento di un conto – può essere impugnato giudizialmente (se illegittimo) ma in genere conviene prevenirlo sistemando la posizione o proponendo un accordo.
Rapporti con fornitori e altri creditori privati
I fornitori del rigattiere godono normalmente del diritto di legge di richiedere il pagamento (diffida e ingiunzione). Pur essendo crediti chirografari (senza garanzia reale), vanno gestiti con cura per evitare contenziosi. È buona prassi: – Informare i fornitori principali della propria situazione di crisi, mostrando volontà di pagamento. Spesso si può concordare un piano di rientro personalizzato: ad esempio, versando immediatamente una percentuale (es. 30-50% di quanto dovuto) e dilazionando il restante. Anche legali e professionisti (commercialisti, avvocati) possono accettare pagamenti rateali piuttosto che ricorrere al pagamento anticipato di parcelle.
– Se un fornitore invia diffida giudiziaria, considerare di presentare subito, nei termini perentori, un’eventuale istanza cautelare o segnalare al Tribunale la procedura di crisi in corso (se aperta). In assenza di procedure aperte, un accordo diretto (nelle sedi di pre-contenzioso) può evitare l’escalation in giudizio.
– Ricordare che, a differenza del credito pubblico, i fornitori devono votare anch’essi per approvare un piano di composizione. Tuttavia in molte procedure il voto finale dei fornitori è compreso nella soglia del 60% complessivo.
In generale, l’attitudine deve essere di collaborazione: chi vede un piano credibile ha interesse a evitare le spese (e i tempi) di un’azione legale. A volte il rigattiere può ottenere piccoli sconti di buonuscita da alcuni creditori privati (per esempio, una percentuale di riduzione sui crediti chirografari se paga subito una quota). Un occhio di riguardo va tenuto anche verso il proprietario dei locali o i gestori delle utenze (luce, gas), poiché un sfratto o un distacco delle utenze metterebbero a rischio la continuità aziendale. Molte volte anche i proprietari di negozi collaborano con dilazioni per evitare il vuoto di un locale, specie se l’attività ha un suo valore anche per loro.
Domande frequenti (FAQ)
- Posso chiudere la partita IVA per evitare i debiti?<br> No. La chiusura dell’attività (cessazione della partita IVA) non estingue automaticamente i debiti pregressi. I debiti rimangono a carico della persona fisica titolare. È un fraintendimento pensare che chiudere sia come “fallire” passivamente: infatti, come avvisa Monardo, “Pensare che chiudere significhi fallire: può essere una scelta strategica, se fatta con ordine” . In realtà, anche chi chiude l’attività deve fare i conti con creditori e cartelle; quindi va presentata una proposta di composizione con i creditori (accordo o piano), oppure va comunque onorato il debito o trattato con la riscossione e i creditori.
- Qual è la differenza tra fallimento (liquidazione giudiziale) e liquidazione controllata?<br> Il fallimento (ora liquidazione giudiziale ex Codice della crisi) si applica ai soggetti fallibili (grandi imprese, società). Per i piccoli imprenditori (non fallibili) invece esiste la liquidazione controllata . In pratica, nella liquidazione controllata il debitore affida il proprio patrimonio a un liquidatore giudiziario (incaricato dal tribunale) che procede alla vendita dei beni per soddisfare i creditori. Questa procedura è più snella del fallimento: non prevede la fase di verifica del passivo come nel fallimento ordinario, ma assomiglia a una liquidazione volontaria assistita. Se invece il rigattiere superasse i limiti di piccola impresa, potrebbe essere obbligato alla liquidazione giudiziale ordinaria (fallimento). In ogni caso, liquidazione (controllata o giudiziale) comporta vendita dei beni e copertura delle spese procedure; i residui residui vengono poi eventualmente esdebitati.
