Igienista Dentale Con Debiti: Cosa Fare E Come Difendersi

Hai ricevuto cartelle esattoriali o avvisi di accertamento come igienista dentale e non sai come affrontarli?
Negli ultimi anni, l’Agenzia delle Entrate ha intensificato i controlli sulle professioni sanitarie, compresi gli igienisti dentali, incrociando fatture elettroniche, dati del Sistema Tessera Sanitaria, movimenti bancari e dichiarazioni dei redditi.
Molti professionisti si trovano in difficoltà per debiti fiscali, contributivi o per accertamenti errati, dovuti a ritardi nei pagamenti, contabilità incompleta o spese non riconosciute.
Con un’azione tempestiva e una difesa legale e tributaria mirata, è possibile bloccare le procedure di riscossione, rateizzare i debiti e tutelare la propria attività professionale.

Quando un igienista dentale rischia per debiti o accertamenti fiscali
I problemi più frequenti sorgono quando:

  • si ricevono cartelle esattoriali, intimazioni di pagamento o pignoramenti;
  • l’Agenzia delle Entrate contesta redditi non dichiarati o incongruenze con i dati del Sistema Tessera Sanitaria;
  • non sono stati versati IVA, imposte o contributi previdenziali nei termini;
  • il professionista opera in più studi e l’Amministrazione presume compensi non fatturati;
  • vengono applicate sanzioni e interessi che fanno lievitare il debito;
  • si rischia la decadenza da regimi agevolati, come il forfettario.

Cosa fare se hai debiti fiscali o sei sotto accertamento

  1. Non ignorare gli avvisi. Ogni atto ha una scadenza precisa (di norma 60 giorni) per essere impugnato o per richiedere una rateizzazione.
  2. Analizza la legittimità degli atti. Molti accertamenti o cartelle contengono errori di notifica o calcolo, che consentono l’annullamento.
  3. Verifica l’importo reale del debito. Spesso la cifra include sanzioni e interessi che possono essere ridotti o esclusi.
  4. Richiedi la rateizzazione. È possibile ottenere fino a 120 rate mensili per dilazionare il pagamento e sospendere temporaneamente le azioni esecutive.
  5. Valuta la definizione agevolata. In caso di rottamazione delle cartelle, puoi eliminare sanzioni e interessi, pagando solo l’imposta dovuta.
  6. Se l’accertamento è ingiusto, presenta ricorso. Puoi rivolgerti alla Corte di Giustizia Tributaria per bloccare la riscossione e ottenere l’annullamento dell’atto.

Come difendersi legalmente e fiscalmente
Un avvocato tributarista esperto nel settore sanitario può verificare la correttezza degli atti, controllare se i termini di notifica sono stati rispettati e se l’Agenzia ha motivato adeguatamente le proprie pretese.
L’assistenza legale consente di:

  • contestare vizi formali o sostanziali negli accertamenti o nelle cartelle;
  • richiedere la sospensione delle procedure di riscossione;
  • proporre ricorso contro atti illegittimi o sproporzionati;
  • avviare un piano di rientro sostenibile o un accordo con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione;
  • correggere la contabilità e pianificare una gestione fiscale più efficiente per il futuro.

Il ruolo dell’avvocato nella difesa dell’igienista dentale

  • Analizzare la legittimità di accertamenti, cartelle o intimazioni di pagamento.
  • Impugnare tempestivamente pignoramenti o fermi amministrativi.
  • Negoziare rateizzazioni o definizioni agevolate con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
  • Difendere il professionista nel contraddittorio con l’Ufficio e nel contenzioso tributario.
  • Proteggere i conti correnti e gli strumenti professionali da azioni esecutive.
  • Tutelare la reputazione e la continuità dell’attività sanitaria.

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace

  • La sospensione immediata delle procedure di riscossione.
  • L’annullamento totale o parziale dei debiti fiscali illegittimi.
  • La rateizzazione o riduzione dell’importo dovuto.
  • La protezione dei beni personali e professionali.
  • La stabilizzazione della posizione fiscale e la possibilità di proseguire l’attività senza rischi.

⚠️ Attenzione: ignorare gli avvisi o le cartelle fiscali può portare a pignoramenti, blocchi dei conti correnti o perdita della reputazione professionale.
Molte situazioni, però, sono reversibili se affrontate tempestivamente con una difesa legale qualificata e un piano di rientro ben costruito.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e difesa fiscale per professionisti sanitari – spiega cosa fare se un igienista dentale ha debiti fiscali o è sotto accertamento, come bloccare le azioni esecutive e quali strumenti usare per risanare la posizione con il Fisco.

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Introduzione

Un igienista dentale è un professionista sanitario che spesso opera come lavoratore autonomo o collaboratore in studi dentistici. Come ogni professionista o piccolo imprenditore, può trovarsi esposto a debiti di varia natura: imposte non pagate, contributi previdenziali arretrati, finanziamenti bancari, fatture di fornitori insolute, multe e altre obbligazioni. La situazione debitoria può diventare opprimente, causando il rischio di azioni esecutive (pignoramenti, ipoteche) e perfino conseguenze legali. In questa guida avanzata esamineremo cosa può fare un igienista dentale indebitato per difendersi, analizzando le normative italiane più aggiornate (settembre 2025) e le soluzioni previste dall’ordinamento, con un linguaggio giuridico ma accessibile. Adotteremo il punto di vista del debitore, evidenziando i suoi diritti, i suoi doveri e le strategie percorribili per risolvere o attenuare l’indebitamento, alla luce del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.lgs. 14/2019) e delle più recenti sentenze.

Perché una guida specifica per un igienista dentale? Pur essendo molte considerazioni valide per qualunque debitore, un igienista dentale rappresenta un caso tipico di lavoratore autonomo con volume d’affari limitato (spesso un “piccolo imprenditore” non soggetto a fallimento) ma con possibili esposizioni debitorie significative (ad esempio per acquisto di attrezzature, tasse sui redditi professionali, ecc.). Capiremo come affrontare debiti fiscali (erariali), contributivi (previdenziali), bancari e commerciali, esaminando tanto le soluzioni stragiudiziali (rateizzazioni, accordi a saldo e stralcio) quanto le procedure concorsuali minori di sovraindebitamento introdotte dalla Legge n. 3/2012 (cd. “legge salva suicidi”) e ora consolidate nel nuovo Codice della Crisi. Verranno affrontati anche i profili penali connessi all’inadempimento di taluni debiti (in particolare tributari) e le recentissime novità normative e giurisprudenziali – ad esempio la possibilità di falcidiare l’IVA nelle procedure di composizione della crisi (riconosciuta dalla Corte Costituzionale nel 2019 e recepita dal Codice della Crisi ) o l’attenuazione dei requisiti di meritevolezza per l’accesso al piano del consumatore (confermata dalla Cassazione nel 2023 ).

Seguendo questa guida troverete, oltre alla trattazione teorica, esempi pratici, domande e risposte frequenti, tabelle riepilogative e riferimenti a fonti normative e sentenze aggiornate (riportate in apposite note bibliografiche). L’obiettivo è fornire uno strumento completo sia per il debitore non esperto (che potrà capire quali vie d’uscita offre la legge e a chi rivolgersi) sia per il professionista legale che ricerca un quadro d’insieme aggiornato e documentato per assistere il cliente indebitato. Ricordiamo che l’indebitamento non è di per sé un reato né una colpa morale: la legge italiana, in linea con i principi europei, prevede oggi misure di tutela del debitore onesto ma sfortunato, bilanciando l’esigenza di recupero dei crediti con il diritto a una “seconda opportunità” . Entriamo quindi nel dettaglio delle varie tipologie di debito e delle possibili difese.

Tipologie di debiti comuni e relative caratteristiche

Un igienista dentale indebitato può avere esposizioni di diverso genere. È fondamentale distinguere le varie tipologie di debito, perché ognuna è regolata da norme specifiche e implica strumenti di riscossione differenti. Di seguito analizziamo le categorie più comuni – fiscali, previdenziali, bancarie e commerciali – evidenziandone le peculiarità e le tutele previste.

Debiti fiscali (imposte e tributi)

I debiti fiscali includono tutte le somme dovute all’Erario o ad altri enti impositori (ad esempio tasse statali come IRPEF o IVA, imposte regionali e comunali, ecc.) che l’igienista dentale non abbia versato entro le scadenze. Possono derivare da dichiarazioni dei redditi con saldo dovuto e non pagato, da avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate divenuti definitivi, oppure da ritenute d’acconto su dipendenti/collaboratori non versate (se l’igienista aveva personale o fungeva da sostituto d’imposta). Una forma tipica è il debito da IVA non versata: trattandosi di un tributo “comunitario”, il suo mancato pagamento è particolarmente sanzionato (come vedremo, superare una certa soglia costituisce reato) ma oggi, in sede concorsuale, è possibile proporne anche il pagamento parziale .

La riscossione dei crediti fiscali è affidata all’Agenzia delle Entrate–Riscossione (AER, ex Equitalia) tramite la notifica della famosa cartella esattoriale (o cartella di pagamento). La cartella è un atto che intima il pagamento di tributi o sanzioni entro 60 giorni; se ignorata, permette al concessionario di procedere ad esecuzione forzata senza bisogno di un ulteriore giudizio. In altri casi, per somme più recenti, l’intimazione può avvenire con un avviso di accertamento esecutivo (immediatamente esecutivo dopo 30 giorni dalla notifica). In ogni caso, passato il termine, il debitore rischia misure come il fermo amministrativo su veicoli, l’ipoteca esattoriale su immobili e il pignoramento dei beni.

Va sottolineato che la legge prevede alcune tutele speciali per il debitore fiscale. Ad esempio, Agenzia Entrate–Riscossione non può pignorare l’abitazione principale del debitore se questa è l’unico immobile di sua proprietà, vi risiede anagraficamente e non è di lusso (categorie A/1, A/8, A/9) . In pratica, se l’igienista possiede solo la propria casa di abitazione, il Fisco – ancorché munito di cartelle per importi elevati – non potrà metterla all’asta (potrà semmai iscrivere ipoteca come misura cautelare, se il debito supera determinate soglie) . Questo vincolo non vale per i creditori privati, come banche o fornitori, i quali (muniti di titolo esecutivo) possono tentare il pignoramento immobiliare anche della prima casa in qualunque momento – sebbene nella prassi difficilmente lo facciano per importi modesti, considerati i costi. Inoltre, per le somme iscritte a ruolo inferiori a determinate soglie vi sono limitazioni all’azione fiscale: ad esempio, sotto €20.000 non è possibile iscrivere ipoteca; e solo sopra €120.000 (complessivi) l’Agenzia può, in presenza di più immobili, procedere all’espropriazione immobiliare . La tutela della prima casa resta quindi una garanzia importante per il debitore, anche se – come vedremo – non assoluta: se l’igienista possiede altri immobili o perde i requisiti sopra indicati, il Fisco potrà agire anche sull’abitazione principale .

I debiti tributari sono gravati da sanzioni amministrative e interessi. Le sanzioni per omesso versamento possono arrivare al 30% degli importi non pagati (ridotte se si effettua ravvedimento operoso spontaneo). Gli interessi moratori sulle cartelle esattoriali sono determinati annualmente (ad esempio ~3% annuo nel 2024, in rialzo al 4% nel 2025, dati i tassi crescenti) . Un debito fiscale non gestito per tempo può quindi lievitare sensibilmente per effetto di sanzioni e interessi di mora. Fortunatamente, la normativa recente ha introdotto misure di “tregua fiscale” e definizione agevolata: ad esempio, la Legge di Bilancio 2023 ha disposto l’annullamento automatico (“stralcio”) dei carichi fino a €1000 affidati dal 2000 al 2015 , e la rottamazione-quater per i debiti più grandi (ossia la possibilità di pagarli senza sanzioni e interessi di mora, in forma dilazionata fino a 18 rate) . Chi esercita la professione di igienista dentale dovrebbe sempre verificare se può beneficiare di tali norme di favore (che tendono a essere temporanee): ad esempio, nel 2023 molti contribuenti hanno aderito alla definizione agevolata per alleggerire il peso delle cartelle. In seguito esamineremo i dettagli della rateizzazione ordinaria e di queste procedure di saldo agevolato.

Prescrizione dei debiti tributari: i crediti fiscali non sono eterni; ciascuno è soggetto a termini di prescrizione (generalmente 5 anni per i tributi locali e contributi, 10 anni per molti tributi erariali, salvo diverse disposizioni di legge). Ad esempio, contributi INPS e premi INAIL si prescrivono in 5 anni; l’IVA e le imposte dirette dopo la notifica della cartella si ritiene abbiano prescrizione decennale, anche se una parte della giurisprudenza propende per il termine breve quinquennale in assenza di un titolo giudiziale . È essenziale quindi controllare le date: se l’Agenzia delle Entrate Riscossione non compie atti interruttivi per un periodo prolungato, il debito potrebbe estinguersi per prescrizione. Un avvocato può aiutare a eccepire la prescrizione presentando opposizione alla cartella o all’atto esecutivo, quando ve ne siano i presupposti.

Debiti previdenziali (con INPS e casse professionali)

Gli igienisti dentali, in base alla forma di svolgimento dell’attività, possono essere tenuti al versamento di contributi previdenziali. Se l’attività è autonoma senza cassa professionale dedicata, sarà dovuta l’iscrizione alla Gestione Separata INPS (con aliquote contributive attorno al 26-27% del reddito); se invece l’igienista è inquadrato come dipendente o collaboratore, potrebbero esserci contributi ENPAM (per il settore sanitario) o altri fondi. In ogni caso, il mancato pagamento dei contributi obbligatori genera debiti previdenziali. Ad esempio, l’INPS potrebbe emettere avvisi di addebito per contributi non versati, oppure incaricare Agenzia Entrate Riscossione di riscuotere tramite cartella (nelle cartelle spesso sono inclusi sia tributi sia contributi).

I debiti verso l’INPS seguono procedure analoghe a quelle fiscali per quanto concerne la riscossione coattiva: notifica di avviso o cartella, possibilità di rateazione, e in mancanza pagamento – pignoramenti, ipoteche, fermi. Le tutele viste per i debiti fiscali valgono anche per i contributi: ad esempio, la legge di Bilancio 2023 ha compreso gli enti previdenziali pubblici nello stralcio automatico dei mini-debiti ≤ €1000 del 2000-2015 (quindi anche piccoli debiti INPS di quegli anni sono stati annullati di diritto). Inoltre, il Decreto Fiscale 2021 ha previsto lo stralcio delle cartelle fino a €5.000 relative al periodo 2000-2010 per i contribuenti sotto una certa soglia di reddito – misura da cui molti artigiani e professionisti hanno beneficiato.

La prescrizione per i contributi è tipicamente di 5 anni (come confermato dalla riforma del 2018 che ha unificato a 5 anni i termini per contributi previdenziali, casse professionali e premi assicurativi obbligatori). Ciò significa che, se l’ente previdenziale non agisce entro 5 anni dalla scadenza contributiva (o dall’ultimo atto interruttivo valido), il debito contributivo può non essere più dovuto. È sempre opportuno verificare le notifiche: se un igienista riceve una cartella per contributi di molti anni prima, si può far valutare da un legale se è maturata la prescrizione e presentare eventualmente ricorso.

Un’attenzione particolare meritano i contributi dei dipendenti: se l’igienista era titolare di uno studio e aveva personale alle sue dipendenze, il mancato versamento delle ritenute previdenziali operate sulle retribuzioni costituisce una violazione grave. Importi significativi non versati, oltre a generare debito, possono sfociare in illecito penale (art. 2, co.1-bis D.L. 463/1983, conv. in L. 638/1983): l’omesso versamento di contributi previdenziali dovuti per i lavoratori oltre una certa soglia (circa €10.000 annui) è infatti punibile, a meno che il datore di lavoro non vi ponga rimedio entro determinati termini. Approfondiremo questo aspetto nella sezione penale; qui basti avvertire che tali debiti godono di tutela preferenziale (il legislatore vuole garantire che i lavoratori ottengano copertura contributiva). In sede di procedure concorsuali minori, comunque, i contributi non versati rientrano tra i crediti privilegiati da soddisfare con precedenza.

Debiti bancari e finanziari

Come molti professionisti, un igienista dentale può aver contratto debiti verso banche o società finanziarie. Ad esempio: un mutuo o leasing per l’acquisto di apparecchiature o di un immobile destinato a studio; un finanziamento per liquidità; l’uso di fidi di conto corrente o carte di credito aziendali; prestiti personali per far fronte a spese correnti. Tali debiti rientrano nel diritto privato (rapporti di credito di natura contrattuale) e in caso di insolvenza seguono le procedure esecutive ordinarie: la banca deve munirsi di un titolo esecutivo (che spesso ha già, se il debito è in forma di mutuo fondiario con clausola di immediata esecutorietà, oppure può ottenere tramite un decreto ingiuntivo in caso di scoperti e prestiti chirografari non pagati). Se il debitore non paga spontaneamente, la banca potrà attivare un pignoramento dei beni del debitore, tipicamente sulla base del titolo di credito in suo possesso.

Le forme di tutela della banca variano secondo il tipo di credito: se c’è un ipoteca (ad es. su un immobile dato a garanzia di un mutuo), la banca potrà procedere con pignoramento immobiliare e vendita forzata di quell’immobile, con preferenza nel ricavato. Se c’è una fideiussione (ad esempio, l’igienista potrebbe avere un coobbligato/garante per il prestito), la banca potrà escutere anche il garante. In assenza di garanzie reali, la banca agirà come creditore chirografario su conto correnti, stipendio/pensione, mobili, ecc., al pari di qualsiasi creditore privato.

