Accertamento Fiscale Per Frodi Internazionali: Come Difendersi

Hai ricevuto un accertamento fiscale per presunta frode internazionale?
Si tratta di una delle contestazioni più gravi che l’Agenzia delle Entrate o la Guardia di Finanza possono muovere a un contribuente o a un’impresa, perché può comportare sanzioni elevate, il recupero di imposte evase e, nei casi più seri, conseguenze penali.
Le frodi internazionali vengono contestate quando il Fisco ritiene che siano stati occultati redditi, spostati capitali all’estero o utilizzate società estere fittizie per ridurre il carico fiscale. Tuttavia, molte di queste accuse derivano da errori interpretativi, incertezze normative o operazioni realmente lecite.
Con una difesa tecnica, fiscale e penale coordinata, è possibile dimostrare la liceità delle operazioni e ottenere l’annullamento o la riduzione delle sanzioni.


Quando l’Agenzia delle Entrate contesta una frode internazionale
– Se vengono rilevati trasferimenti di capitali verso paradisi fiscali o Paesi a fiscalità privilegiata
– Se l’Ufficio ritiene che una società estera sia fittizia o creata solo per evadere le imposte in Italia
– Se sono stati fatturati servizi o beni tra società collegate con prezzi non conformi al principio di libera concorrenza (transfer pricing)
– Se il contribuente non ha dichiarato redditi esteri o attività finanziarie all’estero nel quadro RW
– Se sono emersi conti correnti o investimenti non dichiarati in Paesi esteri
– Se l’Agenzia contesta l’uso di operazioni triangolari o società “cartiere” per simulare costi o esportazioni inesistenti


Conseguenze dell’accertamento per frode internazionale
Recupero di imposte evase (IRPEF, IRES, IVA) con sanzioni fino al 240% delle somme accertate
Interessi di mora sulle imposte dovute
Procedimenti penali per dichiarazione fraudolenta, occultamento di attività estere, riciclaggio o autoriciclaggio (artt. 2, 3, 4 e 5 D.Lgs. 74/2000)
Sequestri e confische di beni e conti correnti, anche per equivalente
Responsabilità penale degli amministratori e dei professionisti coinvolti


Come difendersi da un’accertamento per frode internazionale
– Dimostrare la reale sostanza economica delle operazioni estere, producendo documenti contabili, contratti e corrispondenze commerciali
– Produrre documentazione bancaria e fiscale che provi la tracciabilità e liceità dei movimenti di denaro
– Dimostrare che le società estere sono operative e non fittizie, con personale, struttura e bilanci effettivi
– Contestare errori di interpretazione delle norme internazionali (convenzioni contro le doppie imposizioni, accordi OCSE, direttive UE)
– Verificare la prescrizione, i vizi di notifica e la motivazione dell’accertamento
– Coordinare la difesa tributaria con quella penale, per evitare duplicazioni o errori strategici
– Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni, chiedendo anche la sospensione della riscossione


Il ruolo dell’avvocato nella difesa contro accuse di frode fiscale internazionale
– Analizzare la legittimità dell’accertamento e delle indagini fiscali
– Valutare la congruità delle prove raccolte dall’Agenzia delle Entrate o dalla Guardia di Finanza
– Coordinare la difesa tributaria, societaria e penale, quando il caso presenta risvolti giudiziari
– Redigere un ricorso dettagliato e tecnicamente fondato, basato su diritto tributario e internazionale
– Gestire il contraddittorio con l’Amministrazione e i rapporti con le autorità estere
– Tutelare il contribuente da sequestri, confische e danni reputazionali


Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale dell’accertamento fiscale
– La riduzione delle sanzioni per assenza di dolo o per corrette interpretazioni giuridiche
– La revoca dei sequestri e delle misure cautelari sui beni
– La sospensione immediata delle procedure di riscossione
– La tutela del patrimonio e della reputazione internazionale del contribuente


⚠️ Attenzione: le frodi fiscali internazionali sono spesso contestate anche in presenza di operazioni lecite o di interpretazioni controverse delle norme.
Molte aziende e professionisti subiscono accertamenti sproporzionati perché l’Amministrazione confonde pianificazione fiscale lecita con evasione.
È fondamentale agire subito, con l’assistenza di un avvocato tributarista e penalista esperto in fiscalità internazionale, per costruire una difesa solida e coordinata.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, fiscalità internazionale e reati fiscali – spiega come difendersi in caso di accertamento per frodi internazionali, quali errori verificare e quali strategie adottare per tutelare la propria posizione e il proprio patrimonio.

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Introduzione

Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate ha intensificato i controlli sui patrimoni e redditi detenuti all’estero da contribuenti italiani . Strumenti internazionali come lo scambio automatico di informazioni (OCSE/CRS, accordi bilaterali come il FATCA USA, DAC UE, TIEA, Convenzione MAAC) consentono oggi di ottenere dati su conti correnti, investimenti, partecipazioni e altri redditi esteri non dichiarati . Ciò ha portato migliaia di contribuenti a ricevere lettere o avvisi dell’Agenzia relativi a capitali esteri occultati, CFC (società controllate all’estero), esterovestizione societaria, trust non dichiarati, operazioni con paradisi fiscali e criptovalute. L’accertamento fiscale internazionale rappresenta quindi una sfida complessa: il contribuente si trova di fronte al Fisco che, basandosi su dati dall’estero, pretende maggiori imposte e sanzioni . Questa guida illustra da un punto di vista avanzato (avvocati, privati, imprenditori) le principali strategie difensive nella fase amministrativa e penale, con riferimenti normativi e giurisprudenziali recenti, tabelle riepilogative, Q&A e casi pratici.

