Hai ricevuto un accertamento fiscale come logopedista per compensi professionali o redditi da attività sanitaria?
Negli ultimi anni, l’Agenzia delle Entrate ha aumentato i controlli sui professionisti della riabilitazione e della salute, come logopedisti, fisioterapisti e psicologi, concentrandosi su redditi dichiarati, esenzione IVA e tracciabilità dei pagamenti.
Molti accertamenti derivano da presunzioni di redditi non dichiarati, da controlli sui movimenti bancari o da contestazioni sull’applicazione dell’esenzione IVA. Tuttavia, con una difesa ben preparata e documentata, è possibile dimostrare la correttezza delle dichiarazioni fiscali e ottenere l’annullamento totale o parziale dell’accertamento.
Quando l’Agenzia delle Entrate effettua un accertamento su un logopedista
– Se l’Agenzia riscontra incongruenze tra i compensi dichiarati e i flussi bancari o POS
– Se contesta l’esenzione IVA per le prestazioni di riabilitazione o prevenzione linguistica
– Se emergono ricevute non emesse o incomplete per sedute o trattamenti effettuati
– Se il professionista opera in studi associati o centri privati senza chiara ripartizione dei compensi
– Se vengono considerati redditi imponibili i rimborsi spese o i contributi da enti sanitari
– Se l’Ufficio presume che parte dei trattamenti sia stata fatturata in misura inferiore o non dichiarata
Conseguenze dell’accertamento fiscale
– Recupero delle imposte IRPEF, IVA e IRAP per gli anni contestati
– Sanzioni amministrative fino al 180% dell’imposta accertata
– Interessi di mora su somme e contributi dovuti
– Decadenza dall’esenzione IVA con ricalcolo dell’imposta dovuta sulle prestazioni
– Tassazione induttiva basata su presunzioni di reddito o indicatori di capacità contributiva
Come difendersi da un accertamento fiscale
– Dimostrare con fatture, registro dei pazienti e cartelle cliniche la reale entità delle prestazioni effettuate
– Presentare titoli abilitanti, iscrizione all’Albo e attestazioni professionali per confermare la natura sanitaria dell’attività
– Contestare l’errata interpretazione dell’esenzione IVA per prestazioni terapeutiche e riabilitative
– Dimostrare che i rimborsi o i contributi ricevuti non hanno natura imponibile
– Evidenziare vizi formali o motivazionali nell’avviso di accertamento (ad esempio, mancanza di prove o calcoli errati)
– Presentare istanza di autotutela o ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria, chiedendo anche la sospensione della riscossione
Il ruolo dell’avvocato nella difesa del logopedista
– Analizzare la legittimità dell’accertamento e la ricostruzione dei redditi da parte dell’Agenzia
– Verificare la corretta applicazione dell’esenzione IVA per le prestazioni sanitarie
– Valutare la sostenibilità delle presunzioni di reddito usate dal Fisco
– Predisporre un ricorso basato su documentazione sanitaria e contabile
– Assistere il professionista durante il contraddittorio preventivo e nel giudizio tributario
– Tutelare il logopedista davanti ai giudici, difendendo il reddito e la credibilità professionale
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale dell’accertamento fiscale
– La riduzione o cancellazione delle sanzioni e degli interessi
– Il riconoscimento dell’esenzione IVA per le prestazioni logopediche
– La restituzione delle somme indebitamente versate
– La piena tutela della tua attività professionale e della tua reputazione sanitaria
⚠️ Attenzione: gli accertamenti fiscali ai logopedisti sono sempre più frequenti, soprattutto per l’esenzione IVA e per presunti scostamenti tra redditi e movimenti bancari.
Molte contestazioni derivano da errori di interpretazione normativa o da dati parziali. È essenziale intervenire subito, con una difesa mirata e specializzata, per evitare conseguenze economiche ingiuste.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e fiscalità delle professioni sanitarie – spiega come difendersi in caso di accertamento fiscale a logopedisti, quali errori commette più spesso l’Agenzia e come proteggere il proprio lavoro.
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Introduzione
L’accertamento fiscale è la procedura con cui l’Agenzia delle Entrate verifica la coerenza tra i redditi dichiarati e le capacità contributive effettive del contribuente. Anche i logopedisti, come tutti i liberi professionisti, sono soggetti a tali controlli: devono emettere fatture (se non in regime forfettario), tenere scritture contabili semplificate, versare IRPEF e contributi previdenziali, e compilare correttamente il modello reddituale annuale. Lo statuto dei contribuenti (L. 212/2000) garantisce diritti e doveri al professionista in questa fase, ma non lo rende esente da controlli. Il logopedista è generalmente un libero professionista con partita IVA (codice ATECO 86.99.09) e rientra spesso nel regime forfettario se rispetta i requisiti (ricavi/compensi ≤85.000€ per l’anno precedente ). In regime forfettario – che prevede un coefficiente di redditività del 78% e un’aliquota sostitutiva al 5% nei primi 5 anni o al 15% negli anni successivi – il professionista gode di semplificazioni (no IVA in fattura, no ritenute d’acconto, obblighi contabili ridotti), ma deve attenzione a non superare le soglie o incorrere in cause ostative .
Nel panorama normativo italiano, l’accertamento fiscale può avvenire in diverse forme: dall’analisi documentale delle scritture contabili (accertamento analitico) all’uso di parametri convenzionali (accertamento sintetico o redditometro), fino alle indagini finanziarie sui movimenti bancari (art. 32 DPR 600/1973). Il contribuente ha diritto a un contraddittorio preventivo con l’ufficio, ossia un confronto prima dell’atto impositivo: dal 2024 l’art. 6‑bis dello Statuto del Contribuente impone che ogni atto impositivo impugnabile sia preceduto da un contraddittorio informato a pena di nullità . Ad esempio, il Fisco deve notificare allo studio professionale uno schema di atto (basi di accertamento) con almeno 60 giorni per rispondere o richiedere documenti . Solo dopo tale fase si può giungere all’avviso di accertamento vero e proprio, che il contribuente può impugnare entro 60 giorni .
Il punto di vista del logopedista come debitore nel contenzioso tributario prevede varie strategie difensive, da adottare in ogni fase: dall’intervento già durante l’attività dell’ufficio (contraddittorio), alla preparazione del ricorso in Commissione Tributaria, fino all’eventuale appello e Cassazione. In questo documento analizzeremo punto per punto le tipiche contestazioni – compensi non dichiarati, uso scorretto del regime forfettario, omessa fatturazione, movimenti bancari “sospetti” – e le contromisure possibili. Verranno riportati esempi pratici, domande frequenti e tabelle riassuntive, nonché fac‑simile di atti (ricorso tributario, memorie difensive, istanze). Tutti i riferimenti normativi e sentenze più aggiornate sono indicati in calce. L’obiettivo è fornire un manuale avanzato, utile tanto agli avvocati tributaristi quanto ai professionisti logopedisti interessati a comprendere come difendersi efficacemente da un accertamento fiscale.
1. Profilo fiscale del logopedista
Il logopedista esercita un’attività professionale intellettuale (codice ATECO 86.99.09 – Altre attività sanitarie non classificate altrove ). Di regola emette fatture per le prestazioni rese, deve compilare la dichiarazione dei redditi (PF) e versare i contributi alla gestione separata INPS. Se rientra nei requisiti (ricavi ≤85.000€ e spese per lavoro dipendente/collaboratori ≤20.000€), può aderire al regime forfettario (flat tax) introdotto dalla Legge di Stabilità 2015 (L. 190/2014). In questo regime ha un coefficiente di redditività del 78% (quindi solo il 78% dei compensi è considerato reddito imponibile) e paga un’imposta sostitutiva del 15% (5% nei primi 5 anni di nuova attività) . Il regime forfettario prevede semplificazioni notevoli: esonero dagli obblighi IVA periodici, da ritenute e studi di settore, e contabilità minimale. Tuttavia, sono previste rigide condizioni: se si perde uno dei requisiti o si incappa in cause ostative, si esce dal regime e si perdono i benefici . Ad esempio:
- Sforamento del tetto di ricavi: se il fatturato annuo eccede 85.000€ (o nei nuovi limiti speciali di legge) il contribuente decade dal regime dal periodo successivo (se supera i 100.000€ la fuoriuscita è immediata nell’anno stesso ).
- Cause ostative: partecipazioni in società (ad es. srl in compartecipazione nell’attività), lavoro dipendente consistente (redditi da lavoro >35.000€ dal 2025, prima 30.000€ ), prevalenza di fatturato verso ex datori di lavoro, attività escluse, ecc. .