Un aspetto importante è la verifica della regolarità dei tassi di interesse e delle condizioni contrattuali. Molti debitori in difficoltà scoprono di avere pagato interessi usurari o anatocistici: la legge punisce l’usura bancaria quando il tasso effettivo supera il tasso soglia fissato trimestralmente. Se un finanziamento applicava interessi oltre soglia, il debitore può agire legalmente per far dichiarare la nullità della clausola usuraria e recuperare gli interessi pagati in eccesso (o farli stornare dal dovuto) . Anche l’anatocismo (interessi capitalizzati sugli interessi) è vietato se non nei limiti stabiliti dal CICR. Pertanto, un igienista con debiti bancari dovrebbe far esaminare da un esperto i contratti di mutuo/conto: eventuali illeciti bancari possono costituire mezzi di difesa in giudizio contro le pretese della banca, riducendo l’importo dovuto o bloccando la procedura in corso. Ad esempio, opporsi a un decreto ingiuntivo eccependo usura può portare a una CTU contabile e alla rideterminazione del credito.

I debiti finanziari incidono anche sulla reputazione creditizia: il mancato pagamento di rate fa scattare la segnalazione nelle banche dati dei cattivi pagatori (CRIF, Centrale Rischi Bankitalia, ecc.), precludendo l’accesso a nuovo credito. Questa non è una “difesa”, ma un effetto di cui il debitore deve essere consapevole: se un igienista entra in insolvenza verso banche, difficilmente potrà ottenere altri prestiti finché la posizione non viene regolarizzata o chiusa (ad esempio con saldo a stralcio o procedura concorsuale). Anche dopo l’esdebitazione, la ricostruzione di una storia creditizia positiva richiederà tempo.

In sintesi, per i debiti bancari l’ordinamento non prevede privilegi di impignorabilità particolari (a parte quelli generali come vedremo per stipendio e beni essenziali). Il debitore dovrà puntare su negoziazioni (piani di rientro, moratorie), su eccezioni legali (usura, prescrizione – i crediti bancari ordinari si prescrivono in 10 anni dalla scadenza, salvo atti interruttivi) o, se insostenibili, ricorrere a una procedura di sovraindebitamento che imponga anche alle banche un trattamento concordato.

Debiti verso fornitori e altri creditori privati

Un igienista dentale che abbia gestito un proprio studio o attività potrebbe avere debiti verso fornitori di beni e servizi: ad esempio fornitori di materiale dentistico e igiene, laboratori di analisi e radiografia, società di consulenza contabile o di segreteria, proprietari dei locali (canoni d’affitto arretrati), aziende di utenze (bollette non pagate), ecc. Anche eventuali collaboratori autonomi non pagati (es. un assistente con partita IVA) rientrano in questa categoria di creditori privati. Tali debiti, se insoluti, possono portare a ingiunzioni e cause civili esattamente come quelli bancari.

La tutela giuridica per i fornitori è simile a quella per la banca: devono ottenere un titolo esecutivo (che può essere una fattura non pagata seguita da decreto ingiuntivo, oppure – se il rapporto è documentato da contratti – una sentenza in caso di opposizione). Una volta muniti di titolo definitivo, potranno procedere con pignoramenti sui beni del debitore. Non esistono soglie minime legali: in teoria anche un credito di poche migliaia di euro potrebbe portare al pignoramento di un immobile o di altri beni dell’igienista. In pratica, spesso i fornitori agiscono prima con solleciti bonari o si accordano per piani di rientro, e intraprendono l’esecuzione solo per importi consistenti o quando hanno motivo di credere che il debitore abbia beni aggredibili.

Un elemento caratteristico è che molti debiti commerciali sono non garantiti (chirografari). Pertanto, in caso di insolvenza del debitore, il fornitore concorrerà alla pari con altri crediti chirografari nel recupero; se invece alcuni creditori sono privilegiati (Erario, banche con ipoteca, dipendenti per salari), il fornitore rischia di non vedere soddisfatto il suo credito se non marginalmente. Questa consapevolezza può rendere i fornitori più propensi ad accettare transazioni a saldo e stralcio: ad esempio, se l’igienista propone di pagare subito il 50% del dovuto in cambio della rinuncia al restante, il fornitore potrebbe accettare per evitare lunghe procedure dal risultato incerto. Le trattative di saldo e stralcio sono un’arma importante per ridurre i debiti con creditori privati – ne parleremo approfonditamente più avanti.

Va ricordato che anche i privati possono cedere i propri crediti a società di recupero (le cosiddette agenzie di debt collection). Il debitore potrebbe quindi vedersi contattato da società specializzate nel recupero crediti che hanno rilevato i debiti (capita con banche e finanziarie, ma anche con utilities e fornitori). Queste società operano nei limiti della legge, non potendo minacciare o molestare il debitore: ogni comunicazione deve rispettare la dignità personale e la privacy (ad esempio non possono chiamare sul luogo di lavoro comunicando a terzi la situazione debitoria, il che violerebbe la riservatezza). È utile sapere che nessuna agenzia può attuare misure esecutive senza un titolo giudiziale: se ricevete solleciti da recuperatori, siete tenuti a pagare solo se riconoscete il debito e volete evitare l’azione legale, ma non possono immediatamente pignorare nulla se non hanno prima ottenuto un decreto ingiuntivo o simili. In caso di atteggiamenti aggressivi o indebiti, il debitore può segnalarli all’Autorità Garante.

Infine, altri debiti possibili per un igienista includono: multe e sanzioni amministrative (es. contravvenzioni stradali, sanzioni per violazioni normative). Questi, se non pagati, vengono anch’essi riscossi tramite cartella esattoriale. Le multe stradali non pagate, ad esempio, comportano dopo 60 giorni l’iscrizione a ruolo dell’importo raddoppiato (oltre spese) e seguono poi la via esattoriale. Le sanzioni amministrative pure (non accessorie a tributi) non sono falcidiabili nelle procedure concorsuali, in quanto la legge le esclude dall’esdebitazione (sono debiti di natura punitiva che restano dovuti anche dopo la procedura – v. oltre). Anche debiti per danni civili (risarcimenti da sentenze) seguono la via esecutiva ordinaria e, come vedremo, talora non sono cancellabili.

Conseguenze del mancato pagamento: rischi per il debitore

Analizzate le tipologie di debito, vediamo ora cosa accade concretamente se l’igienista dentale non paga quanto dovuto. Le conseguenze si articolano su vari piani:

  • Maggiori oneri economici: interessi di mora, sanzioni, aggravi di spese legali.
  • Azioni di recupero forzato: pignoramenti di beni mobili, immobili, crediti (stipendi, conti correnti).
  • Limitazioni civili: segnalazioni nelle banche dati creditizie, possibile perdita di beni dati in garanzia.
  • Eventuali rilievi penali: in specifici casi di omissione (soprattutto fiscali/previdenziali) si rischiano denunce.

Vediamo in dettaglio le principali conseguenze e i limiti di tutela predisposti dalla legge a salvaguardia di una dignitosa sussistenza del debitore.

Interessi, sanzioni e aggravio di costi

Come già accennato, ogni debito insoluto tende a crescere nel tempo. Il Fisco applica interessi moratori dalla scadenza (determinati annualmente) e sanzioni percentuali per omesso pagamento; l’INPS applica sanzioni civili (fino al 40% annuo in caso di evasione contributiva dolosa, altrimenti tassi più contenuti). Le banche prevedono interessi di mora contrattuali (che però non possono eccedere il tasso soglia d’usura) e commissioni di sollecito. Inoltre, quando il creditore attiva legali per il recupero, al debitore verranno addebitate le spese legali e processuali (nei limiti liquidadi dal giudice). Una volta notificato un atto di precetto o un pignoramento, si aggiungono ulteriori costi: contributo unificato, compenso dell’ufficiale giudiziario, eventuali spese di custodia, ecc. Tutto ciò rende spesso sconveniente “aspettare” senza reagire: prima si affronta il problema, minori saranno gli oneri accessori.

Una forma subdola di aggravio è il cumulo di interessi su interessi (anatocismo) che può avvenire nelle esposizioni bancarie: ad esempio, su un fido non rientrato, la banca può capitalizzare trimestralmente gli interessi dovuti. La disciplina vigente consente l’anatocismo solo in forma simmetrica e previa pattuizione (interessi creditori e debitori capitalizzati con stessa periodicità); in mancanza di valida pattuizione, il debitore può opporsi al pagamento degli interessi composti. Anche questa verifica rientra nelle possibili difese tecniche.

Segnalazioni e status del debitore insolvente

Il mancato pagamento di debiti finanziari comporta la segnalazione nelle centrali rischi private (CRIF, Experian etc. per importi minori) e pubbliche (Centrale Rischi Banca d’Italia per soglie oltre €30.000 o per categorie specifiche). Questa segnalazione di “cattivo pagatore” permane per alcuni anni e impedisce nei fatti di ottenere nuovo credito bancario. Anche il mero fatto di avere una cartella esattoriale iscritta a ruolo può risultare da banche dati e scoraggiare finanziatori. Inoltre, l’Agenzia Entrate–Riscossione, se deve riscuotere somme oltre una certa soglia, può iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore (basta un debito ≥ €20.000 per iscrivere ipoteca, pur senza procedere a esecuzione ). L’ipoteca viene registrata nei registri immobiliari ed è visibile a chiunque faccia un’ispezione, minando la reputazione commerciale del debitore.

Se l’igienista dentale è un soggetto giuridico (es. una SRL che gestisce uno studio) e versa in insolvenza, può subire l’iniziativa dei creditori per far dichiarare il fallimento (oggi liquidazione giudiziale). Tuttavia, come anticipato, è assai probabile che l’igienista rientri tra i soggetti non fallibili (professionista o imprenditore minore sotto le soglie di legge). In tal caso i creditori non potranno chiedere un fallimento, ma potranno procedere solo con esecuzioni individuali. Ciò evita l’immediata spossessamento tipica del fallimento, ma espone al “calvario” di pignoramenti multipli e scoordinati. Nel prossimo paragrafo vedremo come il debitore stesso ha la facoltà di attivare in alternativa una procedura unitaria di composizione della crisi (sovraindebitamento) per sfuggire all’aggressione disordinata.

Una nota sulla perdita di beni in garanzia: se un bene è dato in leasing o a titolo di garanzia (patto di riservato dominio, etc.), il mancato pagamento delle relative rate permette al creditore di riprendere il bene. Ad esempio, se l’igienista ha un autoclave o un riunito in leasing e sospende i pagamenti, la società di leasing potrà risolvere il contratto e chiedere la restituzione dell’apparecchiatura, trattenendo quanto già versato e pretendendo eventuali penali contrattuali. Tali beni non entrano neppure in eventuali procedure concorsuali se la risoluzione del contratto è avvenuta: è una conseguenza diretta del tipo di accordo stipulato.

Procedure esecutive e pignoramenti: cosa può essere aggredito

La vera preoccupazione per il debitore è l’azione esecutiva forzata: il pignoramento dei propri beni. Ricapitoliamo le forme di pignoramento che un igienista dentale con debiti può subire e i limiti imposti dalla legge a tutela di bisogni fondamentali.

  • Pignoramento immobiliare: il creditore (privato o pubblico) può iscrivere ipoteca e successivamente pignorare gli immobili di proprietà del debitore. Come già detto, l’Agenzia delle Entrate–Riscossione non può procedere sulla prima casa se è unico immobile e residenza del debitore (salvo che questi abbia altri immobili o il debito superi €120.000, caso in cui può agire su immobili diversi dalla prima casa oppure, se ve ne sono altri, anche sulla principale) . I creditori privati, invece, non hanno divieti: qualsiasi immobile di proprietà del debitore è pignorabile, indipendentemente dall’importo (perfino per pochi crediti, anche se l’economicità dell’azione funge da deterrente). Esistono tuttavia tutele indirette: se l’immobile pignorato è abitazione della famiglia del debitore, la procedura di esecuzione prevede tempi relativamente lunghi e la possibilità di chiedere al giudice soluzioni come l’assegnazione di una porzione al coniuge se ci sono minori, etc. Ma in linea generale, un immobile non ipotecato è a rischio di espropriazione una volta che il creditore ottiene un titolo esecutivo.
  • Pignoramento mobiliare presso il debitore: riguarda i beni mobili fisicamente presenti nella disponibilità del debitore (arredi, macchinari, denaro contante, oggetti di valore). Nel caso di un professionista, i beni d’ufficio o di studio potrebbero essere oggetto di pignoramento da parte dell’ufficiale giudiziario. La legge però prevede una serie di beni mobili impignorabili assolutamente (art. 514 c.p.c.) , tra cui gli strumenti, oggetti e libri indispensabili per l’esercizio della professione, arte o mestiere del debitore. Ciò significa che, ad esempio, l’unica poltrona odontoiatrica usata dall’igienista per lavorare, o gli strumenti clinici di base, non dovrebbero poter essere pignorati perché necessari alla sua attività (salvo che il creditore sia lo stesso fornitore di quei beni e vantasse un diritto di prelazione particolare). Oggetti come mobili e computer di ufficio, se essenziali, rientrano nella tutela. Ovviamente il concetto di “indispensabile” è valutato caso per caso: se l’ufficiale giudiziario trova apparecchiature non strettamente necessarie o in numero eccedente, potrebbe pignorarle. Restano sempre impignorabili i beni di uso domestico primario (letto, tavolo da pranzo, elettrodomestici di base, abbigliamento, alimenti) che spesso sono presenti anche nello studio professionale se promiscuo con l’abitazione . In pratica, il pignoramento mobiliare presso l’ufficio di un igienista ha margini ristretti, limitati a eventuali beni di valore non essenziali.
  • Pignoramento di autoveicoli: l’Agenzia delle Entrate Riscossione in genere utilizza il fermo amministrativo: per debiti oltre €800 può iscrivere un fermo sul veicolo del debitore, vietandone la circolazione (il che di fatto costringe a pagare se si vuole continuare a usare l’auto). Il fermo amministrativo, a differenza del pignoramento, non porta alla vendita automatica del mezzo ma è un vincolo al PRA. I creditori privati, invece, possono pignorare direttamente l’automobile: l’ufficiale notifica il pignoramento e invita a consegnare il veicolo per la vendita forzata. Nella prassi il pignoramento di auto avviene quando l’auto ha un buon valore; spesso i creditori preferiscono il fermo (che li tutela mettendo pressione) e aspettano che sia il debitore a farsi avanti. Anche qui, un veicolo indispensabile per l’attività lavorativa (es. un furgone attrezzato) potrebbe invocare la tutela degli strumenti di lavoro; ma la giurisprudenza non sempre riconosce l’auto come “bene strumentale indispensabile”, specie se trattasi di autovettura generica.
  • Pignoramento presso terzi (crediti del debitore): lo strumento più temuto è il pignoramento di somme dovute al debitore da parte di terzi, in primis stipendi, salari o pensioni, oppure conti correnti bancari. Un igienista dentale potrebbe non avere uno stipendio da lavoro dipendente (se autonomo), ma potrebbe percepire un reddito mensile sotto forma di compensi da studi dentistici con cui collabora. Se tali compensi sono formalizzati (es. con fatturazione regolare), non si tratta di “stipendio” in senso tecnico ma di crediti commerciali: il creditore può notificare il pignoramento direttamente allo studio dentistico debitore dell’igienista, pignorando le somme a lui dovute. Tuttavia questo caso è meno comune (i collaboratori odontoiatri raramente hanno crediti certi su cui terzi possano agire, spesso il rapporto è occasionale).

Più frequente è il pignoramento del conto bancario: tutti i creditori, pubblici o privati, possono pignorare il saldo di un conto intestato al debitore. Si noti che se sul conto affluiscono compensi professionali, questi, una volta depositati, perdono la natura di stipendio e possono essere pignorati integralmente (nei limiti della capienza). Fanno eccezione i depositi di stipendi/pensioni: la legge tutela il conto corrente su cui viene accreditato lo stipendio/pensione prevedendo che le somme accreditate prima del pignoramento siano pignorabili solo per la parte eccedente il triplo dell’assegno sociale (~1.500€), mentre le somme affluite dopo la notifica sono pignorate secondo le ordinarie percentuali sullo stipendio . In breve: se un igienista percepisse uno stipendio mensile come dipendente e questo venisse accreditato sul conto, un creditore pignorando il conto troverebbe intoccabile quanto equivale a circa €1.500 (salvaguardia del minimo vitale) e potrebbe vincolare l’eccedenza; inoltre, tutte le future mensilità sarebbero prelevate dalla banca nella misura autorizzata (di solito il 20%). Se però l’igienista non ha stipendio ma incassi da attività, questi tecnicamente non godono di quella protezione minima – anche se un giudice dell’esecuzione potrebbe valutare di lasciare una parte libera per le esigenze di vita.

Il pignoramento dello stipendio o pensione diretto (ossia presso l’ente erogatore, non sul conto) è disciplinato con precisione: i creditori privati e bancari possono pignorare al massimo un quinto (20%) del netto mensile ; il Fisco ha limiti ancora più favorevoli al debitore: 1/10 dello stipendio se questo è basso (fino ~€2.500), 1/7 se medio (fino ~€5.000), 1/5 se supera €5.000 . Quindi, se l’igienista fosse dipendente in una ASL con stipendio di €2.000, al massimo un creditore privato gli tratterrebbe €400 al mese, mentre l’Agenzia delle Entrate solo ~€200. La pensione, inoltre, è impignorabile per la parte corrispondente all’assegno sociale aumentato della metà (circa €750 ×1,5 = €1.125 nel 2025); la parte eccedente tale soglia segue le stesse regole di un normale stipendio. Queste norme garantiscono che il debitore conservi una quota di reddito sufficiente al sostentamento, evitando che i creditori lo privino di mezzi di vita.