Quadro normativo internazionale

L’Italia partecipa a numerosi accordi per lo scambio di informazioni fiscali: – Unione Europea: le direttive UE (es. Direttiva 2011/16/UE sull’amministrazione cooperativa in materia di imposte dirette e la Direttiva 2014/107/UE – DAC2 – sull’AEOI/CRS) e i regolamenti come il Regolamento (UE) 904/2010 in materia di IVA. Tali norme impongono lo scambio su richiesta, spontaneo e – dal 2017 – automatico di dati sui redditi dei residenti negli altri Stati membri . – Convenzioni internazionali: l’Italia si avvale delle convenzioni contro la doppia imposizione (basate sul modello OCSE) il cui art. 26 disciplina lo scambio di informazioni tra Stati . Per i Paesi senza convenzione è disponibile il modello TIEA OCSE e la Convenzione Multilaterale di Assistenza (MAAC) che regolano la cooperazione fiscale internazionale . – Normativa nazionale: importanti strumenti di trasparenza fiscale sono stati recepiti in Italia: ad esempio il recepimento del Common Reporting Standard (CRS) e la trasposizione delle direttive AEOI. A livello interno, il TUIR e il DPR 600/1973 prevedono obblighi di dichiarazione dei redditi esteri, mentre il DPR 322/1998 e il D.Lgs. 167/1990 regolano il quadro RW (monitoraggio fiscale degli investimenti esteri). Inoltre, la legge delega 209/2023 e relative norme attuative (cfr. art. 73 TUIR) aggiornano i criteri di residenza fiscale delle società (esterovestizione) .

Gli strumenti internazionali hanno rinforzato il potere di controllo del Fisco, ma anche il contribuente può invocare convenzioni contro la doppia imposizione e protezioni europee per evitare tassazioni illegittime . Ad esempio, molti trattati prevedono che una stabile organizzazione estera sia tassata in Italia solo sui redditi prodotti nel territorio (art. 7 del modello OCSE). Conoscere i dettagli di tali norme è il primo passo per preparare una difesa.

Obblighi del contribuente con attività estere

Un contribuente fiscale italiano – persona fisica o giuridica – deve dichiarare in Italia tutti i redditi mondiali e gli investimenti detenuti all’estero. In particolare:

  • Quadro RW e monitoraggio fiscale: chi detiene all’estero conti correnti, titoli, partecipazioni, immobili o trust deve compilare il quadro RW della dichiarazione dei redditi. L’omessa compilazione espone a sanzioni amministrative dal 3% al 15% del valore degli investimenti occultati (fino al 30% per paesi “black list”) . Anche costi/depositi relativi a contratti finanziari esteri rientrano in tali obblighi. Per il contribuente è fondamentale provare l’avvenuta compilazione o, se omessa, sanare tempestivamente la violazione (ravvedimento operoso).
  • Imposte IRPEF, IRES e IRAP: i redditi esteri (dividendi, interessi, plusvalenze, redditi di lavoro/azienda prodotti all’estero) confluiscono nell’imponibile IRPEF (per i privati) o IRES (per le società). Le società italiane con attività estere devono inoltre considerare il regime CFC (Controlled Foreign Company): i redditi delle controllate estere in “paradisi fiscali” possono essere imputati al reddito italiano del socio. L’IRAP, tassa regionale sul valore della produzione, grava invece sulle attività produttive in Italia e non è tipicamente soggetta a reati tributarî ; infatti, la Cassazione ha stabilito che «la legge non conferisce rilevanza penale all’eventuale evasione dell’IRAP» .
  • Altre imposte: vanno considerati anche tributi come l’IVA (per operazioni transfrontaliere e frodi carosello), l’imposta sulle successioni e donazioni (per patrimoni esteri ereditati o donati), nonché eventuali imposte comunali (es. IMU su immobili esteri, a certe condizioni). Il Fisco verifica in pratica ogni violazione che può ridurre il carico fiscale complessivo in Italia.

Il contribuente deve quindi osservare le norme italiane ed eventuali obblighi internazionali (ad esempio, segnalare conti esteri sulla scheda RW, pagare IVA su importazioni irrilevanti, ecc.). Anche errori formali (es. omettere un conto minore) possono tramutarsi in contestazioni più ampie se a monte il Fisco sospetta una frode internazionale. Di qui l’importanza di un’adeguata due diligence contabile e di una consulenza specializzata prima di affrontare un accertamento.

Scenari tipici di frodi internazionali e fonti del Fisco

Il Fisco italiano dispone di varî strumenti per individuare possibili frodi internazionali:

  • Scambio automatico di dati (CRS e DAC): banche e intermediari esteri inviano ogni anno all’Agenzia delle Entrate informazioni sui conti di residenti italiani. L’Agenzia confronta questi dati con le dichiarazioni del contribuente e segnala eventuali discordanze . Ricevere una lettera “di compliance” per chiarire rapporti bancari in Svizzera, Lussemburgo, USA, ecc. è ormai frequente.
  • Segnalazioni e banche dati nazionali: l’Agenzia incrocia elenchi internazionali (Panama Papers, Pandora Papers, Lista Falciani, ecc.), segnalazioni antiriciclaggio delle banche e informazioni fornite da Guardia di Finanza, Dogane e altre autorità. Anche direttive europee anti-frode (ad es. 904/2010 per l’IVA) consentono verifiche incrociate tra Stati UE .
  • Accordi bilaterali di assistenza giudiziaria: tramite rogatorie internazionali e convenzioni amichevoli (p.es. Italia – San Marino, Svizzera o UE) le autorità estere possono inviare all’Italia documenti bancari o contabili acquisiti in indagini penali o amministrative. Recenti decisioni di Cassazione hanno confermato che, purché non violino diritti fondamentali, tali prove possono essere utilizzate nel processo tributario italiano .
  • Attività ispettiva tradizionale: accessi, ispezioni e verifiche in azienda possono far emergere documentazione contabile o fatture false relative a operazioni internazionali. Ad esempio, l’emissione di fatture per operazioni inesistenti con imprese estere (cartiere, frodi carosello) può scatenare sia accertamenti civili che procedimenti penali.