- Oneri per dipendenti/collaboratori: superamento del limite di 20.000€ annui in contributi e lavoro accessorio cancella il regime .
- Applicazione errata della flat tax: addebitare l’aliquota agevolata 5% senza possedere i requisiti (ad es. falsa dichiarazione start-up) comporta sanzioni specifiche .
Tabella 1. Sintesi requisiti e cause di esclusione dal regime forfettario (L. 190/2014 e successive modifiche)
Requisiti di accesso (≤2024) | Cause di esclusione e decadenza |
---|---|
Ricavi/compensi annui ≤ 85.000 € | Ricavi > 85.000 € (decadenza dall’anno succ.) ; >100.000 € (uscita immediata) |
Spese per lavoro ≤ 20.000 € | Redditi da lavoro dip. + assimilati > 30.000 € (30k, 2024); >35.000 € (dal 2025) |
Nessuna partecipazione in società att. simili | Possesso >50% fatturato da ex datore di lavoro (false partite IVA) |
Attività ammesse (professioni, arti, imprese) | Operazioni immobiliari o mezzi di trasporto nuove in prevalenza |
Non residenti (o UE con 75% reddito Italia) | Altre cause ostative illustrate da Agenzia (es. percipienti agevolazioni improprie) |
La violazione di questi limiti o l’adozione indebita del regime (ad esempio spostare redditi fittiziamente sotto soglia) sono tra i principali motivi di contestazioni fiscali rivolte ai forfettari . Un logopedista controllato deve quindi verificare tempestivamente la propria posizione rispetto a questi parametri. In caso di dubbi è consigliabile regolarizzare la propria posizione (integrando dichiarazioni) prima di subire un accertamento .
2. Strumenti di accertamento e controlli mirati
L’Agenzia delle Entrate dispone di diversi strumenti per ricostruire i redditi di un professionista come il logopedista. In base alla fattispecie, il Fisco può procedere secondo metodi analitici o sintetici/induttivi, avvalendosi anche di controlli incrociati. Ecco i principali:
- Verifica analitica di scritture contabili: se il contribuente ha documentazione (anche se semplificata) – ad es. registro dei ricavi e dei costi nel regime ordinario – l’ufficio può ricostruire il reddito dai dati reali. In tal caso prevale il principio di capacità contributiva dimostrata dalle scritture. Il logopedista è tenuto a conservare le eventuali fatture emesse/ricevute ed eventuali registri dei compensi (anche se in forfettario la contabilità è semplificata).
- Accertamento sintetico (redditometro): basato sui parametri di tenore di vita, regolato dall’art. 38 DPR 600/1973. L’ufficio applica indici prefissati (es. spese per abitazione, auto, mutui, investimenti, rate su beni di lusso, ecc.) per stimare un reddito presumibile. Se l’ammontare dei beni e servizi posseduti risulta sproporzionato rispetto al reddito dichiarato, scatta la rettifica. L’onere della prova in questa procedura è a carico del contribuente: ad esempio, come stabilito dalla Cassazione, chi afferma di aver coperto le spese con redditi pregressi deve documentarlo in modo preciso (estratti conto, atti di disposizione, contratti) per dimostrare che quei fondi erano ancora disponibili nell’anno accertato .
- Accertamento induttivo (semi-sintetico): quando mancano scritture contabili, l’ufficio può dedurre ricavi in base a criteri induttivi, come parametri normativi stabiliti per settore. Ad esempio, i coeficiente IVA o parametri patrimoniali (il cd. redditometro indiretto). In pratica si presume redditof in assenza di prove contrarie, a meno di specifica documentazione. La nuova normativa dell’accertamento sintetico aggiornato (art. 38 DPR 600/73, c. 4‑10, novità DLgs 157/2015) integra il redditometro classico con indici di capacità contributiva.
- Controlli bancari (art. 32 DPR 600/1973): l’ufficio fiscale può accedere ai dati sui conti correnti bancari del contribuente, previo nulla-osta interno, chiedendo alle banche l’elenco dei rapporti e relativi movimenti . Ogni versamento non giustificato (cui il professionista non indica beneficiario o non ne dimostra la natura non imponibile) è presunto reddito non dichiarato; analogamente, i prelievi ingiustificati possono essere interpretati come costi pagati “in nero” (corrispondenti a redditi occultati) . Tuttavia, è fondamentale ricordare la pronuncia della Corte Costituzionale n. 228/2014: la presunzione legale dei prelievi come compensi non dichiarati non si applica ai redditi dei professionisti, ma solo a quelli di impresa . In pratica, i prelevamenti di un logopedista non vengono automaticamente equiparati a ricavi imponibili (contrariamente a quanto avveniva prima del 2004), a meno che non si producano giustificativi (es. atto di vendita, fatture) che ne spieghino la provenienza. Questa sentenza impone un onere ancor più rigoroso sulla ricostruzione bancaria: il contribuente deve potersi difendere, spiegando e provando ogni movimento sospetto (mutui, prestiti, risparmi, ecc.).
- Controllo incrociato dei dati (spese sanitarie, cassa previdenza, banche dati internazionali): l’Agenzia può incrociare le spese dedotte nella dichiarazione, o i redditi segnalati ad altre fonti (Casse previdenziali, ENPAM, registri Fatture elettroniche), per scovare anomalie. Ad esempio, se il logopedista ha dedotto costi di formazione e l’Agenzia li ritiene incongruenti o sostenuti da terzi, può chiederne giustificazione.
In tutte queste metodologie l’onere della prova gioca un ruolo centrale: nel sistema tributario italiano, il contribuente è “debitore dell’obbligazione tributaria”, pertanto deve dimostrare l’inesistenza dei presunti redditi. Ad esempio, nelle verifiche bancarie “spetta al contribuente dimostrare che i movimenti di denaro non costituiscono redditi sottratti a tassazione” (ad es. provando che si tratta di somme già tassate, di risparmi o prestiti) . Se il contribuente non fornisce prova contraria adeguata, l’ufficio è legittimato ad accertare maggiori redditi ed emettere avvisi di accertamento con relativi tributi, sanzioni e interessi . Va però sottolineato che la presunzione non è assoluta: come detto, Cassazione e Corte Costituzionale hanno già inserito importanti limiti e oneri a carico dell’Amministrazione e del contribuente (ad es. Corte Cost. 228/2014 , Cass. SS.UU. 22954/2017 sul redditometro, ecc.).
Tabella 2. Confronto tra principali metodi di accertamento fiscale
Metodo di accertamento | Riferimenti normativi | Ambito di applicazione | Onere probatorio (contraddittorio) |
---|---|---|---|
Analitico/Contabile (Verifica fiscale) | DPR 600/73, art. 31, c. 1; D.Lgs. 546/92 | Contribuenti che tengono libri/registri (soggetti IVA) | Fisco deve dimostrare ricavi omessi, contribuente può evidenziare errori o mancanze (documenti di spesa) |
Sintetico (Redditometro) | DPR 600/73, art. 38, c.4‑10; CIRCOLARE | Tutti i contribuenti (a prescindere da contabilità) | Inversione onere: Fisco evidenzia “fatti indice” (beni, spese); il professionista deve fornire prova contraria (risparmi impiegati, mutui, ecc.) |
Induttivo | DPR 633/72, art. 54-bis; DPR 600/73, art. 32, c. 3 e 7 | Gestione semplificata/forfettaria (valutazioni forfettarie); mancanza documentazione | Ampio margine discrezionale per l’Ufficio, ma in sede di contenzioso il contribuente può contestare parametri erronei |
Accertamenti finanziari (banche)* | DPR 600/73, art. 32, n.2; DPR 633/72, art. 51 | Tutti i contribuenti; usato per importi elevati/indiscreti | L’ufficio accede ai dati bancari (dopo autorizzazione interna) e presume reddito su versamenti non giustificati ; il contribuente deve spiegare con documenti ogni somma rilevante |
Incrocio dati | Leggi antiriciclaggio (D.lgs 231/2007), Direttive UE | Segnalazioni di comportamenti irregolari, listini spese | Deriva da audit di banche dati, ma in giudizio il contribuente può smontare l’affermazione con documentazione contabile o bancaria |
Si noterà che in ogni caso di accertamento analogo o induttivo il contribuente ha il diritto di contestare l’atto: deve essere sempre indicata una motivazione, e il professionista può opporre documenti e ragioni a proprio favore. Nei casi più comuni (redditometro e movimenti bancari) la dottrina e giurisprudenza ribadiscono che ”non è sufficiente dimostrare ricavi passati in astratto, ma va provata la concreta disponibilità dei fondi“ , e che ”l’onere della prova spetta al contribuente” .