Riassumiamo i limiti di pignorabilità dei beni principali in una tabella riepilogativa:

Bene/EntrataPignorabilità e limiti
Abitazione principale (unica casa)Impignorabile da Agenzia Entrate–Riscossione se vi risiede il debitore e non di lusso . Pignorabile da privati senza limiti di importo (ma non esistono soglie legali).
Altri immobili (se più di uno)Pignorabili sia dal Fisco (se debito > €120.000) che da privati. Il Fisco può iscrivere ipoteca oltre €20.000 di debito anche senza pignorare .
Beni mobili essenziali (arredi, strumenti di lavoro, oggetti personali)Impignorabili se rientrano nell’art.514 c.p.c.: strumenti indispensabili per professione, letto, vestiti, frigorifero, cucina, ecc. . Altri beni mobili sono pignorabili, ma l’UF può lasciare quelli di modesto valore in caso di eccessiva onerosità.
Autoveicoli e motoPignorabili da privati (con successiva vendita all’asta). Il Fisco attua di regola il fermo amministrativo (divieto di circolazione) oltre €800 di debito, invece del pignoramento diretto. L’auto strumentale al lavoro è generalmente considerata pignorabile, salvo sia l’unico mezzo di lavoro e ciò sia dimostrabile .
Conto corrente bancarioPignorabile per l’intero saldo disponibile al momento della notifica (se cointestato, si presume metà saldo del debitore). Eccezione: su conto dove affluisce stipendio/pensione, le somme antecedenti al pignoramento sono impignorabili fino a 3×assegno sociale (~€1.500) ; le somme accreditate dopo, pignorate come da regole stipendio.
Stipendio o salario (da lavoro dipendente)Pignorabile alla fonte nei limiti: 1/5 per crediti ordinari; cumulo massimo di metà stipendio se ci sono più pignoramenti concorrenti (es. uno per alimenti e uno per banche). Se pignorato da Agenzia Entrate–Riscossione: 1/10 se stipendio ≤ €2.500, 1/7 se €2.500–5.000, 1/5 sopra €5.000 . Non pignorabile per legge la parte di stipendio minima vitale (assegno sociale ~€574 mensili nel 2025).
PensioneStesse percentuali dello stipendio sul netto eccedente la soglia impignorabile. Soglia impignorabile: 1,5×assegno sociale (~€860 mensili nel 2025, valore aggiornato annualmente).
Crediti professionali (compensi dovuti da terzi)Pignorabili senza soglie, come crediti chirografari generici. Se un datore di lavoro o un cliente deve pagare l’igienista, il creditore del medesimo può pignorare tali somme presso il terzo debitore. Non si applicano direttamente le tutele dello “stipendio” perché trattasi di rapporto autonomo, ma il giudice può ispirarsi ad esse nel graduare la cessione forzata di crediti futuri.

Nota: la tabella semplifica le regole principali al 2025. Vi possono essere ulteriori dettagli (es. piani di accumulo in conto corrente, limite metà dello stipendio se concorrono cause diverse – alimenti, tributi, ecc.), ma queste sono le disposizioni generali. In ogni caso, il giudice dell’esecuzione mantiene un margine di valutazione e può provvedere a evitare esiti eccessivamente gravosi (ad esempio può sospendere un’esecuzione per gravi motivi su istanza del debitore, o ridurre una trattenuta in casi eccezionali).

Rischio di azioni legali collettive e concorsuali

Se l’indebitamento è elevato e coinvolge più creditori, il debitore rischia un’aggressione collettiva. Per imprenditori soggetti a fallimento, i creditori possono presentare istanza di fallimento: nel caso di un professionista come il nostro igienista dentale, probabilmente non fallibile (perché non esercita attività commerciale in forma d’impresa o, se sì, resta sotto le soglie di legge ), questa eventualità è scongiurata. Tuttavia, i creditori potrebbero tentare di coordinarsi (ad esempio più creditori potrebbero intervenire nella stessa procedura esecutiva immobiliare). Inoltre, dall’entrata in vigore del Codice della Crisi, esistono meccanismi di allerta e composizione negoziata della crisi per le imprese commerciali, non applicabili al lavoratore autonomo puro ma eventualmente rilevanti se l’igienista operasse in forma societaria. Tali meccanismi prevedono la nomina di un esperto che assiste l’imprenditore nel risanamento, prima che i creditori agiscano giudizialmente.

Nel contesto attuale, lo strumento principale che ha il debitore “civile” per gestire una crisi debitoria multi-creditore è attivare egli stesso una procedura concorsuale di sovraindebitamento (vd. infra). Così facendo, può bloccare le esecuzioni in corso e trattare la crisi in un alveo ordinato e unitario, evitando la “corsa al patrimonio” da parte dei creditori.

Conseguenze penali dell’inadempimento

In linea di principio, l’insolvenza civile non è un reato. Nessuno può essere incarcerato solo perché non paga i debiti (il divieto di pene detentive per inadempimenti contrattuali è sancito dall’art. 25 Cost. e art. 6 CEDU). Tuttavia, alcune condotte connesse al mancato pagamento di particolari debiti integrano figure di reato specifiche. È importante che il debitore ne sia consapevole per evitare di incorrervi e per capire quando la propria posizione potrebbe aggravarsi sotto il profilo penale. Elenchiamo i principali reati legati ai debiti (che tratteremo meglio più avanti):

  • Reati tributari di omesso versamento: omesso versamento di IVA (art. 10-ter D.Lgs. 74/2000) per importi superiori a €250.000 annui, e omesso versamento di ritenute dovute o certificate (art. 10-bis D.Lgs. 74/2000) oltre €150.000 annui. Un igienista dentale potrebbe incorrervi se, ad esempio, avesse addebitato IVA ai pazienti (ipotesi rara, poiché molte prestazioni sanitarie sono esenti IVA) o a partner commerciali e poi non l’avesse versata per importi enormi, oppure se avesse trattenuto IRPEF su stipendi di dipendenti senza versarla in misura rilevante. In caso di crisi di liquidità, è noto che molti imprenditori omettono i versamenti fiscali: la legge punisce penalmente solo i casi sopra soglie alte, lasciando gli importi minori a sanzioni amministrative . Le soglie attuali (250k IVA, 150k ritenute) sono state aumentate rispetto al passato, rendendo più difficile la configurazione del reato per i professionisti piccoli. Tuttavia, se si superano, la punibilità scatta con pene fino a 2 anni di reclusione. Si tratta di reati omissivi che si consumano decorso un termine (ad esempio, per l’IVA il 18esimo mese successivo all’anno d’imposta). Il debitore in difficoltà dovrebbe evitare di trovarsi in tali scenari, valutando magari una rateizzazione in tempo utile (il versamento anche parziale prima della scadenza del termine può evitare la punibilità, e in alcuni casi il pagamento integrale entro la dichiarazione successiva estingue il reato).
  • Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte: art. 11 D.Lgs. 74/2000. È il classico reato di chi nasconde o froda i propri beni per non farli trovare dal Fisco. Ad esempio, vendere simulatamente la casa al parente per evitare l’ipoteca o trasferire tutti i fondi a terzi mentre si hanno grossi debiti fiscali. Se il debito tributario è già oggetto di accertamento esecutivo o di cartella e il contribuente compie atti dispositivi con dolo specifico di evadere il pagamento, incorre in questo reato (punito con la reclusione fino a 4 anni) . L’elemento “fraudolento” è fondamentale: vendite a prezzo di mercato per pagare altri debiti, o atti giustificati, non integrano reato; ma creare un fondo patrimoniale fittizio o simulare la cessione dell’unico immobile sì . Un igienista dentale in debito con l’erario deve quindi astenersi dal fare “sparire” i propri averi pensando di farla franca: oltre a poter subire un’azione revocatoria in sede civile, rischierebbe un procedimento penale.
  • Insolvenza fraudolenta: art. 641 c.p. Si realizza quando qualcuno contrae un’obbligazione non adempiuta, occultando il proprio stato di insolvenza. È un reato previsto per chi ottiene beni o servizi facendo credere di essere solvibile, mentre in realtà è già in decozione. Ad esempio, se l’igienista, già oberato di debiti e prossimo al default, continua a ordinare forniture o ad accettare prestazioni sapendo di non poterle pagare, e poi non paga, potrebbe essere accusato di insolvenza fraudolenta. La punibilità qui è limitata: occorre che vi sia una sentenza civile che accerti lo stato di insolvenza (proclamato in sede di esecuzione), oppure che l’insolvenza sia desumibile da altri atti. La pena è piuttosto lieve (fino a 2 anni di reclusione, perseguibile a querela della parte offesa). Non è un reato comunemente perseguito a meno di condotte veramente dolose, ma la sua esistenza ricorda che indebitarsi in mala fede può avere rilievo penale.
  • Emissione di assegni a vuoto: rilasciare assegni bancari senza copertura non è più un reato dal 2002 (in precedenza lo era), ma comporta sanzioni amministrative (multa e interdizione da emettere assegni) e l’iscrizione al CAI (Centrali Allarme Interbancaria). Quindi, se l’igienista avesse emesso assegni per pagare fornitori poi risultati non pagati per mancanza fondi, non andrà in carcere ma subirà il protesto e il divieto di emettere altri assegni per 2 anni, oltre a dover pagare una penale pari al 10% dell’importo. Pagando l’assegno nei 60 giorni (più penale e spese) si evita la sanzione amministrativa. Dunque niente reato, ma un danno alla reputazione e limitazioni bancarie significative.
  • Omesso versamento di contributi previdenziali dei dipendenti: fattispecie particolare prevista dall’art. 2 comma 1-bis L. 638/1983: se il datore omette di versare alle casse previdenziali le ritenute operate sulle retribuzioni per un importo superiore a €10.000 annui, e non vi provvede entro il termine di tre mesi dalla contestazione, commette reato punito con arresto fino a 3 anni o multa. Questo può riguardare l’igienista datore di lavoro che non versa i contributi dei propri dipendenti. È un reato estinguibile col pagamento integrale di quanto dovuto prima del giudizio, ma resta un grosso rischio: in una situazione di crisi, la tentazione di non pagare contributi per pagare altri costi può portare a questa violazione. Lo Stato tutela i contributi dei lavoratori anche penalmente.
  • Reati fallimentari o concorsuali: sebbene un professionista non fallibile di norma non possa commettere i tipici reati di bancarotta (che presuppongono l’apertura di una procedura fallimentare), il nuovo Codice della Crisi ha esteso talune ipotesi di reato anche alle procedure di sovraindebitamento. In particolare l’art. 344 CCII punisce una serie di condotte fraudolente compiute dal debitore sovraindebitato al fine di accedere o di gestire scorrettamente le procedure minori . Ad esempio: aggravare dolosamente la propria esposizione o frodare i creditori prima di presentare il piano (incrementando fittiziamente il passivo, omettendo beni attivi, simulando crediti inesistenti) è reato ; presentare documentazione contabile falsa o alterata o distruggere nascondere le scritture prima o durante la procedura è reato ; violare gli obblighi del piano omologato effettuando pagamenti non autorizzati a taluni creditori in pregiudizio di altri è reato ; aggravare la posizione debitoria dopo aver presentato la domanda (ad esempio contrarre nuovi debiti che si sanno impagabili) è reato ; non rispettare i contenuti del piano (ad esempio non versare le somme promesse ai creditori) con dolo può configurare reato . Si tratta di fattispecie ispirate alla bancarotta fraudolenta, calibrate sui sovraindebitati, con pene che variano (fino a 2 anni per molte di esse). L’igienista che intende avvalersi delle procedure concorsuali deve quindi operare con la massima trasparenza e correttezza: qualsiasi furbizia o inganno ai danni dei creditori in sede di procedura può sfociare in conseguenze penali. L’art. 344 CCII è un monito a usare questi strumenti in buona fede, riservando al debitore non punibile la possibilità di un fresh start, ma colpendo chi ne abusa fraudolentemente.

In sintesi, non si va in prigione per i debiti in sé, ma alcuni comportamenti che ruotano attorno ai debiti sì. Un igienista dentale con debiti dovrebbe: evitare accuratamente di superare soglie di omissione fiscali penalmente rilevanti (anche chiedendo dilazioni prima delle scadenze critiche), non porre in essere atti di occultamento del patrimonio “last minute” di natura simulata, e agire con lealtà se intraprende una soluzione concordata. Così facendo si terrà lontano da quasi tutti i rischi penali, fatta salva l’ipotesi di crisi aziendale con dipendenti non pagati (in cui, se proprio impossibilitato a pagare i contributi, documenti almeno la sua condizione e cerchi di rimediare entro i termini per evitare la condanna).

Soluzioni stragiudiziali per gestire e ridurre i debiti

Di fronte a una situazione debitoria grave, prima di ricorrere a procedure concorsuali o farsi travolgere dalle esecuzioni, il debitore può tentare soluzioni stragiudiziali, ovvero accordi e strumenti di natura volontaria o amministrativa per regolarizzare la propria posizione. Tali soluzioni mirano a evitare il contenzioso giudiziario, diluire l’esborso nel tempo o ridurre l’importo dovuto attraverso trattative. Esaminiamo le principali strade percorribili da un igienista dentale indebitato:

  1. Rateizzazione dei debiti fiscali e contributivi (dilazione di pagamento) – tramite Agenzia Entrate–Riscossione o enti creditori.
  2. Accordi a saldo e stralcio con creditori finanziari o commerciali – negoziazioni private per chiudere i debiti con uno sconto.
  3. Consolidamento o rifinanziamento – ottenere nuovi prestiti per pagare quelli vecchi (difficile in situazione di insolvenza conclamata, ma possibile con garanti o interventi esterni).
  4. Interventi di enti assistenziali o antiusura – ad esempio il Fondo di prevenzione dell’usura o il supporto di confidi e associazioni di categoria.
  5. Transazione fiscale e contributiva – strumento formalizzato all’interno o all’esterno delle procedure, che consente di ridurre sanzioni e interessi (in contesti specifici).

Vediamo punto per punto come funzionano.

Rateizzazioni e piani di rientro con il Fisco e gli enti pubblici

La soluzione più immediata per un debito verso l’Erario o l’INPS è chiedere una rateizzazione. La normativa sulla riscossione concede ampie possibilità di dilazione dei pagamenti iscritto a ruolo (cartelle) o accertati. Attualmente, grazie a modifiche introdotte dal 2022, la procedura è notevolmente semplificata:

  • Importi fino a €120.000: la rateizzazione è concessa in via automatica, senza necessità di documentare lo stato di difficoltà . Basta presentare l’istanza a Agenzia Entrate–Riscossione (anche online) indicando il numero di rate desiderate. Si possono ottenere piani fino a 72 rate mensili (6 anni) ordinariamente, e – in base a recenti disposizioni transitorie – anche piani più lunghi: ad esempio 84 rate per richieste fatte nel 2025-2026, 96 rate per quelle nel 2027-2028, fino a 120 rate per il 2029 in poi . Questa gradualità è frutto di novità normative (cd. “Decreto Milleproroghe 2023” e riforme successive) che intendono agevolare i debitori post-pandemia. In ogni caso, fino a 6 anni la concessione è di fatto automatica.
  • Importi superiori a €120.000: per debiti maggiori occorre documentare la temporanea situazione di obiettiva difficoltà. Per persone fisiche e ditte individuali semplificate, ciò si fa con l’ISEE familiare; se l’ISEE risulta basso in rapporto alla rata “teorica” (oltre il 20% del reddito mensile familiare), la dilazione straordinaria è concessa . Per imprese contabili, si usano indici finanziari di bilancio. Una volta provata la difficoltà, si può ottenere fino a 120 rate mensili (10 anni) – cd. dilazione straordinaria – se il piano ordinario a 72 rate non è sostenibile . L’Agente della riscossione valuta la domanda secondo parametri di legge (DM 6/11/2013 per piani straordinari).
  • Decadenza e riammissione: un debitore decade dal beneficio della rateazione se non paga 8 rate anche non consecutive (regola ampliata dal 2022, prima erano 5 rate) . Tuttavia, dopo la decadenza può chiedere una nuova dilazione saldando prima le rate scadute non pagate . L’attuale normativa consente quindi una certa flessibilità: anche se si salta qualche rata, non si decade subito e c’è possibilità di rimediare.
  • Effetti della rateazione: presentare l’istanza di rateizzazione blocca le azioni esecutive future e sospende i termini di prescrizione . Se la richiesta è accolta e si paga la prima rata, eventuali pignoramenti in corso (tranne quelli già conclusi con assegnazione o vendita) vengono estinti di diritto . Inoltre, finché si è regolari con le rate, Agenzia Entrate–Riscossione non può iscrivere nuovi fermi o ipoteche . Questo offre un respiro al debitore: ad esempio, un igienista con cartelle esattoriali che ottiene il piano in 10 anni sarà al riparo da incanti di immobili o pignoramenti di stipendio, a patto di rispettare il piano.
  • Importo delle rate: di solito il piano di 72 rate è equidistribuito (ogni rata = debito/72 + interessi dilazione). Esiste la facoltà di chiedere rate crescenti annualmente. L’importo minimo di ogni rata per legge è €50 , per evitare piani polverizzati eccessivamente. Va considerato che sulle rate vengono applicati interessi di dilazione (tasso annuo determinato dal MEF, intorno al 3-4%). Nel 2023-2025 il tasso è contenuto (2-4% circa), per cui la dilazione è relativamente poco onerosa.
  • Come richiedere: l’istanza si presenta online tramite il portale AER (servizio “Rateizza adesso”) per importi ≤ €120.000 , oppure via PEC con modulo e documenti per importi maggiori o piani straordinari . Il debitore può scegliere il numero di rate (entro il massimo consentito). Conviene in genere chiedere il massimo delle rate per ridurre la rata mensile, sapendo che può sempre estinguere anticipatamente se le cose migliorano.

Per l’INPS e altri enti, la disciplina è analoga: l’INPS concede dilazioni su avvisi bonari e avvisi di addebito, di regola in 24 rate (2 anni) estensibili a 36; in caso di debiti maggiori, può arrivare a 60 rate in situazioni gravi. Le regole INPS richiedono un Durc regolare per l’azienda se vuole usufruire di benefici, ma per il professionista senza dipendenti il meccanismo è meno stringente.

Conclusione: la rateizzazione è quasi sempre consigliabile come prima mossa. Se l’igienista ha debiti fiscali/previdenziali e liquidità limitata, chiedere 6-10 anni di tempo mette al riparo da misure aggressive e concede spazio per riorganizzarsi. Naturalmente, occorre poi riuscire a pagare le rate: se l’indebitamento è talmente alto da rendere impossibile anche la rata più lunga, bisognerà valutare una soluzione più incisiva (accordi con decurtazione o procedure concorsuali). Ma intanto il piano di dilazione evita il collasso immediato. Da notare che attualmente (post riforma 2022) fino a €120mila non è nemmeno richiesto di provare la difficoltà : quindi un professionista può chiedere la dilazione prima ancora di cadere in insolvenza conclamata, semplicemente perché preferisce diluire un importo rilevante.