- Se avvio un accordo con l’OCC, i creditori devono immediatamente fermare i pignoramenti?<br> No, non automaticamente: l’avvio dell’accordo OCC o il deposito di proposta concordataria pongono solo il divieto di iniziare nuove esecuzioni e la sospensione di quelle già pendenti, ma fino all’omologa del tribunale le azioni già avviate continuano nel limbo. Per ottenere subito il blocco dei pignoramenti il debitore può chiedere al Tribunale misure cautelari (art.15 L.3/2012) che congelino azioni (come fermi su beni strumentali o pignoramenti di conto) per un tempo limitato in attesa di definire la procedura . In pratica, durante la fase di trattativa l’unica protezione di diritto è il pignoramento successivo all’esito finale del piano. L’accordo OCC comunque “congela” le azioni future e vincola i creditori al piano omologato .
- Come funziona l’esdebitazione e quando la si ottiene?<br> L’esdebitazione è il beneficio finale che libera il rigattiere (e qualsiasi debitore) dai debiti residui non soddisfatti dal piano. Può essere chiesta dopo aver eseguito i pagamenti previsti dal piano approvato. I requisiti principali sono lo stato di reale “incapienza” (assenza di beni o redditi per pagare i residui) e la buona fede (assenza di frodi o occultamenti) . La procedura prevede che il tribunale o il commissario segnalino se il debitore ha avuto possibilità non sfruttate di recuperare risorse. Le sentenze recenti insistono sul fatto che non serva più una quota minima soddisfatta di creditori: come affermato dalla Cassazione 27562/2024, “non è richiesta una soglia minima di soddisfacimento” . Bisogna però preparare correttamente le prove: presentare un dossier completo su redditi, patrimonio, entrate uscite e dimostrare di aver collaborato pienamente con la procedura. Con l’esdebitazione l’impresa è cancellata dal passivo e il soggetto può ripartire senza quei debiti.
- Posso inserire qualsiasi debito nel piano (anche tributi e contributi)?<br> Sì. L’insieme delle procedure contemplate dalla legge (accordo OCC, concordato, piano del consumatore) consente di includere tutti i debiti esistenti, compresi quelli tributari e previdenziali . Grazie alla transazione fiscale/contributiva, anche i debiti con l’Agenzia delle Entrate e l’INPS possono essere ridotti e rateizzati insieme agli altri crediti. L’unica eccezione riguarda debiti derivanti da reati intenzionali (ad es. multe per dolo penale) o verso particolari beneficiari (alcune spese condominiali insoddisfatte); per questi ci possono essere limitazioni normative. In linea di massima, tuttavia, l’unico limite è la capacitità di avere un piano credibile: se il piano proposto è sostenibile e viene omologato, qualunque debito inserito secondo le regole del piano verrà trattato (pagato o falcidiato) senza espropriare ulteriormente il debitore.
- Quanto costa avviare una di queste procedure?<br> Le procedure di composizione della crisi comportano costi tecnici e giudiziari. Ad esempio, nel piano del consumatore è dovuto il contributo unificato (ridotto, circa 98 €) più onorari professionali (OCC, avvocato) . Nel concordato o accordo OCC, il Tribunale nominerà un commissario o liquidatore, i cui compensi sono calcolati secondo le tariffe ministeriali in percentuale su attivo/passivo. In linea di massima, tali compensi e le spese giudiziarie vengono anticipati dal debitore e poi pagati come “oneri di procedura” a ricavi liquidati (coperti con la prima parte delle somme). I creditori vengono pagati dopo questi oneri. In pratica, fino a che il piano non è definito e approvato, il rigattiere dovrà sostenere qualche migliaio di euro in contributi e parcelle iniziali. Tuttavia, rispetto a una procedura fallimentare ordinaria, queste spese sono generalmente contenute (spesso si recuperano in parte dai crediti destinati) e sono un investimento per evitare problemi peggiori (es. aste forzate).