3. Fasi del procedimento di accertamento
Un accertamento tributario si sviluppa di norma in più fasi procedurali. È fondamentale conoscere ciascun passaggio per organizzare la difesa. In linea generale, esse sono:
- Fase istruttoria e contraddittorio: anche prima di qualsiasi atto formale, l’Agenzia può avvalersi di questionari, richieste di documenti, accessi o verifiche in loco (ispezioni). Dal 18.1.2024 la Legge n. 212/2000 art. 6‑bis stabilisce che “tutti gli atti autonomamente impugnabili” devono essere preceduti da un contraddittorio informato ed effettivo . In pratica, per ogni ispezione o accertamento (sia in sede di verifica in azienda, sia a tavolino) il contribuente ha il diritto di essere preventivamente informato degli elementi in esame e di produrre controdeduzioni entro almeno 60 giorni . Ciò consente di spiegare subito le ragioni del proprio agire e fornire documenti probatori (contratti, estratti conto, fatture, ricevute, convenzioni assicurative, note spese, ecc.). Nel caso del logopedista, per esempio, se l’Agenzia vuole verificare l’uso del regime forfettario potrebbe notificare un invito in contraddittorio chiedendo specifici dati (lista clienti, natura spese) per accertare l’inesistenza di cause ostative. In questa fase è consigliabile farsi assistere da un professionista (commercialista o avvocato), che prepari una memoria difensiva puntuale; eventuali vizi di procedura (mancata trasmissione di atti essenziali, omissione di contraddittorio obbligatorio, ecc.) possono portare all’annullamento dell’atto successivo.
- Notifica dell’avviso di accertamento: se dall’istruttoria o autonomamente dal sistema informatico l’ufficio rileva irregolarità, emette un avviso di accertamento motivato. L’avviso deve contenere gli elementi certi su cui si basa la rettifica (dati patrimoniali, finanziari o analitici), la mancata indicazione di beneficiari, il riferimento alle norme infrante e il calcolo delle imposte dovute. Per esempio, il logopedista potrebbe ricevere un avviso per “reddito maggiorato ai sensi dell’art. 38 DPR 600/73 per mancata indicazione di finanziamenti a copertura di beni acquistati” o “assoggettamento ad IVA di prestazioni non fatturate ”. Dal 2024, essendo intervenuto il contraddittorio obbligatorio, l’avviso viene normalmente notificato solo dopo il contraddittorio di cui sopra; ma l’avviso stesso resta il primo atto formale impugnabile.
- Termini di impugnazione: l’avviso di accertamento deve essere impugnato entro 60 giorni dalla notifica avanti alla Commissione Tributaria Provinciale (art. 21 D.Lgs. 546/1992) . Se il contribuente non agisce entro questo termine, l’avviso diventa definitivo (si dice che “decade” il diritto di ricorrere ). Nel ricorso vanno indicate le ragioni di fatto e di diritto, i documenti giustificativi, e l’atto deve essere prodotto con le prescrizioni di forma (firma, Procura alle liti, estremi atto impugnato, ecc.).
- Primo grado di giudizio (Commissione Tributaria): la CTP esamina il ricorso, convoca le parti, e può decidere in contraddittorio (in presenza) o solo su carta (non c’è rito del lavoro). Qui il logopedista, tramite il suo difensore, dovrà allegare tutte le prove di difesa raccolte (come estratti conto, fatture, e-mail, corrispondenza, testimonianze) a sostegno della propria posizione. Ad esempio, per contestare un redditometro potrà mostrare che i presunti “risparmi” usati erano già stati tassati, o che i beni sono stati intestati a terzi. Se la Commissione riconosce errori dell’ufficio o vizi procedurali, può annullare in tutto o in parte l’avviso; altrimenti ne conferma gli esiti.
- Secondo grado di giudizio (Commissione Regionale): chi non è soddisfatto della pronuncia di primo grado può proporre appello (entro 60 giorni) alla Commissione Tributaria Regionale , allegando una memoria di motivi di gravame. In questa sede si dibatte nuovamente sulle stesse questioni di fatto e di diritto. Il logopedista può aggiungere ulteriori prove o cedere nelle contestazioni minori per limitare le pretese fiscali.
- Cassazione Tributaria: in casi di importo e questioni rilevanti, è possibile ricorrere in Cassazione solo per motivi di diritto (violazione di norma, contraddittorietà della motivazione, ecc.). Le Sezioni tributarie della Cassazione decidono con ordinanza o sentenza sui principi giuridici coinvolti (e.g. onere della prova nel redditometro, validità del metodo sintetico, interpretazione di norme tributarie). Non essendoci un vero “terzo grado” sui fatti, la cassazione richiede che la questione di diritto sia chiara e rilevante.
- Esecuzione: quando la decisione tributaria diventa definitiva, il contribuente dovrà pagare (o ottenere restituzione di) tributi, sanzioni e interessi. Prima dell’esecutività possono essere formulate istanze di rateizzazione del debito tributario (art. 19, DPR 602/1973), o domande di condono/parziale definizione. Se il contribuente ritiene che l’accertamento sia illegittimo, può anche chiedere l’annullamento in autotutela all’Agenzia (art. 2, D.P.R. 602/1973) nel caso emergano errori materiali evidenti, anche prima di impugnare.
Tabella 3. Tempistica procedurale nell’accertamento tributario
Fase procedura | Atti principali | Termine e scadenze | Azione/difesa del contribuente |
---|---|---|---|
Istruttoria | Inviti, questionari, accessi, richieste dati bancari/contabili | Contraddittorio: min 60 gg per rispondere dall’invito notificato | Presentare osservazioni, documenti contabili, giustificativi (es. parcelle, estratti conto) |
Notifica dell’Avviso | Avviso di accertamento IRPEF/IVA | Decade in 60 gg dalla notifica per ricorrere | Analizzare motivazione; preparare (con consulenza legale) eventuale ricorso |
Commissione Provinciale | Udienza di primo grado | Decisione in merito (termine variabile) | Esporre difese; allegare prove (memoria difensiva integrativa) |
Commissione Regionale (appello) | Memoria di appello, replica | 60 gg per appellare | Rafforzare argomentazioni di fatto e diritto; evidenziare eventuali vizi di motivazione del primo grado |
Cassazione Tributaria | Ricorso per cassazione (motivazioni di diritto) | 120 gg per ricorrere dopo la sentenza di appello (art. 325 c.p.c. applic.) | Segnalare errori di diritto/violazione di norme, assenza di motivazione, violazione del contraddittorio |
4. Contestazioni tipiche e relative difese
Quando il logopedista viene sottoposto a verifica fiscale, le contestazioni più frequenti riguardano:
- Redditi “in nero” o compensi non dichiarati: ad esempio, il Fisco può rilevare movimenti bancari o evidenze esterne (pagamenti in contanti, parcelle simulate da società intermediarie) che non compaiono nella dichiarazione. Tali somme, se accertate, generano una rettifica IRPEF (redditi da lavoro autonomo occulto) e IVA (dovuta se ci sono fatturazioni sommarie). Strategie difensive: dimostrare l’origine lecita di quelle somme (risparmi antecedenti, donazioni documentate, prestiti formalizzati, vendita di beni mobili), oppure contestare la quantità e l’esistenza stessa del presunto ricavo. In base a Cassazione 20486/2025 (ordinanza nov. 2025), non è sufficiente affermare genericamente di aver avuto risparmi passati; il contribuente deve fornire prova documentale della disponibilità e dell’utilizzo di quei risparmi per coprire le spese oggetto di accertamento . Ciò implica conservare estratti conto coerenti e ogni ricevuta di destinazione dei fondi. Se non è possibile dimostrarlo, l’ufficio ha presunzione relativa (iuris tantum) e l’onere di prova è a carico del contribuente .
- Omissione o irregolarità nella fatturazione: nel regime forfettario non si addebita IVA, ma se un logopedista ha erroneamente applicato un diverso regime e omesso IVA, subisce sanzioni sia per IVA che per redditi. Ad esempio, omettere l’addebito dell’IVA in fattura (quando invece si era nel regime ordinario) si configura come evasione IVA e inficia la deduzione dei costi ai fini IRPEF . Difesa: se si è trattato di errore formale o di rapporto incertezza normativa, il contribuente può sanare spontaneamente la posizione tramite “note di variazione” e ravvedimento operoso (riducendo sanzioni) . Inoltre, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate (Interpelli 499/2019, 267/2020), in assenza di frode il cessionario ha diritto alla detrazione dell’IVA anche dopo correzione (sebbene ciò riguardi più il committente). Se la fattura omessa non incide sulla liquidazione IVA (ad es. il servizio era escluso IVA), la sanzione è fissa min. 500€ . In ogni caso, in sede difensiva conviene documentare la buona fede (verifiche contabili, consulti), fare ravvedimento e discutere la non volontarietà dell’errore.