Per completezza, ricordiamo le misure di Definizione agevolata (“rottamazione”) periodicamente offerte. Nel 2023 era in corso la rottamazione-quater: consentiva di pagare le cartelle dal 2000 al 30/6/2022 senza sanzioni né interessi di mora, in un massimo di 18 rate (5 anni) . Il termine di adesione è scaduto il 30 aprile 2023, ma il Decreto Milleproroghe 2025 ha riaperto i termini per chi era decaduto, fino al 30 aprile 2025 . Inoltre, si discute di una possibile rottamazione-quinto nel 2026 . Un igienista dentale dovrebbe tenersi informato su queste opportunità: ad esempio, se avesse cartelle relative a IRPEF o IVA, tramite la definizione agevolata potrebbe risparmiare il 100% delle sanzioni (pagando solo imposta e interessi legali ridotti al 2%). In alcuni casi vi sono stati anche “saldo e stralcio” fiscali per contribuenti in difficoltà (ad esempio nel 2019, con ISEE < €20.000, si potevano estinguere cartelle fino €100.000 pagando tra il 16% e il 35% a seconda dell’ISEE). Tali misure non sono strutturali, ma rappresentano un condono mirato per ridare fiato a soggetti in grave crisi. Vanno colte quando disponibili.

Accordi transattivi con banche e creditori privati (saldo e stralcio)

Diverso è l’approccio con i creditori privati (banche, finanziarie, fornitori). Qui non esiste una “legge di rateizzazione” generale: tutto dipende dalla negoziazione. Un debitore può e deve farsi proattivo nel contattare i creditori per trovare un accordo prima che questi agiscano giudizialmente. Le forme principali di accordo sono:

  • Piano di rientro extragiudiziale: il debitore riconosce il debito e concorda con il creditore una dilazione su misura. Ad esempio, l’igienista può promettere al fornitore di pagargli €500 al mese per 12 mesi in modo da saldare la fattura di €6.000. Spesso il creditore mette per iscritto l’accordo (meglio redigerlo come scrittura bilaterale) e sospende le azioni legali finché il debitore rispetta le scadenze. È importante che il debitore chieda in cambio al creditore di non iscrivere ipoteche o intraprendere procedure, e magari di rinunciare agli interessi futuri se le rate sono onorate.
  • Saldo e stralcio (transazione a saldo): il debitore, magari con l’aiuto di terzi finanziatori (un parente, un acconto su future competenze, ecc.), offre al creditore un pagamento immediato e definitivo di un importo inferiore al dovuto, a condizione che questi rinunci al resto del credito. Ad esempio, su un debito di €10.000 con una banca per un prestito non pagato, l’igienista propone di corrispondere subito €4.000 come saldo finale e la banca rinuncerà a pretendere altro (stralcio del 60%). Questa soluzione è efficace se il creditore teme di non recuperare nulla inseguendo il debitore insolvente: preferisce accontentarsi di una parte subito (better than nothing). Molte finanziarie e banche accettano saldi stralcio su posizioni in sofferenza da tempo – talvolta con percentuali anche inferiori al 50%, dipende da quanto ritengono recuperabile altrimenti. È essenziale formalizzare l’accordo per iscritto, con clausola che il pagamento concordato “libera integralmente” il debitore.
  • Rinegoziazione del debito: specialmente con banche, si può tentare di rinegoziare i termini del prestito. Ad esempio, allungare la durata del mutuo per abbassare la rata (c.d. piano di ammortamento progressivo). Oppure, convertire fidi scaduti in mutui rateali. Le banche in genere preferiscono mantenere in bonis il cliente, quindi se capiscono che un piccolo aggiustamento consente al debitore di riprendere i pagamenti, sono propense. Alcune misure di legge hanno facilitato ciò: ad esempio la Moratoria COVID, o il Fondo di Garanzia PMI che consente di garantire rinegoziazioni con allungamento. Un igienista può non rientrare nella definizione PMI, ma come “piccolo imprenditore” potrebbe.
  • Intervento di terzi: alle volte la famiglia del debitore interviene. Un parente potrebbe accollarsi il debito (ad esempio facendo un mutuo a suo nome per pagare i creditori dell’igienista). Questo risolve immediatamente l’esposizione del debitore ma trasferisce l’onere al terzo, quindi non è una vera remissione ma una soluzione personale. È da considerare però come un’opzione nell’ambito delle trattative: se un genitore è disposto a pagare il 30% dei debiti del figlio igienista pur di sistemare, conviene farlo entro un accordo di saldo e stralcio con liberatoria.

Durante le negoziazioni è utile farsi assistere da un legale o un esperto, sia per presentare in modo convincente la propria situazione di difficoltà (documentando magari il calo di reddito, le altre esposizioni, ecc., per convincere il creditore che è meglio chiudere a stralcio che aggredire un soggetto impoverito) sia per evitare di concedere riconoscimenti di debito incondizionati che poi, se la trattativa salta, possano danneggiare. In genere il contatto iniziale può farlo il debitore stesso, con toni collaborativi: mai sparire o tacere. Un creditore privato, se ignorato, quasi certamente passerà alle vie legali. Se invece si mostra la volontà di pagare qualcosa e la buona fede, il creditore attenderà e magari si accorderà.

Tip: Nella proposta di saldo e stralcio, è spesso efficace far leva sugli scenari alternativi: ad esempio comunicare: “Se non accettate, sarò costretto a chiedere una procedura di sovraindebitamento, e in quel caso recupererete ancora meno e in molto tempo.” Questa non deve suonare come minaccia ma come realtà: molti creditori privati, conoscendo la Legge 3/2012 o avendo esperienze, sanno che se il debitore avvia un piano del consumatore o similare, potrebbero dover accettare percentuali inferiori. Quindi possono preferire un accordo bonario e immediato, senza passare dal tribunale. È il concetto del “brutto e subito”: incassare adesso una somma ridotta, piuttosto che forse incassare di più fra anni o forse niente.

Anche con l’Agenzia delle Entrate e l’INPS esiste lo strumento della transazione fiscale e contributiva (art. 182-ter L.Fall., ora trasfuso nel Codice della Crisi per concordati e accordi). Fuori dalle procedure concorsuali, però, l’Amministrazione finanziaria non fa sconti individuali – tranne nelle definizioni agevolate di carattere generale. Significa che non si può andare autonomamente dall’Agenzia Entrate a dire “accettate il 50% delle imposte che vi devo”: non esiste base legale per farlo accettare solo al proprio caso, a meno di situazioni di insolvenza nell’ambito di un concordato preventivo o accordo di ristrutturazione omologato dal tribunale. Quindi lo stralcio dei tributi avviene o con leggi ad hoc (pace fiscale) o dentro procedure concorsuali. Allo stesso modo l’INPS può in un concordato accettare una falcidia sui propri crediti contributivi, ma in via stragiudiziale difficilmente formalizzerà sconti (può tutt’al più rinunciare a sanzioni se c’è una norma di condono).

Riassumendo, le soluzioni stragiudiziali sono preferibili come primo tentativo: mantengono il controllo al debitore, evitano pubblicità e costi di procedura, e possono preservare i rapporti (un fornitore pagato al 30% ma subito potrebbe continuare a lavorare col debitore risanato). Tuttavia, se i debiti sono troppo ingenti rispetto alle capacità di rimborso, o se alcuni creditori non ne vogliono sapere di accordi, sarà necessario passare a strumenti più incisivi giudiziali. In tal caso entra in gioco la legge sul sovraindebitamento, che esaminiamo nella sezione seguente.

Consolidamento dei debiti e prevenzione dell’usura

Un breve cenno merita l’ipotesi di consolidamento debiti: consiste nel contrarre un nuovo finanziamento (spesso garantito, ad esempio da un immobile o con fideiussione di terzi) per estinguere tutte le posizioni debitorie frammentate, restando così con un unico debito verso un solo finanziatore con una rata più sostenibile. Molte finanziarie pubblicizzano prestiti di consolidamento. In pratica, questo è fattibile però solo se il debitore non è ancora classificato come cattivo pagatore e se ha garanzie da offrire: in situazioni avanzate di insolvenza è utopico che una banca presti altri soldi. Tuttavia, se i problemi sono ancora agli inizi (ad esempio qualche rata saltata ma nessuna segnalazione grave) e l’igienista ha un immobile su cui iscrivere ipoteca o un garante, potrebbe valutare di unificare i debiti con una surroga o un rifinanziamento ipotecario a lungo termine. Si sconsiglia tuttavia di ipotecare la prima casa se non si è ragionevolmente certi di poter poi sostenere il mutuo: si rischierebbe di trasformare debiti chirografari in debiti con garanzia reale, mettendo a repentaglio la casa, che altrimenti potrebbe essere preservata (ricordiamo: prima casa non ipotecata è impignorabile dal Fisco e raramente attaccata dai privati; se invece la si ipoteca volontariamente per un mutuo di consolidamento, la banca potrà escutere). Quindi il consolidamento è arma a doppio taglio e va ponderata da un consulente finanziario esperto.

Per quanto riguarda la prevenzione dell’usura, è nota la piaga di imprenditori in crisi che finiscono vittime di usurai. Per evitare ciò, esiste un Fondo di prevenzione usura gestito tramite convenzioni con alcune fondazioni e confidi (legge 108/1996): in sostanza, se un soggetto sovraindebitato è a rischio usura (cioè nessuna banca lo finanzia più e potrebbe rivolgersi a strozzini), può rivolgersi a una Fondazione antiusura accreditata. Questa, valutato il caso, può garantire un prestito bancario ad hoc per sistemare i debiti. I fondi sono limitati e i criteri stringenti (bisogna dimostrare la capacità futura di restituire il nuovo prestito, e che con esso si esce dalla crisi), ma è una risorsa da considerare per debiti medio-piccoli. Anche le Camere di Commercio a volte offrono servizi di composizione amichevole delle crisi (ad esempio camere arbitrali o ADR per negoziare con più creditori, fuori dalle procedure formali).

Le procedure di sovraindebitamento (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza)

Se le soluzioni stragiudiziali non bastano o non sono attuabili, l’ordinamento italiano mette a disposizione dei debitori civili e dei piccoli imprenditori le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, introdotte originariamente con la Legge 3/2012 e oggi regolate dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, entrato in vigore a pieno regime dal 15 luglio 2022). Si tratta di procedure concorsuali “minori” destinate a chi non può fallire (consumatori, professionisti, imprenditori sotto soglia, start-up innovative, enti non profit, ecc. ) e a imprenditori che, pur fallibili, scelgono percorsi alternativi al fallimento. L’igienista dentale rientra certamente tra i soggetti ammessi: come professionista è equiparato a un “imprenditore minore” ai fini della legge (se opera in forma individuale) o comunque, non superando in genere le soglie dimensionali (attivo €300k, ricavi €200k, debiti €500k ), rimane nel campo del sovraindebitamento.

Le procedure di sovraindebitamento permettono al debitore di raggiungere un accordo con i creditori o di ottenere l’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui) tramite l’intervento del tribunale, anche senza il consenso di tutti i creditori. Sono quindi strumenti potentissimi per chi è schiacciato dai debiti: permettono di uscire dalla situazione di insolvenza in modo ordinato e definitivo, sacrificando il proprio patrimonio disponibile ma salvaguardando la dignità e offrendo la famosa seconda chance . In particolare, l’obiettivo finale del debitore è spesso l’esdebitazione, cioè la liberazione dai debiti non pagati al termine della procedura (simile alla discharge anglosassone). Questa liberazione avviene automaticamente in alcune procedure (piani e concordati, a condizione di soddisfarne i termini) oppure tramite specifico provvedimento del giudice (nelle liquidazioni controllate e in una speciale procedura a costo zero per il debitore incapiente). Approfondiremo questo aspetto cruciale.

Con la riforma del Codice della Crisi, le procedure previste sono sostanzialmente le seguenti:

  • Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (in breve piano del consumatore): riservato a persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale. È l’evoluzione del vecchio “piano del consumatore” della L.3/2012. In questa procedura il debitore consumatore propone un piano di pagamento dei debiti sostenibile rispetto al proprio reddito, senza bisogno del voto dei creditori – decide il giudice sull’omologazione, valutando la fattibilità e la meritevolezza del debitore . È quindi uno strumento molto protettivo per il debitore “onesto ma sfortunato” che ha fatto debiti personali (es. familiari, medici, ecc.) e ora non riesce a pagarli.
  • Concordato minore: riservato a imprenditori, professionisti e altri soggetti non fallibili che hanno debiti legati all’attività economica. È l’equivalente del vecchio “accordo di composizione dei debiti” ex L.3/2012, ma con meccanismi rinnovati. Nel concordato minore il debitore propone ai creditori un piano che può prevedere anche la continuazione dell’attività, e diventa efficace se ottiene l’adesione di almeno il 50% dei crediti (maggioranza per teste o per somme? – per somme, ossia metà dell’ammontare dei crediti) . Il tribunale poi omologa, rendendo vincolante l’accordo per tutti i creditori, anche dissenzienti. Qui c’è quindi una votazione, a differenza del piano del consumatore. In compenso è aperto a debiti “da partita IVA”.
  • Liquidazione controllata del sovraindebitato: evoluzione della vecchia “liquidazione del patrimonio” ex L.3/2012. È una procedura liquidatoria, in cui tutto il patrimonio del debitore (salvo le cose impignorabili) viene liquidato (venduto) da un liquidatore nominato dal giudice, e il ricavato distribuito proporzionalmente ai creditori. Si applica quando il debitore lo richiede – se non è in grado di offrire un piano sostenibile – o quando un piano/concordato proposto fallisce o è inammissibile. È analoga al fallimento (ora liquidazione giudiziale) ma per soggetti minori: c’è spossessamento dei beni, ma con alcune cautele. Ad esempio, la durata della liquidazione controllata è limitata: in base ai principi di sovraindebitamento, dovrebbe concludersi entro 3 anni dalla sua apertura (un termine posto per evitare procedure senza fine; talora prorogabile). Al termine della liquidazione, il debitore persona fisica ha diritto all’esdebitazione dei debiti non soddisfatti, salvo eccezioni.
  • Esdebitazione del debitore incapiente (detta anche esdebitazione a zero o senza utilità): questa è una novità introdotta a fine 2020 e confermata dal Codice . Consente al debitore persona fisica meritevole, che non è in grado di offrire ai creditori alcuna utilità nemmeno futura, di ottenere la cancellazione totale dei debiti residui una volta nella vita, senza bisogno di aprire una liquidazione formale . In pratica, il debitore nullatenente e senza reddito, intrappolato dai debiti, può chiedere al tribunale di dichiararlo esdebitato subito. Ci sono però condizioni stringenti: assenza di atti in frode, mancanza di dolo o colpa grave nel causare l’indebitamento (meritevolezza) e l’obbligo per 4 anni successivi di comunicare ai creditori e versare eventuali utilità sopravvenute se permetterebbero di pagare almeno il 10% del dovuto . Questa procedura non coinvolge i creditori attivamente (non c’è voto né massa attiva da ripartire, perché appunto non c’è patrimonio), ma consente al debitore di ripartire da zero, soggetto a un periodo di “osservazione” di quattro anni durante il quale se gli arrivano soldi rilevanti deve comunque pagare i creditori fino a concorrenza di quel 10%. È pensata come estrema ratio per chi è davvero al tracollo definitivo.

Vediamo ora dal punto di vista pratico cosa deve fare l’igienista dentale che intenda avvalersi di queste procedure e quali sono le differenze salienti.

Innanzitutto, il debitore deve rivolgersi a un OCC – Organismo di Composizione della Crisi (generalmente istituito presso gli Ordini professionali o le Camere di Commercio) presente nella propria provincia. L’OCC mette a disposizione un Gestore della crisi, una figura professionale (spesso un commercialista o avvocato qualificato) che aiuterà il debitore a predisporre la proposta di piano o la domanda di liquidazione. Il Gestore funge anche da attestatore e da ausilio del tribunale: verifica la veridicità dei dati, prepara una relazione sulla causa dell’indebitamento e sul comportamento del debitore, e nel corso della procedura vigila sull’esecuzione.

Il ruolo del tribunale: le procedure si svolgono sotto l’egida del tribunale competente (di norma, Tribunale del luogo di residenza del debitore). Il tribunale dichiara aperta la procedura, nomina il giudice delegato e l’OCC (se non già designato) e infine omologa il piano o approva la liquidazione. È tutto in sede civile non contenziosa, con tempi variabili (solitamente qualche mese per arrivare all’omologa di un piano, salvo opposizioni dei creditori che possono allungare i tempi).

Condizioni di ammissibilità: il debitore non deve aver già utilizzato queste procedure nei 5 anni precedenti (per evitare abusi seriali). Inoltre, non deve aver subito provvedimenti di revoca di omologa per dolo o frode nei confronti dei creditori. Questi paletti servono a garantire che l’accesso sia riservato a chi non ha abusato in passato dello strumento.

Il principio della meritevolezza: era già presente nella L.3/2012 per il piano del consumatore. Il Codice della Crisi lo mantiene ma con criteri più favorevoli al debitore rispetto al passato: oggi è richiesto sostanzialmente che il debitore non abbia commesso frodi o colpe gravi nella formazione dell’indebitamento . Sono spariti i vecchi criteri rigidi come l’aver assunto debiti sproporzionati alle proprie capacità patrimoniali senza ragionevoli prospettive di adempimento (il “triplice test” abrogato) . In pratica, non serve più essere stati perfetti e prudentissimi gestori, basta non aver agito con dolo malafede grave. La Cassazione ha chiarito nel 2023 che questa nuova valutazione di meritevolezza (ex art. 69 CCII) dev’essere considerata in modo complessivo e dinamico, guardando alla globalità degli eventi e non al singolo debito contratto senza prospettiva . Dunque un consumatore sovraindebitato non è automaticamente “non meritevole” solo perché ha fatto ricorso eccessivo al credito o contratto un finanziamento poi rivelatosi insostenibile; conta piuttosto che non abbia volutamente frodato i creditori o avuto un atteggiamento gravemente colposo (es. sperperato il denaro in giochi d’azzardo in modo inconsulto, salvo casi particolari di patologia). Questo favorisce l’ammissione alle procedure e supera una certa rigidità del passato . Anche nel concordato minore la legge richiede la dichiarazione delle cause di indebitamento e l’assenza di frodi, ma non c’è un veto automatico in caso di imprudenza (saranno i creditori, semmai, a votare contro se ritengono il debitore scellerato). Per la esdebitazione incapiente, la legge richiede espressamente che il debitore sia “meritevole” e il giudice verifica “assenza di atti in frode e mancanza di dolo o colpa grave nella formazione dell’indebitamento” . Quindi la soglia di ingresso è la medesima.