In pratica, le fonti dei dati esteri alimentano “alert” interni: se in dichiarazione italiana non compaiono redditi o conti trovati all’estero, scatta l’accertamento fiscale. Il contribuente viene quindi chiamato a chiarire le discrepanze o a dimostrare che i redditi esteri sono già stati tassati. In caso contrario, l’Ufficio può recuperare le imposte non versate e comminare sanzioni pesanti . Negli scenari più gravi, si apre anche la fase penale (accusa di frode fiscale internazionale) .

Il procedimento di accertamento e i diritti del contribuente

L’accertamento basato su dati internazionali segue l’iter ordinario del diritto tributario, con alcuni aspetti peculiari:

  • Lettere e questionari preventivi: spesso l’Agenzia inizia con una lettera di compliance o un questionario (PAG/I) che richiede chiarimenti sui redditi esteri o sull’aggiornamento del quadro RW. Il contribuente ha il diritto di rispondere entro 30-60 giorni con documentazione probatoria (certificati bancari, dichiarazioni fiscali estere, contratti, ecc.). Anche in questa fase è possibile avviare il contraddittorio: l’Agenzia deve indicare i motivi del sospetto e il contribuente può controbattere con prove contrarie.
  • Contraddittorio preventivo (endoprocedimentale): l’art. 12 del DPR 600/1973 prevede il contraddittorio prima dell’atto per le imposte armonizzate (es. IVA), ma non per quelle nazionali (IRPEF, IRES) . Ciò significa che, salvo eccezioni, il contribuente non ha diritto a un contraddittorio “spontaneo” prima dell’avviso di accertamento relativo alle imposte sui redditi. Tuttavia, se l’Ufficio fissa un appuntamento o invia questionari, è consigliabile partecipare e presentare la difesa documentale disponibile.
  • Notifica dell’avviso di accertamento: se il contribuente non collabora o sussistono presunzioni, l’Agenzia può emettere un avviso di accertamento motivato. Questo atto deve indicare la quantificazione dei maggiori redditi, interessi e sanzioni, e va notificato al contribuente. Da questo momento parte il termine (generalmente 60 giorni) per ricorrere in commissione tributaria. È fondamentale esaminare subito l’avviso: potrebbero esserci vizi di motivazione (ad es. mancata prova documentale, errori nelle cifre) che si possono contestare già con un’istanza di autotutela o direttamente nel ricorso.
  • Termini di decadenza e raddoppio dei termini: in generale l’accertamento sui redditi si prescrive in 5 anni dall’anno successivo (art. 43 DPR 600/73). Tuttavia, il legislatore italiano ha esteso a 10 anni in caso di “frodi fiscali” (art. 43, comma 4-bis c.p.c., introdotto dal D.L. 157/2019). In pratica, se l’Ufficio contesta evasione fiscale grave – come avvenuto all’estero – può utilizzare i 10 anni. È importante verificare se l’avviso è stato emesso entro tale termine. Se supera i 5 anni ma è fondato sulla presunzione di frode, scatta il “raddoppio” fino a 10 anni .
  • Opportunità di ravvedimento e conciliazione: anche in sede amministrativa il contribuente può sanare volontariamente le omissioni con la collaborazione volontaria (Legge 234/2021) o l’istituto del ravvedimento operoso. Queste procedure non cancellano però il diritto di agire per il Fisco, ma possono ridurre sanzioni e tassi. Se l’avviso è già notificato, un rimborso o pagamento parziale può comunque attenuare le conseguenze (p.es. applicazione della causa di non punibilità per estinzione del debito ex art. 13 D.Lgs.74/2000).

Domande e risposte – Procedimento di accertamento

  • D: L’agenzia deve ascoltare la mia versione prima di emettere l’avviso?
    R: Come visto, il contraddittorio «anticipato» obbligatorio vale solo per tributi armonizzati (es. IVA) . Per IRPEF/IRES la Corte di Cassazione ha confermato che l’Ufficio può procedere “a tavolino” senza necessità di incontro formale . Ciò non vieta però all’Ufficio di interloquire con il contribuente; se ciò avviene, è un’opportunità da sfruttare. In ogni caso, all’avviso è possibile rispondere con prove e motivazioni in sede di ricorso tributario.
  • D: Che sanzioni pago se non dichiaro i conti esteri nel quadro RW?
    R: Per le attività finanziarie estere il regime sanzionatorio è quello del monitoraggio fiscale: omissione o dichiarazione incompleta del quadro RW comporta sanzioni dal 3% al 15% del valore non dichiarato (fino al 30% per paesi black list) . A differenza dei reati tributari, l’omissione RW genera solo sanzioni civilistiche (non penali) – se però da tale omissione deriva evasione IRPEF, può scattare poi il reato tributario . È dunque cruciale non ignorare il quadro RW: anche se non penale, la sanzione fiscale può essere onerosa.
  • D: Cosa fare se ricevo un avviso basato su dati CRS?
    R: In fase amministrativa, conviene innanzitutto verificare la fonte dei dati (es. una banca estera, un’intervista, un leak). Spesso sono presenti errori materiali (nomi simili, codici errati o conti chiusi). Il contribuente può far presente eventuali inesattezze . In parallelo, bisogna documentare che i redditi esteri siano già stati tassati all’estero o regolarmente assoggettati a imposte in Italia (ad esempio certificati di tassazione estera). Se il problema è solo un ritardo nella dichiarazione RW, può essere risolto con ravvedimento. In ogni caso, non è vero che l’Amministrazione può tassa­re due volte: le convenzioni contro le doppie imposizioni impediscono la doppia tassazione a carico dello stesso reddito .
  • D: Quali prove può usare il Fisco?
    R: Come chiarisce la Cassazione, l’Ufficio tributario può utilizzare qualsiasi documento anche proveniente da indagini penali o informazioni internazionali . Non esiste nel processo tributario un divieto generale di utilizzare prove “irritualmente acquisite” (diverso dal processo penale) . Quindi l’Agenzia può basare l’accertamento su estratti conto, relazioni internazionali e rogatorie ottenute all’estero, a patto di non violare diritti costituzionali (privacy e domicilio). L’onere della prova gravita comunque sull’Amministrazione: essa deve dimostrare con presunzioni gravi, precise e concordanti l’esistenza dei redditi occultati .