- Uso improprio del regime forfettario: come detto, il superamento delle soglie o la presenza di cause ostative fa scattare la contestazione di “indebita fruizione del regime agevolato” . L’Agenzia rettificherà i redditi applicando il regime ordinario (IRPEF e IVA) per gli anni interessati e calcolerà sanzioni per omessa applicazione delle aliquote corrette. Difesa:
- Dimostrare il rispetto dei requisiti originari e/o sostenere di essere decaduti per errore e non intenzionalmente. Ad esempio, se si è superato il limite di 85.000€ ma non quello di 100.000€, il regime resta valido fino a fine anno e decade dal successivo (L.190/2014, art.1, c.71) , senza sanzioni specifiche per lo sforamento in sé .
- Verificare i conteggi: in caso di accertamento, spesso l’ufficio calcola l’intero anno ordinario. Ma come ricordato, la legge stabilisce che in tale caso “la cessazione formale è dall’anno successivo”, anche se l’anno accertato viene tassato come se non vi fosse forfettario . Ciò significa che il contribuente potrebbe chiedere la non irretroattività oltre il dovuto.
- Contestare l’esistenza della causa ostativa: per esempio, se l’Agenzia presume che un’entrata da famigliare o da cliente abituale configuri rapporto di lavoro simulato, il logopedista può produrre contratti, comunicazioni all’INPS, o evidenze che provano la natura autonoma del rapporto.
- In sintesi: come suggerito da esperti, va mostrato che “i requisiti di accesso e permanenza nel forfettario erano rispettati”, allegando tutta la documentazione contabile e bancaria . Se l’accertamento si fonda su interpretazioni restrittive, si può obiettare anche su aspetti procedurali o decadenze (ad es. l’omessa notifica di un invito).
- Omissione di dichiarazione dei redditi o tardiva integrativa: un classico è l’accertamento per mancata presentazione della dichiarazione IRPEF o degli studi di settore. In tal caso, l’Agenzia accerta d’ufficio il reddito e applica sanzioni maggiorate (fino al 240% del tributo, se dichiarazione omessa ). Difesa: se non è stata presentata dichiarazione, il professionista può tuttavia presentare una dichiarazione integrativa fuori termine, fruendo delle sanzioni ridotte con ravvedimento (se entro un anno) o, in casi dubbiosi, anche fare domanda di definizione agevolata. In contenzioso, spesso conviene contestare eventuali errori di calcolo dell’ufficio e chiedere almeno la rateizzazione dell’imposta accertata.
- Movimentazioni bancarie “sospette”: il logopedista può trovarsi a dover giustificare versamenti sul conto corrente (intestato a sé o alla sua ditta individuale) che non trova corrispondenze in fatture emesse. Secondo l’art. 32 DPR 600/73, ogni versamento bancario non giustificato è presunto reddito non dichiarato, salvo prova contraria . Analogamente i prelievi da conto possono essere considerati pagamenti di costi in nero (e quindi implicare redditi occultati ). Tuttavia, come già visto, la Corte Costituzionale 228/2014 ha limitato tale presunzione per i professionisti: i prelievi di un liberi professionista non vengono automaticamente equiparati a redditi. Di conseguenza, in fase difensiva il logopedista dovrà sollevare subito questa questione di costituzionalità, affermando che l’art. 32 co.1 n.2 DPR 600/73 non può operare nei suoi confronti . In aggiunta, dovrà concretamente dimostrare (con estratti conto, contratti di mutuo, prove di risparmi, pagamenti di spese personali già tassate, donazioni) che ogni movimento sul conto è legittimo. In breve, i versamenti sul conto devono essere tracciabili e giustificati (ad esempio, proventi di convenzioni con enti pubblici o rimborsi spese documentabili). La giurisprudenza recente impone al contribuente un onere di prova rigoroso nelle contestazioni bancarie .
- Altre irregolarità (“faldoni”, fatture false, spese inesistenti): se dall’accertamento emergono costi dedotti in contabilità senza adeguata documentazione o acquisti simulati, il Fisco può contestare la non deducibilità di quei costi e quindi rettificare il reddito. Per difendersi, il logopedista deve dimostrare la genuinità delle spese (contratti, DDT, pagamenti tracciati), oppure ammettere l’errore e chiedere di applicare le riduzioni di sanzione per ravvedimento. Nel caso di ipotizzati rapporti incrociati con altri soggetti (ad es. due studi che si scambiano fatture), è essenziale mostrare la reale divisione dei compensi (eventuali ulteriori collaboratori o accordi di prestazione).
In tutti questi scenari, va tenuto conto anche degli aspetti procedurali: se l’Agenzia ha ecceduto i termini di accertamento (in genere 4 anni dall’invio della dichiarazione) o non ha adeguatamente motivato la rettifica, si può sollevare la decadenza o la nullità formale dell’atto. Per esempio, se il logopedista prova che l’Ufficio ha usato dati parziali o ha infranto il principio del contraddittorio obbligatorio , il giudice tributario potrà annullare l’avviso. Allo stesso modo, talvolta è possibile accordarsi con l’agenzia per una definizione agevolata (definizione dell’avviso di accertamento con sconto sulle sanzioni) prima di procedere in giudizio.
5. Strategie difensive per ogni fase
5.1. Fase istruttoria (contraddittorio preventivo)
Il primo momento della difesa è il contraddittorio con l’Agenzia. Quando viene notificato un invito o si apre un accertamento, il contribuente – o il suo consulente fiscale – dovrebbe:
- Raccogliere subito documentazione: preparare tutto quanto può servire a giustificare i conti. Ad esempio, estratti conto bancari, ricevute di beni di cui è in possesso, contratti di affitto/studio, curriculum di tirocinio o praticantato, accordi di collaborazione, spese mediche su cui si era calcolato un reddito, rate dei mutui, note delle consulenze professionali ricevute, ricevute di cancelleria e telefono, partecipazioni a conferenze (fatture), ecc.
- Redigere note e controdeduzioni: rispondere formalmente all’Agenzia con una memoria difensiva. Questa può contenere, suddivisi per punti: (1) la ricostruzione dei fatti secondo il contribuente, (2) le giustificazioni documentate per ogni voce contestata, (3) eventuali rilievi di carattere procedurale (es. mancanza di contraddittorio formale, ecc.), (4) richiesta di modifica/sospensione dell’atto. In pratica, se l’ufficio chiede chiarimenti su certi movimenti bancari, il logopedista dovrebbe rispondere indicando cosa rappresentano (ad es. quote di mutuo su studi professionali, compensi da docenza, ecc.) allegando prove. Se la richiesta verte sull’uso del forfettario, si dovrà dimostrare il rispetto dei requisiti (esibendo certificati di posizione contributiva, CU dall’INPS, tabulati di fatturato).
- Sfruttare questionari e colloqui: spesso prima dell’avviso formale l’ufficio invia un questionario o invita a colloquio presso gli uffici locali o una conference call. È un’opportunità per chiarire aspetti critici, porre domande all’Amministrazione e presentare documentazione. Un buon avvocato o commercialista aiuta a mantenere la discussione sui binari giusti (non fornire info superflue, evitare ammissioni di colpa).
- Verificare eventuali vizi di notifica: se durante i rilievi emergono errori formali, è possibile sollevare eccezioni: ad esempio, se l’invito non indica l’ufficio di competenza o non rispetta la tempistica, si può addurre la sua annullabilità.
- Considerare l’Adesione (se opportuno): se le ragioni dell’Agenzia sembrano fondate in larga parte, si può verificare la fattibilità di un accertamento con adesione (del. Lgs. 218/1997). In questo caso il contribuente concorda le basi di accertamento con uno sconto sulle sanzioni. Viene però a mancare la componente giudiziaria, perché non si impugna l’atto, ed è da valutare caso per caso. Solitamente, nei contenziosi complessi (come i redditometri bancari) il rischio di accettare a sconto è alto, e si preferisce contenziare.
5.2. Preparazione del ricorso tributario
Se l’avviso di accertamento viene notificato e si intende impugnare, il professionista deve:
- Analizzare il contenuto dell’avviso: leggere attentamente la motivazione e individuare gli atti impugnati (anni d’imposta, tributi, importi). Accertarsi che sia stato rispettato il termine di decadenza (4 anni dalla dichiarazione) e che non manchi l’azione del contraddittorio (art.6-bis L.212/2000, introdotto nel 2024).