Il piano del consumatore (ristrutturazione dei debiti del consumatore)

Questa procedura si adatta al caso in cui l’igienista dentale abbia debiti prevalentemente personali – ad esempio per spese familiari, acquisto casa, finanziamenti al consumo – e non derivate dalla sua attività professionale. Può essere il caso se l’igienista era un lavoratore dipendente che poi ha perso il lavoro e ha accumulato debiti, oppure se la sua partita IVA era minimale e le passività sono in gran parte legate a esigenze di vita (debiti con il fisco per tasse personali, con banche per prestiti personali, ecc.). Se invece i debiti derivano in misura rilevante dall’attività autonoma (es. acquisto apparecchiature per lo studio, affitto studio, forniture mediche), allora è discutibile definirlo “consumatore”: la Cassazione ha statuito che un ex imprenditore può accedere al piano del consumatore solo per i debiti estranei alla sua attività di impresa (quelli personali), mentre per i debiti professionali dovrebbe seguire l’accordo/concordato. Il debitore con doppia natura di debiti può presentare due procedure parallele (piano per la parte consumer e concordato minore per i debiti d’impresa) oppure scegliere la via unica del concordato minore se preponderano i debiti d’impresa. Supponiamo per semplicità che l’igienista opti per il piano del consumatore avendo la maggior parte di esposizione come privato.

Come funziona il piano: Il debitore, con l’ausilio dell’OCC, redige un progetto di piano di ristrutturazione in cui indica come intende pagare i debiti. Può prevedere dilazioni, stralci parziali (pagamento incompleto del debito) e ogni forma di soddisfazione, purché ciò sia ragionevolmente fattibile coi redditi e patrimoni a disposizione. Ad esempio, se l’igienista ha uno stipendio in futuro (perché trova lavoro dipendente) può destinare una quota del suo stipendio per 4-5 anni ai creditori, oppure se ha una casa può ipotizzare di venderla o metterla a garanzia per pagare i creditori in parte. Non vi è un minimo di legge da offrire, ma in pratica il tribunale deve valutare che i creditori ottengano almeno quanto otterrebbero in una liquidazione del patrimonio (principio del best interest of creditors). Ciò significa che se il debitore possiede beni pignorabili, il piano deve far sì che i creditori ricevano non meno del ricavato di un’ipotetica vendita di quegli stessi beni. Ad esempio, se possiede un’auto vendibile a €5.000 e prevede di tenersela senza liquidare nulla, il giudice non omologherà, perché i creditori sarebbero danneggiati rispetto alla liquidazione. Invece, se possiede la prima casa impignorabile dal Fisco ma di valore, potrebbe nel piano decidere di non venderla – in liquidazione forzata i creditori privati potrebbero però attaccarla. Situazioni come questa richiedono finezza: il giudice potrebbe comunque omologare un piano che conserva la casa se ritiene improbabile che i creditori procedano, ma la regola generale è tutelare i creditori su base comparativa.

Mancato voto dei creditori: a differenza del concordato, qui non si chiede ai creditori di accettare. Il piano viene notificato ai creditori, i quali possono fare opposizione se ne hanno motivo (ad esempio contestano la convenienza o la veridicità dei dati) entro termini brevi. Poi l’udienza in tribunale vede la loro partecipazione eventuale, ma la decisione finale spetta al giudice, che omologa il piano se ritiene: (a) sussistenti i requisiti di meritevolezza, (b) fattibile il piano e (c) soddisfatti i creditori in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria . Se omologa, il piano diventa vincolante per tutti i creditori inclusi, anche se erano contrari. Le posizioni dei creditori esclusi (perché per legge non falcidiabili o perché il debitore li ha volutamente lasciati fuori pagando integralmente) non sono toccate.

Vantaggi per il debitore: il piano del consumatore consente di includere anche i debiti fiscali e contributivi e di trattarli al pari degli altri, con eventuali riduzioni. In passato c’era il problema dell’IVA infalcidiabile, ma come ricordato la Corte Costituzionale ha eliminato il divieto nel 2019 e ora il Codice della Crisi ha confermato che anche l’IVA può essere falcidiata (ridotta) nelle procedure di sovraindebitamento . Ciò significa che l’igienista potrebbe proporre di pagare, ad esempio, solo il 20% dell’IVA dovuta e far cancellare il resto, cosa prima impensabile fuori da un fallimento. Lo stesso vale per altri tributi privilegiati. Fanno eccezione solo le sanzioni penali o amministrative: quelle rimangono escluse dal beneficio, come da legge (non possono essere stralciate, vanno eventualmente pagate per intero a parte, oppure restano dovute dopo il piano) . Il piano, una volta completato, comporta l’esdebitazione automatica: il debitore è liberato per legge dai debiti residui oggetto del piano (art. 70 CCII) purché abbia eseguito con successo quanto promesso. Se il piano prevede pagamenti per 5 anni e alla fine ha pagato quelle somme, anche se ciò ha coperto solo ad esempio il 50% dei crediti, il restante 50% è cancellato definitivamente. È appunto l’“effetto esdebitatorio automatico” che accomuna concordati e piani .

Durata del piano: tipicamente dai 3 ai 5 anni. Non c’è un limite fisso, ma piani troppo lunghi sono disfavorevoli (perché l’incertezza sul futuro aumenta). Il Codice consente anche piani più lunghi se c’è la liquidazione di un immobile con rate da un acquirente o altre strutture particolari, ma di solito 5 anni è uno standard.

Un esempio concreto: l’igienista Tizio ha €100.000 di debiti: 50k con banca (mutuo residuo), 30k con Agenzia Entrate, 20k con fornitori vari. Ha perso lo studio ma ora ha trovato un posto da dipendente in una clinica con stipendio €1.500 al mese. Non ha immobili (vive in affitto) né altri beni di rilievo. Tizio può proporre un piano su 5 anni in cui si impegna a versare ai creditori €500 al mese (un terzo dello stipendio) per 60 mesi, per un totale di €30.000, da distribuire proporzionalmente ai crediti. Supponiamo che offra di ripartire 30k in modo che ai privilegiati (ad es. Erario su parte del credito) vada almeno la loro percentuale di privilegio. I creditori, se il piano è ben congegnato, prenderebbero circa il 30% ciascuno dei loro crediti. Il giudice valuta: Tizio è meritevole (ha perso reddito per cause non fraudolente, ha ridotto le spese, etc.), sta offrendo ai creditori tutto il suo surplus reddituale per 5 anni, che è probabilmente più di quanto otterrebbero pignorandogli il quinto dello stipendio (che sarebbe 300€/mese = 18k in 5 anni, quindi qui offre anche di più). Il piano appare fattibile (contratto di lavoro a tempo indeterminato ad esempio). L’opposizione della banca (se dicesse “voglio il 100%”) verrebbe respinta se il giudice ritiene il piano equo e in linea con la legge. Il tribunale quindi omologa. Da quel momento Tizio paga 500€/mese all’OCC che ripartisce. I creditori NON possono più agire esecutivamente (c’è il blocco delle azioni esecutive già dalla presentazione della domanda, c.d. automatic stay con eventuale provvedimento di sospensione). Dopo 5 anni, avendo Tizio adempiuto, viene dichiarato esdebitato dal residuo €70k che non è riuscito a pagare. Banca e altri non potranno più pretendere nulla.

Concordato minore (ex accordo di composizione)

Se l’igienista dentale ha debiti di natura professionale – ad esempio verso fornitori dello studio o banche per finanziamenti all’attività – la procedura adatta è il concordato minore. I meccanismi sono simili a quelli di un concordato preventivo semplificato: c’è una proposta ai creditori e questi hanno diritto di voto. Serve la maggioranza del 50% dei crediti votanti per approvare . Non votano però alcuni creditori particolari (es. il Fisco? In realtà nel concordato minore credo votino tutti chirografari; i privilegiati votano se non sono soddisfatti al 100% – in quel caso diventano votanti per la parte falcidiata).

Il vantaggio rispetto al piano del consumatore è che qui può accedere chiunque (soggetto non fallibile): quindi anche l’igienista come professionista per i suoi debiti di impresa. Lo svantaggio è che serve un certo grado di consenso dei creditori, quindi la procedura può fallire se i creditori votano contro in massa. Tuttavia, a differenza dell’accordo della vecchia legge che richiedeva il 60%, qui basta il 50% , soglia abbassata per favorire l’omologazione. Inoltre, se anche non si raggiunge la maggioranza, il tribunale può omologare lo stesso il concordato minore in presenza di determinate condizioni (cd. cram-down): in particolare, se il 50% dei creditori appartenenti a determinate classi ha votato sì e i contrari non riceverebbero comunque più in una liquidazione, il giudice può forzare l’accordo. Sono dettagli tecnici ma indicano che c’è possibilità di superare un dissenso irragionevole.

Il contenuto del concordato minore può essere vario: può prevedere la continuazione dell’attività (es. l’igienista continua a lavorare e destina utili futuri ai creditori) oppure la liquidazione di beni (o mista). Non vi è obbligo di cessare l’attività: anzi, la legge incoraggia la continuità quando possibile, per massimizzare il recupero e non distruggere l’avviamento. Ad esempio, se l’igienista gestiva uno studio associato, potrebbe proporre di continuare l’attività e pagare i creditori in 5 anni utilizzando i profitti, invece di chiudere e svendere tutto. Ciò è analogo all’idea del concordato preventivo in continuità ma su scala minore.

Nel concordato minore, a differenza del piano consumer, i creditori privilegiati (come il Fisco per IVA o l’INPS per contributi) non possono essere pagati meno del valore del bene su cui hanno privilegio o, se il privilegio è generale (su mobiliare), non meno di quanto otterrebbero liquidando i beni. Inoltre, se si vuole abbattere il loro credito (falcidiare), credo serva la loro adesione (almeno in concordato preventivo ciò vale per IVA? In realtà oggi l’IVA si può falcidiare anche senza adesione perché la Corte Cost e il legislatore lo permettono: nel concordato minore, il Codice prevede l’applicazione analogica delle norme del concordato preventivo , quindi la transazione fiscale è possibile e l’omologazione può avvenire anche senza voto favorevole dell’erario se la proposta rispetta certi criteri). Insomma, i dettagli tecnici a parte, anche col concordato minore oggi è possibile ridurre debiti fiscali e contributivi, come avvenuto con il piano consumer.

Procedura: il debitore deposita ricorso con la proposta e un piano dettagliato. L’OCC redige la relazione e il tribunale apre la procedura nominando un gestore (spesso l’OCC stesso funge da gestore/commissario). Viene indetta un’adunanza dei creditori per il voto (o può svolgersi anche per iscritto). Se i creditori approvano la maggioranza richiesta, si va in omologazione. Se non approvano, il debitore può chiedere al tribunale l’omologazione forzata (se ne ricorrono i presupposti di legge). Se il concordato viene omologato, i creditori dissenzienti o non votanti sono comunque obbligati secondo i termini del piano. Se invece il concordato non passa, il debitore può essere “riprotetto” convertendo la procedura in liquidazione controllata (una sorta di piano B automatico per evitare di lasciare tutto in un nulla di fatto – infatti il Codice prevede questa conversione in caso di esito negativo).

Durante il concordato minore, il debitore gode della sospensione delle azioni esecutive (automatic stay) sin dal deposito del ricorso. Inoltre, può (con autorizzazione del giudice) compiere atti urgenti di gestione, pagare fornitori necessari, etc., in analogia al concordato preventivo.

Al termine, se il debitore esegue il concordato pagando quanto promesso, ottiene ipso iure l’esdebitazione da tutti i debiti inclusi falcidiati. Se non riesce ad adempiere, il concordato può essere risolto (su istanza di creditori) e a quel punto rimane aperta la via della liquidazione controllata come ultima spiaggia.

Esempio: l’igienista Caio ha debiti totali €200.000, di cui 120k con banche (mutuo per lo studio e leasing attrezzature), 30k con fornitore materiali, 50k tra Equitalia e INPS. Ha però uno studio avviato che genera €50k di utili l’anno. Propone in concordato minore di continuare l’attività e destinare €30k l’anno ai creditori per 5 anni (totale 150k) ripartiti pro quota. Propone inoltre di vendere una macchina secondaria e versare altri 10k immediati. Totale 160k distribuiti, pari all’80% dei debiti, con falcidia del 20%. I creditori votano: la banca ipotecaria prende forse 100% sul ricavato destinato (diciamo su 160k, ipoteca su immobile?), qui dovremmo complicare, ma semplificando: la maggioranza è favorevole perché convinti di prendere il meglio. Il tribunale omologa. Caio paga per 5 anni come promesso. Alla fine i crediti residui 20% sono esdebitati. Caio ha mantenuto il suo studio e prosegue l’attività senza più zavorre.

Liquidazione controllata del sovraindebitato

Questa è la procedura cui ricorrere quando non è possibile costruire un piano sostenibile né raggiungere accordi, oppure quando il debitore preferisce “mettere tutto sul piatto” subito. Consiste, come detto, nella liquidazione di tutti i beni del debitore sotto la supervisione di un liquidatore nominato dal tribunale. Il debitore presenta la richiesta di liquidazione, allegando l’elenco di tutti i creditori e dei beni. Il tribunale apre la procedura, nomina il liquidatore e spoglia il debitore dell’amministrazione dei beni (che passano sotto controllo del liquidatore). Da quel momento il liquidatore procede a vendere i beni (con le procedure d’asta o con trattativa privata autorizzata, a seconda). I creditori devono insinuarsi (presentare domanda di ammissione al passivo) entro un termine e il liquidatore forma l’elenco dei crediti con relative eventuali cause di prelazione. Dopodiché, man mano che realizza attivo, distribuisce secondo l’ordine delle cause di prelazione (privilegiati prima, chirografari pro quota). Il tutto sotto la vigilanza di un giudice delegato.

La liquidazione controllata può essere volontaria (chiesta dal debitore) oppure conseguenziale: ad esempio, un piano non ammesso o non omologato può essere trasformato in liquidazione d’ufficio. Anche i creditori, in talune ipotesi, potrebbero chiederla (ad es. se il debitore ha frodato nel piano e viene revocato, forse i creditori possono istare per liquidazione). Ma nel contesto base, immaginiamo che l’igienista la scelga volontariamente perché ad esempio ha troppi debiti per permettersi un piano – magari non ha entrate per pagare neanche parzialmente.

Beni esclusi: i beni impignorabili per legge restano tali (ad esempio vestiti, oggetti sacri, attrezzi di lavoro indispensabili – anche se su questi ultimi la liquidazione differisce un po’ dalla regola esecutiva: potrebbe consentire la vendita di alcuni beni strumentali se non strettamente indispensabili, però in generale l’art. 514 c.p.c. traccia confini anche qui). Inoltre, il reddito da lavoro futuro del debitore in liquidazione non è automaticamente compreso, salvo una parte eccedente quella necessaria al mantenimento: la legge prevede che il debitore persona fisica debba contribuire con i suoi redditi presenti e futuri per 4 anni nella misura definita dal giudice, tenendo conto di quanto serve a lui e famiglia per vivere (criterio dell’assegno sociale ×1,5 come visto) . Quindi, diversamente dal fallimento in cui dopo la dichiarazione di fallimento i redditi futuri del fallito erano di regola esclusi (ad eccezione di contratti in essere), qui c’è l’idea di far partecipare anche parte dei guadagni successivi in un orizzonte di 4 anni. Questo allinea la liquidazione controllata alla logica della fresh start condizionato: il debitore deve sopportare una “quarantena” di 4 anni in cui se guadagna più del minimo, versa quell’eccedenza ai creditori .

Durata: la norma (art. 270 CCII e seg.) indica che la liquidazione controllata si chiude quando completata, ma auspica non duri troppo. Alcune indicazioni parlano di 3 anni come obiettivo di durata massima per vendere l’attivo . In ogni caso, non è indefinita.

Esdebitazione finale: al termine, il debitore persona fisica che abbia cooperato e non sia stato sanzionato per frodi, ottiene dal tribunale l’esdebitazione dei debiti rimasti insoddisfatti . Questa esdebitazione è di fatto automatica su richiesta, tant’è che l’art. 282 CCII la chiama “esdebitazione di diritto”, ma comunque richiede un provvedimento del giudice che verifichi i requisiti (meritevolezza) . Va segnalato che anche senza richiesta dopo 3 anni dall’apertura il tribunale deve pronunciarsi sulla liberazione, pure provvisoriamente . Insomma, c’è un incentivo a dare al debitore un nuovo inizio, salvo casi gravi.

Differenza tra liquidazione e esdebitazione incapiente: se il debitore ha qualche attivo, anche modesto, finirà in liquidazione controllata. L’esdebitazione “incapiente” infatti è riservata a chi non può dare alcuna utilità diretta o indiretta ai creditori nemmeno in futuro . Se c’è un immobile vendibile, per quanto piccolo, la via è la liquidazione (poi esdebitazione). L’incapiente è pensato per chi letteralmente non ha nulla da liquidare e neanche prospettive concrete di poter pagare qualcosa. Ad esempio, un disoccupato senza beni.