Strategie difensive in sede amministrativa

Il contribuente dispone di varie contromisure anche prima del contenzioso:

  • Chiedere chiarimenti formali: se ritieni che i dati ricevuti dal Fisco siano errati o incompleti (p.es. un conto intestato a omonimo, erronea appartenenza del codice fiscale, o conti chiusi da tempo), invia una risposta formale all’Agenzia chiedendo spiegazioni. Eventuali errori materiali nei dati vanno contestati subito . Ciò può bastare a bloccare un accertamento infondato.
  • Dimostrare l’adempimento fiscale: procurati certificati o attestazioni ufficiali dallo Stato estero che comprovino l’irreversibilità di tassazione (ad esempio: cedolare secca per investimenti esteri, trattenute estere certificate, ricevute di pagamenti locali). Includi nella risposta documenti che mostrino la corretta dichiarazione italiana dei redditi esteri (dichiarazioni dei redditi, cert. ritenute, dettagli partecipazioni). Se possibile, evidenzia che è già stata pagata una imposta da computare in credito d’imposta italiano.
  • Invocare le convenzioni internazionali: ricorda al Fisco che le imposte pagate all’estero sono riconosciute come credito d’imposta in Italia e che esistono accordi per evitare la doppia imposizione . Se l’avviso non considera questi aspetti, fa presente che l’applicazione delle convenzioni è un diritto del contribuente, e che l’Agenzia deve giustificare eventuali addizionali.
  • Controllare i vizi procedurali: verifica che l’avviso di accertamento rispetti tutte le forme previste dalla legge (contenuto motivazionale, termini di emissione, notifica regolare). Mancanze o contraddizioni nella motivazione (ad esempio dati non acquisiti a norma, vizi nei conteggi delle sanzioni) possono costituire motivo di annullamento. Anche l’eccesso di potere o la violazione del termine di decadenza (se l’accertamento è tardivo) vanno segnalati.
  • Ravvedimento operoso: se l’omissione è di lieve entità e si vuole evitare il contenzioso, è possibile regolarizzare gli errori prima che scada il termine per l’accertamento finale. La legge prevede la possibilità di ravvedersi, pagando imposte, interessi e sanzioni ridotte. Ciò può essere particolarmente utile per limitare le sanzioni su RW o dichiarazioni.
  • Ricorso tributario: quando l’avviso è definitivo, la difesa formale passa per il ricorso in commissione tributaria. In questo atto puoi svolgere tutte le argomentazioni (giuridiche e di fatto) a sostegno della tua posizione, allegando prove e documenti. Tipicamente si contesta l’imputabilità dei redditi (ad es. dimostrando che i fondi esteri appartenevano a terzi o erano entrate regolari), si insiste sul rispetto dei trattati e delle norme, e si evidenzia qualsiasi lacuna istruttoria dell’Ufficio.

Il consulente legale sarà di aiuto nell’analizzare i documenti internazionali, suggerire i riferimenti giuridici adatti e preparare la memoria difensiva più solida.

Difesa nel contenzioso tributario: principi e giurisprudenza

Nella fase giudiziale (Commissione Tributaria Provinciale/Regionale e Cassazione), valgono regole generali potenziate da alcune recenti pronunce:

  • Utilizzabilità delle prove estere: la Suprema Corte ha stabilito che l’accertamento tributario può fondarsi su elementi emersi da indagini penali e scambi di informazioni internazionali . In particolare, la Cassazione n. 8452/2025 ha ribadito che «non esiste nell’ordinamento tributario un principio generale di inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite» . Gli orientamenti consolidati affermano che solo la violazione di diritti costituzionali fondamentali (p.es. libertà personale, domiciliazione abusiva) può condurre all’esclusione della prova . Laddove siano emerse disponibilità finanziarie occultate in paradisi fiscali, e il contribuente non le contesta o non le giustifica, tale scoperta costituisce prova grave e precisa di redditi non dichiarati .
  • Onere della prova e presunzioni: spetta all’Amministrazione provare l’elemento oggettivo del reato tributario (ad es. il minor reddito dichiarato) attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti . Nel caso delle società olandesi in Cass. 33234-35/2018, la Corte ha affermato che non basta contestare genericamente l’esterovestizione; se il Fisco dimostra che la presenza in Lussemburgo era meramente fittizia, allora il contribuente deve provare concretamente di avere una struttura economica reale nel Paese estero . In altri termini, la Cassazione ha richiamato che l’esterovestizione (fittizio trasferimento della residenza fiscale all’estero) può essere sconfessata solo se emerge il “puro artificio” e un vantaggio fiscale abnorme .
  • Esterovestizione societaria: la giurisprudenza recente ha precisato quando si configura e come difendersi. In Cass. 14527/2019 si è stabilito che la sola “mera gestione di partecipazioni” all’estero non è di per sé indice di residenza italiana . Anzi, la Corte ha affermato che la sede effettiva di una holding può essere individuata nel luogo in cui si tengono riunioni di amministratori e assemblee , non certo dove i manager risiedono fisicamente. Ciò significa che, nel contenzioso, una società estera deve dimostrare l’effettiva autonomia organizzativa e attività nel Paese di sede, altrimenti la contestazione di esterovestizione potrebbe essere annullata .
  • Abuso del diritto e frode fiscale internazionale: spesso l’Agenzia inquadra l’esterovestizione nell’ambito dell’abuso del diritto o di pratiche elusive. La Cassazione, però, ricorda che il contribuente è libero di organizzare i propri affari per pagare meno imposte (diritto di libertà di stabilimento) . L’esterovestizione è “abusiva” e penalmente rilevante solo se l’operazione è meramente fittizia, senza sostanza economica e finalizzata esclusivamente all’elusione fiscale . In caso contrario, l’azione tributaria deve considerare il principio di proporzionalità e la legittimità delle scelte imprenditoriali.
  • Doppio binario amministrativo/penale: per un contribuente soggetto ad accertamento internazionale, può scattare sia il contenzioso tributario sia il penale tributario (cosiddetto “doppio binario”). La Corte Edu e la Cassazione hanno definito che è possibile perseguire entrambe le vie solo se i due procedimenti (amministrativo e penale) sono strettamente collegati nel tempo e nella sostanza . La sentenza Cass. 37312/2023 ha ribadito che, dopo una violazione tributaria rilevante anche penalmente, non è proibito per principio il doppio procedimento, ma occorre garantire che le sanzioni complessive rimangano proporzionali . Nel caso concreto, la Corte ha persino accolto il ricorso del contribuente perché era intercorso un notevole ritardo tra la chiusura del giudizio tributario e l’avvio di quello penale, configurando una violazione del divieto di doppio incriminazione (ne bis in idem) .