- Ricercare fondi normativi e giurisprudenziali: individuare le norme applicabili (ad es. art. 38/600 per redditometro, art. 32/600 per movimenti bancari, art. 54 TUIR per l’esercizio di professione), e sentenze recenti a supporto (come Cass. ord. 20486/2025 sul redditometro , Cass. sez. trib. 2746/2024 e 4624/2024 su cause ostative, Corte Cost. 228/2014 sui prelievi ).
- Scelta dei motivi di ricorso: stilare i motivi formali (es. nullità per mancanza contraddittorio, superamento termini di decadenza, mancanza di prova certa dell’Ufficio) e quelli sostanziali (dimostrare che i fatti‑indici non sussistono o sono spiegati diversamente). Ad esempio, in caso di contestazione di fatture “mancanti”, potrebbe essere proposta l’inammissibilità per carenza di prova, o la sanatoria tramite ravvedimento; in caso di domanda di utilizzo del regime, si segnala la correttezza del calcolo dei limiti.
- Redazione del ricorso: secondo il D.Lgs. 546/1992, il ricorso deve contenere: generalità del ricorrente, qualifiche fiscali, estremi dell’avviso, motivi di diritto (articoli violati) e di fatto, dati reddituali, prove documentali. È consigliabile strutturarlo in paragrafi chiari e numerati. In calce, va inserita la procura a margine della copia firmata. Si allegano i documenti giustificativi elencati nei motivi (e.g. tabelle di calcolo, estratti conto, copie di polizze assicurative che giustificano un premio dedotto, conti previdenziali, certificati ecc.). Il tutto deve essere tradotto in un linguaggio tecnico-giuridico ma chiaro, evitando frasi troppo colloquiali.
- Deposito del ricorso: il ricorso (in duplice copia) si deve notificare all’Agenzia tramite ufficiale giudiziario e depositare in Commissione Tributaria entro il termine, con pagamento contributo unificato. Entro 90 giorni dalla notifica, il contribuente deposita in Commissione l’atto di costituzione dell’Agenzia, trascorsi inutilmente i termini. In questa fase si richiede tipicamente copia degli atti del procedimento, se non già consegnati.
5.3. Strategie processuali in Commissione Tributaria
Durante il contenzioso tributario (Commissioni Provinciale e Regionale) la difesa del logopedista si articola su:
- Memorie integrative e requisitoria: al momento dell’udienza, ciascuna parte può depositare memorie integrative. Il contribuente deve assicurarsi di usare tutti i mezzi di prova consentiti (fatte salve esclusioni come c.t.u. obbligatorie). Ad esempio, può produrre dichiarazioni di terzi, contraddizioni negli atti dell’Ufficio, perizie sui prezzi di mercato dei beni contestati.
- Contestazione delle prove avversarie: se l’ufficio si basa su presunzioni sintetiche, il contribuente può chiedere lo svolgimento di accertamento tecnico preventivo (ATP) o CTU per dimostrare, ad es., che un autoveicolo non era di lusso o che il mutuo copre effettivamente la spesa. In alcune ipotesi, si può richiedere al giudice di ordinare all’AdE (o banche) di produrre atti (es. contratti di prestito).
- Giustificazione dei costi di professione: ad es., se si contesta l’omessa fatturazione in regime ordinario, il logopedista può dimostrare di non avere percepito somme “in nero” e di aver onorato gli impegni fiscali.
- Frontalizzazione (contraddittorio processuale): anche nel processo, il professionista può interrogare o chiedere chiarimenti a funzionari dell’Ufficio tramite questionario della CTR, oppure produrre interrogatori formali di dipendenti dell’Amministrazione.
- Applicazione del favor rei per sanzioni: se l’accertamento comporta sanzioni (ad es. del 90‑180% per omessa fattura ), il contribuente può chiedere l’applicazione della “sanzione ridotta” o “favor rei” (D.Lgs. 472/1997), se nel frattempo le norme sono mutate a lui favorevolmente.
- Espressione di ammissione (opzionale): in pochi casi, la Commissione può invitare il contribuente ad ammettere spontaneamente la violazione in cambio di sanzioni ridotte (autotutela moderata). Questo succede solo se l’onere di prova del Fisco è tenue. Di solito il contribuente preferisce proseguire la vertenza (nel regime forfettario non si applicano i normali istituti di ravvedimento come in IVA, ma si ragiona in termini di adhession).
- Rateazione e dilazione: se l’obbligo tributario accertato è oneroso, il giudice può autorizzare la rateizzazione delle somme (art. 19 DPR 602/73) anche dopo sentenza, se ne ricorrono le condizioni oggettive.
In sintesi, una difesa efficace richiede una gestione documentata e strategica in ogni atto. L’avvocato tributarista svolge qui un ruolo chiave: analizza norme complesse (ad es. la disciplina del reddito di lavoro autonomo professionale ex art.54 TUIR), individua prassi dell’Agenzia (circolari) e precedenti giurisprudenziali, scrive i motivi del ricorso e compone memorie basate su una solida raccolta probatoria . Grazie all’esperienza, un consulente può anche negoziare con l’ufficio le modalità di definizione del debito fiscale (ad esempio tramite accertamento con adesione o mediazione tributaria), o coordinare le azioni di fiscalità nazionale e locale (IRI/IRPEF, contributi, studi professionali).
6. Domande frequenti (Q&A)
- D: Che cos’è un avviso di accertamento e quando mi serve un ricorso?
R: L’avviso di accertamento è l’atto con cui l’Agenzia delle Entrate comunica al contribuente le rettifiche di reddito o Iva accertate, motivandole sulla base di indizi o verifiche. Rappresenta il primo provvedimento impugnabile. Quando ricevi un avviso, controlla immediatamente la motivazione e verifica la veridicità dei dati contestati. Se ritieni che l’accertamento non sia fondato (ad esempio perché hai documentazione in grado di confutarlo), devi presentare ricorso entro 60 giorni . Un avvocato tributarista può aiutarti a preparare il ricorso, verificando eventuali errori di forma (mancanza di contraddittorio, motivazione insufficiente) e preparando argomenti giuridici per annullare o ridurre l’avviso. In caso contrario, se lasci scadere i termini senza impugnare, l’avviso diventa definitivo e le imposte vanno pagate anche se ingiuste. - D: Quali documenti sono utili per difendermi da un accertamento basato sul redditometro?
R: Poiché nel redditometro l’Agenzia parte dalla ricostruzione indiretta del reddito, la tua difesa deve basarsi su prove documentali che spieghino il tenore di vita. Ad esempio: estratti conto bancari degli anni precedenti, ricevute di vendita di immobili, donazioni ricevute, quote maturate in fondi pensione, contratti di mutuo, documenti attestanti incrementi patrimoniali già tassati. Ogni elemento deve essere ben tracciato nel tempo. La Corte di Cassazione, con ordinanza 20486/2025, ha chiarito che non basta affermare genericamente di aver usato risparmi passati: bisogna dimostrare che quei soldi “fossero ancora disponibili” nell’anno accertato e siano stati effettivamente utilizzati . Quindi, salva conservare (e presentare) documenti come movimenti di conto, quietanze di donazione, accantonamenti previdenziali: deve risultare chiaramente che ogni spesa è coperta da fonte lecita. Inoltre, bisogna citare le sentenze recenti che confermano tali oneri di prova; il tuo difensore può inserirle nel ricorso per rinforzare l’argomento. - D: Come mi muovo se ho dimenticato di emettere una fattura?
R: Se sei in regime ordinario (IVA) e hai dimenticato di fatturare una prestazione, l’Agenzia può contestarti l’omessa fatturazione (cosa che genera sia imposte mancanti sia sanzioni). In tal caso, si applica normalmente una sanzione amministrativa (fissata intorno al 90% dell’IVA omessa, con un minimo di €500 se l’IVA interessata è irrilevante ). La regolarizzazione spontanea si fa attraverso una nota di variazione in aumento per addebitare l’IVA al cliente, con contestuale pagamento delle imposte. In difesa, se è stato un errore involontario e si provvede subito (ravvedimento operoso), le sanzioni si riducono notevolmente (fino a 1/18 dell’importo, se entro un anno) . Se invece preferisci contestare, puoi far leva sul fatto che l’errato invio di fattura al regime agevolato era dovuto ad un equivoco normativo (ad esempio, un chiarimento interpretativo recente, o il fatto che l’amministrazione non aveva unificato i sistemi). Tuttavia, non è facile far annullare la sanzione senza pagare almeno l’imposta; spesso conviene piuttosto rateizzare il pagamento o chiedere una sanatoria agevolata (quando prevista). In ogni caso, fa fede la data di emissione delle fatture o del pagamento, non l’incasso: per i ricavi di un logopedista in regime ordinario gli obblighi formali sono stringenti, quindi ti consigliamo di sanare al più presto e conservare le ricevute di pagamento per provare l’effettivo addebito dell’IVA al cliente. - D: Ho superato di poco il limite dei ricavi per il forfettario (es. 90.000€). Cosa succede?