Tabelle riepilogative
Di seguito alcuni schemi utili (ad esempio in appendice o allegati, da personalizzare secondo il caso):
- Procedura a confronto: per ciascuno strumento (accordo OCC, piano consumatore, concordato minore, liquidazione controllata, liquidazione giudiziale), tabella con soggetti ammessi, consenso richiesto, scopo (ristrutturazione vs liquidazione), durata indicativa, effetti principali (sospensione esecuzioni, falcidia crediti privilegiati, esdebitazione finale).
- Classificazione crediti e falcidia: tabella che distingue crediti chirografari (fornitori, utenze, spese legali) da privilegiati (Erario, INPS, imposte ipotecarie, artigiani), dopo privilegio (es. leasing su beni), ecc. e mostra come ciascun tipo viene trattato nei piani: ad es. in tutti i piani è ammessa la falcidia dei privilegiati fino al valore realizzo (grazie all’introduzione art. 7 L.3/2012 e alla rimozione del divieto su IVA ).
- Esempio di piano di rientro (simulato): caso numerico che espone debiti totali, risorse disponibili e percentuali offerte ai creditori. Ad es.: un rigattiere “Mario” con debiti totali €150.000 (composizione: 20k IVA, 5k IRPEF, 10k INPS, 15k affitto arretrato, 50k fornitori, 50k banca) e redditi annuali netti di €15.000. Il piano proposto potrebbe prevedere di pagare €3.000/anno (tot. €45k) nei primi 5 anni e €6.000/anno (tot. €60k) nei successivi 8 anni, offrendo una percentuale media del 70% del debito complessivo. In base a questo piano, AdER potrebbe accettare una transazione riducendo l’IVA a €10k, la banca potrebbe concordare un saldo e stralcio (ricevendo metà del residuo), e ai fornitori verrebbero corrisposti i rimborsi rateizzati previsti. Alla fine, i debiti residui (circa 30%) sarebbero esdebitati .
Conclusioni
Il rigattiere ingolfato dai debiti non è condannato a una vita di emergenza economica. Grazie alla legge sul sovraindebitamento (Legge 3/2012) e al Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019 e modifiche), l’imprenditore di piccole dimensioni dispone di varie strade per ricominciare: dalla dilazione diretta dei tributi alle procedure giudiziali con esdebitazione finale . Fondamentale è agire in buona fede e tempestivamente, scegliendo lo strumento più adatto e presentando piani realistici. In tal modo si ottiene il «favor debitoris» sancito dalla riforma: i creditori ricevono quanto possibile dai beni e dai redditi, mentre il debitore ottiene la possibilità di ripartire senza debiti in eccesso . In ogni caso, è consigliabile rivolgersi a professionisti esperti (avvocati e commercialisti) sin dalle prime fasi: una corretta consulenza tecnica garantisce che il piano di salvataggio sia ben costruito, aumentando le probabilità di approvazione.
Normativa e giurisprudenza di riferimento
- Legge 27 gennaio 2012, n. 3 – Disposizioni in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento (c.d. “legge salva-suicidi”) . Introduce le prime procedure per debitori non fallibili (accordo di composizione, piano del consumatore, liquidazione del patrimonio).
- Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi) – Riforma organica delle procedure concorsuali, in attuazione della Legge 155/2017 . Ha integrato ed esteso la disciplina del sovraindebitamento, equiparando le procedure agli strumenti già previsti per i consumatori e introducendo la composizione negoziata della crisi e il concordato semplificato. Entrato in vigore il 15/7/2022.
- Decreto Legislativo 13 settembre 2024, n. 136 – “Correttivo” del Codice della crisi. Introduce modifiche procedurali (art. 23-bis CCII) e rafforza la transazione fiscale anche nei piani di risanamento e concordati (cram-down fiscale) .
- Decreto Legislativo 29 luglio 2024, n. 110 – Riforma della riscossione tributi (attuazione delega fiscale 2023). Aumenti la durata delle rateizzazioni (fino a 84 mesi ordinarie per 2025-26) e conferma la soglia di 120.000 € per le rateizzazioni semplificate .
- Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Bilancio 2022) e Legge 30 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio 2023) – Varie misure di coordinamento della riforma fallimentare (ad es. D.Lgs. 118/2021) e proroghe del “favor debitoris”.