Nel ricorso tributario, quindi, conviene valorizzare ogni argomento giuridico: dalla tutela della buona fede alle cause di esclusione di responsabilità (ad es. impossibilità di versamento per comprovata crisi di liquidità), fino alle sentenze favorevoli (come quelle citate) che vincolano i giudici tributari. Nel caso di evidenti violazioni procedurali o di prove insufficienti, il contribuente può chiedere alla Commissione la riforma dell’avviso. Anche il giudizio penale (se in corso) può influire sul tributario: ad es. una sentenza penale irrevocabile di assoluzione può portare all’annullamento dell’accertamento tributario correlato.

Aspetti penali e difesa del contribuente

Parallelamente all’accertamento fiscale, il contribuente rischia di essere indagato o imputato per reati tributari, in particolare:

  • Art. 4 D.Lgs. 74/2000 (dichiarazione infedele): punisce chi inserisce elementi passivi o omette elementi attivi tali da ridurre le imposte sui redditi (IRPEF/IRES) di oltre il 10% e di almeno 100.000 euro (soglia maggiorata rispetto al 51.645€ originario). La pena è reclusione da 2 a 6 anni (fino a 8 anni se il fatto è molto grave).
  • Art. 5 D.Lgs. 74/2000 (omessa dichiarazione): chi non presenta la dichiarazione dei redditi o IVA e ciò determina evasione d’imposta di almeno 50.000 euro (soglia aumentata a 100.000€) commette reato, con pene da 1 a 3 anni.
  • Art. 8 D.Lgs. 74/2000 (fatture o altri documenti per operazioni inesistenti): penalizza chi, al fine di evadere, emette o utilizza fatture false. Se usato per frodi internazionali (p.es. fatture false con società estere di comodo), l’atto è reato con sanzioni fino a 6 anni.
  • Altri reati tributarî: sono rilevanti anche l’omesso versamento (art. 10-bis) e l’emissione di fatture false (art. 8), fino ai reati associativi (art. 12 – associazione a delinquere finalizzata a frode fiscale) che possono essere contestati in casi di organizzazioni criminali sofisticate. Se l’avviso si basa su omissioni gravi, la Procura può aprire un’indagine. L’interessato verrà quindi ascoltato come indagato e potrà – con un avvocato penalista – chiedere archivio o patteggiamento nel caso di fatti minori o provarne l’estraneità.

Doppio binario e principio di non bis in idem

Un punto cruciale per il contribuente-indagato è il rapporto tra sanzioni amministrative e penali. La giurisprudenza europea consente allo Stato di irrogare sia una sanzione tributaria che un procedimento penale, a condizione che tra i due provvedimenti vi sia connessione sostanziale e temporale . In caso contrario, come insegna la sentenza Cass. 37312/2023, la Cassazione può riconoscere la violazione del divieto di ne bis in idem europeo . Il contribuente deve quindi far valere la vicinanza tra fatti e tempi: per esempio, se il tributo è stato versato o definito, il giudice penale dovrà ridurre le pene per evitare una doppia punizione eccessiva. Anzi, la Cassazione richiede che nelle decisioni il magistrato verifichi la proporzionalità complessiva delle sanzioni applicate .