R: Se i compensi dell’anno superano l’85.000€, ma restano entro 100.000€, il regime forfettario si applica comunque per quell’anno, e decadrai dall’anno successivo . Non è prevista sanzione per il semplice superamento fisiologico: da 1° gennaio dell’anno successivo dovrai passare a regime ordinario. Nel frattempo, continua ad emettere fatture senza IVA fino a fine anno. Dovrai però fare attenzione a segnalare questo cambiamento all’inizio dell’anno seguente (apertura posizione IVA). Se invece avessi superato 100.000€ durante l’anno, il regime si sarebbe cessato immediatamente (Legge di Bilancio 2023) ; di norma, il professionista avrebbe dovuto fin dall’anno in corso registrare IVA e versamenti ordinari. In ogni caso, in sede di accertamento se l’errore viene scoperto dopo, la legge prevede che anche l’anno di superamento venga calcolato secondo regole ordinarie, recuperando imposte e IVA mancanti . Se sei quindi oltre i limiti, conviene regolarizzare la dichiarazione e versare le imposte ordinarie (con ravvedimento, se possibile) anziché aspettare un accertamento. - D: Cosa devo controllare se l’avviso di accertamento è irregolare?
R: Innanzitutto verifica se nell’avviso sono riportati i dati giusti (ad es. il tuo codice fiscale, anni di imposta, montante reddituale). Controlla se l’atto è motivato secondo legge: deve indicare le basi di calcolo, i documenti utilizzati e i riferimenti normativi (articoli violati). Dal 2024, accertati che sia stato svolto l’obbligatorio contraddittorio preventivo; se l’atto è stato emesso senza seguirne l’iter (contraddittorio, diritto di accesso), si può sollevare la nullità per violazione dell’art. 6‑bis L.212/2000 . Verifica anche i termini: di norma, l’avviso va notificato entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello da accertare (art. 43 DPR 600/73), ma sono previste proroghe o riduzioni in caso di verifica in corso. Se l’ufficio ha agito fuori tempo, puoi chiedere l’annullamento per decadenza dei termini. In sintesi, ogni vizio procedurale (mancanza di firma del funzionario, assenza di un dato essenziale, omessa comunicazione di reati fiscali precedenti) va segnalato nel ricorso. Spesso anche errori di calcolo (ripartizione di imponibile, aliquote) possono essere allegati al giudice. - D: Posso presentare un’istanza di rateizzazione (o di accertamento con adesione) dopo aver ricevuto l’avviso?
R: Sì, anche con avviso notificato, si può chiedere la rateizzazione delle somme iscritte a ruolo (contributo unificato e imposte), oppure verificare se sussistono le condizioni per un accertamento con adesione. Il contributo unificato va pagato comunque per il ricorso (di importo fisso, es. ~27€). Se temi di non farcela a pagare le cifre contestate, puoi depositare un’istanza (con ricevute contributo) alla Commissione chiedendo la rateazione ai sensi dell’art. 19 DPR 602/73. Per quanto riguarda l’accertamento con adesione (d.lgs. 218/1997), va proposto entro i termini per ricorrere: si concorda con l’Amministrazione un pagamento a saldo e stralcio. Questo strumento è vantaggioso solo se si è già abbastanza conformi alle pretese fiscali (poiché si abbandona il ricorso), ma può ottenere un sostanzioso sconto su sanzioni e interessi. È raramente usato in caso di forti discrepanze di fatto (es. redditometro elevato), perché bisogna preventivamente concordare la cifra con l’Ufficio.
7. Tabelle riassuntive
Tabella 4. Sanzioni e regimi di ravvedimento
Violazione contestata | Riferimenti normativi | Sanzione amministrativa | Possibile riduzione (ravvedimento) |
---|---|---|---|
Omessa/infedele fatturazione (IVA) | D.Lgs. 472/1997, artt. 13–17; D.Lgs. 218/1997 | 90–180% dell’IVA omessa (min €500 per violazioni minori) | Ravvedimento operoso (dimezzamento, se entro termine legalmente stabilito) e/o speciale (18°) per sanzioni tributarie (se non automatizzato) |
Dichiarazione omessa (IRPEF/IVA) | D.Lgs. 471/1997, art.5; D.Lgs. 218/1997 | 120–240% del tributo non dichiarato | Ravvedimento operoso (fino a 90 giorni: 0.1% per giorno, entro 1 anno: 1/9 della sanzione) |
Pagamenti ed incassi non giustificati (IRPEF) | DPR 600/73, art. 32, comma 1, n.2 | Imposta sul reddito evasa + interessi; niente sanzioni specifiche per il versamento in nero (è accertamento induttivo di reddito) | Non applicabili ravvedimenti; si contestano in tribunale le presunzioni (art.32) |
Fronte di ricavi forfettario non spettante | L. 190/2014, art.1; D.P.R. 600/73 art. 32 | Eliminazione regime forfettario e tassazione ordinaria degli anni; sanzione per infedele dichiarazione (90–180% IRPEF) | Possibile definizione agevolata (art.16-bis D.L. 193/2016) o riscatto di addizionali; ravvedimento dell’IVA (se applicabile) |
Invio tardivo fattura elettronica (forfettario) | D.Lgs. 127/2015 (I. elettronica) | €250–€2000 fisso (o 5% del valore fattura); ridotto 1/10 per ritardo <90gg | Ravvedimento operoso (riduzione minima a 1/10) |
Nota: Le percentuali di sanzione di cui sopra si applicano in mancanza di ravvedimento o definizione. Le sanzioni per omessa fatturazione IVA non sono cumulabili con quelle per omesso versamento periodico (quest’ultimo prevede anch’esso 90–180% dell’IVA). In caso di accertamento fiscale, il contribuente può chiedere la riduzione dei massimali sanzionatori (favor rei) se nel frattempo la normativa è cambiata a suo favore. Anche il nuovo regime del ravvedimento operoso speciale (introdotto dal 2023) consente di sanare alcune violazioni con sanzioni super-ridotte (fino a 1/18) , se applicabile.
Tabella 5. Errori tipici del professionista e difese consigliate
Situazione contestata | Contestazione dell’Agenzia | Strategie difensive |
---|---|---|
Compensi non dichiarati | Rettifica IRPEF (redditi lavoro autonomo) | Produrre contratto di prestazione, visura societaria cliente per dimostrare attività lecita; orari di studio/documenti fiscali passati che mostrano reddito effettivo; testimonianze. |
Redditometro (indici di tenore di vita) | Aumento forfettario del reddito imponibile | Esibire estratti conto, documenti di mutui, atti di donazione; dimostrare che i beni/familiari non comportano nuova capacità contributiva; sollevare l’onere della prova (Cass. 20486/2025). |
Movimenti bancari oggetto di accertamento | +redditi IRPEF (art. 32 DPR 600/73) | Affermare costituzionalità CC228/2014 e impedire automatismi sui prelievi; giustificare ogni versamento (prestiti, risparmi, vendita quote) con documenti; discutere il “beneficiario” indicato. |
Applicazione indebita del forfettario | IRPEF e IVA ordinarie + sanzioni | Dimostrare il rispetto dei limiti (controllare i calcoli 85k/100k); in caso di superamento, sanare con IVA e IRPEF entro termini; contestare interpretazioni restrittive (ad. es. definire correttamente la soglia dei dipendenti). |
Errori di fatturazione elettronica (ritardo) | Sanzione amministrativa €250–2000 | Chiedere ravvedimento entro 90 giorni (sanzione ridotta 1/10); presentare prova dell’invio tardivo se non ricevuto il file; sostegno del software di fatturazione in difesa. |
Costi in contabilità non documentati | Rettifica reddito (art. 32 DPR 600/73) | Presentare dichiarazione integrativa spontanea e ravvedimento; in giudizio, richiedere CTU su costi maggiorati; evidenziare falsi presupposti dell’accertamento per mancanza di prova contraria (CTR, Cass.). |
Le tabelle precedenti vanno lette come schemi orientativi; in ogni caso specifico la difesa dipenderà dalle circostanze (es. importo in contestazione, anni interessati, condotta del Fisco).