- Legge 24 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio 2021) – Inserisce nell’art. 88 CCII (ex art.182-ter L.Fall) la possibilità di concordato con pagamento parziale di tributi e contributi .
- Legge Costituzionale 23 giugno 2018, n. 4 – Riforma della giustizia, che ha consentito l’attuazione del Codice della crisi.
- Corte Costituzionale, sentenza n. 245/2019 – Dichiara illegittimo il divieto di falcidia dei crediti IVA nei piani di sovraindebitamento . Di conseguenza, l’IVA e le ritenute possono anch’esse essere ridotte se il piano lo prevede.
- Cassazione Civile, sez. I, 24 ottobre 2024, n. 27562 – Conferma che per accedere all’esdebitazione non è richiesta una soglia minima di soddisfacimento dei creditori, ribadendo l’importanza di valutare caso per caso la buona fede del debitore .
- Cassazione Civile, sez. I, 20 maggio 2024, n. 5678 – Sottolinea che l’esdebitazione dell’incapiente deve essere valutata tenendo conto della condotta del debitore e dell’effettivo stato patrimoniale, non essendo automatica .
- Cassazione Civile, sez. I, 19 luglio 2024, n. 19964 – Chiarisce i presupposti per l’esdebitazione del fallito persona fisica, ribadendo la necessità della buona fede. (Nota: si applica alla disciplina transitoria del vecchio fallimento ma conferma principi utili).
- Corte di Giustizia UE, 8 maggio 2024, C‑20/23 – In merito alla direttiva Ue 2019/1023 stabilisce che in linea di principio anche i crediti tributari/previdenziali non possono essere esclusi in maniera sistematica dall’esdebitazione, salva tutela specifica di debiti come alimenti.
- Decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1971, n. 1236 – Regolamento sulle vendite di oggetti usati. Disciplina l’attività di commercio di beni usati (rigatteria) dal punto di vista amministrativo, ma non incide direttamente sui debiti.
- Codice Civile – Art. 2082 definisce l’imprenditore; art. 2740 regola la responsabilità patrimoniale (in caso di impresa individuale, tutto il patrimonio personale del titolare è aggredibile).
- Art. 1 Legge Fallimentare (R.D. 267/1942) – Definisce i limiti dimensionali delle piccole imprese esenti dalle procedure ordinarie (attivo ≤ 300k, ricavi ≤ 200k, debiti ≤ 500k) .
- Leggi fiscali speciali – p.es. disposizioni sulle rateizzazioni (art.19 D.P.R. 602/1973), ex riscossione Equitalia/AdER, norme di rottamazione (leggi di conversione relative). Anche queste fonti regolano indirettamente i tempi di pagamento con il Fisco.
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👉 Prima regola: agisci subito, non aspettare che la situazione degeneri.
Le attività di rigatteria e commercio dell’usato, spesso a gestione familiare, sono particolarmente esposte a calo delle vendite, errori di contabilità semplificata, mancati versamenti fiscali e ritardi nei pagamenti dei fornitori.
Con una difesa legale e fiscale mirata, puoi bloccare le azioni esecutive, ridurre i debiti e salvaguardare la tua attività artigianale e commerciale.
⚖️ Le cause più frequenti di indebitamento nei rigattieri
- Riduzione delle vendite o crisi del mercato dell’usato.
- Aumenti di costi di gestione, affitto e utenze.
- Mancato versamento di imposte o contributi INPS.
- Errori nella tenuta della contabilità o dichiarazioni incomplete.
- Cartelle esattoriali accumulate nel tempo.
- Difficoltà nel recupero dei crediti dai clienti.
- Spese straordinarie per traslochi, magazzino o personale.
📌 I rischi per un rigattiere indebitato
- Cartelle esattoriali e pignoramenti su conti correnti o beni aziendali.
- Fermi amministrativi su furgoni e mezzi di lavoro.