Domande e risposte – Aspetti penali

  • D: Posso essere arrestato o sequestrato il patrimonio per evasione internazionale?
    R: In genere i reati tributari prevedono pene detentive (non arretrato) e sequestri conservativi (fini di confisca per equivalente). La Procura può chiedere il sequestro di somme fino al limite dell’evaso accertato. Non esistono più misure personali (arresto) per reati fiscali. Tuttavia, se si sospetta riciclaggio o associazione a delinquere, può scattare la custodia cautelare. Il contribuente ha comunque diritto a difendersi da subito e a presentare l’istanza di revoca del sequestro (sgravare dai sequestri).
  • D: Cosa cambia tra art. 4 e 5 del D.Lgs. 74/2000?
    R: L’art. 4 punisce la dichiarazione infedele (sottovalutazione degli elementi attivi o sopravvalutazione degli elementi passivi) oltre certe soglie. L’art. 5 sanziona l’omessa dichiarazione (nessuna presentazione del modello). Entrambi richiedono una soglia di imponibile evaso per configurarsi reato . Con la riforma del 2019, tali soglie sono state innalzate (ad es. al 10% del totale dichiarato e 1.000.000€ per i casi più gravi), ma rimangono pene severe di reclusione.
  • D: L’omesso versamento dell’IVA è reato anche per crisi di liquidità?
    R: Come regola generale sì, la Cassazione ha affermato che l’omesso versamento IVA è reato anche in caso di crisi di liquidità . Tuttavia, nel 2024 il legislatore ha introdotto l’art. 13, comma 3-bis, D.Lgs. 74/2000, che esclude la punibilità per tale reato se l’impresa dimostra una situazione di insolvibilità (crisi finanziaria) e l’omissione è causata da ciò. Quindi oggi se sussiste una grave crisi dimostrata, il reato IVA può essere derubricato in semplice illecito amministrativo.
  • D: Quali sono le cause di non punibilità?
    R: Il contribuente deve sapere di poter sanare il proprio profilo penale con la non punibilità dell’art. 13 D.Lgs.74/2000. Se, prima dell’accertamento, il contribuente paga interamente il debito tributario definito (compresi imposte, interessi e sanzioni non pagate), il reato si estingue (salvo recidiva o associazione). Attenzione però: se l’avviso penale è già contestato, tale definizione deve avvenire entro la chiusura delle indagini o prima della sentenza definitiva. Inoltre, la norma non opera se l’indagine era già in corso indipendentemente dalla dichiarazione tardiva.

In generale, il contribuente-indagato dovrebbe collaborare con il proprio avvocato penalista per negoziare eventuali patteggiamenti o chiedere archiviazioni quando i fatti non configurano un reato, tenendo ben presente però che i reati fiscali più gravi richiedono un’intenzione fraudolenta ben dimostrata. Se la difesa amministrativa ha già ottenuto l’annullamento dell’avviso, può essere strategico far valere tale sentenza anche in sede penale (e viceversa).

Tabelle riepilogative

Tabella 1 – Sintesi delle principali fattispecie e sanzioni:

Violazione fiscaleTributo/i coinvoltiSanzioni amministrativeSanzioni penali
Omessa compilazione quadro RW3–15% del valore non dichiarato (fino 30% per paesi black-list)– (solo sanzione pecuniaria civile)
Dichiarazione infedele (omessi/occulti >soglia)IRPEF, IRESSomma dovuta + sanzioni (30–90%)Art.4 D.Lgs. 74/2000: reclusione 2–6 anni (7-9 se più grave)
Omessa dichiarazione (superi soglia)IRPEF, IRAP (gravame extra)Sanzioni ridotte (120–240%)Art.5 D.Lgs. 74/2000: reclusione 1–3 anni
Fatture false per operazioni inesistentiIVA, IRPEF, ecc.Correzione IVA + sanzioni (90–180%)Art.8 D.Lgs. 74/2000: reclusione 2–6 anni
Esterovestizione (residenza fittizia societaria)IRPEF/IRES, IVAAccertamento sui redditi ritenuti prodotti in Italia– (inclusa nell’abuso del diritto; non reato autonomo salvo art.2)
Omesso versamento IVA (senza giust. crisi)IVASanzione da 30% a 180% dell’impostaArt.10-bis D.Lgs.74/2000: reclusione 6 mesi–2 anni
Omesso versamento IVA con crisi di liquidità (dal 2024)IVASanzione (eventuale condono)Esclusa punibilità (art.13, comma 3-bis D.Lgs.74/2000)

Fonte: elaborazione su normative italiane vigenti e orientamenti giurisprudenziali recenti.

Simulazioni pratiche

Caso 1: Investimenti esteri di un professionista
Mario, medico italiano residente, detiene un conto corrente svizzero su cui riceve dividendi da titoli esteri. Dopo alcuni anni, l’Agenzia delle Entrate riceve dati CRS sulla sua banca e apre una verifica. Mario ha regolarmente compilato il quadro RW, ma dimenticato di dichiarare i dividendi stranieri nell’ultima dichiarazione. L’Ufficio invia prima una lettera di compliance chiedendo chiarimenti sui dati esteri, poi emette un avviso di rettifica IRPEF per gli ultimi 5 anni + sanzioni per omessa dichiarazione.
Difesa: Mario fornisce la documentazione bancaria che prova il pagamento delle imposte estere sui dividendi e chiede il riconoscimento del credito d’imposta in Italia. Con l’avvocato, contestiamo gli estremi formali dell’avviso (termine decennale vs quinquennale). Grazie al ravvedimento operoso, Mario sanerà la sua omissione (dichiarando i redditi con sanzione ridotta) e presenterà ricorso per chiedere l’annullamento parziale delle sanzioni, sostenendo la buona fede e l’errore materiale.

Caso 2: Società italiana con controllata estera di comodo (CFC)
Una S.r.l. italiana possiede il 100% di una s.p. canadese (in un territorio con imposta bassissima). Nonostante gli amministratori vivano in Italia, la controllata dichiara di avere sede in Canada per usufruire del regime fiscale agevolato. L’Agenzia scopre la situazione tramite rogatoria. Emesso avviso per IRPEF societario e IRES, assumendo l’applicazione delle regole CFC: rivaluta parte degli utili della canadese come reddito italiano. Inoltre, i revisori fiscali dell’ufficio ipotizzano la frode di esterovestizione sociale (art. 73 TUIR) e recuperano IRAP (per attività italiana occultata).
Difesa: La società contesta la presunta violazione dell’art.73 TUIR dimostrando con verbali assemblea, contratti di lavoro e sedi operative che la gestione effettiva è in Canada (Cass. 14527/2019 ). Si cita la sentenza Cass. 33234/2018 per evidenziare che senza «puro artificio» l’esterovestizione non regge: la controllata ha sede effettiva all’estero, comunque. In sede penale (indagini per art.4 o 5 D.Lgs.74), il legale chiede subito il computo del debito tributario (art.13) per azzerare il reato. Se non completamente riuscito, si punta a dimostrare l’assenza di dolo: è normale ottimizzare la tassazione nel rispetto dei vincoli legali.