8. Simulazioni pratiche
Esempio 1 – Redditometro vs risparmi: Maria è una logopedista con regime forfettario, che nel 2024 ha dichiarato reddito imponibile di 20.000€. Nel 2025 riceve un avviso di accertamento che stima il suo reddito a 40.000€ sulla base di un’auto lusso acquistata nel 2024. L’Agenzia sostiene che la Ford mustang da 40.000€ implica un reddito superiore e chiede l’integrazione IRPEF. Difesa: Maria deve mostrare di aver acquistato l’auto non da risorse non dichiarate nel 2024, ma grazie a risparmi accumulati (ad es. fruttiferi postali). Insieme al suo consulente, allega gli estratti conto bancari che mostrano un accumulo di risparmi fino al 2020 e trasferimenti del conto risparmio all’atto dell’acquisto. Sottolinea che ha utilizzato fondi già tassati in passato, facendo riferimento alla Cass. 20486/2025 che richiede prove circostanziate. Presenta, inoltre, la fattura di vendita e la prova del versamento eseguito il 2 gennaio 2025, dimostrando che l’autovettura è stata comprata con risparmi. Nel ricorso in CTP evidenzia il vizio di forma: l’avviso non indica atti concreti (contratti) che Maria avrebbe trascurato. Il giudice, valutando la documentazione, potrebbe ritenere fondate le giustificazioni e ridurre o annullare l’accertamento sintetico.
Esempio 2 – Uso scorretto del regime forfettario: Andrea, giovane logopedista under 35, ha aperto partita IVA nel 2022 applicando il forfettario al 5%. Nel 2024 supera 85.000€ di compensi (88.000€) senza uscire formalmente dal regime. Nel 2025 l’Agenzia rileva lo sforamento e contesta l’applicazione indebita del 5%. Gli invia un avviso con elaborazione IRPEF ordinaria. Difesa: Andrea, con l’avvocato, sottolinea che l’uscita dal regime forfettario avrebbe dovuto avvenire nell’anno successivo allo sforamento, come previsto dall’art.1 c.71 L.190/2014 , e non immediatamente. Mostra quindi che, secondo la legge di allora, per il 2024 manteneva gli effetti del regime flat (inclusa l’aliquota agevolata) e passerà al regime ordinario solo dal 2025. L’atto dell’Agenzia è quindi errato nella ricostruzione temporale. Inoltre, dichiara subito l’eccezione di decadenza: in base al Fiscoonline, se il contribuente ha sfruttato fraudolentemente il forfettario (non è il caso), è previsto comunque riaddebito d’imposta. Andrea propone l’eventuale definizione agevolata e si offre di sanare spontaneamente l’IVA non versata. Il giudice tributario, dopo valutazione, potrebbe annullare la parte sanzionatoria (per errata interpretazione di legge) o quantomeno limitare la disputa al recupero d’imposta senza sanzioni gravi.
Esempio 3 – Movimenti bancari non giustificati: Luigi, logopedista, ha un conto intestato alla sua partita IVA. Nel 2024 incassa in nero 5.000€ da un cliente che poi glieli versa in contanti. Non dichiara tale somma. L’Agenzia scopre il versamento perche il cliente ha effettuato bonifico pressoché contemporaneamente. L’ufficio presume che si tratti di ricavo occulto e comunica un avviso per 5.000€ di IRPEF non dichiarati. Difesa: Luigi spiega che il versamento non è un reddito nuovo, ma la restituzione di un prestito (o una vendita di materiale usato, ecc.) ricevuto anni prima. Allegando la firma di un contratto di prestito datato 2019, dimostra che i 5.000€ erano in realtà la restituzione di un prestito con interessi concordati (ancora da dichiarare). Inoltre, invoca la Corte Cost. 228/2014 : essendo un professionista, non si può presumerlo l’automaticità dei prelievi come compensi. Poiché presenta la documentazione che prova la validità dell’operazione “in nero”, il giudice tributario (nel rispetto del principio di prova aggravato) dovrebbe ritenere illegittima la rettifica, annulllando l’avviso.
Questi esempi illustrano come la strategia difensiva vada calibrata caso per caso: reperimento di prove concrete, sollevamento di questioni di diritto e uso di istanze (ravvedimento, adesione) quando conviene.
9. Esempi di atti e modelli
9.1 Ricorso in Commissione Tributaria
Ricorso tributario (1° grado):
Alla Commissione Tributaria Provinciale di [Città]
Ricorrente: Sig. [Nome Cognome], C.F. [codice], residente in [indirizzo], difeso e rappresentato dall’Avv. [Nome Avv], C.F. [codice], presso il cui studio in [indirizzo studio] elegge domicilio.
Contro: Agenzia delle Entrate – Ufficio di [sede], in persona del Direttore pro tempore, con domicilio eletto in [indirizzo dell’Ufficio o del Procuratore Fiscale].
Oggetto: Ricorso avverso l’avviso di accertamento n. [numero], notificato in data [gg/mm/aaaa], con cui sono stati rettificati i redditi relativi all’anno di imposta [anno], per un ammontare complessivo di €[xxx], e contestate infedele dichiarazione e IVA relativa.
Motivi del ricorso:
1. Violazione dell’art. 6-bis L. 212/2000: l’avviso impugnato non è preceduto da un contraddittorio informato ed effettivo (mancata convocazione in contraddittorio, o mancata comunicazione dei fatti contestati), in violazione dell’ultima disposizione normativa, e pertanto è nullo.
2. Errata applicazione dell’art. 32 DPR 600/73: le somme poste a base dell’accertamento (versamenti bancari di €[X]) sono state dichiarate come ricavi non documentati, ma trattasi di [prestiti già tassati/vendite su cui è stata già pagata imposta altrove]. Si allegano contratti di prestito, estratti conto, e la giurisprudenza (Corte Cost. 228/2014) sulla presunzione, che impone la prova, a carico dell’Amministrazione, del fatto costitutivo del reato fiscale.
3. Discordanza dei dati dichiarati: il calcolo del reddito secondo l’avviso è errato, in quanto prende a base un coefficiente di redditività sbagliato (il professionista è libero professionista e non imprenditore, per cui non si applicano i parametri delle imprese). Si chiede quindi l’accoglimento del ricorso, con conseguente annullamento dell’atto impugnato.
Conclusioni: Si chiede l’annullamento dell’avviso nei punti sopra indicati, con condanna dell’Agenzia alle spese di giudizio.
Allegati: Documentazione bancaria (estratti conto, bonifici), contratti, visure, calcoli, copie degli atti.
(Si noti che in questa simulazione il ricorso è scheletrico; in un vero atto andrebbero citati i riferimenti normativi precisi, le tabelle di calcolo e allegati completi. Vanno anche specificati gli importi per cui si ricorre e i tributi impugnati.)
9.2 Memoria difensiva
Spesso dopo il ricorso in commissione, se il giudice fissa un’udienza e lo invita, si deposita una memoria integrativa. Un possibile schema di memoria difensiva può contenere:
- Ripresa dei fatti e dei termini processuali (ricorda la tempestività del ricorso, eventuali notifiche incomplete ricevute).
- Sintesi delle contestazioni dell’ufficio e confutazioni punto per punto. Ad es.: «L’Agenzia asserisce di aver trovato un versamento di €X sul conto del ricorrente, ritenendolo reddito occulto. Si contesta tale conclusione: quello non è un compenso, ma [descrizione dell’operazione], come dimostrato dalla documentazione allegata (Contratto di compravendita, Estratto conto, ecc.). La Cassazione civile (Cass. 20486/2025) ricorda che l’onere della prova di carattere redditometrico è rigoroso , e non è stato assolto dall’Amministrazione finanziaria in questo caso.»
- Indicare le prove prodotte: «In allegato ai documenti già depositati si richiama la visura catastale dell’immobile venduto (allegato 7), il contratto di compravendita (allegato 8) e i bonifici relativi (allegato 9)».
- Eventuali questioni di diritto: «Il ricorrente solleva, in via subordinata, un’eccezione di inammissibilità: l’atto è stato adottato in difetto di contraddittorio obbligatorio (L. 212/2000, art. 6-bis) ; nessuna comunicazione preventiva è avvenuta, come risulta dagli atti prodotti». Oppure «Si evidenzia che l’art. 32 DPR 600/73 (com.1, n.2) è stato dichiarato incostituzionale nella parte che riguarda i lavoratori autonomi ».