- Iscrizioni ipotecarie su immobili, magazzini o botteghe.
- Blocco dei rimborsi fiscali o dei crediti IVA.
- Revoca di linee di credito bancarie.
- Rischio di chiusura o liquidazione giudiziale (ex fallimento) in caso di insolvenza.
🔍 Cosa fare subito
- Analizza la situazione debitoria, distinguendo tra debiti fiscali, contributivi e bancari.
- Verifica la legittimità delle cartelle e degli atti ricevuti: molti contengono vizi di forma o prescrizioni.
- Blocca le azioni esecutive (pignoramenti, fermi, ipoteche) con istanze di sospensione o ricorsi tempestivi.
- Richiedi una rateizzazione o, se possibile, una definizione agevolata (“rottamazione”).
- Consulta un avvocato tributarista esperto in crisi d’impresa artigiana e commerciale.
🧾 Strumenti per difendersi e risanare i debiti
💠 Rateizzazione delle cartelle
Puoi richiedere una rateizzazione fino a 120 rate mensili, sospendendo pignoramenti e azioni di riscossione.
💠 Definizione agevolata o “rottamazione”
Se disponibile, consente di estinguere i debiti fiscali pagando solo il capitale, senza sanzioni e interessi.
💠 Istanza di autotutela o ricorso tributario
Permette di contestare cartelle prescritte o irregolari, bloccando la riscossione.
💠 Composizione negoziata della crisi
Uno strumento efficace per negoziare con Fisco, banche e fornitori, mantenendo l’attività aperta e bloccando le azioni esecutive.
💠 Piano di risanamento aziendale
Con l’assistenza di un avvocato puoi ristrutturare i debiti, ottenere riduzioni e sospensioni, e proteggere la bottega o il negozio.
🛠️ Strategie di difesa per un rigattiere indebitato
- Analizzare ogni atto ricevuto per individuare vizi o prescrizioni.
- Contestare pignoramenti e ipoteche non legittime.
- Dimostrare la crisi temporanea di liquidità per accedere a rateizzazioni o sospensioni.
- Rinegoziare i debiti con fornitori, banche e Agenzia delle Entrate.
- Proteggere la bottega, i furgoni e i beni aziendali da azioni esecutive.
- Pianificare un nuovo assetto fiscale e contabile per evitare nuovi debiti.
⚖️ Perché agire subito è fondamentale
Nel commercio dell’usato, la liquidità è essenziale per mantenere la merce in rotazione e garantire la continuità delle vendite.
Un pignoramento o un blocco dei conti può fermare l’attività e far perdere clienti e fornitori.
Agire subito ti permette di:
- Bloccare cartelle e pignoramenti;
- Evitare l’aggravarsi del debito con sanzioni e interessi;
- Difendere la tua attività e la reputazione del tuo negozio;
- Ripartire con un piano di risanamento sostenibile.
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
- 📂 Analizza la tua posizione debitoria e verifica i margini di difesa.
- 📌 Controlla la legittimità delle cartelle e la possibilità di sospensione.
- ✍️ Predispone piani di rateizzazione, istanze di autotutela e ricorsi tributari personalizzati.
- ⚖️ Ti rappresenta davanti all’Agenzia delle Entrate-Riscossione e alla Corte di Giustizia Tributaria.
- 🔁 Offre consulenza continuativa per prevenire nuovi debiti e tutelare il tuo patrimonio personale e aziendale.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
- ✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e gestione della crisi d’impresa.
- ✔️ Specializzato nella difesa di attività artigianali e commerciali, come rigattieri e rivenditori dell’usato.
- ✔️ Gestore della crisi d’impresa iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Un rigattiere con debiti può rimettersi in regola e salvare la propria attività, ma deve intervenire tempestivamente.
Con una difesa fiscale e legale efficace, puoi bloccare cartelle e pignoramenti, ridurre i debiti e tutelare il tuo lavoro e la tua bottega.
Agire oggi è la scelta che può salvare il futuro della tua impresa e la tua serenità economica.
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