Caso 3: Società estera con stabile organizzazione in Italia
Una impresa francese ha un ufficio in Italia dove gestisce contratti. L’Agenzia emette un avviso per omessa dichiarazione in Italia (IRES/IRAP) affermando che la società aveva una stabile organizzazione non dichiarata.
Difesa: Il legale mostra il contratto di locazione dell’ufficio e le buste paga dei dipendenti italiani, dimostrando che in Italia la società svolge attività (servizi di supporto), configurando in realtà una stabile organizzazione. In base alle convenzioni (art. 7 modello OCSE) la società francese deve solo pagare le tasse sui redditi prodotti in Italia. Se effettivamente lo è stata, ne indica l’ammontare, evitando duplicazioni. Si chiede, infine, di applicare il credito d’imposta se applicabile.

Domande frequenti e chiarimenti

  • Che documenti posso presentare in giudizio per la mia difesa? È consigliabile fornire prove ufficiali: certificati di tassazione estera, estratti conto, polizze assicurative, contratti, buste paga italiane, statuti societari, delibere di amministratori all’estero, ecc. Ogni documento che attestava l’adempimento degli obblighi può aiutare a confutare le presunzioni del Fisco. Anche dichiarazioni giurate di funzionari esteri o perizie tecniche (come la stima di immobili) possono essere utilizzate.
  • Posso fare ricorso subito o bisogna aspettare di ricevere l’avviso di accertamento? Allo stato l’avviso deve essere notificato per poter agire legalmente (ad eccezione di questionari o accessi). Tuttavia, se già ricevuto un questionario o lettera, si può iniziare a raccogliere prove e inviare documenti all’Agenzia. Il ricorso vera e propria va presentato entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso in Commissione Tributaria.
  • Cosa comporta una condanna penale per frode fiscale? Oltre alla pena detentiva, una condanna per reato tributario determina quasi sempre la confisca per equivalente del profitto del reato (pari alle imposte non versate). Ciò significa dover pagare l’intera somma e altre eventuali sanzioni pecuniarie. Dal punto di vista civilistico, non ne consegue automaticamente un aggravio oltre a quanto già imposto con l’avviso (salvo interessi). Dal punto di vista fiscale, la condanna penale non assolve dal pagare i tributi dovuti, che restano dovuti in ogni caso.
  • La giurisprudenza favorevole mi può “salvare”? Le sentenze della Cassazione e della Corte Costituzionale (o della CEDU) sono fonte di diritto vincolante. Se esistono decisioni simili ai tuoi fatti che hanno dato ragione al contribuente (come quelle citate in questa guida), possono e devono essere usate come argomenti nel ricorso. Se il giudice tributario li ritiene applicabili, può annullare l’avviso. Va tenuto presente però che la giurisprudenza evolve: le pronunce del 2025 (cass. 8452/2025, 37312/2023) e quelle indicate nella sezione fonti sono attuali.
  • Quali rischi penali corro se accetto di pagare l’imposta in un avviso? Pagare il debito tributario definito in un avviso annulla il reato (art. 13 D.Lgs. 74/2000). Quindi, se esiste indagine penale in corso, l’estinzione del debito è causa di non punibilità se eseguita nei termini previsti. Pertanto può essere strategico definire subito in via amministrativa per evitare il penale. Viceversa, in assenza di definizione, l’adempimento tardivo finisce per scontare le conseguenze penali nelle aule giudiziarie (salvo patteggiamento o altre soluzioni).
  • Cosa succede se ho già pagato tutto il dovuto ma il Fisco vuole delle sanzioni? Si può contestare la sanzione chiedendo l’annullamento dell’avviso residuo. Ad esempio, se è stato accertato un maggior reddito e l’imposta è stata pagata (o inserita in dichiarazione integrativa), le sanzioni amministrative per violazioni formali (es. tardività di RW) possono essere ridotte o eliminate con autosufficienza documentale. In giudizio si evidenzia la tempestiva regolarizzazione e la buona fede del contribuente: spesso i giudici tributari chiudono gli atti con sanzioni contenute o nulle in tali casi.

Conclusioni

L’accertamento fiscale basato su dati internazionali è un procedimento complesso che coniuga elementi di diritto tributario, fiscalità internazionale e diritto penale. Dal punto di vista del contribuente (persona fisica o impresa), la difesa deve partire dal presupposto della trasparenza: ogni reddito e patrimonio estero deve essere documentato, dichiarato e tassato correttamente. Per ogni contestazione, è possibile contrapporre prove e motivazioni solide: dimostrare l’effettività dell’attività all’estero, l’avvenuto pagamento di imposte nel Paese estero, il rispetto delle convenzioni internazionali e l’assenza di artifici fraudolenti è essenziale.

In ambito amministrativo, la strategia difensiva consiste nel rispondere prontamente alle richieste dell’Agenzia, correggendo eventuali errori di fatto e applicando strumenti come il ravvedimento operoso. In sede contenziosa, si fa leva sui diritti del contribuente (contraddittorio, tutela giurisdizionale, onere probatorio dell’Amministrazione) e sulle recenti pronunce di legittimità. Se scatta anche la fase penale, occorre bilanciare attentamente le azioni: pagare il debito fiscale può estinguere il reato, ma in giudizio penale può valere la prova di buona fede.

In ogni caso, una preparazione preventiva e una consulenza legale specializzata sono fondamentali. Il contribuente non deve farsi trovare impreparato: un’assistenza tecnica tempestiva può evitare il rischio di sanzioni sproporzionate o di errori procedurali che potrebbero compromettere la difesa stessa. La conoscenza delle regole internazionali (CRS, DAC, trattati), delle norme nazionali (TUIR, DPR 600/73, D.Lgs. 74/2000) e l’aggiornamento sulle ultime sentenze sono indispensabili per difendersi efficacemente da ogni tipo di accertamento su frodi fiscali internazionali.