- Conclusione formale: «Per quanto sopra, si chiede di accogliere integralmente il ricorso modificando l’avviso di accertamento o annullandolo».
L’impostazione rimane tecnica, ma comprensibile: in fase di memoria si ribadisce quanto già esposto nel ricorso, si arricchisce il fascicolo con ulteriori documenti, e si prepara l’udienza di discussione. Anche qui, la giurisprudenza citata dà sostegno: ad es. se l’accertamento è basato su “indici di spesa”, si fa riferimento alle massime di Cassazione sul redditometro .
9.3 Istanza e altri atti
Oltre ai ricorsi e alle memorie, il contribuente può depositare istanze (ad es. istanza di sospensione, di rateazione, di conciliazione):
- Istanza di sospensione cautelare: se in caso di condanna si rischia di dover pagare subito cifre elevate, si può chiedere la sospensione dell’esecutività delle somme dovute durante il giudizio (art. 1 co.195 L. 228/2012, o art. 54/bis DPR 602/1973). Questo atto va presentato unitamente al ricorso (o memoria) alla Commissione competente.
- Istanza di accertamento con adesione: proposta entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso. In pratica, si chiede all’Ufficio di ricalcolare il debito per chiudere bonariamente. Va redatto secondo i modelli dell’Agenzia (ex art. 2 D.Lgs. 218/1997) con i dati contabili. Se accolta, sostituisce il contenzioso ed è vincolante.
- Richiesta di accesso o documenti: prima del giudizio, si può chiedere di acquisire documenti del fascicolo (ad es. verbale di verifica, accertamenti, interrogatori). Questa istanza serve a prevenire sorprese in udienza e si fa in Commissione depositando richiesta scritta (art. 7-bis D.Lgs. 546/1992).
- Ricorso per Cassazione: se si vuole proporre ricorso straordinario, all’atto della sentenza di appello vanno indicate le violazioni di legge e le norme applicate in modo errato. Il modello formale è regolato dall’art. 370 c.p.c. applicato analogicamente (necessario almeno un motivo principale ed uno subordinato).
Questi sono solo alcuni modelli di atti difensivi: naturalmente il loro contenuto cambia a seconda del caso specifico. Tuttavia, in tutti gli atti è cruciale:
- Indicare con precisione i fatti e i riferimenti normativi.
- Numerare i punti e gli allegati per chiarezza.
- Firmare e allegare i documenti probatori (es.: fatture, estratti conto, visure, appunti contabili, ecc.).
- Indicare il domicilio legale (il luogo presso cui il contribuente è rappresentato).
- Nel ricorso o nelle memorie, fare riferimento incrociato alle sentenze e fonti normative citate (per esempio, “punto 3: Applicazione del redditometro – Cass. civ. sez. trib., ord. 20486/2025 ”).
In altre parole, un buon atto difensivo «mette tutto nero su bianco» e costruisce un percorso logico e documentale per il giudice.
10. Conclusioni
L’accertamento fiscale, seppur complesso, non è insormontabile: il logopedista può affrontarlo efficacemente con la giusta strategia. I passi chiave sono:
- Mantenere una contabilità ordinata (anche in regime forfettario, documentare entrate e spese).
- Reagire tempestivamente ad inviti dell’Agenzia con controdeduzioni documentate.
- Impugnare gli atti nei termini (60 giorni) se ingiusti, avvalendosi di assistenza legale specializzata.
- Utilizzare le novità procedurali a proprio vantaggio (contraddittorio obbligatorio, rateazioni, ravvedimenti) e citare sentenze aggiornate che rafforzano la propria tesi.
In un contesto di controlli sempre più stringenti, una difesa preparata riduce rischi e danni. Le sentenze più recenti della Cassazione e della Corte Costituzionale – come l’ordinanza 20486/2025 sulla prova nel redditometro o la sent. 228/2014 sulla presunzione bancaria – forniscono strumenti giuridici concreti: sapendole utilizzare si può contrastare efficacemente le pretese del Fisco.
In ultima istanza, se la controversia fiscale non può dirsi conclusa con il primo grado, il logopedista deve presentarsi nei successivi gradi con la medesima cura: un appello ben motivato e, se serve, un ricorso per Cassazione con argomenti di diritto precisi. Alla fine, il fine è assicurarsi di pagare solo ciò che la legge effettivamente prevede, e non un centesimo in più.
Hai ricevuto un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate in quanto logopedista libero professionista o collaboratore sanitario? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Hai ricevuto un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate in quanto logopedista libero professionista o collaboratore sanitario?
Ti vengono contestati redditi non dichiarati, fatture mancanti, errori IVA o incongruenze nei redditi dichiarati?
👉 Prima regola: non considerare l’accertamento come definitivo.
Gli accertamenti fiscali ai logopedisti sono spesso basati su presunzioni errate, parametri medi di settore o mancata considerazione della natura sanitaria delle prestazioni, che in molti casi sono esenti da IVA.
⚖️ Quando scatta l’accertamento fiscale
- Omissione di fatture o incassi non dichiarati individuati tramite controlli bancari.
- Errori o irregolarità IVA su prestazioni sanitarie dichiarate imponibili o viceversa.
- Disallineamento tra redditi e spese (affitto studio, attrezzature, formazione).
- Collaborazioni con centri medici o scuole private non correttamente documentate.
- Prelievi o versamenti bancari considerati come ricavi non dichiarati.
- Scostamenti dagli indici di affidabilità (ISA) o da parametri statistici di categoria.
📌 Conseguenze della contestazione
- Recupero delle imposte su redditi e compensi ritenuti non dichiarati.
- Sanzioni amministrative fino al 180% dell’imposta accertata.
- Interessi di mora sulle somme dovute.
- Revoca dell’esenzione IVA per prestazioni non riconosciute come sanitarie.
- Verifiche patrimoniali estese a conti correnti e beni mobili o immobili.
- Nei casi più gravi, rischio di procedimento penale per evasione o dichiarazione infedele.
🔍 Cosa verificare per difendersi
- Le prestazioni contestate rientrano tra quelle sanitarie esenti da IVA ai sensi dell’art. 10, n. 18 del DPR 633/1972?
- L’Agenzia ha utilizzato presunzioni di reddito senza prove concrete?
- Le indagini bancarie rispettano le norme sul contraddittorio e l’onere della prova?
- Sono state correttamente considerate le spese deducibili (aggiornamento professionale, affitto, assicurazione, strumenti)?
- Le prestazioni in convenzione o su prescrizione medica sono state trattate fiscalmente in modo corretto?
- L’atto di accertamento rispetta i termini di notifica e contiene una motivazione adeguata?
🧾 Documenti utili alla difesa
- Avviso di accertamento e tutti gli allegati.
- Fatture, parcelle e ricevute fiscali emesse negli anni verificati.
- Estratti conto bancari e movimenti POS.
- Certificazioni sanitarie o convenzioni con enti pubblici e privati.
- Contratti di collaborazione con centri medici o istituti scolastici.
- Dichiarazioni dei redditi, registri IVA e documentazione contabile completa.
🛠️ Strategie di difesa
- Dimostrare che le prestazioni rese sono sanitarie e quindi esenti da IVA.
- Contestare presunzioni di maggior reddito non supportate da elementi concreti.
- Far valere spese e costi professionali non considerati nel calcolo dell’accertamento.
- Evidenziare errori procedurali o formali (notifica, motivazione, termini).
- Chiedere l’annullamento in autotutela o proporre ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria.
- In caso di accertamento bancario, dimostrare la natura non reddituale dei movimenti contestati (rimborsi, trasferimenti, spese personali).
🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
- 📂 Analizza l’accertamento e la documentazione contabile e sanitaria.
- 📌 Valuta la correttezza della qualificazione fiscale delle prestazioni rese.
- ✍️ Redige memorie difensive e ricorsi tributari mirati alla tua attività professionale.
- ⚖️ Ti rappresenta davanti alla Corte di Giustizia Tributaria e, se necessario, anche in sede penale.
- 🔁 Ti assiste nella regolarizzazione preventiva e nella corretta gestione IVA e fiscale della tua professione.
🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
- ✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e fiscalità delle professioni sanitarie.
- ✔️ Specializzato nella difesa di logopedisti, fisioterapisti e operatori sanitari in contenziosi fiscali.
- ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Gli accertamenti fiscali ai logopedisti nascono spesso da errori di interpretazione dell’attività sanitaria o da presunzioni infondate sui ricavi.
Con una difesa professionale e documentata, puoi dimostrare la correttezza della tua posizione fiscale, preservare le esenzioni IVA spettanti e ridurre sensibilmente imposte e sanzioni.
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