Esempio: l’igienista Sempronio ha chiuso l’attività, ha debiti per €150.000 e possiede solo l’automobile e un po’ di mobilio. Decide di avviare la liquidazione controllata. Il liquidatore vende l’auto, ricavando €5.000, e qualche apparecchiatura di studio smessa per altri €5.000. Incassa magari crediti residui dai pazienti (se ce n’erano, spesso dubbi) di €2.000. Totale attivo €12.000. Dopo spese di procedura, diciamo €10.000 distribuibili. I creditori privilegiati (mettiamo Equitalia aveva un’ipoteca su niente, direi creditori chirografari per lo più) si spartiscono questa somma in proporzione e chiudono con un modesto 6-7% di soddisfo. Dopo 4 anni, Sempronio – che nel frattempo ha trovato un lavoro precario e ha versato in procedura, poniamo, €100 al mese ×48 mesi = €4.800 di contributo da reddito – viene liberato del residuo debito di oltre €135.000 non pagato. I creditori non potranno più perseguitarlo. Sempronio ha “pagato ciò che poteva”, ha perso l’auto ma ha conservato il minimo per vivere ed ora è esdebitato.

Da notare: l’esdebitazione può essere negata in caso di frodi (ex art. 280 CCII), o se il debitore ha violato la procedura, o se emergono atti in frode (vendite simulate etc.) . Inoltre, taluni debiti esclusi restano comunque (lo vediamo a breve). Ma in generale, il beneficio è concesso.

Debiti non cancellabili e comportamenti da evitare

Va sottolineato che non tutti i debiti possono essere cancellati da queste procedure, nemmeno con l’esdebitazione finale. La legge esclude espressamente:

  • Obblighi di mantenimento e alimentari: debiti verso coniuge, figli o altri aventi diritto agli alimenti (es. assegno divorzile, mantenimento figli) non sono toccati dal sovraindebitamento . Non li si può ridurre nel piano né sono esdebitati: vanno sempre onorati integralmente.
  • Debiti da risarcimento danni per fatto illecito extracontrattuale: se l’igienista fosse condannato a risarcire un danno, ad esempio per aver causato lesioni colpose gravi (malpractice dolosa o grave) o un incidente stradale mortale, quel debito resta escluso dall’esdebitazione . È considerato “debito da responsabilità personale” che non si può cancellare per rispetto delle vittime.
  • Sanzioni penali e amministrative di carattere pecuniario non accessorie a debiti estinti: ad esempio multe, ammende, sanzioni Antitrust, sanzioni amministrative indipendenti (multe stradali in sé). Queste non sono falcidiabili né esdebitabili . Se però erano accessorie a un debito cancellato, può esserci discussione (es: interessi di mora su tributi, no sono accessori e seguono la sorte del tributo; ma la sanzione amministrativa per omesso versamento tributi, essendo “pena” amministrativa, teoricamente resta fuori – tuttavia la L.3/2012 chiariva che restavano fuori tutte le sanzioni pecuniarie).
  • Debiti fiscali derivanti da condotte fraudolente accertate con sentenza penale definitiva: questa è una novità del Codice . Se il debitore è stato condannato per un reato tributario (tipo dichiarazione fraudolenta, occultamento di scritture, emissione fatture false) e quell’illecito ha generato un debito tributario, tale debito non può essere esdebitato. Il principio è che non ci sia un beneficio per chi ha commesso frodi fiscali deliberate: deve pagarne comunque le conseguenze patrimoniali.
  • Debiti contratti con dolo o malafede: se si prova che il debitore ha creato consapevolmente quel debito senza volerlo pagare (truffando il creditore), il giudice può escluderlo dall’esdebitazione . Esempio: Tizio, già insolvente, acquista merce per 10k da Caio sapendo di non poterlo pagare; questo debito per insolvenza fraudolenta potrà essere ritenuto escluso.
  • Debiti di lavoro dipendente: la legge non li cita espressamente, ma la dottrina ricorda che crediti per stipendi e TFR vanno di norma soddisfatti integralmente (hanno privilegio altissimo) e difficilmente un giudice libererebbe da essi senza pagamento totale, specie se l’omissione fu grave. Comunque, se restassero insoluti in liquidazione, è controverso se l’esdebitazione li cancelli; tendenzialmente sì, salvo considerarli come danni da fatto illecito se non pagati?
  • Debiti verso alcuni fondi pubblici: ad esempio il Fondo di garanzia vittime della strada o Fondo antiusura (se hanno indennizzato e poi vantano rivalsa) vengono spesso menzionati come crediti non falcidiabili, per ragioni di ordine pubblico . Non è nella legge esplicito, ma alcuni tribunali li hanno esclusi.

Queste esclusioni implicano che il debitore, se vuole risolvere completamente la sua situazione, dovrà comunque far fronte separatamente a quei debiti protetti (alimentari, risarcimenti, multe). Talvolta conviene quindi trattarli fuori dal piano (es: mantenimento figli continua a pagarli regolarmente, non li considera proprio nella procedura).

Comportamenti da evitare: durante la crisi, il debitore deve astenersi da mosse che possano essere viste come in frode. Vendere beni a parenti a basso prezzo, creare trust o fondi patrimoniali quando già i debiti incombono, preferire un creditore a scapito di altri con atti anomali – tutto ciò può portare a revoche, a preclusione di accesso alle procedure e anche a responsabilità penale. Dunque, trasparenza e correttezza sono fondamentali. Meglio consul tarsi con un professionista prima di qualunque atto sul patrimonio se si intravede il rischio di insolvenza.

Costi delle procedure di sovraindebitamento: l’accesso non è gratuito, ma i costi sono calibrati. Bisogna pagare un compenso all’OCC/Gestore, che è stabilito per legge su base parametri ministeriali, spesso proporzionale all’attivo o all’impegno. In molti casi questi costi vengono inseriti nel piano (cioè considerati come spese prededucibili da pagare con la procedura stessa). Se il debitore è del tutto incapiente e chiede esdebitazione a zero, potrebbe esserci il problema di come pagare il Gestore: in genere c’è un fondo ministeriale che copre gli OCC per queste pratiche pro bono. Alcuni OCC chiedono un anticipo minimo per le spese vive. In ogni caso, il costo non è esorbitante rispetto ai benefici: ad esempio per un piano con debiti 100k, il compenso OCC potrebbe essere qualche migliaio di euro, dilazionato.

Conseguenze per il debitore: avviare una procedura attiva comunque l’iscrizione nel registro pubblico dei sovraindebitati presso il Ministero (non so se c’è un registro visibile; per i fallimenti c’è, per sovraindebitamento credo di sì). Ciò può avere riflessi su credito futuro (le banche vedranno che è stato insolvente). Ma dopo l’esdebitazione, il soggetto è di nuovo “pulito” giuridicamente: i crediti sono estinti, non ha più obblighi (salvo eventuale sopravvenienza di quell’obbligo 4 anni per l’incapiente). Potrà, con il tempo, ricostruirsi una reputazione creditizia. Di solito si considera che trascorsi un paio d’anni dall’esdebitazione, e dimostrando redditi stabili, si può tornare affidabili.

Profili penali in caso di inadempimenti (approfondimento)

Dopo aver delineato i possibili scenari di soluzione, riepiloghiamo in modo sistematico i profili penali collegati al mancato pagamento dei debiti, già accennati sopra, con qualche dettaglio ulteriore:

  • Omesso versamento di imposte (artt. 10-bis e 10-ter D.Lgs. 74/2000): Sono reati omissivi propri. Art. 10-bis punisce chi non versa, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale, le ritenute certificate operate su lavoratori dipendenti o assimilati, per un importo superiore a €150.000 per periodo d’imposta. Art. 10-ter punisce chi non versa l’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un importo superiore a €250.000, entro il 18° mese successivo al termine di pagamento. Entrambi prevedono la reclusione fino a 2 anni. Sono reati di natura tributaria formale: la soglia elevata li rende inapplicabili ai casi di modesto inadempimento. Un igienista dentale difficilmente avrà ritenute oltre 150k (dovrebbe avere molti dipendenti con alte retribuzioni) e sull’IVA, come detto, se prestazioni sanitarie esenti non generano debito IVA; se invece vendesse prodotti con IVA e non la versasse per oltre 250k, sarebbe già un’attività notevole. In ogni caso, la miglior difesa è attivarsi prima: la legge esclude punibilità se il contribuente paga integralmente il dovuto (nel caso 10-bis entro la citata scadenza dichiarativa, per 10-ter entro la dichiarazione successiva). Anche un pagamento parziale riducendo l’omesso sotto soglia evita il reato. Inoltre, per l’IVA, la giurisprudenza ha talvolta ammesso la non punibilità se l’omesso versamento è dovuto a assoluta impossibilità economica non prevedibile, sebbene sia molto restrittiva nel riconoscerla (es: un’azienda colpita da eventi eccezionali e costretta a scegliere tra pagare stipendi o IVA – ma in genere la Cassazione dice che dovevano procurarsi i fondi in altro modo, vendere asset, ecc.). Quindi meglio non contare su scuse: se appare probabile di non riuscire a pagare IVA/ritenute, chiedere rateazione all’Agenzia Entrate prima della scadenza protetta. La rateazione accordata non esclude il reato allo scadere del termine legale, ma c’è una causa di non punibilità se il debito rateizzato è poi interamente pagato secondo le rate (lo ha previsto il D.Lgs. 158/2015 per 10-bis e 10-ter): se il piano di rateazione è ancora in corso e l’omesso versamento originario era sopra soglia, occorre finirlo prima della sentenza per ottenere l’estinzione del reato.
  • Omesso versamento di contributi previdenziali (art. 2 comma 1-bis D.L. 463/1983): punisce chi non versa le ritenute previdenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti per un importo superiore a €10.000 annui. La particolarità è che è prevista come causa di non punibilità il versamento di quanto dovuto entro 3 mesi dalla contestazione/notifica della violazione. Quindi se arriva un verbale dall’INPS, si hanno 3 mesi per correre ai ripari. La pena è sino a 3 anni o multa. Se l’importo è sotto 10k annui, non c’è più reato dal 2008: resta una sanzione amministrativa. Per il professionista che aveva dipendenti, dunque, attenzione a questa soglia e ai tempi: a volte basta qualche mensilità arretrata di contributi per superarla. Conviene, in crisi, cercare accordi con i dipendenti anche su eventuali dilazioni, ma l’INPS comunque segnalerà la violazione se i modelli DM evidenziano scostamenti.
  • Reati dichiarativi e di frode fiscale (D.Lgs. 74/2000 artt. 2-8): questi non sono incentrati sul mancato pagamento ma su condotte fraudolente o omissive in dichiarazione (dichiarazione fraudolenta, emissione fatture false, occultamento contabilità, ecc.). Un igienista potrebbe incorrervi se cercasse di evadere il fisco attivamente (es: non dichiara redditi per oltre 50k € con uso di fatture false – art.2 – o occulta scritture per non far accertare). Se condannato per tali reati, come visto il debito tributario correlato non sarà esdebitabile nelle procedure concorsuali . Inoltre avrà sanzioni penali anche severe (fino a 6-8 anni per frodi gravi). In contesto di debiti, rilevano perché alcuni in crisi tentano escamotage fiscali disperati: è altamente sconsigliato, perché peggiora solo la posizione (si aggiunge il penale e comunque il debito erariale resta). Meglio affrontare il debito con gli strumenti leciti visti, anziché falsificare fatture o simili.
  • Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11 D.Lgs. 74/2000): già spiegata, punisce qualsiasi operazione simulata o fraudolenta su beni fatta al fine di evitare il pagamento di imposte. In concreto: costituire un fondo patrimoniale e trasferirvi la casa quando si hanno cartelle esattoriali pesanti; vendere un immobile al figlio per 1€; svuotare i conti su paradisi; distrarre liquidità societarie per non farle aggredire. Pena: reclusione fino a 4 anni (se l’importo del debito fiscale eccede €50.000). L’importo a rischio dev’essere rilevante, se uno aliena un bene piccolo difficilmente la perseguono. Ma vendere casa o beni importanti per sottrarli al fisco quasi sicuramente porterà a questo reato (tra l’altro spesso scatta se l’Agenzia Entrate-Riscossione non trova beni su cui agire e vede movimenti sospetti). La Cassazione richiede, per la configurabilità, la concreta idoneità dell’atto a rendere inefficace la riscossione . Quindi se uno dona casa quando ha un debito fiscale certo e esecutivo, è textbook case: quell’atto va contro garanzia patrimoniale ed è penalmente rilevante. Il debitore onesto preferirà semmai intraprendere una procedura concorsuale dove la casa magari sarà protetta dalle regole (es. prima casa impignorabile) invece di far da sé nascondendo beni.
  • Bancarotta fraudolenta e altri reati concorsuali (artt. 322-323 CCII richiamano per liquidazione giudiziale, l’art. 344 per sovraindebitamento): questi si riferiscono di solito ad imprenditori fallibili. Se l’igienista avesse una società fallita, come amministratore potrebbe rispondere di bancarotta per distrazione, preferenziale, ecc. Ma avendo ipotizzato persona fisica non fallibile, la bancarotta non si applica. Invece si applica l’art. 344 CCII come già esposto . In pratica: falsare i dati o aggravare il passivo prima/durante una procedura di sovraindebitamento è reato (punito con la reclusione sino a 2 anni, salvo aggravanti). Anche non rispettare intenzionalmente un piano omologato (pagando di nascosto alcuni creditori e non altri) è punito . Il messaggio è chiaro: usa sì la legge a tuo vantaggio, ma gioca pulito, o ne rispondi.
  • Truffa ai creditori (art. 641 c.p. insolvenza fraudolenta): già discussa, in pratica punita come contravvenzione su querela del creditore, ha rilievo modesto. Ma l’esempio classico: l’imprenditore ordina merce in vista di fallire e non la paga. Più che preoccuparsene penalmente (raro che si vada in galera per quello, al più c’è pena minore o patteggiamento), è da considerare moralmente e civilmente: quei debiti contratti in malafede poi non li cancellerai in procedura.
  • Violazione di provvedimenti del giudice (art. 388 c.p.): se, poniamo, un giudice ha disposto un pignoramento su un bene e il debitore lo sottrae o distrugge, c’è un reato specifico. Ad esempio vendere un bene già pignorato (c’è l’art. 388 comma 5 c.p.), che punisce la sottrazione di cose pignorate con reclusione fino a 3 anni. Oppure non ottemperare a un ordine di esibire dei beni. Sono situazioni di contorno ma succedono: il debitore a cui pignorano l’auto e la nasconde altrove; o preleva tutti i soldi dal conto appena saputo del pignoramento notificato e li fa sparire. Sono condotte pericolose perché integrano reati (oltre a poter essere inutili, visto che esistono misure coercitive poi).

In definitiva, per un igienista indebitato la regola aurea è: non aggiungere guai penali ai problemi finanziari. Ciò significa: agire con trasparenza, non cedere alla tentazione di soluzioni illecite (falsificare documenti, sparire, scappare con beni) che peggiorerebbero la situazione. L’ordinamento offre vie d’uscita legali proprio per evitare che la disperazione finanziaria spinga a comportamenti illegali. Molte volte la cronaca racconta di imprenditori rovinati che compiono reati per cercare di salvarsi o vendicarsi (evasioni, incendi dolosi per assicurazione, usura, ecc.): sono scorciatoie che portano solo a aggravare irrimediabilmente la posizione, spesso senza risolvere il problema economico (anzi). Invece, seguendo i percorsi leciti, si può arrivare a cancellare i debiti e ripartire puliti senza strascichi penali.

Domande frequenti (FAQ)

Di seguito proponiamo una serie di domande comuni che un igienista dentale indebitato (o in generale un piccolo debitore) potrebbe porsi, con relative risposte sintetiche, per chiarire i dubbi più pratici:

D: Possono portarmi via la casa se ho debiti?
R: Dipende. Se la casa è l’unico immobile ad uso abitativo in cui risiedi, il Fisco non può pignorarla (per legge) , a meno che tu abbia altri immobili o si tratti di villa di lusso. Un creditore privato invece può iscrivere ipoteca e pignorarla (la legge non glielo vieta), ma in pratica di solito lo farà solo per debiti molto alti, perché la procedura è costosa. Comunque, nulla impedisce a una banca o un fornitore di avviare l’esecuzione sulla tua casa per recuperare il dovuto. Per proteggerla legalmente, puoi ricorrere a una procedura di sovraindebitamento e, ad esempio, prevedere nel piano di conservarla pagando parzialmente i crediti: se il giudice omologa, i creditori dovranno accettare quelle condizioni e non potranno più aggredirla. Sconsigliato invece tentare di donarla a un parente all’ultimo minuto: verrebbe probabilmente revocato e potresti commettere reato di sottrazione fraudolenta . Meglio usare gli strumenti legali di composizione.

D: Ho ricevuto un decreto ingiuntivo, cosa devo fare?
R: Un decreto ingiuntivo è un ordine di pagamento emesso dal giudice su istanza di un creditore. Se lo ricevi, hai 40 giorni (in genere) per pagare o presentare opposizione motivata. Se ritieni il debito corretto e non hai difese valide, può convenire contattare il creditore e negoziare (magari chiedendo una rateizzazione o un saldo e stralcio) prima che il decreto diventi definitivo. Se invece ci sono contestazioni (il credito è in parte non dovuto, prescritto, ecc.), devi rivolgerti subito a un avvocato per preparare l’opposizione: si apre così una causa in cui potrai far valere le tue ragioni. Se non fai nulla entro i 40 giorni, il decreto diverrà esecutivo: il creditore potrà iniziare pignoramenti. A volte è possibile chiedere una rimessione in termini se non hai fatto in tempo per cause gravi, ma non farci affidamento. Quindi attenzione alle scadenze! Inoltre, se non hai beni aggredibili e vuoi evitare la procedura esecutiva, valuta di attivare tu stesso una procedura di sovraindebitamento prima che partano i pignoramenti: questo sospende l’efficacia esecutiva dei titoli (previa autorizzazione del giudice) e porta tutti i creditori al tavolo della composizione.