Hai ricevuto un avviso di accertamento fiscale o una comunicazione di indagine per presunte frodi internazionali? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai ricevuto un avviso di accertamento fiscale o una comunicazione di indagine per presunte frodi internazionali?
Ti contestano operazioni con l’estero, fatture false, società di comodo o meccanismi di evasione transfrontaliera?

👉 Prima regola: le accuse di frode fiscale internazionale sono gravi ma difendibili.
Molti accertamenti derivano da presunzioni o automatismi investigativi, spesso basati su errori di interpretazione delle norme doganali, IVA o sulle società estere.
Con una difesa tecnico-giuridica mirata, è possibile dimostrare la legittimità delle operazioni e ridurre drasticamente i rischi penali e tributari.


⚖️ Cos’è una frode fiscale internazionale

Si parla di frode fiscale internazionale quando un contribuente, persona fisica o società, utilizza meccanismi transfrontalieri per eludere o evadere imposte in Italia.
Le ipotesi più comuni riguardano:

  • Fatture false o sovrafatturazioni per import/export;
  • Società estere di comodo (esterovestizione);
  • Fittizia residenza fiscale all’estero;
  • Frodi IVA intracomunitarie (carosello, missing trader);
  • Frodi doganali o triangolazioni non reali;
  • Trasferimento illecito di utili o capitali a paradisi fiscali.

L’Agenzia delle Entrate, la Guardia di Finanza e l’OLAF (Ufficio Antifrode UE) collaborano nelle indagini, ma l’onere della prova resta a carico dell’Amministrazione.


📌 Le conseguenze della contestazione

  • Recupero delle imposte evase (IVA, IRES, IRPEF, dazi doganali).
  • Sanzioni amministrative fino al 240% delle imposte accertate.
  • Interessi di mora e iscrizione a ruolo coattivo.
  • Procedimento penale tributario (artt. 2, 3, 4 e 5 D.Lgs. 74/2000).
  • Sequestro preventivo e confisca dei beni o dei conti esteri.
  • Responsabilità personale degli amministratori o dei professionisti coinvolti.

🔍 Cosa verificare per difendersi

  • Le operazioni contestate sono realmente fittizie o derivano da legittime attività commerciali estere?
  • La residenza fiscale è stata accertata correttamente secondo criteri oggettivi (centro degli interessi vitali, sede di direzione effettiva)?
  • L’Agenzia ha rispettato il contraddittorio preventivo e il diritto di difesa?
  • Le società estere coinvolte operano realmente o sono solo veicoli societari legittimi?
  • Le transazioni intracomunitarie hanno documentazione di supporto (CMR, fatture, contratti, pagamenti tracciati)?
  • Sono stati rispettati i principi di proporzionalità e territorialità fiscale secondo le convenzioni internazionali?

🧾 Documenti utili alla difesa

  • Avviso di accertamento o verbale di constatazione.
  • Contratti commerciali e documentazione doganale.
  • Fatture, bonifici, lettere di vettura, dichiarazioni Intrastat.
  • Estratti conto bancari e documenti di pagamento.
  • Bilanci e registrazioni contabili delle società italiane ed estere.
  • Comunicazioni e-mail o PEC con clienti e fornitori stranieri.
  • Certificazioni di residenza fiscale estera o documenti societari.

🛠️ Strategie di difesa

  • Dimostrare la realtà economica e commerciale delle operazioni.
  • Contestare l’errata qualificazione della residenza fiscale o dell’esterovestizione.
  • Eccepire vizi di procedura o di motivazione nell’accertamento.
  • Produrre documenti esteri autenticati che attestano la genuinità dei rapporti.
  • Far valere le Convenzioni contro la doppia imposizione e la normativa UE.
  • Chiedere l’annullamento in autotutela o proporre ricorso tributario entro 60 giorni.
  • In caso di procedimento penale, impostare una difesa congiunta tributaria e penale, coordinata su prove documentali e perizie tecniche.

⚖️ Difesa penale-tributaria coordinata

Nei casi di frodi internazionali, la linea di difesa deve unire strategia fiscale e penale:

  • dimostrare la mancanza di dolo o di finalità evasiva;
  • provare la genuinità delle operazioni commerciali;
  • evidenziare la corretta tassazione in altro Stato o l’applicazione errata delle norme doganali e IVA.

L’obiettivo è ottenere l’assoluzione penale e, parallelamente, l’annullamento o la riduzione dell’accertamento fiscale.


🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

  • 📂 Analizza l’accertamento e la documentazione internazionale contestata.
  • 📌 Valuta la legittimità delle prove e la corretta qualificazione giuridica delle operazioni.
  • ✍️ Predispone memorie difensive e ricorsi tributari fondati su normativa UE e convenzioni bilaterali.
  • ⚖️ Ti difende anche in sede penale, coordinando la strategia fiscale e giudiziaria.
  • 🔁 Assiste nella ricostruzione contabile e documentale delle operazioni transfrontaliere e nella prevenzione di rischi futuri.

🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

  • ✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e penale-tributario internazionale.
  • ✔️ Specializzato nella difesa in materia di frodi IVA, esterovestizione e trasferimenti esteri di capitali.
  • ✔️ Gestore della crisi d’impresa iscritto presso il Ministero della Giustizia.

Conclusione

Gli accertamenti per frodi fiscali internazionali richiedono una difesa tecnica di alto livello, basata su documenti, tracciabilità e conoscenza del diritto internazionale.
Con una strategia coordinata e tempestiva, puoi dimostrare la legittimità delle operazioni, evitare condanne penali e proteggere il tuo patrimonio e la tua reputazione professionale.


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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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