D: Ho debiti con il Fisco (cartelle) e non riesco a pagarli interamente. Posso ottenere uno sconto?
R: Sì, ci sono due possibili vie: 1) le definizioni agevolate varate per legge (le cosiddette “rottamazioni” o “stralci”). Ad esempio, la rottamazione 2023 ha permesso di eliminare sanzioni e interessi di mora , e lo “stralcio 2000-2015” ha annullato automaticamente i micro-debiti ≤ €1000 . Devi verificare se rientri in queste misure o in future “rottamazioni” (ce n’è quasi una ogni legislatura). 2) La procedura di sovraindebitamento: in un piano o concordato minore puoi proporre al Fisco un pagamento parziale del credito, motivato dalla tua incapienza. Oggi persino l’IVA e le ritenute possono essere pagate parzialmente in queste procedure (cosa non possibile fuori). Il giudice può omologare il piano anche senza adesione formale dell’Agenzia, purché siano rispettate le norme (ad esempio dare al Fisco almeno quanto otterrebbe liquidando le tue cose). Una volta omologato, il debito fiscale è ridotto secondo il piano e la parte residua viene poi cancellata a fine procedura con l’esdebitazione. Fuori da questi casi, non c’è modo di ottenere sconti individuali sulle cartelle: l’Agenzia non è autorizzata a transigere il tributo fuori dalle predette ipotesi (se vai allo sportello a chiedere “posso pagare la metà?”, diranno no; possono solo dilazionare).

D: Posso essere dichiarato fallito (liquidazione giudiziale) per i miei debiti?
R: Se sei un professionista autonomo e non hai un’attività d’impresa commerciale di dimensioni rilevanti, no: tu rientri tra i soggetti “non fallibili” (o meglio non assoggettabili alla liquidazione giudiziale) . Solo gli imprenditori sopra certe soglie di fatturato/patrimonio possono essere portati in liquidazione giudiziale. Il tuo “fallimento” equivale alla liquidazione controllata volontaria nelle procedure di sovraindebitamento, come spiegato. Quindi un creditore non può chiedere al tribunale il tuo fallimento. Dovrà agire con esecuzioni singole, oppure spingerti ad attivare tu un concordato minore. Diverso sarebbe se operassi tramite una società di capitali (es. SRL) e questa superasse i limiti: in tal caso, la società potrebbe essere posta in liquidazione giudiziale su istanza dei creditori e tu, come garante o amministratore, ne subiresti conseguenze indirette (perdite patrimoniali e possibili azioni di responsabilità). Ma per un igienista dentale che lavora in proprio o in uno studio personale, lo scenario fallimentare classico non si applica.

D: Ho un solo stipendio (o pensione). Possono pignorarmelo tutto?
R: No, la legge tutela i redditi da lavoro e pensione. Al massimo, i creditori ordinari possono prendere il 20% (un quinto) del tuo stipendio netto . Il Fisco, se agisce sullo stipendio, applica aliquote ridotte (10% se stipendio basso, 20% solo per stipendi alti) . La pensione poi è intoccabile per la parte pari a 1,5 volte l’assegno sociale (~€860) e su l’eccedenza si applica il limite del quinto. E se i pignoramenti sono multipli (es. uno per alimenti, uno bancario), cumulativamente non si può superare il 50% dello stipendio. Quindi non rimarrai a zero entrate: almeno metà (o 4/5 in molti casi) del tuo stipendio è garantita per te. Se sul conto ti pignorano lo stipendio già accreditato, anche lì c’è tutela per circa 3 volte l’assegno sociale come somma impignorabile . In caso di pensione minima, addirittura potrebbero non poter pignorare nulla se stai sui minimi vitali. Queste protezioni servono a evitare che il debitore e la sua famiglia finiscano sul lastrico senza mezzi di sostentamento.

D: Come funziona l’Organismo di Composizione della Crisi? A chi mi rivolgo in pratica se voglio fare un piano del consumatore?
R: Gli OCC sono enti creati presso vari istituti: per esempio ogni ordine dei dottori commercialisti ne ha istituito uno territoriale, molte Camere di Commercio ne hanno uno, alcune associazioni di consumatori anche. Puoi trovare l’elenco degli OCC autorizzati sul sito del Ministero della Giustizia o chiedere al Tribunale civile della tua città. Una volta scelto l’OCC, presenti un’istanza di nomina del Gestore della crisi, allegando una prima descrizione della tua situazione (devi dichiarare i beni, i debiti, le cause dell’indebitamento). L’OCC ti assegnerà un Gestore (spesso un commercialista) che fisserà un colloquio, ti chiederà i documenti (estratti conto, cartelle, finanziamenti, buste paga, atto di proprietà immobili, ecc.) e, con te, studierà la fattibilità di un piano. Dovrai pagare una piccola quota iniziale per le spese (varia: alcuni OCC chiedono ad esempio €200 per avviare la pratica). Il Gestore poi redige il piano e la sua relazione. Da lì si deposita in Tribunale il ricorso. L’OCC è dunque il tuo “regista” tecnico: senza di esso, non puoi presentare autonomamente il piano perché la legge richiede obbligatoriamente la relazione di un OCC terzo . Quindi il primo passo concreto è: contattare l’OCC competente e fissare un appuntamento conoscitivo. Molti OCC offrono una consulenza preliminare gratuita per capire se il tuo caso rientra (se non rientrasse – es. sei fallibile – ti indirizzerebbero altrove). Non serve un avvocato per forza in questa fase, anche se averne uno di fiducia è utile per assistenza complementare (specie se ci saranno opposizioni dei creditori in udienza, lì meglio avere avvocato). Spesso l’OCC collabora con un legale interno per la parte giuridica. I costi finali dell’OCC saranno stabiliti dal giudice ma in genere sono commisurati al lavoro svolto e al tuo attivo: se hai poco patrimonio, il compenso è contenuto (alcune centinaia di euro o poche migliaia). Tali compensi sono prededotti nel piano, cioè pagati preferenzialmente prima di soddisfare i creditori .

D: Quanto tempo ci vuole per chiudere una procedura di sovraindebitamento?
R: Per l’omologazione iniziale, orientativamente 4-6 mesi dal deposito del ricorso, se tutto fila liscio e il tribunale non ha arretrati enormi. A volte anche meno (alcuni tribunali in 2-3 mesi hanno omologato piani semplici). Se ci sono opposizioni di creditori, può volerci di più (audizioni, eventuali rinvii). Una volta omologato, l’esecuzione del piano dura quanto previsto: tipicamente altri 3-5 anni di pagamenti periodici. La liquidazione controllata invece dura il tempo di liquidare i beni: se non ci sono immobili, potrebbe chiudersi in 1-2 anni; con immobili, 2-4 anni. L’esdebitazione finale nel piano consumer e concordato avviene ipso facto a fine esecuzione (quindi niente udienza finale: il decreto di omologa già dispone che i debiti residui sono cancellati a fine piano). Nella liquidazione, invece, serve fare istanza di esdebitazione e il tribunale emette decreto – orientativamente entro qualche mese dalla fine (il Codice impone di valutare l’esdebitazione trascorsi 3 anni e al massimo alla chiusura) . Quindi, in totale, parliamo di un percorso che può essere di alcuni anni. Tuttavia, il sollievo per il debitore arriva subito con l’apertura: già all’ammissione del piano o apertura liquidazione, i creditori devono cessare le azioni esecutive (previa ordinanza di sospensione). Quindi non è che starai col fiato sul collo per 5 anni: una volta dentro la procedura, sei protetto e sai cosa devi pagare. L’uscita definitiva dal tunnel (libero dai debiti) avviene a esdebitazione concessa, ma l’effetto stress e assillo cessa molto prima.

D: Cosa succede se durante il piano del consumatore mi ammalo o perdo il lavoro e non posso più pagare le rate previste?
R: La legge consente delle correzioni in corso d’opera. Puoi chiedere al tribunale una modifica del piano se sopravvengono circostanze che rendono temporaneamente o definitivamente impossibile eseguirlo come stabilito. Ad esempio, se perdi il lavoro, potresti domandare una sospensione dei pagamenti per alcuni mesi, o un allungamento del piano (entro certi limiti). Il giudice valuterà e può adattare l’accordo alle nuove circostanze, sentito eventualmente l’OCC. Se l’impedimento è definitivo (non riesci più a pagare nulla), il piano potrebbe essere revocato. In tal caso però puoi richiedere di essere ammesso alla liquidazione controllata e ottenere comunque l’esdebitazione al termine di quella, evitando di perdere i benefici già maturati. L’importante è agire in buona fede e tempestivamente: non aspettare di accumulare 10 rate impagate per poi farti dichiarare inadempiente dai creditori; meglio rivolgersi subito all’OCC e al giudice per cercare una rimodulazione. Il Codice è pensato per dare flessibilità e privilegiare la finalità esdebitatoria , quindi se il debitore dimostra di aver fatto tutto il possibile ma un evento sfortunato lo blocca, c’è margine di comprensione. Chiaramente, se invece emerge che hai ripreso a guadagnare bene ma preferisci non pagare, o che hai mentito, allora rischi la risoluzione del piano per tuo inadempimento colpevole e perdi i benefici.

D: Dopo l’esdebitazione, i creditori possono ancora infastidirmi o segnalarmi al CRIF?
R: Una volta esdebitato (cioè ottenuta la cancellazione dei debiti residui con decreto del giudice o effetto di legge), quei debiti sono estinti definitivamente. I creditori non possono più pretendere nulla e qualsiasi azione esecutiva avviata in precedenza viene chiusa. Se qualche creditore tenta ancora di riscuotere extragiudizialmente, potrai opporre il provvedimento di esdebitazione intimando di cessare (sarebbe un’attività priva di titolo). Riguardo alle segnalazioni creditizie: le posizioni debitorie pregresse molto probabilmente erano già state segnalate come sofferenze o incagli. L’esdebitazione non comporta automaticamente la “pulizia” delle banche dati private: la segnalazione di sofferenza in CRIF rimane per un certo periodo storico (solitamente 3 anni da quando il credito è estinto o regolato). Puoi tuttavia inviare copia del decreto di omologa o esdebitazione alla Centrale Rischi per far risultare che il debito è stato chiuso per procedura concorsuale. La CRIF evidenzierà che il credito è “chiuso per accordo” o simili. Il tempo comunque aiuterà: di norma dopo 36 mesi dalla chiusura di una sofferenza, i dati vengono cancellati. Per la Centrale Rischi Bankitalia (se i debiti erano rilevanti >30k e segnalati), la notizia dell’insolvenza rimane nelle esposizioni fino a aggiornamento con importo zero e note di perdita, e poi segue le regole di archiviazione. In sintesi: nel breve termine la tua reputazione creditizia resta compromessa, anche se legalmente non devi più nulla. Ma nel medio termine potrai ricostruirla: ad esempio iniziando a pagare puntualmente nuove piccole obbligazioni, mostrando la busta paga senza più cessioni etc., col tempo le banche torneranno a fidarsi. L’importante è che, da esdebitato, non puoi essere iscritto in nessun registro di cattivi pagatori per nuovi default, salvo tu contragga nuovi debiti e non li paghi. C’è da dire che la legge esdebitazione prevede che il beneficio è escludibile se nei 5 anni successivi scoprono tue frodi o miglioramenti occultati , ma questo è un caso limite di revoca. Se tutto regolare, sei libero. Un’ultima cosa: i debiti cancellati non potranno più essere riportati in causa nemmeno se tu tornassi benestante in futuro (a parte quell’eventuale obbligo per l’incapiente di pagare se entro 4 anni becca soldi inattesi >=10% debiti ). Quindi se fra 10 anni diventi ricco, i vecchi creditori non potranno rifarsi vivi con la scusa “ora puoi pagarmi”: è precluso, fine dei giochi.

D: A chi mi posso rivolgere per avere aiuto e verificare le opzioni nel mio caso?
R: Le figure di riferimento sono: un commercialista o avvocato esperto in crisi da sovraindebitamento, oppure direttamente un OCC (come detto sopra). In molte città ci sono anche sportelli di orientamento presso le Camere di Commercio o gli Ordini professionali. Se hai debiti anche con il fisco, un consulente del lavoro o tributarista può aiutarti a verificare la situazione cartelle e prescrizioni. Attenzione alle società di consulenza debiti poco trasparenti: ce ne sono di serie, ma anche talune che promettono miracoli irrealistici e chiedono parcelle elevate in anticipo. Verifica sempre le credenziali di chi ti offre aiuto. Poiché la normativa è complessa e in evoluzione, cerca professionisti aggiornati (ad esempio che abbiano seguito casi L.3/2012, che conoscano il CCII). Un buon indicatore è se parlano di collaborare con un OCC: chi opera seriamente su piani consumer sa che deve passare dall’OCC. Se incappi in qualcuno che ti propone trust o scappatoie off-shore per far sparire i debiti, cambia consulente: sono schemi rischiosi e in genere inefficaci legalmente. Meglio affrontare la realtà con gli strumenti di legge, come abbiamo illustrato.

D: Che differenza c’è tra l’accordo (concordato minore) e il piano del consumatore?
R: In breve: il piano del consumatore è unilaterale (decide il giudice senza voto creditori) ma riservato ai debiti personali del consumatore meritevole . Il concordato minore richiede l’accordo di una maggioranza dei creditori ma si applica a qualsiasi sovraindebitato non fallibile (inclusi debiti d’impresa). Il piano è più vantaggioso per il debitore perché bypassa i creditori ostili, ma non tutti possono usarlo. Inoltre, nel piano il vaglio di meritevolezza è stringente (anche se come visto oggi basato solo su dolo o colpa grave) ; nel concordato, la meritevolezza è meno in questione perché parlano i voti dei creditori (che ovviamente se lo riterranno inaffidabile voteranno no). Quindi, se hai debiti misti ma il grosso è personale, conviene presentarsi come consumatore per sfruttare il non-voto; se invece hai molti fornitori aziendali, li dovrai coinvolgere in un concordato. In termini di risultato finale (esdebitazione), entrambi portano alla cancellazione dei debiti residui dopo l’adempimento . Tecnicamente ci sono differenze procedurali (nel concordato c’è il commissario e l’adunanza creditori, nel piano no) ma queste riguardano più gli addetti ai lavori. Dal tuo lato, la differenza principale è: nel piano devi convincere il giudice della tua buona fede; nel concordato devi convincere almeno la metà dei crediti ad accettare la proposta.

D: Se ho già usufruito di una procedura di sovraindebitamento anni fa, posso farne un’altra?
R: La legge pone un limite: non puoi accedere a una nuova procedura se ne hai già avuta un’altra meno di 5 anni prima (dall’omologa o dall’esdebitazione precedente) . Quindi devi aspettare 5 anni per riprovarci. Inoltre, l’esdebitazione “a zero” incapiente è concedibile una sola volta nella vita . Quindi, non è che uno può fare l’incapiente due volte. Anche l’esdebitazione dopo liquidazione generalmente la ottieni una volta: la legge non lo vieta espressamente oltre i 5 anni, ma è raro ripetere il fallimento di una persona. Diciamo che c’è moral hazard: le procedure anti-debiti non devono incentivare a indebitarsi di nuovo sapendo di poter scaricare tutto. E infatti se entro i 5 anni dal provvedimento chiedi un’altra procedura, te la dichiarano inammissibile. Caso particolare: se la prima procedura ti è stata revocata per tua colpa o frode, non potrai accedere di nuovo (interdizione definitiva per indegnità). Al contrario, se la prima è stata chiusa con successo ed esdebitazione, dopo 5 anni potresti riaccedere se – disgraziatamente – ti ritrovassi ancora in guai finanziari. Speriamo ovviamente di no: l’idea è che imparata la lezione e ottenuto il fresh start, il debitore non torni a sovraindebitarsi strutturalmente.

D: Indebitarsi è reato?
R: No, in Italia il semplice debito non pagato non configura reato. Non esiste il carcere per debiti. Diventa reato solo se accompagnato da comportamenti fraudolenti specifici (ne abbiamo parlato: evasioni fiscali, distrazione di beni, insolvenza fraudolenta, ecc.). Anche l’usura non coinvolge il debitore come reo – semmai come vittima. Quindi, l’indebitamento di per sé è una situazione civile, non penale. Questo significa che non devi temere l’arresto solo perché hai molti debiti. Ciò che potresti temere, semmai, sono i riflessi: ad esempio, se non paghi multe stradali, potresti avere un fermo amministrativo ma non certo la detenzione. Se non paghi assegno di mantenimento sì, quello è reato (ma non è “debito” commerciale, è violazione di obbligo di famiglia). Quindi, sgomberiamo il campo: il punto di vista giuridico sul debitore è comprensivo, non punitivo. La legge oggi tende a riabilitare il debitore onesto. Le uniche punizioni (in sede penale) arrivano se il debitore trasmoda in condotte disoneste. In pratica, la società distingue il debitore sfortunato (che va aiutato con sovraindebitamento) dal debitore disonesto (che va punito).

D: I miei debiti passeranno ai miei familiari (moglie, figli)?
R: No, ciascuno risponde solo dei propri debiti con il suo patrimonio (art. 2740 c.c.). I coniugi in regime di comunione possono avere problematiche sulla escussione dei beni comuni, ma i debiti di uno non diventano dell’altro. Se dovessi morire con debiti, i tuoi eredi potranno rinunciare all’eredità o accettarla con beneficio d’inventario per non pagare i debiti oltre il valore ereditario. Quindi i figli non sono caricati legalmente dei debiti del padre, a meno che non decidano di accettare l’eredità attiva assumendone anche il passivo. Nel corso della vita, i creditori non possono escutere i beni di tua moglie per debiti tuoi (salvo fideiussioni che magari lei ha firmato). Al massimo, se possedete beni in comune, possono pignorare la tua quota. Ci sono particolarità se sei in comunione legale dei beni: i debiti contratti per bisogni della famiglia possono gravare anche sui beni comuni; ma se sono debiti professionali tuoi, i creditori possono aggredire solo i tuoi beni personali e la metà dei beni in comunione. In separazione dei beni, ognuno per sé. Quindi, i tuoi cari non erediteranno i tuoi debiti in automatico. Le procedure di esdebitazione inoltre estinguono i debiti definitivamente, per cui anche in ottica successoria poi non ci sarà nulla da trasmettere come passivo.

D: Quali vantaggi concreti offre la procedura di sovraindebitamento rispetto a tirare a campare con mille pignoramenti?
R: Il vantaggio principale è la pace legale e la conclusione definitiva della vicenda debitoria. Se tu lasci che i creditori procedano uno alla volta, rischi anni e anni di pignoramenti sullo stipendio, ipoteche, ecc., senza mai estinguere davvero i debiti (soprattutto se gli interessi continuano a maturare). Le procedure concorsuali congelano gli interessi (dalla data di apertura, gli interessi chirografari non maturano più) e fissano un percorso chiaro: ad esempio, 5 anni di sacrificio e poi fine. Questo ha un enorme beneficio psicologico e pratico: puoi programmare la tua vita sapendo che in quel periodo dai il massimo sforzo ma con la certezza che dopo sarai libero dai debiti residui. Invece, subire passivamente l’esecuzione può significare: stipendio pignorato al 20% magari per 15-20 anni, nuovi interessi che corrono, altri creditori che si fanno avanti a catena, insomma un’agonia che può non terminare mai (casi reali di persone con stipendi pignorati per decenni e debiti sempre lì). L’idea del legislatore è di evitare che un cittadino resti “morto civilmente” a vita per debiti: meglio una resa dei conti concentrata e poi reintegrarlo nell’economia attiva . Per questo consigliamo di considerare seriamente il ricorso al sovraindebitamento se la somma dei tuoi debiti è tale che, realisticamente, non riuscirai mai a pagarli integralmente. È un’opportunità di risolvere in modo ordinato, restituendo ai creditori una parte equa e venendo sollevato dal resto. Un altro vantaggio: durante la procedura sei protetto. Niente più telefonate minatorie dai recupero crediti, niente atti di precetto, niente visite dell’ufficiale giudiziario. Tutto passa attraverso il tribunale e l’OCC. La serenità che si guadagna non ha prezzo, testimoni lo confermano. Dunque, la differenza è tra un tormento a tempo indeterminato vs. uno sforzo controllato e finito. Inoltre, con un accordo omologato potresti anche conservare beni che altrimenti verrebbero aggrediti: es., salvi la casa concordando una certa soddisfazione creditori, cosa che in esecuzione non puoi scegliere. Insomma, prendi tu l’iniziativa e governi la crisi, anziché subirla.

Tabelle riepilogative finali

Per concludere questa guida, riportiamo due tabelle riassuntive che condensano molte informazioni dette, utili per un colpo d’occhio rapido.

Tabella 1 – Confronto tra le procedure di sovraindebitamento (agg. 2025)

ProceduraSoggetti ammessiConsenso creditoriDurata tipicaEsdebitazioneNote
Piano del consumatore (artt. 67-73 CCII)Persone fisiche “consumatori” (debiti estranei ad attività imprenditoriale)Non richiede voto dei creditori (decide il giudice sull’omologa)3–5 anni di esecuzione del piano (dopo omologa in pochi mesi)Automatica a fine piano eseguito (residui inesigibili cancellati)Debitore soggetto a requisito di meritevolezza (no colpa grave/frode) valutato ex art. 69 CCII . Stralci fiscali possibili .
Concordato minore (artt. 74-83 CCII)Debitori non fallibili con debiti anche da attività (professionisti, impr. minori, società sotto soglia, ecc.)Richiede voto favorevole di ≥50% crediti chirografari votanti (cram-down giudiziale possibile se minoranza dissenziente è irragionevole)3–5 anni circa (piano in continuità o liquidatorio, a seconda dei casi)Automatica a fine esecuzione integrale del piano . Se parzialmente inadempiuto, creditori possono chiedere risoluzione (residui tornano esigibili salvo conversione in liquidazione).Può prevedere continuazione dell’attività. Occorre coinvolgere OCC, commissario nominato. Il debitore rimane in possesso sotto vigilanza. Prevede classi di creditori e trattamento di eventuali privilegi. Transazione fiscale applicabile .
Liquidazione controllata (artt. 268-277 CCII)Qualsiasi debitore sovraindebitato (consumatore o no). Spesso usata se pianificazione non possibile o su richiesta deb. o conversione d’ufficio.Non richiede consenso creditori (è procedura concorsuale giudiziale). I creditori partecipano insinuando i crediti.Variabile: dipende dalla liquidazione dei beni. Obiettivo circa 2–4 anni. Termine di 3 anni per verificare esdebitazione .Su istanza del debitore persona fisica, il tribunale concede esdebitazione dei debiti non pagati a fine procedura , salvo eccezioni (debiti esclusi, condotte fraudolente).Il debitore viene spossessato dei beni (salvi quelli impignorabili). Nominato un Liquidatore che vende beni e distribuisce il ricavato ai creditori secondo prelazioni. Il debitore persona fisica deve contribuire con redditi futuri eccedenti il minimo per 4 anni . Possibile conversione in esdebitazione incapiente se durante la liquidazione emerge assenza totale di attivo utile.
Esdebitazione dell’incapiente (art. 283 CCII)Persona fisica meritevole completamente priva di beni e capacità di rimborso (nessuna utilità offribile ai creditori) . Non applicabile a società.Non prevede coinvolgimento attivo dei creditori (possono opporsi in udienza). È un procedimento giudiziario di volontaria giurisdizione.Tempi brevi per il decreto (qualche mese). Poi 4 anni di possibile obbligo di pagamento sopravvenienze.Concessa con decreto tribunale : cancella tutti i debiti immediatamente. Condizionata per 4 anni: se il debitore ottiene utilità rilevanti (>10% debiti) in 4 anni, deve pagarle ai creditori, pena revoca beneficio . Dopo 4 anni, diventa definitiva.Misura una tantum: concedibile solo 1 volta in vita . Richiede assenza atti in frode, dolo o colpa grave . In pratica riservata a soggetti in indigenza assoluta. Se nei 4 anni viola l’obbligo di informare sulle sopravvenienze o si scopre malafede, il beneficio può essere revocato.

Tabella 2 – Principali reati connessi al mancato pagamento di debiti

Fatto/CondottaRiferimento normativoSoglia/CondizioniRischio penaleNote difensive
Omesso versamento IVAArt. 10-ter D.Lgs. 74/2000> €250.000 IVA dovuta e non versata per anno d’imposta (termine versamento: 27 dicembre dell’anno successivo)Reato, reclusione fino a 2 anni .Pagamento entro dichiarazione annuale successiva estingue reato; soglia alta. Rateizzare non esclude reato, ma se completi pagamento prima del dibattimento ottieni non punibilità. Crisi di liquidità grave può raramente essere esimente se provata forza maggiore.
Omesso versamento ritenute fiscali (IRPEF dipendenti)Art. 10-bis D.Lgs. 74/2000> €150.000 di ritenute risultanti da CU, non versate entro il 31/07 anno successivoReclusione fino a 3 anni .Idem come IVA: soglia €150k, puoi ravvederti pagando prima di scadenza dichiarazione annuale (mod. 770) o comunque prima della conclusione del giudizio.
Omesso versamento contributi previdenziali lavoratoriArt. 2, co.1-bis, L. 638/1983 (conv. L. 108/1990)> €10.000 annui di contribuzioni trattenute e non versate all’ente previdenzialeFino 3 anni reclusione o multa fino a €1.032.Reato evitabile se paghi il dovuto entro 3 mesi da contestazione/notifica INPS. Se < €10.000 annui: sanzione amministrativa €10.000 max.
Dichiarazione fraudolenta, occultamento scritture, ecc.Artt. 2,3,8,10 D.Lgs. 74/2000– (reati di frode: es. uso fatture false > €1.5M base imponibile; sottrazione documenti contabili, ecc.)Reclusione fino a 6-8 anni (variabile per fattispecie).Se condannato, i relativi debiti tributari non esdebitabili . Difesa: prevenire – non commettere reati fiscali attivi; in giudizio, circostanze attenuanti (pentimento, risarcimento parziale).
Sottrazione fraudolenta al pagamento imposteArt. 11 D.Lgs. 74/2000Compiere atti simulatori o fraudolenti sui propri o altrui beni, idonei a ostacolare l’Agente Riscossione, per debiti > €50kReclusione 6 mesi – 4 anni .Evitare di porre in essere atti dispositivi sospetti dopo formazione debiti. In giudizio: dimostrare assenza dolo specifico (es. vendita era per pagare altri debiti non fisco, prezzo congruo). Se condannato, debito fiscale relativo non esdebitabile.
Bancarotta fraudolenta (distrazione beni, occultamento, ecc.)Artt. 322-323 CCII (riprende artt. 216-223 L.Fall.)Solo in liquidazione giudiziale (fallimento) di imprenditore fallibile. Non applicabile a sovraindebitamento (ma v. art. 344 CCII).Reclusione da 3 a 10 anni (fraudolenta patrimoniale).Per un professionista non fallibile, non applicabile. Rileva se l’igienista aveva società fallita. Difese: dimostrare atti non dolosi, tenuità, concordato preventivo invece di fallimento (reati di bancarotta evitati se niente fallimento).
Reati nelle procedure da sovraindebitamentoArt. 344 CCIIAtti fraudolenti per accedere (aumento passivo, nascondere attivo, documenti falsi) ; durante procedura (pagamenti preferenziali, aggravare debiti) ; mancata osservanza piano omologato dolosa .Reclusione fino a 2 anni (per ciascuna condotta lettera a-e).Evitare qualsiasi manipolazione o slealtà nel presentare il piano o nel periodo di adempimento. Consulenza OCC riduce rischio errori. Se contestato reato, difendersi mostrando eventuale irrilevanza condotta (es. errore materiale non doloso).
Insolvenza fraudolenta (truffa semplice ai creditori)Art. 641 c.p.Stato d’insolvenza deliberatamente nascosto al momento di contrarre obbligazioni poi inadempiute. Procedibilità a querela.Reclusione fino a 2 anni o multa fino a €516. (Contravvenzione).Raro in pratica perché serve sentenza civile dichiarativa insolvenza o elementi manifesti. Comunque, difesa: mancanza dolo (es. speravi ragionevolmente di poter pagare).
Emissione assegno senza provvistaL. 386/1990Assegno bancario non onorato entro 60 giorni.Non è reato penale. Sanzione amministrativa da €516 a €3.098 e interdizione da emissione assegni 2 anni.Pagando l’assegno + penale 10% e spese entro 60 gg eviti sanzioni (c.d. “oblazione” amministrativa). Il protesto però rimane. Attenzione: non usare assegni se non sei certo copertura, per non aggravare reputazione.
Violazione obblighi alimentariArt. 570 c.p.Non dare mezzi di sussistenza a coniuge/figli in stato bisogno.Reclusione fino a 1 anno o multa fino €1.032.Non confondere con debiti commerciali: qui parliamo di famiglia. Se hai difficoltà, chiedi al giudice civile modifica assegno invece di interrompere pagamenti arbitrariamente.

Come si evince dalla tabella, la cornice penale punisce essenzialmente la frode e l’evasione cosciente, non la mera incapacità di pagare. Il debitore onesto e cooperativo non ha da temere sanzioni penali: il nostro ordinamento, soprattutto con le riforme più recenti, lo tutela e gli offre anzi strumenti per riprendersi. Al contrario, qualsiasi tentativo di fare il “furbo” viene scoraggiato con la spada di Damocle del reato. Si consiglia dunque sempre un comportamento trasparente e l’utilizzo degli strumenti legali illustrati, che – sebbene impegnativi – permettono di uscire dalla crisi debitoria in modo definitivo e lecito, senza strascichi giudiziari.

Conclusioni

Un igienista dentale alle prese con debiti importanti deve sapere che non è solo e che la legge gli mette a disposizione vari mezzi per difendersi e superare la crisi. La prima arma è la conoscenza: capire i propri diritti (come le impignorabilità, le prescrizioni) e le opportunità offerte (dalla rateizzazione al piano del consumatore) consente di evitare scelte disperate o errori costosi. Fondamentale è agire tempestivamente: rivolgersi agli enti competenti (Fisco, OCC, consulenti) prima che la situazione degeneri evita molte conseguenze spiacevoli.

Dal punto di vista legale, oggi vige un principio di fondo: favor debitoris meritevoli. I tribunali, sulla scorta delle nuove normative e sentenze (Corte Costituzionale, Cassazione), tendono a favorire l’approvazione di piani che diano sollievo al debitore, pur nel rispetto del minimo di soddisfazione ai creditori . Le procedure sono assai più accessibili e flessibili che in passato (si pensi alla falcidiabilità dell’IVA finalmente ammessa o alla soglia di voto abbassata). Anche culturalmente, lo stigma del fallimento personale si sta attenuando: si riconosce che un professionista possa incorrere in difficoltà finanziarie per ragioni indipendenti dalla propria volontà (crisi economiche, malattie, congiunture sfavorevoli) . L’ordinamento vuole recuperarlo come cittadino attivo e non espellerlo dai circuiti economici per sempre.

D’altra parte, il debitore deve metterci del suo: non approfittare in malafede delle procedure, offrire il massimo sforzo sostenibile, mantenere un atteggiamento collaborativo con l’OCC e il giudice. Le storie di successo nella composizione delle crisi mostrano che quando c’è sincerità e impegno, i tribunali concedono fiducia e i creditori spesso si adeguano.

In conclusione, l’igienista dentale indebitato dovrebbe:

  • Valutare la propria situazione complessiva (ammontare e natura dei debiti, patrimonio disponibile, prospettive di reddito) possibilmente con l’aiuto di un esperto.
  • Porre in sicurezza i beni essenziali con gli strumenti legali (es. chiedere rate per evitare pignoramenti su casa e stipendio nel frattempo).
  • Comunicare con i creditori più disponibili per trovare accordi transattivi sui singoli debiti, evitando escalation legali quando possibile.
  • Considerare seriamente l’accesso a una procedura di sovraindebitamento se il debito complessivo è ingestibile: attivarsi presso un OCC, preparare un piano realistico e sostenibile. Questa mossa spesso risulta risolutiva.
  • Non ignorare gli atti giudiziari: ogni notifica va letta e affrontata (opponendosi entro i termini se necessario, o inserendo quel credito nel piano in corso).
  • Non vergognarsi di chiedere aiuto: il sovraindebitamento è un problema economico-giuridico, non un’onta morale. Ci sono professionisti e istituzioni creati apposta per aiutare in questi casi.

Seguendo questi principi e sfruttando le normative illustrate, l’igienista potrà difendersi efficacemente dai creditori e, nella maggior parte dei casi, tornare a una vita finanziariamente sana nel giro di qualche anno. I debiti non sono una sentenza definitiva: come abbiamo visto, esiste sempre una via d’uscita legale, perfino nelle situazioni più disperate (si pensi all’esdebitazione dell’incapiente che azzera tutto e concede una seconda opportunità ). L’importante è agire con consapevolezza e determinazione, trasformando una crisi in un percorso di risanamento.

Sei un igienista dentale che si trova a dover affrontare debiti fiscali, contributivi o bancari? Fatti Aiutare da Studio Monardo

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Hai ricevuto cartelle esattoriali, solleciti di pagamento o temi pignoramenti e fermi amministrativi da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione?

👉 Prima regola: affronta subito la situazione, non aspettare che peggiori.
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Con una difesa legale e fiscale adeguata, puoi bloccare le azioni esecutive, ridurre i debiti e proteggere la tua attività professionale.


⚖️ Le cause più frequenti di indebitamento negli igienisti dentali

  • Pressione fiscale elevata e acconti troppo onerosi.
  • Ritardi nei pagamenti da parte di studi odontoiatrici o pazienti.
  • Mancato versamento dei contributi previdenziali (INPS o ENPAM).
  • Gestione contabile non aggiornata o dichiarazioni incomplete.
  • Accumulo di cartelle esattoriali per IVA o IRPEF non versate.
  • Finanziamenti e leasing per strumenti professionali non più sostenibili.

📌 I rischi principali

  • Cartelle esattoriali e intimazioni di pagamento.
  • Pignoramento dei conti correnti o dei compensi professionali.
  • Iscrizione di ipoteche su immobili o beni personali.
  • Fermi amministrativi su auto o strumenti di lavoro.
  • Blocchi nei rimborsi fiscali e segnalazioni alla Centrale Rischi.
  • Stress e perdita di serenità professionale.

🔍 Cosa fare subito

  1. Analizza i debiti: distingue tra debiti fiscali, contributivi, bancari e commerciali.
  2. Verifica gli atti notificati: molte cartelle contengono vizi o debiti prescritti.
  3. Blocca le azioni esecutive chiedendo la sospensione o presentando ricorso.
  4. Richiedi una rateizzazione sostenibile, fino a 120 rate mensili.
  5. Valuta la definizione agevolata (“rottamazione”), se disponibile.
  6. Rivolgiti a un avvocato tributarista per una strategia personalizzata.

🧾 Strumenti per difendersi e risanare i debiti

💠 Rateizzazione delle cartelle

Puoi chiedere la rateizzazione fino a 10 anni, sospendendo pignoramenti e procedure esecutive.

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In presenza di norme specifiche, puoi pagare solo l’imposta, senza sanzioni e interessi.

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Se l’atto contiene errori o prescrizioni, può essere annullato o sospeso anche senza processo.

💠 Composizione negoziata della crisi

Consente di negoziare un accordo con il Fisco e i creditori, mantenendo la continuità dell’attività.

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🛠️ Strategie di difesa più efficaci

  • Esaminare la legittimità delle cartelle e verificare eventuali prescrizioni.
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⚖️ Perché intervenire subito è fondamentale

Nel settore sanitario, la continuità dell’attività è essenziale: un pignoramento o un blocco del conto può impedire di lavorare e compromettere la reputazione.
Affrontare il problema in modo tempestivo consente di:

  • Evitare sanzioni e interessi aggiuntivi;
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🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

  • ✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e gestione della crisi personale e professionale.
  • ✔️ Specializzato nella difesa di professionisti sanitari (dentisti, igienisti, medici) contro debiti e accertamenti fiscali.
  • ✔️ Gestore della crisi d’impresa iscritto presso il Ministero della Giustizia.

Conclusione

Un’igienista dentale con debiti può risolvere la propria situazione e salvaguardare la professione, purché agisca subito con competenza e metodo.
Con una difesa legale e fiscale mirata, puoi bloccare le azioni di riscossione, ridurre le somme dovute e ricominciare con serenità.


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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
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La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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